Seduta n.423 del 09/07/2013 

CDXXIII SEDUTA

(POMERIDIANA)

Martedì 9 luglio 2013

Presidenza della Presidente LOMBARDO

indi

del Vicepresidente COSSA

indi

della Presidente LOMBARDO

La seduta è aperta alle ore 17 e 31.

DESSI', Segretario, dà lettura del processo verbale della seduta del 20 giugno 2013 (414), che è approvato.

Congedi

PRESIDENTE. Comunico che i consiglieri regionali Rosanna Floris, Francesco Meloni, Paolo Terzo Sanna, Christian Solinas e Giuseppe Stocchino hanno chiesto congedo per la seduta pomeridiana del 9 luglio 2013.

Poiché non vi sono opposizioni, i congedi si intendono accordati.

Continuazione della discussione generale del testo unificato: "Norme sul riordino delle Province" delle proposte di legge Salis - Cocco Daniele Secondo - Mariani: "Soppressione delle Province di Carbonia-Iglesias, del Medio Campidano, dell'Ogliastra e di Olbia-Tempio. Abrogazione della legge regionale 12 luglio 2001, n. 9 (Istituzione delle Province di Carbonia-Iglesias, del Medio Campidano, dell'Ogliastra e di Olbia-Tempio), della legge regionale 13 ottobre 2003, n. 10 (Ridelimitazione delle circoscrizioni Provinciali), e della legge regionale 2 gennaio 1997, n. 4 (Riassetto generale delle Province e procedure ordinarie per l'istituzione di nuove Province e la modificazione delle circoscrizioni Provinciali) (301), Cuccureddu: "Norme urgenti in materia di Province" (428), Dedoni: "Norme sul riordino delle Province" (430), Sanna Gian Valerio: "Norme urgenti in materia di riordino delle amministrazioni Provinciali della Sardegna" (432), Uras - Cocco Daniele Secondo - Cugusi - Sechi: "Norme in materia di riassetto delle autonomie locali e delle Province; procedure per l'istituzione di nuove Province e per la modificazione delle circoscrizioni Provinciali" (435) Sanna Matteo: "Norme urgenti in materia di riordino delle amministrazioni Provinciali della Sardegna ed istituzione della nuova Provincia di Olbia" (442). (301-428-430

432-435-442/A - Parte II)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la continuazione della discussione del testo unificato numero 301-428-430-432-435-442/A, Parte II. Norme sul riordino delle Province.

E' iscritto a parlare il consigliere Arbau. Ne ha facoltà.

Non essendo presente in Aula, decade.

E' iscritto a parlare il consigliere Lai. Ne ha facoltà.

LAI (P.d.L.). Presidente, colleghe e colleghi, mi assumo la responsabilità del peso politico del mio intervento, intervento che faccio nella piena consapevolezza di non dovermi sottrarre al doveroso chiarimento sulla mia posizione in maggioranza anche di fronte alle aspre critiche alle quali io e altri siamo stati sottoposti.

Le norme sul riordino delle province attengono a un problema veramente importante (ha ragione l'onorevole Campus) che richiede la massima attenzione da parte di questa Assemblea. Nessuna esigenza però di cavalcare consenso o dissenso, lo dico per me naturalmente perché la mia esperienza, per quanto intensa e motivata, si avvia al termine (parlo come lo stimato collega, onorevole Steri), ho solo la necessità di esprimere preoccupazione, molta preoccupazione nel vedere all'esame dell'Aula un testo sul quale ho espresso sempre contrarietà, nel suo percorso, essendo incardinato sul modello delle quattro province storiche. In fondo è questa la questione.

Dico questo per richiamarmi con coerenza all'esigenza di una riforma che potesse partire da una interpretazione integrale dei referendum: organica, innovativa e improntata veramente a prospettare un modello nuovo di governance dei territori nella loro pari dignità. Ora non riesco a leggere tutto questo nel testo unico a noi presentato, non ho contezza di altri modelli e non so se questi possano avere prospettive di reale attuazione; solo questo motiva la mia posizione, non ci sono pecorelle da ricondurre al gregge nel nostro Gruppo e ringrazio i miei colleghi, in particolar modo il Presidente del Gruppo, che hanno sempre rispettato la mia posizione, l'hanno compresa e hanno permesso che si esprimesse.

Possono esserci piuttosto persone che hanno voluto prendersi la libertà di esprimere una posizione differenziata, ma si sono sempre dichiarate su un percorso diverso. E a questo punto dico che le cose da fare sarebbero tante. In primo luogo approvare un progetto di legge costituzionale di abrogazione dell'articolo 43 dello Statuto. Io sono pienamente d'accordo soprattutto perché sono il primo firmatario della proposta di legge costituzionale, la numero 20, di modifica dell'articolo 43 dello Statuto che è stata presentata il 14 novembre del 2012.

L'approvazione di questa norma avvierebbe il percorso lungo e complesso in Parlamento per abolire anche le tre province storiche. Pienamente d'accordo, quindi, ma osservo che si interviene troppo tardi; rimane per ora, e vorrei essere smentito, il privilegio di esistenza delle quattro province salvate e rimangono gli effetti, a complicare le cose, del recente pronunciamento della Corte costituzionale a livello nazionale e il disegno di legge costituzionale per la soppressione degli enti intermedi il cui schema è stato approvato dal Consiglio dei Ministri il 5 luglio del 2013.

Ora c'è ancora la necessità di riprendere con obiettività e maggiore attenzione la verifica e la rivalutazione di tutti gli aspetti di incostituzionalità, naturalmente non posso e non ho le competenze per entrare nel merito di queste valutazioni; sono stati espressi diversi pareri e ritengo si debba tenere conto anche di valutazioni che non hanno avuto il giusto peso, probabilmente, sia in Commissione sia in questa Aula. Sarebbe poi opportuna una valutazione rigorosa degli aspetti relativi a tutto il personale, ai dipendenti delle ditte che svolgevano funzioni di pubblica utilità, li abbiamo visti stamattina sotto il Consiglio, cito la Multis, per quanto riguarda la manutenzione scolastica e tutti i lavoratori delle società di servizio.

E propongo un'altra osservazione; io ritengo sia opportuno contrastare, perché a mio avviso è imminente, l'altrettanto agevole percorso dell'accorpamento delle ASL prima che sia attuato un percorso di razionalizzazione della rete ospedaliera e territoriale di riequilibrio e di giusta taratura dei servizi sanitari, delle specialità e dei posti letto nelle diverse realtà territoriali della nostra Regione. Per la Gallura, in particolare per Olbia, significa con la ASL avere un baluardo per sanare ataviche sperequazioni, inadeguatezze e disattenzioni, fermo restando naturalmente il principio che le ASL non sono nicchie che devono sottrarsi al rigoroso, ineluttabile percorso della semplificazione e del contenimento della spesa, come del resto ha fatto e sta facendo lo stesso Consiglio regionale. Il discorso è ben conosciuto, si possono dire tante cose; io penso, e ho il dovere di dirlo, che non vada trascurato il fatto che Olbia e chi la rappresenta, a tutti i livelli istituzionali, non possano essere esclusi ovvero essere messi in posizioni di subalternità nei difficili percorsi di attivazione del San Raffaele per completare l'offerta ospedaliera nell'integrazione con la struttura pubblica.

Ogni ulteriore percorso di riforma delle province dovrebbe, ora più che mai, essere fatto con il pieno coinvolgimento dei territori interessati, degli organismi degli enti locali: ANCI, CAL, comuni. So che c'è apertura in questo senso; il testo non lo conosciamo, io mi auguro davvero che sia portata all'attenzione del Consiglio qualche enunciazione in questo senso. Perché i consiglieri regionali si devono raccordare ai territori che rappresentano in questo momento, per accogliere e portare all'attenzione del Consiglio le proposte dei territori stessi; deve essere elaborato un modello di riforma organica, che dia pari dignità e rappresentatività, nel giusto equilibrio, certamente, della riduzione e razionalizzazione della spesa pubblica e delle esigenze di sussidiarietà, democrazia, decentramento amministrativo, governance.

No, quindi, ai percorsi che costruiscono aspetti di riforma, cristallizzando però modelli di assetti territoriali fondati sul privilegio statutario del passato e riproponendo subalternità che consideravamo superate. Se l'ente intermedio provincia deve essere abrogato, si aboliscano tutte le province e si riparta da capo; si dia almeno l'impressione che si voglia far questo con una nuova visione dinamica, semplificata dell'amministrazione dei territori, che dia giusta dignità a tutte le aree della Sardegna.

Rispettare il pronunciamento referendario, in ogni caso, però, non dovrebbe esimere da un'obiettiva valutazione del suo reale connotato di partecipazione e di consenso, questo non per inficiarne il valore, ma per attenuare trionfalistici proclami che io reputo di natura non corretta e demagogica; e mi riferisco non alle fotografie o ad altro, ma a interventi strutturati portati all'attenzione della stampa da colleghi che noi stimiamo. Colleghi, lo dico con un certo dispiacere, che pensavamo fossero più obiettivi nel formulare le loro critiche e cogliessero gli aspetti davvero asettici, costruttivi che noi abbiamo prospettato, anche nell'esprimere pareri diversi.

Ora, esserci opposti a un'interpretazione del referendum limitata alla semplice abrogazione e al commissariamento delle province di nuova istituzione, aver richiamato il Consiglio regionale al dovere di recepire il peso del secondo aspetto del referendum, quello consultivo, che crea, in ogni caso, il vincolo politico al Consiglio regionale di attivarsi per intraprendere un percorso organico di riforma, che preveda, sfruttando le prerogative di legislazione esclusiva in materia, attribuite dallo Statuto, anche l'abrogazione delle storiche province, aver portato all'attenzione del Consiglio le criticità e i problemi che si venivano a creare per i territori, essersi opposti a un percorso di riforma di facciata, eludendo le strade più onerose e complesse di una riforma vera, che era possibile e doverosa se si fosse intrapresa subito dopo il 6 maggio del 2012, aver prospettato il peso dello squilibrio e delle inadeguatezze nella sanità del nostro territorio, aver denunciato lo smantellamento sistematico degli uffici e delle strutture di amministrazione attiva e di decentramento amministrativo, aver espresso tristezza e dispiacere per non aver visto come degne di attenzione le considerazioni relative alle specificità della Gallura, alla dinamica e alla struttura della sua popolazione, alla sua economia, l'aver lealmente manifestato rammarico e dolore per aver visto interrotta una strada intrapresa nel 2001 con il consenso e il rispetto di tutti nel Consiglio regionale di allora, ebbene, tutto questo non autorizza nessuno a dare a quelli come me il connotato di difensori delle poltrone o del potere clientelare.

I modelli che i rappresentanti del territorio come me hanno difeso sono improntati all'innovazione e al rispetto dei percorsi di riforma vera, organica, complessa e condivisa; una riforma vista nella prospettiva di crescita e di sviluppo, che non esasperi ma ponga fine agli squilibri nell'attribuzione di risorse e nel connotato delle strutture e dei servizi, soprattutto nella sanità. Io non difendo modelli di province e di Asl irrazionali e costosi, difendo l'esigenza di una pari dignità dei territori e della loro aspirazione a essere inseriti in un processo di riforma corretto, graduale e completo, che investa anche la Regione e i suoi enti, che non lasci vuoti di rappresentatività e di efficienza nei servizi resi ai cittadini, nelle infrastrutture, negli strumenti di amministrazione attiva.

Ora, il fatto eclatante del pronunciamento referendario non ha però prodotto, a mio avviso, una seria risposta alle questioni che, fatta e vinta la battaglia, rimanevano sul campo; penso in primo luogo al significato e agli effetti dei quesiti referendari abrogativi, percorso apparentemente agevole, improntato all'abrogazione tout court di questi enti, le cosiddette province di nuova istituzione, e a tutta la forza concentrata su questa natura del referendum e non su altre considerazioni. Si è invece intrapreso un percorso convulso, dopo un'improduttiva fase di stasi, percorso legato alla necessità di rispettare il termine del 30 giugno.

L'agenda non ha lasciato spazio all'apertura di riflessione che dovrebbe invece guidare il processo finale di riforma. Il percorso che c'è stato presentato ci vede contrari, ma noi speriamo che il testo possa essere modificato, e guardiamo con interesse alla possibilità di coinvolgere politicamente i nostri territori, di raccordarci agli enti locali, così da dare loro rappresentanza istituzionale per seguire un percorso diverso e più costruttivo. Tutto questo non per lasciare le cose come stanno, ma per fare meglio. Se si vuole procedere a tappe forzate, lo si faccia pure, io non posso starci.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Sabatini. Ne ha facoltà.

SABATINI (P.D.). Inizierò subito il mio intervento per non perdere neanche un secondo, vista l'attività frenetica di questo Consiglio che vuole immediatamente approvare questo importante disegno di legge sulla riforma delle province. Inizio dicendo che ai democratici si può dire di tutto, ma non che non siano fedeli al loro nome; abbiamo tanti difetti, ma non quello di essere antidemocratici, anzi, il nostro Partito, troppo spesso, proprio per l'eccessivo esercizio della democrazia, rischia di non arrivare mai a prendere decisioni definitive.

Lo stesso non si può dire del Partito dei Riformatori Sardi che (lo dico senza voler sferrare l'ennesimo attacco, di cui pare, tra l'altro, non si preoccupino poi tanto), certamente di riforme non è che ne abbiano fatto poche, non ne hanno fatto proprio. Ci sarebbe la legge sul golf (oggi non c'è il collega Meloni), che non mi pare abbia prodotto grandi cambiamenti sull'economia sarda, oppure ci sarebbe quella sulla sanità, ma anche questa pare non abbia riscosso un grande consenso all'interno della maggioranza, e quindi è rimasta lettera morta.

Domenica, su "La Nuova Sardegna", un autorevole esponente dei Riformatori sardi è intervenuto sul tema dell'abolizione delle province; l'onorevole Vargiu non me ne vorrà se dico di aver trovato il breve commento molto contraddittorio, molto contraddittorio perché alcune domande poste, e relative risposte, sono risultate essere incomplete e molto parziali. Ad esempio, l'onorevole Vargiu si chiede se il problema della Sardegna sia la disoccupazione, la crisi dell'industria, del turismo, o forse l'intollerabile peso della burocrazia. La sua risposta è negativa perchè il problema, afferma nell'articolo, sono le province, la loro abolizione.

Bene, l'onorevole Vargiu mi consentirà di dire che questa è solo una parte delle domande che potevano e dovevano essere fatte. Infatti bisognerebbe continuare, e domandarsi se questa maggioranza, di cui anche i Riformatori fanno parte, si sia mai fatta carico di risolvere il problema della disoccupazione, se abbia seriamente affrontato il problema dell'industria e del turismo, se abbia provato a snellire la burocrazia. Niente di tutto questo, né la maggioranza, né i Riformatori, l'hanno fatto.

Mi porrei poi un'altra domanda, e cioè se questa maggioranza, di cui anche i Riformatori fanno parte, abbia sciolto le province ottemperando a quanto deciso dai cittadini sardi attraverso i referendum. Assolutamente no, e lo si capisce da quanto dichiarano i commissari, che cominciano a rilasciare le prime interviste. L'onorevole Onida, commissario del Medio Campidano, dice: "Mi auguro che martedì possa partire il servizio di salvamento a mare sulla Costa Verde. Darò disposizioni: la vita umana innanzitutto", quindi è già impegnato sulle azioni concrete di quella provincia. ". E poi dice: "Andrò personalmente a trovare i sindaci" - casomai si fossero dimenticati che la provincia esiste ancora - "ed espletate le funzioni che erano del Presidente (perchè a me spetta di espletare le funzioni del presidente, della giunta e del consiglio), lo abbiamo sostituito, abbiamo mantenuto in piedi la provincia, datemi tempo, sono appena arrivato, vedrete, si faranno cose importanti".

Il commissario dell'Ogliastra - tutti i dipendenti erano preoccupati - dice: "No, non sono un liquidatore, state tranquilli, nessuno perderà il posto di lavoro". Questa è la dimostrazione che le province non sono state sciolte, ma continuano a esistere, a rimanere in vita. Le province sono state commissariate così come è stata commissariata, è una lista lunghissima, una serie di enti e di organismi in Sardegna; enti e organismi posti tutti sotto il controllo della Presidenza della Giunta regionale e della sua maggioranza, commissariamenti puntualmente rinnovati alla scadenza, ma per le province non ci sarà bisogno di rinnovo, i commissari sono stati nominati sine die.

Questa è un'occupazione davvero abusiva e mi stupisco, collega Lai, che lei ci dica: "I colleghi dell'opposizione non hanno aderito alle nostre proposte...". A che cosa dovevamo aderire? A una scandalosa occupazione abusiva delle province e dei territori, perché questo è stato? Questa è un'occupazione abusiva, un vero e proprio golpe da cui ci si può liberare solo con un atto di giustizia decretato dai tribunali della Repubblica, di una Repubblica democratica, se qualcuno l'avesse dimenticato.

Insomma, con questi commissariamenti il centrodestra, la maggioranza che governa questa Regione, ha cacciato degli organismi che erano stati democraticamente eletti; ha preso con l'arroganza, in modo illegittimo, la gestione di cinque province. Non ha fatto nessuna riforma. Ha continuato a non occuparsi dei disoccupati, che in questi anni sono aumentati in modo drammatico, non ha risolto il problema della burocrazia, non si è occupata di tirare su le sorti di un comparto industriale alla rovina. E del turismo che dire? E' in fortissima difficoltà, e certamente i costosissimi biglietti per le navi Tirrenia o l'oramai dissolta continuità territoriale dei trasporti aerei, non faciliteranno il rilancio del turismo in questa Sardegna.

Questa è la sintesi della vostra operazione. Da un lato ci sono i Riformatori che devono poter mascherare l'assoluta inutilità dei referendum da loro promossi, referendum che non hanno sortito alcun risultato; dall'altra c'è il presidente Cappellacci che, in modo demagogico e populista, al fine di portare avanti la propria campagna elettorale, chissà se sarà candidato, deve poter dire ai sardi di avere sciolto le province e liberato dai costi della politica. Tutti e due insieme, Riformatori e Presidente della Regione, hanno sottoposto a ricatto la vostra maggioranza che, fortemente preoccupata di dover "tornare a casa" si è quindi facilmente adeguata a subirlo.

A tutto questo si deve aggiungere che l'ultima sentenza della Corte costituzionale, bocciando i professori del Governo Monti, dimostratisi alquanto impreparati in materia, devo dire, ha dichiarato palesemente l'illegittimità piena dei referendum sardi sulle province in quanto le province, per la Costituzione che vige, che è in essere e che regola il diritto della nostra Repubblica, non possono essere abolite. Infatti il Presidente del Consiglio Enrico Letta, giustamente, ha detto a chiare lettere di voler superare l'attuale assetto amministrativo riguardo alle province proprio partendo dalla riforma dell'articolo 114 della Costituzione, ma lo stesso Governo propone addirittura il superamento delle province attraverso quelli che ha chiamato i collegi delle autonomie, quindi persino il Governo ha proposto qualcosa di innovativo.

Insomma, ancora per sintetizzare: referendum incostituzionali, commissariamenti illegittimi, riforma, che oggi proponete all'attenzione di quest'Aula, già vecchia e ampiamente superata dagli eventi, dalla approvazione delle disposizioni che il Governo Letta ha messo in atto nei giorni scorsi. Il nostro atteggiamento quale sarà? Sarà di forte opposizione a questo progetto di legge. Tante volte abbiamo dato il nostro fattivo contributo alla soluzione dei problemi, in modo particolare a quelli legati alla congiuntura economica, ma non intendiamo dare nessun contributo all'approvazione di questo disastroso testo di legge che non solo, come dicevo, è inutile e superato, ma nasce con alla base un atto gravissimo di oltraggio alla democrazia, rappresentato dai commissariamenti.

Il testo di legge alla nostra attenzione non è neppure lontanamente un progetto di riforma, è piuttosto un atto di restaurazione, un ritorno al passato che cancella la storia di quest'isola, cancella anni di battaglie che le aree più marginali della Sardegna hanno portato avanti per vedere riconosciuti i propri diritti, la propria autonomia, il diritto a partecipare ai processi politici di crescita e di sviluppo di questa Regione. Siete una maggioranza incapace di guardare in avanti, di aprire una prospettiva, di mettere in piedi progetti di riforma e per questo capaci solo di riproporre le quattro province storiche.

Sapete solo proporci di ritornare al passato, a ciò che oramai è ampiamente superato, a organismi che per il nostro tempo risultano essere del tutto inutili, enti non da rimettere in piedi (però lo dico io che non sono un riformatore sardo ma un democratico riformista), ma da cancellare definitivamente. E' necessario utilizzare la nostra autonomia, i principi stabiliti dal nostro Statuto, per formulare una profonda riforma dell'assetto politico-amministrativo della nostra Regione che sia capace di rispondere a una società profondamente cambiata nei suoi aspetti politici, sociali ed economici. Questo hanno inteso dire i sardi alla classe politica attraverso il pronunciamento referendario.

Se avessimo chiesto di abolire questa Regione sarebbero andati in tanti, molti di più di quanti non sono andati ai referendum sulle province, a esprimere il loro voto favorevole alla cancellazione di qualcosa che sentono lontana; qualcosa da cui quando si avvicinano vorrebbero subito allontanarsi per non dover assistere a continui atti di ingiustizia, di malfunzionamento e di spreco di enormi risorse. Penso che la nostra Sardegna avrebbe bisogno davvero di grandi riforme, non di restaurazioni finalizzate a un potere occulto che, annidandosi nei corridoi degli Assessorati regionali, domina la nostra Regione, che è fortemente controllata da un potere politico-economico a cui poco importa delle sorti dei sardi, dei disoccupati, dei comuni della Sardegna, delle aree marginali della nostra isola.

La scorsa settimana avete rinviato a oggi la discussione sulle province; oggi, conclusa la discussione generale, rinvierete alla prossima settimana. Continuate a prendere tempo perché vi siete cacciati in un vicolo cieco e non sapete come uscirne. Lo diceva oggi Nanni Campus: questa è una riforma importante, non è uno scherzo. Questa è una riforma che può segnare la storia della nostra autonomia, certamente non affrontandola però come voi intendete affrontarla. Allora, si faccia un passo indietro, si annullino i commissariamenti prima che il TAR li dichiari illegittimi, si riparta da zero affrontando sul serio la riforma del sistema degli enti locali, superando definitivamente le province, come il Governo Letta, l'opinione pubblica, i cittadini chiedono alla politica e a tutti noi.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Vincenzo Floris. Ne ha facoltà.

FLORIS VINCENZO (P.D.). Presidente, Assessori, colleghi, dopo aver subito in quest'Aula l'ennesima forzatura politica, siamo nuovamente chiamati a discutere di competenze e funzioni degli enti locali partendo però, col piede sbagliato, da una vecchia e superata concezione di riassetto delle province dopo, fra l'altro, quell'incomprensibile atto di forza -veniva rimarcato con lucidità dal collega che mi ha preceduto - che illegittimamente ha comportato il commissariamento di cinque province su otto.

Questa ultima, e controversa, decisione è stata clamorosamente smentita nei giorni scorsi nella sua impostazione e nella sua legittimità dal Governo nazionale che, nel disegno di legge costituzionale relativo alla soppressione degli enti intermedi (lo schema approvato dal Consiglio dei Ministri il 5 luglio 2013), prescrive chiaramente che in sede di prima applicazione, entro un anno dalla data di entrata in vigore della legge costituzionale, le Regioni prevedono l'istituzione delle forme associative di cui all'articolo 117. Alla data di cessazione del mandato amministrativo delle singole province in corso alla data di scadenza del termine di cui al primo periodo, le stesse, naturalmente dopo questo periodo, sono soppresse e sono contestualmente istituite le forme associative previste dalle rispettive leggi regionali. Entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge.

Alla luce di questa nuova impostazione mi chiedo, ma dovete chiedervelo voi, non noi, quale sia il senso del provvedimento che avete approvato, poiché avete creato solo una frattura ormai insanabile all'interno di questo Consiglio e nella società sarda.

Ma mi chiedo anche quale senso abbia la discussione odierna che ormai è fuori contesto rispetto al dibattito che è maturato oggi nel Paese. Vi siete appropriati, con uno strumento lesivo dei più elementari principi democratici, di buona parte delle province sarde, dopo che avete favorito per mesi una campagna populista e priva di contenuti reali, prendendo in giro gran parte di quelli che volevano una riforma vera sull'assetto degli enti locali. Le vostre intenzioni sono venute allo scoperto in Consiglio dove ha prevalso, con una forzatura mai vista, una posizione che limita e cancella l'autonomia e le funzioni di buona parte delle province, arrivando a umiliare in questo modo tantissimi amministratori locali che si adoperavano ogni giorno, con magre risorse, per mantenere dignitosi servizi ai cittadini delle nostre comunità.

Oggi proponete di discutere di una riforma come se niente fosse successo, dopo che avete prodotto solo confusione e incertezza nei nostri territori e, soprattutto, dopo che avete escluso dal dibattito i veri attori di quegli enti che sono stati eletti democraticamente dal popolo. Se questa è la vostra visione riformista, se questo è il senso della nuova architettura legislativa per il riordino degli enti intermedi che avete in testa, io credo che ci sia poco da stare allegri. In realtà bisogna effettivamente preoccuparsi per la pericolosità di questa vostra propensione all'autoritarismo che rischia di produrre solo un clima di estrema incertezza all'interno delle nostre comunità.

Dopo il referendum ci si aspettava da questo Consiglio una riforma vera in grado di dare le risposte migliori, più avanzate alle istanze e ai bisogni dei cittadini. Una riforma e non certo un regime commissariale, non legittimato dal voto, a cui viene affidato un mandato fiduciario di governo senza che vi sia stata la cancellazione degli enti territoriali dotati, invece, di rappresentanza elettiva. Per affrontare una riforma complessa e delicata come questa, visto che stiamo parlando di riformare enti che trovano fondamento legislativo nella normativa in essere nel Regno di Sardegna che aveva stabilito, 154 anni fa, l'organizzazione del territorio in province, era necessario affrontare da subito una discussione in Consiglio in grado di anticipare e non di subire le scelte nazionali.

Oggi invece, dopo aver dimostrato di non volere il confronto e soprattutto di non volere una vera politica di riforme, manifestando l'assoluta incapacità di comprendere e rispettare il ruolo svolto dagli enti locali, volete discutere solo una parte della riforma portando in Aula una proposta pasticciata e confusa. E' chiaro che non siamo interessati su queste basi a portare avanti nessun serio confronto, perché avete combinato un pasticcio da cui sarà difficile anche per voi uscire indenni.

Per questa ragione vi ribadiamo che l'atto che avete arbitrariamente e unilateralmente approvato è illegittimo e va corretto attraverso l'assunzione, da parte vostra, di un gesto di responsabilità che riporti la discussione, nella sua interezza, alla fase iniziale ed elimini la decisione che ha generato il vulnus politico che è in palese contrasto con quanto il Governo nazionale sta oggi proponendo e portando avanti. Lasciate perdere per un momento i possibili ritorni in termini elettorali che pensate di ottenere del provvedimento. Eliminatelo e favorite in questo modo una seria discussione in Consiglio, partendo dal rilancio della vostra dignità autonomistica e aprendo una discussione in grado di raccogliere le migliori elaborazioni in questa materia proposte dalle diverse forze presenti oggi in quest'Aula.

Noi come P.D. e centrosinistra siamo portatori di idee e di proposte e siamo pronti, su questa partita, se vi è la volontà politica, a discutere per trovare una "soluzione alta" che dimostri la maturità di questo Consiglio regionale. L'onorevole Gian Valerio Sanna oggi ha posto una domanda interessante, centrale nel dibattito odierno, che deve riguardarci tutti e che deve trovare - se quest'Aula riscopre l'orgoglio della propria storia autonomistica - una risposta compatta. Perché, si è chiesto l'onorevole Sanna, il Consiglio dei Ministri non riconosce alla Sardegna in questo disegno di legge costituzionale la stessa dignità autonomistica che invece riconosce per le province autonome di Trento e di Bolzano?

Io credo che questo Consiglio, se vuole discutere seriamente e avere un ruolo autonomo nelle scelte che riguardano il territorio della Sardegna, deve necessariamente tentare di volare alto lasciandosi dietro tutte quelle incrostazioni preelettorali che rischiano di appesantirne il volo e di confonderne la meta. Perché, ribadisco, sono più che convinto che riforme di questa portata, che rivestono un'importanza eccezionale per il futuro delle nostre realtà locali e delle nostre comunità, non possono essere frutto di decisioni di una sola parte politica.

Ribadisco che è necessario un atto di maturità che superi questa grave fase di incertezza prima che siano altri soggetti a decidere su questa materia. Perché solo attraverso una vera riforma sugli enti territoriali, che ridia dignità innanzitutto a questo Consiglio, si possono creare quelle convergenze che mettono al riparo i territori della Sardegna dal caos al quale li avete irresponsabilmente portati.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Corda. Ne ha facoltà.

CORDA (SEL-Sardigna Libera). Avete combinato un bel pasticcio, avete voluto procedere al commissariamento delle province in modo confuso e improvvido. La Corte costituzionale boccerà questo obbrobrio legislativo che avete partorito. Avreste potuto e dovuto commissariare una sola delle province regionali, quella di Olbia, quella l'avreste potuta commissariare. Quella poteva e doveva essere commissariata ma non per le ragioni legate alla volontà popolare espressa nel referendum che, come è noto, in Gallura peraltro aveva registrato la più bassa percentuale di affluenza, appena il 27 per cento degli aventi diritto al voto, ma per la vergognosa gestione che l'ha caratterizzata.

Una gestione, peraltro, condotta da una maggioranza, quella del consiglio provinciale di Olbia, del tutto coerente con la maggioranza di quest'Aula. Giova ricordare che l'elezione del presidente era viziata da peccato originale essendo il presidente incompatibile; quella incompatibilità è stata prima negata, il consiglio provinciale aveva infatti a suo tempo respinto la mozione presentata dall'opposizione del centrosinistra e Giunta e maggioranza della Provincia di Olbia avevano schierato fior di avvocati per sostenere la legittimità del doppio incarico rivestito dal presidente e senatore.

Successivamente, in occasione della ricandidatura al Parlamento, è stato lo stesso presidente Sanciu a sollecitare il voto del consiglio provinciale per essere dichiarato incompatibile. Un comportamento a dir poco paradossale, plastica dimostrazione di come l'interesse pubblico rappresentato dall'istituzione provincia poteva e può essere piegato, con sorprendente disinvoltura, all'interesse privato del disinvolto presidente di turno.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE COSSA

(Segue CORDA.) Quella della Gallura dunque doveva essere commissariata, ma non per cancellarla, non per sopprimerla, doveva essere commissariata per chiara manifesta incompatibilità del presidente. Doveva essere commissariata per alto tradimento della volontà popolare da parte di una maggioranza peraltro raccogliticcia, cementata esclusivamente dalla spartizione delle risorse abbastanza risibili destinate, soprattutto nell'ultimo anno, prevalentemente alle sagre paesane delle ciliegie, del mirto e di altre variegate specie botaniche, anziché dal rivolgere adeguate attenzioni e risorse ai gravi problemi delle povertà estreme, tanto per fare un esempio. Insomma, doveva essere commissariata perché priva del presidente eletto e per palese e dannosa incapacità politico-amministrativa. Quella di Olbia, siamo d'accordo, poteva essere commissariata, non le altre.

Oggi la sola cosa saggia che potreste e dovreste fare è quella di riportare il testo in Commissione per evitare che, ancora una volta, in modo frettoloso, diate vita all'ennesimo pasticcio legislativo, come diceva bene Gian Valerio Sanna nel suo intervento. Siamo tutti convinti che voi non riuscirete a portare a termine un disegno organico di riordino dell'architettura istituzionale. Vi ostinate a voler approvare un testo per la soppressione di altre quattro province, cosiddette storiche, ben sapendo che non lo potete fare, mentre si potrebbe e si dovrebbe lavorare a un testo organico che affronti in modo serio l'esigenza del riordino complessivo che dia vita a un nuovo assetto tale da garantire quel reale decentramento politico e amministrativo da voi sempre promesso.

Ciò non si consegue però con violenti strappi alla democrazia, non si consegue con le forzature che siete soliti operare, perché qualora doveste riuscire a portare a termine il vostro proposito, che al di là delle dichiarazioni ufficiali sembra nascondere per la verità una volontà restauratrice, prima ancora del giudizio della Corte costituzionale, dovrete fare i conti con la rivolta dei territori, con la rivolta di quegli enti che vi proponete di sopprimere, di cancellare, con la rivolta anche di quelle popolazioni. E noi credo che doverosamente dovremo essere dalla parte delle popolazioni che il decentramento, quello reale, non quello parolaio, rivendicano.

Io credo che fareste cosa buona e giusta quindi nel riportare il testo in Commissione, nel non insistere nel voler discutere ancora una volta in modo superficiale di un problema che è profondamente sentito, la cui soluzione è rivendicata e sollecitata con forza dalle autonomie locali. Una soluzione che voi non siete in grado di dare a un problema che non sapete affrontare nel migliore dei modi.

Per questo crediamo anche di dare un contributo costruttivo, positivo, dicendovi, invitandovi, sollecitandovi a un atteggiamento serio non ispirato alla raccolta dei consensi, che difficilmente vi verranno così facendo, ma guidato dal serio intento di produrre norme, di dare a questa Regione leggi che possano davvero imprimere una svolta nel governo del territorio. Io credo che ci siano le risorse, che ci siano le competenze perché ciò si possa conseguire; facciamolo per cortesia, facciamolo insieme, c'è la disponibilità dell'intera opposizione per dare un contributo serio, sappiate coglierlo, disponetevi all'ascolto, facciamo in modo che questa legislatura si concluda finalmente con un provvedimento legislativo degno di questo Consesso.

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Mario Diana. Ne ha facoltà.

DIANA MARIO (Sardegna è già Domani). Chiedo la verifica del numero legale.

(Appoggia la richiesta il consigliere Cuccureddu).

Verifica del numero legale

PRESIDENTE. Dispongo la verifica del numero legale con procedimento elettronico.

(Segue la verifica)

Prendo atto che il consigliere Matteo Sanna è presente.

Risultato della verifica

PRESIDENTE. Comunico che sono presenti 42 consiglieri.

Risultano presenti i consiglieri: Amadu - Artizzu - Bardanzellu - Cappai - Cherchi - Contu Felice - Cuccu - Cuccureddu - Dedoni - Dessì - Diana Giampaolo - Diana Mario - Fois - Gallus - Greco - Lai - Locci - Lunesu - Maninchedda - Meloni Valerio - Milia - Moriconi - Mula - Mulas - Murgioni - Obinu - Oppi - Peru - Piras - Pisano - Pitea - Pittalis - Randazzo - Rassu - Sanjust - Sanna Gian Valerio - Sanna Matteo - Steri - Stochino - Tocco - Tupponi - Zedda.

Poiché il Consiglio è in numero legale, possiamo proseguire i lavori.

Sull'ordine dei lavori

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Giampaolo Diana. Ne ha facoltà.

DIANA GIAMPAOLO (P.D.). Presidente, intervengo sull'ordine dei lavori e, la prego di credermi, nulla di personale, però lo strumento della verifica del numero legale ha connotati anche di carattere politico, non è un caso che se l'opposizione lo chiede e non vota ovviamente, se è funzionale a un obiettivo politico non viene considerata assente. Allora, proprio per questa ragione, Presidente, sarebbe bene che quando si chiede la verifica del numero legale ci sia un tempo definito, perché assistere a questa corsa di velocisti per raggiungere l'Aula è una cosa indecorosa. Io penso che quando si chiede la verifica del numero legale tra la richiesta e l'effettuazione della verifica i tempi debbano essere strettissimi, altrimenti diventa una barzelletta.

PRESIDENTE. Onorevole Diana, anche se lei ha precisato che non c'è nulla di personale mi permetta di considerare la questione anche sul piano personale. Io, infatti, pur essendo presente un solo segretario ho dichiarato aperta e chiusa la votazione, senza nemmeno aspettare di avere personalmente la scheda in mano. Quindi mi pare di aver dedicato il tempo strettamente necessario per consentire ai colleghi di votare. Comunque la ringrazio per l'osservazione, mi astengo dall'aggiungere altro.

Continuazione della discussione generale del testo unificato: "Norme sul riordino delle Province" delle proposte di legge Salis - Cocco Daniele Secondo - Mariani: "Soppressione delle Province di Carbonia-Iglesias, del Medio Campidano, dell'Ogliastra e di Olbia-Tempio. Abrogazione della legge regionale 12 luglio 2001, n. 9 (Istituzione delle Province di Carbonia-Iglesias, del Medio Campidano, dell'Ogliastra e di Olbia-Tempio), della legge regionale 13 ottobre 2003, n. 10 (Ridelimitazione delle circoscrizioni Provinciali), e della legge regionale 2 gennaio 1997, n. 4 (Riassetto generale delle Province e procedure ordinarie per l'istituzione di nuove Province e la modificazione delle circoscrizioni Provinciali) (301), Cuccureddu: "Norme urgenti in materia di Province" (428), Dedoni: "Norme sul riordino delle Province" (430), Sanna Gian Valerio: "Norme urgenti in materia di riordino delle amministrazioni Provinciali della Sardegna" (432), Uras - Cocco Daniele Secondo - Cugusi - Sechi: "Norme in materia di riassetto delle autonomie locali e delle Province; procedure per l'istituzione di nuove Province e per la modificazione delle circoscrizioni Provinciali" (435) Sanna Matteo: "Norme urgenti in materia di riordino delle amministrazioni Provinciali della Sardegna ed istituzione della nuova Provincia di Olbia" (442). (301-428-430

432-435-442/A - Parte II)

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Cuccu. Ne ha facoltà.

CUCCU (P.D.). Presidente, Assessori, colleghi e colleghe, ci si ostina a perdere tempo, a "fare melina", come si dice in gergo calcistico, per che cosa? Per nascondere un dato inconfutabile: voi non 'avete un'idea di riforma e, di conseguenza, non avete nemmeno alcuna volontà di farla. Si capisce dal fatto che rinvieremo ancora alla prossima settimana e fa sorgere dubbi questo "fare melina", questo perdere tempo anche sull'atto scellerato che avete messo in campo l'altra settimana.

Perché, io mi chiedo, e se lo chiedono in molti, tanta fretta? Questa fretta, colleghi, è sospetta! Non insospettisce solo noi, sta incominciando a insospettire anche qualche altro. Anche i referendari stanno avendo qualche dubbio sulla vostra buona fede, perché se si fosse seguito un iter corretto, quello previsto dall'articolo 43 dello Statuto (quindi un coinvolgimento delle popolazioni perché lo Statuto individua un percorso preciso per la modifica delle circoscrizioni provinciali), non ci sarebbe stato nessun pregiudizio e nessun tradimento del risultato referendario al quale si sarebbe dato corso con il procedimento partecipativo e democratico previsto dallo Statuto poiché l'articolo 43, lo ripeto, detta bene il percorso.

Quindi perché la fretta? Che cosa volevate fare che non si poteva fare prima? Sicuramente un commissariamento, quindi create un danno ai territori (per questo sì che si poteva aspettare, questo sì che crea un pregiudizio), perché ci saranno dei costi connessi all'inerzia della politica, costi connessi alla violenza rappresentata dai commissariamenti; ci sarebbe poi anche un pregiudizio irreparabile se, come penso, foste costretti o dal TAR o dalla Corte costituzionale a ripristinare la legalità in questi territori.

Quindi c'è un costo, e un danno che poteva essere evitato se non ci fosse stata tutta questa fretta, che è sospetta! Perché, colleghi, le riforme non si fanno con le clave, come farebbero i trogloditi costituzionali, ma con il pieno concerto delle istituzioni, con il rispetto delle istituzioni, non si possono sospendere le elezioni democratiche con un atto d'imperio. Avete privato quelle comunità periferiche del loro diritto sacrosanto all'autogoverno, avete sottoposto quei territori a un atto ignobile, a un'ignobile umiliazione, avete sottoposto a una umiliazione ignobile quelle autonomie locali delle periferie.

Umiliazione che quei territori patirono solamente un'altra volta, nella storia, alla fine degli anni '20. La storia insegna ed è utile studiarla perché potrebbe consentirci di non commettere degli errori. Alla fine degli anni '20 il regime fascista affidò le amministrazioni delle province a un preside o a un rettore di nomina governativa, vedete i corsi e i ricorsi della storia; e fu sempre il governo fascista, un altro precedente, a dire che la democrazia era sospesa, di conseguenza i presidenti e quelle che allora si chiamavano le deputazioni non esistevano più, avrebbero svolto quelle funzioni i presidi e i rettori.

Anche su questo tema quindi non siete innovatori, non siete riformatori ma siete anche qui restauratori perché rastrellate tra le pagine peggiori della nostra storia ripescando pratiche che non fanno sicuramente onore alle forze politiche che si reputano democratiche e gettano però discredito notevole su queste istituzioni.

Lo stesso disegno di legge costituzionale, quello di cui hanno parlato alcuni colleghi, approvato nei giorni scorsi, nell'intento proprio di sopprimere le province (è il nostro intento ufficiale, ma il vostro intento vero è mascherato), quindi ben più ardito rispetto ai vostri aborti giuridici, rispetta il mandato elettorale e rispetta il diritto all'autogoverno di quelle comunità territoriali e provinciali perché dice che si sopprimono le province, non sono più nella Costituzione, però il mandato elettorale degli organi amministrativi termina alla scadenza naturale.

Invece voi non sopprimete le province, vi guardate bene dal farlo, non fate riforme, vi guardate bene dal farle, però una cosa la fate: commissariate! Quindi ci sono i presidi, ci sono i rettori di mussoliniana memoria, ma quella proposta di modifica costituzionale sancisce che la durata della carica degli organi elettivi non è nella disponibilità dello Stato, ma se non è nella disponibilità dello Stato non lo è nemmeno in quella della Regione, perché è vero che è competenza primaria ma è la stessa competenza che ha lo Stato sulle regioni a Statuto ordinario, quindi non avete il diritto di commissariare.

Quel disegno di legge fa quello che voi non volete fare e che noi vi stiamo dicendo da mesi, da un anno, e cioè il disegno di legge stabilisca un percorso, stabilisca delle scadenze dicendo che entro un certo periodo di tempo bisogna fare le cose, se non si fanno si stabiliscono anche delle sanzioni, invece voi nulla di tutto questo; voi dite: "entro 30 giorni faremo…", ma già 15 giorni sono passati perché andate alla prossima settimana forse per riprendere e invece cosa fate? Promuovete il caos, perché di caos vero e proprio si tratta!

Perché promuovete questo caos? Intanto perché una cosa è ancora dubbia ed è la validità giuridica del referendum. Perché per esempio tutti gli elettori di tutta l'isola sono intervenuti a modificare le circoscrizioni provinciali, quando è chiaro che sulle circoscrizioni provinciali devono intervenire i territori interessati? Perché i cittadini di Cagliari hanno deciso che la Provincia del Sulcis non deve esistere più? Perché i cittadini di Cagliari hanno dovuto decidere che la Gallura non deve avere più il suo territorio provinciale? E dubbia questa scelta.

Quindi promuovete il caos, perché se dovesse intervenire la Corte costituzionale a dire che quel referendum è inammissibile, con una forzatura, che cosa succede? Il referendum viola palesemente il percorso che è stabilito dall'articolo 43 del nostro Statuto, che prevede una partecipazione delle popolazioni. Nel frattempo potrebbe succedere anche altro, quello che noi stiamo auspicando, potrebbe succedere che il Tar o la Corte costituzionale ripristino la legalità nei territori delle quattro province e della Provincia di Cagliari.

Potrebbe succedere questo? Io penso che potrebbe succedere. Oppure nel frattempo potrebbe intervenire altro; potrebbe accadere che questo disegno di legge di modifica costituzionale, approvato dal Consiglio dei Ministri il 5 luglio, diventi legge dello Stato interessando anche noi, Regioni a statuto speciale, perché il testo è esplicito su questo.

Allora, colleghi, in questo caso non c'è bisogno di avere grandi competenze giuridiche, c'è bisogno solamente di mettere in campo il buonsenso per evitare il caos, e il buonsenso vorrebbe che si mettesse un po' di bromuro nelle bevande degli ardenti Riformatori, in modo che si calmassero un pochino. Però voi ve ne guardate bene dal fare questo, ve ne guardate dal mettere in campo azioni per evitare il caos, non vi fate carico di nessuna proposta.

Il Presidente, che guarda caso non c'è, quando viene? Viene quando c'è da mettere mano ai commissariamenti, portato a casa il risultato se ne frega del governo del territorio, d'altronde a lui interessa solamente occupare la casellina, si è infatti contraddistinto in questi quattro anni e mezzo per occupare caselline con poteri commissariali. Ormai sui territori ci sono i suoi proconsoli, gestiranno la campagna elettorale, e se ne frega delle riforme. Però voi siete complici di questo, non potete tirarvi fuori, la responsabilità è sua ma anche vostra.

I Riformatori d'altronde ancora non hanno arrotolato le bandiere che hanno sbandierato con i festeggiamenti ignobili e con gli strombazzamenti, e nel frattempo però che cosa fate? Ci costringete in quest'Aula senza una vostra proposta. Potremmo capire se almeno ci costringeste qua per lavorare su una proposta, invece fate melina, allungate il brodo, trascinate, chissà quando troverete un'ipotesi condivisa al vostro interno. Non c'è in questa Aula, su questo dibattito, un vostro intervento. Il relatore, mi dispiace che non possa replicare perché sta presiedendo, rinuncia persino alla relazione. Non c'è un intervento della maggioranza.

Ma, allora, di che cosa dobbiamo parlare? Qual è la riforma che volete mettere in campo? State allungando il brodo, l'ennesimo fumo in faccia ai referendari. E la Giunta dov'è? La Giunta sta in silenzio. Ovviamente anche la Giunta non si fa trascinare in questo pasticcio, non lo ha fatto sul pasticcio dei commissariamenti, non si fa trascinare adesso. Quindi fateci sapere che cosa volete fare, ma ditecelo sinceramente però, non fatecelo intendere, perché noi abbiamo capito che cosa volete fare, ma voi non ce lo dite.

Non fate ricadere su di noi pertanto le vostre ambiguità. Perché noi siamo stati sempre in prima linea per avviare le riforme dell'architettura istituzionale, non ci siamo mai tirati indietro, anzi, quando abbiamo avuto la responsabilità della maggioranza in quest'Aula qualche proposta l'abbiamo fatta, qualche riforma l'abbiamo portata a casa. Siamo intervenuti sulle Comunità montane, sull'Unione di Comuni, siamo intervenuti per decentrare funzioni e competenze sui territori, non per toglierle e accentrarle come state facendo voi. Adesso avete voi la responsabilità di fare una proposta. Ripeto, non fate ricadere su di noi la vostra mancanza di proposte e la vostra ambiguità.

Non è sicuramente colpa nostra se ci troviamo nel caos, e non è sicuramente per nostra responsabilità se oggi non sapete come uscire da questo cappio che vi hanno legato al collo i ricatti per sola sete di potere. I ricatti di chi si fa promotore di un neocentralismo regionale, i ricatti di chi si fa promotore di una restaurazione di una Regione che si è conosciuta tempo fa (e che oggi si vorrebbe di nuovo) una "Regione grassa".

In giro si sentono poi proposte tra le più fantasiose per modificare l'assetto dei territori; si parla, per esempio, di agenzie per la gestione delle competenze sovra comunali, questa è un'ipotesi di cui leggo, di cui tanto si parla, però ancora in Aula non l'abbiamo presa in considerazione. Si tratta quindi di creare altri centri di potere, in questo caso centrali, non più in periferia (quindi li riportiamo al centro), che intuizione geniale!

Oppure sento dire che strizzate l'occhio ad alcuni territori per attenuarne la rabbia, e per provare a salvarvi la coscienza, promettendo cinque macro aree. Anche in questo caso mi torna utile, ancora, il ricorso alle pagine buie della nostra storia, quando Mussolini promettendo una nuova sistemazione delle province italiane dopo lo svolgimento del referendum disse, a quelle città: "diventeranno province, se le popolazioni saranno laboriose, disciplinate e prolifiche".

Quindi cari galluresi, se fate da buoni forse potreste suscitare la magnanimità di Cappellacci, o anche dei Riformatori, pensate bene, tutti e due assieme, che forse vi possono concedere il quinto territorio autonomo. Ma guardate un po'! Queste sono davvero le innovazioni, le riforme! I Riformatori che si fanno paladini della presenza sui territori, concederanno forse, se fate da bravi però, non alzate troppo la voce, onorevole Lai, piano piano (non lo vedo qua in Aula!).

Colleghi, una riforma vera si può fare solo se è una riforma ordinata, se ha un filo logico, se rispetta le popolazioni, e tutto questo è chiaro che si può fare sulla base di un percorso preciso, di un lavoro serio; un lavoro serio di questo tipo può essere fatto solo in Commissione, non può essere fatto in Aula con una proposta abborracciata che adesso abbiamo in esame e che, probabilmente, cercherete in qualche modo, semmai trovaste un'intesa, di correggere. Quindi, colleghi, non vi rimane altro che rimandare la proposta in Commissione, dove noi a quel punto potremmo dare il nostro contributo.

Prima però di riportare questa proposta in Commissione è chiaro che va approvato un solo articolo in questo testo di legge, ed è quello che deve abrogare la norma approvata l'altra settimana, non è possibile che si torni in Commissione a ragionare su questi temi lasciando sul campo i novelli presidi o rettori di mussoliniana memoria. Questi vanno cancellati, non possono stare sul territorio, questi sono usurpatori del potere, sono usurpatori della rappresentanza democratica. Quindi, colleghi, se voi volete uscire dal caos, se volete uscire dall'impasse in cui vi siete cacciati, perché non siete in grado di portare una proposta di modifica degli assetti degli enti locali, una cosa si può fare: si abolisca una volta per tutte questa vergogna dei commissariamenti, e poi si torna in Aula.

Noi un'idea su come mantenere organizzati i servizi sul territorio l'abbiamo; questi territori avevano chiesto di poter organizzare i servizi in loco perché si sentivano abbandonati da Cagliari, da Nuoro, da Sassari, da Oristano, chiedevano di poter mantenere i servizi nel territorio, chiedono ancora oggi di poter avere un riferimento territoriale per alcuni servizi, perché il rischio concreto qual è? Che nel momento in cui scompare la provincia, scompare anche il riferimento territoriale per le ASL, per i tribunali, per tutta una serie di servizi che sono sul territorio.

Colleghi, quindi, noi siamo disposti a ragionare in commissione su questi temi, non abbiamo pregiudizi sul numero delle province, non abbiamo pregiudizi sulla cancellazione di tutte le province, il nostro discrimine è quello di mantenere i servizi sul territorio, se ragioniamo su quello noi ci saremo, però prima di tutto cancellate l'obbrobrio dei commissariamenti.

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Giampaolo Diana. Ne ha facoltà.

DIANA GIAMPAOLO (P.D.). Chiedo la verifica del numero legale.

(Appoggia la richiesta il consigliere Daniele Cocco.)

Seconda verifica del numero legale

PRESIDENTE. Dispongo la verifica del numero legale con procedimento elettronico.

(Segue la verifica)

Prendo atto che i consiglieri Daniele Cocco e Giampaolo Diana sono presenti.

Risultato della verifica

PRESIDENTE. Comunico che sono presenti 39 consiglieri. Risultano presenti i consiglieri: Amadu - Artizzu - Bardanzellu - Biancareddu - Campus - Cappai - Cocco Daniele - Cossa - Cuccureddu - Dedoni - Diana Giampaolo - Diana Mario - Fois - Gallus - Locci - Lunesu - Milia - Mula - Mulas - Murgioni - Obinu - Peru - Petrini - Piras - Pisano - Pitea - Pittalis - Planetta - Randazzo - Rassu - Rodin - Sanjust - Sanna Matteo - Sechi - Steri - Stochino - Tocco - Tupponi - Zedda.

Poiché il Consiglio è in numero legale, possiamo proseguire i lavori.

E' iscritto a parlare il consigliere Salis. Ne ha facoltà.

SALIS (Gruppo Misto). Presidente, in prima battuta vorrei rilevare la contraddizione di questa discussione, la tensione etica e istituzionale di questa riforma.

E' strano che una maggioranza che ha imposto il 28 giugno, la settimana scorsa, lo stralcio di un articolo di una legge che aveva creato discussioni in Commissione, tant'è che nella relazione di minoranza era già richiesto un ulteriore approfondimento, una maggioranza che ha imposto una lesione istituzionale per cui tutti i territori e i loro amministratori sono in subbuglio, non solo gli amministratori provinciali ma anche i sindaci dei comuni che vedono messa in forse anche una organizzazione di livello territoriale che in quest'ultimo periodo è stata un riferimento per tutte le popolazioni, e soprattutto per i piccoli e piccolissimi comuni che compongono il tessuto istituzionale della Sardegna, una maggioranza che si dà come obiettivo, sfidando l'opposizione, trenta giorni di tempo per approvare la legge di riforma, non dica una parola! Il dato politico di questa discussione, presidente Cossa e onorevoli colleghi, è questo: c'è una maggioranza silente che non fa sapere all'opinione pubblica e al Consiglio regionale quali sono le sue vere intenzioni nei confronti di questa riforma.

La stampa nei giorni scorsi ha dato ampio risalto a un presunto grande accordo trovato nella maggioranza per la riforma delle istituzioni locali in Sardegna; oggi ci troviamo a discutere su un testo, approvato in Commissione autonomia a dicembre dell'anno scorso, che è ampiamente superato dai fatti successi in questi ultimi mesi e in queste ultime settimane.

A fronte di ciò non abbiamo uno straccio di indicazione da parte della maggioranza, addirittura, mi perdonerà il Presidente questa sottolineatura, il relatore di maggioranza non illustra neanche il provvedimento, che avrebbe dovuto essere integrato con le novità che sono sotto gli occhi di tutti. Questo, badate, è un dato politico assolutamente sorprendente che ci induce con rammarico a ritenere che probabilmente la discussione di oggi, e di domani se andiamo a domani, sarà assolutamente inutile!

Avete disastrato il panorama istituzionale della Sardegna, avete portato province e comuni, tutte le istituzioni locali, a rivolgersi ai tribunali contro la Regione, e questo è un dato che politicamente non è rimuovibile. Voglio ricordare qui un grande politico della Sardegna, un grande uomo, Umberto Cardia, il quale (io iniziavo a fare politica), venne a concludere una riunione e quando qualcuno, di fronte a un contenzioso che si aveva con altri gruppi politici, con l'entusiasmo giovanile che lo caratterizzava, propose di rivolgersi ai tribunali, di fare le denunce, disse una frase che non mi sono mai levato dalla testa: "la politica che cede i suoi poteri alla carta bollata ha fallito miseramente il suo compito".

Avere costretto, come avete fatto voi, le istituzioni locali della Sardegna a rivolgersi alla carta bollata contro la Regione è un dato politicamente negativo che segna, profondamente e indelebilmente, la conclusione di questa legislatura. Vi siete messi contro tutte le istituzioni democraticamente elette della Sardegna, tutte, perché anche le assemblee dei sindaci sono importanti, non sono solo i presidenti, gli assessori o i consiglieri provinciali che difendono la loro postazione democraticamente conquistata, no, sono i sindaci dei territori che chiedono di poter avere un riferimento territoriale, che è importante e che voi gli avete sottratto con un atto di imperio assolutamente inqualificabile!

Proviamo a immaginare, se non ci fosse stato lo strappo dello stralcio dell'articolo 10, come avremmo potuto ragionare con i nostri interlocutori istituzionali, con i comuni, con le province, di una necessaria e seria riforma delle istituzioni in Sardegna, a cominciare dalla Regione. Il problema della riforma degli assetti istituzionali parte infatti dalla Regione non dalle province, passa sì per le province e per i comuni ma la priorità è la riforma della Regione, quindi che idea abbiamo della Regione sarda e come vogliamo trasformarla dal punto di vista istituzionale perché risponda al meglio alle esigenze dei sardi. Questo non lo stiamo facendo e non lo state facendo.

Ci troveremo invece di fronte alla bandierina dei trenta giorni per fare una riforma in fretta e furia, che non si sa come verrà definita perché nel frattempo lavoreranno i tribunali, ma nel frattempo sta lavorando anche il Governo nazionale; vi inviterei, a proposito, a leggere con molta attenzione il disegno di legge costituzionale sulla abolizione delle province approvato dal Consiglio dei Ministri il 5 luglio. Ci sono alcune disposizioni che valgono anche per la Sardegna, perché si fa riferimento alle Regioni a Statuto speciale quando si stabilisce che le Regioni non possono, e sottolineo non possono, istituire (visto che si sente parlare di agenzie per cercare di salvare il salvabile) enti, agenzie e organismi comunque denominati per lo svolgimento di funzioni di area vasta.

E' detto con estrema chiarezza, così come con estrema chiarezza è detto che, per esempio, e io considero questa norma una lesione dei territori più poveri della Sardegna, le province sono sottratte al rilievo costituzionale previsto dal Titolo V della seconda Parte della Costituzione e sono inserite le Città metropolitane. Cosa vuol dire questo in Sardegna? Vuol dire che in Sardegna abbiamo soppresso otto province, e di quattro si poteva discutere con i territori (consentitemi di ricordare che il nostro Gruppo, ha presentato una proposta di legge nel 2011, in tempi non sospetti, per la soppressione delle quattro province regionali, che ancora giace in Commissione), e avremo potenzialmente due aree metropolitane con rilievo costituzionale, rilievo che non avrà il resto del territorio. Sembra un dettaglio, una questione di lana caprin,a ma è un dato importante che va segnalato e sottolineato.

Allora, il richiamo fatto da vari colleghi dell'opposizione sul rinvio in Commissione del provvedimento non verrà ascoltato, temo che voi ormai abbiate deciso, purtroppo, che questa è la linea da seguire; pertanto andrete a sbattere testardamente su questa posizione, continuerete voi e la Regione, perché voi rappresentate la Regione, a essere rappresentati come elementi di divisione all'interno del movimento democratico, autonomistico, istituzionale della Sardegna e saranno i tribunali a dover definire gli assetti. Per noi opposizione può essere un motivo di soddisfazione dal punto di vista del risultato da ottenere, ma dal punto di vista del risultato dell'istituzione Regione è una lesione, è un danno irreparabile che rischiamo di fare alla Sardegna.

"Alla data di cessazione del mandato amministrativo delle singole province in corso alla data di scadenza del termine di cui… le stesse sono soppresse". Alla data di cessazione del mandato amministrativo. Questo è il comma 1 dell'articolo 3 del disegno di legge costituzionale e questo vuol dire che il Governo non vuole più fare, dopo che l'ha fatto il Governo Monti, l'errore di sopprimere enti democraticamente eletti, errore che voi avete fatto. Il Governo Letta sta sbagliando molte altre cose o sta rinviando molte altre cose ma, fortunatamente, la lezione sull'errore compiuto dal Governo Monti l'ha imparata e ha inserito correttamente il rispetto dei termini definiti dalle elezioni e stabiliti dal voto popolare.

Voi questo non l'avete voluto fare, avete avuto la "fregola" del commissariamento, abbiamo commissari dappertutto: nei consorzi di bonifica, nei consorzi industriali, chi più ne ha più ne metta, abbiamo consorzi di bonifica che sono commissariati da 14 anni, abbiamo enti in liquidazione che hanno commissari liquidatori da 10 anni. Queste erano le pratiche da accelerare, presidente Cossa, queste erano le pratiche da accelerare! Occorre concludere vicende vergognose su cui anche la Corte dei conti ha messo gli occhi e ha detto parole precise rispetto all'uso improprio delle risorse della Regione.

C'erano priorità diverse rispetto all'accelerazione su uno stralcio di un articolo che doveva servire come bandierina per non so quale tipo di vittoria, che poi si sta rivelando una vittoria di Pirro perché abbiamo tutti i territori in subbuglio. Diverso sarebbe stato non perdere il tempo che abbiamo perso e fare insieme agli amministratori provinciali, insieme ai sindaci e agli amministratori comunali un processo serio di riforma con tempi precisi, certi, questo vi abbiamo chiesto il 27 e il 28 giugno.

Fermatevi, non proseguite un processo che sicuramente non riusciremo più a bloccare. Perché una volta che si mettono in moto i tribunali è difficile, è molto difficile uscirne e bisogna aspettare l'esito di un sentenza, che noi ci auguriamo sia veloce, per dare risposte ai problemi che questa vostra decisione ha prodotto.

Quindi non siamo qui in attesa di sapere qual è la vostra proposta, siamo in attesa che definiate, era stato annunciato per oggi martedì, finalmente la decisione della maggioranza per la nomina del Presidente della Commissione autonomia. La Commissione autonomia non è stata convocata, il Presidente non verrà eletto, il vicepresidente Pietro Cocco dovrà continuare a gestire quello che può di una Commissione assolutamente importante in questa fase, e allora continuiamo così.

I trenta giorni passeranno, perché ne sono già passati dieci, undici; i trenta giorni passeranno: una bandierina esposta per difendere il territorio e anche una posizione assolutamente indifendibile; dopodiché chissà cosa succederà alla fine di una legislatura che dal punto di vista delle riforme ha prodotto solamente, solamente e fortunatamente, la riduzione del numero dei consiglieri regionali e una legge elettorale, uno stralcio di legge elettorale nella quale, purtroppo, il Consiglio regionale è riuscito a infilare la decisione di cancellare la preferenza di genere. Ecco questo è il risultato di quattro anni e mezzo di gestione della Giunta Cappellacci sulle riforme.

Noi non riusciamo a capire, io non riesco a capire, perché il parere dei sindaci sia fondamentale quando si parla di zona franca, anche se in maniera confusa, sbandierando il loro assenso e utilizzandoli per giustificare proposte assolutamente non definite, non precisate, ed è toccato anche in questo caso al Consiglio regionale tentare di rimettere la barca nella rotta giusta, anche sulla zona franca, e non si ascoltano invece su questa vicenda degli enti intermedi, perché? Questa è la domanda.

Adesso aspettiamo da voi la risposta, ci auguriamo che qualche rappresentante della maggioranza possa intervenire per illustrare la posizione politica della Giunta e della maggioranza in Aula; noi continueremo la nostra parte, noi continuiamo a sottoporvi la necessità di verificare attentamente quello che sta succedendo, forse siamo ancora in tempo per poter evitare che la valanga poi sia assolutamente inarrestabile. Il rinvio dalla legge in Commissione sarebbe la soluzione ideale, e soprattutto lo sarebbe una riflessione su questo stralcio dell'articolo 10 che tanti disastri ha combinato in Sardegna.

Questione sospensiva ai sensi dell'articolo 86 del Regolamento

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Arbau. Ne ha facoltà.

ARBAU (Gruppo Misto). Propongo di richiamare il testo unificato in Commissione e motivo la richiesta per il tempo che mi è concesso. Io credo che questa Aula abbia l'ultima occasione per uscire da una situazione molto, ma molto sgradevole: essere addirittura posta in condizione di rincorrere il "Governo del rinvio". Il Governo Letta non ha deciso alcuna cosa tranne quella di porre all'attenzione delle Camere un disegno di legge. Questo Consiglio regionale, che aveva l'occasione di eliminare le province, arriverà in un periodo successivo e, addirittura, come sottolineava stamattina l'onorevole Sanna, non verrà neanche consultato e non avrà, diciamo così, la possibilità propria di una autonomia speciale di poter esercitare questo compito. Io credo che, mi faccio aiutare dalla filmografia recente…

PRESIDENTE. Onorevole Arbau, mi scusi, ma è un intervento un po' irrituale. Adesso motivi brevemente…

ARBAU (Gruppo Misto). Scusi, Presidente, io sto al Regolamento; il Regolamento mi dice che se faccio una proposta sull'ordine dei lavori e devo motivarla ho cinque minuti di tempo a disposizione. Questo dice il Regolamento, se poi lei ritiene che non si applichi me lo dica. La proposta, l'ho già detta, è quella di richiamare il testo di legge in Commissione e voglio motivarla perché le cose vanno motivate, consiglieri.

Mi faccio aiutare dalla filmografia moderna. Noi siamo, come nel film "Cuore impavido", simili a quei nobili scozzesi che innalzavano i vessilli solo ed esclusivamente per contrattare terre e, nel momento in cui bisognava combattere veramente ritornavano indietro invece di andare avanti. Se noi stasera non richiamiamo la legge in Aula e, soprattutto, se non concediamo il "102" per modificare l'articolo 43, siamo come quei nobili scozzesi che annunciano guerra ma alla prima cessione di qualche terra, ergo qualche commissario, tornano indietro.

PRESIDENTE. L'onorevole Arbau ha posto una questione sospensiva, che deve essere appoggiata da cinque consiglieri o da un Presidente di Gruppo. Secondo il Regolamento devono intervenire un consigliere a favore e un consigliere contro per cinque minuti, dopodiché si pronuncerà il Consiglio.

Ha domandato di parlare il consigliere Salis. Ne ha facoltà.

SALIS (Gruppo Misto). Presidente, ho appena espresso lo stesso auspicio, e quindi non posso che sostenere la proposta del collega Arbau. Io penso, anche per le cose dette adesso, e a conclusione del mio intervento, che questa sia l'unica strada che abbiamo per riuscire veramente a rimettere in carreggiata una macchina che rischia di deragliare in maniera disastrosa. Ripeto, ce lo chiedono i territori, e i nostri amministratori locali, i sindaci, il tessuto autonomistico della Sardegna complessivamente considerano questo stralcio dell'articolo 10, questa decisione della maggioranza una lesione dei rapporti istituzionali; sarebbe pertanto cosa buona e giusta che questa proposta venisse accolta.

PRESIDENTE. Poiché nessuno domanda di parlare contro passiamo alla votazione. E' stata chiesta la votazione nominale.

Votazione nominale

PRESIDENTE. Indico la votazione con procedimento elettronico, sulla richiesta di sospensiva.

(Segue la votazione)

Prendo atto che i consiglieri Ben Amara, Cozzolino e Manca hanno votato a favore e che la consigliera Zedda ha votato contro.

Rispondono sì i consiglieri: Agus - Arbau - Ben Amara - Campus - Cocco Daniele - Corda - Cozzolino - Cuccu - Cuccureddu - Cugusi - Dessì - Diana Giampaolo - Diana Mario - Espa - Lotto - Manca - Maninchedda - Mariani - Meloni Valerio - Moriconi - Mulas - Sabatini - Salis - Sanna Gian Valerio - Sechi - Solinas Antonio - Zuncheddu.

Rispondono no i consiglieri: Amadu - Bardanzellu - Biancareddu - Cappai - Cherchi - Contu Felice - Cossa - Dedoni - Fois - Gallus - Greco - Locci - Lunesu - Milia - Mula - Murgioni - Obinu - Oppi - Peru - Petrini - Piras - Pisano - Pitea - Pittalis - Randazzo - Rassu - Rodin - Sanjust - Sanna Matteo - Steri - Stochino - Tocco - Tupponi - Zedda.

Si è astenuto il consigliere: Lai.

Risultato della votazione

PRESIDENTE. Proclamo il risultato della votazione:

presenti 62

votanti 61

astenuti 1

maggioranza 31

favorevoli 27

contrari 34

(Il Consiglio non approva).

Continuazione della discussione generale del testo unificato: "Norme sul riordino delle Province" delle proposte di legge Salis - Cocco Daniele Secondo - Mariani: "Soppressione delle Province di Carbonia-Iglesias, del Medio Campidano, dell'Ogliastra e di Olbia-Tempio. Abrogazione della legge regionale 12 luglio 2001, n. 9 (Istituzione delle Province di Carbonia-Iglesias, del Medio Campidano, dell'Ogliastra e di Olbia-Tempio), della legge regionale 13 ottobre 2003, n. 10 (Ridelimitazione delle circoscrizioni Provinciali), e della legge regionale 2 gennaio 1997, n. 4 (Riassetto generale delle Province e procedure ordinarie per l'istituzione di nuove Province e la modificazione delle circoscrizioni Provinciali) (301), Cuccureddu: "Norme urgenti in materia di Province" (428), Dedoni: "Norme sul riordino delle Province" (430), Sanna Gian Valerio: "Norme urgenti in materia di riordino delle amministrazioni Provinciali della Sardegna" (432), Uras - Cocco Daniele Secondo - Cugusi - Sechi: "Norme in materia di riassetto delle autonomie locali e delle Province; procedure per l'istituzione di nuove Province e per la modificazione delle circoscrizioni Provinciali" (435) Sanna Matteo: "Norme urgenti in materia di riordino delle amministrazioni Provinciali della Sardegna ed istituzione della nuova Provincia di Olbia" (442). (301-428-430

432-435-442/A - Parte II)

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Daniele Cocco. Ne ha facoltà.

COCCO DANIELE (SEL-Sardigna Libera). Dopo questo voto io faccio un'altra proposta agli amici e colleghi della maggioranza: diteci quanti giorni vi occorrono per approvare questo testo, noi ci esenteremo dal partecipare alle riunioni, così approverete la legge e poi riprenderemo i lavori sulle altre cose più importanti che abbiamo da fare.

E' chiaro che la discussione di oggi risente moltissimo, e non potrebbe essere altrimenti, del voto che ha portato al commissariamento delle quattro province istituite con legge regionale e della Provincia di Cagliari; ma il riassetto degli enti locali, il riordino delle province non può essere un semplice passaggio di prammatica in questo Consiglio regionale, perché si parla di riforma e di riforme e queste non possono avvenire senza il coinvolgimento e la condivisione delle popolazioni interessate. Popolazioni che non possono subire, da vittime sacrificali, ulteriori sacrifici rispetto a una condizione già improntata all'incertezza e al disagio sociale.

L'indirizzo a cui quest'Aula dovrebbe attenersi è quello della ricerca della massima condivisione su un tema che riguarda l'intera Isola, su un argomento dirimente e dirompente sul futuro di una Regione in grande affanno. La riforma…

PRESIDENTE. Onorevole Cocco, mi scusi, parli al microfono, perché se no viene sovrastato…

COCCO DANIELE (SEL-Sardigna Libera). Tanto non ascolta nessuno.

PRESIDENTE. Non si preoccupi, almeno per la storia registriamo il suo intervento.

COCCO DANIELE (SEL-Sardigna Libera). A proposito, l'amico Dedoni mi aveva promesso che sugli enti e sui consiglieri provinciali dei Riformatori sarebbe intervenuto e ancora non abbiamo notizie di questo…

DEDONI (Riformatori Sardi). Sono intervenuto!

COCCO DANIELE (SEL-Sardigna Libera). Dicevo che la riforma della architettura di governo del territorio impone delle valutazioni molto serie, a 360 gradi, di tutto il sistema degli enti locali; l'azione riformatrice non può risolversi in meri e oculati commissariamenti, e non può evolvere con questo testo che sicuramente, così com'è, e rispetto anche agli ultimi atti del Governo nazionale, è già anacronistico e non emendabile in maniera seria. Il parere del CAL ci ha già detto tutto e non si può sfuggire, non si può derogare dalle nostre responsabilità.

Dobbiamo riflettere, soprattutto voi dovete riflettere bene sulla serietà che chiede questa materia. Per dirla alla Campus: "Non voliamo né alto né basso, ma cerchiamo di camminare con i piedi ben piantati per terra", senza andare a cozzare, un'altra volta, contro gli strali di organi costituzionali che troppe volte ci hanno detto no, vi hanno detto no. Non è questa la strada da percorrere o l'onda da cavalcare. Organi legittimati dal voto popolare, democraticamente eletti, non possono e non potranno essere strumento di una pseudo riforma, o carne da macello per scopi che poco hanno a che vedere con i sani e imprescindibili principi democratici. Quindi le strade sono solo due: o torniamo in Commissione, o diteci quanti giorni vi servono, e vi lasceremo liberi di approvare questo testo.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Mario Diana. Ne ha facoltà.

DIANA MARIO (Sardegna è già Domani). Mi chiedevo se ha un senso che noi continuiamo a discutere su questo testo di legge. Io ho votato a favore della proposta del collega Arbau non perché fossi convinto che potesse passare, e non per le motivazioni che lo stesso collega Arbau ha addotto in quest'Aula, ho votato a favore perché sono convinto, posto che non stiamo ancora facendo alcunché, così come è accaduto fino adesso, e posto che la settimana prossima, a Dio piacendo, qualcuno ci spiegherà che fine deve fare questo testo esitato dalla Commissione (qualcuno ci dovrà pur spiegare, perché da un lato non si vogliono le province, e dall'altro lato, invece, rimangono in piedi), che si debba modificare l'articolo 43 dello Statuto; sono d'accordissimo! Bisogna modificarlo.

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE LOMBARDO

(Segue DIANA MARIO.). Non a caso, con un emendamento orale, questo venne chiesto. Perché si è chiesta la modifica dell'articolo 43? Si è chiesta la modifica dell'articolo 43 perché se vogliamo approvare questo testo di legge è indispensabile infilare nel "43" la Provincia di Oristano, perché è una carenza normativa, e quindi è giusto approvare la modifica dell'articolo 43 con l'inserimento del nome "Oristano".

Di conseguenza possiamo andare avanti anche con questo testo di legge, che non è nulla di ciò che i riformatori, non intendo il partito dei Riformatori, ma quelli che vogliono riformare hanno proposto con il referendum e senza referendum, perché, di fatto, a questo ha già pensato di mettere mano il Governo, e qui siamo. Allora, a cosa serve che noi legiferiamo oggi, quando c'è un testo di legge, approvato dal Governo, che deve essere inviato alle Camere, e ancora non si ha notizia che sia stato inviato alle Camere, che deve essere trasmesso alla Conferenza unificata, e ancora la Conferenza unificata, che è convocata per domani, credo, 11 luglio, non ha all'ordine del giorno questo testo di legge; verrà aggiornato, non lo so, alla prossima seduta della Conferenza unificata?

Cosa accade tecnicamente, colleghi Riformatori, perché ce lo dobbiamo dire, cosa accade in quel momento, cioè nel momento in cui il testo di legge viene trasmesso alle due Camere e alla Conferenza unificata? Accade che il Consiglio regionale della Sardegna ha due mesi di tempo per esprimersi, quindi noi ci stiamo esprimendo oggi, e ci stiamo dicendo un sacco di sciocchezze immani, l'uno contro l'altro, sapendo già che domani, dopodomani, fra una settimana, dieci giorni, ci verrà notificato il testo di legge esitato dal Governo e noi avremo due mesi di tempo per discutere. Ma allora di che cosa stiamo discutendo oggi?

A cosa serve discutere oggi su un provvedimento che già nel testo esitato dal Governo, per ciò che vi è contenuto, secondo me, è di una gravità inaudita? Credo li abbia citati il collega Gian Valerio Sanna stamattina, il comma 6 e il comma 7 sono di una gravità inaudita, colleghi! Nel comma 6 viene meno la specialità della Sardegna, non esiste più la specialità della Sardegna; le uniche specialità in Italia rimangono le Province autonome di Trento e di Bolzano. E allora mi chiedo se non sarà necessario, tra due mesi, quando e qualora ci verrà notificato questo testo di legge che, magari, tutti quanti assieme cominciamo a dire: ma è così che deve andare a finire? E' questo che noi auspichiamo? Perché questo accadrà!

Da un lato accade questo, ma dall'altro lato accade una cosa che ad alcuni può anche piacere, e magari a seguito di ciò che accade con il comma 6 forse è utile che accada definitivamente anche ciò che è scritto nel comma 7, e cioè che lo Stato a seguito della soppressione delle province rivede la presenza dei suoi organi periferici nelle Regioni. Questo è quello di cui noi dobbiamo discutere, non di altre alchimie, stupide, che non servono a niente! Ma di questo nessuno parla, e men che meno ne parla il Presidente che oggi è assente, ma è un caso che sia assente oggi, solitamente è presente; è presente con i numeri, ma i numeri mi pare che, arrivati a questo punto, non bastino più.

Io inviterei non tanto a rinviare questo testo in Commissione, quanto a ritirarlo proprio. Non ha senso continuare a discutere di questo argomento ed è giusto e corretto, sarebbe giusto e corretto che gli organi di informazione informassero i cittadini sardi di ciò che noi stiamo facendo. Stiamo discutendo del nulla perché noi saremo chiamati a discutere un'altra cosa molto più importante di questa, che è il testo esitato dal Governo. Quando discuteremo quel testo, probabilmente ognuno di noi dirà cose diverse da quelle che sta dicendo in questi giorni.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Cuccureddu. Ne ha facoltà.

CUCCUREDDU (Gruppo Misto). Presidente, io condivido alcuni degli spunti dell'onorevole Diana, non condivido il fatto che il Governo debba notificarci alcunché; con il suo provvedimento non interviene infatti sullo Statuto sardo, su una legge costituzionale, ma interviene direttamente sulla Costituzione che, nella gerarchia delle fonti, prevale sulle leggi costituzionali e quindi anche sul nostro Statuto.

E' evidente però che questa discussione generale è, di fatto, surreale. Stiamo discutendo di un testo i cui articoli, tra qualche giorno, sappiamo potrebbero essere totalmente modificati dagli emendamenti sostitutivi totali. Quindi noi facciamo la discussione generale su un testo e domani ci troveremo un testo totalmente differente, come è avvenuto per lo stralcio.

Qualcuno diceva che l'onorevole Cossa non è intervenuto nella discussione generale; Era già intervenuto, invece, su tutti gli articoli, ma su un testo che poi è stato interamente stralciato, quindi questo che cosa certifica? L'inutilità del lavoro di mesi e mesi, serio, faticoso, le proposte erano anche molto differenti, svolto in Commissione, perché poi da qualche parte si scriveranno degli emendamenti sostitutivi totali, li si concorderà o non li si concorderà, la discussione sarà limitata ai dieci minuti regolamentari, in pochi minuti vedremo gli emendamenti in Aula: tutta questa discussione sarà stata del tutto inutile.

La discussione su questo testo allora è inutile perché sappiamo che sarà sostituito, ed è obbligatorio sostituirlo! Pensate che all'articolo 9, al secondo comma mi pare, si cita specificamente la norma che è stata espunta dall'ordinamento, quella sulla quale è intervenuta la Corte costituzionale; è evidente che, non potendo prevedere le funzioni che con un richiamo esplicito lo Stato definisce, dato che la Corte costituzionale è già intervenuta, dovremo reintervenire.

Allora, ne ha già parlato l'onorevole Diana, se non l'avesse fatto lui mi sarei soffermato io più a lungo, però il vero, grande, unico problema (io lo sto dicendo dal primo giorno in cui abbiamo iniziato a discutere di province), è non l'utilità o, più giustamente, è stato detto, l'inutilità dell'ente provinciale, ma il fatto che nel nostro ordinamento l'ambito territoriale delle province costituisce l'ambito territoriale per l'organizzazione periferica dello Stato e il comma 7 lo dice in maniera chiarissima, lampante. Ci dice: guardate che io organizzerò il mio apparato periferico dello Stato (3.000 dipendenti a Oristano su 30.000 abitanti, tanto per darvi un'idea, cioè motorizzazioni, provveditorati, comando provinciale dei Carabinieri, Polizia, Questura, Guardia di Finanza, scuola, insomma tutto viene impostato sull'ambito provinciale) solo se voi, nell'organizzare l'ente intermedio, lo farete rispettando dei parametri.

Quali sono i parametri? Soprattutto quello degli abitanti. Se istituite due province, una da 700 mila abitanti e una da 300 mila e due da 150 mila, non c'è dubbio che gli apparati periferici dello Stato saranno due. Se siete intelligenti da dividere il milione e 700 mila abitanti in quattro sub-ambiti più o meno uguali, si possono anche tenere le attuali quattro organizzazioni. Si tratta semplicemente di fare le cose leggendo le norme che esprimono una volontà chiara dello Stato il quale ci dice che dipende da noi. Se la Regione è intelligente lo Stato sarà costretto a mantenere una presenza, se la Regione non è intelligente e fa un salto nel passato (ripristino delle quattro vecchie province), non ha la fantasia di un'organizzazione differente, è chiaro che la presenza dello Stato verrà ritirata e verrà ritirata in quei territori che più hanno bisogno, probabilmente, di questa presenza.

Ma c'è un aspetto fondamentale: questa norma non parla né di funzioni, né di personale, quindi è chiaro che quando ci torneremo dovremo parlarne nello specifico, se non con un rimando, come dicevo prima, a una norma espunta dall'ordinamento. Quando riprenderemo l'argomento dovremo disciplinare queste cose, è inevitabile che dovremo farlo, e secondo me dovremo farlo pensando anche di riorganizzare le Unioni di comuni che sono state il più grande flop degli ultimi anni, sono state un "poltronificio", sono servite per far fare carriera ai segretari comunali, per far incrementare di cinque volte lo stipendio dei sindaci, perché un sindaco di un comune di 500 abitanti nominato, a rotazione, presidente di una Unione di 5000 abitanti riceve l'indennità da sindaco di 5000 abitanti. A questo sono servite le Unioni di comuni!

Dobbiamo assolutamente pensare di cogliere l'occasione per rivedere quella norma; riorganizziamo un unico ente intermedio, province e comuni assieme, ragionando magari anche sulle regioni storiche e stiamo attenti che questa volta dovremo rendere obbligatorie le Unioni di comuni. Potremmo pensare a Unioni di comuni non solo territoriali, ma anche tematiche, perché altrimenti alcuni comuni che hanno un solo confine - penso a Porto Torres o altri - sarebbero obbligati a fare l'unione con il comune che li circonda.

Le Unioni, che siano tematiche o che siano territoriali, dovranno essere necessariamente obbligatorie perché altrimenti continueremo con il paradosso che, essendo oggi le Unioni di comuni volontarie e incentivate, diamo soldi aggiuntivi a chi si aggrega, realizziamo cioè la finalità opposta rispetto a quella che si cerca di ottenere: fare massa critica per risparmiare. Oggi unirsi per ottimizzare i servizi significa creare maggiori costi per la Regione, il 3 per cento del Fondo unico è destinato alle Unioni, unico caso in Italia, mentre tutti gli altri si riuniscono obbligatoriamente perché si deve ottimizzare, rendere più efficienti i servizi, economizzare.

Tra l'altro ho citato due dei quattro principi attorno ai quali si dovrebbe reggere l'azione amministrativa, oltre l'economicità e l'efficienza gli altri sono l'imparzialità dell'azione amministrativa e l'uguaglianza rispetto all'amministrazione pubblica. Questi sono i parametri cui dovremmo attenerci, invece abbiamo ideato un'Unione di comuni non obbligatoria e che anziché fruttare risparmi viene incentivata. Vi unite? Vi diamo più soldi. Per che cosa? Per costi della politica, per gettoni di presenza. L'esatto opposto rispetto al comune sentire e alla volontà e agli indirizzi dello Stato.

Io vorrei chiarire la mia posizione. Credo di essere l'unico consigliere regionale espressione di liste civiche (forse insieme ad Arbau), cioè il movimento che rappresento è un insieme di liste civiche; ho sempre creduto che l'unica possibilità di un futuro per la nostra Regione risieda nel cercare di dare potere ai comuni, di dare potere alle realtà locali, di ribaltare questa piramide dove anziché calare i modelli dall'alto verso il basso, avvenga esattamente l'opposto.

Non ho potuto chiarire questo punto perché avevo rinunciato all'intervento nella precedente riunione, poi non mi era stato possibile essere presente nella discussione e chiarire la mia idea su commissariamenti e organi di primo e secondo livello ma io sono sempre stato convinto, e lo sono tuttora, che bisogna dare la scelta ai cittadini, che un organo eletto rappresentativo di una base è sempre preferibile a un organo imposto dall'alto, che un organo di primo livello che risponde ai cittadini, che ha il filtro elettorale, sia sempre preferibile a un organo di secondo livello.

E' preferibile perchè il cittadino che elegge un sindaco non può ritrovarlo impegnato in altro, immagino il sindaco de La Maddalena che un domani dovesse fare anche il consigliere provinciale, per una riunione di mezz'ora impegnerebbe l'intera giornata per tornare al suo comune. Che senso ha attribuire alla stessa persona, a chi è già investito di una funzione così gravosa, così importante di front office, una funzione diversa, di un livello amministrativo differente. Due poltrone per un solo fondoschiena!

Mi sembra contraddittorio, se non anche schizofrenico, visto che si propone l'incompatibilità tra assessori e consiglieri, nel senso che si dice che un consigliere regionale non può fare l'assessore (e siamo sullo stesso livello di amministrazione perchè ci dobbiamo occupare delle stesse cose), ma un sindaco deve fare il consigliere provinciale, deve far parte di un altro organo, svolgere altre funzioni, occuparsi di questioni diverse, essere sottratto così alla responsabilità attribuitagli dai cittadini. Mi pare una indicazione quanto meno contraddittoria se non schizofrenica.

Allora, qual era la strada maestra che non si è voluta seguire? Era quella dell'organicità delle riforme. Prima definire lo Statuto, il patto con lo Stato, l'ambito di governo, poi definire la statutaria, quale la forma di governo dei poteri pubblici in Sardegna, poteri e competenze della Regione, perché non si può pensare a un ente intermedio in astratto senza sapere che Regione vogliamo. Vogliamo una Regione che accentra, che crea e che gestisce tutto, dall'ente foreste ai servizi pubblici locali, alla ASL?

Oppure vogliamo che questi servizi vengano devoluti ai comuni e la Regione faccia una bella cura dimagrante e passi da 6 mila dipendenti, più altri 6 mila dell'ente foreste, più 2500 dell'Arst, più non so quanti altri, a mille; per cui si stabiliscano le regole, ma non si risolvano qui i problemi, non è mamma Regione che deve risolvere tutti i problemi della Sardegna, magari anche quelli delle multinazionali dell'Alcoa inserendosi in vertenze sindacali. Se è questo quello che vogliamo lo dobbiamo stabilire nella statutaria, è in quel contesto che dovremo organizzare i poteri pubblici; solo di conseguenza, una volta fatte le scelte sulla forma di governo dei poteri pubblici in Sardegna, si potrebbe ragionare in maniera approfondita su un ordinamento degli enti locali stabilendone forme e organi.

Vorrei solo sottolineare, perché è stato già detto, che il dispositivo della Corte costituzionale (ho avuto modo di leggerlo) dice sostanzialmente che la norma sulle province non si poteva proporre, richiedendo la modifica della Costituzione dei tempi ben precisi (quattro letture, grande attenzione, bisogna meditare molto le modifiche costituzionali), con decreto che è un provvedimento d'urgenza.

Oggi noi corriamo il rischio di fare la stessa cosa, corriamo il rischio (e qualche proposta è anche nata qui) di portare con un "102", l'urgenza, una proposta di modifica costituzionale che deve essere approvata, dopo la lettura del Consiglio, in quadrupla lettura in Parlamento, che mai si farà perché scadrà prima la nostra legislatura, quindi andrà riproposto alla prossima, che senso ha il "102"? E' una follia. Stiamo esattamente riproponendo le stesse sanzioni che la Corte costituzionale ha dato.

Sulle riforme si medita e si segue la procedura ordinaria di formazione delle leggi: in Commissione si ragiona, si porta in Aula, si discute, si va in quadrupla lettura in Parlamento. Queste sono le forme. La sanzione che c'è stata dalla Corte costituzionale prima di entrare nel merito è stata questa: non si può utilizzare la forma del decreto per fare una proposta di riforma costituzionale. Spero che noi abbiamo il buonsenso di attenerci almeno a questo dispositivo della Corte costituzionale.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Steri. Ne ha facoltà.

STERI (U.D.C.-FLI). Presidente, oggi discutiamo un testo di legge che è arrivato in Aula dopo un iter estremamente travagliato. Ricordo che il provvedimento era già pervenuto in Aula una prima volta, un paio di giorni prima che si andasse a votare sui referendum, ed era un testo di legge abbastanza condiviso che recepiva le disposizioni del decreto Monti. Ricordo che io avevo contestato sin da quel momento, già in Commissione quindi, la legittimità costituzionale del decreto Monti (e in precedenza del decreto Berlusconi) suscitando, talora, l'ilarità di taluno che oggi invece elogia il fatto che la Corte costituzionale ne abbia dichiarato, come era ovvio, l'illegittimità costituzionale.

Purtroppo, aderendo a una richiesta pervenuta dal partito dei Riformatori, abbiamo rimandato in Commissione quel testo di legge. Temevano, i Riformatori, che fosse un modo di affossare il referendum. Così non era perché era evidente che se si votava domenica e lunedì e noi iniziavamo l'esame del provvedimento di legge il giovedì, sicuramente non l'avremmo approvato entro domenica, sicuramente non sarebbe stato pubblicato, sicuramente non sarebbe entrato in vigore. Forse oggi non ci troveremmo in questa situazione.

Vi sono stati i referendum. I referendum, pur comprendendo le motivazioni politiche che hanno portato alla loro proposizione, normalmente hanno una funzione prevalentemente politica: smuovere una classe politica che non vuole affrontare un certo argomento. Non era questo il caso, come ho appena detto. Peraltro, questi referendum erano formulati in maniera tale da comportare l'abrogazione di tutta la legislazione regionale approvata dopo che nel '93 era stato modificato lo Statuto e trasferita la competenza esclusiva in capo alla Regione autonoma della Sardegna.

L'insieme di questa legislazione, che aveva determinato l'inapplicabilità nel territorio della Regione sarda della legislazione nazionale, ha fatto sì che il referendum avesse un effetto travolgente. Nel referendum, ci insegna la Corte costituzionale, conta non la volontà del proponente, quindi non il fatto che il proponente mi chiedesse di abrogare le quattro province nuove e proponesse un referendum consultivo sulle province vecchie, il risultato del referendum va valutato sulle conseguenze giuridiche che lo stesso produce. Siccome tra gli altri, il referendum ha abrogato lo schema di assetto territoriale che riguardava il territorio di tutte e otto le Province, l'effetto è stato la soppressione di tutte e otto le province.

Sono pienamente d'accordo che questo è un effetto che contrasta con la normativa, contrasta con l'articolo 43 dello Statuto, contrasta con una serie di norme della Costituzione, contrasta col potere del Presidente della Repubblica di sciogliere il Consiglio regionale perché in quel momento dopo il referendum non abbiamo più i collegi elettorali con cui fare le elezioni. In questa difficoltosa situazione noi ci siamo trovati dopo il referendum a decidere cosa fare.

Sicuramente dal dibattito emerge la richiesta, oramai è vox clamans di tutti i partiti, P.D. e P.d.L., di sopprimere le province. Si possono anche sopprimere le province se si ha in testa un disegno alternativo alle funzioni svolte da questi enti, ma non mi pare che il progetto di legge costituzionale uscito dal governo Letta, Alfano, Monti e quant'altri abbia in testa questo disegno. E' ben vero che quando è stata approvata la Costituzione i costituenti avevano detto espressamente: "Manteniamo in piedi le province provvisoriamente, in attesa che vengano attivate le Regioni e la nuova struttura organizzativa".

Però, attenzione, nel frattempo si è completamente modificata la struttura dello Stato e gli interessi che lo Stato deve perseguire. Se prima l'unità coincideva con un'organizzazione unitaria dello Stato, perché noi siamo partiti dal periodo risorgimentale in cui lo Stato doveva nascere unificando Stati differenti affermando l'indipendenza dall'Austria, questo risultato poi è stato superato. Quindi noi dobbiamo dare un valore differente all'unità e questo valore differente lo possiamo dare solo applicando i principi di costituzionalità, di solidarietà ed eguaglianza che spesso e volentieri, anche in questo caso, sono stati violati; e lo possiamo dare solo costruendo l'unità dal basso quindi valorizzando le comunità locali, valorizzando la cultura dei singoli luoghi.

Ecco perché io dico che va benissimo l'abolizione delle province se questo si vuole; ma, attenzione, l'abolizione delle province deve coincidere con un progetto riorganizzativo che consenta di lasciare l'esercizio delle funzioni sul territorio e consenta di valorizzare le comunità locali, altrimenti stiamo minando alle basi l'unità della Repubblica. Sia ben chiaro questo. Quindi ci deve essere questo disegno, anche perché più volte siamo stati accusati di non sapere dove andare, di non avere le idee chiare.

Mi permetto di ricordare tutti i discorsi che ho fatto in Commissione per quanto riguarda la mia forza politica; vi assicuro che abbiamo le idee molto, ma molto chiare e do atto che anche gli altri partiti hanno le idee chiare perché c'è una proposta di legge dell'onorevole Gian Valerio Sanna molto tecnica, ci sono proposte di legge presentate dall'onorevole Salis, dall'onorevole Uras e quant'altro. In questa situazione abbiamo dovuto approvare una legge d'urgenza, la prima che abbiamo approvato all'unanimità col solo voto contrario dei Riformatori che ci contestavano di non aver provveduto in quel momento al commissariamento delle province perché la situazione, del tutto abnorme, in cui ci trovavamo ci impediva di dare immediatamente seguito al risultato referendario.

Vi ricordo che l'articolo 75 della Costituzione proibisce di fare norme di legge che contrastino con l'esito referendario e che il nostro Statuto, a differenza della Costituzione, non prevede un periodo bianco in cui il legislatore intervenga per porre rimedio. Ci siamo costretti a fare una norma eccezionale, una norma eccezionale che effettivamente presenta aspetti di illegittimità, la prima norma di legge, ma giustificati dal tentativo di eliminare e di elidere gli effetti di illegittimità ancora più gravi.

In questo contesto poi nascono le colpe non solo della maggioranza, anche dell'opposizione, cari colleghi, perché non abbiamo voluto affrontare il problema e si è reso necessario intervenire prima con una proroga e poi, a seguito delle pronunce della Corte costituzionale e di una serie di posizioni politiche di talune forze, con il commissariamento. Noi riteniamo che il commissariamento debba avere giorni di vita limitati, noi riteniamo che sia essenziale che questo testo di legge venga esaminato, approfondito e approvato possibilmente col concorso di tutte le forze politiche. Ecco perché siamo stati contrari a rimandarlo in Commissione.

Ricordo che in Commissione noi abbiamo espresso contrarietà a questa norma di legge affermando che la votavamo solo per consentirne l'esame in Aula, per intervenire in senso emendativo nei limiti che abbiamo indicato. Quando siamo pervenuti alla discussione in Aula noi avevamo in questo testo di legge una serie di limiti. Il primo limite è quello statutario perché certe norme, i rapporti fondamentali, forma di governo, rapporti con gli enti locali non vanno stabiliti con legge regionale, vanno stabiliti con legge statutaria.

Il decreto Monti ci creava grossi problemi sotto un altro aspetto perché eravamo in attesa della sentenza della Corte costituzionale; sentenza emessa di cui non conosciamo i contenuti perché abbiamo letto solo un comunicato stampa. Taluno afferma che è stata dichiarata illegittima solo perché adottata con la forma di decreto legge, talaltro afferma invece che sarebbe stato rilevato che il decreto legge o legge che sia non era comunque uno strumento idoneo, come io ritengo, a modifiche costituzionali, la Corte costituzionale non è in questa sede rilevante.

Oggi sappiamo che il decreto Monti non è applicabile, sappiamo che dobbiamo fare una norma di legge utilizzando la nostra competenza esclusiva seguendo i limiti che ci pone l'ordinamento statale. Oggi non è più ipotizzabile un'elezione di secondo grado, è ipotizzabile solo un'elezione di primo grado e su questo noi riteniamo che le elezioni di primo grado siano un segno di democrazia e per quanto possibile vorremmo tutelarle. In questo percorso, in questa strada che è rimasta tracciata poco è quello che possiamo fare, anche perché attendiamo la riforma costituzionale.

Ripeto, è un testo che presenta parecchie pecche, sostanzialmente espunge dalla Costituzione la parola "province" e si limita a parlare di questi organi di area vasta non meglio chiariti e non inseriti all'interno dell'articolo 117 tra gli enti che costituiscono la Repubblica; e questo è un qualche cosa che fa pensare, sicuramente deve essere rivisto. Noi oggi dobbiamo scrivere una norma di legge che consenta quanto prima, nel rispetto della Costituzione e dello Statuto, dell'esito del referendum, perché purtroppo l'esito del referendum ci impone di sopprimere quantomeno le nuove province, di stabilire un nuovo schema di assetto territoriale, verificando se vi sono spazi per delegare funzioni in loco e, in ogni caso, assicurando che le funzioni continuino a essere svolte in quel territorio le cui province sono state soppresse e, nel fare questo, avremo attenzione e cura a che vi sia una diminuzione di spesa.

Sia ben chiaro, la diminuzione di spesa non è la soppressione dei consigli provinciali, non prendiamoci in giro, la diminuzione di spesa è altro, la diminuzione di spesa la otteniamo avendo una burocrazia che funziona non sopprimendo i consigli provinciali o riducendo i consigli comunali e andando contro la democrazia, e contro la rappresentatività delle forze piccole. Ecco, questi sono i principi che devono ispirare questa legge. Diceva l'onorevole Sabatini: "Noi siamo democratici, non abbiamo mai avuto comportamenti antidemocratici".

Onorevole Sabatini, le assicuro che noi siamo democratici e liberali perlomeno quanto lei e le assicuro che il nostro sarà un apporto costruttivo, aperto a tutte le collaborazioni che verranno fatte, volte anche alla tutela delle situazioni di lavoro. Nessuno deve perdere il posto di lavoro; stamattina abbiamo incontrato i lavoratori delle società in house, siamo pronti a confrontarci e a risolvere i problemi. Purtroppo è una situazione in cui ci ha posto l'esito inopportuno, chiamiamolo così, del referendum; la colpa di non aver affrontato subito il problema è di tutti noi, ora, oggi, domani dobbiamo affrontarlo. Noi siamo pronti a dare tutta la nostra collaborazione e tutto il nostro apporto per quanto piccolo sia.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Pittalis. Ne ha facoltà.

PITTALIS (P.d.L.). Presidente, alcuni oratori questa mattina, anzi questo pomeriggio hanno messo in evidenza, con preoccupazione, come il dibattito fosse quasi a senso unico nel senso che ancora non avevano sentito la voce degli esponenti della maggioranza. Lo dico senza polemica, è bene il confronto, ma probabilmente da questa parte si cerca di fare sintesi e anche unità seppure con difficoltà, sia pure con chi anche in maggioranza dice una cosa poi qui in Aula ne dice un'altra, ma sono le evenienze della democrazia, del confronto parlamentare.

Una cosa è certa: su una materia, qual è quella in discussione, nessuno può pretendere di partire dal postulato che si possieda in esclusiva la verità. Io non ce l'ho e non ce l'ha la maggioranza. Allora forse possiamo anche interrogarci sulle questioni che, sia pure anche in chiave strumentale, hanno trovato una certa eco sui mezzi di informazione che hanno riportato dichiarazioni che non hanno dato conto dello stato reale di quello che è successo in quest'Aula, anche all'esito dell'approvazione del provvedimento di legge con il quale questo Consiglio regionale ha assunto una decisione che non è passata a cuore leggero nella maggioranza, ma necessitata, che ha portato al commissariamento delle quattro province di istituzione regionale, più quella di Cagliari ma per ben altre ragioni.

E, vivaddio, nonostante un referendum consultivo che investiva anche il ruolo, la funzione, la persistenza delle cosiddette "province storiche", quelle previste nell'articolo 43 del nostro Statuto, nonostante un parere del 97 per cento dei sardi che hanno detto che anche quelle province dovrebbero essere cancellate, ci siamo ben guardati dall'intervenire sugli organi eletti in carica proprio perché ci rendiamo conto anche dei limiti costituzionali che, logicamente, impongono anche a questo Consiglio di occuparsi di materie di competenza propria senza travalicarne i confini.

Ripristiniamo un po' le cose nel loro giusto ordine: il commissariamento è stata una scelta obbligata e direi necessitata, proprio quale conseguenza di un referendum che spesso viene dimenticato e sottaciuto, ma che questo Consiglio regionale il problema se lo sia posto è dimostrato dal fatto che non è a cuor leggero che, all'indomani del referendum, il Consiglio ha decretato l'abolizione tout court degli organi, delle giunte e dei consigli provinciali, aveva necessità di capire e ha ceduto alla proroga una volta e addirittura una seconda volta! Questo è un dato, cari colleghi, soprattutto del centrosinistra, che non va dimenticato.

Così come non vanno dimenticati i primi pronunciamenti, lo dico soprattutto a coloro del centrosinistra che sono attenti alle decisioni della magistratura, perché se le dobbiamo rispettare le rispettiamo sempre, anche quando non ci fanno comodo! Onorevole Salis, il TAR della Sardegna con ben due sentenze ha dichiarato questo principio che io, per non sbagliare, non riassumo con mie parole ma le leggo testualmente: "come la sezione ha già avuto modo di osservare con la sentenza del 24 luglio del 2012 numero 752" - e questa è la sentenza del TAR Sardegna depositata il 28 maggio del 2013" - la descritta normativa regionale presenta profili di dubbia legittimità costituzionale" - cioè la disciplina che prorogava - "nella parte in cui viola il divieto di reintroduzione di previsioni legislative abrogate con referendum, divieto che trae il proprio fondamento nell'articolo 75 della Costituzione e nella costante giurisprudenza della Corte costituzionale."… "Ciò impone di escludere che la proroga ex lege delle province abrogate, la quale peraltro riguarda la gestione amministrativa e perciò in ogni caso esula dall'oggetto del presente giudizio, possa essere ulteriormente rinnovata".

Quindi, cosa sta a significare? Che il Consiglio regionale non aveva altra alternativa, cari colleghi, perché una volta che dall'ordinamento, per effetto di un referendum abrogativo, viene meno il presupposto essenziale, la condizione perché esistano una Giunta e un Consiglio regionale e cioè l'ente territoriale (questi sono principi elementari per chi studia diritto amministrativo e ha le basi per sostenere un esame di diritto costituzionale), per tutte le questioni, giustamente, che voi avete posto in evidenza, sulle quali concordo, che la ratio ultima deve essere quella di intervenire sugli organi eletti, ci sono altrettante ragioni di ordine costituzionale che hanno imposto obbligatoriamente, perché sarebbe stata illegittima, ce lo dicono i giudici amministrativi, un'ulteriore proroga, per le province di istituzione regionale quella strada necessitata.

Quindi non c'è alcun attentato, alcuna azione vessatoria nei confronti degli organi eletti, ci mancherebbe altro! L'autonomia, il ruolo, la funzione svolta anche dagli enti intermedi sono la conseguenza di una decisione che i sardi hanno assunto attraverso le loro associazioni, i comitati e, se mi consentite, i partiti che si sono schierati da destra a sinistra a favore o contro; quindi è una responsabilità collettiva, se la vogliamo ascrivere come dato negativo, che tutti dobbiamo assumerci.

Io penso quindi che continuare in una schermaglia in quest'Aula non sia utile, soprattutto perché parliamo di come ridisegnare il sistema organizzativo degli enti territoriali; allora dobbiamo chiederci se siamo convinti che il vecchio sistema delle province, così come l'abbiamo conosciuto, sia superato. Possiamo dire in maniera chiara che il vecchio modello degli enti intermedi, l'organizzazione, la strutturazione territoriale è superata? Per noi sì!

Ha fatto bene Renato Lai questa mattina a richiamare, a nome della maggioranza, le proposte di legge di valenza nazionale e costituzionale che prevedono l'abrogazione o, comunque, la modifica dell'articolo 43 del nostro Statuto. Partiamo da questo intanto, mi pare che sia anche agevole muoverci nella direzione tracciata dallo stesso Presidente Letta che, con il disegno di legge costituzionale, già individua alcuni elementi e spunti interessanti, sui quali penso sia necessaria una riflessione.

E, attenzione, rinviare a martedì la prosecuzione dei lavori non è una perdita di tempo, significa proprio cercare di tenere conto anzi di questa novità introdotta da qualche giorno con la presentazione del disegno di legge dal Governo Letta, dove si dà chiara l'idea di un superamento, come dicevo prima, del vecchio quadro dell'organizzazione territoriale prevedendo l'istituzione di forme associative tra i comuni. C'è quindi anche un'idea nuova, sulla quale noi siamo d'accordo, di valorizzazione del ruolo dei comuni.

Colleghi, vi diamo qualche spunto anche sulla posizione della maggioranza: valorizziamo il ruolo dei comuni, valorizziamo il ruolo dell'associazione dei comuni, e cerchiamo di fare una riflessione ulteriore sulle funzioni, le attribuzioni e, soprattutto, anche le risorse che devono accompagnare il trasferimento di funzioni e di competenze verso il livello primario del sistema delle autonomie locali. Mi pare dunque, e questo lo dico alle opposizioni, che se c'è la volontà comune veramente non di uscire da una impasse, perché non c'è alcuna impasse, assolutamente, ma di proseguire in un'azione di riforma strutturale e non di semplice facciata del sistema delle autonomie locali, questa può essere anche un'occasione davvero molto importante per cercare di decentrare ulteriormente competenze che sono oggi in capo alla Regione e che ben possono essere trasferite al sistema delle autonomie locali.

E' su queste basi che noi invitiamo le opposizioni, il centrosinistra, a un confronto sereno, sapendo che non ci sono pregiudiziali, ma non ce dovete porre neanche voi, perché noi quello che abbiamo fatto tale rimane, perché noi vogliamo andare avanti a ridisegnare un quadro che, ripeto, valorizzi soprattutto i comuni e le associazioni dei comuni. L'invito è pertanto a un confronto sul merito delle soluzioni, che veda un coinvolgimento del Consiglio delle autonomie locali, del sistema complessivo delle autonomie locali, e sia chiaro che per quanto ci riguarda il testo oggi presentato, proprio per le novità che sono venute dal Governo nazionale, ci pare ormai superato.

Non deve assolutamente sembrare qualcosa di strano dire questo; nella dialettica politica ci si confronta, riteniamo che si possa intervenire su quel testo migliorandolo, perché siamo tutti d'accordo che non ci interessa la riproposizione, così come le abbiamo conosciute, delle quattro storiche province. Non ci interessa, sarebbe una soluzione al ribasso rispetto alla possibilità per il Consiglio regionale di guardare nella prospettiva di una modernizzazione.

Ecco perché, e concludo, ci interessa molto preoccuparci, come abbiamo fatto stamattina, lo ricordava anche il collega Steri, del personale. Anche qui, moderazione colleghi, sono stati fatti annunci che rasentavano davvero il terrorismo: il personale che perde i posti di lavoro, il personale che chissà a quale terribile destino andrà incontro! Il personale è nelle preoccupazioni di tutti noi, perché deve essere giustamente salvaguardato, sia quello dipendente delle province, che quello delle cosiddette società in house.

Colleghi del centrosinistra, noi le idee le abbiamo, sicuramente devono essere anche rafforzate, devono essere anche meglio sviluppate, ma fateci conoscere anche le vostre, perché dal dibattito non sono venute proposte da parte vostra, sono soltanto venute critiche all'operato della maggioranza. Un'opposizione costruttiva dovrebbe indicare una soluzione anche alternativa sulla quale valga la pena soffermarci e confrontarci. Ecco, questo credo sia il giusto lavoro che insieme possiamo fare per un rilancio complessivo del sistema delle autonomie locali.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Giampaolo Diana. Ne ha facoltà.

DIANA GIAMPAOLO (P.D.). Nonostante l'onorevole Pittalis nel suo intervento, pacatamente abbia provato a rassicurare, al di là di questo tentativo, caro Pittalis, voi oggi consumate una farsa e, mi dispiace dirlo, ne siete protagonisti. Ora, al di là delle parole, pesano e restano i fatti; sono passati quattordici mesi dal 6 maggio del 2012, e questi quattordici mesi alla fine, caro Pietro, sono serviti per produrre cinque commissariamenti.

Al di là del tono rassicurante restano i fatti. I fatti sono che in quattordici mesi la maggioranza, poi dirò qualcosa che attiene anche all'opposizione, ha prodotto cinque commissariamenti, questo, ripeto, è il dato. È colpa della sentenza del Tar? Per cortesia, non prendiamoci in giro. Sa bene chi ha sostenuto questa tesi poc'anzi che è un tentativo di arrampicarsi sugli specchi, un qualcosa imposto probabilmente a questa maggioranza dal Presidente della Regione; e, ovviamente, lo sapete perfettamente che questo non si può dire.

Noi, fin dal giorno successivo all'esito referendario, non abbiamo mai voluto sottrarci a quel risultato, semmai se c'è qualcuno che si è sottratto è colui che, da allora a oggi, non ha proposto un'idea di riordino organico del sistema delle autonomie locali. Ripeto sono trascorsi quattordici mesi e ancora non c'è questo impianto di riordino del sistema delle autonomie locali in Sardegna. Questo è un dato di fatto. C'è anche qualche nostra responsabilità? Porre questo interrogativo significa scaricare su altri responsabilità che sono e attengono a chi ha la maggioranza per governare questa Regione.

Il Partito Democratico, comunque, credo sia tutto agli atti, i lavori della Commissione, della prima Commissione in questo caso, sono registrati (sia l'onorevole Steri che lo stesso Pittalis l'hanno riconosciuto), ha fatto delle proposte sin dall'avvio di questo confronto nella prima Commissione.

Mi dispiace che oggi, a distanza di quattordici mesi, si cerchi di scaricare sull'opposizione e sul maggior partito dell'opposizione la responsabilità di una vostra inconcludenza sul tema delle riforme. Noi abbiamo detto, e lo sanno bene i colleghi un pochino più attenti, fin dal primo momento, che si apriva per la nostra Regione un'occasione straordinaria, unica in Italia, per ridefinire il sistema delle autonomie locali; abbiamo anche suggerito qualcosa, abbiamo detto per esempio di invertire il ragionamento che è sempre stato fatto, di non parlare di alchimie organizzative sui modelli istituzionali, ma di riordinare tutto partendo dai compiti e dalle funzioni.

Abbiamo proposto di verificare quali compiti svolge oggi la Regione e se svolge compiti e funzioni che non attengono proprio alla funzione e al ruolo di legislatore e di soggetto che deve programmare e pianificare le politiche di settore. Probabilmente questa Regione svolge anche compiti e funzioni di gestione diretta, che creano imbarazzo alla stessa Giunta, alla stessa maggioranza.

Noi abbiamo sempre detto: partiamo da questa analisi, vediamo di quali fra questi compiti e funzioni deve alleggerirsi la Regione, e vediamo quali di questi compiti e funzioni possono essere trasferiti, all'indomani, ripeto, del referendum che cancellava le quattro province regionali e dava in termini consultivi un parere sulle quattro province chiamiamole storiche, per brevità, direttamente ai comuni in forma singola o associata. Ci sono comuni che alcune di queste funzioni possono svolgerle in forma singola e altri che non hanno gli strumenti e le risorse non soltanto finanziarie ma anche umane per gestire certe funzioni.

Abbiamo anche detto - tra l'altro era un giudizio condiviso in Commissione, non c'era una primogenitura di qualcuno di noi, a me è sembrato ci fosse un'opinione condivisa - che questa riforma può consentirci finalmente di avvicinare il governo della cosa pubblica ai cittadini, cercando cioè di privilegiare il sistema delle assemblee elettive comunali; perché più offriamo ai cittadini attraverso i comuni la possibilità di controllare direttamente, più diamo una mano a superare quella crisi di fiducia, drammatica, che da anni viviamo in questo Paese tra istituzioni e cittadini, tra politica, partiti e cittadini.

Abbiamo detto che questa è per noi un'occasione straordinaria, unica, proviamo a coglierla, siamo una Regione autonoma, possiamo farlo, è una materia di competenza primaria della Regione autonoma dalla Sardegna; abbiamo insistito su questo. Abbiamo anche detto, Pietro, che noi pensiamo a un ente intermedio, e tu stesso, con la tua proverbiale onestà intellettuale, hai detto che è un'idea che merita di essere approfondita. Abbiamo parlato di un ente intermedio quale che fosse l'ente locale, perché per ovvie ragioni deve essere un ente locale che sia anche un ente intermedio, Assessore, tra comuni e Regione.

Nessuno infatti elimina questo ente intermedio, né il primo decreto Monti, né il secondo che poi è stato cassato per vizio di costituzionalità, e nemmeno il decreto Letta, su cui dirò e su cui si è soffermato stamattina Gian Valerio Sanna e stasera Giulio Steri; non sopprimono e non eliminano un ente intermedio. In quello di Letta si parla di un'area vasta, come ci ricordava l'onorevole Pittalis, però c'è comunque la consapevolezza che non può esserci un salto tra Regione e sistema dei comuni. E abbiamo detto che può essere un'occasione, Assessore, per discutere in una Regione autonoma come la nostra, che nel merito di quella discussione deve dimostrare di meritarsi il mantenimento della specialità e dell'autonomia facendo qualcosa di importante…

(Brusio in Aula)

Ma non gliene frega niente a nessuno! Presidente, le chiedo di aiutarmi!

PRESIDENTE. Ha ragione, onorevole Diana. Colleghi!

DIANA GIAMPAOLO (P.D.). Abbiamo parlato di un ente intermedio che potesse accorpare compiti e funzioni che oggi sono distribuite nel territorio, abbiamo parlato di funzioni di enti, di funzioni dei consorzi. Tra l'altro sono soggetti di secondo livello, e voi lo sapete quanto me che quei soggetti di secondo livello spesso sono luoghi di sottogoverno che inquinano la dialettica politica e che si sostituiscono anche ai compiti e alle funzioni di programmazione e di pianificazione degli assessori di turno, lo sappiamo perfettamente.

Abbiamo dato questo suggerimento con coraggio, perché non è facile, non è una cosa semplice per i partiti, tutti compresi, intervenire su questa problematica, ottimizzare, razionalizzare, pensare a un unico ente territoriale che accorpi funzioni che oggi sono distribuite nel territorio. Però abbiamo suggerito questo, allora per cortesia non diteci che non abbiamo idee, che non abbiamo provato a suggerire qualcosa. E' chiaro che se pensate che noi possiamo surrogare la maggioranza questo non è possibile, però qualche prova di idea costruttiva l'abbiamo messa a disposizione di tutti.

Noi vi abbiamo detto: svuotiamo la Regione, proviamo a fare questo riordino, avviciniamo le istituzioni ai cittadini, superiamo le province, lo abbiamo sempre detto, nel rispetto del responso referendario. Vi abbiamo suggerito di impegnare il Consiglio regionale con questa agenda politica,: se ci fossimo riusciti a probabilmente questo Consiglio, almeno una volta in questi quattro anni e mezzo, cinque anni se si arriverà a fine legislatura, avrebbe assolto al rango di un soggetto riformatore vero. Perché la verità, caro Pittalis, è che di riforma in questa legislatura non se n'è fatta una, anzi fin dall'inizio della legislatura voi avete sostituito organi di governo con commissari anche in enti e soggetti che erano stati oggetto di riforma nella passata legislatura, è successo in tutti i settori.

Voi invece che cosa avete fatto? Avete proceduto nel modo che è sotto gli occhi di tutti, lo avete fatto per che cosa? Non so se replicherà qualcuno, Assessore forse lei martedì prossimo, lo avete fatto solamente per soddisfare una sete di potere, quel potere, assessore Rassu mi dispiace rivolgermi a lei, che soffre e vive con fastidio l'esercizio della democrazia. Cos'altro sono i commissariamenti me lo dovete spiegare.

Abbiamo avuto quattordici mesi per provare a fare qualcosa di serio, non si è fatto nulla; c'è un testo, immagino che oggi nonn venga neanche votato il passaggio all'esame degli articoli, si farà forse martedì sera, forse le ragioni sono quelle che ci ricordava l'onorevole Pittalis, è colpa di Letta. Perché se Letta non avesse proceduto in quella maniera probabilmente oggi avremmo votato il passaggio all'esame degli articoli.

(Interruzioni)

Sì, la stessa cosa. Allora, io non voglio aggiungere nulla rispetto a quello che si è già detto sui commissariamenti, una cosa è certa: siete i soli ad aver cancellato nella storia della Repubblica italiana, lo ricordava Cuccu qualche ora fa, le assemblee elettive. Questo si è fatto; in altre Regioni sono state cancellate solo per ragioni di mafia o di criminalità organizzata. Non c'è un caso nella storia della Repubblica italiana in cui si siano cancellate assemblee elettive così come avete fatto voi. Non c'è un caso. E' avvenuto solo e soltanto nel ventennio fascista.

Stamattina Gian Valerio Sanna e stasera Mario Diana hanno espresso preoccupazione nei confronti del decreto Letta e ci hanno anche ricordato, lo ha ripreso anche l'onorevole Pittalis, che quel decreto in alcuni commi di fatto cancella l'autonomia della nostra Regione. L'autonomia della nostra Regione con quel decreto vale molto meno dell'autonomia delle Province autonome di Trento e di Bolzano. Stamattina Gian Valerio Sanna, stasera Mario Diana si sono soffermati esprimendo preoccupazione e hanno chiesto a questo Consiglio regionale, e innanzitutto alla maggioranza, di verificare se è condivisa questa preoccupazione e, soprattutto, che cosa la maggioranza intende mettere in essere per salvaguardare la specialità e l'autonomia di questa Regione.

Ma, io a Gian Valerio e a Mario Diana dico: "Di che cosa vi preoccupate, ma davvero siamo convinti che Cappellacci è attraversato dall'ansia di preservare l'autonomia di questa Regione?". Ma manco per nulla! L'unica preoccupazione che aveva era quella di commissariare, ed è riuscito a farlo anche ricattando pezzi importanti della maggioranza, cinque province della nostra Regione. Questo è quello che è avvenuto.

Per concludere, c'è un altro aspetto da considerare. Il Presidente, come diceva Pittalis, aggiornerà tra qualche minuto a martedì sera i lavori di questo Consiglio. Io vorrei chiederle, assessore Rassu, perché a martedì sera. Oggi è martedì, si rinvia di otto giorni questo Consiglio regionale, di otto giorni! Per cortesia, la responsabilità è solo vostra!

(Interruzioni)

Non abbiamo deciso nulla insieme, non abbiamo deciso nulla, voi avrete notato che qualcuno è stato zitto a differenza di altri, voi che avete proposto questa agenda dei lavori del Consiglio, quindi per cortesia non dite altro, non dite altro! La verità è che aggiornate a martedì sera perché non avete nessuna idea, non avete nessuna proposta e pensate, da qui a martedì, di recuperare probabilmente il vuoto di idee che vi ha caratterizzato in questo periodo. Io lo so bene, onorevole Steri, per concludere, che lei ha le idee chiare e oggi ci ha dato anche una sorta di lezione. Io però vorrei ricordarle, con grande rispetto verso la sua persona, che quelle idee chiare, che qualcuno porta come un contributo importante per affrontare alcuni processi di riforma, quando poi si mettono a disposizione di una maggioranza che non è interessata a discuterle si annacquano nell'economia dei lavori di quella maggioranza.

Allora noi reiteriamo, lo abbiamo fatto stamattina con Gian Valerio e con altri, la nostra disponibilità a non stare sull'Aventino, ovviamente a condizione che rimandiate il testo in Commissione e ritiriate i commissariamenti. In questo caso vi confermiamo la nostra disponibilità a non muoverci da questa Aula finché non si fa un riordino serio come quello atteso anche da quel mezzo milione di cittadini che il 6 maggio ha chiesto il superamento delle province. Se c'è questa disponibilità noi siamo pronti, se non c'è ovviamente fatevi il provvedimento da soli e sarà un pasticcio annunciato.

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Pittalis. Ne ha facoltà.

PITTALIS (P.d.L.). Presidente, sull'ordine dei lavori, solo per mettere in evidenza che se le Conferenze dei Capigruppo hanno un senso allora io inviterei alla correttezza, non se ne può più. Se si decide in Conferenza dei Capigruppo che i lavori vengono aggiornati a martedì non vedo perché bisogna farne oggetto di strumentalizzazione politica.

DIANA GIAMPAOLO (P.D.). Avete deciso voi, Pietro.

PITTALIS (P.d.L.). Collega Diana, sono davvero sorpreso e deluso di questi atteggiamenti di scarso stile…

DIANA GIAMPAOLO (P.D.). Avete deciso voi, Pietro!

PITTALIS (P.d.L.). …nella interlocuzione politica. Bisogna essere corretti…

PRESIDENTE. Onorevole Pittalis, se intende intervenire sull'ordine dei lavori deve avanzare una proposta.

DIANA GIAMPAOLO (P.D.). Ribadisco, Pietro, che avete deciso voi,.

PITTALIS (P.d.L.). Bisogna essere corretti, non l'ha deciso qualcuno, ha deciso la Conferenza dei Presidenti di Gruppo. Presidente, siccome è prevista la approvazione di un ordine del giorno rispetto al quale mi sembra siano state introdotte delle modifiche, chiedo cinque minuti di sospensione per poterle valutare.

PRESIDENTE. Onorevole Pittalis, sospenderemo la seduta dopo l'intervento dell'assessore Rassu.

Poiché nessun altro è iscritto a parlare, per la Giunta, ha facoltà di parlare l'Assessore degli enti locali, finanze ed urbanistica.

RASSU (P.d.L.), Assessore degli enti locali, finanze ed urbanistica. Presidente, interverrò solo qualche minuto per fornire delle precisazioni in quanto il dibattito che si è svolto oggi in questa Aula è stato un dibattito ricchissimo sia da un punto di vista politico che giuridico-amministrativo.

Collega Diana, non si è stati senza far niente, la Giunta regionale ha presentato l'ordinamento generale degli enti locali e delle autonomie locali (poi le fornirò una copia) in Commissione il 23 ottobre del 2012. In Commissione giace il disegno di legge numero 440 a firma Rassu, presentato in Commissione il 23 ottobre 2012 che la Commissione non ha mai esaminato. Ora si poteva partire da questo testo, per arrivare poi a un testo condiviso.

Ci sono state tutte le vicissitudini del Governo Monti, il testo poteva essere anche superato ma non è giusto perché il disegno di legge è stato presentato nei termini previsti esattamente dalla legge numero 11 del 27 maggio 2012, la quale obbligava entro il 31 ottobre 2012 alla presentazione della nuova legge sull'ordinamento generale degli enti locali, cosa che la Giunta regionale ha regolarmente fatto.

Di seguito la Giunta ha presentato anche una sua norma in cui prevedeva la scadenza naturale delle amministrazioni provinciali; il Consiglio regionale ha ritenuto invece di fissare la scadenza al 30 giugno, ne è nato quello che ne è nato. Però è il Consiglio regionale che è sovrano e che legifera. Ho voluto dire questo non per un vanto o per chiedere scusanti, ma per amore della verità e della correttezza. Quindi nessuna omissione da parte della Giunta né della maggioranza, semmai il Consiglio regionale ha ritenuto di portare avanti il testo unificato sulle province tralasciando quello che era. Per quanto riguarda il dibattito, ricchissimo, credo che possa fornire uno spunto pratico per tentare di arrivare a una norma che dia veramente risposte alle esigenze dei cittadini.

PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la discussione generale. Sospendo la seduta.

(La seduta, sospesa alle ore 20 e 19, viene ripresa alle ore 20 e 23.)

PRESIDENTE. E' stato presentato un ordine del giorno.

(Si riporta di seguito il testo dell'ordine del giorno numero 1:

Ordine Del Giorno Pittalis - Diana Giampaolo - Steri - Sanna Matteo - Diana Mario - Cocco Daniele Secondo - Dessì - Salis - Pisano sulla corretta attuazione dell'articolo 2 della legge regionale n. 4 del 2013, come modificato dalla legge regionale n. 9 del 2013, in materia di assunzioni per i cantieri comunali e i cantieri verdi.

IL CONSIGLIO REGIONALE

a conclusione della discussione generale sul testo unificato n. 301-428-430-432-435-442/A parte II, in materia di riordino delle province,

RICHIAMATO l'articolo 2 della legge regionale n. 4 del 2013, come modificato dalla legge regionale n. 9 del 2013, che prevede espressamente:
"I cantieri comunali per l'occupazione e i cantieri verdi costituiscono a tutti gli effetti progetti speciali finalizzati all'attuazione di competenze e di politiche regionali le cui assunzioni risultano strettamente necessarie a garantire l'esercizio di funzioni specifiche del settore sociale. L'onere finanziario è interamente a carico di risorse regionali e le assunzioni di progetto in essi previste sono riconducibili alle deroghe introdotte dall'articolo 4 ter, comma 12, del decreto legge 2 marzo 2012, n. 16 (Disposizioni urgenti in materia di semplificazioni tributarie, di efficientamento e potenziamento delle procedure di accertamento), convertito con legge 26 aprile 2012, n. 44, con il quale il legislatore statale ha consentito agli enti locali, a decorrere dal 2013, di superare il limite previsto dall'articolo 9, comma 28, del decreto legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica), convertito in legge, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, della legge 30 luglio 2010, n. 122, nei soli casi di assunzioni strettamente necessarie a garantire l'esercizio delle funzioni di polizia locale, di istruzione pubblica e del settore sociale.";

CONSIDERATO che la legge regionale n. 9 del 2013 è pienamente in vigore ed efficace, non è stata oggetto di ricorso da parte del Governo e non è dunque in discussione sotto alcun profilo per quanto attiene alla legittimità delle norme in essa contenute;

EVIDENZIATO come il legislatore regionale qualifichi esplicitamente le attività dei cantieri verdi e dei cantieri comunali come "strettamente necessarie a garantire l'esercizio di funzioni specifiche del settore sociale" e come in modo non dissimile il legislatore statale nelle più recenti modifiche estenda le deroghe all'esercizio di attività sociali mediante forme particolari di lavoro (decreto legge 28 giugno 2013, n. 76);

SOTTOLINEATO che conseguentemente non vi sono difficoltà d'ordine normativo o interpretativo a inquadrare le assunzioni in questione tra quelle per le quali lo stesso legislatore statale prevede una deroga al limite imposto dal decreto legge n. 78 del 2010, e altresì come rispetto a tale quadro normativo la gestione dei cantieri per il tramite di cooperative costituisca solo un'opzione alternativa ed eventuale rispetto alle chiamate operate direttamente dagli stessi comuni;

RILEVATO come la disposizione appare chiara e di evidente lettura, operando in relazione a risorse che sono regionali, che non danno luogo ad assunzioni definitive, che sono rivolte a fronteggiare evidenti e pressanti esigenze di ordine sociale, secondo forme e procedure di lunga applicazione;

RIBADITO come spetti al legislatore regionale qualificare la natura degli interventi da esso disciplinati, e infatti il Governo non ha mosso obiezioni sotto questo profilo, e che tale previsione interviene a regolare in ambito regionale il coerente e produttivo impiego di risorse regionali assegnate per finalità sociali secondo compiti tipici degli enti locali,

impegna la Giunta regionale e l'Assessore regionale degli enti locali, finanze e urbanistica

a sostenere gli enti locali nella puntuale applicazione delle disposizioni regionali in vigore e in particolare quelle dell'articolo 2 della legge regionale n. 4 del 2013, come modificato dalla legge regionale n. 9 del 2013;

a tal fine dà indirizzo agli stessi enti locali della Sardegna

a dar corso al più presto e senza indugio agli interventi previsti dalla legge regionale in materia di cantieri comunali e cantieri verdi al fine di conseguire gli obiettivi di sollievo sociale, contrasto a situazioni disagio e povertà, carenza di occasioni di lavoro per soggetti svantaggiati, secondo i contenuti del presente ordine del giorno. (1) ).

PRESIDENTE. Metto in votazione l'ordine del giorno numero 1.

Chi lo approva alzi la mano.

(E' approvato)

Il Consiglio è riconvocato alle ore 16 di martedì 16 luglio. Domani mattina alle ore 10 sono convocate la quarta Commissione e la Giunta per il Regolamento.

La seduta è tolta alle ore 20 e 24.



Allegati seduta

CDXXIII SEDUTA

(POMERIDIANA)

Martedì 9 luglio 2013

Presidenza della Presidente LOMBARDO

indi

del Vicepresidente COSSA

indi

della Presidente LOMBARDO

La seduta è aperta alle ore 17 e 31.

DESSI', Segretario, dà lettura del processo verbale della seduta del 20 giugno 2013 (414), che è approvato.

Congedi

PRESIDENTE. Comunico che i consiglieri regionali Rosanna Floris, Francesco Meloni, Paolo Terzo Sanna, Christian Solinas e Giuseppe Stocchino hanno chiesto congedo per la seduta pomeridiana del 9 luglio 2013.

Poiché non vi sono opposizioni, i congedi si intendono accordati.

Continuazione della discussione generale del testo unificato: "Norme sul riordino delle Province" delle proposte di legge Salis - Cocco Daniele Secondo - Mariani: "Soppressione delle Province di Carbonia-Iglesias, del Medio Campidano, dell'Ogliastra e di Olbia-Tempio. Abrogazione della legge regionale 12 luglio 2001, n. 9 (Istituzione delle Province di Carbonia-Iglesias, del Medio Campidano, dell'Ogliastra e di Olbia-Tempio), della legge regionale 13 ottobre 2003, n. 10 (Ridelimitazione delle circoscrizioni Provinciali), e della legge regionale 2 gennaio 1997, n. 4 (Riassetto generale delle Province e procedure ordinarie per l'istituzione di nuove Province e la modificazione delle circoscrizioni Provinciali) (301), Cuccureddu: "Norme urgenti in materia di Province" (428), Dedoni: "Norme sul riordino delle Province" (430), Sanna Gian Valerio: "Norme urgenti in materia di riordino delle amministrazioni Provinciali della Sardegna" (432), Uras - Cocco Daniele Secondo - Cugusi - Sechi: "Norme in materia di riassetto delle autonomie locali e delle Province; procedure per l'istituzione di nuove Province e per la modificazione delle circoscrizioni Provinciali" (435) Sanna Matteo: "Norme urgenti in materia di riordino delle amministrazioni Provinciali della Sardegna ed istituzione della nuova Provincia di Olbia" (442). (301-428-430

432-435-442/A - Parte II)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la continuazione della discussione del testo unificato numero 301-428-430-432-435-442/A, Parte II. Norme sul riordino delle Province.

E' iscritto a parlare il consigliere Arbau. Ne ha facoltà.

Non essendo presente in Aula, decade.

E' iscritto a parlare il consigliere Lai. Ne ha facoltà.

LAI (P.d.L.). Presidente, colleghe e colleghi, mi assumo la responsabilità del peso politico del mio intervento, intervento che faccio nella piena consapevolezza di non dovermi sottrarre al doveroso chiarimento sulla mia posizione in maggioranza anche di fronte alle aspre critiche alle quali io e altri siamo stati sottoposti.

Le norme sul riordino delle province attengono a un problema veramente importante (ha ragione l'onorevole Campus) che richiede la massima attenzione da parte di questa Assemblea. Nessuna esigenza però di cavalcare consenso o dissenso, lo dico per me naturalmente perché la mia esperienza, per quanto intensa e motivata, si avvia al termine (parlo come lo stimato collega, onorevole Steri), ho solo la necessità di esprimere preoccupazione, molta preoccupazione nel vedere all'esame dell'Aula un testo sul quale ho espresso sempre contrarietà, nel suo percorso, essendo incardinato sul modello delle quattro province storiche. In fondo è questa la questione.

Dico questo per richiamarmi con coerenza all'esigenza di una riforma che potesse partire da una interpretazione integrale dei referendum: organica, innovativa e improntata veramente a prospettare un modello nuovo di governance dei territori nella loro pari dignità. Ora non riesco a leggere tutto questo nel testo unico a noi presentato, non ho contezza di altri modelli e non so se questi possano avere prospettive di reale attuazione; solo questo motiva la mia posizione, non ci sono pecorelle da ricondurre al gregge nel nostro Gruppo e ringrazio i miei colleghi, in particolar modo il Presidente del Gruppo, che hanno sempre rispettato la mia posizione, l'hanno compresa e hanno permesso che si esprimesse.

Possono esserci piuttosto persone che hanno voluto prendersi la libertà di esprimere una posizione differenziata, ma si sono sempre dichiarate su un percorso diverso. E a questo punto dico che le cose da fare sarebbero tante. In primo luogo approvare un progetto di legge costituzionale di abrogazione dell'articolo 43 dello Statuto. Io sono pienamente d'accordo soprattutto perché sono il primo firmatario della proposta di legge costituzionale, la numero 20, di modifica dell'articolo 43 dello Statuto che è stata presentata il 14 novembre del 2012.

L'approvazione di questa norma avvierebbe il percorso lungo e complesso in Parlamento per abolire anche le tre province storiche. Pienamente d'accordo, quindi, ma osservo che si interviene troppo tardi; rimane per ora, e vorrei essere smentito, il privilegio di esistenza delle quattro province salvate e rimangono gli effetti, a complicare le cose, del recente pronunciamento della Corte costituzionale a livello nazionale e il disegno di legge costituzionale per la soppressione degli enti intermedi il cui schema è stato approvato dal Consiglio dei Ministri il 5 luglio del 2013.

Ora c'è ancora la necessità di riprendere con obiettività e maggiore attenzione la verifica e la rivalutazione di tutti gli aspetti di incostituzionalità, naturalmente non posso e non ho le competenze per entrare nel merito di queste valutazioni; sono stati espressi diversi pareri e ritengo si debba tenere conto anche di valutazioni che non hanno avuto il giusto peso, probabilmente, sia in Commissione sia in questa Aula. Sarebbe poi opportuna una valutazione rigorosa degli aspetti relativi a tutto il personale, ai dipendenti delle ditte che svolgevano funzioni di pubblica utilità, li abbiamo visti stamattina sotto il Consiglio, cito la Multis, per quanto riguarda la manutenzione scolastica e tutti i lavoratori delle società di servizio.

E propongo un'altra osservazione; io ritengo sia opportuno contrastare, perché a mio avviso è imminente, l'altrettanto agevole percorso dell'accorpamento delle ASL prima che sia attuato un percorso di razionalizzazione della rete ospedaliera e territoriale di riequilibrio e di giusta taratura dei servizi sanitari, delle specialità e dei posti letto nelle diverse realtà territoriali della nostra Regione. Per la Gallura, in particolare per Olbia, significa con la ASL avere un baluardo per sanare ataviche sperequazioni, inadeguatezze e disattenzioni, fermo restando naturalmente il principio che le ASL non sono nicchie che devono sottrarsi al rigoroso, ineluttabile percorso della semplificazione e del contenimento della spesa, come del resto ha fatto e sta facendo lo stesso Consiglio regionale. Il discorso è ben conosciuto, si possono dire tante cose; io penso, e ho il dovere di dirlo, che non vada trascurato il fatto che Olbia e chi la rappresenta, a tutti i livelli istituzionali, non possano essere esclusi ovvero essere messi in posizioni di subalternità nei difficili percorsi di attivazione del San Raffaele per completare l'offerta ospedaliera nell'integrazione con la struttura pubblica.

Ogni ulteriore percorso di riforma delle province dovrebbe, ora più che mai, essere fatto con il pieno coinvolgimento dei territori interessati, degli organismi degli enti locali: ANCI, CAL, comuni. So che c'è apertura in questo senso; il testo non lo conosciamo, io mi auguro davvero che sia portata all'attenzione del Consiglio qualche enunciazione in questo senso. Perché i consiglieri regionali si devono raccordare ai territori che rappresentano in questo momento, per accogliere e portare all'attenzione del Consiglio le proposte dei territori stessi; deve essere elaborato un modello di riforma organica, che dia pari dignità e rappresentatività, nel giusto equilibrio, certamente, della riduzione e razionalizzazione della spesa pubblica e delle esigenze di sussidiarietà, democrazia, decentramento amministrativo, governance.

No, quindi, ai percorsi che costruiscono aspetti di riforma, cristallizzando però modelli di assetti territoriali fondati sul privilegio statutario del passato e riproponendo subalternità che consideravamo superate. Se l'ente intermedio provincia deve essere abrogato, si aboliscano tutte le province e si riparta da capo; si dia almeno l'impressione che si voglia far questo con una nuova visione dinamica, semplificata dell'amministrazione dei territori, che dia giusta dignità a tutte le aree della Sardegna.

Rispettare il pronunciamento referendario, in ogni caso, però, non dovrebbe esimere da un'obiettiva valutazione del suo reale connotato di partecipazione e di consenso, questo non per inficiarne il valore, ma per attenuare trionfalistici proclami che io reputo di natura non corretta e demagogica; e mi riferisco non alle fotografie o ad altro, ma a interventi strutturati portati all'attenzione della stampa da colleghi che noi stimiamo. Colleghi, lo dico con un certo dispiacere, che pensavamo fossero più obiettivi nel formulare le loro critiche e cogliessero gli aspetti davvero asettici, costruttivi che noi abbiamo prospettato, anche nell'esprimere pareri diversi.

Ora, esserci opposti a un'interpretazione del referendum limitata alla semplice abrogazione e al commissariamento delle province di nuova istituzione, aver richiamato il Consiglio regionale al dovere di recepire il peso del secondo aspetto del referendum, quello consultivo, che crea, in ogni caso, il vincolo politico al Consiglio regionale di attivarsi per intraprendere un percorso organico di riforma, che preveda, sfruttando le prerogative di legislazione esclusiva in materia, attribuite dallo Statuto, anche l'abrogazione delle storiche province, aver portato all'attenzione del Consiglio le criticità e i problemi che si venivano a creare per i territori, essersi opposti a un percorso di riforma di facciata, eludendo le strade più onerose e complesse di una riforma vera, che era possibile e doverosa se si fosse intrapresa subito dopo il 6 maggio del 2012, aver prospettato il peso dello squilibrio e delle inadeguatezze nella sanità del nostro territorio, aver denunciato lo smantellamento sistematico degli uffici e delle strutture di amministrazione attiva e di decentramento amministrativo, aver espresso tristezza e dispiacere per non aver visto come degne di attenzione le considerazioni relative alle specificità della Gallura, alla dinamica e alla struttura della sua popolazione, alla sua economia, l'aver lealmente manifestato rammarico e dolore per aver visto interrotta una strada intrapresa nel 2001 con il consenso e il rispetto di tutti nel Consiglio regionale di allora, ebbene, tutto questo non autorizza nessuno a dare a quelli come me il connotato di difensori delle poltrone o del potere clientelare.

I modelli che i rappresentanti del territorio come me hanno difeso sono improntati all'innovazione e al rispetto dei percorsi di riforma vera, organica, complessa e condivisa; una riforma vista nella prospettiva di crescita e di sviluppo, che non esasperi ma ponga fine agli squilibri nell'attribuzione di risorse e nel connotato delle strutture e dei servizi, soprattutto nella sanità. Io non difendo modelli di province e di Asl irrazionali e costosi, difendo l'esigenza di una pari dignità dei territori e della loro aspirazione a essere inseriti in un processo di riforma corretto, graduale e completo, che investa anche la Regione e i suoi enti, che non lasci vuoti di rappresentatività e di efficienza nei servizi resi ai cittadini, nelle infrastrutture, negli strumenti di amministrazione attiva.

Ora, il fatto eclatante del pronunciamento referendario non ha però prodotto, a mio avviso, una seria risposta alle questioni che, fatta e vinta la battaglia, rimanevano sul campo; penso in primo luogo al significato e agli effetti dei quesiti referendari abrogativi, percorso apparentemente agevole, improntato all'abrogazione tout court di questi enti, le cosiddette province di nuova istituzione, e a tutta la forza concentrata su questa natura del referendum e non su altre considerazioni. Si è invece intrapreso un percorso convulso, dopo un'improduttiva fase di stasi, percorso legato alla necessità di rispettare il termine del 30 giugno.

L'agenda non ha lasciato spazio all'apertura di riflessione che dovrebbe invece guidare il processo finale di riforma. Il percorso che c'è stato presentato ci vede contrari, ma noi speriamo che il testo possa essere modificato, e guardiamo con interesse alla possibilità di coinvolgere politicamente i nostri territori, di raccordarci agli enti locali, così da dare loro rappresentanza istituzionale per seguire un percorso diverso e più costruttivo. Tutto questo non per lasciare le cose come stanno, ma per fare meglio. Se si vuole procedere a tappe forzate, lo si faccia pure, io non posso starci.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Sabatini. Ne ha facoltà.

SABATINI (P.D.). Inizierò subito il mio intervento per non perdere neanche un secondo, vista l'attività frenetica di questo Consiglio che vuole immediatamente approvare questo importante disegno di legge sulla riforma delle province. Inizio dicendo che ai democratici si può dire di tutto, ma non che non siano fedeli al loro nome; abbiamo tanti difetti, ma non quello di essere antidemocratici, anzi, il nostro Partito, troppo spesso, proprio per l'eccessivo esercizio della democrazia, rischia di non arrivare mai a prendere decisioni definitive.

Lo stesso non si può dire del Partito dei Riformatori Sardi che (lo dico senza voler sferrare l'ennesimo attacco, di cui pare, tra l'altro, non si preoccupino poi tanto), certamente di riforme non è che ne abbiano fatto poche, non ne hanno fatto proprio. Ci sarebbe la legge sul golf (oggi non c'è il collega Meloni), che non mi pare abbia prodotto grandi cambiamenti sull'economia sarda, oppure ci sarebbe quella sulla sanità, ma anche questa pare non abbia riscosso un grande consenso all'interno della maggioranza, e quindi è rimasta lettera morta.

Domenica, su "La Nuova Sardegna", un autorevole esponente dei Riformatori sardi è intervenuto sul tema dell'abolizione delle province; l'onorevole Vargiu non me ne vorrà se dico di aver trovato il breve commento molto contraddittorio, molto contraddittorio perché alcune domande poste, e relative risposte, sono risultate essere incomplete e molto parziali. Ad esempio, l'onorevole Vargiu si chiede se il problema della Sardegna sia la disoccupazione, la crisi dell'industria, del turismo, o forse l'intollerabile peso della burocrazia. La sua risposta è negativa perchè il problema, afferma nell'articolo, sono le province, la loro abolizione.

Bene, l'onorevole Vargiu mi consentirà di dire che questa è solo una parte delle domande che potevano e dovevano essere fatte. Infatti bisognerebbe continuare, e domandarsi se questa maggioranza, di cui anche i Riformatori fanno parte, si sia mai fatta carico di risolvere il problema della disoccupazione, se abbia seriamente affrontato il problema dell'industria e del turismo, se abbia provato a snellire la burocrazia. Niente di tutto questo, né la maggioranza, né i Riformatori, l'hanno fatto.

Mi porrei poi un'altra domanda, e cioè se questa maggioranza, di cui anche i Riformatori fanno parte, abbia sciolto le province ottemperando a quanto deciso dai cittadini sardi attraverso i referendum. Assolutamente no, e lo si capisce da quanto dichiarano i commissari, che cominciano a rilasciare le prime interviste. L'onorevole Onida, commissario del Medio Campidano, dice: "Mi auguro che martedì possa partire il servizio di salvamento a mare sulla Costa Verde. Darò disposizioni: la vita umana innanzitutto", quindi è già impegnato sulle azioni concrete di quella provincia. ". E poi dice: "Andrò personalmente a trovare i sindaci" - casomai si fossero dimenticati che la provincia esiste ancora - "ed espletate le funzioni che erano del Presidente (perchè a me spetta di espletare le funzioni del presidente, della giunta e del consiglio), lo abbiamo sostituito, abbiamo mantenuto in piedi la provincia, datemi tempo, sono appena arrivato, vedrete, si faranno cose importanti".

Il commissario dell'Ogliastra - tutti i dipendenti erano preoccupati - dice: "No, non sono un liquidatore, state tranquilli, nessuno perderà il posto di lavoro". Questa è la dimostrazione che le province non sono state sciolte, ma continuano a esistere, a rimanere in vita. Le province sono state commissariate così come è stata commissariata, è una lista lunghissima, una serie di enti e di organismi in Sardegna; enti e organismi posti tutti sotto il controllo della Presidenza della Giunta regionale e della sua maggioranza, commissariamenti puntualmente rinnovati alla scadenza, ma per le province non ci sarà bisogno di rinnovo, i commissari sono stati nominati sine die.

Questa è un'occupazione davvero abusiva e mi stupisco, collega Lai, che lei ci dica: "I colleghi dell'opposizione non hanno aderito alle nostre proposte...". A che cosa dovevamo aderire? A una scandalosa occupazione abusiva delle province e dei territori, perché questo è stato? Questa è un'occupazione abusiva, un vero e proprio golpe da cui ci si può liberare solo con un atto di giustizia decretato dai tribunali della Repubblica, di una Repubblica democratica, se qualcuno l'avesse dimenticato.

Insomma, con questi commissariamenti il centrodestra, la maggioranza che governa questa Regione, ha cacciato degli organismi che erano stati democraticamente eletti; ha preso con l'arroganza, in modo illegittimo, la gestione di cinque province. Non ha fatto nessuna riforma. Ha continuato a non occuparsi dei disoccupati, che in questi anni sono aumentati in modo drammatico, non ha risolto il problema della burocrazia, non si è occupata di tirare su le sorti di un comparto industriale alla rovina. E del turismo che dire? E' in fortissima difficoltà, e certamente i costosissimi biglietti per le navi Tirrenia o l'oramai dissolta continuità territoriale dei trasporti aerei, non faciliteranno il rilancio del turismo in questa Sardegna.

Questa è la sintesi della vostra operazione. Da un lato ci sono i Riformatori che devono poter mascherare l'assoluta inutilità dei referendum da loro promossi, referendum che non hanno sortito alcun risultato; dall'altra c'è il presidente Cappellacci che, in modo demagogico e populista, al fine di portare avanti la propria campagna elettorale, chissà se sarà candidato, deve poter dire ai sardi di avere sciolto le province e liberato dai costi della politica. Tutti e due insieme, Riformatori e Presidente della Regione, hanno sottoposto a ricatto la vostra maggioranza che, fortemente preoccupata di dover "tornare a casa" si è quindi facilmente adeguata a subirlo.

A tutto questo si deve aggiungere che l'ultima sentenza della Corte costituzionale, bocciando i professori del Governo Monti, dimostratisi alquanto impreparati in materia, devo dire, ha dichiarato palesemente l'illegittimità piena dei referendum sardi sulle province in quanto le province, per la Costituzione che vige, che è in essere e che regola il diritto della nostra Repubblica, non possono essere abolite. Infatti il Presidente del Consiglio Enrico Letta, giustamente, ha detto a chiare lettere di voler superare l'attuale assetto amministrativo riguardo alle province proprio partendo dalla riforma dell'articolo 114 della Costituzione, ma lo stesso Governo propone addirittura il superamento delle province attraverso quelli che ha chiamato i collegi delle autonomie, quindi persino il Governo ha proposto qualcosa di innovativo.

Insomma, ancora per sintetizzare: referendum incostituzionali, commissariamenti illegittimi, riforma, che oggi proponete all'attenzione di quest'Aula, già vecchia e ampiamente superata dagli eventi, dalla approvazione delle disposizioni che il Governo Letta ha messo in atto nei giorni scorsi. Il nostro atteggiamento quale sarà? Sarà di forte opposizione a questo progetto di legge. Tante volte abbiamo dato il nostro fattivo contributo alla soluzione dei problemi, in modo particolare a quelli legati alla congiuntura economica, ma non intendiamo dare nessun contributo all'approvazione di questo disastroso testo di legge che non solo, come dicevo, è inutile e superato, ma nasce con alla base un atto gravissimo di oltraggio alla democrazia, rappresentato dai commissariamenti.

Il testo di legge alla nostra attenzione non è neppure lontanamente un progetto di riforma, è piuttosto un atto di restaurazione, un ritorno al passato che cancella la storia di quest'isola, cancella anni di battaglie che le aree più marginali della Sardegna hanno portato avanti per vedere riconosciuti i propri diritti, la propria autonomia, il diritto a partecipare ai processi politici di crescita e di sviluppo di questa Regione. Siete una maggioranza incapace di guardare in avanti, di aprire una prospettiva, di mettere in piedi progetti di riforma e per questo capaci solo di riproporre le quattro province storiche.

Sapete solo proporci di ritornare al passato, a ciò che oramai è ampiamente superato, a organismi che per il nostro tempo risultano essere del tutto inutili, enti non da rimettere in piedi (però lo dico io che non sono un riformatore sardo ma un democratico riformista), ma da cancellare definitivamente. E' necessario utilizzare la nostra autonomia, i principi stabiliti dal nostro Statuto, per formulare una profonda riforma dell'assetto politico-amministrativo della nostra Regione che sia capace di rispondere a una società profondamente cambiata nei suoi aspetti politici, sociali ed economici. Questo hanno inteso dire i sardi alla classe politica attraverso il pronunciamento referendario.

Se avessimo chiesto di abolire questa Regione sarebbero andati in tanti, molti di più di quanti non sono andati ai referendum sulle province, a esprimere il loro voto favorevole alla cancellazione di qualcosa che sentono lontana; qualcosa da cui quando si avvicinano vorrebbero subito allontanarsi per non dover assistere a continui atti di ingiustizia, di malfunzionamento e di spreco di enormi risorse. Penso che la nostra Sardegna avrebbe bisogno davvero di grandi riforme, non di restaurazioni finalizzate a un potere occulto che, annidandosi nei corridoi degli Assessorati regionali, domina la nostra Regione, che è fortemente controllata da un potere politico-economico a cui poco importa delle sorti dei sardi, dei disoccupati, dei comuni della Sardegna, delle aree marginali della nostra isola.

La scorsa settimana avete rinviato a oggi la discussione sulle province; oggi, conclusa la discussione generale, rinvierete alla prossima settimana. Continuate a prendere tempo perché vi siete cacciati in un vicolo cieco e non sapete come uscirne. Lo diceva oggi Nanni Campus: questa è una riforma importante, non è uno scherzo. Questa è una riforma che può segnare la storia della nostra autonomia, certamente non affrontandola però come voi intendete affrontarla. Allora, si faccia un passo indietro, si annullino i commissariamenti prima che il TAR li dichiari illegittimi, si riparta da zero affrontando sul serio la riforma del sistema degli enti locali, superando definitivamente le province, come il Governo Letta, l'opinione pubblica, i cittadini chiedono alla politica e a tutti noi.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Vincenzo Floris. Ne ha facoltà.

FLORIS VINCENZO (P.D.). Presidente, Assessori, colleghi, dopo aver subito in quest'Aula l'ennesima forzatura politica, siamo nuovamente chiamati a discutere di competenze e funzioni degli enti locali partendo però, col piede sbagliato, da una vecchia e superata concezione di riassetto delle province dopo, fra l'altro, quell'incomprensibile atto di forza -veniva rimarcato con lucidità dal collega che mi ha preceduto - che illegittimamente ha comportato il commissariamento di cinque province su otto.

Questa ultima, e controversa, decisione è stata clamorosamente smentita nei giorni scorsi nella sua impostazione e nella sua legittimità dal Governo nazionale che, nel disegno di legge costituzionale relativo alla soppressione degli enti intermedi (lo schema approvato dal Consiglio dei Ministri il 5 luglio 2013), prescrive chiaramente che in sede di prima applicazione, entro un anno dalla data di entrata in vigore della legge costituzionale, le Regioni prevedono l'istituzione delle forme associative di cui all'articolo 117. Alla data di cessazione del mandato amministrativo delle singole province in corso alla data di scadenza del termine di cui al primo periodo, le stesse, naturalmente dopo questo periodo, sono soppresse e sono contestualmente istituite le forme associative previste dalle rispettive leggi regionali. Entro un anno dalla data di entrata in vigore della presente legge.

Alla luce di questa nuova impostazione mi chiedo, ma dovete chiedervelo voi, non noi, quale sia il senso del provvedimento che avete approvato, poiché avete creato solo una frattura ormai insanabile all'interno di questo Consiglio e nella società sarda.

Ma mi chiedo anche quale senso abbia la discussione odierna che ormai è fuori contesto rispetto al dibattito che è maturato oggi nel Paese. Vi siete appropriati, con uno strumento lesivo dei più elementari principi democratici, di buona parte delle province sarde, dopo che avete favorito per mesi una campagna populista e priva di contenuti reali, prendendo in giro gran parte di quelli che volevano una riforma vera sull'assetto degli enti locali. Le vostre intenzioni sono venute allo scoperto in Consiglio dove ha prevalso, con una forzatura mai vista, una posizione che limita e cancella l'autonomia e le funzioni di buona parte delle province, arrivando a umiliare in questo modo tantissimi amministratori locali che si adoperavano ogni giorno, con magre risorse, per mantenere dignitosi servizi ai cittadini delle nostre comunità.

Oggi proponete di discutere di una riforma come se niente fosse successo, dopo che avete prodotto solo confusione e incertezza nei nostri territori e, soprattutto, dopo che avete escluso dal dibattito i veri attori di quegli enti che sono stati eletti democraticamente dal popolo. Se questa è la vostra visione riformista, se questo è il senso della nuova architettura legislativa per il riordino degli enti intermedi che avete in testa, io credo che ci sia poco da stare allegri. In realtà bisogna effettivamente preoccuparsi per la pericolosità di questa vostra propensione all'autoritarismo che rischia di produrre solo un clima di estrema incertezza all'interno delle nostre comunità.

Dopo il referendum ci si aspettava da questo Consiglio una riforma vera in grado di dare le risposte migliori, più avanzate alle istanze e ai bisogni dei cittadini. Una riforma e non certo un regime commissariale, non legittimato dal voto, a cui viene affidato un mandato fiduciario di governo senza che vi sia stata la cancellazione degli enti territoriali dotati, invece, di rappresentanza elettiva. Per affrontare una riforma complessa e delicata come questa, visto che stiamo parlando di riformare enti che trovano fondamento legislativo nella normativa in essere nel Regno di Sardegna che aveva stabilito, 154 anni fa, l'organizzazione del territorio in province, era necessario affrontare da subito una discussione in Consiglio in grado di anticipare e non di subire le scelte nazionali.

Oggi invece, dopo aver dimostrato di non volere il confronto e soprattutto di non volere una vera politica di riforme, manifestando l'assoluta incapacità di comprendere e rispettare il ruolo svolto dagli enti locali, volete discutere solo una parte della riforma portando in Aula una proposta pasticciata e confusa. E' chiaro che non siamo interessati su queste basi a portare avanti nessun serio confronto, perché avete combinato un pasticcio da cui sarà difficile anche per voi uscire indenni.

Per questa ragione vi ribadiamo che l'atto che avete arbitrariamente e unilateralmente approvato è illegittimo e va corretto attraverso l'assunzione, da parte vostra, di un gesto di responsabilità che riporti la discussione, nella sua interezza, alla fase iniziale ed elimini la decisione che ha generato il vulnus politico che è in palese contrasto con quanto il Governo nazionale sta oggi proponendo e portando avanti. Lasciate perdere per un momento i possibili ritorni in termini elettorali che pensate di ottenere del provvedimento. Eliminatelo e favorite in questo modo una seria discussione in Consiglio, partendo dal rilancio della vostra dignità autonomistica e aprendo una discussione in grado di raccogliere le migliori elaborazioni in questa materia proposte dalle diverse forze presenti oggi in quest'Aula.

Noi come P.D. e centrosinistra siamo portatori di idee e di proposte e siamo pronti, su questa partita, se vi è la volontà politica, a discutere per trovare una "soluzione alta" che dimostri la maturità di questo Consiglio regionale. L'onorevole Gian Valerio Sanna oggi ha posto una domanda interessante, centrale nel dibattito odierno, che deve riguardarci tutti e che deve trovare - se quest'Aula riscopre l'orgoglio della propria storia autonomistica - una risposta compatta. Perché, si è chiesto l'onorevole Sanna, il Consiglio dei Ministri non riconosce alla Sardegna in questo disegno di legge costituzionale la stessa dignità autonomistica che invece riconosce per le province autonome di Trento e di Bolzano?

Io credo che questo Consiglio, se vuole discutere seriamente e avere un ruolo autonomo nelle scelte che riguardano il territorio della Sardegna, deve necessariamente tentare di volare alto lasciandosi dietro tutte quelle incrostazioni preelettorali che rischiano di appesantirne il volo e di confonderne la meta. Perché, ribadisco, sono più che convinto che riforme di questa portata, che rivestono un'importanza eccezionale per il futuro delle nostre realtà locali e delle nostre comunità, non possono essere frutto di decisioni di una sola parte politica.

Ribadisco che è necessario un atto di maturità che superi questa grave fase di incertezza prima che siano altri soggetti a decidere su questa materia. Perché solo attraverso una vera riforma sugli enti territoriali, che ridia dignità innanzitutto a questo Consiglio, si possono creare quelle convergenze che mettono al riparo i territori della Sardegna dal caos al quale li avete irresponsabilmente portati.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Corda. Ne ha facoltà.

CORDA (SEL-Sardigna Libera). Avete combinato un bel pasticcio, avete voluto procedere al commissariamento delle province in modo confuso e improvvido. La Corte costituzionale boccerà questo obbrobrio legislativo che avete partorito. Avreste potuto e dovuto commissariare una sola delle province regionali, quella di Olbia, quella l'avreste potuta commissariare. Quella poteva e doveva essere commissariata ma non per le ragioni legate alla volontà popolare espressa nel referendum che, come è noto, in Gallura peraltro aveva registrato la più bassa percentuale di affluenza, appena il 27 per cento degli aventi diritto al voto, ma per la vergognosa gestione che l'ha caratterizzata.

Una gestione, peraltro, condotta da una maggioranza, quella del consiglio provinciale di Olbia, del tutto coerente con la maggioranza di quest'Aula. Giova ricordare che l'elezione del presidente era viziata da peccato originale essendo il presidente incompatibile; quella incompatibilità è stata prima negata, il consiglio provinciale aveva infatti a suo tempo respinto la mozione presentata dall'opposizione del centrosinistra e Giunta e maggioranza della Provincia di Olbia avevano schierato fior di avvocati per sostenere la legittimità del doppio incarico rivestito dal presidente e senatore.

Successivamente, in occasione della ricandidatura al Parlamento, è stato lo stesso presidente Sanciu a sollecitare il voto del consiglio provinciale per essere dichiarato incompatibile. Un comportamento a dir poco paradossale, plastica dimostrazione di come l'interesse pubblico rappresentato dall'istituzione provincia poteva e può essere piegato, con sorprendente disinvoltura, all'interesse privato del disinvolto presidente di turno.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE COSSA

(Segue CORDA.) Quella della Gallura dunque doveva essere commissariata, ma non per cancellarla, non per sopprimerla, doveva essere commissariata per chiara manifesta incompatibilità del presidente. Doveva essere commissariata per alto tradimento della volontà popolare da parte di una maggioranza peraltro raccogliticcia, cementata esclusivamente dalla spartizione delle risorse abbastanza risibili destinate, soprattutto nell'ultimo anno, prevalentemente alle sagre paesane delle ciliegie, del mirto e di altre variegate specie botaniche, anziché dal rivolgere adeguate attenzioni e risorse ai gravi problemi delle povertà estreme, tanto per fare un esempio. Insomma, doveva essere commissariata perché priva del presidente eletto e per palese e dannosa incapacità politico-amministrativa. Quella di Olbia, siamo d'accordo, poteva essere commissariata, non le altre.

Oggi la sola cosa saggia che potreste e dovreste fare è quella di riportare il testo in Commissione per evitare che, ancora una volta, in modo frettoloso, diate vita all'ennesimo pasticcio legislativo, come diceva bene Gian Valerio Sanna nel suo intervento. Siamo tutti convinti che voi non riuscirete a portare a termine un disegno organico di riordino dell'architettura istituzionale. Vi ostinate a voler approvare un testo per la soppressione di altre quattro province, cosiddette storiche, ben sapendo che non lo potete fare, mentre si potrebbe e si dovrebbe lavorare a un testo organico che affronti in modo serio l'esigenza del riordino complessivo che dia vita a un nuovo assetto tale da garantire quel reale decentramento politico e amministrativo da voi sempre promesso.

Ciò non si consegue però con violenti strappi alla democrazia, non si consegue con le forzature che siete soliti operare, perché qualora doveste riuscire a portare a termine il vostro proposito, che al di là delle dichiarazioni ufficiali sembra nascondere per la verità una volontà restauratrice, prima ancora del giudizio della Corte costituzionale, dovrete fare i conti con la rivolta dei territori, con la rivolta di quegli enti che vi proponete di sopprimere, di cancellare, con la rivolta anche di quelle popolazioni. E noi credo che doverosamente dovremo essere dalla parte delle popolazioni che il decentramento, quello reale, non quello parolaio, rivendicano.

Io credo che fareste cosa buona e giusta quindi nel riportare il testo in Commissione, nel non insistere nel voler discutere ancora una volta in modo superficiale di un problema che è profondamente sentito, la cui soluzione è rivendicata e sollecitata con forza dalle autonomie locali. Una soluzione che voi non siete in grado di dare a un problema che non sapete affrontare nel migliore dei modi.

Per questo crediamo anche di dare un contributo costruttivo, positivo, dicendovi, invitandovi, sollecitandovi a un atteggiamento serio non ispirato alla raccolta dei consensi, che difficilmente vi verranno così facendo, ma guidato dal serio intento di produrre norme, di dare a questa Regione leggi che possano davvero imprimere una svolta nel governo del territorio. Io credo che ci siano le risorse, che ci siano le competenze perché ciò si possa conseguire; facciamolo per cortesia, facciamolo insieme, c'è la disponibilità dell'intera opposizione per dare un contributo serio, sappiate coglierlo, disponetevi all'ascolto, facciamo in modo che questa legislatura si concluda finalmente con un provvedimento legislativo degno di questo Consesso.

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Mario Diana. Ne ha facoltà.

DIANA MARIO (Sardegna è già Domani). Chiedo la verifica del numero legale.

(Appoggia la richiesta il consigliere Cuccureddu).

Verifica del numero legale

PRESIDENTE. Dispongo la verifica del numero legale con procedimento elettronico.

(Segue la verifica)

Prendo atto che il consigliere Matteo Sanna è presente.

Risultato della verifica

PRESIDENTE. Comunico che sono presenti 42 consiglieri.

Risultano presenti i consiglieri: Amadu - Artizzu - Bardanzellu - Cappai - Cherchi - Contu Felice - Cuccu - Cuccureddu - Dedoni - Dessì - Diana Giampaolo - Diana Mario - Fois - Gallus - Greco - Lai - Locci - Lunesu - Maninchedda - Meloni Valerio - Milia - Moriconi - Mula - Mulas - Murgioni - Obinu - Oppi - Peru - Piras - Pisano - Pitea - Pittalis - Randazzo - Rassu - Sanjust - Sanna Gian Valerio - Sanna Matteo - Steri - Stochino - Tocco - Tupponi - Zedda.

Poiché il Consiglio è in numero legale, possiamo proseguire i lavori.

Sull'ordine dei lavori

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Giampaolo Diana. Ne ha facoltà.

DIANA GIAMPAOLO (P.D.). Presidente, intervengo sull'ordine dei lavori e, la prego di credermi, nulla di personale, però lo strumento della verifica del numero legale ha connotati anche di carattere politico, non è un caso che se l'opposizione lo chiede e non vota ovviamente, se è funzionale a un obiettivo politico non viene considerata assente. Allora, proprio per questa ragione, Presidente, sarebbe bene che quando si chiede la verifica del numero legale ci sia un tempo definito, perché assistere a questa corsa di velocisti per raggiungere l'Aula è una cosa indecorosa. Io penso che quando si chiede la verifica del numero legale tra la richiesta e l'effettuazione della verifica i tempi debbano essere strettissimi, altrimenti diventa una barzelletta.

PRESIDENTE. Onorevole Diana, anche se lei ha precisato che non c'è nulla di personale mi permetta di considerare la questione anche sul piano personale. Io, infatti, pur essendo presente un solo segretario ho dichiarato aperta e chiusa la votazione, senza nemmeno aspettare di avere personalmente la scheda in mano. Quindi mi pare di aver dedicato il tempo strettamente necessario per consentire ai colleghi di votare. Comunque la ringrazio per l'osservazione, mi astengo dall'aggiungere altro.

Continuazione della discussione generale del testo unificato: "Norme sul riordino delle Province" delle proposte di legge Salis - Cocco Daniele Secondo - Mariani: "Soppressione delle Province di Carbonia-Iglesias, del Medio Campidano, dell'Ogliastra e di Olbia-Tempio. Abrogazione della legge regionale 12 luglio 2001, n. 9 (Istituzione delle Province di Carbonia-Iglesias, del Medio Campidano, dell'Ogliastra e di Olbia-Tempio), della legge regionale 13 ottobre 2003, n. 10 (Ridelimitazione delle circoscrizioni Provinciali), e della legge regionale 2 gennaio 1997, n. 4 (Riassetto generale delle Province e procedure ordinarie per l'istituzione di nuove Province e la modificazione delle circoscrizioni Provinciali) (301), Cuccureddu: "Norme urgenti in materia di Province" (428), Dedoni: "Norme sul riordino delle Province" (430), Sanna Gian Valerio: "Norme urgenti in materia di riordino delle amministrazioni Provinciali della Sardegna" (432), Uras - Cocco Daniele Secondo - Cugusi - Sechi: "Norme in materia di riassetto delle autonomie locali e delle Province; procedure per l'istituzione di nuove Province e per la modificazione delle circoscrizioni Provinciali" (435) Sanna Matteo: "Norme urgenti in materia di riordino delle amministrazioni Provinciali della Sardegna ed istituzione della nuova Provincia di Olbia" (442). (301-428-430

432-435-442/A - Parte II)

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Cuccu. Ne ha facoltà.

CUCCU (P.D.). Presidente, Assessori, colleghi e colleghe, ci si ostina a perdere tempo, a "fare melina", come si dice in gergo calcistico, per che cosa? Per nascondere un dato inconfutabile: voi non 'avete un'idea di riforma e, di conseguenza, non avete nemmeno alcuna volontà di farla. Si capisce dal fatto che rinvieremo ancora alla prossima settimana e fa sorgere dubbi questo "fare melina", questo perdere tempo anche sull'atto scellerato che avete messo in campo l'altra settimana.

Perché, io mi chiedo, e se lo chiedono in molti, tanta fretta? Questa fretta, colleghi, è sospetta! Non insospettisce solo noi, sta incominciando a insospettire anche qualche altro. Anche i referendari stanno avendo qualche dubbio sulla vostra buona fede, perché se si fosse seguito un iter corretto, quello previsto dall'articolo 43 dello Statuto (quindi un coinvolgimento delle popolazioni perché lo Statuto individua un percorso preciso per la modifica delle circoscrizioni provinciali), non ci sarebbe stato nessun pregiudizio e nessun tradimento del risultato referendario al quale si sarebbe dato corso con il procedimento partecipativo e democratico previsto dallo Statuto poiché l'articolo 43, lo ripeto, detta bene il percorso.

Quindi perché la fretta? Che cosa volevate fare che non si poteva fare prima? Sicuramente un commissariamento, quindi create un danno ai territori (per questo sì che si poteva aspettare, questo sì che crea un pregiudizio), perché ci saranno dei costi connessi all'inerzia della politica, costi connessi alla violenza rappresentata dai commissariamenti; ci sarebbe poi anche un pregiudizio irreparabile se, come penso, foste costretti o dal TAR o dalla Corte costituzionale a ripristinare la legalità in questi territori.

Quindi c'è un costo, e un danno che poteva essere evitato se non ci fosse stata tutta questa fretta, che è sospetta! Perché, colleghi, le riforme non si fanno con le clave, come farebbero i trogloditi costituzionali, ma con il pieno concerto delle istituzioni, con il rispetto delle istituzioni, non si possono sospendere le elezioni democratiche con un atto d'imperio. Avete privato quelle comunità periferiche del loro diritto sacrosanto all'autogoverno, avete sottoposto quei territori a un atto ignobile, a un'ignobile umiliazione, avete sottoposto a una umiliazione ignobile quelle autonomie locali delle periferie.

Umiliazione che quei territori patirono solamente un'altra volta, nella storia, alla fine degli anni '20. La storia insegna ed è utile studiarla perché potrebbe consentirci di non commettere degli errori. Alla fine degli anni '20 il regime fascista affidò le amministrazioni delle province a un preside o a un rettore di nomina governativa, vedete i corsi e i ricorsi della storia; e fu sempre il governo fascista, un altro precedente, a dire che la democrazia era sospesa, di conseguenza i presidenti e quelle che allora si chiamavano le deputazioni non esistevano più, avrebbero svolto quelle funzioni i presidi e i rettori.

Anche su questo tema quindi non siete innovatori, non siete riformatori ma siete anche qui restauratori perché rastrellate tra le pagine peggiori della nostra storia ripescando pratiche che non fanno sicuramente onore alle forze politiche che si reputano democratiche e gettano però discredito notevole su queste istituzioni.

Lo stesso disegno di legge costituzionale, quello di cui hanno parlato alcuni colleghi, approvato nei giorni scorsi, nell'intento proprio di sopprimere le province (è il nostro intento ufficiale, ma il vostro intento vero è mascherato), quindi ben più ardito rispetto ai vostri aborti giuridici, rispetta il mandato elettorale e rispetta il diritto all'autogoverno di quelle comunità territoriali e provinciali perché dice che si sopprimono le province, non sono più nella Costituzione, però il mandato elettorale degli organi amministrativi termina alla scadenza naturale.

Invece voi non sopprimete le province, vi guardate bene dal farlo, non fate riforme, vi guardate bene dal farle, però una cosa la fate: commissariate! Quindi ci sono i presidi, ci sono i rettori di mussoliniana memoria, ma quella proposta di modifica costituzionale sancisce che la durata della carica degli organi elettivi non è nella disponibilità dello Stato, ma se non è nella disponibilità dello Stato non lo è nemmeno in quella della Regione, perché è vero che è competenza primaria ma è la stessa competenza che ha lo Stato sulle regioni a Statuto ordinario, quindi non avete il diritto di commissariare.

Quel disegno di legge fa quello che voi non volete fare e che noi vi stiamo dicendo da mesi, da un anno, e cioè il disegno di legge stabilisca un percorso, stabilisca delle scadenze dicendo che entro un certo periodo di tempo bisogna fare le cose, se non si fanno si stabiliscono anche delle sanzioni, invece voi nulla di tutto questo; voi dite: "entro 30 giorni faremo…", ma già 15 giorni sono passati perché andate alla prossima settimana forse per riprendere e invece cosa fate? Promuovete il caos, perché di caos vero e proprio si tratta!

Perché promuovete questo caos? Intanto perché una cosa è ancora dubbia ed è la validità giuridica del referendum. Perché per esempio tutti gli elettori di tutta l'isola sono intervenuti a modificare le circoscrizioni provinciali, quando è chiaro che sulle circoscrizioni provinciali devono intervenire i territori interessati? Perché i cittadini di Cagliari hanno deciso che la Provincia del Sulcis non deve esistere più? Perché i cittadini di Cagliari hanno dovuto decidere che la Gallura non deve avere più il suo territorio provinciale? E dubbia questa scelta.

Quindi promuovete il caos, perché se dovesse intervenire la Corte costituzionale a dire che quel referendum è inammissibile, con una forzatura, che cosa succede? Il referendum viola palesemente il percorso che è stabilito dall'articolo 43 del nostro Statuto, che prevede una partecipazione delle popolazioni. Nel frattempo potrebbe succedere anche altro, quello che noi stiamo auspicando, potrebbe succedere che il Tar o la Corte costituzionale ripristino la legalità nei territori delle quattro province e della Provincia di Cagliari.

Potrebbe succedere questo? Io penso che potrebbe succedere. Oppure nel frattempo potrebbe intervenire altro; potrebbe accadere che questo disegno di legge di modifica costituzionale, approvato dal Consiglio dei Ministri il 5 luglio, diventi legge dello Stato interessando anche noi, Regioni a statuto speciale, perché il testo è esplicito su questo.

Allora, colleghi, in questo caso non c'è bisogno di avere grandi competenze giuridiche, c'è bisogno solamente di mettere in campo il buonsenso per evitare il caos, e il buonsenso vorrebbe che si mettesse un po' di bromuro nelle bevande degli ardenti Riformatori, in modo che si calmassero un pochino. Però voi ve ne guardate bene dal fare questo, ve ne guardate dal mettere in campo azioni per evitare il caos, non vi fate carico di nessuna proposta.

Il Presidente, che guarda caso non c'è, quando viene? Viene quando c'è da mettere mano ai commissariamenti, portato a casa il risultato se ne frega del governo del territorio, d'altronde a lui interessa solamente occupare la casellina, si è infatti contraddistinto in questi quattro anni e mezzo per occupare caselline con poteri commissariali. Ormai sui territori ci sono i suoi proconsoli, gestiranno la campagna elettorale, e se ne frega delle riforme. Però voi siete complici di questo, non potete tirarvi fuori, la responsabilità è sua ma anche vostra.

I Riformatori d'altronde ancora non hanno arrotolato le bandiere che hanno sbandierato con i festeggiamenti ignobili e con gli strombazzamenti, e nel frattempo però che cosa fate? Ci costringete in quest'Aula senza una vostra proposta. Potremmo capire se almeno ci costringeste qua per lavorare su una proposta, invece fate melina, allungate il brodo, trascinate, chissà quando troverete un'ipotesi condivisa al vostro interno. Non c'è in questa Aula, su questo dibattito, un vostro intervento. Il relatore, mi dispiace che non possa replicare perché sta presiedendo, rinuncia persino alla relazione. Non c'è un intervento della maggioranza.

Ma, allora, di che cosa dobbiamo parlare? Qual è la riforma che volete mettere in campo? State allungando il brodo, l'ennesimo fumo in faccia ai referendari. E la Giunta dov'è? La Giunta sta in silenzio. Ovviamente anche la Giunta non si fa trascinare in questo pasticcio, non lo ha fatto sul pasticcio dei commissariamenti, non si fa trascinare adesso. Quindi fateci sapere che cosa volete fare, ma ditecelo sinceramente però, non fatecelo intendere, perché noi abbiamo capito che cosa volete fare, ma voi non ce lo dite.

Non fate ricadere su di noi pertanto le vostre ambiguità. Perché noi siamo stati sempre in prima linea per avviare le riforme dell'architettura istituzionale, non ci siamo mai tirati indietro, anzi, quando abbiamo avuto la responsabilità della maggioranza in quest'Aula qualche proposta l'abbiamo fatta, qualche riforma l'abbiamo portata a casa. Siamo intervenuti sulle Comunità montane, sull'Unione di Comuni, siamo intervenuti per decentrare funzioni e competenze sui territori, non per toglierle e accentrarle come state facendo voi. Adesso avete voi la responsabilità di fare una proposta. Ripeto, non fate ricadere su di noi la vostra mancanza di proposte e la vostra ambiguità.

Non è sicuramente colpa nostra se ci troviamo nel caos, e non è sicuramente per nostra responsabilità se oggi non sapete come uscire da questo cappio che vi hanno legato al collo i ricatti per sola sete di potere. I ricatti di chi si fa promotore di un neocentralismo regionale, i ricatti di chi si fa promotore di una restaurazione di una Regione che si è conosciuta tempo fa (e che oggi si vorrebbe di nuovo) una "Regione grassa".

In giro si sentono poi proposte tra le più fantasiose per modificare l'assetto dei territori; si parla, per esempio, di agenzie per la gestione delle competenze sovra comunali, questa è un'ipotesi di cui leggo, di cui tanto si parla, però ancora in Aula non l'abbiamo presa in considerazione. Si tratta quindi di creare altri centri di potere, in questo caso centrali, non più in periferia (quindi li riportiamo al centro), che intuizione geniale!

Oppure sento dire che strizzate l'occhio ad alcuni territori per attenuarne la rabbia, e per provare a salvarvi la coscienza, promettendo cinque macro aree. Anche in questo caso mi torna utile, ancora, il ricorso alle pagine buie della nostra storia, quando Mussolini promettendo una nuova sistemazione delle province italiane dopo lo svolgimento del referendum disse, a quelle città: "diventeranno province, se le popolazioni saranno laboriose, disciplinate e prolifiche".

Quindi cari galluresi, se fate da buoni forse potreste suscitare la magnanimità di Cappellacci, o anche dei Riformatori, pensate bene, tutti e due assieme, che forse vi possono concedere il quinto territorio autonomo. Ma guardate un po'! Queste sono davvero le innovazioni, le riforme! I Riformatori che si fanno paladini della presenza sui territori, concederanno forse, se fate da bravi però, non alzate troppo la voce, onorevole Lai, piano piano (non lo vedo qua in Aula!).

Colleghi, una riforma vera si può fare solo se è una riforma ordinata, se ha un filo logico, se rispetta le popolazioni, e tutto questo è chiaro che si può fare sulla base di un percorso preciso, di un lavoro serio; un lavoro serio di questo tipo può essere fatto solo in Commissione, non può essere fatto in Aula con una proposta abborracciata che adesso abbiamo in esame e che, probabilmente, cercherete in qualche modo, semmai trovaste un'intesa, di correggere. Quindi, colleghi, non vi rimane altro che rimandare la proposta in Commissione, dove noi a quel punto potremmo dare il nostro contributo.

Prima però di riportare questa proposta in Commissione è chiaro che va approvato un solo articolo in questo testo di legge, ed è quello che deve abrogare la norma approvata l'altra settimana, non è possibile che si torni in Commissione a ragionare su questi temi lasciando sul campo i novelli presidi o rettori di mussoliniana memoria. Questi vanno cancellati, non possono stare sul territorio, questi sono usurpatori del potere, sono usurpatori della rappresentanza democratica. Quindi, colleghi, se voi volete uscire dal caos, se volete uscire dall'impasse in cui vi siete cacciati, perché non siete in grado di portare una proposta di modifica degli assetti degli enti locali, una cosa si può fare: si abolisca una volta per tutte questa vergogna dei commissariamenti, e poi si torna in Aula.

Noi un'idea su come mantenere organizzati i servizi sul territorio l'abbiamo; questi territori avevano chiesto di poter organizzare i servizi in loco perché si sentivano abbandonati da Cagliari, da Nuoro, da Sassari, da Oristano, chiedevano di poter mantenere i servizi nel territorio, chiedono ancora oggi di poter avere un riferimento territoriale per alcuni servizi, perché il rischio concreto qual è? Che nel momento in cui scompare la provincia, scompare anche il riferimento territoriale per le ASL, per i tribunali, per tutta una serie di servizi che sono sul territorio.

Colleghi, quindi, noi siamo disposti a ragionare in commissione su questi temi, non abbiamo pregiudizi sul numero delle province, non abbiamo pregiudizi sulla cancellazione di tutte le province, il nostro discrimine è quello di mantenere i servizi sul territorio, se ragioniamo su quello noi ci saremo, però prima di tutto cancellate l'obbrobrio dei commissariamenti.

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Giampaolo Diana. Ne ha facoltà.

DIANA GIAMPAOLO (P.D.). Chiedo la verifica del numero legale.

(Appoggia la richiesta il consigliere Daniele Cocco.)

Seconda verifica del numero legale

PRESIDENTE. Dispongo la verifica del numero legale con procedimento elettronico.

(Segue la verifica)

Prendo atto che i consiglieri Daniele Cocco e Giampaolo Diana sono presenti.

Risultato della verifica

PRESIDENTE. Comunico che sono presenti 39 consiglieri. Risultano presenti i consiglieri: Amadu - Artizzu - Bardanzellu - Biancareddu - Campus - Cappai - Cocco Daniele - Cossa - Cuccureddu - Dedoni - Diana Giampaolo - Diana Mario - Fois - Gallus - Locci - Lunesu - Milia - Mula - Mulas - Murgioni - Obinu - Peru - Petrini - Piras - Pisano - Pitea - Pittalis - Planetta - Randazzo - Rassu - Rodin - Sanjust - Sanna Matteo - Sechi - Steri - Stochino - Tocco - Tupponi - Zedda.

Poiché il Consiglio è in numero legale, possiamo proseguire i lavori.

E' iscritto a parlare il consigliere Salis. Ne ha facoltà.

SALIS (Gruppo Misto). Presidente, in prima battuta vorrei rilevare la contraddizione di questa discussione, la tensione etica e istituzionale di questa riforma.

E' strano che una maggioranza che ha imposto il 28 giugno, la settimana scorsa, lo stralcio di un articolo di una legge che aveva creato discussioni in Commissione, tant'è che nella relazione di minoranza era già richiesto un ulteriore approfondimento, una maggioranza che ha imposto una lesione istituzionale per cui tutti i territori e i loro amministratori sono in subbuglio, non solo gli amministratori provinciali ma anche i sindaci dei comuni che vedono messa in forse anche una organizzazione di livello territoriale che in quest'ultimo periodo è stata un riferimento per tutte le popolazioni, e soprattutto per i piccoli e piccolissimi comuni che compongono il tessuto istituzionale della Sardegna, una maggioranza che si dà come obiettivo, sfidando l'opposizione, trenta giorni di tempo per approvare la legge di riforma, non dica una parola! Il dato politico di questa discussione, presidente Cossa e onorevoli colleghi, è questo: c'è una maggioranza silente che non fa sapere all'opinione pubblica e al Consiglio regionale quali sono le sue vere intenzioni nei confronti di questa riforma.

La stampa nei giorni scorsi ha dato ampio risalto a un presunto grande accordo trovato nella maggioranza per la riforma delle istituzioni locali in Sardegna; oggi ci troviamo a discutere su un testo, approvato in Commissione autonomia a dicembre dell'anno scorso, che è ampiamente superato dai fatti successi in questi ultimi mesi e in queste ultime settimane.

A fronte di ciò non abbiamo uno straccio di indicazione da parte della maggioranza, addirittura, mi perdonerà il Presidente questa sottolineatura, il relatore di maggioranza non illustra neanche il provvedimento, che avrebbe dovuto essere integrato con le novità che sono sotto gli occhi di tutti. Questo, badate, è un dato politico assolutamente sorprendente che ci induce con rammarico a ritenere che probabilmente la discussione di oggi, e di domani se andiamo a domani, sarà assolutamente inutile!

Avete disastrato il panorama istituzionale della Sardegna, avete portato province e comuni, tutte le istituzioni locali, a rivolgersi ai tribunali contro la Regione, e questo è un dato che politicamente non è rimuovibile. Voglio ricordare qui un grande politico della Sardegna, un grande uomo, Umberto Cardia, il quale (io iniziavo a fare politica), venne a concludere una riunione e quando qualcuno, di fronte a un contenzioso che si aveva con altri gruppi politici, con l'entusiasmo giovanile che lo caratterizzava, propose di rivolgersi ai tribunali, di fare le denunce, disse una frase che non mi sono mai levato dalla testa: "la politica che cede i suoi poteri alla carta bollata ha fallito miseramente il suo compito".

Avere costretto, come avete fatto voi, le istituzioni locali della Sardegna a rivolgersi alla carta bollata contro la Regione è un dato politicamente negativo che segna, profondamente e indelebilmente, la conclusione di questa legislatura. Vi siete messi contro tutte le istituzioni democraticamente elette della Sardegna, tutte, perché anche le assemblee dei sindaci sono importanti, non sono solo i presidenti, gli assessori o i consiglieri provinciali che difendono la loro postazione democraticamente conquistata, no, sono i sindaci dei territori che chiedono di poter avere un riferimento territoriale, che è importante e che voi gli avete sottratto con un atto di imperio assolutamente inqualificabile!

Proviamo a immaginare, se non ci fosse stato lo strappo dello stralcio dell'articolo 10, come avremmo potuto ragionare con i nostri interlocutori istituzionali, con i comuni, con le province, di una necessaria e seria riforma delle istituzioni in Sardegna, a cominciare dalla Regione. Il problema della riforma degli assetti istituzionali parte infatti dalla Regione non dalle province, passa sì per le province e per i comuni ma la priorità è la riforma della Regione, quindi che idea abbiamo della Regione sarda e come vogliamo trasformarla dal punto di vista istituzionale perché risponda al meglio alle esigenze dei sardi. Questo non lo stiamo facendo e non lo state facendo.

Ci troveremo invece di fronte alla bandierina dei trenta giorni per fare una riforma in fretta e furia, che non si sa come verrà definita perché nel frattempo lavoreranno i tribunali, ma nel frattempo sta lavorando anche il Governo nazionale; vi inviterei, a proposito, a leggere con molta attenzione il disegno di legge costituzionale sulla abolizione delle province approvato dal Consiglio dei Ministri il 5 luglio. Ci sono alcune disposizioni che valgono anche per la Sardegna, perché si fa riferimento alle Regioni a Statuto speciale quando si stabilisce che le Regioni non possono, e sottolineo non possono, istituire (visto che si sente parlare di agenzie per cercare di salvare il salvabile) enti, agenzie e organismi comunque denominati per lo svolgimento di funzioni di area vasta.

E' detto con estrema chiarezza, così come con estrema chiarezza è detto che, per esempio, e io considero questa norma una lesione dei territori più poveri della Sardegna, le province sono sottratte al rilievo costituzionale previsto dal Titolo V della seconda Parte della Costituzione e sono inserite le Città metropolitane. Cosa vuol dire questo in Sardegna? Vuol dire che in Sardegna abbiamo soppresso otto province, e di quattro si poteva discutere con i territori (consentitemi di ricordare che il nostro Gruppo, ha presentato una proposta di legge nel 2011, in tempi non sospetti, per la soppressione delle quattro province regionali, che ancora giace in Commissione), e avremo potenzialmente due aree metropolitane con rilievo costituzionale, rilievo che non avrà il resto del territorio. Sembra un dettaglio, una questione di lana caprin,a ma è un dato importante che va segnalato e sottolineato.

Allora, il richiamo fatto da vari colleghi dell'opposizione sul rinvio in Commissione del provvedimento non verrà ascoltato, temo che voi ormai abbiate deciso, purtroppo, che questa è la linea da seguire; pertanto andrete a sbattere testardamente su questa posizione, continuerete voi e la Regione, perché voi rappresentate la Regione, a essere rappresentati come elementi di divisione all'interno del movimento democratico, autonomistico, istituzionale della Sardegna e saranno i tribunali a dover definire gli assetti. Per noi opposizione può essere un motivo di soddisfazione dal punto di vista del risultato da ottenere, ma dal punto di vista del risultato dell'istituzione Regione è una lesione, è un danno irreparabile che rischiamo di fare alla Sardegna.

"Alla data di cessazione del mandato amministrativo delle singole province in corso alla data di scadenza del termine di cui… le stesse sono soppresse". Alla data di cessazione del mandato amministrativo. Questo è il comma 1 dell'articolo 3 del disegno di legge costituzionale e questo vuol dire che il Governo non vuole più fare, dopo che l'ha fatto il Governo Monti, l'errore di sopprimere enti democraticamente eletti, errore che voi avete fatto. Il Governo Letta sta sbagliando molte altre cose o sta rinviando molte altre cose ma, fortunatamente, la lezione sull'errore compiuto dal Governo Monti l'ha imparata e ha inserito correttamente il rispetto dei termini definiti dalle elezioni e stabiliti dal voto popolare.

Voi questo non l'avete voluto fare, avete avuto la "fregola" del commissariamento, abbiamo commissari dappertutto: nei consorzi di bonifica, nei consorzi industriali, chi più ne ha più ne metta, abbiamo consorzi di bonifica che sono commissariati da 14 anni, abbiamo enti in liquidazione che hanno commissari liquidatori da 10 anni. Queste erano le pratiche da accelerare, presidente Cossa, queste erano le pratiche da accelerare! Occorre concludere vicende vergognose su cui anche la Corte dei conti ha messo gli occhi e ha detto parole precise rispetto all'uso improprio delle risorse della Regione.

C'erano priorità diverse rispetto all'accelerazione su uno stralcio di un articolo che doveva servire come bandierina per non so quale tipo di vittoria, che poi si sta rivelando una vittoria di Pirro perché abbiamo tutti i territori in subbuglio. Diverso sarebbe stato non perdere il tempo che abbiamo perso e fare insieme agli amministratori provinciali, insieme ai sindaci e agli amministratori comunali un processo serio di riforma con tempi precisi, certi, questo vi abbiamo chiesto il 27 e il 28 giugno.

Fermatevi, non proseguite un processo che sicuramente non riusciremo più a bloccare. Perché una volta che si mettono in moto i tribunali è difficile, è molto difficile uscirne e bisogna aspettare l'esito di un sentenza, che noi ci auguriamo sia veloce, per dare risposte ai problemi che questa vostra decisione ha prodotto.

Quindi non siamo qui in attesa di sapere qual è la vostra proposta, siamo in attesa che definiate, era stato annunciato per oggi martedì, finalmente la decisione della maggioranza per la nomina del Presidente della Commissione autonomia. La Commissione autonomia non è stata convocata, il Presidente non verrà eletto, il vicepresidente Pietro Cocco dovrà continuare a gestire quello che può di una Commissione assolutamente importante in questa fase, e allora continuiamo così.

I trenta giorni passeranno, perché ne sono già passati dieci, undici; i trenta giorni passeranno: una bandierina esposta per difendere il territorio e anche una posizione assolutamente indifendibile; dopodiché chissà cosa succederà alla fine di una legislatura che dal punto di vista delle riforme ha prodotto solamente, solamente e fortunatamente, la riduzione del numero dei consiglieri regionali e una legge elettorale, uno stralcio di legge elettorale nella quale, purtroppo, il Consiglio regionale è riuscito a infilare la decisione di cancellare la preferenza di genere. Ecco questo è il risultato di quattro anni e mezzo di gestione della Giunta Cappellacci sulle riforme.

Noi non riusciamo a capire, io non riesco a capire, perché il parere dei sindaci sia fondamentale quando si parla di zona franca, anche se in maniera confusa, sbandierando il loro assenso e utilizzandoli per giustificare proposte assolutamente non definite, non precisate, ed è toccato anche in questo caso al Consiglio regionale tentare di rimettere la barca nella rotta giusta, anche sulla zona franca, e non si ascoltano invece su questa vicenda degli enti intermedi, perché? Questa è la domanda.

Adesso aspettiamo da voi la risposta, ci auguriamo che qualche rappresentante della maggioranza possa intervenire per illustrare la posizione politica della Giunta e della maggioranza in Aula; noi continueremo la nostra parte, noi continuiamo a sottoporvi la necessità di verificare attentamente quello che sta succedendo, forse siamo ancora in tempo per poter evitare che la valanga poi sia assolutamente inarrestabile. Il rinvio dalla legge in Commissione sarebbe la soluzione ideale, e soprattutto lo sarebbe una riflessione su questo stralcio dell'articolo 10 che tanti disastri ha combinato in Sardegna.

Questione sospensiva ai sensi dell'articolo 86 del Regolamento

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Arbau. Ne ha facoltà.

ARBAU (Gruppo Misto). Propongo di richiamare il testo unificato in Commissione e motivo la richiesta per il tempo che mi è concesso. Io credo che questa Aula abbia l'ultima occasione per uscire da una situazione molto, ma molto sgradevole: essere addirittura posta in condizione di rincorrere il "Governo del rinvio". Il Governo Letta non ha deciso alcuna cosa tranne quella di porre all'attenzione delle Camere un disegno di legge. Questo Consiglio regionale, che aveva l'occasione di eliminare le province, arriverà in un periodo successivo e, addirittura, come sottolineava stamattina l'onorevole Sanna, non verrà neanche consultato e non avrà, diciamo così, la possibilità propria di una autonomia speciale di poter esercitare questo compito. Io credo che, mi faccio aiutare dalla filmografia recente…

PRESIDENTE. Onorevole Arbau, mi scusi, ma è un intervento un po' irrituale. Adesso motivi brevemente…

ARBAU (Gruppo Misto). Scusi, Presidente, io sto al Regolamento; il Regolamento mi dice che se faccio una proposta sull'ordine dei lavori e devo motivarla ho cinque minuti di tempo a disposizione. Questo dice il Regolamento, se poi lei ritiene che non si applichi me lo dica. La proposta, l'ho già detta, è quella di richiamare il testo di legge in Commissione e voglio motivarla perché le cose vanno motivate, consiglieri.

Mi faccio aiutare dalla filmografia moderna. Noi siamo, come nel film "Cuore impavido", simili a quei nobili scozzesi che innalzavano i vessilli solo ed esclusivamente per contrattare terre e, nel momento in cui bisognava combattere veramente ritornavano indietro invece di andare avanti. Se noi stasera non richiamiamo la legge in Aula e, soprattutto, se non concediamo il "102" per modificare l'articolo 43, siamo come quei nobili scozzesi che annunciano guerra ma alla prima cessione di qualche terra, ergo qualche commissario, tornano indietro.

PRESIDENTE. L'onorevole Arbau ha posto una questione sospensiva, che deve essere appoggiata da cinque consiglieri o da un Presidente di Gruppo. Secondo il Regolamento devono intervenire un consigliere a favore e un consigliere contro per cinque minuti, dopodiché si pronuncerà il Consiglio.

Ha domandato di parlare il consigliere Salis. Ne ha facoltà.

SALIS (Gruppo Misto). Presidente, ho appena espresso lo stesso auspicio, e quindi non posso che sostenere la proposta del collega Arbau. Io penso, anche per le cose dette adesso, e a conclusione del mio intervento, che questa sia l'unica strada che abbiamo per riuscire veramente a rimettere in carreggiata una macchina che rischia di deragliare in maniera disastrosa. Ripeto, ce lo chiedono i territori, e i nostri amministratori locali, i sindaci, il tessuto autonomistico della Sardegna complessivamente considerano questo stralcio dell'articolo 10, questa decisione della maggioranza una lesione dei rapporti istituzionali; sarebbe pertanto cosa buona e giusta che questa proposta venisse accolta.

PRESIDENTE. Poiché nessuno domanda di parlare contro passiamo alla votazione. E' stata chiesta la votazione nominale.

Votazione nominale

PRESIDENTE. Indico la votazione con procedimento elettronico, sulla richiesta di sospensiva.

(Segue la votazione)

Prendo atto che i consiglieri Ben Amara, Cozzolino e Manca hanno votato a favore e che la consigliera Zedda ha votato contro.

Rispondono sì i consiglieri: Agus - Arbau - Ben Amara - Campus - Cocco Daniele - Corda - Cozzolino - Cuccu - Cuccureddu - Cugusi - Dessì - Diana Giampaolo - Diana Mario - Espa - Lotto - Manca - Maninchedda - Mariani - Meloni Valerio - Moriconi - Mulas - Sabatini - Salis - Sanna Gian Valerio - Sechi - Solinas Antonio - Zuncheddu.

Rispondono no i consiglieri: Amadu - Bardanzellu - Biancareddu - Cappai - Cherchi - Contu Felice - Cossa - Dedoni - Fois - Gallus - Greco - Locci - Lunesu - Milia - Mula - Murgioni - Obinu - Oppi - Peru - Petrini - Piras - Pisano - Pitea - Pittalis - Randazzo - Rassu - Rodin - Sanjust - Sanna Matteo - Steri - Stochino - Tocco - Tupponi - Zedda.

Si è astenuto il consigliere: Lai.

Risultato della votazione

PRESIDENTE. Proclamo il risultato della votazione:

presenti 62

votanti 61

astenuti 1

maggioranza 31

favorevoli 27

contrari 34

(Il Consiglio non approva).

Continuazione della discussione generale del testo unificato: "Norme sul riordino delle Province" delle proposte di legge Salis - Cocco Daniele Secondo - Mariani: "Soppressione delle Province di Carbonia-Iglesias, del Medio Campidano, dell'Ogliastra e di Olbia-Tempio. Abrogazione della legge regionale 12 luglio 2001, n. 9 (Istituzione delle Province di Carbonia-Iglesias, del Medio Campidano, dell'Ogliastra e di Olbia-Tempio), della legge regionale 13 ottobre 2003, n. 10 (Ridelimitazione delle circoscrizioni Provinciali), e della legge regionale 2 gennaio 1997, n. 4 (Riassetto generale delle Province e procedure ordinarie per l'istituzione di nuove Province e la modificazione delle circoscrizioni Provinciali) (301), Cuccureddu: "Norme urgenti in materia di Province" (428), Dedoni: "Norme sul riordino delle Province" (430), Sanna Gian Valerio: "Norme urgenti in materia di riordino delle amministrazioni Provinciali della Sardegna" (432), Uras - Cocco Daniele Secondo - Cugusi - Sechi: "Norme in materia di riassetto delle autonomie locali e delle Province; procedure per l'istituzione di nuove Province e per la modificazione delle circoscrizioni Provinciali" (435) Sanna Matteo: "Norme urgenti in materia di riordino delle amministrazioni Provinciali della Sardegna ed istituzione della nuova Provincia di Olbia" (442). (301-428-430

432-435-442/A - Parte II)

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Daniele Cocco. Ne ha facoltà.

COCCO DANIELE (SEL-Sardigna Libera). Dopo questo voto io faccio un'altra proposta agli amici e colleghi della maggioranza: diteci quanti giorni vi occorrono per approvare questo testo, noi ci esenteremo dal partecipare alle riunioni, così approverete la legge e poi riprenderemo i lavori sulle altre cose più importanti che abbiamo da fare.

E' chiaro che la discussione di oggi risente moltissimo, e non potrebbe essere altrimenti, del voto che ha portato al commissariamento delle quattro province istituite con legge regionale e della Provincia di Cagliari; ma il riassetto degli enti locali, il riordino delle province non può essere un semplice passaggio di prammatica in questo Consiglio regionale, perché si parla di riforma e di riforme e queste non possono avvenire senza il coinvolgimento e la condivisione delle popolazioni interessate. Popolazioni che non possono subire, da vittime sacrificali, ulteriori sacrifici rispetto a una condizione già improntata all'incertezza e al disagio sociale.

L'indirizzo a cui quest'Aula dovrebbe attenersi è quello della ricerca della massima condivisione su un tema che riguarda l'intera Isola, su un argomento dirimente e dirompente sul futuro di una Regione in grande affanno. La riforma…

PRESIDENTE. Onorevole Cocco, mi scusi, parli al microfono, perché se no viene sovrastato…

COCCO DANIELE (SEL-Sardigna Libera). Tanto non ascolta nessuno.

PRESIDENTE. Non si preoccupi, almeno per la storia registriamo il suo intervento.

COCCO DANIELE (SEL-Sardigna Libera). A proposito, l'amico Dedoni mi aveva promesso che sugli enti e sui consiglieri provinciali dei Riformatori sarebbe intervenuto e ancora non abbiamo notizie di questo…

DEDONI (Riformatori Sardi). Sono intervenuto!

COCCO DANIELE (SEL-Sardigna Libera). Dicevo che la riforma della architettura di governo del territorio impone delle valutazioni molto serie, a 360 gradi, di tutto il sistema degli enti locali; l'azione riformatrice non può risolversi in meri e oculati commissariamenti, e non può evolvere con questo testo che sicuramente, così com'è, e rispetto anche agli ultimi atti del Governo nazionale, è già anacronistico e non emendabile in maniera seria. Il parere del CAL ci ha già detto tutto e non si può sfuggire, non si può derogare dalle nostre responsabilità.

Dobbiamo riflettere, soprattutto voi dovete riflettere bene sulla serietà che chiede questa materia. Per dirla alla Campus: "Non voliamo né alto né basso, ma cerchiamo di camminare con i piedi ben piantati per terra", senza andare a cozzare, un'altra volta, contro gli strali di organi costituzionali che troppe volte ci hanno detto no, vi hanno detto no. Non è questa la strada da percorrere o l'onda da cavalcare. Organi legittimati dal voto popolare, democraticamente eletti, non possono e non potranno essere strumento di una pseudo riforma, o carne da macello per scopi che poco hanno a che vedere con i sani e imprescindibili principi democratici. Quindi le strade sono solo due: o torniamo in Commissione, o diteci quanti giorni vi servono, e vi lasceremo liberi di approvare questo testo.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Mario Diana. Ne ha facoltà.

DIANA MARIO (Sardegna è già Domani). Mi chiedevo se ha un senso che noi continuiamo a discutere su questo testo di legge. Io ho votato a favore della proposta del collega Arbau non perché fossi convinto che potesse passare, e non per le motivazioni che lo stesso collega Arbau ha addotto in quest'Aula, ho votato a favore perché sono convinto, posto che non stiamo ancora facendo alcunché, così come è accaduto fino adesso, e posto che la settimana prossima, a Dio piacendo, qualcuno ci spiegherà che fine deve fare questo testo esitato dalla Commissione (qualcuno ci dovrà pur spiegare, perché da un lato non si vogliono le province, e dall'altro lato, invece, rimangono in piedi), che si debba modificare l'articolo 43 dello Statuto; sono d'accordissimo! Bisogna modificarlo.

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE LOMBARDO

(Segue DIANA MARIO.). Non a caso, con un emendamento orale, questo venne chiesto. Perché si è chiesta la modifica dell'articolo 43? Si è chiesta la modifica dell'articolo 43 perché se vogliamo approvare questo testo di legge è indispensabile infilare nel "43" la Provincia di Oristano, perché è una carenza normativa, e quindi è giusto approvare la modifica dell'articolo 43 con l'inserimento del nome "Oristano".

Di conseguenza possiamo andare avanti anche con questo testo di legge, che non è nulla di ciò che i riformatori, non intendo il partito dei Riformatori, ma quelli che vogliono riformare hanno proposto con il referendum e senza referendum, perché, di fatto, a questo ha già pensato di mettere mano il Governo, e qui siamo. Allora, a cosa serve che noi legiferiamo oggi, quando c'è un testo di legge, approvato dal Governo, che deve essere inviato alle Camere, e ancora non si ha notizia che sia stato inviato alle Camere, che deve essere trasmesso alla Conferenza unificata, e ancora la Conferenza unificata, che è convocata per domani, credo, 11 luglio, non ha all'ordine del giorno questo testo di legge; verrà aggiornato, non lo so, alla prossima seduta della Conferenza unificata?

Cosa accade tecnicamente, colleghi Riformatori, perché ce lo dobbiamo dire, cosa accade in quel momento, cioè nel momento in cui il testo di legge viene trasmesso alle due Camere e alla Conferenza unificata? Accade che il Consiglio regionale della Sardegna ha due mesi di tempo per esprimersi, quindi noi ci stiamo esprimendo oggi, e ci stiamo dicendo un sacco di sciocchezze immani, l'uno contro l'altro, sapendo già che domani, dopodomani, fra una settimana, dieci giorni, ci verrà notificato il testo di legge esitato dal Governo e noi avremo due mesi di tempo per discutere. Ma allora di che cosa stiamo discutendo oggi?

A cosa serve discutere oggi su un provvedimento che già nel testo esitato dal Governo, per ciò che vi è contenuto, secondo me, è di una gravità inaudita? Credo li abbia citati il collega Gian Valerio Sanna stamattina, il comma 6 e il comma 7 sono di una gravità inaudita, colleghi! Nel comma 6 viene meno la specialità della Sardegna, non esiste più la specialità della Sardegna; le uniche specialità in Italia rimangono le Province autonome di Trento e di Bolzano. E allora mi chiedo se non sarà necessario, tra due mesi, quando e qualora ci verrà notificato questo testo di legge che, magari, tutti quanti assieme cominciamo a dire: ma è così che deve andare a finire? E' questo che noi auspichiamo? Perché questo accadrà!

Da un lato accade questo, ma dall'altro lato accade una cosa che ad alcuni può anche piacere, e magari a seguito di ciò che accade con il comma 6 forse è utile che accada definitivamente anche ciò che è scritto nel comma 7, e cioè che lo Stato a seguito della soppressione delle province rivede la presenza dei suoi organi periferici nelle Regioni. Questo è quello di cui noi dobbiamo discutere, non di altre alchimie, stupide, che non servono a niente! Ma di questo nessuno parla, e men che meno ne parla il Presidente che oggi è assente, ma è un caso che sia assente oggi, solitamente è presente; è presente con i numeri, ma i numeri mi pare che, arrivati a questo punto, non bastino più.

Io inviterei non tanto a rinviare questo testo in Commissione, quanto a ritirarlo proprio. Non ha senso continuare a discutere di questo argomento ed è giusto e corretto, sarebbe giusto e corretto che gli organi di informazione informassero i cittadini sardi di ciò che noi stiamo facendo. Stiamo discutendo del nulla perché noi saremo chiamati a discutere un'altra cosa molto più importante di questa, che è il testo esitato dal Governo. Quando discuteremo quel testo, probabilmente ognuno di noi dirà cose diverse da quelle che sta dicendo in questi giorni.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Cuccureddu. Ne ha facoltà.

CUCCUREDDU (Gruppo Misto). Presidente, io condivido alcuni degli spunti dell'onorevole Diana, non condivido il fatto che il Governo debba notificarci alcunché; con il suo provvedimento non interviene infatti sullo Statuto sardo, su una legge costituzionale, ma interviene direttamente sulla Costituzione che, nella gerarchia delle fonti, prevale sulle leggi costituzionali e quindi anche sul nostro Statuto.

E' evidente però che questa discussione generale è, di fatto, surreale. Stiamo discutendo di un testo i cui articoli, tra qualche giorno, sappiamo potrebbero essere totalmente modificati dagli emendamenti sostitutivi totali. Quindi noi facciamo la discussione generale su un testo e domani ci troveremo un testo totalmente differente, come è avvenuto per lo stralcio.

Qualcuno diceva che l'onorevole Cossa non è intervenuto nella discussione generale; Era già intervenuto, invece, su tutti gli articoli, ma su un testo che poi è stato interamente stralciato, quindi questo che cosa certifica? L'inutilità del lavoro di mesi e mesi, serio, faticoso, le proposte erano anche molto differenti, svolto in Commissione, perché poi da qualche parte si scriveranno degli emendamenti sostitutivi totali, li si concorderà o non li si concorderà, la discussione sarà limitata ai dieci minuti regolamentari, in pochi minuti vedremo gli emendamenti in Aula: tutta questa discussione sarà stata del tutto inutile.

La discussione su questo testo allora è inutile perché sappiamo che sarà sostituito, ed è obbligatorio sostituirlo! Pensate che all'articolo 9, al secondo comma mi pare, si cita specificamente la norma che è stata espunta dall'ordinamento, quella sulla quale è intervenuta la Corte costituzionale; è evidente che, non potendo prevedere le funzioni che con un richiamo esplicito lo Stato definisce, dato che la Corte costituzionale è già intervenuta, dovremo reintervenire.

Allora, ne ha già parlato l'onorevole Diana, se non l'avesse fatto lui mi sarei soffermato io più a lungo, però il vero, grande, unico problema (io lo sto dicendo dal primo giorno in cui abbiamo iniziato a discutere di province), è non l'utilità o, più giustamente, è stato detto, l'inutilità dell'ente provinciale, ma il fatto che nel nostro ordinamento l'ambito territoriale delle province costituisce l'ambito territoriale per l'organizzazione periferica dello Stato e il comma 7 lo dice in maniera chiarissima, lampante. Ci dice: guardate che io organizzerò il mio apparato periferico dello Stato (3.000 dipendenti a Oristano su 30.000 abitanti, tanto per darvi un'idea, cioè motorizzazioni, provveditorati, comando provinciale dei Carabinieri, Polizia, Questura, Guardia di Finanza, scuola, insomma tutto viene impostato sull'ambito provinciale) solo se voi, nell'organizzare l'ente intermedio, lo farete rispettando dei parametri.

Quali sono i parametri? Soprattutto quello degli abitanti. Se istituite due province, una da 700 mila abitanti e una da 300 mila e due da 150 mila, non c'è dubbio che gli apparati periferici dello Stato saranno due. Se siete intelligenti da dividere il milione e 700 mila abitanti in quattro sub-ambiti più o meno uguali, si possono anche tenere le attuali quattro organizzazioni. Si tratta semplicemente di fare le cose leggendo le norme che esprimono una volontà chiara dello Stato il quale ci dice che dipende da noi. Se la Regione è intelligente lo Stato sarà costretto a mantenere una presenza, se la Regione non è intelligente e fa un salto nel passato (ripristino delle quattro vecchie province), non ha la fantasia di un'organizzazione differente, è chiaro che la presenza dello Stato verrà ritirata e verrà ritirata in quei territori che più hanno bisogno, probabilmente, di questa presenza.

Ma c'è un aspetto fondamentale: questa norma non parla né di funzioni, né di personale, quindi è chiaro che quando ci torneremo dovremo parlarne nello specifico, se non con un rimando, come dicevo prima, a una norma espunta dall'ordinamento. Quando riprenderemo l'argomento dovremo disciplinare queste cose, è inevitabile che dovremo farlo, e secondo me dovremo farlo pensando anche di riorganizzare le Unioni di comuni che sono state il più grande flop degli ultimi anni, sono state un "poltronificio", sono servite per far fare carriera ai segretari comunali, per far incrementare di cinque volte lo stipendio dei sindaci, perché un sindaco di un comune di 500 abitanti nominato, a rotazione, presidente di una Unione di 5000 abitanti riceve l'indennità da sindaco di 5000 abitanti. A questo sono servite le Unioni di comuni!

Dobbiamo assolutamente pensare di cogliere l'occasione per rivedere quella norma; riorganizziamo un unico ente intermedio, province e comuni assieme, ragionando magari anche sulle regioni storiche e stiamo attenti che questa volta dovremo rendere obbligatorie le Unioni di comuni. Potremmo pensare a Unioni di comuni non solo territoriali, ma anche tematiche, perché altrimenti alcuni comuni che hanno un solo confine - penso a Porto Torres o altri - sarebbero obbligati a fare l'unione con il comune che li circonda.

Le Unioni, che siano tematiche o che siano territoriali, dovranno essere necessariamente obbligatorie perché altrimenti continueremo con il paradosso che, essendo oggi le Unioni di comuni volontarie e incentivate, diamo soldi aggiuntivi a chi si aggrega, realizziamo cioè la finalità opposta rispetto a quella che si cerca di ottenere: fare massa critica per risparmiare. Oggi unirsi per ottimizzare i servizi significa creare maggiori costi per la Regione, il 3 per cento del Fondo unico è destinato alle Unioni, unico caso in Italia, mentre tutti gli altri si riuniscono obbligatoriamente perché si deve ottimizzare, rendere più efficienti i servizi, economizzare.

Tra l'altro ho citato due dei quattro principi attorno ai quali si dovrebbe reggere l'azione amministrativa, oltre l'economicità e l'efficienza gli altri sono l'imparzialità dell'azione amministrativa e l'uguaglianza rispetto all'amministrazione pubblica. Questi sono i parametri cui dovremmo attenerci, invece abbiamo ideato un'Unione di comuni non obbligatoria e che anziché fruttare risparmi viene incentivata. Vi unite? Vi diamo più soldi. Per che cosa? Per costi della politica, per gettoni di presenza. L'esatto opposto rispetto al comune sentire e alla volontà e agli indirizzi dello Stato.

Io vorrei chiarire la mia posizione. Credo di essere l'unico consigliere regionale espressione di liste civiche (forse insieme ad Arbau), cioè il movimento che rappresento è un insieme di liste civiche; ho sempre creduto che l'unica possibilità di un futuro per la nostra Regione risieda nel cercare di dare potere ai comuni, di dare potere alle realtà locali, di ribaltare questa piramide dove anziché calare i modelli dall'alto verso il basso, avvenga esattamente l'opposto.

Non ho potuto chiarire questo punto perché avevo rinunciato all'intervento nella precedente riunione, poi non mi era stato possibile essere presente nella discussione e chiarire la mia idea su commissariamenti e organi di primo e secondo livello ma io sono sempre stato convinto, e lo sono tuttora, che bisogna dare la scelta ai cittadini, che un organo eletto rappresentativo di una base è sempre preferibile a un organo imposto dall'alto, che un organo di primo livello che risponde ai cittadini, che ha il filtro elettorale, sia sempre preferibile a un organo di secondo livello.

E' preferibile perchè il cittadino che elegge un sindaco non può ritrovarlo impegnato in altro, immagino il sindaco de La Maddalena che un domani dovesse fare anche il consigliere provinciale, per una riunione di mezz'ora impegnerebbe l'intera giornata per tornare al suo comune. Che senso ha attribuire alla stessa persona, a chi è già investito di una funzione così gravosa, così importante di front office, una funzione diversa, di un livello amministrativo differente. Due poltrone per un solo fondoschiena!

Mi sembra contraddittorio, se non anche schizofrenico, visto che si propone l'incompatibilità tra assessori e consiglieri, nel senso che si dice che un consigliere regionale non può fare l'assessore (e siamo sullo stesso livello di amministrazione perchè ci dobbiamo occupare delle stesse cose), ma un sindaco deve fare il consigliere provinciale, deve far parte di un altro organo, svolgere altre funzioni, occuparsi di questioni diverse, essere sottratto così alla responsabilità attribuitagli dai cittadini. Mi pare una indicazione quanto meno contraddittoria se non schizofrenica.

Allora, qual era la strada maestra che non si è voluta seguire? Era quella dell'organicità delle riforme. Prima definire lo Statuto, il patto con lo Stato, l'ambito di governo, poi definire la statutaria, quale la forma di governo dei poteri pubblici in Sardegna, poteri e competenze della Regione, perché non si può pensare a un ente intermedio in astratto senza sapere che Regione vogliamo. Vogliamo una Regione che accentra, che crea e che gestisce tutto, dall'ente foreste ai servizi pubblici locali, alla ASL?

Oppure vogliamo che questi servizi vengano devoluti ai comuni e la Regione faccia una bella cura dimagrante e passi da 6 mila dipendenti, più altri 6 mila dell'ente foreste, più 2500 dell'Arst, più non so quanti altri, a mille; per cui si stabiliscano le regole, ma non si risolvano qui i problemi, non è mamma Regione che deve risolvere tutti i problemi della Sardegna, magari anche quelli delle multinazionali dell'Alcoa inserendosi in vertenze sindacali. Se è questo quello che vogliamo lo dobbiamo stabilire nella statutaria, è in quel contesto che dovremo organizzare i poteri pubblici; solo di conseguenza, una volta fatte le scelte sulla forma di governo dei poteri pubblici in Sardegna, si potrebbe ragionare in maniera approfondita su un ordinamento degli enti locali stabilendone forme e organi.

Vorrei solo sottolineare, perché è stato già detto, che il dispositivo della Corte costituzionale (ho avuto modo di leggerlo) dice sostanzialmente che la norma sulle province non si poteva proporre, richiedendo la modifica della Costituzione dei tempi ben precisi (quattro letture, grande attenzione, bisogna meditare molto le modifiche costituzionali), con decreto che è un provvedimento d'urgenza.

Oggi noi corriamo il rischio di fare la stessa cosa, corriamo il rischio (e qualche proposta è anche nata qui) di portare con un "102", l'urgenza, una proposta di modifica costituzionale che deve essere approvata, dopo la lettura del Consiglio, in quadrupla lettura in Parlamento, che mai si farà perché scadrà prima la nostra legislatura, quindi andrà riproposto alla prossima, che senso ha il "102"? E' una follia. Stiamo esattamente riproponendo le stesse sanzioni che la Corte costituzionale ha dato.

Sulle riforme si medita e si segue la procedura ordinaria di formazione delle leggi: in Commissione si ragiona, si porta in Aula, si discute, si va in quadrupla lettura in Parlamento. Queste sono le forme. La sanzione che c'è stata dalla Corte costituzionale prima di entrare nel merito è stata questa: non si può utilizzare la forma del decreto per fare una proposta di riforma costituzionale. Spero che noi abbiamo il buonsenso di attenerci almeno a questo dispositivo della Corte costituzionale.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Steri. Ne ha facoltà.

STERI (U.D.C.-FLI). Presidente, oggi discutiamo un testo di legge che è arrivato in Aula dopo un iter estremamente travagliato. Ricordo che il provvedimento era già pervenuto in Aula una prima volta, un paio di giorni prima che si andasse a votare sui referendum, ed era un testo di legge abbastanza condiviso che recepiva le disposizioni del decreto Monti. Ricordo che io avevo contestato sin da quel momento, già in Commissione quindi, la legittimità costituzionale del decreto Monti (e in precedenza del decreto Berlusconi) suscitando, talora, l'ilarità di taluno che oggi invece elogia il fatto che la Corte costituzionale ne abbia dichiarato, come era ovvio, l'illegittimità costituzionale.

Purtroppo, aderendo a una richiesta pervenuta dal partito dei Riformatori, abbiamo rimandato in Commissione quel testo di legge. Temevano, i Riformatori, che fosse un modo di affossare il referendum. Così non era perché era evidente che se si votava domenica e lunedì e noi iniziavamo l'esame del provvedimento di legge il giovedì, sicuramente non l'avremmo approvato entro domenica, sicuramente non sarebbe stato pubblicato, sicuramente non sarebbe entrato in vigore. Forse oggi non ci troveremmo in questa situazione.

Vi sono stati i referendum. I referendum, pur comprendendo le motivazioni politiche che hanno portato alla loro proposizione, normalmente hanno una funzione prevalentemente politica: smuovere una classe politica che non vuole affrontare un certo argomento. Non era questo il caso, come ho appena detto. Peraltro, questi referendum erano formulati in maniera tale da comportare l'abrogazione di tutta la legislazione regionale approvata dopo che nel '93 era stato modificato lo Statuto e trasferita la competenza esclusiva in capo alla Regione autonoma della Sardegna.

L'insieme di questa legislazione, che aveva determinato l'inapplicabilità nel territorio della Regione sarda della legislazione nazionale, ha fatto sì che il referendum avesse un effetto travolgente. Nel referendum, ci insegna la Corte costituzionale, conta non la volontà del proponente, quindi non il fatto che il proponente mi chiedesse di abrogare le quattro province nuove e proponesse un referendum consultivo sulle province vecchie, il risultato del referendum va valutato sulle conseguenze giuridiche che lo stesso produce. Siccome tra gli altri, il referendum ha abrogato lo schema di assetto territoriale che riguardava il territorio di tutte e otto le Province, l'effetto è stato la soppressione di tutte e otto le province.

Sono pienamente d'accordo che questo è un effetto che contrasta con la normativa, contrasta con l'articolo 43 dello Statuto, contrasta con una serie di norme della Costituzione, contrasta col potere del Presidente della Repubblica di sciogliere il Consiglio regionale perché in quel momento dopo il referendum non abbiamo più i collegi elettorali con cui fare le elezioni. In questa difficoltosa situazione noi ci siamo trovati dopo il referendum a decidere cosa fare.

Sicuramente dal dibattito emerge la richiesta, oramai è vox clamans di tutti i partiti, P.D. e P.d.L., di sopprimere le province. Si possono anche sopprimere le province se si ha in testa un disegno alternativo alle funzioni svolte da questi enti, ma non mi pare che il progetto di legge costituzionale uscito dal governo Letta, Alfano, Monti e quant'altri abbia in testa questo disegno. E' ben vero che quando è stata approvata la Costituzione i costituenti avevano detto espressamente: "Manteniamo in piedi le province provvisoriamente, in attesa che vengano attivate le Regioni e la nuova struttura organizzativa".

Però, attenzione, nel frattempo si è completamente modificata la struttura dello Stato e gli interessi che lo Stato deve perseguire. Se prima l'unità coincideva con un'organizzazione unitaria dello Stato, perché noi siamo partiti dal periodo risorgimentale in cui lo Stato doveva nascere unificando Stati differenti affermando l'indipendenza dall'Austria, questo risultato poi è stato superato. Quindi noi dobbiamo dare un valore differente all'unità e questo valore differente lo possiamo dare solo applicando i principi di costituzionalità, di solidarietà ed eguaglianza che spesso e volentieri, anche in questo caso, sono stati violati; e lo possiamo dare solo costruendo l'unità dal basso quindi valorizzando le comunità locali, valorizzando la cultura dei singoli luoghi.

Ecco perché io dico che va benissimo l'abolizione delle province se questo si vuole; ma, attenzione, l'abolizione delle province deve coincidere con un progetto riorganizzativo che consenta di lasciare l'esercizio delle funzioni sul territorio e consenta di valorizzare le comunità locali, altrimenti stiamo minando alle basi l'unità della Repubblica. Sia ben chiaro questo. Quindi ci deve essere questo disegno, anche perché più volte siamo stati accusati di non sapere dove andare, di non avere le idee chiare.

Mi permetto di ricordare tutti i discorsi che ho fatto in Commissione per quanto riguarda la mia forza politica; vi assicuro che abbiamo le idee molto, ma molto chiare e do atto che anche gli altri partiti hanno le idee chiare perché c'è una proposta di legge dell'onorevole Gian Valerio Sanna molto tecnica, ci sono proposte di legge presentate dall'onorevole Salis, dall'onorevole Uras e quant'altro. In questa situazione abbiamo dovuto approvare una legge d'urgenza, la prima che abbiamo approvato all'unanimità col solo voto contrario dei Riformatori che ci contestavano di non aver provveduto in quel momento al commissariamento delle province perché la situazione, del tutto abnorme, in cui ci trovavamo ci impediva di dare immediatamente seguito al risultato referendario.

Vi ricordo che l'articolo 75 della Costituzione proibisce di fare norme di legge che contrastino con l'esito referendario e che il nostro Statuto, a differenza della Costituzione, non prevede un periodo bianco in cui il legislatore intervenga per porre rimedio. Ci siamo costretti a fare una norma eccezionale, una norma eccezionale che effettivamente presenta aspetti di illegittimità, la prima norma di legge, ma giustificati dal tentativo di eliminare e di elidere gli effetti di illegittimità ancora più gravi.

In questo contesto poi nascono le colpe non solo della maggioranza, anche dell'opposizione, cari colleghi, perché non abbiamo voluto affrontare il problema e si è reso necessario intervenire prima con una proroga e poi, a seguito delle pronunce della Corte costituzionale e di una serie di posizioni politiche di talune forze, con il commissariamento. Noi riteniamo che il commissariamento debba avere giorni di vita limitati, noi riteniamo che sia essenziale che questo testo di legge venga esaminato, approfondito e approvato possibilmente col concorso di tutte le forze politiche. Ecco perché siamo stati contrari a rimandarlo in Commissione.

Ricordo che in Commissione noi abbiamo espresso contrarietà a questa norma di legge affermando che la votavamo solo per consentirne l'esame in Aula, per intervenire in senso emendativo nei limiti che abbiamo indicato. Quando siamo pervenuti alla discussione in Aula noi avevamo in questo testo di legge una serie di limiti. Il primo limite è quello statutario perché certe norme, i rapporti fondamentali, forma di governo, rapporti con gli enti locali non vanno stabiliti con legge regionale, vanno stabiliti con legge statutaria.

Il decreto Monti ci creava grossi problemi sotto un altro aspetto perché eravamo in attesa della sentenza della Corte costituzionale; sentenza emessa di cui non conosciamo i contenuti perché abbiamo letto solo un comunicato stampa. Taluno afferma che è stata dichiarata illegittima solo perché adottata con la forma di decreto legge, talaltro afferma invece che sarebbe stato rilevato che il decreto legge o legge che sia non era comunque uno strumento idoneo, come io ritengo, a modifiche costituzionali, la Corte costituzionale non è in questa sede rilevante.

Oggi sappiamo che il decreto Monti non è applicabile, sappiamo che dobbiamo fare una norma di legge utilizzando la nostra competenza esclusiva seguendo i limiti che ci pone l'ordinamento statale. Oggi non è più ipotizzabile un'elezione di secondo grado, è ipotizzabile solo un'elezione di primo grado e su questo noi riteniamo che le elezioni di primo grado siano un segno di democrazia e per quanto possibile vorremmo tutelarle. In questo percorso, in questa strada che è rimasta tracciata poco è quello che possiamo fare, anche perché attendiamo la riforma costituzionale.

Ripeto, è un testo che presenta parecchie pecche, sostanzialmente espunge dalla Costituzione la parola "province" e si limita a parlare di questi organi di area vasta non meglio chiariti e non inseriti all'interno dell'articolo 117 tra gli enti che costituiscono la Repubblica; e questo è un qualche cosa che fa pensare, sicuramente deve essere rivisto. Noi oggi dobbiamo scrivere una norma di legge che consenta quanto prima, nel rispetto della Costituzione e dello Statuto, dell'esito del referendum, perché purtroppo l'esito del referendum ci impone di sopprimere quantomeno le nuove province, di stabilire un nuovo schema di assetto territoriale, verificando se vi sono spazi per delegare funzioni in loco e, in ogni caso, assicurando che le funzioni continuino a essere svolte in quel territorio le cui province sono state soppresse e, nel fare questo, avremo attenzione e cura a che vi sia una diminuzione di spesa.

Sia ben chiaro, la diminuzione di spesa non è la soppressione dei consigli provinciali, non prendiamoci in giro, la diminuzione di spesa è altro, la diminuzione di spesa la otteniamo avendo una burocrazia che funziona non sopprimendo i consigli provinciali o riducendo i consigli comunali e andando contro la democrazia, e contro la rappresentatività delle forze piccole. Ecco, questi sono i principi che devono ispirare questa legge. Diceva l'onorevole Sabatini: "Noi siamo democratici, non abbiamo mai avuto comportamenti antidemocratici".

Onorevole Sabatini, le assicuro che noi siamo democratici e liberali perlomeno quanto lei e le assicuro che il nostro sarà un apporto costruttivo, aperto a tutte le collaborazioni che verranno fatte, volte anche alla tutela delle situazioni di lavoro. Nessuno deve perdere il posto di lavoro; stamattina abbiamo incontrato i lavoratori delle società in house, siamo pronti a confrontarci e a risolvere i problemi. Purtroppo è una situazione in cui ci ha posto l'esito inopportuno, chiamiamolo così, del referendum; la colpa di non aver affrontato subito il problema è di tutti noi, ora, oggi, domani dobbiamo affrontarlo. Noi siamo pronti a dare tutta la nostra collaborazione e tutto il nostro apporto per quanto piccolo sia.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Pittalis. Ne ha facoltà.

PITTALIS (P.d.L.). Presidente, alcuni oratori questa mattina, anzi questo pomeriggio hanno messo in evidenza, con preoccupazione, come il dibattito fosse quasi a senso unico nel senso che ancora non avevano sentito la voce degli esponenti della maggioranza. Lo dico senza polemica, è bene il confronto, ma probabilmente da questa parte si cerca di fare sintesi e anche unità seppure con difficoltà, sia pure con chi anche in maggioranza dice una cosa poi qui in Aula ne dice un'altra, ma sono le evenienze della democrazia, del confronto parlamentare.

Una cosa è certa: su una materia, qual è quella in discussione, nessuno può pretendere di partire dal postulato che si possieda in esclusiva la verità. Io non ce l'ho e non ce l'ha la maggioranza. Allora forse possiamo anche interrogarci sulle questioni che, sia pure anche in chiave strumentale, hanno trovato una certa eco sui mezzi di informazione che hanno riportato dichiarazioni che non hanno dato conto dello stato reale di quello che è successo in quest'Aula, anche all'esito dell'approvazione del provvedimento di legge con il quale questo Consiglio regionale ha assunto una decisione che non è passata a cuore leggero nella maggioranza, ma necessitata, che ha portato al commissariamento delle quattro province di istituzione regionale, più quella di Cagliari ma per ben altre ragioni.

E, vivaddio, nonostante un referendum consultivo che investiva anche il ruolo, la funzione, la persistenza delle cosiddette "province storiche", quelle previste nell'articolo 43 del nostro Statuto, nonostante un parere del 97 per cento dei sardi che hanno detto che anche quelle province dovrebbero essere cancellate, ci siamo ben guardati dall'intervenire sugli organi eletti in carica proprio perché ci rendiamo conto anche dei limiti costituzionali che, logicamente, impongono anche a questo Consiglio di occuparsi di materie di competenza propria senza travalicarne i confini.

Ripristiniamo un po' le cose nel loro giusto ordine: il commissariamento è stata una scelta obbligata e direi necessitata, proprio quale conseguenza di un referendum che spesso viene dimenticato e sottaciuto, ma che questo Consiglio regionale il problema se lo sia posto è dimostrato dal fatto che non è a cuor leggero che, all'indomani del referendum, il Consiglio ha decretato l'abolizione tout court degli organi, delle giunte e dei consigli provinciali, aveva necessità di capire e ha ceduto alla proroga una volta e addirittura una seconda volta! Questo è un dato, cari colleghi, soprattutto del centrosinistra, che non va dimenticato.

Così come non vanno dimenticati i primi pronunciamenti, lo dico soprattutto a coloro del centrosinistra che sono attenti alle decisioni della magistratura, perché se le dobbiamo rispettare le rispettiamo sempre, anche quando non ci fanno comodo! Onorevole Salis, il TAR della Sardegna con ben due sentenze ha dichiarato questo principio che io, per non sbagliare, non riassumo con mie parole ma le leggo testualmente: "come la sezione ha già avuto modo di osservare con la sentenza del 24 luglio del 2012 numero 752" - e questa è la sentenza del TAR Sardegna depositata il 28 maggio del 2013" - la descritta normativa regionale presenta profili di dubbia legittimità costituzionale" - cioè la disciplina che prorogava - "nella parte in cui viola il divieto di reintroduzione di previsioni legislative abrogate con referendum, divieto che trae il proprio fondamento nell'articolo 75 della Costituzione e nella costante giurisprudenza della Corte costituzionale."… "Ciò impone di escludere che la proroga ex lege delle province abrogate, la quale peraltro riguarda la gestione amministrativa e perciò in ogni caso esula dall'oggetto del presente giudizio, possa essere ulteriormente rinnovata".

Quindi, cosa sta a significare? Che il Consiglio regionale non aveva altra alternativa, cari colleghi, perché una volta che dall'ordinamento, per effetto di un referendum abrogativo, viene meno il presupposto essenziale, la condizione perché esistano una Giunta e un Consiglio regionale e cioè l'ente territoriale (questi sono principi elementari per chi studia diritto amministrativo e ha le basi per sostenere un esame di diritto costituzionale), per tutte le questioni, giustamente, che voi avete posto in evidenza, sulle quali concordo, che la ratio ultima deve essere quella di intervenire sugli organi eletti, ci sono altrettante ragioni di ordine costituzionale che hanno imposto obbligatoriamente, perché sarebbe stata illegittima, ce lo dicono i giudici amministrativi, un'ulteriore proroga, per le province di istituzione regionale quella strada necessitata.

Quindi non c'è alcun attentato, alcuna azione vessatoria nei confronti degli organi eletti, ci mancherebbe altro! L'autonomia, il ruolo, la funzione svolta anche dagli enti intermedi sono la conseguenza di una decisione che i sardi hanno assunto attraverso le loro associazioni, i comitati e, se mi consentite, i partiti che si sono schierati da destra a sinistra a favore o contro; quindi è una responsabilità collettiva, se la vogliamo ascrivere come dato negativo, che tutti dobbiamo assumerci.

Io penso quindi che continuare in una schermaglia in quest'Aula non sia utile, soprattutto perché parliamo di come ridisegnare il sistema organizzativo degli enti territoriali; allora dobbiamo chiederci se siamo convinti che il vecchio sistema delle province, così come l'abbiamo conosciuto, sia superato. Possiamo dire in maniera chiara che il vecchio modello degli enti intermedi, l'organizzazione, la strutturazione territoriale è superata? Per noi sì!

Ha fatto bene Renato Lai questa mattina a richiamare, a nome della maggioranza, le proposte di legge di valenza nazionale e costituzionale che prevedono l'abrogazione o, comunque, la modifica dell'articolo 43 del nostro Statuto. Partiamo da questo intanto, mi pare che sia anche agevole muoverci nella direzione tracciata dallo stesso Presidente Letta che, con il disegno di legge costituzionale, già individua alcuni elementi e spunti interessanti, sui quali penso sia necessaria una riflessione.

E, attenzione, rinviare a martedì la prosecuzione dei lavori non è una perdita di tempo, significa proprio cercare di tenere conto anzi di questa novità introdotta da qualche giorno con la presentazione del disegno di legge dal Governo Letta, dove si dà chiara l'idea di un superamento, come dicevo prima, del vecchio quadro dell'organizzazione territoriale prevedendo l'istituzione di forme associative tra i comuni. C'è quindi anche un'idea nuova, sulla quale noi siamo d'accordo, di valorizzazione del ruolo dei comuni.

Colleghi, vi diamo qualche spunto anche sulla posizione della maggioranza: valorizziamo il ruolo dei comuni, valorizziamo il ruolo dell'associazione dei comuni, e cerchiamo di fare una riflessione ulteriore sulle funzioni, le attribuzioni e, soprattutto, anche le risorse che devono accompagnare il trasferimento di funzioni e di competenze verso il livello primario del sistema delle autonomie locali. Mi pare dunque, e questo lo dico alle opposizioni, che se c'è la volontà comune veramente non di uscire da una impasse, perché non c'è alcuna impasse, assolutamente, ma di proseguire in un'azione di riforma strutturale e non di semplice facciata del sistema delle autonomie locali, questa può essere anche un'occasione davvero molto importante per cercare di decentrare ulteriormente competenze che sono oggi in capo alla Regione e che ben possono essere trasferite al sistema delle autonomie locali.

E' su queste basi che noi invitiamo le opposizioni, il centrosinistra, a un confronto sereno, sapendo che non ci sono pregiudiziali, ma non ce dovete porre neanche voi, perché noi quello che abbiamo fatto tale rimane, perché noi vogliamo andare avanti a ridisegnare un quadro che, ripeto, valorizzi soprattutto i comuni e le associazioni dei comuni. L'invito è pertanto a un confronto sul merito delle soluzioni, che veda un coinvolgimento del Consiglio delle autonomie locali, del sistema complessivo delle autonomie locali, e sia chiaro che per quanto ci riguarda il testo oggi presentato, proprio per le novità che sono venute dal Governo nazionale, ci pare ormai superato.

Non deve assolutamente sembrare qualcosa di strano dire questo; nella dialettica politica ci si confronta, riteniamo che si possa intervenire su quel testo migliorandolo, perché siamo tutti d'accordo che non ci interessa la riproposizione, così come le abbiamo conosciute, delle quattro storiche province. Non ci interessa, sarebbe una soluzione al ribasso rispetto alla possibilità per il Consiglio regionale di guardare nella prospettiva di una modernizzazione.

Ecco perché, e concludo, ci interessa molto preoccuparci, come abbiamo fatto stamattina, lo ricordava anche il collega Steri, del personale. Anche qui, moderazione colleghi, sono stati fatti annunci che rasentavano davvero il terrorismo: il personale che perde i posti di lavoro, il personale che chissà a quale terribile destino andrà incontro! Il personale è nelle preoccupazioni di tutti noi, perché deve essere giustamente salvaguardato, sia quello dipendente delle province, che quello delle cosiddette società in house.

Colleghi del centrosinistra, noi le idee le abbiamo, sicuramente devono essere anche rafforzate, devono essere anche meglio sviluppate, ma fateci conoscere anche le vostre, perché dal dibattito non sono venute proposte da parte vostra, sono soltanto venute critiche all'operato della maggioranza. Un'opposizione costruttiva dovrebbe indicare una soluzione anche alternativa sulla quale valga la pena soffermarci e confrontarci. Ecco, questo credo sia il giusto lavoro che insieme possiamo fare per un rilancio complessivo del sistema delle autonomie locali.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Giampaolo Diana. Ne ha facoltà.

DIANA GIAMPAOLO (P.D.). Nonostante l'onorevole Pittalis nel suo intervento, pacatamente abbia provato a rassicurare, al di là di questo tentativo, caro Pittalis, voi oggi consumate una farsa e, mi dispiace dirlo, ne siete protagonisti. Ora, al di là delle parole, pesano e restano i fatti; sono passati quattordici mesi dal 6 maggio del 2012, e questi quattordici mesi alla fine, caro Pietro, sono serviti per produrre cinque commissariamenti.

Al di là del tono rassicurante restano i fatti. I fatti sono che in quattordici mesi la maggioranza, poi dirò qualcosa che attiene anche all'opposizione, ha prodotto cinque commissariamenti, questo, ripeto, è il dato. È colpa della sentenza del Tar? Per cortesia, non prendiamoci in giro. Sa bene chi ha sostenuto questa tesi poc'anzi che è un tentativo di arrampicarsi sugli specchi, un qualcosa imposto probabilmente a questa maggioranza dal Presidente della Regione; e, ovviamente, lo sapete perfettamente che questo non si può dire.

Noi, fin dal giorno successivo all'esito referendario, non abbiamo mai voluto sottrarci a quel risultato, semmai se c'è qualcuno che si è sottratto è colui che, da allora a oggi, non ha proposto un'idea di riordino organico del sistema delle autonomie locali. Ripeto sono trascorsi quattordici mesi e ancora non c'è questo impianto di riordino del sistema delle autonomie locali in Sardegna. Questo è un dato di fatto. C'è anche qualche nostra responsabilità? Porre questo interrogativo significa scaricare su altri responsabilità che sono e attengono a chi ha la maggioranza per governare questa Regione.

Il Partito Democratico, comunque, credo sia tutto agli atti, i lavori della Commissione, della prima Commissione in questo caso, sono registrati (sia l'onorevole Steri che lo stesso Pittalis l'hanno riconosciuto), ha fatto delle proposte sin dall'avvio di questo confronto nella prima Commissione.

Mi dispiace che oggi, a distanza di quattordici mesi, si cerchi di scaricare sull'opposizione e sul maggior partito dell'opposizione la responsabilità di una vostra inconcludenza sul tema delle riforme. Noi abbiamo detto, e lo sanno bene i colleghi un pochino più attenti, fin dal primo momento, che si apriva per la nostra Regione un'occasione straordinaria, unica in Italia, per ridefinire il sistema delle autonomie locali; abbiamo anche suggerito qualcosa, abbiamo detto per esempio di invertire il ragionamento che è sempre stato fatto, di non parlare di alchimie organizzative sui modelli istituzionali, ma di riordinare tutto partendo dai compiti e dalle funzioni.

Abbiamo proposto di verificare quali compiti svolge oggi la Regione e se svolge compiti e funzioni che non attengono proprio alla funzione e al ruolo di legislatore e di soggetto che deve programmare e pianificare le politiche di settore. Probabilmente questa Regione svolge anche compiti e funzioni di gestione diretta, che creano imbarazzo alla stessa Giunta, alla stessa maggioranza.

Noi abbiamo sempre detto: partiamo da questa analisi, vediamo di quali fra questi compiti e funzioni deve alleggerirsi la Regione, e vediamo quali di questi compiti e funzioni possono essere trasferiti, all'indomani, ripeto, del referendum che cancellava le quattro province regionali e dava in termini consultivi un parere sulle quattro province chiamiamole storiche, per brevità, direttamente ai comuni in forma singola o associata. Ci sono comuni che alcune di queste funzioni possono svolgerle in forma singola e altri che non hanno gli strumenti e le risorse non soltanto finanziarie ma anche umane per gestire certe funzioni.

Abbiamo anche detto - tra l'altro era un giudizio condiviso in Commissione, non c'era una primogenitura di qualcuno di noi, a me è sembrato ci fosse un'opinione condivisa - che questa riforma può consentirci finalmente di avvicinare il governo della cosa pubblica ai cittadini, cercando cioè di privilegiare il sistema delle assemblee elettive comunali; perché più offriamo ai cittadini attraverso i comuni la possibilità di controllare direttamente, più diamo una mano a superare quella crisi di fiducia, drammatica, che da anni viviamo in questo Paese tra istituzioni e cittadini, tra politica, partiti e cittadini.

Abbiamo detto che questa è per noi un'occasione straordinaria, unica, proviamo a coglierla, siamo una Regione autonoma, possiamo farlo, è una materia di competenza primaria della Regione autonoma dalla Sardegna; abbiamo insistito su questo. Abbiamo anche detto, Pietro, che noi pensiamo a un ente intermedio, e tu stesso, con la tua proverbiale onestà intellettuale, hai detto che è un'idea che merita di essere approfondita. Abbiamo parlato di un ente intermedio quale che fosse l'ente locale, perché per ovvie ragioni deve essere un ente locale che sia anche un ente intermedio, Assessore, tra comuni e Regione.

Nessuno infatti elimina questo ente intermedio, né il primo decreto Monti, né il secondo che poi è stato cassato per vizio di costituzionalità, e nemmeno il decreto Letta, su cui dirò e su cui si è soffermato stamattina Gian Valerio Sanna e stasera Giulio Steri; non sopprimono e non eliminano un ente intermedio. In quello di Letta si parla di un'area vasta, come ci ricordava l'onorevole Pittalis, però c'è comunque la consapevolezza che non può esserci un salto tra Regione e sistema dei comuni. E abbiamo detto che può essere un'occasione, Assessore, per discutere in una Regione autonoma come la nostra, che nel merito di quella discussione deve dimostrare di meritarsi il mantenimento della specialità e dell'autonomia facendo qualcosa di importante…

(Brusio in Aula)

Ma non gliene frega niente a nessuno! Presidente, le chiedo di aiutarmi!

PRESIDENTE. Ha ragione, onorevole Diana. Colleghi!

DIANA GIAMPAOLO (P.D.). Abbiamo parlato di un ente intermedio che potesse accorpare compiti e funzioni che oggi sono distribuite nel territorio, abbiamo parlato di funzioni di enti, di funzioni dei consorzi. Tra l'altro sono soggetti di secondo livello, e voi lo sapete quanto me che quei soggetti di secondo livello spesso sono luoghi di sottogoverno che inquinano la dialettica politica e che si sostituiscono anche ai compiti e alle funzioni di programmazione e di pianificazione degli assessori di turno, lo sappiamo perfettamente.

Abbiamo dato questo suggerimento con coraggio, perché non è facile, non è una cosa semplice per i partiti, tutti compresi, intervenire su questa problematica, ottimizzare, razionalizzare, pensare a un unico ente territoriale che accorpi funzioni che oggi sono distribuite nel territorio. Però abbiamo suggerito questo, allora per cortesia non diteci che non abbiamo idee, che non abbiamo provato a suggerire qualcosa. E' chiaro che se pensate che noi possiamo surrogare la maggioranza questo non è possibile, però qualche prova di idea costruttiva l'abbiamo messa a disposizione di tutti.

Noi vi abbiamo detto: svuotiamo la Regione, proviamo a fare questo riordino, avviciniamo le istituzioni ai cittadini, superiamo le province, lo abbiamo sempre detto, nel rispetto del responso referendario. Vi abbiamo suggerito di impegnare il Consiglio regionale con questa agenda politica,: se ci fossimo riusciti a probabilmente questo Consiglio, almeno una volta in questi quattro anni e mezzo, cinque anni se si arriverà a fine legislatura, avrebbe assolto al rango di un soggetto riformatore vero. Perché la verità, caro Pittalis, è che di riforma in questa legislatura non se n'è fatta una, anzi fin dall'inizio della legislatura voi avete sostituito organi di governo con commissari anche in enti e soggetti che erano stati oggetto di riforma nella passata legislatura, è successo in tutti i settori.

Voi invece che cosa avete fatto? Avete proceduto nel modo che è sotto gli occhi di tutti, lo avete fatto per che cosa? Non so se replicherà qualcuno, Assessore forse lei martedì prossimo, lo avete fatto solamente per soddisfare una sete di potere, quel potere, assessore Rassu mi dispiace rivolgermi a lei, che soffre e vive con fastidio l'esercizio della democrazia. Cos'altro sono i commissariamenti me lo dovete spiegare.

Abbiamo avuto quattordici mesi per provare a fare qualcosa di serio, non si è fatto nulla; c'è un testo, immagino che oggi nonn venga neanche votato il passaggio all'esame degli articoli, si farà forse martedì sera, forse le ragioni sono quelle che ci ricordava l'onorevole Pittalis, è colpa di Letta. Perché se Letta non avesse proceduto in quella maniera probabilmente oggi avremmo votato il passaggio all'esame degli articoli.

(Interruzioni)

Sì, la stessa cosa. Allora, io non voglio aggiungere nulla rispetto a quello che si è già detto sui commissariamenti, una cosa è certa: siete i soli ad aver cancellato nella storia della Repubblica italiana, lo ricordava Cuccu qualche ora fa, le assemblee elettive. Questo si è fatto; in altre Regioni sono state cancellate solo per ragioni di mafia o di criminalità organizzata. Non c'è un caso nella storia della Repubblica italiana in cui si siano cancellate assemblee elettive così come avete fatto voi. Non c'è un caso. E' avvenuto solo e soltanto nel ventennio fascista.

Stamattina Gian Valerio Sanna e stasera Mario Diana hanno espresso preoccupazione nei confronti del decreto Letta e ci hanno anche ricordato, lo ha ripreso anche l'onorevole Pittalis, che quel decreto in alcuni commi di fatto cancella l'autonomia della nostra Regione. L'autonomia della nostra Regione con quel decreto vale molto meno dell'autonomia delle Province autonome di Trento e di Bolzano. Stamattina Gian Valerio Sanna, stasera Mario Diana si sono soffermati esprimendo preoccupazione e hanno chiesto a questo Consiglio regionale, e innanzitutto alla maggioranza, di verificare se è condivisa questa preoccupazione e, soprattutto, che cosa la maggioranza intende mettere in essere per salvaguardare la specialità e l'autonomia di questa Regione.

Ma, io a Gian Valerio e a Mario Diana dico: "Di che cosa vi preoccupate, ma davvero siamo convinti che Cappellacci è attraversato dall'ansia di preservare l'autonomia di questa Regione?". Ma manco per nulla! L'unica preoccupazione che aveva era quella di commissariare, ed è riuscito a farlo anche ricattando pezzi importanti della maggioranza, cinque province della nostra Regione. Questo è quello che è avvenuto.

Per concludere, c'è un altro aspetto da considerare. Il Presidente, come diceva Pittalis, aggiornerà tra qualche minuto a martedì sera i lavori di questo Consiglio. Io vorrei chiederle, assessore Rassu, perché a martedì sera. Oggi è martedì, si rinvia di otto giorni questo Consiglio regionale, di otto giorni! Per cortesia, la responsabilità è solo vostra!

(Interruzioni)

Non abbiamo deciso nulla insieme, non abbiamo deciso nulla, voi avrete notato che qualcuno è stato zitto a differenza di altri, voi che avete proposto questa agenda dei lavori del Consiglio, quindi per cortesia non dite altro, non dite altro! La verità è che aggiornate a martedì sera perché non avete nessuna idea, non avete nessuna proposta e pensate, da qui a martedì, di recuperare probabilmente il vuoto di idee che vi ha caratterizzato in questo periodo. Io lo so bene, onorevole Steri, per concludere, che lei ha le idee chiare e oggi ci ha dato anche una sorta di lezione. Io però vorrei ricordarle, con grande rispetto verso la sua persona, che quelle idee chiare, che qualcuno porta come un contributo importante per affrontare alcuni processi di riforma, quando poi si mettono a disposizione di una maggioranza che non è interessata a discuterle si annacquano nell'economia dei lavori di quella maggioranza.

Allora noi reiteriamo, lo abbiamo fatto stamattina con Gian Valerio e con altri, la nostra disponibilità a non stare sull'Aventino, ovviamente a condizione che rimandiate il testo in Commissione e ritiriate i commissariamenti. In questo caso vi confermiamo la nostra disponibilità a non muoverci da questa Aula finché non si fa un riordino serio come quello atteso anche da quel mezzo milione di cittadini che il 6 maggio ha chiesto il superamento delle province. Se c'è questa disponibilità noi siamo pronti, se non c'è ovviamente fatevi il provvedimento da soli e sarà un pasticcio annunciato.

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Pittalis. Ne ha facoltà.

PITTALIS (P.d.L.). Presidente, sull'ordine dei lavori, solo per mettere in evidenza che se le Conferenze dei Capigruppo hanno un senso allora io inviterei alla correttezza, non se ne può più. Se si decide in Conferenza dei Capigruppo che i lavori vengono aggiornati a martedì non vedo perché bisogna farne oggetto di strumentalizzazione politica.

DIANA GIAMPAOLO (P.D.). Avete deciso voi, Pietro.

PITTALIS (P.d.L.). Collega Diana, sono davvero sorpreso e deluso di questi atteggiamenti di scarso stile…

DIANA GIAMPAOLO (P.D.). Avete deciso voi, Pietro!

PITTALIS (P.d.L.). …nella interlocuzione politica. Bisogna essere corretti…

PRESIDENTE. Onorevole Pittalis, se intende intervenire sull'ordine dei lavori deve avanzare una proposta.

DIANA GIAMPAOLO (P.D.). Ribadisco, Pietro, che avete deciso voi,.

PITTALIS (P.d.L.). Bisogna essere corretti, non l'ha deciso qualcuno, ha deciso la Conferenza dei Presidenti di Gruppo. Presidente, siccome è prevista la approvazione di un ordine del giorno rispetto al quale mi sembra siano state introdotte delle modifiche, chiedo cinque minuti di sospensione per poterle valutare.

PRESIDENTE. Onorevole Pittalis, sospenderemo la seduta dopo l'intervento dell'assessore Rassu.

Poiché nessun altro è iscritto a parlare, per la Giunta, ha facoltà di parlare l'Assessore degli enti locali, finanze ed urbanistica.

RASSU (P.d.L.), Assessore degli enti locali, finanze ed urbanistica. Presidente, interverrò solo qualche minuto per fornire delle precisazioni in quanto il dibattito che si è svolto oggi in questa Aula è stato un dibattito ricchissimo sia da un punto di vista politico che giuridico-amministrativo.

Collega Diana, non si è stati senza far niente, la Giunta regionale ha presentato l'ordinamento generale degli enti locali e delle autonomie locali (poi le fornirò una copia) in Commissione il 23 ottobre del 2012. In Commissione giace il disegno di legge numero 440 a firma Rassu, presentato in Commissione il 23 ottobre 2012 che la Commissione non ha mai esaminato. Ora si poteva partire da questo testo, per arrivare poi a un testo condiviso.

Ci sono state tutte le vicissitudini del Governo Monti, il testo poteva essere anche superato ma non è giusto perché il disegno di legge è stato presentato nei termini previsti esattamente dalla legge numero 11 del 27 maggio 2012, la quale obbligava entro il 31 ottobre 2012 alla presentazione della nuova legge sull'ordinamento generale degli enti locali, cosa che la Giunta regionale ha regolarmente fatto.

Di seguito la Giunta ha presentato anche una sua norma in cui prevedeva la scadenza naturale delle amministrazioni provinciali; il Consiglio regionale ha ritenuto invece di fissare la scadenza al 30 giugno, ne è nato quello che ne è nato. Però è il Consiglio regionale che è sovrano e che legifera. Ho voluto dire questo non per un vanto o per chiedere scusanti, ma per amore della verità e della correttezza. Quindi nessuna omissione da parte della Giunta né della maggioranza, semmai il Consiglio regionale ha ritenuto di portare avanti il testo unificato sulle province tralasciando quello che era. Per quanto riguarda il dibattito, ricchissimo, credo che possa fornire uno spunto pratico per tentare di arrivare a una norma che dia veramente risposte alle esigenze dei cittadini.

PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la discussione generale. Sospendo la seduta.

(La seduta, sospesa alle ore 20 e 19, viene ripresa alle ore 20 e 23.)

PRESIDENTE. E' stato presentato un ordine del giorno.

(Si riporta di seguito il testo dell'ordine del giorno numero 1:

Ordine Del Giorno Pittalis - Diana Giampaolo - Steri - Sanna Matteo - Diana Mario - Cocco Daniele Secondo - Dessì - Salis - Pisano sulla corretta attuazione dell'articolo 2 della legge regionale n. 4 del 2013, come modificato dalla legge regionale n. 9 del 2013, in materia di assunzioni per i cantieri comunali e i cantieri verdi.

IL CONSIGLIO REGIONALE

a conclusione della discussione generale sul testo unificato n. 301-428-430-432-435-442/A parte II, in materia di riordino delle province,

RICHIAMATO l'articolo 2 della legge regionale n. 4 del 2013, come modificato dalla legge regionale n. 9 del 2013, che prevede espressamente:
"I cantieri comunali per l'occupazione e i cantieri verdi costituiscono a tutti gli effetti progetti speciali finalizzati all'attuazione di competenze e di politiche regionali le cui assunzioni risultano strettamente necessarie a garantire l'esercizio di funzioni specifiche del settore sociale. L'onere finanziario è interamente a carico di risorse regionali e le assunzioni di progetto in essi previste sono riconducibili alle deroghe introdotte dall'articolo 4 ter, comma 12, del decreto legge 2 marzo 2012, n. 16 (Disposizioni urgenti in materia di semplificazioni tributarie, di efficientamento e potenziamento delle procedure di accertamento), convertito con legge 26 aprile 2012, n. 44, con il quale il legislatore statale ha consentito agli enti locali, a decorrere dal 2013, di superare il limite previsto dall'articolo 9, comma 28, del decreto legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica), convertito in legge, con modificazioni, dall'articolo 1, comma 1, della legge 30 luglio 2010, n. 122, nei soli casi di assunzioni strettamente necessarie a garantire l'esercizio delle funzioni di polizia locale, di istruzione pubblica e del settore sociale.";

CONSIDERATO che la legge regionale n. 9 del 2013 è pienamente in vigore ed efficace, non è stata oggetto di ricorso da parte del Governo e non è dunque in discussione sotto alcun profilo per quanto attiene alla legittimità delle norme in essa contenute;

EVIDENZIATO come il legislatore regionale qualifichi esplicitamente le attività dei cantieri verdi e dei cantieri comunali come "strettamente necessarie a garantire l'esercizio di funzioni specifiche del settore sociale" e come in modo non dissimile il legislatore statale nelle più recenti modifiche estenda le deroghe all'esercizio di attività sociali mediante forme particolari di lavoro (decreto legge 28 giugno 2013, n. 76);

SOTTOLINEATO che conseguentemente non vi sono difficoltà d'ordine normativo o interpretativo a inquadrare le assunzioni in questione tra quelle per le quali lo stesso legislatore statale prevede una deroga al limite imposto dal decreto legge n. 78 del 2010, e altresì come rispetto a tale quadro normativo la gestione dei cantieri per il tramite di cooperative costituisca solo un'opzione alternativa ed eventuale rispetto alle chiamate operate direttamente dagli stessi comuni;

RILEVATO come la disposizione appare chiara e di evidente lettura, operando in relazione a risorse che sono regionali, che non danno luogo ad assunzioni definitive, che sono rivolte a fronteggiare evidenti e pressanti esigenze di ordine sociale, secondo forme e procedure di lunga applicazione;

RIBADITO come spetti al legislatore regionale qualificare la natura degli interventi da esso disciplinati, e infatti il Governo non ha mosso obiezioni sotto questo profilo, e che tale previsione interviene a regolare in ambito regionale il coerente e produttivo impiego di risorse regionali assegnate per finalità sociali secondo compiti tipici degli enti locali,

impegna la Giunta regionale e l'Assessore regionale degli enti locali, finanze e urbanistica

a sostenere gli enti locali nella puntuale applicazione delle disposizioni regionali in vigore e in particolare quelle dell'articolo 2 della legge regionale n. 4 del 2013, come modificato dalla legge regionale n. 9 del 2013;

a tal fine dà indirizzo agli stessi enti locali della Sardegna

a dar corso al più presto e senza indugio agli interventi previsti dalla legge regionale in materia di cantieri comunali e cantieri verdi al fine di conseguire gli obiettivi di sollievo sociale, contrasto a situazioni disagio e povertà, carenza di occasioni di lavoro per soggetti svantaggiati, secondo i contenuti del presente ordine del giorno. (1) ).

PRESIDENTE. Metto in votazione l'ordine del giorno numero 1.

Chi lo approva alzi la mano.

(E' approvato)

Il Consiglio è riconvocato alle ore 16 di martedì 16 luglio. Domani mattina alle ore 10 sono convocate la quarta Commissione e la Giunta per il Regolamento.

La seduta è tolta alle ore 20 e 24.