Seduta n.63 del 18/11/2009 

LXIII SEDUTA

Mercoledì 18 novembre 2009

Presidenza della Presidente LOMBARDO

La seduta è aperta alle ore 16 e 50.

MARIANI, Segretario, dà lettura del processo verbale della seduta del 23 aprile 2009 (11), che è approvato.

Seduta congiunta Consiglio regionale - Consiglio delle autonomie locali sullo stato del sistema delle autonomie in Sardegna (articolo 10 legge regionale 17 gennaio 2005, numero 1)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la seduta congiunta del Consiglio regionale e del Consiglio delle autonomie locali sullo stato del sistema delle autonomie in Sardegna, in base all'articolo 10 della legge regionale 17 gennaio 2005, numero 1.

Signor Presidente del Consiglio delle autonomie locali, signore e signori componenti della Giunta regionale, signori sindaci e amministratori locali, colleghe e colleghi, la seduta odierna segue di pochi mesi quella tenutasi a Oristano lo scorso 23 aprile, quando la Presidenza del Consiglio regionale e la Presidenza del Consiglio delle autonomie locali vollero dare un segnale forte di vicinanza ai cittadini e alle autonomie locali che li rappresentano tenendo la seduta congiunta al di fuori della sede istituzionale del capoluogo sardo.

Proseguendo e consolidando questa attenzione verso i territori della Sardegna e verso una realtà fatta di un tessuto di numerosi piccoli centri comunali, i quali costituiscono il primo nucleo di autogoverno del popolo sardo e che a buon titolo possono essere considerati i primi depositari della nostra grande eredità etnolinguistica, etnoculturale ed etnostorica, abbiamo deciso che la seduta congiunta si tenesse a Nuoro. La città di Nuoro, nel panorama socioculturale e politico dell'Isola è una di quelle realtà che meglio rappresenta storicamente e geograficamente il centro della Sardegna, lo scrigno dei suoi segreti e delle sue tradizioni. E proprio il centro dell'Isola può diventare, con il contributo e la collaborazione dei diversi livelli istituzionali, l'anima di una stagione di sviluppo e di riscatto per l'intera Sardegna. Ad essa ci sentiamo vicini e, con animo grato per l'ospitalità che oggi offre al parlamento dei sardi e al Consiglio delle autonomie locali, apriamo l'odierna sessione di lavori.

Consentitemi per un attimo di rivolgermi direttamente alle popolazioni del nuorese per esprimere loro la mia personale preoccupazione e quella di tutta l'Assemblea regionale per lo stato di grave crisi in cui versa tutto il comparto produttivo della provincia. I territori in crisi del nuorese, così come quelli di tutta l'Isola, non devono sentirsi abbandonati. Posso assicurare che ho colto in tutte le rappresentanze politiche presenti in Consiglio regionale la volontà di moltiplicare gli sforzi per uscire assieme, ancora più uniti e coesi, dal tunnel della crisi. In questo vi è la conferma di un sentimento comune nel considerare che sino a quando c'è un solo sardo che sta male tutta la Sardegna ne soffre.

La non casualità di una scelta che oggi assume il pieno significato di tributo al grande contributo che arriva dai territori delle zone interne allo sviluppo e alla crescita culturale e socioeconomica vuole a tutti gli effetti costituire un ponte verso il consolidamento dell'unità del popolo sardo, spezzando definitivamente tutte le barriere fisiche, culturali e sociali che ne impediscono la realizzazione. Fra esse quello dello spopolamento delle zone interne costituisce un fenomeno di carattere endemico che vede la punta massima di criticità proprio nell'arretramento delle istituzioni pubbliche con la chiusura di importanti uffici e servizi nelle comunità interessate. Ciò deve indurre una classe dirigente sensibile e attenta a promuovere uno straordinario impegno per disegnare un grande progetto di rinascita economica e sociale delle zone interne.

La Sardegna e i sardi crescono e progrediscono in un sistema che deve prediligere uno sviluppo armonioso di tutti i suoi territori, evitando sterili e dannose divisioni e contrapposizioni per entrare in un circuito sinergico dove la forza del singolo equivale a quella di un popolo che unito si adopera per costruire le sue fortune future. Non siamo venuti a Nuoro, dunque, per consumare un rito che rientra in un obbligo previsto dalla legislazione regionale, ma per confrontarci e chiederci come costruire questo futuro che ci attende.

Già in piena fase di avvio della presente legislatura, nel corso della seduta congiunta di Oristano, volli espressamente lanciare un appello per evitare la deriva di una ritualità e per dare a questo appuntamento un significato più pregnante, riempiendolo di contenuti, di proposta, di operosità, e maggiore organicità ai rapporti di coordinamento e alle iniziative dei due organi istituzionali. Confermo questo orientamento.

Devo ora relazionare sinteticamente sui rapporti intercorsi in questo breve intervallo di tempo tra l'Assemblea regionale e il Consiglio delle autonomie, per segnalare che dallo scorso aprile sono state approvate quattro leggi. Le prime due costituivano la manovra finanziaria per il 2009, e sono state quindi oggetto della riunione congiunta precedente. Le due leggi successive hanno riguardato rispettivamente: la prima disposizioni urgenti nei settori economico e sociali e la seconda disposizioni per il rilancio dell'edilizia. Su entrambe c'è stata una interlocuzione per la mancata richiesta di parere da parte delle Commissioni consiliari.

Mentre per la prima legge si è fatto osservare che il testo in esame non rientrava fra quelli per cui è obbligatorio il parere, perché seppure conteneva disposizioni di interesse per gli enti locali, queste non erano precisamente relative all'ordinamento o al trasferimento di competenze, per la legge sul rilancio del settore edilizio si è proceduto attuando quanto disposto dall'articolo 9, comma 4, della legge regionale numero 1, approvata nel 2005, che prevede il ricorso alle osservazioni di fatto pervenute il 23 settembre 2009 e inserite nel testo predisposto per l'esame dell'Aula.

Si può, dunque, sottolineare come per tale provvedimento, seppure in presenza di difficoltà oggettive, si è cercato di valorizzare il contributo del CAL attraverso le osservazioni. E' questa una procedura, per quanto non vincolante, che consente al Consiglio delle autonomie di esplicitare le proprie proposte e di concorrere positivamente al testo. Nella prospettiva si potrebbero studiare procedure utili a valorizzare il concorso del CAL, senza rallentare il procedimento legislativo.

Per esempio, nel caso di testi complessi che prevedano una plurisettorialità e una particolare incidenza su interi settori, si può fare ricorso al metodo delle osservazioni da far pervenire già preventivamente alla chiusura dei lavori in Commissione, evitando, in tal modo, di rallentare il procedimento legislativo, ma nel contempo arricchendolo di tutti i contributi possibili.

Tuttavia, poiché a così breve distanza di tempo, rispetto all'ultima seduta, a parte le considerazioni effettuate, non si è potuto consolidare un quadro di sensibili evoluzioni rispetto agli argomenti trattati e per quanto attiene al tenore dei rapporti fra il Consiglio regionale e il Consiglio delle autonomie locali, la seduta odierna può costituire un'utile opportunità di riflessione per volgere lo sguardo verso il panorama delle riforme intervenute a modificare i rapporti tra lo Stato, le Regioni e gli enti locali. Lo faccio riallacciandomi proprio alle battute finali del mio intervento nella precedente seduta congiunta, che proprio a questo tema della riforma del nostro sistema autonomistico erano dedicate.

Il nuovo dettato costituzionale, così come novellato dalla legge costituzionale numero 3 del 2001, ha infatti visto un radicale cambiamento del Titolo V, Parte seconda della Costituzione, volto, secondo gli ispiratori della riforma, alla trasformazione in senso federale della forma dell'ordinamento dello Stato italiano.

In primo luogo si è registrata una consequenzialità con l'adozione dello schema in tema di attuazione dell'articolo 119 della Costituzione per il federalismo fiscale e, considerate le inevitabili ricadute che introdurrà anche nel nostro sistema autonomistico, è opportuno soffermarsi a valutare la portata di questi provvedimenti. La preminenza di questa riforma, infatti, tocca da vicino non solo aspetti legati alla politica fiscale e di spesa degli enti locali, ma la stessa natura dei rapporti e degli equilibri esistenti, confermando l'assolvimento della funzione pubblica in un sistema concentrico che vede primo protagonista l'ente Comune e poi, a seguire, per ambiti di competenza territoriale, Provincia, Regione e Stato. Nelle modificazioni adottate con le riforme costituzionali che hanno interessato il Titolo V della Carta costituzionale, l'introduzione del principio di pari ordinazione fra gli enti dello Stato ha trovato puntuale conferma nel dettato dello schema di federalismo fiscale. Di fatto i legislatori hanno aperto a nuovi futuri scenari per la concreta applicazione di un percorso di effettiva attuazione della sussidiarietà fra gli enti stessi.

E' chiaro dunque che, già dai primi passi, l'indirizzo delle riforme che seguiranno al federalismo fiscale andrà a rinforzare e consolidare le spinte verso un maggior peso specifico delle entità locali, avendo lo Stato spostato il proprio baricentro in direzione delle autonomie locali.

Non è sbagliato affermare che nell'intervento di riforma costituzionale si è voluta conferire a tutto il sistema degli enti locali la capacità di autodeterminarsi in ordine alla soddisfazione degli interessi di propria attinenza. In questo contesto assume un particolare rilievo anche il rafforzamento della figura centrale del cittadino, alla riscoperta di quei valori dell'umanesimo che pongono l'individuo al centro della funzione pubblica e dell'interesse preminente dell'azione amministrativa che contraddistingue il sistema dell'ordinamento della Repubblica formato dal complesso di Stato, Regioni, Province e Comuni.

Non vi è dubbio che le ricadute nella nostra Regione ad autonomia differenziata e di sedimentata cultura autonomista ad avanzata caratterizzazione federalista, saranno ancora più rilevanti e dense di significato. Proprio nel momento in cui le istituzioni regionali saranno presto interessate ad avviare un percorso teso a ridisegnare i caratteri della loro autonomia speciale, all'interno di un novello patto con lo Stato che, senza mettere in discussione il principio di unitarietà giuridica e politica, conferisca comunque il massimo della sovranità possibile alla nostra Regione, si rende necessaria una fase di confronto e di ascolto fra la Regione, il Consiglio regionale e il sistema delle autonomie locali. Nel quadro delle iniziative future che dovranno vedere il Consiglio regionale, in quanto sede di massima rappresentanza assembleare e simbolo dell'unità spirituale e politica del popolo sardo, protagonista e attore del nuovo cammino delle riforme, anche il Consiglio delle autonomie locali sarà chiamato a svolgere un ruolo primario dando voce ed espressione alle nostre comunità che costituiscono la spina dorsale del sistema autonomistico.

La via sarda al federalismo dovrà nascere, formarsi e consolidarsi in una proposta che non si limiti a una perifrasi dello Statuto esistente, ma che incida nel profondo per dare l'impronta di un passaggio epocale che segni il confine tra il passato autonomistico e una nuova era di autonoma determinazione dei sardi. La nostra Regione deve dotarsi, attraverso il nuovo Statuto, di una dimensione davvero europeista e federale, dove le funzioni siano caratterizzate da una sovranità diffusa attraverso la ripartizione di funzioni esclusive tra Regione, Stato e Unione Europea sulla base dei principi di sussidiarietà, leale collaborazione e solidarietà.

Questo momento di grande coinvolgimento di tutte le istanze rappresentative della società sarda, finalizzato a dare voce all'anelito dei sardi di avere pari condizioni e pari opportunità di crescita economica e di sviluppo civile rispetto a tutti gli altri cittadini italiani e europei, deve esaltare il comune sentire di un popolo che raccoglie la sua grande eredità culturale e politica per trasfonderla in una carta costituzionale che sancisca i diritti storici dei sardi come imprescrittibili, spettando unicamente a essi la loro gestione.

Il Consiglio delle autonomie locali nell'incedere della riforma dell'istituto di autonomia speciale può essere considerato a pieno titolo un organo della Regione. Con questo si intende che la sua funzione ha una ricaduta nel sistema positivo regionale in termini di incisività e orientamento dell'azione legislativa per tutte quelle materie che hanno interesse per il sistema delle autonomie locali regionali. Una funzione, dunque, destinata a incidere profondamente nel complesso e articolato iter costituzionale che ci attende nel riscrivere la Carta della nostra nuova specialità.

In questa sede il Consiglio delle autonomie può assumere una funzione di raccordo, dove il Consiglio regionale assolve alla funzione primaria legislativa ed esso assolve a una funzione di collegamento tra i diversi livelli regionali per una effettiva rappresentanza e partecipazione degli enti locali alle scelte per la riforma statutaria. Infatti, il Consiglio delle autonomie locali, a differenza di quanto accadeva in passato, nella legislazione in essere può ben configurarsi come un organo che intrattiene un rapporto privilegiato con il Consiglio regionale. La valorizzazione di questo ruolo potrà trovare conferma nell'azione di coordinamento di un patto di concertazione che sviluppi i rapporti di leale e reciproca collaborazione tra il sistema delle autonomie locali, la Regione e il Consiglio regionale nella monumentale opera di riscrittura del nostro Statuto. Un ruolo essenziale, dunque, quello del Consiglio delle autonomie, che nella legge istitutiva trova conferma proprio nella previsione che si attua in sede odierna con la seduta congiunta che si svolge prima dell'esame della manovra finanziaria da parte dell'Assemblea regionale.

Nel concludere voglio sentitamente ringraziare per l'accoglienza la città di Nuoro, attraverso il consiglio comunale e provinciale che la rappresentano, e tutte le rappresentanze delle comunità locali presenti. Non ultimo sento di dover rivolgere un sentito apprezzamento a tutto il personale del Consiglio, che pur tra le tante comprensibili difficoltà, si è impegnato al massimo per la migliore riuscita della seduta odierna. Grazie e buon lavoro a tutti.

Comunico che i lavori proseguiranno con l'intervento del Presidente del Consiglio delle autonomie locali, poi seguirà il dibattito con interventi alternati tra i rappresentanti delle Consiglio regionale e i rappresentanti del Consiglio delle autonomie locali. Voglio far presente che la diversa distribuzione dei tempi di intervento è il risultato di un'autonoma scelta dei Gruppi, che hanno deciso come ripartire il tempo a disposizione fra i rappresentanti del proprio Gruppo che interverranno. I lavori si chiuderanno con l'intervento, in rappresentanza della Giunta, dell'assessore Gabriele Asunis.

Ha facoltà di parlare il Presidente del Consiglio delle autonomie locali.

MILIA, Presidente del Consiglio delle autonomie locali. Signor Presidente, signore e signori della Giunta, signore e signori del Consiglio regionale, colleghe e colleghi del Consiglio delle autonomie locali, cercherò di prendere spunto dall'invito che ci ha rivolto la presidente Lombardo a fare in modo che questa seduta non assuma le caratteristiche di un appuntamento rituale, quasi scontato e per certi versi celebrativo. Cercherò di farlo con un po' di difficoltà, perché le mie condizioni di salute devo dire che non mi mettono nella situazione migliore, tanto è vero che, come ho già preannunciato alla Presidente, ultimato il mio intervento vi dovrò salutare, perché sento che le linee di febbre stanno salendo in maniera significativa, e chiederò al vicepresidente del CAL, Giuseppe Cappai, di prendere il mio posto qui accanto alla presidente Lombardo.

Cercherò, dicevo, di fare un breve intervento che non abbia il sapore della ritualità. Noi stiamo attraversando un periodo di crisi a livello mondiale che ha delle caratteristiche assai peculiari e particolari, ha degli aspetti che probabilmente noi non avevamo mai conosciuto prima. Altre crisi, penso a quelle del secolo scorso, le abbiamo sempre affrontate all'insegna dell'ottimismo. Abbiamo superato fasi terribili: due guerre mondiali, la crisi economica del '29, quando le banche davvero crollarono, non come adesso. Abbiamo attraversato periodi come quello della crisi petrolifera degli anni '70; abbiamo attraversato periodi, in Italia, in cui l'inflazione viaggiava sopra il 20 per cento. Come non ricordare il primo Governo a guida laica di questo Paese, il Governo di Giovanni Spadolini, il cui obiettivo era quello di portare l'inflazione sotto il 20 per cento? Ebbene avevamo sempre la consapevolezza che ne saremmo usciti; avevamo sempre la consapevolezza che noi comunque saremmo stati meglio dei nostri genitori e che i nostri figli sarebbero stati meglio di noi.

Con questo spirito siamo arrivati al 2000. E invece il 2000 ci ha consegnato una situazione che non ha questi connotati. E' una situazione di grave crisi, è una situazione di incertezza e di paura, è una situazione che qualcuno ci dice stiamo superando. Io non ne sono convinto: primo, perché le banche - non lo dice Graziano Milia, lo dice il Segretario al tesoro dell'amministrazione di Barack Obama e lo dice anche il ministro Tremonti - stanno ricominciando a fare quello che facevano prima; secondo, perché la crisi nell'economia reale non l'abbiamo ancora conosciuta. Il milione di disoccupati che toccherà l'Italia non l'abbiamo ancora conosciuto; i 18 milioni di disoccupati che toccheranno l'Unione Europea non li abbiamo ancora conosciuti.

Allora, noi dobbiamo partire dal presupposto che questa è una crisi che avrà dei connotati di natura sociale, che richiederà degli interventi sociali, oltre che degli interventi di carattere economico. E dobbiamo partire dal presupposto che è un illuso colui il quale ritiene che solamente l'agire degli organismi sovranazionali o nazionali possa dare risposta a una crisi così grave. Serve altro, serve una ripresa, uno slancio dello sviluppo locale. Ecco da dove nasce la necessità. Non è un esercizio retorico, è una necessità politica, è una necessità culturale, è una necessità economica. Ecco da dove nasce il problema del rapporto tra sistema delle autonomie locali e poteri centrali, perché solamente il sistema delle autonomie locali può garantire la ripresa dello sviluppo locale.

Voi tutti avrete letto, suppongo, se non ricordo male - mi corregga la presidente Lombardo se sbaglio -, e sarà stata oggetto di un esame approfondito da parte della seconda Commissione del Consiglio regionale, la nuova bozza del Libro bianco sulla governance multilivello dell'Unione Europea. Lì si dice questo. Si prende atto del fatto che il 70 per cento, per esempio, delle risorse europee viene speso dal sistema delle autonomie locali, il quale non partecipa alla stesura di quei programmi. Questo significa che noi dobbiamo avere una capacità di iniziativa politica e di approfondimento, e dobbiamo averla non solo pensando a noi stessi, ma pensando a scenari più complessi.

Badate, quello che è accaduto l'altro giorno durante la visita del Presidente americano in Cina è un segnale inquietante; è un segnale che potrebbe portare l'Europa a vivere momenti di marginalità e noi, all'interno dell'Europa, a vivere momenti di maggiore marginalità. Ecco perché credo che dobbiamo avere la capacità di vivere queste sfide in maniera più alta, anche sapendo che dal 2013 i fondi comunitari li riceveremo e li dovremo spendere in maniera diversa. Non vedo l'assessore La Spisa, il quale potrebbe darci delle lezioni da questo punto di vista. Dal 2013 noi non riceveremo più i soldi come li ricevevamo sino a oggi, ma li riceveremo in base a progetti, in base ad alleanze che faremo. Stiamo discutendo su quali alleanze fare? Con chi farle? Con le altre isole del Mediterraneo o con i Paesi transfrontalieri rispetto alla Sardegna? Di queste cose dobbiamo parlare perché il 2013 non è chissà fra quanto, è domani!

Come pure sulle normative che regolano il rapporto tra sistema delle autonomie locali e Regione vogliamo confrontarci definitivamente? Credo che domani il Governo presenterà - perlomeno io ho partecipato ieri a una riunione preparatoria della Conferenza unificata - il disegno di legge sul codice delle autonomie locali. Noi cosa facciamo? Assecondiamo una discussione alla quale non abbiamo partecipato, perché non siamo coinvolti o perché non abbiamo voluto partecipare, o facciamo una discussione tutta nostra? Io credo che potremmo anche iniziare a fare una discussione tutta nostra, partendo da diverse considerazioni. La prima è la questione del federalismo fiscale. Badate, l'impianto di quello che il Parlamento ha licenziato sul federalismo fiscale non è in sé negativo, dobbiamo sapere, però, che manca di due cose. La prima è la cornice: noi siamo l'unico Paese al mondo che decide di fare il federalismo fiscale prima di aver deciso se essere uno Stato federale; la seconda è la disponibilità finanziaria, perché il federalismo fiscale costa e noi siamo in uno Stato dove soldi non ce ne sono. Non è un caso che il Governo faccia fatica a rifinanziare anche la missione in Afghanistan. E questo non è solo un problema del Governo, è un problema di tutti, altrimenti non si capirebbe, dinanzi a impegni internazionali presi per anni, perché il Governo ogni due mesi sia costretto a rifinanziare tali impegni. Perché non ci sono soldi! E allora dobbiamo sapere che il federalismo può diventare qualcosa di assai diverso rispetto a quello che si preannunciava.

Credo, quindi, che noi dovremo partire, per esempio, dalla chiusura di un'annosa vicenda. Se non ricordo male - sono qui di fronte a me forse i decani del Consiglio regionale, gli onorevoli Oppi e Floris che possono supportarmi in questo -, le prime commissioni di revisione dello Statuto sono di trent'anni fa. Insomma, diciamocelo una volta per tutte: vogliamo mettere mano a questo Statuto? Vogliamo fare una discussione su ciò che vogliamo diventare? Questo è lo Statuto, quello che vogliamo essere e diventare. Diciamocelo una volta per tutte: lo vogliamo fare o non lo vogliamo fare? Perché non possiamo continuare a rimandare. Le riforme o le affrontiamo in un'ottica che secondo me deve essere quella dell'ottenimento della maggiore sovranità possibile per il popolo sardo, superando anche il possibile, laddove ci rendiamo conto che possiamo superarlo, ma per fare questo abbiamo bisogno di un popolo che sia unito e di una classe dirigente che su queste due o tre cose recuperi l'unità.

Lo dico con estrema franchezza: io sono rimasto molto sorpreso, non sui contenuti, né sulla legittimità, nell'apprendere nelle scorse settimane che, credo per la prima volta - mi correggano gli onorevoli Floris e Oppi se sbaglio - nella storia dell'autonomia, dinanzi a un'impugnativa del Governo sull'incostituzionalità di una legge pezzi di questa Assemblea e dell'amministrazione regionale, anziché rivendicare unitariamente, come è sempre successo dal 1949 a oggi, la sovranità del Consiglio regionale, hanno ceduto alla tentazione di dire: "Forse tanto sovrani non siamo". Badate, questo è un errore. Così non si va da nessuna parte.

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il Presidente della Provincia di Nuoro, Deriu. Ne ha facoltà.

DERIU, Presidente della Provincia di Nuoro. Signora Presidente del Consiglio, presidente Milia, componenti del Consiglio regionale e delle autonomie locali, signore e signori, il mio è un intervento programmato essendo destinato a dare il benvenuto alle due assemblee non soltanto come Presidente della Provincia di Nuoro, ma anche come rappresentante delle province all'interno del Consiglio delle autonomie locali. Vorrei, quindi, entrare immediatamente nel merito del contributo che le province intendono dare a questa riunione, prendendo lo spunto dagli interventi appena svolti, in cui si è parlato di riforme.

Le province non hanno conosciuto fino adesso nessuna riforma in quest'Isola. Le otto province sarde hanno conosciuto l'avvio faticoso e difficilissimo di riforme incompiute, alle quali il Consiglio regionale ancora non riesce a dare definizione e completezza. E questo non soltanto sotto il profilo finanziario, ma anche, e io dico soprattutto, sotto il profilo normativo, sotto il profilo dell'identità stessa di queste istituzioni un po' in bilico, che consideriamo di volta in volta da abolire, ricettacolo di nuove competenze e destinatarie finali di quei lavoratori che non si sa altrimenti dove collocare. Se vogliamo essere seri e raccogliere l'invito del presidente Milia a dare definitiva compiutezza al quadro delle riforme, allora abbiamo ben da iniziare dalle province. Le abbiamo volute numerose: rispetto alla popolazione la Sardegna è forse la regione d'Italia con il maggior numero di province. Le abbiamo volute più o meno corrispondenti ad aggregati storici, addirittura etnolinguistici, come è stato detto inizialmente dalla Presidente, oggi però stentiamo a considerarle un livello di governo equamente ordinato rispetto agli altri. Stentiamo a vederle chiaramente proprietarie del loro patrimonio, perché ancora ci sono province che non hanno definito quale sia il loro patrimonio, quali siano i mutui di competenza, quale debba essere il proprio organico, eccetera. Se queste sono riforme, se questi sono i risultati delle riforme, come sardi e come comunità possiamo ben vergognarci del cinismo e dello scetticismo col quale noi in continuazione affrontiamo questa materia. Sinceramente le province e i rappresentanti delle province - oggi sono io onorato di dare voce a questo sentimento - sono stanchi di rappresentare di fronte al Consiglio regionale un problema che è problema della Sardegna ed è problema dell'ordinamento dello Statuto speciale. Tutte le volte che si parla di Statuto speciale ci si ricordi in che forma e a che livello di incompiutezza oggi l'ordinamento statutario speciale dà vita al secondo livello di governo.

Evidentemente una Sardegna che ha terminato la sua storia feudale nel 1850, ben in ritardo rispetto a tutto il resto del mondo, è una Sardegna che aspira a cambiamenti definitivi nel suo assetto civile e politico, e questa Assemblea non può non sentire la pressione di queste istanze. Né può sfuggire che dalla fine della stagione della rinascita la Sardegna è andata declinando, non soltanto insieme all'Italia e all'Europa, come ha detto il presidente Milia, ma anche per conto suo, perdendo a poco a poco quella posizione che rispetto al Meridione aveva recuperato negli anni della rinascita. Di questo problema devono evidentemente farsi carico i consiglieri regionali, ma anche l'intera politica nel suo complesso.

Oggi abbiamo in campo tre proposte, che non possono non essere oggetto di dibattito in Consiglio regionale. C'è prima di tutto la proposta del Governo regionale, che oggi trova una sua prima rappresentazione nella legge finanziaria in discussione, nella pianificazione dello sviluppo; c'è la proposta del centrosinistra che parte dagli stati generali del cambiamento e c'è la proposta dei sindacati e degli enti locali per un congresso del popolo sardo. Non spetta a me, evidentemente, dare indicazioni. A noi però, alle province, spetta richiamare fortemente la necessità che queste tre proposte, queste tre filosofie che sono in campo trovino una soluzione legislativa, una soluzione anche di organizzazione e di riorganizzazione dello Statuto e dell'autonomia in vista di un nuovo impegno dell'intero popolo sardo contro il declino e contro il sottosviluppo, perché questa è una regione dalla storia terribile, fatta di prevaricazioni, fatta di violenze, fatta di un colonialismo feroce e distruttivo, che solo da pochi anni, in fondo, rispetto ad altre nazioni più progredite, ha conosciuto la possibilità di un autogoverno.

Ora io non so se sia sufficiente inserire un po' più di sovranità per risolvere i nostri problemi. Certamente dobbiamo avviare una stagione politica più feconda che ci avvicini in grandezza, come popolo magari non come singoli, a quella grande stagione che questo Consiglio regionale ha dato alla Sardegna ai tempi della rinascita.

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Mariani. Ne ha facoltà.

MARIANI (I.d.V.). Signor Presidente del Consiglio, componenti della Giunta regionale, colleghi del Consiglio, componenti del Consiglio delle autonomie locali tutti, da questi primi interventi ho notato che si è voluto volare molto in alto. In effetti i problemi, visti in quest'ottica di principi, possono avere una loro valenza, una loro importanza anche decisiva, ma se non riusciamo a mettere i piedi per terra finiremo per continuare ad assumere atteggiamenti e comportamenti molto distaccati dalla realtà.

Approfitto di questa importante occasione, cioè della presenza del Consiglio regionale a Nuoro, e mi scuso se scendo, in effetti, a livelli un po' più pratici, per far presente a tutti voi la situazione drammatica nella quale si sono venuti a trovare questo territorio e questa provincia, partendo appunto dall'osservazione che è presente un progressivo e quasi inarrestabile declino socioeconomico su tutto il territorio provinciale. Questo declino è evidenziato fondamentalmente dal fenomeno della disoccupazione. C'è una disoccupazione evidente, progressiva, che sta portando il territorio a un altrettanto progressivo scadimento su tutti i fronti. Mi permetto di citare alcuni dati, riferiti al 20 giugno 2009, che possono essere significativi per dimostrare questa condizione. La Sardegna subisce in maniera drammatica gli effetti della recessione sul piano occupativo. I dati Istat indicano per l'Italia una perdita di posti di lavoro di 204 mila unità, il tutto in un anno. L'Isola di contraccolpo subisce, in proporzione, un vero e proprio crollo con 33 mila posti in meno e un tasso di disoccupazione che sale dal 13,5 al 14,1 per cento; solo la Sicilia fa peggio con il 14,3. Nell'industria si sono registrati 10 mila posti in meno, ma il grosso dell'emorragia proviene dal terziario, con ben 24 mila posti di lavoro in meno. Dato del luglio 2009: nella provincia di Nuoro, il numero dei cassintegrati ha raggiunto quota 2.500, il più alto in Italia secondo i sindacati, e altri 2 mila posti di lavoro sono ad altissimo rischio in tempi imminenti. Questi dati sono avvalorati dalle situazioni in cui ci veniamo a trovare assistendo a fenomeni molto particolari. Era da tempo, per esempio, che nella nostra provincia non si assisteva al fenomeno dell'emigrazione. Oggi siamo costretti a notare che molti nostri giovani, soprattutto giovani con competenze professionali specifiche, stanno per abbandonare il nostro territorio. C'è un evidente terribile spopolamento che crea un circolo vizioso a livello socioeconomico, per cui più disoccupazione meno opportunità di lavoro, calo delle industrie, e quindi della produzione, meno capacità di spesa, e quindi di consumo. Trattandosi in questo contesto di un circolo vizioso, si viene a creare chiaramente una situazione di emigrazione e di disagio sociale complessivo. Non ultimo il fenomeno della piccola delinquenza che si è verificato in quest'ultimo periodo nella provincia di Nuoro e a Nuoro città, con rapine nei centri commerciali e assalti a mano armata nelle farmacie, e che denota un gravissimo disagio generale. A questo si potrebbe porre rimedio e penso che su questo sia il Consiglio che la Giunta intendano operare in totale sinergia. Come ha detto il presidente Milia, in effetti bisogna stare uniti, tutte le istituzioni debbono agire e operare in sinergia, diversamente non se ne potrà uscire. Grazie.

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Bruno. Ne ha facoltà.

BRUNO (P.D.). Presidente Lombardo, presidente Milia, Assessori, colleghi, membri del Consiglio delle autonomie locali, amministratori, io parlo brevemente a nome del Gruppo del Partito Democratico, che rinuncia a svolgere gli altri interventi programmati.

Per la seconda volta nel 2009, Consiglio regionale e Consiglio delle autonomie locali sono riuniti in una seduta congiunta, in quello che, nonostante le buone intenzioni, è un rito; un rito che tra l'altro adesso si sta compiendo in una bella sala che spesso viene usata anche come teatro. Noi riteniamo, invece, di dover svolgere un ruolo importante. Questo è il quinto incontro dopo l'istituzione del Consiglio delle autonomie locali e non possiamo ogni volta, a ogni seduta, ripetere le stesse cose. Credo che dobbiamo accompagnare la vita delle autonomie locali durante tutto il mandato, per tutto l'anno e non soltanto attraverso un incontro puntuale, nel senso che rappresenta un appuntamento nella vita del Consiglio regionale, nella vita della Regione sarda; un appuntamento prima della finanziaria, ma poi, come cercherò di dimostrare, non sempre siamo conseguenti nell'interpretare, nell'ascoltare il Consiglio delle autonomie locali e soprattutto le autonomie locali della Sardegna. Lo dico intanto perché voglio ricordare che il 23 aprile di quest'anno abbiamo tenuto una riunione analoga a Oristano. Era una data non bella, triste per la nostra autonomia. Il presidente Berlusconi ci aveva infatti comunicato il trasferimento del G8 a L'Aquila, e avevamo per questo ricevuto le scuse a posteriori, senza tener conto del nostro Statuto di autonomia, che invece prevede la presenza del Presidente della Regione ogni qualvolta il Governo assume iniziative che riguardano direttamente la Sardegna. Ma questo atteggiamento è proseguito in questi otto, nove mesi: non solo abbiamo perso il G8, ma abbiamo perso anche i fondi FAS per le opere collaterali, i fondi per la Sassari-Olbia, fondi dei sardi, e ancora non sappiamo se li avremo, nonostante la leggera rimodulazione operata nell'agosto di quest'anno dal presidente Berlusconi, intendevo dire dal presidente Cappellacci - scusate ma c'era un'identificazione tra loro anche in campagna elettorale -, della programmazione che era stata fatta nella precedente legislatura. Rimodulazione che ha comportato una notevole perdita di tempo e che, devo dire, non ha ancora prodotto risultati né apparenti né reali.

Per quanto riguarda la perdita dei fondi FAS, di quei 2 miliardi e 100 mila euro - soldi dei sardi - che sono nell'esclusiva disponibilità della Regione e che si aggiungono ai 4 miliardi e 300 mila euro che invece deriverebbero dal computo di quel 12,61 per cento che era stato concordato dall'allora presidente Soru e dall'allora presidente Prodi come percentuale di riparto spettante alla Sardegna dei fondi FAS nazionali, non c'è più traccia, soprattutto non sappiamo se avremo almeno i fondi regionali, mentre sappiamo già che non avremo quelli nazionali.

Allora, mi chiedo se questo dato non abbia delle implicazioni nella vita delle autonomie locali, se non abbia implicazioni sulla realizzazione della strada Sassari-Olbia e di altre infrastrutture, sull'edilizia ospedaliera, sull'attuazione di importanti azioni di programmazione, come per esempio il Piano sanitario regionale, e se ci accontentiamo ancora una volta di atti aggiuntivi alle intese di programma, tra l'altro già sancite nel 2002, che non hanno portato neanche un euro vero alla Sardegna e non ne porteranno neanche questa volta.

Allora tutto fermo, in attesa forse della finanziaria nazionale per capire quanti soldi avremo a disposizione e se dovremo in qualche modo restituire parte di queste risorse allo Stato. Poi qualcuno propone di realizzare la Sassari-Olbia con un mutuo, quindi non solo non siamo capaci di farci ascoltare a Roma, in un rapporto conflittuale, così come deve essere, tra la Regione e lo Stato, non tra una Giunta e un Governo, ma facciamo pure pagare gli interessi ai sardi! Mi chiedo se questa non sia una proposta assurda, paradossale, se non sia invece il caso di alzare qualche volta la voce, se il Governo regionale - oggi il Presidente non c'è, è impegnato a Roma, lo sappiamo - non debba rivendicare la propria autonomia, non debba rivendicare un rapporto, sì, di leale collaborazione, ma anche di conflitto, come è sempre stato nella storia dell'autonomia tra lo Stato e la Regione. Allora bisogna, come prima cosa, fare in modo che i soldi dei sardi vengano restituiti.

Quest'anno, presidente Lombardo, non abbiamo certamente rafforzato il peso delle autonomie locali e neanche del Consiglio delle autonomie locali, come pure avevamo tutti declamato lo scorso aprile. Faccio alcuni esempi: avevamo proposto di valorizzare al meglio i pareri obbligatori del Consiglio delle autonomie locali, addirittura ci siamo chiesti se, per esempio, potevamo utilizzare delle forme maggiormente vincolanti. Certo non un parere vincolante da parte delle autonomie locali nelle materie di loro competenza, ma almeno un parere sul quale le Commissioni consiliari potessero esprimersi con un voto dando eventualmente ragione del loro diniego. Niente di tutto questo!

Nel 2009 abbiamo approvato tre leggi, quattro se consideriamo anche il bilancio: la prima è la legge finanziaria, predisposta nella scorsa legislatura e presentata con piccole modifiche, con cui sostanzialmente, a parte la programmazione e il manifesto-annuncio sulla formazione professionale, abbiamo abolito, per esempio, le tasse sul lusso, ma abbiamo anche abolito la tassa di soggiorno, che pure era facoltativa. E questo l'abbiamo fatto contro il parere del Consiglio delle autonomie locali, cioè non abbiamo tenuto conto del loro parere. Nel cosiddetto collegato non solo non si è tenuto conto del parere delle autonomie locali, ma il loro parere non è stato neanche chiesto. Per quella legge di integrazione della finanziaria (non era un collegato vero e proprio), che prevedeva una massa manovrabile di risorse pari a 100 milioni di euro, la maggioranza ha deciso di non audire le parti sociali, ha deciso di non richiedere un parere al Consiglio delle autonomie locali, ha deciso, nonostante poi facciamo tanti proclami in queste sedute teatrali, di non ascoltare, di non chiedere loro neanche un parere. Eppure tante parti di quella legge riguardavano la vita delle autonomie locali. Un esempio per tutti: il subemendamento che conteneva una pseudoriforma della sanità.

Arriviamo a una terza legge, il cosiddetto piano casa, o finto piano casa. Lo stesso assessore Asunis poi ha detto che non era un piano casa, che il piano casa sarebbe arrivato a novembre. Però con quel piano casa, di fatto, alcuni provvedimenti che riguardavano gli enti locali li abbiamo assunti, anzi li avete assunti. Si è andati oltre gli indici di edificabilità, si è deciso di dar vita a un sistema che in qualche modo supera il Codice Urbani, supera le leggi sovraordinate, ma supera anche la possibilità dei comuni di pianificare, di programmare. Tantissime proposte sono arrivate dal Consiglio delle autonomie locali, ma credo che nessuna di esse sia stata presa in considerazione.

Non basta, arriviamo alla finanziaria in discussione, che è un'altra chicca. C'è un'iniziativa legislativa ormai collaudata, consolidata: il fondo unico per gli enti locali. E' un modo per dire che noi nella scorsa legislatura abbiamo trasferito competenze e funzioni (penso alle leggi numero 9 e 12, con cui abbiamo trasferito oneri e competenze ai comuni), quindi c'è stato un appesantimento burocratico. E allora abbiamo detto: dobbiamo bilanciare, dobbiamo fare in modo che le risorse che vengono assegnate alle autonomie locali sanciscano la responsabilità degli amministratori comunali e provinciali, che sono stati eletti come noi e quindi come noi rispondono al popolo, non al Consiglio regionale. Pertanto diamo loro discrezionalità, risorse adeguate e non chiediamone conto, risponderanno agli elettori. E abbiamo anche detto che quel fondo sarebbe cresciuto in maniera proporzionale all'aumento delle entrate tributarie.

Quest'anno abbiamo circa 1 miliardo e 300 o 400 mila euro in più, che derivano dalla riscrittura dell'articolo 8, da quel successo che abbiamo ottenuto come popolo sardo nella scorsa legislatura. E allora, è inevitabile, dobbiamo applicare la legge, dobbiamo fare in modo che ci sia una crescita, un incremento proporzionale di quel fondo unico. Così non è stato. L'ANCI e il Consiglio delle autonomie locali ci chiedono di applicare la legge, di incrementare di 145 milioni di euro il fondo unico; noi lo abbiamo aumentato di soli 20 milioni. Dobbiamo chiarire se alla base della nostra idea di autonomia vi è veramente un principio di sussidiarietà, di adeguatezza, di prossimità, di autonomia reale, che serve a rendere possibili i servizi ai cittadini nei luoghi dove essi vivono, quindi dando maggiori poteri a quell'articolazione dello Stato che è più vicina ai cittadini, e cioè in particolare il comune, oppure se, come è balenato in Commissione anche da parte della Giunta in questi giorni, vi è un'ipotesi di neocentralismo, per cui dei comuni non ci fidiamo, ci sono magari alcuni sindaci che non amministrano bene e noi dobbiamo indicare la strada, indicando le risorse e anche come spenderle, magari facendo rendicontare le spese alla Regione, come avveniva in passato. Mi chiedo se stiamo andando verso questa formula o se crediamo nell'equiordinazione stabilita dal Titolo V della Costituzione.

E questo è vero ancor più quando ci accingiamo a entrare in un nuovo meccanismo, quello del federalismo fiscale, per il quale la misurazione del fabbisogno dei comuni avverrà non più sulla base della spesa storica, ma su un mix di tributi propri, di flussi perequativi, e le funzioni fondamentali e i livelli essenziali delle prestazioni dovranno trovare copertura su tutto il territorio nazionale, ma senza far venir meno il principio cardine, che è quello dell'autonomia impositiva di ciascun livello istituzionale. Mi chiedo come ci stiamo preparando al federalismo fiscale; mi chiedo se da parte della Regione c'è la volontà di applicare intanto il federalismo interno o se vogliamo semplicemente, come diceva poco fa anche il collega Mariani, fermarci alle parole; mi chiedo se vogliamo rientrare nella realtà, perché nella realtà dobbiamo comunque rientrare.

Un altro esempio: sull'articolo 14 dello Statuto nella scorsa legislatura c'è stata una battaglia con lo Stato. Siamo riusciti a riottenere i beni del demanio dello Stato che non sono stati utilizzati né per la difesa nazionale né per gli interessi regionali e nemmeno per quelli nazionali, e che quindi, sulla base del nostro Statuto di autonomia, che è legge costituzionale, dovevano rientrare nel demanio della Regione. Così è stato per gran parte di quei beni. Ora occorre completare questo percorso, occorre trasferire i beni agli enti locali e occorre farlo magari con una dotazione finanziaria che consenta loro di ristrutturarli e restituirli a una funzione pubblica collettiva. Questo mi sembra un altro dei punti su cui siamo fermi.

Io credo che dobbiamo soprattutto dimostrare che la nostra sovranità, la nostra autonomia va intesa come un sistema articolato, un sistema a rete, dove c'è la Regione, ci sono le province, ci sono i comuni, e questo sistema regionale così composto deve essere in grado di interagire con lo Stato a pari livello, con pari dignità, non ci sono Governi amici. Ritengo che sia giunto il momento di aprire una stagione costituente. Io ho apprezzato il lavoro fatto dal presidente Floris in prima Commissione e devo dire che, nel rassegnare le dimissioni da Presidente di quella Commissione, egli ha espresso un giudizio su questi primi mesi della legislatura e ha detto che non si è andati verso l'attuazione di riforme, che non c'è stata neanche la volontà di arrivare a delle riforme complessive della nostra Regione, e anzi ha rassegnato le dimissioni dicendo che in questi primi mesi vi è stato un atteggiamento lassista, inconcludente. Credo che di questo ne dobbiamo tenere conto per impostare un lavoro che ci veda protagonisti. Per anni abbiamo parlato di contenitori e non di contenuti, abbiamo discusso se le riforme le deve fare un'assemblea costituente, se le deve fare una consulta. Credo che le debba fare chi ha ottenuto il voto popolare, credo quindi che le debba fare la Regione, con il massimo della partecipazione possibile, però queste riforme bisogna farle, non bisogna parlarne soltanto. Credo che non sia più il tempo delle promesse e degli annunci, ma sia il tempo dei fatti concreti, e noi li attendiamo ancora.

La presenza del Consiglio regionale a Nuoro ha senso se alle parole facciamo corrispondere fatti, e ciò vuol dire che dobbiamo far corrispondere anche risorse. Credo che il problema dello sviluppo di un territorio, anche di un territorio come questo, possa essere affrontato solo se il Consiglio regionale e la Giunta regionale si interrogano sui motivi del suo declino, sui motivi che fanno della Sardegna una ciambella con un buco in mezzo, dove crescono forse solo i comuni costieri. E mi chiedo se non dobbiamo fare uno sforzo in più sul versante delle risorse, non dalle parole, anche se qualche parola il Presidente e la Giunta regionale l'avrebbero potuta dire, per esempio per quanto riguarda la lotta che stanno facendo gli avvocati per il fatto che qui a Nuoro il tribunale va verso la paralisi. Mi chiedo se la Regione non debba essere concretamente tutti i giorni più vicina ai territori, a ciascun territorio, se insomma c'è una Regione che pensa soltanto a Cagliari, perché magari si trova lì, oppure se c'è un sistema regionale più articolato, più complesso, che ha bisogno di una nostra presenza nel territorio - non solo dei consiglieri regionali, ma dell'istituzione nel suo complesso - costante e sistematica.

Credo che per questi motivi anche questa seduta del Consiglio regionale, che è una seduta straordinaria, ma ordinaria nello stesso tempo, abbia bisogno di concretezza e anche di quell'asprezza necessaria a farci uscire da questo clima ovattato e a consentirci di affrontare i problemi concretamente e seriamente nell'interesse della Sardegna. Vi ringrazio.

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Ladu. Ne ha facoltà.

LADU (P.d.L.). Ringrazio intanto la presidente Claudia Lombardo e la Presidenza del Consiglio delle autonomie locali per aver organizzato a Nuoro questo incontro che è previsto dalla legge regionale numero 1 del 2005, istitutiva del Consiglio delle autonomie locali. Questo incontro è importante perché cade in un particolare momento storico ed è, tra l'altro, il secondo incontro che viene fatto in modo itinerante. Il primo è stato quello che si è tenuto a Oristano nell'aprile scorso.

Io credo che questo debba essere un momento importante di riflessione per analizzare la situazione del sistema delle autonomie locali, oggi particolarmente in crisi, e valutare come venirne fuori, perché sappiamo che è oggi in atto una crisi economica e sociale molto profonda. Dobbiamo prendere atto che in questo momento vige una legislazione datata, che necessita di essere riscritta a partire, lo diceva prima la Presidente del Consiglio, dalla riscrittura dello Statuto della Regione autonoma della Sardegna, che è anch'esso datato. Risale infatti al 1948, cioè a sessant'anni fa, pertanto necessita di una rivisitazione essendo uno strumento sicuramente non più adeguato alle esigenze dei sardi. E il nostro Statuto non è più adeguato anche perché nel frattempo sono successe tante cose: l'Italia è entrata nell'Unione Europea, c'è stata la riforma del Titolo V della Costituzione, siamo prossimi all'approvazione della riforma sul federalismo fiscale, la cosiddetta legge Calderoli. Questa legge disciplinerà la situazione per quanto riguarda gli enti locali e quindi questo deve essere un momento di confronto importante.

Noi non possiamo, come Consiglio regionale e anche come Consiglio delle autonomie locali, rimanere fermi. La Regione non può rimanere ferma. Gli enti locali giustamente rivendicano una maggiore stabilità, una maggiore congruità, una piena autonomia per quanto riguarda le risorse finanziarie e le risorse impositive. Il problema delle riforme è oggi prioritario per la Regione sarda, che si deve impegnare subito per farle coinvolgendo al massimo tutte le rappresentanze politiche, degli enti locali e di altre istituzioni. Credo che queste riforme vadano fatte soprattutto facendo valere la specialità e anche l'insularità della Sardegna. In questo momento, come Regione, dobbiamo riprendere una forte rivendicazione nei confronti dello Stato, perché va immediatamente rivisitato il Patto di stabilità interno che costituisce oggi un vero blocco per la spendita delle risorse a disposizione, e sappiamo che questo penalizza fortemente anche le imprese. Queste misure si aggiungono a una crisi già in atto e possiamo dire che il sistema delle imprese oggi è al tracollo, per cui vanno individuate soluzioni immediate.

In merito invece alla manovra per il 2010, bisogna dire che ci sono diverse positività. Intanto potrà essere approvata nei tempi previsti dalla legge e in questo modo si potrà garantire una seria programmazione anche da parte degli enti locali; c'è poi un altro fatto importante, cioè la concomitanza dell'approvazione della manovra finanziaria e del Programma regionale di sviluppo; infine è stata presentata una legge finanziaria snella, priva di norme intruse e sono convinto che questo ne faciliterà l'approvazione nei tempi previsti. Devo anche dire che per la prima volta dopo diversi anni sappiamo che la finanziaria può fare riferimento a risorse certe. Lo dico perché c'è stato un dibattito approfondito nella passata legislatura in cui si contestava il sistema di inserire nel bilancio regionale risorse che invece sarebbero state trasferite alla Regione dopo diversi anni. Ecco, credo che per la prima volta abbiamo un bilancio con risorse certe, sappiamo cioè esattamente di quali risorse possiamo disporre per fare le cose che comunque la Regione Sardegna dovrà fare.

Il Consiglio delle autonomie locali pone alcuni problemi che, devo dire, non possiamo trascurare e chiede una maggiore definizione del ruolo degli enti locali in questo ginepraio di leggi e leggine e una maggiore garanzia per il riordino delle modalità gestione e ripartizione del fondo unico previsto dalla legge regionale numero 2 del 2007. Infine il CAL chiede che le funzioni amministrative possano essere esercitate sulla base di nuovi rapporti tra la Regione e gli enti locali e che sia rispettato il principio di equiordinazione tra i vari livelli di governo, che è la piena attuazione del titolo V della Costituzione.

C'è un altro aspetto che non riguarda però la Sardegna in generale, ma alcune peculiarità del suo territorio. Abbiamo infatti diverse Sardegne in questa regione: ci sono zone che stanno vivendo particolari emergenze e altre che vivono una crisi più profonda. La provincia di Nuoro ne è un esempio. La manovra finanziaria, giustamente, punta alla crescita e allo sviluppo dell'intera isola, non può però non prendere in considerazione alcune situazioni particolari. E' indispensabile adottare misure adeguate contro lo spopolamento nelle zone interne, contro i ritardi che ci sono nello sviluppo delle zone interne per il gap infrastrutturale, l'immigrazione, la cassa integrazione. Abbiamo sentito prima quali sono i dati relativi agli operai e alle ore di cassa integrazione oggi nella provincia di Nuoro e devo dire che sono dati che fanno spavento. Anche la disoccupazione è in continuo aumento, soprattutto quella giovanile. Occorre, quindi, attuare misure forti contro la crisi industriale impegnando nuove risorse e pensando a nuovi modelli di sviluppo industriale, considerato che c'è stato il fallimento della prima industrializzazione della Sardegna centrale, il fallimento dell'industria di Ottana. Credo che anche per quanto riguarda la crisi del mondo agricolo e pastorale non ci si possa affidare soltanto alle risorse comunitarie. Anche in questo settore è infatti in atto una crisi senza precedenti, i giovani stanno abbandonando le campagne, sta scomparendo una cultura millenaria che rischia di stravolgere il sistema nella provincia di Nuoro e noi questo, come Regione, non lo possiamo permettere.

Mi avvio a concludere per questioni di tempo. Salto alcune cose che pensavo di riuscire a dire, però vorrei parlare soprattutto della situazione dei fondi comunitari. Sarò breve. E' finito il tempo?

PRESIDENTE. Le concedo ancora un minuto.

LADU (P.d.L.). Vorrà dire che invierò gli atti. Grazie.

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il Sindaco del Comune di Bortigiadas, Deiana. Ne ha facoltà.

DEIANA, Sindaco del Comune di Bortigiadas. Presidente Lombardo, presidente Milia - che è andato via -, onorevoli consiglieri, signori della Giunta, la seduta congiunta tra il Consiglio regionale e il Consiglio delle autonomie non può né deve essere il semplice adempimento di una disposizione di legge, ma deve essere il momento più alto di confronto tra Regione e sistema delle autonomie locali. Le parole che diciamo oggi in questa sede devono tracciare il cammino delle politiche future, per questo motivo il confronto da una parte e dall'altra deve essere franco, leale e sincero. In questo modo, pertanto, cercherò di esercitare il ruolo di membro del Consiglio delle autonomie.

Lo sviluppo della Sardegna passa necessariamente dall'aumento della coesione sociale e della coesione territoriale. Tutte le analisi socioeconomiche confermano che esistono vari tipi di Sardegna: le aree urbane, le aree costiere, le aree interne e le aree insulari. Nelle aree urbane, dove vive la maggioranza della popolazione sarda, si annidano oltre a grandi opportunità anche sacche sempre crescenti di povertà, di disagio e di emarginazione. Nelle aree costiere, dalla seconda metà degli anni '60, insieme allo sviluppo turistico è nata un'economia legata soprattutto all'edilizia, che ha tratto grande giovamento da questa espansione. Troppo spesso si è confuso il cemento con il turismo e si sono prodotte comunità senza identità, senza consapevolezza di sé e senza prospettiva, se non quella della prossima estate.

Il cosiddetto piano casa, recentemente approvato dal Consiglio regionale, ricalca uno schema che forse andava bene qualche decennio fa, ma che oggi non appare rispondente alle esigenze della modernità. La violazione, autorizzata dalla legge, del limite dei 300 metri dal mare per gli ampliamenti rappresenta un segnale sbagliato che le future generazioni rischiano di pagare a carissimo prezzo. Nelle aree interne, salvo qualche raro esempio, si assiste a un lento quanto inesorabile fenomeno di desertificazione umana: paesi di anziani e senza futuro, i pochi giovani cercano fortuna altrove sperimentando una nuova stagione di emigrazione. E' tuttavia in questi paesi che si conservano i valori autentici della nostra terra. La nostra paura è che qualcuno a Roma, riferendosi a un indefinito altrove, a un territorio in gran parte disabitato, con l'utilizzo magari del segreto militare, decida di costruire prima o poi una centrale nucleare in questo nostro paradiso.

Il sistema delle autonomie locali richiama la necessità di una maggiore coesione territoriale e sociale per immaginare la Sardegna come Regione d'Europa e del Mediterraneo. L'approvazione della finanziaria 2010 e del Programma regionale di sviluppo 2010-2014 sono due passaggi determinanti per delineare le dinamiche di contrasto alla crisi economica e sociale in atto in Sardegna. Le autonomie locali della Sardegna non credono a coloro che dicono che la crisi è dietro le nostre spalle. La nostra paura, delle famiglie e delle organizzazioni sociali è che la crisi vera e propria non sia dietro di noi, ma ci si parerà davanti in tutta la sua virulenza nei prossimi mesi. Ecco perché occorre programmare interventi tesi a fronteggiare la crisi economica e sociale sostenendo le famiglie, i lavoratori, le imprese e gli enti locali, ovvero gli organismi istituzionali più vicini ai bisogni della gente. Per fare ciò occorre una severa critica al modello di sviluppo che abbiamo applicato finora in Sardegna. Uno sviluppo che ha prodotto in campo sociale profonde diseguaglianze e in campo territoriale e istituzionale altrettanto profonde differenze.

Nella società si riaffaccia con prepotenza il povero e nel territorio si riafferma il piccolo, spesso identificato con il luogo dell'identità o il luogo del passato. Per troppo tempo le classi dirigenti di questa Regione hanno predicato il mito dello sviluppo, della crescita, del prodotto interno lordo. Quel mito ha prodotto questa crisi, questo mostro che squarcia la nostra società e la divide ancora di più e ancora più profondamente in ricchi, pochi, e poveri, tanti. A questo ci ha condotto questo sviluppo, alla perdita cioè dei veri valori che dovrebbero fondare una società: amore della verità, senso della giustizia, responsabilità, rispetto della democrazia, elogio delle differenze, dovere di solidarietà, uso dell'intelligenza.

Giustamente la Giunta regionale pone le mani avanti sul titolo del Programma regionale di sviluppo 2010-2014, "Lo sviluppo nasce dall'Io", in quanto potrebbe sembrare uno slogan oscillante tra banalità demagogica ed ermetismo filosofico. Ciò che il Consiglio delle autonomie vorrebbe evitare è che si trasformi da slogan filosofico ed ermetico in slogan ideologico dell'egoismo. La persona va correttamente valorizzata, ma all'interno delle civili forme associate di convivenza, all'interno delle comunità e dei consessi sociali organizzati dei paesi, dei quartieri e delle città. E' nei momenti di crisi che devono mandarsi segnali inequivocabili alla società sarda; è nella crisi che deve affermarsi un messaggio di solidarietà, di aiuto financo di fratellanza.

Leggendo il Programma regionale di sviluppo ci si accorge come ci sia un vero abuso, ad esempio, dell'espressione "sviluppo sostenibile". Sembrano due paroline magiche che racchiudono tutto e tutti. Il magnate francese della grande distribuzione, uno di quelli che erano sotto assedio qualche mese fa, Michel Édouard Leclerc, dice che il termine sviluppo sostenibile è talmente ampio e condito in tutte le salse che chiunque può rivendicarlo. E' poi vero che è un concetto alla moda. E allora? I mercanti hanno sempre creato dei buoni slogan!

Nel Programma regionale di sviluppo 2010-2014 e nei primi atti di governo si ripropone un modello centralistico dei rapporti tra Regione ed enti locali nettamente in contrasto con i dettati del Titolo V della Costituzione. Recentemente il presidente Cappellacci ad Alghero ha affermato che vogliamo aprire un tavolo interno con gli enti locali della Sardegna, simile a quello che abbiamo aperto con il Governo, per immaginare tutti insieme, voi e noi, la prospettiva futura. Caro presidente Cappellacci, al di là delle intenzioni positive, noi pensiamo che non ci sia bisogno di aprire nessun nuovo tavolo aggiuntivo. Bisogna dare forma e sostanza a quelli istituzionali già esistenti, come il Consiglio delle autonomie locali e la Conferenza Regione-enti locali.

Nel Programma regionale di sviluppo è totalmente tralasciata la questione dei piccoli comuni, definita come problema delle aree interne che, ad avviso del Consiglio delle autonomie, è il problema dei problemi dei rapporti sociali ed istituzionali di questa Regione. Vogliamo dirlo qui a Nuoro, il problema delle aree interne non è solo un problema della Sardegna centrale, ma è un problema diffuso che riguarda la stragrande maggioranza dei comuni sardi. Il Consiglio delle autonomie pensa che sia assolutamente necessario perseguire politiche efficaci di contrasto al fenomeno dello spopolamento, che affrontino in maniera assolutamente bipartisan anche il drammatico problema demografico di questa regione. Chiara Saraceno, docente di sociologia della famiglia, dice: "Occorre un forte investimento sui bambini, i minori, i giovani, non tanto o prioritariamente in funzione pro-natalista, e neppure solo in termini di investimento nel capitale umano del futuro, ma in termini di uguali opportunità, di diritti di cittadinanza che non possono essere esclusivamente determinati dalla origine famigliare" o, aggiungo io, dal fatto di nascere in un piccolo paese o in una grande città.

L'atto fondamentale di programmazione regionale non chiarisce in nessun punto se esiste questa volontà di attuare politiche di riequilibrio territoriale oppure, al contrario, se si intende procedere alla costruzione di duecento palazzoni, localizzarli a Sassari, Cagliari e Olbia e trasferirci coattivamente gli ultimi abitanti dei paesi della Sardegna! La mia non è una provocazione, ma è esattamente quello che sta succedendo a un ritmo sempre più veloce e che sta disegnando una Sardegna che non è Sardegna, ma una specie di mostro a tre teste senza un cuore pulsante. La Sardegna, infatti, è prima di tutto i suoi 377 comuni, senza i quali non c'è più la nostra regione.

Nella finanziaria 2010 la Giunta regionale non chiarisce i termini dei rapporti finanziari tra la Regione e gli enti locali. Il Consiglio delle autonomie chiede che venga applicato l'articolo 10 della legge numero 2 del 2007 e pertanto è pronto a qualsiasi forma di protesta nel caso non venga attuata questa disposizione legislativa. Sarebbe opportuno, inoltre, che la Giunta regionale indicasse con precisione i netti miglioramenti che bisogna attuare al fondo unico, al sistema di ripartizione dello stesso fondo. Diciamo fin d'ora che noi siamo nettamente contrari a togliere il vincolo di destinazione, così come siamo nettamente contrari alla ripartizione del fondo unico per il 40 per cento in parti uguali e per il 60 per cento in base alla popolazione.

Termino dicendo che bisogna dare gambe alle leggi di riforma numero 9 e 12, che invece la Regione pian piano sta facendo morire per fame. Buon lavoro e grazie.

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Ben Amara. Ne ha facoltà.

BEN AMARA (Comunisti-Sinistra Sarda-Rosso Mori). Saluto tutti. Devo confessare, soprattutto dopo aver sentito il discorso, che chiamerei pseudorimedio, del Presidente del Consiglio, che questa Assemblea ci sembra un pharmakon platonico forse.

Posso parlare? Posso anche rinunciare, vi lascio tutto. Ci rubate anche la parola!

PETRINI (P.d.L.). No, continua! Anzi alza il microfono!

BEN AMARA (Comunisti-Sinistra Sarda-Rosso Mori). Non vedo la presenza del Presidente della Regione e questo è grave perché tutto è stato già concordato per questo evento. Ormai il Presidente è residente a Roma e domiciliato a Cagliari.

Noi diciamo solo che conosciamo bene il senso, il significato di ciò che viene chiamato autonomia, che è una divisione dei compiti in concordia tra Regione, comuni e province. Chiediamo solo alla Regione di evitare l'autoreferenzialità, l'esclusività e di coordinare la gestione dando la possibilità a province e comuni di poter operare. Dunque si tratta di un passaggio verso l'atto performativo, perché dire che dobbiamo concordare va bene, ma bisogna passare all'atto. Non nascondiamoci dietro i concetti privi di valori: federalismo fiscale, sviluppo civile, modello di sviluppo.

Caro Presidente, sa bene che tutto ciò che è solido di solito si dissolve nell'aria, dunque l'obiettivo, se questa Assemblea deve avere un senso, è quello di sancire le pari opportunità istituzionali della Regione, dei comuni e delle province, così come è stato statuito dalla riforma del Titolo V della Costituzione. Non sto qui a fare una lezione magistrale su cosa devono fare i comuni e cosa devono fare le province, dico soltanto che il vero problema oggi risiede nel come superare questa crisi, la crisi economica e finanziaria attuale; cosa prevede la nuova finanziaria, lo pseudopiano di sviluppo che stiamo analizzando e che di piano non contiene nulla, solo fumo, inganno e ciarlatanismo; come deprecarizzare e creare posti di lavoro. Ed è questo uno dei problemi cruciali che noi dobbiamo affrontare con coraggio e serenità. Le incertezze del futuro, l'instabilità delle posizioni acquisite, dei redditi, delle competenze e delle mansioni, dei diritti e perfino delle abitudini sono da lungo tempo percepite dall'insieme della società come una condizione generale, una fosca predestinazione o una minaccia incombente. Non più, dunque, come un fenomeno marginale, fino a indicare nella precarietà il sinonimo stesso della forma contemporanea di sfruttamento. In termini grossolani direi che per una parte crescente della società il lavoro precario è una condizione ormai esperita e attraversata in tutti i suoi risvolti, sofferta e detestata, ma anche manipolata e talvolta virata a proprio vantaggio dalle piccole astuzie quotidiane, tanto quelle esercitate dagli opportunismi della competizione individuale quanto quelle escogitate dall'esperienza dell'auto organizzazione collettiva. E' il mondo degli intermittenti, delle partite IVA, delle cooperative, dei lavori disseminati nel puzzle normativo partorito da una sfrenata fantasia contrattuale, di cui esistono ormai innumerevoli, seppur mutevoli e sempre incomplete cartografie. E a vedere la legge finanziaria o il Programma regionale di sviluppo vi sono, per esempio, numerosi argomenti che indicano l'inconsistenza, l'impraticabilità, per non dire la menzogna di una parola d'ordine come "occupazione". Forse il lavoro precario, nella sua duplice veste di esperienza e di minaccia, non è altro che la forma contemporanea della piena occupazione. E' su questo terreno, contrassegnato da un intreccio indissolubile di interessi economici, opzioni politiche e tendenze culturali che gli elementi decisivi di conflitto nel tempo presente si stagliano in altorilievo: la proprietà intellettuale, il controllo...

Che cos'è questo segnale acustico? Devo parlare solo per due minuti?

PRESIDENTE. Sono trascorsi cinque minuti.

BEN AMARA (Comunisti-Sinistra Sarda-Rosso Mori). Ho già parlato per cinque minuti?

PRESIDENTE. Sì.

BEN AMARA (Comunisti-Sinistra Sarda-Rosso Mori). Va bene. Immaginate il resto, lo immagini anche il Presidente.

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Pittalis. Ne ha facoltà.

PITTALIS (P.d.L.). Io intanto ho colto, in alcune agenzie di stampa di questi giorni e di queste ore, il tentativo neanche troppo velato di soffiare sul vento della polemica per questa iniziativa che non avrebbe dato voce a tutto il sistema delle rappresentanze sociali, economiche e territoriali, e bene ha fatto la Presidente del Consiglio a chiarire, in apertura, qual è il senso di questo incontro, di questa riunione a Nuoro. Anzi, mi sarei anche aspettato, per la verità, che si evidenziasse la straordinarietà dell'avvenimento perché, per la verità, nella scorsa legislatura non si è verificato un fatto straordinario di questa natura. E allora grazie alla Presidente e alla Presidenza del Consiglio e grazie al Presidente del sistema delle autonomie locali per aver individuato Nuoro in questo preciso momento storico, aggiungo. Lo dico davvero non per alimentare ulteriormente le polemiche, ma mi sarei aspettato che nei loro interventi sia l'onorevole Bruno, Capogruppo del maggiore partito di opposizione, che gli altri rappresentanti chiarissero qual è il loro progetto alternativo rispetto al nostro, perché non si può venire qua a lamentarsi sostenendo che questa rischia di passare come l'ennesima riunione straordinaria, sì, ma di rito, come una stantia liturgia. No, caro collega Bruno, per noi questa non è una liturgia, non è una riunione di rito; può e deve essere qualcosa di più, così come noi la intendiamo. Certo, diventa di rito, diventa liturgia stanca e noiosa se seguiamo la sua impostazione, che è stata quella di enucleare una serie di cose che non vanno bene e sulle quali possiamo anche essere d'accordo, ma non abbiamo sentito una parola che una sul progetto alternativo che voi proponete per uscire da questa situazione.

E allora, se vogliamo davvero fare un dibattito serio e franco lo possiamo fare, lo dico anche con riferimento alla maggioranza, perché io non ci sto a finire nel tritacarne di chi dice di essere in questa maggioranza ma, un giorno sì e l'altro pure, con i distinguo. Tutti abbiamo gli strumenti per distinguerci e c'è chi lo fa, giustamente, perché ci sono questioni che hanno radici profonde, questioni che qualcuno vuole porre nell'ottica di rafforzare il progetto politico col quale questa maggioranza si è presentata agli elettori, ma c'è anche chi probabilmente lo fa solo per una ragione, che è quella di distinguersi all'interno della maggioranza. E allora, diciamocelo subito, noi dobbiamo riappropriarci di un valore che non deve essere forma o formale, ma deve essere la sostanza stessa di questa maggioranza, che è l'unità. Quindi rivolgo un invito a tutti alla massima collaborazione, un invito a tutti gli attori protagonisti di questo momento perché ci si possa sedere attorno a un tavolo e superare, se ci sono, anche legittime incomprensioni e questioni, ma non si può pensare di stare in una maggioranza avendo come obiettivo, come punto di riferimento sul quale scaricare tensioni interne di gruppi o di partiti il presidente Cappellacci e la sua Giunta.

E allora, vedete, noi possiamo ragionevolmente, per rimanere in argomento, trattare le questioni con serietà, perché ho l'impressione che molti di noi, anziché guardare la luna verso la quale vorremmo dirigerci, si fermano a parlare del proprio dito, spesso senza neanche sapere esattamente di cosa parlano. Sentendo alcune dichiarazioni nei telegiornali regionali e leggendo alcune dichiarazioni sulla stampa, ma anche per quello che ho sentito qui stasera, ho l'impressione, consentitemelo, lo dico senza presunzione, che molti non abbiano neanche letto la bozza di disegni di legge finanziaria e di bilancio che la Giunta regionale ha esitato, che molti non conoscano la legge di bilancio e la legge finanziaria che appena ieri sera la terza Commissione consiliare ha esitato. E allora di che cosa parliamo oggi? Se il confronto deve essere serio e reale, io mi permetto di mettere in evidenza alcune questioni, perché con le polemiche, badate, tutti quanti sappiamo andarci a nozze. Sarebbe facile per me dire che sotto il Governo Prodi e il Governo Soru si è sviluppata in maniera incredibile la crisi di cui oggi noi sopportiamo gli effetti devastanti; sarebbe facile per tutti noi parlare di quell'indebitamento che ha radici lontane, che risalgono alla gestione del presidente Palomba. E, badate, lo dico perché quei 1.800 miliardi che consegnò alla Giunta successiva il presidente Palomba non furono mica un indebitamento fatto a caso. Lo si fece nel finire del 1999 per ragioni anche nobili, perché 1.000 miliardi furono previsti per il piano straordinario per il lavoro, le altre risorse sono state indirizzate sempre per interventi per politiche attive del lavoro, per le infrastrutture, però quando parliamo dell'indebitamento non ci può essere qualcuno che dai banchi della sinistra possa fare ragionamenti di etica della responsabilità o possa fare la morale o dare lezioni agli altri.

Ed è con questa situazione, che si è poi consolidata nel corso degli anni, che noi dobbiamo fare i conti. E allora dobbiamo partire, se vogliamo parlare di cosa fare, dal quadro economico che noi oggi abbiamo, che l'Assessore della programmazione e la stessa Giunta nel suo complesso hanno dovuto affrontare. Ed è una situazione, badate bene - io qualche elemento ve lo do -, in cui, a fronte di entrate per un totale complessivo di 9 miliardi e 640 milioni di euro, il totale della spesa, a legislazione vigente, è di 9 miliardi e 340 milioni di euro. Cosa vuol dire questo? Vuol dire che c'è una capacità di manovra di soli - dico soli per quello che può rappresentare in relazione alle cifre che vi ho detto - 300 milioni di euro.

Questo è il quadro e penso che nessuno sia così masochista da non pensare che si debbano mettere risorse per fare infrastrutture, per avviare politiche attive del lavoro, per sanare vecchie questioni, ma dobbiamo fare i conti con un ragionamento, quindi con i piedi per terra, tenendo conto delle risorse disponibili e tenendo conto di un altro fattore, che spesso a sinistra si dimenticano, e cioè che noi nel 2009 abbiamo dovuto fare una manovra correttiva di 1 miliardo e 500 milioni di euro, che sono le future entrate, le cosiddette anticipazioni che allora la Giunta Soru aveva, con un giochino che non noi, noi l'avevamo denunciato, ma prima la Corte dei conti e poi la Corte costituzionale hanno sistematicamente demolito. E abbiamo dovuto anche fare una manovra correttiva sul punto.

Mi dispiace che il tempo a mia disposizione sia terminato, perché avrei voluto parlare del contenuto della manovra, e cioè del credito d'imposta, degli interventi per lo sviluppo, degli interventi a favore del sistema produttivo, dell'istruzione e per contrastare la povertà. Una finanziaria che guarda al sistema degli enti locali per la prima volta, perché già con la finanziaria del 2009 avevamo portato il fondo unico da 500 a 580 milioni e con questa finanziaria lo incrementiamo di ulteriori 60 milioni, che sono risorse provenienti anche dai capitoli delle leggi settoriali, della cui esistenza spesso ci si dimentica.

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Cuccureddu. Ne ha facoltà.

CUCCUREDDU (Gruppo Misto). Presidente del Consiglio, Vicepresidente del Consiglio delle autonomie locali, consiglieri, Assessori, colleghi sindaci, io, lo ammetto, sono caduto nella rete di Dan Brown. Ho atteso l'uscita del suo ultimo libro, "Il simbolo perduto", che consta di seicento pagine, e devo dire che ho fatto un po' violenza a me stesso nel lasciarlo da parte o nell'alternarlo alla lettura della finanziaria e del Programma regionale di sviluppo, però l'ho letto. Come pure ho letto bene sia il Programma regionale di sviluppo che la finanziaria e devo notare, a proposito delle polemiche delle quali parlava l'onorevole Pittalis - anche se non è argomento della giornata, voglio fare giusto un inciso -, che i distinguo, molti devo dire, avvengono all'interno del maggiore partito della coalizione di governo. Qualcuno ha polemizzato nei miei confronti perché ho partecipato a un incontro organizzato dal P.d.L., non dal Gruppo Misto o dall'U.D.C.! Noi ci siamo limitati a intervenire in quella sede e devo dire che gli interventi di violento attacco per l'inefficienza, in questa fase, dell'attività sia del Governo che della Regione sono arrivati da senatori come Beppe Pisanu e da deputati come Bruno Murgia e Mauro Pili, non da noi. Quindi chiudiamo la parentesi. C'è necessità di un chiarimento, lo diciamo tutti, ma ognuno guardi in casa propria.

Credo, però, che sia fortemente emblematico il fatto che questa riunione del Consiglio delle autonomie e del Consiglio regionale sia iniziata con una relazione della presidente Lombardo, la quale, a proposito di riforme, ha riletto ciò che aveva letto qualche mese fa. Si è richiamata, pari pari, alla necessità delle riforme istituzionali, a come farle, al ruolo dei comuni, cose che avevamo sentito a Oristano diversi mesi fa. Lei stessa l'ha detto. Questo è significativo del fatto che in otto mesi non si è fatto niente. Quest'anno, per la prima volta nella storia autonomistica della Regione Sardegna, probabilmente arriveremo ad approvare sei leggi, arriveremo cioè forse alla legge numero 6. Credo che non si sia mai arrivati ad approvare così poche leggi. E queste sei leggi sono costituite da due bilanci, due finanziarie e un collegato, o cosiddetto collegato. Quindi la produzione legislativa è molto bassa.

Di autonomia, di riforme ancora non se n'è parlato, mentre si parla, se ne parla e poi si smentisce la voce, ne parla Schifani smentisce Berlusconi, di possibilità di elezioni anticipate dopo venti mesi di legislatura nazionale. Una chiusura anticipata della legislatura nazionale significa che qualunque nostra proposta può fallire, può non vedere completato il proprio iter legislativo. Poi sulle modalità, su come arrivare alle riforme è importantissimo aprire un dibattito. Io ringrazio tutti i consiglieri regionali che hanno voluto, mi pare in maniera particolare il P.D., richiedere la discussione urgente della mozione numero 20, di cui è primo firmatario l'onorevole Mario Floris e che è firmata anche da me e dall'onorevole Mulas, perché finalmente, grazie a questo escamotage, si aprirà la sessione nella quale si discuterà su come arrivare alle riforme e se tali riforme le deve fare il Consiglio regionale. Io credo che i poteri istituzionali raramente si autoriformino; credo che raramente un consiglio regionale abbia deciso di autoridurre il numero dei propri componenti. Poi non so se la forma dell'Assemblea costituente o forme simili siano praticabili, ma se vogliamo realmente una riforma incisiva credo che difficilmente la possa fare il Consiglio regionale.

Ho fatto una premessa forse un po' troppo lunga, mi sono giocato qualche minuto. Volevo parlare, invece, di tre cose concrete, ne aggiungerò una quarta se ne avrò il tempo, che sono: acqua, servizio idrico e Abbanoa. I comuni sono stati espropriati della funzione di gestire il servizio idrico pur avendone la competenza. L'ATO è commissariato ormai da mesi, non sappiamo più quando ci saranno le elezioni e se ci saranno, le aspettiamo, nel frattempo però non è che ci sia una gestione sana. Continuiamo a cumulare debiti (prima 200, poi 240, fino a 260 milioni di euro) e stiamo distruggendo la piccola e media impresa locale, che ha fatto affidamento su Abbanoa, ha lavorato per questa società senza riuscire a incassare i crediti, per cui ora sta licenziando, sta fallendo anche perché non ottiene credito da parte delle banche. Credo che la priorità sia quella di capire come dobbiamo gestire la risorsa idrica, soprattutto alla luce di quanto verrà approvato probabilmente oggi dal Parlamento, cioè la privatizzazione della gestione.

Vorrei toccare tre punti velocemente: Patto di stabilità, fondo unico e problema espropri. Tre grossi problemi per i quali io, come consigliere regionale, mi sento di dover chiedere scusa ai sindaci e agli amministratori locali. Vorrei fare anche un accenno a un altro aspetto che ha citato la Presidente prima, quando diceva che nella legge numero 3, ossia nel collegato alla finanziaria, non vi erano materie per le quali si dovesse interpellare il Consiglio delle autonomie locali. Abbiamo introdotto la deroga al terzo mandato per i sindaci nei comuni: quale materia più attinente all'ordinamento degli enti locali di quella che prevede i mandati per i sindaci? Abbiamo abrogato le norme che avevamo approvato sul Patto di stabilità: credo che non ci siano norme che riguardino i comuni più di quelle sul Patto di stabilità per gli enti locali. Credo, quindi, che nella riforma pensare…

(Interruzione)

Non è così, scusa, collega Peru? E' stato presentato un emendamento in Aula, ma io dico che su un tema di questo genere chiunque proponga un emendamento debba fare prima delle consultazioni. Sto dicendo che chiunque abbia idea di proporre un emendamento che incide ne dialoga prima con il sistema degli enti locali, altrimenti è una forzatura, è evidente che è una forzatura.

Patto di stabilità: la legge numero 289 del 2002, articolo 29, comma 18, dà la possibilità alla Regione Sardegna, così come a tutte le Regioni a Statuto speciale e alle due Province di Trento e Bolzano, di organizzare il Patto di stabilità per gli enti che ricadono nel proprio territorio. Quindi quando sentite dire: "Non abbiamo i poteri, abbiamo quelli dell'ordinamento, non abbiamo quelli della finanza", non è vero, c'è la legge numero 289 che è chiarissima. Leggete il comma 18 dell'articolo 29 e vedrete che questa facoltà è prevista. Non solo, con la finanziaria nazionale del 2008 questa potestà è stata estesa a tutte le Regioni, tant'è che la Regione Lombardia - leggete la relativa legge regionale - ha introdotto un Patto di stabilità per gli enti locali che è assolutamente favorevole agli enti locali lombardi. Anche noi, anche la Regione Sardegna con la legge numero 1 del 2009, la finanziaria regionale, ha introdotto delle norme importanti, quanto meno per evitare il doppio assoggettamento al Patto di stabilità. Noi l'abbiamo approvata, la Corte dei conti, sulla base della nostra legge, ha distribuito a tutti i comuni la modulistica su come orientare i bilanci, i comuni hanno orientato i loro bilanci in quel senso, hanno quindi organizzato la cassa e la competenza sulla base di quello che la Corte dei conti ha detto loro basandosi sulla nostra legge. Cos'è successo? Con il collegato abbiamo revocato la norma. Per questo mi sento in dovere di chiedere scusa, come consigliere regionale, a tutti i comuni e a tutti i cittadini della Sardegna, perché il fatto che le province e i comuni sardi non rispetteranno il Patto di stabilità è colpa nostra. Ne siamo noi responsabili, loro hanno semplicemente fatto affidamento sulla serietà del Consiglio regionale, cioè sul fatto che se il Consiglio regionale approva una legge e la Corte dei conti dice a province e comuni come devono operare, poi questi operano così come è stato loro indicato, non possono immaginare che all'ultimo momento quella norma venga revocata, perché a quel punto è chiaro che non hanno più la possibilità di rispettare il Patto. E non rispettare il Patto significa non avere la possibilità di indebitamento, non avere la possibilità di coprire neanche i cofinanziamenti dei fondi europei, quindi di spendere risorse europee, non avere la possibilità di fare assunzioni e neanche le stabilizzazioni che con le stesse leggi regionali prevediamo, perché c'è il divieto di fare assunzioni, comprese le stabilizzazioni. C'è una serie di vincoli talmente forti, oltre naturalmente all'incremento della tassazione tributaria locale sino a copertura di quelle mancate entrate, per cui la Regione deve assumersi le proprie responsabilità nei confronti del sistema degli enti locali.

Fondo unico: credo che il fondo unico o è tale o è un'altra cosa. Qui c'è l'Assessore dei lavori pubblici che se ne avrà a male, ma che senso ha che in Regione rimanga un fondo per gli interventi locali?

(Interruzione)

No, infatti! Certo, le risorse per gli interventi locali devono andare ai comuni. Va bene, un'altra volta vi parlerò del problema degli espropri, che è il problema più grave.

PRESIDENTE. Onorevole Cuccureddu, non voglio assolutamente polemizzare con lei, ma mi corre l'obbligo di fare delle precisazioni nel momento in cui lei trasferisce a questa Assemblea delle informazioni errate.

Innanzitutto, io ho ripreso e approfondito il ragionamento svolto nella precedente seduta congiunta. Lei non può dire che in otto mesi non si è fatto niente, perché questo Consiglio ha dovuto affrontare tutta una serie di emergenze e non si può di certo affermare che questa è la produzione legislativa più bassa in otto mesi, perché così non è. La invito a informarsi, anche perché in tempi record sono state approvate due finanziarie; la finanziaria 2010 è stata approvata dalla Commissione bilancio nei tempi previsti dalla legge e la settimana prossima andrà in Aula. La sfido a verificare quanto è stato fatto nelle legislature precedenti in così poco tempo.

Lei ha richiamato l'emendamento che è stato presentato in Aula relativo al terzo mandato ai sindaci. Le ricordo che proprio perché è stato presentato in Aula non si poteva chiedere preventivamente il parere del Consiglio delle autonomie locali. Per cui la inviterei a essere più preciso, perché non si possono trasferire informazioni distorte di questo tipo.

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il Sindaco del Comune di Ollolai, Efisio Arbau. Ne ha facoltà.

ARBAU EFISIO, Sindaco del Comune di Ollolai. Benvenuti a tutti e grazie di aver organizzato questo incontro qui a Nuoro. Un incontro per una seduta congiunta che vede protagonisti il mondo delle autonomie locali e il Consiglio regionale. Così come vi dico che ne siamo contenti vi dico anche, da nuorese, quali sono le cose che non ci sembrano molto giuste o comunque riteniamo poco ortodosse.

Il fatto che non ci sia il presidente Cappellacci a noi dispiace molto, perché è vero, come diceva l'onorevole Pietro Pittalis, il nostro consigliere regionale del territorio, che non c'è stata una seduta congiunta a Nuoro nei precedenti anni, ma il presidente Soru e la sua Giunta sono stati qui molto spesso e hanno incontrato tutti gli amministratori locali. L'onorevole Cappellacci - e questa era l'occasione forse per incontrarlo - deve venire nel nostro territorio; deve venire e deve incontrare i sindaci. L'altro "lamentificio" - è il secondo e non ne farò per altri dieci anni, quelli che mi conoscono sanno che mi lamento poco - riguarda il fatto, Presidente, che i sindaci del nuorese sono sindaci orgogliosi, hanno voglia di partecipare ed essere presenti in sala. Molti sindaci del nostro territorio si sono lamentati con noi per non aver potuto assistere a questa seduta. La prossima volta che si prenderà un'iniziativa sugli enti locali credo che tutti noi potremo trovare i modi per coinvolgerli direttamente.

Sulle questioni invece concrete, come rappresentanti del Consiglio delle autonomie locali ci siamo suddivisi i compiti, come al solito. Ha già fatto una parte importante il collega di Bortigiadas, molte cose sono state dette, innanzitutto dall'onore Mariani, che ha affermato un qualcosa che voi tutti, soprattutto i consiglieri di maggioranza, dovete pensare e sapere, cioè che in questo territorio da parte del centrosinistra avrete collaborazione sulle cose da fare, sulle cose serie, e avrete, onorevole Pittalis, anche l'asprezza della sottolineatura delle cose che secondo noi non vanno bene, dico noi come amministratori locali e come Capogruppo del P.D., perché la questione relativa al fondo unico ci mette in netta difficoltà e mette in netta difficoltà la classe dirigente locale - ne è la prova anche l'onorevole Cuccureddu - che ha sperimentato in questi anni una grande capacità di autogoverno attraverso il fondo unico, che sa governare i propri paesi, li governa bene e ha anche l'ambizione di poterli governare senza dei dirigismi regionali. Questo però si fa, come dice la mia cara amica Cesarina Marcello, non con i fichi secchi, ma con i soldi, e i soldi sono quelli previsti dal fondo unico con le modalità previste in legge. E' inutile che ci giriamo attorno. Tutto questo che sembra solo di contorno è invece determinante per lo sviluppo locale, perché è quello che ci è mancato in questa provincia, che è disperata, ha seri problemi, tutto quello che volete, però è anche la migliore provincia della Sardegna, la più bella; una grande provincia che ha una grande capacità ambientale, culturale e sociale e che con il suo orgoglio riuscirà a vincere la sfida di qualsiasi impresa possibile. Questo lo diciamo perché "pietire per pietire" non serve a nessuno. A noi servono interlocutori seri, in grado di risolvere il problema che viene loro posto in un'ottica di alta responsabilità.

Noi sindaci ci prendiamo la nostra responsabilità, e molte responsabilità abbiamo quando ci trinceriamo nei nostri confini per cercare di difendere l'indifendibile. Ci sono responsabilità del livello provinciale, che a volte stenta a contenere questa grande voglia di lavoro che c'è nel governo locale, ma c'è anche difficoltà, grande difficoltà da parte della Regione. Una Regione che è ferma e che oggi, consentitemelo, non ha dato una buona immagine di sé, perché l'essere venuti qui a Nuoro per parlare de cosas internas bostras bos lu podiais risparmiare. Grazie.

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Daniele Cocco. Ne ha facoltà.

COCCO DANIELE (I.d.V.). Buonasera a tutti. Anch'io arrivo dalle zone interne, ormai sono cittadino adottivo a Nuoro, per cui posso permettermi tre minuti per dire alcune cose.

A Pietro Pittalis, che non so se ce l'avesse più con noi del centrosinistra o con i suoi amici del centrodestra, voglio dire che questa credo sia un'occasione assolutamente importante e storica e proprio perché non risulti solo un rito, come diceva qualcuno che mi ha preceduto, noi, per dirla alla Silvestro Ladu, "diciamo" che ci dobbiamo rimboccare le maniche per riempire davvero di contenuti questo incontro, che assolutamente non può essere una liturgia o un rito.

Io credo che abbiano dato una giusta rappresentazione il collega Giannetto Mariani e anche altri consiglieri del territorio, che meglio di me sanno quali sono le emergenze del medesimo territorio, emergenze che sono più vive che da altre parti. Quello che da altre parti è straordinario, a Nuoro è ordinario, e questo lo sappiamo da sempre; quello che da altre parti è congiunturale, a Nuoro è strutturale. Su questo noi dobbiamo basare questi cinque anni, spero, di attività all'interno del Consiglio regionale.

Non è mio costume tornare indietro nel tempo, fare polemiche. Pietro Pittalis citava Palomba, ma non dimentichiamoci che da Palomba in poi si sono succeduti anche governi di centrodestra, per cui non è il caso di guardare al passato. Vorrei, invece, rivendicare dei diritti che credo anche voi stiate rivendicando o dobbiate rivendicare, che sono le spettanze rispetto a questo territorio, che io non vorrei chiamare, come hanno fatto altri consiglieri nuoresi, "l'altra Sardegna", perché noi davvero vogliamo essere Sardegna e non "altra Sardegna".

Non più tardi di qualche giorno fa abbiamo letto tutti la polemica che è scaturita sulla sanità nuorese per quella intervista un po' sciagurata, devo dire, rilasciata dall'onorevole Liori, il quale, essendo un medico, ben dovrebbe sapere che la deontologia medica considera tutti i pazienti alla stessa maniera e sicuramente non li classifica in pazienti di serie A o di serie B a seconda della loro provenienza geografica. Non lo dico per spirito di patriottismo, ma io lavoro nell'ospedale di Nuoro e devo dire che a Nuoro negli ultimi anni la sanità ha raggiunto ottimi livelli, anche grazie ai rappresentanti di questa città, qualcuno dei quali ha fatto anche l'Assessore, ma tutti si sono spesi per la sanità nuorese. Credo che anche in futuro ci saranno assolutamente delle persone che per la sanità nuorese vorranno dare il massimo e daranno il massimo, e in questi ultimi giorni c'è chi lo sta dimostrando. Però quando si dice che quello di Nuoro è un ospedale periferico, intendendo per periferico "di serie B", credo che a questo non ci stia né Daniele Cocco né nessuno dei cittadini del nuorese, perché Nuoro negli ultimi anni, a livello di sanità, ha raggiunto un livello di eccellenza, lo dimostrano anche i premi ricevuti a livello europeo e nazionale. Mi riferisco alla senologia, mi riferisco al fatto che moltissimi pazienti vengono a Nuoro da tutta la Sardegna, comprese le città di Sassari e Cagliari, per fare determinati esami strumentali e per eseguire anche alcuni tipi di interventi chirurgici. Di questo credo che dobbiamo esserne tutti orgogliosi e dobbiamo fare di più perché questo orgoglio possa rimanere anche in futuro.

Ho assistito da poco a una riunione della Commissione bilancio in cui erano presenti i rettori delle due maggiori Università sarde e, se non ho capito male, chi dovrebbe decidere anche sull'università di Nuoro ha detto che "generalmente sono gli studenti che vanno verso gli atenei e non gli atenei verso gli studenti". Lo sappiamo tutti questo, però credo pure che Nuoro abbia assolutamente diritto di mantenere quello che ha e di avere anche di più, considerate le sue specificità, per quelle facoltà che possono avere davvero un riverbero positivo su questo territorio. Non vedo, infatti, perché gli studenti del nuorese e di Nuoro debbano andare a Sassari, a Cagliari, a Roma o a Firenze. Non vedo perché, se facciamo delle cose serie, gli studenti di quelle zone non possano venire a Nuoro. Io credo assolutamente che quello che abbiamo conquistato, pur nelle tantissime emergenze, non possiamo perderlo e faremo di tutto per non farcelo sfuggire.

Cerco di fare in frattissima, perché purtroppo il tempo è quello che è. Il sindaco Cuccureddu ha parlato di Abbanoa. Abbanoa è un problema assolutamente irrisolto. Dobbiamo e dovete sapere tutti che ci sono ancora comuni, e non sono pochi, che non hanno aderito ad Abbanoa e sono sotto ammonimento da parte degli organi amministrativi. I sindaci di questi comuni bene hanno fatto a non aderire, viste le risultanze che Abbanoa ha dato rispetto ai comuni che invece ne fanno parte. Quindi credo assolutamente che questa debba essere una delle priorità nell'agenda di questa Giunta regionale.

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Maninchedda. Ne ha facoltà.

MANINCHEDDA (P.S.d'Az.). Signora Presidente, onorevoli colleghi, io credo che ognuno di noi quando parla in occasioni come questa dovrebbe abituarsi a dire la verità, e oggi francamente non la si è detta, né sui conti né sulla struttura del potere in Sardegna. Sono state dette delle cose sulla finanziaria regionale assolutamente false. False! Un miliardo e 300 milioni in più di entrate, signori, non ci sono, perché lo Stato, quando firmò l'intesa sulle entrate, firmò uno di quei patti veri di notte e falsi di giorno, in quanto non provvide a coprire in uscita quelle somme che noi avevamo in entrata. Ed è soggetto anche lui al Patto di stabilità. Fece una cosa sapendo di fare un atto sbagliato. La Regione ha iscritto quelle entrate comunque, per aprire un contenzioso con lo Stato, ma sappiate, lo sanno tutti i colleghi, che di quel miliardo e 300 milioni, un miliardo è già consumato dai debiti degli ultimi cinque anni, perché il dettaglio è: 280 milioni di mutui accesi e 700 milioni di euro di spesa sanitaria maturata dal 2007 a oggi. Questa è la verità, non è una menzogna! E dei 300 milioni manovrabili, 100 sono nella disponibilità del Consiglio regionale per fare la riforma, tra le altre, del welfare e dell'istruzione, di cui questa provincia ha un bisogno vitale. Ci sono 50 milioni per la riforma dell'istruzione e della formazione professionale. Mi ricordo una finanziaria presentata dal presidente Soru con zero euro nel FNOL, il che vuol dire: chiudete il Consiglio regionale e non fate leggi! Io credo che si debba dire la verità, anche quando c'è un teatro che alletta a dire bugie.

C'è un'altra cosa che va detta con estrema chiarezza: non è vero che i comuni sono buoni, che il ceto politico dei comuni è buono, è santo, spende bene e che invece il ceto politico della Regione è assimilabile alle peggiori nefandezze. Non è così! Io vorrei iniziare da quello del nuorese, perché è un buon paradigma il ceto locale del nuorese. In sede locale, del comune e della provincia di Nuoro, il potere è detenuto da una classe parassitaria e dissipatrice, contro la quale il Partito Sardo d'Azione, lo dico con chiarezza, è impegnato oggi e sarà impegnato domani alle elezioni amministrative. E' il ceto del sacco di Ottana, del contratto d'area; è il ceto dove i consiglieri regionali diventano imprenditori, poi, però, quando noi facciamo i GAL per amministrare il Piano di sviluppo rurale, ritornano a essere politici e diventano presidenti dei GAL, e proprio nel territorio della Barbagia sommano l'odioso dominio del danaro con quello delle istituzioni. Questa è la provincia principe in cui si pagano le consulenze ai dirigenti di partito per vincere i congressi! Questo è quello che accade nella provincia di Nuoro, per non parlare di quello che accade ed è accaduto nella sanità.

Noi diciamo, allora, che questa classe dirigente locale, parassitaria è la migliore alleata del ceto parassitario che abbiamo a Cagliari, che consuma le risorse della Sardegna. Faccio un esempio per tutti per riguardo ai colleghi cagliaritani, la metropolitana di Cagliari underground: è notorio a tutti che non serve, non serve! E' un grande affare per chi lo progetta. Allora, perché noi stiamo pensando di contestare l'alleanza tra il ceto parassitario locale e il ceto parassitario urbano? Perché il ceto parassitario urbano con il presidenzialismo si è rafforzato. Il presidenzialismo ha ridotto gli spazi di rappresentanza dei territori e ha favorito i livelli di prossimità con i presidenti eletti. Un'autorevolissima rivista italiana ha detto che con l'elezione diretta dei sindaci, dei presidenti di provincia, dei presidenti di regione si è rafforzato il criterio per cui per fare gli assessori o i ministri non serve essere rappresentativi della società, ma serve essere prossimi al presidente eletto. Io questa esperienza l'ho fatta nella scorsa legislatura e l'ho duramente pagata e combattuta. Non voglio rifarla e non la sto rifacendo. Ma, attenzione, quel sistema indebolisce le rappresentatività sociali, lo dico per l'onorevole Pittalis. Io penso di aver capito ciò che ha detto lui, però noi viviamo un'esperienza diversa, dove l'alleanza non è fraintesa nella complicità, grazie a Dio. Quindi noi siamo in una situazione diversa. Però dico: cosa sta succedendo? Il meccanismo favorisce più i gruppi organizzati di potere, che a Cagliari sono forti, rispetto alle rappresentatività locali. Questo sta accadendo e noi su questo dobbiamo ragionare. C'è bisogno di un tasso di democrazia e di trasparenza per vincere questa battaglia. Noi la mettiamo sul piano politico e abbiamo iniziato a scrivere qualche cambiamento, di cui il nuorese non si è accorto, perché abbiamo amministratori che non leggono le leggi regionali, né le finanziarie precedenti. Noi abbiamo iscritto nelle finanziarie precedenti l'elenco delle otto aree di crisi della Regione: sette sono nel centro nord Sardegna, quattro nel nuorese, una è Pratosardo. Il Sindaco di Nuoro, quel genio che ha perimetrato l'area per la zona franca urbana nella zona più ricca di Nuoro e si è fatto battere da Quartu, non si è accorto che Pratosardo è area di crisi e che ha dietro una montagna di denaro da attivare per fare l'accordo di programma su Pratosardo. Quando mai Nuoro ha avuto in legge un accordo di programma su Pratosardo? Non me lo ricordo!

Noi abbiamo riformato il welfare; il primo accordo firmato sul welfare rinnovato è l'accordo sui dipendenti Legler. Viene copiato dalle altre crisi industriali. Noi siamo i primi che abbiamo messo in bilancio il leasing immobiliare, perché siccome non vogliamo andare più a Roma col cappello ci siamo inventati uno strumento finanziario per realizzare le opere con le nostre risorse. E penso che le riforme si facciano così, lavorando duramente, non come fanno quei parlamentari che leggono sulla finanziaria questo istituto, vanno a Sassari, dove non leggono "L'Unione Sarda", e lo presentano come proprio, scodellandolo a noi imberbi consiglieri regionali e dicendo da Roma: "Io vi scodello una novità". Per noi questo parlamentare è un copione, è uno che non capisce che la politica non è pubblicità. Così come siamo sconcertati dai parlamentari che dicono: "A Roma la Sardegna non conta nulla". E loro, potentissimi, sono muti quando il Presidente della Regione, forte di un deliberato del Consiglio regionale, va lì a difendere le nostre leggi. Non si gioca così! Noi siamo interessati a costruire uno Stato come Sardisti, siamo interessati a creare un'appartenenza e un reciproco riconoscimento tra la classe dirigente sarda che non passa per i teatrini della propaganda. Noi siamo molto interessati a costruire uno Stato, siamo interessati molto meno a qualche Assessorato in Giunta.

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il Sindaco del Comune di La Maddalena, Comiti. Ne ha facoltà.

COMITI, Sindaco di La Maddalena. Signora Presidente del Consiglio regionale, signori consiglieri, signori Assessori, colleghi del Consiglio delle autonomie locali, ringrazio per il bicchiere d'acqua, perché anch'io non sto bene e poi sono a rischio disidratazione, perché imitando Totò e Peppino de Filippo in quel famoso film che ricordiamo tutti e provenendo dalle Isole Cunicularie pensavo che a Nuoro ci fosse un clima un attimino più rigido e forse mi sono vestito troppo pesante. Quest'aula, infatti, mi ricorda più un forno a microonde che un luogo all'interno del quale si devono passare molte ore.

Sarò brevissimo. Intervengo anche perché qualcuno prima di me ha evocato la precedente riunione congiunta tenutasi ad aprile a Oristano, alla quale ero presente e nella quale sinceramente si è registrato uno dei momenti più nefasti per quanto riguarda la mia città, e continuo a ritenere anche per quanto riguarda la Sardegna intera. Fu il giorno del trasferimento del G8 a L'Aquila, occasionalmente, non perché quell'incontro fosse organizzato in concomitanza di questo fatto. Ci trovavamo, Consiglio regionale e Consiglio delle autonomie locali, al teatro Garau e apprendemmo in diretta, da una conferenza stampa del Presidente del Consiglio dei Ministri, il trasferimento del G8 a L'Aquila. In quella occasione ebbi modo dire che, a mio giudizio, visto che in questa avventura l'intera Regione, il Governo, la città di La Maddalena, il territorio all'interno del quale è collocata la provincia di Olbia-Tempio erano immersi da più di un anno e mezzo, si stavano spendendo risorse economiche importanti per portare a compimento un disegno di carattere politico, istituzionale ed economico mirato su La Maddalena, eletta dal Governo regionale e dal Governo nazionale a città simbolo di un possibile riscatto attraverso la riconversione di un territorio a totale vocazione militare.

Chiesi in quella occasione se fosse possibile sottoscrivere un documento comune dei due organismi. Non fu possibile. Registrai anche qualche intervento appassionato, che se da una certa parte poteva sembrare scontato, da un'altra non lo era. Ricordo l'intervento dell'onorevole Mario Floris, che rivendicò una lesa potestà, una lesa maestà nei confronti della Regione autonoma della Sardegna, e l'intervento altrettanto appassionato dell'onorevole Capelli. Devo dire, presidente Lombardo, che da quel giorno qualcosa è successo: abbiamo fatto un incontro bilaterale Italia-Spagna a La Maddalena per iniziativa del Governo. Il Governo ha dichiarato, fortunatamente per noi - su questo tema è fortemente impegnato anche il Presidente della Regione, il che mi fa estremamente piacere -, che in quell'arcipelago si terrà il grande evento della Vuitton Cup. Cerchiamo di cogliere questa occasione, cerchiamo di coglierla tutti. Io ho ringraziato quasi tutti quelli che si sono impegnati e si stanno impegnando per La Maddalena, per rilanciare un territorio che ritengo debba rappresentare, visto che il momento è pertinente, una parte importante del Programma regionale di sviluppo che è in discussione. Credo che occorra cogliere l'occasione per impegnarsi tutti affinché il progetto messo in piedi su La Maddalena possa arrivare a compimento, perché è un progetto all'interno del quale si giocano molte cose.

Dicevo che è successo qualcosa nel frattempo: c'è stato l'incontro bilaterale Italia-Spagna, arriverà la Vuitton Cup. Io ho ringraziato il Presidente del Consiglio Berlusconi, il dottor Bertolaso, la Protezione civile, quindi la struttura di immissione, e vorrei davvero, con grandissimo piacere, con grande trasporto ringraziare l'amministrazione regionale perché credo che finalmente sia arrivato il momento in cui essa debba giocare un ruolo da protagonista all'interno di questa vicenda e di questa partita. Fino a oggi questo non è successo. Io sono molto rispettoso dei ruoli istituzionali, sono molto rispettoso dei tempi, capisco che occorre somatizzare le questioni, credo che però i tempi siano maturi perché questo succeda, perché a La Maddalena si condensano diversi temi importantissimi per la Regione, come il rapporto con i militari e le servitù militari. Su questo argomento è calato un silenzio tombale! Non mi risulta, sinceramente, che ci sia qualche iniziativa meritevole di essere sottolineata sotto questo aspetto.

Qualcuno parlava prima di possibili centrali nucleari da sistemare all'interno del territorio regionale, anche se io ho sentito personalmente il Presidente della Regione dichiarare - e se l'ho sentito e lui lo ha detto ci credo - a nome della Giunta e della maggioranza, e ritengo dell'intero Consiglio regionale, una netta opposizione a qualsiasi ipotesi di questo genere. Poi si stanno affacciando disegni di legge in base ai quali i siti militari potrebbero essere usati per stoccare le scorie nucleari. Non ci dimentichiamo che nell'Isola di La Maddalena, anzi nell'Isola di Santo Stefano, in quella località che si chiama Guardia del Moro, c'è ancora una servitù militare imposta, che è rientrata dalla finestra, mentre dalla porta principale uscivano i sommergibili a propulsione nucleare. E' rientrata una servitù per la quale quel sito è stato dichiarato sito di stoccaggio di tutti gli armamenti di nuova generazione, non solo italiani, ma anche della Nato. Credo che questa sia una cosa veramente insopportabile, credo che il Sindaco di La Maddalena non possa essere lasciato da solo nel portare avanti questa battaglia, atteso che c'è un ricorso pendente al Consiglio di Stato, atteso che questo piccolo Sindaco, deriso da molti all'epoca, ha avuto ragione nel primo round al TAR rispetto all'imposizione di questa servitù.

Ci sono problemi a La Maddalena che riguardano la gestione delle aree protette, Presidente. Nell'Arcipelago di La Maddalena c'è il primo Parco nazionale della Sardegna. Io credo che sia arrivata l'ora, anche su quel fronte, di mettere in campo quelle che sono le prerogative che le leggi danno alla nostra Regione in materia ambientale, di mettere in campo la volontà di rivedere, compatibilmente con quelli che devono essere i rapporti sereni, seri, costruttivi, di sussidiarietà, di rispetto reciproco con il Governo, un impianto legislativo che non ci sta più bene, non ci può star bene. Ho finito il tempo, chiedo scusa. Volevo dire molte altre cose, avrò occasione di farlo in un'altra puntata. Grazie.

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare la consigliera Zuncheddu. Ne ha facoltà.

ZUNCHEDDU (Comunisti-Sinistra Sarda-Rosso Mori). Saluto i rappresentanti delle istituzioni e in primo luogo la cittadinanza di Nuoro che ci ospita. Continuiamo a sottolineare la mancanza del presidente Cappellacci in un momento di particolare importanza, nel senso che noi continuiamo a portare avanti dei dibattiti in sede consiliare, ma in modo sempre amputato. Ritengo grave questo, soprattutto in un momento di grandissima emergenza, perché si stanno verificando dei fatti di grandissimo rilievo (la crisi occupazionale sta ormai assumendo dimensioni catastrofiche) che vengono considerati, vengono interpretati come questioni di ordine pubblico. Mi riferisco alla manifestazione dei lavoratori precari a Cagliari, mi riferisco anche ai fatti accaduti poche ore fa durante la manifestazione di alcuni lavoratori sardi dell'ALCOA a Roma. Pare che ci siano stati non dico delle sommosse, ma sicuramente dei momenti di grandissima tensione, per cui credo che la presenza del presidente Cappellacci nella sua sede naturale sia assolutamente indispensabile. Noi non possiamo andare avanti con questi discorsi inter nos, perché lui deve dare anche delle risposte. Non possiamo continuare ad andare a Roma, come qualcuno ha detto, "a chiedere con il cappello in mano", però mi sembra che questo avvenga anche in termini naturali, visto che questa Giunta ha votato il simbolo "Berlusconi Presidente"! Non è che prima si fa una cosa e poi la si mette in discussione. Purtroppo questo è naturale. Diciamo che, comunque, di queste assenze il popolo sardo ne sta fortemente risentendo.

Il presidente Cappellacci, con questo centrodestra, ha fatto una campagna elettorale fortissima all'insegna del sorriso: i sardi devono sorridere, la Sardegna deve tornare a sorridere. Ma io penso, a questo punto, vista la drammaticità della situazione, che il presidente Cappellacci si riferisse al riso sardonico. Il riso sardonico è una contrazione della muscolatura facciale dovuta a cause patologiche. Il tetano dà quella contrazione, che è appunto una contrazione e quindi un sorriso forzato di dolore. Per cui credo che prima di usare queste terminologie dovremmo un attimino riflettere.

Il problema dei precari va affrontato, la disoccupazione va affrontata. Noi parliamo di disoccupazione industriale, ormai non ha fine questa storia, e chiaramente la disoccupazione industriale è legata a un modello di sviluppo che non era opportuno per la realtà sarda, che ha una vocazione decisamente diversa, una vocazione ambientalistica diversa. Ma noi non possiamo permetterci, in questa fase, di avere un solo disoccupato in più, perché di disoccupati ce ne sono sin troppi, quindi bisogna trovare delle soluzioni. Per non parlare della gravissima sofferenza delle attività tradizionali, soprattutto all'interno della Sardegna. Parlo della condizione della pastorizia, della condizione dell'agricoltura, che va assolutamente potenziata, perché dobbiamo porci anche il problema dei fenomeni della globalizzazione che a noi non fanno sicuramente bene.

Io non vorrei che la nostra presenza oggi a Nuoro fosse solo formale, perché se fosse solo formale dovremmo fare un attimino i conti con questo. La nostra presenza dovrebbe essere anche sostanziale. Qui, in questa sede, non vi è stato, se non in termini molto parziali, un confronto forte e completo con le autorità locali. Numerosi sindaci hanno lamentato il fatto di non essere stati invitati e allora io mi chiedo: che cosa ci stiamo a fare a Nuoro? Che cosa ci stiamo a fare se i sindaci dei paesi dei dintorni non sono qui, eppure avrebbero voluto esserci?

Qui c'è un'incongruenza anche rispetto alla volontà di fare degli investimenti. Qualcuno ha citato il progetto - ma potremmo andare all'infinito con questi temi - della metropolitana pesante per Cagliari, che è un progetto pazzesco! Ed è pazzesco non solo perché c'è difficoltà ad avere i fondi per garantire la sua creazione, ma perché il problema grosso sarà quello della manutenzione. I costi di manutenzione saranno veramente enormi. E' un'opera destinata a essere iniziata e mai conclusa; è un'opera che non serve né ai cagliaritani né ai sardi che circolano nei dintorni di Cagliari.

Si è parlato ancora di scorie. E' vero, quello sulle scorie è un progetto pazzesco. Che cosa sta succedendo? Sta succedendo che per il bravo Governo di centrodestra, per il Governo Berlusconi, la Sardegna è un ricettacolo di porcherie. In Sardegna si stanno consumando i reati peggiori contro l'ambiente e contro le popolazioni, per cui le scorie arriveranno, perché così è stato deciso a monte. E allora è del tutto inutile che il nostro Presidente dica: "Passeranno sul mio corpo se faranno le centrali nucleari". A noi non interessa passare sul corpo di nessuno, perché abbiamo rispetto della vita del nostro Presidente, ma vorremmo che questo centrodestra avesse anche più rispetto per la vita di un popolo, perché le scorie radioattive - informiamoci in merito - sono altamente tossiche e non possono essere smaltite prima di mille anni.

SANJUST (P.d.L.). Ma ci sono le scorie?

PRESIDENTE. Onorevole Sanjust, per cortesia!

ZUNCHEDDU (Comunisti-Sinistra Sarda-Rosso Mori). Mi dispiace aver finito, il tempo è limitato. Pazienza, poi ciascuno interpreta.

PRESIDENTE. Onorevole Zuncheddu, mi corre l'obbligo di precisare che quando la Conferenza dei Presidenti di Gruppo ha definito la data per questa Assemblea era perfettamente a conoscenza dell'assenza del presidente Cappellacci, il quale non ha voluto non tenere in debita considerazione questa Assemblea, ma è a Roma per occuparsi di emergenze, le stesse che ha richiamato lei nel corso del suo intervento. Infatti questa sera si sono svolti due tavoli tecnici, uno relativo alla questione ENI e l'altro alla questione Alcoa. Conosco la drammaticità anche dei fatti che ha richiamato lei, di cui sono stata informata questa mattina. C'è stato un piccolo scontro con la polizia semplicemente per il fatto che si voleva arrivare a Palazzo Chigi accedendo da una via da cui era vietato l'accesso, però per fortuna, da quanto mi è stato riferito dalla Digos, non è successo nulla di particolarmente grave.

Vorrei precisare, visto che è la seconda volta che viene richiamato il fatto che non sono stati invitati i sindaci della provincia di Nuoro, che non è così. Non spettava certo al Consiglio regionale invitarli. Noi confidavamo sul fatto che il Consiglio delle autonomie locali avrebbe provveduto a fare la comunicazione. C'è stato semplicemente un difetto di comunicazione o magari un'incomprensione, però non era responsabilità del Consiglio regionale fare tale comunicazione e non si può di certo pensare che ci fosse una volontà di esclusione delle comunità locali.

Ha domandato di parlare il consigliere Mula. Ne ha facoltà.

MULA (Riformatori Sardi). Mi sembra, da nuorese, di dover dire almeno due cose, anche con grande delusione, e questo mi dispiace sicuramente, perché abbiamo iniziato credo abbastanza bene e come al solito la finiamo a parlare di Berlusconi, fra un po' parleremo magari di trans o di escort!

Siamo a Nuoro, scusate, cari colleghi, e credo che in questo momento, per la situazione di grande drammaticità che sta vivendo, Nuoro abbia bisogno di altre cose. Ha bisogno di altre cose, scusate. Io pensavo che stasera si sarebbe parlato della finanziaria, pur non essendo perfetta, anche noi abbiamo tante cose da dire in merito. Pensavo che si sarebbe parlato degli interventi sulla finanziaria, sul credito di imposta, sul sistema dell'istruzione. Pensavo che si sarebbe parlato di una proposta seria per quanto riguarda l'Università di Nuoro, per lo stato di disoccupazione in cui versa questa provincia. Ecco, io pensavo che stasera si sarebbe parlato anche di questi temi, che sono importanti. Invece abbiamo finito, come succede nell'aula del Consiglio regionale, a Cagliari, per litigare e nemmeno in questa occasione, in cui ci presentiamo a un territorio che ha veramente bisogno di unità, riusciamo a essere uniti, anzi ci ritroviamo ancora più divisi.

Io vi invito seriamente, cari colleghi, lo dico da nuorese, a trovare un momento di unione e a fare proposte veramente importanti per questo territorio, perché abbiamo in mano dati che sono veramente allarmanti: la disoccupazione cresce a dismisura, la città di Nuoro ogni anno perde il 3 per cento della popolazione. Da un calcolo orientativo fatto da qualche esperto fra trent'anni Nuoro potrebbe avere meno abitanti di Siniscola! Credo che il problema sia serio e vada affrontato veramente in maniera diversa.

Noi Riformatori alcuni mesi fa abbiamo chiesto alla Presidenza del Consiglio una riunione del Consiglio regionale a Nuoro proprio per il momento di disagio che vive la comunità nuorese. Ringraziamo per la sensibilità dimostrata, però devo dire con grande rammarico che stasera non ho trovato riscontri in molti interventi, neanche in quelli di alcuni sindaci che sono venuti qui per continuare a criticare un Governo regionale che si è insediato appena sette mesi fa. A qualcuno lo vorrei ricordare. Credo che questo Consiglio regionale e questa maggioranza abbiano bisogno di tempo per cercare di risolvere delle problematiche che soprattutto in questo territorio necessitano di risposte concrete. A tal proposito mi sembra di aver colto il senso del messaggio del collega Maninchedda su una politica disastrosa per quanto riguarda la provincia e il comune di Nuoro. Vorrei ricordare che la provincia di Nuoro è amministrata da anni non dal centrodestra, ma dal centrosinistra, e se non ho capito male l'onorevole Maninchedda troverà in noi degli alleati nel combattere l'attuale governo della provincia di Nuoro, che noi non condividiamo. Vi ringrazio.

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Capelli. Ne ha facoltà.

CAPELLI (U.D.C.). Signor Presidente del Consiglio, signori della Giunta, Consiglio delle autonomie, colleghi, inizialmente vorrei dare il benvenuto al neo assessore Manca, perché è la prima occasione che abbiamo per averlo con noi in Consiglio. E pensando alla presenza dell'assessore Manca, che avrà un gravoso compito, soprattutto per rilanciare il lavoro in Sardegna e ovviamente anche in questa provincia, penso al rilancio della formazione professionale, grande problema irrisolto, anzi cancellato dalla politica della precedente Giunta.

Approfitto proprio di questa premessa per cogliere alcuni aspetti positivi dell'intervento del collega Pittalis. L'appello all'unità delle forze politiche credo che sia corretto. Le forze politiche devono essere unite, le forze di maggioranza devono essere unite, si devono ritrovare, devono confrontarsi. Mi permetto soltanto di sottolineare che per confrontarsi bisogna essere quanto meno in due, perciò ritengo e credo di aver capito a chi fosse indirizzato quell'appello.

Noi siamo una forza politica che vuole combattere per ridare dignità al Consiglio regionale. Badate, colleghi, e mi riferisco in particolare al presidente Arbau - lo chiamo presidente, non sindaco Arbau -, che qui non si stanno svolgendo delle discussioni interne alla maggioranza; qui stiamo cercando tutti insieme di dare dignità e di difendere le prerogative di un Consiglio regionale che deve essere informato, di un Consiglio regionale che deve poter dire la sua in modo corretto e trasparente e che soprattutto deve essere a conoscenza dell'attività della Giunta, tutte le parti politiche che lo compongono ne devono essere a conoscenza. Voi, colleghi della minoranza, e non solo voi, avete reclamato la trasparenza nella pubblicazione delle delibere, e noi siamo d'accordo su questo perché difendiamo le prerogative del Consiglio regionale. Credo che a questo si stia già provvedendo, anche per il tempestivo intervento della Presidente del Consiglio regionale.

Allora, cosa vuol dire tutto questo? Vuol dire che la dialettica politica interna ai partiti che compongono la maggioranza o la minoranza che di volta in volta si alternano non deve essere vista come momento di difficoltà di una maggioranza, anzi è un grande pregio della maggioranza, che - mi permetto di dire - in questa fase discute in maniera trasparente e pubblica delle difficoltà nei rapporti e nei confronti interni alla maggioranza stessa. Perché? Perché non vogliamo fare come è stato fatto nella passata legislatura, in cui il vostro silenzio ha consentito per quattro anni e mezzo il governo di un Presidente che ha preso a schiaffi il Consiglio regionale e tutta la Sardegna! Il vostro silenzio ha determinato che le prerogative del Consiglio venissero calpestate. Noi questo non lo permetteremo. Noi vogliamo difendere il Consiglio regionale e credo che su questo tutti i colleghi del Consiglio possano essere d'accordo. E non va confusa la lealtà dell'appartenenza a una maggioranza - la lealtà - con il servilismo o la fedeltà. Sono termini, questi ultimi, che non ci appartengono in termini politici. Ci appartiene molto la lealtà del rapporto politico.

Così come è giusto dire che c'è delusione per questo incontro qui a Nuoro. E' stato detto poco fa che il Consiglio regionale doveva riunirsi - era stato chiesto dai Riformatori - presso il territorio nuorese, doveva presentarsi a Nuoro. Bene, io preferisco che il Consiglio regionale pensi a Nuoro, non c'è bisogno di venire qui. C'è bisogno, però, di azioni concrete per tutte le aree deboli della Sardegna. Noi ci siamo visti col Consiglio delle autonomie per difendere, dissi allora, la mia Maddalena. Oggi sono qui per difendere la mia Alcoa e invito i nuoresi, tutti i nuoresi, a dare un esempio di grande dignità e appartenenza a questa terra e a unirsi a noi per manifestare tutti insieme la nostra solidarietà agli operai che sono su quelle ciminiere a difendere il loro posto di lavoro. Noi dobbiamo aiutarli, dobbiamo esprimere loro solidarietà, così come abbiamo fatto per La Maddalena, così come dobbiamo fare per la Sassari-Olbia e per tante altre cose. E se l'Intesa di programma finanzia la metropolitana pesante di Cagliari o la metropolitana leggera di Sassari ben venga! Ben vengano queste opere, ma non dobbiamo avere una Sardegna dove si va in metropolitana da una parte e in calesse dall'altra.

Quindi vogliamo rendere responsabile la Giunta regionale della necessità dell'equità degli investimenti, dell'equità delle risorse, dell'equità dei progetti, per avere una Sardegna che cammini in maniera uniforme verso una direzione e non con un peso trainato dal carro di Cagliari. Questo non va bene, l'ha spiegato molto bene, e io concordo con lui, il collega Maninchedda. Noi vogliamo una Sardegna equilibrata e l'equilibrio va prima di tutto impostato nelle aree deboli, che non sono solo nel centro-nord della Sardegna. Come dimenticare l'Ogliastra, come dimenticare il Sulcis, come dimenticare il Sarcidano, come dimenticare tutte le aree deboli della Sardegna? Forse qualcuno, non tutti, se ne sta dimenticando e in questo rientra anche il ruolo delle rappresentanze, perché no e perché non dircelo? Perché no e perché non dircelo? O dobbiamo dire che l'unica cosa seria, equa ed equilibrata condotta in questi nove mesi di governo è il tempo degli interventi adeguatamente e proporzionalmente distribuito tra i Gruppi consiliari? Mi sembra che l'unico equilibrio sia stato raggiunto su questo.

Ecco perché non dobbiamo avere paura di parlarci, di confrontarci. E quando nel confrontarsi si dice qualcosa non la si dice contro qualcuno. Non c'è l'assessore La Spisa e me ne dispiace. E' giustificato il Presidente, viene giustificato un po' troppo spesso, ma è giustificato. Mi dispiace che non ci sia l'Assessore della sanità; mi dispiace che non ci sia l'Assessore dei trasporti; mi dispiace che non ci sia l'Assessore dell'agricoltura, sempre presente in diverse altre manifestazioni. Mi dispiace per il semplice motivo che quando si propone un confronto, che può essere anche aspro, badate bene, non è mai contro qualcuno da parte nostra, ma è per qualcosa: è per qualcosa che manca, per delle attenzioni che mancano, per delle informazioni che mancano, per delle rappresentanze che mancano, perché tutte le istanze si portano avanti attraverso le rappresentanze.

Ecco il perché della delusione di questo incontro, che ho avuto modo di manifestare e quasi prevedere nella riunione dei Capigruppo in cui si decise di svolgerlo a Nuoro. La delusione la leggo negli occhi di chi ha avuto la pazienza ddi stare qui ad ascoltarci. Forse ci si attendeva qualcosa di più, forse non ci si attendeva una semplice passerella degli oratori; forse qualcuno pensava di poter dire qualcosa in più o di sentirsi proporre qualcosa, qualche soluzione, qualche attenzione, perché io penso che questa sia la sede per parlare anche dei problemi di questo territorio, se no perché siamo venuti qua? Questo discorso potevamo farlo da tante altre parti e quindi nella sede naturale del Consiglio regionale, a Cagliari, ma se siamo venuti qui e dobbiamo dare un significato a questa nostra presenza allora forse dobbiamo concentrarci un attimo in più o meglio sui problemi che affliggono questo territorio.

Ma con chi ci dobbiamo confrontare, senza nulla togliere agli Assessori tra l'altro sempre presenti, anche in Aula? Con chi dobbiamo confrontarci? E cosa dobbiamo votare dopo? Niente, perché questa è una riunione istituzionalmente prevista per l'incontro con il Consiglio delle autonomie locali sui temi della finanziaria che cominceremo a discutere il prossimo martedì. E nei temi della finanziaria certo c'è Abbanoa, certo ci sono le risorse per gli enti locali. Ed è effettivamente un po' falso quello che è stato riferito sul trasferimento dei fondi agli enti locali. Dovevamo parlare anche dei progetti che questa finanziaria può e deve finanziare e che, senza che nessuno se n'abbia a male, proporremo alla nostra maggioranza, con le nostre interlocuzioni, con i nostri voti e non contro la nostra maggioranza.

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Mario Diana. Ne ha facoltà.

DIANA MARIO (P.d.L.). Grazie, Presidente, grazie davvero, perché anche se a qualcuno l'uscita in territorio quasi ostile, straniero - è stato dipinto a tinte fosche - del Consiglio regionale può apparire chissà quale limite all'attività del Consiglio stesso, io certamente una cosa la debbo dire: il territorio neutro credo che induca i colleghi consiglieri a lavorare meglio e di più, perché il trasferimento in una zona importante come quella nella quale siamo oggi induce, qualche volta, a usare toni, modalità di intervento, argomenti che non sempre sono in sintonia con quello che è il vero obiettivo per cui questo Consiglio regionale è convocato a Nuoro. Credo che sia stata sufficientemente chiara la Presidente nel dire che questa è una seduta obbligatoria, che potevamo fare a Cagliari e che, invece, abbiamo deciso, tutti di comune accordo, di fare a Nuoro.

Siamo ben felici di essere a Nuoro, così come eravamo felicissimi di essere a Oristano. E' chiaro che ci scontriamo con una realtà che è quella di un territorio profondamente in crisi. Sfido chiunque a dire qual è il territorio della Sardegna che oggi non è in crisi. Una crisi descritta molto bene dal Presidente del Consiglio delle autonomie locali, al quale auguro una pronta guarigione, ma che magari ha dipinto a tinte troppo fosche e cupe tutto il quadro. Io che sono un ottimista per natura, e quindi vedo sempre una prospettiva di miglioramento, e mi auguro che così sia, ho colto un segnale per esempio nell'intervento dell'onorevole Maninchedda, un intervento importante, sul quale si può essere d'accordo oppure no, ma ci sono centomila motivi per misurarsi, per dialogare, per discutere anche con toni forti.

Allora qui è stato sollevato il problema più importante forse per tutti, che è la modifica dello Statuto. Lo abbiamo detto tutti e siamo pronti a sederci a un tavolo per confrontarci su questo. Come arriveremo a formulare un nuovo Statuto? Questo credo che possa essere lasciato alla volontà del Consiglio regionale, delle parti politiche che lo compongono. Credo che ci sia una discussione in atto, poi che alla riscrittura dello Statuto ci si arrivi con la Consulta, con la Commissione consiliare o con una commissione ad hoc, ma certamente con il coinvolgimento di tutti gli importantissimi soggetti che esistono in Sardegna, non deve essere argomento della discussione attuale.

Cominciamo col dire che siamo tutti d'accordo "per…". Ma c'è stato forse qualcuno che ha provato a dire quali dovrebbero essere gli elementi caratterizzanti di questo nuovo Statuto, onorevole Bruno? Non l'ho capito neanche dall'intervento dell'onorevole Cuccureddu, che pure incarna e personifica il Movimento per le autonomie, questo nuovo soggetto politico che si propone di mostrarci un modo diverso di fare politica e di ben amministrare. Onorevole Cuccureddu, per quanto riguarda l'emendamento presentato in Consiglio, io capisco qual è la sua, come dire, ombrosità: abbiamo stabilito il limite di 3.000 abitanti, magari se lo avessimo portato a 5.500 o 6.000 il suo intervento ce lo saremmo tranquillamente risparmiato. Invece no, questo Consiglio regionale ha deciso di stabilire in 3.000 abitanti la soglia minima, o massima, perché i sindaci possano essere legittimamente ricandidati e continuare a ben operare dove bene hanno operato, e qualora non abbiano operato bene intervengono gli elettori. Quindi siamo tranquilli sotto questo punto di vista.

Ora, venire qua e sparare a zero contro la Giunta non serve a niente! Lei lo ha fatto qui, ma lo ha fatto anche in un'altra circostanza, in un incontro convocato non dal P.D.L., come lei dice - chiedo scusa alla platea per questa brevissima parentesi politica, ma è doverosa -, ma convocato anche da esponenti del P.d.L.. La verità si deve sapere, perché altrimenti siamo nel vago. E a quell'incontro non era presente il coordinatore regionale, non era presente il vicecoordinatore regionale, anzi non erano neanche invitati. Era una semplice manifestazione politica, come tante se ne possono fare, alla quale lei ha avuto la fortuna di partecipare e dove si è espresso con toni più o meno gravi nei confronti della maggioranza e della Giunta.

Detto questo, l'argomento che abbiamo in discussione è la finanziaria. Anche qui, mi scuso con i componenti del Consiglio delle autonomie locali, credo che il Sindaco di La Maddalena ne faccia parte e bene ha fatto a intervenire a tutela delle autonomie locali. Però, insomma, io vorrei essere nei panni del Comune di La Maddalena, con o senza G8. Vorrei che tutti gli anni in Sardegna si spendessero 300 milioni di euro per un comune diverso. A questo punto saremmo tutti ben felici di organizzare il G8 sempre in Sardegna, anche se poi non lo si è fatto, perché non abbiamo avuto, per fortuna, dico io, quella disgrazia, quella giornata sciagurata in cui c'è stato il terremoto a L'Aquila. Quella sì è stata una giornata sciagurata, non il mancato G8 in Sardegna, sul quale voglio ricordare che una parte della sinistra era fortemente contraria e lo ha sempre manifestato.

Per cui, anche in questa situazione, siamo tutti uniti sul problema delle scorie? Certo che siamo uniti sul problema delle scorie, così come siamo uniti sul problema delle pale eoliche, l'abbiamo detto e l'abbiamo ripetuto. Sembrerebbe, però, che queste cose se le dice un rappresentante del centrodestra non abbiano valore, se le dice un rappresentante del centrosinistra sono vangelo! Ma può durare in eterno una storia come questa? O forse è meglio fare come fa il mio amico onorevole Mariani? Lo definisco amico, perché è stato mio compagno d'armi. E' una cosa che nasce da un'intelligenza veramente straordinaria, quella di semplificare le cose! Ma le vogliamo semplificare appena appena le cose? Ma sappiamo che cosa vogliamo mettere in questo Statuto? Ci siamo chiesti se è ancora giustificato uno Statuto come questo e se è giustificato fare una battaglia sul fondo indistinto per 378 o 377 comuni? Ci vogliamo sedere veramente a un tavolo e misurarci sul fondo indistinto, per portarlo poi a quella cifra che il presidente Cherchi avrebbe chiesto? Sediamoci, magari non in occasione della discussione di questa finanziaria, non credo che sia opportuno. Valutiamo se c'è veramente convenienza ad avere dodici Assessori o se ne dobbiamo avere solo sei. L'assessore Carta mi scuserà. I sindaci non andranno più a "pietire", non andranno più a bussare alle porte, non faranno più tutti quei viaggi della speranza alla ricerca di risorse aggiuntive al fondo unico. Benissimo, prendiamo tutte le risorse che per il momento sono nella disponibilità della Giunta, le trasformiamo in fondo unico, dopodiché i sindaci della Sardegna possono amministrare tranquillamente il loro territorio. Pensate che sia la soluzione? Pensate veramente che questa sia la soluzione? Io non ci credo, eppure credo di aver fatto l'amministratore locale quanto i sindaci che sono presenti in questo territorio, quanto i presidenti delle province che sono presenti in questo territorio. Ho toccato con le mie mani che cosa vuol dire amministrare, ma ho toccato con mano anche che ci sono dei problemi che da soli non siamo riusciti e non riuscirete a risolvere. C'è sempre necessità di avere il conforto della Regione, e la Regione ha il conforto dello Stato, o del Governo.

Voglio dire che se abbiamo le idee chiare su che cosa ci deve essere in questo Statuto noi siamo prontissimi. Il problema è che mi pare che qua idee chiare su come vogliamo il governo della Sardegna non ce ne siano. Il collega Maninchedda, e non solo lui, ha parlato di "Stato sardo". Benissimo definiamolo Stato sardo, definiamolo come vogliamo. Vogliamo l'indipendenza assoluta dallo Stato italiano? Non credo, non mi pare che ci sia nessuno in questa sala che lo abbia auspicato e chiesto.

ZUNCHEDDU (Comunisti-Sinistra Sarda-Rosso Mori). Come no? Io sì!

DIANA (P.d.L.). Insomma, quando il 98 per cento decide una cosa diversa, del 2 per cento ne teniamo conto, nel senso che ispira simpatia, ma per il resto siamo tutti tranquilli, insomma non ci sono problemi, non è che cambi il mondo! Anche perché io non sono un ciarlatano, io non sono uno degli ottanta ciarlatani del Consiglio regionale, lo dico al collega Ben Amara. Trattare da ciarlatani i parlamentari regionali o gli amministratori regionali non è mai corretto.

BEN AMARA (Comunisti-Sinistra Sarda-Rosso Mori). Non hai capito, ho detto "ciarlatanismo".

DIANA (P.d.L.). Ho capito benissimo! Io non ho letto cialtronerie all'interno del Programma regionale di sviluppo! Caro Ben Amara, ho capito benissimo e la invito ancora una volta a valutare bene le parole. Lei ha detto "ciarlatanismo"!

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare l'Assessore degli enti locali, finanze ed urbanistica. Ne ha facoltà.

ASUNIS, Assessore tecnico degli enti locali, finanze ed urbanistica. Signora Presidente del Consiglio, signor vicepresidente Cappai, signori consiglieri regionali e signori consiglieri delle autonomie locali, io so per gli interventi che si sono succeduti che alcuni di voi sono rimasti fortemente delusi dal fatto che il presidente Cappellacci abbia preferito, in luogo della partecipazione a questo incontro, dedicarsi a cose "meno importanti", quale la vicenda dei lavoratori dell'Alcoa e di tutti i lavoratori che voi, onorevoli consiglieri, sulla stampa continuate a identificare come soggetti primari a cui va il rispetto delle istituzioni, il rispetto del popolo sardo.

Devo dire, in tutta sincerità, che pur non avendo sentito eccessivi apprezzamenti nei confronti dell'attuale Giunta regionale proseguo nel mantenere un buon umore granitico. Sono molto contento di poter comunicare a tutti gli enti locali che i soldi per la strada Sassari-Olbia ci sono; sono molto contento di poter dire al popolo sardo che di fatto l'amministrazione regionale non si è dimenticata di loro, non si è di certo tirata indietro in riferimento ai problemi cogenti con i quali quotidianamente l'Esecutivo si trova a confrontarsi, non ultimo quello riferito alla tematica INPS e al possibile tentativo di azzeramento della presenza di segmenti importanti dello Stato nella nostra realtà isolana.

D'altronde, in riferimento ad alcune paure (qualcuno diceva: "I soldi sardi vengano restituiti"), a me hanno sempre insegnato che di norma i soldi prima bisogna portarli a casa. Solo dopo che sono a casa possono essere scippati e allora, giustamente, bisogna procedere a farseli restituire.

Devo dire anche che nei confronti delle autonomie locali ci deve essere, a mio giudizio, un grande rispetto da parte innanzitutto della Giunta regionale e, come io credo esista, dello stesso Consiglio regionale. Un rispetto che porti a un'equità, a una programmazione delle risorse finanziarie che non interessi esclusivamente alcune aree della Sardegna, ma porti una ricchezza compiuta su tutto il sistema. Perché l'esigenza di ricercare standard tali da consentire una vita sociale corretta è un'esigenza di coloro che vivono nel sistema costiero, ma è anche un'esigenza di coloro che vivono nelle parti interne della nostra Isola. E faccio riferimento, nello specifico, fra le tante, alla provincia e alla città di Nuoro, chiamata da molti l'Atene sarda.

Dico questo perché molto spesso, anche in riferimento alla giornata di oggi, ci siamo un po' tutti forse distratti rispetto a quello che io pensavo, ma mi è sembrato di coglierlo anche in alcuni interventi, fosse l'obiettivo primario, quello cioè di ragionare con gli enti locali e con l'associazione che raggruppa gli enti locali di tematiche che sono riferite al documento che la settimana prossima andrà all'attenzione dell'Aula. Stiamo parlando della legge finanziaria 2010. Pensavo, quindi, che il dibattito che doveva saltar fuori da questo momento felicissimo, in cui contestualmente due soggetti rappresentativi della nostra collettività isolana finalmente sono riusciti a incontrarsi nel medesimo spazio fisico, oggettivamente dovesse riguardare questo tema. Devo dire, peraltro, che le valutazioni che comunque sono derivate dagli interventi portano a dire inequivocabilmente che se troviamo un momento di coesione che vada ben oltre le contrapposizioni ideologiche, per le quali le aule si riempiono di dibattiti, mantenendo comunque la pancia dei sardi vuota, forse riusciamo a trovare un percorso per il quale non parliamo più di destra o di sinistra, non parliamo più di centro, ma forse parliamo di un soggetto politico che muove i suoi passi nell'identificare una soluzione che vada a vantaggio non degli uni o degli altri, ma della nostra collettività isolana.

Per quanto riguarda nello specifico la partita relativa alle aree interne, alle aree che in questo momento peraltro ci accolgono, l'amministrazione regionale e l'Esecutivo regionale sono fortemente impegnate nell'identificazione di processi che consentano di porle finalmente in interrelazione con il sistema litoraneo e di creare elementi di carattere economico-finanziario che diano nuovo impulso alle realtà locali. Noi peraltro, nel nostro percorso, abbiamo acquisito la piena consapevolezza che tutte le attività fatte dal Consiglio regionale, vuoi che fosse a maggioranza di centrodestra, vuoi che fosse a maggioranza di centrosinistra, dovessero essere prese come elemento di riferimento nell'azione di governo. E nello specifico, in riferimento agli enti locali, abbiamo ritenuto di dover dare ulteriore maggiore impulso alla tematica dell'associazionismo degli enti locali. Abbiamo identificato in questi pochi mesi, peraltro intervallati da un periodo estivo abbastanza contrastante con l'esigenza lavorativa, dei percorsi che ci hanno consentito di poter finalmente chiudere velocemente alcune partite riferite in modo particolare a una unione dei comuni che ricade nella provincia di Nuoro. Abbiamo anche chiuso alcune partite che risultavano sospese, non si capisce perché, e che non avevano portato all'identificazione e quindi al riconoscimento dell'unione dei comuni stessi.

Voi tutti sapete che le disposizioni legislative che attengono alla tematica dell'associazionismo fra gli enti locali identificano delle procedure, identificano quindi indirizzi e orientamenti, ma non identificano significative risorse finanziarie che consentano alle unioni di comuni, o alle comunità montane nello specifico, di avere gambe per assicurare l'erogazione di servizi in rete, per consentire alle stesse entità associate di iniziare a ragionare in termini complessivi, creando quindi le condizioni per identificare processi di programmazione che non sono limitati al singolo comune, ma che sono di fatto riferiti ad aree decisamente maggiori.

Voi, enti locali, in particolare avete avuto modo di rilevare anche che con la legge numero 3 dell'agosto di quest'anno il Consiglio regionale ha ritenuto di dover identificare un processo finalizzato al sostegno di iniziative rivolte alla formalizzazione di progetti strategici o di studi di fattibilità strategica in riferimento alle realtà locali, con particolare riguardo per la provincia di Nuoro a un numero significativo di comuni. La volontà, chiaramente, è quella di creare tutte le condizioni perché, pur con un bilancio regionale non eccessivamente ricco in termini di risorse finanziarie, si sviluppino quei momenti di coesione fra gli enti locali e di partecipazione attiva nel rapporto tra amministrazione regionale, amministrazione provinciale e amministrazione comunale che consentano un corretto utilizzo della risorsa finanziaria, tale da realizzare servizi e opere che siano effettivamente funzionali a migliorare il territorio e quindi le condizioni sociali delle nostre popolazioni.

Io credo, dal mio osservatorio, di poter anche lanciare un grido di sofferenza in riferimento a un'esigenza primaria, cioè all'esigenza di trovare un ulteriore forte rapporto di interrelazione tra l'amministrazione regionale e le autonomie locali attraverso la conferenza Regione-enti locali. Conferenza che in questi mesi in cui ho avuto il piacere di ricoprire la carica di Assessore sempre con grande difficoltà si è riusciti a riunire. Mi appello alle forze politiche presenti perché anch'esse, in un rapporto di collaborazione, tendano a incidere su questa problematica, al fine di assicurare quanto meno il numero legale e quindi di consentire agli enti locali, unitamente all'amministrazione regionale, di poter proficuamente mettere sul tavolo le problematiche più emergenti e di identificare processi che consentano di dare maggiore risposta al territorio, in uno spirito di forte collaborazione che la Giunta regionale ritiene indispensabile in questo momento storico di grandissima delicatezza, come è stato detto in qualche intervento, che vede la nostra Isola coinvolta in una crisi mostruosa, scusate il termine, che è crisi mondiale. Quindi non perdiamo le nostre energie nel cercare di individuare chi a livello locale potrebbe forse avere in qualche modo inciso in riferimento a questo sistema.

Signori, se riusciamo a trovare un rafforzamento nella collaborazione, quindi nella coesione in termini di strategie, tra amministrazione regionale ed enti locali credo che potremo rendere un vero, forte servizio alla nostra collettività. Vi ringrazio.

PRESIDENTE. Si conclude qui la seduta congiunta del Consiglio regionale e del Consiglio delle autonomie locali. Vorrei esprimere la mia soddisfazione per la seduta di questa sera. Certo si può fare sempre di più e meglio, ma sono convinta che questa occasione abbia significato un passo avanti, un'ulteriore possibilità attraverso un confronto più proficuo nei territori.

Ringrazio tutti voi per la partecipazione e comunico che il Consiglio regionale è convocato per mercoledì 25 novembre, alle ore 10, con il seguente ordine del giorno: documento numero 9/A (Programma regionale di sviluppo 2010/2014) e disegni di legge numero 65/A e 67/A (manovra finanziaria 2010-2013).

La seduta è tolta alle ore 19 e 53.