Seduta n.379 del 31/01/2013 

CCCLXXIX SEDUTA

Giovedì 31 gennaio 2013

(POMERIDIANA)

Presidenza della Presidente LOMBARDO

La seduta è aperta alle ore 16 e 37.

DESSI', Segretario, dà lettura del processo verbale della seduta pomeridiana del 12 dicembre 2012 (371), che è approvato.

Congedi

PRESIDENTE. Comunico che i consiglieri regionali Ignazio Artizzu, Gianfranco Bardanzellu, Antonio Cappai, Mario Diana, Sergio Obinu, Alberto Randazzo, Adriano Salis, Paolo Terzo Sanna e Angelo Stochino hanno chiesto congedo per la seduta pomeridiana del 31 gennaio 2013.

Poiché non vi sono opposizioni, i congedi si intendono accordati.

Richiesta di procedura abbreviata

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare l'Assessore degli enti locali, finanze ed urbanistica. Ne ha facoltà.

RASSU (P.d.L.), Assessore degli enti locali, finanze ed urbanistica. Presidente, chiedo che venga esaminato dall'Aula con procedura abbreviata (quindi in base all'articolo 101 del Regolamento interno) il disegno di legge numero 481.

PRESIDENTE. L'Assessore ha chiesto, per il disegno di legge numero 148, che è pervenuto ieri al Consiglio e che è stato assegnato alla prima Commissione, l'utilizzo della procedura abbreviata che prevede la riduzione dei termini stabiliti dal comma 4 dell'articolo 48 del nostro Regolamento. I termini di dieci giorni per la presentazione da parte della Commissione delle relazioni in Aula verrebbero quindi ridotti a cinque.

La Conferenza dei Capigruppo ha già deciso che il testo venga esaminato dalla Commissione nella giornata di mercoledì mattina.

Metto in votazione la richiesta dell'Assessore. Chi la approva alzi la mano.

(E' approvata)

Continuazione della discussione generale del testo unificato: "Legge statutaria elettorale ai sensi dell'articolo 15 dello Statuto speciale per la Sardegna" (1/STAT, 2/STAT, 5/STAT, 6/STAT, 8/STAT, 11/STAT, 7/STAT (PARTE I), 9/STAT (PARTE I), 12/STAT (PARTE I), 13/STAT (PARTE I). PARTE I/A-STRALCIO)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la continuazione della discussione generale del testo unificato numero 22 (stralcio).

E' iscritto a parlare il consigliere Cuccureddu. Ne ha facoltà.

CUCCUREDDU (Gruppo Misto). Ringrazio i pochi presenti che non tedierò utilizzando per intero i venti minuti disponibili, voglio però esprimere alcune riflessioni sull'argomento all'ordine del giorno. Io ho sentito oggi diversi interventi in Aula che sembravano contraddire, nel contenuto, il voto a larghissima maggioranza espresso ieri. Quasi tutti, cioè, hanno detto che era importante e opportuna una riflessione unitaria, ragionare in maniera sistematica sulle questioni relative alla legge statutaria e a quella elettorale. Qualcuno ha ritenuto invece - in maniera particolare, mi pare, l'abbia fatto l'onorevole Bruno - che parlare di legge elettorale in questo momento sia un esercizio autoreferenziale che poco interessa i sardi.

Io sono uno di coloro che, invece, è assolutamente convinto del fatto che ieri si sia persa un'occasione, si sia commesso un errore nel non discutere almeno di alcuni principi della legge statutaria, ma sono anche convinto che si sia commesso un errore anche prima, in Commissione, quando il lavoro svolto (lavoro, credo, anche svolto con impegno, con serietà) di esame della legge statutaria si è poi risolto in uno stralcio di tutto ciò che riguardava gli aspetti importanti di una nuova forma di governo per la Regione Sardegna, circoscrivendo l'esame alla sola parte più strettamente connessa con l'aspetto elettorale. Ci si è occupati, in sostanza delle questioni legate ai conflitti di interessi, all'incandidabilità, all'ineleggibilità e alla incompatibilità, mentre sono state stralciate le parti che affrontavano le questioni legate ad una migliore organizzazione degli organi della Regione.

Questo significa mantenere inalterato quel sistema di poteri fallimentare che ha governato questi sessant'anni della nostra autonomia regionale senza intaccare minimamente il meccanismo e l'articolazione dei poteri pubblici in Sardegna, la cosiddetta architettura istituzionale o, se volete, la declinazione del federalismo nel nostro federalismo interno.

Ecco, io credo che spesso, spessissimo in quest'Aula ci contraddiciamo, anzi, forse quello di contraddirsi facendo finta di non essersi contraddetti, a distanza anche di brevissimo tempo, è anche uno sport. Così capita che magari prima si chiede di non toccare lo Statuto in nessuna sua parte se non attraverso un'assemblea costituente, poi si procede, invece, ad interventi quali il voto in Consiglio per la riduzione dei consiglieri, e andiamo orgogliosi di aver violato un principio per il quale abbiamo chiesto il voto di 525 mila sardi. Oppure, parallelamente, chiediamo il voto sempre per l'assemblea costituente, ma allo stesso tempo chiediamo anche che ci si pronunci sul presidenzialismo.

Quindi, una delle scelte fondamentali dell'architettura istituzionale, quella di un governo parlamentarista o presidenzialista, l'abbiamo fatta a prescindere dall'assemblea costituente, che sarebbe dovuto essere l'organo di esperti eletti col sistema proporzionale che avrebbe dovuto dare indicazioni precise e vincolanti forse anche a questo Consiglio regionale sull'organizzazione della nostra Regione.

Allora, io sarò probabilmente l'ultimo ottimista rimasto in questo Consiglio, però mi auguro che lo stralcio effettuato ieri non significhi buttare a mare il lavoro di un anno circa, forse oltre, in materia di riforme. Io non credo più che questa possa essere una grande legislatura riformatrice, non lo credo affatto, salvo per quel piccolo intervento relativo alla riduzione dei consiglieri regionali. Credo però che sarebbe veramente grave, scellerato forse, che tutti noi buttassimo a mare quel poco di lavoro fatto almeno per quanto concerne la statutaria.

Ritengo che il primo argomento da affrontare in prima Commissione sia l'elezione del nuovo Presidente (e per questo credo che servirà anche un minimo di dibattito) perché se al primo giorno utile (che è il quinto) per fare le relazioni, si dovesse ancora eleggere il Presidente che deve organizzare i lavori della prima Commissione, ciò non agevolerebbe certamente l'organizzazione corretta dei lavori di quella Commissione o in generale di questo Consiglio regionale.

Io mi auguro realmente che si possa lavorare con ordine, che si possa procedere ad approvare quel minimo di riforme che possano consentirci di diventare un modello anche per altre istituzioni, senza limitarci a seguire sempre lo Stato, perché sino ad ora la Regione Sardegna è andata sempre al traino delle riforme arrivate dallo Stato, compresa quella sul presidenzialismo.

Qualcuno parlava di terza legislatura col sistema di elezione presidenziale diretta, invece siamo solo alla seconda e già ci pesa quel meccanismo di elezione e sentiamo la necessità di porre dei contrappesi. Dobbiamo inventarci noi un sistema e studiarlo, pensarlo, ragionarlo, meditarlo e praticarlo, un sistema in cui possiamo essere un modello. Allora io credo che se vogliamo contrastare questo clima diffuso di antipolitica, questo clima di avversione verso i rappresentanti delle istituzioni che rasenta a volte anche le tentazioni anarchiche, i modelli non siano tanti.

Io credo che ci siano solo due strumenti per riavvicinare le istituzioni ai cittadini. Un primo strumento è quello di spostare il più possibile le scelte amministrative gestionali al livello istituzionale più vicino alla popolazione, e cioè i comuni, dove il rapporto fiduciario si rinnova quotidianamente. Ogni giorno il sindaco, quando va in edicola a comprare il giornale o al bar a prendere il caffè, viene fermato dai cittadini. Il rapporto con i cittadini, quindi non si esaurisce una volta ogni cinque anni con una delega elettorale. Del resto, a seconda dello spread o delle quotazioni in borsa cambiano le politiche nazionali, figuriamoci se non cambiano quelle regionali o delle istituzioni di livello più basso. Non si può più pensare una delega in bianco per cinque anni, bisogna necessariamente avvicinare i cittadini agli eletti, dandogli la possibilità di controllare ciò che realmente fanno e di incidere quotidianamente sulle scelte di governo.

L'altro strumento per avvicinare le istituzioni ai cittadini è un ripensamento globale del sistema della democrazia rappresentativa, che porti ad una riduzione del potere e degli ambiti delle assemblee legislative a favore di forme di democrazia diretta, che non possono essere più rappresentate solo dal vetusto strumento referendario. Bisogna pensare a forme di e-democracy, bisogna pensare a forme di consultazione diretta che permettano di tastare il polso dei cittadini frequentemente su temi anche di non grandissima importanza. Solo così, solo responsabilizzando i cittadini forse si riuscirà a conservare la credibilità delle istituzioni che noi rappresentiamo.

Ho detto quindi che non sono assolutamente favorevole allo stralcio, ho detto che sono favorevole a uno Statuto ridotto all'osso che disciplini l'ambito di governo. Avremmo potuto approfittare dell'occasione della riduzione dei consiglieri per rivendicare qualche altra competenza (per esempio in materia ambientale, in materia di beni culturali, in materia di continuità territoriale) invece non l'abbiamo fatto, l'ambito delle nostre competenze è rimasto lo stesso, il patto con lo Stato rimane lo stesso, ma la forma di governo, l'architettura istituzionale abbiamo la possibilità di modificarla e mi auguro che, in questo scampolo di legislatura, benché molto ridotto, questo impegno venga assunto da tutti.

Ammetto che mi ha anche provocato un po' di fastidio sentire in continuazione interventi del tipo: la maggioranza, il governatore Cappellacci.... No, se fallisce la legislatura su questo tema è un fallimento di tutto il Consiglio regionale, è un fallimento personale di ciascuno di noi. Non credo, infatti, che le regole le possa imporre il Presidente; anzi, mi auguro che una delle prime scelte - e in questo non condivido l'intervento dell'onorevole Campus, perché la scelta deve essere netta- sia quella della separazione delle competenze tra organo legislativo e organo esecutivo. Ci devono essere due votazioni, due scelte: una per l'Esecutivo, per il Presidente, per chi, cioè, deve governare un programma, l'altra per i legislatori, per eleggere dei consiglieri che saranno chiamati ad approvare gli atti legislativi. Più riusciremo a creare una netta separazione tra legislativo ed esecutivo, più credo che ne beneficerà la produzione legislativa, anche perché non potrà più avere l'alibi per dire: è la maggioranza che deve fare le regole, è il Presidente che ha una qualche responsabilità di impulso.

Qui la responsabilità è di tutti noi, le regole devono valere non per una legislatura ma devono valere negli anni, compresa la legge elettorale che forse sarà la legge più importante che vareremo in questa legislatura. E se dovrà valere negli anni necessariamente richiederà la più ampia condivisione possibile.

Quindi, certo che c'è la crisi della rappresentanza, ma questa non è sicuramente una norma autoreferenziale. Le regole della democrazia, le regole della rappresentanza sono essenziali, credo che i cittadini guarderanno con grande attenzione il testo di questa norma così come hanno guardato con grande attenzione un'altra norma che per lo stesso motivo sarebbe dovuta essere autoreferenziale: quella sul numero dei consiglieri, dei componenti di questa Assemblea. Le regole che noi porremo a tutela di chi dovrà governare e di chi dovrà rappresentare le minoranze saranno fondamentali per capire se siamo una democrazia matura oppure no.

Il testo di questa legge, dicevo, è stato privato di alcune parti che a mio avviso erano fondamentali. Tra queste non vi è certo, però, quella relativa alle primarie per l'elezione del Presidente, perché ho sempre ritenuto che le primarie fossero un'aberrazione anche dal punto di vista costituzionale. Chiunque, infatti, a mio avviso, deve avere la possibilità di candidarsi a qualunque carica, compresa quella di Presidente, senza nessuna imposizione, tanto più di legge, perché ciò implicherebbe dei vincoli a delle libere associazioni (quali sono i partiti) che devono poter decidere autonomamente se e come organizzare le primarie, se e come violarle (com'è avvenuto, per esempio, di recente per il P.D.) in tutto o almeno in parte.

Quindi deve essere assolutamente garantita ai partiti questa libertà di decidere al loro interno come vogliono o comunque, a chi non fa parte dei partiti, di decidere di candidarsi se ritiene di avere le possibilità e il sostegno di sottoscrittori previsto dalla legge.

Sono stati toccati stamattina alcuni punti che, secondo me, sono importanti; uno di questi - ne parlo per inciso ma voglio chiarire in maniera netta il mio pensiero- è quello della preferenza unica o doppia preferenza di genere. Io ho condotto le battaglie nel 92 con i Popolari per la riforma sulla preferenza unica e sono sufficientemente anziano per ricordare la mia prima elezione a consigliere comunale, avvenuta quando c'erano le quattro preferenze, le preferenze multiple, le cordate, le correnti, i gruppi, i capicorrente, i capibastone che indicavano ai propri elettori (allora sulla scheda si poteva votare scrivendo i numeri di lista) le sequenze esatte, magari cambiando di volta in volta l'ordine di sequenza per controllare il voto della singola famiglia e, all'interno della famiglia, quello del singolo componente del nucleo familiare.

Ho fatto delle grandi battaglie ma non solo io, le abbiamo fatte in tanti qui, molti di coloro che oggi fanno parte di diversi partiti rappresentati in questo Consiglio si sono battuti per eliminare le doppie preferenze di qualunque genere fossero per arrivare alla preferenza unica, per scegliere il migliore, per scegliere colui che il singolo cittadino ritiene essere migliore o ritiene essere quello che può rappresentarlo. Questa è stata una conquista e credo che l'equilibrio nella rappresentanza di genere sia sicuramente è un obiettivo nobile, ma non possiamo svendere questo altrettanto importante principio che è costato anni di battaglie, portate avanti in maniera particolare dall'onorevole Mario Segni, che hanno cambiato e ammodernato il sistema politico istituzionale italiano.

Ora meccanismi per arrivare a un maggiore equilibrio della rappresentanza di genere ce ne sono diversi, credo però che il più sbagliato in assoluto sia quello della doppia preferenza. Ci possono essere meccanismi per la parità di accesso che garantiscono le stesse opportunità nelle liste (facendo in modo che in esse non ci sia più del 60 o del 55 per cento di uomini piuttosto che di donne, garantendo quindi uguaglianza di condizioni di partenza) ma introdurre un meccanismo aberrante come quello della doppia preferenza ci farebbe compiere un passo indietro di almeno vent'anni, facendoci tornare alle correnti, agli accordi, alle camarille. Assisteremmo al fenomeno di leader di alcuni collegi che trascineranno in lista una donna solo per potersi candidare, o magari a quello inverso di donne forti elettoralmente in altri collegi che si trascineranno un uomo al loro servizio.

C'è poi il problema del listino. Io credo che forse questo sia uno dei principali motivi per i quali questa legge sia arrivata in Aula con gli stralci. Io sono assolutamente favorevole che i 60 consiglieri (59 più il Presidente) abbiano tutti una legittimazione elettorale, fosse per me anche gli Assessori dovrebbero avere tutti una investitura politica. Invece in questa Regione, e non solo in questa, ahimè, capita che i direttori generali degli assessorati, che sono figure tecniche, siano scelti con metodi politici, per fedeltà partitica, mentre gli Assessori, che sono figure politiche, che devono fare le scelte perché condividono un progetto, perché su quel progetto hanno chiesto il consenso e hanno ottenuto il consenso dai cittadini, vengano scelti per le loro competenze tecniche. Ecco, io credo che sia opportuno rimettere a posto le caselle e far sì che chi governa governi sulla base di un mandato dei cittadini, sulla base delle specifiche competenze che avrà, sulla base di un progetto che ha proposto, e sulla base di quel progetto (se farà parte della coalizione che vincerà, e se avrà chiaramente la fiducia del Presidente) dovrà portare avanti quelle politiche e sarà giudicato per quelle. Non dovrà quindi essere una figura tecnica.

Del resto abbiamo visto che anche i tecnici che sono stati a capo degli Assessorati oggi in molti casi sono diventati politici e si sono candidati alle elezioni Quindi spesso l'incarico di assessore tecnico è diventato semplicemente una scorciatoia per fare politica.

Entrando nel merito del meccanismo elettorale mi preme sottolineare che non esiste più il problema di non superare i 60 consiglieri, perché abbiamo scelto il sistema dei comuni a numeri bloccati, e il sistema dei comuni, checché se ne possa dire, è un sistema che funziona e che funziona bene. Questo non significa che tutti i sindaci siano capaci o risolvano i problemi, o che non cadano prima, o che consiglieri comunali non possano sfiduciare il sindaco (ci mancherebbe altro!); significa che il meccanismo elettorale dei comuni è un meccanismo che ha garantito stabilità e che ha garantito ai sindaci e alle amministrazioni comunali la possibilità di presentare un programma e di governare sulla base di quel programma.

Ecco, quel meccanismo che elegge maggioranza e minoranza, 36 a 24 nel caso di 60, o nel caso in cui non si raggiungesse il 40 per cento un po' meno (ma è giusto che sia così e che ci sia la possibilità di accordi di volta in volta in Consiglio regionale) credo che sia il sistema migliore che potessimo utilizzare.

Io vorrei fare un esempio, uno solo, ma ne potrei fare diversi, sulla distinzione tra legislativo ed esecutivo proprio legato all'elezione dei Consigli regionali. In Sicilia, per esempio, da poco è stato eletto un Presidente che non ha maggioranza, la cerca in Aula, la cerca di volta in volta e non per questo si dimette. Quindi il premio al 55 per cento non significa che non si valutino i provvedimenti di volta in volta.

Soglie di sbarramento. Credo che sia fondamentale ragionare sulle coalizioni più che sui partiti; le soglie di sbarramento sui partiti potrebbero determinare, infatti, degli effetti paradossali ed aberranti, quali, per esempio, quello di eleggere un Presidente che non avrebbe neppure un consigliere eletto qualora fosse collegato a dieci partiti che non raggiungessero la soglia di sbarramento, ma assieme raggiungessero il 30 per cento dei voti. Quindi stiamo attenti sulle soglie.

Per il resto credo che questa possa essere una buona legge e che possa dare il là anche al recupero dei provvedimenti che abbiamo stralciato ieri in prima Commissione per portarli rapidamente all'attenzione di questo Consiglio.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Cossa. Ne ha facoltà.

COSSA (Riformatori Sardi). Presidente, con amarezza ieri abbiamo preso atto della formazione in quest'Aula di un fronte consociativo molto ampio per tradire il referendum. Io vorrei ribadire in questa sede che, così come la legge elettorale, anche il tema dell'abolizione delle Province non può essere considerato un tema di maggioranza, ma deve essere un tema del Consiglio, perché le maggioranze registrate nel referendum erano così ampie, hanno visto una partecipazione così vasta di elettori di tutte le parti politiche (ovviamente di destra, tantissimi di sinistra) che ridurlo ad una questione di maggioranza è, oltre che riduttivo, anche umiliante, considerata la sua importanza. E nascondersi dietro la foglia di fico della incostituzionalità significa fare ricorso ad argomenti che a noi sembrano assolutamente speciosi.

Tante volte questo Consiglio regionale ha approvato delle leggi (penso per esempio a leggi che riguardavano i precari, penso a leggi in materia di urbanistica, penso a leggi su diversi argomenti) sulle quali aveva la piena consapevolezza delle debolezze costituzionali, o spesso anche della piena incostituzionalità dei testi da approvare, eppure sono stati approvati. E la famosa sentenza numero 48 del 2003, che viene invocata per sostenere la tesi della incostituzionalità dei commissariamenti, riguarda una fattispecie che è affatto diversa rispetto a quella che noi ci troviamo davanti in questo momento.

Noi crediamo che il Consiglio debba approvare la legge, se poi il Governo vorrà impugnarla la impugni, il Consiglio farà le sue valutazioni, ma noi crediamo che il dovere principale del Consiglio sia quello di dare attuazione al referendum. Crediamo anche che un comportamento omissivo del Consiglio, quello sì, sarebbe fortemente sospettato di essere anticostituzionale. Noi siamo convinti che il commissariamento sia l'unica possibilità, l'unica strada che si possa percorrere, per realizzare la riforma delle Province, per giungere, in prosieguo di tempo (approvando anche la modifica statutaria che serve per abolire anche le quattro province storiche) a realizzare la riforma del sistema degli enti locali, con il trasferimento delle competenze delle Province agli altri soggetti istituzionali, la Regione e gli Enti locali. E che sia questa l'unica strada ne abbiamo la "prova provata".

Questo Consiglio si è inventato nel maggio dell'anno scorso l'istituto delle gestioni provvisorie. Non si è voluto parlare di commissariamento: si è approvata una legge che in qualche maniera voleva dilazionare l'attuazione del referendum e che ha introdotto quindi la norma sulle gestioni provvisorie. Le gestioni provvisorie altro non erano che la prosecuzione, senza sostanziali modifiche, della vita e dell'attività delle Province, che hanno continuato a svolgere l'ordinaria e la straordinaria amministrazione, senza fare assolutamente nulla di quello che la legge imponeva loro. E questo io credo che debba farci riflettere sui provvedimenti da adottare e su come tradurre in atto quello che la stessa legge del maggio del 2012 ha sancito prendendo atto del referendum: che cioè le province sono abolite tutte, non soltanto le quattro di nuova istituzione.

Anche in questa discussione si è parlato di abuso dell'istituto referendario dimenticando però il fatto che, se non si fossero fatti i referendum, di abolizione delle province in Sardegna non se ne sarebbe più parlato, così come non se ne parlerà più probabilmente a livello nazionale dopo che è decaduto il decreto del Governo Monti (a seguito della caduta prematura del Governo e della fine anticipata della legislatura) che prevedeva una, dal mio punto di vista, poco coraggiosa razionalizzazione.

Vorrei anche osservare che se non fosse stato per i referendum probabilmente, dico probabilmente, sarebbe anche passata inosservata la decadenza per fine legislatura -non dimentichiamoci che era molto facile che non superasse la quarta lettura - della proposta di legge costituzionale sulla riduzione del numero dei consiglieri regionali.

Noi crediamo che la forte spinta che è venuta dalla Sardegna attraverso il referendum abbia avuto il suo peso nell'indurre la Conferenza dei Presidenti di Gruppo della Camera a fissare, in maniera abbastanza inusuale, una seduta della Camera a camere sciolte per approvare, insieme ad altri provvedimenti, in quarta lettura la proposta di legge costituzionale che ci consente oggi di ragionare finalmente di un Consiglio regionale non più di 80 ma di 60 componenti.

Oggi esaminiamo la legge elettorale e ci sembra che anche questa sia un'ulteriore occasione che il Consiglio regionale sta perdendo, anche per il rischio denunciato dal Presidente Maninchedda. Proprio ieri, infatti, il Presidente Maninchedda, aveva sottolineato la delicatezza della materia e il rischio di giungere ad un sistema elettorale fatto di rattoppi e di assemblaggio di pezzi di una legge costruita essenzialmente sull'impianto di una legge nazionale, realizzando un pasticcio che, oltretutto, non rende giustizia all'impegno e al pregevole lavoro che è stato svolto dalla Commissione, soprattutto dal suo Presidente.

Ma questa legge contiene anche la violazione di un referendum che è quello sulle primarie. Anche qui abbiamo una "foglia di fico", una norma programmatica della quale è lecito dubitare si possa dare attuazione nei tempi brevi che sarebbero richiesti, che non è operativa, che ha bisogno per essere operativa di una ulteriore legge e che disattende la precisa indicazione referendaria di uno dei referendum consultivi.

Il collega Cuccureddu poco fa ha criticato il sistema delle primarie argomentando sulla necessità di lasciare ai partiti la libertà di decidere il Presidente da proporre agli elettori. Io vorrei offrire un elemento di riflessione al collega Cuccureddu. Dal mio punto di vista c'è una distinzione tra libertà e arbitrio; tante volte - e la legge elettorale nazionale, il cosiddetto porcellum, ne è la dimostrazione - la libertà dei partiti non è libertà, è arbitrio: poche persone decidono infatti chi sarà candidato alle elezioni e in quale posizione sarà inserito nella lista. Da questo punto di vista io credo che lo sforzo profuso dal P.D. nel mandare avanti le primarie sia stato uno sforzo importante che debba essere riconosciuto, ma al tempo stesso abbia rappresentato la dimostrazione che un aspetto così delicato non possa che essere disciplinato con norme di legge, non lasciato alla disciplina interna dei partiti.

Soprattutto voglio aggiungere, Presidente, che questa legge rischia davvero di scivolare in maniera evidente nell'incostituzionalità se non si affronta seriamente il problema della parità di genere. E' un tema sul quale noi Riformatori abbiamo ripresentato un'articolata proposta di legge che esamina il tema non soltanto limitatamente alla problematica elettorale, ma anche nei diversi aspetti della vita istituzionale. Riteniamo che questo sia un aspetto importante sul quale ci riserviamo di intervenire; sono stati presentati degli emendamenti, ci riserviamo eventualmente di sostenerli in aula.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Uras. Ne ha facoltà.

URAS (Gruppo Misto). Presidente, tutti quanti noi sappiamo che questo è un provvedimento monco; da tempo ormai lunghissimo non riusciamo ad approvare una legge rinforzata, una legge statutaria che tratti tutti gli argomenti che sono indicati nell'articolo 15 dello Statuto, perché la politica fa prevalere alcune strumentalità, alcuni interessi di gruppo, piuttosto che gli interessi generali. Quindi è difficile organizzare una maggioranza capace di esprimere in modo compiuto non solo un sistema elettorale, ma una forma di governo, le modalità di elezione degli organi della Regione, le relazioni normali e le relazioni tra gli stessi organi, la partecipazione popolare all'iniziativa legislativa e una possibilità di intervento diretto del popolo sulle disposizioni di legge.

Noi purtroppo siamo in questa condizione e dobbiamo prenderne atto. Oltretutto c'è l'ulteriore aggravante che questa è una legislatura morta (non l'abbiamo ancora seppellita ma poco ci manca) una legislatura sostanzialmente improduttiva rispetto a quello che avrebbe potuto fare, rispetto agli obiettivi che si sarebbe dovuta porre in ragione anche delle difficoltà che attraversa la Sardegna, della pesantezza della crisi, dell'assenza di lavoro, della condizione di disagio in cui si trova la nostra comunità. E allora, per poter agevolare il seppellimento di questa legislatura noi abbiamo bisogno di uno strumento che ne faccia partorire un altro, che porti all'avvio di una nuova legislatura che non sia viziata come questa, che sia poco poco meglio, che abbia cioè le caratteristiche di rappresentatività delle esigenze, dei bisogni della nostra comunità e sia in grado di assolvere al compito di governo dei problemi e della cosa pubblica che l'Esecutivo e il Consiglio regionale unitariamente devono affrontare.

Queste quattro norme servono a questo. Non sono una grande cosa, anzi la mia opinione è che siano anche, come dire, un fatto obbligato. Se fosse stato per me sarei intervenuto per prima cosa sulla forma di governo, avrei cancellato questa aberrazione di presidenzialismo che ha prodotto un decennio di instabilità e un decennio di improduttività e anche, come dire, una condizione di confusione generale nel sistema istituzionale regionale e locale.

Io avrei scelto una forma di governo diversa, più partecipata, più garantista, una forma di governo che consentisse un impegno corale della nostra comunità, una guida, non prepotente ma capace di coordinamento, del coordinamento delle migliori qualità di cui può essere espressione la nostra popolazione, le istituzioni culturali, quelle locali, il sistema delle organizzazioni politiche e sociali. Però questa non è la scelta che è stata fatta anche in Commissione; è stata fatta la scelta di una forma di governo presidenzialista.

Io avrei separato nettamente le modalità di elezione e le funzioni tra quelle di governo e quelle legislative e di controllo per consentire al Consiglio regionale di avere una personalità propria, di condividere al proprio interno il produttivo compromesso di interessi sociali ed economici che in questa sede vengono a confronto, libero dai condizionamenti del Governo e del suo Presidente, anche se eletto direttamente dal popolo come il Consiglio regionale. Avrei cioè distinto nettamente non solo le funzioni ma anche i tempi di elezione e le modalità attraverso le quali si deve esprimere il consenso popolare. Ma purtroppo non siamo in questa condizione, e allora dobbiamo affrontare le cose come sono.

C'è una norma costituzionale - lo dico anche ai colleghi disattenti - che ci impegna su tre questioni che non sono superabili con furbizie, con modalità, come dire, anche acrobatiche dal punto di vista lessicale o giuridico.

La prima questione riguarda l'impossibilità di questo prossimo nostro Consiglio regionale di eccedere nel numero stabilito dalla norma dello Statuto. 60 consiglieri sono, 60 devono rimanere. La seconda riguarda l'obbligatorietà di considerare la rappresentanza delle aree spopolate della nostra Regione, quindi quei territori devono trovare comunque, in ogni caso, una rappresentanza politica. La terza questione riguarda l'equilibrio di genere nell'accesso alla carica elettiva. Badate bene: quando dico accesso alla carica elettiva non intendo presenza nelle liste, intendo elezione. E la collega Barracciu ci ricorda - e non solo lei, anche le altre donne, non solo quelle che sono impegnate in politica ma tutte, tutte le donne sarde - che ci sono già esempi di intervento dei tribunali quando quel principio costituzionalmente garantito non è stato rispettato. Fosse per me prevedrei per ogni partito l'obbligo di presentare due liste: 30 donne e 30 uomini articolati per territori, garantendo ad ogni territorio, anche quello meno popoloso, la possibilità di esprimere la totale parità di genere.

Ma arrivo anche a ragionare sulla possibilità di condividere con tutti voi modalità che comunque rispettino il principio che nella norma dello Statuto riformata è contenuto, perché a proiezioni di questo genere, a progressioni di questo tipo non si può frapporre alcuna resistenza che sia solo anche parzialmente motivabile. Non c'è motivazione alcuna da frapporre al raggiungimento della parità di genere.

Noi siamo un paese arretrato, siamo una Regione arretrata (sotto questo profilo e non solo sotto questo profilo, anche in altri campi) per cui se questo provvedimento, che non mi piace affatto, forse in nessuna delle sue parti, deve trovare luce, deve trovare luce se rispetta questo principio, se no è come fare un esercizio inutile. Se noi andiamo al voto vi garantisco che la mia parte politica, io stesso, siamo disposti ad agire sotto ogni punto di vista, anche legale per far rispettare il principio costituzionale che, con il voto di una legge elettorale che non ne tenesse conto, il Consiglio regionale violerebbe.

Quando dico questo, siccome stiamo parlando di una norma statutaria, mi riferisco anche alla possibilità di accedere al referendum, e perché si eviti il referendum, anche quello promosso da parte dei consiglieri regionali, è necessario che l'approvazione avvenga a maggioranza qualificata. E non sarebbe tanto corretto cambiare le regole sul referendum dopo che abbiamo fatto la legge elettorale, perché se lo si fosse fatto prima avrebbe avuto un senso, ma se lo si fa dopo ne ha uno totalmente diverso, cioè quello di voler impedire la difesa di principi sanciti nella Costituzione richiamati nella norma dello Statuto che qua si intende violare.

Noi non ci stiamo, non si deve fare i furbi. Il popolo sardo, come il popolo italiano, come quello europeo, è fatto da uomini e donne, e tutti e due hanno gli stessi identici diritti. Non vorremmo inventare l'apartheid di genere? Non vorremmo essere il Sudafrica di un tempo? Noi abbiamo il dovere di stare dentro questo seminato, perché è un seminato tracciato dalla Costituzione repubblicana approvata dopo e in ragione degli effetti e dei risultati della guerra di liberazione, liberazione da tutti i nostri limiti culturali.

L'altra questione riguarda la soglia di sbarramento, perché anche lì è in gioco un problema di democrazia. Le minoranze vanno rispettate, e lo abbiamo visto anche in questa legge. Se la stabilità di governo è garantita dai premi di maggioranza, la rappresentanza plurale della politica deve essere fatta salva, e non serve mettere sbarramenti al 5 per cento dei gruppi di lista, e non serve farlo soprattutto se si pensa che, così facendo, andiamo ad escludere formazioni politiche con alto tasso di autonomismo, di connotato identitario, di relazione con la cultura e la storia anche indipendentista di questa Regione. Quella cultura indipendentista che in molte circostanze viene evocata anche da formazioni politiche, anche da personalità politiche dei partiti maggiori, anche nazionali, come strumento di campagna per la raccolta di consensi, e poi dimenticata, accantonata, asservita.

Allora anche su questo terreno noi faremo una battaglia coerente; siamo disponibili ad andare alla costruzione di una legge elettorale condivisa che abbia queste due fondamentali caratteristiche: il rispetto sostanziale del dettato normativo costituzionale e il rispetto sostanziale della pluralità delle posizioni, delle culture, delle opinioni politiche Su questo terreno ci assestiamo, sul resto abbiamo la possibilità tranquilla di convergere in modo razionale verso le migliori soluzioni che tutti quanti noi sapremo proporre.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Steri. Ne ha facoltà.

STERI (U.D.C.-FLI). Oggi iniziamo la discussione sulla legge statutaria elettorale. Noi, dal primo giorno in cui ha avuto inizio questa legislatura, abbiamo richiamato l'attenzione sulla necessità che questa fosse una legislatura costituente in quanto credevamo che questo fosse uno dei motivi essenziali che giustificavano la nostra presenza in questa Assemblea. Abbiamo cercato in tutti i modi di sollecitare tutte le forze politiche ad aiutarci nell'andare avanti e ottenere questo risultato, purtroppo è evidente, essendo al termine della legislatura, che questo non è avvenuto, e non è avvenuto anche perché taluni che oggi si battono sulle riforme hanno mostrato il pollice verso.

Molte volte, infatti, quando si parla si fa demagogia, si va avanti e si parla di riforme non perché si creda in quella riforme ma all'esclusivo scopo di richiamare l'attenzione elettorale. Se in quelle riforme si fosse creduto, se tutte le nostre sollecitazioni ad andare avanti avessero avuto un seguito, oggi forse avremmo fatto qualcosa di più. Ricordo per tutti l'esempio della riduzione dei consigli di amministrazione, la legge presentata dai partiti del Terzo polo, primo firmatario l'onorevole Capelli: abbiamo chiesto in aula di discuterla, ed hanno votato contro anche coloro che dicevano e dicono di volere le riforme. Quindi è solo ed esclusivamente demagogia, solo ed esclusivamente ricerca di tornaconti elettorali, non volontà di perseguire gli interessi generali, che devono essere perseguiti a prescindere dalle posizioni di parte.

Non si può parlare di legge elettorale pensando solo a come approvare norme che salvaguardino il proprio seggio, la possibilità per tizio di essere eletto e quant'altro. Questo lo dico con assoluta tranquillità e disinteressatamente, perché io sono stato eletto nel listino, il listino è destinato a scomparire, questa mia esperienza volge al termine, quindi non ho l'interesse elettorale di essere ricandidato e di essere eletto, pertanto dico esattamente quello che penso, quello che pensa il mio Gruppo.

Rivendico per il mio Gruppo di essere il Gruppo che più insistentemente ha chiesto tutte le riforme e che ha tenuto un comportamento improntato alla coerenza. Noi siamo il partito che, appena si è deciso di ridurre il numero dei consiglieri di amministrazione, lo abbiamo fatto facendo dimettere il giorno dopo i nostri rappresentanti, e ci attendevamo che altri, quantomeno, facessero dimettere i loro.

Questa, signor Presidente, è la situazione, una situazione in cui non siamo riusciti a fare delle riforme, una situazione in cui oggi dobbiamo fare questa norma di legge elettorale necessitata. E' vero quanto ha detto l'onorevole Maninchedda e altri, che in quest'aula si sarebbe dovuto parlare anche del Titolo I, quindi della forma dei poteri, del problema dei rapporti Giunta-Consiglio. Sappiamo tutti che la riforma costituzionale del 2001 ha fatto venire meno quel sistema, che avevano pensato i padri costituenti, di pesi e contrappesi che garantivano il sistema democratico. Lo sappiamo tutti, ma le riforme non si fanno a colpi di maggioranza, le riforme si fanno tutti insieme.

Può essere soprattutto responsabilità della maggioranza non essere riusciti a spingere verso questo risultato, siamo d'accordo, ma, così come noi abbiamo combattuto la riforma della Costituzione che aveva approvato Berlusconi a suo tempo, e abbiamo votato contro nell'occasione del referendum, così come eravamo contrari alla modifica del Titolo V della Costituzione del 2001, pure approvata a colpi di maggioranza, noi in Sardegna a colpi di maggioranza non andiamo.

Nel momento in cui, a seguito di tutti i contatti politici che ci sono stati, abbiamo preso atto che non c'era una prevalente volontà di affrontare quel problema e di risolverlo, ci siamo resi conto che sarebbe stato inutile far entrare in Aula una norma di legge che sarebbe stata bocciata e ci avrebbe precluso per i prossimi sei mesi la possibilità di riesaminarla. Meglio quindi tornare in Commissione, effettuare ulteriori approfondimenti e vedere se su quelle norme è possibile raggiungere un accordo. Va da se che non siamo contenti di questo risultato, abbiamo fatto il possibile, però, di fronte all'evidenza, bisogna prendere atto della situazione.

In questo contesto e in questa legge, poi, si è inserita ieri un'indegna gazzarra, una gazzarra non degna di questa Istituzione. Noi diamo atto al Presidente che solo la sua solita correttezza e il suo rispetto delle regole hanno consentito di andare avanti e di non interrompere i lavori dell'Aula, come forse sarebbe stato necessario, visto quello che stava avvenendo. La ringraziamo, signor Presidente, anche in questa occasione, per quanto ha fatto per consentire a quest'Aula di andare avanti con i suoi lavori.

In quella gazzarra si è parlato di province, ma io ricordo che una legge sulle province era già in aula prima ancora del referendum, e vi è stato un partito che ha detto: "Noi non vogliamo che si discuta di referendum, perché se no ci annullate le province"; e in quel momento quel disegno di legge prevedeva l'applicazione del Decreto Monti. Forse, se al di là di pensare a quelli che potevano essere gli interessi discendenti dal risultato di una manifestazione referendaria, si fosse pensato più all'interesse generale della Sardegna, forse, se in quell'occasione avessimo esaminato quella proposta di legge e l'avessimo approvata, non citroveremmo in questa situazione.

Oggi ci troviamo, è vero, un disegno di legge iscritto all'ordine del giorno, con decisione unanime di tutti i Capigruppo, sia chiaro (perché quando è stato deciso l'ordine del giorno non c'è stato nessuno che si è opposto) dopo la legge elettorale e quant'altro. Quella legge, quando è andata in Commissione noi l'abbiamo votata, precisando che era un voto tecnico per consentirne l'ingresso in aula, per consentire di esaminarla, ma dalla lettura di quella legge traspare palesemente che si è voluto solo dare un attuazione formale all'esito del referendum senza in realtà attuare niente, perché si limita a dire che le province non sono 8, ma sono 4, e il resto rimane tutto come è. E questo non è quello che ci ha chiesto il referendum.

Il referendum ci ha chiesto di rivedere il sistema degli enti locali, ci ha chiesto altro il referendum! La riduzione delle spese non si fa solo con la riduzione del numero dei consiglieri provinciali, la riduzione delle spese si fa riorganizzando le funzioni, prevedendo, secondo criteri di efficienza e logicità, chi deve svolgere quelle funzioni, in maniera tale da arrivare a una riorganizzazione che porti a un'amministrazione più efficiente.

Ricordo tutte le polemiche contro la politica, contro la cosiddetta "casta". Anche ieri si è detto: "Volete fare una legge elettorale per salvare la casta". Non è così! Le polemiche contro la casta arrivano quando noi approviamo delle leggi non utili, approviamo delle leggi che non consentono al cittadino di far capire il lavoro che stiamo facendo. Questo è il classico esempio di legge per cui il cittadino dice: "Beh, che cosa avete fatto?". Abbiamo ridotto di qualche centinaia di migliaia di euro le spese, punto e basta, altro non abbiamo fatto con quella legge. Ovviamente a quella legge noi ci riserviamo di presentare numerosi emendamenti.

Veniamo adesso specificamente alla legge elettorale. La legge elettorale è stata oggetto di approfondite discussioni, anche interessanti, in Commissione. Anche in quell'occasione si è tenuto conto dell'esito del referendum, si è considerato che uno dei referendum richiedeva l'elezione diretta del Presidente della Regione, il che vuol dire che i referendum hanno detto "no" al parlamentarismo. E' ben vero che era un referendum solo consultivo, per cui l'indicazione aveva un carattere meramente politico e quindi non vincolante dal punto di vista giuridico, pertanto anche una decisione differente non avrebbe inficiato, con illegittimità costituzionale, la norma che stiamo andando ad provare, ciononostante anche le forze parlamentari, che sostengono il parlamentarismo, per questo esclusivo scopo hanno ritenuto di approvare, di esprimere il voto a favore di una norma di legge che accoglieva il sistema parlamentare.

Il disegno era complesso, perché in presenza del parlamentarismo, il Titolo I serviva appunto a riequilibrare i poteri, serviva appunto a attribuire una serie di garanzie al Consiglio regionale che consentisse lo svolgimento effettivo del suo ruolo, che consentisse un'incidenza effettiva e di avere il controllo di tutta la spesa del Consiglio regionale. Però, ripeto, nei fatti, dai contatti con le forze politiche risultava che non vi fosse l'assenso per poter approvare con i voti necessari quella norma di legge.

Poi, si entra in una serie di norme anche abbastanza tecniche, e si parla del listino dei nominati. Qua mi metto in ballo ( perché io sono tra i "nominati") e dico che il listino dei nominati, in astratto, è uno strumento perfettamente congruente con il sistema presidenziale. Dove si è sbagliato quindi non è nel prevedere il listino, dove si è sbagliato è nell'applicazione pratica che questo listino ha avuto (non mi riferisco alla Sardegna, sia chiaro, mi riferisco al resto dell'Italia) che ha portato, anche in connessione con tutte le vicende del porcellum, a un discredito della scelta dei nominati. In presenza di questa situazione ci si è pertanto orientati verso l'eliminazione del listino dei nominati.

Noi abbiamo espresso l'assenso in Commissione a questa scelta, peraltro sottoponendo all'attenzione delle forze politiche l'opportunità di valutare la possibilità di un listino non di nominati, ma di un listino regionale di eletti col voto di preferenza, questo per far sì che ci fossero anche dei consiglieri regionali eletti senza uno specifico aggancio col territorio. E' una tesi che, però, a parte talune posizioni espresse da alcuni consiglieri, non ha ricevuto i consensi della maggioranza della Commissione. Ricordo gli interventi del consigliere Campus, che esprimevano la preoccupazione che sotto i costi economici di una campagna elettorale svolta a livello regionale ci potesse essere qualcosa di poco trasparente. Però, se abbiamo sempre presente questa preoccupazione, non dovremmo fare molte norme di legge.

In conclusione; noi siamo pronti a confrontarci per arrivare a soluzioni per quanto più possibile concordate, che consentano un'approvazione non da parte della maggioranza, ma da parte delle prevalenti forze maggioritarie. Se questo è possibile noi siamo disponibili a votare. Sicuramente il mio Gruppo porterà il suo impegno consultivo in sede di emendamenti e in sede di discussione. Sicuramente lo faremo senza demagogia, sicuramente non lo faremo per finire poi sui giornali a ricercare voti dicendo che abbiamo fatto qualche cosa che non abbiamo voluto fare.

Esemplare: nella sezione I del capo II si parla di elezioni primarie; taluni partiti che pure difendono e rivendicano il risultato dei referendum hanno votato contro, e così tante altre volte. Noi, in prima Commissione, siamo stati sempre presenti e abbiamo cercato di fare il massimo possibile, nel nostro piccolo, per collaborare all'approvazione di tutte queste norme di legge. Tal'altri, che pure chiedono le riforme, perlomeno a parole, spesso e volentieri si sono assentati. Quello che conta sono i comportamenti, sono i fatti, non le parole. Grazie, Presidente, di nuovo grazie per quanto lei fa per far funzionare questa Assemblea.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Pittalis. Ne ha facoltà.

PITTALIS (P.d.L.). La materia elettorale è già di per sé complessa e problematica, io eviterò di aggiungere complessità e ulteriori problematicità, senza però tralasciare un dato che mi pare aver colto dagli interventi di molti colleghi che mi hanno preceduto, e cioè la preoccupazione, se non anche la necessità, di mettere in primo piano il proprio immediato tornaconto in luogo di altri nobili principi che dovrebbero animare il dibattito sulla legge elettorale. E siccome rappresento una forza politica, e voglio che non vi siano né dubbi né equivoci sulla posizione che noi assumiamo sul tema, le dico subito, onorevole Mario Floris, che lei ha fatto bene a precisare che parlava da consigliere regionale, perché ciò che lei ha detto - e lei sa l'amicizia che ci lega - sul piano politico ci trova agli antipodi. Se lei l'avesse fatto da Assessore delle riforme, si sarebbe creato un caso politico.

Glielo dico perché su un tema delicato di questa natura noi non possiamo tergiversare, e non possiamo continuare a eludere i problemi. Noi siamo nell'ottica non del superamento del bipolarismo, noi siamo nell'ottica del rafforzamento del bipolarismo e del miglioramento, semmai, di questo bipolarismo, nell'ottica di un sistema di riequilibrio ma non del ritorno a stagioni passate che (come si ricorderà dall'esperienza ultima, che era quella dei sei governi del presidente Palomba) furono l'effetto, quello sì, di un sistema elettorale distorto, assembleare, che noi riteniamo essere superato.

Quindi, fatta questa premessa e anche perché sia chiara la posizione per quanto riguarda il Gruppo del P.d.L., debbo subito ulteriormente, sempre in premessa, evidenziare - e mi rivolgo al Presidente della Commissione riforme - che il lavoro che è stato fatto non è stato fatto invano. E' stato un lavoro utile, un lavoro che ha richiesto competenza, pazienza e anche saggezza, ed è la ragione per la quale, a nome del mio Gruppo, presidente Maninchedda, le chiedo e la invito a ritirare le dimissioni.

Glielo chiediamo veramente fuori da toni retorici e men che meno leziosi, glielo chiediamo convinti come siamo che lei in quella Commissione abbia lavorato bene, e ha prodotto anche un testo, quello sulla statutaria, che è il portato di discussioni, di giornate di lavoro. Vogliamo anche puntualizzare che non è vero ciò che si è sentito stamattina, che noi, cioè, avremmo fallito sulla statutaria. Non è così. Noi abbiamo un dato certo: il fallimento della statutaria che è stata fatta nella scorsa legislatura, che è un dato certificato dai sardi.

Noi abbiamo un progetto (tutti noi perché quello è frutto di un lavoro trasversale) che era ed è all'attenzione di questo Consiglio regionale. Quindi chiariamo anche subito questo aspetto. Lo stralcio del Capo I e del Capo III non significa che abbiamo voluto eludere il problema, non significa che abbiamo voluto cancellare la questione sulla forma di governo e quella relativa al conflitto di interessi, alle cause di ineleggibilità e di incandidabilità. No. Sono problemi che noi ci impegniamo e ci siamo impegnati a riprendere in un secondo momento avendo fatto una valutazione, perché la valutazione sulle riforme e su una materia delicata come la legge elettorale non può essere frutto di una scelta di una parte della maggioranza o della stessa maggioranza, ma deve essere il frutto di una scelta condivisa fra le forze maggioritarie che convergono, sia di maggioranza sia di opposizione.

E allora, chiarito questo aspetto io, vedete, penso che noi tutti dovremmo cercare in questo momento di lavorare perché, rafforzando il bipolarismo, venga assicurato un sistema di rappresentanza sia territoriale sia di genere e venga assicurata la partecipazione sulla base di regole il più ampiamente condivise. Per quanto ci riguarda noi sappiamo di non essere custodi di verità assolute, sappiamo di non avere una soluzione, siamo aperti e continuiamo ad essere aperti al confronto - e questo è l'invito che noi formuliamo a tutte le forze politiche presenti in Consiglio regionale - siamo aperti soprattutto a discutere e a concordare quelle soluzioni condivise che conducano ad un sistema di regole che durino per questa come per le future 20-30 legislature a venire, finché non cambieranno le condizioni portando anche nel futuro ad intravedere un nuovo sistema di regole.

Quindi io penso che con la riflessione, la pacatezza, con l'invito a creare momenti anche di unità nella condivisione di regole che sono le regole fondanti della nostra democrazia, noi possiamo lavorare perché venga esitato un testo scevro da condizionamenti. Prima la legge sulle province, dopo la legge elettorale o prima chissà quale altra ipotesi: non è questo il tema. Noi siamo perché si esiti la legge elettorale, una buona legge elettorale, perché dopo la legge elettorale si affronti il tema delle province, perché finalmente si affronti il tema della riduzione o della eliminazione dei consigli di amministrazione, perché si affrontino cioè tutti i temi che sono stati oggetto della campagna referendaria, ma non possiamo noi, in questo momento, venir meno alla necessità che si affrontino alcuni temi che, per essere ancora più chiari, io vado a schematizzare.

Noi siamo perché si mantenga l'attuale sistema delle 8 circoscrizioni elettorali e perché venga eliminato il listino E' vero quello che diceva il collega Giulio Steri: non c'è (e ci mancherebbe altro) nessuna avversione nei confronti dei colleghi, anzi i colleghi (soprattutto del mio Gruppo, ma anche quelli degli altri Gruppi) hanno meritato tutti sul campo la elezione, e quindi la possibilità di rappresentare qui il popolo sardo. Il problema non è delle persone, il problema è del sistema, è del meccanismo, perché noi dobbiamo superare ancora quei residuati di democrazia bloccata che si riscontrano ogni qualvolta il cittadino non può esprimere la preferenza, e riteniamo che si possa adeguatamente superare il problema del premio di maggioranza mediante il sistema delle rappresentanze in ambito provinciale.

L'altro principio che per noi è molto importante è quello della effettiva rappresentanza territoriale (nel senso che tutte le 8 circoscrizioni devono essere rappresentate) e (non ultima) della rappresentanza di genere, un tema sul quale non neghiamo che ci siano sensibilità differenti e che ci siano anche approcci diversificati. Si tratta di fare - e siamo tutti d'accordo - un salto culturale rispetto al nulla che finora esisteva, perché finora il problema non è stato mai disciplinato. Non esiste, infatti, una norma che disciplini l'applicazione del principio della rappresentanza di genere in ambito regionale.

Si tratta di trovare una soluzione, badate, non che consenta l'elezione di un consigliere regionale uomo o di un consigliere regionale donna a tutti i costi, ma che consenta la possibilità dell'accesso effettivo di tutti i cittadini alla carica di consigliere regionale (e in questo caso si parla delle donne perché sono le più sacrificate). Noi riteniamo che una robusta rappresentanza delle donne nelle liste possa essere già, se non il passo risolutore, un primo, decisivo, significativo passo perché venga garantito davvero l'accesso delle donne a questa Assemblea regionale. Questi sono i temi sui quali ritengo dovremo confrontarci senza alcuna pregiudizialità, aperti al confronto, aperti anche al libero scambio di vedute, di opinioni che possano davvero portare all'approvazione di una legge elettorale che valga per le prossime legislature e che non sia soltanto un esercizio legislativo occasionale che poi non approdi a nulla. Quindi, questo è l'invito che formulo e che penso possa incontrare l'assenso di tutte le forze politiche responsabili.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Giampaolo Diana. Ne ha facoltà.

DIANA GIAMPAOLO (P.D.). Presidente, l'onorevole Cossa (che mi dispiace non vedere in aula) ha svolto un intervento dove ha anche apprezzato il coraggio del Partito Democratico nell'essersi assunto la responsabilità di svolgere le primarie per scegliere non soltanto il candidato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri ma anche i parlamentari. Ringrazio il collega Cossa per questa testimonianza, non posso fare altrettanto per quanto riguarda però un'altra parte del suo intervento, quella iniziale, dove ha parlato di un fronte consociativo per tradire i referendum.

Per quanto mi riguarda questa è un'affermazione che ovviamente è nella libertà, in questo caso, del collega Cossa pronunciare, ma non è assolutamente accettabile e la rinvio pienamente ai Riformatori. Ricordo all'onorevole Cossa che in maggioranza ci sono loro, non le forze di opposizione, tantomeno il Partito Democratico, e consiglio allo stesso collega, che apprezzo, di non condividere un luogo in cui si annidano dei traditori. Pertanto lo invito, insieme ai suoi colleghi di partito, ad uscire immediatamente, per una questione di coerenza, dalla Giunta e ad abbandonare subito la maggioranza di centrodestra.

Va bene che in quest'Aula distratta si parla di tutto (si gioca, la Giunta non c'è, non so se esista ancora il Presidente della Regione, è permesso di tutto) però credo che ci sia un limite, soprattutto credo che si debba provare a mantenere un minimo di coerenza. La Giunta regionale l'altro ieri ha approvato un testo che proroga l'esistenza delle Province, e non ho visto nessuna opposizione da parte dei Riformatori a un atto di una Giunta di cui loro fanno parte con più di un Assessore. Spiace sentire in Aula un atteggiamento che pare dimentichi le responsabilità e la collocazione che ha questo partito in questa Giunta e in questa maggioranza. Per cui, io chiedo all'onorevole Cossa e ai Riformatori (di cui ho grande stima) che davvero una volta tanto siano coerenti e permettano la fine dell'agonia di questa legislatura che sta creando solo danno a questa regione.

Del resto che motivo più serio potrebbero avere, come ha ricordato l'onorevole Cossa, loro che sono tra i promotori del referendum del 6 maggio scorso, di un tradimento del voto di 500 mila sardi? Che ragioni più forti possono esserci di queste per dire basta a un'esperienza di governo che gli alleati dei Riformatori tradiscono? Di questo stiamo parlando!

Però, anche questo intervento conferma lo stato confusionale che attraversa la maggioranza, le divisioni della stessa, l'assenza dei Riformatori. C'è stato l'accorato appello dell'onorevole Pittalis al dimissionario Presidente della prima Commissione, l'onorevole Maninchedda, che non so che risultato sortirà. Tutti questi avvenimenti sono lo specchio, comunque, del fallimento della maggioranza di centrodestra. E' questa maggioranza che è responsabile di questa situazione, non altri. E davvero è abbastanza strumentale e anche cinico che si cerchi di scaricare le responsabilità su altri. Del resto avete una maggioranza, come si suol dire, "bulgara", per cui potete fare quello che volete. Se non lo fate è perché siete ingessati dalle vostre divisioni, siete bloccati e inconcludenti, senza nessun senso di responsabilità rispetto ai danni che sta subendo quest'Isola e il suo popolo grazie all'inconcludenza che state dimostrando da quattro anni a questa parte. Avete messo in ginocchio quest'Isola sia sul piano economico sia sul piano sociale.

Anche a me ha colpito l'intervento dell'assessore Floris, del presidente Floris. Prendo atto, caro Pietro, che non c'è un caso politico semplicemente perché il presidente Floris nello svolgere l'intervento si è seduto da un'altra parte. E' un criterio di valutazione nuovo, ne prenderemo atto: basterà cambiare posto per modificare la valenza delle questioni sollevate! Suscita ilarità anche a me, però è una ilarità grave data la situazione che stiamo esaminando. Io però vorrei dir questo, presidente Floris, anch'io ho apprezzato parti del suo intervento, però mi permetta sommessamente, per il rispetto, per la stima che nutro verso di lei, di dirle due o tre cose molto velocemente.

Lei attribuisce all'attuale sistema la contrapposizione tra Giunta e Consiglio, tra potere esecutivo e potere legislativo. A me non pare, Presidente, che questa discrasia, questa contrapposizione dipenda dall'attuale sistema, e lei lo sa bene, lo sa meglio di me. Certamente dipende da altro, dipende dal fatto che il Presidente della Regione, non altri, sfugge da quattro anni al confronto con l'Aula. Dov'è il Presidente? Ma la legge di cui stiamo discutendo è una "leggina" da nulla o implica anche una discussione sulle regole? E le regole non devono soffermarsi sulla contingenza attuale o sulle attese e le aspettative dei singoli partiti ma devono valere indipendentemente da chi governa per oggi e per i prossimi anni, per i prossimi lustri. Per queste ragioni servirebbe la presenza autorevole (anche se Cappellacci autorevole non lo è mai stato nel rappresentare questa Regione) del Capo dell'Esecutivo. Perché io vorrei anche sapere se la Giunta oggi, a conclusione della discussione generale, avrà qualcosa da dire, se replicherà, scusate il termine gergale, all'andazzo; ho paura che questo non avverrà.

Stamattina i colleghi Bruno e Gian Valerio Sanna hanno sollecitato con forza la Giunta a esprimere una posizione, a dare un indirizzo, a far capire cosa pensa. C'è la Giunta? O la posizione della Giunta e del Presidente (Pietro, scusa il tono amichevole) è quella espressa da quel banco? Io vorrei saperlo, mi farebbe piacere che a conclusione del dibattito la Giunta ci dicesse cosa pensa, se poi, puta caso, a intervenire fosse il Presidente, non guasterebbe.

Il Presidente, onorevole Floris, disattende continuamente le risoluzioni approvate dal Consiglio regionale, anche quelle unitarie, anche quelle assunte in sedute solenni aperte, le ha disattese tutte e non parzialmente: totalmente. E' un Presidente che più volte (vorrei sottolinearlo, cari colleghi della maggioranza, perché lo ha detto pubblicamente irritando tutti, anche quelli che hanno taciuto) ha giudicato il lavoro del Consiglio regionale come un'attività in cui si concentrano soltanto i perditempo e lui non ha tempo da perdere per venir qui! Caro presidente Floris, lei lo sa bene che è così, non sto dicendo cose non vvere!

FLORIS MARIO (Gruppo Misto), Assessore degli affari generali, personale e riforma della Regione. E' uguale a Soru!

DIANA GIAMPAOLO (P.D.). Lasci perdere, Soru non c'è e avrebbe fatto bene queste cose a dirle in presenza sua. Io non devo difendere nessuno, tanto meno chi non ha bisogno della mia difesa, e tra questi credo ci sia il presidente Soru. Certamente della passata legislatura si può avere il giudizio che si vuole ma, come le ha ricordato qualche collega che mi ha preceduto, allora c'era un'idea di Sardegna, c'era un programma per questa Regione su tutti i fronti, su tutte le politiche, compresa quella delle riforme.

Qualcuno stamattina ha ricordato anche la legge statutaria, che poi è finita com'è finita, ma in quella legislatura la statutaria quella maggioranza l'ha approvata, vi piaccia o non vi piaccia! Voi in quattro anni avete assunto - e lo sa bene il presidente Maninchedda - come testo base la legge statutaria della passata legislatura, e a causa delle vostre divisioni (non per una contrapposizione con l'opposizione) non siete riusciti a fare un passo in avanti nemmeno partendo da un testo base. Queste sono le ragioni, presidente Floris, per cui ci troviamo in questa situazione.

Io sono convinto che sarebbe stato più opportuno fare questa discussione subito dopo le elezioni politiche, magari col testo al completo esitato dalla prima Commissione. Chi ha deciso di fare diversamente non è l'opposizione per le ragioni che diceva all'inizio, è la maggioranza! Voi ci avete costretto in questa situazione e quando ci costringete in questa situazione ovviamente facciamo delle scelte...

STERI (U.D.C.-FLI). E' falso!

DIANA GIAMPAOLO (P.D.). No, non è falso Giulio, e ti prego di ascoltarmi fino in fondo.

E' chiaro che quando si arriva a questa determinazione anche noi effettuiamo delle scelte e così abbiamo deciso che, considerato il tempo brevissimo a disposizione, dovevamo concentrarci solo sul Capo secondo e svolgere una discussione su questo. Può anche non piacere ma io non posso accettare che il mio partito venga coinvolto e individuato come corresponsabile di scelte che appartengono esclusivamente alla maggioranza: questo vorrei dirlo con chiarezza!

Noi siamo pronti a discutere e a collaborare per definire insieme la parte che attiene alla legge elettorale. E' chiaro che la legge elettorale non può essere un qualcosa votato a maggioranza o dalla maggioranza contro l'opposizione, ma vorrei che in questa disponibilità non si introducesse un elemento di corresponsabilità rispetto all'inconcludenza che state dimostrando. Questo è il motivo per cui, anche se dà fastidio, sto affermando con convinzione queste cose. Stiamo parlando di regole che devono valere per tutti e non certamente solo per il presente.

In questo senso io apprezzo, se l'ho intesa bene, l'apertura del Capogruppo del P.d.L., e proprio perché la apprezzo confermo la nostra disponibilità a offrire il nostro contributo per pervenire a un risultato con i connotati che lo stesso onorevole Pittalis ha accennato.

Noi vorremmo innanzitutto una legge elettorale che favorisca il bipolarismo, perché l'assenza di bipolarismo è una delle ragioni di debolezza del nostro Paese. Guarda caso tutti i grandi Paesi europei (e non soltanto europei) non presentano quella polverizzazione del sistema politico che contraddistingue l'Italia, e forse anche questa è una delle ragioni della forza e dell'autorevolezza di quei Paesi. Noi siamo favorevoli, inoltre, a confermare l'elezione diretta del Presidente, perché credo che questa garantisca innanzitutto quel bisogno di avere sempre di più un rapporto diretto tra cittadini e istituzioni. Funziona con i sindaci, può funzionare anche a livello regionale.

Non facciamoci condizionare dalle esperienze attuali perché non è il sistema che va male: sono i protagonisti che interpretano e incarnano e rappresentano quel sistema, che non vanno bene. Questo è il motivo vero per cui si è incrinato quel rapporto di fiducia. Credo che l'elezione diretta avvicini l'istituzione che rappresentiamo agli elettori. Noi riteniamo sia giusto, così com'è scritto anche nel testo esitato dalla Commissione, confermare il voto disgiunto, riteniamo sia indispensabile confermare gli otto collegi circoscrizionali perché gli otto collegi sono una garanzia per assicurare al meglio la rappresentanza territoriale. Pensiamo che, soprattutto con la riduzione dei consiglieri a 60, debba essere mantenuto il premio di maggioranza. Non siamo d'accordo - e mi pare questa sia una convinzione di tutti - che il premio di maggioranza venga ancora rappresentato attraverso un listino di nominati.

Così come pure pensiamo che dobbiamo discutere e approfondire i temi relativi allo sbarramento sia di coalizione sia di lista. Lo voglio dire con chiarezza: lo sbarramento di coalizione o di lista può essere lo strumento tecnico che consente, almeno per quanto ci riguarda, di puntare verso quel bipolarismo di cui parlavo all'inizio; poi ovviamente siamo disponibili a discutere e a confrontarci, senza avere la presunzione di imporre nostre opinioni, in particolare, in questo caso, alla maggioranza. Siamo interessati, su un tema delicato come questo, a raggiungere un accordo. Lo voglio dire: per noi ha importanza un accordo su un tema come questo.

Infine, ma non in ordine d'importanza, c'è il tema della rappresentanza di genere. Badate, su questo non ci possono essere scorciatoie, almeno per quanto ci riguarda. Noi abbiamo fatto le primarie in un certo modo, diventa impossibile sottrarci da quell'impegno, e quindi si sappia che il Partito Democratico in questa'Aula è impegnato in quella direzione convintamente.

PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la discussione generale. I lavori del Consiglio riprenderanno domani mattina alle ore 10.

La seduta è tolta alle ore 18 e 16.