Seduta n.292 del 07/02/2012 

CCXCII SEDUTA

MARTEDI' 7 FEBBRAIO 2012

Presidenza della Presidente LOMBARDO

La seduta è aperta alle ore 10.

SANJUST, Segretario f.f., dà lettura del processo verbale della seduta pomeridiana del 13 dicembre 2011 (284), che è approvato.

Congedi

PRESIDENTE. Comunico che i consiglieri regionali Francesco Cuccureddu, Renato Lai, Luigi Lotto, Valerio Meloni, Massimo Mulas, Antonello Peru, Pietro Pittalis e Angelo Stochino hanno chiesto congedo per la seduta antimeridiana del 7 febbraio 2012.

Poiché non vi sono opposizioni, i congedi si intendono accordati.

Annunzio di presentazione di disegno di legge

PRESIDENTE. Comunico che è stato presentato il seguente disegno di legge:

"Norme in materia di cooperazione in Sardegna". (358)

(Pervenuto il 1° febbraio 2012 e assegnato alla sesta Commissione)

Annunzio di interrogazioni

PRESIDENTE. Si dia annunzio delle interrogazioni pervenute alla Presidenza.

SANJUST, Segretario f.f.:

"Interrogazione Planetta, con richiesta di risposta scritta, sull'ipotesi di stoccaggio di scorie nucleari in siti ubicati nel territorio della Sardegna". (794)

"Interrogazione Maninchedda - Sanna Giacomo - Dessì - Planetta, con richiesta di risposta scritta, sulla copertura finanziaria a carico della Regione sarda di alcune parti del project della ASL di Nuoro". (795)

"Interrogazione Cocco Daniele Secondo, con richiesta di risposta scritta, sulle modalità di attuazione della disposizione contenuta nella finanziaria 2011 relativa all'esonero dei componenti delle compagnie barracellari dal pagamento dei certificati medici necessari per poter accedere ai corsi annuali di tiro a segno". (796)

"Interrogazione Cocco Daniele Secondo - Manca, con richiesta di risposta scritta, sul gravissimo danno che potrebbe causarsi alle zone del Goceano, e non solo, dal piano di riorganizzazione del servizio postale prospettato dalle Poste Italiane Spa". (797)

Annunzio di interpellanza

PRESIDENTE. Si dia annunzio della interpellanza pervenuta alla Presidenza.

SANJUST, Segretario f.f.:

"Interpellanza Porcu - Agus - Lotto - Meloni Marco sulle palesi contraddizioni emerse nel giudizio negativo espresso dalla Giunta regionale sulla compatibilità ambientale di un impianto solare termodinamico da 55 MW da realizzarsi nel sito industriale di Macchiareddu e sulle negative ricadute per lo sviluppo di una filiera del solare a concentrazione in Sardegna capace di attrarre investimenti e di generare sviluppo ed occupazione in un settore strategico ed in costante crescita come quello delle energie rinnovabili". (304/C-6.)

Annunzio di mozione

PRESIDENTE. Si dia annunzio della mozione pervenuta alla Presidenza.

SANJUST, Segretario f.f.:

"Mozione Meloni Francesco - Dedoni - Cossa - Fois - Mula - Vargiu sull'adozione di iniziative sulla drammatica situazione del Tibet in occasione del 53° anniversario dell'insurrezione di Lhasa, inclusa l'esposizione della bandiera del Tibet". (163)

PRESIDENTE. Considerati i numerosi consiglieri assenti, la seduta è sospesa sino alle ore 10 e 20.

(La seduta, sospesa alle ore 10 e 04, viene ripresa alle ore 10 e 38.)

Comunicazioni del Presidente della Regione ai sensi dell'articolo 121 del Regolamento

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca comunicazioni del Presidente della Giunta ai sensi dell'articolo 121 del Regolamento.

In sede di Conferenza dei Capigruppo si è deciso di derogare al Regolamento e di consentire a tutti i consiglieri di poter intervenire nel dibattito, ciascuno per un tempo non eccedente i dieci minuti.

Ha facoltà di parlare il Presidente della Regione.

CAPPELLACCI (P.d.L.), Presidente della Regione. Onorevoli colleghi, ci troviamo oggi a dibattere della questione relativa alla vertenza Sardegna, e questo accade dopo essersi già tenuto un primo incontro con il Governo. Voglio ricordare a me stesso, anche per poter contestualizzare quello che diremo oggi, che io avevo chiesto di poter fare delle comunicazioni al Consiglio che originariamente erano state previste per la giornata di venerdì. La convocazione da parte del Governo del primo tavolo di discussione, con l'avvio di un processo, ha un po' modificato il percorso che era stato immaginato.

Il momento è particolare, non devo ricordarlo a voi, perché ne avete tutti grande consapevolezza. Siete espressione di un voto popolare che arriva dai territori, conoscete molto bene i vostri territori di provenienza e sapete quale momento difficile stia vivendo l'intero sistema Sardegna, che si ripercuote talvolta in modo molto drammatico sulle nostre comunità. Non sfugge a nessuno la particolare difficoltà di una situazione che non è solo locale, che probabilmente è la punta di un iceberg e rientra in un quadro di difficoltà non soltanto per l'intero Paese, ma anche per la comunità internazionale, insomma per tutti. E' un momento molto difficile anche per la politica, e pure di questo siamo tutti ben consapevoli. Le difficoltà, le spinte, le pressioni, le tensioni che nascono dal non poter risolvere i problemi del quotidiano dei nostri giovani, dei capifamiglia, di tutti coloro che vivono la crisi in modo così drammatico, si ripercuotono sul sistema talvolta in modo incontrollato anche nell'ambito di quelli che sono i normali canoni della dialettica della democrazia o della protesta che c'è sempre e deve esserci, laddove è espressione di confronto, talvolta anche aspro, tra differenti parti, ma siamo tutti ben consapevoli che in questo momento il Paese sta vivendo qualcosa di più e di diverso. Questi problemi, in Sardegna, si sono trasformati in una serie di iniziative che di giorno in giorno appaiono sempre più incontrollabili; si sono bloccate strade, occupati porti e municipi. Certamente questi sono segnali di quella difficoltà, ma sono anche segnali di una china pericolosa che può rendere incontrollabile l'intero sistema.

Da questa premessa bisogna partire per affermare e ricordare che il momento è straordinario e che quindi siamo tutti chiamati a fare scelte che siano adeguate e altrettanto straordinarie. Per fare questo da lunghe settimane, anzi da mesi quest'Aula, la politica e la società dibattono su quelli che sono i nodi che devono essere sciolti per portare rimedio alla situazione, per intervenire con soluzioni che possano accompagnarci verso una prospettiva diversa. Mi è capitato, nei giorni scorsi, di assistere, su una televisione locale - sarà capitato anche a molti di voi -, alla messa in onda di un telegiornale di vent'anni fa. E' significativo seguire questi servizi e avere una certa difficoltà a farli risalire a vent'anni fa, perché sembrano perfettamente attuali. I problemi di cui si parlava vent'anni fa sono gli stessi di cui parliamo oggi; problemi antichi che non hanno trovato soluzione né con questa Giunta né con la Giunta precedente, quella presieduta dall'onorevole Soru.

Oggi c'è una condizione che io credo importante, che rappresenta un'opportunità che non dobbiamo lasciarci sfuggire. Questa condizione è data dall'esistenza, a livello nazionale, di un Governo cosiddetto di tecnici. Mi spiego meglio: è evidente che molti dei problemi di cui stiamo parlando dipendono dalla nostra controparte, il Governo, è anche questo un classico che dura da sempre nella storia dell'autonomia, ma comunque una serie di questioni nodali che incidono direttamente sui divari strutturali che caratterizzano le nostre comunità rispetto al resto d'Italia dipende da decisioni che vanno oltre le nostre possibilità, la nostra competenza, e che vengono prese a livello governativo. Allora l'esistenza di un Governo tecnico io credo sia oggi un'opportunità per un motivo molto semplice: questo Governo è sostenuto da differenti forze politiche, cioè da forze politiche che sono naturalmente su posizioni diverse, persino opposte, ma che oggi sostengono lo stesso Governo. Questa è un'opportunità che il nostro sistema, la nostra realtà, le nostre comunità non possono e io credo non vogliano perdere.

Abbiamo, dicevo, avviato un primo confronto, o meglio un processo con il Governo nazionale. Questo segue a un ragionamento che è stato portato avanti in modo condiviso e che tenta, prima di tutto, di salvaguardare un valore, che è quello dell'unità. Ci sono stati degli incontri, su cui in parte ho già riferito in una breve comunicazione la settimana scorsa, tra i parlamentari e i Capigruppo in Consiglio regionale; si era deciso di seguire un percorso che partendo da questa Assemblea, dal Consiglio regionale, consentisse di esaminare le problematiche e avviare un processo che, coinvolgendo il più possibile il livello parlamentare, le forze economiche e sociali, l'intera società, portasse a convergere su temi nei quali ci si potesse riconoscere, sui quali si potesse arrivare a una sintesi comune.

Questo percorso, come dicevo, era stato programmato, poi è arrivata la convocazione da parte del Governo. Era un fatto ipotizzato, che poteva essere previsto, ma era difficile immaginare che sarebbe arrivato in tempi così rapidi. Mi sia consentita una parentesi: il sottoscritto non aveva alcuna conoscenza di questo incontro, perché non era stato programmato. Questo lo dico a questa Assemblea, che rappresenta il popolo sardo, con molta serenità e rimando al mittente ipotesi che possano invece contemplare altre situazioni, in particolare appunto il fatto che io fossi a conoscenza di quell'incontro. Non è così. Come ho detto la settimana scorsa, io credo che l'avvio di quel processo non pregiudichi e non abbia pregiudicato niente rispetto al percorso unitario che dobbiamo costruire, intanto perché, l'abbiamo detto da subito, ce lo siamo detti anche tra noi tutte le volte che in riunioni ristrette o anche in confronti individuali abbiamo avuto la possibilità di parlarne. Quel primo incontro non poteva che essere l'avvio di un processo, quindi non ci si poteva certamente aspettare delle risposte; non potevano esserci risposte, potevano esserci solo domande, che infatti sono state poste in termini, io credo, puntuali e peraltro anche con un minimo di sintesi che è stata condivisa. Quell'incontro credo debba essere valutato in termini molto positivi, intanto perché era guidato dal presidente Monti.

PRESIDENTE. Scusi, Presidente, poiché il tempo a sua disposizione è scaduto, se l'Aula è d'accordo può continuare. Era meglio precisarlo. Prego.

CAPPELLACCI (P.d.L.), Presidente della Regione. Insieme al presidente Monti erano presenti il Ministro dell'economia e finanze, Grilli, il sottosegretario Ceriani, il Ragioniere generale dello Stato, Canzio, e il Capo dell'ufficio legislativo del MEF. Erano rappresentati ai massimi livelli anche il Ministero delle infrastrutture e il Ministero dello sviluppo economico ed era presente il Capo del dipartimento dell'energia. Insomma a quell'incontro erano presenti i massimi livelli politici e amministrativi e questo non è irrilevante, perché nel passato sono stati istituiti molti tavoli di discussione, ma quello che spesso mancava era la presenza di entrambi i livelli, per cui si è di frequente assisto anche nel recente passato a interlocuzioni con il livello politico che rimandava a un livello tecnico, che a sua volta rimandava a una quadratura politica. La composizione di quel tavolo istituzionale credo fosse quella giusta per poter ipotizzare delle decisioni, delle soluzioni.

Un altro aspetto che io giudico molto positivamente è il fatto che il presidente Monti fosse ben sintonizzato, se così si può dire, sulle questioni che riguardano la Sardegna, perché aveva una conoscenza molto puntuale delle problematiche che gli sono state illustrate, e a tratti quel tavolo, che pure ha impostato un processo, ha approfondito anche in termini operativi alcune questioni.

Un ulteriore aspetto importante è la dichiarata volontà da parte dei rappresentanti del Governo presenti - e non ho alcun motivo di dubitare che ciò corrisponda al loro effettivo desiderio - di avviare un processo che possa essere definito in tempi rapidi. Che cosa significa definire un processo in tempi rapidi? Significa, ovviamente, declinare il percorso in modo diverso a seconda dei problemi di cui parliamo. Anche in quel tavolo si è detto che ci sono questioni che possono essere risolte in tempi rapidi, per le quali cioè esistono già gli strumenti giuridici che consentono di risolverle, e ce ne sono delle altre per risolvere le quali bisogna probabilmente prevedere un passaggio legislativo. Quindi i tempi sono in funzione di ciò che è necessario fare per approntare una soluzione in termini operativi e concreti.

L'esito che si è avuto è stato, a mio avviso, l'unico possibile rispetto all'avvio di quel processo che, credo sia ben chiaro a tutti, è il migliore ipotizzabile. Mi conforta il fatto che questa non è una valutazione solo mia personale; infatti anche altri partecipanti a quel tavolo hanno dato la medesima valutazione, non tutti, ma io mi auguro che, al di là della valutazione scaturita da quel tavolo in un'ora e mezzo o due ore, tutti abbiano ben presente che la valutazione finale verrà fatta sulla base dei risultati dei tavoli operativi che sono stati aperti e in relazione ai tempi nei quali quei risultati arriveranno. Poi, le specifiche questioni probabilmente sono ancora da discutere, da affinare; ciò rientra in parte in quella che è la normale dialettica, e su questo voglio ribadire ancora una volta che non c'è alcun tentativo, alcun processo teso alla ricerca di medaglie o riconoscimenti per qualcuno. Non c'è la ricerca di una condivisione a prescindere dalle questioni che sono sul tavolo. C'è, credo, semplicemente la consapevolezza del fatto che quella opportunità non possiamo perderla e sui temi importanti abbiamo l'obbligo di trovare la necessaria sintesi.

Una delle cose che è stata valutata positivamente dal presidente Monti è proprio il fatto che la Sardegna, in quella occasione, sia stata capace di dare un esempio di quell'Italia dialogante alla quale il Presidente spesso si riferisce, che pur nella differenza di posizioni abbia la capacità di dialogare anche tra opposti schieramenti e di trovare una sintesi comune. I temi che sono stati portati li conoscete, li richiamo solo per memoria: si va dalla vertenza entrate ovviamente, perché le due cose sono necessariamente collegate, al patto di stabilità, alle problematiche relative all'industria (a iniziare dalla vicenda Alcoa, ma ovviamente il ragionamento deve interessare l'intero sistema), al piano per il Sud (e in particolare ai fondi FAS), al problema dei trasporti e infine, lo cito per ultimo ma lo metterei al primo posto, al tema più importante, che è quello relativo al federalismo e alla condizione di insularità, che dovrebbe essere l'ombrello, dovrebbe costituire la garanzia per norme che siano veramente capaci di risolvere in termini strutturali e definitivi i problemi dell'Isola.

Cari colleghi, credo che questa per noi sia un'opportunità veramente importante e straordinaria. Dalle nostre decisioni, dal nostro comportamento, dalla nostra capacità di essere forti, determinati e incisivi potranno arrivare le soluzioni e tanto più saremo uniti tanto più le nostre richieste saranno determinate e autorevoli. Penso che il Consiglio regionale oggi abbia una grossa opportunità, che è quella di certificare questa precondizione, di consolidare, di confermare un percorso o di intervenire sullo stesso per arricchirlo, ma penso anche che sia importante che da quest'Aula parta un processo che possa essere allargato a tutte le forze economiche e sociali. Auspico quindi che possa tenersi anche un'ulteriore riunione dei cosiddetti Stati generali, per il massimo coinvolgimento di tutti.

Per quanto mi riguarda, conformemente allo spirito che è stato sancito in quella riunione alla quale hanno partecipato, e che è stata da loro promossa, parlamentari e Capigruppo del Consiglio regionale, sto procedendo nel processo teso a mettere insieme tutti, comprese le rappresentanze sindacali, economiche e sociali. Anche per questo motivo da quest'Aula, da questo banco faccio un ulteriore appello a tutti, sindacati compresi, perché si colga l'importanza di questo aspetto e si possa procedere tutti uniti. Ne va del sistema Sardegna, ma consentitemi di dire che in un momento di grande difficoltà ne va anche del futuro e della credibilità delle parti politiche e dei partiti. Grazie.

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione. Ricordo che i consiglieri che intendono prendere la parola devono iscriversi non oltre la conclusione del primo intervento.

E' iscritto a parlare il consigliere Giampaolo Diana. Ne ha facoltà.

DIANA GIAMPAOLO (P.D.). Presidente Cappellacci, oggi lei è in Aula a tre anni dal suo insediamento; tre anni di fallimenti che l'hanno vista protagonista insieme all'ex Presidente del Consiglio dei Ministri. Non c'è un solo indicatore economico che non confermi il disastro di questi tre anni. Un solo dato: il reddito pro capite per la Sardegna è pari al 79 per cento della media dell'Europa dei 27, nel 2000 era pari al 90 per cento. Siamo oramai al 197° posto nella classifica delle 271 regioni europee. Se invece guardiamo all'indice di competitività scopriamo che la Sardegna è al 234º posto su 271 regioni, penultima in Italia davanti alla sola Basilicata. Evito di richiamare gli indicatori del mercato del lavoro, mi limito a ricordare che a partire dal 2009 la tendenza a una costante riduzione del tasso di disoccupazione si è arrestata e dopo tanti anni il tasso di disoccupazione sardo ha superato quello del Mezzogiorno. I giovani sono quelli che pagano drammaticamente questa condizione.

Signor Presidente, questi indicatori sono lo specchio di tre anni di malgoverno della Sardegna, senza un'idea di governo, senza un progetto di sviluppo; anni inconcludenti caratterizzati dalla confusione più totale. La sua è stata un'azione di governo fallimentare sul merito e sul metodo. Sul merito, per quanto riguarda le entrate, il patto di stabilità, i fondi europei, la continuità territoriale e la Tirrenia: una continua vessazione; il depauperamento del sistema scolastico, la crisi industriale: non una sola riforma; il commissariamento come metodo di governo. Sul metodo ha disatteso, Presidente, tutte le risoluzioni del Consiglio regionale, in particolare quella in materia di entrate esitata dal Consiglio il 22 dicembre del 2010, dopo l'occupazione dell'aula consiliare da parte del centrosinistra. Ha brillato, Presidente, per un'assenza costante e continua in questa Assemblea, nonostante le reiterate richieste da parte non soltanto dell'opposizione di presenziare ai lavori del Consiglio regionale. Si è caratterizzato, Presidente, per insensibilità verso tutte le manifestazioni, che certamente non avevano l'obiettivo di affossare la Sardegna. Credo che lei sia l'unico Presidente della storia dell'autonomia della Sardegna che all'indomani di uno sciopero generale non ha avvertito la sensibilità politica e istituzionale di convocare le organizzazioni sindacali che avevano organizzato quella manifestazione. Ha voluto a tutti i costi, lo ha ripetuto anche oggi, riunire a Roma i parlamentari sardi e i Capigruppo. Le ho detto fin dall'inizio, in particolare l'ho detto alle sue collaboratrici che mi hanno contattato, che non era quella la sede giusta, tuttavia ancora una volta abbiamo accettato il richiamo all'unità della Sardegna. In quella sede ho e abbiamo posto con forza l'esigenza di coinvolgere innanzitutto il Consiglio regionale. Era il 31 gennaio appena trascorso. Il giorno dopo è arrivata la convocazione da parte del presidente Monti. Ciò ha impedito, presidente Cappellacci, di assolvere l'impegno di coinvolgere innanzitutto il Consiglio regionale, perché era ed è il Consiglio regionale che su questo confronto deve stabilire le priorità, il merito e le forme attraverso le quali il Consiglio decide di rappresentarsi. Non può essere lei, a decidere le forme con le quali si rappresenta il Consiglio regionale. Io non credo, Presidente, che lei non sapesse, il 31 gennaio, della convocazione da parte del Governo per il 2 febbraio.

CAPPELLACCI (P.d.L.), Presidente della Regione. Mi sta dando del bugiardo?

DIANA GIAMPAOLO (P.D.). Le sto dando atto, Presidente, di una cosa, se lei ha la bontà di ascoltarmi. Nella rassegna stampa del Trentino da tre giorni si dava notizia dell'incontro del Presidente del Consiglio dei Ministri con le Regioni a statuto speciale.

CAPPELLACCI (P.d.L.), Presidente della Regione. No, è falso! Si dava conto dell'incontro con alcune Regioni.

PRESIDENTE. Presidente, può intervenire dopo se lo ritiene per fatto personale, ma faccia proseguire l'onorevole Diana.

DIANA GIAMPAOLO (P.D.). Io non le ho detto, infatti, che in quella rassegna stampa fosse indicata anche la Sardegna. Si parlava di Regioni a statuto speciale e se ne parlava da tre giorni. Mi chiedo: è possibile che il Trentino sia stato avvisato con settantadue ore di anticipo e la Regione Sardegna soltanto con diciotto? CAPPELLACCI (P.d.L.), Presidente della Regione. Evidentemente sì!

DIANA GIAMPAOLO (P.D.). Va bene, Presidente, questa è la sua versione. Mi permetta di avere qualche dubbio.

Io sono d'accordo con lei quando dice che la convocazione da parte del presidente Monti è una novità. E' vero, è una novità: dopo tre anni il Governo finalmente incontra la Sardegna e lo fa con il Presidente del Consiglio dei Ministri e una parte importante del Governo. Per noi questo ha rappresentato, presidente Cappellacci, l'unico fatto degno di nota, l'unica novità importante in questi tre anni di legislatura. Anche per noi è un'opportunità che la Sardegna non può farsi sfuggire, perciò ci siamo messi a disposizione con questo senso di responsabilità, convinti come siamo che la drammaticità della crisi economica sarda chiami tutti alle proprie responsabilità, senza per ciò confondere i ruoli e le responsabilità di chi governa e di chi sta all'opposizione. Non vogliamo assolutamente confondere questi ruoli, lo abbiamo rimarcato in tutte le sedi e probabilmente lo faremo anche quest'oggi.

La Sardegna, Presidente lei lo sa o dovrebbe saperlo, è una polveriera: i sindaci del Sulcis hanno consegnato al Prefetto di Cagliari la fascia tricolore, abbiamo arterie stradali bloccate, e non solo per la neve, ci sono comuni occupati, protestano il movimento contro Equitalia, i cosiddetti forconi, il movimento dei pastori, c'è lo sciopero generale. Attenzione, Presidente, lo dico anche all'intero Consiglio regionale, perché c'è il rischio che tutto ciò sfugga al controllo democratico: noi siamo in presenza, proprio per l'assenza del Governo regionale, di un problema di ordine pubblico.

Presidente Cappellacci, rispetto all'incontro romano, gliel'ho già detto, nulla di personale, ma credo che lei abbia sbagliato. Ha rappresentato una Sardegna che vive una condizione di normalità, così non è. Se il presidente Monti si fosse dovuto fare un'idea della Sardegna dall'esposizione che ha fatto lei avrebbe pensato alla Toscana o, per male che vada, alle Marche. Così non è, Presidente. Il prosieguo del confronto col Presidente del Consiglio dei Ministri non può essere solo sul piano istituzionale. Serve una straordinaria mobilitazione di tutta l'Isola; una mobilitazione forte, consapevole, guidata dalle istituzioni e dalle forze sociali. Per questo, signora Presidente del Consiglio, le chiedo di convocare quanto prima il Consiglio regionale aperto alle forze sociali e al sistema delle autonomie locali. Credo sia necessaria una giornata di straordinaria mobilitazione politica e istituzionale. Si deve discutere in Consiglio regionale, ma anche nei consigli provinciali, nei consigli comunali e nei luoghi di lavoro, della drammaticità della situazione e della tenue opportunità che ci è stata offerta da Monti. La mia preoccupazione, presidente Cappellacci - ripeto, non se la prenda sul piano personale -, e me ne assumo tutta la responsabilità, è che lei finora non ha dimostrato di essere all'altezza di rappresentare efficacemente questa situazione, pertanto credo sia necessario, senza confondere le responsabilità tra governo e opposizione, una straordinaria mobilitazione.

Sulle entrate, Presidente, non si può trattare. Il Governo Monti deve dare una risposta nel giro di dieci o quindici giorni. Non c'è da istruire nulla, il Governo deve attuare una legge dello Stato di rango costituzionale. Sul resto si può anche trattare, ma non su quello. Serve una risposta immediata, altrimenti il messaggio che noi diamo all'esterno non sarà di fiducia, ma sarà quello di un governo regionale e di una Regione che non sanno far valere i propri diritti!

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Vargiu. Ne ha facoltà.

VARGIU (Riformatori Sardi). Signora Presidente, colleghi del Consiglio, non è facile fare un intervento in quest'Aula su questi argomenti dopo aver sentito il Presidente della Regione e il Capogruppo del maggiore partito di opposizione. Non è facile perché chiunque di noi si sarebbe aspettato, a fronte dell'intervento del Presidente, un intervento da parte del maggiore partito di opposizione che arricchisse il dibattito dell'Aula con elementi non presenti nella relazione del Presidente della Regione. Devo dire, collega Diana, colleghi del centrosinistra, che purtroppo così non è stato. Purtroppo! Devo dire che l'unica proposta concreta, che sarebbe dovuta essere aggiuntiva, che abbiamo sentito arrivare è quella che il Presidente già aveva avanzato nella sua relazione. Onorevole Diana, lei ha proposto la convocazione degli Stati generali della Sardegna, una proposta che, ripeto, era già stata fatta dal presidente Cappellacci e che tende a porre l'attenzione su uno solo dei problemi che abbiamo oggi sul tappeto, e cioè il tema delle entrate. Credo che abbia ragione il presidente Cappellacci e abbia ragione anche lei, collega Diana, nel sostenere che la vertenza entrate è fondamentale per la Sardegna, ma dobbiamo considerare che è una vertenza che si svolge in un clima politico-economico mondiale assai differente da quello in essere nel 2007, quando si sancì l'accordo tra la Regione e il Governo nazionale sulle entrate che spettavano alla Sardegna. Il mondo è cambiato ed è cambiata anche la nostra capacità di contrattazione perché una Regione debole, debole per mille motivi, ma debole in primo luogo dal punto di vista politico, ovviamente ha più difficoltà a far valere i suoi diritti in un clima complessivo in cui le stesse Regioni forti hanno difficoltà strutturali e contingenti immense, quali quelle che oggi ci sono in Sardegna.

Ha ragione ancora una volta lei, collega Diana, quando nota che la Sardegna è una polveriera. E' vero, la Sardegna è una polveriera e si alimentano in Sardegna anche sentimenti estremi, quali quelli legati all'indipendentismo, ma non a un indipendentismo che abbia un senso positivo all'interno della sua costruzione logica, ma all'indipendentismo più becero, attraverso il quale l'abbandono del rapporto con lo Stato nazionale è inteso come la ripresa di un'autonomia e di una sovranità della quale noi non sapremmo che farcene, perché non saremmo comunque in grado di gestirla. Questa è la nostra più grande sfida in questo momento ed è in questo, collega Diana, che io avrei voluto sentire delle parole diverse dal suo Gruppo oggi in Consiglio regionale, nel senso che il Presidente della Regione ha fatto una disamina che io trovo per molti versi condivisibile. Io non ero presente, ovviamente, all'incontro che si è svolto con il Presidente del Consiglio dei Ministri, lei lo è stato, collega Diana, quindi sicuramente ha elementi di giudizio assai più forti e fondati di quelli che ho io, ma mi sembra che il ragionamento che ha fatto il Presidente della Regione, al di là del fatto che sia un ragionamento non urlato, improntato alla logica e al confronto e non alla rivoluzione, sia per larga parte condivisibile. Dal centrosinistra mi sarei aspettato un intervento su tutto quello che il Consiglio regionale non sta facendo e potrebbe invece fare, su tutto quello che la Regione Sardegna non sta facendo e potrebbe fare, su tutto quello che, come lei dice giustamente, nella distinzione dei ruoli tra maggioranza e opposizione, un'opposizione che si prefigge di essere forza di governo fra due anni propone per la Sardegna.

Questo è il nodo centrale del nostro problema, perché la drammatica situazione che la Sardegna vive è nella consapevolezza di tutti i componenti di questo Consiglio regionale. Ora questo Consiglio se ritiene che abbia un senso la sua esistenza lo deve provare, oltre che nella propria autoreferenzialità, oltre che negli interventi che noi facciamo, nei quali continuiamo a dire che questa è la massima assise democratica della Sardegna, dimostrando di avere un rapporto col tessuto sociale che è fuori di qui. E questo rapporto non si esaurisce con la convocazione degli Stati generali, sindacati compresi. Ma quante volte li abbiamo sentiti i sindacati? Quante volte abbiamo sentito il sistema del credito in Sardegna? Quante volte abbiamo sentito le parti sociali, il volontariato? Quanti riti si sono svolti nella terza Commissione consiliare, dove le parti sociali sono state coinvolte in tutti i modi possibili rispetto agli equilibri della democrazia politica per avere idee su cosa fare in Sardegna?

Ecco, oggi questa è la nostra sfida e noi in che maniera possiamo andare con credibilità da un Governo che oggi è sostenuto dalle più importanti forze politiche nazionali, sia quelle che un tempo erano nel centrodestra sia quelle che un tempo erano nel centrosinistra? Con quale credibilità possiamo mantenere aperta una vertenza sulle entrate, chiedere il riconoscimento di quello che si sarebbe già dovuto riconoscere alla Sardegna, se non abbiamo la certezza che il Consiglio regionale ha fatto sino in fondo quello che avrebbe dovuto fare nell'interesse dei sardi, perché questo è il suo compito? Questo Consiglio regionale ha fatto una riforma in questa legislatura, ha condiviso una riforma, un percorso di cambiamento delle nostre istituzioni? Ha fatto qualcosa per quanto riguarda le province? Oggi è apparso sui giornali che le province sarde saranno abolite dal 31 dicembre 2012 se il Consiglio regionale entro quella data non avrà legiferato! Perché? Perché la stessa prima Commissione si pone il problema che questo Consiglio regionale non riesce a legiferare. Ha fatto qualcosa in termini di spending review, di revisione della spesa per dirla in italiano? Ha fatto qualcosa in termini di valutazione delle politiche? Ha fatto qualcosa in termini di Regolamento interno o di funzionamento della burocrazia regionale, quella burocrazia che impiega anni per dare una risposta a un cittadino, ma anche per dare una risposta a un imprenditore che eventualmente volesse creare posti di lavoro in Sardegna? Ecco queste sono le domande che io rimando ai colleghi del centrosinistra per la mia parte di responsabilità e per la parte di responsabilità della mia formazione politica, che partecipa al Governo regionale. Ha ragione l'onorevole Diana nel dire che queste parti di responsabilità sono diverse e superiori nella gestione complessiva delle cose in Sardegna rispetto a quelle di chi sta all'opposizione, ma queste sono le domande sul tappeto. Chi si autocandida, chi si candida legittimamente e doverosamente a governare la Sardegna nella prossima legislatura ha risposte diverse rispetto a chi governa oggi in Sardegna? Sta mettendo le basi per un funzionamento diverso delle istituzioni rispetto a chi governa oggi in Sardegna? Sta lanciando un grande messaggio di progetto di sviluppo che il centrodestra e quelli che stanno da questa parte dell'aula non riescono a cogliere?

Io mi sposto, colleghi, vengo dalla vostra parte dell'Aula se avete un progetto credibile sul quale investire, sul quale scommettere, al quale appassionarsi, ma nelle parole del collega Diana non c'era questo progetto. Non c'era! E forse in Sardegna oggi non c'è una classe dirigente che stia ragionando su questo progetto. Forse, oggi, sommando le forze del centrodestra e quelle del centrosinistra non si riesce a tirar fuori una classe dirigente che abbia in testa un progetto che consenta alla Sardegna di aiutarsi per la parte che comunque è doveroso che la Sardegna faccia per uscire dalle secche dell'emergenza in cui si trova. E' evidente, lo comprendiamo tutti, che le secche di emergenza che oggi affliggono la Sardegna non sono secche sarde, non sono colpa di Cappellacci, di Vargiu, di Crisponi o dell'assessore De Francisci, ma vengono da molto più lontano e sarebbe inesatto, ingiusto, poco saggio pensare che noi non abbiamo responsabilità. Ne abbiamo eccome! E continuare a perpetuare in questo Consiglio regionale una ritualità di contrapposizione ideologica, di contrapposizione di schieramento, a cui nessuno crede più fuori da questo Consiglio regionale, perché la Sardegna è una polveriera, l'avete detto voi stessi, è uno spreco di energie, uno spreco di risorse, una manifestazione di scarsa intelligenza che alla fine, giustamente, rischia di travolgere questo Consiglio regionale e ciò che voi dite ancora esso rappresenta.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Sabatini. Ne ha facoltà.

SABATINI (P.D.). Presidente, parto da una considerazione. Condivido quanto affermato dal presidente Cappellacci: è cambiato lo scenario politico, è cambiata la nostra controparte e questa vertenza oggi ha di fronte a sé un Governo diverso. E questo giustamente è stato dimostrato dalla composizione con cui il Governo si è presentato all'incontro con la delegazione Sardegna. Il presidente Monti, il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, il Ministro del tesoro, il Sottosegretario all'economia, il Ragioniere generale dello Stato, dottor Canzio. A questa considerazione va però aggiunto il fatto che abbiamo un Governo veramente diverso, che ha un diverso approccio. Non abbiamo più davanti Berlusconi, Tremonti e Calderoli, che sono stati, lo dico non per fare una considerazione di parte, uno dei motivi che hanno bloccato la conclusione di questa vertenza. E' un dato di fatto di cui dobbiamo prendere atto.

Credo sia altrettanto vero che noi dobbiamo rifiutare con molta determinazione la sovrapposizione di un percorso, quello della vertenza entrate, che ormai è a conclusione, con il percorso previsto all'articolo 27 del decreto legislativo numero 42 sul federalismo fiscale. Noi abbiamo scelto, per quanto riguarda la vertenza entrate, di operare attraverso l'approvazione di nuove norme di attuazione. Tali norme sono state approvate dalla Commissione paritetica, sono state approvate da questo Consiglio regionale e oggi sono all'attenzione del Governo nazionale che le deve a sua volta approvare. Unitamente a questo percorso sono stati avviati i tavoli tecnici e, come avete dichiarato ai giornali, il 95 per cento delle richieste che la Regione ha fatto è stato riconosciuto da quei tavoli tecnici. Allora noi dobbiamo chiedere con determinazione al Governo Monti l'approvazione delle norme di attuazione. Non c'è altro da fare, bisogna approvare le norme di attuazione, tenuto conto che questa Regione si è fatta carico delle spese della sanità e del trasporto pubblico locale, cioè ha mantenuto i patti; lo Stato quei patti li ha invece traditi ed è ora che li rispetti.

Detto questo, Presidente, siamo in una situazione di forte difficoltà, lo abbiamo ribadito tutti, anche l'onorevole Vargiu. E' una situazione esplosiva e questo è dimostrato dalla manifestazione che è in corso stamani sotto i portici del Consiglio, dalla manifestazione organizzata dai sindacati, che ha visto 60 mila partecipanti, dal cosiddetto movimento dei forconi, dalle manifestazioni spontanee contro Equitalia, dalle occupazioni dei comuni, dalle manifestazioni di protesta negli stabilimenti che stanno per chiudere. C'è una realtà sociale di emergenza e di forte difficoltà. Io sono convinto che di fronte a questa emergenza la società sarda non capisca le nostre polemiche e le nostre divisioni. Dobbiamo tutti lavorare alla ricerca dell'unità, però, Presidente, mi rivolgo innanzitutto a lei, perché sono convinto che per il raggiungimento dell'unità non servano gli appelli, i richiami, le annunciazioni, l'unità è un concetto che si pratica e per raggiungerla è necessario condividere un percorso, decidere quali sono le strategie, quali sono le scelte. Unità significa mettere a disposizione tutte le informazioni, tutti i documenti che si hanno, significa condividere. E io credo che i percorsi solitari che lei qualche volta ha fatto non le serviranno per risalire in quella graduatoria pubblicata che alcune settimane fa Il Sole 24 Ore ha pubblicato. Lo dico anche per la mia parte politica: la ricerca di differenziazioni non servirà al Partito Democratico per aumentare i consensi elettorali, non servirà all'intero centrosinistra per vincere le prossime elezioni regionali, non servirà a nessuno dei partiti rappresentati in quest'Aula per aumentare i consensi elettorali; serve solo a non farci capire dalla gente che aspetta da noi un grande senso di responsabilità alla ricerca della massima unità per compiere una battaglia uniti nell'obiettivo che tutti abbiamo in testa, che è quello di ottenere le cose che la Sardegna non ha ottenuto da uno Stato che non le ha voluto riconoscere non cose fuori luogo, ma le cose che le spettano, e che le spettano per legge.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Porcu. Ne ha facoltà.

PORCU (P.D.). Signora Presidente, colleghi, intanto ritengo positivo che si faccia questa discussione e proverò, presidente Cappellacci, a evitare nel mio ragionamento contrapposizioni ideologiche precostituite. Accolgo, da questo punto di vista, l'invito dell'onorevole Vargiu. Le muoverò solo alcune critiche, ma sono critiche che riguardano le cose che lei ci ha detto oggi, per come ce le ha dette. Eviterò di richiamare altri argomenti che riguardano il passato, su cui ci siamo divisi e in merito ai quali lei conosce benissimo la nostra posizione e anche tutto il nostro dissenso per esempio - cito solo questo fatto per chiarezza - per aver tardato troppo a sollevare il tema della non applicazione della vertenza entrate, per aver aspettato le norme di attuazione, per averci portato ancora, nel 2012, a non vedere rispettata una legge dello Stato di livello costituzionale. Però queste cose ci hanno diviso ieri, le abbiamo discusse ieri, mentre io vorrei discutere con lei dell'oggi. E sull'oggi non ho difficoltà a dirle che ho trovato la sua esposizione deludente per un motivo fondamentale: mi sembra, Presidente, che manchi il senso dell'urgenza, il senso profondo dell'ingiustizia che la nostra Regione è costretta a subire.

Torno brevemente sulla vertenza entrate e sul perché essa è nata, per riportare quel senso profondo di ingiustizia che tutti noi avvertiamo, che i sardi avvertono, che gli operatori economici e sociali avvertono e che, secondo me, lei deve trasmettere al presidente Monti. Vede, Presidente, la vertenza entrate nasce per rimediare a un torto. Non è una rivendicazione per avere di più, è una rivendicazione nata per vederci restituire quei 4 miliardi di euro che dal 1993 al 2005 ci sono stati tolti per la mancata applicazione non del nuovo Statuto, ma del vecchio Statuto e del vecchio articolo 8, per motivi tecnici, perché si sbagliava nell'indicare il codice della Regione per quanto riguardava la tassazione delle imprese, perché non ci venivano accreditate le imposte pagate dalle persone fisiche perché magari essendo riferite a dipendenti statali venivano conteggiate nel Lazio, insomma per una serie di errori formali e tecnici sono stati sottratti alla nostra Regione 4 miliardi di euro! Per quei 4 miliardi in meno abbiamo indebitato la nostra Regione, abbiamo pagato mutui, abbiamo sottratto risorse preziose per colmare il gap di sviluppo infrastrutturale tra la Sardegna e il resto dell'Italia.

Aver fatto quella battaglia nel 2005 e aver ottenuto la revisione dell'articolo 8 voleva dire porre rimedio a un torto. Ma la cosa che noi dobbiamo spiegare al Governo Monti, e che lei Presidente - accetti questa critica - non sta facendo con sufficiente convinzione, è che oggi, nel 2012, la Sardegna non solo non ha visto applicata totalmente la vertenza entrate, ma ne ha visto applicato un pezzo peggiorativo, tant'è che è in una situazione peggiore rispetto al 2005. Lei deve spiegare, onorevole Cappellacci, che non è vero che la vertenza entrate non è stata applicata; è stata applicata per la parte meno conveniente per la nostra Regione!

Le cito alcuni dati, perché tra il 2009 e il 2010 nel passare dal vecchio al nuovo regime, o a quello che doveva essere il nuovo regime, formalmente, cioè sull'accertato, sulle devoluzioni effettive, sull'incassato, abbiamo avuto un saldo positivo di soli 229 milioni. Ma lo Stato, che nel 2005 compartecipava fino al 39 per cento alla spesa sanitaria, se avesse mantenuto quella compartecipazione oggi avrebbe speso circa 350 milioni di euro in più! Sostanzialmente lo Stato ha risparmiato rispetto a quella che sarebbe dovuta essere l'evoluzione dei conti rispetto al 2005!

Noi, Presidente, oggi ci troviamo ad avere - e lei lo deve spiegare - un bilancio più rigido, a esserci assunti oneri e costi, ad avere meno manovrabilità in bilancio per quel che riguarda la spesa effettiva rispetto al 2005. E' un'ingiustizia grandissima ed è una beffa per i sardi che lei deve riuscire a trasmettere. Al limite restituisca le deleghe e le competenze che abbiamo ricevuto! Deve spiegare che lei non riesce a tenere insieme il sistema, che c'è un patto costituzionale con lo Stato che viene minacciato, che si avverte un senso profondissimo di ingiustizia. Se lei, Presidente, guarda il bilancio regionale di oggi, non quello rappresentato dagli stanziamenti, ma quello rappresentato dalle cose che incassiamo, noterà che sostanzialmente, a fronte di uno stanziamento di 6 miliardi e 800 milioni di euro, le entrate tributarie effettivamente riscosse ammontano a soli 5 miliardi e 600 milioni. Se da questi sottraiamo la spesa sanitaria e il deficit dell'anno scorso (3 miliardi e 400 milioni di euro) rimangono soltanto 2 miliardi e 200 milioni di euro.

Se, facendo riferimento alla sua delibera di agosto, sommo le spese obbligatorie e necessarie, le spese per il funzionamento di enti e agenzie, per il pagamento dei mutui, per il fondo degli enti locali, cioè le risorse da trasferire ai comuni, le spese per i trasporti, per la continuità territoriale aerea, per l'università, per la non autosufficienza, per il Galsi, per Abbanoa e tutte le altre spese che lei ha indicato indispensabili, ottengo un totale che già oggi supera il tetto massimo di spesa, che è di 2 miliardi e 200 milioni di euro. Abbiamo un bilancio rigido, un bilancio che non può dare risposte ai cittadini, che non può dare risposte alle imprese, che non può colmare in alcun modo il gap infrastrutturale della nostra regione, che non può rilanciarne l'economia, che non può intervenire sul lavoro. Abbiamo le mani legate!

Presidente, le chiedo se lei è disposto, ma se lo è veramente, a rivedere la sua strategia, se è disposto ad abbandonare la strada della rinegoziazione ordinaria, dell'ottimismo. Ho citato alcune delle sue frasi che mi preoccupano, come l'aver giudicato molto positivamente un tavolo che di fatto ha rinviato anche l'attuazione di quelle norme su cui lei ha insistito e su cui si è assunto una responsabilità. Mi sembra un fatto non positivo, anzi grave! Allora, Presidente, se lei veramente vuole l'unità di questo Consiglio ci deve dire se è disposto a condividere il percorso, se è disposto a condividere il contenuto di questa negoziazione. Se lei è disposto a farlo allora ha senso discutere, ma se invece vuole farci trovare soluzioni, negoziazioni e approcci preconfezionati, all'insegna dell'ottimismo e del buonismo che finora non hanno portato risultati, se è disposto ancora a cercare l'unità dicendoci che va tutto bene, quando a tre anni dalla sua entrata in vigore il novellato articolo 8 ancora non viene applicato, allora sarà molto difficile, se ne renda conto, poterla appoggiare su una rivendicazione di profilo così basso!

Le condizioni che noi ci sentiamo di porre, Presidente, sono quelle che ha ricordato anche il mio Capogruppo in conclusione del suo intervento. Noi le chiediamo di porre la vertenza entrate come pregiudiziale all'apertura del tavolo istituzionale tra lo Stato e la Regione. Lei deve spiegare che ci si siede a un tavolo tra gentiluomini che rispettano i patti, specie quando questi sono sanciti da leggi di rango costituzionale. Lei deve spiegare che non riesce a tenere insieme le forze sociali, economiche e politiche se prima lo Stato non rispetta i patti e non trasferisce alla Regione sarda gli oltre 800 milioni di euro che ancora si ostina a non trasferirle. Lei deve porre, ripeto, l'applicazione della vertenza entrate come pregiudiziale. Poi poco importa, Presidente, se c'è una differenza del 2 o del 3 per cento sull'accertato; intanto ci trasferiscano il 97 su cui siamo d'accordo, in modo che la Sardegna abbia quelle risorse per poter veramente dare risposte ai bisogni del suo popolo.

Presidente, se lei è disposto a far sì che oggi abbia inizio un percorso nuovo che la vede discutere insieme a tutto il Consiglio, quel fronte unitario si può ancora aprire, ma se lei si ostina a spargere un buonismo di maniera che non ci ha portato risultati, credo che fatalmente dovrà assumersi da solo le responsabilità dei risultati assai deludenti che per ora ha avuto il confronto con lo Stato.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Ben Amara. Ne ha facoltà.

BEN AMARA (Gruppo Misto). Io non sono esperto né nell'attaccare né nell'attaccamento. Io dipingo solo la realtà o forse il passaggio degli eventi, delle contraddizioni e anche delle pulsioni. Io non faccio opposizione per amore dell'opposizione, perché non mi attira l'arte per l'arte, che non è progresso. Si fa opposizione per costruire e anche per decostruire per poter costruire.

Prima di ascoltare il presidente Cappellacci con attenzione ho letto un articolo apparso oggi su un giornale e relativo a ciò che un vertice richiede e subito mi sono fatto un'idea chiara su come si fabbrica l'opinione pubblica e su come si fa per ingannare la realtà dei fatti. Secondo qualcuno Cappellacci avrebbe dovuto portare una nave di rappresentanti, una Concordia; secondo sindacati, autorità locali, parti sociali, imprese, rappresentanti del mondo della cultura e della solidarietà, Presidente del Consiglio, Presidente della Commissione bilancio e programmazione, forse bisognava convocare questi prima di andare al vertice. Ma vi rendete conto di tutta questa folla di osservatori? Tutti insieme per chiedere che cosa? Bisognava invece mandare due rappresentanze politiche, una parte politica e una parte tecnica. Così non fu. Allora con chi ce la dobbiamo prendere? Facile trovare un capro espiatorio. Io dico che il Presidente non è andato solo al vertice Monti, era accompagnato, dunque sostenuto da un harem politico che siede anche in questo Consiglio. Allora, se gli accompagnatori pensavano che il vertice con Monti sarebbe stato un fallimento, perché erano lì a guardare? Ma questi accompagnatori erano lì come sostenitori oppure come critici di politica? Forse erano lì a togliere credibilità alle parole stanche, ripetitive e opache dei politici che dovrebbero invece dare forma a una lotta per riconquistare l'autonomia della nostra Regione.

Impariamo almeno a fare buon uso della nostra sofferenza, della nostra indignazione, anche e soprattutto quando chiediamo che ci vengano restituite la dignità e la libertà. Smettiamola di cercare sempre qualcuno per colpire, una vittima. Questa non è politica, ma è solo pubblicità, spot promozionale. In questo nostro Consiglio si pratica una politica nebulosa, in continua espansione, che tende a penetrare in ogni zona di vuoto, in ogni frattura della nostra società, sollecitata appunto a fornire una risposta psicologizzante, che chiuda quel vuoto politico e nasconda quella frattura. Ma si può essere professionisti dell'enigma? Sembra che la teoria delle pulsioni sia diventata la nostra mitologia. Perché pretendere di curare i mali della Sardegna mentre coloro che credono di essere i medici hanno gran bisogno dello psichiatra? Il teatro in politica crea sempre le proprie azioni sceniche, lo dico sinceramente perché anche che nel campo politico in senso stretto la polarità sinistra-destra è andata via via perdendo la sua forza di tensione ed è ormai adibita in prevalenza a operazioni di localizzazione spaziale, per così dire di ripartizione e classificazione dell'esistente. Forse per questo qualcuno di sinistra in questo Consiglio era preoccupato per il fatto che il Presidente del Consiglio non era presente al vertice Monti. Ed è chiaro qui che il valore simbolico della creatività e generatività sia fondamentalmente estraneo alla coppia sinistra-destra.

Per incontrare Edipo bisogna trovarsi sulla strada di Tebe; per convincere il banchiere e tecnico Monti bisogna che l'analista costituisca in altri luoghi condizione, possibilità, linguaggio dell'interrogazione analitica. L'ascolto analitico deve manifestarsi in primo luogo come capacità di percepire il negativo, l'irregolare l'aritmico. Le situazioni a cui ho appena accennato, quali che siano, rischiano di essere subito soffocate o meglio ancora inquadrate e funzionalizzate. Chi ha bisogno di visione vada al cinematografo. So bene anche che l'eredità della demagogia è sempre pesante. Sento in questo Consiglio una profonda complicità tra il demagogo e la tendenza in noi, forse innata, a rifuggire dalla fatica di conoscere, comprendere ed esprimere motivatamente e responsabilmente idee e intenzioni. Il demagogo, come direbbe Cacciari, non è colui che seduce e guida; è essenzialmente chi segue e "serve" le peggiori inclinazioni del suo popolo, chi a priori ne asseconda e giustifica i desiderata.

Ciascuno qui ritiene fermamente di fare un mondo a sé. Quasi tutti i consiglieri regionali vengono oscurati dai loro stessi Capigruppo. Questo consesso non è un Consiglio, ma una somma di diversi, disparati e incomunicabili interessi, che siano a destra o a sinistra. Sembra che l'unico nostro scopo sia fabbricare un'opinione pubblica che è sempre doppia e sdoppiata. La volontà dei dominanti diventa quella di tutti. E' vero che in questo Governo c'è un Presidente, pure il riproduttore dell'autorità non è solo lui, ma ben altri che sanno teatralizzare le cose che non esistono, nel nome delle quali parlano e fanno politica. Il miracolo verbale, il successo retorico deve produrre la messa in scena di ciò che autorizza il suo dire, in altre parole dell'autorità in nome della quale è autorizzato a parlare. Baudelaire direbbe che maneggiare sapientemente una lingua vuol dire praticare una specie di stregoneria evocatrice. Alcuni di noi in questo campo sono esperti e vanno anche a lezione presso alcuni giornalisti ben noti.

Gli ultimi scandali politici sono il crollo di questa specie di fede politica nella quale tutti sono in malafede. La malafede, essendo una sorta di malafede collettiva, in senso sartriano, è un gioco nel quale tutti mentono a sé stessi e agli altri, sapendo che anche che quelli mentono a sé stessi. E' questa l'autorità? E' vero, come dice Vargiu, che questo Consiglio non fa nulla, non legifera, ma è esperto nel presentare mozioni, mozioni e mozioni! Grazie.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Soru. Ne ha facoltà.

SORU (P.D.) Ho ascoltato il Presidente della Regione e provo a riassumere così le sue parole: praticamente ci ha detto che guardando le trasmissioni televisive di queste ultime settimane appare evidente che i problemi della Sardegna di oggi sono gli stessi da trent'anni a questa parte, tant'è che i servizi televisivi trasmessi allora sembrano attualissimi. Quindi è da trent'anni che siamo ancora allo stesso punto, come se la Sardegna in trent'anni non avesse fatto un percorso, come se negli ultimi trent'anni la qualità della sanità, ad esempio, non fosse cambiata, come se il numero degli occupati non fosse cambiato, come se il numero dei ragazzi che comunque frequentano le scuole superiori non fosse cambiato, come se la Sardegna non avesse fatto un percorso comunque positivo in questi trent'anni. Lei dice che siamo ancora lì, che ci sono gli stessi problemi di sempre, dovuti in gran parte o totalmente al fatto che i Governi romani non ci ascoltano e frustrano le nostre giuste ragioni.

Poi, però, dice che ora finalmente abbiamo un'occasione storica: a Roma non c'è più un Governo che non era stato nemmeno nominato, ma c'è finalmente un Governo di tecnici e la nostra possibilità di discutere con loro in maniera razionale, ragionevole, equa, giusta, può portare finalmente a risolvere i problemi della Sardegna. E quindi chiede l'unità di tutta la Sardegna attorno a lei affinché ci possa rappresentare al meglio e finalmente possa dare risposte storiche che da tempo aspettiamo, quelle che ha elencato. Vorrei ricordare che quella dell'opportunità storica di discutere con un Governo romano che ci sta a sentire è una promessa elettorale che abbiamo già sentito e che non si è avverata. Sembrano passati cent'anni da quando i giornali ci raccontavano della grande opportunità per il fatto che lei da piccolo giocava nel giardino di Villa Certosa e quindi era vicino al Presidente del Consiglio, che, lo ricordo a chi se ne fosse dimenticato, si chiamava Berlusconi, un signore che è venuto in Sardegna per fare campagna elettorale, un signore che avuto responsabilità per lunghi anni, anche in concomitanza con questa legislatura regionale. Ma non è bastato essere amici del Presidente del Consiglio, non è bastato essere dentro un percorso che la Sardegna comunque ha fatto e che voi avreste potuto prolungare per evitare di registrare gli insuccessi clamorosi che avete registrato.

Se non è bastato essere amici del presidente Berlusconi, perché pensa che sia capace adesso di confrontarsi in maniera dignitosa, vorrei dire, alla pari, consapevole, con ben altro Governo? Io credo che non sia il vostro mestiere, credo che non siate all'altezza, credo che siate le persone più sbagliate possibili per confrontarvi con questo Governo. E lo dico soprattutto perché non condivido quello che avete detto, e cioè che i mali della Sardegna vengono solamente da Roma e non sono spesso anche conseguenza di una sbagliata assunzione di responsabilità da parte nostra, di uno sbagliato esercizio delle responsabilità da parte nostra.

Lei ha elencato i mille problemi non risolti e tra questi la vertenza delle entrate. Glielo dico: non c'è nessuna vertenza delle entrate. C'è stata una vertenza delle entrate ed è stata risolta con una legge, che è la finanziaria nazionale per il 2007. Da quel momento in poi quella legge ha prodotto effetti, che si vedono nel bilancio della Regione per il 2007, 2008 e 2009. Ha smesso di produrre effetti con voi, laddove ci sarebbe dovuto essere un salto ulteriore, e ha smesso di produrre effetti con voi nel vostro totale disinteresse e nella vostra arroganza. Laddove vi dicevamo di svegliarvi e di impugnare il bilancio dello Stato non l'avete fatto e ci avete invece raccontato di mille riunioni, di mille tavoli di discussione. Guardi pure il telefonino, Presidente, non è importante quello che ho da dirle!

Vi siete attardati in mille tavoli, in incontri con mille sottosegretari, nascondendo l'evidenza di essere stati imbrogliati da un Governo Berlusconi che non ha applicato per voi le leggi dello Stato. La vertenza è finita, ora c'è una legge inapplicata e voi non avete difeso gli interessi della Sardegna. Non sono infatti a conoscenza di nessun ricorso presso la Corte costituzionale, di nessuna impugnativa del bilancio dello Stato; nessun atto è stato impugnato in modo da poter tutelare gli interessi della Sardegna nei luoghi giusti e non con le chiacchiere, le parole o i convegni. Non c'è nessuna vertenza, ripeto, ci sono invece diritti che devono essere fatti rispettare e responsabilità che vanno prese seriamente e gestite.

Se oggi la Sardegna è una polveriera è anche perché le mancano, ad esempio, 360 milioni di euro, che sono il disavanzo della sanità per il 2012, che si sarebbero potuti spendere diversamente. Se oggi la Sardegna è una polveriera è anche perché manca circa 1 miliardo di euro di entrate che non vi siete fatti consegnare, colpevolmente, perché ci avete ingannato per mesi, se non per anni, sul confronto con lo Stato. Se oggi la Sardegna è una polveriera è anche perché non avete speso 380 milioni di fondi europei, che avete riconsegnato in questo caso alla disponibilità del ministro Barca. Se oggi la Sardegna è una polveriera è perché non avete ancora speso quasi nulla delle risorse del Programma di sviluppo rurale (PSR), dei fondi per l'agricoltura, se non quelli per gli aiuti, che sono stati in gran parte spesi nel trascinamento delle politiche della legislatura passata. Se oggi la Sardegna è una polveriera… Mi ascolti, presidente Cappellacci, vedrà che forse impara qualcosa. Presidente Cappellacci!

CAPPELLACCI (P.d.L.), Presidente della Regione. Ho imparato ad ascoltarla senza guardarla. E lei è esperto in questo!

SORU (P.D.). Lei ha imparato a fare anche tre cose contemporaneamente e a non seguirne neanche una! Io l'ho semplicemente ascoltata con molta attenzione e chiedevo…

(Interruzione)

Scusa, c'è qualche problema? Se c'è qualche problema puoi intervenire e lo chiarisci tu!

Signor Presidente del Consiglio, ho semplicemente cercato di avere la stessa attenzione che io ho assicurato al Presidente della Regione, perché rappresento una parte importante dei cittadini della Sardegna e volevo che fosse ascoltata. Avevo da dire che la vostra legislatura è stata marcata da una data, marzo 2009, quando avete deciso di cancellare il piano per l'utilizzo dei fondi per le aree sottoutilizzate, i fondi FAS, pensando che tutto quello che era stato lasciato dal passato fosse da buttar via. Avete perso l'occasione per farvi approvare quel piano per i fondi FAS, che è stato approvato per quasi tutte le Regioni del Centro-Nord. Noi eravamo l'unica Regione del Sud ad aver approvato e consegnato quel piano, che avreste potuto lasciare al CIPE e oggi sarebbe approvato, in base al quale potreste disporre di 2 miliardi e 400 milioni di euro di fondi FAS, senza che vi fosse stato sottratto neanche un euro, perché neanche un euro di fondi FAS è stato sottratto a chi aveva avuto il piano approvato. Voi l'avete tolto colpevolmente, non ve lo siete fatto approvare e avete perso 1 miliardo e 200 milioni di euro di fondi FAS. Anche per questo oggi la Sardegna è una polveriera. Mentre molti discettano di Tirrenia, la Sardegna è una polveriera perché, al di là delle campagne mediatiche, qualcuno ha accettato che a marzo e ad aprile fosse approvato un decreto che legava la privatizzazione della Tirrenia all'assegnazione delle rotte. Si è accettato pedissequamente, voi avete accettato in maniera subalterna che le rotte venissero assicurate alla Tirrenia, e molti deputati, anche quelli che oggi parlano largamente, hanno votato a favore della conversione in legge di quel decreto che faceva sì che la Tirrenia e le rotte per la Sardegna continuassero a rimanere inscindibili per i prossimi dieci anni. Per questo la Sardegna è una polveriera, e cioè non perché abbiamo avuto uno Stato cinico e baro, ma perché abbiamo avuto un Governo regionale non all'altezza, disattento e purtroppo persino arrogante, che ha guardato più ai titoli sui giornali che all'efficacia dell'azione di governo.

Ci chiede unità, Presidente, ma non ci assicura nemmeno attenzione mentre parliamo! Di quale unità parla? L'unità di chi, mentre qualcuno parla, continua a giocare?

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Capelli. Ne ha facoltà.

CAPELLI (Gruppo Misto). Signora Presidente, ero indeciso se utilizzare tutti i dieci minuti che ho a disposizione o liquidare il mio intervento con una frase: quanto sta avvenendo è decisamente imbarazzante. E' imbarazzante perché mi aspettavo - non voglio attaccare nessuno, non è questo il momento, non è nel mio intento - dall'intervento del presidente Cappellacci non un elenco di ciò che la stampa ha riportato, non la cronologia di eventi che è stata riportata all'Aula, ovvero "è successo questo, c'era Tizio come controparte, perché controparte è il Governo nazionale", ma mi aspettavo che venisse illustrata all'Aula una relazione sullo stato delle cose, su cosa si è detto, su cosa si è proposto e sull'iniziativa che il Governo regionale intende intraprendere per far valere i diritti della Sardegna. Mi aspettavo anche che per i colleghi intervenuti, anche per i Capigruppo - ne ha parlato il collega Giampaolo Diana - non fosse importante, non lo è per me per lo meno, se lei, Presidente, era stato preavvertito o meno dell'incontro. Io credo a quello che lei dice, e cioè che soltanto all'ultimo momento ha avuto comunicazione dell'incontro, ma non è questo il problema. Il problema è il merito, il problema è cosa è stato detto al presidente Monti, se cioè gli è stato detto: "Le chiedo, egregio Presidente, di applicare una legge" e se il presidente Monti, che rappresenta la massima autorità governativa di questo Stato, è disponibile ad applicarla. Perciò non stiamo chiedendo niente di più di quel che è dovuto, ovvero l'applicazione dell'articolo 8 del nostro Statuto. E, mi permetta di dire, Presidente, che se la Sardegna è in queste condizioni è anche perché quell'articolo, continuo a ribadirlo, non è stato scritto così come doveva essere scritto. Bisogna riconoscere tutto. Non ho sentito parlare del patto di stabilità neanche oggi, in quest'Aula, però mi metto al posto del cittadino sardo, di colui che spinge i cancelli del palazzo della Regione perché non sa più come mantenere la famiglia, perché non sa più cosa sarà del suo domani in quanto non ha garanzie sul suo futuro e su quello dei suoi figli, che dovesse ascoltare questo dibattito e le dichiarazioni del Presidente. Noi siamo qui per indicare le soluzioni, la via, cosa fare domani, invece sento anche parti della maggioranza chiedere alle opposizioni: "Ma voi cosa fareste?". E allora, tanto peggio tanto meglio! Se non c'è niente di meglio di questo Governo regionale, continuiamo con questo Governo regionale, continuiamo ad annaspare, a mio avviso, al di là delle responsabilità del Governo centrale, che vent'anni fa il presidente Melis e il presidente Floris - c'è una continuità in quest'Aula - affrontavano in modo diverso e con un'autorevolezza diversa.

Vede, io avrei portato, a quel tavolo, una rappresentanza della Sardegna formata da lei, giustamente, presidente Cappellacci, dal presidente Soru e dal presidente Floris. Sarebbe stata un'autorevole rappresentazione della continuità della richiesta dei diritti della Sardegna. Quella sarebbe stata una proposta di unità per dire che insieme vogliamo raggiungere un risultato, dimostrando che non si trattava solo di una rappresentanza politica di parte, bensì di autorevoli esponenti di ieri e di oggi della Sardegna, delle problematiche della Sardegna. Credo che a quel tavolo lei avrebbe detto al presidente Monti: "Non siamo qui per elemosinare niente! La situazione della Sardegna o la conosci o non la conosci, ma non te la posso rappresentare io in dieci minuti". Aveva, del resto, già avuto modo di rappresentarla al sottosegretario Catricalà, se non sbaglio, un mese fa. In quella data, come lei ha riferito in Commissione, Catricalà le disse: "Fra quindici giorni avrete le risposte". E' passato un mese e mezzo!

Allora, noi non possiamo più sederci a un tavolo col Governo nazionale per rappresentare le problematiche della Sardegna; dobbiamo rappresentare le soluzioni per la Sardegna. Giustamente qualcuno dice: "Sì, ma al di là dell'excursus delle responsabilità…", che pare debbano essere di tutti e quindi di nessuno. Nessuno ha responsabilità, nessuno dei parlamentari che oggi cercano di tenere alta la bandiera della Sardegna si è fatto sentire con il Governo Berlusconi, con i ministri Calderoli o Tremonti, che hanno bloccato per anni l'applicazione dell'articolo 8. Quei deputati, che allora avevano il voto come arma di pressione per convincere il Governo al riconoscimento dei nostri diritti, hanno votato per quel Governo, hanno tenuto in piedi quel Governo, che si era dichiarato amico e che ci ha negato il dovuto. Oggi siamo davanti al cosiddetto Governo tecnico che, non nascondiamocelo, ha un qualcosa anche di politico, o crediamo davvero che sia un Governo scevro dai condizionamenti politici?

Se di questo dobbiamo parlare, dobbiamo parlare anche di che cosa deve avvenire domani, di come risolvere i problemi di quegli operai che sono qua sotto giornalmente, fanno i turni. Allora proponiamo qualcosa, costringiamo il Governo a rispettare un diritto, ma lo dobbiamo fare con autorevolezza. Quali sono le proposte? Qualcuno le richiede da quest'Aula senza farne; chiede proposte, ma non ne fa. Per coinvolgere tutti nell'unità, iniziamo a dare un esempio chiaro di trasparenza, di sobrietà, di rispetto del merito. Abbiamo una via, dobbiamo scommettere su qualcosa, mantenere ciò che rimane dell'industria, ma nessuno ha più pensato all'agricoltura. Se domani il Governo Monti ci liquidasse il dovuto, 1 miliardo e 600 milioni di euro, la Sardegna ci chiederebbe: "Che cosa ne volete fare di questi soldi? Volete scaricare tutta questa somma sulla spesa corrente? Avete delle idee per il domani?". Bene, io mi permetto di averne e le vorrei confrontare con qualcuno, perché il presupposto per l'unità è l'ascolto. Ma chi ci ascolta? Chi mi ascolta? Chi devo ascoltare?

Le riforme: anche qui dobbiamo trovare l'unità, ma non un'unità falsa, condizionata dalla posizione personale, dalla posizione del proprio partito. Stiamo discutendo della razionalizzazione degli enti locali e non riusciamo ancora a trovare un accordo! Cancelliamo le province? Sì, forse, un po', a metà, vediamo chi le governa perché perdo una rappresentanza politica. Non è questo il modo di trovare l'unità. Allora, se devo scommettere su qualcosa, di quei 1.600 milioni di euro, semmai ci dovessero arrivare, cosa ne volete fare? Io indico una via: l'agricoltura, il turismo, la riforma rurale. Diamo risposte strutturali al nostro sistema e basiamoci sulle cose che possiamo valorizzare. Ma per fare tutto questo, presidente Cappellacci, bisogna essere autorevoli e quello che manca alla Sardegna oggi è proprio l'autorevolezza, supportata da un progetto. Purtroppo, io una responsabilità la individuo: è la sua. E' questo che non va nel rapporto con il Governo di ieri e di oggi, anche se ci accomuna una cosa: entrambi abbiamo lasciato il nostro partito. E' l'unica cosa che ci accomuna. Io ho fatto di più, ho lasciato anche lei, però possiamo fare qualcosa insieme.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Maninchedda. Ne ha facoltà.

MANINCHEDDA (P.S.d'Az.). Signora Presidente, onorevoli colleghi, il Partito Sardo d'Azione non mancherà di sostenere qualsiasi scelta questo Consiglio voglia fare per contrapporsi, in maniera efficace, alle politiche dello Stato che ci penalizzano. Lo dico in premessa, perché sentire gli appelli su una linea per noi tradizionale e, anche in questa legislatura, inascoltata ci costringe a ribadire che siamo lì. Peraltro, però, signor Presidente della Regione, il P.S.d'Az. non condivide la sua lettura né degli eventi recenti né della realtà sarda, glielo dico con garbo, ma con calma fermezza. Noi crediamo che questa differenza di valutazione tra noi e lei nasca soprattutto da una sorta di esplicita mancanza di vigore, da parte sua, rispetto al comportamento dello Stato, ma anche rispetto alla gravità della crisi sarda. Cioè lei rappresenta, a mio avviso inconsapevolmente, ma plasticamente, una debolezza che a noi non appartiene. Forse dipende, questa differenza, da un diverso modo di intendere i ruoli di governo: chi governa guida i processi, non può limitarsi a descriverli e a riepilogarli. Lei dice, e lo dice anche con soddisfazione: "E' un successo del Governo regionale e della Sardegna tutta aver ottenuto un tavolo con lo Stato". Lo considera un fatto importante e non le viene naturale dire che uno Stato normale quel tavolo lo dovrebbe avere sempre aperto; non può essere un fatto eccezionale, non si può accettare di essere ridotti a "pietire" un rapporto normale. Noi, piuttosto che mendicare una cosa, ci ribelliamo. E' uno Stato normale uno Stato che ogni volta che cambia il Presidente del Consiglio riapre un tavolo? E' normale che la vertenza Sardegna debba essere riepilogata a questi signori? Non è normale!

Ecco, noi pensiamo che lei non abbia profondamente metabolizzato con quale Stato ha a che fare. Io glielo voglio ricordare e lo voglio ricordare anche ai colleghi: se si va a prendere un treno si rischia di non poter fare il biglietto in questa Italia; in banca non si possono prelevare più di 1.000 euro, perché lo Stato teme che si svuotino i conti correnti; se si deve riscuotere una pensione si è costretti ad aprire un conto corrente. Questo è lo Stato con cui abbiamo a che fare, forse noi lo dimentichiamo. La Regione non può erogare i soldi ai comuni perché lo Stato mette un tetto al patto di stabilità; quest'anno l'ha persino diminuito e i comuni non possono pagare le imprese. Le imprese sarde, per le leggi vigenti in questo Stato, non vincono una gara d'appalto manco a pagarla, però fanno da fornitrici, cioè da finanziatrici delle aziende che vincono le gare di appalto in Sardegna, e puntualmente non vengono pagate. Lo Stato vuole sapere dove compro i libri, dove mangio, come mi vesto, ascolta le mie conversazioni, vara leggi per cui è difficilissimo farsi pagare tra privati, però se si matura un debito con lo Stato sappiamo quale meccanismo repressivo viene messo in atto. Lo Stato garantisce dalle nostre bollette i certificati verdi alla Saras, che smaltisce qui i residui di lavorazione di mezzo mondo, ma non riconosce alcun vantaggio ai sardi. Questo è lo Stato con cui abbiamo a che fare!

Ma c'è di più, ed è questo che a me, Presidente, disturba molto della sua impostazione, perché secondo me lei non vede il problema centrale. Noi viviamo in uno Stato, lo Stato italiano, che tassa il lavoro del 60 per cento e la rendita del 15 per cento. Questo sta ammazzando la Sardegna, non altro! Questa è la questione nazionale della Sardegna, perché se è vero che la Sardegna è in subbuglio per molte responsabilità nostre, sulla questione centrale, la produzione della ricchezza, noi stiamo morendo di tasse, ed è la terza volta nella storia che moriamo di tasse! Questo sta accadendo. Non è possibile ignorare questo fatto quando il manifatturiero va via dall'Europa perché, come molti avevano detto, la globalizzazione della tecnologia, che non è globalizzazione dei diritti, penalizza gli Stati che spendono sui diritti, lo sappiamo. Ma le regioni svantaggiate come la nostra, che hanno il lavoro tassato come il resto d'Italia ma differenti livelli di sviluppo, è in questa questione che scontano la loro povertà. Le imprese debitrici di Equitalia sono state uccise dal fisco, non hanno pagato le tasse. Questo è accaduto. Di fronte a questa questione non si può esprimere soddisfazione per l'apertura di un tavolo! Non si può, perché torniamo a dire che chi governa guida e individua gli aspetti strategici, che sono questi. Se il lavoro è tassato più di ogni altra cosa, in una regione dove non c'è ricchezza accumulata come si fa a far nascere impresa? Come si fa a far nascere impresa in uno Stato quasi poliziesco, che manda la finanza negli uffici regionali ancora prima che i soldi vengano erogati? Come si fa a fare sviluppo quando noi, Regione, spendiamo mezzo milione di euro all'anno - Presidente, vorrei discuterne con lei di queste voci - per rinforzare la centrale di ascolto del Corpo forestale della Regione? Secondo me sono di platino questi strumenti! Mezzo milione per questo più 1 milione di euro per altri macchinari!

Uno Stato molto interessato all'idea del sospetto, poco interessato all'idea della fiducia, preleva moltissimo. Dobbiamo avere un Presidente della Regione che pone una questione nazionale con l'Italia, perché la verità è che noi siamo in contrasto con l'interesse italiano. L'Italia non si può permettere un'isola al 30-32 per cento di pressione fiscale, ma è quella che serve a noi! Poi abbiamo tantissime colpe, tantissime, ma quella fiscale è la questione centrale e non servono più la cortesia, il garbo e l'educazione, che sono sempre ottime monete, ma servono un vigore, una forza, una capacità di interpretazione della storia e della società sarda che non si vedono.

Nel merito, non è possibile che la Regione Sardegna si confronti con lo Stato - le dico solo questo sulla vertenza entrate - con il consigliere del Ministero dell'economia, Volpe. Lei non deve mandare, a mio avviso, nessun esponente della Giunta regionale a trattare con Volpe, ma non vi deve mandare soltanto il dottor Cambus, perché queste partite le altre Regioni le hanno trattate con fior di tributaristi che hanno inibito lo Stato. Non deve accettare minimamente ciò che il Ministero delle finanze sta pensando di fare, e cioè rateizzare il debito di 1 miliardo e mezzo di euro. Guai, non lo dobbiamo accettare! E non deve nemmeno accettare che le norme di attuazione tornino in quest'Aula, perché sarebbe un diversivo burocratico e se accadrà noi occuperemo l'Aula. Non lo accetti! Cominciamo a impostare in termini dialettici il confronto con lo Stato e forse ritroviamo il vigore che le manca.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Daniele Cocco. Ne ha facoltà.

COCCO DANIELE (I.d.V.). Presidente, cercherò di rimanere sul pezzo, perché forse ce ne stiamo allontanando. Credo che la riunione di oggi debba servire per capire se l'intero Consiglio regionale è in grado di condividere o vuole condividere un percorso con il presidente Cappellacci. A me non interessa sapere se della convocazione al tavolo dell'altro giorno a Roma ne è venuto a conoscenza prima o dopo altri, Presidente, credo non sia questo che interessa e che vogliono sapere i nostri concittadini. Io cerco di rappresentare il loro pensiero, e cioè che sono stufi dei tatticismi, dei sofismi, delle parole che facciamo rimbalzare continuamente in quest'Aula e delle soluzioni che non arrivano. Credo che in questo momento dovremmo ricercare davvero un percorso unitario. Se non va bene quello proposto dal Presidente, dobbiamo studiarne insieme a lui uno alternativo e far vedere ai nostri concittadini che saremo lì finalmente per avere una risposta.

Sono d'accordissimo con lei, Presidente, quando dice che sulla vertenza entrate non dobbiamo parlare perché è una vertenza chiusa e di fronte al Governo dobbiamo pretendere che venga rispettata una legge, però tutti dobbiamo assumerci le nostre responsabilità. Noi bene o male siamo rappresentanti di partiti che rappresentano l'attuale Governo centrale, quindi gli alibi che c'erano prima, le risposte che sono mancate prima, tutto quello che c'è stato, e non sto qui a ripeterlo, d'ora in poi non ci deve riguardare. Ora c'è un Governo che è sostenuto dal P.D., dall'U.D.C. e dal P.d.L.; questo Governo, quindi, non ha più alibi politici o di colore per non dare risposte. Che si tratti di tavoli o di altri percorsi, il popolo sardo e questo Consiglio hanno il dovere di chiedere risposte alle istanze che sono state avanzate. L'onorevole Diana diceva che probabilmente il presidente Cappellacci è stato tenero nel rappresentarle al Presidente il Consiglio dei Ministri. Credo che questo non importi molto, ciò che importa è se saremo in grado tutti insieme di far valere le nostre ragioni, che sono le ragioni dell'intero popolo sardo. Credo che quelli che sono fuori di quest'aula aspettino risposte e a loro non interessa se noi siamo ancora qui a fare lotte o alzare barricate ideologiche, perché credo che quel tempo almeno per adesso non ci sia più.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Agus. Ne ha facoltà.

AGUS (P.D.). Signora Presidente, ringrazio il presidente Cappellacci per la corretta comunicazione, che si attendeva invero nei giorni scorsi, al rientro dalla missione romana. Eravamo tutti in apprensione per questo appuntamento, al di là degli interventi anche duri dell'opposizione, ma non mi sono sembrati molto pacati neanche alcuni interventi della maggioranza, con i quali si è voluto, a mio avviso, non creare fratture in questo Consiglio, ma solo sottolineare la situazione che peraltro lei stesso ha enunciato, avendo parlato di momento difficile che la Sardegna vive con grande sofferenza.

Lei, Presidente, ha anche parlato di momento straordinario. Ecco, io vorrei essere propositivo, per cui nel fare questo ragionamento la invito a rapportarsi di più con il Consiglio. Lei è stato eletto e quindi ha sicuramente l'autorevolezza per rappresentare la Sardegna ai tavoli romani, ma credo che se condividesse più nel profondo i suoi incontri a Roma avrebbe non solo l'autorevolezza, ma anche la forza e la grinta, così diceva il collega Maninchedda, per poter rappresentare l'isola di Sardegna, il popolo sardo, perché comunque avrebbe il conforto dei delegati della Regione sarda. Questo le darebbe ancora più forza, una forza che di fatto non dovrebbe essere necessaria, se è vero com'è vero che il Titolo V della Costituzione ci pone in maniera paritetica rispetto allo Stato. Invece, nonostante tutta la nostra buona volontà, è successo a noi così come sta succedendo a voi, spesso ci atteggiamo, parliamo di Governi "amici" e sosteniamo che i problemi della nostra terra possono essere risolti proprio in virtù di un rapporto amichevole che invece ha sempre prodotto frutti negativi. Quindi l'impegno può essere a valutare le cose insieme a noi.

L'analisi politica che il Capogruppo Diana e anche componenti del mio partito hanno fatto non vuole essere, credo, un'accusa formale al suo agire, Presidente, ma un richiamo a far sì che ci sia maggiore condivisione in questo Consiglio. Peraltro degli elementi di positività ci sono stati: è stato approvato all'unanimità un documento che ha dato mandato al Presidente della Regione di rappresentare la Sardegna riguardo a questi temi fondamentali che tutti condividiamo; ci sono stati e ci sono ancora, anche se con difficoltà, momenti di condivisione di un progetto di riforma istituzionale della Regione perché riusciamo, e credo che questo sia importante, ad andare oltre la visione forse opportunistica del ruolo individuale, che può essere quella del proprio tornaconto elettorale.

In questa assise comunque ci si sta ponendo di fronte alla Sardegna e alle nostre responsabilità di essere rappresentanti dell'isola di Sardegna e non di un particolare gruppo politico o quant'altro. Quindi più riusciamo a dialogare all'interno di questo Consiglio più forte è il mandato che questo Consiglio le dà per rappresentare la Sardegna e più la sua figura sarà autorevole e rappresentativa della nostra Regione. I tavoli che verranno aperti saranno pure importanti, ma le chiedo, Presidente, se è possibile, prima di essere convocati a Roma, dialogare dentro questo palazzo, dentro la massima rappresentanza del popolo sardo, per condividere gli aspetti che ci stanno più a cuore, in modo da poterli poi rappresentare nei tavoli tematici con maggiore autorevolezza e con il conforto di averle trasmesso la volontà di combattere per risolvere i problemi.

Voglio a questo proposito sottolineare l'importanza del lavoro che si fa in questo Consiglio e salutare positivamente il fatto che nella discussione della legge finanziaria siamo riusciti a trovare momenti di unità, non dico su tutta la finanziaria, perché ci sono prospettive di strategia che divergono, ma su parte di essa, perché tutti comprendiamo le difficoltà di una parte della popolazione, quella più debole che è emarginata. Questo ci ha consentito di mettere a disposizione dei comuni 100 milioni di euro per lavori socialmente utili, per dare quindi risposte agli ultimi. Sono segni positivi che, a mio avviso, vanno incoraggiati, vanno sottolineati, vanno ampliati, vanno amplificati in queste piccole cose così come nella prospettiva dell'isola di Sardegna.

E' vero, sono state mosse pesanti accuse a lei, signor Presidente, e alla sua Giunta, poi lei ne trarrà le conclusioni. Forse è eccessivo ciò che è stato detto, forse è importante, almeno in parte, però credo che il ruolo dell'opposizione sia anche quello di essere da stimolo per superare qualche difficoltà. Giustamente lei elenca titoli, come la vertenza entrate, di cui si è già detto, per cui non mi ci soffermo, dico solo che per noi è comunque fondamentale per dare risposte ai bisogni dei cittadini, però ci sono anche i problemi relativi al patto di stabilità, alla continuità territoriale, all'insularità, e quando parliamo di insularità parliamo anche di federalismo. Io spero che con il riordino istituzionale riusciamo a realizzare un nostro federalismo interno, perché c'è davvero necessità anche di questo.

C'è poi il problema dell'energia: uno Stato che non abbia una sua autonomia energetica non è uno Stato. Allora, visto e considerato che spesso la Sardegna si candida ad avere la sua autonomia, la sua identità, la sua connotazione quasi statale, che spesso ritorna nei nostri discorsi, è possibile che non riusciamo a fare un'adeguata programmazione energetica, sfruttando le nostre risorse naturali, che sono il sole e il vento? Direi che forse possiamo ancora utilizzare e ampliare anche l'energia idroelettrica. Sono tutte fonti che potrebbero permetterci di essere autonomi dal punto di vista energetico e di non dover dipendere sempre e comunque dagli altri. Una nazione è debole proprio quando dipende dagli altri. E' possibile che non riusciamo a sviluppare un nostro progetto ideale che parta dalle risorse locali? Ho parlato anche altre volte del connubio agricoltura-ambiente-cultura: abbiamo un patrimonio enorme relativo alla storia della Sardegna, al mondo nuragico; seimila anni di storia autoctona, senza parlare del periodo medievale. Voglio dire che noi non abbiamo nulla di cui vergognarci rispetto alla storia egizia, per quanto questa sia più rappresentativa, più marcata, più internazionale, e nemmeno rispetto alla storia romana. Le statue di Mont'e Prama sono una testimonianza del fatto che l'arte in Sardegna forse è arrivata prima dell'arte classica greca.

Voglio dire che ci sono elementi che ci caratterizzano che ci possono dare la forza di combattere la nostra insularità non come fattore penalizzante, ma come fattore positivo, perché l'insularità ci permette di non avere alcuni di quegli aspetti negativi che condizionano le grandi nazioni con popolazione numerosa e che causano la distruzione del territorio. Abbiamo quindi la potenzialità di mantenere integra o quasi integra una ricchezza che molti ci invidiano.

In questo Consiglio ci sono le persone, l'animazione, la voglia per combattere anche su vicende che, come ha detto lei, Presidente, ci trasciniamo da anni e ancora non siamo riusciti a superare. Abbiamo bisogno di speranza, di prospettiva, per cui cerchiamo di mettere assieme degli obiettivi da portare ai tavoli nazionali e comunichiamo alla nostra collettività che il Consiglio regionale, con a capo il suo Presidente, si batte per i bisogni del popolo sardo. Credo che questo sia un elemento importante che può dare fiducia, prospettiva e anche più autorevolezza alla sua figura, Presidente, nella trattativa a quei tavoli che, ripeto, mi auguro siano di volta in volta prima condivisi all'interno di quest'Aula e poi portati, con la delegazione che lei riterrà più opportuna, a Roma. Grazie.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Espa. Ne ha facoltà.

ESPA (P.D.). Presidente, io la penso come diversi colleghi, ma in modo particolare credo che questo sia un momento nel quale è difficile pensare che si dicano parole vuote. Credo che molti di noi partano da un grande rispetto delle istituzioni. Io sicuramente ho un grande rispetto delle istituzioni da sempre e credo che la battaglia politica, pur nelle differenti posizioni, non adombri mai il rispetto delle istituzioni. Dico questo perché voglio legare il mio intervento in modo particolare alla vertenza entrate, di cui molti hanno già parlato, voglio però approfondire quella che credo sia la madre di qualunque battaglia per quanto riguarda il nostro ruolo istituzionale e quello del Presidente della Regione.

La vertenza entrate non può più essere definita tale, perché attiene a risorse finanziarie nostre. Devo dire che ho un profondo rispetto del Governo Monti, tante decisioni da esso prese non possono essere condivise, ma per fortuna è finita la devastante gestione del Governo Berlusconi che, insieme a voi, ha portato disastri anche alla Sardegna, con una giustificazione che è ormai diventata un luogo comune: "Non ci sono più soldi, come facciamo a dare risorse alla Sardegna?". Questo perché abbiamo perso i tempi politici, o meglio voi avete perso i tempi politici per continuare, quando ce n'era la possibilità, cioè da subito, quella che impropriamente è chiamata vertenza entrate, sebbene vi sollecitassimo in tutti i modi a chiedere immediatamente quello che ci era dovuto. Credo che la colpa di questo sia solamente del vostro Governo regionale e della vostra maggioranza. Ciò non toglie che al Governo Monti noi non chiediamo nessun patteggiamento, non chiediamo trattative; pretendiamo, con il dovuto rispetto istituzionale, ma con una determinazione senza sconti, quello che è nostro. Sulle entrate non si deve trattare. Il ritardo con cui si arriva oggi a incontrare il Presidente del Consiglio - il mio Capogruppo l'ha detto in maniera molto chiara - è dovuto solo a colpa politica vostra e per questo, Presidente, anche forze della sua maggioranza le rimproverano grande debolezza. Avete deciso voi di non pretendere dal Governo precedente ciò che è nostro. Ricordo la baruffa quando sostenevate in maniera assolutamente rigorosa che erano necessarie le norme di attuazione, mentre in Commissione bilancio il Presidente della Corte dei Conti affermava il contrario. E si perdeva altro tempo. Io non so quale metodo si debba usare, non so se al Governo che c'è adesso si debba dire: "Se devi comprare 131 cacciabombardieri, io te ne pignoro 16, così recuperi subito 2 miliardi di euro e paghi il debito che hai con noi". Non so se bastino 16 cacciabombardieri su 131 per saldare il debito con la Sardegna, non so se dobbiamo trovare altre soluzioni o ragionare, come Regione, sulla tecnica che lo Stato deve usare per darci soldi che sono nostri, però non posso che dire che questa è la madre di tutte le battaglie. Mi verrebbe quasi da dire che dovremmo, come Consiglio, anche se è vero che non abbiamo soldi in cassa, iniziare a programmare la spesa di questi 2 miliardi di euro. Dobbiamo "stressare il problema" e senza creare false aspettative, partire dal presupposto che si tratta di soldi nostri, non di soldi del Governo nazionale, e quindi con i soldi nostri possiamo decidere di fare quello che riteniamo più opportuno. Da lì forse può nascere una mobilitazione. E' chiaro che qualunque Governo direbbe: "Sì, ma cosa volete fare di questi soldi se il vostro Governo regionale è talmente sfaldato da non avere neanche un'idea di che cosa fare?". Immaginiamoci quale credibilità si può avere, in ogni caso noi non possiamo che partire da questo presupposto. Addirittura possiamo decidere che cosa fare delle nostre risorse, anche se ancora non le abbiamo in cassa, anche se può sembrare provocatorio, perché sono nostre.

Si è fatto appello all'unità, io sono una persona che riconosce il valore dell'unità, come ritengo tutto il centrosinistra. Penso che il termine unità richiami sensibilità particolarmente importanti della nostra cultura, ma non vi può essere neanche l'ombra, mi viene da dire, di consociativismo. La chiarezza in questo senso deve vedere l'istituzione Giunta regionale portare dei risultati pur con tutti i problemi e i rischi che questo comporta. Non basta evocare adesso l'unità, perché credo che non siamo ormai più nei tempi, non ce la facciamo più. Bisogna avere con il Governo attuale un atteggiamento che non si è avuto con il Governo Berlusconi, bisogna chiedere con fermezza che ci venga dato quello che è nostro e ognuno deve prendersi le proprie responsabilità.

Berlusconi è andato via, per fortuna, grazie a Dio, ma la situazione nazionale è ben diversa dalla situazione regionale. Non credo che se la vostra maggioranza si scioglie lo spread voli a 550 punti, non credo proprio! Ognuno deve assumersi le conseguenze di quello che fa, ovverosia deve valutare le conseguenze del suo operato anche in riferimento a questi ultimi anni, perché non si può andare avanti così, se no la chiamata all'unità sembrerà una copertina per trascinare l'attività, ormai inutile visto che non si ottengono risultati, della Giunta e di questo Consiglio. Questo noi non lo possiamo accettare sicuramente, credo che non ci sia nessun desiderio di partecipare a una cosa del genere. Proprio per il rispetto istituzionale che credo di avere, dico che ognuno deve prendersi le proprie responsabilità; la Giunta e la maggioranza devono fare ciò che loro compete e dai risultati che otterranno trarne le conseguenze. Se si fallisce bisogna essere conseguenti, non si può essere sempre sulla cresta dell'onda anche quando non si ottiene nessun risultato.

Sulla vertenza entrate occorre, ripeto, anche per le sorti di chi è oggi fuori di qui a protestare, di chi è a casa senza risorse e di tutti coloro che sono veramente in crisi, un'assunzione di responsabilità fortissima, direi quasi esclusiva. Ognuno di noi deve fare la sua parte, ci sono cose sulle quali si può essere uniti, ma sono cose non metodologiche. Non esiste una classe politica omogenea, non serve neanche per i risultati della Sardegna, ci vuole invece autorevolezza, e l'autorevolezza la si crea in altra maniera, non esortando a stare tutti insieme perché tutti vogliamo la tal cosa. Poi, per quanto riguarda la credibilità, credo che in occasione della precedente vertenza entrate si sia avuta l'autorevolezza necessaria affinché tutto il Consiglio accompagnasse e sostenesse il Presidente nella rivendicazione che è stata fatta. In questo momento quel clima qui dentro non c'è e da questo punto di vista non si tratta di fare dei distinguo, ma di assumersi delle responsabilità. Per questo credo che tutte le operazioni che vogliamo portare avanti abbiano bisogno di un chiaro dialogo istituzionale fra Governo regionale e Governo nazionale. E se il Governo regionale non è in grado di ottenere niente, deve fare le sue considerazioni e trarne le conseguenze.

PRESIDENTE. E' iscritta a parlare la consigliera Barracciu. Ne ha facoltà.

BARRACCIU (P.D.). Presidente, la discussione di stamattina era molto attesa e sappiamo che è stata rimandata per le ragioni note a tutti. Era molto attesa perché, al di là delle cronache giornalistiche che spesso sono parziali, o comunque non hanno gli spazi per rendere conto dei fatti che accadono in maniera approfondita, si trattava di conoscere i dettagli dell'incontro romano della settimana scorsa, a cui hanno partecipato, come si sa, il Presidente della Regione, i Capigruppo del Consiglio regionale e le rappresentanze dei parlamentari e del Governo nazionale. Io stamattina sono arrivata in aula senza aver preparato una traccia di intervento, anche nella logica che ha richiamato il Presidente della Regione all'inizio delle sue comunicazioni, non volevo cioè arrivare qui con uno schema preconcetto, ma solamente sentire il resoconto approfondito e dettagliato di quell'incontro e intervenire di conseguenza sulla base delle cose riportate.

A seguito del rendiconto che tutti noi abbiamo ascoltato l'unica cosa che mi viene da dire è questa: tre anni sono passati invano, tre anni di questa quattordicesima legislatura sono passati invano! Il resoconto che ci è stato riportato è esattamente quello che tutti noi abbiamo avuto modo di leggere sui giornali; nessun elemento nuovo è stato portato all'attenzione dei consiglieri regionali e pertanto, per quel che mi riguarda, ma anche gli interventi che si sono succeduti mi sembra abbiano evidenziato le cose che sto per dire io, la delusione della settimana scorsa si riconferma e anzi si aggrava. Si aggrava non soltanto la delusione per l'esito dell'incontro, ma anche il giudizio negativo, la valutazione negativa per come quell'incontro è stato portato avanti dal Presidente e per come i problemi della Sardegna sono stati rappresentati. Intanto perché a quel tavolo è stata portata all'attenzione del Governo Monti una miriade di problemi quando, più di una volta, anche in questo Consiglio regionale, era stata data l'indicazione al Presidente della Regione che nel caso di incontri con il Governo, Berlusconi allora, Monti oggi, doveva essere certamente portato all'attenzione romana il problema dei problemi che, sottoscrivo, non è più la vertenza entrate, perché quella è già stata chiusa, ma è quello di vedere rispettata da parte del Governo nazionale, da parte dello Stato, una legge che è stata approvata tempo fa. Invece scopriamo che a quel tavolo è stato portato l'universo mondo dei problemi della Sardegna, che è la via migliore perché nessuno di questi sia preso seriamente, nessuno di questi sia affrontato, soprattutto nessuno di questi sia risolto nei tempi che invece richiederebbe. Quindi sono riconfermati la delusione della settimana scorsa e la valutazione negativa, il giudizio negativo su come quel tavolo è stato condotto dal Presidente della Regione.

Il presidente Cappellacci ha detto che il Presidente del Consiglio era preparato, era a conoscenza dei problemi alla Sardegna. Certo che il presidente Monti era a conoscenza dei problemi della Sardegna, infatti il problema non è la preparazione, la consapevolezza e la coscienza del Governo Monti circa i problemi della Sardegna, il problema è che è stato lei, presidente Cappellacci, ad andare impreparato a rappresentare nella maniera dovuta i problemi della Sardegna su un tavolo che finalmente è arrivato, e non sto qui a fare polemica su come questo appuntamento sia arrivato, anche se concordo con l'interpretazione che ne ha dato il mio Capogruppo. Il problema, ripeto, è che è stato lei ad andare assolutamente impreparato a quel tavolo e in particolare senza fare tesoro dell'esperienza precedente da lei maturata nel rapporto con il Governo Berlusconi. Mi spiego meglio: lei è andato a rappresentare i problemi della Sardegna al Governo Monti esattamente nella stessa maniera in cui questi problemi li ha rappresentati al precedente Governo, ossia evidentemente non preparato nella maniera adeguata, ma soprattutto con lo stesso atteggiamento remissivo e privo di autorevolezza che ha caratterizzato i rapporti che lei aveva con il Governo Berlusconi.

Mi viene da dire, quindi, che la delusione e l'esito negativo di questi incontri non siano alla fine neanche colpa prima del Governo Berlusconi e adesso del Governo Monti. Non sarà colpa dell'attuale Governo se questi incontri non si chiuderanno in tempi brevi e con gli esiti auspicati, perché il problema, Presidente, continua a essere lei! Il problema per questa Regione non sono i Governi nazionali di turno, per quanto oggi siamo in presenza non di un Governo straordinario, ma di un Governo normale, che ha riportato nella normalità dei rapporti istituzionali la politica italiana e il rapporto del Governo nazionale con le Regioni, e quindi anche con la Sardegna. Il problema, ripeto, continua a essere esclusivamente lei, Presidente, la sua incapacità di rappresentare i problemi della Sardegna, la sua incapacità di mostrarsi autorevole e questo indipendentemente da chi la accompagna, perché, sa, quando un ragazzo non studia, non si prepara o non è sicuro delle cose che studia e sulle quali si è preparato e va all'interrogazione accompagnato dai genitori, se non ha studiato, se non è preparato o se non ha la sicurezza che gli deriva dalla sua preparazione, i genitori al suo fianco non avranno la possibilità di fargli superare quella interrogazione. Quindi il problema è sempre questo, Presidente, indipendentemente da chi la accompagna agli incontri con il Governo.

Tre anni sono dunque passati invano perché lei avrebbe dovuto far tesoro di quell'esperienza e avrebbe dovuto dimostrare a questo Consiglio regionale che oggi sta riverificando la possibilità di un'unità che tante volte, Presidente, le abbiamo offerto e altrettante volte lei ha sprecato. Su una questione importantissima lei ha sprecato questa possibilità, non ha fatto tesoro dell'esperienza che aveva e ora si presenta di nuovo al Governo Monti in una maniera assolutamente inadeguata per quelle che sarebbero invece le necessità della Sardegna.

Abbiamo un Governo nazionale preparato, che studia le carte, che ascolta, che fissa gli appuntamenti con le Regioni. E' un Governo tecnico ed è un Governo di necessità, e sappiamo tutti che è un Governo di necessità per via di come il precedente Governo aveva ridotto il nostro Paese, ma è un Governo che ha degli obiettivi ben precisi. Se tre anni fa, accogliendo le nostre sollecitazioni, avesse assunto un atteggiamento giusto nei confronti del Governo Berlusconi e due anni fa avesse fatto in modo di ottenere il rispetto della legge che ci conferisce il diritto ad avere quelle nuove entrate, oggi noi non saremmo nelle condizioni di dover ricominciare daccapo.

Dei tavoli tecnici, Presidente, son piene le fosse della Sardegna! Lei in quella giornata avrebbe dovuto chiedere una cosa sola: l'approvazione immediata e definitiva di quelle norme di attuazione che noi non abbiamo voluto, perché più di una volta le abbiamo detto che era il modo per conferire nelle mani delle burocrazie ministeriali la questione della Sardegna, e come si sa le burocrazie ministeriali più che allargarle le maglie le stringono. Non l'ha fatto e oggi sarà decisamente più difficile farlo, a prescindere da chi la accompagnerà. L'unica unità che serve credo sia quella delle forze responsabili di questo Consiglio, perché immediatamente si mettano d'accordo per porre fine il più presto possibile a questa esperienza di Governo.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Dessì. Ne ha facoltà.

DESSI'(P.S.d'Az.). Presidente Cappellacci, Assessori, consiglieri, non nascondo non la difficoltà nell'intervento, ma la delusione generale che mi porta a fare questo intervento. Una delusione che nasce, Presidente, soprattutto dal suo intervento rispetto alle attese di quest'Aula, ma in modo particolare di chi è al di fuori di quest'Aula, e cioè il popolo sardo. E' chiaro che non è un periodo facile, l'abbiamo capito tutti, ma è un periodo dove a ognuno di noi è chiesto di assumersi le proprie responsabilità; responsabilità che ci derivano dal consenso popolare e che ci portano a stare in quest'Aula. Noi, come ha ben detto il mio collega Maninchedda, siamo pronti, come Partito sardo, a fare la nostra parte, ma è chiaro che l'attore principale è lei. Questo processo in questo momento delicato deve essere messo in campo da chi ha il dovere di guidare la Sardegna, e i sardi hanno chiamato lei a questo, onorevole Cappellacci.

Quindi il suo intervento, che doveva essere l'enunciazione di cosa è successo a quel tavolo in cui dovevano essere portati diversi problemi, sicuramente non è la risposta che oggi, almeno per quanto riguarda me e le persone che stanno fuori di qui, ci si aspettava. Ci si aspettava che il Presidente della Regione scandisse bene quali sono i percorsi che questa Regione deve fare per cercare di uscire dalla crisi, per dare risposte alle grandi problematiche che attanagliano la nostra Isola, ben sapendo che siamo in un contesto di grande difficoltà nazionale, europea e mondiale. E' chiaro, però, che non è quella la risposta che noi ci aspettavamo, ed è altresì chiaro che da lei oggi sono venute delle indicazioni in termini generali. Il risultato non è adeguato, l'hanno spiegato molto bene alcuni colleghi che mi hanno preceduto e non mi voglio attardare su alcune problematiche se non sottolineare qualche aspetto che a me sta a cuore in modo particolare per la Sardegna.

La questione delle entrate, l'abbiamo detto, non è un tavolo, Presidente; è un diritto, una rivendicazione acquisita e noi dobbiamo avere la consapevolezza di portarla a casa come risultato, perché i sardi la meritano e per dare quelle risposte che a cascata possono arrivare. Ma quello che oggi mi preoccupa, e che come sardo mi offende, è sentire che a un tavolo nazionale si parla di strategia industriale senza avere un progetto per l'industria in Sardegna, dove lo Stato rivendica il polo di Portovesme come prioritario nelle politiche industriali nazionali e rispetto al quale invece noi non diamo nessuna vera risposta. In questi due anni non ci sono state azioni forti che inchiodassero lo Stato e le aziende a rispettare i patti. Oggi non capisco come la non autorevolezza di questo Consiglio e della Sardegna rispetto alle problematiche e alle rivendicazioni nazionali possa portare a casa risultati importanti, risultati che fuori la gente aspetta, non foss'altro perché non l'abbiamo dichiarato noi che quel polo è strategico, lo ha dichiarato il Governo in tutti i tavoli in cui se ne è discusso.

Ma voglio richiamare la questione delle servitù militari: anche lì c'è una legge, ma oggi i fondi non arrivano. Ripeto, hanno già argomentato bene i colleghi, continueranno ad argomentare sui problemi che si dovranno portare a soluzione nei tavoli istituzionali, coi tempi che questi richiedono e che non sono adeguati alla tempestività delle risposte che merita il popolo sardo. Lei, Presidente, ha richiamato l'attualità dei servizi televisivi di trent'anni fa, ma questo non ci solleva dal fatto che oggi non portiamo a casa dei risultati. Vuol dire che la classe politica non era adeguata trent'anni fa a dare determinate risposte e non lo è neanche oggi.

Voglio però rivolgermi alla Giunta e anche al Consiglio non rispetto alle questioni da portare al tavolo nazionale, ma rispetto ai problemi che possiamo risolvere a casa nostra. Ancora oggi siamo qua a cercare delle risposte, che peraltro non arrivano, su problematiche che sono solamente nostre, solamente di questo tavolo, solamente di questa Regione, della Giunta. Parliamo di Abbanoa: è possibile che ancora questo Consiglio non trovi soluzione a quel problema e i lavoratori delle ditte d'appalto di Abbanoa siano da sei mesi senza busta paga? Questo dipende dal Governo nazionale? Sono queste le risposte che dobbiamo dare ai nostri cittadini?

Il sistema sanitario non dà servizi, credo in tutta la regione, basta andare a vedere cosa succede nel territorio che conosco meglio, basta entrare nell'Ospedale Sirai di Carbonia per rendersi conto di quale sia ancora oggi il livello della sanità nella nostra regione. Ma questo livello di sanità da chi dipende, dal Governo nazionale? Non penso proprio! Vogliamo parlare di politiche agricole? In mezzo ci stanno i consorzi di bonifica, vogliamo dire che queste dinamiche trovano risoluzione nei tavoli aperti con il Governo nazionale? Ancora oggi noi stiamo cercando di tamponare; probabilmente gli Assessori mettono tamponi su problematiche che risalgono a dieci, venti o trent'anni fa. Ma siccome i problemi risalgono a tanto tempo fa non dobbiamo avere un piano agricolo? Assessore, faccia pure quell'espressione, ma è così. Non c'è problema!

Parliamo delle bonifiche? Anche per quanto riguarda le bonifiche la colpa è del Governo nazionale o c'è qualcosa che non funziona al nostro livello politico? Potrei continuare, ma è difficile continuare a parlare in questo clima surreale, basta andare nei corridoi per rendersene conto. Quando si portano all'attenzione, anche in Commissione, questioni come quella del fondo unico, si scopre che molti di noi non sanno ancora come viene realmente impiegata la quota del fondo unico all'interno dei comuni. Cerchiamo di spiegarlo e ci viene obiettato che i comuni fanno quello che vogliono. Cioè il livello di aspettativa rispetto alla risoluzione dei problemi oggi in modo particolare è alto fuori di qui. La gente ha bisogno di una classe politica che dia risposte, ha bisogno del nostro intervento. E noi quali risposte stiamo dando rispetto alla continuità territoriale e ad altre questioni? Diceva bene il collega Maninchedda: è possibile che non ci sia continuità nell'intervenire sulle problematiche della Sardegna? Ogni anno ripartiamo da zero, dalle iniziative avviate da altri che non ci vanno bene, cambiamo i direttori generali, cambiamo tutto quello che non ci piace, ma di che cosa stiamo parlando? La gente ha ragione a non capire cosa stiamo facendo qua dentro, tanto più se ascolta i nostri interventi. Dove sono gli interventi propositivi? Lei, Presidente, chiama all'unità, ma unità rispetto a quale progetto? Lo voglio sapere, perché come esponente del Partito sardo, come uomo politico, come cittadino sardo voglio fare la mia parte e non voglio andare nelle assemblee pubbliche a raccontare che abbiamo approvato trentotto ordini del giorno e forse non abbiamo avuto una sola risposta. Sa che cosa mi dice la gente? Mi dice: "Ma a me che cosa me ne importa dei tuoi ordini del giorno che impegnano la Giunta o il Consiglio rispetto alle questioni concrete? Io voglio capire come posso sanare la questione dei lavoratori delle ditte d'appalto di Abbanoa, che da sei mesi non percepiscono lo stipendio, o quella dei lavoratori dei consorzi di bonifica". La gente vuole sapere queste cose! Sull'applicazione dell'articolo sulla moratoria delle cartelle di Equitalia e sulle questioni del nostro Statuto qual è la nostra autonomia? La gente fuori ha bisogno di una classe dirigente, ha bisogno di tutti noi e invece noi non stiamo dando risposte, questa è la verità vera. Ci attardiamo ancora a fare discorsi e vorrei proprio sapere che cosa capisce la gente dei discorsi che facciamo in quest'Aula!

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Antonio Solinas. Ne ha facoltà.

SOLINAS ANTONIO (P.D.). Presidente Cappellacci, la lettura che io personalmente do dell'intervento che ha fatto oggi in Aula è che in venti minuti lei ci ha confermato il totale fallimento politico dei tre anni di non governo della sua Giunta. Lo dimostra il fatto che a tre anni di distanza dal suo insediamento lei oggi continua a porre all'attenzione del Governo nazionale punti fondamentali che erano all'attenzione di questo Consiglio il giorno stesso del suo insediamento: vertenza entrate, patto di stabilità, tessuto industriale, fondi FAS, trasporti e insularità. Sembra che in questi tre anni non sia successo nulla. Il centrosinistra, nella sua totalità, più volte ha presentato mozioni, interrogazioni, interpellanze. Siamo arrivati a occupare l'aula consiliare, anche se qualche Assessore e qualche collega di maggioranza ci dicevano giustamente che tanto non sarebbe servito a nulla. Era vero, non è servito neanche quel fatto eclatante a far sì che questo Consiglio riuscisse ad attirare l'attenzione di un Presidente, di una Giunta e di una maggioranza distratti. A quelle mozioni, a quelle interrogazioni, a quella occupazione d'aula ci avete risposto che la "letterina di Natale" del sottosegretario Vegas per voi era una garanzia.

Oggi lei cerca di accreditarsi come Presidente di tutta la Sardegna, dopo aver operato per tre anni con funzioni delegate da quel "Berlusconi presidente" che campeggiava sul simbolo elettorale della sua campagna elettorale e che vi ha portato alla vittoria alle elezioni regionali. Per fortuna della Sardegna e dell'Italia, quella situazione è cambiata, ma la situazione economica e sociale della Sardegna purtroppo peggiora giorno dopo giorno. Il malessere in tutti i territori, dal più piccolo comune sino alla città capoluogo, è talmente drammatico che lo stesso ordine pubblico è messo in grave pericolo. Furti, rapine e altri reati vengono compiuti non solo da soggetti abituati a questo tipo di attività, ma purtroppo anche da padri di famiglia che hanno il solo scopo di portare a casa qualcosa con cui sfamare i propri figli.

Lei dice che sono necessari tempi rapidi, io credo siano necessari tempi rapidissimi. I tavoli tecnici, come ha già detto qualche mio collega, servono solo ed esclusivamente a dilazionare i tempi. Non credo che ci sia molto ancora da studiare. Mi spieghi, Presidente, com'è che la Sicilia, con il presidente Lombardo, ha ottenuto risultati immediati dal Governo Monti e per la Sardegna, invece, è necessario istituire tavoli tecnici. All'incontro romano, al tavolo della discussione, erano presenti ministri e sottosegretari che nel 2007 rivestivano altri ruoli, nei quali furono determinanti rispetto all'accordo sulla vertenza entrate che il Governo regionale di allora mise in campo. Ripartire da quel tavolo, ripartire da chi e con chi quel tavolo aveva costituito, portando a casa dei risultati, non sarebbe stato sicuramente un atto di debolezza, ma avrebbe consentito a lei e alla Sardegna di ottenere risultati importanti.

Oggi lei, Presidente, ci chiede un percorso unitario. In questi tre anni, glielo abbiamo ripetuto più volte, noi nell'interesse della Sardegna non ci siamo mai tirati indietro e non ci tireremo indietro neppure questa volta. Ma lei, purtroppo, in questi tre anni l'attività unitaria l'ha sistematicamente rifiutata. Presidente, lei è responsabile, insieme alla sua Giunta e alla sua maggioranza, del mancato introito in tre anni di circa 3 miliardi di euro, ai quali va aggiunto il mancato trasferimento dei fondi FAS. Questo mancato introito ha pesato sulle casse della Regione, e quindi sulla sua attività, e rischia di essere determinante per il futuro del popolo sardo.

L'onorevole Vargiu si lamenta delle mancate proposte da parte del centrosinistra. Bene farebbe l'onorevole Vargiu a iniziare a fare proposte, come consigliere di maggioranza, a questo Consiglio, soprattutto a fare un'analisi di quello che questo Consiglio regionale ha prodotto in questi tre anni e in particolare a verificare quale sia stato il tasso di presenza e l'attività che i suoi colleghi di maggioranza hanno svolto nelle Commissioni, dove non si può lavorare per l'assenza sistematica dei consiglieri di maggioranza. Credo, senza voler entrare in polemica, che all'onorevole Vargiu abbia risposto il suo collega di maggioranza, Paolo Dessì, il quale ha illustrato nel migliore dei modi l'attività svolta da questa Giunta e da questa maggioranza in questi tre anni di legislatura.

Presidente, le assicuro che noi saremo parte attiva in questa battaglia, non per farle un favore, ma nell'interesse della Sardegna. A lei chiediamo, però, sulla vertenza entrate, sul patto di stabilità, sui trasporti e sul problema dell'insularità in modo particolare di abbandonare il confronto all'inglese con il Governo nazionale e di vestire finalmente i panni del sardo vero, che in momenti così importanti per il proprio futuro e per il futuro dei propri concittadini sa essere educato, corretto, ma allo stesso tempo duro e testardo nel rivendicare i propri diritti. Grazie.

PRESIDENTE. Convoco la Conferenza dei Capigruppo. La seduta è sospesa.

(La seduta, sospesa alle ore 13 e 01, viene ripresa alle ore 13 e 11.)

PRESIDENTE. La Conferenza dei Presidenti di Gruppo ha deciso di proseguire la discussione fino alla conclusione degli interventi dei Capigruppo. Il Consiglio non lavorerà questo pomeriggio per l'impedimento del Presidente legato a un incontro al Ministero per lo sviluppo economico sulla vertenza Alcoa. I lavori del Consiglio riprenderanno domani mattina, alle ore 10, con la replica del Presidente della Regione, cui seguirà la votazione di un eventuale ordine del giorno.

CAMPUS (P.d.L.). Perché non continuiamo l'esame della legge finanziaria, stasera?

PRESIDENTE. Onorevole Campus, così ha deciso la Conferenza dei Presidenti di Gruppo.

E' iscritto a parlare il consigliere Salis. Ne ha facoltà.

SALIS (I.d.V.). Presidente Cappellacci, lei mi è testimone che ho cercato, con interlocuzioni personali e anche inviandole una e-mail, non di darle consigli, per carità, ma di esprimere la mia convinzione che fosse assolutamente necessario e inderogabile svolgere il dibattito che sta avvenendo oggi in quest'Aula, a seguito delle sue comunicazioni su un incontro già avvenuto con il Governo Monti, precedentemente a tale incontro. Lei mi è testimone che le ho chiesto, già dalla prima decade di gennaio, prima delle riunioni romane, in via Lucullo, della delegazione di parlamentari, consiglieri regionali e funzionari, di chiamare il Consiglio regionale a riflettere sul disastro sociale che sta scoppiando nella nostra Isola e che noi per brevità chiamiamo vertenza Sardegna.

Sono convinto che se avessimo utilizzato il tempo che avevamo per fare questa discussione quindici o venti giorni fa, probabilmente da questo Consiglio sarebbero venute delle indicazioni importanti che avrebbero potuto sostenere l'azione della delegazione sarda da lei guidata nei confronti del Governo Monti. Io ho definito il clima di quell'incontro ossequioso e subalterno, nel senso che mi sembra di poter dire che la delegazione sarda sia stata contagiata da quel richiamo fortissimo alla sobrietà, allo stile inglese, che però non è assolutamente confacente al clima che si vive nelle strade, nelle piazze, nei municipi della Sardegna.

Signor Presidente, ci sono momenti in cui si ha il diritto di alzare la voce e se necessario anche di battere i pugni sul tavolo, perché la situazione della Sardegna è tale da non consentirci più di assumere atteggiamenti istituzionalmente corretti e tanto meno di accettare rinvii. Una delle indicazioni che mi sembra utile darle, che il nostro Gruppo le dà, Presidente, è che lo scippo delle entrate, e non la vertenza entrate, venga considerato come una questione da chiudere prima dell'apertura di altri tavoli tecnici. Noi riteniamo che la vertenza entrate sia stata chiusa anni fa, dopo la grande manifestazione di popolo, a Roma, che si è conclusa con la firma dell'intesa tra il presidente Soru e il presidente Prodi. Lì abbiamo chiuso la vertenza entrate, adesso si tratta, ed è questo il paradosso della nostra battaglia, di chiedere al Presidente del Consiglio e ai suoi Ministri di applicare una legge dello Stato, quale la modifica dell'articolo 8 dello Statuto sardo, in parte già applicata, perché in base a quell'intesa la Sardegna si è già fatta carico dei costi dei trasporti, del trasporto pubblico locale, della pubblica istruzione e così via.

Quell'intesa, cioè, noi l'abbiamo rispettata; chi non l'ha rispettata è il Governo nazionale. Al Governo bisogna quindi chiedere, Presidente, questa è l'indicazione che mi sembra importante darle, che prima di aprire altri tavoli chiuda quello della vertenza entrate rispettando l'intesa sottoscritta nel 2007, anche perché la mancata applicazione di una legge dello Stato ha comportato scelte diverse. Quanto sarebbe stato diverso il documento di programmazione economica e finanziaria che la sua Giunta ha presentato, Presidente? Le pongo questa domanda. A quali e quanti settori di intervento avremmo potuto prestare attenzione maggiore se avessimo avuto quelle disponibilità finanziarie? Sembrano domande retoriche e sembra anche assurdo e paradossale doverle porre in quest'Aula a più di tre anni dalla firma di quell'intesa.

Ma dobbiamo continuare, dobbiamo assolutamente continuare, anche perché, Presidente, le debbo dire che ci sono alcune date importanti nella storia di questa vicenda, come quella dell'ottobre 2010, quando furono convocati gli Stati generali della Sardegna. La proposta è di riconvocarli, ma quando si perde tempo nelle cose… Lei, Presidente, è un uomo di sport, a quel che so, e sa che nello sport, come in politica, il tempo o meglio il tempismo è fondamentale. Spesso si perde una partita o un incontro per non aver gestito in termini di frazioni di secondo un'azione. Per dirla in termini calcistici, poiché non abbiamo avuto il tempismo necessario, in termini istituzionali e politici, per gestire questa vicenda, siamo alla fine del secondo tempo e stiamo perdendo 3 a 0!

Presidente Cappellacci, ci stanno prendendo a pappine - mi scuso per l'uso di questo termine in quest'Aula - e allora bisogna alzare la testa e anche la voce. Abbiamo il diritto di alzare la voce e di battere i pugni sul tavolo per quanto riguarda la vicenda delle entrate. Sulle altre questioni è giusto accogliere positivamente la disponibilità del Governo all'apertura di tavoli di studio, ma sulle entrate dobbiamo essere inflessibili perché noi abbiamo fatto la nostra parte e dobbiamo chiedere al Governo nazionale di fare la sua.

Al Governo Monti, che è un governo politico, non esistono governi tecnici, basta vedere come si sta comportando sull'articolo 18, per capire quanto questo Governo in termini di visione strategica sia più politico di tanti altri che l'hanno preceduto, lei, presidente Cappellacci, che è il Presidente dei sardi, non possiamo non tenerne conto, e ne teniamo conto, deve chiedere di fare la sua parte. Abbiamo anche il dovere, però, di dire che si è perso troppo tempo e che il tempo perso va recuperato velocemente, altrimenti la situazione scoppia, come sta accadendo in tanti comuni e in tante aree della Sardegna.

La vertenza entrate è la madre di tutte le vertenze e va affrontata con decisione. Per cui, Presidente, a margine anche degli incontri di stasera per quanto riguarda l'Alcoa, si faccia portavoce di questa richiesta forte che viene dalla Sardegna.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Giacomo Sanna. Ne ha facoltà.

SANNA GIACOMO (P.S.d'Az.). Che la situazione sia "semantica" mi sembra il minimo che si possa dire. Badate, la gente non ci potrà mai capire perché anche stamattina si sta recitando in un modo che difficilmente molti di noi riusciranno a capire. Voi avete incontrato il vostro Governo - e mi rivolgo al P.D. e al P.d.L., perché quello è il Governo che voi avete votato e che state continuando a mantenere in piedi - con una delegazione composta da rappresentanti del P.d.L. e del P.D., che sono rientrati chi scontento, chi meno scontento e chi forse pure felice. Guardate, il Governo che c'è a Roma, che non è nato per salvare l'Italia, come qualcuno va dicendo, ma per affossare la Sardegna, in primis, è il Governo dei banchieri, è il Governo di un potere economico reale che condiziona tutto e tutti. L'unico problema di cui non si parlerà mai in quest'Aula è il problema del credito, il problema delle banche, nei cui consigli di amministrazione sono seduti i vostri rappresentanti, che poi sono quelli che dovrebbero tutelarci e che invece, nella situazione in cui stiamo vivendo fanno l'opposto. Io vorrei portare qua dentro un po' della gente che è lì fuori e che, giustamente, per rabbia, per disperazione, occupa le strade, fa tutto quello che può per attirare l'attenzione, per far capire che questo non è il modo di governare.

Se quello è il vostro Governo, a maggior ragione avete titolo per dire che le cose non vanno bene, a maggior ragione avete titolo per dirgli che tutte queste tasse impoveriscono ancora di più chi le tasse le ha sempre pagate e non riesce più a pagarle. Poi rientriamo qua dentro e si sviluppa un altro scenario: la colpa è di Cappellacci, voi tornate all'opposizione, si ripete un rito che è fuori dal mondo, perché non basta un'ora d'aereo per cambiare gli scenari e le situazioni politiche. Loro hanno detto che c'è l'emergenza Italia e hanno fatto quello che hanno fatto; qui l'emergenza Sardegna non conta per nessuno, qui si gioca a distruggere, a sfasciare, a mettere in difficoltà tutto e tutti, richiamando, come si è fatto anche stamattina, la riconvocazione in Consiglio degli Stati generali. Guardate, il problema non è qua dentro, perché tanto la gente non ci capirà mai; il problema, ve lo ripeto per l'ennesima volta, è fuori da questo palazzo. Non ci sono Stati generali che tengano, non c'è più tempo! L'emergenza è emergenza! Tutto deve avvenire fuori da questo palazzo con i sindacati, le imprese, le associazioni di categoria, tutto quello che questa società è in grado di mettere in campo. Io sono convinto di questo e ne ero convinto tanto che ebbi modo di manifestarlo dicendo con assoluta chiarezza che se fossimo andati all'incontro con lo Stato italiano in questa bonaccia saremmo stati penalizzati. Avevamo necessità di rimettere in moto tutto e tutti, di dare credibilità a una battaglia reale, che è la battaglia della vita. Avevamo detto: l'incontro con gli Stati generali facciamolo in un luogo simbolo di quest'Isola, abbiate il coraggio almeno di attaccarvi alle radici, alla vostra appartenenza. Non vi sto invitando a prendere la tessera del Partito Sardo d'Azione, sto dicendo che dobbiamo ricordarci chi siamo e che cosa rappresentiamo, poi andiamo a Roma, come abbiamo fatto in altre circostanze, e al di là della correttezza e dell'educazione si va avanti come si deve andare avanti.

L'altro giorno ho fatto un comunicato perché vedevo il grosso rischio della gente per strada, delle difficoltà, di ciò che stava avvenendo, e ho detto che la solidarietà da parte del Partito sardo c'era, ma forse protestare occupando le strade non era ciò che poteva far male veramente. Ho suggerito di andare presso le banche, di impedire che la gente vi entrasse, sarebbe diventato un caso nazionale. A New York quando i manifestanti sono andati a disturbare la Borsa alla fine sono stati allontanati, perché era troppo eclatante quel tipo di protesta. Noi la protesta la dobbiamo cavalcare, se no qui non ci saranno né forze politiche né Consiglio regionale che tengano. C'è un movimentismo del quale bisogna tenere conto e c'è una strumentalizzazione di quuesto movimentismo da parte di molti che vogliono strumentalizzare la disperazione e la buona fede della gente. Noi questo dobbiamo impedirlo, perché deve prevalere un qualcosa che si chiama democrazia, deve prevalere il diritto a stare in quest'isola e non dover "pietire" continuamente.

I temi li conosciamo tutti e sono convinto che, se uscissimo da questo palazzo per discuterne insieme alla gente, su quattro o cinque punti saremmo tutti d'accordo, se no dovremo inseguirci sull'accordo sottoscritto da Soru, su ciò che non è stato mantenuto, pur essendoci accollati la spesa di sanità e trasporti, con un fisco che non è uguale in tutta l'Italia, quanto meno non lo è in quest'Isola. Guardate, potremmo trovare un accordo tranquillo e pacifico, non solo fra di noi, ma anche con chi fuori da questo palazzo vive, opera e ha il diritto di esistere e di rappresentare quello che ha sempre rappresentato. Noi dobbiamo avere questa capacità, diversamente non ne usciamo, verremo spazzati via tutti quanti, non si salverà nessuno. Non ci sono furbizie che servano, cavalchiamo il mondo che è fuori, ne abbiamo le capacità. Leviamoci la cravatta, affrontiamo i problemi, dopodiché sapremo chi sono i nostri interlocutori.

Il livello di responsabilità lo conosciamo tutti, quello che riguarda questa maggioranza e questa Giunta lo conosciamo tutti, ma al confronto con lo Stato italiano, al quale io penso proprio di non appartenere, perché questa è la realtà dei fatti, ci dobbiamo arrivare con altre forze, con altri intenti, con una volontà diversa. Non ci sono remore e non vale nessun tipo di comunicazione. So che molti di voi già lo fanno, ma chi non lo ha mai fatto provi a stare in mezzo alla protesta per capire. Protesta anche chi non ne avrebbe motivo, perché economicamente sta bene, ma si sente coinvolto nella protesta. Però il livello di legalità si sta abbassando e questo è un problema del quale ci dobbiamo preoccupare perché anche loro, soprattutto loro, sono padri di famiglia che hanno più difficoltà di altri. E allora il denaro che ci viene dato ce lo dobbiamo guadagnare e il modo migliore per guadagnarcelo è combattere insieme a loro, non stare a guardare e tenere chiusi i cancelli di questo palazzo per il rischio costante che venga occupato. Occupato da chi? Da noi! Abbiamo la capacità di risolvere i problemi, ne abbiamo la convinzione, ci sono le sinergie, l'unità di intenti si può ritrovare, si può lasciare da parte un bipolarismo che ormai non ha ragione di esistere, in cui le forze minori vengono sempre e comunque penalizzate, se non escluse, e si pensa che tutto sia dovuto per il semplice motivo che si appartiene a partiti di una certa dimensione. Non funziona così. Ci sono valori che ad alcuni non appartengono assolutamente, ci sono valori che possono essere la vera ricchezza di quest'Isola se avremo la capacità, come classe dirigente e come classe politica, di praticarli tutti insieme e di impedire che tutto finisca qua, stamattina, e da domani si riprenda con il vecchio sistema. Non c'è tempo, non c'è più tempo per nessuno. La partita sta terminando e se continuiamo così la perderemo!

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Dedoni. Ne ha facoltà.

DEDONI (Riformatori Sardi). Presidente, in effetti probabilmente non possiamo ragionare nei soliti modi. A me non interessa lo "sport" per cui Cappellacci va bene o va male. Ero andato all'incontro a Roma convinto che gli interessi comuni dei sardi fossero il punto prevalente, che forse, al di là di chi lo proponeva, il "partito dei sardi" significava esclusivamente essere insieme nel difendere gli interessi dei sardi. Vedete, spesso si parla di indipendentismo, io stesso ho votato la relativa mozione affinché si smuovesse qualcosa, ma non ci sarà mai indipendenza in Sardegna senza l'indipendenza economica di quest'isola. Non sarà mai possibile rimuovere gli ostacoli veri per la nostra gente, che non capisce quale sia il comportamento oggettivo di questa classe politica che non è stata all'altezza delle circostanze gravi che vedono una crisi diffusa a livello mondiale, ma che è drammatica e incide maledettamente su quest'isola.

Si diceva che vent'anni fa i servizi di un'emittente erano uguali, identici a quelli odierni. Vi leggo un passo di Mazzini, il quale aveva avuto sentore dei problemi della nostra Isola perché la sua condizione era stata rappresentata al Parlamento, prima subalpino e poi italiano. Diceva Mazzini: "Spetta a noi impedire quel delitto di lesa nazione di ripetere ogni giorno alle popolazioni sarde: non badate al presente. E' cosa di ogni giorno, non tradite la Patria per esso. Aiutateci a conquistare Venezia e Roma. Il dì dopo sparisce il Piemonte e comincia l'Italia. Il popolo sardo non ha bisogno che di fiducia in sé, di amore dato e ricambiato per essere attivo e capace". Così parlava Mazzini nel 1800. A oggi abbiamo ancora presenti i mali della nostra Sardegna, come la deindustrializzazione, che tutti comprendiamo. E allora non è più tempo di stanche liturgie che vedono accompagnare il malato a Roma; non è più tempo di carità pelosa che spesso si sente anche da parte dei colleghi, ma occorre una solidarietà operosa! Quest'ultima crisi ci impone con forza di programmare chiaramente lo sviluppo per il futuro della nostra regione, ci ricorda che il mondo intero è in crisi e che nessuno è disposto a farci favori e regali. Infatti le multinazionali, per ultima l'Alcoa, e gli altri grandi gruppi industriali che operano in Sardegna fanno ristrutturazioni, deliziosamente chiamate in questo modo, che però consistono in licenziamenti e dismissioni, anche con drastici tagli, esclusivamente per il loro tornaconto.

E' ora che gli azionisti dell'azienda Sardegna siano uniti nel costruire il proprio futuro e difendere i propri interessi. Va nettamente ripensata la strategia dello sviluppo indirizzandola all'innovazione e a modelli virtuosi che consentano dignità e occupazione per i sardi e per i disoccupati che di giorno in giorno crescono drammaticamente di numero per la chiusura di fabbriche e imprese. La gravità del momento impone a tutte le forze politiche scelte coraggiose e in particolare la ricerca di unità di intenti nel risolvere quanto prima almeno quattro o cinque problemi che attanagliano la nostra Isola, facendo quindi il bene della Sardegna al di là della diversità dei rispettivi ruoli.

Certo che non mi sono sentito bene quando ho capito qual era il risultato dell'incontro a Roma, per questo ho rilasciato una dichiarazione: "Al termine dell'incontro col presidente del Consiglio dei Ministri, Mario Monti, non sono arrivati i risultati che ci aspettavamo e che soprattutto la Sardegna attendeva da lungo tempo, da Mazzini in poi". L'ho dichiarato io. I tavoli tematici che dovranno approfondire le diverse materie sono un metodo di lavoro sicuramente apprezzabile, ma è altrettanto evidente che si tratta di cosa diversa dal riconoscimento di alcuni diritti fondamentali della Sardegna. Mi riferisco in primo luogo alle entrate, sulle quali non c'è ancora chiarezza mentre, a nostro giudizio, si poteva e si doveva arrivare a una decisione concorde. Ha invece deciso in modo esclusivo il Governo. Avremmo preferito, inoltre, andare all'incontro dopo aver sviluppato un dibattito articolato in Consiglio, che coinvolgesse la società sarda in tutte le sue articolazioni, a cominciare dalle categorie produttive e dal mondo del lavoro. E' auspicabile, dunque, che a partire dal dibattito odierno, il Consiglio rimetta in moto con più efficacia un processo che sia politicamente diverso e in grado di ridare slancio alle istituzioni della comunità dei sardi. O siamo convinti di questo o non potremo discutere di niente, ancorché si pensi che la vertenza entrate sia la prima.

Non è chiusa questa vertenza, onorevole Soru: noi ci siamo accollati, con l'accordo sull'articolo 8 dello Statuto, oltre il 50 per cento del bilancio della Regione, e cioè la spesa sanitaria, la spesa dei trasporti e tutto quello che comporta per i sardi il va e vieni dalla Sardegna. Ma c'è anche un patto di stabilità che ci strangola e allora dico al popolo sardo, ai consiglieri regionali che lo rappresentano, alla sua Giunta, presidente Cappellacci, che forse è venuto il momento, anche come autodeterminazione, di dire basta al patto di stabilità. Non lo può dire solo il sindaco Fassino, che rappresenta una città ricca del Nord, dobbiamo anche noi dire basta al patto di stabilità, o perlomeno derogare su alcune cose, perché questo ci dà la forza per dare sostegno, per quanto possibile, alle imprese che aspettano! Bisogna avere coraggio perché quelle imprese e quei poveri cristi che stanno a battere la porta della Regione trovino soddisfazione. Il keynesismo non è ancora finito purtroppo, perché l'economia non è mai una cosa certificata nella sua verità, ma è un fatto di conoscenza, di approfondimento. Quando non si hanno politiche virtuose come le si conosce, ma si deve far fronte a politiche finanziarie che non si conoscono, tutti gli strumenti sono giusti. Mi pare sciocco non comportarci dignitosamente come sardi e difendere gli interessi dei sardi in un mondo che veramente richiama un vecchio detto filosofico: homo homini lupus. Tutti dovrebbero capire che bisogna difendere gli interessi vitali della nostra Isola, la nostra economia - industria, turismo, agricoltura - che ci vedrà calare ancora a causa dell'IMU. Se non l'avessi svegliato io, qualcuno non si sarebbe accorto che l'Unione europea con una mano dà e con l'altra toglie a questa Sardegna. Chiedetevi quanto costa un litro di latte, quanto costa produrlo, quali sono le attività che vengono messe in campo.

Allora c'è effettivamente una questione politica della Sardegna e una questione interna, perché non siamo capaci di fare vera innovazione, aspettiamo ancora i bisticci tra funzionari per avere qualche autorizzazione tra un paio d'anni e intanto le industrie che chiedono di venire in Sardegna hanno paura di queste condizioni. Se avessi tempo elencherei i fondi FAS, i trasporti, il federalismo insulare, che costa più che mai. Ma vorrei dire che bisogna trovare risorse per sostenere il reddito dei lavoratori e assumere i disoccupati. Occorre cercare i modi per fornire i servizi di orientamento e alta formazione, che ancora mancano, per favorire nuove attività produttive e soddisfare nuova domanda di lavoro. Ma tutto questo implica un lavoro diverso, un orientamento diverso da parte della classe politica.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Uras. Ne ha facoltà.

URAS (Gruppo Misto). Presidente, la maggiore preoccupazione io l'ho avuta stamattina, quando il Presidente della Regione ha comunicato all'Aula una certa soddisfazione sull'esito dell'incontro col Governo, perché a cinque anni dall'approvazione della legge finanziaria che ha stabilito i nuovi contenuti dell'articolo 8 dello Statuto sardo, e quindi ha nuovamente regolato la partita delle entrate, noi stiamo esattamente come prima, anzi, come giustamente è stato sottolineato nel corso del dibattito, peggio di prima.

Allora, la prima cosa che io da Presidente della Regione, da capo di quella delegazione istituzionalmente così elevata, vista la presenza di parlamentari, di esponenti dei due maggiori partiti di sostegno al Governo nazionale e del Presidente del Consiglio, mi sarei aspettato di sentire è questa: "Siccome l'istruttoria per le norme di attuazione dell'articolo 8 dello Statuto è finita, domani mattina provvederemo immediatamente alla stesura del DPCM, ovvero del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, o proporremo un DPR al Presidente della Repubblica per emanare le norme di attuazione che abbiamo convenuto in sede di Commissione paritetica. Per il resto apriamo tavoli di discussione per vedere come possiamo venire incontro alle vostre richieste". La realtà è stata un'altra. E' stato detto: "Fermi tutti, compatibilmente con le disponibilità di bilancio dello Stato, noi siamo disponibili a ragionare su come si deve attuare una disposizione vecchia di cinque anni". Del resto noi siamo abituati, Presidente, a non vedere le leggi rispettate: non le rispetta il Governo, non le rispetta la Giunta regionale, esiste una casistica molto ampia su questo. Gli unici che dovrebbero rispettare la legge sono i cittadini e se non la rispettano vengono puniti severamente, così come succede per le azioni legali che si promuovono o per il rientro dal debito presso gli istituti di credito tesorieri della Regione, questo per quanto riguarda le aziende agricole, o per gli adempimenti in materia di fiscalità per quanto riguarda le aziende che sono, diciamo, in difficoltà sotto il profilo fiscale e contributivo. Credo che dovremo rivedere questa nostra posizione e questo dibattito non ci mette in una condizione, come dire, più agevole. Ho sentito toni di difesa verso il Governo nazionale e anche verso il Governo regionale. I due Governi hanno pari responsabilità sulla situazione di disastro economico e sociale della Sardegna, gravissime responsabilità. Il Governo nazionale non è uno; da quello di centrosinistra a quello devastante di centrodestra e a quello in carica, che è un governissimo sostenuto dal centrosinistra e dal centrodestra presenti in Parlamento, noi abbiamo la stessa identica risposta: un'incapacità cronica a risolvere i problemi, ad aiutare questa regione a risolvere i suoi problemi di natura economica e produttiva in settori chiave come quello industriale, come quello agropastorale, come quello della migliore organizzazione dei servizi e delle infrastrutture civili. Ci finanziano la Sassari-Olbia in tutti i modi; adesso ce la finanziano con i fondi comunitari di disponibilità della Regione (FESR). I nostri uffici sono lì a raccattare 340 milioni per finanziare la Sassari-Olbia e il troncone ferroviario da Cagliari a Macomer. Questa volta non ci finanziano il pezzo di ferrovia dal porto di Portoscuso a Carbonia; non ce lo finanziano con i nostri fondi, che noi mai spenderemo, perché anche le procedure che sono state pensate cinicamente a tavolino per organizzare la spesa pubblica sono volte a danneggiare questi sistemi economici periferici nell'ambito nazionale ed europeo e ad avvantaggiare altri sistemi economici.

Si chiama tutti all'unità. Presidente, lei ha creato divisione, l'ha creata con le parti sociali, ma voglio sottolineare che nella proposta di legge finanziaria una delle prime cose che si è andati a fare all'indomani dello sciopero dei 60 mila è stata quella di cancellare i fondi per i patronati sindacali dei lavoratori. Ma di quale unità state parlando? Sono responsabilità gravissime! L'unità non si acclama, non si richiama, non si evoca; l'unità la si pratica, e la si pratica con rispetto, incominciando dall'unità che noi doverosamente dobbiamo ai nostri cittadini e alla nostra comunità, che ha rappresentanze sociali, economiche, culturali e di solidarietà che devono essere tenute in debita considerazione, dal sindacato dei lavoratori, al sistema delle imprese, alla Chiesa, al mondo del volontariato, al mondo della cultura, alle nostre università, e per primi ai nostri enti locali, alle amministrazioni delle nostre comunità locali. Questa è l'unità che va ricercata, con la fatica che costa ricercarla. E poi ci vuole unità tra le forze politiche, tra le rappresentanze istituzionali anche in questo Consiglio regionale, che non sono state negate, sono state anzi - anch'io mi sono applicato in tal senso - garantite, non per essere mortificate, ma per essere esaltate. La prima cosa che si doveva dire era "grazie", anziché buttare nel cestino la forza che avevamo consegnato al Presidente della Regione, con l'accettazione di una posizione del Governo assolutamente inqualificabile, da rigettare e da condannare.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Steri. Ne ha facoltà.

STERI (U.D.C.-FLI). Il dibattito di oggi riguardo alle dichiarazioni rese dal Presidente, a seguito dell'incontro tenutosi a Roma presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, si svolge in una situazione di crisi. Oggi la Sardegna affronta una grave crisi, forse la più grave degli ultimi cinquant'anni. E' in questo quadro che deve essere posto questo dibattito, è in questo quadro che dovremo trarre delle conclusioni alla fine del dibattito odierno.

La crisi non riguarda solo la Sardegna, è una crisi a livello nazionale. La situazione di crisi a livello nazionale ha portato alla costituzione di un Governo, diciamo, di larga coalizione, in cui sono presenti anche forze antagoniste pur di fare gli interessi della Repubblica italiana. Dunque già a livello nazionale si è compreso che questi momenti particolari, che non sono momenti di ogni giorno, ma che sono momenti epocali, possono essere superati solo ricercando e ritrovando l'unità tra tutte le forze politiche, coinvolgendo le forze sociali, le forze economiche e le rappresentanze di tutti gli enti locali.

Questa situazione di crisi l'abbiamo colta anche in Commissione quando abbiamo esaminato la legge finanziaria e la legge di bilancio. Proprio in questa situazione va dato atto che tutte le forze politiche hanno lealmente e proficuamente collaborato al fine di giungere a una stesura della legge finanziaria che desse almeno alcuni segnali, alcune risposte immediate per far fronte alla crisi, sia creando occasioni per fare ulteriori buste paga, sia cercando di dare incentivi allo sviluppo industriale. Noi riteniamo che questa unità, questo percorso collaborativo debba essere ricercato anche in questa occasione. Il nostro partito ha già rappresentato la propria disponibilità anche a un confronto a livello di guida della Regione volto ad ampliare, se fosse necessario, quello che è l'attuale quadro politico. Questo non perché si vogliano fare grandi ammucchiate o pasticci, ma semplicemente perché nel momento in cui è in gioco l'interesse dei sardi e della Sardegna devono essere messe da parte tutte le polemiche strumentali.

Oggi ho sentito diverse voci e mi aspettavo che tutte queste voci, ancorché polemiche, ancorché critiche, fossero costruttive. Così non è stato. Anch'io in questo percorso mi permetto, con spirito costruttivo, di fare un appunto, Presidente: nel momento in cui all'incontro a Palazzo Chigi hanno partecipato non solo la delegazione concordemente costituita, ma anche dei funzionari, forse in quella occasione sarebbe stato meglio ci fosse un funzionario di meno e un rappresentante dei partiti del Terzo Polo in più. Non parlo per me, ma l'onorevole Antonello Mereu, nostro parlamentare in questi dieci anni, è stato presente riguardo a tutte le crisi; è stato il primo parlamentare a difendere gli interessi della Sardegna, in mezzo al silenzio di parecchi altri parlamentari. Per fortuna l'incontro sollecitato dal Presidente ha consentito di ricreare unità con i nostri parlamentari, augurandoci che questa unità non si riduca poi alla partecipazione a riunioni o a dichiarazioni giornalistiche, come taluno è abituato a fare, ma si concreti in un apporto effettivo alle richieste che vengono dalla Sardegna. Ripeto, lo dico con tranquillità senza voler essere polemico per significare che tutti abbiamo qualche rimostranza, qualcosa che non ci è andato bene, ma questa rimostranza dobbiamo tradurla in spirito costruttivo, solo così possiamo cercare di risolvere la situazione e andare avanti.

Non c'è solo il problema delle entrate; c'è anche il problema del patto di stabilità, dello sviluppo economico, della pressione fiscale e di Equitalia. Sono stati enunciati e il Presidente, nelle riunioni che ci sono state, ha fatto presente che disponeva di sei o sette schede riepilogative. Lo pregherei, se fosse possibile, di metterle a disposizione perché saranno utili in sede di predisposizione dell'ordine del giorno. In effetti il problema delle entrate lo abbiamo affrontato e purtroppo, una volta approvata la modifica dell'articolo 8, non si è avuto cura di procedere immediatamente alla predisposizione di norme di attuazione, perché ricordo che nel Dapef del 2008 è detto espressamente che servivano le norme di attuazione. Ricordo anche che la prima voce che si è levata in quest'Aula per dire che invece le norme di attuazione non servivano è stata quella del nostro Gruppo politico, che ha presentato un emendamento di cui era primo firmatario l'onorevole Capelli. Quindi il problema delle entrate lo conosciamo.

Ora, se esaminiamo tutti gli atti, vediamo che c'è una curva, perché prima si parla di 1 miliardo e 800 milioni di euro, al netto dei costi, poi a seconda di come si valuta l'IVA questa curva sale o scende. In considerazione della crisi la curva per quanto riguardava le entrate presunte dall'IVA è scesa, ma dopo l'aumento questa curva deve risalire ulteriormente. Quello che importa però non è fermarci sui dati contabili; quello che importa, in questa fase, sono i principi. L'articolo 8 dello Statuto enuncia certi principi; questi principi devono essere rispettati, non è possibile, in sede di norme di attuazione, introdurre norme che modifichino il contenuto dell'articolo 8. Io ritengo su questo che sia condivisibile la posizione espressa in quest'Aula, e cioè che bisogna chiedere al Governo di procedere immediatamente all'approvazione delle norme di attuazione così come esitate dal Consiglio regionale. Non c'è poi il problema di come investire queste ulteriori somme perché, onorevole Espa, nel bilancio 2010-2011 abbiamo già indicato queste somme, le abbiamo già destinate, le abbiamo già impegnate; gli 800 milioni di euro presunti per il 2012 sono già nel bilancio del 2012.

Questa è sicuramente una partita importante, ma è una partita che non ci risolve i problemi se non vengono affrontate e risolte anche le altre partite; può evitare un buco di bilancio, ma non risolve tutti gli altri problemi. Dobbiamo batterci fortemente per quanto riguarda una rimodulazione del patto di stabilità. Questa è una disciplina che discende dagli accordi comunitari, per cui non può essere elusa, salvo decidere di sobbarcarci le sanzioni per il mancato rispetto del patto di stabilità, ma in tal caso dobbiamo precostituire tutte le condizioni per poterlo fare e per avere il minor numero possibile di conseguenze sfavorevoli. Sicuramente il patto di stabilità, alla luce anche delle norme sul federalismo fiscale, può essere riscritto in maniera tale da dare soddisfazione a quelli che sono gli interessi della Sardegna. Per la verità io auspico che questo Governo provveda anche a rivedere la disciplina sul federalismo fiscale. Il Presidente della Repubblica recentemente ha detto che se ci dovesse essere qualcosa da adeguare, questo qualcosa noi lo adegueremmo.

C'è il problema della crisi industriale, c'è il problema della deindustrializzazione, che in questo momento colpisce in maniera eccezionale soprattutto le zone del Sulcis; c'è il problema dell'Eurallumina, che incontreremo oggi, c'è il problema dell'Alcoa. Per quanto riguarda il problema Alcoa, tutti dicono che si tratta di un settore strategico, l'unico che oggi in Italia produca alluminio; le produzioni di alluminio che prima si facevano nel Nord Italia oramai sono cessate, il che purtroppo comporta che mentre prima c'era un'attenzione delle forze parlamentari e del Governo a questo tipo di produzioni, oggi questa attenzione non c'è più. Ma se è un settore primario, come ha riconosciuto anche il Governo, allora, signori, perché non l'acquisisce la Fintecna, come ha fatto con tutti gli altri settori strategici? E' una situazione grave. Il mio partito, anche perché il Sulcis è la zona in cui è maggiormente presente, con percentuali che vanno oltre il 20 per cento, si batterà sicuramente in tutte le maniere per cercare di ottenere dei risultati. Riteniamo però che non ci si debba fermare alle critiche, che ci sono e delle quali pretendiamo atto, ma si debba anche indicare un elemento costruttivo, se no avremo perso prima di iniziare. Si è parlato di progetti: "Tu non hai enunciato un progetto"; "No non l'hai enunciato tu!". Noi un progetto ce l'abbiamo, purtroppo non c'è tempo per poterlo enunciare in quest'Aula, ma interventi se ne possono fare tanti, in tanti settori, e molti di questi noi li abbiamo sollecitati.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Mario Diana. Ne ha facoltà.

DIANA MARIO (P.d.L.). Tranquillizzo i colleghi, non entrerò nel merito delle vicende che riguardano le entrate o il patto di stabilità; credo siano cose assolutamente digerite e conosciute da tutti. Sono stato uno di quelli che hanno partecipato all'incontro a Palazzo Chigi di giovedì scorso. Era la prima volta che entravo in quel sontuoso palazzo, per cui pur avendo ricoperto ruoli istituzionali di una certa rilevanza questo fatto mi ha creato una certa emozione. Mentre entravo mi sono chiesto se un domani, parlando con i figli, con i nipoti, con la gente, avrei avuto l'orgoglio di dire: c'ero anch'io quel giorno. Devo dire la verità: quando sono uscito da quel palazzo questo pensiero non mi ha più attanagliato. Spero comunque di sbagliarmi, sono sempre stato ottimista, per cui spero veramente di sbagliarmi, altrimenti dovrei confessare di essere stato al museo delle cere!

Dico questo perché l'autorevolissimo tavolo di discussione era composto credo ai massimi livelli, come ha detto il presidente Cappellacci. Forse mai un Governo regionale era stato ricevuto da un corpo così importante dello Stato, tra cui il Presidente del Consiglio e il ministro Grilli, che qualcuno continua a pensare sia il viceministro. Date retta a uno che non capisce niente: è lui il vero ministro, è la persona, credo, della quale noi dobbiamo diffidare sempre e comunque, perché quel signore prima di ricoprire quel ruolo ne ricopriva un altro e, guarda caso, il ruolo che lui ricopriva prima è adesso ricoperto da un altro signore seduto anche lui a quel tavolo, tale Canzio. Non uso questo tono perché voglia essere irriverente, dico solo che sono ben convinto che il Governo dialogante sia utile, presidente Cappellacci; se è dialogante vuol dire che deve accettare anche il contraddittorio, che non può portare la discussione su un livello molto, ma molto sereno, così come ho visto fare al presidente Monti, perché questo fa parte della cultura dei gentlemen inglesi. Noi però abbiamo bisogno di altro, perché noi siamo andati a Roma animati da uno spirito diverso da quello che ha animato per un attimo il collega Giampaolo Diana, che mi è sembrato sia tornato indietro di due anni col suo intervento. Noi non siamo andati a Roma animati dallo spirito della cosiddetta "polveriera", anzi io sì, presidente Soru, perché per due giornate, martedì e giovedì, a Roma non mi sono attardato su questi problemi, ma su un unico problema, che lei ha toccato, ed è appunto il problema della "polveriera". Questo sì l'ho toccato e anche molto. Però stiamo attenti anche su questo, perché la polveriera è uno dei luoghi più sicuri al mondo, per natura la polveriera è un luogo sicuro; non lo è più quando qualcuno accende la miccia. E allora se c'è una cosa che noi non dobbiamo fare è proprio questo. Noi dobbiamo trasmettere serenità alla gente; certo, non possiamo dare certezze e non riusciremo a darne, perché le certezze sono un'altra cosa. Per questo credo che bisognerà lavorare molto, anche in quest'Aula, con la convinzione che qui non ci sono certezze di accordi, perché nessuno ha l'obbligo dell'unità e dell'appiattimento, ma non esiste neanche l'obbligo del dissenso, questo lo dico alle forze di opposizione, ma anche alle forze di maggioranza. Non è un momento nel quale ci possiamo misurare in questo modo; è un momento molto, ma molto più grave. E allora lo sforzo lo dobbiamo fare tutti, perché se non facciamo questo sforzo... Ieri notte ho terminato di leggere "Aspettando Godot", un'opera teatrale famosissima di Samuel Beckett - qualcuno di voi l'avrà certamente letta - che narra la storia di due signori che aspettano l'arrivo di qualcuno, appunto Godot, che però non arriva mai. L'espressione "aspettando Godot" è diventata sinonimo di chi aspetta un qualcosa che sembra dover accadere da un momento all'altro, ma che non accade mai. Prendete la questione delle entrate: ce l'abbiamo lì sottomano, ma nella realtà non accade. La cosa più grave che può accadere, però, e non c'entra niente Godot, è che tutti ci fossilizziamo sull'idea che questo fatto deve avvenire e non facciamo niente. Questo è il grosso dilemma che noi abbiamo ed è unito a un altro dilemma, presidente Cappellacci, che è il "dilemma del prigioniero". Un notissimo economista ha usato questa espressione per definire il Governo Monti: "dilemma del prigioniero", ma prigioniero di chi? Dell'Europa! Noi non possiamo rimanere prigionieri dell'Italia, che a sua volta è prigioniera dell'Europa, questo deve essere un fatto chiaro, Presidente, perché a me ha dato tanto l'impressione che questi soloni dell'economia italiana, che sono stati chiamati, come qualcuno ha detto, d'accordo tra loro la destra, la sinistra e il centro… Guardate, mi prendo la responsabilità di dire che io non sono d'accordo, non posso essere d'accordo perché questo è un golpe legalizzato e i risultati li vedremo. I risultati non dipenderanno dal fatto che c'è stato il Governo Cappellacci o il Governo Berlusconi. Certo, presidente Soru, non è che negli ultimi trent'anni non sia cambiato niente. E' cambiato molto, il mondo sta cambiando, però con una rapidità che neanche noi riusciamo a prevedere. E' questo che ci deve spaventare, e molto.

E allora, se da quest'Aula non riusciamo a definire tra di noi un percorso (che può anche condizionare il Presidente della Regione, perché non sta scritto da nessuna parte che il Presidente della Regione non può essere condizionato, tutti noi possiamo essere condizionati), a noi spetta l'onere di scrivere un ordine del giorno, stasera, domani, dopodomani o quando vogliamo, ma sia ben chiaro che la condizione per la quale la Sardegna si presenta al tavolo del Governo deve essere totalmente condivisa. Certo deve essere condivisa innanzitutto dalla politica, dai rappresentanti istituzionali, dal Presidente della Regione, dal Presidente del Consiglio, dai consiglieri regionali, da tutti quelli che ci vogliamo mettere, però stiamo attenti a non sbagliare in questa fase, perché se ci dividiamo tutto finisce in modo abbastanza scontato, come è accaduto in tutti gli anni e in tutte le legislature precedenti.

Noi soffriamo oggi una situazione che non dipende solo da noi; la nostra situazione era già più grave prima, si è pensato che superare il dilemma del prigioniero fosse una cosa facile per l'Italia. Non sarà facile neanche per l'Italia e io comincerei a pestare i pugni, per carattere sono fatto così, comincerei a usare toni un po' più forti nei confronti di questo Governo. Li avrei usati anche con l'altro Governo. In realtà sono stati usati, forse non hanno partorito esiti particolari, forse questo è un Governo che ascolta di più, l'altro era un Governo che sentiva di più. Oggi abbiamo un Governo che ascolta e io sono ben felice di questo, ma quando sento ciò che dice il Ragioniere generale, tale Canzio, che è colui che ha firmato quel famoso documento che il presidente Soru ci ha portato a suo tempo, quando vedo il ministro Grilli, non credo assolutamente che con il dialogo possiamo riuscire a ottenere qualche risultato. Mi viene difficile pensare che il disagio sociale che c'è oggi in Sardegna possa essere eliminato in questo modo. La polveriera di cui parliamo, presidente Soru, oggi, nell'immediato, ha un nome preciso: Alcoa. Di fronte a un fatto forte come questo, evidenziato in quella circostanza dall'ex Ministro dell'interno, Beppe Pisanu, il presidente Monti ha cambiato faccia, chissà perché, l'ho osservato con attenzione, sembrava quasi quasi che questo fosse un elemento, come dire, preoccupante. Da lì dobbiamo ripartire.

Presidente Cappellacci, lei stasera sarà a Roma, perciò le dico che credo sia finito il tempo del dialogo. Il problema Alcoa va risolto e subito, altrimenti avrà un effetto domino che ci distruggerà.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Gian Valerio Sanna. Ne ha facoltà.

SANNA GIAN VALERIO (P.D.). Io credo che se la nostra parte politica, pur con alcune difficoltà, alla fine ha partecipato a questo concorso unitario di rivendicazione nei confronti del Governo è perché pensavamo che saremmo stati smentiti, Presidente, circa una nostra profonda convinzione, ma credo molto diffusa nell'opinione pubblica della Sardegna, cioè la sostanziale inadeguatezza sua e del suo Governo. Volevamo essere smentiti e invece quell'incontro e le sue dichiarazioni di oggi di fatto confermano questa nostra convinzione. E dunque che cosa vuole che le diciamo, quali conclusioni volete trarre da questo percorso?

Io credo che anziché dare giudizi sul Governo Monti dovremmo più che altro decidere se siamo all'altezza di affrontare questo tempo così come ci siamo attrezzati oppure dare nell'immediato una spiegazione chiara ai cittadini della Sardegna chiudendo questo capitolo di legislatura. Solo da quel gesto i sardi capirebbero il perché delle cose che stanno avvenendo. Lo capirebbero solo da quel gesto! E invece tiriamo avanti con una malcelata idea di unità. Lei dice che da questo Governo, proprio perché tecnico, abbiamo persino un'opportunità. Cosa vuol dire, che i predecessori erano per voi un ostacolo? Cosa vuol dire? Io, per rispondere anche al collega Giacomo Sanna, direi questo: per noi sardi l'avvicendarsi dei Governi nazionali rispetto alle istanze autonomistiche è persino un fatto indifferente. Certo, se poi entriamo nel particolare forse ci sono stati Governi più ricettivi di altri, ma rispetto all'entità delle nostre istanze per noi dovrebbe essere un fatto indifferente, e invece per lei non è così.

Ci sono parole poi, Presidente, che oramai suonano ostili di fronte alla drammaticità della vita dei nostri concittadini. Abbiamo sentito dire diecimila volte, anche oggi: "Abbiamo avviato un processo, abbiamo rivendicato vertenze". Avete aperto tavoli di discussione, che per ora sembrano essere utilizzati per far rimbalzare i problemi e allontanare le soluzioni. Un ping-pong che non si può più tollerare! Vede, Presidente, questa storia delle entrate, che non è una vertenza ma è un diritto, va avanti da ormai tanti anni. La trattativa è durata due anni quando c'eravamo noi al Governo della regione, sta durando da tre anni con voi. Io credo che dobbiamo venirne fuori, perché lei il termine tavolo lo usa oramai solo con effetto dilatorio, ma gli effetti dilatori, di fronte ai problemi dei cittadini, vanno risolti. Prima di tutto dobbiamo rivendicare un altro concetto di unità: l'unità della rappresentazione in un tavolo non sempre è la rappresentazione dell'adeguatezza di quella realtà. E allora vorrei cominciare a dirle che l'unità di questo Consiglio lei ce l'ha in mano dal 15 luglio 2009, quando il suo principale riferimento politico attuale, l'onorevole Beppe Pisanu, si rivolse a voi, Governo regionale, dicendo: "Mettete la Sardegna prima di tutto il resto". Da quel giorno questo Consiglio ha aderito a un'idea di rivendicazione unitaria che lei ha tradito; l'ha tradita disconoscendo in tutto questo tempo gli ordini del giorno approvati e disconoscendo che, al di là dell'essere opposizione, noi del P.D. e degli altri partiti di minoranza siamo pur sempre una parte del Consiglio. E quando lei convoca i soggetti istituzionali deve convocare prima di tutto il Presidente del Consiglio regionale, perché rappresenta tutti noi al di là delle nostre appartenenze. Invece lei se ne dimentica e persino nella rappresentazione plastica di quel tavolo apparsa nelle riprese televisive la Presidente del Consiglio regionale, che rappresentava me e tutti coloro che non erano rappresentati nella delegazione, non c'era. L'unità si vede anche da queste finezze. Forse è il caso che la finiate di litigare sulle vostre cose e alla fine riconosciate e non scarichiate su questo Consiglio i problemi che avete tra voi. Lei non se lo può permettere, presidente Cappellacci, lei deve rispettare i ruoli, perché rispettando quei ruoli rispetta tutti noi. E sa bene che io ho avuto anche momenti di criticità nei confronti della Presidente del Consiglio, ma quando si devono rispettare le istituzioni si va oltre i fatti contingenti.

Credo che ci sarà una possibilità di mantenere l'unità, forse è la stessa cosa che si sarebbe dovuta dire a quel tavolo in apertura, cioè che l'approvazione delle norme di attuazione costituisce conditio sine qua non per affrontare altri problemi sul tappeto, dato che l'articolo 8 dello Statuto in parte è già in applicazione, in altra parte è disatteso dallo stesso Stato. E perché un confronto sia credibile è necessario che i due soggetti che si confrontano abbiano la medesima dignità e la medesima legittimità. E lo Stato oggi non le ha. Ecco da dove bisogna partire, ma ponendo un punto fermo, perché l'articolo 27 della legge numero 42, se continuiamo a interpretarlo nello stesso modo, se continuiamo a gestirlo con la superficialità con la quale lo stiamo gestendo, avrà per noi sardi solo una funzione regressiva della nostra condizione. E l'avrà intanto sui tagli, perché se quell'articolo ha valore lo Stato non potrà applicare i tagli alla Sardegna senza il rispetto delle norme di attuazione, e poi sul rispetto del regime delle entrate, tant'è che si dice che il federalismo fiscale avrà come condizione il rispetto delle norme di attuazione. Fare trattative a norme di attuazione non definite per noi significa regredire su quel terreno di conquista rappresentato dall'articolo 8, lo capirebbe persino un bambino! Ecco perché si potrà andare al confronto con lo Stato in futuro con questa unità solo se si pone una condizione pregiudiziale. E questo Governo deve capire che non può approfittarne se magari capita che ci rappresentiamo in maniera più debole del solito.

Vorrei dire ancora una cosa. Come eravamo nel 2005, nel 2006 e come siamo oggi? Ai posteri l'ardua sentenza. Andate a guardare i dati, leggete le condizioni e non avrete bisogno del mio commento, del nostro commento. Tutte le altre cose sono idiozie usate per dire una cosa di unità prima e una cosa di disunità subito dopo. Ripeto, ai posteri l'ardua sentenza anche su questo. Però a quelli che continuano a esortare a essere propositivi, vorrei dire che noi il progetto l'abbiamo, e l'abbiamo, onorevole Vargiu, per il semplice fatto che state impiegando tre anni di questa legislatura a demolirlo nella parte che abbiamo realizzato. Ma è evidente! Volete che vi facciamo l'elenco? Ci vuole molto a capire che il punto di partenza di una trattativa anche sul patto di stabilità è che nella esatta misura percentuale in cui aumentano le entrate questa Regione deve pretendere che aumenti anche il limite del patto di stabilità? Almeno quello! Ma ci vogliono tavoli, scienziati, luminari? Cosa ci vuole per definire queste cose?

Unità è questo, è sostanzialmente questo, è la capacità di avere leadership - Presidente, non so se parlo di cose che lei conosce -, autorevolezza, anziché sminuire la condizione scannata della nostra gente affermando che è una condizione difficile, perché se noi abbiamo quest'idea di edulcorazione della realtà possiamo andarcene a casa, e prima o poi ci manderanno via. Però c'è uno snodo, può darsi che qualcuno di noi si salvi, perché non è che col discorso dell'unità si possa ancora tentare di ripartire le responsabilità. Arrivati al punto "x" le responsabilità se le prende chi quelle responsabilità le ha avute dal corpo elettorale non per farsi le clientele e per fare speculazioni, ma per assumersi appunto la responsabilità anche di quello che non è riuscito a realizzare. Ecco perché dico: al prossimo incontro ci si vada avendo comunicato al Governo che conditio sine qua non per garantire la forza e l'unità della Sardegna, e non una sua disperata reazione, è quella di approvare immediatamente le norme di attuazione. Sarebbe un punto soddisfacente di ripartenza. Allora sì l'unità non sarebbe compromessa e in questo anno di celebrazione del 150º anniversario dell'Unità d'Italia avremmo anche onorato il significato profondo dell'unità di un'istituzione democratica.

PRESIDENTE. I lavori del Consiglio riprenderanno domani mattina alle ore 11 e 30.

La seduta è tolta alle ore 14 e 22.



Allegati seduta

Testo delle interrogazioni, dell'interpellanza e della mozione annunziate in apertura di seduta

InterrogazionePlanetta, con richiesta di risposta scritta, sull'ipotesi di stoccaggio di scorie nucleari in siti ubicati nel territorio della Sardegna.

Il sottoscritto,

premesso che:

- il comma 4 dell'articolo 24 del decreto legge n. 1 del 2012, contiene nuove disposizioni per l'accelerazione delle attività di disattivazione e smantellamento dei siti nucleari;

- il citato comma 4 prevede che le autorizzazioni rilasciate dal Ministero dello sviluppo economico valgono "anche quale dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza, costituiscono varianti agli strumenti urbanistici e sostituiscono ogni provvedimento amministrativo, autorizzazione, concessione, licenza, nulla osta, atto di assenso e atto amministrativo, comunque denominati previsti dalle norme vigenti costituendo titolo alla esecuzione delle opere";

considerato che:

- più precisamente, l'articolo 24 del decreto legge n. 1 del 2012, vorrebbe dare impulso al decommissioning e rendere più facile l'autorizzazione di nuovi depositi nucleari, in deroga, se necessario, a procedure ordinarie e normative ambientali e urbanistiche, rendendo però di fatto onnipotente, proprio attraverso il comma 4, la Società gestione impianti nucleari (SOGIN) che una volta ottenuto il solo benestare del Ministero dello sviluppo economico, potrà insindacabilmente installare dove vorrà i depositi per le scorie nucleari;

- la SOGIN è stata istituita il 1° novembre 1999 come società del Gruppo ENEL nel quadro del riassetto del sistema elettrico in ottemperanza al decreto legislativo n. 79 del 16 marzo 1999 (che ha disposto la trasformazione dell'ENEL in una holding formata da diverse società indipendenti, tra cui la SOGIN, che ha ereditato tutte le attività nucleari dell'ENEL);

constatato che:

- tali nuove disposizioni per l'accelerazione delle attività di disattivazione e smantellamento dei siti nucleari sarebbero dunque, in tutta evidenza, inaccettabili ed antidemocratiche, con conseguenti effetti pregiudizievoli per le comunità locali, per nulla scongiurati dal fatto che si prevede l'obbligo di richiedere il parere della Regione prescelta per lo stoccaggio delle scorie nucleari e degli stessi comuni interessati, poiché detti pareri sono infatti qualificati come obbligatori ma non come vincolanti;

- l'esito del referendum del 15-16 maggio 2011 ha certificato con un esito plebiscitario che il 97,64 per cento dei sardi non vuole le scorie nucleari in Sardegna;

- ancora, estendere in tal modo i poteri del Governo italiano e della SOGIN rappresenta un evidente e reale pericolo per la Sardegna che ha visto prendere in considerazione, anche nel recente passato, alcuni siti già ritenuti potenzialmente adeguati per lo stoccaggio delle scorie radioattive, quali, per esempio, alcune porzioni di demanio militare adibito a poligono e talune gallerie minerarie del Sulcis;

- l'ipotesi di stoccaggio di scorie radioattive in siti ubicati in Sardegna infliggerebbe di certo un ulteriore colpo mortale alle minime e residue condizioni ideali di crescita economica di tutti quei settori produttivi connessi all'ambiente ed al turismo della Sardegna, soprattutto in considerazione della grave crisi sociale ed economica nella quale l'Isola versa attualmente,

chiede di interrogare il Presidente della Regione e l'Assessore regionale della difesa dell'ambiente per sapere se:

risultino agli atti, ovvero, se questa Amministrazione sia a conoscenza di fatti e/o circostanze che confermerebbero l'ipotesi di stoccaggio di scorie nucleari in siti ubicati nel territorio della Sardegna;

questa Amministrazione, in riferimento all'ipotesi di stoccaggio di scorie nucleari in Sardegna, intenda mettere in atto tutte le azioni opportune, per quanto di propria competenza, al fine di impedire che si calpestino, da parte dello Stato italiano, sia il diritto di espressione del parere vincolante da parte delle amministrazioni locali eventualmente interessate, che la stessa volontà popolare già espressasi con estrema chiarezza nel referendum sul nucleare del 15-16 maggio 2011. (794)

Interrogazione Maninchedda - Sanna Giacomo - Dessì - Planetta, con richiesta di risposta scritta, sulla copertura finanziaria a carico della Regione Sardegna di alcune parti del project della ASL di Nuoro.

I sottoscritti,

premesso che:

- il project finance della ASL di Nuoro si finanzia attraverso le risorse di seguito indicate:

RICAVO*

IMPORTO ANNUALE

DURATA

IMPORTO TOTALE

Canone di disponibilità

euro 5.100.000,00

25,33

euro129.193.200,00

Canone per i servizi

euro 24.319.199,68

27

euro656.618.391,36

Ricavi servizi commerciali

euro 236.220,00

27

euro6.377.940,00

Totale

euro 29.655.419,68

euro 792.189.531,36

* IVA compresa in quanto per la ASL n. 3 l'imposta rappresenta un costo.

- sono interamente a carico della ASL n. 3 le prime due voci di ricavo, cioè i canoni pari a euro 29.419.199,68;

- alla copertura finanziaria di tale spesa la ASL n. 3 fa fronte con i "costi cessanti" del bilancio 2007 pari a euro 20.808.395,00;

- pertanto vi è una quota di spesa senza copertura finanziaria pari a euro 8.610.804,68, risultante dalla somma dell'intero canone di disponibilità di euro 5.100.000 e di una quota del canone per i servizi di euro 3.510.804,68 che finanzia il rinnovo annuale delle attrezzature elettromedicali (non iscrivibile nella parte delle spese correnti);

- dai documenti del project risulta che tali somme troverebbero copertura finanziaria dal flusso medio annuo dei finanziamenti, nel periodo 1996-2004, di euro 6.500.000 per l'edilizia e euro 2.800.000 per la tecnologia;

- a tutt'oggi il suddetto flusso medio annuo non si è mantenuto;

- la Regione non ha assunto alcun formale impegno a finanziare i canoni del project finance di Nuoro per la somma di euro 8.610.804,68, né ha tanto meno provveduto a stanziarla in bilancio;

- la ASL n. 3 presenta continuamente il bilancio in perdita, per cui la gestione non produce il necessario cash flow per autofinanziare il project finance;

- nell'ultimo riparto delle somme per gli investimenti la Regione, su un totale di 20 milioni di euro circa, ha stanziato per la ASL di Nuoro poco più di 900.000 euro, peraltro finalizzati ad investimenti diversi da quelli previsti dal project;

- qualora la Regione costituisse una riserva finanziaria di finanziamenti per la sola ASL di Nuoro, pari allo sbilancio di euro 8.610.804,68 aggiuntivi rispetto a quelli storicamente trasferiti, l'assegnazione netta pro capite in Provincia di Nuoro salirebbe a euro 1,780,34, con un incremento del 3.10 per cento, rispetto ad un valore medio di euro 1,468,79 delle altre province sarde per le quali, visti i valori stanziati dal bilancio regionale, nessun incremento è previsto,

chiedono di interrogare l'Assessore regionale dell'igiene e sanità e dell'assistenza sociale per conoscere se la Regione intenda finanziare il canone di disponibilità e il canone relativo al rinnovo degli elettromedicali per euro 8.610.804,68 annui (pari a complessivi euro 785.811.591,36) della procedura di finanza di progetto per la ristrutturazione e il completamento dei presidi ospedalieri San Francesco e C. Zonchello di Nuoro, San Camillo di Sorgono e dei presidi sanitari distrettuali di Macomer e Siniscola e, in caso positivo, con quale copertura finanziaria. (795)

Interrogazione Cocco Daniele Secondo, con richiesta di risposta scritta, sulle modalità di attuazione della disposizione contenuta nella finanziaria 2011 relativa all'esonero dei componenti delle compagnie barracellari dal pagamento dei certificati medici necessari per poter accedere ai corsi annuali di tiro a segno.

Il sottoscritto,

premesso che:

- in sede di discussione della finanziaria 2011 è stato presentato a firma Cocco Daniele Secondo, Uras, Salis e Bruno il seguente emendamento: "I componenti delle compagnie barracellari regolarmente in servizio sono esonerati dal pagamento dei certificati medici necessari per poter accedere ai corsi annuali di tiro a segno. Le spese valutate in euro 200.000 annui per gli esercizi 2011, 2012, 2013 sono a carico del Servizio sanitario regionale";

- tale emendamento era volto a rispondere all'esigenza gridata a gran voce da parte dei barracelli sardi i quali, chiamati a svolgere un servizio a vantaggio della collettività, si ritrovavano a dover sopportare elevati costi per i certificati medici di idoneità;

- l'emendamento ha trovato il consenso dell'Assemblea rappresentativa ed è stato, pertanto, approvato ed inserito all'interno della finanziaria 2011;

ritenuto che:

- nonostante l'approvazione, ad oggi, il disposto normativo parrebbe non aver trovato attuazione;

- i barracelli, destinatari del trattamento di favore della norma, ignorando la disposizione unitamente agli operatori ASL i quali, intervistati in merito al modus operandi per ottenere l'esenzione di pagamento, dichiarano di non aver ricevuto istruzioni;

considerato:

- la forza di legge della norma;

- l'arrivo della nuova stagione che vedrà impegnati i barracelli in più campi,

chiede di interrogare il Presidente della Regione e l'Assessore regionale dell'igiene e sanità e dell'assistenza sociale per sapere quali siano:

1) i provvedimenti che la Regione intende attuare al fine di far sì che i barracelli non debbano pagare i certificati medici di idoneità;

2) le tempistiche per l'attuazione della norma;

le modalità attraverso le quali i barracelli possano richiedere ed ottenere tale esenzione. (796)

Interrogazione Cocco Daniele Secondo - Manca, con richiesta di risposta scritta, sul gravissimo danno che potrebbe causarsi alle zone del Goceano, e non solo, dal piano di riorganizzazione del servizio postale prospettato da Poste Italiane Spa.

I sottoscritti,

premesso che:

- Poste Italiane Spa, nell'ambito di un piano unilaterale di riorganizzazione del servizio postale, avrebbe prospettato la chiusura di numerosi piccoli uffici dislocati nel territorio sardo;

- tale chiusura si realizzerebbe attraverso il meccanismo dell'accorpamento di due o più uffici e la soppressione dei centri secondari di distribuzione;

- in particolare, il centro di Bono verrà accorpato ad Ozieri, quello di Pattada a Buddusò, quello di Ales a Terralba, quello di Bosa a Macomer, quello di Villanova Monteleone ad Alghero, ecc.;

rilevato che:

- la realizzazione del piano di riorganizzazione prospettato da Poste Italiane Spa, andrebbe a colpire un territorio già gravemente compromesso in ragione, anche, delle peculiarità orografiche e logistiche dello stesso;

- invero, la soppressione degli uffici postali nei piccoli centri andrebbe a penalizzare una popolazione già dedita al sacrificio in conseguenza dell'accanimento che sembra abbattersi sulla stessa;

- infatti, la paventata operazione di soppressione andrebbe a penalizzare in prevalenza un'utenza composta da anziani, i quali da anni sono abituati a recarsi personalmente allo sportello per ritirare la pensione o per versare i loro risparmi nei libretti postali;

- la chiusura degli uffici postali rappresenterebbe un enorme disagio per la popolazione locale, anche, in considerazione del fatto che i centri accorpanti distano, mediamente, dal centro accorpato decine di chilometri e che la popolazione anziana non è munita di mezzo proprio di trasporto per poter raggiungere il nuovo centro;

- aggiungasi la problematica inerente la soppressione dei centri postali ed il loro accorpamento va valutata congiuntamente a quella dei trasporti pubblici nell'entroterra sardo; infatti, in particolare i centri del Goceano, nel corso dell'anno 2011 sono stati interessati da una drastica riduzione delle corse effettuate dall'ARST, con inevitabile aumento del disagio e dell'isolamento;

- pertanto, l'iniziativa delle Poste Italiane Spa si inserisce all'interno di un filone, già avviato da tempo, con lo scopo di far sparire i piccoli centri incentivando lo spopolamento;

- infatti, soprattutto le nuove generazioni, dato il costante intervento soppressorio che ha interessato prima le scuole, i servizi di trasporto, gli sportelli postali, i centri sanitari ecc., si trasferiscono verso centri più vivibili, perlomeno muniti dei servizi minimi fondamentali;

- invero, privare le zone interne della Sardegna di questi servizi fondamentali, equivale a decretarne la loro morte;

- inoltre, l'iniziativa soppressoria delle Poste Italiane Spa appare essere ancora più allarmante se solo si considera che i tempi del recapito della corrispondenza in Sardegna appaiono essere oltremodo lunghi, e che l'intervento riorganizzativo, lungi dal far presupporre un miglioramento della situazione ed una riduzione dei tempi di consegna, fa presupporre un peggioramento della già critica situazione,

chiedono di interrogare il Presidente della Regione e l'Assessore regionale degli enti locali, finanze e urbanistica per conoscere quali azioni intendano porre in essere al fine di intervenire tempestivamente e di interloquire con Poste Italiane Spa per risolvere tale gravosa situazione e disservizio, con lo scopo di far revocare l'intento di eliminazione degli uffici postali nei piccoli centri. (797)

Interpellanza Porcu - Agus - Lotto - Meloni Marco sulle palesi contraddizioni emerse nel giudizio negativo espresso dalla Giunta regionale sulla compatibilità ambientale di un impianto solare termodinamico da 55 MWe da realizzarsi nel sito industriale di Macchiareddu e sulle negative ricadute per lo sviluppo di una filiera del solare a concentrazione in Sardegna capace di attrarre investimenti e di generare sviluppo ed occupazione in un settore strategico ed in costante crescita come quello delle energie rinnovabili.

I sottoscritti,

premesso che:

- la Società Sorgenia Spa ha presentato a novembre 2009 e regolarizzato a febbraio 2010 l'istanza di valutazione d'impatto ambientale (VIA) relativa al progetto denominato "Impianto solare termodinamico da 55 MWe di Macchiareddu"; l'intervento, il cui costo complessivo è pari a circa 250.000.000 di euro, interamente finanziato con capitali privati, è da realizzarsi su un'area di estensione pari a circa 175 ettari, all'interno della zona industriale di Macchiareddu, nella parte ancora non urbanizzata;

- la Giunta regionale con la deliberazione 23 dicembre 2011, n. 52/41, relativa alla valutazione di impatto ambientale dell'intervento "Impianto solare termodinamico da 55 MWe di Macchiareddu" del proponente Sorgenia Spa, ha espresso un parere negativo in merito alla compatibilità ambientale;

- in data 12 gennaio 2012 l'Assessorato regionale dell'industria ha approvato la determinazione prot. n. 386, Rep. 99, avente per oggetto: POR Sardegna FESR 2007-2013 - asse III energia - Linea di attività 3.1.1.c - Valorizzazione e trasferimento dei risultati della ricerca pubblica per lo sviluppo delle energie rinnovabili - Avviso pubblico per la presentazione di manifestazioni di interesse da parte di consorzi industriali e/o comuni della Sardegna, a realizzare e gestire uno o due impianti a tecnologia solare termodinamica a concentrazione;

rilevato che

- nella delibera n. 52/41 del 2011, l'aver valutato come non ottimale la scelta del sito di Macchiareddu in quanto caratterizzato da un irraggiamento pari 1.813 kWh/mq, tra i più alti raggiungibili in Sardegna, ma inferiori al livello di 2.000 kWh/mq, citato come ideale nella richiamata delibera, taglierebbe fuori non solo la Sardegna, ma anche la Sicilia e il resto d'Italia, come sito per impianti solari a concentrazione (CSP) confinandoli a latitudini desertiche o semi-desertiche;

- l'affermazione, sempre riportata nella citata delibera, che i sali fusi dello stoccaggio termico, utilizzati per il funzionamento dell'impianto, sono da considerarsi inquinanti delle falde acquifere poiché solubili in acqua, contrasta con la normativa italiana sull'argomento, oltre al fatto che si tratta della stessa sostanza utilizzata nei concimi per uso agricolo;

- le affermazioni tecniche, addotte a sostegno del diniego, contrastano con la determinazione dell'Assessorato dell'industria di cui al prot. 386, Rep. 99 del 12 gennaio 2012 citata in premessa, dove la stessa Regione indica in 1.500 kWh/mq il livello di insolazione ideale per gli impianti solari a concentrazione (CSP) contro i 1.800 indicati nella delibera di VIA che si oppone all'impianto Sorgenia;

valutato che:

- l'impianto solare a concentrazione (CSP) da 55MWe nella zona industriale di Macchiareddu, tecnologicamente innovativo e progettato nella fase iniziale da strutture di ricerca finanziate dalla stessa Regione, avrebbe consentito, nella fase di realizzazione stimata in circa 24 mesi, l'utilizzo di manodopera con un punte di 500 uomini giorno e ricadute a regime di almeno 20 addetti nonché la nascita di un indotto locale legato alle attività di manutenzione e di supporto tecnico;

- gli impianti CSP sono caratterizzati da un'efficienza più alta (20 per cento contro il 15 per cento), da un numero di ore di utilizzo pari al doppio (3.000 contro 1.500) oltre che da un consumo di territorio, a parità d'energia prodotta all'anno, pari alla metà di quello utilizzato dalle tecnologie fotovoltaiche;

- a differenza delle tecnologie legate al fotovoltaico ed all'eolico, dove la ricerca e lo sviluppo sono totalmente esterne alla realtà della nostra Isola, è ancora possibile realizzare in Sardegna un polo tecnologico di ricerca focalizzato sullo sviluppo della filiera del solare a concentrazione con importanti ricadute in termini di attrazione industriale in un settore, quello dell'energia, di valenza fondamentale per lo sviluppo di tutta la Sardegna,

chiedono di interpellare il Presidente della Regione, l'Assessore regionale della difesa dell'ambiente e l'Assessore regionale dell'industria per sapere se non ritengano le motivazioni espresse nel giudizio negativo della Giunta sulla compatibilità ambientale dell'impianto solare termodinamico Sorgenia in contrasto con:

1) i risultati della ricerca scientifica del settore;

2) quanto stabilito dall'Unione europea e riportato nel POR FESR 2007-2013 in materia di politiche per gli investimenti in innovazione;

3) altre iniziative della stessa Giunta regionale sullo sviluppo del solare a concentrazione sul territorio della Sardegna;

4) la necessità per la Sardegna di privilegiare, nello sviluppo delle energie rinnovabili, quelle tecnologie in grado di generare le maggiori ricadute economiche, occupazionali e di sviluppo di know how specialistico in grado di attrarre investimenti e di promuovere una vera filiera delle rinnovabili in Sardegna. (304)

Mozione Meloni Francesco - Dedoni - Cossa - Fois - Mula - Vargiu sull'adozione di iniziative sulla drammatica situazione del Tibet in occasione del 53° anniversario dell'insurrezione di Lhasa, inclusa l'esposizione della bandiera del Tibet.

IL CONSIGLIO REGIONALE

PREMESSO che il 10 marzo ricorre il 53° anniversario dell'insurrezione di Lhasa, capitale tibetana, contro l'invasione cinese;

CONSIDERATO che:

- l'occupazione del Tibet, avvenuta nel 1950, costituì un inequivocabile atto di aggressione e violazione della legge internazionale;

- i militari cinesi stroncarono l'insurrezione con estrema brutalità ed il Dalai Lama, seguito da circa 100.000 tibetani, fu costretto a fuggire dal Tibet e chiedere asilo politico in India dove si costituì un governo tibetano in esilio fondato su principi democratici;

- attualmente, il numero dei rifugiati è sempre in aumento e l'afflusso dei profughi che lasciano il paese per sfuggire alle persecuzioni cinesi non conosce sosta;

- il genocidio culturale ed etnico perpetrato a danno del popolo tibetano é ancora poco conosciuto e spesso volontariamente ignorato;

- almeno 1.200.000 tibetani sono morti in seguito dell'invasione cinese;

- oggi i tibetani sono ridotti ad essere in minoranza nella loro terra, sei milioni rispetto agli oltre sette milioni di coloni cinesi, a causa della politica di colonizzazione, aborti e sterilizzazione forzata attuata da Pechino;

- secondo i dati forniti dai rappresentanti tibetani in esilio, la repressione compiuta dai militari nel 2008 avrebbe provocato oltre 200 morti, mille feriti, migliaia di arrestati;

- il Dalai Lama, insignito del premio Nobel per la pace nel 1989, ha ribadito in ogni occasione di essere contrario all'indipendenza nazionale e di volere perseguire, con i metodi gandhiani, una soluzione politica a che garantisca un'autentica autonomia culturale, politica e religiosa ai cittadini tibetani;

- nonostante il credito e l'apertura compiuta dalla comunità internazionale nei confronti della Cina, dopo la fine dei giochi olimpici, il governo di Pechino ha continuato ad attaccare violentemente il Dalai Lama, accusandolo di mentire e di puntare alla secessione del Tibet, come si é visto anche in occasione della recente visita della guida spirituale e politica tibetana negli Stati Uniti;

- altresì, il rispetto dei diritti umani, la libertà di religione e la libertà di associazione sono tra i principi irrinunciabili dei paesi membri dell'Unione europea e rappresentano una priorità per la sua politica estera con anche il supporto delle istituzioni nazionali, regionali e locali;

- recentemente il governo della Cina ha imposto drastiche misure restrittive ai monasteri buddisti tibetani della contea di Aba/Ngaba (provincia dello Sichuan) e di altre regioni dell'altopiano tibetano, violenti raid delle forze dell'ordine, detenzioni arbitrarie di monaci, potenziamento della sorveglianza e presenza costante della polizia all'interno dei monasteri a fini di controllo delle attività religiose;

- le citate misure di sicurezza sono volte a limitare il diritto alla libertà di espressione, di associazione e di confessione religiosa all'interno dei monasteri buddisti tibetani;

- nel solo 2011 almeno 13 monaci tibetani si sono dati fuoco a causa delle terribili sofferenze cui è sottoposto il popolo tibetano e alcuni di loro si trovano in condizioni di salute molto gravi e di altri non si hanno più notizie;

- l'inasprimento del controllo sulle pratiche religiose da parte dello Stato, in virtù di una serie di regolamentazioni introdotte dal governo cinese nel 2007, ha contribuito alla disperazione dei tibetani in tutto l'altopiano del Tibet e le attuali leggi hanno notevolmente esteso il controllo statale sulla vita religiosa, al punto che molte espressioni dell'identità religiosa, ivi incluso il riconoscimento dei Lama reincarnati, sono sottoposte all'approvazione e al controllo dello Stato;

- nel marzo 2011, a seguito del primo episodio di immolazione, il monastero di Kirti è stato circondato da personale armato che ha bloccato l'accesso ai viveri e all'acqua per diversi giorni;

- i nuovi agenti di sicurezza inviati al monastero hanno imposto una nuova campagna di "educazione patriottica" obbligatoria e che oltre 300 monaci sono stati portati via a bordo di mezzi militari per essere poi detenuti in località non meglio precisate e sottoposti a diverse settimane di indottrinamento politico;

- il governo cinese ha accusato i monaci del monastero di Kirti di essere coinvolti in "attività finalizzate al sovvertimento dell'ordine sociale" tra cui il vandalismo e l'immolazione;

- negli ultimi mesi le autorità cinesi hanno inasprito le misure di sicurezza in Tibet, in particolare nell'area circostante il monastero di Kirti, e hanno vietato a giornalisti e stranieri di recarsi nella regione;

- altresì il monastero è pattugliato da agenti di polizia in assetto antisommossa, i media stranieri non sono autorizzati ad accedere alle aree più calde del Tibet, la televisione di Stato cinese ha omesso di trasmettere le notizie riguardanti le proteste e ai monaci è fatto divieto di parlare delle stesse,

impegna il Presidente e la Giunta regionale

1) ad attivarsi in tutte le sedi affinché vengano condannate tutte le forme di violenza contro il popolo tibetano e ad esortare il governo cinese ad avviare subito politiche di dialogo nei confronti delle autorità civili e religiose del Tibet che vivono in esilio, in primis il Dalai Lama, affinché venga garantita la libertà di religione a tutti i cittadini, così come previsto dall'articolo 18 della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo;

2) ad invitare le autorità cinesi a porre fine al sostegno di politiche che minacciano la lingua, la cultura, la religione, il patrimonio e l'ambiente del Tibet e a fornire informazioni dettagliate sulle condizioni dei 300 monaci che sono stati portati via dal monastero di Kirti nell'aprile dei 2011 a esortare il governo della Repubblica popolare cinese a rendere conto delle condizioni dei tibetani che dopo essersi immolati sono stati "ospedalizzati", compreso il loro accesso alle cure mediche;

3) ad esporre nelle sede della Giunta della Regione autonoma della Sardegna la bandiera del Tibet nel settimana dal 3 al 10 marzo 2011. (163)