Seduta n.28 del 31/07/2014
XXVIII SEDUTA
(ANTIMERIDIANA)
Giovedì 31 luglio 2014
Presidenza del Presidente Gianfranco GANAU
La seduta è aperta alle ore 10 e 26.
FORMA DANIELA, Segretaria, dà lettura del processo verbale della seduta del 29 luglio 2014 (25), che è approvato.
PRESIDENTE. Comunico che i consiglieri regionali Michele Azara, Gaetano Ledda, Marcello Orrù, Valter Piscedda e Paolo Truzzu hanno chiesto congedo per la seduta antimeridiana del 31 luglio 2014.
Poiché non vi sono opposizioni, i congedi si intendono accordati.
prodotti agricoli e agro-alimentari sardi e garantirne la tracciabilità" (49)
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del Testo unificato numero 3 (PLIP)-13-14-16-22-49/A: "Norme in materia di agricoltura e sviluppo rurale: agrobiodiversità, marchio collettivo, distretti".
Ricordo che i consiglieri che intendono prendere la parola devono iscriversi non oltre la conclusione del primo intervento.
È iscritto a parlare il consigliere Efisio Arbau. Ne ha facoltà.
ARBAU EFISIO (Sardegna Vera). Prima di iniziare devo fare un avviso ai colleghi, perché credo di non utilizzare i dieci minuti, quindi chi si deve prenotare, è bene che lo faccia.
Il testo unificato che giunge oggi in Aula è un testo molto importante. Uscendo dall'idea delle teorie dell'apocalisse, oppure dal fatto di dover distruggere tutto il mondo o di dare le soluzioni immediate, diciamo che questo è un testo importante, una pietra che ci consente di costruire l'edificio. L'edificio è quello dell'agricoltura sarda e la calce che potrà essere utilizzata per costruire questo edificio naturalmente sono in particolare i fondi comunitari. Questo testo è importante perché ci consente di arrivare in modo tempestivo a regolamentare e a codificare una serie di aspetti che saranno rilevanti per spendere i fondi comunitari. Sostanzialmente ci stiamo muovendo per tempo, tra l'altro ci stiamo muovendo per tempo e all'unanimità, cosa non di poco conto, per trovare tutte le soluzioni necessarie nel prosieguo dell'attività in campo agricolo. Il testo unificato, è stato detto bene ieri nelle relazioni sia del presidente Lotto, che dell'onorevole Fenu, è un testo che va a fondo riguardo alle questioni agricole. È costituito da tre pilastri, ai quali potrebbe e dovrebbe aggiungersi anche il quarto, quello relativo alle associazioni interprofessionali, che è necessario al fine di completare il quadro.
Innanzitutto il testo si occupa di biodiversità e di sviluppo rurale. Biodiversità: si dà una copertura finalmente chiara alla nostra agricoltura, che è un'agricoltura storica, dove c'è tanto saper fare, un'agricoltura che ha una sua identità e quindi, nei grandi numeri della globalizzazione, rappresenta quel locale necessario che può trovare i suoi sbocchi importanti. Tra l'altro finalmente si codifica il rapporto con tutti i soggetti che ci sono sul campo, tutti i comitati che sono già operanti nella nostra Isola senza regolazione e che sono degli attori importanti per preservare la biodiversità. Tuttavia, tutelare la biodiversità non serve solo ed esclusivamente per dare una risposta a degli amatori che operano per cercare di salvare un tipo di pera che esiste solo a Tiana (di Tiana forse dovrei citare i fagiolini) piuttosto che a Posada, ma serve perché questa etichetta di agricoltura di qualità o di biodiversità possa essere utilizzata anche dalle catene agro-industriali per un'operazione di marketing.
Fatto questo lavoro di tutela della nostra biodiversità, che spesso è anche oggetto di piraterie più o meno mascherate, la legge risponde anche a una storica questione che da sempre è stata posta nel campo agricolo e nel campo alimentare, quella relativa al marchio. Sulla questione relativa al marchio, credo che sia necessario spendere qualche parola. Nel precedente mandato, negli ultimi mesi di attività, se non ricordo male, comunque nel 2013, l'assessore dell'agricoltura Cherchi aveva predisposto una serie di attività studiando un marchio di qualità per la Sardegna che andava nel senso che fondamentalmente la legge oggi codifica; quindi il lavoro che è stato già fatto nel precedente mandato, secondo me, può essere oltremodo valorizzato attraverso la legge, perché si è già fatta una consultazione con gli operatori, si è ingenerata la necessità e l'aspettativa a utilizzare un marchio ombrello "Sardegna" e ciò risulterà importante. Naturalmente il nodo relativamente alla disciplina del marchio riguarda quali prodotti possano fregiarsi del marchio "Sardegna".
Naturalmente a questo riguardo potremmo aprire diecimila dibattiti, convocare assemblee, litigare, discutere su quali siano i prodotti "sardi": sono solo quelli confezionati con materie prime presenti in Sardegna oppure anche altri che utilizzano materie prime che non vengono dalla Sardegna? Credo, in modo molto pratico e anche commerciale, che noi non possiamo permetterci di fare i puristi in questo momento, anche perché il mercato non ce lo consentirebbe; quindi sarebbe utile (com'è stato già fatto nella legge, legge che può essere anche migliorata attraverso il recepimento di emendamenti) individuare una via di mezzo riconoscendo il marchio "Sardegna" a tutti i nostri prodotti, distinguendoli naturalmente a seconda delle materie prime utilizzate, sarde o non sarde, e lavorando poi, anche attraverso il Piano di sviluppo rurale, per cercare di selezionare sempre di più materie prime sarde, invece che quelle provenienti da fuori.
La questione della biodiversità e del marchio viene chiusa attraverso la costituzione dei distretti rurali che, sostanzialmente, sono le macchine che dovranno consentire al nuovo sistema dell'agricoltura di operare. I nuovi distretti rurali sono importanti perché nascono dal basso, nascono con le istituzioni, favoriscono l'associazionismo dei produttori con tutti "i giocatori" che sono già nel campo agricolo; questi distretti possono anche supplire alla cronica difficoltà di gestione dei fondi dell'approccio Leader con i Gal, cercando di snellire quella macchina rendendola più veloce, più snella, più calata nei territori, in modo da consentirci effettivamente di spendere le risorse in tempi ragionevoli e anche bene.
Fondamentalmente la legge disciplina una serie di questioni fondamentali per la nostra agricoltura. Dico già da adesso che noi dovremo lavorare, magari alla ripresa dei lavori in autunno, per costruire un sistema relativo alle associazioni interprofessionali, il macrosistema, attraverso una grande alleanza tra produttori, consumatori, trasformatori e operatori commerciali, il quale possa portare ad aggredire i mercati, a non farsi la guerra interna ma attivare la guerra commerciale che serve fuori. Detto questo, un minuto dopo aver approvato la legge, noi tutti, classe dirigente, avremo un compito più arduo, perché questa legge ci impone un'attività sul territorio per coinvolgere coloro che fanno biodiversità, per costituire i comitati, per rafforzarli e per metterli assieme. Questo ci porterà necessariamente a lavorare per convincere i nostri imprenditori a utilizzare il marchio "Sardegna" e comporterà per noi anche un impegno importante con gli amministratori locali, con le associazioni agricole e con tutti gli operatori del settore perché, entrati nei distretti, siano loro i protagonisti e finalmente prendano le chiavi per portare avanti questa battaglia di cambiamento.
Un po' tutti, in campagna elettorale, a sinistra come a destra, abbiamo detto che l'agricoltura è il settore dal quale volevamo partire. Questo è un primo passo importante. Fondamentalmente tutti stiamo tenendo fede all'impegno preso e, a distanza di quattro mesi dalle elezioni, credo che sia un buon segnale, non quello definitivo, non quello che risolverà tutto, ma pezzo su pezzo stiamo provando a completare il mosaico e questo è un tassello importante.
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la consigliera Daniela Forma. Ne ha facoltà.
FORMA DANIELA (PD). Presidente, è indubbio che la quinta Commissione, guidata dal presidente Lotto, abbia fatto un grande lavoro di approfondimento e di sintesi delle diverse proposte di legge in tema di tutela e conservazione del nostro patrimonio agro-zootecnico e anche di valorizzazione e promozione dei prodotti agricoli e agro-alimentari. È condivisibile e ritengo azzeccata l'idea di provare ad accorpare in un testo unico tutti gli interventi in materia di agricoltura, prima di tutto perché ci consente di iniziare a fare un po' di ordine tra le numerose proposte del settore e poi perché, a mio avviso, questo testo unico si presta, come diceva il collega Arbau, a essere riempito ulteriormente di contenuti, quindi di idee per lo sviluppo rurale del nostro territorio regionale e, si spera, anche di risorse.
Per quanto riguarda la tutela, conservazione e valorizzazione dell'agrobiodiversità della Sardegna, ritengo che stiamo compiendo un buon passo in avanti, lo stiamo compiendo, appunto, per la difesa del nostro patrimonio agro-zootecnico. Quindi la ricerca e la selezione delle risorse genetiche da iscrivere nei repertori regionali, l'istituzione della banca regionale del germoplasma e l'attivazione di una rete per garantire la conservazione del patrimonio agro-zootecnico, minacciato da erosione genetica o estinzione, sono tutte azioni utili e indispensabili al perseguimento del nostro fine.
Rilevo, però, una potenziale debolezza nel momento in cui parrebbe volersi, "sì", attivare una accurata fase di ricerca volta a individuare e a riconoscere le razze e le varietà locali di interesse agrario, zootecnico e forestale, "sì" a monitorarle, catalogarle, promuoverne la conoscenza e sensibilizzare riguardo la loro tutela, "sì" porre in essere azioni volte alla loro conservazione e riproduzione, però poi parrebbe quasi non volersi spingere oltre. Si vorrebbe istituire un contrassegno da apporre in maniera giustamente facoltativa sui prodotti costituiti, contenenti o derivati da materiale iscritto nei repertori regionali, però poi si vorrebbe limitare l'utilizzo di questo contrassegno, a cui personalmente guardo con molto favore, solamente agli agricoltori custodi e alle aziende agricole.
Allora vorrei rivolgere un invito ai colleghi della quinta Commissione e a tutta l'Aula perché si estenda la possibilità dell'utilizzo del contrassegno a tutta la filiera e non rimanga confinato solamente all'agricoltore e alle aziende di produzione primaria, faccio questo invito perché credo fortemente nelle potenzialità della valorizzazione del nostro patrimonio agro-zootecnico e ritengo che questo approccio sia in linea con le finalità della presente legge, la quale all'articolo 1 recita, cito testualmente: "La Regione tutela e valorizza il patrimonio di razze e varietà locali… al fine di sostenere lo sviluppo economico e sociale del settore agricolo…". Se l'obiettivo concreto e reale della tutela dell'agrobiodiversità del nostro territorio è quello di mettere a disposizione del sistema regionale uno strumento di sviluppo economico, allora noi abbiamo il dovere di coglierlo nella sua pienezza, nella consapevolezza che è la capacità di coinvolgimento dell'intera filiera a determinare il raggiungimento del nostro obiettivo. Proporrei pertanto di ragionare insieme e magari anche di rivedere la possibilità di allargare l'utilizzo del contrassegno a tutti i componenti della filiera o quanto meno di non porre in legge delle restrizioni in merito.
Per quanto riguarda poi l'istituzione del marchio collettivo di qualità agroalimentare, ho avuto modo a suo tempo di apprezzare l'operato dell'allora assessore dell'agricoltura Oscar Cherchi e, in questa sede, ribadisco l'apprezzamento per il lavoro svolto dal presidente Lotto e dalla quinta Commissione. Perché il mio apprezzamento? Perché, al di là della solidità dei singoli marchi aziendali, con i quali le eccellenze del nostro agroalimentare vengono riconosciute sia all'interno del contesto regionale che soprattutto all'esterno, ritengo che sia importante istituire un marchio regionale di attestazione e di riconoscimento di qualità e di garanzia di regionalità dell'intero processo produttivo e di trasformazione. A questo punto però, perché questo marchio non sia un aborto sul nascere, bisogna prima di tutto creare le condizioni di sistema perché vi sia disponibilità di materia prima sarda, materia prima che sia di qualità, che sia omogenea e che sia in quantità, quindi il mio pensiero non può non andare alla situazione odierna, per esempio, del comparto suinicolo regionale con il blocco dell'export a causa della peste suina.
Bisogna poi effettivamente impegnarsi e impegnare risorse sulla promozione dei prodotti sardi riconosciuti e tutelati dal marchio. Lo dico con chiarezza: se si disperderanno risorse finanziarie in tanti rivoli e non verranno messe a correre sulla promozione nazionale e internazionale del nuovo marchio, vano sarà il nostro sforzo odierno, quindi concentrazione di risorse su questo intervento.
Consentitemi anche un inciso sulle sanzioni. Non ho presentato in merito emendamenti, però ne ho discusso con il presidente Lotto. Ritengo che gli importi indicati nella proposta di legge siano troppo elevati, soprattutto se contestualizzati al momento presente, e possono risultare un deterrente rispetto alla scelta di potersi avvalere di questo strumento. Potrebbero essere un deterrente, cosa che non vorrei, quindi lo offro come occasione di riflessione.
Ancora, l'ultima parte del nostro testo unico riguarda l'istituzione dei distretti rurali, agroalimentari, della pesca e dei biodistretti. Ho colto la volontà di mettere a disposizione uno strumento di sviluppo e di rafforzamento delle filiere locali e lo sforzo fatto è apprezzabile. Posso dire di condividere il criterio della garanzia della rappresentatività, inserito nell'articolo relativo alla costituzione dei distretti, personalmente andrei anche oltre, garantendo però la maggioranza, non solo il terzo, la maggioranza dei rappresentanti ai soggetti principali di ciascun distretto che prevediamo di istituire. Resta, purtroppo, la limitazione derivante dalla mancanza di risorse finanziarie a sostegno del progetto complessivo - parlo di quest'ultima parte, dei distretti - però, ribadisco, l'intervento legislativo è da apprezzare proprio nella volontà di messa a disposizione di un potenziale strumento di sviluppo per le nostre filiere.
Concludo e, per quanto detto in questo intervento, ribadisco il mio apprezzamento complessivo per il lavoro svolto dalla quinta Commissione e dal presidente Lotto, quindi manifesto il mio sostegno all'approvazione del testo unico che oggi è in discussione.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il consigliere Oscar Cherchi. Ne ha facoltà.
CHERCHI OSCAR (FI). Presidente, Assessore, onorevoli colleghi, credo che oggi ci troviamo davanti a un testo che riveste davvero un'importanza grandissima per la nostra terra. In tutti gli anni precedenti ho voluto sottolineare che il rilancio di questa terra, il rilancio del sistema economico regionale passa e passerà necessariamente da quello agricolo. Questo è il nostro destino, questa è la nostra storia, è chiaro che non possiamo prescindere dal nostro sistema agropastorale. Pertanto ritengo che la formulazione e l'approvazione di un efficiente testo legislativo possa portare, determini comunque un'opportunità fondamentale al settore agricolo e sicuramente a quello rurale; che possa preservarne il suo valore, non c'è dubbio, e ne promuova la sua crescita, ritengo che questo sia quanto mai opportuno.
La Sardegna detiene un vero e proprio patrimonio la cui salvaguardia deve rappresentare una delle principali priorità di questa Regione, dell'attuale Amministrazione e comunque di tutto il sistema regionale. La tutela dell'agrobiodiversità e, possiamo dire più in generale, delle nostre risorse naturali, la valorizzazione delle nostre produzioni tipiche, la promozione dello sviluppo economico locale, attraverso l'istituzione dei distretti rurali, sono tutti segmenti utili e necessari a raggiungere questo obiettivo attraverso il testo unificato che abbiamo oggi in discussione in quest'Aula. Testo che ha sicuramente il grande compito di riunire tre argomenti fondamentali ma che comunque quest'Aula può modificare eventualmente, è sicuramente un testo perfettibile durante i lavori dell'Aula stessa, dalla discussione.
In Sardegna, sappiamo, come in tutto il resto d'Italia, la ricerca dei volumi di produzione sempre più elevati (lo dicevano anche i due relatori) da parte degli operatori ha portato all'affermarsi di un'agricoltura e di una zootecnia di tipo intensivo le cui conseguenze si sono tradotte in una sostanziale uniformità dei caratteri genetici e una conseguente diminuzione delle biodiversità. E' evidente come questo fenomeno determini delle gravi ripercussioni a livello non soltanto ambientale ed economico ma sicuramente anche sotto il profilo culturale. L'erosione genetica e l'estinzione di numerose varietà vegetali e animali conducono inevitabilmente alla scomparsa di prodotti tipici e delle nostre culture locali, della nostra cultura, della nostra storia che, a esse, sono legate. Ne deriva quindi la difesa di questo prezioso patrimonio genetico, frutto di elaborati meccanismi biologici e di migliaia di anni di evoluzione e selezione naturale rappresentata da un preciso dovere politico nostro nei confronti dei nostri conterranei stessi.
Le misure che sono contenute nel testo normativo perseguono l'obiettivo (anche se ripeto è perfettibile durante i lavori) di preservare gli agroecosistemi e le produzioni tipiche tradizionali a fronte di un rischio, che possiamo considerare tangibile, di erosione genetica o estinzione di numerose varietà; credo che questo ne confermi la necessità. E' essenziale quindi predisporre tutti gli strumenti necessari per conseguire un maggior controllo sull'agrobiodiversità e per favorire il recupero e la conservazione delle risorse genetiche. Occorre fornire i mezzi anche finanziari agli enti e alle associazioni la cui finalità sia quella di tutelare la biodiversità agraria e alimentare. Così anche favorire l'informazione e la diffusione delle conoscenze e delle risorse genetiche a rischio, promuovere rispetto e sensibilizzare i cittadini sull'argomento, rappresenta senza dubbio un significante passo avanti verso un ulteriore risultato importante.
"Mangia sardo e compra sardo", l'ho ripetuto per anni, questo era un obiettivo importante e fondamentale che noi come sardi dovevamo necessariamente raggiungere per modificare e cambiare la nostra cultura di base, quella alimentare e quella della conservazione delle nostre tradizioni storiche. E' per questa ragione che, venendo all'argomento relativo all'istituzione di un marchio collettivo di qualità per i prodotti tipici, contenuto nella seconda parte di questo provvedimento, posso certamente ritenermi più che soddisfatto del lavoro compiuto dai colleghi nella elaborazione del testo normativo, anche perché parte è praticamente testo da me predisposto durante la mia permanenza all'Assessorato regionale dell'agricoltura. Tengo a evidenziare peraltro che questo progetto nasce da lontano e contiene tutta una serie di iniziative che, nel frattempo, si sono già consolidate, quella della ricerca del marchio stesso, quella della predisposizione del disciplinare di utilizzo del marchio stesso, ma soprattutto quella di un lavoro importante e fondamentale che è legato alla tracciabilità, alla necessità di legare al marchio stesso la tracciabilità precisa cioè la possibilità di capire da dove nasce fino a dove viene consumato il prodotto stesso. Senza questo non raggiungeremo mai alcun obiettivo perché, senza la tracciabilità, non saremo mai in grado di capire esattamente se quel prodotto è realmente prodotto di Sardegna ed è realmente qualità di Sardegna. Credo che questo sia l'aspetto più importante.
Ritengo che sia evidente che la grande distribuzione organizzata e quindi i nuovi e più moderni sistemi commerciali di vendita al dettaglio stiano rendendo assai più gravoso, rispetto a quello che era chiaramente in passato, l'inserimento nei mercati di piccoli esercizi commerciali locali. La sopravvivenza di tante imprese è minata da una sempre crescente competitività offerta da nuove realtà produttive operanti su larga scala cioè dalla massa generale che avvolge e che distrugge completamente il piccolo e quindi le nostre tradizioni storiche. Nello specifico, in riferimento al comparto agricolo sardo, occorre partire dal presupposto secondo cui la chiave di volta per un'efficace politica di rilancio del sistema agroalimentare è rappresentata dalla valorizzazione dei prodotti locali, dei nostri prodotti locali di qualità. Le imprese agricole locali devono attuare specifiche strategie commerciali e impiegare processi e metodi produttivi che garantiscano elevati standard qualitativi di produzione così da collocare prodotti su un piano differente rispetto alle produzioni che sono concorrenti e, ahimè, oramai eccessivamente diffuse sul nostro mercato.
Occorre che questi prodotti siano opportunamente, come dicevamo prima, contraddistinti. Da qui deriva la necessità di provvedere al marchio collettivo di qualità che risponde all'esigenza di certificare la qualità, la tipicità e le caratteristiche peculiari riconducibili alle zone geografiche di produzione; un idoneo sistema di certificazione regionale (credo che questo sia l'altro aspetto fondamentale) che garantisca l'immediata tracciabilità, come vi dicevo prima, delle produzioni e delle materie prime impiegate e soprattutto l'identificazione di tutti gli operatori e le aziende che hanno concorso alla realizzazione, alla conservazione e alla distribuzione del prodotto. Questa disciplina gioverebbe soprattutto a un sistema che permetterebbe meglio di riconoscere realmente i prodotti e la qualità nostra di Sardegna.
Passando poi alla terza parte, quella legata ai distretti rurali, su questo aspetto mi si trova un po' critico perché ritengo che il sistema e l'organizzazione che stiamo prevedendo probabilmente non renderanno giustizia al percorso e all'obiettivo reale che vogliamo raggiungere. Però si tratta senza dubbio di un'importante scommessa su cui questa Regione vuole puntare specialmente se la contestualizziamo in un momento particolarmente difficile in cui l'abbandono delle attività agropastorali, commerciali e artigianali risulta essere sicuramente sempre più frequente. Il distretto rurale (entrerò nel merito magari durante la discussione dell'articolato, quindi dei vari articoli) ci dà però la possibilità comunque di valorizzare quei sistemi produttivi che sono caratterizzati da un'identità storica forte della nostra terra e della nostra Sardegna.
Pertanto ritengo che la legge abbia la possibilità di essere sicuramente approvata ma con delle modifiche che ci vedono e ci vedranno impegnati nella discussione degli emendamenti che noi, come Gruppo e come colleghi, abbiamo presentato per migliorare questo testo.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il consigliere Lorenzo Cozzolino. Ne ha facoltà.
COZZOLINO LORENZO (PD). Il testo oggi in discussione interviene a disciplinare un settore portante della nostra economia che ha accompagnato tutte le vicende umane della nostra Isola dando sostentamento e opportunità di crescita e sviluppo economico a moltissime generazioni di sardi. Ancora oggi, nelle strategie per la costruzione e redazione di un nuovo modello di sviluppo economico per la Sardegna, l'agricoltura rappresenta una delle direttrici strategiche vincenti sulle quali poggiare la possibilità di successo delle politiche conseguenti. Anche all'alba della nostra autonomia, le grandi aspettative per una pronta e duratura crescita economica solida e durevole erano in massima parte orientate al potenziamento e all'adeguamento di questo comparto per vincere le grandi sfide che ci aspettavano per conquistare nuovi ambiti di mercato e reggere i livelli più elevati di concorrenza.
Da questo humus nacque la prima grande riforma dell'agricoltura che ha sviluppato i suoi effetti sino ai tempi recenti. Certo, oggi le esigenze, i tempi e i mercati di riferimento hanno sostanzialmente modificato orizzonti, obiettivi, strutture e mezzi. Tutti orientati verso la modernizzazione e creando nuove esigenze e aspettative che, ponendo l'accento su determinati specifici aspetti, necessitano di interventi di sostegno e tutele normative adeguate.
Per contemperare questo stato di cose, ma non solo, nasce il progetto di legge che oggi è sottoposto al giudizio dell'Assemblea legislativa sarda per la sua definitiva approvazione. Devo subito dire che si tratta di un testo frutto di lodevole e competente lavoro svolto dal Presidente e da tutti i componenti della quinta Commissione. Uno sforzo legislativo che racchiude le spinte più innovative ed efficaci per dotare la Sardegna di una legge moderna, avanzata e innovativa le cui ricadute positive, sono certo, non tarderanno ad arrivare per dare sostegno alla nostra economia in crisi. E se la legge opportunamente si prefigge di adeguare la normativa della Regione alle direttrici delle cornici normative nazionale ed europea, ispirandosi alle più avanzate istanze legislative internazionali sul tema della salvaguardia e valorizzazione dell'agrobiodiversità isolana, come recita la relazione, la ratio è quella di creare le migliori condizioni per la valorizzazione dei prodotti locali con l'istituzione di un marchio collettivo di qualità.
Una novità che comporta un conseguente adattamento della nostra filiera produttiva in ossequio a questo principio innovativo. In un mondo nel quale una forma invasiva e frequentemente anche pervasiva di globalizzazione sta desertificando peculiarità e specificità culturali, linguistiche e alimentari, questo progetto di legge ci consentirà di avere strumenti adeguati per tutelare e valorizzare le produzioni locali, proteggendole da qualsiasi tentativo - consentitemi il termine - di corruzione, che ne snatura storia e proprietà organolettiche.
Ecco perché il tema dell'agrobiodiversità assume un valore assoluto in questo testo di legge che reca in sé il merito di studiare universalmente tutte le problematiche afferenti al mondo dell'agricoltura. Questo sia sotto il profilo dell'introduzione di elementi normativi sull'agrobiodiversità e sul marchio collettivo e sia per quanto riguarda la riorganizzazione del settore, con l'introduzione di figure innovative come quelle dell'agricoltore custode che richiama alla nostra memoria un istituto storico della cultura sarda altrimenti conosciuto come su connottu, cioè la conservazione della memoria delle tradizioni, usi e costumi dei luoghi che, tradotta nella figura dell'agricoltore custode, significa conservazione della razza e varietà locali più soggette a rischio di estinzione.
Tutto ciò per dire che salutiamo e saluto con soddisfazione il proficuo lavoro effettuato dalla quinta Commissione, pur nella consapevolezza che ogni legge è perfettibile e migliorabile. Se posso permettermi quindi una considerazione di merito, vedrei positivamente la possibilità di allargare il raggio dell'ampio coinvolgimento che il lavoro lodevole sostenuto dai colleghi ha agevolato. Vorrei cioè, sommessamente, con spirito costruttivo, segnalare che, data l'incidenza e le ricadute del provvedimento, forse sarebbe opportuno valutare nel proseguo tutti quegli apporti che possono derivare dalla sua corretta applicazione, come il mondo dell'artigianato che da sempre si muove con sinergia in simbiosi con il settore agricolo, non foss'altro perché, attraverso il veicolo del settore artigianale, i prodotti giungono al consumatore finale chiudendo in tal modo la filiera che porta il prodotto agricolo dai campi al suo destinatario naturale che è l'uomo.
Un rafforzamento di questo legame può e deve nascere dal maturare una irrobustita collaborazione fra tutti i soggetti che, direttamente o indirettamente, sono parte attiva nei processi produttivi e sono veicoli di scambi di informazioni mirate a migliorare il sistema nell'aspetto dei prodotti, della loro commercializzazione e della loro qualità. Il tutto nel segno positivo del riordino di un settore economico storico che oggi è la garanzia di una frontiera in grado di arginare il triste fenomeno dello spopolamento dei campi e dei centri rurali, eredità di una civiltà plurimillenaria che fa parte della storia, della cultura del popolo e per cui la loro conservazione è il nostro migliore viatico per costruire un domani sereno e prospero.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il consigliere Angelo Carta. Ne ha facoltà.
CARTA ANGELO (PSd'Az). Presidente, come hanno bene illustrato i due relatori, il testo unificato in discussione ha il pregio di avere unito sei proposte di legge, fra cui una di iniziativa popolare. Si propone pertanto un testo, approvato all'unanimità dalla quinta Commissione, frutto di diverse iniziative che, a più riprese, si sono occupate degli argomenti trattati. Ciò a dimostrazione di come l'agricoltura sia un tema di grande attualità e interesse e debba sempre più diventare centrale nell'economia della nostra Sardegna. Affrontiamo l'argomento in un momento cruciale, visto che è in itinere la nuova PAC per il periodo 2014-2020.
Il testo all'esame del Consiglio si pone tre obiettivi: salvaguardare e valorizzare l'agrobiodiversità; valorizzare la produzione dei nostri agricoltori; ristrutturare il tessuto economico territoriale per promuovere e guidare lo sviluppo economico locale. Sul primo individua una disciplina mirata alla tutela di un patrimonio fondamentale della nostra terra che affonda le sue radici nella nostra storia e nella nostra stessa identità. Su questo primo aspetto, rilevo come il lavoro svolto dalla Commissione possa ritenersi puntuale e abbia centrato l'obiettivo prefisso. Sul secondo, valorizzare la produzione dei nostri agricoltori, nonostante il voto unanime non poche sono state le perplessità che hanno accompagnato i lavori in Commissione, sia per il confronto sempre costruttivo intercorso fra i suoi componenti, sia a seguito delle audizioni fatte. L'istituzione di un marchio collettivo, infatti, non rappresenta di per sé stesso un risultato, bensì un mezzo attraverso il quale promuovere e valorizzare i prodotti agricoli della Sardegna.
A questo proposito, dobbiamo tenere conto della realtà nella quale questo marchio si calerà. Realtà che, nel tempo, si è attrezzata in seguito all'evoluzione della domanda dei prodotti agricoli e agroalimentari. Domanda che tende a privilegiare da un lato i prodotti locali identitari, dall'altro quelli standardizzati, con una netta crescita del consumo dei primi in quanto viene riconosciuto l'aspetto qualitativo derivante dai suoi fattori produttivi. La Sardegna, in questo segmento, ha già ottenuto numerosi riconoscimenti e moltissimi nostri prodotti godono del privilegio di una tutela normativa: il pecorino romano, il pecorino sardo, il fiore sardo, lo zafferano, l'olio d'oliva, il carciofo spinoso, tutti prodotti DOP; l'agnello sardo IGP; ben 35 vini di cui 1 DOCG, 19 DOC e 15 IGT. A questi vanno aggiunti altri 178 prodotti agroalimentari tradizionali divisi tra bevande, carni, formaggi, prodotti vegetali, di origine animale, ittici, paste e prodotti della panetteria e della pasticceria. L'elencazione non corrisponde solo a prodotti, ma rappresenta una realtà economica importante che, in molte nostre comunità, significa lavoro, sviluppo, argine allo spopolamento.
È quindi importante la valorizzazione di questi beni, anzi imprescindibile. Beni che sono forse l'unica via per favorire lo sviluppo di aree di produzione per lo più rappresentate da quelle rurali, spesso, come sappiamo, disagiate e marginali e in via di spopolamento. L'istituzione del marchio che l'articolo 16 definisce "collettivo" presuppone, come recita l'articolo 17, che si disciplini il suo segno distintivo, le modalità di utilizzo e la disciplina della diffida, della sospensione, della revoca della concessione all'uso. Il tutto legato al disciplinare di produzione. Mi chiedo se tutto ciò non possa tradursi in un appesantimento degli obblighi in capo alle nostre piccole aziende, soprattutto a quelle piccole e medie, che potrebbero, anziché trarne beneficio, trovarsi in difficoltà.
Sul terzo obiettivo, i distretti, stiamo adempiendo a una previsione normativa che risale addirittura al 2001, quando il decreto legge numero 228 ha dettato le norme in materia di orientamento e modernizzazione del settore agricolo, prevedendo all'articolo 13 la costituzione dei distretti rurali, agroalimentari, di qualità. La verifica da fare è sulla situazione esistente nelle aree che noi intendiamo strutturare o ristrutturare mediante i distretti. Un primo accenno va fatto al programma Leader. Esiste una similitudine tra il metodo Leader e quello distrettuale, tanto che diversi piani di sviluppo locale predisposti dai tredici GAL della Sardegna considerano il distretto rurale come strumento idoneo per consentire uno sviluppo endogeno del territorio. Deve essere anche riconosciuto che il programma Leader, con la sua peculiarità della programmazione dal basso, favorisce sia la crescita della dotazione dei capitali a disposizione, che l'interruzione o almeno il contenimento dello spopolamento delle aree interne rurali, tant'è che la Commissione europea, con una nota del 26 giugno 2013, individua ancora il Leader come lo strumento da usare come approccio comune allo sviluppo locale di tipo partecipativo per fondi strutturali di investimenti europei.
Nel PSR Sardegna l'approccio Leader ha il compito di sostenere le strategie di sviluppo locale attraverso gli strumenti del partenariato pubblico e privato (nella programmazione dal basso verso l'alto), della cooperazione tra territori rurali e della messa in rete di partenariati locali, a partire dalle pregresse esperienze Leader e di progettazione integrata regionale. Tutto questo nei GAL, quali soggetti attuatori del Piano intervento Leader previsto nel PSR, che sono già dei presidi di aggregazioni di soggetti pubblici e privati caratterizzati da un'identità storica e territoriale omogenea, che individua con i piani di sviluppo locale una vera integrazione fra attività agricole e altre attività locali. In alcuni casi cercando anche di ridurre il dualismo economico e sociale fra aree rurali interne e aree costiere.
Un ruolo importante rivestono anche le agenzie agricole, in particolare LAORE, alla quale l'articolo 15, lettera c) del punto 2, della legge regionale numero 13 del 2006, istitutiva dell'Agenzia in agricoltura, assegna il compito di coordinare "l'attività di integrazione all'interno delle filiere agricole, dei distretti agroalimentari e distretti rurali". Stesso discorso vale per i GAC, i gruppi di azione costiera. Esistono inoltre altri organismi di aggregazione dell'offerta per attuare la lavorazione, la trasformazione e la commercializzazione comune, in particolare in Sardegna esistono dodici OP, organizzazioni di produttori, nel comparto dell'ortofrutta e poco più di venti negli altri comparti, dove prevale in misura massiccia il lattiero-caseario, con obiettivi fondanti mirati alla concentrazione dell'offerta e alla commercializzazione dei prodotti dei soci. Queste organizzazioni sono anche ammesse ai finanziamenti per i programmi di attività prevista dal decreto legge numero 102 del 2005 e dalla legge regionale numero 3 del 2008. Tale agevolazione consente un ottenimento di benefici gestionali che si possono tradurre in un incremento delle aree di attività dell'impresa dei soci; questa forma aggregativa, stimolata da motivazioni puramente economiche, ha effetti positivi dal punto di vista sociale contribuendo di già al perseguimento degli obiettivi, o in parte, di cui all'articolo 27 del testo di legge in discussione oggi.
In ultimo vanno ricordate le reti di impresa, attivabili in base alla legge numero 33 del 2009, che coinvolgono gli attori dell'intero processo di filiera, dai produttori agricoli ai trasformatori del prodotto finale, rendendoli partecipi dei margini operativi attuando una distribuzione del valore aggiunto all'interno della stessa filiera. Una realtà pertanto non totalmente vuota né totalmente mancante di organismi associativi, probabilmente solo troppo frammentata che necessita di strumenti di coordinamento più efficaci. Mi auguro che i distretti possano costituire un'occasione di aggregazione, di maggiore efficacia, derivante dallo stare insieme e collegialmente gestire parti importanti dei nostri territori, nell'ottica di una migliore e più efficace promozione dello sviluppo rurale e delle produzioni a esso collegate.
Tutto questo per affermare comunque la necessità di un testo che unificasse materie sparse in mille rivoli, ma anche un modesto contributo per una riflessione generale su che cosa stiamo andando a immettere in un settore come quello primario; un'attenzione quindi verso il risultato atteso dall'approvazione del provvedimento di legge.
Un'esortazione fatta già dal relatore di minoranza, onorevole Fenu, faccio mia, affinché questo Consiglio compia ogni sforzo possibile per migliorare ulteriormente questo provvedimento di legge; per cui concludo prendendo in prestito le ultime righe della relazione dell'onorevole Fenu: "Non rinunciamo, solo per la frenesia della sua approvazione, alla possibilità di renderla ancora più efficace e incisiva, nel difficile momento che attraversa la nostra economia con l'obiettivo di salvaguardare e creare nuovi posti di lavoro, migliorare le condizioni di vita attuali e per le future generazioni del popolo sardo, che rappresentiamo in quest'Aula onorandolo della fiducia che ci ha concesso".
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il consigliere Giampietro Comandini. Ne ha facoltà.
COMANDINI GIAMPIETRO (PD). Presidente, intanto credo che sia doveroso iniziare con un ringraziamento al Presidente della Commissione, Luigi Lotto, ma anche a tutti i componenti di maggioranza e di minoranza, per il lavoro che siamo riusciti a fare tutti insieme nei confronti di un progetto di legge che riguarda il settore agricolo. Devo dire che è la prima legge organica e funzionale di un settore produttivo che arriva in aula dopo cinque mesi e rappresenta sicuramente un risultato che fa onore al Consiglio regionale; come lo è altrettanto, su un tema così fondamentale per lo sviluppo di un settore strategico della nostra isola, essere riusciti a condividere un testo non solo in Commissione ma anche in Aula, un obiettivo strategico su cui questo Consiglio regionale sicuramente può scrivere una pagina importante.
È stato detto ieri dal Presidente della Commissione Luigi Lotto che questa non è una legge di spesa, non è una legge che mette soldi in agricoltura. È già una novità, nel senso che, nelle leggi sull'agricoltura, abbiamo sempre visto soprattutto capitoli di spesa che andavano a erogare contributi e sostegno economico alle imprese agricole; perciò è un fattore positivo. Questa è una legge di opportunità che stabilisce una strategia anche culturale nell'affrontare un nuovo modo di legiferare e di normare il settore agricolo per un rilancio di un comparto che ancora oggi non esprime tutte le potenzialità. Se torniamo indietro agli ultimi 20, 30, 40, 50 anni, dobbiamo dirci con chiarezza che abbiamo sempre investito moltissimo in agricoltura; oggi il settore agricolo rappresenta ancora il 4 per cento del PIL in Sardegna pari a 1,6 miliardi di euro, ciò vuole dire che c'è ancora molto da fare e quindi ci sono moltissime potenzialità ancora da sprigionare. Nel momento in cui poi, in questo settore, un PIL ancora più basso determina l'importazione dell'80 per cento degli alimenti, significa che non compriamo e mangiamo sardo ma compriamo e mangiamo prodotti che arrivano dall'altra parte del mondo. Quindi, se escludiamo il settore vitivinicolo e il settore dei formaggi, tutti gli altri settori del mondo agricolo devono avere un sostegno e devono cambiare anche un approccio culturale, un metodo.
Attualmente ci troviamo a vivere un momento storico per il quale, negli ultimi dieci anni, abbiamo visto ridurre il numero delle aziende e abbiamo visto cambiare la superficie agricola utile. In un momento in cui abbiamo il 90 per cento di territorio, in Sardegna, rurale, abbiamo espresso politiche agricole, negli ultimi anni, i cui risultati, i cui numeri (come ama dire il presidente Pigliaru) però non ci danno ragione, numeri che non rendono dignità a un mondo agricolo, ai lavoratori e alle lavoratrici che in qualche modo possono maggiormente vivere e rendere redditizia la loro attività. Questa legge va in questa direzione.
L'altra attualità: chiaramente non siamo di fronte a un nuovo Piano di Rinascita, però non possiamo non considerare che stiamo approvando una legge per il settore agricolo in un momento in cui altri settori industriali non è che siano in crisi, stanno scomparendo, stanno in qualche modo lasciando l'isola senza dare alternative ai nostri giovani, a quelli che vogliono continuare e devono lavorare in Sardegna. Quindi un'attualità in un settore, come quello agricolo, che può dare opportunità di lavoro. Se poi lo leghiamo, come è stato anche già ricordato, al nuovo Piano di sviluppo rurale 2014-2020 che metterà ingenti risorse nel settore, ci rendiamo conto di quanto questa legge sia attuale e importante e quanto l'agricoltura e la ruralità siano la principale risorsa rinnovabile per la Sardegna.
Devo dire che la stragrande maggioranza del territorio è interessata, come ricordavo, da uno sviluppo rurale che dà lavoro a 100 mila persone e, quando parlo di risorse, parlo delle attività agricola, pastorale e agroalimentare che non solo creano lavoro ma creano anche identità nel nostro territorio regionale in quanto difendono il nostro paesaggio, garantiscono la realizzazione di filiere ad alto valore aggiunto, soprattutto creando una filiera di produzione con gli altri prodotti del territorio, quali i prodotti turistici e promozionali. Possiamo dire, con estrema chiarezza e convinzione, che l'agricoltura deve rappresentare, d'ora in poi, l'asset strategico fondamentale dello sviluppo sostenibile della Regione sarda, che completa la salvaguardia del paesaggio ma anche le nostre produzioni, soprattutto per quanto riguarda ciò che, a mio avviso, non è assolutamente importabile, ossia la qualità dell'ambiente in cui esse avvengono.
Credo poi che sia l'unica via per investire e soprattutto per evitare l'ormai decennale tendenza allo spopolamento delle zone interne, è pertanto una risorsa su cui dobbiamo puntare; abbiamo grandissimi spazi di crescita solo se, nei prossimi anni, riusciremo a essere coerenti e convinti che gli investimenti in questo settore devono diventare produttivi. Questo provvedimento di legge ha questi obiettivi e parte affrontando tre argomenti fondamentali che non sono di secondaria importanza e che, a nostro avviso, rappresentano la strada maestra per garantire la sopravvivenza di una prospettiva di sviluppo del settore agricolo e zootecnico sardo.
Ho diviso questi tre settori partendo dal cuore, il cuore è il "Capo I", quando parliamo della valutazione delle agrobiodiversità. Non a caso siamo voluti partire in Commissione parlando delle agrobiodiversità, perché noi vogliamo valorizzare e tutelare il patrimonio di biodiversità di una Sardegna che è ricca e che è interessata da multinazionali che vorrebbero utilizzarle per riprodurle. Con questo provvedimento di legge, la Regione si dota (per la prima volta ed è una delle poche Regioni d'Italia) di uno strumento legislativo importante che riconosce la biodiversità come patrimonio fondamentale della regione per la tutela, la salvaguardia e la valorizzazione delle nostre risorse genetiche e vegetali. Questo accade dopo tredici anni dal Trattato internazionale di Roma per la difesa delle risorse genetiche e vegetali e per l'alimentazione. Credo che sia una scelta positiva che qualifica la Regione, che qualifica questo Consiglio regionale, non è da poco conto se partiamo proprio da una difesa del nostro patrimonio di agrobiodiversità che non deve essere disperso ma utilizzato per i sardi e non con obiettivi diversi.
Il secondo punto, "istituzione e gestione del marchio collettivo", rappresenta la testa ed è l'elemento su cui ci siamo più confrontati in Commissione e, da diverse posizioni politiche, anche con le varie associazioni di categoria. Devo dire che la certificazione di qualità del marchio, attraverso l'istituzione, appare oggi come uno degli strumenti fondamentali e necessari per il nostro sistema agroalimentare, perché il marchio "Sardegna" deve costituire, per la grande parte dei consumatori italiani e stranieri soprattutto una garanzia non soltanto di bontà e di genuinità ma anche etica, di come realizziamo i nostri prodotti. Devo dire che questa garanzia etica, in un mondo globalizzato, è il valore aggiunto per i nostri prodotti, perché noi non possiamo competere sulle grandi quantità, dobbiamo competere sulla qualità, sulla filiera della qualità, e questa deve essere garantita anche da una eticità delle produzioni. Un certo tipo di mercato, a cui ci vogliamo rivolgere, guarda sempre con maggior attenzione a questa eticità soprattutto negli alimenti; per cui, anche nel sistema dell'etichettatura, etichettatura etica, la stessa filiera di produzione non riguarda soltanto la sicurezza delle condizioni di lavoro (non ci dobbiamo mai dimenticare che, nelle campagne, ci sono persone che lavorano e a cui dobbiamo garantire condizioni di lavoro in sicurezza adeguata), ma anche il benessere animale, cosiddetto, intendendo con ciò quello che facciamo per i nostri animali.
Soprattutto per quanto riguarda il benessere animale, la Sardegna gioca la sua carta migliore. Considerato tutto il lavoro fatto in questi anni, è abbastanza assurdo ad esempio valutare il numero dei consumatori che, in Sardegna, sanno che il latte prodotto proviene da animali che seguono i protocolli previsti dall'Unione Europea? Quanta operazione di marketing si è fatta su questo? Credo che noi investiamo sui nostri animali che seguono questi protocolli, che producono un latte, spendendo milioni di euro, così abbiamo un marchio a costo zero che dovrebbe essere soltanto inserito nell'etichetta. Devo dire che, se i consumatori sapessero che quel latte viene prodotto da animali che hanno seguito i percorsi stabiliti da quei protocolli, ci sarebbe un ritorno economico straordinario. Eppure noi non diciamo una parola! Ci fermiamo a dare i soldi ai nostri allevatori, dopodiché non ci interessa nient'altro come istituzione. Credo che anche questo tipo di marketing, che vogliamo fare attraverso la promozione del marchio, sia strategico, altrimenti investiamo risorse senza avere un ritorno.
Devo dire che il marchio collettivo, che garantisce la qualità, valorizza il rapporto col territorio, perché questo è l'altro elemento di distensione fondamentale, non soltanto la produzione di latte, di formaggio, di carni, ma anche il legame con un territorio come la Sardegna, è un elemento che crea condizioni diverse. Però, tutto questo è necessario introdurlo in un ragionamento di tracciabilità dei processi ma che deve essere anche trasparente. Noi ci stiamo rendendo conto, in questi ultimi anni, quanto la questione della tracciabilità dei processi e della trasparenza di questa tracciabilità sia condizionata dalle frodi alimentari. Non sempre ci sono i controlli adatti per impedire che non ci sia la garanzia del "territorio-prodotto-consumatore"; spesso e volentieri chi, attraverso le frodi alimentari, vuole lucrare, è più abile e capace di chi deve fare i controlli.
Il punto dolente del marchio di qualità, sul quale ci siamo confrontati in Commissione, è l'utilizzo delle materie prime per i prodotti che hanno origine dai processi di trasformazione. È chiaro, abbiamo scritto in legge, che ci saranno disciplinari che verranno redatti con l'ausilio dell'apposito comitato tecnico, ma c'è anche un punto politico importantissimo cioè il rapporto con il mondo della produzione. Dico subito con chiarezza che questo non deve essere un alibi, se è vero, com'è vero, che, quando si parla di prodotto Sardegna o prodotto in Sardegna, dobbiamo includere anche la tradizione, cioè la manualità; questo almeno è quanto io ritengo. La nostra capacità di produrre è sicuramente un qualcosa che è legato all'identità delle produzioni in Sardegna, come la manualità, anche l'aria e l'acqua, però non vorrei che diventasse un alibi, per cui, dicendo che non ci sono più patate, non ci sono più mandorle, non c'è più olio, non c'è più produzione di farina, non ci sia quella che io ritengo necessaria a un rapporto…
PRESIDENTE. Onorevole Comandini, il tempo a sua disposizione è terminato.
È iscritto a parlare il consigliere Giuseppe Fasolino. Ne ha facoltà.
FASOLINO GIUSEPPE (FI). Presidente, come è stato già detto dai colleghi che mi hanno preceduto, adesso in particolare mi viene in mente l'onorevole Comandini, questa è una grande opportunità perché l'agricoltura come il turismo sono le due vere grandi industrie che la Sardegna potrebbe e dovrebbe avere e sulle quali bisogna investire. È per questo che considero questa legge un'opportunità in questo momento. Ma questa legge è incompleta anche se ha dei punti di forza, la mission del programma è sicuramente encomiabile al fine di poter rilanciare il sistema produttivo agricolo primario; le filiere occupazionali di una simile azione le troviamo anche nelle percentuali, consideriamo che abbiamo 46 mila unità impiegate nel nostro sistema agro-zootecnico per produrre appena il 20 per cento del nostro fabbisogno alimentare.
La creazione di un marchio collettivo identitario, volto alla certificazione delle produzioni sarde di qualità, rappresentativo nell'ambito del patrimonio enogastronomico della Sardegna, costituisce sicuramente uno strumento promo-comunicazionale indispensabile per poter sostenere un'articolata azione di marketing territoriale e salvaguardare i cicli produttivi tradizionali della biodiversità. Però ci sono ancora dei punti di criticità; come per altri provvedimenti realizzati in passato su tale materia dagli organi istituzionali (Regione, GAL, Camera di Commercio, Università), si parte dalla pianificazione di processi di aggregazione territoriale, che nascono intorno a marchi di tutela, ma manca un piano strategico, azioni di trade marketing, che anche questa proposta di legge non delinea, capace di sostenere nel medio-lungo periodo il programma in termini di efficacia e reale raggiungimento di obiettivi in materia di sviluppo agro-zootecnico o produttivo in generale e occupazionale.
A tal proposito ricordiamo che i singoli GAL e gli attuali distretti rurali, fruitori di ingenti fondi europei per lo sviluppo delle economie rurali e la riduzione dei processi di spopolamento delle aree interne, hanno già realizzato singolarmente marchi collettivi di tutela, con i fondi dell'ultimo PSR 2007-2013, con disciplinare di produzione e certificazione che un sistema produttivo, composto da micro imprese sfiancate dalla crisi, incapaci di interagire con il mercato, non riesce a seguire. La stessa Regione Sarda, con la precedente Giunta, ha varato un marchio di qualità, qualità sarda, che giace inattivo, in questo momento bisognerebbe riempirlo di contenuti e di un effettivo programma di certificazione delle filiere, ma che in primis soffre di un'assenza di un programma di sviluppo del brand territoriale. In sintesi, bisogna creare, oltre all'offerta del sistema produttivo certificato, una domanda delle produzioni di filiera che, essendo inevitabilmente più care rispetto ai prezzi medi di mercato, necessitano di spazi di visibilità e promozionali e di accordi con il sistema distributivo per poter efficacemente raccontare i contenuti valoriali delle produzioni e generare una domanda per i consumatori.
I marchi di qualità territoriale esistenti (DOP, DOC, IGP, eccetera), come è noto, contengono dei contenuti valoriali sostenibili dai mercati extra regionali perché identificativi del territorio, ma deboli in termini di struttura emozionale nel mercato interno. I marchi di certificazione vengono vissuti dai produttori come un semplice onere produttivo, privo di valore aggiunto, perché non producono maggiori flussi in termini di domanda e vengono percepiti debolmente dal consumatore locale. Si valuti, a tal proposito, la bassissima penetrazione distributiva, in ambito regionale, del carciofo spinoso DOP rispetto al medesimo prodotto non certificato. Stessa sorte per l'agnello IGP e il pecorino sardo DOP. Quindi la domanda è: qual è il piano strategico, quali mercati e consumatori si intende raggiungere? Quali contenuti valoriali e da trasferire a target di riferimento? Nel provvedimento di legge non se ne fa alcun cenno.
Il 64-71 per cento (quota variabile trimestralmente in funzione della stagionalità dei singoli mercati merceologici) delle derrate alimentari viene immesso nel mercato attraverso il canale della grande distribuzione, la quale, in Sardegna, è controllata per il 64 per cento da catene nazionali ed extra nazionali (poco attente alla tutela del patrimonio agro zootecnico regionale) in virtù di accordi e target distributivi contrattualizzati con le grandi multinazionali alimentari. È un canale che va orientato per poter sostenere la distribuzione delle produzioni di filiera attraverso strategie di marketing istituzionali, ad esempio lo sviluppo di un calendario promozionale agro zootecnico delle filiere certificate e la sottoscrizione di accordi promozionali e di collaborazione.
La risorsa finanziaria citata nella legge (560 mila euro all'anno) è assolutamente inadeguata per sostenere un progetto di simile importanza: come intendono utilizzarla? Si capisce che c'è un'idea di scopo ma manca una strategia. Si renderebbe necessaria la canalizzazione di più risorse di diversa provenienza verso un unico grande progetto che è il progetto dell'agricoltura per il rilancio del sistema produttivo agroalimentare e l'occupazione giovanile. Ad esempio i fondi europei: pensiamo che, nel presente PSR 2007-2013, dei 169 milioni di euro (fondi europei) messi a disposizione dei GAL Sardegna per i programmi Leader dei nostri distretti rurali, 5 milioni sono stati gestiti con regia regionale. Quindi devono essere gestiti anche per i prossimi anni nel nuovo piano finanziario inerente ai fondi europei, la regia regionale si potrebbe orientare verso un grande progetto di promozione e sviluppo delle biodiversità.
O ancora: i fondi dell'Assessorato delle politiche sociali, orientamento del fondo regionale per il sostegno degli indigenti, 30 milioni annui divisi tra i 367 comuni della Sardegna, da orientare in quota verso voucher alimentari per il nucleo familiare spendibili a fronte di un acquisto di un paniere di prodotti alimentari sardi. O ancora l'Assessorato del lavoro: voucher per la formazione giovanile nelle imprese aderenti al programma di rete a sostegno delle produzioni di filiera; o anche l'Assessorato del commercio e turismo, con promozioni e progetti di promozione del nostro territorio anche sull'agroalimentare.
In sintesi, il provvedimento di legge ha degli obiettivi indiscutibilmente interessanti ma non raggiungibili senza un chiaro programma strategico. Senza l'apertura dei canali commerciali, disposti all'acquisto delle filiere prodotte contraddistinte dal brand di qualità regionale, non si riuscirà a coinvolgere il sistema produttivo e a sostenere l'intero programma.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il consigliere Luca Pizzuto. Ne ha facoltà.
PIZZUTO LUCA (SEL). Presidente, credo che la presentazione di questa legge, il lavoro fatto in Commissione e l'unanimità ottenuta siano al momento molto importanti come segnale che noi diamo all'esterno di questo Palazzo per i contenuti che la legge ha.
Questa legge dice almeno tre cose molto importanti. La prima è che la Regione Sardegna vuole difendere, valorizzare e incentivare l'agro biodiversità sarda tutelandone il patrimonio genetico e mettendo nelle condizioni la Regione di difenderlo e di diffonderlo. Come dire? Questo è un atto forte e importante in una fase storica in cui, come abbiamo visto qualche giorno fa, multinazionali (il cui scopo è il mero lucro) arrivano in territori sguarniti dei giusti strumenti legali e rubano semenze, tipicità, per venderle e per guadagnarne profitto modificando geneticamente anche l'identità che quei semi portano al loro interno. Da un punto di vista anche religioso non riesco a immaginare quale blasfemia peggiore ci sia che modificare, in ottica così profonda e per fini di mercato, le semenze e le tipicità che nei territori esistono.
Sono importanti anche gli altri aspetti della legge, quello del marchio e quello dei distretti rurali; cioè si cerca finalmente di arrivare a un'ottica di tutela del consumatore, di tutela della tipicità del prodotto sardo e si mette nelle condizioni anche il produttore, il piccolo produttore, di avere strumenti per crescere, per caratterizzarsi e qualificarsi meglio all'interno del mercato globale e del mercato nazionale.
Nei distretti viene data poi finalmente la possibilità di coordinarsi e organizzarsi per fare in modo che ci siano le opportunità di fare rete, questo è un punto non trascurabile, siamo di fronte a un modello globale ferocemente competitivo dove sopravvive chi è più forte, dove sopravvive chi ha più mezzi. In questa legge prevediamo un'ottica completamente diversa a questo approccio. Stiamo dicendo alle nostre comunità di produttori, di agricoltori e di piccoli imprenditori: "Aggregatevi, fate cooperazione, fate rete, caratterizzatevi da questo punto di vista".
La legge quindi per noi, come Sinistra Ecologia e Libertà, porta con sé aspetti assolutamente positivi e importanti che finalmente dotano la Regione di strumenti per difendersi e per trasformare la tipicità, la varietà sarda, la specificità delle semenze sarde in un punto importante di sviluppo per la crescita di tutta la comunità della nostra Regione.
Mi viene in mente, è forse il primo che in Europa ha iniziato la lotta contro le multinazionali del cibo, un agricoltore francese con i baffoni e la pipa che si chiama Bové che, in altri anni, ha iniziato la sua lotta contro gli OGM e contro le speculazioni sul tema alimentare. Credo che questa legge stia in quel solco, nel solco di una identità europea alternativa a un sistema di mercato feroce e che vuole dare la possibilità alle nostre comunità di svilupparsi sulle proprie caratteristiche e specificità.
Questa legge dice che possiamo andare avanti in modo più lento, più profondo e più dolce ripartendo da noi, dalle nostre specificità, da ciò che noi sappiamo fare nei territori e, per citare Bové, dice anche, al mondo che ci sta intorno e a chi vuole speculare su tutto ciò che abbiamo e che vuole rubarci le nostre identità e le nostre specificità, che il mondo e la nostra Regione non sono in vendita e che neanche noi lo siamo.
Quindi l'approvazione di questa legge è un atto di sovranità, è un atto di autodeterminazione molto forte, molto importante, che deve assolutamente renderci orgogliosi, che deve metterci nelle condizioni di rilanciare il sistema agricolo e produttivo sardo e soprattutto metterci nelle condizioni di creare un modello di cooperazione e di sviluppo che tenga conto di tutti passaggi e di tutti i soggetti che fanno parte della filiera, dall'agricoltore anzi, di più, dal seme al consumatore.
Noi siamo chiaramente felici di poter discutere e dare il nostro contributo alla legge e ci adopereremo affinché in questa discussione si possa arrivare in modo veloce e rapido a un'approvazione, la più unanime possibile, che ci metta nelle condizioni finalmente di compiere un atto importante rivolto alle nostre comunità, ai nostri imprenditori, alle nostre associazioni e a tutte quelle persone che si occupano di tipicità, di biodiversità e inoltre di difendere, tutelare e far crescere la nostra specificità sarda.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il consigliere Luigi Crisponi. Ne ha facoltà.
CRISPONI LUIGI (Riformatori Sardi). Presidente, sono testimone di un buon lavoro fatto in seno alla quinta Commissione, un lavoro fluido, importante, un lavoro soprattutto di ascolto, non solo di valutazione degli elementi che sono stati riportati all'interno dell'articolato legislativo. È stato un buon lavoro che naturalmente fa valere ancora una volta di più, se mai ve ne fosse bisogno, l'importanza di questo autentico pilastro della nostra economia agricola. Territorialità, ruralità, attività di impresa, c'è dentro un po' di tutto; ed è evidente che stiamo parlando ancora una volta di uno dei talenti inespressi della nostra terra. Un bravissimo, prestigioso giocatore che però purtroppo, ahinoi, ancora una volta è costretto a calcare i campi delle basse categorie. Succede perché i valori economici del comparto agricoltura, così come quelli di altri importanti pilastri economici regionali, purtroppo latitano per poter assurgere a quel valore che certamente questi meritano. Mi pare di poter immaginare una sorta di vena aurifera, alla stregua quasi dello stesso comparto turistico, che va ancora scavata, ha bisogno di fini intagliatori, bisogna tirar fuori le gemme e le pietre preziose che ancora questo raccoglie, ma, ahimè, deve fare sempre i conti con la realtà dei fatti.
Immaginate che, ancora oggi, in modo praticamente arcaico, la raccolta del latte continua, nella maggior parte dei casi, soprattutto nei piccoli centri, nelle piccole comunità, ai margini delle strade, quindi interrompendo una filiera produttiva che, di per sé, è di valore, perché le nostre produzioni naturalmente beneficiano dei valori della nostra qualità ambientale, della nostra terra, del nostro sole, della nostra aria pulita.
Eppure, tutto questo non basta. In questa legge, pensate un pochino ai valori economici che essa potrebbe mettere in campo, di fatto si parla ancora una volta di organizzazione territoriale, quindi c'è un fortissimo ritardo. E non va certamente dimenticato che una proposta di questa stessa norma arriva proprio dal basso, come sempre auspicato da quest'Aula, dalla nostra presenza diretta sul territorio, ovvero da un'iniziativa di legge di carattere popolare, quindi un PLIP che è all'interno di questo testo importante; però, a mio giudizio, che cosa può valere nell'insieme delle problematiche e delle criticità dello stesso comparto agricolo? Forse varrà un 5 per cento, un 10 per cento, stiamo parlando delle briciole del valore del comparto dell'agricoltura nell'insieme dei valori economici che esso può ancora sprigionare. Dobbiamo pertanto fare molta attenzione a ciò che andremo a votare, a valutare dove c'è, immagino, un consenso diffuso, trasversale, inevitabilmente non potrà che essere così; dovremo ulteriormente riflettere, con interventi successivi, su alcuni appunti relativi ai comparti. Immaginate che uno dei tasselli mancanti a questo complicatissimo mosaico è quello dell'interazione con le altre filiere produttive; cito, non a caso, il comparto del turismo, oltre 10 milioni di presenze. Noi ostinatamente siamo alla ricerca di mercati extra Sardegna, quando poi alla fine il tesoro l'abbiamo in casa nostra. In definitiva, siamo seduti su una cassaforte e siamo alla ricerca delle chiavi per poterla aprire o quantomeno disponiamo di una delle chiavi, ma non è certamente il passe-partout dell'economia sulle economie.
Quindi è chiaro che dovremo fare ancora dei passaggi coraggiosi, delle valutazioni ancora più profonde. Uno degli elementi su cui invito l'Aula a prestare grandissima attenzione è proprio quello dell'aspetto dei marchi di qualità. È un aspetto davvero delicato, non perché venga a mancare l'interesse dell'Aula, dei singoli consiglieri o del voto unanime, che potrà dare il via a questa legge, ma semplicemente perché c'è tutta una serie di problematiche di carattere giuridico che intervengono a gamba tesa su un tema così delicato. Quello dei marchi di qualità è un tema che non ha naturalmente valore esclusivamente regionale e non è, per assurdo, nemmeno un problema nazionale, è un problema europeo. Dobbiamo fare grandissima attenzione a ciò che è stato detto nei passaggi precedenti perché non possiamo certamente escludere, in una filiera organizzata, ciò che ci viene portato in casa nostra dagli Stati membri e qui sorgono i grandissimi e gravi problemi sui quali si è spesso dibattuto anche con le stesse organizzazioni di categoria. Cioè un tema mica da poco!
Io sono propenso a immaginare che tutto vada preservato così come è oggi e vada soprattutto protetto, quando dietro una semplice etichetta ci si dimentica che invece potrebbero esserci fior di imprese, fior di attività, che orgogliosamente da decine e decine di anni danno lavoro sul nostro territorio, materia che davvero manca nella nostra terra, e sulle quali invece dovremo fare grandissima attenzione proprio perché vengano protette. Però dobbiamo fare anche una distinzione, sulla quale si è cercato di intervenire e di operare. È vero che mangiare sardo significa tutto, ma c'è anche, se andate bene a vedere, tutta una serie di interventi a carattere promozionale, pubblicitario, in corso proprio in questi momenti, che adoperano delle frasi e delle voci che potrebbero instillare l'idea che stiamo davvero utilizzando un prodotto di Sardegna; invece, il solo richiamo della parola "Sardegna" non significa automaticamente che quello sia un prodotto al 100 per cento sardo.
Quindi quel sistema che dovremo adoperare con la concessione di un marchio di qualità diventa un marchio di garanzia, deve essere soprattutto un marchio di garanzia a tutela del consumatore che è liberissimo di scegliere. Vada ovunque voglia andare per fare i propri acquisti, ma deve essere messo in condizione di operare egli stesso la propria scelta. Il consumatore deve essere l'obiettivo, il passaggio successivo delle esigenze della norma, dobbiamo proteggere innanzitutto la qualità, la salubrità, il valore delle nostre buone produzioni, la filiera produttiva, per come essa si sviluppa e soprattutto da dove arriva il prodotto primario.
Poi, naturalmente, dobbiamo essere capaci di tutelare il mercato. Se non dovessimo fare questo, avremmo fatto un'attività praticamente con un circuito chiuso che non è assolutamente virtuoso. Cito l'esempio del comparto delle biodiversità, è un tema davvero importante, è stato sollevato, è davvero attuale, quindi la legge si dimostra attuale anche per i recenti avvenimenti che hanno riguardato il valore e la qualità delle nostre proprietà e il carattere di biodiversità. Però dovremmo fare molta attenzione se dietro tutta questa attività di protezione poi non c'è un minimo di economia. Dobbiamo immaginare che, dietro un'attività preziosa legislativa a carattere di protezione, non possa mancare l'aspetto che porta a fine mese il pane, lo stipendio, la possibilità di trovare lavoro e di trovare il riscatto socio-economico per i nostri giovani, le nostre popolazioni. Quindi dobbiamo trovare un percorso che possa avvicinarci in un binario quasi concordato e dove non sfugga nulla che possa poi tramutarsi in valore aggiunto sulla nostra terra.
Proprio in un ambito che è stato richiamato dalla collega Forma, sulle sanzioni, certo, c'è da fare una riflessione. Abbiamo inteso, in sede di Commissione, elevare la quantità delle sanzioni che potrebbero venire erogate a chi sbaglia. Perché abbiamo adottato questo sistema? Semplicemente, abbiamo mutuato un'attività che esiste già nel comparto del commercio dove, a fronte di un divieto che veniva imposto ai grandi centri commerciali per l'apertura della domenica, erano molto più propensi ad aprire e a pagare una sanzione blanda producendo così, rispetto alla chiusura, certamente molte più opportunità in termini di ricavo rispetto alla stessa sanzione. In alcuni casi, la sanzione valeva l'1 o il 2 per cento di quello che era l'incasso per la sola giornata domenicale. Ecco perché si è inteso aumentare particolarmente le sanzioni che vengono erogate e distribuite, perché non va escluso che, nell'ambito della filiera produttiva organizzata e poi quella commerciale, ci si possa trovare di fronte a un soggetto potente, poderoso, che potrebbe tranquillamente infischiarsene.
Per concludere, credo che questa sia una buona occasione, un punto non di caduta, non di svolta, ma quantomeno un punto di partenza per restituire riordino a un comparto per noi essenziale e poderoso e per poter restituire vivacità alla nostra povera economia regionale.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il consigliere Pier Mario Manca. Ne ha facoltà.
MANCA PIER MARIO (Soberania e Indipendentzia). Presidente, andiamo a discutere di una legge che è passata all'unanimità in Commissione, una legge che inizialmente era anche più complicata e che si è ridotta poi a tre titoli. Di sicuro questa legge non risolve tutti i problemi dell'agricoltura, però una cosa è certa, fino a oggi abbiamo parlato sempre di soldi da dare all'agricoltura per risarcire danni e per ripianare debiti, per la prima volta stiamo portando qua, almeno in questa legislatura, mi permetto di dire, una legge che parte invece dall'analisi del presente e dalla creazione delle condizioni per poter realizzare un'agricoltura competitiva per il futuro. Di certo questa legge non può risolvere tutti i problemi dell'agricoltura, è solamente un primo tassello.
Abbiamo tre titoli. Il primo titolo di questa legge è "Agrobiodiversità". Tendo sempre a sottolineare che, quando parliamo di agrobiodiversità, ci riferiamo alla biodiversità delle piante agrarie, di quelle coltivate. Mi rivolgo a quest'Aula per chiedere: "Perché tutta questa urgenza per salvaguardare l'agrobiodiversità? Perché vogliamo costituire il famoso "agricoltore custode"? Perché vogliamo salvaguardare queste piante che ormai quasi nessuno coltiva, le nostre piccole mele, eccetera? C'è una ragione ed è chiara, possiamo partire da un concetto generale. È vero, abbiamo aumentato le produzioni a livello mondiale, abbiamo migliorato le produzioni, ma per fare questo abbiamo anche creato enormi danni alla natura, abbiamo intensificato in modo massiccio l'utilizzo di fertilizzanti e di pesticidi; questa non può essere la strada per il futuro, la strada per il futuro può essere quella di recuperare tutte quelle piante che si erano adattate nei secoli ai nostri climi, al nostro ambiente, al nostro territorio.
Fare questo che cosa significa? Significa che, in futuro, grazie alle biotecnologie, se noi riusciamo a salvaguardare tutta questa diversità, sicuramente riusciamo a mantenere standard elevati di produzione, come vogliono anche gli Stati più progrediti, con l'utilizzo minimo, o quasi assente, di pesticidi, fitofarmaci o comunque di grandi quantità di prodotti di sintesi. Quindi, ben venga questa legge sulla agrobiodiversità, che è un punto di partenza, è un punto di partenza non solamente a livello edonistico, che ha anche la sua importanza di salvaguardia del paesaggio, ma continua a sostenere il futuro, perché la chiave di volta per produrre è la ricerca di tutte quelle proteine di sintesi che queste piante hanno inglobato nel loro genoma, che ci permetteranno di non utilizzare in futuro prodotti di sintesi. Se questo è importante, devo dire che abbiamo fatto di tutto anche per semplificarlo, per fare in modo che ci siano processi snelli, e in questo caso devo dire che c'è stato anche un grande contributo da parte di tutti i membri della Commissione.
Il secondo aspetto, invece, il secondo titolo, tendo a passare già al secondo punto, riguarda il marchio collettivo. Con Crisponi abbiamo avuto delle grosse discussioni anche in Commissione e credo che la chiave di volta sia proprio in questo: "Voglio salvaguardare le produzioni delle nostre aziende e contemporaneamente voglio salvaguardare il consumatore che deve sapere che cosa sta mangiando". Questo è il segreto. Nel contempo sicuramente bisogna unire tutte le filiere che si possono accavallare, come quella del turismo, per rilanciare tutti gli aspetti delle produzioni primarie.
Con lo strumento del "marchio collettivo", per la prima volta, secondo me, in Sardegna, stiamo tentando di superare un gap di vent'anni; per vent'anni tutti sono venuti, hanno prodotto, ognuno nei modi che riteneva preferibili, sempre proponendo l'immagine (che è quell'immagine che Crisponi sa bene fa colpo ovunque ci conoscano) di un ambiente incontaminato, un ambiente della Sardegna incontaminato. Adesso vogliamo recuperare questo divario di vent'anni e dare delle sicurezze non solo sulla produzione, ma anche al consumatore. Tenete conto che quando parliamo di marchio di qualità, per la prima volta, diciamo che la Sardegna può dare un marchio a tutto ciò che è prodotto secondo determinate caratteristiche codificate.
Questa è la cosa importante da capire, secondo me, perché difficilmente riusciamo poi a integrare tutto lo scibile per quanto riguarda questa materia; di fatto, nel momento in cui ci sono dei disciplinari di produzione e chi produce deve seguirli, noi stiamo salvaguardando le produzioni secondo una tradizione, secondo un modo di coltivare, di trasformare e, allo stesso tempo, stiamo tutelando il consumatore. E' logico che, dopo aver prodotto per vent'anni in modo indiscriminato, senza garanzie per il consumatore, e avendo commesso una serie di errori anche di programmazione nel settore delle materie prime (mi riferisco per esempio alle mandorle o alle noci), sicuramente abbiamo difficoltà a garantire col marchio collettivo produzioni che, dalla A alla Z, siano esclusivamente riconosciute come prodotto sardo.
Con questa legge, tuteliamo sicuramente il consumatore perché il marchio viene dato a seguito di un disciplinare; allo stesso tempo, le aziende che, in questo momento, riescono a produrre i prodotti tradizionali, quale il torrone o i dolci tipici, avendo tutti i prodotti dalla A alla Z, si possono marchiare anche del bollino "prodotto sardo". Apparentemente questa potrebbe sembrare un'operazione inizialmente difficile, non credo che lo sia, l'importante è far rientrare, all'interno di questo marchio, tutte le produzioni del settore primario. La difficoltà vera che potrebbe nascere è rappresentata dalla mancata integrazione di tutte le produzioni primarie, quindi del settore agricolo, con tutte le trasformazioni, all'interno di questo marchio. Abbiamo dibattuto il tema di questo marchio con tutte le organizzazioni, arrivando a una soluzione condivisa anche con l'Assessorato; credo che, in linea generale, questa legge potrebbe essere, sì, perfettibile, però è il punto di partenza per andare avanti, mi riferisco anche alle discussioni che ci sono state in Commissione. Una cosa è certa, non possiamo, di punto in bianco, far finta che vent'anni di mancata programmazione non esistano; questa legge non è la soluzione ottimale (voglio ricordare che, secondo me, l'ottimo è sempre nemico del buono), ma è una buona soluzione per ripartire, per tutelare le nostre produzioni oltre che tutelare il consumatore e dare risposte alle sue richieste.
Il terzo titolo di questa legge è sui distretti. Anche in questo caso è una battaglia che vogliamo iniziare, si potrebbe dire che i distretti sono una concezione vecchia, ma credo che il problema non sia su concezione "vecchia" o "nuova", ma capire dove vogliamo andare e qual è il ruolo della programmazione che ci stiamo dando. Al di là del fatto che il concetto di distretto (e la sua applicazione) negli anni sia stato in alcuni casi lacunoso, quello che ci interessa, anche in questo caso, è creare un discorso nuovo per portare le produzioni primarie e tutelare dei territori portandoli a pieno titolo sui mercati nazionali e internazionali. Quindi parlando di distretti, secondo me, non stiamo tutelando solo a livello di filiera, ma a livello di territorio, potendo identificare il territorio con le zone vocate per il vino, quelle vocate per la produzione olivicola o dove attualmente è concentrata la maggiore quantità di industrie casearie. Quando parlo di distretti, mi viene in mente che tutta la nostra futura programmazione, quindi tutto il nuovo PSR, con l'Assessorato e l'Assessore, deve essere indirizzata in quella direzione. E' logico che non possiamo avere più finanziamenti per cento caseifici o per il piccolo orto familiare che si produce quattro olive, ma andiamo a ragionare per distretti.
Quindi, secondo me, ben venga questa legge, ben venga una discussione, io rimango sempre dell'opinione, e lo ripeto, che la legge è un ottimo punto di partenza, è perfettibile, e da qui si parte per andare avanti.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il consigliere Paolo Truzzu. Ne ha facoltà.
TRUZZU PAOLO (Sardegna). Presidente, anche io mi associo ai complimenti rivolti da diversi colleghi ai componenti della Commissione che hanno fatto un lavoro sicuramente importante, perché portare una legge di questa portata, scusate il gioco di parole, in Consiglio regionale dopo soli quattro mesi, è sicuramente testimonianza che, quando c'è la voglia di lavorare, e collaborare anche, tra maggioranza e opposizione, si possono raggiungere sicuramente risultati importanti per un settore fondamentale, sia dal punto di vista economico che sociale, nella nostra Terra, che è quello dell'agricoltura.
Ringrazio anche i colleghi che sono intervenuti perché hanno affrontato il problema sotto quasi tutte le sfaccettature, il problema ovviamente della tutela e valorizzazione del comparto agricolo e agrozootecnico in Sardegna. Alcuni interventi ci hanno permesso anche di evidenziare che probabilmente oggi c'è la necessità di un cambio culturale, nel senso che le nostre generazioni per tanto tempo sono state abituate, sono state convinte che bisognasse allontanarsi dalla terra, che il modello di sviluppo tracciato per la Sardegna era quello della grande industria, che quindi i giovani dovevano abbandonare le terre che i nonni e i padri avevano coltivato e dovevano trovare lavoro in altri settori. Oggi, come ha detto anche l'onorevole Comandini, davanti al disastro che riguarda alcuni sistemi produttivi regionali, in particolare l'industria, assistiamo sicuramente a un ritorno alla terra, a un ritorno che c'è non solo in Sardegna, ma anche a livello mondiale.
Nonostante questo, l'agricoltura sarda ha ancora un valore, come ha detto gran parte di voi, molto basso perché copre solo il 4 per cento del PIL, quindi i prodotti agricoli che arrivano sulle nostre tavole e sulle tavole di tanti italiani sicuramente potrebbero essere molti di più. Forse questa legge, che sta incominciando a tutelare per la prima volta l'agrobiodiversità della Sardegna, a creare un sistema di tutela dei marchi e dei prodotti locali e i distretti rurali, riuscirà in qualche modo a colmare questo gap o comunque a stabilire un primo punto di partenza per fare in modo che si possa veramente preservare e valorizzare tutto il patrimonio agro-zootecnico sardo e creare intorno a esso un nuovo modello di sviluppo economico e anche una forma di tutela e presidio del territorio, di cui oggi noi abbiamo bisogno, e che possa anche generare la possibilità di creare ricchezza e nuove opportunità economiche, che non siano però sempre concentrate nelle mani di alcuni, soprattutto delle grandi industrie (come diceva anche qualche collega, per esempio il collega Pizzuto) o delle grandi multinazionali, ma che ci sia anche una riscoperta e una possibilità di creare una ricchezza diffusa nel territorio oltre che una riscoperta di quei ritmi lenti che appartengono alla nostra tradizione culturale.
È chiaro ovviamente che ci sono in gioco anche importanti battaglie economiche e considerevoli risorse, come ha messo in evidenza ieri l'onorevole Fenu. Ci sono le battaglie tra i grandi potentati economici e tra i produttori locali; forse noi dovremmo cercare di valorizzare al meglio i prodotti locali e far sì che tutti questi prodotti possano arrivare sulle tavole, non solo dei sardi, ma dei consumatori italiani e sulle tavole anche dei nuovi mercati. Molto spesso ci dimentichiamo che, a soli due giorni di navigazione, abbiamo un mercato di 200 milioni di persone, che è quello del Mediterraneo, quindi dell'Africa mediterranea, che potrebbe fornire grandi risposte economiche a questa terra devastata.
Dobbiamo anche tutelare, come ha detto qualcuno, la sensibilità del consumatore. E come la possiamo tutelare? La possiamo tutelare creando un sistema che gli permetta di scegliere e di avere piena consapevolezza di quello che sta comprando e che sta mangiando; se parliamo di sovranità, la sovranità è anche quella alimentare, quindi ognuno di noi deve avere la capacità di capire esattamente che cosa sta mangiando, e c'è sicuramente una forte sensibilità per apprezzare i prodotti di nicchia, di qualità, della nostra terra. Però bisogna fare anche in modo (questo forse la legge non lo consente) che questi prodotti possano entrare al meglio nella media e grande distribuzione, perché altrimenti andremo sempre a parlare di quote piccole di mercato e di risorse molto scarse.
A fronte di tutti questi elementi, di tutte queste figure e questioni che la legge affronta, ricordo anche la questione dell'agricoltore custode. A questo punto, consentitemi di aprire una parentesi. Spero che, a questo proposito, la legge intenda il senso di agricoltore nella maniera più ampia possibile; provengo da una generazione di pastori, quindi vorrei che, quando si parla di agricoltore custode, si intenda in senso lato e si possa intendere anche il pastore custode perché, in molti dei nostri territori, chi garantisce la vera tutela e la conservazione del territorio effettivamente è il pastore.
Riprendendo il filo del discorso, inviterei tutti, su questa legge, che tocca tanti punti importanti e che ha un valore fondamentale per la Sardegna, a un attimo di riflessione. A fronte delle cose che oggi sono state dette, a fronte del valore che comunque l'agricoltura ha nel nostro territorio, non vorrei che il risultato prodotto da questa legge, soprattutto dal punto di vista della tutela del marchio e del prodotto sardo, sia poi contrario all'obiettivo che ci stiamo dando, ovvero che una volta approvata e resa esecutiva si corra concretamente il rischio che quei prodotti e quei marchi, che noi oggi vogliamo tutelare, non siano tutelati, oppure che sortisca addirittura l'effetto contrario ritrovandoci, alla fine del percorso che abbiamo fatto in Aula e alla fine della approvazione della legge, in una condizione per cui i produttori locali siano svantaggiati.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il consigliere Modesto Fenu. Ne ha facoltà.
FENU MODESTO (Sardegna). Presidente, onorevoli colleghi, onorevoli Assessori, non per vanità, ma semplicemente per fare al meglio il mio e il nostro dovere nel perseguire l'obiettivo di fare il bene dei sardi, capisco l'ora, ma vi chiedo un po' di attenzione.
Sgombriamo il campo da ogni possibile equivoco. Nella mia relazione, presentata ieri, sia nella prima frase che nell'ultima frase, chiedo la possibilità di migliorare questo provvedimento di legge. Abbiamo detto fin dall'inizio, penso che su questo siamo tutti d'accordo, che non possiamo etichettare una proposta che riguarda l'intera Sardegna, l'intero mondo rurale, così importante, come qualcosa che possa essere ascrivibile alla destra o alla sinistra, riguarda tutti e, nel merito e nella concretezza degli effetti che produce, dobbiamo confrontarci. È chiaro che, comunque sia, rispetto al quadro normativo che avevamo precedentemente a questo testo unificato, c'è un consistente miglioramento dovuto all'impegno di tutti, maggioranza e opposizione, compresa una proposta di legge di iniziativa popolare. È chiaro che, quando si esita dalla Commissione una proposta così importante, oltre che leggerla singolarmente e valutarne gli effetti singolarmente, diventa fondamentale riuscire a leggerla assieme al quadro legislativo comunitario e internazionale del settore con cui questa legge ovviamente deve fare i conti.
La legge (che è divisa in tre capitoli particolari: uno sulle biodiversità, uno relativo al marchio e ai prodotti di qualità e l'altro sui distretti) presenta, a mio avviso, ampi margini di miglioramento, anche con semplici correzioni e accorgimenti. Per quanto riguarda le agrobiodiversità, ho sempre pensato che, nella nostra società, il volontariato abbia un ruolo fondamentale, allora da questo percorso non possiamo escludere il volontariato che è stato fatto in tutti questi anni dai comitati per le biodiversità, bisogna includerli in questo processo di valorizzazione del nostro enorme patrimonio di biodiversità.
Per quanto riguarda i distretti, alcuni aspetti, soprattutto quelli della pesca e dei biodistretti, non sono normati a livello comunitario, quindi li stiamo normando noi, probabilmente c'è necessità di un po' più di attenzione in merito. Ma l'aspetto più importante e cruciale è quello relativo al marchio e alla valorizzazione dei nostri prodotti. Se noi leggiamo, appunto, questa nostra proposta assieme al quadro normativo di riferimento internazionale, ci accorgiamo che, anziché produrre dei benefici, rischiamo di produrre dei danni; questo significa che (passatemi il termine, non uso volutamente "fretta") la volontà di dare risposte in tempi rapidi al comparto spesso ci inganna e ci può portare a sbagliare e magari, anziché poterci mettere al petto una medaglia di valore, forse riusciamo a metterci al petto una medaglia di bronzo, se ci arriviamo, mentre abbiamo tutte le possibilità per riuscire a metterci la medaglia d'oro.
Vi faccio un esempio su un qualsiasi prodotto tradizionale sardo, può essere il pane carasau. Se noi lo affrontiamo come tutela attraverso questo marchio e lo leggiamo assieme al Codice doganale (il cui articolo 24 recita testualmente: "Una merce alla cui produzione hanno contribuito due o più Paesi è originaria del Paese in cui è avvenuta l'ultima trasformazione o lavorazione sostanziale, economicamente giustificata…"), rileviamo che qualsiasi impasto fatto con grano che arriva da qualunque altra parte del mondo viene considerato come un prodotto sardo, come una materia prima sarda. Allora mi dite qual è il beneficio rispetto al nostro tessuto produttivo e alla lealtà che l'Unione europea ci chiede di avere nei confronti del consumatore? Non c'è!
Ci viene incontro, nel quadro normativo, l'ultimo Regolamento comunitario in materia che è il numero 1169 del 2011 il quale non viene considerato in tutte le sentenze perché ancora non operativo quando ci sono state le sentenze che respingevano altri marchi simili. Il "1169" del 2011 introduce alcuni concetti cardine. Primo: la necessità di inserire in etichetta (come diceva l'onorevole Comandini) informazioni di carattere etico, è fondamentale. Secondo: fa obbligo di un rapporto leale nei confronti del consumatore quando gli si dà l'informazione sull'alimento che consuma. Terzo punto, ancora più importante: inserisce l'obbligo di riportare non solo la dicitura del Paese d'origine, inteso come Stato membro, ma anche del luogo d'origine, questa è l'apertura ai territori e alle regioni. Inoltre fa obbligo, sui prodotti alimentari, di riportare in etichetta il luogo d'origine dell'ingrediente primario, cioè introduce un elemento (l'ingrediente primario) che sinora non c'era nel quadro normativo, il che significa che questo Regolamento fa cadere tutta una serie di dubbi che molti avevano sulla possibilità di riportare in etichetta l'origine della materia prima.
Inoltre fa cadere il fatto che tutta una serie di prodotti locali sardi, anche tradizionali, che si avvalgono di materie prime che non sono sarde, possano in realtà continuare a essere prodotti. Perché, se parla dell'ingrediente primario, di cui deve essere riportata in etichetta l'origine, fa salvi tutti gli altri ingredienti, quindi fa salvi tutti gli altri condimenti, di conseguenza fa salve le possibilità di continuare a produrre anche per i prodotti di cui parlava l'onorevole Manca, ovvero il torrone per esempio.
Detto questo, voglio dire che noi ci stiamo fregiando di un marchio "Prodotto di Sardegna", ma mi facevano notare gli amici della "repressione frodi" (con i quali mi onoro di collaborare) che questo marchio in realtà è estremamente inflazionato perché esistono oltre mille marchi privati che riportano la medesima dicitura, il che significa che il nostro si confonderebbe con questi e non otterrebbe alcun risultato, anzi stiamo dando la possibilità ad altre aziende, che producono con materia prima non sarda, di utilizzare un marchio che in realtà certifica i loro prodotti, perché noi non possiamo impedire a qualsiasi produttore che produce in Sardegna di utilizzare il nome "Prodotto di Sardegna". Non è multabile, non è sanzionabile, non è controllabile, quindi stiamo semplicemente avvantaggiando chi ancora oggi continua a penalizzare la nostra agricoltura e non ha un rapporto leale nei confronti del consumatore.
Allora, per concludere, qual è il punto di atterraggio? Oltre ai vari correttivi semplici che si possono apportare a questa proposta...
PRESIDENTE. Onorevole Fenu, il tempo a sua disposizione è terminato.
Comunico che il consigliere Valter Piscedda è rientrato dal congedo.
E' iscritto a parlare il consigliere Daniele Cocco. Ne ha facoltà.
Poiché non è presente in Aula, decade.
È iscritto a parlare il consigliere Gianluigi Rubiu. Ne ha facoltà.
RUBIU GIANLUIGI (UDC). Presidente, Assessori, colleghe e colleghi consiglieri, il testo unificato che individua le norme relative all'agrobiodiversità, il marchio collettivo e i distretti rappresenta per la nostra Regione un insieme di disposizioni che potrebbero tramutarsi in fondamentali opportunità per far decollare un importantissimo comparto che storicamente in Sardegna ha sempre dato un fondamentale apporto al PIL, all'occupazione, agli investimenti e alle esportazioni, ed è parte integrante della nostra cultura. I tre elementi del testo normativo (agrobiodiversità, marchio e distretti) sono tutti molto importanti e credo che, per prima cosa, meritino un tempo di analisi e di discussione congruo per creare uno strumento che sia di grande efficacia per le imprese sarde in modo da permettere che queste continuino a investire in strumenti, tecnologie, capitale umano e che possano distinguersi in un mercato ampio e fortemente concorrenziale.
Un primo aspetto che reputo fortemente critico è infatti la celerità con cui, in sede di Commissione, siamo stati chiamati a esprimere il voto; io stesso mi sono espresso favorevolmente. L'analisi più attenta del testo ha fatto però emergere molte criticità e vorrei che fosse presa in considerazione la possibilità di riportare l'intero testo in Commissione, consapevole della necessità di tempi molto lunghi per vedere una proposta che però, così formulata, contiene troppi limiti.
Parto dalla fine, l'esempio delle sanzioni. Ho qualche dubbio, Presidente, che la Regione Sarda possa sanzionare un produttore siciliano che ha ottenuto il marchio e che vende nel Lazio. Secondo me, le sanzioni amministrative non sono di competenza regionale ed eventualmente si andrebbe sul penale. Questo è uno dei pochi esempi per i quali l'articolo (e quindi la sanzione) andrebbe rivisto. L'elemento che maggiormente necessita di valutazioni e considerazioni è l'istituzione di un marchio collettivo, i marchi di qualità sono strumenti che vengono adottati con un lungo, complesso e oneroso iter per le aziende che li vedono come una opportunità per certificare la qualità dei prodotti e potersi quindi distinguere nel mercato. La denominazione di marchio collettivo lascia già intendere la sua uniformità tra le imprese e le produzioni, soprattutto non può contenere il rapporto di dipendenza tra la qualità del prodotto e l'origine delle materie prime, altrimenti diventerebbe automaticamente un marchio DOP o IGP.
Tenendo conto di queste considerazioni, il marchio collettivo così delineato rischia di diventare uno strumento scarsamente efficace che non tutela le imprese sarde e soprattutto che può costituire solo oneri aggiuntivi per le aziende senza peraltro generare quei benefici che si riscontrerebbero nel mercato. Siamo assolutamente consci della forte necessità di sostenere le aziende e le produzioni di beni alimentari sardi di qualità, capaci di presentarsi e rappresentarci nei mercati internazionali di élite, in questo senso un marchio regionale sarebbe per certo la scelta più giusta sia a sostegno delle imprese che allo stesso tempo dei consumatori, i quali avrebbero la garanzia che il prodotto che stanno acquistando o gustando sia un prodotto della nostra Isola, nel pieno rispetto degli standard qualitativi che contraddistinguono il prodotto e che influenzano le scelte del mercato. Quindi, esportare il territorio. In questo modo, un marchio ottiene il duplice beneficio di tutela delle imprese, garanzia per i consumatori e l'effetto indotto derivante dalle nuove opportunità economiche per la Sardegna, che può sostenere le prove presentate dal mercato comune sotto forma di esportazione del territorio. Qualora non ci fosse la possibilità di riportare in Commissione il testo, negli emendamenti che andremo a presentare, inerenti il marchio, proporremo delle modifiche che vadano a migliorare gli effetti o i benefici di questo strumento per gli obiettivi in precedenza enunciati.
Entrando nel merito delle analisi, dico che, al secondo comma dell'articolo 16 della legge, viene sancito che le produzioni vengano identificate in base a disciplinari vincolanti, senza però chiarire il loro numero, la loro natura e per quali produzioni siano costituiti. Riteniamo quindi che la stessa debba contenere le linee guida relative ai disciplinari vincolanti affinché vengano esclusi dal principio tutti i possibili dubbi a esso correlati. All'articolo 17 manca una nota sugli oneri economici a carico delle aziende per utilizzare il marchio, non è definito se questo sarà a totale carico privato o se sarà individuata una sorta di partecipazione pubblica. Al secondo comma dell'articolo 22, si afferma che l'etichetta contiene l'indicazione del luogo di origine e di provenienza del prodotto senza però definire le informazioni in merito. Per luogo di origine che cosa si intende? Lo Stato? La Regione? Oppure il comune, la località, il distretto? Va precisato!
Per quanto riguarda il Capo III, personalmente sono sempre stato favorevole all'impostazione distrettuale delle produzioni, penso che consentano di creare una interdipendenza tra imprese, un rapido flusso di conoscenze e di informazioni con un conseguente sviluppo delle tecnologie. Per questo, alcune Regioni sono arrivate all'individuazione di un distretto dopo un'attenta fase di sperimentazione associata all'integrazione sui territori. È il caso particolare della Liguria, con l'istituzione del distretto florovivaistico del Ponente ligure, o di altre, come ad esempio il Piemonte, che ha istituito il distretto agroalimentare dedicato alla produzione del riso. Crediamo che la Sardegna abbia una ricchezza di patrimonio e conoscenza derivante dalle più antiche tradizioni e ciò potrebbe dare un grande valore aggiunto e un apporto pratico che arricchirebbe al massimo anche questo progetto.
Il presente provvedimento di legge dovrebbe colmare l'attuale vuoto normativo che comporta delle reali difficoltà di collaborazione tra le imprese e le maggiori criticità nella previsione e progettazione strategica territoriale. Infatti, per funzionare in maniera efficiente è necessaria una forte capacità programmatrice del territorio, in Sardegna questa è una delle più grandi difficoltà amministrative, lo diceva bene anche l'Assessore ieri, spesso gli enti strumentali non comunicano tra loro, il che è causa spesso di rallentamenti nello sviluppo e nella crescita economica. Il quadro della situazione attuale mi pone un dubbio estremamente grave poiché, nell'ottica di rispettare i criteri della spending review e dell'efficienza amministrativa, la Regione dovrebbe accelerare in contemporanea anche la riforma degli enti strumentali agricoli affinché ci sia il corretto supporto tecnico e pratico tra agenzie regionali e imprese e ciò riguarda tutti e tre i punti inclusi nel testo di legge che stiamo discutendo.
Voglio sottolineare un'altra importante esigenza: in periodi di difficoltà economiche, voi stessi ci insegnate che gli elementi essenziali per risollevarsi sono la flessibilità aziendale, che consente di adattarsi in maniera rapida alle varie situazioni che l'ambiente pone, la celerità decisionale e la scelta libera degli investimenti su cui indirizzare le produzioni. Un distretto che lega le imprese in un rapporto di dipendenza le rende automaticamente legate e vincolate l'una all'altra e rende terribilmente statica e pesante la struttura. Se a ciò vengono aggiunte cariche politiche o decisionali si crea senza dubbio una macchina complessa, incapace di rispondere alle esigenze territoriali e aziendali. In questo modo si andrebbe ad allineare la programmazione strategica territoriale, quando presente, con la volontà e la disponibilità imprenditoriale, senza però creare una macchina costosa, lenta e pesante che, di certo, ora sarebbe solo dannosa per l'agricoltura sarda.
PRESIDENTE. Poiché nessun altro è iscritto a parlare, per la Giunta, ha facoltà di parlare l'Assessore dell'agricoltura e riforma agro-pastorale.
FALCHI ELISABETTA, Assessore tecnico dell'agricoltura e riforma agro-pastorale. La proposta legislativa in oggetto, di cui oggi stiamo discutendo, ritengo che sia veramente importante. Ringrazio il Presidente della quinta Commissione, Luigi Lotto, e tutti i componenti della Commissione per il lavoro fatto, per aver articolato, in una maniera così dettagliata e precisa, il quadro normativo, frutto della sintesi delle quattro proposte inizialmente presentate che poi sono diventate tre e adesso un testo unico.
Ritengo che questo modo di procedere sia assolutamente in linea con quello che anche noi, a livello di Giunta, e io in particolare nel comparto agricolo sto tentando di fare, cioè disegnare un programma e un progetto, un progetto di rilancio del comparto. Un progetto di rilancio in cui ogni singolo elemento debba seguire una via precisa. Quello che è mancato, in questi anni e per troppi anni forse, al comparto agricolo sardo è stato proprio questo: la strategia. L'azione di oggi, il lavoro che si sta facendo in Consiglio va proprio in questa direzione, supporta il lavoro che sto facendo io a livello di Assessorato con la nuova programmazione comunitaria. Tutti gli elementi che sono a disposizione del Governo e dell'Amministrazione devono essere complementari tra di loro e quindi il testo di legge di oggi va proprio in questa direzione.
Il 22 luglio abbiamo presentato il nuovo Programma di sviluppo rurale che, come sapete, è stato inviato all'Unione europea e adesso inizieranno le fasi di interlocuzione e di trattativa con la Commissione europea; dall'analisi del contesto, svolta nella fase di elaborazione del programma, si evince chiaramente (come avete avuto modo anche di sentire il giorno che sono stata audita in Commissione bilancio per la presentazione del programma) come la Sardegna abbia, come punto di forza, la qualità, la qualità ambientale e la qualità dei prodotti. Non possiamo competere sui mercati nazionali e internazionali con la quantità, siamo piccoli, siamo frazionati, però abbiamo un grandissimo punto di forza e una grandissima opportunità offertaci proprio dalla grande qualità del nostro ambiente che si trasferisce sulla qualità dei nostri prodotti. È per questo che il quadro normativo in discussione oggi ci aiuta e ci affianca nel percorso di rafforzamento e di indirizzo della strategia che dovremo avere nei prossimi anni.
Dobbiamo puntare sulla qualità, la qualità ambientale vuol dire biodiversità, vuol dire ampia differenziazione delle nostre razze, ma anche delle nostre essenze vegetali. Sappiamo tutti che la qualità dei nostri prodotti, in particolare del nostro formaggio, è così alta e così importante perché abbiamo essenze pascolative differenti che non esistono in altri territori, non solo italiani, ma anche del resto d'Europa e di altre zone del mondo. Queste essenze pascolative trasferiscono, al latte e al formaggio, degli elementi nutraceutici unici che caratterizzano e connotano in maniera incredibile i nostri prodotti. Dobbiamo assolutamente intervenire (la legge sulla biodiversità ci consente proprio di farlo) sulla protezione di queste essenze pascolative, delle nostre razze animali, in maniera conforme a quanto è previsto dalla normativa italiana e europea. Quindi la norma ci consente di adeguarci e di recepire le nuove norme in questa direzione e ci consente di lavorare per una loro valorizzazione e un miglioramento, anche a fini della ricerca. La legge sulla biodiversità è oltremodo necessaria e urgente.
Sappiamo tutti quanto è accaduto pochi mesi fa, soltanto due mesi fa, quando una multinazionale olandese si è avvicinata a noi (io ho relazionato in merito alla questione quindici giorni fa qui in Consiglio), si è approcciata alla Sardegna in maniera molto interessata perché aveva la volontà di spostare, ai fini di ricerca, e di prendere delle essenze particolari. Abbiamo avuto difficoltà a rispondere perché non avevamo la norma regionale; nella mia lettera di risposta, ho dovuto fare riferimento alla normativa nazionale e alle normative adottate dalle altre regioni. Pertanto la norma sulla materia delle biodiversità è assolutamente fondamentale.
È altrettanto fondamentale, sempre proprio per puntare al potenziamento e al miglioramento della qualità dei nostri prodotti, la norma sul marchio qualità. Il marchio qualità serve per connotare le nostre produzioni; le nostre aziende dovranno posizionarsi sempre più nei mercati locali e approcciarsi ai mercati locali e globali connotando le nostre produzioni; le nostre produzioni devono non solo evocare qualità organolettiche, portare in sé qualità organolettiche, ma anche qualità di un territorio, un saper fare che è nostro e solo nostro. Manca uno strumento che ci consente di fare questo, il marchio sicuramente ci consentirà di lavorare in questa direzione. Il percorso che era stato avviato anche nell'altra legislatura, con questa legge può essere portato a termine e finalmente potremo lavorare anche con un'operazione di promozione unica, organica, promuovendo il nostro territorio e i nostri prodotti in maniera strutturale. È assolutamente fondamentale che anche il percorso della norma sulla qualità dei prodotti sia concluso e ritengo che il lavoro fatto sia validissimo. Naturalmente auspico che il lavoro dei prossimi giorni e di questo pomeriggio, attraverso gli emendamenti, consenta di definire alcune criticità che sono emerse oggi durante il dibattito, ritengo tuttavia che la direzione sia assolutamente valida. In questo stesso discorso si inserisce anche la norma sui distretti che consentirà di potenziare, sempre nella direzione della qualità, dell'identificazione e della connotazione dei nostri prodotti, l'organizzazione delle nostre aziende produttive e del nostro comparto produttivo, che è troppo debole e ha bisogno di strategie e di indirizzi.
Spero che i lavori proseguano con l'obiettivo della definizione di alcune criticità ma che la legge possa essere presto conclusa perché è uno strumento necessario e fondamentale per proseguire nella nostra azione di organizzazione e di rilancio del comparto agroalimentare.
PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la discussione generale. Prima di mettere in votazione il passaggio all'esame degli articoli, ricordo, come abbiamo concordato, che sarà possibile presentare emendamenti sino alle ore 13 di questa mattina.
(Interruzione)
È stata chiesta la votazione nominale.
PRESIDENTE. Indico la votazione nominale, con procedimento elettronico, del passaggio all'esame degli articoli.
(Segue la votazione)
Prendo atto che i consiglieri Anedda, Demontis, Fasolino, Floris, Meloni, Pinna Giuseppino e Piscedda hanno votato a favore.
Rispondono sì i consiglieri: Agus - Anedda - Arbau - Cappellacci - Carta - Cherchi Oscar - Cocco Daniele - Cocco Pietro - Collu - Comandini - Cossa - Cozzolino - Demontis - Deriu - Fasolino - Fenu - Floris - Forma - Lai - Locci - Lotto - Manca Pier Mario - Meloni - Moriconi - Oppi - Perra - Peru - Pinna Giuseppino - Pinna Rossella - Piscedda - Pittalis - Pizzuto - Ruggeri - Sabatini - Sale - Solinas Christian - Tatti - Tendas - Tocco - Truzzu - Tunis - Unali - Usula - Zedda Alessandra - Zedda Paolo.
Si è astenuto il Presidente Ganau.
PRESIDENTE. Proclamo il risultato della votazione:
presenti 46
votanti 45
astenuti 1
maggioranza 23
favorevoli 45
(Il Consiglio approva).
La quinta Commissione è convocata alle ore 15, mentre la Conferenza dei Presidenti di Gruppo si riunisce adesso.
Il Consiglio è convocato alle ore 16 di questo pomeriggio.
La seduta è tolta alle ore 12 e 32.