Seduta n.15 del 28/05/2014
XV SEDUTA
(POMERIDIANA)
Mercoledì 28 maggio 2014
Presidenza del Presidente Gianfranco GANAU
La seduta è aperta alle ore 16 e 16.
TOCCO, Segretario, dà lettura del processo verbale della seduta del 15 maggio 2014 (12), che è approvato.
PRESIDENTE. Comunico che la consigliera regionale Anna Maria Busia ha chiesto congedo per la seduta pomeridiana del 28 maggio 2014.
Poiché non vi sono opposizioni, il congedo si intende accordato.
Annunzio di presentazione di proposta di legge
PRESIDENTE. Comunico che è stata presentata la seguente proposta di legge:
Lai - Arbau - Cocco Daniele Secondo - Pizzuto - Agus - Busia - Desini - Manca Piermario - Usula - Perra - Ledda - Cherchi Augusto:
"Norme provvisorie ed urgenti in materia di energie rinnovabili". (42)
(Pervenuta il 28 maggio 2014 e assegnata alla quinta Commissione.)
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della mozione numero 22.
(Si riporta di seguito il testo della mozione:
Mozione Floris - Orrú - Dedoni - Truzzu - Fenu - Solinas Christian - Pinna Giuseppino - Tocco - Carta - Pittalis - Peru - Tunis - Cherchi Oscar - Tedde - Randazzo - Fasolino - Zedda Alessandra - Locci - Cappellacci - Rubiu - Tatti - Cossa - Crisponi sullo Statuto sardo di autonomia e riforma del Titolo V della Costituzione, con richiesta di convocazione straordinaria del Consiglio ai sensi dei commi 2 e 3 dell'articolo 54 del Regolamento.
IL CONSIGLIO REGIONALE
VISTO il disegno di legge del Governo di modifica del Titolo V della Costituzione che prevede una drastica limitazione delle competenze proprie del sistema delle autonomie regionali con accentramento al potere centrale di compiti e funzioni già devolute alle regioni e agli enti locali;
TENUTO CONTO che è manifesto l'intendimento del Governo di aggredire anche le competenze delle regioni a statuto speciale per riportare sotto la gestione diretta dello Stato competenze storicamente assegnate alla Sardegna;
RICORDATO che lo Statuto speciale della Regione autonoma della Sardegna è stato approvato con la legge costituzionale n. 3 del 1948, contestualmente alla Costituzione italiana, dopo un lungo e sofferto processo costituente;
CONSIDERATO che la specialità dell'autonomia della Sardegna non è stata una "compiacente concessione dello Stato ma il riconoscimento di un diritto naturale e storico" come ebbe a dire uno dei padri costituenti in Parlamento, il deputato sardo Salvatore Mannironi, ovvero una prima seppure parziale restituzione di "dignità istituzionale" per quello che è stata e ha rappresentato la Sardegna nel Risorgimento nella storia della costruzione dell'unità d'Italia;
PRESO ATTO che l'Assessore degli affari generali, personale e riforma della Regione ha dichiarato che la riforma dello Statuto dobbiamo farla prima noi in Sardegna attraverso una specifica proposta del Consiglio regionale;
TENUTO CONTO che, nella XIV Legislatura, la Giunta regionale aveva acceduto alla decisione unanime di tutte le forze politiche di delegare alla Prima Commissione consiliare, integrata dai Presidenti dei gruppi consiliari; e ciò nella convinzione che questa fosse la strada maestra per conseguire in maniera celere e condivisa una proposta moderna di nuovo statuto di autonomia. Tale proposito non si è concretamente realizzato con grave responsabilità di tutte le componenti politiche presenti in quella Assemblea regionale;
RITENUTO che non siano sufficienti nemmeno in questo contesto storico e politico in frenetica quanto controversa evoluzione, le ipotesi prospettate dall'Assessore degli affari generali, personale e riforma della Regione e nemmeno singole iniziative consiliari su un tema così complesso, urgente e decisivo per il futuro della Sardegna;
RITENUTO ancora che sia, invece, necessario e fondamentale esaltare il ruolo primario e istituzionale della Giunta regionale anche nel processo di ammodernamento e di rafforzamento dell'autonomia regionale come strumento primario sul quale poggia il reale processo di crescita e di sviluppo del popolo sardo nel suo cammino di totale potere di autodeterminazione e di autogoverno,
impegna
1) la Giunta regionale a:
a) predisporre e presentare all'Assemblea regionale entro 90 giorni un apposito disegno di legge di nuovo statuto di autonomia da presentare successivamente al Governo e al Parlamento della Repubblica affinché sia espressa in maniera chiara e determinata la volontà del popolo sardo di volersi autodeterminare e autogovernare nel contesto dello Stato italiano e dell'Europa dei popoli;
b) intraprendere immediatamente un confronto serio e determinato con il Governo e con il Parlamento italiano per evitare che nel processo di revisione della Costituzione venga leso qualsiasi livello attuale di autonomia riconosciuta alla Regione sarda in virtù della legge costituzionale n. 3 del 1948 e successive integrazioni;
c) chiedere immediatamente un incontro al Presidente della Repubblica e ai Presidenti di Camera e Senato di una delegazione della Giunta e del Consiglio per un confronto preliminare volto a illustrare gli intendimenti della Regione in merito alla riforma della Costituzione e alla revisione dello Statuto sardo per evitare che si attuino veri "colpi di mano" a danno della nostra specialità autonomistica;
2) la Prima Commissione autonomia ad avviare immediatamente il confronto con tutte le componenti attive della società sarda per acquisire necessarie indicazioni e proposte da proporre, successivamente, al fine di arricchire il dibattito politico, tecnico e giuridico dal quale dovrebbe nascere, in questa massima Assemblea legislativa del popolo sardo, il nuovo li moderno ed esaustivo Statuto di autonomia da approvare nel corso di una apposita sessione del prossimo autunno e da portare subito al confronto con il Parlamento nazionale per l'approvazione definitiva. (22).)
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione.
Uno dei presentatori della mozione numero 22 ha facoltà di illustrarla.
FLORIS MARIO (Sardegna). Signor Presidente, colleghi del Consiglio, abbiamo presentato questa mozione - credo di poterlo dire anche a nome degli altri firmatari, che poi nel dibattito potranno certamente esplicitare ciascuno le proprie personali posizioni - perché abbiamo la convinzione che sia giunto il momento delle scelte e delle decisioni, sia a livello regionale, sia a livello nazionale e statale, sulla questione fondamentale e dirimente del futuro della Sardegna dopo settant'anni di autonomia.
Autonomia che ha attraversato la metà del ventesimo secolo e ha iniziato il terzo millennio in un contesto di difficoltà e di crisi, oltre che economica e sociale, anche identitaria poiché si pone la questione della revisione, dell'adeguamento, della modernizzazione e dell'europeizzazione dello Statuto sardo, la nostra Carta costituzionale e costituente.
Personalmente ho la convinzione che questo sia il momento, che oso definire fatidico, nel quale il Consiglio regionale, l'Assemblea dei sardi, deve prendere coraggio e, superando le contrapposizioni politiche e le appartenenze, porre con forza al Governo e al Parlamento italiano una concreta proposta di nuovo Statuto di autonomia che tenga conto delle ataviche esigenze dei sardi e che dia alla Sardegna quel ruolo e quella funzione che naturalmente e geograficamente, oltre che storicamente, ha in Italia e nel Mediterraneo crocevia dell'Occidente e del Sud del mondo.
Colleghe e colleghi, ora tocca a noi, oggi o mai più. Faccio queste affermazioni non solo e non tanto per suscitare entusiasmo nei miei confronti o nei confronti di altri, ma ben conscio del nostro compito, delle nostre funzioni, delle prerogative proprie di questa Assemblea e di ciascuno di noi, e delle difficoltà del momento che viviamo sotto tutti gli aspetti, difficoltà globali, difficoltà dell'Europa e del nostro Paese, difficoltà della nostra Sardegna che vive una condizione drammatica di crescita e di sviluppo, di coesione economica e sociale, di rapporti generazionali e interpersonali che noi, e non altri, abbiamo il diritto-dovere di affrontare trovando soluzioni per dare quelle risposte concrete e reali che i cittadini attendono dalle istituzioni e dai loro rappresentanti. Oggi o mai più, ora tocca a noi. Non possiamo delegare ad altri quanto è nelle nostre competenze e nei nostri doveri, non solo nei nostri poteri.
Devo constatare e dare atto che in questi primi mesi della quindicesima legislatura c'è un fervore di iniziative da parte di tutte le forze politiche, presenti in quest'Aula, che guardano al rapporto Stato-Regione e ai nostri poteri autonomistici. È certamente un buon viatico, ma consentitemi una personale valutazione. Le varie proposte presentate tendono a diluire nel tempo, e anche a delegare ad altri, ciò che possiamo e dobbiamo fare noi, ciò che deve essere fatto dalla Giunta regionale e dall'Assemblea legislativa. Come abbiamo avuto il coraggio nella scorsa legislatura di scegliere e decidere…
(Brusio)
Se c'è qualcuno che non vuole ascoltare vada fuori dall'Aula, almeno questa cortesia!
PRESIDENTE. Onorevoli colleghi, per cortesia. Prego onorevole Floris.
FLORIS MARIO (Sardegna). Dicevo, come abbiamo avuto il coraggio nella scorsa legislatura di scegliere e decidere su riforme interne di razionalizzazione e di semplificazione dell'apparato complessivo di questa Assemblea, riducendo il numero dei consiglieri regionali da 80 e più a soli 60, anticipando e superando nelle procedure e nei tempi il Parlamento nazionale, eguale coraggio e impegno possiamo e dobbiamo porre per affrontare lo Stato e l'Europa e dire loro quale Costituzione del popolo sardo è necessaria per il prosieguo non solo della Sardegna, ma dell'Italia e della stessa Europa.
"Oggi o non più, ora tocca a noi" è un verso onomatopeico che deve risuonare nelle nostre coscienze e nelle nostre capacità e volontà ideali e politiche per essere veramente indicati come rappresentanti del popolo sardo sovrano, facendo, e subito, ciò che è nei nostri compiti e nei nostri doveri. La Giunta regionale deve fare le sue valutazioni e le sue proposte in tempi congrui (noi abbiamo indicato novanta giorni); il Consiglio regionale, tramite la prima Commissione permanente, e il Consiglio delle autonomie locali devono nel medesimo periodo acquisire elementi e proposte del mondo della cultura, dell'economia e della socialità, e l'Assemblea nel prossimo autunno deve aprire una stagione costituente per una proposta di Statuto, carta costituzionale della Sardegna, da portare al confronto, al dibattito e all'approvazione del Parlamento italiano. Altra strada non è possibile, né agevole.
Quanto è accaduto in passato non è più tollerabile, men che meno proponibile. La scorsa legislatura abbiamo sperimentato come il consociativismo chiamiamolo istituzionale non paghi. Si è scelta la via di affidare alla prima Commissione allargata ai Capigruppo il compito di scrivere le riforme; è stato un fallimento che non possiamo ripetere. Nell'atto stesso di nascita dello Statuto di autonomia del 1949 è contenuto il principio di revisione e di adeguamento alle condizioni socioeconomiche e politiche del secondo rinascimento dell'Italia, quando si è dovuto porre riparo ai danni sconvolgenti della Seconda guerra mondiale e ricostruire l'Italia e la Sardegna.
Cos'altro voleva significare l'aneddoto, che abbiamo richiamato in quest'Aula numerosissime volte, di Emilio Lussu quando disse: "È entrato un leone, ma è uscito un gatto"? In quell'aneddoto è il germe del divenire dello Statuto di autonomia, dell'attuazione, prima, di quello vigente e di revisione e di adeguamento, poi, alle condizioni politiche, economiche, sociali e giuridiche che nella storia dei popoli si evolvono con tempi e ritmi imprevedibili, come è accaduto nella fine del ventesimo secolo e in questi primi anni del terzo millennio.
Su questo solco si sarebbero dovute incanalare le aspirazioni del popolo sardo verso un'autonomia più autorevole e dotata di poteri reali di autogoverno. Così non è stato. Non siamo finora riusciti a elaborare e ad approvare una valida proposta da presentare al Parlamento nazionale. Tutti i tentativi fatti nel corso di questi settant'anni di autonomia sono risultati vani, compreso quello della Commissione speciale, mentre d'altra parte non si è riusciti nemmeno a dotarci di tutte le norme di attuazione delle competenze che ci assegna lo Statuto vigente.
Il momento storico e politico che viviamo non depone a nostro favore, non possiamo non prenderne atto, ma non per questo dobbiamo abdicare alle nostre battaglie di libertà, di autonomia e di autogoverno pieno che è l'atavica aspirazione del popolo sardo. La nostra battaglia non deve rimanere isolata, dobbiamo uscire dal coacervo del regionalismo di maniera, qual è quello delle Regioni ordinarie, per riprendere il percorso di un autonomismo statuale come disegnato dai padri costituenti per essere forti noi ma forte anche l'Italia, forte anche l'Europa.
Dobbiamo riprendere il percorso con la Conferenza delle Regioni a Statuto speciale come Assemblea e come Giunta regionale, farci antesignani di questa nuova fase della vita autonomistica in Sardegna e in Europa. Preoccupa non poco il disegno del Presidente del Consiglio dei Ministri di una riforma del Titolo V della Costituzione in senso centralistico che colpirebbe competenze e quindi poteri anche della nostra specialità autonomistica originaria con una procedura parlamentare rispettosa, solo formalmente, delle regole fondamentali della nostra Costituzione, ma affrettata e piena di contraddizioni, dai toni esasperati e, lasciatemelo dire, politicamente ricattatori, inaccettabili.
E' una maniera di porsi al confronto sui temi fondamentali della democrazia nel nostro Paese non condivisibile né accettabile, espressione di un manierismo politico affrettato e pressappochista che complica più che semplificare la vita delle istituzioni e del loro rapporto fattivo con i cittadini, con il sistema delle imprese, con l'organizzazione della società civile nel suo complesso.
Per comprendere ciò è sufficiente mettere attenzione su due provvedimenti in corso d'opera, uno definito nel suo percorso legislativo: la legge 7 aprile 2014, numero 56, sul riordino delle province, sulle città metropolitane, le unioni e le funzioni dei comuni; il secondo è il progetto di legge del nuovo Senato della Repubblica i cui contenuti appaiono come una matassa sempre più aggrovigliata piuttosto che una nuova costruzione con strutture portanti adeguate e sicure e una destinazione d'uso congrua ed efficiente oltre che funzionale allo scopo.
E' vero, il mondo di oggi va a ritmi veloci, anzi, velocissimi e incalzanti ma è proprio per questo che sono necessarie maggiore attenzione e prudenza. E' vero, siamo nell'era della comunicazione telematica ma le regole e i rapporti sociali, economici, culturali, scientifici, politici, istituzionali hanno bisogno di frasi dal senso compiuto e non di slogan da imbonitori. Per queste ragioni mi sono permesso, nel corso della seduta di insediamento di questo Consiglio regionale, di richiamare l'attenzione di tutti noi su questo problema e sul fatto che in sede di dichiarazioni programmatiche del suo Governo, Presidente del Consiglio, sia stata palesata l'idea di smantellare il regionalismo e le regioni riportandole a organismi subordinati allo Stato, conculcando quindi i principi di equiordinazione sanciti, con la riforma costituzionale, dalla fine degli anni '90.
Per queste stesse ragioni, in occasione delle dichiarazioni programmatiche del presidente Pigliaru, abbiamo posto con forza l'esigenza di un impegno serio e concreto per definire la nostra specialità autonomistica e per scrivere e approvare un nuovo Statuto sardo più avanzato, senza cedere un grammo della nostra specialità autonomistica che non è una gentile concessione dello Stato. Sempre per queste stesse ragioni mi sono reso promotore di questa mozione oggi in discussione, perché insieme agli altri firmatari riteniamo che non ci siano più motivazioni né tempo da perdere per presentare il nostro conto allo Stato che deve dare alla Sardegna tutti gli strumenti e tutte le risorse per essere alla pari delle regioni più evolute d'Italia.
Oggi ho sentito tutti i sindaci parlare di Patto di stabilità, di Titolo III. Il Titolo III è una parte fondamentale e determinante dello Statuto sardo, soltanto modificando lo Statuto sardo possiamo ottenere quelle cose che oggi stiamo chiedendo.
Non è il momento questo di discutere, né la sede per formulare proposte tecniche, politiche, culturali e giuridiche per dire quale Statuto vogliamo. Noi da tempo abbiamo depositato nell'Assemblea regionale una proposta di costituzione del popolo sardo, così come a livello nazionale il compianto Presidente della Repubblica, Francesco Cossiga, l'aveva presentata in Parlamento. A quei due testi, a quella proposta noi ancora oggi ancoriamo le nostre rivendicazioni e le nostre speranze per il migliore futuro della Sardegna e dei cittadini.
Dobbiamo evitare, colleghi del Consiglio, e impedire con tutte le nostre forze, muovendo da oggi i passi necessari nella direzione giusta, di dividerci a seconda delle nostre appartenenze e di comodi calcoli del momento. E' finito il tempo delle esercitazioni dialettiche, è giunto il tempo dei fatti. Fatti significa scrivere in concreto nero su bianco il testo di uno statuto possibile, più moderno di quello attuale e in linea con l'evoluzione storica, giuridica, culturale, sociale ed economica del mondo, dell'Europa e dell'Italia.
Il popolo sardo, io sono convinto, ha preso coscienza di questa esigenza ineludibile rafforzata dalla convinzione che occorre finalmente porre un freno all'invadenza surrettizia dello Stato nelle competenze esclusive della Regione.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Edoardo Tocco. Ne ha facoltà.
TOCCO EDOARDO (Sardegna). Presidente, questo è un argomento che, per l'ennesima volta, coinvolge ciascuno di noi; e ritengo che nessuno, mi sia consentito dirlo per tutti me compreso ovviamente, meglio dell'onorevole Mariolino Floris possa conoscere questo argomento, anche perché ha trascorso qualche anno più di noi nelle Assemblee parlamentari.
Sono questioni che ha visto, rivisto e stravisto, quindi suppongo che, a ragion veduta, abbia voluto formulare per l'ennesima volta questa mozione che, ovviamente, sarà oggetto di discussione in quest'Aula e alla quale mi auguro che tutti daremo il nostro apporto. Assessore Demuro, ritengo sia lampante l'invito da parte del proponente (evidente anche da parte di tutti noi) a continuare la battaglia dell'autonomia, la battaglia della Sardegna, la battaglia dell'orgoglio del popolo sardo.
Una battaglia che, come sostiene l'onorevole Floris, non ci deve vedere disarmati, una battaglia che non deve essere isolata ma deve vedere la Sardegna in primo piano, senza più essere quelli che a turno vanno a chiedere l'elemosina allo Stato italiano. Non mi sembra assolutamente dignitoso da parte nostra dover andare a piatire quello che ci è dovuto, parlo della fiscalità, di tutto quello che ci compete da sempre come storia, come diritto, come dignità soprattutto.
Mi rifaccio pertanto ad alcune considerazioni che ha sostenuto nella mozione l'onorevole Floris e ribadisco che ci sono certe questioni che non possono essere delegate, che devono partire da noi, devono essere oggetto di una nostra richiesta essendo un diritto nostro. Ecco perchè credo che sia assolutamente importante continuare questa battaglia, non fermarci assolutamente e non stare dietro ad alcuno.
Non dobbiamo essere l'ultima ruota del carro. La Sardegna ha sempre avuto questo problema: essere l'ultima ruota del carro, e non capisco il perché. Abbiamo tante possibilità, abbiamo tante risorse, abbiamo un popolo che se l'argomento è importante rimane unito, è un popolo che non si disunisce per le cose proprie della Sardegna, per le cose nostre.
Io quindi condivido la mozione dell'onorevole Mariolino Floris, credo che la condivideranno tutti i colleghi dell'opposizione, ma sono anche sicuro che i colleghi della maggioranza possano essere all'altezza di discutere questo argomento, un argomento importantissimo, sono certo anzi che tutti faremo la nostra parte, che tutti daremo il nostro apporto e supporteremo questa Giunta. Quindi, Assessore, da parte mia, da parte nostra, l'invito che le rivolgo è che lei, da novizio in questa Giunta, possa dimostrare veramente che l'orgoglio della Sardegna vige ancora, noi ci siamo e la sosterremo sicuramente in questa battaglia.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Marcello Orrù. Ne ha facoltà.
ORRU' MARCELLO (PSd'Az). La mozione in oggetto, di cui sono cofirmatario, nasce dall'esigenza di richiedere alla Giunta regionale l'impegno politico, forte, nei confronti del Governo nazionale in relazione al disegno di legge del Governo stesso di modifica del Titolo V della Costituzione, laddove il disegno di legge prevede una drastica riduzione delle competenze proprie del sistema delle autonomie locali appunto con l'accentramento al potere centrale di compiti e funzioni proprie della Regione.
A mio modo di vedere la riforma del Titolo V non va bene, la ritengo pericolosa per noi sardi e la considero una vera e propria dichiarazione di guerra alla Sardegna, perché da un lato si vuole far credere di dare alla Regione più autonomia locale con la riforma del Senato, ma dall'altro ci sottraggono le nostre competenze. Questo lo considero centralismo puro, perché con lo stravolgimento del Titolo V ci strapperanno tutte le competenze: dal turismo, alla sanità, ai trasporti che verranno riportati a Roma.
Voglio ricordare a tutta l'Aula che eminenti costituzionalisti di recente hanno autorevolmente affermato che ormai si è verificato un drastico deficit dell'autonomia speciale rispetto all'autonomia ordinaria. Ebbene questo deficit viene ritenuto paradossale alla luce del fatto che la specialità della nostra Isola nasce da un diritto naturale e storico, come affermò uno dei padri costituenti, il deputato sardo Salvatore Mannironi, e come ha ben ricordato l'onorevole Mario Floris nella parte introduttiva della mozione.
Secondo i padri del pensiero costituzionale contemporaneo vi è infatti un rapporto strutturale tra la condizione di insularità e l'aspirazione alla libertà. La prima, cioè l'insularità, rafforza e specifica la seconda, cioè l'aspirazione alla libertà, costituendo insieme ragione della specialità e della forma di governo. Ciò significa che noi sardi siamo portatori di un'aspirazione alla libertà che abbiamo il dovere e la responsabilità di tradurre in istituzioni. E, a ben considerare, sia la Costituzione italiana che lo Statuto sardo sono afflitti da carenza di libertà in maniera diversa a causa del centralismo, cioè della concentrazione del potere decisionale.
Lo Stato centrale ha cercato di provvedere, seppure in modo parziale, a correggere tale concentrazione con la legge costituzionale del 2001 introducendo il cosiddetto principio di sussidiarietà, cioè si parte dal basso invece che dall'alto nel determinare i poteri. Ebbene, detto ciò, se vogliamo incrementare la partecipazione dei sardi occorre una riforma profonda del Governo regionale nella quale le comunità locali, i comuni principalmente, partecipano alla formazione delle decisioni. Occorre trasformare l'odierno monolite centralistico-autoritario in un sistema democratico di autonomia prevedendo sia il decentramento di competenze dalla Regione ai comuni, sia la partecipazione dei comuni alla formazione delle decisioni regionali.
Di conseguenza per mettere mano alla legge statutaria dobbiamo sapere quale forma di governo, diversa dalla presente, noi vogliamo; e in linea appunto con l'aspirazione di tutto il movimento costituzionale contemporaneo il criterio unitario della complessiva riforma statutaria dev'essere individuato nell'affermazione e nella realizzazione massima e possibile della libertà del popolo sardo, nei rapporti esterni con lo Stato e interni con le proprie istituzioni di governo. Pertanto, alla luce di queste e altre considerazioni che emergeranno dal dibattito, chiedo alla Giunta regionale la predisposizione in tempi rapidi di un nuovo Statuto di autonomia da approvare in altrettanti tempi rapidi, possibilmente il prossimo autunno, e un incontro con le massime autorità dello Stato per illustrare le ragioni storiche, politiche e culturali per cui nella revisione del Titolo V della Costituzione non venga leso il diritto dell'autonomia del popolo sardo.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Francesco Agus. Ne ha facoltà.
AGUS FRANCESCO (SEL). Presidente, onorevoli colleghi, il tema delle riforme sollecitato dalla mozione presentata dalle forze di opposizione è il perno di questa legislatura, a onor del vero sarebbe dovuto essere il perno anche delle precedenti, e lo era senza ombra di dubbio nei programmi e nelle dichiarazioni programmatiche delle ultime due legislature. Purtroppo entrambe, per motivi diversi, perse sul piano del rinnovamento dell'impianto normativo fondamentale della nostra autonomia.
Perse più per ragioni di metodo che per ragioni di merito, perché nell'ultima legislatura il Consiglio ha abdicato anzitempo al suo ruolo di legislatore, anche statutario, occupandosi di importanti autoriforme ma delegando a terzi le riforme di sistema; e nella penultima perché si è pensato, a torto, di forzare e di confondere il terreno delle riforme costituzionali con quello del confronto tra i partiti e nei partiti. Il Presidente è stato coraggioso nel suo discorso d'insediamento, ma lo erano stati a onor del vero anche i suoi ultimi predecessori.
Oggi ci troviamo di fronte a una situazione della nostra istituzione ai limiti della praticabilità, per usare un lessico sportivo. Il tema è stato oggetto di riflessione durante le prime sedute di questa legislatura, per cui non mi soffermerò; è chiaro a tutti però come lo Statuto sardo, la legge fondamentale della nostra autonomia, (parziale restituzione di dignità istituzionale e Costituzione quanto quella della Repubblica), risenta di un problema fondamentale: l'essere cucito su misura del sardo del 1945, dell'economia sarda postbellica, delle istituzioni nazionali e internazionali che esistevano allora.
Lo Statuto è pertanto difficilmente adattabile, così com'è, al mondo di oggi e ai sardi di oggi, risente del tempo, non può tenere in debito conto la normativa comunitaria sempre più invadente anche nelle materie concepite settant'anni fa per essere statutarie e per le quali, già da un pezzo, la potestà legislativa risiede a Bruxelles, non a Cagliari, pecca per opere ma soprattutto pecca per omissioni. Ciò ha provocato una netta separazione tra lo Statuto formale e quello che in sostanza viene applicato.
L'articolo 8 dello Statuto è un esempio che ben fotografa il tema. Parallelamente al lavoro di rinnovamento statutario occorre interrogarsi anche sulle leggi fondamentali della nostra organizzazione, la legge 1 del '70, la legge 31 del '98, il ragionamento va fatto in parallelo, e in questo ragionamento si deve inserire anche la riforma dell'organizzazione degli enti locali. Ecco, non essere riusciti a intervenire per tempo, non aver avuto la forza ieri per darci regole condivise, oggi ci espone ancora di più al pericolo di veder limitata la nostra autonomia.
Il rischio serio che ci impone di fare presto e di fare bene è che le storture, le inefficienze, le ridondanze, la vetustà della nostra istituzione, che esistono per nostra stessa ammissione (nelle prime due sedute abbiamo parlato principalmente di questo), diventino il presupposto per il superamento della stessa in un momento storico in cui, mai come oggi, si salva e viene considerato utile solo ciò che è veloce, funzionale, al passo con i tempi, trasparente, accessibile, smart, oggi più di ieri, questa settimana più della settimana scorsa.
La nostra istituzione, l'Autonomia regionale, non è veloce, non è al passo con i tempi, non è tutte le altre cose che ho appena citato. L'onorevole Floris ha richiamato uno slogan: "Ora tocca a noi", non potrei non sottoscriverlo visti anche i ricordi positivi che mi suscita, ma guai a noi pensare di reagire agli attacchi all'autonomia regionale chiudendoci in noi stessi, e guai anche pensare di piegare il terreno delle riforme alle logiche di parte. Il perimetro delle regole o è condiviso o non è. Mi pare che la mozione presentata dalle forze dell'opposizione vada in questo senso.
A tale proposito la prima Commissione giovedì, domani, inizierà un primo ciclo di audizioni sulle riforme, coinvolgendo quanti più soggetti possibile, a partire dalla rappresentanze istituzionali degli enti locali, del Parlamento nazionale, dell'Europarlamento, del Governo, e proseguendo con i massimi rappresentanti delle istituzioni universitarie, con la rappresentanza del mondo del lavoro e delle organizzazioni datoriali, e con chi ha ricoperto in passato ruoli apicali nelle nostre istituzioni. Iniziamo domani alle dieci con l'audizione del Consiglio delle autonomie locali e alle undici con l'audizione dell'ANCI.
E dopo la giornata di oggi iniziare da chi è più esposto alla crisi e da chi più di altri ha il polso della situazione ci è sembrato doveroso. Questo assumendo, onorevole Floris, l'abbiamo fatto qualche ora dopo la presentazione della mozione in discussione oggi, il contenuto del secondo punto tra gli impegni, quello alla nostra attenzione. Inoltre la Commissione ha provveduto a lavorare, a seguito di un confronto con l'Assessore delle riforme e con quello degli enti locali, su una risoluzione che integri e ampli l'ordine del giorno votato all'unanimità nella seconda seduta di questa legislatura.
A questo proposito credo che sia possibile includere il contenuto della risoluzione, io lo metterei subito all'attenzione di tutti i colleghi, al centro di un tentativo di mozione unitaria su cui secondo me sin da oggi dovremmo lavorare, e credo sia importante arrivare domani al primo incontro e all'inizio del ciclo delle audizioni con una posizione unitaria del Consiglio regionale: il terreno delle riforme, lo ribadisco, è terreno di unione sui temi ma anche sui metodi.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il consigliere Roberto Deriu. Ne ha facoltà.
DERIU ROBERTO (PD). Rinuncio.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il consigliere Michele Cossa. Ne ha facoltà.
COSSA MICHELE (Riformatori Sardi). Presidente, noi abbiamo sottoscritto la mozione del presidente Floris perché ha il pregio di mettere l'accento sull'urgenza del tema, in quanto è evidente che dopo la pausa elettorale si rimetterà in moto il processo di riforma del Titolo V e, quindi, rivedremo messa in discussione la nostra specialità, la permanenza delle ragioni sulle quali essa si fonda, la nostra autonomia, il nostro avere caratteri "nazionalitari".
Il fatto è che per troppi anni la Sardegna ha taciuto, è stata assente oppure si è limitata a un rivendicazionismo sterile e superato; oggi il problema si pone, anche a causa di detta inerzia, in termini affatto diversi rispetto a qualche anno fa. Non è più semplicemente il tema della "modernizzazione delle istituzioni", oggi si mette in discussione l'impianto nel suo complesso e temo che, dopo il risultato delle elezioni europee, con il grande risultato ottenuto dal premier Renzi, le cose per la Sardegna potrebbero diventare assai più difficili.
Il problema che noi poniamo oggi, Presidente, è quello del metodo attraverso il quale arrivare alle riforme perché tra i referendum che sono stati approvati due anni fa, a larghissima maggioranza, dal popolo sardo ce n'era uno che riguardava proprio il tema delle riforme relativo, sul versante del metodo, all'istituzione dell'Assemblea costituente, referendum passato con il 94 per cento di consensi.
Noi vogliamo richiamare l'attenzione di questo Consiglio e la responsabilità di questo Consiglio a dare una risposta a questo referendum che era un referendum consultivo, naturalmente, ma che rappresenta comunque un vincolo per questo Consiglio, perlomeno il vincolo di rispondere positivamente o negativamente rispetto a questa esigenza emersa con tanta forza da parte del popolo sardo.
A parte questo aspetto, ce n'è un altro che io vorrei sottolineare; oggi la Costituente, in questo contesto, rappresenterebbe lo strumento più efficace per affrontare la forte aggressione nei confronti dell'autonomia, perché comporterebbe il pieno coinvolgimento del popolo sardo, perché darebbe una forza straordinaria al progetto e perché, colleghi, forse ce lo possiamo dire questo, facciamo parte di un'Assemblea che oggi ha bisogno di una spinta e di un sostegno forte dato che operiamo in un clima di assoluto sfavore nei confronti di tutte le autonomie regionali, e di uno sfavore particolarissimo per le Regioni a statuto speciale in cui i Consigli regionali, e questo Consiglio regionale in particolare, è additato come causa di problemi, non come soggetto abilitato a trovare soluzioni.
La via dell'Assemblea costituente rinvigorirebbe il progetto di riforma statutaria, gli darebbe quell'energia che serve per contrastare i piani che si stanno sviluppando indipendentemente da noi e con tempi che noi non siamo in grado di governare se non mettiamo in campo uno strumento davvero forte nelle stanze del Parlamento e, soprattutto, Presidente, io credo che questo tema vada affrontato con l'urgenza che merita proprio per il contesto in cui ci troviamo a operare.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il consigliere Augusto Cherchi. Ne ha facoltà.
CHERCHI AUGUSTO (Soberania e Indipendentzia). Presidente, è un argomento che in parte abbiamo già toccato nelle risposte alle dichiarazioni programmatiche del Presidente del Consiglio ed è quello del diritto all'autodeterminazione del popolo sardo che, a mio parere deve essere chiaro, è un diritto concreto così come esiste il nostro diritto concreto all'autogoverno.
Il neocentralismo italiano, che si concretizza con la bozza di riforma del Titolo V della Costituzione, non si combatte con un nuovo autonomismo. Se c'è una cosa certa è che la riforma Boschi certifica la fine dell'autonomismo, non nella direzione del federalismo ma piuttosto verso il suo contrario, cioè verso il centralismo. Il neocentralismo, dicevo, non si combatte con un nuovo autonomismo, con una posizione debole che possa distinguere le Regioni a statuto speciale da quelle a statuto ordinario, prima o poi le modifiche che interesseranno le Regioni a statuto ordinario interesseranno anche quelle a statuto speciale.
Il neocentralismo italiano si combatte con un'idea nuova di Stato sardo e dobbiamo agire come se la Sardegna forse effettivamente uno Stato, ridefinire quindi i rapporti fra la Sardegna, tra la nostra terra e lo Stato italiano, lo ribadiamo, mettendo al centro l'esigenza di una sovranità culturale, ideologica, economica e istituzionale condivisa dalla maggioranza del popolo sardo.
Si sta creando in questo momento un'opportunità unica di avviare una stagione costituente capace di riscrivere il nostro Statuto, affermando il nostro essere nazione, la volontà di assumerci tutte le responsabilità che ne conseguono, ribadendo il diritto inalienabile a esercitare appieno il nostro diritto all'autodeterminazione nazionale. Noi indipendentisti, o sovranisti se preferite, siamo titolari di una sovranità originaria non delegata dallo Stato, è quella che ci viene offerta è una grande occasione: l'avvio di una grande stagione costituente e, così come ricordava nell'ultimo intervento l'onorevole Cossa, probabilmente quello della stagione costituente è il metodo migliore, la soluzione migliore.
Una soluzione che già la quasi totalità del popolo sardo ha certificato approvando un referendum.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il consigliere Angelo Carta. Ne ha facoltà.
CARTA ANGELO (PSd'Az). Presidente, abbiamo firmato la mozione (primo firmatario l'onorevole Floris) perché tratta argomenti vitali per il futuro della nostra Sardegna e del nostro popolo: la modifica del Titolo V della Costituzione, l'aggressione in atto alle competenze delle Regioni a statuto speciale, la dignità istituzionale che dobbiamo recuperare, il fatto che dobbiamo fare noi per primi in Sardegna una specifica e moderna proposta di un nuovo Statuto di autonomia.
Abbiamo firmato la mozione anche perché il confronto con tutte le componenti attive della società sarda è determinante, l'abbiamo firmata perché l'argomento del nuovo Statuto credo rappresenti la sfida più importante per questo Consiglio regionale. L'onorevole Floris, nella sua introduzione, diceva che non è questa l'occasione o la sede per parlare dello strumento che ci vogliamo dare; io ricordo però le parole che lei disse nel suo intervento di insediamento nel quale dichiarò il Consiglio organo pensante, proponente e deliberante.
Sono tre caratteristiche che nessuno di noi vuole modificare nel modo più assoluto perché le condividiamo pienamente, però è inevitabile parlare anche del modo attraverso il quale noi vogliamo procedere alla riscrittura dello Statuto, è inevitabile parlare di quello che il Consiglio deve fare, cioè della quarta o della prima azione che il Consiglio deve fare: essere a capo del popolo sardo.
Il popolo sardo, naturalmente, ci guarda con diffidenza perché quello che questo Consiglio, è stato già detto da alcuni oratori che mi hanno preceduto, è riuscito a fare, o a non fare, è stato lasciare tante pagine bianche, tante pagine non scritte della nostra storia e della nostra costituzione, del nostro futuro. Ritengo quindi che la riscrittura dello Statuto sia importante, ma è importante anche che il popolo sardo sia coinvolto in questa riscrittura; non è chiaramente in discussione il fatto che debba, comunque, essere il Consiglio regionale a mettere il suggello, la parola fine, al percorso di costruzione del nuovo Statuto, è però in discussione come questo Consiglio regionale deve coinvolgere il popolo che sta fuori da quest'Aula.
Il popolo che non è rappresentato in quest'Aula e che pure ha avuto grandi risultati elettorali; non dimentichiamo infatti che tutti abbiamo detto che la legge elettorale è da modificare perché non è ammissibile che chi ha preso 75 mila voti stia fuori da quest'Aula. Noi quindi pensiamo che l'Assemblea costituente non sia una diminutio del Consiglio, ma sia uno strumento a disposizione di questo Consiglio, sia il modo giusto attraverso il quale coinvolgere il popolo sardo nella riscrittura della sua Costituzione nella quale devono fondarsi i pilastri per il suo futuro.
Per questi motivi condividiamo la mozione, ma riteniamo che lo strumento che la mozione non cita e che noi dovremmo adottare, debba essere l'Assemblea costituente. Senza questo continueremo a essere probabilmente l'organo che lei ha descritto - pensante, proponente e deliberante - ma mancheremmo al ruolo più importante: essere veramente il condottiero del popolo sardo.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il consigliere Oscar Cherchi. Ne ha facoltà.
CHERCHI OSCAR (FI). Presidente, a mio avviso dobbiamo dare un importante riconoscimento al presidente Floris e a tutti i firmatari di questa mozione, per aver posto l'accento su un tema che in quest'ultimo periodo è diventato importante e, sicuramente, scottante. Sappiamo che il disegno di legge del Governo che modifica (o perlomeno propone la modifica) il Titolo V della Costituzione, prevede una drastica limitazione dell'autonomia e della specialità (intesa come trasferimento di competenze) di alcune Regioni.
Questa limitazione, considerato anche il momento particolare che sta vivendo il sistema politico nel suo complesso, ma anche il grave momento di difficoltà economica, significherebbe togliere risorse importanti a chi, di quella autonomia, di quella specialità, ha fatto la battaglia di tutti. Penso agli impegni politici presi in questi anni, dal 1948 in poi, quando abbiamo ricostituito un'Italia e quindi riconosciuto alla Sardegna la sua autonomia e la sua specialità.
Credo che il momento ancora più importante sia quello in cui il popolo sardo dall'esterno ci richiama alla grande responsabilità che ricopriamo all'interno della massima Assemblea regionale: tutelare gli interessi in senso generale di un popolo che per tanti anni ha fatto della specialità la propria battaglia, ma soprattutto il proprio motto. È quindi corretto e doveroso, a fronte di questo importante impegno, che noi, come Consiglio regionale, dal Presidente del Consiglio a tutti noi che rappresentiamo il popolo sardo, oggi chiediamo alla Giunta, di attivarsi per presentare entro novanta giorni, così è scritto nella mozione stessa, un disegno di legge che modifichi il nuovo Statuto per l'autonomia.
Il disegno di legge deve essere presentato naturalmente in tempi urgentissimi al Governo e quindi al Parlamento nazionale affinchè si possa, in maniera chiara e determinata, riconoscere la volontà del popolo sardo all'autogoverno. È necessario, tra l'altro, ancora di più, entrare nel merito di rapporti diretti con il Governo nazionale
Voglio anche ricordare la presenza in questa Assemblea del presidente della Repubblica che, durante la sua visita in Sardegna, aveva assunto degli impegni importanti; impegni che ritengo sia il momento giusto di ricordargli chiedendogli la disponibilità a incontrare, insieme ai Presidenti della Camera e del Senato, una delegazione composta, chiaramente, dal Presidente della Regione, dal Presidente del Consiglio regionale e dai delegati che questo Consiglio regionale riterrà opportuno inviare a questo incontro.
Mi sembra corretto, visto che questo impegno nasce comunque già dalla passata legislatura, individuare nella prima Commissione consiliare il soggetto che dovrà lavorare in modo assiduo e importante. A tal fine occorre dargli un incarico chiaro per arrivare a concludere questo grande progetto, che noi abbiamo la necessità di portare avanti: la difesa della nostra autonomia speciale anche attraverso la riscrittura del nuovo Statuto.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il consigliere Paolo Zedda. Ne ha facoltà.
(Segue la traduzione in lingua italiana dell'intervento del consigliere svolto in lingua sarda)
ZEDDA PAOLO (Soberania e Indipendentzia). Presidente, solo poche parole per parlare di una delle ragioni che dovremmo analizzare in maniera più completa, chiara e approfondita nei prossimi mesi, per volontà espressa da un più ampio consenso di quello che possa esprimere questo Consiglio. Una ragione direi quasi filosofica, che credo di dover considerare adesso. Il mondo moderno sta sperimentando in questi anni, soprattutto in questi anni, una rivoluzione nata dal cambio di passo dei sistemi di comunicazione, che porta il mondo, diremmo, a naufragare di fronte a un'uniformità di lingue, pensieri e usi che sino a oggi non avevamo mai vissuto. Se ci lasciamo andare la tendenza è quella di giungere a un centralismo culturale, artistico e anche amministrativo.
In Italia, soprattutto in questi ultimi mesi, la sensazione che stiamo andando in questa direzione è chiara e forte e il progetto di riforma del Titolo V ce ne dà "un'idea illuminante". La volontà unanime di questo Consiglio, che vuole andare in direzione non solo di una difesa, diremmo, ma anche di un rafforzamento dell'autonomia, non deve essere motivata solo dall'orgoglio, ma soprattutto da una coscienza reale della convenienza di un progetto per i prossimi lustri che la Sardegna dovrà vivere.
Noi siamo convinti che i prossimi anni premieranno quei popoli che avranno avuto il coraggio di difendere le loro identità, le differenze, e non solo l'orgoglio. Siamo dunque convinti che il rafforzamento e la difesa dell'autonomia, che passeranno attraverso la volontà di riscrivere lo Statuto, per renderlo più adatto ai tempi che vivremo, siano un dovere nei confronti dei nostri figli, non soltanto formale ma sostanziale.
Un altro punto; io penso che nelle prossime settimane le direzioni progettuali per riformare lo Statuto saranno rappresentate da due progetti organizzativi: la delega al Consiglio e l'Assemblea costituente. Noi, così come è stato detto dal nostro collega Augusto Cherchi e come è stato detto da altri Gruppi, pensiamo che un'Assemblea costituente in questo momento possa essere più adatta perché rappresenta meglio una parte della popolazione che in questo Consiglio non è presente, per una questione di governabilità e di legge elettorale non proporzionale.
Un'altra cosa che devo dire è che dobbiamo dare, in questo momento così solenne e importante, una sensazione di partecipazione del popolo, una coscienza forte di fare parte di una comunità che nei momenti più importanti, più gravi e più fondanti prende parte direttamente ai processi in modo da donare vita nuova e luce nuova a tutti e alle istituzioni.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Efisio Arbau. Ne ha facoltà.
ARBAU EFISIO (Sardegna Vera). L'occasione della presentazione della mozione numero 22 è importante perché riporta all'attenzione dell'Assemblea una questione già affrontata nei giorni scorsi e che ha dato, fondamentalmente, il là all'attività che la prima Commissione sta già mettendo in atto, come ha ricordato il presidente Agus.
Il tentativo in atto è quello su cui la classe dirigente sarda ha sempre fallito: cercare di riscrivere lo Statuto dando di conseguenza una nuova organizzazione alla nostra Nazione, una nuova veste istituzionale che sancisca il patto costituzionale tra lo Stato italiano e la Nazione sarda e che ponga e risolva i problemi che sono alla base di questo rapporto.
Sulla questione naturalmente incombe l'agenda di qualcuno che sta lavorando; infatti, mentre la classe dirigente sarda ancora non ha iniziato a lavorare, o meglio noi stiamo appena iniziando, prendiamoci qualche merito, in Commissione, qualcuno che sta lavorando a ritmi molto serrati c'è, e questo qualcuno è il Governo guidato dal premier Matteo Renzi che ha dato un'impressionante accelerazione su determinate questioni.
La prima questione è la riforma del Titolo V e quindi la questione relativa ai rapporti tra lo Stato e gli enti locali basata su un'idea chiara di accentramento; un'idea di accentramento che dal suo punto di vista è condivisibile, si rende conto che non riesce a governare lo Stato così come è organizzato e accentra sul Governo e quindi sullo Stato tutti i poteri possibili e immaginabili. E poi c'è il riordino del sistema degli enti locali con la questione principale dell'abolizione delle province ma, soprattutto, con una risistemazione dell'intero comparto degli enti locali che vede un sostanziale depauperamento del potere locale in capo gli enti locali e ai comuni.
La domanda che ci dobbiamo fare è se anche questo Consiglio regionale, anche questo Consiglio regionale, fallirà in questo compito. E devo essere sincero: se non siamo in grado di assumerci questo compito forse è bene lasciare le cose come sono, difenderci, utilizzare il fatto che per poter riformare il nostro Statuto serve anche l'accordo della Regione e, quindi, giocare in difesa perché non siamo in grado di avere un'idea di come vogliamo riformare le istituzioni. Questa sarebbe naturalmente la soluzione pessima, quella di rinunciare al proprio ruolo.
Io e il mio Gruppo porteremo nelle discussioni in maggioranza, ma in Consiglio, argomentazioni che vanno invece in senso opposto in quanto proponiamo una riscrittura dello Statuto. Noi dobbiamo innanzitutto chiarirci qual è il metodo che vogliamo utilizzare; e i metodi sono due anzi tre o, meglio, sono due con il secondo che può avere due alternative.
Il primo metodo, suggerito anche dal recente referendum, prevede l'istituzione dell'Assemblea costituente che dal punto di vista mio e del movimento La Base è il più praticabile, il più democratico, quello che ci consentirebbe di arrivare a una effettiva approvazione di una riforma, sarebbe la via maestra, chiamiamola così. Però questa è una decisione che deve essere assunta da una maggioranza e da tutto il Consiglio e, da quello che sappiamo sulle posizioni degli altri Gruppi, non so se all'interno di questa Assemblea questa scelta sia maggioritaria.
L'alternativa è quella di una riscrittura dello Statuto attraverso l'attività legislativa del Consiglio. Attività legislativa che potrebbe essere molto più spedita con la definizione di un progetto di legge affidato interamente alla Commissione autonomia, dal mio punto di vista, attraverso le modalità di cui all'articolo 33 del Regolamento. La Commissione elabora una riforma in sede redigente, naturalmente con la maggioranza dei tre quarti dei componenti, produce un testo che poi arriva in Aula per una votazione sui singoli articoli da parte dell'Assemblea. Anche questa via potrebbe essere spedita.
L'altra via è quella ordinaria, la Commissione lavora alla predisposizione delle linee guida su un testo che poi arriverà in Aula. Quindi la prima scelta riguarda il metodo, la seconda riguarda invece la sostanza.
La sostanza dal nostro punto di vista è quella di trasformare la Regione in una comunità autonoma perché rispetto al Governo Renzi ci differenzia il fatto che secondo noi lo Stato italiano si salva, solo ed esclusivamente, se localmente si assumono la responsabilità perché non esiste uno Stato che potrà funzionare se localmente esista la deresponsabilizzazione.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Modesto Fenu. Ne ha facoltà.
FENU MODESTO (Sardegna). Signor Presidente, Assessore, onorevoli colleghi, questo è il Parlamento sardo eletto dal popolo sardo, non è nominato dalle segreterie romane. A noi compete proteggere, tutelare e valorizzare le nostre specialità e autonomia per arrivare finalmente a un'autonomia compiuta, un'autonomia vera, fermamente convinti dell'enorme debito che l'Italia ha verso di noi, non il contrario. In un mondo dove la globalizzazione sopprime le specificità, anche socio-culturali ed economiche come quella sarda, difendere con forza la nostra autonomia è vita, è sopravvivenza, è l'unico sviluppo possibile.
Per queste ragioni in momenti in cui si vuole mettere in discussione la nostra autonomia e specificità, con la modifica del Titolo V della Costituzione, condivido e sostengo la mozione dell'onorevole Floris, ma auspico che da questa Aula emerga un sussulto d'orgoglio e si arrivi a un documento condiviso che faccia assumere, appunto, a questo Consiglio, eletto da tutti i sardi, o a una Assemblea costituente, purché non si perda ulteriore tempo, l'onore e il dovere di riproporre allo Stato italiano con forza un nuovo Statuto che determini migliori condizioni di convivenza.
Uno Statuto nel quale si affermi con forza il sacrosanto diritto del popolo sardo di autodeterminarsi, di poter ambire all'indipendenza economica, di non essere condannato all'eterna dipendenza e sudditanza da altri, chiunque essi siano, ponendolo nella condizione imbarazzante e poco dignitosa di elemosinare le proprie ragioni e i propri diritti a uno Stato centralista. Per questo vi chiediamo con forza che vi sia una convergenza di posizioni e un'accelerazione sostanziale su questo importante percorso di libertà, che non è solo per noi, ma che diventa un dovere morale nei confronti dei nostri figli e delle future generazioni.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il consigliere Christian Solinas. Ne ha facoltà.
SOLINAS CHRISTIAN (PSd'Az). Presidente, intervengo rapidamente perché si rischia con questi interventi di ripetere spesso e volentieri concetti che oramai appartengono alla consapevolezza di tutte le forze politiche. Noi abbiamo sottoscritto la mozione dell'onorevole Floris perché consente di discutere in quest'Aula di un tema che riteniamo presupposto fondamentale di qualsiasi altra politica di sviluppo o di settore.
Nell'agenda della Giunta prepotentemente sono iscritte una serie di emergenze, ne parlavamo stamattina, dalla rinegoziazione del Patto di stabilità, alla questione delle servitù militari, a tutte le questioni contingenti che riguardano la Politica agricola comunitaria, i problemi dell'industria. Ebbene, io credo che la Giunta, in questi primi mesi di lavoro, si stia rendendo conto con particolare efficacia del fatto che tutte queste controversie, lo stesso contenzioso che c'è in sede di Corte costituzionale rispetto alle norme della Regione autonoma della Sardegna, hanno un'unica grande matrice: l'esigenza di riscrivere un rapporto di leale collaborazione, con un livello della Repubblica che dovrebbe essere lo Stato, orizzontale a seguito della riforma del Titolo V, e che invece, per una serie di spinte piuttosto prepotenti, cerca di ristabilire una verticalizzazione gerarchica che appartiene a ben altri tempi.
Per noi la riscrittura dello Statuto significa risolvere a monte il problema di tutte le politiche di settore che devono essere affrontate, e noi crediamo profondamente che il percorso riformista che deve entrare all'interno di quest'Aula non possa esaurirsi, per quanto riguarda la riscrittura dello Statuto, esclusivamente nei lavori della Commissione o dell'Aula. Riteniamo che per governare la complessità di questa battaglia che ci attende, la complessità di questa crisi di uno Stato che non regge più (è inutile in quest'Aula non affrontare le cose col loro nome, l'Italia così com'è non regge più) occorra riscrivere il nostro rapporto col resto dell'Italia; e questo è un fatto di straordinarietà tale da non poter essere affrontato con strumenti ordinari.
L'Assemblea costituente diventa uno strumento di coinvolgimento popolare, uno strumento di maturazione anche di idee, progetti, proposte, che non debbono essere considerati come semplici technicalities, come si dice da alcune parti, non sono problemi lontani, sono problemi assolutamente importanti e fondamentali. L'Assemblea costituente, peraltro, è stata oggetto dei quesiti referendari che sono stati approvati plebiscitariamente, e non si capisce perché di questi quesiti, come se fosse il menù del ristorante, alcuni si sceglie di attuarli e altri no.
Su questo io credo che la Commissione e il Consiglio debbano chiarire insieme alla Giunta quale percorso si intenda mettere in campo per rispettare da un lato la volontà dei sardi, che si è espressa in maniera netta, dall'altro l'esigenza di aprire un percorso che abbia tempi certi, ma che ci porti immediatamente ad affrontare il nodo di tutte le questioni, e il nodo delle questioni è riscrivere il rapporto non solo con lo Stato italiano ma con l'intera Europa.
Noi, che abbiamo una posizione da indipendentisti, e non lo nascondiamo, riteniamo che indipendenza significhi non separatismo, non isolazionismo ma migliore integrazione, poter sedere da pari a pari con il resto del consesso europeo per poter contrattare i temi e le questioni, e non per dover elemosinare qualche milione di euro in più sul Patto di stabilità, elemosinare qualche bonifica in più, elemosinare qualche risposta in più nel lavoro, negli ammortizzatori sociali.
Noi riteniamo che ci sia un problema di dignità di questo popolo, e la dignità di questo popolo passa attraverso un riconoscimento istituzionale. Lo Statuto attuale riconosce il popolo sardo come entità pre-giuridica, viene prima dello Statuto, è riconosciuto, esiste. Il territorio è ben definito, come nazione abbiamo storia, cultura, tradizioni, che ci identificano perfettamente; il nodo fondamentale è stabilire a quale titolo vogliamo far parte di una prospettiva internazionale, non solo europea quindi, e anche tendere a ragionare sul Mediterraneo con una nostra soggettività.
Io credo che davanti all'altezza di queste sfide il solo Consiglio regionale non sia sufficiente, dobbiamo creare un coinvolgimento popolare più ampio per portare queste posizioni con maggiore forza. Io credo che non si debba aver paura di tutto questo, che il Consiglio debba e possa svolgere il suo ruolo, ma dobbiamo avere il coraggio di aprirci anche all'esterno. Tutto questo è previsto peraltro nel percorso di approvazione; noi abbiamo anche depositato un progetto di legge sulla istituzione dell'Assemblea costituente, speriamo che la prima Commissione lo possa iscrivere al proprio ordine del giorno il più presto possibile.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Gavino Sale. Ne ha facoltà.
SALE GAVINO (Gruppo Misto). Presidente, Eleonora d'Arborea, a distanza di circa sedici anni dalla stesura della Carta de Logu a opera del padre, naki est già sorpassada, seighi annos! Nois semus frimmos dal '48, e invece è l'argomento degli argomenti: da cinquant'anni semus faeddande di riformare lo Statuto. Credo che questa volta sia la volta buona, visto l'insegnamento di Eleonora.
Abbiamo già accennato al fatto che questa maggioranza rappresenta il 18 per cento di aventi diritto al voto, formalmente siamo i rappresentanti legittimi ca nos ant votadu, di fatto noi non semus il popolo sardo tout court. Questa esigenza trasversale è radicata anche in questo Consiglio. Pochissimi ancora tentano di frenare il processo in atto verso il superamento dell'autonomia che, per pure esigenze didattiche e sostanziali, chiamiamo sovranità.
Stiamo andando in quella direzione, è maturo il tempo, non possiamo frenare la storia in nessun modo, ed è doveroso mettere in moto meccanismi partecipativi coinvolgenti, ca si no aumantamos il processo di separazione dinamica tra noi, istituzione, e il popolo, custu est su dramma; e siccome questo è il tema dei temi, per esistere nel rapporto nuovo con l'Italia e con l'Europa non podimoso trascurare di coinvolgere il resto della Nazione con tutte le sue formazioni, organizzazioni, associazioni: scatenare il dibattito este doveroso e impellente!
Poi è ovvio, si commente faghimos ancora parte dello Stato italiano, chi legifererà è questo Consiglio, è qui la sede legale, ufficiale e istituzionale. Io credo che voteremo contro la mozione di Floris, anche se ne condividiamo totalmente la sua percezione, perché non può impegnare la Giunta regionale a iscriere custa cosa, este limitativo; provvisoriamente pertanto noi voteremo sicuramente contro questa mozione, ma ne accettiamo tutte le proposizioni, le pulsioni e le tendenze, e dobbiamo per forza e doverosamente mettere in moto una macchina di discussione e di dibattito che non coinvolga solo noi sessanta consiglieri.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Pietro Cocco. Ne ha facoltà.
COCCO PIETRO (PD). Presidente, la mozione del collega Floris giunge in Aula per riproporre un tema del quale questo Consiglio regionale si è già occupato lo scorso 9 aprile discutendo due mozioni; una mozione presentata dalla maggioranza, primo firmatario il sottoscritto, e l'altra presentata dalla minoranza, primo firmatario l'onorevole Dedoni. L'oggetto riguardava il disegno di legge sulle disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, sul contenimento dei costi della politica e sulla revisione del Titolo V della Costituzione e dunque sui rischi, come è stato ampiamente detto, di vedere toccati i diritti della Sardegna, delle Regioni a statuto speciale e le loro prerogative, che non sono una gentile concessione ma il frutto di lotte e battaglie per vedere riconosciuti principi non discutibili.
Oggi, come allora, dico che non possiamo stare fuori dal tempo che cambia e che ogni argomento va trattato anche alla luce del difficile e complicato periodo che stiamo attraversando sotto il profilo economico, sotto il profilo occupazionale e sotto il profilo sociale. Pertanto noi non dobbiamo essere soltanto vigili protettori del percorso delle riforme, ma protagonisti concreti sulle scelte che devono essere fatte; non può essere diversamente quando si discute di riforme e di revisioni che destrutturano il regionalismo.
Per questo va colta questa opportunità affinché il dibattito possa essere considerato un'occasione storica, non per difendere, collega Fenu, ma per rilanciare l'autonomia e la specialità, con più forza e con più determinazione. Non battaglie di retroguardia, di difesa del nuovo che avanza inclinando al ribasso la nostra storia e i confini identitari, così come sta accadendo in Francia, con i leghisti nel Nord Italia, così come accade in Ungheria, dove i populismi e i pensieri neoconservatori reazionari non potranno che condurre alla ricerca di un protezionismo fallimentare, frutto di un sentimento di profonda difficoltà che i populisti, per l'appunto, non stentano a cavalcare. Questo è il segno dei tempi, e la storia lo insegna.
Questo non ha niente a che fare con i sardi, con la Sardegna, che in tema di battaglie autonomistiche ha scritto pagine importanti della sua storia. Per questo oggi dobbiamo cogliere l'occasione per rilanciarla, per aggiornarla, rianimando le energie progressiste senza vittimismi di alcun tipo. Il 9 aprile abbiamo approvato un ordine del giorno con il quale in quattro punti, dei quali do lettura si impegnava il Presidente della Regione: "1) a ricercare ogni sede di confronto con il Governo perché venga salvaguardata la specialità autonomistica della Sardegna, sollecitando nel contempo tutte le rappresentanze sarde nel Parlamento italiano affinché si battano nel modo più efficace possibile contro la cancellazione dell'autonomia regionale; 2) perché in riferimento alla revisione del Titolo V della Costituzione si attivi per proporre l'inserimento di una clausola di salvaguardia della specialità che faccia salve le competenze previste dagli statuti speciali, con l'estensione alla Sardegna solamente delle norme di maggiore favore;3) affinché si attivi perché nella nuova versione dell'articolo 116 e dell'articolo 117, commi 3 e 4, sia prevista una procedura di revisione degli statuti speciali che non consenta in alcun modo l'imposizione di modifiche senza il parere vincolante della Sardegna;4) affinché si attivi perché, nella riforma in itinere, sia prevista la costituzionalizzazione del principio dell'intesa e dell'assetto pattizio delle relazioni finanziarie con lo Stato". Questo era l'impegno con il quale abbiamo dato mandato al Presidente della Regione.
Su quell'ordine del giorno, onorevole Floris, lei si è astenuto, perché ha ritenuto, e sto alle sue dichiarazioni, che fosse assolutamente inutile votarlo. Oggi però ci presenta una mozione sulla quale credo si possa dire lo stesso, stando sempre al suo punto di vista. Aveva anche citato la scarsa considerazione in cui era tenuta la Sardegna relativamente alla legge elettorale per le europee; cosa vera. Per tutta risposta abbiamo eletto, per la prima volta, tre parlamentari; alla grande!
Lo sottolineo per evidenziare che, se vogliamo, possiamo cambiare le regole del gioco; se vogliamo anche in condizioni difficili, come quelle con le quali ci siamo presentati al voto per le elezioni europee, abbiamo vinto quella battaglia surclassando i siciliani. Così sulle riforme; sono già approdate nella prima Commissione, che ha attivato il confronto con le componenti attive della società, come richiesto dal punto 2 della sua stessa mozione, così come richiesto nello scorso ordine del giorno, sul quale lei si è astenuto. Ugualmente la Giunta, come lei scrive nel punto uno, è già attiva su questo tema.
La mozione, insomma, ripropone richieste già votate da questo Consiglio regionale, e non credo sia utile, per le stesse ragioni espresse l'altra volta dall'onorevole Floris, produrre altri documenti di cui i cassetti della Regione sono pieni, per usare sempre le sue parole. I temi delle riforme sono già approdati in Commissione, e in merito ai temi legati a eventuali contributi esterni, dei quali naturalmente si potrà discutere, non possono essere evasi con una semplice mozione.
E ancora, il Consiglio regionale non può impegnare la Giunta a predisporre un testo entro novanta giorni, perché riteniamo che la Commissione e questo Consiglio debbano avere la possibilità di discutere, sia nella maggioranza che nella minoranza, della strada che si vuole percorrere. Per queste ragioni io credo sia necessario bocciare questa mozione.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Pietro Pittalis. Ne ha facoltà.
PITTALIS PIETRO (FI). Presidente, conclusione un po' drastica, collega Cocco, se mi consenti, perché questa mozione almeno ha il pregio di sottoporre all'attenzione dell'Aula un problema rispetto al quale, dobbiamo dire, la politica, quella di centrodestra così come quella di centrosinistra, non ha prodotto alcun risultato, non risultati apprezzabili, proprio alcun risultato. Quindi, perseverare nel non trattare o nell'individuare scorciatoie per non affrontare il problema, mi sembra un'azione sbagliata.
Mi pare che non da oggi si senta la necessità di una profonda e innovativa riforma dello Statuto, di autonomia, approvato con legge del febbraio del 1948 e successivo di qualche mese all'entrata in vigore della nostra Carta costituzionale approvata nel dicembre del 1947. Perché ricordo questo? Perché la scelta che allora fece l'Assemblea costituente nasceva in un particolare contesto storico, cioè nel momento in cui gli italiani avevano scelto il trapasso dalla monarchia costituzionale alla Repubblica.
E voglio mettere proprio in evidenza quello che, a mio avviso, è il limite o, come altri prima di me hanno, in modo azzeccato, detto, il peccato originale dello Statuto: essere il frutto di un riconoscimento che promana dall'alto, da una autorità centrale e centralistica che nel tempo, a sua discrezione, ha ritenuto via via di spogliarsi di competenze legislative e amministrative.
Dunque noi operiamo, dal 1948 a oggi, sulla base di uno Statuto che è espressione non della volontà regionale, ma della volontà statale; e il significato politico, che io colgo appieno, è nella necessità oggi di valutare se esistano le condizioni per una nuova Carta costituzionale della Sardegna che sia innanzitutto espressione diretta, concreta e piena della democrazia partecipativa e, dunque, della volontà dell'intero popolo sardo così da valorizzarne la identità, la peculiarità culturale e geografica.
Ecco perché siamo assolutamente convinti che proprio l'esperienza passata ci debba indurre a ipotizzare un percorso nuovo. Il percorso che è stato tentato e che, per la verità, non si è mai concretizzato, è quello dell'istituzione della cosiddetta Assemblea costituente (qualche collega l'ha richiamata) che è la modalità, sulle forme si può anche discutere e riflettere, per superare una certa autoreferenzialità sulla quale si è spesso avvitata l'intera classe politica regionale e assembleare.
Sono d'accordo sul fatto che noi dobbiamo trovare forme di meccanismi partecipativi ed è la ragione per la quale anche io, nel momento in cui ho sottoscritto questa mozione, ho avuto più di una perplessità sull'impegno richiesto alla Giunta di presentare un disegno di legge. Certo, la Giunta secondo me sulla riscrittura di una Carta fondamentale può dare il suo parere ma, scusatemi, penso sia altro l'organo che la debba scrivere.
Detto questo, colleghi, la mozione secondo me deve rimanere in piedi, troviamo un modo per correggerla e per integrarla, se è il caso trasformiamola anche in ordine del giorno, se fosse d'accordo il proponente, ma non perdiamo un'occasione di un confronto sereno e ritengo anche utile e costruttivo, e non perseveriamo ancora nell'errore fatto negli scorsi anni.
PRESIDENTE. Poiché non vi sono altri iscritti a parlare, ha facoltà di parlare, per la Giunta, l'Assessore degli affari generali, personale e riforma della Regione.
DEMURO GIANMARIO, Assessore tecnico degli affari generali, personale e riforma della Regione. Presidente, onorevoli consiglieri, è con particolare emozione che intervengo su questo argomento; e intervengo perché studio queste problematiche da trent'anni e perché ho profondissimo rispetto per la democrazia regionale. Vorrei partire proprio dalla democrazia regionale per ricordare come nella storia della Repubblica (questo si evince dal disposto dell'articolo 114)la democrazia regionale sia parte di tutta la democrazia.
Da questo punto di vista il fatto che in quest'Aula si possa parlare di democrazia deriva proprio dal fondamento che questa democrazia ha innanzitutto nell'articolo 5 della Costituzione, laddove si scrive e si definisce in maniera chiara che il fondamento stesso della Repubblica è nella sua autonomia. Quindi da questo punto di vista le Regioni a statuto speciale, e nel caso la Regione sarda, hanno avuto ruolo, capacità e grandissima storia; è nella storia dell'autonomia speciale e anche dell'autonomia regionale che è fondata la Repubblica stessa.
Noi non siamo parte distinta rispetto alla Repubblica, siamo parte della Repubblica e questa Repubblica tiene insieme tutti. L'articolo 5 tiene insieme tutti. Insieme all'articolo 5 cito l'articolo 114 della Costituzione perché Repubblica è nello stesso tempo Stato e autonomie e, l'articolo 116, Regioni a statuto speciale. Scusate, parlo della Sardegna, ma parlo anche delle altre Regioni a statuto speciale per rispondere immediatamente a uno dei temi che impegnavano la Giunta.
È stato ricordato che l'ordine del giorno del 9 aprile 2014 ha avuto un seguito e l'ha avuto immediatamente in Conferenza Stato-Regioni; l'ha avuto perché - io ho avuto l'onore di firmare l'emendamento - la Conferenza Stato-Regioni ha presentato in Conferenza unificata una serie di emendamenti al progetto di riforma della Costituzione, tra cui appunto due elementi fondanti previsti dall'atto del 9 aprile 2014. Il primo di questi sancisce che nessuna modifica dello Statuto possa essere fatta se non sulla base del principio pattizio; il secondo che il patrimonio costituzionale comune delle Regioni a statuto speciale, e ovviamente in questo caso della Sardegna, non possa essere modificato.
Da questo punto di vista la posizione della Giunta si è concretizzata in un emendamento che è all'attenzione del Parlamento perché la posizione comune di tutte le regioni italiane, quelle a statuto ordinario e quelle a statuto speciale, verte sulla difesa (è la premessa che ho appena fatto), della democrazia regionale, perché senza democrazia regionale, ribadisco, viene meno un pezzo importante della democrazia italiana.
Da questo punto di vista la Giunta è assolutamente impegnata, diciamo così, concretamente nella garanzia dell'identità regionale che (e qui faccio un piccolissimo accenno alla mia attività di studioso)noi abbiamo misurato. Sappiamo che esiste questa identità, l'abbiamo misurata con una ricerca svolta insieme all'Università di Edimburgo, l'abbiamo misurata ed è una identità fortissima assolutamente quantificabile. Anche altri studiosi di altri Paesi l'hanno studiata e verificata.
Faccio questo riferimento per sottolineare che lo statuto di autonomia è importante e necessario, ancor più in un momento di profondissima trasformazione del futuro europeo.
Sono state citate le recenti elezioni europee e questo è un elemento importante perché sotto questo profilo la possibilità che la Sardegna abbia una presenza qualificata in Europa deriva anche dalla capacità che avrà di scrivere uno Statuto nuovo nella prospettiva europea. Questo è l'anno che l'Europa dedica alla cosiddetta multilevel governance, cioè l'attività multilivello, a dimostrazione che anche l'Europa ha una profondissima attenzione al profilo delle autonomie.
Occorre quindi scrivere un nuovo statuto, un nuovo statuto che dia risposte alla fortissima percezione dell'identità, identità che c'è e che in quest'Aula è stata rappresentata, come ho percepito avendo ascoltato tutti gli interventi con grande attenzione. In questo contesto il prossimo statuto nuovo, moderno, in grado di rafforzare la democrazia regionale dovrà avere anche la capacità di qualificare questa identità, di renderla viva, di renderla moderna, mi viene da dire di renderla europea.
In quest'ottica il punto centrale è che l'avvio del percorso di riforme - ho partecipato alla prima audizione della prima Commissione, quindi so che sta già lavorando su questo tema - è essenziale perché nel testo dello statuto sia chiara ed evidente la capacità di poter scrivere regole autonome, certamente di poter scrivere il grande patrimonio costituzionale proprio del popolo sardo, il grande patrimonio di diritti e di diritti speciali che in questo statuto possono essere riconosciuti.
Detto questo, il primo a dover difendere la democrazia regionale, certamente la Giunta farà la sua parte, per il principio di democrazia e di rappresentanza politica mi pare che debba essere il Consiglio regionale. Quindi sotto questo profilo non faccio altro che ricordare quanto il presidente Pigliaru ha dichiarato in quest'Aula, quanto il Presidente del Consiglio ha già dichiarato nella seduta inaugurale.
Rispetto a questo tema, evidentemente, la Giunta è pronta a fare la sua parte ma sarà il Consiglio a dover fare una proposta di statuto sulla quale lavorare e sulla quale rispondere in prima persona alla fortissima identificazione che dal di fuori di quest'Aula può venire rispetto alla capacità di rappresentare tutto il popolo sardo.
Concludo su questo dicendo che la Giunta regionale ha messo in atto tutte le azioni che erano nella sua disponibilità in questa fase di riferimento attraverso la Conferenza Stato-Regioni, inoltre continua quotidianamente l'interlocuzione con tutte le realtà della Regione; il presidente Pigliaru è stato audito anche nella prima Commissione del Senato insieme alle altre Regioni a statuto speciale ma lascia al Consiglio il ruolo fondamentale di rappresentare tutti i sardi.
PRESIDENTE. Ha domandato di replicare il consigliere Mario Floris. Ne ha facoltà.
FLORIS MARIO (Sardegna). Presidente, solitamente chi replica dichiara se è soddisfatto oppure non è soddisfatto. Non credo sia questo il caso. Io ho posto un problema che in quest'Aula è rimbalzato in questi decenni, fino da quando è stato varato lo Statuto già con l'idea di modificarlo; in questi sessant'anni abbiamo tentato di tutto: sulle procedure, sui contenuti dello Statuto e non siamo mai riusciti a modificare alcunché, e mi pare che non ci riusciamo neanche adesso.
La mia preoccupazione, caro Assessore, nasce dal fatto che lo Stato nazionale si accinge a mettere in movimento la modifica del Titolo V della Costituzione e tutt'al più avverrà, come lei ha detto, che il Presidente della Regione sarà chiamato per esprimere un parere, cioè avremo un "sentita la Regione", dopodiché la riforma andrà avanti per proprio conto perché noi non siamo in condizioni di incidere. Concordo con lei che il sistema sia un sistema pattizio; un sistema pattizio-politico, non un sistema pattizio-amministrativo del "coinvolgimento di...", ma proprio politico.
Noi per esempio rientriamo in un ordinamento dotato di autonomia ai massimi livelli, compatibile con l'Unione europea e con l'unità degli Stati membri nel contesto dei quali l'insularità deve avere una vera e propria dignità costituzionale. Questo non lo dico oggi, perché già dalla fine del 2000 attraverso l'Imedoc, che era l'unione delle isole del Mediterraneo occidentale, avevamo messo in campo, prima Palomba poi il sottoscritto, una strategia che era stata battezzata col nome "Carta di Cagliari".
E' proprio vero che il problema della Sardegna sono i sardi, è proprio vero che quando non si approfondiscono i problemi, quando non si ha storia, a volte si parla a vanvera, si parla a vanvera. Queste strade sono già state percorse, soltanto noi non facciamo riferimento alla verità storica e quindi non possiamo raggiungere l'obiettivo. Io non voglio entrare nei dettagli ma non voglio entrare neanche in queste provocazioni perché, caro Cocco, se volete che facciamo l'opposizione noi siamo bravi a farla, siamo molto bravi forse anche più di voi. Ecco perchè ho trovato proprio di cattivo gusto, ma proprio di cattivo gusto, prendere a pretesto una cosa di questo genere che è di tutti e non è di alcuno.
Noi siamo andati avanti e abbiamo proposto una linea e poiché, come diceva qualcuno dei legislatori, la nostra serietà siamo noi, noi dobbiamo vedere entro quali perimetri dobbiamo contornare lo statuto. Pertanto, perché mi sono astenuto nel corso dell'altra discussione? Perché ormai gli ordini del giorno, il parlarci addosso non serve a nulla, è inutile dire: "Facciamo un ordine del giorno che impegna la Giunta a riferire al Parlamento", sono cose vecchie, stravecchie che non ottengono alcun risultato, di nessuna natura.
Oggi siamo alle solite, non siamo ancora in condizioni di vedere le eventuali procedure, abbiamo una prima Commissione che lavora a vuoto e una Giunta regionale che sostiene, attraverso l'Assessore, che sta lavorando sullo statuto con chi vuole l'Assemblea costituente e siamo punto e a capo, dobbiamo responsabilmente dire che siamo punto e a capo.
Noi abbiamo fretta, Renzi ha "frettissima", io dico di non avere la fretta di Renzi ma se vogliamo veramente modificare la nostra Carta costituzionale dobbiamo mettere proposte nero su bianco; una volta che la riforma sarà predisposta con la nuova geografia politica, con i nuovi strumenti, con le nuove organizzazioni e con la nuova struttura nazionale noi non saremo più in condizioni di dettare richieste, esattamente come è successo con la precedente modifica del Titolo V.
Perché la perdita costante di potere da parte della Regione? Perché tutte le volte siamo arrivati in ritardo. Perché tutte le volte ci hanno detto: grazie, ma ormai la cosa è già fatta. La presentazione della mozione era un tentativo di buttare un sasso sullo stagno per chiedere che cosa vogliamo fare. Vogliamo prendere un'iniziativa che porti realmente alla modifica dello statuto o vogliamo continuare a far finta di niente e a non prendere atto che lo Stato, nel frattempo, sta andando avanti velocissimamente?
PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la discussione. E' in votazione la mozione numero 32. Ha domandato di parlare il consigliere Modesto Fenu per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.
FENU MODESTO (Sardegna). Assessore Demuro, senza voler venir meno al rispetto della posizione della Giunta che lei ha espresso, la sensazione è che questa posizione, però, non sia più sufficiente a fronteggiare le pulsioni e le attuali esigenze di libertà del popolo sardo. Onorevole Cocco, nel mio intervento le assicuro, lo riascolti se ritiene, non c'era una battaglia di retroguardia anzi c'era una proposta di andare oltre la condizione attuale per ottenere, visto che lei ha citato il punto, la possibilità di esprimere i nostri parlamentari europei di diritto e non per gentile concessione dei siciliani come è avvenuto in passato oppure, come nelle recenti consultazioni, per una serie fortuita di circostanze e strategie condizionate.
Onorevole Cocco, da parte mia e del mio Gruppo, c'è stato in più interventi il richiamo a una posizione condivisa, e anche ora la invito e invito tutti i colleghi a non respingere aprioristicamente la mozione ma a lavorare a una convergenza delle volontà.
Se non lo farà quest'Aula lo farà la società civile autonomamente e noi avremo perso un'occasione. Mi auguro che non si vada oggi a un voto sulla mozione ma che si trasformi questa, possibilmente all'unanimità, in un ordine del giorno che si possa discutere urgentemente. Qualora non ci sia questa volontà da parte del Consiglio il mio voto sarà favorevole a questa mozione.
PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Michele Cossa per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.
COSSA MICHELE (Riformatori Sardi). Presidente, rispetto al problema che noi, e altri colleghi, abbiamo posto dell'Assemblea costituente, l'obiezione più facile l'ha testé formulata il presidente Floris quando ha detto che non ci mettiamo d'accordo sul metodo, anche perché perdiamo un sacco di tempo a parlarne e non ne usciamo. Oltretutto qualche collega sostiene che l'Assemblea costituente comporta tempi lunghissimi, quindi incompatibili con quello che sta accadendo.
Una semplice riflessione; il collega Sale ha detto che ne stiamo parlando da cinquant'anni, cioè da appena approvato lo statuto già si stava pensando di modificarlo. Io non ho i riferimenti temporali che probabilmente ha lui, ma è un dato di fatto che in alcuni decenni si sono tentate tutte le strade e non si è cavato un ragno dal buco. La mia opinione è che anche questo Consiglio difficilmente riuscirà a cavare un ragno dal buco per cui l'Assemblea costituente, a parte tutte le altre considerazioni, a me pare la strada più rapida che avrebbe oltretutto, se questo Consiglio partisse immediatamente, forse anche un effetto di interdizione rispetto a quello che sta accadendo a livello nazionale.
L'onorevole Arbau sostiene che forse in Consiglio non c'è la maggioranza per approvarne l'istituzione, io non so se c'è o meno la maggioranza, di sicuro questa Assemblea ha il dovere di dare una risposta al popolo sardo, o sì o no, rispetto a questo specifico problema. O sì, o no! C'è stato un pronunciamento popolare che chiede una risposta, se è sì è sì, e se è no è no, non si chiede altro. Questo Consiglio però si assuma la sua responsabilità.
PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Pietro Pittalis. Ne ha facoltà.
PITTALIS PIETRO (FI). Presidente, tenuto conto della delicatezza e complessità dell'argomento, e anche delle posizioni che sono emerse, mi è parso di cogliere che nessuno intenda sorvolare o nascondersi dietro un dito rispetto a questo problema; però vi è la necessità, mi pare avvertita un po' da tutti, di portare un ulteriore supplemento di riflessione e valutare se sia possibile concludere questo dibattito con un ordine del giorno che auspichiamo unitario, tenuto conto della materia trattata.
Penso però che non sia un ordine del giorno da esaurire in qualche frazione di minuto, quindi se il proponente e, logicamente, i colleghi fossero d'accordo, io direi che potremmo sospendere la discussione della mozione per avere la possibilità di una interlocuzione in questi giorni, e appena siamo pronti riportare l'argomento con un documento che auspichiamo possa essere unitario. Mi pare che questo possa essere un punto di equilibrio al fine di evitare che anche uno sforzo fatto dal proponente possa cadere nel vuoto.
PRESIDENTE. Chiedo ovviamente all'onorevole Floris se è d'accordo su questa procedura.
FLORIS MARIO (Sardegna). Sì, concordo.
PRESIDENTE. Se non ci sono opposizioni la proposta è accolta.
Ha domandato di parlare il consigliere Daniele Cocco. Ne ha facoltà.
COCCO DANIELE (SEL). Mi era sembrato di capire che il proponente della mozione avesse espresso parere contrario alla formulazione di un ordine del giorno. E ricordo ancora che l'onorevole Floris ha sempre detto che gli armadi e i cassetti del Consiglio regionale sono pieni di ordini del giorno che non servono a nulla. Però, se oggi volesse cambiare idea, noi siamo disponibili a formulare insieme un ordine del giorno. Tra l'altro mi fa molto piacere che l'onorevole Mario Floris, assessore uscente delle riforme e del personale, oggi voglia impegnare la Giunta a parlare davvero di riforme.
Io intendo aggiungere solo una piccola cosa; rispetto al punto 2) dell'impegno che si chiede in questa mozione, la Commissione credo che sia già avanti con i lavori. Di questo ne possiamo certamente prendere atto subito.
PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Pietro Cocco. Ne ha facoltà.
COCCO PIETRO (PD). Presidente, relativamente alla proposta formulata dall'onorevole Pittalis, io e il mio Gruppo, con cui mi sono consultato, non abbiamo nulla da eccepire. Siamo pertanto assolutamente d'accordo che il punto possa essere rinviato per un ulteriore approfondimento, con la possibilità di stilare un ordine del giorno che tenga conto anche della discussione odierna.
PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Mario Floris. Ne ha facoltà.
FLORIS MARIO (Sardegna). Ritiro la mozione.
PRESIDENTE. L'onorevole Floris ritira la mozione, pertanto non si presenta l'ordine del giorno.
Ha domandato di parlare il consigliere Modesto Fenu. Ne ha facoltà.
FENU MODESTO (Sardegna). Io, in quanto firmatario, mantengo la mozione.
PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Mario Floris. Ne ha facoltà.
FLORIS MARIO (Sardegna). Ritiro la firma dalla mozione.
PRESIDENTE. Quindi la mozione è ancora in essere, e c'è una proposta di sospensione della votazione per trovare nelle interlocuzioni dei prossimi giorni un accordo unitario su un ordine del giorno. Se non ci sono opposizioni la richiesta di sospensiva della mozione numero 22 è accolta.
PRESIDENTE. Proseguiamo con l'ordine del giorno che reca la discussione della mozione numero 32.
(Si riporta di seguito il testo della mozione:
Mozione Solinas Antonio - Agus - Anedda - Arbau - Azara - Busia - Cherchi Augusto - Cocco Daniele Secondo - Cocco Pietro - Collu - Comandini - Cozzolino - Demontis - Deriu - Desini - Forma - Lai - Ledda - Lotto - Manca Gavino - Manca Pier Mario - Meloni - Moriconi - Perra - Pinna Rossella - Piscedda - Pizzuto - Ruggeri - Sabatini - Sale - Tendas - Unali - Usula - Zedda Paolo Flavio, sul ventilato inserimento della Sardegna tra le aree idonee ad ospitare il deposito nazionale dei rifiuti radioattivi, con richiesta di convocazione straordinaria del Consiglio ai sensi dei commi 2 e 3 dell'articolo 54 del Regolamento.
IL CONSIGLIO REGIONALE
PREMESSO che il 4 marzo scorso è stato approvato il decreto legislativo n. 45 (Attuazione della direttiva 2011/70/EURATOM, che istituisce un quadro comunitario per la gestione responsabile e sicura del combustibile nucleare esaurito e dei rifiuti radioattivi), con il quale viene fissata al 31 dicembre 2014 la scadenza per la definizione di un "programma nazionale per la gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi", cosa che rende di fatto stringente l'individuazione del sito unico;
OSSERVATO che il 14 aprile Riccardo Casale, amministratore delegato della Sogin, (la società dello Stato incaricata dello smantellamento delle ex centrali nucleari e della gestione dei rifiuti radioattivi), in occasione della visita alla centrale di Borgo Sabotino a Latina di una delegazione delle Commissioni ambiente e attività produttive di Camera e Senato, ha annunciato che entro maggio saranno pubblicati "i criteri rilasciati dall'Ispra (Istituto per la protezione e la ricerca ambientale) per la mappatura del territorio nazionale e l'identificazione di una decina di siti idonei per il deposito";
EVIDENZIATO che:
- in data 16 aprile il Ministro dell'ambiente Galletti ha ripercorso, rispondendo a una interpellanza proposta dall'on. Pili, tutto il processo sulla via della definizione dei criteri per l'individuazione del sito unico, ricordando come, su incarico del Ministero dello sviluppo economico, l'ISPRA avesse predisposto, già nel dicembre 2012, una versione preliminare dei criteri richiesti, elaborandoli sotto forma di guida tecnica, sottoposta poi al vaglio dei Ministeri dello sviluppo economico e dell'ambiente e a un processo di revisione internazionale, affermando che la versione aggiornata della guida tecnica è stata trasmessa nel dicembre del 2013 ai Ministeri dello sviluppo economico e dell'ambiente e agli altri enti coinvolti e che le ultime osservazioni sono giunte, alla fine di marzo 2014;
- la guida tecnica sarebbe pertanto pronta per la pubblicazione sul sito web, ma attenderebbe un ultimo nulla osta da parte del Ministero dello sviluppo economico;
- a seguire, la Sogin dovrebbe provvedere a elaborare una carta nazionale delle aree idonee a ospitare il sito sul quale sorgerà il parco tecnologico, comprendente il deposito nazionale dei rifiuti radioattivi, redatta sulla base dei criteri tecnici individuati;
RICORDATO che, già nella XII legislatura di questo Consiglio regionale, fu approvata la mozione n. 110 sul reale pericolo che alcuni territori della Sardegna fossero individuati come siti idonei a conservare le scorie radioattive provenienti dagli impianti nucleari della penisola, con l'impegno di ricorrere (qualora le informazioni confermassero la scelta del territorio della Sardegna quale sede del deposito unico delle scorie nucleari) in tutte le sedi legali contro la violazione delle prerogative statutarie della Regione;
SOTTOLINEATO che i criteri in realtà sono in larga massima già conosciuti, in quanto anticipati nell'audizione dell'ISPRA davanti alle Commissioni permanenti 10° e 13° del Senato, ovvero:
- stabilità geologica, geomorfologica e idraulica;
- confinamento dei rifiuti radioattivi mediante barriere naturali offerte dalle caratteristiche idrogeologiche e chimiche del terreno;
- compatibilità della realizzazione del deposito con i vincoli normativi di tutela del territorio e di conservazione del patrimonio naturale e culturale;
- isolamento del deposito da infrastrutture antropiche e attività umane, da risorse naturali del sottosuolo già sfruttate o di prevedibile sfruttamento, protezione del deposito da condizioni meteorologiche estreme;
RIBADITO che sull'ipotesi che la Sardegna possa essere individuata come sito atto a ospitare il deposito di stoccaggio di "combustibile nucleare esaurito e dei rifiuti radioattivi" i sardi si sono espressi già molto chiaramente in occasione del referendum del 15 e 16 maggio 2011, con un quorum del 60 per cento e una percentuale del 97,64 per cento dei voti, contro "l'installazione di centrali nucleari e siti per lo stoccaggio di scorie radioattive da esse residuate o preesistente",
impegna il Presidente della Regione e l'Assessore regionale della difesa dell'ambiente
a mettere in campo tutte le azioni necessarie atte ad avviare un confronto con il Governo e, in particolare, con i Ministeri dello sviluppo economico e dell'ambiente, finalizzato a evitare che la Sardegna venga inserita tra le aree idonee a ospitare il sito sul quale sorgerà il deposito nazionale dei rifiuti radioattivi. (32).)
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione.
Uno dei presentatori della mozione numero 32 ha facoltà di illustrarla.
SOLINAS ANTONIO (PD). Presidente, l'argomento della mozione, che ho avuto modo di condividere informalmente anche con alcuni colleghi della minoranza consiliare, non è certamente un argomento di parte ma riguarda l'intera isola. È un argomento che questo Consiglio ha affrontato anche nelle passate legislature, è un argomento che i cittadini sardi hanno affrontato direttamente. E l'attenzione dei media nazionali e regionali si è di nuovo concentrata in queste ultime settimane sulla vicenda del deposito unico delle scorie nucleari.
A favorire questo ritorno di attenzione è stata innanzitutto l'approvazione, avvenuta il 4 marzo scorso, del decreto legislativo numero 45, che in attuazione della direttiva dell'EURATOM istituisce un quadro comunitario per la gestione responsabile e sicura del combustibile nucleare esaurito e dei rifiuti radioattivi. Il decreto legislativo fissa al 31 dicembre 2014 la scadenza per la definizione di un "programma nazionale per la gestione del combustibile esaurito e dei rifiuti radioattivi", rendendo di fatto stringente l'individuazione di un sito unico.
A seguire ci sono state poi le dichiarazioni dell'amministratore delegato della SOGIN (la società dello Stato incaricata dello smaltimento delle ex centrali nucleari e della gestione dei rifiuti radioattivi), il quale nel corso di un incontro con le Commissioni ambiente e attività produttive di Camera e Senato ha annunciato che entro maggio di quest'anno, quindi massimo tra una settimana, saranno pubblicati i criteri rilasciati dall'Istituto della protezione e ricerca ambientale (ISPRA), per la mappatura del territorio nazionale e l'individuazione di una decina di siti idonei per il deposito.
Infine, pochi giorni fa, il Ministro dell'ambiente Galletti ha ripercorso, rispondendo a un'interpellanza parlamentare, tutto il percorso di definizione dei criteri per l'individuazione del sito unico ricordando come, su incarico del Ministero dello sviluppo economico, l'ISPRA avesse predisposto, già nel dicembre del 2012, una versione preliminare dei criteri richiesti, elaborandoli sotto forma di guida tecnica sottoposta poi al vaglio dei Ministeri dello sviluppo economico e dell'ambiente e a un processo di revisione internazionale.
La versione aggiornata della guida tecnica è stata poi trasmessa, così ha affermato il Ministro, nel dicembre scorso, ai Ministeri dello sviluppo economico e dell'ambiente e agli altri enti coinvolti. Le ultime osservazioni sono giunte, ha sostenuto il ministro Galletti durante l'intervento in risposta all'interpellanza, a fine marzo del 2014, la guida tecnica sarebbe pertanto pronta per la pubblicazione ma attenderebbe un ultimo nulla osta da parte del Ministero dello sviluppo economico.
A seguire la SOGIN provvederà a elaborare una carta nazionale delle aree idonee a ospitare il sito sul quale sorgerà il parco tecnologico, comprendente il deposito nazionale dei rifiuti radioattivi, redatta sulla base dei criteri tecnici individuati. I criteri in realtà sono in larga massima già conosciuti in quanto anticipati nell'audizione del Ministro davanti alle Commissioni permanenti del Senato, ovvero stabilità geologica, geomorfologia e idraulica; confinamento dei rifiuti radioattivi mediante barriere naturali offerte dalle caratteristiche idrogeologiche e chimiche del terreno; compatibilità della realizzazione del deposito con i vincoli normativi di tutela del territorio e di conservazione del patrimonio naturale e culturale; isolamento del deposito da infrastrutture antropiche e attività umane, da risorse naturali del sottosuolo già sfruttate o di prevedibile sfruttamento, protezione del deposito da condizioni meteorologiche estreme.
Riguardo a questi criteri dico che ci manca poco che scrivessero il nome "Sardegna". Infatti è chiaro che se tali criteri dovessero essere confermati la Sardegna diventerebbe una delle maggiori indiziate a essere individuata come possibile sito per la realizzazione del deposito unico. Su questo la Sardegna e i sardi però si sono già espressi, cari colleghi, molto chiaramente e senza dubbio alcuno, non c'è spazio nella nostra isola per siti nucleari di qualunque tipo.
Vale la pena di ricordare, a noi stessi, al Ministro dell'ambiente, al Governo nazionale, e soprattutto agli smemorati, che i sardi si sono già espressi appena tre anni fa, esattamente in occasione del referendum del maggio 2011, con un quorum del 60 per cento e una percentuale del 97 per cento circa dei voti contro l'installazione di centrali nucleari e siti per lo stoccaggio di scorie radioattive da esse residuate o preesistenti. Non c'è alcun margine dunque per riaprire questioni che tutti quanti reputiamo già chiuse.
Questo Consiglio regionale, di concerto con la Giunta, deve a mio e a nostro avviso individuare le modalità e la tempistica adeguata per ricordare al Governo nazionale e alla SOGIN, con correttezza istituzionale ma allo stesso tempo con grande fermezza e decisione, che la Sardegna ha già dato e che sui temi come questo non esistono governi amici, esiste solo ed esclusivamente l'interesse della Sardegna e dei sardi che nulla ha a che vedere con un deposito di scorie radioattive.
PRESIDENTE. Ricordo che i consiglieri che intendono parlare devono iscriversi non oltre la conclusione del primo intervento. Il tempo è di sei minuti.
È iscritto a parlare il consigliere Emilio Usula. Ne ha facoltà.
USULA EMILIO (Soberania e Indipendentzia). Presidente, abbiamo sottoscritto con convinzione questa mozione perché come forza politica conosciamo e sentiamo la preoccupazione di tutti i sardi di fronte al pericolo di vedere la Sardegna indicata come possibile sito per stoccare questi rifiuti nucleari. La Sardegna è la Regione italiana con la più vasta estensione territoriale di siti di interesse nazionale (SIN), e questo significa per esempio che la Sardegna ha un territorio complessivamente più inquinato di regioni come la Campania e la stessa Lombardia.
Aggiungiamo subito che sulla Sardegna insiste circa il 60 per cento di servitù militari rispetto all'intero territorio nazionale; inoltre, è un dato recentissimo e sarà presto portato all'attenzione di quest'Aula, è stato riscontrato un tasso di inquinamento da metalli pesanti, anche da diossina, nel territorio di Portoscuso oltre i limiti consentiti. Su questo problema ho presentato, a firma di tanti altri colleghi, una mozione che presto verrà discussa.
Questo riscontro certamente ha dato una ulteriore terribile mazzata a una popolazione, a una realtà, a un territorio già inserito tra le zone più depresse dell'intera isola. Deve essere chiaro a tutti però che il danno e la ricaduta negativa di questi dati sull'inquinamento non possono e non si devono circoscrivere a un territorio o a zone delimitate.
Tutto il territorio sardo, tutto il sistema produttivo della nostra regione ne trae un danno che può essere molto difficile sanare; tutta la produzione agroalimentare, la stessa offerta turistica sarda, i due pilastri del nostro futuro economico e sociale, possono essere messi in discussione o addirittura compromessi, da questi dati sull'inquinamento. Come potremmo promuovere ancora la Sardegna nel mondo per il suo clima, per il suo ambiente, per la bontà e la specificità agroalimentare, per l'unicità dei suoi prodotti se oggi dovessimo accettare la proposta, o anche la semplice idea, di trasformare la nostra terra in un vero e proprio immondezzaio nucleare? Oltre al danno la beffa!
Siamo la Regione più penalizzata dal punto di vista dei costi energetici per la mancanza di metano, siamo la Regione con i siti SIN più estesi, siamo la Regione che paga di più in termini di servitù militari. Ancora: blue tongue, peste suina, ne abbiamo parlato anche recentissimamente, stanno facendo della Sardegna una terra di pestilenze; le nostre coste, la nostra ricchezza ambientale e paesaggistica è compromessa e devastata da una cementificazione selvaggia, manca solo il colpo mortale.
Aggiungiamo quindi allo stemma dei 4 mori, sulla nostra bandiera, una croce obliqua nera su sfondo giallo e dichiariamo la Sardegna terra inquinata, militarizzata, terra di pestilenze animali e anche, in ultimo, terra nuclearizzata. Se permettiamo questo, passeremo alla storia come la legislatura che ha assunto il ruolo di accabadora della Sardegna.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il consigliere Modesto Fenu. Ne ha facoltà.
FENU MODESTO (Sardegna). Presidente, non mi dilungo in questo intervento perché condivido fermamente tutte le premesse espresse. Le condivido a tal punto che nel dispositivo in cui si impegna il Presidente della Regione a porre in essere alcune azioni io propongo che anziché scrivere "di avviare un confronto con il Governo" il Consiglio chieda di "respingere ogni possibile azione finalizzata all'inserimento della Sardegna tra le aree idonee a ospitare il sito sul quale sorgerà il deposito nazionale dei rifiuti radioattivi, nel rispetto del referendum del 15 e 16 maggio 2011".
Quindi ribadisco non "ad avviare un confronto" ma "a respingere fermamente". Noi ci siamo già espressi in tal senso e quindi è giusto che lo Stato italiano rispetti la volontà dei sardi.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il consigliere Daniele Cocco. Ne ha facoltà.
COCCO DANIELE (SEL). Credo che ci sia poco da aggiungere a quello che è stato detto nell'illustrazione dell'onorevole Solinas e a quello che ha appena detto l'onorevole Fenu. Partiamo dal 15 e 16 maggio 2011, da un referendum in cui il popolo sardo in maniera netta si era pronunciato contro le installazioni di centrali nucleari e di siti di stoccaggio di scorie radioattive. Abbiamo detto che la Sardegna ha dato, ha già dato troppo e troppo poco o niente ha avuto in cambio. Non siamo più disposti e disponibili a subire passivamente imposizioni dal Governo centrale. Invero siamo pronti a ricevere buone notizie su altre partite: Patto di stabilità e vertenza entrate.
Credo che nel dispositivo toglierei proprio la parola "confronto", perché non dobbiamo aprire nessuna vertenza e nessun confronto su questo, visto che c'è stato un pronunciamento popolare. E da questo dobbiamo assolutamente ripartire. Ribadiamo la netta contrarietà a qualsiasi forma di ulteriore colonizzazione del territorio della Sardegna e siamo assolutamente disponibili a votare favorevolmente la mozione che vede primo firmatario l'onorevole Solinas.
PRESIDENTE. Poiché non vi sono altri iscritti a parlare, ha facoltà di parlare, per la Giunta, l'Assessore degli affari generali, personale e riforma della Regione.
DEMURO GIANMARIO, Assessore tecnico degli affari generali, personale e riforma della Regione. Presidente e onorevoli consiglieri, la Regione autonoma della Sardegna, già nelle precedenti legislature, ha affermato con forza il proprio dissenso alla realizzazione di un sito di raccolta per le scorie nucleari nel suo territorio. Si ricorda che già nel 2003 l'ipotesi di ubicare i siti di raccolta presso la Regione si stava concretizzando e vi era stata una vera e propria sollevazione popolare, con decine e decine di comuni che avevano dichiarato proprio dissenso.
Con il referendum consultivo, che è già stato ricordato, del 15 e 16 maggio 2011, recante il quesito "Sei contrario all'installazione in Sardegna di centrali nucleari e di siti per lo stoccaggio di scorie radioattive?", 848 mila 634 abitanti, corrispondenti al 45 per cento dei votanti, risposero sì, sicuramente affermando la volontà di non vedere il territorio isolano interessato da questo tipo di installazione.
Entro il mese di giugno l'Ispra dovrebbe rendere consultabili nuovi criteri per l'ubicazione dei siti di raccolta, però ci si appella alla direttiva comunitaria 2011/70 Euratom, all'articolo 8, ripreso dal decreto legislativo numero 45 del 2014, per poter avere quanto prima i contenuti e le linee guida tecniche elaborate dall'Ispra, nel pieno spirito di condivisione dei criteri e dei requisiti che assumono per le popolazioni i connotati fondamentali. Qualora sia ipotizzabile, ma la Giunta non è assolutamente d'accordo, individuare possibili siti in Sardegna, vigileremo e assumeremo, sulla base dei in requisiti che l'Ispra ha in corso di elaborazione, ogni iniziativa per contrastare tale evenienza, con ogni mezzo, in considerazione delle gravi ripercussioni che si potrebbero determinare sul territorio isolano sulla base dei seguenti fattori.
Primo, estensioni notevoli di territorio già dedicato in Sardegna alle servitù militari, circa 35 mila ettari, impegno di territorio più alto in Italia con conseguente penalizzazione grave e compromissione ambientale, come già attestato nella base di Perdasdefogu interessata da un pesante inquinamento dovuto a esercitazioni militari. Insularità, che da sempre crea una situazione di penalizzazione per le popolazioni legata alla difficoltà dei trasporti, e che potrebbe creare ulteriori difficoltà per l'individuazione di idonee misure di emergenza e di sicurezza dei trasporti, come già definito a suo tempo dall'Enea.
Infatti questa problematica, legata al trasporto via nave delle scorie radioattive, potrebbe recare possibili implicazioni assolutamente catastrofiche in caso di incidente. Pesanti pregiudizi che si possono determinare in relazione al dichiarato impegno da parte della Giunta regionale di valorizzare il patrimonio ambientale e naturalistico dell'isola. Effetto negativo sui fini turistici considerato che, stante la grave crisi industriale in atto, l'industria turistica e la valorizzazione dell'ambiente rappresentano sicuramente una delle principali ipotesi di sviluppo. Effetti assolutamente negativi dal punto di vista sanitario nei confronti delle popolazioni.
Tutto ciò premesso condividiamo le preoccupazioni rappresentate nella mozione presentata e l'impegno da parte del Presidente, che io in questo caso rappresento insieme all'Assessore dell'ambiente, di assumere tutte le azioni necessarie perché sia data attuazione a quanto rappresentato dai cittadini con il recente referendum ed evitare che la Sardegna venga inserita tra le aree idonee a ospitare il deposito nazionale dei rifiuti radioattivi.
PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la discussione. Ha domandato di parlare il consigliere Antonio Solinas. Ne ha facoltà.
SOLINAS ANTONIO (PD). Presidente, chiedo una breve sospensione per poter definire un ordine del giorno da presentare all'Aula.
PRESIDENTE. Se non ci sono opposizioni, la seduta è sospesa.
(La seduta, sospesa alle ore 18 e 21, viene ripresa alle ore 18 e 35.)
PRESIDENTE. Comunico che è stato presentato un ordine del giorno.
(Si riporta di seguito il testo dell'ordine del giorno:
Ordine Del Giorno Solinas Antonio Cocco Pietro - Pittalis - Anedda - Arbau - Usula - Cocco Daniele Secondo - Dedoni - Desini - Fenu - Rubiu - Solinas Christian sul ventilato inserimento della Sardegna tra le aree idonee ad ospitare il deposito nazionale dei rifiuti radioattivi.
IL CONSIGLIO REGIONALE
a conclusione della discussione delle mozioni n. 32, relativa all' individuazione del sito unico idoneo ad ospitare il deposito nazionale dei rifiuti radioattivi,
PREMESSO che sull'ipotesi che la Sardegna possa essere individuata come sito atto a ospitare il deposito di stoccaggio di "combustibile nucleare esaurito e dei rifiuti radioattivi" i cittadini sardi si sono già espressi molto chiaramente in occasione del referendum del 15 e 16 maggio 2011, con un quorum del 60 % e una percentuale del 97,64 % dei voti contro questa ipotesi;
impegna il Presidente della Regione
a respingere ogni Possibilità che la Sardegna venga inserita tra le aree idonee ad ospitare il sito sul quale sorgerà il deposito nazionale dei rifiuti radioattivi, nel rispetto dell'esito referendario del 15 e 16 maggio 2011. (1).)
PRESIDENTE. La mozione si intende ritirata.
(E' approvato)
Il Consiglio sarà riconvocato a domicilio.
La seduta è tolta alle ore 18 e 37.