Seduta n.342 del 28/08/2012
CCCXLII SEDUTA
MARTEDI' 28 AGOSTO 2012
Presidenza della Presidente LOMBARDO
La seduta è aperta alle ore 16 e 51.
BIANCAREDU, Segretario, dà lettura del processo verbale della seduta del 13 luglio 2012 (334), che è approvato.
PRESIDENTE. Comunico che i consiglieri regionali Gianfranco Bardanzellu, Radhouan Ben Amara, Francesca Barracciu, Eugenio Murgioni, Sergio Obinu, Antonello Peru, Antonio Pitea e Matteo Sanna hanno chiesto congedo per la seduta del 28 agosto 2012.
Poiché non vi sono opposizioni, i congedi si intendono accordati.
Risposta scritta a interrogazione
PRESIDENTE. Comunico che è stata data risposta scritta alla seguente interrogazione:
"Interrogazione Cuccu - Sabatini sull'annunciata chiusura, dal 1° luglio 2012, degli uffici provinciali ACI nelle province del Medio Campidano, dell'Ogliastra e di Olbia-Tempio". (902)
(Risposta scritta in data 10 agosto 2012.)
Annunzio di presentazione di proposte di legge
PRESIDENTE. Comunico che sono state presentate le seguenti proposte di legge:
Manca - Sanna Gian Valerio - Lotto - Sabatini - Solinas Antonio - Espa - Agus - Corda - Diana Giampaolo - Barracciu - Cucca - Moriconi - Meloni Valerio - Bruno: "Istituzione della Rete escursionistica della Sardegna" . (411)
(Pervenuta il 2 agosto e assegnata alla sesta Commissione.)
Piras - Pittalis - Amadu - Bardanzellu - Contu Mariano Ignazio - Floris Rosanna - Gallus - Greco - Lai - Locci - Lunesu - Murgioni - Peru - Petrini - Randazzo - Rodin - Sanjust - Sanna Paolo Terzo - Stochino - Tocco: "Norme per il benessere animale da affezione e la regolamentazione per il loro accesso negli esercizi pubblici, mezzi di trasporto pubblico, negli ospedali e nelle case di riposo, e la realizzazione di spazi verdi, pedonali e spiagge da destinare all'accesso per i cani, finalizzato anche all'incremento del turismo". (412)
(Pervenuta il 2 agosto 2012 e assegnata alla settima Commissione.)
PRESIDENTE. Si dia annunzio delle interrogazioni pervenute alla Presidenza.
BIANCAREDDU, Segretario:
"Interrogazione PLANETTA, con richiesta di risposta scritta, sulla situazione attuale dei dipendenti Abbanoa Spa del distretto n. 6 di Sassari, e più in generale dell'intera Sardegna, dovuta alla cattiva gestione ed alla perdurante mancanza delle risorse necessarie alla società, ancora non trasferite dalla Regione". (927)
"Interrogazione COSSA, con richiesta di risposta scritta, sul ruolo dei conducenti di veicoli o natanti adibiti al servizio di trasporto pubblico non di linea". (928)
"Interrogazione CAMPUS, con richiesta di risposta scritta, sulla mancata applicazione del comma 4 dell'articolo 6 della legge regionale 4 agosto 2011, n. 16". (929)
"Interrogazione LOTTO, MELONI Valerio, MANCA - BRUNO, con richiesta di risposta scritta, sul programma di risanamento e rilancio dell'attività della Fondazione San Giovanni Battista di Ploaghe". (930)
"Interrogazione ZUNCHEDDU, con richiesta di risposta scritta, sulle modalità, i tempi e i costi a carico della Regione previsti per i detenuti in regime di 41 bis che verranno trasferiti nelle carceri sarde". (931)
"Interrogazione MELONI Valerio - BRUNO - LOTTO - MANCA - CORDA, con richiesta di risposta scritta, sulla insostenibile condizione gestionale in cui si trova il Parco di La Maddalena". (932)
PRESIDENTE. Si dia annunzio delle interpellanze pervenute alla Presidenza.
BIANCAREDDU, Segretario:
"Interpellanza SANNA Gian Valerio sul ventilato smantellamento del Museo unico regionale dell'arte tessile di Samugheo". (351/C-8.)
"Interpellanza COCCO Daniele Secondo - ZUNCHEDDU - URAS - SECHI - CUGUSI sulla gravissima situazione che sta interessando il territorio sardo a causa della inerzia dell'Amministrazione regionale nel porre in essere gli adempimenti conseguenti agli impegni assunti con l'approvazione dell'articolo 15, comma 17, della legge regionale 30 giugno 2011, n. 12". (352)
"Interpellanza DIANA Giampaolo sulla rimodulazione del bando di gara relativo al Progetto Scuola digitale/Semidas". (353)
"Interpellanza DIANA Giampaolo - COCCO Pietro sulla deliberazione della Giunta regionale n. 34/40 del 2012 relativa allo scioglimento degli organi del Consorzio industriale della Provincia di Carbonia-Iglesias e alla nomina del commissario straordinario". (355)
PRESIDENTE. Si dia annunzio della mozione pervenuta alla Presidenza.
BIANCAREDDU, Segretario:
"Mozione Cocco Daniele Secondo - Uras - Sechi - Cugusi - Salis - Mariani sulla rimodulazione del piano di dimensionamento delle istituzioni scolastiche e di ridefinizione della rete scolastica e dell'offerta formativa per l'anno scolastico 2012-2013, a seguito dell'intervento della Corte costituzionale di cui alla sentenza n. 147/2012". (200)
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della mozione numero 201.
(Si riporta di seguito il testo della mozione:
Mozione Pittalis - Diana Giampaolo - Steri - Uras - Dedoni - Sanna Giacomo - Diana Mario - Salis sul necessario, immediato e risolutivo intervento del Governo italiano a difesa dell'intero apparato industriale e produttivo sardo, a partire dal mantenimento e sviluppo delle attività di filiera dell'alluminio nel territorio del Sulcis-Iglesiente, provvedendo nel caso anche ad impedire, con l'adozione di strumenti straordinari, ogni eventuale azione finalizzata alla fermata degli impianti Alcoa.
IL CONSIGLIO REGIONALE
premesso che:
- con gli ordini del giorno n. 76 e n. 80 del 2012 ha posto più volte all'attenzione delle massime responsabilità di Governo regionale e nazionale la situazione del sistema industriale e produttivo isolano, devastato da un progressivo smantellamento di ogni linea di attività di rilievo e ulteriormente colpito dall'attuale crisi economico-finanziaria;
- la situazione sociale ed economica dei territori a vocazione industriale è ormai a livelli insostenibili sul piano occupazionale, economico, delle condizioni di vita delle comunità interessate e, in questo quadro, il Sulcis-Iglesiente è ormai considerata in Italia e in Europa tra le province, una delle più povere, simbolo della più generale condizione di disagio che colpisce la Sardegna;
premesso inoltre che:
- la multinazionale dell'alluminio Alcoa ha annunciato l'irrevocabile decisione di ridurre le proprie attività produttive in Italia e in Europa, dichiarandosi, peraltro, disponibile a favorire la cessione del proprio stabilimento sito in Sardegna, a Portovesme, nel Comune di Portoscuso, ad altra qualificata impresa industriale;
- su iniziativa dei lavoratori e delle loro rappresentanze sindacali, le istituzioni regionali e locali, Alcoa e il Governo hanno concordato di mantenere attivo l'impianto e di sospenderne la chiusura almeno fino al 31 dicembre 2012 al fine di acquisire le necessarie disponibilità e formali manifestazioni di interesse da potenziali acquirenti;
- le procedure attivate a seguito dei predetti accordi inizialmente orientate ad ipotesi di cessione degli impianti ad Aurelius (fondo di investimenti svizzero) si sono rivelate prive di concrete prospettive;
- il Ministero dello sviluppo economico (MISE), in considerazione di tale situazione, ha inteso ed intende verificare se gli altri due potenziali acquirenti, ovvero il fondo Klesh, che però non risulterebbe particolarmente interessato all'acquisizione, e la multinazionale Glencore, che invece appare decisamente più affidabile, siano disponibili allo sviluppo delle trattative per il subentro in proprietà dello stabilimento di Portovesme;
- entro la fine del mese di agosto e i primi giorni di settembre si dovrebbero svolgere gli incontri più significativi con quest'ultima società (Glencore) al fine di accertarne le reali intenzioni di acquisizione degli impianti, in un primo momento valutate negativamente in relazione alle condizioni poste in ordine al costo dell'energia e giudicate non economicamente compatibili dai competenti esponenti governativi;
premesso altresì che il Consiglio regionale con proprio ordine del giorno n. 75, a conclusione della discussione della mozione n. 161, il 26 gennaio 2012 ha impegnato il Presidente della Regione e la Giunta regionale, tra l'altro:
1) a ottenere dal Governo nazionale la conferma della valenza strategica nazionale della filiera dell'alluminio e, conseguentemente, dello smelter di Portovesme;
2) a richiedere ad Alcoa il mantenimento in attività degli impianti almeno per tutto il 2012 in modo da consentire alla Regione ed al Governo un periodo di tempo adeguato a valutare soluzioni alternative in grado di garantire la prosecuzione dell'attività e il riavvio di tutta la filiera dell'alluminio;
3) a richiedere, in ogni caso, alla società Alcoa l'osservazione scrupolosa delle prescrizioni previste dal piano di bonifica del sito di Portovesme con interventi adeguati a consentire il totale ed integrale ripristino dello stato dei terreni, dei sottosuoli e delle falde, senza che si determini aggravio di spesa a carico dei bilanci pubblici delle istituzioni regionali e locali;
4) a promuovere il potenziamento delle infrastrutture del sito industriale, in particolare del porto e della viabilità per assicurare competitività internazionale agli impianti industriali di Portovesme, intervenendo anche tramite un utilizzo adeguato di assegnazioni statali e comunitarie;
5) ad attivare un tavolo di confronto con Enel per il riavvio della centrale a vapore da 240 MW e perché contestualmente si promuovano con autorevoli mediazioni governative i necessari accordi bilaterali con le aziende energivore del territorio, intervenendo nel contempo a verificare le possibili soluzioni strutturali ed eco-sostenibili per il definitivo superamento delle problematiche energetiche determinate dalle differenze di costo con le regioni e le realtà industriali maggiormente competitive in Italia ed Europa;
6) ad attivare, immediatamente, un'azione di pressante sostegno e sensibilizzazione dei soggetti idonei del mercato internazionale disponibili a rilevare le attività di produzione di alluminio di Alcoa in Portovesme;
considerato che:
- tali impegni risultano nella sostanza ancora attuali e necessari alla positiva soluzione della vertenza;
- inoltre, la difesa della filiera industriale e produttiva dell'alluminio appare assumere il valore simbolico della necessaria difesa e rilancio delle attività industriali competitive e di pregio in Sardegna, in Italia e in Europa, in grado di qualificare concretamente una inversione rispetto ai processi demolitivi delle attività produttive in area euro, oltre che possibilità vere di sviluppo e crescita dell'economia e dell'occupazione,
impegna il Presidente della Regione e la Giunta regionale e
impegna solennemente anche l'intero Consiglio regionale
1) a perseguire con ogni mezzo politico, normativo, finanziario e legale gli obiettivi citati in premessa, ivi compresi quelli già contenuti nel citato ordine del giorno n. 75 del 2012 e, in ogni caso, a scongiurare l'avvio delle procedure di fermata degli impianti al fine di non compromettere gravemente qualsiasi prospettiva di difesa e sviluppo dell'attività della filiera produttiva di alluminio considerata produzione industriale strategica in Sardegna e in Italia;
impegna il Presidente della Regione e la Giunta regionale
a riferire costantemente al Consiglio regionale sullo sviluppo della vertenza, sulle trattative con il Governo, le Autorità europee e i soggetti imprenditoriali coinvolti, al fine delle necessarie valutazioni;
a tal fine lo stesso Consiglio regionale è convocato in via permanente fino alla acquisizione delle necessarie garanzie di prosecuzione delle attività di impianto almeno fino alla data del 31 dicembre 2012 inteso come termine minimo per la verifica delle manifestazioni di interesse all'acquisto dello stabilimento Alcoa e alla ripresa delle prospettive di prosecuzione dell'attività produttiva della intera filiera dell'alluminio.)
PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Capelli. Ne ha facoltà.
CAPELLI (Sardegna è già Domani). Presidente, qualora fossero d'accordo i colleghi, chiedo, se è possibile, che il Presidente della Regione o l'Assessore dell'industria ci aggiornino sulla situazione ad horas della trattativa Alcoa, in modo tale che il dibattito si possa svolgere non in forma ripetitiva, anche rispetto agli ordini del giorno approvati in precedenza, ma basandosi su fatti reali, di cui magari non siamo a conoscenza o sui quali non abbiamo aggiornamenti.
PRESIDENTE. Se non ci sono opposizioni, do la parola alla Giunta per una introduzione rispetto agli sviluppi della situazione richiamata.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare l'Assessore dell'industria.
ZEDDA (P.d.L.), Assessore dell'industria. Presidente, anche in considerazione di quanto appena richiesto, inizio con una breve cronistoria della vertenza Alcoa, partendo dalle origini. Era il 9 gennaio del 2012 quando al Ministero dello sviluppo economico (Mise) Alcoa annunciava unilateralmente, in modo drastico e con posizione rigida, al Governo e alla Regione il proprio intendimento di procedere alla chiusura dello stabilimento di Portovesme, ritenuto non più competitivo. La rigidità riguardava in particolare il cronoprogramma della chiusura e soprattutto l'avvio immediato del processo di mobilità di tutto il personale. La Regione in quel contesto si è immediatamente mobilitata per contrastare questa ipotesi. Fu lo stesso Consiglio regionale, con un ordine del giorno unitario, il numero 75 del 26 gennaio 2012, a sottolineare l'esigenza che fosse scongiurata la chiusura dello stabilimento e interrotto il processo di mobilità dei lavoratori, impegnando la Giunta regionale ad agire in conformità. Per ottenere questi importanti risultati era però indispensabile non solo la disponibilità dell'azienda, ma anche che il Governo nazionale mettesse in campo quelle azioni che avrebbero potuto consentire di arrivare a una soluzione della vertenza, con il coinvolgimento di tutte le istituzioni del territorio interessato e delle organizzazioni sindacali, oltre che di tutte le forze lavorative.
Si arrivò così, dopo alcuni mesi, all'accordo del 28 marzo, quando, a tarda notte, dopo un'impegnativa giornata di trattative con l'azienda e alla presenza del ministro Passera, che giocò un ruolo veramente importante, si riuscì a tradurre quella posizione unitaria della Sardegna, frutto della coesione creatasi tra i parlamentari, i consiglieri regionali, i rappresentanti dei nostri territori, le organizzazioni sindacali e i lavoratori, in un accordo con l'azienda, la quale rimuoveva in gran parte la propria rigidità e consentiva di riaprire le speranze per i lavoratori su un possibile futuro per lo stabilimento. Grazie alla sottoscrizione di quell'accordo i lavoratori dell'Alcoa e la Sardegna unita riuscirono in quello che qualche giorno prima sembrava impossibile. Grazie a quell'accordo la Sardegna riuscì a rimuovere la spada di Damocle che incombeva sulle teste di quei lavoratori, nessuno dei quali sarebbe stato messo in mobilità. Con quell'accordo furono anche definite le condizioni per poter, in un arco temporale adeguato, porre in essere tutte le azioni finalizzate a creare il contesto in cui un nuovo operatore potesse acquisire lo stabilimento di Portovesme. Ognuno avrebbe dovuto fare la sua parte, così era previsto nell'accordo. Il Governo in particolare avrebbe dovuto assicurare, per gli approvvigionamenti energetici, condizioni tariffarie, sia per il breve periodo che, con soluzioni strutturali, per il medio e lungo periodo, in linea con quelle dei principali competitori internazionali; la Regione dal canto suo avrebbe dovuto provvedere all'ammodernamento e al potenziamento delle infrastrutture del sito industriale e in particolare di quelle portuali, riorientando a tal fine le risorse del proprio Programma attuativo regionale Fas (Par Fas) entro un più complessivo piano di rilancio.
Come sapete, il 31 luglio scorso la Giunta ha approvato e portato all'attenzione del territorio, delle organizzazioni sindacali e del Consiglio regionale un'apposita de[PS1] libera, pertanto la Regione ha assolutamente assolto il suo compito. La multinazionale Alcoa si era resa disponibile a seguire un percorso più accettabile per la sua fuoruscita e ad assicurare il supporto necessario per favorire l'ingresso di un nuovo operatore interessato a dare continuità alla produzione dell'alluminio primario.
Diciamo che dalla sottoscrizione dell'accordo fino allo scorso mese di luglio si è lavorato in questa direzione. In particolare, risulta un impegno del Governo per poter assicurare continuità nel breve periodo (almeno un triennio) alle soluzioni tariffarie energetiche attualmente praticate, basate sull'interrompibilità e sulla superinter[PS2] rompibilità dell'energia elettrica, che ovviamente sono già nella disponibilità delle due isole principali, Sardegna e Sicilia. Ovviamente la scadenza è prevista al 31 dicembre 2012, termine che dovrà essere prorogato, e pertanto la superinterrompibilità dovrà essere riapprovata dall'Unione europea. Nel contesto, d'intesa con la Regione, è stata prospettata ai competenti Uffici dell'Unione europea un'ipotesi di superinterrompibilità strutturale, quella attuale, riconfermabile quindi nel medio e lungo periodo, o in alternativa un'ipotesi che alla scadenza dei tre anni di proroga degli attuali regimi di superinterrompibilità consenta alle aziende energivore di beneficiare contestualmente per sei anni, rinnovabili per altri sei, dei benefici dell'interrompibilità e dell'interconnector.
La Regione, com'è noto, e come ho sottolineato prima, ha approvato lo scorso 31 luglio il Piano Sulcis. L'Alcoa ha in questo periodo avviato delle trattative. La Regione e il Governo hanno svolto un ruolo fino a che occorreva dare impulso a queste trattative, che poi sono ovviamente diventate di carattere privatistico e pertanto la multinazionale ha attivato con gli interessati la cosiddetta due dilige[PS3] nce,fino a esplorare per proprio conto la forma definitiva per arrivare alla lettera d'intenti. Ovviamente questo aspetto è rimasto molto più nella disponibilità del Governo nazionale. Noi, come Regione, siamo stati informati periodicamente, e così pure il territorio interessato, ma sinceramente devo dire che anche per noi c'è stato un momento molto difficile ai primi di agosto, quando è arrivata la doccia fredda di una trattativa molto complicata e quasi interrotta con il gruppo Aurelius, che era stato prescelto da Alcoa per attivare la due diligence fino alla lettera d'intenti, per cui abbiamo cercato da subito di comprenderne di più. Formalmente le ragioni sono quelle che evidenzia Alcoa, e cioè la scarsa credibilità e la scarsa consistenza economico-finanziaria del gruppo Aurelius. Per contro il Governo ha fatto degli approfondimenti e ha richiesto delle integrazioni, proprio a seguito della trattativa di carattere finanziario ed economico, per valutare la consistenza dell'offerta del gruppo Aurelius. Devo dire, per quanto riferitoci dal sottosegretario De Vincenti, che l'Aurelius non ha fornito a oggi alcuna integrazione atta a chiarire la propria posizione.
A questo punto siamo arrivati alla necessità di doversi rincontrare e nel corso del mese di agosto si è preso l'impegno di riaprire completamente la strada dello scouting a livello nazionale e internazionale di altre società interessate. Insieme al presidente Cappellacci, proprio nell'ultimo incontro abbiamo con forza ribadito la necessità di riesplorare le strade già percorse con le multinazionali che si sono mostrate interessate allo smelter di Portovesme e abbiamo chiesto che fosse incrementata l'attività per la ricerca di altre multinazionali interessate. Credo, Presidente, che per ora possa bastare. Nel corso del dibattito darò ulteriori informazioni. Grazie.
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione.
Ricordo che i consiglieri che intendono prendere la parola devono iscriversi non oltre la conclusione del primo intervento e che il tempo a disposizione per ciascun intervento è di dieci minuti.
E' iscritto a parlare il consigliere Locci. Ne ha facoltà.
LOCCI (P.d.L.). Signora Presidente, il nostro Assessore dell'industria ha esposto in maniera direi molto precisa, soprattutto dal punto di vista cronologico, gli eventi che si sono succeduti negli ultimi otto mesi. Vorrei semplicemente mettere in evidenza due aspetti che sono stati segnalati, in particolare gli intenti che erano stati messi nero su bianco con l'accordo del marzo ultimo scorso tra la Regione sarda e il Governo centrale. Da quel che ci risulta alla Regione era stato chiesto di attivare tutte le possibilità per avere gli ammortizzatori sociali nell'eventualità che ce ne fosse stato bisogno, e questo la Regione lo ha fatto nel mese di aprile.
Uno degli impegni previsti nel protocollo d'intesa citato dall'Assessore era quello per cui la Regione sarda avrebbe dovuto cercare di colmare il gap infrastrutturale, soprattutto in riferimento alla portualità di Portovesme, che creava e crea, purtroppo, grossi problemi alle industrie che afferiscono al porto. La Regione, come è stato detto, con la delibera del 31 luglio sul Piano Sulcis ha previsto di rimettere in moto tutta una serie di fondi che già esistevano in capo al consorzio industriale di Portovesme, dando la disponibilità a incrementare i fondi e risolvere in maniera organica e definitiva il problema infrastrutturale. L'altro impegno che è stato citato dall'Assessore è l'impegno governativo: il Governo, in sostanza, ha indicato un percorso tecnico, che è quello della superinterrompibilità, per arrivare a un abbattimento dei costi energetici intorno al 40 per cento. Contestualmente l'azienda che sarebbe dovuta subentrare all'Alcoa avrebbe dovuto, attraverso un bando, partecipare al cosiddetto interconnector, che poi è un sistema di interconnessione europea che permette di ottenere un risparmio energetico.
Detto questo, ci sono comunque a questo punto delle responsabilità che, a mio modo di vedere, bisogna cercare sul fronte governativo, perché la Regione ha preso due impegni, li ha sottoscritti e li ha mantenuti. Il Governo ha sottoscritto due impegni teorici, che possono essere anche avallati, e ha portato avanti la trattativa con l'Aurelius in maniera unilaterale, per quel che risulta a me, senza coinvolgere la Giunta regionale, ma solo mettendola al corrente, sempre in maniera postuma, delle trattative in corso, per poi arrivare al dunque e scoprire che l'Aurelius è una multinazionale che non ha le risorse necessarie per poter acquisire l'Alcoa. A questo punto qualche sospetto a un modesto rappresentante del territorio viene, cioè qui bisogna che le forze sindacali, come hanno fatto giustamente quelle territoriali, cerchino di richiamare l'attenzione dei rappresentanti nazionali e di coinvolgerli. E aggiungo che noi, invece, come parte politica dobbiamo richiamare alle proprie responsabilità il Governo Monti e, consentitemi, il sottosegretario De Vincenti, che è colui che si occupa di tutte le vertenze del Sulcis, perché è ora che il presidente Monti si degni di dare un'occhiata a quelle che sono le vertenze che si sono aperte in Sardegna, perché la vertenza Sulcis è solo la punta dell'iceberg,posto che stiamo vivendo non solo sul piano industriale, ma anche su quello sociale ovviamente, una situazione disastrosa e veniamo trattati, bisogna dirlo con chiarezza, come se fossimo ai confini dell'impero. Quando i Sardisti fanno questo tipo di critica io personalmente concordo con loro, perché gli eventi che si sono succeduti in questi tre anni di mia esperienza in questo Consiglio regionale purtroppo mi portano a questa conclusione.
A oggi noi siamo creditori nei confronti dello Stato di un miliardo di euro di nuove entrate, che ancora non ci sono state date, nonché di un miliardo di euro di fondi Fas. Siamo in una situazione di sottosviluppo paurosa e bisogna cominciare ad alzare la testa. Spero che lo si faccia in maniera unitaria, però se non portiamo la protesta a Roma e non ci facciamo sentire in maniera forte dubito che possiamo arrivare al risultato che auspichiamo. In altre circostanze lo abbiamo fatto e abbiamo portato il risultato a casa.
Non voglio dilungarmi, perché c'è il rischio di ripetersi, però qui non bisogna nemmeno fare troppi campanilismi dicendo: "Sempre il Sulcis!". Questo lo dico per i colleghi degli altri territori, perché oggi esiste il problema del Sulcis, ma in tempi medio-brevi avremo altri problemi da affrontare: il problema della E.ON a Porto Torres, per esempio, e tutti i problemi presenti in altre zone, anche della Sardegna centrale, compresa Ottana. Allora se, come classe dirigente sarda, prendessimo coscienza di questo e, una volta per tutte, andassimo al Mise a levare la sedia da sotto il sedere a qualche direttore generale forse non faremmo male.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Pietro Cocco. Ne ha facoltà.
COCCO PIETRO (P.D.). Presidente del Consiglio, Presidente della Regione, colleghi, credo che stiamo affrontando la vertenza Alcoa in una situazione davvero drammatica, in cui il tempo a disposizione non gioca a favore. Questo Consiglio regionale oggi affronta una vicenda che più propriamente abbraccia un intero territorio, un'intera isola, la Sardegna, ma che tocca il Sulcis-Iglesiente nel profondo, perché lì migliaia di persone rischiano di perdere il posto di lavoro. Chiudere gli impianti dell'Alcoa significa decretare la morte del comparto produttivo dell'alluminio in Italia, perché l'unica produzione di alluminio decente è proprio a Portovesme. Per la Sardegna, e in particolare per il Sulcis-Iglesiente, si tratterebbe di una ferita profonda, talmente profonda che per poterla curare ci vorrebbe tantissimo tempo. E il tempo - è sempre questo l'elemento importante che bisogna tenere sotto controllo - è talmente ridotto che è inevitabile e urgente chiedere una proroga della scadenza del 3 settembre, data in cui si prevede l'avvio delle procedure di chiusura degli impianti.
L'Alcoa a questo punto non scherza, lo diceva prima l'Assessore, raccontando la storia di questa vicenda a partire dall'inizio di quest'anno, momento nel quale questo argomento è stato preso in mano. Va però ricordato, anche al collega Locci, che mi è parso abbastanza approssimativo nell'affrontare la questione, che la vicenda Alcoa non è nata né a gennaio di quest'anno né a metà dello scorso anno, ma è datata nel tempo e avrebbe dovuto essere affrontata molto meglio e molto prima.
Va detto con forza al Governo che il protocollo siglato il 27 marzo di quest'anno va rispettato. E' vero che nell'impegno preso direttamente dal ministro Passera l'Alcoa non era stata chiamata direttamente in causa. Noi eravamo presenti - c'ero anch'io - con una delegazione di questo Consiglio regionale e dei comuni del Sulcis-Iglesiente, che sono impegnati in prima linea e sono stati convocati in quest'aula per discutere della questione e assistere in qualche modo al tentativo di sanare una ferita che il Sulcis non può assolutamente permettersi. Ma l'Alcoa va chiamata direttamente alle sue responsabilità e al mantenimento degli impegni sottoscritti, che finora non ha onorato, a dir la verità fino in fondo, perché è vero che si era detto che il 31 agosto, se non ci fosse stata una chiusura delle trattative, si sarebbe dovuto dare avvio a quanto concordato, però le questioni della interrompibilità e della superinterrompibilità, che hanno scadenza al 31 dicembre di quest'anno, sono ancora al vaglio del Ministero. Io credo che il Governo regionale abbia fino in fondo il dovere di dare alle potenziali imprese acquirenti degli impianti di Portovesme la possibilità di avere garanzie concrete, e da questo punto di vista le responsabilità non sono di tutti.
Faccio un richiamo alle responsabilità trascinato un po' dall'intervento di chi mi ha preceduto. Probabilmente oggi non è il momento nel quale cercare responsabilità; questo è il momento nel quale dobbiamo cercare unità, si dirà, perché è necessario innanzitutto guardare alla pelle di uomini e donne che soffrono per una vicenda come questa, sulla quale dobbiamo mettere una pezza, un'ulteriore pezza per avere tempo a disposizione per trattare. Si è detto che i possibili acquirenti, come quelli del fondo di investimenti svizzero Aurelius, non sono stati ritenuti credibili perché non in grado di dare sufficienti garanzie finanziarie per affrontare le cose. Però ci sono altri possibili acquirenti.
Assessore, Presidente, devo dire che le fasi delle trattative mi paiono abbastanza nebulose, per questo pongo un interrogativo: per quale ragione la Regione non ha preteso di essere parte fino in fondo al tavolo delle trattative, comprese quelle che devono essere condotte dall'Alcoa con i suoi partner, nonostante sia una questione prettamente privatistica? Qua si tratta del futuro di un territorio, si tratta di decidere di un territorio che ha dato ai signori delle multinazionali (non solo Alcoa, ma anche altre multinazionali presenti nella nostra regione) un territorio prezioso che esse hanno sfruttato fino in fondo e per il quale devono rendere conto. E questa Assemblea, che è la massima espressione di questa Regione, e l'Esecutivo regionale, che rappresenta l'operatività di questa Regione, devono essere presenti al tavolo delle trattative; quando vanno fino in fondo, le trattative non possono essere lasciate al caso, perché il tempo - ribadisco il tempo - è talmente ridotto che non possiamo permetterci cose di questo tipo. Non possiamo assolutamente permettercele! Dobbiamo essere incisivi e dobbiamo esserlo fino in fondo. Non si può essere approssimativi, non si può dire che è colpa di Monti, pur con tutti i disastri che può aver combinato. Qua non ci sono difensori di Monti, non interessa a nessuno prendere le sue difese, ma non è questo il punto. Si tratta di una vicenda talmente vecchia nel tempo che non può essere scaricata su quelli che tentano di curare il male creato da altri. Il problema è questo.
E allora dobbiamo essere seri fino in fondo e le responsabilità, caro collega, non vanno cercate e scaricate così, in maniera approssimativa e abbastanza superficiale, perché non è questo il punto. Quella dell'Alcoa è una vicenda datata nel tempo, alla quale occorre trovare soluzioni rapide. Oggi è il 28 agosto 2012, il 3 settembre parte lo spegnimento delle prime cinque celle elettrolitiche, il che significa che non c'è molto tempo a disposizione, perché se anche non ci dovesse essere una gestione controllata della chiusura dell'azienda, anche la possibilità di riprendere per i capelli, in corso di chiusura, questa vertenza andrebbe fallita. E allora che cosa si fa stasera, cosa si decide, che ruolo deve avere questo Consiglio regionale? Questo è il tema della riunione di oggi, non quello di raccontarci cose che già conosciamo.
Sappiamo che Alcoa è una multinazionale che produce 3,6 milioni di tonnellate di alluminio all'anno, che fa utili in tutto il mondo, che sta realizzando una fabbrica nuova, con un investimento di 11 miliardi di euro, in Arabia Saudita, luogo nel quale il costo dell'energia è molto inferiore a quello praticato qui. Il tema portante è poi proprio quello del costo dell'energia, un problema strutturale del quale si discute da un sacco di tempo. E vivaddio questa Giunta regionale governa questa regione da tre anni e mezzo, non da due giorni! E se non si può dire, per non essere equiparati al collega Locci, che ha affrontato la questione approssimativamente, che tutte le responsabilità ricadono su questa Giunta - non si può assolutamente dire questo -, certamente questa Giunta si trova a governare questo momento storico ed è ad essa che dobbiamo chiedere conto e sollecitare risposte alle questioni che devono essere affrontate. Questo non significa scaricare le responsabilità. Noi tutti siamo solidali con i lavoratori, ma non si può essere solidali solo a parole, perché il tempo delle parole credo sia finito. E' tempo di dare risposte e di essere concreti nel trovare soluzioni.
Nel 1996 l'Alcoa ha rilevato l'impianto dell'ex Alumix (gruppo Efim); lo ha rilevato per pochi spiccioli, in un territorio straordinariamente bello, lo ha utilizzato e ha realizzato utili. Ieri ho partecipato a un'assemblea tenutasi all'Alcoa, durante la quale andando in giro per la sala ho notato dei manifesti incorniciati dall'azienda che raccontano di una fabbrica molto bella, che propaganda se stessa e i suoi prodotti e pare essere assolutamente inserita nel contesto sociale di un territorio al quale vuole bene. L'Alcoa vuole bene ai lavoratori, alle loro famiglie, a tutti quanti, il che però contrasta violentemente con quello che sta invece dicendo in questi giorni, ovvero che chiuderà, e basta.
Ora, non mi meraviglio per questo, le multinazionali non hanno cuore, non pensano ai sentimenti della gente, alle famiglie bisognose o ai territori che hanno occupato e che abbiamo permesso loro di occupare. Le multinazionali pensano a fare profitti ed è anche abbastanza logico in un regime di mercato, in un sistema capitalistico nel quale il mondo del danaro, del profitto, vive e determina le regole del gioco. Mi meraviglia invece l'assoluta tranquillità con la quale si affrontano le questioni, il silenzio assordante che accompagna i tempi che abbiamo scandito dal 27 marzo fino a oggi. I termini previsti nell'accordo sottoscritto erano perentori, lo sapevamo tutti, per cui in quel periodo occorreva vigilare ed essere più concreti. Non esistono le ferie, non esistono periodi nei quali bisogna stare fermi. Ognuno ha le sue responsabilità e tutti noi dobbiamo essere chiamati alle nostre.
In questo contesto si inserisce, in questi giorni, la vicenda della Carbosulcis, la cito soltanto e non per offuscare la questione Alcoa. Stasera discutiamo dell'Alcoa perché i termini di scadenza perentori e assolutamente urgenti riguardano la vicenda Alcoa, quindi giustamente si è evitato di mischiare le due questioni, però Alcoa e Carbosulcis vanno tirate in ballo perché la questione della Carbosulcis è anch'essa legata al progetto integrato di realizzazione di una centrale termoelettrica, con cattura e stoccaggio di CO2, che produca energia a prezzi competitivi per le industrie. Infatti pagare nella nostra regione 110 euro a megawattora contro i 55 euro che si pagano nel resto del continente europeo evidentemente non rende la Sardegna abbastanza competitiva. Anche questo stride pesantemente, violentemente con il parco eolico presente nel Sulcis-Iglesiente, il più grande d'Europa. Sono stati fatti impianti eolici giganteschi qui da noi, ma tutta questa energia dove va a finire? Non dovrebbe essere messa al servizio delle fabbriche a prezzi competitivi affinché possano stare sul mercato e reggere il peso violento del costo dell'energia in Sardegna? Invece no, ancora una volta non è così, perché ci sono altre questioni. Anche per quanto riguarda la Carbosulcis ci sono responsabilità oggettive di questo Governo regionale, lo voglio dire chiaramente; responsabilità concrete, come quelle riguardanti coloro che sono stati nominati per gestire l'azienda, sulle quali non si può soprassedere.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Oppi. Ne ha facoltà.
OPPI (U.D.C.-FLI). Onorevoli colleghi, mi piacerebbe che il mio intervento in questo dibattito fosse particolarmente breve ma incisivo, posto che qui dentro tutti parlano fin troppo ed è invece tempo di agire. Pochissime ore ci separano dalla decisione annunciata dall'Alcoa di fermare i suoi impianti, con una scelta che non ammetterà passi indietro, perché il processo di arresto delle macchine è irreversibile, se non a costi economici enormi. Fermare la produzione ha un costo incredibile, è un suicidio, non possiamo assolutamente permetterlo. Queste poche ore devono essere utilizzate dal Consiglio regionale - spero nella sua interezza, perché davvero maggioranza e opposizione hanno senso in circostanze come questa e ognuno qui dentro ha le sue responsabilità, da vent'anni - per approntare una strategia complessiva per un problema che certo riguarda l'Alcoa, ma riguarda anche, come ha detto poc'anzi il collega Cocco, l'Eurallumina, la Carbosulcis, la Portovesme Srl, cioè le industrie energivore del territorio del Sulcis.
La questione alla quale dovremo approntare una soluzione è quella dell'energia, ma per aderire all'ordine del giorno odierno e arrivare, con un ragionamento più articolato, a spiegare la nostra idea sull'intera materia, mi pare giusto fornire all'Aula alcuni elementi che la discussione non ha fatto emergere, e cioè di dati di fatto che probabilmente non sono noti a tutti. Qualche errore è stato commesso anche poc'anzi. Nel gennaio di quest'anno abbiamo saputo informalmente e riservatamente che l'Alcoa era intenzionata a chiudere gli stabilimenti spagnoli e quello di Portovesme, vista la grande crisi del comparto dell'alluminio. Sempre riservatamente, il 17 gennaio di quest'anno il Ministero dello sviluppo economico si è interessato del problema, chiedendo a una delle grandi aziende che operano nel territorio del Sulcis, la Glencore, una possibile attenzione per la linea di produzione dell'Alcoa. E infatti la settimana successiva, e precisamente il 24 gennaio, il presidente Cappellacci, il sottosegretario di Stato allo sviluppo economico, De Vincenti, e i rappresentanti della Glencore si sono incontrati a Roma, presso il Ministero. In quella sede la Glencore ha manifestato un possibile interessamento all'acquisizione dell'Alcoa. In rapida sequenza, nel mese di febbraio 2012, tra l'Alcoa e la Glencore c'è stato uno scambio formale di documentazione, cosa che viene troppo spesso negata, un accordo di riservatezza, una due diligence, come si suol dire, sui bilanci e i conti dell'azienda, nonché una formale - dico formale - manifestazione di interesse da parte della Glencore per l'acquisto dell'Alcoa. Se ci fosse qualche dubbio ho qui il documento firmato in quella circostanza da Fontecchio per l'Alcoa e da Goldberg per la Glencore, quindi nessuno neghi un dato che è certo.
Inspiegabilmente, o meglio assai "spiegabilmente", durante il mese di aprile le trattative si arenano. Il sottosegretario De Vincenti, che è forse più bello che bravo, immaginate un po', forse catturato dal canto di qualche sirena, si fa uccel di bosco e si fanno avanti strane notizie di altre trattative tra l'Alcoa e soggetti che non hanno mai operato nel nostro territorio e non godono peraltro di ottima reputazione internazionale. Comunque sulla vicenda cala uno strano silenzio. Evidentemente queste trattative (mi riferisco all'Aurelius, giusto per non lasciare spazio ad ambiguità) non hanno successo, se è vero com'è vero che soltanto il 6 agosto il sottosegretario De Vincenti - ho qui il documento - si fa avanti con la Glencore per riprendere le trattative. Il resto è storia nota, cioè l'incontro del 31 agosto, alle ore 11.
Fatta chiarezza sullo svolgimento dei fatti, ci interessa sottolineare alcuni punti. In primo luogo una considerazione di metodo: a noi interessa salvare un'importante realtà produttiva e i posti di lavoro; non siamo difensori di una soluzione piuttosto che di un'altra, ma è indubbio che nel momento in cui abbiamo sul territorio un'azienda nota per la sua serietà, che anche in questa trattativa si è comportata assai correttamente, che ha interessi strategici nel campo dell'alluminio - sto parlando della Glencore -, disponendo di ingenti quantità di alluminio (circa 120 milioni di tonnellate), le proposte di questa azienda vanno valutate assai bene.
Colleghi, l'esperienza di Ottana, non troppo lontana nel tempo, non ci ha insegnato a diffidare di chi non conosciamo, di chi non ha intenzione di investire sul territorio, ma vuole, al contrario, ricavare soltanto profitti? Certo, le richieste che la Glencore ha posto sul tavolo non sono irrilevanti, ma sarà da un serio tavolo di confronto tra soggetti credibili e affidabili che potrà scaturire una risposta efficace alla questione. Faccio soltanto un esempio: se c'è una società che non ha messo nessun lavoratore in cassa integrazione e ha investito perfino nel Villacidrese, questa è la Glencore, al contrario di tutte le altre società. Come è noto la prima richiesta riguarda il prezzo dell'energia. Su questo siamo noi, insieme al Governo, a dover fornire non solo alla Glencore, ma a tutto il comparto, una risposta politica certa e chiara. Senza energia non si fa industria e con l'energia a prezzi da capogiro l'industria non regge.
La seconda questione posta sul tavolo è quella del personale, che è ritenuto sovradimensionato rispetto alle nuove esigenze della produzione. Questo è un problema che il Governo si deve porre e sul quale noi non possiamo che essere intransigenti. La terza richiesta avanzata da chi intende subentrare all'Alcoa riguarda le infrastrutture: una nuova banchina portuale e un impianto pneumatico per il pompaggio dell'allumina in polvere dalle navi di fabbrica, cioè navi non di ottomila tonnellate. Ma la domanda che viene posta alla politica è soprattutto quella di avere un interlocutore in grado di sottoscrivere impegni che valgano per tutti gli anni in cui si dipana l'investimento e che non rischino di saltare con il prossimo Governo.
Mi paiono tutte richieste sensate che vanno incontro a un quadro d'interesse generale e alle quali la politica ha il dovere di dare risposte certe, efficaci e concrete. Crediamo sia un dovere dell'intera classe politica regionale dare un messaggio forte e univoco al Governo nazionale e alle aziende che operano sul territorio. Al Governo, che finora ha fatto la parte del pesce in barile, chiediamo formalmente di tenere conto delle richieste che emergono dal territorio, delle persone che rischiano il lavoro, di un intero comparto produttivo che va gambe all'aria. Alla Giunta regionale, di cui evidentemente facciamo parte anche noi a pieno titolo, chiediamo maggiore incisività, se è il caso anche abbandonando il tavolo se non vengono rispettati gli standard minimi. Non possiamo dire di voler sposare la causa di questi lavoratori se non presentiamo serie proposte, ad esempio per l'infrastrutturazione richiesta da chi vuole proseguire l'attività dell'Alcoa e dalle aziende che operano nel territorio.
Altrettanto urgente è affrontare nella sua complessità, e cioè globalmente, il problema del rapporto con l'Enel. E allora vi fornisco soltanto due dati che sono molto significativi. L'amico Cocco ha fornito un dato inesatto, cioè l'Enel ha 254 MW, praticamente un quarto dell'energia eolica prodotta in Sardegna, ed esattamente: a Porto Torres 12,5 MW, a Tula 25 più 60 (85 MW) - dati sempre del 2008 -, a Sedini 54 più 12 (66 MW) e a Portoscuso 90 MW, e non si tratta dell'impianto più grosso, perché ad Alà dei Sardi, per esempio, c'è un impianto da 160 MW. Detto questo, tutto è frutto di un protocollo: i primi megawatt furono autorizzati nel 2008, i successivi 90 furono concessi dalla Giunta Cappellacci sulla base di un protocollo d'intesa siglato nel 2008 dalla Giunta Soru.
E' chiaro che l'Enel ha tentato di ottenere altri spazi, per esempio con la ristrutturazione di Monte Arci, per esempio a Balascia, in comune di Oschiri. Ma l'Enel ha mille responsabilità, non può soltanto prendere; nel campo degli incendi, per esempio, ha responsabilità precise. Dovete sapere che sui dati che abbiamo sugli incendi originati da elettrodotti, l'11 per cento è responsabilità dell'Enel e quest'anno quattro elettrodotti hanno creato un incendio di ben 450 ettari, cagionando pregiudizio alla sicurezza della popolazione e così via. Quindi io ritengo che l'Enel, caro Presidente, vada responsabilizzata. L'Enel prende soltanto, ha preso tutto, non può non tenerne conto.
E' un mio convincimento, ma non vorrei che qualche società, la stessa Alcoa - parlo ovviamente a titolo personale -, avesse un interesse con l'Aurelius o con la stessa Glencore purché però questa stessa società le fornisca l'alluminio. Avendo un certo tipo di clientela, avendo i propri utenti, è chiaro che l'Alcoa ha interesse ad avere l'alluminio anche in Italia, ma non vuole restare se non ci sono determinate condizioni. Sono convinto, Presidente, che se durante le trattative si arriverà a determinare un prezzo dell'energia di 25-30 euro per megawatt, magari trattabili fino a 35, e ci saranno certe condizioni anche per quanto riguarda l'infrastrutturazione, l'Alcoa tornerà indietro rispetto alle sue posizioni. Credo quindi che questo tavolo possa anche saltare. La nostra posizione è stata chiarita senza margini di ambiguità. Vogliamo chiudere questa vertenza e presto, con una trattativa seria e trasparente tra la Regione, il Governo e imprese che facciano la loro parte, preferendo ad aziende che vengono da luoghi distanti diecimila chilometri, di cui niente sappiamo, quelle con cui i sardi hanno a che fare da decenni. Chiediamo che l'intera questione del Sulcis trovi una soluzione politica definitiva, che non rimandi a ulteriori accordi, a ulteriori verifiche, a nuovi ed estenuanti tavoli di confronto. Dobbiamo dare una risposta anche alla Carbosulcis, che merita tutta la nostra solidarietà, così come ai lavoratori dell'Eurallumina, che da anni attendono una risposta complessiva unitaria. E credo sia immancabile oggi la nostra solidarietà ai lavoratori che sono scesi sottoterra per rivendicare sacrosante questioni che riguardano il loro futuro.
Chiediamo, in conclusione, Presidente, che sia affrontato con competenza tecnica, ovviamente con il nostro supporto, il problema dell'approvvigionamento energetico e del costo unitario dell'energia e che si costituisca una delegazione della Regione, costituita da rappresentanti dei partiti politici, nessuno escluso, per partecipare all'incontro del prossimo 31 agosto, con l'ausilio di tecnici di chiara e indiscussa fama, che conoscono bene la realtà produttiva del Sulcis-Iglesiente, e non di esperti farlocchi.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Capelli. Ne ha facoltà.
CAPELLI (Sardegna è già Domani). Presidente, prendo la parola perché sia chiaro a tutti che quello di cui parliamo non è un fatto ristretto al Sulcis-Iglesiente. Le problematiche dell'industria interessano tutta la Sardegna, non soltanto il Sulcis, ecco perché credo che abbiamo tutti l'obbligo di prendere a cuore questa situazione e di cercare di risolverla. Non le nascondo, Presidente, una qualche delusione. Capisco la gente che manifesta qui sotto, o meglio cerco di capirla, ma non possiamo risolvere la situazione con i soliti blablablà. Non possiamo intervenire rifacendoci sempre alla storia, a ciò che è stato, evitando però di dire qual è la proposta; non possiamo dire che le responsabilità sono di altri, senza assumerci le nostre; non possiamo continuare a far finta di niente, a stanziare risorse finanziarie che comunque sappiamo in partenza non risolveranno il problema.
Ecco perché mi sono preso la briga di leggere dei numeri. Più volte ho detto in quest'Aula che i numeri sono un grande romanzo e possono dire tanto. I numeri del 2011, per esempio, ci dicono che l'Alcoa ha costi per 363 milioni di dollari e ricavi per 360 milioni di dollari, quindi apparentemente avrebbe circa 2 milioni e mezzo di dollari di passivo. Tutto questo calcolato in base al costo LM[PS4] E del metallo liquido, ovvero 2.382 dollari per tonnellata. Se si fosse utilizzato invece il costo attuale, e cioè 2.862 dollari per tonnellata, l'Alcoa avrebbe un utile di 16 milioni di dollari. Questo mi fa pensare che se correttamente gestita, con il management di cui dispone, l'Alcoa sarebbe un'azienda produttiva. Nel Sulcis l'Alcoa dispone di un management capace, e chiunque subentri (non mi interessa il discorso Aurelius o Glencore) e dia garanzie, anche all'Alcoa, può avvantaggiarsene. Sappiate che nel corso del 2011 quel management ha ridotto i costi di produzione, dal trasporto marittimo all'esternalizzazione dei servizi in Italia e in Europa, per svariate decine di milioni di euro. Quindi quella non è un'azienda assistita, potrebbe essere un'azienda produttiva!
E allora cosa chiede l'Alcoa? Sicuramente non prendo le difese di questa società, che è una multinazionale e fa i suoi interessi. L'Alcoa dice: "Io metto 150 milioni di euro, ma voglio la garanzia che nei prossimi tre anni nessuno mi venga a cercare per un eventuale fallimento successivo". Sapete bene che la legislazione italiana fino ai tre anni successivi considera responsabile, se non attraverso la presentazione di fideiussioni a prima escussione, anche la società cedente. Noi quindi possiamo intervenire, addirittura non ci vogliono denari, e non ci sono solo l'Aurelius e la Glencore. Sento parlare di queste società, di cui fortunatamente non ho conoscenza, ma so che hanno manifestato interesse all'acquisto anche la svizzera Klesch, una cordata tedesca e una austriaca. Hanno mostrato interesse anche imprenditori italiani, certo più piccoli, non grandi multinazionali, ma che sono forse più interessati a far rendere l'azienda e non a raschiare il fondo del barile con i finanziamenti per i risanamenti ambientali o per la diminuzione delle emissioni di CO2.
Allora cosa può fare questo Consiglio regionale? Intanto sono stupefatto del fatto che la Giunta e il suo Presidente vengano informati periodicamente, cioè non sono attori primari autorevoli, ma non si può riunire quel tavolo di trattativa senza la Sardegna! Non accetto che mi vengano a dire dopo: "Siamo a questo punto, ti mando un fax, ti informo". Dov'è l'autorevolezza della Sardegna? Vogliamo difendere dei posti di lavoro? E come? Con i fax, con i messaggini?
Tutta la Regione deve essere al fianco di quella risorsa della Sardegna, non può essere la solita occasione per dire che quelli del Sulcis difendono il Sulcis, noi nuoresi difendiamo Ottana, gli altri difendano Porto Torres. E' un intero sistema che va difeso! E la difesa del sistema la si fa con delle proposte, non con enunciazioni storiche! Non serve a niente la storia, anche perché la storia ci dice che chi è artefice di questa situazione non può essere anche colui che propone la soluzione, perché ha causato questa condizione, o quanto meno è stato assente!
Allora, Assessore, abbiamo bisogno di fatti. In questa mia esposizione c'è qualche proposta, per esempio: sa che i sardi sono tanto disponibili, finché non perdono la pazienza, e se diciamo loro, confrontandosi ovviamente con le autorità europee e nazionali, che poniamo una piccola tassa di scopo, un centesimo a chilowatt, per favorire le industrie energivore della Sardegna, nemmeno un sardo si tirerà indietro? E sapete quanti milioni di euro si recuperano con un centesimo a chilowatt? Per me sarebbe semplice - si dirà - dare l'assenso, ma darebbe l'assenso anche l'operaio di Ottana o di Porto Torres in cassa integrazione! Queste sono proposte provocatorie, perciò non dobbiamo legare alla sedia il Consiglio regionale, ma è il Consiglio regionale, visto che non c'è una Giunta autorevole ed efficace, che deve legare alla sedia il ministro Passera, dato che non voglio che si parli più con il sottosegretario De Vincenti!
Il conteggio dell'energia è stato fatto poc'anzi sia dal collega Cocco che dal collega Oppi. Certo, quando è stato contrattualizzato era previsto un rimborso fino a 14 euro per megawatt, ed era eccessivo. Noi stiamo pagando quel contratto, siamo arrivati a far pagare 14 euro a megawatt, quando il costo medio era intorno ai 30 euro per megawatt; con un'oscillazione tra 27 e 33 euro - me lo dicono i numeri - l'Alcoa era in attivo spaventoso, certo un attivo non abbastanza significativo per la grande multinazionale che decide di investire 11 miliardi in Arabia Saudita, dove ha costi di produzione minori, ma ha anche un prodotto inferiore per qualità, meno pulito, meno ricco, e che quindi rende qualitativamente molto meno rispetto alla nostra filiera dell'alluminio. Allora proprio in questo potremmo recuperare la filiera.
Cosa possiamo dire a chi ci chiede impegno, quali sono le nostre proposte? In questo breve intervento ho cercato di indicarne due o tre, so di non avere l'autorevolezza per sedermi a quel tavolo, ma chi dovrebbe averla? Allora, cari amici del Sulcis, finché non cambiamo il sistema che va avanti da vent'anni continueremo a ritrovarci qui per approvare ordini del giorno, che non si negano a nessuno.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Maninchedda. Ne ha facoltà.
MANINCHEDDA (P.S.d'Az.). Signora Presidente, annuncio che non farò certamente mancare il mio voto alla mozione, perché non si rompe un fronte per nessun motivo, però, con altrettanta chiarezza, devo dire che considero questa mozione inutile. Penso anche che noi dovremmo avere la consapevolezza, Assessore, Presidente, che il Consiglio regionale non è la sede per ragionare di megawatt, chilowatt e trattative tecniche. Il Consiglio regionale deve discutere del perché la Sardegna ripetutamente svela di non avere il potere politico necessario per difendere i suoi diritti. Questo è il problema.
Se oggi c'è da scrivere una cosa a fianco della vertenza Alcoa è la parola "debolezza"! E se c'è un'altra cosa da scrivere a fianco della vertenza Alcoa è che si tratta soltanto dell'inizio, perché domani crollerà Porto Torres e dopo domani Ottana, siti vigilati da mesi e sui quali ci sono impegni del Governo nazionale. Noi lo sappiamo, però, colleghi, siete voi che avete stretto la mano a Giorgio Napolitano qui, non io! Quando è venuto "Re Giorgio" e tutti vi siete inchinati, mentre la situazione richiedeva una schiena ben più dritta, noi non c'eravamo! Napolitano, appena un operaio ha urlato un po', ha detto: "Non avevo la consapevolezza che la situazione fosse così grave! Ohibò, vi procuro un tavolo col Governo!".
I tavoli si comprano all'Ikea! Ma il tavolo cos'ha prodotto? Un sottosegretario che si chiama De Vincenti, con cui lei, Assessore, non si deve più sedere al tavolo, perché dice bugie, clamorose bugie! E le dice a favore di alcune aziende, perché De Vincenti risponde all'interrogazione del senatore Cabras su E.ON dicendo che a Porto Torres non è stata mai avanzata alcuna offerta, oltre a quella di E.ON, per realizzare il quinto gruppo a carbone. Questa è una bugia clamorosa detta da un sottosegretario di Stato che da un'altra parte fa ciò che ha raccontato l'onorevole Oppi! Perché lei si siede ancora al tavolo con De Vincenti?
Quando facciamo riferimento all'Enel, a proposito di debolezza, ma di cosa vogliamo parlare? La cosa migliore fatta negli ultimi vent'anni è la leggina approvata in agosto, con la quale ci siamo ripresi l'idroelettrico, su cui l'Enel guadagna carrettate di milioni! Abbiamo fatto bene, d'ora in poi se vuole usare le dighe l'Enel tratta con l'Enas e noi recuperiamo soldi! Con questi mostri di Stato si tratta in questo modo: legiferando e affermando un potere che difenda le risorse! Oggi questo potere non sta affermando questa capacità. Sapete che la Terna non paga un euro per i cavi che passano sul nostro territorio? La Terna fa utili in borsa perché è una società senza rischio. E' stato un grande regalo della famiglia Berlusconi a Flavio Cattaneo. La Terna è proprietaria di cavi che solo per il fatto di esistere non hanno perdite, perché le tariffe le paghiamo noi, e decide del futuro degli acquisti di energia in Sardegna. Terna, la cugina di Enel! Come volete trattare con queste persone, chiedendo i tavoli o battendo i pugni? Volete trattare in questo modo?
Io penso che sia stato un grandissimo errore la subordinazione che la Sardegna ha mostrato al Presidente della Repubblica, un errore clamoroso, ma rimediabile. Sull'energia, badate, la Sardegna viene truffata, ma viene truffata dallo Stato. Quando De Vincenti dice che il cavo Sapei abbassa i costi dell'energia e l'Authority per l'energia, nel 2011, scrive che Enel ed E.ON hanno fatto cartello sull'energia in Sardegna, voi cosa dite? Cosa dite? La votate la mozione sulla sovranità? La reazione è politica, è solo politica. Le istituzioni devono dire che se siamo costretti a far da soli sappiamo far da soli, ma non riconosciamo gli altri poteri. Cosa succederebbe a Roma se questo Consiglio, anziché approvare questa "acquetta", dicesse che il Consiglio regionale della Sardegna ritiene la Sardegna dotata di sovranità originaria e si riprende tutti i poteri di propria competenza, come uno Stato? Si svegliano? O loro devono sempre fare i violenti perché noi ci facciamo sentire? Noi dobbiamo dire: governiamo noi, voi non siete capaci e non siete credibili. Voi avete regalato la Tirrenia a un signore e gli avete dato i soldi per comprarla. Voi siete l'Italia della pastasciutta, dei maccheronì, come dicono i francesi! Questo dobbiamo fare noi.
Allora le trattative di cui parla l'onorevole Oppi cambiano volto, perché c'è un potere che si schiera, non una questua! Come si fa a sedersi a un tavolo con il ministro Passera? Ma l'avete sentito? Passera dice che siamo "gonfi" di petrolio in Italia, che il futuro è questo. L'avete sentito? Io ho ancora la sua relazione. Questo Governo parla dell'agenda digitale e c'è voluto il Corriere della Sera per spiegare che l'agenda digitale è un bluff, non esiste. E' stato scritto in prima pagina! L'agenda digitale, assessore Milia, non esiste! Lo ha certificato il più grande quotidiano della Repubblica italiana. Questo è.
Voi continuate a sedervi al tavolo? E cosa fate, andate a dire: "No, facciamo il tavolo"? Aggiungiamo due paroline qui: "Il Consiglio regionale della Sardegna avvia un processo costituente per la creazione della repubblica sarda", perché l'Italia non è credibile. Forse cambia il gioco, noi ci schieriamo sulle nostre risorse e chi amministra le centrali qui risponde a un Governo che comincia col dire: governo io, vediamo le tariffe. Questi sono interlocutori di Stato, non interlocutori privati. Sono interlocutori di Stato, e questa è la giusta reazione. Così si difendono gli impianti, cioè dicendo che trattiamo noi, che ci riprendiamo i poteri sovrani, e non dicendo: "Mah, possiamo telefonare". La solita telefonata! Poi arriva il salvatore della Patria, arriva Senni. Voi non sapete chi è Senni. Senni si forma nell'agenzia americana McKinsey, che è una grandissima agenzia di consulenza per queste multinazionali. Leggete un libro: "Confessioni di un sicario dell'economia", così capite chi sono questi che falsano i dati, programmaticamente. E da McKinsey vanno Passera e Senni, il direttore del dipartimento, quello che fa un incontro - perché lo sappia l'onorevole Pittalis, che è di Nuoro - in cui dice: "Tutti buoni, a Ottana non succede niente, vedrete che ci pensiamo noi, Terna continuerà ad acquistare l'energia e voi farete gli investimenti". Terna ha staccato la corrente l'altro giorno, nuovamente! Questo è Senni.
Assessore, toglietevi la cravatta, non meritano riguardo questi signori! Sono degli imbroglioni, imbroglioni di Stato! Non potete presentarvi con il buongiorno e la buonasera, non è possibile!
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Porcu. Ne ha facoltà.
PORCU (P.D.). Presidente, colleghi, voglio provare a riprendere i termini della discussione odierna, dopo l'intervento del collega che mi ha preceduto e che ci ha offerto ulteriori elementi di riflessione, alcuni dei quali rischiano però di allontanarci dal tema all'ordine del giorno. Un rischio da non correre è quello di discutere indicando responsabilità esterne a noi e alla Giunta regionale, anche rispetto alle azioni che possiamo intraprendere.
Nel corso degli interventi sono state individuate delle responsabilità: c'è chi le vede nel comportamento dell'Alcoa, certamente biasimabile e criticabile, non dimentichiamoci infatti che l'Alcoa è pur sempre una multinazionale che, nel giro di quindici anni, ha incassato a vario titolo circa 2 miliardi di euro di incentivi, dal processo di acquisizione dell'azienda fino all'abbattimento delle tariffe energetiche; c'è chi le vede nell'Enel, che è un soggetto privato che dovrebbe farsi carico dell'abbattimento dei costi energetici; c'è chi assegna maggiori responsabilità al Governo e chi alla Giunta, per la sua sostanziale lentezza d'azione e la sua debolezza, e su questo sono d'accordo col collega Maninchedda. Io credo, però, che dobbiamo essere consapevoli del fatto che si tratta di una situazione complicata, difficile, che ha tempi strettissimi, e fuori di qui c'è un mercato che è totalmente cambiato e non ci consente soluzioni facili.
E' stato ricordato che l'Alcoa chiude in Sardegna e in Spagna, ma anche negli Stati Uniti, e apre in Arabia Saudita e in Islanda. Il processo di produzione dell'alluminio, per effetto dell'elettrolisi, che avviene attraverso gli smelter, è fortemente energivoro, per questo lo si trasferisce là dove l'energia non costa 50 o 35 o 25 euro per megawattora, ma dove ha un costo quasi nullo, come nel caso dell'Islanda, cioè dove a causa del surplus energetico si richiede all'alluminio di diventare un grande immagazzinatore di energia, come quella idroelettrica, che rischia di andare persa. Allora, quello dell'alluminio è un mercato complicato, difficilissimo; negli ultimi dieci anni la produzione di alluminio in Europa è rimasta pressoché ferma, sostanzialmente al livello di 30 milioni di tonnellate, in un contesto in cui il 50 per cento dell'alluminio proviene sempre più da riciclo, da recupero del materiale. Quindi non si produce di più, anzi si chiudono o si sostituiscono, in Europa in particolare, gli impianti di produzione con impianti dedicati al riciclo.
In questo contesto è indubbio che aspettare le crisi, aspettare che qualcuno ci risolva i problemi, aspettare che tra gennaio e aprile l'Alcoa decida cosa fare o che tra aprile e luglio la Glencore, o un ipotetico salvatore che viene da fuori, ci consenta una possibilità di ripartire può apparire non sufficiente. Allora se vogliamo dare un senso a questa riunione dobbiamo concentrarci su quello che possiamo fare. Certamente il ruolo della Regione deve essere più incisivo; certamente la Regione deve far parte, come ha ricordato prima il collega Cocco, del tavolo delle trattative e deve dare tutte le garanzie che può dare. Va bene il Piano Sulcis, ma forse abbiamo aspettato troppo da gennaio (quando abbiamo discusso della situazione dell'Alcoa e approvato un ordine del giorno unitario) prima di approvare una delibera che dà il via a un processo che per essere attuato richiederà mesi o anni.
E' vero, lo dico al collega Oppi, che abbiamo provato a fare una trattativa con l'Enel, nel 2008, sostanzialmente sulla base di uno scambio: ti cediamo quote di energia eolica in cambio di energia a basso costo, ma ricordiamoci che quegli accordi sono stati impugnati, perché considerati illegittimi. Forse, quando siamo andati a discutere - e qui ha ragione il collega Maninchedda - di burden sharing, cioè della quota di energie rinnovabili da assumerci come Regione, avremmo potuto chiedere che tale quota (1.000-1.200 megawatt) potesse essere gestita dalla Regione, dedicandone una parte alle industrie energivore. Magari ci facciamo carico di una quota all'interno di un accordo nazionale, ma una quota aggiuntiva la dedichiamo all'abbattimento dei costi delle industrie energivore, perché, guardate, ciò che Alcoa ha ritenuto critico è stato il passaggio del costo dell'energia, con l'interrompibilità, da 36 a 30 euro per megawattora, che è un costo totalmente fuori mercato: oggi qualsiasi nostra azienda paga 80-90 euro a megawattora. E ricordiamoci che se c'è un'azienda che paga di meno ce ne sarà un'altra che paga di più. Il costo industriale, con gli impianti tradizionali, in Sardegna è probabilmente 60-65 euro a megawattora. Quindi o c'è l'incentivo e ci sono le rinnovabili, oppure quei prezzi, che servono per tenere le industrie energivore in Sardegna, non si possono praticare. Ci si dovrebbe accordare con l'Enel, da un lato mettendo sul piatto la possibilità di cederle quote di rinnovabili, che sono incentivate, dall'altro chiedendole, in base a un accordo bilaterale, di portare il costo dell'energia a un terzo di quello di mercato. Questo è quello che le si dovrebbe chiedere, altrimenti sarà difficile che l'accordo si faccia, perché l'Enel in questo momento è un'azienda privata quotata in borsa che a stento si regge in piedi. Ha problemi lei stessa a stare sul mercato!
Credo che responsabilità ce ne siano molte, e certamente non sono solo della Giunta che è in carica da tre anni e mezzo, ma questa Giunta non ha cambiato passo, non ha accolto le opportunità che c'erano per farsi valere, per esempio nel campo delle rinnovabili, magari, come ho suggerito prima, accettando una quota di rinnovabili e chiedendo che un'altra parte fosse legata a politiche industriali. E certamente non ha pensato di avviare prima il Piano Sulcis e i processi di riconversione industriale e di creare le infrastrutture che potevano rendere credibile la nostra richiesta alle aziende di una filiera importantissima di rimanere in Sardegna. Non si può aspettare l'ennesima chiusura per dire che faremo, ma intanto non facciamo. Non si può certamente aspettare l'ennesima crisi o l'ennesimo rischio di chiusura (ci sono altri casi, lo sappiamo, sono stati già citati quelli del polo di Ottana e della Carbosulcis) per chiedere al Governo di chiarire qual è la sua visione strategica di politica industriale e se c'è la volontà vera di tenere ancora la filiera dell'alluminio in Italia per le ricadute che essa può avere, che sono economiche e sociali, ma anche strategiche. E' know how che rimane in Italia, è un pezzo di industria che rimane in Italia, è un approvvigionamento che rimane in Italia.
Allora credo anch'io che, da questo punto di vista, questa vertenza vada collocata all'interno di una vertenza più generale, che si debbano battere i pugni sul tavolo, far capire che c'è un interlocutore che ha dei crediti da spendere, dei diritti da far valere, a cominciare dai 300 milioni di euro che Alcoa dovrà pagare per aver usufruito impropriamente di tariffe agevolate. Bisogna chiedere che tale somma venga messa a disposizione per rilanciare il settore, per attuare il Piano Sulcis e per creare altri posti di lavoro.
Siamo pronti, come opposizione in questo Consiglio, a stare accanto a un Governo regionale che sappia farsi valere, che abbia un'altra capacità di rivendicazione nei confronti del Governo, che pretenda, laddove è possibile, di esercitare in prima persona i propri diritti. E l'energia è uno di quei casi in cui avremmo dovuto chiederlo con maggiore forza. Dobbiamo chiedere di stare al tavolo delle trattative fino in fondo su questa e su altre vertenze, perché non possiamo essere, come dire, quelli che aspettano, ma dobbiamo essere quelli che agiscono e che portano le proprie ulteriori garanzie in relazione a processi che sono molto complicati.
Credo ci sia bisogno di guadagnare altro tempo, non possiamo sperare solo nella Glencore. Credo che nella data room messa a disposizione debbano entrare anche altre realtà, che si debba fare di tutto per non chiudere questa filiera, ma credo anche che sia una partita molto difficile e se non acquisiamo noi delle leve per mettere in campo proposte, incentivi, infrastrutturazioni, sarà molto difficile uscire dall'emergenza, invertire la rotta e creare un progetto industriale che non sia un progetto tampone.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Agus. Ne ha facoltà.
AGUS (P.D.). Onorevole Presidente del Consiglio, onorevole Presidente della Regione, signori Assessori, onorevoli colleghe e colleghi, quello in discussione è un tema che si ripropone in quest'Aula ormai da tantissimi anni. Intervengo intanto per portare la solidarietà ai lavoratori e relative famiglie che vivono questo dramma, che hanno sulla testa la spada di Damocle legata all'esito delle trattative, ma debbo anche dire onestamente che condivido molti passaggi degli interventi svolti dai colleghi, in modo particolare sono d'accordo con l'onorevole Maninchedda sul fatto che approveremo l'ennesimo ordine del giorno che non risolverà affatto il problema, speriamo che serva almeno a tenerci uniti affinché anche questa battaglia venga vinta.
Credo che la Giunta regionale stia operando alla vecchia maniera, pensando di essere ancora al tempo delle partecipazioni statali, quando bastava chiedere l'intervento finanziario del Governo perché il problema venisse superato. Non dimentichiamo che, come ha detto il collega Capelli, il quale se ne stupisce, la Regione "viene chiamata" al tavolo, e questo la dice lunga sul potere che essa ha in questa trattativa. Su questo condivido il pensiero dell'onorevole Maninchedda secondo cui la Regione deve recuperare la capacità dell'autodeterminazione, affinché sia in grado di porre condizioni perché lo sviluppo del suo territorio avvenga nel miglior modo possibile e non consenta il finanziamento diretto delle multinazionali, quindi di soggetti privati, perché di questo si tratta, se è vero com'è vero che l'Alcoa ha incamerato, a diverso titolo, oltre 2 miliardi di euro di incentivi pubblici. Quindi oltre alla speculazione e alla possibilità di fare utili, questa multinazionale determina uno sfruttamento del lavoro e anche delle istituzioni locali, in questo caso della Regione sarda, la quale, ripeto, non può aspettare di essere semplicemente chiamata a un tavolo.
E qui davvero, premesso che questa operazione deve essere conclusa trovando un soggetto disposto a rilevare gli impianti Alcoa, dobbiamo prendere coscienza del fatto che possiamo rilanciare questa attività solo ad alcune condizioni. Intanto la Regione sarda deve avere il potere di governare quelle infrastrutture, perché per esempio non governa l'energia, eppure potrebbe farlo. Abbiamo infatti concesso ad altre multinazionali di utilizzare il nostro suolo per fare impianti eolici, lasciando le briciole di quella energia rinnovabile, ovvero solo qualche migliaio di euro ai comuni, che pure mettono a disposizione le aree, e ai nostri agricoltori che consentono l'impianto di pale eoliche nei loro terreni e talvolta si rivoltano persino contro i comuni se non concedono le autorizzazioni per nuovi impianti eolici.
Noi non siamo padroni della nostra terra, non siamo in grado di dire: "Ti consentiamo l'utilizzo dell'energia alternativa a condizione che la Regione ne abbia un tornaconto e possa quindi governare quella risorsa". Noi non siamo in condizioni di governare la risorsa energia con l'Enel, lo hanno già detto i miei colleghi e non lo ripeto. Siamo deboli, siamo impotenti, non siamo in grado di governare questi processi. Siamo di fronte a delle multinazionali che utilizzano la forza lavoro come elemento di ricatto, perché minacciano di delocalizzare la produzione in un processo di globalizzazione che consente al profitto di agire in maniera molto più libera di quanto sia concesso nella nostra nazione, che giustamente, a tutela anche della salute dei lavoratori, impone rigidità negli investimenti e nella realizzazione dei processi produttivi, i quali costando di più determinano anche un aumento del costo del lavoro. In altre nazioni invece questo non avviene e le imprese sono in grado di avere maggiore disponibilità finanziaria, minori rigidità nello smaltimento dei reflui della lavorazione, nonché nuove tecnologie che consentono di superare l'handicap della scarsa formazione del personale locale, magari culturalmente non all'altezza dei nostri lavoratori, ormai fortemente avanzati sotto il profilo professionale.
Ci sono quindi, nella mondialità, elementi per cui queste industrie possono condizionare gli enti locali, e in questo caso la nostra Regione. Cosa fare? Bisogna usare tutti gli strumenti possibili per rivendicare ancora, purtroppo, alcuni aspetti, perché è vero che non governiamo l'energia, ma potremmo farlo. Da dieci anni è nel cassetto una proposta strategica per supportare l'industria in Sardegna che prevede l'attuazione di porti franchi. Il porto franco è uno strumento infrastrutturale che può favorire le condizioni, anche per l'Alcoa, per avere non la produzione primaria, ma una ricaduta economica con le produzioni secondarie e terziarie, quelle più ricche anche in termini occupativi. Noi invece continuiamo a fare la vecchia politica, che io ho vissuto nel nostro territorio quando le aree del Sulcis-Iglesiente-Guspinese condividevano l'estrazione mineraria, la fonderia di San Gavino produceva i lingotti di piombo e le lavorazioni terziarie avvenivano a Porto Marghera, cioè tutte le fasi di raffinazione e gli ulteriori passaggi avvenivano altrove. Qui siamo più o meno nella stessa condizione: produciamo materia prima, ma non facciamo lavorazioni secondarie.
Allora, è in grado la Sardegna, al tavolo delle trattative, di condizionare il rilancio di questa attività con nuove opportunità di lavoro? Questo l'ho detto anche per quanto riguarda la Keller: c'è un soggetto interessato, benissimo, c'è la speranza di continuare a produrre, ma c'è anche la possibilità che attorno a questa fabbrica nascano altre fabbriche per realizzare i supporti, i sedili, tutte le attrezzature che compongono una carrozza ferroviaria? C'è questa possibilità? C'è una visione prospettica per un tipo di industria che abbia una sua verticalizzazione, oppure intendiamo ancora limitarci a tamponare il problema nell'immediato, senza guardare al futuro e a ciò che vogliamo per la Sardegna? I processi evolutivi vanno visti in prospettiva, anche perché hanno tempi di realizzazione lunghi. E' vero che dobbiamo mantenere lo status quo, ma non possiamo pensare di affrontare questo tema solo per risolvere i problemi del momento. Dobbiamo al contrario pensare a una prospettiva futura altrimenti, come diceva l'Assessore, fra tre o sei anni saremo punto e a capo.
Io da sindaco mi sono a lungo occupato della questione Carbosulcis dieci anni fa, oggi siamo ancora allo stesso punto di allora, il problema cioè non è affatto risolto. Credo che dobbiamo sederci a un tavolo impegnandoci certamente a risolvere il problema contingente, ma senza dimenticare di pensare anche alla prospettiva futura. Se una prospettiva futura non c'è, dobbiamo avere il coraggio di accettare la prospettata chiusura della fabbrica e cercare altre risorse nell'immediato, che diano soluzioni alternative. Se invece la fabbrica non sarà chiusa dobbiamo creare le condizioni perché la ripresa della produzione duri nel tempo, e io credo che possa durare nel tempo solo ed esclusivamente se attorno a quella fabbrica nasceranno altre fabbriche che possano utilizzare quelle materie prime, e quindi creare il processo produttivo di verticalizzazione.
Allora, bisogna avere l'autorevolezza, per quanto riguarda Portovesme, visto che è un porto, di rivendicare con lo Stato le cose che abbiamo, chiedendo di poter disporre di quelle aree, che consentirebbero ad altre industrie di affiancare l'industria primaria e completare l'iter di verticalizzazione della produzione, perché altrimenti non riusciremo a competere con le opportunità che il mondo offre a imprenditori che, ripeto, hanno tutto l'interesse a fare utili e non hanno il pensiero paternalistico dell'imprenditore di una volta; oggi questo non esiste più, esiste solo il profitto. Allora, nella ricerca del profitto le cose che abbiamo denunciato avvengono sulla pelle dei lavoratori. Gli ultimi, quelli che subiscono, sono i lavoratori e le loro famiglie. In questo caso subiamo anche noi, come istituzione, per questo condivido l'idea che bisogna riacquistare l'autorevolezza necessaria per governare questi processi. Se non sapremo fare questo, soccomberemo.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Randazzo. Ne ha facoltà.
RANDAZZO (P.d.L.). Signora Presidente, vorrei prima di tutto ringraziare gli amministratori che hanno accompagnato gli operai, compresi i nostri deputati, i sindaci e i consiglieri comunali, che hanno preso a cuore una delle tante vertenze che vive oggi la Sardegna. Come Commissione industria abbiamo già discusso del caso Alcoa e chiediamo uno sforzo maggiore, se è possibile, rispetto a quello che la Giunta finora ha fatto. Non rimprovero la Giunta di sedere a un tavolo col Governo, anzi ben venga una Giunta che dialoga col Governo per trovare delle soluzioni che a oggi non sono ancora state individuate. Non dimentichiamoci, infatti, che si tratta di trattative tra privati, per cui ben venga chiunque subentri ad Alcoa. Io non parteggio né per l'Alcoa né per la Glencore, l'importante è che chi subentra dia le garanzie previste nell'accordo del 27 marzo, che servono per mantenere le unità lavorative e per portare a termine finalmente una delle vertenze che sono aperte con lo Stato.
Lo Stato non si sta impegnando al meglio rispetto alle soluzioni da noi prospettate. Mi ricollego al discorso fatto dall'onorevole Porcu, che rispetto come collega di Commissione, però è inutile andare verso l'interrompibilità se poi l'energia, rispetto al quadro comunitario, costa il 22 per cento in più. Gli sforzi devono essere maggiori se vogliamo vincere le battaglie con lo Stato.
Io ringrazio pubblicamente l'assessore Zedda e il presidente Cappellacci, che si stanno battendo perché finalmente le nostre industrie, le nostre imprese possano competere nel contesto nazionale, non dico in quello europeo, e vi sia la continuità dei prodotti finiti, cioè con la famosa continuità territoriale delle merci il lavorato possa essere portato a destinazione con un abbattimento dei costi di trasporto. Il 9 gennaio è arrivata la "gelata" da parte di Alcoa, che nel suo sito comunicava - cosa di cui ufficialmente questo Consiglio non era a conoscenza - che si stava aprendo la discussione col Governo per la fermata degli impianti, in quanto l'azienda stava perdendo il 12 per cento del mercato mondiale del prodotto finito. Si parlava della chiusura degli impianti presenti in Spagna e in Sardegna, e quello di Portovesme sarebbe stato il primo. La Regione, in quel caso, è intervenuta subito e questo Consiglio, non dimentichiamolo, ha approvato un ordine del giorno unitario manifestando piena solidarietà ai lavoratori e agli amministratori locali, ai quali arrivano le sollecitazioni, giustamente, in quanto le tematiche sono tante in Sardegna. Coloro che vivono i problemi, i cittadini più deboli, quelli che rischiano il posto di lavoro non chiedono sussidi, mobilità o cassa integrazione, ma la certezza di poter continuare a svolgere il proprio lavoro in quelle imprese, in cui credono, e che hanno contribuito a rendere produttive andando a lavorare, giorno dopo giorno, con dignità per avere a fine mese un salario sufficiente a far fronte alle esigenze di una famiglia.
Come Commissione, abbiamo chiesto gli aggiornamenti all'Assessore, che oggi ce li ha prontamente forniti. La ringrazio, Assessore, perché è stata precisissima sui dati che ci ha trasmesso, di cui forniremo le copie nella prossima riunione della Commissione industria. Voglio solo assicurarle che ci vedrà sempre al suo fianco quando ci sarà da discutere, pure in modo pesante, con il Governo nazionale, con i cosiddetti amici che siedono al Governo e con coloro che votano questa maggioranza, perché queste battaglie non possono essere fatte singolarmente senza il coinvolgimento di tutti. L'unione fa la forza e in quest'Aula, molti dei colleghi che mi hanno preceduto, compresi colleghi dell'opposizione, hanno detto che si deve parlare di vertenza Sulcis, perché non possiamo permetterci la chiusura neanche di una piccola impresa. Non parliamo dell'Alcoa, con i suoi 500 dipendenti e i 300 lavoratori dell'indotto! Dobbiamo tutelare ciò che oggi esiste, perché non ci sono prospettive in Sardegna. Tutte le belle le alternative di cui ha parlato il collega Agus a me vanno benissimo, però dobbiamo essere in grado di tutelare l'esistente. Le alternative vanno create prima, non possiamo arrivare quando i buoi sono scappati dal recinto. Tutti noi, maggioranza e opposizione, insieme alla Giunta dobbiamo interloquire con coloro che hanno la possibilità di rappresentarci al Parlamento, siano essi sardi oppure no, per far sì che questa battaglia venga vinta, in modo da avere qualche spiraglio per le altre vertenze, perché se perdiamo una piccola battaglia, rischiamo poi di perdere la guerra.
Assessore, confermo a lei e alla Giunta, con il consenso dei colleghi della Commissione, che ho consultato prima di intervenire, il nostro pieno appoggio e domani saremo al suo fianco - anche fisicamente se serve - nel perorare la causa della risoluzione dei problemi reali che affliggono la Sardegna. Grazie.
PRESIDENTE. E' iscritta a parlare la consigliera Zuncheddu. Ne ha facoltà.
ZUNCHEDDU (Gruppo Misto). Signora Presidente, onorevoli colleghi, io sono molto d'accordo su quanto ha dichiarato qualche collega precedentemente circa l'inutilità di questo dibattito, perché dovremmo essere assolutamente pragmatici per trovare delle soluzioni concrete all'emergenza che vedano quindi, oltre alla proroga della chiusura certa di Alcoa, nuove soluzioni. Dobbiamo innanzitutto partire da una certezza, cioè dalla considerazione che la delocalizzazione da parte dell'Alcoa è in atto non da oggi. Le sue nuove industrie sono state già costruite, ad esempio nell'Islanda orientale; il nuovo progetto è già decollato e vanta un porto, una decina di dighe, tre bacini idrici, una centrale elettrica di 700 megawatt, che viene alimentata da una diga alta 190 metri e che creerà quindi un bacino di 57 chilometri quadri. Questi sono i dati sul progetto in Islanda. Insomma, si tratta di un impero sicuramente realizzato, così come è avvenuto in Sardegna, con sgravi fiscali e finanziamenti pubblici e bancari a babbu mortu, tutto in perfetta sintonia con la delocalizzazione mondiale che porta le imprese multinazionali solamente dove si garantiscono i massimi profitti a controlli zero.
Ed è a questo proposito che vorrei chiedere al presidente Cappellacci e agli Assessori dell'industria e dell'ambiente se i conti dare-avere fra la Regione autonoma della Sardegna e l'Alcoa sono stati definiti e in favore di chi. Un dato certo è che il dare-avere è a sfavore dell'occupazione del Sulcis-Iglesiente e della possibilità che l'industria dell'ambiente, a cui noi comunque dobbiamo ambire, costituisca oggi una concreta e immediata risorsa occupazionale per le popolazioni residenti. E' da tempo - ecco perché non credo molto all'utilità di questa seduta - che in quest'Aula firmiamo e votiamo ordini del giorno unitari per sollecitare una seria e concreta politica di disinquinamento, quindi di ripristino e rivitalizzazione ambientale ed economica, e dunque di creazione concreta di occupazione per ampie fasce del nostro territorio, che sono sottoposte già dallo scorso secolo alla rapina e all'inquinamento con le servitù industriali e militari, che sicuramente hanno creato ricchezze incalcolabili per le multinazionali, ma anche per lo stesso Stato italiano, dando in cambio salari di sussistenza ai nostri operai e alle piccole imprese locali.
Ancora una volta il dramma dell'Alcoa torna al centro del dibattito in Consiglio regionale, ma il tempo passa, i problemi occupazionali crescono, la povertà avanza e le famiglie possono sempre meno far fronte ai mutui da pagare. La messa all'asta della prima casa delle famiglie e degli strumenti di lavoro delle imprese qui in Sardegna non è più una minaccia, ma è una drammatica realtà. Qui si attendono risposte che purtroppo tardano ad arrivare. Le risposte della classe politica al fallimento di questo modello di sviluppo industriale di importazione, di cui l'Alcoa è parte, non arrivano in quanto la stessa classe politica che in questi anni ha gestito i due piani di rinascita miliardari è collusa e incapace culturalmente di progettare un modello di sviluppo economico in sintonia con il territorio, con l'ambiente e con le economie preesistenti. A questo proposito mi danno ragione le affermazioni rese oggi dal Presidente della Provincia di Carbonia-Iglesias, Tore Cherchi, il quale sostiene che "ci sono state sfacciate lottizzazioni politico-clientelari". Dobbiamo fare i conti anche con questo; nel cercare le soluzioni - che non riusciamo a trovare - dobbiamo fare i conti proprio con queste responsabilità della classe politica.
Purtroppo alla classe politica sarda continua a mancare autonomia di scelta politica dagli ordini che giungono dallo Stato italiano. A questa maggioranza di centrodestra manca una programmazione e una gestione concreta e adeguata dei problemi occupazionali dei nostri territori, quindi della sopravvivenza delle nostre famiglie, e dei supporti finanziari alle imprese, purtroppo oggi urgenti più che mai di fronte alla crisi. Manca un progetto complessivo di rilancio della nostra economia, inoltre c'è da dire che per l'ennesima volta i sardi pagano a costi altissimi l'inadeguatezza di una rappresentanza politica che in questi tre anni e più di legislatura si è rivelata incapace di difendere a denti stretti i diritti dei sardi e quindi di fronteggiare anche lo Stato italiano, che giorno dopo giorno gioca a innalzare il livello di scontro con la Regione autonoma della Sardegna.
Noi non possiamo avere relazioni amichevoli con questa gente. La Sardegna oggi, fuori da ogni demagogia, necessita di una rappresentanza politica forte e determinata, in grado di contrattare a pari dignità istituzionale con lo Stato italiano, dando con ciò risposte alla nostra emergenza occupazionale e ambientale. Purtroppo la nostra rappresentanza è debole e spesso assente, come è stato denunciato nel corso di precedenti interventi. Gli interessi e le emergenze dei sardi non possono più essere oggetto di speculazioni elettorali da parte di chicchessia, quindi torno a sottolineare che alla Regione autonoma della Sardegna manca a tutt'oggi un progetto o un piano di rilancio economico alternativo al modello industriale; manca perché culturalmente la classe politica sarda e anche una parte dell'intellighenzia culturale e di chi crea opinione, mi riferisco alla stampa, continua a essere miope, perché priva di lungimiranza e strabica nel dare una risposta equa alla richiesta di un lavoro che garantisca benessere alle nostre popolazioni. Purtroppo i dati del fallimento dell'esperienza industriale importata e imposta in Sardegna a fine anni '50, analizzando tutti i parametri e in particolar modo il rapporto tra costi e benefici rispetto alla salute dell'ambiente e delle popolazioni, confermano una situazione fallimentare anche dal punto di vista del numero degli occupati nell'industria in rapporto ai finanziamenti che sono stati riccamente elargiti.
Il fallimento dell'industrializzazione della nostra isola è inequivocabile se prendiamo come riferimento il rapporto fra il numero degli occupati e il costo di ogni posto di lavoro, il rapporto fra costo-beneficio dell'investimento e la reale ricaduta sull'economia del territorio, senza parlare della subalternità e della distruzione dell'economia tradizionale di quei territori in riferimento ai benefici di cui essi avrebbero potuto usufruire se fossero stati sostenuti come lo è stata la cosiddetta industria di Stato del petrolchimico e della chimica, per non parlare poi dei privati monopolisti della raffineria del petrolio. Ovviamente mi riferisco alla Saras. I dati occupazionali riportati nei giorni scorsi dalla Cisl segnano un "profondo rosso" nell'industria e un "rosso" nel settore agricolo. Questo è un segnale tangibile del fallimento di questo modello di sviluppo di importazione, per cui dobbiamo incominciare a ragionare anche in termini diversi e alternativi.
Oggi la classe politica deve trovare soluzioni, ma non all'interno di un sistema già fallito. Quindi dico chiaramente che bisogna trovare delle alternative che non stanno nella richiesta di rinvio di una chiusura che drammaticamente avverrà. Tra l'altro non possiamo tacere del disastro ambientale in atto, associato a un'incidenza molto alta delle patologie ad esso connesse, anche se a tutt'oggi è stato negato uno studio specifico teso a confermare tale correlazione, e questo contrariamente a quanto è stato fatto per Taranto e il caso Ilva. Come classe politica oggi dobbiamo dire basta con il ricatto del lavoro, un ricatto barattato troppo spesso con la salute. La Regione autonoma la Sardegna deve trovare il coraggio per imporre allo Stato italiano un cambiamento di rotta per far sì che il diritto all'occupazione sia tutelato e che il diritto di tutti sardi a un lavoro pulito, che non uccida, sia davvero una realtà.
In concreto, non possiamo permetterci la perdita di un solo posto di lavoro. Questo è possibile se riqualifichiamo la filiera dell'alluminio a partire dal recupero e riciclo dell'alluminio esistente, quindi risparmiando risorse energetiche e riducendo l'inquinamento da fanghi rossi. Dobbiamo ripartire anche dalle bonifiche, che i responsabili dell'inquinamento devono pagare di tasca propria.
PRESIDENTE. Onorevole Zuncheddu, il tempo a sua disposizione è terminato.
E' iscritto a parlare il consigliere Salis. Ne ha facoltà.
SALIS (I.d.V.). Io comincio dall'ultima affermazione fatta dalla collega Zuncheddu, cioè dal fatto che non possiamo permetterci di perdere neanche un posto di lavoro. Questa è l'affermazione che deve guidare la nostra azione e che l'avrebbe dovuta guidare, per la verità, sin da gennaio, quando abbiamo sottoscritto l'ordine del giorno relativo ai problemi che ci troviamo oggi a dover rivedere riaffermando i sei punti di quell'ordine del giorno, perché poco è cambiato rispetto alla situazione di allora.
Io non sono assolutamente d'accordo con chi dice che questo dibattito in Consiglio regionale, alla presenza dei lavoratori, dei loro rappresentanti sindacali, dei sindaci, dei rappresentanti istituzionali dei territori, rischia di essere un rito senza alcuna conseguenza. Mi rifiuto di pensarlo, sono anzi convinto che oggi noi dobbiamo partire con maggiore determinazione rispetto al passato, perché già nella riunione di venerdì venga con forza chiesto, così come ci siamo impegnati a fare nell'incontro con i rappresentanti sindacali e in quello tra i sindaci e i Capigruppo avvenuto due o tre settimane fa, che venga spostata la data di avvio dello spegnimento delle celle elettrolitiche dello stabilimento Alcoa. E' fondamentale, importantissimo prorogare l'avvio dell'interruzione dell'alimentazione delle celle della fabbrica ed è un elemento significativo per consentire che le trattative in atto possano essere concluse nel minor tempo possibile e con il miglior risultato possibile.
Noi siamo impegnati in una battaglia difficile, questo è sicuro, nel senso che stiamo difendendo una filiera dell'alluminio che sembra che il Governo nazionale voglia abbandonare; siamo impegnati nella difesa dell'esperienza della Carbosulcis che ugualmente il Governo sembra voler abbandonare, ma il fatto stesso che sia l'unica miniera rimasta in attività in Italia è significativo. Abbiamo a che fare con l'abbandono del tessuto industriale sardo da parte del Governo; abbandono quasi difeso da coloro che negli anni scorsi magnificavano la bontà miracolosa del mercato. Oggi ci troviamo a fare i conti con un Governo nazionale privo di una strategia di politica industriale, con il fatto che molti settori industriali, quali quello energetico e quello dell'alluminio, sono lasciati a sé stessi, in balia delle volontà dei detentori del potere che nel mercato viene esercitato, per cui una delle regioni più povere d'Italia, appunto la Sardegna, rischia, con un effetto domino disastroso, di vedere chiuse numerose attività industriali, che sono l'anima stessa della sua struttura economica.
Oggi discutiamo dell'Alcoa, ma a breve, anzi oggi stesso, dovremo discutere di un'altra esperienza drammatica del Sulcis, portata all'attenzione dell'opinione pubblica nazionale dai lavoratori della Carbosulcis, nonché della situazione dei poli di Ottana e Porto Torres, cioè di un intero tessuto industriale che rischia di essere smantellato da una politica miope, anzi dall'assenza di una politica industriale da parte del Governo. E queste cose le dico nonostante lo scorso marzo, a Roma, alla manifestazione organizzata da sindacati, operai e lavoratori, abbiamo tutti sentito prima le dichiarazioni e le rassicurazioni del sottosegretario De Vincenti successivamente quelle del ministro Passera, in un tentativo di infondere ottimismo, di ammantare la vertenza di segnali positivi, salvo accorgerci, all'ultimo momento, che il Governo stava bluffando.
Ebbene, il problema va posto con nettezza e con forza al tavolo governativo. Il presidente Monti deve assumere, con atti concreti, le determinazioni che a parole lei, presidente Cappellacci, ha indicato il giorno che è stato attivato un tavolo politico a Roma, e sto parlando di febbraio! Un documento del Consiglio dei ministri stabiliva in quattro settimane il termine per avviare l'esame e la soluzione dei problemi del tessuto industriale della Sardegna. E' stata una caterva di frottole! Ci siamo trovati in presenza di un comportamento del Governo assolutamente inqualificabile! Noi siamo creditori nei confronti del Governo italiano e dobbiamo esigere il nostro credito. Perché dico questo, Presidente? Perché abbiamo tra l'altro una possibilità, e a me dispiace non essere rappresentante di un partito che sostiene il Governo Monti, lo dico per la prima volta. Io non do un giudizio tenero sul Governo Monti, come ho espresso anche in quest'Aula, ma per la prima volta mi rammarico di non far parte di un partito che sostiene il Governo Monti e che quantomeno avrebbe per questo la forza per far capire quanto sia urgente e indifferibile un intervento immediato per salvare il tessuto industriale sardo. Badate, siamo di fronte - questa è la verità e a questo dobbiamo reagire con fermezza - alla perdita completa di credibilità delle istituzioni e delle forze politiche, non solo sarde, perché è vero che il Consiglio regionale si è pronunciato innumerevoli volte in questi anni e con documenti sempre unitari sulla difesa dello stabilimento Alcoa e del tessuto industriale sardo, ma è anche vero che sui nostri documenti c'è stato anche l'assenso dei maggiori rappresentanti delle istituzioni nazionali e dei segretari di tutti i partiti presenti in Parlamento. Tutti si sono impegnati su questa vertenza e sulle altre che ho elencato prima e tutti hanno chiesto risposte al Governo Monti e prima al Governo Berlusconi, perché la battaglia non è di questi ultimi nove mesi, ma è ben precedente. Eravamo presenti tutti a Roma già agli incontri col ministro Romani su altre vertenze industriali. Questo Governo, il Governo Berlusconi e probabilmente i Governi precedenti per vari motivi sono responsabili delle mancate risposte a queste nostre esigenze. Il collega Maninchedda ha fatto bene a richiamare il fatto che il Presidente della Repubblica ha dichiarato la sua disponibilità immediata a sollecitare il Governo ad attuare interventi concreti, per cui, signora Presidente del Consiglio, le chiederei di verificare se è possibile che a Roma, dove si terrà un incontro solo tecnico, e quindi non sarà presente una delegazione regionale, al contrario di altre volte, sia comunque assicurata la presenza delle istituzioni e delle forze politiche sarde per marcare ancora una volta il messaggio che questa è una battaglia che interessa direttamente il Sulcis, ma che riguarda tutto il popolo sardo.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Dessì. Ne ha facoltà.
DESSI' (P.S.d'Az.). Signora Presidente, colleghi, è chiaro che intervenire in questo dibattito provenendo dal territorio del Sulcis, che da tempo ormai è abbandonato a un destino credo quasi irreversibile, non è facile se la situazione è quella che anche oggi si sta palesando in quest'Aula con le nostre dichiarazioni. Perché non ci siano dubbi, dico subito che il Partito sardo, ovvero il partito che rappresento, appoggerà sempre e comunque i lavoratori in maniera concreta, con tutte le azioni che si riterranno opportune, come la mozione in discussione - l'ennesima -, che trova il nostro consenso al fine di rivendicare quello che ci spetta dal Governo nazionale, ma è chiaro che la sosteniamo con molta amarezza.
E' stato ricordato dal mio collega Maninchedda che in questo contesto oggi avremmo dovuto discutere di cose ben diverse. Abbiamo provato a discuterne, ne sono testimonianza le varie iniziative che abbiamo preso in questo Consiglio regionale, la censura al Governo Tremonti, che ha avuto le conseguenze che tutti sappiamo: zero! Abbiamo votato un ordine del giorno sui rapporti con lo Stato - e il risultato a oggi è questo - e diverse mozioni sulla situazione di insofferenza di vari siti, come Porto Torres e Ottana, come avete ripetuto tutti. Avrei potuto scaricare da Internet diecimila dati e tenere anch'io una lezione sulla vertenza Alcoa, su come questa società sta sul mercato, su chi è responsabile della situazione e sui partiti che sostengono il Governo. Noi non lo sosteniamo, questo è certo e sicuro, e non possiamo sostenere iniziative supine nei confronti di questo Governo che ci sta trattando davvero male.
A marzo, al termine della famosa riunione citata, mi intervistò Sky Tg 24. Avevo la barba lunga al termine di quella riunione, e mentre tutti si dichiaravano soddisfatti, giustamente, soprattutto i lavoratori che vedevano aprirsi uno spiraglio, io non mi feci prendere, come di solito mi capita, dall'entusiasmo e dissi: "Lo Stato ci ha abbandonato". Andate a verificare. Ed ecco qua, lo Stato ci ha puntualmente abbandonato.
Ho sentito parlare di filiera dell'alluminio strategica per l'Italia. E' chiaro che è strategica per l'Italia, ma l'Italia è altra cosa dalla Sardegna probabilmente, visto che fino a prova contraria l'alluminio lo produce l'Alcoa e le trattative sul rilevamento degli impianti Alcoa - l'avete detto voi, lo ripeto giusto per far capire che qualcosa riusciamo a percepirla in senso positivo per quanto ci riguarda, ma in negativo per quanto riguarda le risposte che lo Stato ci sta dando - sono state lasciate alle multinazionali. Non è intervenuto lo Stato, ma non è intervenuta neanche la Regione sarda al tavolo dove, come anche voi avete detto, noi non contiamo nulla, assolutamente nulla! E il risultato è che oggi due multinazionali, l'Alcoa e l'Aurelius, che era sul campo, non si sono messe d'accordo e non sono state prese in considerazione altre ipotesi. Continuiamo a vedere un film che dura da sempre!
Oggi noi dobbiamo dire che Alcoa, non perché si chiama Alcoa, ma perché rappresenta forse l'ultima speranza per i lavoratori di quel territorio (600 dipendenti dell'Alcoa, più di mille con quelli dell'indotto, più i lavoratori della Carbosulcis e dell'Eurallumina), non deve chiudere, non può chiudere! Se vogliamo davvero riportare il dibattito su qualcosa di serio, dobbiamo fare dei passi importanti. Il primo è quello di inchiodare il Governo alle sue responsabilità rispetto alle promesse che ha fatto; il secondo è quello di fare in quest'Aula un dibattito serio, perché è serio il fatto che mancano un piano industriale, un piano energetico e un piano turistico, perché manca un vero piano strategico generale della Sardegna, è questa la nostra vera debolezza. Senza un piano strategico che ci metta in condizioni di dire con decisione ciò che vogliamo, siamo costretti a "pietire". Ci devono mettere il pepe addosso i lavoratori - mi sono trattenuto, Presidente! -, perché diversamente siamo supini! Ma è possibile che l'anello più debole debba sollecitarci a portare avanti delle iniziative?
Presidente, io di solito intervengo poco, ma anche un'altra volta sono intervenuto per richiamare il Consiglio alla sua autorevolezza e lei come guida di questa autorevolezza, perché ne abbiamo bisogno. I lavoratori hanno bisogno di una guida, di un piano industriale serio, per poi poter dire al Governo: "Vogliamo questo!". Finché non faremo questo, la realtà dell'Alcoa deve rimanere in piedi. Diversamente non andremo da nessuna parte, saremo supini, la nostra schiena non si raddrizzerà mai, perché non ci crediamo.
E' da vent'anni, onorevole Oppi, che qui si cercano responsabili; è da vent'anni che amministriamo questa regione ed è da vent'anni che non abbiamo un piano industriale. E' vero, noi abbiamo tre anni di colpe, ne abbiamo tante, perché questo Governo regionale faceva intravedere, a noi Sardisti in particolare, delle prospettive sull'autonomia, sulla sovranità mancata e sulla modifica dello Statuto, che non si sono avverate. Abbiamo poco tempo per recuperare e questa purtroppo è l'occasione che non possiamo più perdere. Questa mozione, l'ennesima, insieme agli ordini del giorno che ho citato, perlomeno serva per farci raddrizzare la schiena.
Ringraziamo davvero i lavoratori per la pressione che ci stanno facendo affinché riacquistiamo il nostro ruolo politico all'interno di una Regione che è assente, ma non possono essere i lavoratori a richiamarci al nostro dovere! Ricordava il collega Tarcisio Agus che da dieci anni esiste una proposta di legge su cui lavorare, eppure siamo qui oggi perché dei dipendenti stanno perdendo il posto di lavoro, perché l'Alcoa ha deciso di chiudere e perché noi, come Consiglio regionale, non abbiamo più la nostra autorevolezza. Riacquistiamo un po' di dignità, come sardi, avete detto tutti ed è strano sentir dire da destra e da sinistra e anche da chi appoggia il Governo nazionale che dobbiamo rivendicare la nostra autonomia, i nostri diritti, le entrate che ci sono dovute. Potremmo fare tantissime cose, ma non facciamo nulla, aspettiamo che un sottosegretario o un ministro ci metta nelle condizioni di aprire tavoli, ai quali non veniamo neanche convocati, e solo attraverso messaggini, fax e comunicazioni riservate riusciamo a capire quali sono gli indirizzi di questo Governo nei confronti delle nostre attività industriali, che dovrebbero essere strategiche per l'Italia. Noi non facciamo parte dell'Italia, da nessun punto di vista, questo è ormai acclarato. Qualcuno ha ricordato la vertenza Tirrenia, sulla quale clamorosamente l'Europa ci dà ragione, l'Italia invece ci dà contro e noi svendiamo tutto. Questo non deve più succedere!
E' chiaro che dovremo tenere una posizione ferma rispetto a questa vertenza che, secondo me, è davvero la vertenza madre di tutte le guerre, che può consentirci di riacquistare la nostra dignità, la nostra autonomia e di metterci in condizioni di far pagare i danni a chi ha creato questa situazione. Bisogna pensare seriamente, come succede da altre parti, che dove non interveniamo noi come politica, facciamo intervenire la magistratura, perché c'è il rischio che questa multinazionale vada via lasciando il territorio nelle condizioni attuali. Sappiamo benissimo che la zona è ad alto rischio ambientale, ne conosciamo tutte le criticità e non possiamo permettere che questa questione diventi una beffa dal punto di vista della nostra autorevolezza nei confronti dello Stato. E' chiaro e palese che noi questa battaglia non la possiamo perdere, non per l'Alcoa, ma per i lavoratori e per un territorio che rappresenta tutta la Sardegna. Questo deve essere un punto fermo dell'iniziativa che dobbiamo portare avanti a Roma. Può diventare strategico il settore dell'alluminio, così come può diventare strategica la Sardegna, e il Governo ce lo deve dimostrare!
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Mario Diana. Ne ha facoltà.
DIANA MARIO (Sardegna è già Domani). Signora Presidente, colleghe e colleghi, in mezzo alle tante cose che ho sentito dire stasera ovviamente, come al solito, ci sono anche molte banalità. Non ho ancora ascoltato il Presidente della Regione per capire se il livello della banalità debba salire o assumere toni piuttosto preoccupanti!
Mi rifaccio al ragionamento che ha fatto l'onorevole Maninchedda, per due ordini di motivi: perché non sono un tecnico, non so infatti distinguere l'alluminio da un altro metallo, e perché non è questo il mio mestiere. Il mio mestiere è quello di cercare di trovare soluzione ai moltissimi problemi che questa regione ha, e non ha da oggi. Sarebbe ingeneroso dire che tutte le colpe sono di questo Governo regionale, in questo modo, però, potremmo dare alla figura del presidente Cappellacci un valore estremamente alto, e io non voglio fare questo.
Vorrei che fosse condiviso da tutti il fatto che la vertenza Alcoa non nasce in questa legislatura, ma in anni precedenti. E' una storia antica, che altri hanno affrontato prima di me, prima di noi, senza trovare grandi soluzioni. Non le ha trovate neanche l'onorevole Tore Cherchi che a suo tempo, da illustre senatore della Repubblica italiana, si impegnò in tal senso e che adesso ribadisce di avere un rapporto importante con un certo sottosegretario De Vincenti, con il quale dialoga. E' apparso sulla stampa e l'ho visto io personalmente. Non ha trovato soluzioni, dicevo, neanche l'ex senatore Tore Cherchi, attuale Presidente della Provincia di Carbonia-Iglesias, che è molto impegnato in questa vicenda, come pure a bandire concorsi per assumere personale a tempo indeterminato in una provincia che è al dramma, quando ci sarebbe da definire questa vertenza e trovare una soluzione ai numerosissimi problemi di quel territorio, che poi non riguardano solo quel territorio, come qualcuno ha ricordato, perché se salta l'Alcoa saltano anche l'Eurallumina e la Carbosulcis, nonché il Pil della Sardegna, torniamo indietro probabilmente di dieci anni e ci ritroviamo sotto l'Obiettivo 1, ammesso che gli obiettivi comunitari esistano ancora. Quindi questo è un problema che interessa tutti.
Perché ho parlato di banalità? Perché sono convinto, come lo è l'onorevole Maninchedda, che noi possiamo risolvere poco qua dentro, con questo tipo di ragionamenti. Vero è che non ci è venuto in soccorso il Presidente della Repubblica. Io non sono Travaglio, sono un cittadino sardo che si riconosce nella Repubblica italiana, che ne ha condiviso i valori e continua a farlo e che riconosce l'attuale Presidente della Repubblica per quello che a questa Repubblica ha saputo dare. E il Presidente, che si chiama Giorgio Napolitano, non è venuto in Sardegna perché chiamato da chissà chi. L'abbiamo chiamato noi con una mozione, esattamente la numero 139 del 28 luglio 2011, onorevole Maninchedda, glielo dico per memoria, non per criticare o per fare polemica. In quella circostanza questo Consiglio regionale ha votato una mozione, a firma mia certamente, di altri Capigruppo e anche dell'onorevole Maninchedda, in cui si dava mandato al Presidente del Consiglio di chiedere un'udienza al Presidente della Repubblica dell'intero Consiglio regionale della Sardegna.
Forse era l'ultimo tentativo, e quindi ha ben ragione l'onorevole Maninchedda di criticare ciò che il Presidente della Repubblica non si è impegnato a fare, perché impegnato in altre cose. Era impegnato in un colpo di Stato, lo ha fatto, lo ha eseguito. Ci troviamo davanti a un Governo che non risponde e che altre volte ho definito il "museo delle cere". Io ho partecipato agli incontri insieme al collega Diana, al presidente Cappellacci, all'assessore La Spisa e ad altri autorevoli esponenti politici. Era il museo delle cere allora, lo è tuttora e non ha nessunissima intenzione di mettere mano a questa vicenda. Quindi se il problema deve essere risolto dal punto di vista politico qui i toni bisogna sollevarli! Non si può stare in quest'Aula, onorevole Randazzo, solo per fare gli elogi alla collega Zedda. La collega Zedda ha trascorso le ferie parlando di queste cose, non è andata a parlare con l'emiro del Qatar! Ha trascorso le ferie parlando di vicende che riguardavano soprattutto il Sulcis, si è impegnata e ha fatto la metà del suo dovere! Perché la metà? Perché l'altra metà l'avrebbe dovuta fare qualcun altro, anziché aspettare un sms per andare a Roma all'incontro del 31 agosto. Il problema non lo si risolve certo in questo modo!
Quando si sollevano i toni bisogna prendere delle decisioni, presidente Cappellacci. Lei non l'ha mai avuta questa forza e quando qualcuno, due anni e mezzo fa, le ha suggerito di mettersi alla testa del popolo sardo non l'ha fatto, perché non lo sa fare, perché non l'ha voluto fare e perché, probabilmente, era impegnato in altre cose! La realtà è che la Sardegna sta crollando; la Sardegna vede nascere movimenti che politicamente forse manifestano la loro vicinanza al Partito Sardo d'Azione, ma non lo dico con intento polemico.
MANINCHEDDA (P.S.d'Az.). Forse al P.d.L.!
DIANA MARIO (Sardegna è già Domani). Forse al P.d.L., non mi spaventa neanche questo! Certo è che oggi i toni che stiamo usando politicamente non bastano più, non sono più sufficienti, è necessario fare qualcosa di diverso, e non per quello che sta crollando, ma per quello che minaccia di crollare.
Gli amici che sono venuti dal Sulcis qua conoscono benissimo le vicende che li riguardano più da vicino, ma forse non sono a conoscenza di quello che può accadere nelle prossime settimane o nei prossimi giorni, non per quanto riguarda le aziende che vivono già il dramma nel dramma, ma per quanto riguarda le aziende che ancora non si trovano in quello stato di crisi e rischiano di arrivarci in tempi brevi. Parlo, per esempio, della situazione dell'E.ON a Porto Torres - ne ha parlato anche l'onorevole Maninchedda -, parlo di Ottana, ma parlo anche di quei sistemi produttivi che riguardano la Sardegna tutta e che non sono le industrie, ma sono l'agricoltura, il turismo, le attività produttive di tipo artigianale. Adesso si scopre che il presidente Monti farà pagare una tassa sulla birra, un'accisa ulteriore sulle bibite gassate, una tassa ulteriore sulla produzione di mirto, sulla produzione di limoncello, su tutto ciò che si produce a livello artigianale in Sardegna! Di questo se ne sta preoccupando qualcuno? Arriviamo sempre tardi e la colpa è della politica, bisogna riconoscerlo. I sindacati sollevano i toni, ma gli operai in questo modo vanno oltre i sindacati, e bene fanno, perché evidentemente anche i sindacati non li hanno tutelati integralmente in altri tempi.
Insomma, di fronte a questa situazione io dico che è tempo di svegliarsi. E come ci si sveglia? Continuando a discutere, ringraziando della loro presenza gli amministratori che sono qui e l'assessore Zedda che, come ho detto, ha dilapidato quelle quattro giornate di ferie che aveva impegnandosi al massimo? Non è così che si risolvono i problemi, né con i numerosissimi ordini del giorno che abbiamo approvato. Ne ho contato una ventina, approvati negli ultimi due anni, che riguardano queste vicende! Siamo andati a Roma anche noi, per confrontarci con chi? Con il Governo Monti adesso e con il Governo Berlusconi prima, e prima ancora con il Governo Prodi e il Governo Berlusconi! Quali sono i problemi? Continuiamo a piangerci addosso e a indicare il problema della Tirrenia, della continuità territoriale, dell'Eurallumina, dell'Alcoa. E' da vent'anni che non parliamo d'altro e mai nessuno che abbia sollevato un problema e abbia provato a pensare - non è compito solo del Consiglio regionale - che forse la Sardegna deve disegnare per il futuro qualcosa di diverso! Ma ci abbiamo mai pensato? Continuiamo a investire risorse in tutte le finanziare…
PRESIDENTE. Onorevole Diana, il tempo a sua disposizione è terminato.
E' iscritto a parlare il consigliere Dedoni. Ne ha facoltà.
DEDONI (Riformatori Sardi). Signora Presidente, questo dibattito sulla situazione dell'Alcoa sta arrivando a conclusione e purtroppo devo registrare che, ancora una volta, questo Consiglio regionale non ha dato il meglio di sé. Io mi accingo a dare sostegno a questa mozione, unitamente ai colleghi del Gruppo dei Riformatori Sardi, non perché sia convinto che si tratti di un ordine del giorno qualunque che alla fine verrà approvato perché un ordine del giorno lo non si nega a nessuno, ma perché dei lavoratori sardi, oggi quelli dell'Alcoa, ieri quelli di altre società e domani quelli di altre ancora, chiedono alla rappresentanza più alta del popolo sardo, al parlamento dei sardi, di levare la propria voce e di dire, una volta per tutte, che la Sardegna ha bisogno del proprio riscatto. E chiedono anche di non dirlo solo a parole, qui dentro, ma di realizzarlo nei fatti fuori di qui.
Quando si dice che bisogna avere autorevolezza, che la Giunta regionale deve avere quell'autorevolezza che forse non ha, è perché la Costituzione prevede che quando si parla degli interessi della Sardegna nel Consiglio dei ministri della Repubblica italiana sieda la rappresentanza del popolo sardo, e non è mai avvenuto in precedenza che questo disposto non sia stato rispettato. Allora comincio a pensare che giovi a qualcuno che questa procedura non venga seguita, che non si vada in Consiglio dei ministri e magari ci si accontenti del "tavolino" o dello "sgabello" che per l'occasione viene approntato, magari per sentire questo "De Perdenti" o De Vincenti, non ho capito bene, che tiene al guinzaglio la Sardegna per quanto riguarda il suo sviluppo! Ma sappiamo essere artefici del nostro destino? Probabilmente abbiamo perso la dignità di gente sarda che sa difendere i propri interessi sino in fondo. Forse non basta più la solita marcia, il solito incontro, ma bisogna veramente alzare la testa e gridare che lo sviluppo della Sardegna necessita di quel sostegno.
Faccio un esempio: l'Alcoa vive un dramma, la Carbosulcis è chiusa (i minatori sono in lotta a 400 metri di profondità), il polo di Ottana sta per chiudere, qualche altra industria pure, tuttavia in quel di Taranto quando si è sentito qualche "rumore" particolare sono arrivati immediatamente tre ministri. Non sono stati i rappresentanti pugliesi ad andare a Roma, ma tre ministri si sono recati a Taranto per capire cosa stesse accadendo. E guarda caso chi di dovere si è affrettato a dire che occorrevano tanti milioni per sanare i danni ambientali che un'industria inquinante aveva creato in più di trent'anni di attività in quella zona.
Ma noi abbiamo la capacità di reclamare qualcosa di reale per la nostra isola? Siamo veramente forti d'animo e dal punto di vista dell'etica - che forse ci manca - da evitare di bisticciare come galli in un pollaio, senza avere la capacità di dare risposte serie? Se questo non è, penso che allora la Sardegna abbia poco da sperare! Io invece voglio che la Sardegna non solo possa sperare, ma abbia un avvenire sul quale costruire il futuro dei nostri figli e delle prossime generazioni. Ma in uno Stato come la Repubblica italiana, che ancora s'attarda in discorsi di finanziarizzazione del sistema produttivo, che ancora non ha capito che bisogna calarsi in un sistema produttivo in cui il Pil sia il risultato del lavoro reale, ancora una volta saremo legati a sistemi che stanno al di fuori. Faccio notare, l'ho già detto in un'altra circostanza in quest'Aula, che la Germania non ha dismesso la chimica, anzi ha rinforzato il settore chimico, perché è la base dello sviluppo. Invece l'Italia, che ha necessità dell'alluminio, chiude le proprie industrie perché non è capace di trovare un sistema che riesca a calmierare una fonte di danni quale l'Enel e l'Eni. Ma vi ricordate l'Eni? Caro presidente Cappellacci, si ricorda cosa le diceva l'Eni e cosa lei ha dovuto dire in un'altra circostanza? L'Eni si poneva al di sopra dello stesso Governo della Repubblica italiana, se ne infischiava del Presidente del Consiglio! E' verità o è una bugia? Allora, se questi sono i poteri che determinano una situazione così grave, io veramente ho difficoltà a capire quale possa essere il futuro sviluppo della nostra Isola.
Chi come me percorre frequentemente la SS 131 sa quanto sia difficile arrivare a Cagliari o a Sassari, non solo per via dei limiti di velocità, ma anche perché ci sono strettoie, tratti chiusi, perenni lavori in corso. E' l'Anas, un'altra azienda di Stato, che blocca tutto anche all'interno della Sardegna. Non sono rivendicazioni serie queste? Il turismo non va, l'abbiamo sentito dire da tutti gli intervenuti, anche perché le tariffe di trasporto praticate non sono alla portata della gran parte delle famiglie italiane e neppure dei nostri emigrati, che desiderano tornare nella loro terra almeno una volta all'anno per riabbracciare i parenti e godere delle ferie estive.
Lo sviluppo della Sardegna passa anche attraverso l'energia che da noi costa molto di più che nella penisola. Ma siamo capaci di interrogarci, di porci il problema e di cercare di risolverlo affrontando l'Enel e bloccando tutto quello che c'è da bloccare, se è necessario? E' vero che le industrie energivore hanno difficoltà perché non si riesce a spuntare una lira in meno sul costo dell'energia. Sulle questioni bisogna intervenire, è inutile continuare a ragionare facendo il raccontino di ciò che è successo da vent'anni a questa parte; possiamo continuare a ripetere le stesse cose per altri vent'anni, ma non avremo risolto i problemi della Sardegna, che sono quelli che ben conosciamo. Noi non vogliamo che si continui così, ma con la definizione di un serio progetto di sviluppo possiamo chiedere a Roma, o dovunque si debba andare, anche a Bruxelles, che i problemi della nostra terra vengano realmente risolti, e non ci si limiti a fare dichiarazioni, come anche noi stiamo facendo qui in questo momento, convinti tuttavia che dietro l'ordine del giorno che ci accingiamo a votare ci sia la volontà del popolo sardo e la nostra determinazione a impegnarci in prima persona per poterlo rappresentare al meglio e con dignità in tutte le sedi.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Uras. Ne ha facoltà
URAS (Gruppo Misto). Presidente, mi scuserà, ma io vorrei rimanere nel merito della mozione e anche delle conclusioni a cui questo dibattito deve portare, perché se parliamo del mondo, badate, voi dovete stare zitti perché l'avete rovinato, se però dobbiamo parlare dell'Alcoa, allora noi siamo disponibili a ragionare in modo unitario. Noi siamo qua per decidere, intanto, che non si fermano gli impianti. Cosa vuol dire? Lo dico al Presidente della Regione, che ha un limite, che io gli ho rimproverato più volte e continuerò a rimproverargli fino a quando sarà necessario. Noi potevamo gestire in modo unitario l'insieme delle vertenze, la vertenza Sardegna nel suo complesso, in modo forte, robusto, come conviene a chi deve mostrare i muscoli nei confronti del Governo, ma anche nei confronti dell'impresa privata che viene qui, sporca, inquina, rovina, sfrutta e se ne va! Invece il Presidente ha scelto di fare un tragitto molto più persoonale. Questo è un grave limite, che però possiamo ancora superare, perché siamo disponibili a superarlo.
Noi dobbiamo dire che non si fermano gli impianti, e la decisione la deve assumere il Governo nazionale, che deve tutelare gli interessi della Nazione, e quindi può imporre le sue decisioni attraverso le leggi, ma anche i decreti d'urgenza. Questo vuol dire che deve fare uno sforzo anche l'attuale Presidente del Consiglio dei ministri che, tanto per ricordarlo, è l'uomo dell'espressione più acuta del liberismo economico, è l'uomo della libera concorrenza nell'Unione europea, colui che dagli ambienti economici più elevati è considerato intransigente dal punto di vista della tutela delle regole del libero mercato, colui che fa "cadaveri", però cadaveri produttivi, anche tra le comunità, tra le persone, nei territori di questo e di altri Stati! Mi rivolgo ai colleghi del P.d.L., del P.D. e dell'U.D.C., che sono le forze politiche che compongono la maggioranza che sostiene il Governo nazionale, perché si facciano carico di un monito nei confronti del Presidente del Consiglio dei ministri: non dobbiamo fermare gli impianti, è interesse della comunità nazionale mantenere in vita una prospettiva di sviluppo della filiera dell'alluminio e deve esserci il tempo di verificare che le condizioni in quella direzione si possono costruire in modo funzionale e risolutivo. Quindi gli impianti non si spengono. Il Presidente del Consiglio trovi il modo di evitarlo (esiste, ripeto, anche il decreto d'urgenza), perché c'è una questione di ordine pubblico, c'è una questione di grave e profondo disagio sociale, ci sono tutte le ragioni per intervenire a tutti i livelli di responsabilità pubblica, anche comunitaria, perché un'operazione di questo genere sia possibile.
E' un precedente che potrebbe essere utilizzato anche in altre parti d'Italia? Ebbene, dove sta il danno? Taranto è un esempio, lì c'è una situazione compromessa dal punto di vista ambientale, sta intervenendo la magistratura e si sta cercando di gestire quella partita anche nella prospettiva della salvaguardia dell'attività industriale, che ovviamente va resa ecosostenibile, ma non può essere messo in dubbio il principio che la salute dell'uomo non deve essere sacrificata mai, per nessun motivo.
L'altra cosa che dobbiamo fare è avviare quello che si sarebbe già dovuto avviare. Io non ho capito, tutti dicono che il Fondo di investimenti svizzero, l'Aurelius, l'ha scelto l'Alcoa. E noi glielo lasciamo fare? Il Governo glielo lascia fare per prenderci in giro? Non è accettabile questo! Quali sono le garanzie messe sul tavolo quando si è fatto quell'accordo? Quella direzione è stata acquisita anche dalle autorità pubbliche che erano lì presenti e che stavano ai tavoli riservati, ai quali noi non sedevamo. Noi stavamo fuori della porta, a sostegno dei lavoratori; erano altri soggetti, quelli che governano, quelli che hanno la responsabilità diretta delle istituzioni, che stavano lì a dire: "Va bene". Ma uno si fa portare il dossier e capisce se sono soggetti farlocchi oppure persone serie. Lo deve capire da subito e se ha il dubbio che siano soggetti farlocchi dice all'Alcoa: "Tu mantieni in vita la trattativa con tutti i soggetti".
Un'altra cosa vorrei dire: noi siamo troppo superficiali. Assessore Zedda, non è il tempo dei compitini, è il tempo di far pesare la responsabilità politica e anche la competenza tecnica, che deve essere chiamata al tavolo, e quando non c'è va reperita. Basta con i funzionari raccattati negli angoli degli uffici solo perché sono politicamente vicini. Andiamo a prendere le competenze, anche tecniche, dove sono!
Questo è il tragitto, ma cosa fa il Consiglio regionale? Noi chiudiamo la discussione della mozione dicendo che il Consiglio deve rimanere in seduta permanente, si trovino poi le forme regolamentari per procedere in tal senso, Presidente, ma va istituito un presidio che rimanga in piedi e faccia sentire la voce di una regione che è destinata al tracollo se ancora una volta noi rinunciamo. Se non mettiamo fine a questa situazione, se non costruiamo una barriera, se non impediamo che le battaglie, le manifestazioni, la partecipazione dei sindaci con la fascia tricolore, l'impegno delle istituzioni locali, le trasmissioni televisive, gli articoli dei giornalisti e i dibattiti finiscano così come è finita la vicenda della Vinyls, cioè in un libro, in un documentario, "L'isola dei cassintegrati", avremo fallito! Avremo fallito tutti noi, ma la responsabilità del fallimento sarà vostra, perché voi governate la Regione e insieme ai vostri partiti governate anche lo Stato, ed è vostro dovere non fallire!
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Steri. Ne ha facoltà.
STERI (U.D.C.-FLI). Il dibattito svoltosi oggi ha evidenziato che la difesa dell'Alcoa, intendendo con questo la difesa della produzione e dei posti di lavoro, è un elemento essenziale e un punto di non ritorno, perché la chiusura dell'Alcoa determinerà degli effetti riflessi ben più gravi di quelli che vanno a incidere solo sulla società. E questo in presenza dell'Alcoa, una società controllata da una serie di scatole cinesi tramite società che passano attraverso diversi Stati per poi arrivare in America e che dal 1995 al 2005, oltre ad avere acquisito lo stabilimento di Portovesme a condizioni di favore, ha avuto - come ha ricordato in precedenza Chicco Porcu - oltre 2 miliardi di euro di benefici pubblici; benefici ritenuti legittimi dall'Unione europea e giustificati con il fatto che il prezzo di favore dell'energia elettrica fornita all'Alcoa poteva essere tale in considerazione della sovrapproduzione di energia, in quel momento, da parte dell'Enel in Sardegna.
Nonostante tutti i vantaggi di cui ha goduto, l'Alcoa appena ha visto calare i profitti, in considerazione dell'alto costo della manodopera e dell'energia elettrica, non ha esitato un minuto ad abbandonare Portovesme e a cercare ulteriori investimenti. Il più recente è quello realizzato in Arabia Saudita, dove intende investire 11 miliardi di dollari. Ma sappiamo che lì la manodopera costa poco e i prezzi dell'energia sono inferiori a quelli praticati in Sardegna. Questo comportamento, in considerazione dei vantaggi ottenuti dall'azienda, non è sicuramente accettabile.
Abbiamo quindi di fronte una società che non pensa all'interesse generale, ma pensa solo ed esclusivamente al proprio profitto. Purtroppo questo è un dato che dobbiamo tenere ben presente nel prosieguo della trattativa. Ciò nonostante il problema è risolvibile. Richiamo quanto ha detto in precedenza Giorgio Oppi, il quale ha evidenziato come già da gennaio la Glencore abbia formalmente manifestato interesse nei confronti dello stabilimento dell'Alcoa. Non si capisce perché, in presenza di una manifestazione di interesse da parte di una seria e comprovata società, si sia perso tempo con l'Aurelius e società simili. Siamo arrivati, grazie a questo errore che è stato consentito, alla situazione per cui si paventa la chiusura degli impianti a giorni. Peraltro, proprio per il fatto che la società Glencore ha manifestato la sua disponibilità, riteniamo ci siano i presupposti per imporre all'Alcoa il rinvio della chiusura al 31 dicembre, avendo così il tempo, in base agli accordi sottoscritti, per chiudere la trattativa con la Glencore.
Sicuramente è una trattativa difficile e noi ci faremo carico, tramite i nostri rappresentanti nazionali, di sottoporre con forza la questione ai ministri competenti, non certo al sottosegretario De Vincenti o al direttore generale Castaldi, che se ne è interessato, che ci sembrano figure di secondo piano in questa vicenda. Devono intervenire i più alti livelli del Governo per poter giungere a una chiusura positiva della trattativa. La riunione del 31 agosto non può essere solamente interlocutoria, ma deve portare, ripeto, al rinvio della chiusura dello stabilimento quanto meno al 31 dicembre, per pervenire entro tale data a un accordo con la Glencore, fermo restando che se altre società dovessero, entro quel termine, fare proposte più convenienti, queste dovranno essere valutate. Va da sé che dobbiamo porre condizioni ben precise ed evitare di trovarci in una situazione in cui una società si fa avanti ma non assume nessun impegno. Da parte nostra, già il 31 agosto dobbiamo essere in grado di dare una risposta alle "condizioni" che sono state poste per questo intervento; condizioni che sono null'altro che la creazione delle infrastrutture che più volte abbiamo ribadito essere essenziali sia nel Sulcis che nel resto della Sardegna per poter realizzare una produzione effettiva.
Ritengo che su questo una risposta possa essere data e non possa che essere positiva, collegando ad essa la richiesta che i 300 milioni di euro che l'Alcoa deve restituire, in seguito alla dichiarazione da parte della Comunità europea, vengano dirottati immediatamente verso la Regione sarda per poter iniziare a realizzare tali infrastrutture.
Noi riteniamo che la Giunta regionale debba dimostrare l'autorevolezza e la forza per ottenere questo risultato. E' una condizione imprescindibile per poter andare avanti. In questo sforzo noi saremo al fianco della Giunta regionale, ribadendo la richiesta che venga costituita una delegazione in cui siano presenti tutte le forze politiche, perché la sola presenza di tutte le forze politiche che compongono il Consiglio regionale dà maggiore forza alle richieste della Giunta. Inoltre chiediamo espressamente che il 31 agosto tale delegazione sia accompagnata da tecnici effettivamente competenti e capaci. Concordo pienamente con Luciano Uras: le persone che scegliamo per portare avanti le nostre battaglie devono essere capaci, quale che sia il loro colore politico. Abbiamo sempre dimostrato in questo di non avere nessun limite nel dare un incarico nominale, direttorio o quant'altro, a prescindere dal colore politico della persona nominata. Riteniamo che solo in questo modo si possa ottenere un risultato concreto.
Effettivamente il problema dell'Alcoa, come è stato segnalato, si amplia, perché il problema più globale è quello dell'energia, dei rapporti con l'Enel e con la Terna. Per quanto riguarda i rapporti con l'Enel, come ha ricordato il collega Paolo Maninchedda, con la legge approvata subito prima dell'estate abbiamo dato uno strumento alla Giunta per poter trattare con l'Enel. Senza quella norma di legge era impossibile trattare non dico da una posizione di forza, ma in una condizione di parità con questo soggetto.
Quindi si può fare molto, e nel fare molto bisogna avere idee ben precise. Non è questo il momento di cercare responsabilità che riguardano gli ultimi vent'anni, dal 1995 o se vogliamo dal 1989, quando si è consentito di separare l'attività estrattiva da tutte le altre attività. Ripeto, andare in questo momento alla ricerca delle colpe, che sono di tutte le forze politiche, magari non di qualche singolo presidente che in quel momento non era schierato politicamente, ma di tutte le forze politiche, non ci porta da nessuna parte. Il problema, in questo momento, è dimostrare unità, cioè dimostrare che tutto il Consiglio regionale vuole quel risultato. Solo in questo modo si dà forza alle richieste che vengono avanzate.
Per quanto riguarda Alcoa, ripeto, la soluzione è dietro l'angolo; basta avere il coraggio, le idee chiare e la competenza per ottenere il risultato. Noi riteniamo che questo risultato possa essere ottenuto e che questa Giunta regionale lo debba ottenere. Il problema della battaglia contro Enel e Terna e quello della rivendicazione di ulteriori poteri nei confronti dello Stato devono essere sicuramente affrontati, ma è impossibile affrontarli da qui al 31 agosto. Del resto sono problemi ben conosciuti, in Aula ne abbiamo parlato più volte e più volte noi abbiamo espresso con forza la nostra posizione, dicendo anche, per quanto riguarda la predisposizione di un nuovo Statuto, che in congruenza con gli obiettivi che ci poniamo ci deve dare nuovi poteri e le risorse per realizzare gli obiettivi prefissati: "Attenzione, perché se non lo facciamo dal primo momento, non riusciremo a farlo nel corso della legislatura". E questo si sta puntualmente avverando.
Noi siamo disponibili a un Consiglio permanentemente convocato, che stia a fianco dei lavoratori per far sentire la nostra presenza; siamo disponibili a qualsiasi presenza a Roma, siamo favorevoli a tutti gli interventi a livello politico. Ricordo che tra tutti i rappresentanti delle forze politiche l'unico sempre presente su questi problemi è stato Antonello Mereu, un nostro deputato, che anche in questo caso ha ottenuto dal Parlamento l'approvazione di una serie di ordini del giorno. Ma questo non basta. Ripeto, solo insieme, uniti e avendo ben chiari gli obiettivi, che Giorgio Oppi ha illustrato con molta puntualità, potremo ottenere un risultato e non rischiare di fallire.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Pittalis. Ne ha facoltà.
PITTALIS (P.d.L.). Io sono tra i firmatari, a nome del P.d.L., della mozione in discussione, che reca la firma di tutti i Capigruppo, e per la verità, seguendo lo spirito della mozione stessa, mi sarei aspettato che almeno in questa occasione, non foss'altro perché è presente una nutrita delegazione di rappresentanti dei lavoratori, delle organizzazioni sindacali e delle rappresentanze istituzionali, si evitasse di richiamare responsabilità di chi peraltro neppure può parlare in questo momento, come il Presidente della Provincia di Carbonia-Iglesias, Tore Cherchi, o esponenti delle stesse organizzazioni sindacali.
Il presidente Cappellacci è ormai abituato a fare da bersaglio, come è avvenuto anche nel corso di questo dibattito, a critiche spesso animate solo da strumentalità, dalla voglia di lavarsi non so poi che cosa in relazione a fatti e situazioni che non interessano la vertenza Alcoa, che non interessano i lavoratori dell'Alcoa. Allora è davvero per un senso di rispetto verso chi ci ascolta che evito di replicare, perché mi pare che tornare allo spirito della mozione sia preliminare e più importante che lasciarsi travolgere, questo sì, dalla sequenza di banalità a cui ci siamo sottoposti nell'ascolto. Avrei capito se, in termini critici, come è logico e giusto che sia, si fosse fatto un appunto specifico per evidenziare che qualcosa non è stato fatto nell'eseguire i verbali dell'accordo di marzo-aprile 2012, che la Giunta non ha posto in essere tutte le iniziative per attrarre nuovi investitori, né si è interessata degli aspetti occupazionali, della tutela e della sicurezza ambientale, del monitoraggio e delle verifiche in relazione alle prospettive produttive. Penso che più che da parte nostra, il giudizio venga dai lavoratori, dalle rappresentanze delle organizzazioni sindacali e istituzionali del territorio, che quotidianamente hanno partecipato ai tavoli e che possono, loro sì a ragione, dare un giudizio, fosse anche negativo, sull'operato del Presidente della Regione, dell'Assessore dell'industria e dell'intera Giunta regionale.
In questo dibattito l'unica proposta seria che ho colto è quella dell'onorevole Oppi, che è stata richiamata da ultimo dal collega Steri. All'onorevole Maninchedda, che sa quanto io mi ponga il problema dell'argomento da lui trattato, che affascina da un punto di vista ideologico, vorrei dire che se davvero fosse sufficiente votare un documento in cui noi riconoscessimo la piena sovranità della Sardegna per risolvere le vertenze che dal nord al sud, passando per il centro, investono il settore industriale, con la mia firma porterei tutto il mio Gruppo a votare e sostenere un documento di quella natura. Lei lo sa perfettamente, onorevole Maninchedda. Io ne capisco le finalità e non voglio banalizzare la sua posizione, però in termini di aderenza alla discussa vertenza altri sono i problemi. Certo, ci sono problemi legati all'insipienza di un sottosegretario, com'è stato richiamato, all'insensibilità del Governo nazionale, di un ministro, e allora forse dovremmo trovare il coraggio anche in Sardegna di farci valere. Questo lo pongo, presidente Cappellacci, alla sua attenzione, perché sono d'accordo sull'idea che vertenze di questo genere devono diventare questioni di interesse nazionale. Oggi parliamo della vertenza Alcoa, ma vi sono altre vertenze aperte che riguardano l'intero territorio del Sulcis e che sono state richiamate, come quella sull'Eurallumina, ma le assicuro che partirà una forte mobilitazione anche nel Nuorese per quello che sta avvenendo a Ottana. Non possiamo continuare a relegare queste questioni come se interessassero soltanto un pezzetto del territorio della nostra isola. Dobbiamo portare all'attenzione del Governo nazionale, con una forte mobilitazione, la questione Sardegna, la questione della vertenza industriale, che deve trovare la stessa sensibilità che hanno trovato l'Ilva, lo stabilimento Fiat di Termini Imerese e altre realtà produttive industriali del nord, del centro e del sud della Penisola. Su questo sono d'accordo, onorevole Maninchedda. Se la finalità del suo intervento era indirizzata a creare un senso identitario forte in questo contesto allora siamo d'accordo.
Questa situazione, Presidente, ci deve portare però a un'altra riflessione, perché noi non possiamo continuare ad arricchire il portafoglio di certi industriali e poi passata la festa gabbatu lu santu! Non possiamo alimentare l'idea che si possa venire in Sardegna a investire grazie a mamma Regione e fregarsene di quello che succede ai lavoratori e alle loro famiglie. Questo non lo possiamo più consentire, Presidente! Ecco perché, più che concionare sulle questioni di responsabilità, che non mi interessano, a me interessa come poter assicurare a questi lavoratori e alle loro famiglie di vivere non nell'incertezza e neanche nella speranza, ma nella certezza di avere serenità e forme di benessere. Quella dell'Alcoa e le altre realtà industriali di cui si è detto devono poter andare avanti, ecco perché ritengo che la proposta dell'onorevole Oppi ci trovi d'accordo. Noi dovremmo fare una grande mobilitazione con tutti i lavoratori di quell'area e portare al tavolo nazionale la vertenza Sardegna come una vertenza che non può assolutamente essere seconda a nessun'altra.
Presidente, lei sta già facendo molto in chiave autonomista e identitaria. Segua quella linea, la cavalchi anche in relazione alla vertenza Alcoa, perché ci sono tutte le condizioni per poter trovare una positiva soluzione.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Giampaolo Diana. Ne ha facoltà.
DIANA GIAMPAOLO (P.D.). Il momento, come testimoniato anche da questo dibattito, è certamente drammatico. La generosa lotta dei lavoratori di un intero territorio impone, presidente Cappellacci, innanzitutto al Consiglio regionale e alle forze politiche per un verso il massimo dell'unità politica e istituzionale, per l'altro verso l'onere di avanzare una proposta sapendo, ovviamente, che siamo una parte non determinante, ma nemmeno marginale, se saremo in grado appunto di avanzare una proposta in un momento come questo.
Per quanto ci riguarda, come Partito Democratico e come forza di opposizione siamo disponibili ad assumerci questa responsabilità, come abbiamo sempre fatto. In questo senso mi dispiace la caduta di stile del collega Diana - ne capisco le ragioni politiche -, il quale ha incrociato una critica al Presidente della Regione con una critica al Presidente della Provincia di Carbonia-Iglesias, che invece mi pare abbia svolto un ruolo molto importante e di forte tenuta non soltanto nella trattativa, ma anche dal punto di vista sociale, perché non sono di poco conto, anzi sono drammatici i risvolti sociali di questa vicenda.
Io non voglio, presidente Cappellacci, mi rivolgo a lei, sollevare polemiche in questo dibattito. Ciò non significa, ovviamente, confondere le responsabilità tra chi governa questa Regione e chi è all'opposizione. C'è una mozione unitaria, letta dal Segretario all'inizio della seduta, alla quale mi rifaccio totalmente, per cui utilizzo gli otto minuti e mezzo che mi restano per sviluppare qualche ulteriore considerazione. Verificheremo probabilmente alla fine di questo dibattito come arricchire la mozione, eventualmente trasformandola in un ordine del giorno.
Non voglio rifare la storia dell'Alcoa e tanto meno dell'industria in Sardegna. L'assessore Zedda ha ripercorso le tappe già svolte e ha detto di confidare sulle prossime, a partire da quella del 31 agosto prossimo venturo. Ha inoltre ricordato che al momento - e su questo vorrei soffermarmi, perché mi pare importante - il negoziato riguarda esclusivamente soggetti privati. Questo, Assessore, presidente Cappellacci, pur comprendendo il tutto, perché non siamo degli sprovveduti, noi non possiamo permetterlo. Il tempo è poco, ma intendiamoci anche sul senso delle cose, non soltanto sul loro significato letterale. Noi non possiamo permettere a nessuno - a nessuno! - di decidere del futuro nostro, di quest'Isola o di un pezzo di quest'Isola, senza che chi governa questa Regione abbia la possibilità di intervenire e di condizionare quelle scelte nel senso da noi auspicato. Non penso che ciò si possa evitare proclamando l'indipendenza della Sardegna. Rispetto questa opinione, non la condivido, ma non mi pare che serva per risolvere quel problema.
I partiti e le istituzioni da troppo tempo, non solo in Italia, non governano più i processi e le dinamiche economiche. Queste sono controllate, lo vediamo in questa vicenda, ma non soltanto in questa, dai grandi poteri finanziari che purtroppo hanno sostituito le istituzioni, per responsabilità certamente delle forze politiche e anche delle stesse istituzioni. L'Italia, poi, è in una condizione di maggiore fragilità non soltanto economica; non siamo la Germania, ma siamo in una condizione di maggiore fragilità perché la legislatura volge al termine, siamo in presenza di un Governo tecnico, seppure sostenuto da un'ampia maggioranza, così come ci ricorda continuamente il collega Uras. Quindi ci sono anche queste condizioni che, secondo me, devono essere tenute nella debita considerazione per misurare, calibrare gli interventi che dobbiamo porre in essere.
In questo contesto, presidente Cappellacci, mi permetto di chiedere a lei e all'assessore Zedda che cosa sta facendo la Regione. Chiedo a voi, ripeto senza polemica, ma con spirito costruttivo, che cosa sta mettendo a disposizione la Regione per rendere attrattiva, interessante, l'acquisizione degli impianti Alcoa. Qual è la qualità e il merito del confronto tra la Regione e il Governo nazionale? Chiedo a voi due di dirci di che cosa state discutendo in questo momento, ma non lo chiedo polemicamente, vorrei soltanto che il Consiglio, caro onorevole Pittalis, fosse messo nelle condizioni di poter esprimere un giudizio di merito sul confronto in atto tra la Regione e il Governo per portare a soluzione questo annoso problema. Mi chiedo: abbiamo qualcosa da offrire all'Alcoa per verificare se la sua decisione di chiudere gli impianti e di andare via sia irreversibile? Badate, sono questioni che si stanno ponendo drammaticamente in queste ore e che potrebbero arrivare a un epilogo drammatico nei prossimi giorni. Allora credo sia legittimo chiedere che cosa la Regione mette a disposizione per evitare che ciò avvenga. La Regione sa se questa decisione dell'Alcoa, caro onorevole Oppi, è già irreversibile oppure c'è ancora un margine di reversibilità? E se c'è un margine di reversibilità cosa chiede l'Alcoa e cosa possono fare il Governo italiano e la Regione Sardegna? Credo siano quesiti legittimi sui quali vorrei avere una qualche risposta.
Assessore Zedda, presidente Cappellacci, credo siate d'accordo nel considerare che la qualità, l'affidabilità del soggetto privato di cui parlava l'assessore Zedda sia un fattore determinante nella conclusione positiva o meno di questa vicenda. Allora vorrei chiedervi: è affidabile la Glencore? E' affidabile l'Alcoa? E' Sono affidabili i cinesi? Sono domande che sento e ho il dovere di porre, perché altrimenti non capisco in che modo posso partecipare, dare il contributo del maggior partito d'opposizione in questo Consiglio regionale in una trattativa, per carità, difficilissima. Non sto dicendo che il vostro compito sia semplice, però vi chiedo: avete messo a disposizione tutti gli strumenti che avete anche per verificare l'affidabilità di questi soggetti? La Sfirs è stata messa in campo, è stata messa, dico di più, a disposizione, intendendoci su cosa vuol dire mettere a disposizione la finanziaria della Regione? Sono questioni che sollevo perché vorrei davvero capire, assessore Zedda, ripeto lo faccio con spirito costruttivo, se è in atto un'interlocuzione di questo tipo.
Presidente, noi non possiamo permetterci il lusso di lasciar fare solo al Governo. Poi questo potrebbe servirci per dire è colpa loro, che è colpa di quel triumvirato di cui parla il mio amico Luciano Uras, ovvero P.D., P.d.L. e U.D.C., ma alla fine saremo di fronte comunque a un risultato negativo. Il tempo a mia disposizione sta per terminare, per cui suggerisco, presidente Cappellacci, di chiedere l'intervento del Presidente del Consiglio, Monti, il quale deve innanzitutto imporre all'Alcoa di assumersi la responsabilità sociale di non fermare gli impianti. Fino a quando? Fino a quando non si risolve questa questione.
Aggiungo: se arriviamo al punto in cui l'Alcoa va via e non c'è un interlocutore, che facciamo? Assistiamo messianicamente o chiamiamo la famosa Maria dell'incrocio delle FS di Cagliari? No! Presidente Cappellacci, le chiedo di assumere un'iniziativa forte a nome di questa Regione, perché qualora arrivassimo a quella drammatica situazione il Governo intervenga con uno strumento straordinario, seppure temporaneo, per evitare che l'Alcoa chiuda la fabbrica.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare, per la Giunta, il Presidente della Regione.
CAPPELLACCI (P.d.L.), Presidente della Regione. Devo dire che non avevo previsto di intervenire, ritenendo corretto che fosse l'assessore Zedda a chiudere questa sessione di lavori e che lo facesse soprattutto sulla base dell'impegno che è stato ricordato e che sta quotidianamente mettendo al servizio di questo grave problema della nostra regione. Credo però di non potermi esimere, perché sono state fatte delle proposte, sono state dette tante cose e anche tante parole. Molte di queste forse sono parole al vento e certamente il mio intervento non è teso ad alimentare la logica dei parolai e tanto meno a dare un contributo perché questo diventi il tempio delle parole vuote. Credo che l'unico contributo serio sia quello del lavoro quotidiano e da questo punto di vista sono totalmente sereno con la mia coscienza, ma non per questo non sollecito quotidianamente la mia coscienza perché ogni giorno possa tentare di fare qualche cosa in più rispetto a quello che è stato fatto il giorno prima.
Abbiamo fatto molto, ma non è certamente ancora abbastanza per risolvere il problema, perché la soluzione ancora non c'è, se no non saremmo qua, ma credo che non si possa trascurare che, com'è stato richiamato, i problemi sono veramente molto complessi e anche antichi. Oggi forse abbiamo perso parte del nostro tempo, qualcuno ha detto che è da vent'anni che abbiamo questo problema. Provo a fare un esercizio, a cui pensavo nell'ascoltare il dibattito: se anziché fare la conta degli anni che sono passati, metto in fila gli anni che ciascuno di noi ha maturato nella sua vita politica, allora forse è da qualche secolo che stiamo perdendo tempo! Credo sia arrivato il momento di smettere di parlare; bisogna cominciare ad agire, e noi lo stiamo facendo. Come? Lo stiamo facendo quotidianamente, lo stiamo facendo pensando al futuro, lo abbiamo fatto con il Piano Sulcis, per il quale stiamo mettendo a disposizione "appena" 350 milioni di euro di risorse della Regione per costruire una prospettiva diversa per quel territorio. E rispetto al Piano Sulcis, che esiste, che è una realtà, che è condiviso con il territorio, con le amministrazioni locali, credo sia doveroso, pensando agli appuntamenti che ci aspettano, chiedere al Governo di non battere cassa, in questo momento così delicato, con l'Alcoa perché restituisca i 300 milioni di euro, ma di cominciare a ragionare, insieme a noi naturalmente, su come questi soldi, che prima o poi arriveranno, possono essere spesi a favore del territorio. Quei 300 milioni devono infatti restare sul territorio.
Ma non è finita: noi abbiamo fatto tanto, dobbiamo e possiamo fare di più; l'Alcoa, soprattutto, ha fatto una parte del percorso, può e deve fare di più; il Governo ha fatto una parte del percorso, può e deve fare di più. Noi non ci accontentiamo e non ci accontenteremo. Perché la scadenza del 31 agosto, che tutti abbiamo condiviso, deve essere oggi rivista? Perché ci sono delle novità, perché il gruppo Glencore, com'è stato detto, ancora oggi manifesta disponibilità, e il 31 agosto è previsto un incontro che servirà proprio ad approfondire questa disponibilità, e perché la Regione non si è fermata alla programmazione degli interventi del Piano Sulcis, che guardano al futuro per quel territorio, ma guardano anche al presente, in quanto comprendono tutti gli interventi per completare l'infrastrutturazione di quel territorio, e quindi consentire a chi già opera in zona di farlo a condizioni più favorevoli, ma ha fatto di più, ha cioè svolto anche un'attività di scouting, che non le competerebbe, ma che era giusto fare. Da questa attività di scouting sono emerse altre possibilità, ci sono stati almeno altri due contatti con delle multinazionali che noi riteniamo importanti, o che comunque meritano un approfondimento, perché possono costituire un'ulteriore opportunità, un ulteriore sbocco. E allora basta questo motivo, cioè l'interesse della Glencore e di due nuovi soggetti, per chiedere all'Alcoa di fare di più e al Governo di sostenere questo tipo di impostazione, questo tipo di richiesta.
Ma l'impegno sul territorio, lo sapete tutti, non si ferma certamente all'Alcoa, perché senza l'Alcoa quel territorio muore, ma muore anche senza l'Eurallumina. E noi stiamo lavorando perché possano riaprire sia l'Eurallumina sia la ILA; è di questi giorni, come sapete, la notizia di questa concreta possibilità, che interessa anche la ex ALI, e del sostegno alla Portovesme Srl (gruppo Glencore), perché questa società esiste e continua a operare grazie soprattutto al sostegno che ha ricevuto dalla Regione. Ma la nostra idea, che è ben chiara e anche nota, non si ferma al Sulcis come polo industriale strategico, perché sono altrettanto strategici i poli di Ottana e Porto Torres, e noi stiamo lavorando per mantenere in piedi questo progetto industriale.
Oggi è in discussione una mozione che qualcuno ha detto serve a molto poco; non si nega a nessuno una mozione. Io credo che serva ad affermare tutti insieme, ancora una volta, la nostra volontà, perché lo dobbiamo a quei lavoratori, alle nostre famiglie, ai nostri figli; serve una volta ancora per dire: non facciamo la rincorsa, inutile e strumentale, delle responsabilità, ma uniamo le forze per poter ottenere un risultato, per poter essere autorevoli, per poter contare. Un singolo uomo o un singolo rappresentante di un'istituzione non conta come tale; conta un territorio, un popolo, questa Regione, se saremo capaci veramente di unire le forze e di far valere la nostra voce in quei contesti. E noi ci presentiamo senza timore reverenziale nei confronti di nessuno.
Nell'ultimo periodo abbiamo avuto occasione, più che di partecipare a degli incontri, di mandare l'ufficiale giudiziario al Governo della Repubblica italiana. Non ci spaventa la possibilità di uno scontro, non ci spaventa il confronto, siamo pronti a farlo a ogni costo. Credo che quella di oggi sia l'occasione giusta per unire veramente le forze e per prepararci a sostenere tutti insieme questo tipo di percorso. Plaudo alla proposta dell'U.D.C., che ritengo accettabile in particolare laddove invita a trovare il modo, anche sul piano dei passaggi formali, per affermare che dietro questa vertenza, dietro questa istituzione ci sono un'intera regione, una classe politica e una classe sociale che rivendicano ascolto e attenzione. E allora ben vengano gli ulteriori contributi, attraverso le migliori competenze possibili, perché certamente non vogliamo essere secondi a nessuno, e non credo che lo siamo stati fino ad oggi, in modo tale da non tralasciare assolutamente niente. Grazie.
PRESIDENTE. Poiché nessuno dei presentatori ha domandato di replicare, dichiaro chiusa la discussione. Procediamo alla votazione della mozione.
Ha domandato di parlare il consigliere Maninchedda per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.
MANINCHEDDA (P.S.d'Az.). Signora Presidente, voterò a favore della mozione, ma vorrei dire due cose all'onorevole Pittalis. Onorevole Pittalis, le tariffe in Italia purtroppo non sono affidate al libero mercato, ma sono largamente definite da oligopoli di Stato, per cui la questione del potere e della sovranità è legata alle tariffe. Per quanto riguarda l'energia questo è il vangelo! Se poi devo dimostrare un'altra volta a quest'Aula che questo è fondante, sono pronto a farlo e troveremo le occasioni per farlo, ma, mi creda, sulle tariffe ciò che dicono le istituzioni internazionali all'Italia è esattamente questo: c'è ancora un sistema oligopolistico o monopolistico che ci opprime.
Presidente Cappellacci, io l'ho ascoltata con interesse, però mi permetta di raccontarle, scherzosamente, che avevo un compagno di classe il quale dopo un litigio era solito dire: "Tenetemi, tenetemi, sennò gli faccio male!". Mi sembra che col Governo nazionale lei faccia altrettanto. Io non la tengo più, faccia quello che sa fare, ma mi permetta di ricordarle che con Tremonti ha sbagliato. Le sto dicendo che sta sbagliando con i colossi dell'energia e sbaglierebbe ad accettare le forme negoziali che propone l'onorevole Giampaolo Diana. Non è più il tempo. Lei deve entrare, a mio avviso, nell'ordine d'idee che o schiera le istituzioni della Sardegna in una contestazione di sovranità con lo Stato o verrà imbrigliato in una ragnatela negoziale che la ucciderà.
Io ho un gioco diverso in mente, onorevole Diana. Non credo più, mentre voi ci credete, nelle gerarchie burocratiche di partiti nazionali che ritengono di negoziare consenso col popolo collocandosi in una posizione intermedia rispetto alle decisioni romane, con cui voi avete molti rapporti. Non credo più a questo gioco e spero che nessuno dei parlamentari sardi venga rieletto, perché quello che è successo in questa legislatura è vergognoso! E non sono certamente nostri parlamentari!
Guardi, Presidente, i negoziati hanno bisogno sempre di una forza in campo, e in questo momento la Sardegna non è riconosciuta come soggetto forte, neanche per la sua progettualità. Le do un consiglio sul Piano Sulcis, di cui lei ha parlato: c'è un monte risorse, riprogrammiamolo, perché l'elenchino che avete presentato non è paragonabile alle esigenze di una crisi di questa portata!
PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Uras per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.
URAS (Gruppo Misto). Intervengo per dichiarare il mio voto ovviamente favorevole alla mozione, che ho peraltro sottoscritto, e anche per sollecitare il Presidente della Regione a interpretare nel modo più compiuto gli impegni che sono contenuti nella mozione, la quale nella premessa richiama gli ordini del giorno numero 76 e 80 del 2012 e numero 75, approvato a conclusione della discussione della mozione numero 161, a firma Porcu e più, sempre nel 2012.
Questo per dire che quella debolezza, che mi sono permesso di sottolineare, nei rapporti della Regione con lo Stato, e non solo con lo Stato, deve trovare una modalità di soluzione positiva. Se non si vede che c'è una Regione, una comunità regionale nel suo complesso decisa, noi non avremo la capacità, la forza di convincere gli altri che non si scherza più, che non possiamo pagare come stiamo pagando il prezzo di una crisi che nasce e si sviluppa per altri interessi in altri posti.
Ecco perché, Presidente, chiedo che si trovino le forme più adatte anche per adempiere l'ultimo punto della mozione, che prevede una sorta di seduta permanente del Consiglio regionale, pronto a intervenire e anche a drammatizzare lo scontro e il confronto con lo Stato in ragione di eventuali non positive evoluzioni della vertenza.
PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Dessì per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.
DESSI' (P.S.d'Az.). Dichiaro il mio voto favorevole alla mozione, ma questo non mi esime dal dare alcuni chiarimenti sul mio intervento perché, probabilmente condizionato dalla drammaticità di quello che sta succedendo nel Sulcis, sicuramente non ero molto sereno quando ho parlato.
Adesso che sono più sereno vorrei dire due cose importanti. Presidente, lei mi ha fatto avere dei capitoli del Piano Sulcis che io conoscevo benissimo. Non è sicuramente un piano industriale strategico della Sardegna; è un piano per il Sulcis e tra l'altro, come riporta la nota Cipe, è anche un piano commissariato, perché deve avere il vaglio di due ministeri. Quindi è un percorso non immediatamente spendibile, è un percorso abbastanza complicato. Ci sono poi il patto di stabilità e altre questioni per le quali credo dovremmo prendere posizioni serie e importanti rispetto a quello che mettiamo in campo. Il piano energetico, per esempio, sicuramente non è come quello sull'eolico, nel quale non è prevista una royalty per la Regione sarda, e tutto viene dato al più forte. Il fatto che non abbiamo ancora un piano energetico dimostra che probabilmente non siamo nelle condizioni di poterlo fare, e comunque non è sicuramente con le offerte turistiche a un emiro che dimostriamo capacità di sviluppo turistico in questo territorio, che potrebbe essere un'alternativa importante per il nostro sistema produttivo.
E' chiaro che su tutte queste questioni, come diceva l'onorevole Capelli, questo Consiglio non ha l'autorevolezza necessaria per essere ascoltato, anche nella semplicità a volte del linguaggio usato, che è diretto rispetto agli argomenti che tocchiamo, che non sono di facciata né sono banalità, come ho sentito dire dall'onorevole Pittalis. L'ho annotato perché l'ha detto, probabilmente non lo intendeva nel vero senso della parola, oppure ho inteso male io. Resta chiaro che l'indipendenza è un modo per essere autonomi rispetto a determinate decisioni.
Evidentemente sarà difficile che tutte le questioni che noi stiamo rivendicando possano essere condivise nella loro interezza. Nessuno ha messo in dubbio, signor Presidente della Regione, Assessore, il vostro impegno e la vostra correttezza morale rispetto agli impegni che si è cercato di portare avanti, ma i risultati sono quelli che sono. Di fronte a questi risultati voglio solo ricordare - è la mia opinione personale e cerco di esporla velocemente perché il tempo sta scadendo - che i pescatori di Teulada hanno fatto in modo che si interrompessero le esercitazioni militari e hanno ottenuto un risultato. In questo caso se noi blocchiamo la fabbrica non otteniamo nessun risultato, ma possiamo intervenire sui punti deboli di questo Governo, ovvero dove fa cassa in Sardegna: l'Enel e forse anche le servitù militari, attorno alle quali ruotano grossi interessi.
PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Cocco Pietro per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.
COCCO PIETRO (P.D.). Ovviamente voterò a favore della mozione, però non posso non dire che questa vicenda, compresa la mozione, mi lascia l'amaro in bocca. E ancora più amaro in bocca mi lasciano le parole del Presidente, non perché non abbia cercato di spiegare le ragioni di questa vertenza, ma perché mettere insieme cento vertenze per non risolverne neanche una è un tentativo maldestro per cercare di deviare le questioni.
Noi abbiamo un'urgenza, che è quella dell'Alcoa. Volutamente oggi abbiamo messo all'ordine del giorno esclusivamente la vertenza Alcoa perché il 3 settembre la fabbrica chiuderà i battenti, le celle elettrolitiche verranno spente e noi abbiamo bisogno di sapere che cosa questo Consiglio regionale è chiamato a fare nei prossimi giorni, nelle prossime ore, e che cosa è chiamato a fare il Presidente della Regione con la sua Giunta, da qui a quella data, per sapere quale sarà la sorte di quella fabbrica. Bene, le cose le abbiamo dette e non sono parole al vento, al contrario di come, secondo me anche in questo caso in maniera maldestra, ha detto il Presidente. Sono affermazioni che non vanno assolutamente fatte, perché ognuno cerca di portare un contributo positivo a questa vicenda.
Chiedo espressamente alla Presidenza del Consiglio di fare in modo che questa seduta permanente possa tradursi nella possibilità per ognuno di noi di conoscere gli sviluppi, ora per ora, della situazione, altrimenti non si risolverà assolutamente niente, altrimenti sarà vero che questo Consiglio regionale è convocato soltanto per discutere una mozione che rimarrà sulla carta, che non produrrà effetti concreti rispetto alla possibilità che quella fabbrica abbia uno sviluppo futuro, e rimarranno esclusivamente sulla carta anche le proposte che sono state fatte.
Pretendo di poter svolgere il mio ruolo nel migliore dei modi e di essere messo a conoscenza, passo dopo passo, delle cose che verranno portate avanti. Ora ci sono degli sviluppi, sono state fatte delle assemblee nei territori, con i sindacati e con le rappresentanze delle categorie, è stata messa in piedi una strategia d'intervento, per cui l'Esecutivo regionale non può limitarsi ad accompagnare ancora una volta i lavoratori al ministero o a Palazzo Chigi. Non può essere questo il ruolo della Regione. Ci deve essere un ruolo attivo e propositivo da parte di coloro che hanno un'idea di ciò che si deve fare e io devo essere messo al corrente della situazione e devo poter dare il mio contributo perché si possa procedere nel migliore dei modi.
PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Capelli per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.
CAPELLI (Sardegna è già Domani). Presidente, voterò a favore della mozione perché farà altrettanto il collega Uras. Ho fiducia nel collega Uras, perciò voterò questa mozione. Continuo a sostenere che servirà a ben poco, ma è comunque un atto politico unitario del Consiglio regionale, pur con dei distinguo, perché finora ho sentito dire: "Votiamo la mozione, ma…". Ma non ho fiducia in questa Giunta. Quando il Presidente della Regione poteva sollecitare i deputati della maggioranza a sfiduciare il presidente Berlusconi qualora non fosse intervenuto per la vertenza entrate, per la vertenza industria, per la vertenza trasporti, come altri hanno fatto a Roma per la deroga al patto di stabilità, come hanno fatto i deputati siciliani facendo pesare i loro sette od otto voti utili per ottenere la maggioranza, i nostri deputati, o meglio i vostri deputati si sono allineati con il Governo. E adesso ce la prendiamo con Monti!
Collega Salis, io sono ben felice di appartenere invece a un partito che sostiene il Governo Monti. Se lei ha qualche problema venga pure da noi e avrà l'opportunità di sostenerlo, ma colgo sicuramente la sfumatura del suo intervento e credo che ognuno di noi debba intervenire presso i propri partiti nazionali, perché quello del Sulcis è un problema nazionale, come giustamente è stato detto, al pari di quello dell'Ilva e di altre problematiche nazionali. Il Presidente della Regione Puglia si è immediatamente attivato, è stato autorevole ed è stato ricevuto dal Governo, insieme al Sindaco di Taranto, per cercare di risolvere il problema Ilva. Però lì c'è un'unità vera.
Con simpatia, agli amici del Partito sardo chiedo: sono totalmente d'accordo con voi, io però voto contro questa Giunta, voi invece ne fate parte, quando vi deciderete a essere coerenti e conseguenti?
PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Mario Diana per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.
DIANA MARIO (Sardegna è già Domani). Signora Presidente, intervengo molto brevemente per annunciare, ovviamente, il voto favorevole a questa mozione, ma inviterei i colleghi a verificare quante note stampa sono "spuntate"!
(Interruzione de consigliere Maninchedda)
DIANA MARIO (Sardegna è già Domani). No, onorevole Maninchedda, sia l'Enel che il Ministero si sono immediatamente attivati. Tra l'altro l'Enel dice una cosa che va in controtendenza con quello che dice lei, non perché io creda all'Enel ovviamente, certamente credo a lei. Sull'Enel leggo: "Quanto infine ad Alcoa l'Enel ricorda che grazie ai meccanismi previsti dalle norme vigenti" - sottolineo grazie - "essa si approvvigiona di energia elettrica a prezzi in linea con la media europea per il settore dell'alluminio". Lei ha detto che non è così, tutti noi sosteniamo di pagare l'energia elettrica diversamente da quanto fanno le altre Regioni, ma l'Enel dice che non è così. Dice il Ministero: "Il Piano per lo sviluppo del Sulcis, proposto da Regione e Provincia, è ora all'esame delle strutture tecniche del Ministero dello sviluppo. E' una buona base di partenza, lo afferma in una nota lo stesso Mise sottolineando che venerdì prossimo…", eccetera. E' una buona base di partenza? Presidente, di che cosa stiamo parlando? Qua siamo alla frutta, altro che buona base di partenza! Ma quale base di partenza! I 340 milioni di euro impegnati dalla Regione sono la base di partenza, e tutto il resto? Di che cosa vogliamo parlare?
PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Salis per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.
SALIS (I.d.V.). Signora Presidente, anche per rassicurare il collega Capelli, voterò convintamente a favore della mozione, anche perché nel mio precedente intervento ho indicato la necessità di legarci strettamente a un impegno, a una partecipazione, a una lotta - uso questo termine perché è significativo e si lega perfettamente alla vicenda che stanno vivendo i lavoratori - che deve vederci impegnati perché una soluzione possa essere raggiunta. Per partecipare in maniera convinta a questa lotta dico anche che sono disposto, provvisoriamente, ad accantonare i dubbi sulle capacità sia del Governo nazionale che del Governo regionale.
Quando ho detto che per la prima volta avrei voluto che la mia forza politica fosse al Governo, intendevo dire che manca nell'opposizione sia al Governo Cappellacci che al Governo Monti il peso politico per poter incidere. Il sottosegretario De Vincenti, infatti, conta molto di più del presidente Di Pietro, che è all'opposizione, perché le leve del Governo sono utilizzate dai membri del Governo.
Io sono convinto che la vertenza Alcoa sia molto più drammatica e disastrosa dei rischi del chinotto venduto nei bar. Capisco che ci sia la necessità di fare cassa, ma l'emergenza lavoro e sviluppo è prioritaria. Presidente, io vorrei che lei aiutasse il presidente Monti ad aprire la cosiddetta "fase 2", quella dello sviluppo e del lavoro. Quale migliore occasione che questa vicenda per valorizzare e salvaguardare il tessuto industriale di una tra le regioni più povere della Sardegna? Questa è la domanda che pongo a lei e a quest'Aula, con l'impegno, da parte mia e del mio Gruppo, di continuare nella battaglia perché questo tessuto industriale possa essere salvato e anzi l'Alcoa in primis possa continuare a sviluppare la sua attività positiva per il tessuto sociale del Sulcis, ma anche di tutta la Sardegna. Grazie.
PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Giampaolo Diana per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.
DIANA GIAMPAOLO (P.D.). Confermo il voto favorevole del Partito Democratico e nel far questo, presidente Cappellacci, vorrei declinare i due dispositivi finali di questa mozione la impegnano. La prima parte credo debba essere assunta da lei in questi termini: è stato sottolineato da tutti gli intervenuti, lo sollecita nelle forme possibili anche la mozione, il fatto che il presidente Monti deve intervenire in prima persona, perché questa vertenza non può più essere condotta come è stata condotta finora. Ciò non significa che il contributo dato sinora dai rappresentanti del Governo non sia stato importante, però non ha sortito i risultati attesi. E' necessario, soprattutto per gli interlocutori esteri, che ci sia il massimo impegno da parte del Governo nazionale al più alto livello. E questa è una garanzia che può offrire soltanto il Presidente del Consiglio dei ministri, non il Ministro personalmente e nemmeno il Mise. Il presidente Monti deve innanzi tutto dire all'Alcoa, assessore Zedda, che gli impianti non si fermano. Questa società si deve assumere (glielo deve chiedere il presidente Monti, perché finora non è bastato che glielo chiedessero altre persone) una responsabilità sociale, non può tirarsi indietro dopo tutto quello che ha ottenuto dal Governo italiano e dalla Sardegna. L'Alcoa non può sottrarsi a questo impegno.
Infine, presidente Cappellacci - ho un minuto e spero di poter esplicitare al meglio il concetto - se malauguratamente le cose non andassero nel verso giusto, lei deve sollecitare un intervento straordinario attraverso una legge. So che non è il momento migliore, però serve una legge che metta a disposizione uno strumento straordinario per impedire la chiusura degli impianti Alcoa. Questo è l'impegno che noi chiediamo. Come diceva Pietro Cocco, chiediamo anche di essere informati costantemente. Si può fare, non è impossibile; non è il momento ideale, ma si può fare. Speriamo non serva, ma dovremo mobilitare tutti, i parlamentari sardi, il Presidente del Consiglio, la Giunta. Su questo possiamo arrivare anche alle barricate istituzionali. Certo, lo dico simpaticamente, non è quello che chiede Paolo Maninchedda, ma è già qualcosa!
PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il Presidente della Regione Cappellacci per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.
CAPPELLACCI (P.d.L.), Presidente della Regione. Dichiaro il mio voto favorevole e conseguentemente assumo un impegno, oltre che per rispetto della mozione nel suo aspetto sostanziale, anche facendo riferimento a un messaggio che ho ricevuto da chi sta dall'altra parte e sulla cui pelle si sta giocando questa vicenda, ovvero i lavoratori direttamente interessati. Uno di loro mi ha detto: "Sappiamo ciò che state facendo, non mollate". L'impegno che io assumo stasera davanti a loro è proprio quello di non mollare.
PRESIDENTE. Indico la votazione nominale, con procedimento elettronico, della mozione numero 201.
(Segue la votazione)
Prendo atto che i consiglieri Artizzu, Cappellacci, Cossa e Rodin hanno votato a favore.
Rispondono sì i consiglieri: Agus - Amadu - Artizzu - Bardanzellu - Biancareddu - Bruno - Campus - Capelli - Cappai - Cappellacci - Cocco Daniele - Cocco Pietro - Contu Felice - Contu Mariano - Corda - Cossa - Cucca - Cuccu - Cuccureddu - Cugusi - De Francisci - Dedoni - Dessì - Diana Giampaolo - Diana Mario - Espa - Fois - Greco - Lai - Locci - Lombardo - Lotto - Lunesu - Manca - Maninchedda - Mariani - Meloni Francesco - Meloni Valerio - Milia - Moriconi - Mula - Mulas - Oppi - Petrini - Piras - Pittalis - Planetta - Porcu - Randazzo - Rassu - Rodin - Sabatini - Salis - Sanjust - Sanna Giacomo - Sanna Gian Valerio - Sanna Paolo - Sechi - Solinas Antonio - Solinas Christian - Steri - Stochino - Tocco - Uras - Vargiu - Zedda.
PRESIDENTE. Proclamo il risultato della votazione:
presenti 66
votanti 66
astenuti 0
maggioranza 34
favorevoli 66
contrari 0
(Il Consiglio approva).
Convoco la Conferenza dei Capigruppo. La seduta è sospesa.
(La seduta, sospesa alle ore 20 e 25, viene ripresa alle ore 20 e 44.)
PRESIDENTE. I lavori odierni si concludono qui. Il Consiglio è riconvocato per domani mattina, alle ore 10 e 30, mentre alle ore 10 è convocata la Conferenza dei Capigruppo.
La seduta è tolta alle ore 20 e 45.
[PS1]33/45 del 31/7/12
[PS2]limitata a Sicilia e Sardegna (di fatto inventata per Alcoa, unico soggetto con i requisiti richiesti presente nelle due isole); concede un bonus elevatissimo a vantaggio dell'azienda che permette in ogni momento di staccare per brevi periodi la metà della potenza impiegata.
[PS3]Attività finalizzata alla raccolta e verifica delle informazioni di natura patrimoniale, finanziaria ed economica di un'azienda
[PS4]Quotazioni del London Metal Exchange
Allegati seduta
CCCXLII SEDUTA
MARTEDI' 28 AGOSTO 2012
Presidenza della Presidente LOMBARDO
La seduta è aperta alle ore 16 e 51.
BIANCAREDU, Segretario, dà lettura del processo verbale della seduta del 13 luglio 2012 (334), che è approvato.
PRESIDENTE. Comunico che i consiglieri regionali Gianfranco Bardanzellu, Radhouan Ben Amara, Francesca Barracciu, Eugenio Murgioni, Sergio Obinu, Antonello Peru, Antonio Pitea e Matteo Sanna hanno chiesto congedo per la seduta del 28 agosto 2012.
Poiché non vi sono opposizioni, i congedi si intendono accordati.
Risposta scritta a interrogazione
PRESIDENTE. Comunico che è stata data risposta scritta alla seguente interrogazione:
"Interrogazione Cuccu - Sabatini sull'annunciata chiusura, dal 1° luglio 2012, degli uffici provinciali ACI nelle province del Medio Campidano, dell'Ogliastra e di Olbia-Tempio". (902)
(Risposta scritta in data 10 agosto 2012.)
Annunzio di presentazione di proposte di legge
PRESIDENTE. Comunico che sono state presentate le seguenti proposte di legge:
Manca - Sanna Gian Valerio - Lotto - Sabatini - Solinas Antonio - Espa - Agus - Corda - Diana Giampaolo - Barracciu - Cucca - Moriconi - Meloni Valerio - Bruno: "Istituzione della Rete escursionistica della Sardegna" . (411)
(Pervenuta il 2 agosto e assegnata alla sesta Commissione.)
Piras - Pittalis - Amadu - Bardanzellu - Contu Mariano Ignazio - Floris Rosanna - Gallus - Greco - Lai - Locci - Lunesu - Murgioni - Peru - Petrini - Randazzo - Rodin - Sanjust - Sanna Paolo Terzo - Stochino - Tocco: "Norme per il benessere animale da affezione e la regolamentazione per il loro accesso negli esercizi pubblici, mezzi di trasporto pubblico, negli ospedali e nelle case di riposo, e la realizzazione di spazi verdi, pedonali e spiagge da destinare all'accesso per i cani, finalizzato anche all'incremento del turismo". (412)
(Pervenuta il 2 agosto 2012 e assegnata alla settima Commissione.)
PRESIDENTE. Si dia annunzio delle interrogazioni pervenute alla Presidenza.
BIANCAREDDU, Segretario:
"Interrogazione PLANETTA, con richiesta di risposta scritta, sulla situazione attuale dei dipendenti Abbanoa Spa del distretto n. 6 di Sassari, e più in generale dell'intera Sardegna, dovuta alla cattiva gestione ed alla perdurante mancanza delle risorse necessarie alla società, ancora non trasferite dalla Regione". (927)
"Interrogazione COSSA, con richiesta di risposta scritta, sul ruolo dei conducenti di veicoli o natanti adibiti al servizio di trasporto pubblico non di linea". (928)
"Interrogazione CAMPUS, con richiesta di risposta scritta, sulla mancata applicazione del comma 4 dell'articolo 6 della legge regionale 4 agosto 2011, n. 16". (929)
"Interrogazione LOTTO, MELONI Valerio, MANCA - BRUNO, con richiesta di risposta scritta, sul programma di risanamento e rilancio dell'attività della Fondazione San Giovanni Battista di Ploaghe". (930)
"Interrogazione ZUNCHEDDU, con richiesta di risposta scritta, sulle modalità, i tempi e i costi a carico della Regione previsti per i detenuti in regime di 41 bis che verranno trasferiti nelle carceri sarde". (931)
"Interrogazione MELONI Valerio - BRUNO - LOTTO - MANCA - CORDA, con richiesta di risposta scritta, sulla insostenibile condizione gestionale in cui si trova il Parco di La Maddalena". (932)
PRESIDENTE. Si dia annunzio delle interpellanze pervenute alla Presidenza.
BIANCAREDDU, Segretario:
"Interpellanza SANNA Gian Valerio sul ventilato smantellamento del Museo unico regionale dell'arte tessile di Samugheo". (351/C-8.)
"Interpellanza COCCO Daniele Secondo - ZUNCHEDDU - URAS - SECHI - CUGUSI sulla gravissima situazione che sta interessando il territorio sardo a causa della inerzia dell'Amministrazione regionale nel porre in essere gli adempimenti conseguenti agli impegni assunti con l'approvazione dell'articolo 15, comma 17, della legge regionale 30 giugno 2011, n. 12". (352)
"Interpellanza DIANA Giampaolo sulla rimodulazione del bando di gara relativo al Progetto Scuola digitale/Semidas". (353)
"Interpellanza DIANA Giampaolo - COCCO Pietro sulla deliberazione della Giunta regionale n. 34/40 del 2012 relativa allo scioglimento degli organi del Consorzio industriale della Provincia di Carbonia-Iglesias e alla nomina del commissario straordinario". (355)
PRESIDENTE. Si dia annunzio della mozione pervenuta alla Presidenza.
BIANCAREDDU, Segretario:
"Mozione Cocco Daniele Secondo - Uras - Sechi - Cugusi - Salis - Mariani sulla rimodulazione del piano di dimensionamento delle istituzioni scolastiche e di ridefinizione della rete scolastica e dell'offerta formativa per l'anno scolastico 2012-2013, a seguito dell'intervento della Corte costituzionale di cui alla sentenza n. 147/2012". (200)
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della mozione numero 201.
(Si riporta di seguito il testo della mozione:
Mozione Pittalis - Diana Giampaolo - Steri - Uras - Dedoni - Sanna Giacomo - Diana Mario - Salis sul necessario, immediato e risolutivo intervento del Governo italiano a difesa dell'intero apparato industriale e produttivo sardo, a partire dal mantenimento e sviluppo delle attività di filiera dell'alluminio nel territorio del Sulcis-Iglesiente, provvedendo nel caso anche ad impedire, con l'adozione di strumenti straordinari, ogni eventuale azione finalizzata alla fermata degli impianti Alcoa.
IL CONSIGLIO REGIONALE
premesso che:
- con gli ordini del giorno n. 76 e n. 80 del 2012 ha posto più volte all'attenzione delle massime responsabilità di Governo regionale e nazionale la situazione del sistema industriale e produttivo isolano, devastato da un progressivo smantellamento di ogni linea di attività di rilievo e ulteriormente colpito dall'attuale crisi economico-finanziaria;
- la situazione sociale ed economica dei territori a vocazione industriale è ormai a livelli insostenibili sul piano occupazionale, economico, delle condizioni di vita delle comunità interessate e, in questo quadro, il Sulcis-Iglesiente è ormai considerata in Italia e in Europa tra le province, una delle più povere, simbolo della più generale condizione di disagio che colpisce la Sardegna;
premesso inoltre che:
- la multinazionale dell'alluminio Alcoa ha annunciato l'irrevocabile decisione di ridurre le proprie attività produttive in Italia e in Europa, dichiarandosi, peraltro, disponibile a favorire la cessione del proprio stabilimento sito in Sardegna, a Portovesme, nel Comune di Portoscuso, ad altra qualificata impresa industriale;
- su iniziativa dei lavoratori e delle loro rappresentanze sindacali, le istituzioni regionali e locali, Alcoa e il Governo hanno concordato di mantenere attivo l'impianto e di sospenderne la chiusura almeno fino al 31 dicembre 2012 al fine di acquisire le necessarie disponibilità e formali manifestazioni di interesse da potenziali acquirenti;
- le procedure attivate a seguito dei predetti accordi inizialmente orientate ad ipotesi di cessione degli impianti ad Aurelius (fondo di investimenti svizzero) si sono rivelate prive di concrete prospettive;
- il Ministero dello sviluppo economico (MISE), in considerazione di tale situazione, ha inteso ed intende verificare se gli altri due potenziali acquirenti, ovvero il fondo Klesh, che però non risulterebbe particolarmente interessato all'acquisizione, e la multinazionale Glencore, che invece appare decisamente più affidabile, siano disponibili allo sviluppo delle trattative per il subentro in proprietà dello stabilimento di Portovesme;
- entro la fine del mese di agosto e i primi giorni di settembre si dovrebbero svolgere gli incontri più significativi con quest'ultima società (Glencore) al fine di accertarne le reali intenzioni di acquisizione degli impianti, in un primo momento valutate negativamente in relazione alle condizioni poste in ordine al costo dell'energia e giudicate non economicamente compatibili dai competenti esponenti governativi;
premesso altresì che il Consiglio regionale con proprio ordine del giorno n. 75, a conclusione della discussione della mozione n. 161, il 26 gennaio 2012 ha impegnato il Presidente della Regione e la Giunta regionale, tra l'altro:
1) a ottenere dal Governo nazionale la conferma della valenza strategica nazionale della filiera dell'alluminio e, conseguentemente, dello smelter di Portovesme;
2) a richiedere ad Alcoa il mantenimento in attività degli impianti almeno per tutto il 2012 in modo da consentire alla Regione ed al Governo un periodo di tempo adeguato a valutare soluzioni alternative in grado di garantire la prosecuzione dell'attività e il riavvio di tutta la filiera dell'alluminio;
3) a richiedere, in ogni caso, alla società Alcoa l'osservazione scrupolosa delle prescrizioni previste dal piano di bonifica del sito di Portovesme con interventi adeguati a consentire il totale ed integrale ripristino dello stato dei terreni, dei sottosuoli e delle falde, senza che si determini aggravio di spesa a carico dei bilanci pubblici delle istituzioni regionali e locali;
4) a promuovere il potenziamento delle infrastrutture del sito industriale, in particolare del porto e della viabilità per assicurare competitività internazionale agli impianti industriali di Portovesme, intervenendo anche tramite un utilizzo adeguato di assegnazioni statali e comunitarie;
5) ad attivare un tavolo di confronto con Enel per il riavvio della centrale a vapore da 240 MW e perché contestualmente si promuovano con autorevoli mediazioni governative i necessari accordi bilaterali con le aziende energivore del territorio, intervenendo nel contempo a verificare le possibili soluzioni strutturali ed eco-sostenibili per il definitivo superamento delle problematiche energetiche determinate dalle differenze di costo con le regioni e le realtà industriali maggiormente competitive in Italia ed Europa;
6) ad attivare, immediatamente, un'azione di pressante sostegno e sensibilizzazione dei soggetti idonei del mercato internazionale disponibili a rilevare le attività di produzione di alluminio di Alcoa in Portovesme;
considerato che:
- tali impegni risultano nella sostanza ancora attuali e necessari alla positiva soluzione della vertenza;
- inoltre, la difesa della filiera industriale e produttiva dell'alluminio appare assumere il valore simbolico della necessaria difesa e rilancio delle attività industriali competitive e di pregio in Sardegna, in Italia e in Europa, in grado di qualificare concretamente una inversione rispetto ai processi demolitivi delle attività produttive in area euro, oltre che possibilità vere di sviluppo e crescita dell'economia e dell'occupazione,
impegna il Presidente della Regione e la Giunta regionale e
impegna solennemente anche l'intero Consiglio regionale
1) a perseguire con ogni mezzo politico, normativo, finanziario e legale gli obiettivi citati in premessa, ivi compresi quelli già contenuti nel citato ordine del giorno n. 75 del 2012 e, in ogni caso, a scongiurare l'avvio delle procedure di fermata degli impianti al fine di non compromettere gravemente qualsiasi prospettiva di difesa e sviluppo dell'attività della filiera produttiva di alluminio considerata produzione industriale strategica in Sardegna e in Italia;
impegna il Presidente della Regione e la Giunta regionale
a riferire costantemente al Consiglio regionale sullo sviluppo della vertenza, sulle trattative con il Governo, le Autorità europee e i soggetti imprenditoriali coinvolti, al fine delle necessarie valutazioni;
a tal fine lo stesso Consiglio regionale è convocato in via permanente fino alla acquisizione delle necessarie garanzie di prosecuzione delle attività di impianto almeno fino alla data del 31 dicembre 2012 inteso come termine minimo per la verifica delle manifestazioni di interesse all'acquisto dello stabilimento Alcoa e alla ripresa delle prospettive di prosecuzione dell'attività produttiva della intera filiera dell'alluminio.)
PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Capelli. Ne ha facoltà.
CAPELLI (Sardegna è già Domani). Presidente, qualora fossero d'accordo i colleghi, chiedo, se è possibile, che il Presidente della Regione o l'Assessore dell'industria ci aggiornino sulla situazione ad horas della trattativa Alcoa, in modo tale che il dibattito si possa svolgere non in forma ripetitiva, anche rispetto agli ordini del giorno approvati in precedenza, ma basandosi su fatti reali, di cui magari non siamo a conoscenza o sui quali non abbiamo aggiornamenti.
PRESIDENTE. Se non ci sono opposizioni, do la parola alla Giunta per una introduzione rispetto agli sviluppi della situazione richiamata.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare l'Assessore dell'industria.
ZEDDA (P.d.L.), Assessore dell'industria. Presidente, anche in considerazione di quanto appena richiesto, inizio con una breve cronistoria della vertenza Alcoa, partendo dalle origini. Era il 9 gennaio del 2012 quando al Ministero dello sviluppo economico (Mise) Alcoa annunciava unilateralmente, in modo drastico e con posizione rigida, al Governo e alla Regione il proprio intendimento di procedere alla chiusura dello stabilimento di Portovesme, ritenuto non più competitivo. La rigidità riguardava in particolare il cronoprogramma della chiusura e soprattutto l'avvio immediato del processo di mobilità di tutto il personale. La Regione in quel contesto si è immediatamente mobilitata per contrastare questa ipotesi. Fu lo stesso Consiglio regionale, con un ordine del giorno unitario, il numero 75 del 26 gennaio 2012, a sottolineare l'esigenza che fosse scongiurata la chiusura dello stabilimento e interrotto il processo di mobilità dei lavoratori, impegnando la Giunta regionale ad agire in conformità. Per ottenere questi importanti risultati era però indispensabile non solo la disponibilità dell'azienda, ma anche che il Governo nazionale mettesse in campo quelle azioni che avrebbero potuto consentire di arrivare a una soluzione della vertenza, con il coinvolgimento di tutte le istituzioni del territorio interessato e delle organizzazioni sindacali, oltre che di tutte le forze lavorative.
Si arrivò così, dopo alcuni mesi, all'accordo del 28 marzo, quando, a tarda notte, dopo un'impegnativa giornata di trattative con l'azienda e alla presenza del ministro Passera, che giocò un ruolo veramente importante, si riuscì a tradurre quella posizione unitaria della Sardegna, frutto della coesione creatasi tra i parlamentari, i consiglieri regionali, i rappresentanti dei nostri territori, le organizzazioni sindacali e i lavoratori, in un accordo con l'azienda, la quale rimuoveva in gran parte la propria rigidità e consentiva di riaprire le speranze per i lavoratori su un possibile futuro per lo stabilimento. Grazie alla sottoscrizione di quell'accordo i lavoratori dell'Alcoa e la Sardegna unita riuscirono in quello che qualche giorno prima sembrava impossibile. Grazie a quell'accordo la Sardegna riuscì a rimuovere la spada di Damocle che incombeva sulle teste di quei lavoratori, nessuno dei quali sarebbe stato messo in mobilità. Con quell'accordo furono anche definite le condizioni per poter, in un arco temporale adeguato, porre in essere tutte le azioni finalizzate a creare il contesto in cui un nuovo operatore potesse acquisire lo stabilimento di Portovesme. Ognuno avrebbe dovuto fare la sua parte, così era previsto nell'accordo. Il Governo in particolare avrebbe dovuto assicurare, per gli approvvigionamenti energetici, condizioni tariffarie, sia per il breve periodo che, con soluzioni strutturali, per il medio e lungo periodo, in linea con quelle dei principali competitori internazionali; la Regione dal canto suo avrebbe dovuto provvedere all'ammodernamento e al potenziamento delle infrastrutture del sito industriale e in particolare di quelle portuali, riorientando a tal fine le risorse del proprio Programma attuativo regionale Fas (Par Fas) entro un più complessivo piano di rilancio.
Come sapete, il 31 luglio scorso la Giunta ha approvato e portato all'attenzione del territorio, delle organizzazioni sindacali e del Consiglio regionale un'apposita de[PS1] libera, pertanto la Regione ha assolutamente assolto il suo compito. La multinazionale Alcoa si era resa disponibile a seguire un percorso più accettabile per la sua fuoruscita e ad assicurare il supporto necessario per favorire l'ingresso di un nuovo operatore interessato a dare continuità alla produzione dell'alluminio primario.
Diciamo che dalla sottoscrizione dell'accordo fino allo scorso mese di luglio si è lavorato in questa direzione. In particolare, risulta un impegno del Governo per poter assicurare continuità nel breve periodo (almeno un triennio) alle soluzioni tariffarie energetiche attualmente praticate, basate sull'interrompibilità e sulla superinter[PS2] rompibilità dell'energia elettrica, che ovviamente sono già nella disponibilità delle due isole principali, Sardegna e Sicilia. Ovviamente la scadenza è prevista al 31 dicembre 2012, termine che dovrà essere prorogato, e pertanto la superinterrompibilità dovrà essere riapprovata dall'Unione europea. Nel contesto, d'intesa con la Regione, è stata prospettata ai competenti Uffici dell'Unione europea un'ipotesi di superinterrompibilità strutturale, quella attuale, riconfermabile quindi nel medio e lungo periodo, o in alternativa un'ipotesi che alla scadenza dei tre anni di proroga degli attuali regimi di superinterrompibilità consenta alle aziende energivore di beneficiare contestualmente per sei anni, rinnovabili per altri sei, dei benefici dell'interrompibilità e dell'interconnector.
La Regione, com'è noto, e come ho sottolineato prima, ha approvato lo scorso 31 luglio il Piano Sulcis. L'Alcoa ha in questo periodo avviato delle trattative. La Regione e il Governo hanno svolto un ruolo fino a che occorreva dare impulso a queste trattative, che poi sono ovviamente diventate di carattere privatistico e pertanto la multinazionale ha attivato con gli interessati la cosiddetta due dilige[PS3] nce,fino a esplorare per proprio conto la forma definitiva per arrivare alla lettera d'intenti. Ovviamente questo aspetto è rimasto molto più nella disponibilità del Governo nazionale. Noi, come Regione, siamo stati informati periodicamente, e così pure il territorio interessato, ma sinceramente devo dire che anche per noi c'è stato un momento molto difficile ai primi di agosto, quando è arrivata la doccia fredda di una trattativa molto complicata e quasi interrotta con il gruppo Aurelius, che era stato prescelto da Alcoa per attivare la due diligence fino alla lettera d'intenti, per cui abbiamo cercato da subito di comprenderne di più. Formalmente le ragioni sono quelle che evidenzia Alcoa, e cioè la scarsa credibilità e la scarsa consistenza economico-finanziaria del gruppo Aurelius. Per contro il Governo ha fatto degli approfondimenti e ha richiesto delle integrazioni, proprio a seguito della trattativa di carattere finanziario ed economico, per valutare la consistenza dell'offerta del gruppo Aurelius. Devo dire, per quanto riferitoci dal sottosegretario De Vincenti, che l'Aurelius non ha fornito a oggi alcuna integrazione atta a chiarire la propria posizione.
A questo punto siamo arrivati alla necessità di doversi rincontrare e nel corso del mese di agosto si è preso l'impegno di riaprire completamente la strada dello scouting a livello nazionale e internazionale di altre società interessate. Insieme al presidente Cappellacci, proprio nell'ultimo incontro abbiamo con forza ribadito la necessità di riesplorare le strade già percorse con le multinazionali che si sono mostrate interessate allo smelter di Portovesme e abbiamo chiesto che fosse incrementata l'attività per la ricerca di altre multinazionali interessate. Credo, Presidente, che per ora possa bastare. Nel corso del dibattito darò ulteriori informazioni. Grazie.
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione.
Ricordo che i consiglieri che intendono prendere la parola devono iscriversi non oltre la conclusione del primo intervento e che il tempo a disposizione per ciascun intervento è di dieci minuti.
E' iscritto a parlare il consigliere Locci. Ne ha facoltà.
LOCCI (P.d.L.). Signora Presidente, il nostro Assessore dell'industria ha esposto in maniera direi molto precisa, soprattutto dal punto di vista cronologico, gli eventi che si sono succeduti negli ultimi otto mesi. Vorrei semplicemente mettere in evidenza due aspetti che sono stati segnalati, in particolare gli intenti che erano stati messi nero su bianco con l'accordo del marzo ultimo scorso tra la Regione sarda e il Governo centrale. Da quel che ci risulta alla Regione era stato chiesto di attivare tutte le possibilità per avere gli ammortizzatori sociali nell'eventualità che ce ne fosse stato bisogno, e questo la Regione lo ha fatto nel mese di aprile.
Uno degli impegni previsti nel protocollo d'intesa citato dall'Assessore era quello per cui la Regione sarda avrebbe dovuto cercare di colmare il gap infrastrutturale, soprattutto in riferimento alla portualità di Portovesme, che creava e crea, purtroppo, grossi problemi alle industrie che afferiscono al porto. La Regione, come è stato detto, con la delibera del 31 luglio sul Piano Sulcis ha previsto di rimettere in moto tutta una serie di fondi che già esistevano in capo al consorzio industriale di Portovesme, dando la disponibilità a incrementare i fondi e risolvere in maniera organica e definitiva il problema infrastrutturale. L'altro impegno che è stato citato dall'Assessore è l'impegno governativo: il Governo, in sostanza, ha indicato un percorso tecnico, che è quello della superinterrompibilità, per arrivare a un abbattimento dei costi energetici intorno al 40 per cento. Contestualmente l'azienda che sarebbe dovuta subentrare all'Alcoa avrebbe dovuto, attraverso un bando, partecipare al cosiddetto interconnector, che poi è un sistema di interconnessione europea che permette di ottenere un risparmio energetico.
Detto questo, ci sono comunque a questo punto delle responsabilità che, a mio modo di vedere, bisogna cercare sul fronte governativo, perché la Regione ha preso due impegni, li ha sottoscritti e li ha mantenuti. Il Governo ha sottoscritto due impegni teorici, che possono essere anche avallati, e ha portato avanti la trattativa con l'Aurelius in maniera unilaterale, per quel che risulta a me, senza coinvolgere la Giunta regionale, ma solo mettendola al corrente, sempre in maniera postuma, delle trattative in corso, per poi arrivare al dunque e scoprire che l'Aurelius è una multinazionale che non ha le risorse necessarie per poter acquisire l'Alcoa. A questo punto qualche sospetto a un modesto rappresentante del territorio viene, cioè qui bisogna che le forze sindacali, come hanno fatto giustamente quelle territoriali, cerchino di richiamare l'attenzione dei rappresentanti nazionali e di coinvolgerli. E aggiungo che noi, invece, come parte politica dobbiamo richiamare alle proprie responsabilità il Governo Monti e, consentitemi, il sottosegretario De Vincenti, che è colui che si occupa di tutte le vertenze del Sulcis, perché è ora che il presidente Monti si degni di dare un'occhiata a quelle che sono le vertenze che si sono aperte in Sardegna, perché la vertenza Sulcis è solo la punta dell'iceberg,posto che stiamo vivendo non solo sul piano industriale, ma anche su quello sociale ovviamente, una situazione disastrosa e veniamo trattati, bisogna dirlo con chiarezza, come se fossimo ai confini dell'impero. Quando i Sardisti fanno questo tipo di critica io personalmente concordo con loro, perché gli eventi che si sono succeduti in questi tre anni di mia esperienza in questo Consiglio regionale purtroppo mi portano a questa conclusione.
A oggi noi siamo creditori nei confronti dello Stato di un miliardo di euro di nuove entrate, che ancora non ci sono state date, nonché di un miliardo di euro di fondi Fas. Siamo in una situazione di sottosviluppo paurosa e bisogna cominciare ad alzare la testa. Spero che lo si faccia in maniera unitaria, però se non portiamo la protesta a Roma e non ci facciamo sentire in maniera forte dubito che possiamo arrivare al risultato che auspichiamo. In altre circostanze lo abbiamo fatto e abbiamo portato il risultato a casa.
Non voglio dilungarmi, perché c'è il rischio di ripetersi, però qui non bisogna nemmeno fare troppi campanilismi dicendo: "Sempre il Sulcis!". Questo lo dico per i colleghi degli altri territori, perché oggi esiste il problema del Sulcis, ma in tempi medio-brevi avremo altri problemi da affrontare: il problema della E.ON a Porto Torres, per esempio, e tutti i problemi presenti in altre zone, anche della Sardegna centrale, compresa Ottana. Allora se, come classe dirigente sarda, prendessimo coscienza di questo e, una volta per tutte, andassimo al Mise a levare la sedia da sotto il sedere a qualche direttore generale forse non faremmo male.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Pietro Cocco. Ne ha facoltà.
COCCO PIETRO (P.D.). Presidente del Consiglio, Presidente della Regione, colleghi, credo che stiamo affrontando la vertenza Alcoa in una situazione davvero drammatica, in cui il tempo a disposizione non gioca a favore. Questo Consiglio regionale oggi affronta una vicenda che più propriamente abbraccia un intero territorio, un'intera isola, la Sardegna, ma che tocca il Sulcis-Iglesiente nel profondo, perché lì migliaia di persone rischiano di perdere il posto di lavoro. Chiudere gli impianti dell'Alcoa significa decretare la morte del comparto produttivo dell'alluminio in Italia, perché l'unica produzione di alluminio decente è proprio a Portovesme. Per la Sardegna, e in particolare per il Sulcis-Iglesiente, si tratterebbe di una ferita profonda, talmente profonda che per poterla curare ci vorrebbe tantissimo tempo. E il tempo - è sempre questo l'elemento importante che bisogna tenere sotto controllo - è talmente ridotto che è inevitabile e urgente chiedere una proroga della scadenza del 3 settembre, data in cui si prevede l'avvio delle procedure di chiusura degli impianti.
L'Alcoa a questo punto non scherza, lo diceva prima l'Assessore, raccontando la storia di questa vicenda a partire dall'inizio di quest'anno, momento nel quale questo argomento è stato preso in mano. Va però ricordato, anche al collega Locci, che mi è parso abbastanza approssimativo nell'affrontare la questione, che la vicenda Alcoa non è nata né a gennaio di quest'anno né a metà dello scorso anno, ma è datata nel tempo e avrebbe dovuto essere affrontata molto meglio e molto prima.
Va detto con forza al Governo che il protocollo siglato il 27 marzo di quest'anno va rispettato. E' vero che nell'impegno preso direttamente dal ministro Passera l'Alcoa non era stata chiamata direttamente in causa. Noi eravamo presenti - c'ero anch'io - con una delegazione di questo Consiglio regionale e dei comuni del Sulcis-Iglesiente, che sono impegnati in prima linea e sono stati convocati in quest'aula per discutere della questione e assistere in qualche modo al tentativo di sanare una ferita che il Sulcis non può assolutamente permettersi. Ma l'Alcoa va chiamata direttamente alle sue responsabilità e al mantenimento degli impegni sottoscritti, che finora non ha onorato, a dir la verità fino in fondo, perché è vero che si era detto che il 31 agosto, se non ci fosse stata una chiusura delle trattative, si sarebbe dovuto dare avvio a quanto concordato, però le questioni della interrompibilità e della superinterrompibilità, che hanno scadenza al 31 dicembre di quest'anno, sono ancora al vaglio del Ministero. Io credo che il Governo regionale abbia fino in fondo il dovere di dare alle potenziali imprese acquirenti degli impianti di Portovesme la possibilità di avere garanzie concrete, e da questo punto di vista le responsabilità non sono di tutti.
Faccio un richiamo alle responsabilità trascinato un po' dall'intervento di chi mi ha preceduto. Probabilmente oggi non è il momento nel quale cercare responsabilità; questo è il momento nel quale dobbiamo cercare unità, si dirà, perché è necessario innanzitutto guardare alla pelle di uomini e donne che soffrono per una vicenda come questa, sulla quale dobbiamo mettere una pezza, un'ulteriore pezza per avere tempo a disposizione per trattare. Si è detto che i possibili acquirenti, come quelli del fondo di investimenti svizzero Aurelius, non sono stati ritenuti credibili perché non in grado di dare sufficienti garanzie finanziarie per affrontare le cose. Però ci sono altri possibili acquirenti.
Assessore, Presidente, devo dire che le fasi delle trattative mi paiono abbastanza nebulose, per questo pongo un interrogativo: per quale ragione la Regione non ha preteso di essere parte fino in fondo al tavolo delle trattative, comprese quelle che devono essere condotte dall'Alcoa con i suoi partner, nonostante sia una questione prettamente privatistica? Qua si tratta del futuro di un territorio, si tratta di decidere di un territorio che ha dato ai signori delle multinazionali (non solo Alcoa, ma anche altre multinazionali presenti nella nostra regione) un territorio prezioso che esse hanno sfruttato fino in fondo e per il quale devono rendere conto. E questa Assemblea, che è la massima espressione di questa Regione, e l'Esecutivo regionale, che rappresenta l'operatività di questa Regione, devono essere presenti al tavolo delle trattative; quando vanno fino in fondo, le trattative non possono essere lasciate al caso, perché il tempo - ribadisco il tempo - è talmente ridotto che non possiamo permetterci cose di questo tipo. Non possiamo assolutamente permettercele! Dobbiamo essere incisivi e dobbiamo esserlo fino in fondo. Non si può essere approssimativi, non si può dire che è colpa di Monti, pur con tutti i disastri che può aver combinato. Qua non ci sono difensori di Monti, non interessa a nessuno prendere le sue difese, ma non è questo il punto. Si tratta di una vicenda talmente vecchia nel tempo che non può essere scaricata su quelli che tentano di curare il male creato da altri. Il problema è questo.
E allora dobbiamo essere seri fino in fondo e le responsabilità, caro collega, non vanno cercate e scaricate così, in maniera approssimativa e abbastanza superficiale, perché non è questo il punto. Quella dell'Alcoa è una vicenda datata nel tempo, alla quale occorre trovare soluzioni rapide. Oggi è il 28 agosto 2012, il 3 settembre parte lo spegnimento delle prime cinque celle elettrolitiche, il che significa che non c'è molto tempo a disposizione, perché se anche non ci dovesse essere una gestione controllata della chiusura dell'azienda, anche la possibilità di riprendere per i capelli, in corso di chiusura, questa vertenza andrebbe fallita. E allora che cosa si fa stasera, cosa si decide, che ruolo deve avere questo Consiglio regionale? Questo è il tema della riunione di oggi, non quello di raccontarci cose che già conosciamo.
Sappiamo che Alcoa è una multinazionale che produce 3,6 milioni di tonnellate di alluminio all'anno, che fa utili in tutto il mondo, che sta realizzando una fabbrica nuova, con un investimento di 11 miliardi di euro, in Arabia Saudita, luogo nel quale il costo dell'energia è molto inferiore a quello praticato qui. Il tema portante è poi proprio quello del costo dell'energia, un problema strutturale del quale si discute da un sacco di tempo. E vivaddio questa Giunta regionale governa questa regione da tre anni e mezzo, non da due giorni! E se non si può dire, per non essere equiparati al collega Locci, che ha affrontato la questione approssimativamente, che tutte le responsabilità ricadono su questa Giunta - non si può assolutamente dire questo -, certamente questa Giunta si trova a governare questo momento storico ed è ad essa che dobbiamo chiedere conto e sollecitare risposte alle questioni che devono essere affrontate. Questo non significa scaricare le responsabilità. Noi tutti siamo solidali con i lavoratori, ma non si può essere solidali solo a parole, perché il tempo delle parole credo sia finito. E' tempo di dare risposte e di essere concreti nel trovare soluzioni.
Nel 1996 l'Alcoa ha rilevato l'impianto dell'ex Alumix (gruppo Efim); lo ha rilevato per pochi spiccioli, in un territorio straordinariamente bello, lo ha utilizzato e ha realizzato utili. Ieri ho partecipato a un'assemblea tenutasi all'Alcoa, durante la quale andando in giro per la sala ho notato dei manifesti incorniciati dall'azienda che raccontano di una fabbrica molto bella, che propaganda se stessa e i suoi prodotti e pare essere assolutamente inserita nel contesto sociale di un territorio al quale vuole bene. L'Alcoa vuole bene ai lavoratori, alle loro famiglie, a tutti quanti, il che però contrasta violentemente con quello che sta invece dicendo in questi giorni, ovvero che chiuderà, e basta.
Ora, non mi meraviglio per questo, le multinazionali non hanno cuore, non pensano ai sentimenti della gente, alle famiglie bisognose o ai territori che hanno occupato e che abbiamo permesso loro di occupare. Le multinazionali pensano a fare profitti ed è anche abbastanza logico in un regime di mercato, in un sistema capitalistico nel quale il mondo del danaro, del profitto, vive e determina le regole del gioco. Mi meraviglia invece l'assoluta tranquillità con la quale si affrontano le questioni, il silenzio assordante che accompagna i tempi che abbiamo scandito dal 27 marzo fino a oggi. I termini previsti nell'accordo sottoscritto erano perentori, lo sapevamo tutti, per cui in quel periodo occorreva vigilare ed essere più concreti. Non esistono le ferie, non esistono periodi nei quali bisogna stare fermi. Ognuno ha le sue responsabilità e tutti noi dobbiamo essere chiamati alle nostre.
In questo contesto si inserisce, in questi giorni, la vicenda della Carbosulcis, la cito soltanto e non per offuscare la questione Alcoa. Stasera discutiamo dell'Alcoa perché i termini di scadenza perentori e assolutamente urgenti riguardano la vicenda Alcoa, quindi giustamente si è evitato di mischiare le due questioni, però Alcoa e Carbosulcis vanno tirate in ballo perché la questione della Carbosulcis è anch'essa legata al progetto integrato di realizzazione di una centrale termoelettrica, con cattura e stoccaggio di CO2, che produca energia a prezzi competitivi per le industrie. Infatti pagare nella nostra regione 110 euro a megawattora contro i 55 euro che si pagano nel resto del continente europeo evidentemente non rende la Sardegna abbastanza competitiva. Anche questo stride pesantemente, violentemente con il parco eolico presente nel Sulcis-Iglesiente, il più grande d'Europa. Sono stati fatti impianti eolici giganteschi qui da noi, ma tutta questa energia dove va a finire? Non dovrebbe essere messa al servizio delle fabbriche a prezzi competitivi affinché possano stare sul mercato e reggere il peso violento del costo dell'energia in Sardegna? Invece no, ancora una volta non è così, perché ci sono altre questioni. Anche per quanto riguarda la Carbosulcis ci sono responsabilità oggettive di questo Governo regionale, lo voglio dire chiaramente; responsabilità concrete, come quelle riguardanti coloro che sono stati nominati per gestire l'azienda, sulle quali non si può soprassedere.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Oppi. Ne ha facoltà.
OPPI (U.D.C.-FLI). Onorevoli colleghi, mi piacerebbe che il mio intervento in questo dibattito fosse particolarmente breve ma incisivo, posto che qui dentro tutti parlano fin troppo ed è invece tempo di agire. Pochissime ore ci separano dalla decisione annunciata dall'Alcoa di fermare i suoi impianti, con una scelta che non ammetterà passi indietro, perché il processo di arresto delle macchine è irreversibile, se non a costi economici enormi. Fermare la produzione ha un costo incredibile, è un suicidio, non possiamo assolutamente permetterlo. Queste poche ore devono essere utilizzate dal Consiglio regionale - spero nella sua interezza, perché davvero maggioranza e opposizione hanno senso in circostanze come questa e ognuno qui dentro ha le sue responsabilità, da vent'anni - per approntare una strategia complessiva per un problema che certo riguarda l'Alcoa, ma riguarda anche, come ha detto poc'anzi il collega Cocco, l'Eurallumina, la Carbosulcis, la Portovesme Srl, cioè le industrie energivore del territorio del Sulcis.
La questione alla quale dovremo approntare una soluzione è quella dell'energia, ma per aderire all'ordine del giorno odierno e arrivare, con un ragionamento più articolato, a spiegare la nostra idea sull'intera materia, mi pare giusto fornire all'Aula alcuni elementi che la discussione non ha fatto emergere, e cioè di dati di fatto che probabilmente non sono noti a tutti. Qualche errore è stato commesso anche poc'anzi. Nel gennaio di quest'anno abbiamo saputo informalmente e riservatamente che l'Alcoa era intenzionata a chiudere gli stabilimenti spagnoli e quello di Portovesme, vista la grande crisi del comparto dell'alluminio. Sempre riservatamente, il 17 gennaio di quest'anno il Ministero dello sviluppo economico si è interessato del problema, chiedendo a una delle grandi aziende che operano nel territorio del Sulcis, la Glencore, una possibile attenzione per la linea di produzione dell'Alcoa. E infatti la settimana successiva, e precisamente il 24 gennaio, il presidente Cappellacci, il sottosegretario di Stato allo sviluppo economico, De Vincenti, e i rappresentanti della Glencore si sono incontrati a Roma, presso il Ministero. In quella sede la Glencore ha manifestato un possibile interessamento all'acquisizione dell'Alcoa. In rapida sequenza, nel mese di febbraio 2012, tra l'Alcoa e la Glencore c'è stato uno scambio formale di documentazione, cosa che viene troppo spesso negata, un accordo di riservatezza, una due diligence, come si suol dire, sui bilanci e i conti dell'azienda, nonché una formale - dico formale - manifestazione di interesse da parte della Glencore per l'acquisto dell'Alcoa. Se ci fosse qualche dubbio ho qui il documento firmato in quella circostanza da Fontecchio per l'Alcoa e da Goldberg per la Glencore, quindi nessuno neghi un dato che è certo.
Inspiegabilmente, o meglio assai "spiegabilmente", durante il mese di aprile le trattative si arenano. Il sottosegretario De Vincenti, che è forse più bello che bravo, immaginate un po', forse catturato dal canto di qualche sirena, si fa uccel di bosco e si fanno avanti strane notizie di altre trattative tra l'Alcoa e soggetti che non hanno mai operato nel nostro territorio e non godono peraltro di ottima reputazione internazionale. Comunque sulla vicenda cala uno strano silenzio. Evidentemente queste trattative (mi riferisco all'Aurelius, giusto per non lasciare spazio ad ambiguità) non hanno successo, se è vero com'è vero che soltanto il 6 agosto il sottosegretario De Vincenti - ho qui il documento - si fa avanti con la Glencore per riprendere le trattative. Il resto è storia nota, cioè l'incontro del 31 agosto, alle ore 11.
Fatta chiarezza sullo svolgimento dei fatti, ci interessa sottolineare alcuni punti. In primo luogo una considerazione di metodo: a noi interessa salvare un'importante realtà produttiva e i posti di lavoro; non siamo difensori di una soluzione piuttosto che di un'altra, ma è indubbio che nel momento in cui abbiamo sul territorio un'azienda nota per la sua serietà, che anche in questa trattativa si è comportata assai correttamente, che ha interessi strategici nel campo dell'alluminio - sto parlando della Glencore -, disponendo di ingenti quantità di alluminio (circa 120 milioni di tonnellate), le proposte di questa azienda vanno valutate assai bene.
Colleghi, l'esperienza di Ottana, non troppo lontana nel tempo, non ci ha insegnato a diffidare di chi non conosciamo, di chi non ha intenzione di investire sul territorio, ma vuole, al contrario, ricavare soltanto profitti? Certo, le richieste che la Glencore ha posto sul tavolo non sono irrilevanti, ma sarà da un serio tavolo di confronto tra soggetti credibili e affidabili che potrà scaturire una risposta efficace alla questione. Faccio soltanto un esempio: se c'è una società che non ha messo nessun lavoratore in cassa integrazione e ha investito perfino nel Villacidrese, questa è la Glencore, al contrario di tutte le altre società. Come è noto la prima richiesta riguarda il prezzo dell'energia. Su questo siamo noi, insieme al Governo, a dover fornire non solo alla Glencore, ma a tutto il comparto, una risposta politica certa e chiara. Senza energia non si fa industria e con l'energia a prezzi da capogiro l'industria non regge.
La seconda questione posta sul tavolo è quella del personale, che è ritenuto sovradimensionato rispetto alle nuove esigenze della produzione. Questo è un problema che il Governo si deve porre e sul quale noi non possiamo che essere intransigenti. La terza richiesta avanzata da chi intende subentrare all'Alcoa riguarda le infrastrutture: una nuova banchina portuale e un impianto pneumatico per il pompaggio dell'allumina in polvere dalle navi di fabbrica, cioè navi non di ottomila tonnellate. Ma la domanda che viene posta alla politica è soprattutto quella di avere un interlocutore in grado di sottoscrivere impegni che valgano per tutti gli anni in cui si dipana l'investimento e che non rischino di saltare con il prossimo Governo.
Mi paiono tutte richieste sensate che vanno incontro a un quadro d'interesse generale e alle quali la politica ha il dovere di dare risposte certe, efficaci e concrete. Crediamo sia un dovere dell'intera classe politica regionale dare un messaggio forte e univoco al Governo nazionale e alle aziende che operano sul territorio. Al Governo, che finora ha fatto la parte del pesce in barile, chiediamo formalmente di tenere conto delle richieste che emergono dal territorio, delle persone che rischiano il lavoro, di un intero comparto produttivo che va gambe all'aria. Alla Giunta regionale, di cui evidentemente facciamo parte anche noi a pieno titolo, chiediamo maggiore incisività, se è il caso anche abbandonando il tavolo se non vengono rispettati gli standard minimi. Non possiamo dire di voler sposare la causa di questi lavoratori se non presentiamo serie proposte, ad esempio per l'infrastrutturazione richiesta da chi vuole proseguire l'attività dell'Alcoa e dalle aziende che operano nel territorio.
Altrettanto urgente è affrontare nella sua complessità, e cioè globalmente, il problema del rapporto con l'Enel. E allora vi fornisco soltanto due dati che sono molto significativi. L'amico Cocco ha fornito un dato inesatto, cioè l'Enel ha 254 MW, praticamente un quarto dell'energia eolica prodotta in Sardegna, ed esattamente: a Porto Torres 12,5 MW, a Tula 25 più 60 (85 MW) - dati sempre del 2008 -, a Sedini 54 più 12 (66 MW) e a Portoscuso 90 MW, e non si tratta dell'impianto più grosso, perché ad Alà dei Sardi, per esempio, c'è un impianto da 160 MW. Detto questo, tutto è frutto di un protocollo: i primi megawatt furono autorizzati nel 2008, i successivi 90 furono concessi dalla Giunta Cappellacci sulla base di un protocollo d'intesa siglato nel 2008 dalla Giunta Soru.
E' chiaro che l'Enel ha tentato di ottenere altri spazi, per esempio con la ristrutturazione di Monte Arci, per esempio a Balascia, in comune di Oschiri. Ma l'Enel ha mille responsabilità, non può soltanto prendere; nel campo degli incendi, per esempio, ha responsabilità precise. Dovete sapere che sui dati che abbiamo sugli incendi originati da elettrodotti, l'11 per cento è responsabilità dell'Enel e quest'anno quattro elettrodotti hanno creato un incendio di ben 450 ettari, cagionando pregiudizio alla sicurezza della popolazione e così via. Quindi io ritengo che l'Enel, caro Presidente, vada responsabilizzata. L'Enel prende soltanto, ha preso tutto, non può non tenerne conto.
E' un mio convincimento, ma non vorrei che qualche società, la stessa Alcoa - parlo ovviamente a titolo personale -, avesse un interesse con l'Aurelius o con la stessa Glencore purché però questa stessa società le fornisca l'alluminio. Avendo un certo tipo di clientela, avendo i propri utenti, è chiaro che l'Alcoa ha interesse ad avere l'alluminio anche in Italia, ma non vuole restare se non ci sono determinate condizioni. Sono convinto, Presidente, che se durante le trattative si arriverà a determinare un prezzo dell'energia di 25-30 euro per megawatt, magari trattabili fino a 35, e ci saranno certe condizioni anche per quanto riguarda l'infrastrutturazione, l'Alcoa tornerà indietro rispetto alle sue posizioni. Credo quindi che questo tavolo possa anche saltare. La nostra posizione è stata chiarita senza margini di ambiguità. Vogliamo chiudere questa vertenza e presto, con una trattativa seria e trasparente tra la Regione, il Governo e imprese che facciano la loro parte, preferendo ad aziende che vengono da luoghi distanti diecimila chilometri, di cui niente sappiamo, quelle con cui i sardi hanno a che fare da decenni. Chiediamo che l'intera questione del Sulcis trovi una soluzione politica definitiva, che non rimandi a ulteriori accordi, a ulteriori verifiche, a nuovi ed estenuanti tavoli di confronto. Dobbiamo dare una risposta anche alla Carbosulcis, che merita tutta la nostra solidarietà, così come ai lavoratori dell'Eurallumina, che da anni attendono una risposta complessiva unitaria. E credo sia immancabile oggi la nostra solidarietà ai lavoratori che sono scesi sottoterra per rivendicare sacrosante questioni che riguardano il loro futuro.
Chiediamo, in conclusione, Presidente, che sia affrontato con competenza tecnica, ovviamente con il nostro supporto, il problema dell'approvvigionamento energetico e del costo unitario dell'energia e che si costituisca una delegazione della Regione, costituita da rappresentanti dei partiti politici, nessuno escluso, per partecipare all'incontro del prossimo 31 agosto, con l'ausilio di tecnici di chiara e indiscussa fama, che conoscono bene la realtà produttiva del Sulcis-Iglesiente, e non di esperti farlocchi.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Capelli. Ne ha facoltà.
CAPELLI (Sardegna è già Domani). Presidente, prendo la parola perché sia chiaro a tutti che quello di cui parliamo non è un fatto ristretto al Sulcis-Iglesiente. Le problematiche dell'industria interessano tutta la Sardegna, non soltanto il Sulcis, ecco perché credo che abbiamo tutti l'obbligo di prendere a cuore questa situazione e di cercare di risolverla. Non le nascondo, Presidente, una qualche delusione. Capisco la gente che manifesta qui sotto, o meglio cerco di capirla, ma non possiamo risolvere la situazione con i soliti blablablà. Non possiamo intervenire rifacendoci sempre alla storia, a ciò che è stato, evitando però di dire qual è la proposta; non possiamo dire che le responsabilità sono di altri, senza assumerci le nostre; non possiamo continuare a far finta di niente, a stanziare risorse finanziarie che comunque sappiamo in partenza non risolveranno il problema.
Ecco perché mi sono preso la briga di leggere dei numeri. Più volte ho detto in quest'Aula che i numeri sono un grande romanzo e possono dire tanto. I numeri del 2011, per esempio, ci dicono che l'Alcoa ha costi per 363 milioni di dollari e ricavi per 360 milioni di dollari, quindi apparentemente avrebbe circa 2 milioni e mezzo di dollari di passivo. Tutto questo calcolato in base al costo LM[PS4] E del metallo liquido, ovvero 2.382 dollari per tonnellata. Se si fosse utilizzato invece il costo attuale, e cioè 2.862 dollari per tonnellata, l'Alcoa avrebbe un utile di 16 milioni di dollari. Questo mi fa pensare che se correttamente gestita, con il management di cui dispone, l'Alcoa sarebbe un'azienda produttiva. Nel Sulcis l'Alcoa dispone di un management capace, e chiunque subentri (non mi interessa il discorso Aurelius o Glencore) e dia garanzie, anche all'Alcoa, può avvantaggiarsene. Sappiate che nel corso del 2011 quel management ha ridotto i costi di produzione, dal trasporto marittimo all'esternalizzazione dei servizi in Italia e in Europa, per svariate decine di milioni di euro. Quindi quella non è un'azienda assistita, potrebbe essere un'azienda produttiva!
E allora cosa chiede l'Alcoa? Sicuramente non prendo le difese di questa società, che è una multinazionale e fa i suoi interessi. L'Alcoa dice: "Io metto 150 milioni di euro, ma voglio la garanzia che nei prossimi tre anni nessuno mi venga a cercare per un eventuale fallimento successivo". Sapete bene che la legislazione italiana fino ai tre anni successivi considera responsabile, se non attraverso la presentazione di fideiussioni a prima escussione, anche la società cedente. Noi quindi possiamo intervenire, addirittura non ci vogliono denari, e non ci sono solo l'Aurelius e la Glencore. Sento parlare di queste società, di cui fortunatamente non ho conoscenza, ma so che hanno manifestato interesse all'acquisto anche la svizzera Klesch, una cordata tedesca e una austriaca. Hanno mostrato interesse anche imprenditori italiani, certo più piccoli, non grandi multinazionali, ma che sono forse più interessati a far rendere l'azienda e non a raschiare il fondo del barile con i finanziamenti per i risanamenti ambientali o per la diminuzione delle emissioni di CO2.
Allora cosa può fare questo Consiglio regionale? Intanto sono stupefatto del fatto che la Giunta e il suo Presidente vengano informati periodicamente, cioè non sono attori primari autorevoli, ma non si può riunire quel tavolo di trattativa senza la Sardegna! Non accetto che mi vengano a dire dopo: "Siamo a questo punto, ti mando un fax, ti informo". Dov'è l'autorevolezza della Sardegna? Vogliamo difendere dei posti di lavoro? E come? Con i fax, con i messaggini?
Tutta la Regione deve essere al fianco di quella risorsa della Sardegna, non può essere la solita occasione per dire che quelli del Sulcis difendono il Sulcis, noi nuoresi difendiamo Ottana, gli altri difendano Porto Torres. E' un intero sistema che va difeso! E la difesa del sistema la si fa con delle proposte, non con enunciazioni storiche! Non serve a niente la storia, anche perché la storia ci dice che chi è artefice di questa situazione non può essere anche colui che propone la soluzione, perché ha causato questa condizione, o quanto meno è stato assente!
Allora, Assessore, abbiamo bisogno di fatti. In questa mia esposizione c'è qualche proposta, per esempio: sa che i sardi sono tanto disponibili, finché non perdono la pazienza, e se diciamo loro, confrontandosi ovviamente con le autorità europee e nazionali, che poniamo una piccola tassa di scopo, un centesimo a chilowatt, per favorire le industrie energivore della Sardegna, nemmeno un sardo si tirerà indietro? E sapete quanti milioni di euro si recuperano con un centesimo a chilowatt? Per me sarebbe semplice - si dirà - dare l'assenso, ma darebbe l'assenso anche l'operaio di Ottana o di Porto Torres in cassa integrazione! Queste sono proposte provocatorie, perciò non dobbiamo legare alla sedia il Consiglio regionale, ma è il Consiglio regionale, visto che non c'è una Giunta autorevole ed efficace, che deve legare alla sedia il ministro Passera, dato che non voglio che si parli più con il sottosegretario De Vincenti!
Il conteggio dell'energia è stato fatto poc'anzi sia dal collega Cocco che dal collega Oppi. Certo, quando è stato contrattualizzato era previsto un rimborso fino a 14 euro per megawatt, ed era eccessivo. Noi stiamo pagando quel contratto, siamo arrivati a far pagare 14 euro a megawatt, quando il costo medio era intorno ai 30 euro per megawatt; con un'oscillazione tra 27 e 33 euro - me lo dicono i numeri - l'Alcoa era in attivo spaventoso, certo un attivo non abbastanza significativo per la grande multinazionale che decide di investire 11 miliardi in Arabia Saudita, dove ha costi di produzione minori, ma ha anche un prodotto inferiore per qualità, meno pulito, meno ricco, e che quindi rende qualitativamente molto meno rispetto alla nostra filiera dell'alluminio. Allora proprio in questo potremmo recuperare la filiera.
Cosa possiamo dire a chi ci chiede impegno, quali sono le nostre proposte? In questo breve intervento ho cercato di indicarne due o tre, so di non avere l'autorevolezza per sedermi a quel tavolo, ma chi dovrebbe averla? Allora, cari amici del Sulcis, finché non cambiamo il sistema che va avanti da vent'anni continueremo a ritrovarci qui per approvare ordini del giorno, che non si negano a nessuno.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Maninchedda. Ne ha facoltà.
MANINCHEDDA (P.S.d'Az.). Signora Presidente, annuncio che non farò certamente mancare il mio voto alla mozione, perché non si rompe un fronte per nessun motivo, però, con altrettanta chiarezza, devo dire che considero questa mozione inutile. Penso anche che noi dovremmo avere la consapevolezza, Assessore, Presidente, che il Consiglio regionale non è la sede per ragionare di megawatt, chilowatt e trattative tecniche. Il Consiglio regionale deve discutere del perché la Sardegna ripetutamente svela di non avere il potere politico necessario per difendere i suoi diritti. Questo è il problema.
Se oggi c'è da scrivere una cosa a fianco della vertenza Alcoa è la parola "debolezza"! E se c'è un'altra cosa da scrivere a fianco della vertenza Alcoa è che si tratta soltanto dell'inizio, perché domani crollerà Porto Torres e dopo domani Ottana, siti vigilati da mesi e sui quali ci sono impegni del Governo nazionale. Noi lo sappiamo, però, colleghi, siete voi che avete stretto la mano a Giorgio Napolitano qui, non io! Quando è venuto "Re Giorgio" e tutti vi siete inchinati, mentre la situazione richiedeva una schiena ben più dritta, noi non c'eravamo! Napolitano, appena un operaio ha urlato un po', ha detto: "Non avevo la consapevolezza che la situazione fosse così grave! Ohibò, vi procuro un tavolo col Governo!".
I tavoli si comprano all'Ikea! Ma il tavolo cos'ha prodotto? Un sottosegretario che si chiama De Vincenti, con cui lei, Assessore, non si deve più sedere al tavolo, perché dice bugie, clamorose bugie! E le dice a favore di alcune aziende, perché De Vincenti risponde all'interrogazione del senatore Cabras su E.ON dicendo che a Porto Torres non è stata mai avanzata alcuna offerta, oltre a quella di E.ON, per realizzare il quinto gruppo a carbone. Questa è una bugia clamorosa detta da un sottosegretario di Stato che da un'altra parte fa ciò che ha raccontato l'onorevole Oppi! Perché lei si siede ancora al tavolo con De Vincenti?
Quando facciamo riferimento all'Enel, a proposito di debolezza, ma di cosa vogliamo parlare? La cosa migliore fatta negli ultimi vent'anni è la leggina approvata in agosto, con la quale ci siamo ripresi l'idroelettrico, su cui l'Enel guadagna carrettate di milioni! Abbiamo fatto bene, d'ora in poi se vuole usare le dighe l'Enel tratta con l'Enas e noi recuperiamo soldi! Con questi mostri di Stato si tratta in questo modo: legiferando e affermando un potere che difenda le risorse! Oggi questo potere non sta affermando questa capacità. Sapete che la Terna non paga un euro per i cavi che passano sul nostro territorio? La Terna fa utili in borsa perché è una società senza rischio. E' stato un grande regalo della famiglia Berlusconi a Flavio Cattaneo. La Terna è proprietaria di cavi che solo per il fatto di esistere non hanno perdite, perché le tariffe le paghiamo noi, e decide del futuro degli acquisti di energia in Sardegna. Terna, la cugina di Enel! Come volete trattare con queste persone, chiedendo i tavoli o battendo i pugni? Volete trattare in questo modo?
Io penso che sia stato un grandissimo errore la subordinazione che la Sardegna ha mostrato al Presidente della Repubblica, un errore clamoroso, ma rimediabile. Sull'energia, badate, la Sardegna viene truffata, ma viene truffata dallo Stato. Quando De Vincenti dice che il cavo Sapei abbassa i costi dell'energia e l'Authority per l'energia, nel 2011, scrive che Enel ed E.ON hanno fatto cartello sull'energia in Sardegna, voi cosa dite? Cosa dite? La votate la mozione sulla sovranità? La reazione è politica, è solo politica. Le istituzioni devono dire che se siamo costretti a far da soli sappiamo far da soli, ma non riconosciamo gli altri poteri. Cosa succederebbe a Roma se questo Consiglio, anziché approvare questa "acquetta", dicesse che il Consiglio regionale della Sardegna ritiene la Sardegna dotata di sovranità originaria e si riprende tutti i poteri di propria competenza, come uno Stato? Si svegliano? O loro devono sempre fare i violenti perché noi ci facciamo sentire? Noi dobbiamo dire: governiamo noi, voi non siete capaci e non siete credibili. Voi avete regalato la Tirrenia a un signore e gli avete dato i soldi per comprarla. Voi siete l'Italia della pastasciutta, dei maccheronì, come dicono i francesi! Questo dobbiamo fare noi.
Allora le trattative di cui parla l'onorevole Oppi cambiano volto, perché c'è un potere che si schiera, non una questua! Come si fa a sedersi a un tavolo con il ministro Passera? Ma l'avete sentito? Passera dice che siamo "gonfi" di petrolio in Italia, che il futuro è questo. L'avete sentito? Io ho ancora la sua relazione. Questo Governo parla dell'agenda digitale e c'è voluto il Corriere della Sera per spiegare che l'agenda digitale è un bluff, non esiste. E' stato scritto in prima pagina! L'agenda digitale, assessore Milia, non esiste! Lo ha certificato il più grande quotidiano della Repubblica italiana. Questo è.
Voi continuate a sedervi al tavolo? E cosa fate, andate a dire: "No, facciamo il tavolo"? Aggiungiamo due paroline qui: "Il Consiglio regionale della Sardegna avvia un processo costituente per la creazione della repubblica sarda", perché l'Italia non è credibile. Forse cambia il gioco, noi ci schieriamo sulle nostre risorse e chi amministra le centrali qui risponde a un Governo che comincia col dire: governo io, vediamo le tariffe. Questi sono interlocutori di Stato, non interlocutori privati. Sono interlocutori di Stato, e questa è la giusta reazione. Così si difendono gli impianti, cioè dicendo che trattiamo noi, che ci riprendiamo i poteri sovrani, e non dicendo: "Mah, possiamo telefonare". La solita telefonata! Poi arriva il salvatore della Patria, arriva Senni. Voi non sapete chi è Senni. Senni si forma nell'agenzia americana McKinsey, che è una grandissima agenzia di consulenza per queste multinazionali. Leggete un libro: "Confessioni di un sicario dell'economia", così capite chi sono questi che falsano i dati, programmaticamente. E da McKinsey vanno Passera e Senni, il direttore del dipartimento, quello che fa un incontro - perché lo sappia l'onorevole Pittalis, che è di Nuoro - in cui dice: "Tutti buoni, a Ottana non succede niente, vedrete che ci pensiamo noi, Terna continuerà ad acquistare l'energia e voi farete gli investimenti". Terna ha staccato la corrente l'altro giorno, nuovamente! Questo è Senni.
Assessore, toglietevi la cravatta, non meritano riguardo questi signori! Sono degli imbroglioni, imbroglioni di Stato! Non potete presentarvi con il buongiorno e la buonasera, non è possibile!
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Porcu. Ne ha facoltà.
PORCU (P.D.). Presidente, colleghi, voglio provare a riprendere i termini della discussione odierna, dopo l'intervento del collega che mi ha preceduto e che ci ha offerto ulteriori elementi di riflessione, alcuni dei quali rischiano però di allontanarci dal tema all'ordine del giorno. Un rischio da non correre è quello di discutere indicando responsabilità esterne a noi e alla Giunta regionale, anche rispetto alle azioni che possiamo intraprendere.
Nel corso degli interventi sono state individuate delle responsabilità: c'è chi le vede nel comportamento dell'Alcoa, certamente biasimabile e criticabile, non dimentichiamoci infatti che l'Alcoa è pur sempre una multinazionale che, nel giro di quindici anni, ha incassato a vario titolo circa 2 miliardi di euro di incentivi, dal processo di acquisizione dell'azienda fino all'abbattimento delle tariffe energetiche; c'è chi le vede nell'Enel, che è un soggetto privato che dovrebbe farsi carico dell'abbattimento dei costi energetici; c'è chi assegna maggiori responsabilità al Governo e chi alla Giunta, per la sua sostanziale lentezza d'azione e la sua debolezza, e su questo sono d'accordo col collega Maninchedda. Io credo, però, che dobbiamo essere consapevoli del fatto che si tratta di una situazione complicata, difficile, che ha tempi strettissimi, e fuori di qui c'è un mercato che è totalmente cambiato e non ci consente soluzioni facili.
E' stato ricordato che l'Alcoa chiude in Sardegna e in Spagna, ma anche negli Stati Uniti, e apre in Arabia Saudita e in Islanda. Il processo di produzione dell'alluminio, per effetto dell'elettrolisi, che avviene attraverso gli smelter, è fortemente energivoro, per questo lo si trasferisce là dove l'energia non costa 50 o 35 o 25 euro per megawattora, ma dove ha un costo quasi nullo, come nel caso dell'Islanda, cioè dove a causa del surplus energetico si richiede all'alluminio di diventare un grande immagazzinatore di energia, come quella idroelettrica, che rischia di andare persa. Allora, quello dell'alluminio è un mercato complicato, difficilissimo; negli ultimi dieci anni la produzione di alluminio in Europa è rimasta pressoché ferma, sostanzialmente al livello di 30 milioni di tonnellate, in un contesto in cui il 50 per cento dell'alluminio proviene sempre più da riciclo, da recupero del materiale. Quindi non si produce di più, anzi si chiudono o si sostituiscono, in Europa in particolare, gli impianti di produzione con impianti dedicati al riciclo.
In questo contesto è indubbio che aspettare le crisi, aspettare che qualcuno ci risolva i problemi, aspettare che tra gennaio e aprile l'Alcoa decida cosa fare o che tra aprile e luglio la Glencore, o un ipotetico salvatore che viene da fuori, ci consenta una possibilità di ripartire può apparire non sufficiente. Allora se vogliamo dare un senso a questa riunione dobbiamo concentrarci su quello che possiamo fare. Certamente il ruolo della Regione deve essere più incisivo; certamente la Regione deve far parte, come ha ricordato prima il collega Cocco, del tavolo delle trattative e deve dare tutte le garanzie che può dare. Va bene il Piano Sulcis, ma forse abbiamo aspettato troppo da gennaio (quando abbiamo discusso della situazione dell'Alcoa e approvato un ordine del giorno unitario) prima di approvare una delibera che dà il via a un processo che per essere attuato richiederà mesi o anni.
E' vero, lo dico al collega Oppi, che abbiamo provato a fare una trattativa con l'Enel, nel 2008, sostanzialmente sulla base di uno scambio: ti cediamo quote di energia eolica in cambio di energia a basso costo, ma ricordiamoci che quegli accordi sono stati impugnati, perché considerati illegittimi. Forse, quando siamo andati a discutere - e qui ha ragione il collega Maninchedda - di burden sharing, cioè della quota di energie rinnovabili da assumerci come Regione, avremmo potuto chiedere che tale quota (1.000-1.200 megawatt) potesse essere gestita dalla Regione, dedicandone una parte alle industrie energivore. Magari ci facciamo carico di una quota all'interno di un accordo nazionale, ma una quota aggiuntiva la dedichiamo all'abbattimento dei costi delle industrie energivore, perché, guardate, ciò che Alcoa ha ritenuto critico è stato il passaggio del costo dell'energia, con l'interrompibilità, da 36 a 30 euro per megawattora, che è un costo totalmente fuori mercato: oggi qualsiasi nostra azienda paga 80-90 euro a megawattora. E ricordiamoci che se c'è un'azienda che paga di meno ce ne sarà un'altra che paga di più. Il costo industriale, con gli impianti tradizionali, in Sardegna è probabilmente 60-65 euro a megawattora. Quindi o c'è l'incentivo e ci sono le rinnovabili, oppure quei prezzi, che servono per tenere le industrie energivore in Sardegna, non si possono praticare. Ci si dovrebbe accordare con l'Enel, da un lato mettendo sul piatto la possibilità di cederle quote di rinnovabili, che sono incentivate, dall'altro chiedendole, in base a un accordo bilaterale, di portare il costo dell'energia a un terzo di quello di mercato. Questo è quello che le si dovrebbe chiedere, altrimenti sarà difficile che l'accordo si faccia, perché l'Enel in questo momento è un'azienda privata quotata in borsa che a stento si regge in piedi. Ha problemi lei stessa a stare sul mercato!
Credo che responsabilità ce ne siano molte, e certamente non sono solo della Giunta che è in carica da tre anni e mezzo, ma questa Giunta non ha cambiato passo, non ha accolto le opportunità che c'erano per farsi valere, per esempio nel campo delle rinnovabili, magari, come ho suggerito prima, accettando una quota di rinnovabili e chiedendo che un'altra parte fosse legata a politiche industriali. E certamente non ha pensato di avviare prima il Piano Sulcis e i processi di riconversione industriale e di creare le infrastrutture che potevano rendere credibile la nostra richiesta alle aziende di una filiera importantissima di rimanere in Sardegna. Non si può aspettare l'ennesima chiusura per dire che faremo, ma intanto non facciamo. Non si può certamente aspettare l'ennesima crisi o l'ennesimo rischio di chiusura (ci sono altri casi, lo sappiamo, sono stati già citati quelli del polo di Ottana e della Carbosulcis) per chiedere al Governo di chiarire qual è la sua visione strategica di politica industriale e se c'è la volontà vera di tenere ancora la filiera dell'alluminio in Italia per le ricadute che essa può avere, che sono economiche e sociali, ma anche strategiche. E' know how che rimane in Italia, è un pezzo di industria che rimane in Italia, è un approvvigionamento che rimane in Italia.
Allora credo anch'io che, da questo punto di vista, questa vertenza vada collocata all'interno di una vertenza più generale, che si debbano battere i pugni sul tavolo, far capire che c'è un interlocutore che ha dei crediti da spendere, dei diritti da far valere, a cominciare dai 300 milioni di euro che Alcoa dovrà pagare per aver usufruito impropriamente di tariffe agevolate. Bisogna chiedere che tale somma venga messa a disposizione per rilanciare il settore, per attuare il Piano Sulcis e per creare altri posti di lavoro.
Siamo pronti, come opposizione in questo Consiglio, a stare accanto a un Governo regionale che sappia farsi valere, che abbia un'altra capacità di rivendicazione nei confronti del Governo, che pretenda, laddove è possibile, di esercitare in prima persona i propri diritti. E l'energia è uno di quei casi in cui avremmo dovuto chiederlo con maggiore forza. Dobbiamo chiedere di stare al tavolo delle trattative fino in fondo su questa e su altre vertenze, perché non possiamo essere, come dire, quelli che aspettano, ma dobbiamo essere quelli che agiscono e che portano le proprie ulteriori garanzie in relazione a processi che sono molto complicati.
Credo ci sia bisogno di guadagnare altro tempo, non possiamo sperare solo nella Glencore. Credo che nella data room messa a disposizione debbano entrare anche altre realtà, che si debba fare di tutto per non chiudere questa filiera, ma credo anche che sia una partita molto difficile e se non acquisiamo noi delle leve per mettere in campo proposte, incentivi, infrastrutturazioni, sarà molto difficile uscire dall'emergenza, invertire la rotta e creare un progetto industriale che non sia un progetto tampone.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Agus. Ne ha facoltà.
AGUS (P.D.). Onorevole Presidente del Consiglio, onorevole Presidente della Regione, signori Assessori, onorevoli colleghe e colleghi, quello in discussione è un tema che si ripropone in quest'Aula ormai da tantissimi anni. Intervengo intanto per portare la solidarietà ai lavoratori e relative famiglie che vivono questo dramma, che hanno sulla testa la spada di Damocle legata all'esito delle trattative, ma debbo anche dire onestamente che condivido molti passaggi degli interventi svolti dai colleghi, in modo particolare sono d'accordo con l'onorevole Maninchedda sul fatto che approveremo l'ennesimo ordine del giorno che non risolverà affatto il problema, speriamo che serva almeno a tenerci uniti affinché anche questa battaglia venga vinta.
Credo che la Giunta regionale stia operando alla vecchia maniera, pensando di essere ancora al tempo delle partecipazioni statali, quando bastava chiedere l'intervento finanziario del Governo perché il problema venisse superato. Non dimentichiamo che, come ha detto il collega Capelli, il quale se ne stupisce, la Regione "viene chiamata" al tavolo, e questo la dice lunga sul potere che essa ha in questa trattativa. Su questo condivido il pensiero dell'onorevole Maninchedda secondo cui la Regione deve recuperare la capacità dell'autodeterminazione, affinché sia in grado di porre condizioni perché lo sviluppo del suo territorio avvenga nel miglior modo possibile e non consenta il finanziamento diretto delle multinazionali, quindi di soggetti privati, perché di questo si tratta, se è vero com'è vero che l'Alcoa ha incamerato, a diverso titolo, oltre 2 miliardi di euro di incentivi pubblici. Quindi oltre alla speculazione e alla possibilità di fare utili, questa multinazionale determina uno sfruttamento del lavoro e anche delle istituzioni locali, in questo caso della Regione sarda, la quale, ripeto, non può aspettare di essere semplicemente chiamata a un tavolo.
E qui davvero, premesso che questa operazione deve essere conclusa trovando un soggetto disposto a rilevare gli impianti Alcoa, dobbiamo prendere coscienza del fatto che possiamo rilanciare questa attività solo ad alcune condizioni. Intanto la Regione sarda deve avere il potere di governare quelle infrastrutture, perché per esempio non governa l'energia, eppure potrebbe farlo. Abbiamo infatti concesso ad altre multinazionali di utilizzare il nostro suolo per fare impianti eolici, lasciando le briciole di quella energia rinnovabile, ovvero solo qualche migliaio di euro ai comuni, che pure mettono a disposizione le aree, e ai nostri agricoltori che consentono l'impianto di pale eoliche nei loro terreni e talvolta si rivoltano persino contro i comuni se non concedono le autorizzazioni per nuovi impianti eolici.
Noi non siamo padroni della nostra terra, non siamo in grado di dire: "Ti consentiamo l'utilizzo dell'energia alternativa a condizione che la Regione ne abbia un tornaconto e possa quindi governare quella risorsa". Noi non siamo in condizioni di governare la risorsa energia con l'Enel, lo hanno già detto i miei colleghi e non lo ripeto. Siamo deboli, siamo impotenti, non siamo in grado di governare questi processi. Siamo di fronte a delle multinazionali che utilizzano la forza lavoro come elemento di ricatto, perché minacciano di delocalizzare la produzione in un processo di globalizzazione che consente al profitto di agire in maniera molto più libera di quanto sia concesso nella nostra nazione, che giustamente, a tutela anche della salute dei lavoratori, impone rigidità negli investimenti e nella realizzazione dei processi produttivi, i quali costando di più determinano anche un aumento del costo del lavoro. In altre nazioni invece questo non avviene e le imprese sono in grado di avere maggiore disponibilità finanziaria, minori rigidità nello smaltimento dei reflui della lavorazione, nonché nuove tecnologie che consentono di superare l'handicap della scarsa formazione del personale locale, magari culturalmente non all'altezza dei nostri lavoratori, ormai fortemente avanzati sotto il profilo professionale.
Ci sono quindi, nella mondialità, elementi per cui queste industrie possono condizionare gli enti locali, e in questo caso la nostra Regione. Cosa fare? Bisogna usare tutti gli strumenti possibili per rivendicare ancora, purtroppo, alcuni aspetti, perché è vero che non governiamo l'energia, ma potremmo farlo. Da dieci anni è nel cassetto una proposta strategica per supportare l'industria in Sardegna che prevede l'attuazione di porti franchi. Il porto franco è uno strumento infrastrutturale che può favorire le condizioni, anche per l'Alcoa, per avere non la produzione primaria, ma una ricaduta economica con le produzioni secondarie e terziarie, quelle più ricche anche in termini occupativi. Noi invece continuiamo a fare la vecchia politica, che io ho vissuto nel nostro territorio quando le aree del Sulcis-Iglesiente-Guspinese condividevano l'estrazione mineraria, la fonderia di San Gavino produceva i lingotti di piombo e le lavorazioni terziarie avvenivano a Porto Marghera, cioè tutte le fasi di raffinazione e gli ulteriori passaggi avvenivano altrove. Qui siamo più o meno nella stessa condizione: produciamo materia prima, ma non facciamo lavorazioni secondarie.
Allora, è in grado la Sardegna, al tavolo delle trattative, di condizionare il rilancio di questa attività con nuove opportunità di lavoro? Questo l'ho detto anche per quanto riguarda la Keller: c'è un soggetto interessato, benissimo, c'è la speranza di continuare a produrre, ma c'è anche la possibilità che attorno a questa fabbrica nascano altre fabbriche per realizzare i supporti, i sedili, tutte le attrezzature che compongono una carrozza ferroviaria? C'è questa possibilità? C'è una visione prospettica per un tipo di industria che abbia una sua verticalizzazione, oppure intendiamo ancora limitarci a tamponare il problema nell'immediato, senza guardare al futuro e a ciò che vogliamo per la Sardegna? I processi evolutivi vanno visti in prospettiva, anche perché hanno tempi di realizzazione lunghi. E' vero che dobbiamo mantenere lo status quo, ma non possiamo pensare di affrontare questo tema solo per risolvere i problemi del momento. Dobbiamo al contrario pensare a una prospettiva futura altrimenti, come diceva l'Assessore, fra tre o sei anni saremo punto e a capo.
Io da sindaco mi sono a lungo occupato della questione Carbosulcis dieci anni fa, oggi siamo ancora allo stesso punto di allora, il problema cioè non è affatto risolto. Credo che dobbiamo sederci a un tavolo impegnandoci certamente a risolvere il problema contingente, ma senza dimenticare di pensare anche alla prospettiva futura. Se una prospettiva futura non c'è, dobbiamo avere il coraggio di accettare la prospettata chiusura della fabbrica e cercare altre risorse nell'immediato, che diano soluzioni alternative. Se invece la fabbrica non sarà chiusa dobbiamo creare le condizioni perché la ripresa della produzione duri nel tempo, e io credo che possa durare nel tempo solo ed esclusivamente se attorno a quella fabbrica nasceranno altre fabbriche che possano utilizzare quelle materie prime, e quindi creare il processo produttivo di verticalizzazione.
Allora, bisogna avere l'autorevolezza, per quanto riguarda Portovesme, visto che è un porto, di rivendicare con lo Stato le cose che abbiamo, chiedendo di poter disporre di quelle aree, che consentirebbero ad altre industrie di affiancare l'industria primaria e completare l'iter di verticalizzazione della produzione, perché altrimenti non riusciremo a competere con le opportunità che il mondo offre a imprenditori che, ripeto, hanno tutto l'interesse a fare utili e non hanno il pensiero paternalistico dell'imprenditore di una volta; oggi questo non esiste più, esiste solo il profitto. Allora, nella ricerca del profitto le cose che abbiamo denunciato avvengono sulla pelle dei lavoratori. Gli ultimi, quelli che subiscono, sono i lavoratori e le loro famiglie. In questo caso subiamo anche noi, come istituzione, per questo condivido l'idea che bisogna riacquistare l'autorevolezza necessaria per governare questi processi. Se non sapremo fare questo, soccomberemo.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Randazzo. Ne ha facoltà.
RANDAZZO (P.d.L.). Signora Presidente, vorrei prima di tutto ringraziare gli amministratori che hanno accompagnato gli operai, compresi i nostri deputati, i sindaci e i consiglieri comunali, che hanno preso a cuore una delle tante vertenze che vive oggi la Sardegna. Come Commissione industria abbiamo già discusso del caso Alcoa e chiediamo uno sforzo maggiore, se è possibile, rispetto a quello che la Giunta finora ha fatto. Non rimprovero la Giunta di sedere a un tavolo col Governo, anzi ben venga una Giunta che dialoga col Governo per trovare delle soluzioni che a oggi non sono ancora state individuate. Non dimentichiamoci, infatti, che si tratta di trattative tra privati, per cui ben venga chiunque subentri ad Alcoa. Io non parteggio né per l'Alcoa né per la Glencore, l'importante è che chi subentra dia le garanzie previste nell'accordo del 27 marzo, che servono per mantenere le unità lavorative e per portare a termine finalmente una delle vertenze che sono aperte con lo Stato.
Lo Stato non si sta impegnando al meglio rispetto alle soluzioni da noi prospettate. Mi ricollego al discorso fatto dall'onorevole Porcu, che rispetto come collega di Commissione, però è inutile andare verso l'interrompibilità se poi l'energia, rispetto al quadro comunitario, costa il 22 per cento in più. Gli sforzi devono essere maggiori se vogliamo vincere le battaglie con lo Stato.
Io ringrazio pubblicamente l'assessore Zedda e il presidente Cappellacci, che si stanno battendo perché finalmente le nostre industrie, le nostre imprese possano competere nel contesto nazionale, non dico in quello europeo, e vi sia la continuità dei prodotti finiti, cioè con la famosa continuità territoriale delle merci il lavorato possa essere portato a destinazione con un abbattimento dei costi di trasporto. Il 9 gennaio è arrivata la "gelata" da parte di Alcoa, che nel suo sito comunicava - cosa di cui ufficialmente questo Consiglio non era a conoscenza - che si stava aprendo la discussione col Governo per la fermata degli impianti, in quanto l'azienda stava perdendo il 12 per cento del mercato mondiale del prodotto finito. Si parlava della chiusura degli impianti presenti in Spagna e in Sardegna, e quello di Portovesme sarebbe stato il primo. La Regione, in quel caso, è intervenuta subito e questo Consiglio, non dimentichiamolo, ha approvato un ordine del giorno unitario manifestando piena solidarietà ai lavoratori e agli amministratori locali, ai quali arrivano le sollecitazioni, giustamente, in quanto le tematiche sono tante in Sardegna. Coloro che vivono i problemi, i cittadini più deboli, quelli che rischiano il posto di lavoro non chiedono sussidi, mobilità o cassa integrazione, ma la certezza di poter continuare a svolgere il proprio lavoro in quelle imprese, in cui credono, e che hanno contribuito a rendere produttive andando a lavorare, giorno dopo giorno, con dignità per avere a fine mese un salario sufficiente a far fronte alle esigenze di una famiglia.
Come Commissione, abbiamo chiesto gli aggiornamenti all'Assessore, che oggi ce li ha prontamente forniti. La ringrazio, Assessore, perché è stata precisissima sui dati che ci ha trasmesso, di cui forniremo le copie nella prossima riunione della Commissione industria. Voglio solo assicurarle che ci vedrà sempre al suo fianco quando ci sarà da discutere, pure in modo pesante, con il Governo nazionale, con i cosiddetti amici che siedono al Governo e con coloro che votano questa maggioranza, perché queste battaglie non possono essere fatte singolarmente senza il coinvolgimento di tutti. L'unione fa la forza e in quest'Aula, molti dei colleghi che mi hanno preceduto, compresi colleghi dell'opposizione, hanno detto che si deve parlare di vertenza Sulcis, perché non possiamo permetterci la chiusura neanche di una piccola impresa. Non parliamo dell'Alcoa, con i suoi 500 dipendenti e i 300 lavoratori dell'indotto! Dobbiamo tutelare ciò che oggi esiste, perché non ci sono prospettive in Sardegna. Tutte le belle le alternative di cui ha parlato il collega Agus a me vanno benissimo, però dobbiamo essere in grado di tutelare l'esistente. Le alternative vanno create prima, non possiamo arrivare quando i buoi sono scappati dal recinto. Tutti noi, maggioranza e opposizione, insieme alla Giunta dobbiamo interloquire con coloro che hanno la possibilità di rappresentarci al Parlamento, siano essi sardi oppure no, per far sì che questa battaglia venga vinta, in modo da avere qualche spiraglio per le altre vertenze, perché se perdiamo una piccola battaglia, rischiamo poi di perdere la guerra.
Assessore, confermo a lei e alla Giunta, con il consenso dei colleghi della Commissione, che ho consultato prima di intervenire, il nostro pieno appoggio e domani saremo al suo fianco - anche fisicamente se serve - nel perorare la causa della risoluzione dei problemi reali che affliggono la Sardegna. Grazie.
PRESIDENTE. E' iscritta a parlare la consigliera Zuncheddu. Ne ha facoltà.
ZUNCHEDDU (Gruppo Misto). Signora Presidente, onorevoli colleghi, io sono molto d'accordo su quanto ha dichiarato qualche collega precedentemente circa l'inutilità di questo dibattito, perché dovremmo essere assolutamente pragmatici per trovare delle soluzioni concrete all'emergenza che vedano quindi, oltre alla proroga della chiusura certa di Alcoa, nuove soluzioni. Dobbiamo innanzitutto partire da una certezza, cioè dalla considerazione che la delocalizzazione da parte dell'Alcoa è in atto non da oggi. Le sue nuove industrie sono state già costruite, ad esempio nell'Islanda orientale; il nuovo progetto è già decollato e vanta un porto, una decina di dighe, tre bacini idrici, una centrale elettrica di 700 megawatt, che viene alimentata da una diga alta 190 metri e che creerà quindi un bacino di 57 chilometri quadri. Questi sono i dati sul progetto in Islanda. Insomma, si tratta di un impero sicuramente realizzato, così come è avvenuto in Sardegna, con sgravi fiscali e finanziamenti pubblici e bancari a babbu mortu, tutto in perfetta sintonia con la delocalizzazione mondiale che porta le imprese multinazionali solamente dove si garantiscono i massimi profitti a controlli zero.
Ed è a questo proposito che vorrei chiedere al presidente Cappellacci e agli Assessori dell'industria e dell'ambiente se i conti dare-avere fra la Regione autonoma della Sardegna e l'Alcoa sono stati definiti e in favore di chi. Un dato certo è che il dare-avere è a sfavore dell'occupazione del Sulcis-Iglesiente e della possibilità che l'industria dell'ambiente, a cui noi comunque dobbiamo ambire, costituisca oggi una concreta e immediata risorsa occupazionale per le popolazioni residenti. E' da tempo - ecco perché non credo molto all'utilità di questa seduta - che in quest'Aula firmiamo e votiamo ordini del giorno unitari per sollecitare una seria e concreta politica di disinquinamento, quindi di ripristino e rivitalizzazione ambientale ed economica, e dunque di creazione concreta di occupazione per ampie fasce del nostro territorio, che sono sottoposte già dallo scorso secolo alla rapina e all'inquinamento con le servitù industriali e militari, che sicuramente hanno creato ricchezze incalcolabili per le multinazionali, ma anche per lo stesso Stato italiano, dando in cambio salari di sussistenza ai nostri operai e alle piccole imprese locali.
Ancora una volta il dramma dell'Alcoa torna al centro del dibattito in Consiglio regionale, ma il tempo passa, i problemi occupazionali crescono, la povertà avanza e le famiglie possono sempre meno far fronte ai mutui da pagare. La messa all'asta della prima casa delle famiglie e degli strumenti di lavoro delle imprese qui in Sardegna non è più una minaccia, ma è una drammatica realtà. Qui si attendono risposte che purtroppo tardano ad arrivare. Le risposte della classe politica al fallimento di questo modello di sviluppo industriale di importazione, di cui l'Alcoa è parte, non arrivano in quanto la stessa classe politica che in questi anni ha gestito i due piani di rinascita miliardari è collusa e incapace culturalmente di progettare un modello di sviluppo economico in sintonia con il territorio, con l'ambiente e con le economie preesistenti. A questo proposito mi danno ragione le affermazioni rese oggi dal Presidente della Provincia di Carbonia-Iglesias, Tore Cherchi, il quale sostiene che "ci sono state sfacciate lottizzazioni politico-clientelari". Dobbiamo fare i conti anche con questo; nel cercare le soluzioni - che non riusciamo a trovare - dobbiamo fare i conti proprio con queste responsabilità della classe politica.
Purtroppo alla classe politica sarda continua a mancare autonomia di scelta politica dagli ordini che giungono dallo Stato italiano. A questa maggioranza di centrodestra manca una programmazione e una gestione concreta e adeguata dei problemi occupazionali dei nostri territori, quindi della sopravvivenza delle nostre famiglie, e dei supporti finanziari alle imprese, purtroppo oggi urgenti più che mai di fronte alla crisi. Manca un progetto complessivo di rilancio della nostra economia, inoltre c'è da dire che per l'ennesima volta i sardi pagano a costi altissimi l'inadeguatezza di una rappresentanza politica che in questi tre anni e più di legislatura si è rivelata incapace di difendere a denti stretti i diritti dei sardi e quindi di fronteggiare anche lo Stato italiano, che giorno dopo giorno gioca a innalzare il livello di scontro con la Regione autonoma della Sardegna.
Noi non possiamo avere relazioni amichevoli con questa gente. La Sardegna oggi, fuori da ogni demagogia, necessita di una rappresentanza politica forte e determinata, in grado di contrattare a pari dignità istituzionale con lo Stato italiano, dando con ciò risposte alla nostra emergenza occupazionale e ambientale. Purtroppo la nostra rappresentanza è debole e spesso assente, come è stato denunciato nel corso di precedenti interventi. Gli interessi e le emergenze dei sardi non possono più essere oggetto di speculazioni elettorali da parte di chicchessia, quindi torno a sottolineare che alla Regione autonoma della Sardegna manca a tutt'oggi un progetto o un piano di rilancio economico alternativo al modello industriale; manca perché culturalmente la classe politica sarda e anche una parte dell'intellighenzia culturale e di chi crea opinione, mi riferisco alla stampa, continua a essere miope, perché priva di lungimiranza e strabica nel dare una risposta equa alla richiesta di un lavoro che garantisca benessere alle nostre popolazioni. Purtroppo i dati del fallimento dell'esperienza industriale importata e imposta in Sardegna a fine anni '50, analizzando tutti i parametri e in particolar modo il rapporto tra costi e benefici rispetto alla salute dell'ambiente e delle popolazioni, confermano una situazione fallimentare anche dal punto di vista del numero degli occupati nell'industria in rapporto ai finanziamenti che sono stati riccamente elargiti.
Il fallimento dell'industrializzazione della nostra isola è inequivocabile se prendiamo come riferimento il rapporto fra il numero degli occupati e il costo di ogni posto di lavoro, il rapporto fra costo-beneficio dell'investimento e la reale ricaduta sull'economia del territorio, senza parlare della subalternità e della distruzione dell'economia tradizionale di quei territori in riferimento ai benefici di cui essi avrebbero potuto usufruire se fossero stati sostenuti come lo è stata la cosiddetta industria di Stato del petrolchimico e della chimica, per non parlare poi dei privati monopolisti della raffineria del petrolio. Ovviamente mi riferisco alla Saras. I dati occupazionali riportati nei giorni scorsi dalla Cisl segnano un "profondo rosso" nell'industria e un "rosso" nel settore agricolo. Questo è un segnale tangibile del fallimento di questo modello di sviluppo di importazione, per cui dobbiamo incominciare a ragionare anche in termini diversi e alternativi.
Oggi la classe politica deve trovare soluzioni, ma non all'interno di un sistema già fallito. Quindi dico chiaramente che bisogna trovare delle alternative che non stanno nella richiesta di rinvio di una chiusura che drammaticamente avverrà. Tra l'altro non possiamo tacere del disastro ambientale in atto, associato a un'incidenza molto alta delle patologie ad esso connesse, anche se a tutt'oggi è stato negato uno studio specifico teso a confermare tale correlazione, e questo contrariamente a quanto è stato fatto per Taranto e il caso Ilva. Come classe politica oggi dobbiamo dire basta con il ricatto del lavoro, un ricatto barattato troppo spesso con la salute. La Regione autonoma la Sardegna deve trovare il coraggio per imporre allo Stato italiano un cambiamento di rotta per far sì che il diritto all'occupazione sia tutelato e che il diritto di tutti sardi a un lavoro pulito, che non uccida, sia davvero una realtà.
In concreto, non possiamo permetterci la perdita di un solo posto di lavoro. Questo è possibile se riqualifichiamo la filiera dell'alluminio a partire dal recupero e riciclo dell'alluminio esistente, quindi risparmiando risorse energetiche e riducendo l'inquinamento da fanghi rossi. Dobbiamo ripartire anche dalle bonifiche, che i responsabili dell'inquinamento devono pagare di tasca propria.
PRESIDENTE. Onorevole Zuncheddu, il tempo a sua disposizione è terminato.
E' iscritto a parlare il consigliere Salis. Ne ha facoltà.
SALIS (I.d.V.). Io comincio dall'ultima affermazione fatta dalla collega Zuncheddu, cioè dal fatto che non possiamo permetterci di perdere neanche un posto di lavoro. Questa è l'affermazione che deve guidare la nostra azione e che l'avrebbe dovuta guidare, per la verità, sin da gennaio, quando abbiamo sottoscritto l'ordine del giorno relativo ai problemi che ci troviamo oggi a dover rivedere riaffermando i sei punti di quell'ordine del giorno, perché poco è cambiato rispetto alla situazione di allora.
Io non sono assolutamente d'accordo con chi dice che questo dibattito in Consiglio regionale, alla presenza dei lavoratori, dei loro rappresentanti sindacali, dei sindaci, dei rappresentanti istituzionali dei territori, rischia di essere un rito senza alcuna conseguenza. Mi rifiuto di pensarlo, sono anzi convinto che oggi noi dobbiamo partire con maggiore determinazione rispetto al passato, perché già nella riunione di venerdì venga con forza chiesto, così come ci siamo impegnati a fare nell'incontro con i rappresentanti sindacali e in quello tra i sindaci e i Capigruppo avvenuto due o tre settimane fa, che venga spostata la data di avvio dello spegnimento delle celle elettrolitiche dello stabilimento Alcoa. E' fondamentale, importantissimo prorogare l'avvio dell'interruzione dell'alimentazione delle celle della fabbrica ed è un elemento significativo per consentire che le trattative in atto possano essere concluse nel minor tempo possibile e con il miglior risultato possibile.
Noi siamo impegnati in una battaglia difficile, questo è sicuro, nel senso che stiamo difendendo una filiera dell'alluminio che sembra che il Governo nazionale voglia abbandonare; siamo impegnati nella difesa dell'esperienza della Carbosulcis che ugualmente il Governo sembra voler abbandonare, ma il fatto stesso che sia l'unica miniera rimasta in attività in Italia è significativo. Abbiamo a che fare con l'abbandono del tessuto industriale sardo da parte del Governo; abbandono quasi difeso da coloro che negli anni scorsi magnificavano la bontà miracolosa del mercato. Oggi ci troviamo a fare i conti con un Governo nazionale privo di una strategia di politica industriale, con il fatto che molti settori industriali, quali quello energetico e quello dell'alluminio, sono lasciati a sé stessi, in balia delle volontà dei detentori del potere che nel mercato viene esercitato, per cui una delle regioni più povere d'Italia, appunto la Sardegna, rischia, con un effetto domino disastroso, di vedere chiuse numerose attività industriali, che sono l'anima stessa della sua struttura economica.
Oggi discutiamo dell'Alcoa, ma a breve, anzi oggi stesso, dovremo discutere di un'altra esperienza drammatica del Sulcis, portata all'attenzione dell'opinione pubblica nazionale dai lavoratori della Carbosulcis, nonché della situazione dei poli di Ottana e Porto Torres, cioè di un intero tessuto industriale che rischia di essere smantellato da una politica miope, anzi dall'assenza di una politica industriale da parte del Governo. E queste cose le dico nonostante lo scorso marzo, a Roma, alla manifestazione organizzata da sindacati, operai e lavoratori, abbiamo tutti sentito prima le dichiarazioni e le rassicurazioni del sottosegretario De Vincenti successivamente quelle del ministro Passera, in un tentativo di infondere ottimismo, di ammantare la vertenza di segnali positivi, salvo accorgerci, all'ultimo momento, che il Governo stava bluffando.
Ebbene, il problema va posto con nettezza e con forza al tavolo governativo. Il presidente Monti deve assumere, con atti concreti, le determinazioni che a parole lei, presidente Cappellacci, ha indicato il giorno che è stato attivato un tavolo politico a Roma, e sto parlando di febbraio! Un documento del Consiglio dei ministri stabiliva in quattro settimane il termine per avviare l'esame e la soluzione dei problemi del tessuto industriale della Sardegna. E' stata una caterva di frottole! Ci siamo trovati in presenza di un comportamento del Governo assolutamente inqualificabile! Noi siamo creditori nei confronti del Governo italiano e dobbiamo esigere il nostro credito. Perché dico questo, Presidente? Perché abbiamo tra l'altro una possibilità, e a me dispiace non essere rappresentante di un partito che sostiene il Governo Monti, lo dico per la prima volta. Io non do un giudizio tenero sul Governo Monti, come ho espresso anche in quest'Aula, ma per la prima volta mi rammarico di non far parte di un partito che sostiene il Governo Monti e che quantomeno avrebbe per questo la forza per far capire quanto sia urgente e indifferibile un intervento immediato per salvare il tessuto industriale sardo. Badate, siamo di fronte - questa è la verità e a questo dobbiamo reagire con fermezza - alla perdita completa di credibilità delle istituzioni e delle forze politiche, non solo sarde, perché è vero che il Consiglio regionale si è pronunciato innumerevoli volte in questi anni e con documenti sempre unitari sulla difesa dello stabilimento Alcoa e del tessuto industriale sardo, ma è anche vero che sui nostri documenti c'è stato anche l'assenso dei maggiori rappresentanti delle istituzioni nazionali e dei segretari di tutti i partiti presenti in Parlamento. Tutti si sono impegnati su questa vertenza e sulle altre che ho elencato prima e tutti hanno chiesto risposte al Governo Monti e prima al Governo Berlusconi, perché la battaglia non è di questi ultimi nove mesi, ma è ben precedente. Eravamo presenti tutti a Roma già agli incontri col ministro Romani su altre vertenze industriali. Questo Governo, il Governo Berlusconi e probabilmente i Governi precedenti per vari motivi sono responsabili delle mancate risposte a queste nostre esigenze. Il collega Maninchedda ha fatto bene a richiamare il fatto che il Presidente della Repubblica ha dichiarato la sua disponibilità immediata a sollecitare il Governo ad attuare interventi concreti, per cui, signora Presidente del Consiglio, le chiederei di verificare se è possibile che a Roma, dove si terrà un incontro solo tecnico, e quindi non sarà presente una delegazione regionale, al contrario di altre volte, sia comunque assicurata la presenza delle istituzioni e delle forze politiche sarde per marcare ancora una volta il messaggio che questa è una battaglia che interessa direttamente il Sulcis, ma che riguarda tutto il popolo sardo.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Dessì. Ne ha facoltà.
DESSI' (P.S.d'Az.). Signora Presidente, colleghi, è chiaro che intervenire in questo dibattito provenendo dal territorio del Sulcis, che da tempo ormai è abbandonato a un destino credo quasi irreversibile, non è facile se la situazione è quella che anche oggi si sta palesando in quest'Aula con le nostre dichiarazioni. Perché non ci siano dubbi, dico subito che il Partito sardo, ovvero il partito che rappresento, appoggerà sempre e comunque i lavoratori in maniera concreta, con tutte le azioni che si riterranno opportune, come la mozione in discussione - l'ennesima -, che trova il nostro consenso al fine di rivendicare quello che ci spetta dal Governo nazionale, ma è chiaro che la sosteniamo con molta amarezza.
E' stato ricordato dal mio collega Maninchedda che in questo contesto oggi avremmo dovuto discutere di cose ben diverse. Abbiamo provato a discuterne, ne sono testimonianza le varie iniziative che abbiamo preso in questo Consiglio regionale, la censura al Governo Tremonti, che ha avuto le conseguenze che tutti sappiamo: zero! Abbiamo votato un ordine del giorno sui rapporti con lo Stato - e il risultato a oggi è questo - e diverse mozioni sulla situazione di insofferenza di vari siti, come Porto Torres e Ottana, come avete ripetuto tutti. Avrei potuto scaricare da Internet diecimila dati e tenere anch'io una lezione sulla vertenza Alcoa, su come questa società sta sul mercato, su chi è responsabile della situazione e sui partiti che sostengono il Governo. Noi non lo sosteniamo, questo è certo e sicuro, e non possiamo sostenere iniziative supine nei confronti di questo Governo che ci sta trattando davvero male.
A marzo, al termine della famosa riunione citata, mi intervistò Sky Tg 24. Avevo la barba lunga al termine di quella riunione, e mentre tutti si dichiaravano soddisfatti, giustamente, soprattutto i lavoratori che vedevano aprirsi uno spiraglio, io non mi feci prendere, come di solito mi capita, dall'entusiasmo e dissi: "Lo Stato ci ha abbandonato". Andate a verificare. Ed ecco qua, lo Stato ci ha puntualmente abbandonato.
Ho sentito parlare di filiera dell'alluminio strategica per l'Italia. E' chiaro che è strategica per l'Italia, ma l'Italia è altra cosa dalla Sardegna probabilmente, visto che fino a prova contraria l'alluminio lo produce l'Alcoa e le trattative sul rilevamento degli impianti Alcoa - l'avete detto voi, lo ripeto giusto per far capire che qualcosa riusciamo a percepirla in senso positivo per quanto ci riguarda, ma in negativo per quanto riguarda le risposte che lo Stato ci sta dando - sono state lasciate alle multinazionali. Non è intervenuto lo Stato, ma non è intervenuta neanche la Regione sarda al tavolo dove, come anche voi avete detto, noi non contiamo nulla, assolutamente nulla! E il risultato è che oggi due multinazionali, l'Alcoa e l'Aurelius, che era sul campo, non si sono messe d'accordo e non sono state prese in considerazione altre ipotesi. Continuiamo a vedere un film che dura da sempre!
Oggi noi dobbiamo dire che Alcoa, non perché si chiama Alcoa, ma perché rappresenta forse l'ultima speranza per i lavoratori di quel territorio (600 dipendenti dell'Alcoa, più di mille con quelli dell'indotto, più i lavoratori della Carbosulcis e dell'Eurallumina), non deve chiudere, non può chiudere! Se vogliamo davvero riportare il dibattito su qualcosa di serio, dobbiamo fare dei passi importanti. Il primo è quello di inchiodare il Governo alle sue responsabilità rispetto alle promesse che ha fatto; il secondo è quello di fare in quest'Aula un dibattito serio, perché è serio il fatto che mancano un piano industriale, un piano energetico e un piano turistico, perché manca un vero piano strategico generale della Sardegna, è questa la nostra vera debolezza. Senza un piano strategico che ci metta in condizioni di dire con decisione ciò che vogliamo, siamo costretti a "pietire". Ci devono mettere il pepe addosso i lavoratori - mi sono trattenuto, Presidente! -, perché diversamente siamo supini! Ma è possibile che l'anello più debole debba sollecitarci a portare avanti delle iniziative?
Presidente, io di solito intervengo poco, ma anche un'altra volta sono intervenuto per richiamare il Consiglio alla sua autorevolezza e lei come guida di questa autorevolezza, perché ne abbiamo bisogno. I lavoratori hanno bisogno di una guida, di un piano industriale serio, per poi poter dire al Governo: "Vogliamo questo!". Finché non faremo questo, la realtà dell'Alcoa deve rimanere in piedi. Diversamente non andremo da nessuna parte, saremo supini, la nostra schiena non si raddrizzerà mai, perché non ci crediamo.
E' da vent'anni, onorevole Oppi, che qui si cercano responsabili; è da vent'anni che amministriamo questa regione ed è da vent'anni che non abbiamo un piano industriale. E' vero, noi abbiamo tre anni di colpe, ne abbiamo tante, perché questo Governo regionale faceva intravedere, a noi Sardisti in particolare, delle prospettive sull'autonomia, sulla sovranità mancata e sulla modifica dello Statuto, che non si sono avverate. Abbiamo poco tempo per recuperare e questa purtroppo è l'occasione che non possiamo più perdere. Questa mozione, l'ennesima, insieme agli ordini del giorno che ho citato, perlomeno serva per farci raddrizzare la schiena.
Ringraziamo davvero i lavoratori per la pressione che ci stanno facendo affinché riacquistiamo il nostro ruolo politico all'interno di una Regione che è assente, ma non possono essere i lavoratori a richiamarci al nostro dovere! Ricordava il collega Tarcisio Agus che da dieci anni esiste una proposta di legge su cui lavorare, eppure siamo qui oggi perché dei dipendenti stanno perdendo il posto di lavoro, perché l'Alcoa ha deciso di chiudere e perché noi, come Consiglio regionale, non abbiamo più la nostra autorevolezza. Riacquistiamo un po' di dignità, come sardi, avete detto tutti ed è strano sentir dire da destra e da sinistra e anche da chi appoggia il Governo nazionale che dobbiamo rivendicare la nostra autonomia, i nostri diritti, le entrate che ci sono dovute. Potremmo fare tantissime cose, ma non facciamo nulla, aspettiamo che un sottosegretario o un ministro ci metta nelle condizioni di aprire tavoli, ai quali non veniamo neanche convocati, e solo attraverso messaggini, fax e comunicazioni riservate riusciamo a capire quali sono gli indirizzi di questo Governo nei confronti delle nostre attività industriali, che dovrebbero essere strategiche per l'Italia. Noi non facciamo parte dell'Italia, da nessun punto di vista, questo è ormai acclarato. Qualcuno ha ricordato la vertenza Tirrenia, sulla quale clamorosamente l'Europa ci dà ragione, l'Italia invece ci dà contro e noi svendiamo tutto. Questo non deve più succedere!
E' chiaro che dovremo tenere una posizione ferma rispetto a questa vertenza che, secondo me, è davvero la vertenza madre di tutte le guerre, che può consentirci di riacquistare la nostra dignità, la nostra autonomia e di metterci in condizioni di far pagare i danni a chi ha creato questa situazione. Bisogna pensare seriamente, come succede da altre parti, che dove non interveniamo noi come politica, facciamo intervenire la magistratura, perché c'è il rischio che questa multinazionale vada via lasciando il territorio nelle condizioni attuali. Sappiamo benissimo che la zona è ad alto rischio ambientale, ne conosciamo tutte le criticità e non possiamo permettere che questa questione diventi una beffa dal punto di vista della nostra autorevolezza nei confronti dello Stato. E' chiaro e palese che noi questa battaglia non la possiamo perdere, non per l'Alcoa, ma per i lavoratori e per un territorio che rappresenta tutta la Sardegna. Questo deve essere un punto fermo dell'iniziativa che dobbiamo portare avanti a Roma. Può diventare strategico il settore dell'alluminio, così come può diventare strategica la Sardegna, e il Governo ce lo deve dimostrare!
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Mario Diana. Ne ha facoltà.
DIANA MARIO (Sardegna è già Domani). Signora Presidente, colleghe e colleghi, in mezzo alle tante cose che ho sentito dire stasera ovviamente, come al solito, ci sono anche molte banalità. Non ho ancora ascoltato il Presidente della Regione per capire se il livello della banalità debba salire o assumere toni piuttosto preoccupanti!
Mi rifaccio al ragionamento che ha fatto l'onorevole Maninchedda, per due ordini di motivi: perché non sono un tecnico, non so infatti distinguere l'alluminio da un altro metallo, e perché non è questo il mio mestiere. Il mio mestiere è quello di cercare di trovare soluzione ai moltissimi problemi che questa regione ha, e non ha da oggi. Sarebbe ingeneroso dire che tutte le colpe sono di questo Governo regionale, in questo modo, però, potremmo dare alla figura del presidente Cappellacci un valore estremamente alto, e io non voglio fare questo.
Vorrei che fosse condiviso da tutti il fatto che la vertenza Alcoa non nasce in questa legislatura, ma in anni precedenti. E' una storia antica, che altri hanno affrontato prima di me, prima di noi, senza trovare grandi soluzioni. Non le ha trovate neanche l'onorevole Tore Cherchi che a suo tempo, da illustre senatore della Repubblica italiana, si impegnò in tal senso e che adesso ribadisce di avere un rapporto importante con un certo sottosegretario De Vincenti, con il quale dialoga. E' apparso sulla stampa e l'ho visto io personalmente. Non ha trovato soluzioni, dicevo, neanche l'ex senatore Tore Cherchi, attuale Presidente della Provincia di Carbonia-Iglesias, che è molto impegnato in questa vicenda, come pure a bandire concorsi per assumere personale a tempo indeterminato in una provincia che è al dramma, quando ci sarebbe da definire questa vertenza e trovare una soluzione ai numerosissimi problemi di quel territorio, che poi non riguardano solo quel territorio, come qualcuno ha ricordato, perché se salta l'Alcoa saltano anche l'Eurallumina e la Carbosulcis, nonché il Pil della Sardegna, torniamo indietro probabilmente di dieci anni e ci ritroviamo sotto l'Obiettivo 1, ammesso che gli obiettivi comunitari esistano ancora. Quindi questo è un problema che interessa tutti.
Perché ho parlato di banalità? Perché sono convinto, come lo è l'onorevole Maninchedda, che noi possiamo risolvere poco qua dentro, con questo tipo di ragionamenti. Vero è che non ci è venuto in soccorso il Presidente della Repubblica. Io non sono Travaglio, sono un cittadino sardo che si riconosce nella Repubblica italiana, che ne ha condiviso i valori e continua a farlo e che riconosce l'attuale Presidente della Repubblica per quello che a questa Repubblica ha saputo dare. E il Presidente, che si chiama Giorgio Napolitano, non è venuto in Sardegna perché chiamato da chissà chi. L'abbiamo chiamato noi con una mozione, esattamente la numero 139 del 28 luglio 2011, onorevole Maninchedda, glielo dico per memoria, non per criticare o per fare polemica. In quella circostanza questo Consiglio regionale ha votato una mozione, a firma mia certamente, di altri Capigruppo e anche dell'onorevole Maninchedda, in cui si dava mandato al Presidente del Consiglio di chiedere un'udienza al Presidente della Repubblica dell'intero Consiglio regionale della Sardegna.
Forse era l'ultimo tentativo, e quindi ha ben ragione l'onorevole Maninchedda di criticare ciò che il Presidente della Repubblica non si è impegnato a fare, perché impegnato in altre cose. Era impegnato in un colpo di Stato, lo ha fatto, lo ha eseguito. Ci troviamo davanti a un Governo che non risponde e che altre volte ho definito il "museo delle cere". Io ho partecipato agli incontri insieme al collega Diana, al presidente Cappellacci, all'assessore La Spisa e ad altri autorevoli esponenti politici. Era il museo delle cere allora, lo è tuttora e non ha nessunissima intenzione di mettere mano a questa vicenda. Quindi se il problema deve essere risolto dal punto di vista politico qui i toni bisogna sollevarli! Non si può stare in quest'Aula, onorevole Randazzo, solo per fare gli elogi alla collega Zedda. La collega Zedda ha trascorso le ferie parlando di queste cose, non è andata a parlare con l'emiro del Qatar! Ha trascorso le ferie parlando di vicende che riguardavano soprattutto il Sulcis, si è impegnata e ha fatto la metà del suo dovere! Perché la metà? Perché l'altra metà l'avrebbe dovuta fare qualcun altro, anziché aspettare un sms per andare a Roma all'incontro del 31 agosto. Il problema non lo si risolve certo in questo modo!
Quando si sollevano i toni bisogna prendere delle decisioni, presidente Cappellacci. Lei non l'ha mai avuta questa forza e quando qualcuno, due anni e mezzo fa, le ha suggerito di mettersi alla testa del popolo sardo non l'ha fatto, perché non lo sa fare, perché non l'ha voluto fare e perché, probabilmente, era impegnato in altre cose! La realtà è che la Sardegna sta crollando; la Sardegna vede nascere movimenti che politicamente forse manifestano la loro vicinanza al Partito Sardo d'Azione, ma non lo dico con intento polemico.
MANINCHEDDA (P.S.d'Az.). Forse al P.d.L.!
DIANA MARIO (Sardegna è già Domani). Forse al P.d.L., non mi spaventa neanche questo! Certo è che oggi i toni che stiamo usando politicamente non bastano più, non sono più sufficienti, è necessario fare qualcosa di diverso, e non per quello che sta crollando, ma per quello che minaccia di crollare.
Gli amici che sono venuti dal Sulcis qua conoscono benissimo le vicende che li riguardano più da vicino, ma forse non sono a conoscenza di quello che può accadere nelle prossime settimane o nei prossimi giorni, non per quanto riguarda le aziende che vivono già il dramma nel dramma, ma per quanto riguarda le aziende che ancora non si trovano in quello stato di crisi e rischiano di arrivarci in tempi brevi. Parlo, per esempio, della situazione dell'E.ON a Porto Torres - ne ha parlato anche l'onorevole Maninchedda -, parlo di Ottana, ma parlo anche di quei sistemi produttivi che riguardano la Sardegna tutta e che non sono le industrie, ma sono l'agricoltura, il turismo, le attività produttive di tipo artigianale. Adesso si scopre che il presidente Monti farà pagare una tassa sulla birra, un'accisa ulteriore sulle bibite gassate, una tassa ulteriore sulla produzione di mirto, sulla produzione di limoncello, su tutto ciò che si produce a livello artigianale in Sardegna! Di questo se ne sta preoccupando qualcuno? Arriviamo sempre tardi e la colpa è della politica, bisogna riconoscerlo. I sindacati sollevano i toni, ma gli operai in questo modo vanno oltre i sindacati, e bene fanno, perché evidentemente anche i sindacati non li hanno tutelati integralmente in altri tempi.
Insomma, di fronte a questa situazione io dico che è tempo di svegliarsi. E come ci si sveglia? Continuando a discutere, ringraziando della loro presenza gli amministratori che sono qui e l'assessore Zedda che, come ho detto, ha dilapidato quelle quattro giornate di ferie che aveva impegnandosi al massimo? Non è così che si risolvono i problemi, né con i numerosissimi ordini del giorno che abbiamo approvato. Ne ho contato una ventina, approvati negli ultimi due anni, che riguardano queste vicende! Siamo andati a Roma anche noi, per confrontarci con chi? Con il Governo Monti adesso e con il Governo Berlusconi prima, e prima ancora con il Governo Prodi e il Governo Berlusconi! Quali sono i problemi? Continuiamo a piangerci addosso e a indicare il problema della Tirrenia, della continuità territoriale, dell'Eurallumina, dell'Alcoa. E' da vent'anni che non parliamo d'altro e mai nessuno che abbia sollevato un problema e abbia provato a pensare - non è compito solo del Consiglio regionale - che forse la Sardegna deve disegnare per il futuro qualcosa di diverso! Ma ci abbiamo mai pensato? Continuiamo a investire risorse in tutte le finanziare…
PRESIDENTE. Onorevole Diana, il tempo a sua disposizione è terminato.
E' iscritto a parlare il consigliere Dedoni. Ne ha facoltà.
DEDONI (Riformatori Sardi). Signora Presidente, questo dibattito sulla situazione dell'Alcoa sta arrivando a conclusione e purtroppo devo registrare che, ancora una volta, questo Consiglio regionale non ha dato il meglio di sé. Io mi accingo a dare sostegno a questa mozione, unitamente ai colleghi del Gruppo dei Riformatori Sardi, non perché sia convinto che si tratti di un ordine del giorno qualunque che alla fine verrà approvato perché un ordine del giorno lo non si nega a nessuno, ma perché dei lavoratori sardi, oggi quelli dell'Alcoa, ieri quelli di altre società e domani quelli di altre ancora, chiedono alla rappresentanza più alta del popolo sardo, al parlamento dei sardi, di levare la propria voce e di dire, una volta per tutte, che la Sardegna ha bisogno del proprio riscatto. E chiedono anche di non dirlo solo a parole, qui dentro, ma di realizzarlo nei fatti fuori di qui.
Quando si dice che bisogna avere autorevolezza, che la Giunta regionale deve avere quell'autorevolezza che forse non ha, è perché la Costituzione prevede che quando si parla degli interessi della Sardegna nel Consiglio dei ministri della Repubblica italiana sieda la rappresentanza del popolo sardo, e non è mai avvenuto in precedenza che questo disposto non sia stato rispettato. Allora comincio a pensare che giovi a qualcuno che questa procedura non venga seguita, che non si vada in Consiglio dei ministri e magari ci si accontenti del "tavolino" o dello "sgabello" che per l'occasione viene approntato, magari per sentire questo "De Perdenti" o De Vincenti, non ho capito bene, che tiene al guinzaglio la Sardegna per quanto riguarda il suo sviluppo! Ma sappiamo essere artefici del nostro destino? Probabilmente abbiamo perso la dignità di gente sarda che sa difendere i propri interessi sino in fondo. Forse non basta più la solita marcia, il solito incontro, ma bisogna veramente alzare la testa e gridare che lo sviluppo della Sardegna necessita di quel sostegno.
Faccio un esempio: l'Alcoa vive un dramma, la Carbosulcis è chiusa (i minatori sono in lotta a 400 metri di profondità), il polo di Ottana sta per chiudere, qualche altra industria pure, tuttavia in quel di Taranto quando si è sentito qualche "rumore" particolare sono arrivati immediatamente tre ministri. Non sono stati i rappresentanti pugliesi ad andare a Roma, ma tre ministri si sono recati a Taranto per capire cosa stesse accadendo. E guarda caso chi di dovere si è affrettato a dire che occorrevano tanti milioni per sanare i danni ambientali che un'industria inquinante aveva creato in più di trent'anni di attività in quella zona.
Ma noi abbiamo la capacità di reclamare qualcosa di reale per la nostra isola? Siamo veramente forti d'animo e dal punto di vista dell'etica - che forse ci manca - da evitare di bisticciare come galli in un pollaio, senza avere la capacità di dare risposte serie? Se questo non è, penso che allora la Sardegna abbia poco da sperare! Io invece voglio che la Sardegna non solo possa sperare, ma abbia un avvenire sul quale costruire il futuro dei nostri figli e delle prossime generazioni. Ma in uno Stato come la Repubblica italiana, che ancora s'attarda in discorsi di finanziarizzazione del sistema produttivo, che ancora non ha capito che bisogna calarsi in un sistema produttivo in cui il Pil sia il risultato del lavoro reale, ancora una volta saremo legati a sistemi che stanno al di fuori. Faccio notare, l'ho già detto in un'altra circostanza in quest'Aula, che la Germania non ha dismesso la chimica, anzi ha rinforzato il settore chimico, perché è la base dello sviluppo. Invece l'Italia, che ha necessità dell'alluminio, chiude le proprie industrie perché non è capace di trovare un sistema che riesca a calmierare una fonte di danni quale l'Enel e l'Eni. Ma vi ricordate l'Eni? Caro presidente Cappellacci, si ricorda cosa le diceva l'Eni e cosa lei ha dovuto dire in un'altra circostanza? L'Eni si poneva al di sopra dello stesso Governo della Repubblica italiana, se ne infischiava del Presidente del Consiglio! E' verità o è una bugia? Allora, se questi sono i poteri che determinano una situazione così grave, io veramente ho difficoltà a capire quale possa essere il futuro sviluppo della nostra Isola.
Chi come me percorre frequentemente la SS 131 sa quanto sia difficile arrivare a Cagliari o a Sassari, non solo per via dei limiti di velocità, ma anche perché ci sono strettoie, tratti chiusi, perenni lavori in corso. E' l'Anas, un'altra azienda di Stato, che blocca tutto anche all'interno della Sardegna. Non sono rivendicazioni serie queste? Il turismo non va, l'abbiamo sentito dire da tutti gli intervenuti, anche perché le tariffe di trasporto praticate non sono alla portata della gran parte delle famiglie italiane e neppure dei nostri emigrati, che desiderano tornare nella loro terra almeno una volta all'anno per riabbracciare i parenti e godere delle ferie estive.
Lo sviluppo della Sardegna passa anche attraverso l'energia che da noi costa molto di più che nella penisola. Ma siamo capaci di interrogarci, di porci il problema e di cercare di risolverlo affrontando l'Enel e bloccando tutto quello che c'è da bloccare, se è necessario? E' vero che le industrie energivore hanno difficoltà perché non si riesce a spuntare una lira in meno sul costo dell'energia. Sulle questioni bisogna intervenire, è inutile continuare a ragionare facendo il raccontino di ciò che è successo da vent'anni a questa parte; possiamo continuare a ripetere le stesse cose per altri vent'anni, ma non avremo risolto i problemi della Sardegna, che sono quelli che ben conosciamo. Noi non vogliamo che si continui così, ma con la definizione di un serio progetto di sviluppo possiamo chiedere a Roma, o dovunque si debba andare, anche a Bruxelles, che i problemi della nostra terra vengano realmente risolti, e non ci si limiti a fare dichiarazioni, come anche noi stiamo facendo qui in questo momento, convinti tuttavia che dietro l'ordine del giorno che ci accingiamo a votare ci sia la volontà del popolo sardo e la nostra determinazione a impegnarci in prima persona per poterlo rappresentare al meglio e con dignità in tutte le sedi.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Uras. Ne ha facoltà
URAS (Gruppo Misto). Presidente, mi scuserà, ma io vorrei rimanere nel merito della mozione e anche delle conclusioni a cui questo dibattito deve portare, perché se parliamo del mondo, badate, voi dovete stare zitti perché l'avete rovinato, se però dobbiamo parlare dell'Alcoa, allora noi siamo disponibili a ragionare in modo unitario. Noi siamo qua per decidere, intanto, che non si fermano gli impianti. Cosa vuol dire? Lo dico al Presidente della Regione, che ha un limite, che io gli ho rimproverato più volte e continuerò a rimproverargli fino a quando sarà necessario. Noi potevamo gestire in modo unitario l'insieme delle vertenze, la vertenza Sardegna nel suo complesso, in modo forte, robusto, come conviene a chi deve mostrare i muscoli nei confronti del Governo, ma anche nei confronti dell'impresa privata che viene qui, sporca, inquina, rovina, sfrutta e se ne va! Invece il Presidente ha scelto di fare un tragitto molto più persoonale. Questo è un grave limite, che però possiamo ancora superare, perché siamo disponibili a superarlo.
Noi dobbiamo dire che non si fermano gli impianti, e la decisione la deve assumere il Governo nazionale, che deve tutelare gli interessi della Nazione, e quindi può imporre le sue decisioni attraverso le leggi, ma anche i decreti d'urgenza. Questo vuol dire che deve fare uno sforzo anche l'attuale Presidente del Consiglio dei ministri che, tanto per ricordarlo, è l'uomo dell'espressione più acuta del liberismo economico, è l'uomo della libera concorrenza nell'Unione europea, colui che dagli ambienti economici più elevati è considerato intransigente dal punto di vista della tutela delle regole del libero mercato, colui che fa "cadaveri", però cadaveri produttivi, anche tra le comunità, tra le persone, nei territori di questo e di altri Stati! Mi rivolgo ai colleghi del P.d.L., del P.D. e dell'U.D.C., che sono le forze politiche che compongono la maggioranza che sostiene il Governo nazionale, perché si facciano carico di un monito nei confronti del Presidente del Consiglio dei ministri: non dobbiamo fermare gli impianti, è interesse della comunità nazionale mantenere in vita una prospettiva di sviluppo della filiera dell'alluminio e deve esserci il tempo di verificare che le condizioni in quella direzione si possono costruire in modo funzionale e risolutivo. Quindi gli impianti non si spengono. Il Presidente del Consiglio trovi il modo di evitarlo (esiste, ripeto, anche il decreto d'urgenza), perché c'è una questione di ordine pubblico, c'è una questione di grave e profondo disagio sociale, ci sono tutte le ragioni per intervenire a tutti i livelli di responsabilità pubblica, anche comunitaria, perché un'operazione di questo genere sia possibile.
E' un precedente che potrebbe essere utilizzato anche in altre parti d'Italia? Ebbene, dove sta il danno? Taranto è un esempio, lì c'è una situazione compromessa dal punto di vista ambientale, sta intervenendo la magistratura e si sta cercando di gestire quella partita anche nella prospettiva della salvaguardia dell'attività industriale, che ovviamente va resa ecosostenibile, ma non può essere messo in dubbio il principio che la salute dell'uomo non deve essere sacrificata mai, per nessun motivo.
L'altra cosa che dobbiamo fare è avviare quello che si sarebbe già dovuto avviare. Io non ho capito, tutti dicono che il Fondo di investimenti svizzero, l'Aurelius, l'ha scelto l'Alcoa. E noi glielo lasciamo fare? Il Governo glielo lascia fare per prenderci in giro? Non è accettabile questo! Quali sono le garanzie messe sul tavolo quando si è fatto quell'accordo? Quella direzione è stata acquisita anche dalle autorità pubbliche che erano lì presenti e che stavano ai tavoli riservati, ai quali noi non sedevamo. Noi stavamo fuori della porta, a sostegno dei lavoratori; erano altri soggetti, quelli che governano, quelli che hanno la responsabilità diretta delle istituzioni, che stavano lì a dire: "Va bene". Ma uno si fa portare il dossier e capisce se sono soggetti farlocchi oppure persone serie. Lo deve capire da subito e se ha il dubbio che siano soggetti farlocchi dice all'Alcoa: "Tu mantieni in vita la trattativa con tutti i soggetti".
Un'altra cosa vorrei dire: noi siamo troppo superficiali. Assessore Zedda, non è il tempo dei compitini, è il tempo di far pesare la responsabilità politica e anche la competenza tecnica, che deve essere chiamata al tavolo, e quando non c'è va reperita. Basta con i funzionari raccattati negli angoli degli uffici solo perché sono politicamente vicini. Andiamo a prendere le competenze, anche tecniche, dove sono!
Questo è il tragitto, ma cosa fa il Consiglio regionale? Noi chiudiamo la discussione della mozione dicendo che il Consiglio deve rimanere in seduta permanente, si trovino poi le forme regolamentari per procedere in tal senso, Presidente, ma va istituito un presidio che rimanga in piedi e faccia sentire la voce di una regione che è destinata al tracollo se ancora una volta noi rinunciamo. Se non mettiamo fine a questa situazione, se non costruiamo una barriera, se non impediamo che le battaglie, le manifestazioni, la partecipazione dei sindaci con la fascia tricolore, l'impegno delle istituzioni locali, le trasmissioni televisive, gli articoli dei giornalisti e i dibattiti finiscano così come è finita la vicenda della Vinyls, cioè in un libro, in un documentario, "L'isola dei cassintegrati", avremo fallito! Avremo fallito tutti noi, ma la responsabilità del fallimento sarà vostra, perché voi governate la Regione e insieme ai vostri partiti governate anche lo Stato, ed è vostro dovere non fallire!
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Steri. Ne ha facoltà.
STERI (U.D.C.-FLI). Il dibattito svoltosi oggi ha evidenziato che la difesa dell'Alcoa, intendendo con questo la difesa della produzione e dei posti di lavoro, è un elemento essenziale e un punto di non ritorno, perché la chiusura dell'Alcoa determinerà degli effetti riflessi ben più gravi di quelli che vanno a incidere solo sulla società. E questo in presenza dell'Alcoa, una società controllata da una serie di scatole cinesi tramite società che passano attraverso diversi Stati per poi arrivare in America e che dal 1995 al 2005, oltre ad avere acquisito lo stabilimento di Portovesme a condizioni di favore, ha avuto - come ha ricordato in precedenza Chicco Porcu - oltre 2 miliardi di euro di benefici pubblici; benefici ritenuti legittimi dall'Unione europea e giustificati con il fatto che il prezzo di favore dell'energia elettrica fornita all'Alcoa poteva essere tale in considerazione della sovrapproduzione di energia, in quel momento, da parte dell'Enel in Sardegna.
Nonostante tutti i vantaggi di cui ha goduto, l'Alcoa appena ha visto calare i profitti, in considerazione dell'alto costo della manodopera e dell'energia elettrica, non ha esitato un minuto ad abbandonare Portovesme e a cercare ulteriori investimenti. Il più recente è quello realizzato in Arabia Saudita, dove intende investire 11 miliardi di dollari. Ma sappiamo che lì la manodopera costa poco e i prezzi dell'energia sono inferiori a quelli praticati in Sardegna. Questo comportamento, in considerazione dei vantaggi ottenuti dall'azienda, non è sicuramente accettabile.
Abbiamo quindi di fronte una società che non pensa all'interesse generale, ma pensa solo ed esclusivamente al proprio profitto. Purtroppo questo è un dato che dobbiamo tenere ben presente nel prosieguo della trattativa. Ciò nonostante il problema è risolvibile. Richiamo quanto ha detto in precedenza Giorgio Oppi, il quale ha evidenziato come già da gennaio la Glencore abbia formalmente manifestato interesse nei confronti dello stabilimento dell'Alcoa. Non si capisce perché, in presenza di una manifestazione di interesse da parte di una seria e comprovata società, si sia perso tempo con l'Aurelius e società simili. Siamo arrivati, grazie a questo errore che è stato consentito, alla situazione per cui si paventa la chiusura degli impianti a giorni. Peraltro, proprio per il fatto che la società Glencore ha manifestato la sua disponibilità, riteniamo ci siano i presupposti per imporre all'Alcoa il rinvio della chiusura al 31 dicembre, avendo così il tempo, in base agli accordi sottoscritti, per chiudere la trattativa con la Glencore.
Sicuramente è una trattativa difficile e noi ci faremo carico, tramite i nostri rappresentanti nazionali, di sottoporre con forza la questione ai ministri competenti, non certo al sottosegretario De Vincenti o al direttore generale Castaldi, che se ne è interessato, che ci sembrano figure di secondo piano in questa vicenda. Devono intervenire i più alti livelli del Governo per poter giungere a una chiusura positiva della trattativa. La riunione del 31 agosto non può essere solamente interlocutoria, ma deve portare, ripeto, al rinvio della chiusura dello stabilimento quanto meno al 31 dicembre, per pervenire entro tale data a un accordo con la Glencore, fermo restando che se altre società dovessero, entro quel termine, fare proposte più convenienti, queste dovranno essere valutate. Va da sé che dobbiamo porre condizioni ben precise ed evitare di trovarci in una situazione in cui una società si fa avanti ma non assume nessun impegno. Da parte nostra, già il 31 agosto dobbiamo essere in grado di dare una risposta alle "condizioni" che sono state poste per questo intervento; condizioni che sono null'altro che la creazione delle infrastrutture che più volte abbiamo ribadito essere essenziali sia nel Sulcis che nel resto della Sardegna per poter realizzare una produzione effettiva.
Ritengo che su questo una risposta possa essere data e non possa che essere positiva, collegando ad essa la richiesta che i 300 milioni di euro che l'Alcoa deve restituire, in seguito alla dichiarazione da parte della Comunità europea, vengano dirottati immediatamente verso la Regione sarda per poter iniziare a realizzare tali infrastrutture.
Noi riteniamo che la Giunta regionale debba dimostrare l'autorevolezza e la forza per ottenere questo risultato. E' una condizione imprescindibile per poter andare avanti. In questo sforzo noi saremo al fianco della Giunta regionale, ribadendo la richiesta che venga costituita una delegazione in cui siano presenti tutte le forze politiche, perché la sola presenza di tutte le forze politiche che compongono il Consiglio regionale dà maggiore forza alle richieste della Giunta. Inoltre chiediamo espressamente che il 31 agosto tale delegazione sia accompagnata da tecnici effettivamente competenti e capaci. Concordo pienamente con Luciano Uras: le persone che scegliamo per portare avanti le nostre battaglie devono essere capaci, quale che sia il loro colore politico. Abbiamo sempre dimostrato in questo di non avere nessun limite nel dare un incarico nominale, direttorio o quant'altro, a prescindere dal colore politico della persona nominata. Riteniamo che solo in questo modo si possa ottenere un risultato concreto.
Effettivamente il problema dell'Alcoa, come è stato segnalato, si amplia, perché il problema più globale è quello dell'energia, dei rapporti con l'Enel e con la Terna. Per quanto riguarda i rapporti con l'Enel, come ha ricordato il collega Paolo Maninchedda, con la legge approvata subito prima dell'estate abbiamo dato uno strumento alla Giunta per poter trattare con l'Enel. Senza quella norma di legge era impossibile trattare non dico da una posizione di forza, ma in una condizione di parità con questo soggetto.
Quindi si può fare molto, e nel fare molto bisogna avere idee ben precise. Non è questo il momento di cercare responsabilità che riguardano gli ultimi vent'anni, dal 1995 o se vogliamo dal 1989, quando si è consentito di separare l'attività estrattiva da tutte le altre attività. Ripeto, andare in questo momento alla ricerca delle colpe, che sono di tutte le forze politiche, magari non di qualche singolo presidente che in quel momento non era schierato politicamente, ma di tutte le forze politiche, non ci porta da nessuna parte. Il problema, in questo momento, è dimostrare unità, cioè dimostrare che tutto il Consiglio regionale vuole quel risultato. Solo in questo modo si dà forza alle richieste che vengono avanzate.
Per quanto riguarda Alcoa, ripeto, la soluzione è dietro l'angolo; basta avere il coraggio, le idee chiare e la competenza per ottenere il risultato. Noi riteniamo che questo risultato possa essere ottenuto e che questa Giunta regionale lo debba ottenere. Il problema della battaglia contro Enel e Terna e quello della rivendicazione di ulteriori poteri nei confronti dello Stato devono essere sicuramente affrontati, ma è impossibile affrontarli da qui al 31 agosto. Del resto sono problemi ben conosciuti, in Aula ne abbiamo parlato più volte e più volte noi abbiamo espresso con forza la nostra posizione, dicendo anche, per quanto riguarda la predisposizione di un nuovo Statuto, che in congruenza con gli obiettivi che ci poniamo ci deve dare nuovi poteri e le risorse per realizzare gli obiettivi prefissati: "Attenzione, perché se non lo facciamo dal primo momento, non riusciremo a farlo nel corso della legislatura". E questo si sta puntualmente avverando.
Noi siamo disponibili a un Consiglio permanentemente convocato, che stia a fianco dei lavoratori per far sentire la nostra presenza; siamo disponibili a qualsiasi presenza a Roma, siamo favorevoli a tutti gli interventi a livello politico. Ricordo che tra tutti i rappresentanti delle forze politiche l'unico sempre presente su questi problemi è stato Antonello Mereu, un nostro deputato, che anche in questo caso ha ottenuto dal Parlamento l'approvazione di una serie di ordini del giorno. Ma questo non basta. Ripeto, solo insieme, uniti e avendo ben chiari gli obiettivi, che Giorgio Oppi ha illustrato con molta puntualità, potremo ottenere un risultato e non rischiare di fallire.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Pittalis. Ne ha facoltà.
PITTALIS (P.d.L.). Io sono tra i firmatari, a nome del P.d.L., della mozione in discussione, che reca la firma di tutti i Capigruppo, e per la verità, seguendo lo spirito della mozione stessa, mi sarei aspettato che almeno in questa occasione, non foss'altro perché è presente una nutrita delegazione di rappresentanti dei lavoratori, delle organizzazioni sindacali e delle rappresentanze istituzionali, si evitasse di richiamare responsabilità di chi peraltro neppure può parlare in questo momento, come il Presidente della Provincia di Carbonia-Iglesias, Tore Cherchi, o esponenti delle stesse organizzazioni sindacali.
Il presidente Cappellacci è ormai abituato a fare da bersaglio, come è avvenuto anche nel corso di questo dibattito, a critiche spesso animate solo da strumentalità, dalla voglia di lavarsi non so poi che cosa in relazione a fatti e situazioni che non interessano la vertenza Alcoa, che non interessano i lavoratori dell'Alcoa. Allora è davvero per un senso di rispetto verso chi ci ascolta che evito di replicare, perché mi pare che tornare allo spirito della mozione sia preliminare e più importante che lasciarsi travolgere, questo sì, dalla sequenza di banalità a cui ci siamo sottoposti nell'ascolto. Avrei capito se, in termini critici, come è logico e giusto che sia, si fosse fatto un appunto specifico per evidenziare che qualcosa non è stato fatto nell'eseguire i verbali dell'accordo di marzo-aprile 2012, che la Giunta non ha posto in essere tutte le iniziative per attrarre nuovi investitori, né si è interessata degli aspetti occupazionali, della tutela e della sicurezza ambientale, del monitoraggio e delle verifiche in relazione alle prospettive produttive. Penso che più che da parte nostra, il giudizio venga dai lavoratori, dalle rappresentanze delle organizzazioni sindacali e istituzionali del territorio, che quotidianamente hanno partecipato ai tavoli e che possono, loro sì a ragione, dare un giudizio, fosse anche negativo, sull'operato del Presidente della Regione, dell'Assessore dell'industria e dell'intera Giunta regionale.
In questo dibattito l'unica proposta seria che ho colto è quella dell'onorevole Oppi, che è stata richiamata da ultimo dal collega Steri. All'onorevole Maninchedda, che sa quanto io mi ponga il problema dell'argomento da lui trattato, che affascina da un punto di vista ideologico, vorrei dire che se davvero fosse sufficiente votare un documento in cui noi riconoscessimo la piena sovranità della Sardegna per risolvere le vertenze che dal nord al sud, passando per il centro, investono il settore industriale, con la mia firma porterei tutto il mio Gruppo a votare e sostenere un documento di quella natura. Lei lo sa perfettamente, onorevole Maninchedda. Io ne capisco le finalità e non voglio banalizzare la sua posizione, però in termini di aderenza alla discussa vertenza altri sono i problemi. Certo, ci sono problemi legati all'insipienza di un sottosegretario, com'è stato richiamato, all'insensibilità del Governo nazionale, di un ministro, e allora forse dovremmo trovare il coraggio anche in Sardegna di farci valere. Questo lo pongo, presidente Cappellacci, alla sua attenzione, perché sono d'accordo sull'idea che vertenze di questo genere devono diventare questioni di interesse nazionale. Oggi parliamo della vertenza Alcoa, ma vi sono altre vertenze aperte che riguardano l'intero territorio del Sulcis e che sono state richiamate, come quella sull'Eurallumina, ma le assicuro che partirà una forte mobilitazione anche nel Nuorese per quello che sta avvenendo a Ottana. Non possiamo continuare a relegare queste questioni come se interessassero soltanto un pezzetto del territorio della nostra isola. Dobbiamo portare all'attenzione del Governo nazionale, con una forte mobilitazione, la questione Sardegna, la questione della vertenza industriale, che deve trovare la stessa sensibilità che hanno trovato l'Ilva, lo stabilimento Fiat di Termini Imerese e altre realtà produttive industriali del nord, del centro e del sud della Penisola. Su questo sono d'accordo, onorevole Maninchedda. Se la finalità del suo intervento era indirizzata a creare un senso identitario forte in questo contesto allora siamo d'accordo.
Questa situazione, Presidente, ci deve portare però a un'altra riflessione, perché noi non possiamo continuare ad arricchire il portafoglio di certi industriali e poi passata la festa gabbatu lu santu! Non possiamo alimentare l'idea che si possa venire in Sardegna a investire grazie a mamma Regione e fregarsene di quello che succede ai lavoratori e alle loro famiglie. Questo non lo possiamo più consentire, Presidente! Ecco perché, più che concionare sulle questioni di responsabilità, che non mi interessano, a me interessa come poter assicurare a questi lavoratori e alle loro famiglie di vivere non nell'incertezza e neanche nella speranza, ma nella certezza di avere serenità e forme di benessere. Quella dell'Alcoa e le altre realtà industriali di cui si è detto devono poter andare avanti, ecco perché ritengo che la proposta dell'onorevole Oppi ci trovi d'accordo. Noi dovremmo fare una grande mobilitazione con tutti i lavoratori di quell'area e portare al tavolo nazionale la vertenza Sardegna come una vertenza che non può assolutamente essere seconda a nessun'altra.
Presidente, lei sta già facendo molto in chiave autonomista e identitaria. Segua quella linea, la cavalchi anche in relazione alla vertenza Alcoa, perché ci sono tutte le condizioni per poter trovare una positiva soluzione.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Giampaolo Diana. Ne ha facoltà.
DIANA GIAMPAOLO (P.D.). Il momento, come testimoniato anche da questo dibattito, è certamente drammatico. La generosa lotta dei lavoratori di un intero territorio impone, presidente Cappellacci, innanzitutto al Consiglio regionale e alle forze politiche per un verso il massimo dell'unità politica e istituzionale, per l'altro verso l'onere di avanzare una proposta sapendo, ovviamente, che siamo una parte non determinante, ma nemmeno marginale, se saremo in grado appunto di avanzare una proposta in un momento come questo.
Per quanto ci riguarda, come Partito Democratico e come forza di opposizione siamo disponibili ad assumerci questa responsabilità, come abbiamo sempre fatto. In questo senso mi dispiace la caduta di stile del collega Diana - ne capisco le ragioni politiche -, il quale ha incrociato una critica al Presidente della Regione con una critica al Presidente della Provincia di Carbonia-Iglesias, che invece mi pare abbia svolto un ruolo molto importante e di forte tenuta non soltanto nella trattativa, ma anche dal punto di vista sociale, perché non sono di poco conto, anzi sono drammatici i risvolti sociali di questa vicenda.
Io non voglio, presidente Cappellacci, mi rivolgo a lei, sollevare polemiche in questo dibattito. Ciò non significa, ovviamente, confondere le responsabilità tra chi governa questa Regione e chi è all'opposizione. C'è una mozione unitaria, letta dal Segretario all'inizio della seduta, alla quale mi rifaccio totalmente, per cui utilizzo gli otto minuti e mezzo che mi restano per sviluppare qualche ulteriore considerazione. Verificheremo probabilmente alla fine di questo dibattito come arricchire la mozione, eventualmente trasformandola in un ordine del giorno.
Non voglio rifare la storia dell'Alcoa e tanto meno dell'industria in Sardegna. L'assessore Zedda ha ripercorso le tappe già svolte e ha detto di confidare sulle prossime, a partire da quella del 31 agosto prossimo venturo. Ha inoltre ricordato che al momento - e su questo vorrei soffermarmi, perché mi pare importante - il negoziato riguarda esclusivamente soggetti privati. Questo, Assessore, presidente Cappellacci, pur comprendendo il tutto, perché non siamo degli sprovveduti, noi non possiamo permetterlo. Il tempo è poco, ma intendiamoci anche sul senso delle cose, non soltanto sul loro significato letterale. Noi non possiamo permettere a nessuno - a nessuno! - di decidere del futuro nostro, di quest'Isola o di un pezzo di quest'Isola, senza che chi governa questa Regione abbia la possibilità di intervenire e di condizionare quelle scelte nel senso da noi auspicato. Non penso che ciò si possa evitare proclamando l'indipendenza della Sardegna. Rispetto questa opinione, non la condivido, ma non mi pare che serva per risolvere quel problema.
I partiti e le istituzioni da troppo tempo, non solo in Italia, non governano più i processi e le dinamiche economiche. Queste sono controllate, lo vediamo in questa vicenda, ma non soltanto in questa, dai grandi poteri finanziari che purtroppo hanno sostituito le istituzioni, per responsabilità certamente delle forze politiche e anche delle stesse istituzioni. L'Italia, poi, è in una condizione di maggiore fragilità non soltanto economica; non siamo la Germania, ma siamo in una condizione di maggiore fragilità perché la legislatura volge al termine, siamo in presenza di un Governo tecnico, seppure sostenuto da un'ampia maggioranza, così come ci ricorda continuamente il collega Uras. Quindi ci sono anche queste condizioni che, secondo me, devono essere tenute nella debita considerazione per misurare, calibrare gli interventi che dobbiamo porre in essere.
In questo contesto, presidente Cappellacci, mi permetto di chiedere a lei e all'assessore Zedda che cosa sta facendo la Regione. Chiedo a voi, ripeto senza polemica, ma con spirito costruttivo, che cosa sta mettendo a disposizione la Regione per rendere attrattiva, interessante, l'acquisizione degli impianti Alcoa. Qual è la qualità e il merito del confronto tra la Regione e il Governo nazionale? Chiedo a voi due di dirci di che cosa state discutendo in questo momento, ma non lo chiedo polemicamente, vorrei soltanto che il Consiglio, caro onorevole Pittalis, fosse messo nelle condizioni di poter esprimere un giudizio di merito sul confronto in atto tra la Regione e il Governo per portare a soluzione questo annoso problema. Mi chiedo: abbiamo qualcosa da offrire all'Alcoa per verificare se la sua decisione di chiudere gli impianti e di andare via sia irreversibile? Badate, sono questioni che si stanno ponendo drammaticamente in queste ore e che potrebbero arrivare a un epilogo drammatico nei prossimi giorni. Allora credo sia legittimo chiedere che cosa la Regione mette a disposizione per evitare che ciò avvenga. La Regione sa se questa decisione dell'Alcoa, caro onorevole Oppi, è già irreversibile oppure c'è ancora un margine di reversibilità? E se c'è un margine di reversibilità cosa chiede l'Alcoa e cosa possono fare il Governo italiano e la Regione Sardegna? Credo siano quesiti legittimi sui quali vorrei avere una qualche risposta.
Assessore Zedda, presidente Cappellacci, credo siate d'accordo nel considerare che la qualità, l'affidabilità del soggetto privato di cui parlava l'assessore Zedda sia un fattore determinante nella conclusione positiva o meno di questa vicenda. Allora vorrei chiedervi: è affidabile la Glencore? E' affidabile l'Alcoa? E' Sono affidabili i cinesi? Sono domande che sento e ho il dovere di porre, perché altrimenti non capisco in che modo posso partecipare, dare il contributo del maggior partito d'opposizione in questo Consiglio regionale in una trattativa, per carità, difficilissima. Non sto dicendo che il vostro compito sia semplice, però vi chiedo: avete messo a disposizione tutti gli strumenti che avete anche per verificare l'affidabilità di questi soggetti? La Sfirs è stata messa in campo, è stata messa, dico di più, a disposizione, intendendoci su cosa vuol dire mettere a disposizione la finanziaria della Regione? Sono questioni che sollevo perché vorrei davvero capire, assessore Zedda, ripeto lo faccio con spirito costruttivo, se è in atto un'interlocuzione di questo tipo.
Presidente, noi non possiamo permetterci il lusso di lasciar fare solo al Governo. Poi questo potrebbe servirci per dire è colpa loro, che è colpa di quel triumvirato di cui parla il mio amico Luciano Uras, ovvero P.D., P.d.L. e U.D.C., ma alla fine saremo di fronte comunque a un risultato negativo. Il tempo a mia disposizione sta per terminare, per cui suggerisco, presidente Cappellacci, di chiedere l'intervento del Presidente del Consiglio, Monti, il quale deve innanzitutto imporre all'Alcoa di assumersi la responsabilità sociale di non fermare gli impianti. Fino a quando? Fino a quando non si risolve questa questione.
Aggiungo: se arriviamo al punto in cui l'Alcoa va via e non c'è un interlocutore, che facciamo? Assistiamo messianicamente o chiamiamo la famosa Maria dell'incrocio delle FS di Cagliari? No! Presidente Cappellacci, le chiedo di assumere un'iniziativa forte a nome di questa Regione, perché qualora arrivassimo a quella drammatica situazione il Governo intervenga con uno strumento straordinario, seppure temporaneo, per evitare che l'Alcoa chiuda la fabbrica.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare, per la Giunta, il Presidente della Regione.
CAPPELLACCI (P.d.L.), Presidente della Regione. Devo dire che non avevo previsto di intervenire, ritenendo corretto che fosse l'assessore Zedda a chiudere questa sessione di lavori e che lo facesse soprattutto sulla base dell'impegno che è stato ricordato e che sta quotidianamente mettendo al servizio di questo grave problema della nostra regione. Credo però di non potermi esimere, perché sono state fatte delle proposte, sono state dette tante cose e anche tante parole. Molte di queste forse sono parole al vento e certamente il mio intervento non è teso ad alimentare la logica dei parolai e tanto meno a dare un contributo perché questo diventi il tempio delle parole vuote. Credo che l'unico contributo serio sia quello del lavoro quotidiano e da questo punto di vista sono totalmente sereno con la mia coscienza, ma non per questo non sollecito quotidianamente la mia coscienza perché ogni giorno possa tentare di fare qualche cosa in più rispetto a quello che è stato fatto il giorno prima.
Abbiamo fatto molto, ma non è certamente ancora abbastanza per risolvere il problema, perché la soluzione ancora non c'è, se no non saremmo qua, ma credo che non si possa trascurare che, com'è stato richiamato, i problemi sono veramente molto complessi e anche antichi. Oggi forse abbiamo perso parte del nostro tempo, qualcuno ha detto che è da vent'anni che abbiamo questo problema. Provo a fare un esercizio, a cui pensavo nell'ascoltare il dibattito: se anziché fare la conta degli anni che sono passati, metto in fila gli anni che ciascuno di noi ha maturato nella sua vita politica, allora forse è da qualche secolo che stiamo perdendo tempo! Credo sia arrivato il momento di smettere di parlare; bisogna cominciare ad agire, e noi lo stiamo facendo. Come? Lo stiamo facendo quotidianamente, lo stiamo facendo pensando al futuro, lo abbiamo fatto con il Piano Sulcis, per il quale stiamo mettendo a disposizione "appena" 350 milioni di euro di risorse della Regione per costruire una prospettiva diversa per quel territorio. E rispetto al Piano Sulcis, che esiste, che è una realtà, che è condiviso con il territorio, con le amministrazioni locali, credo sia doveroso, pensando agli appuntamenti che ci aspettano, chiedere al Governo di non battere cassa, in questo momento così delicato, con l'Alcoa perché restituisca i 300 milioni di euro, ma di cominciare a ragionare, insieme a noi naturalmente, su come questi soldi, che prima o poi arriveranno, possono essere spesi a favore del territorio. Quei 300 milioni devono infatti restare sul territorio.
Ma non è finita: noi abbiamo fatto tanto, dobbiamo e possiamo fare di più; l'Alcoa, soprattutto, ha fatto una parte del percorso, può e deve fare di più; il Governo ha fatto una parte del percorso, può e deve fare di più. Noi non ci accontentiamo e non ci accontenteremo. Perché la scadenza del 31 agosto, che tutti abbiamo condiviso, deve essere oggi rivista? Perché ci sono delle novità, perché il gruppo Glencore, com'è stato detto, ancora oggi manifesta disponibilità, e il 31 agosto è previsto un incontro che servirà proprio ad approfondire questa disponibilità, e perché la Regione non si è fermata alla programmazione degli interventi del Piano Sulcis, che guardano al futuro per quel territorio, ma guardano anche al presente, in quanto comprendono tutti gli interventi per completare l'infrastrutturazione di quel territorio, e quindi consentire a chi già opera in zona di farlo a condizioni più favorevoli, ma ha fatto di più, ha cioè svolto anche un'attività di scouting, che non le competerebbe, ma che era giusto fare. Da questa attività di scouting sono emerse altre possibilità, ci sono stati almeno altri due contatti con delle multinazionali che noi riteniamo importanti, o che comunque meritano un approfondimento, perché possono costituire un'ulteriore opportunità, un ulteriore sbocco. E allora basta questo motivo, cioè l'interesse della Glencore e di due nuovi soggetti, per chiedere all'Alcoa di fare di più e al Governo di sostenere questo tipo di impostazione, questo tipo di richiesta.
Ma l'impegno sul territorio, lo sapete tutti, non si ferma certamente all'Alcoa, perché senza l'Alcoa quel territorio muore, ma muore anche senza l'Eurallumina. E noi stiamo lavorando perché possano riaprire sia l'Eurallumina sia la ILA; è di questi giorni, come sapete, la notizia di questa concreta possibilità, che interessa anche la ex ALI, e del sostegno alla Portovesme Srl (gruppo Glencore), perché questa società esiste e continua a operare grazie soprattutto al sostegno che ha ricevuto dalla Regione. Ma la nostra idea, che è ben chiara e anche nota, non si ferma al Sulcis come polo industriale strategico, perché sono altrettanto strategici i poli di Ottana e Porto Torres, e noi stiamo lavorando per mantenere in piedi questo progetto industriale.
Oggi è in discussione una mozione che qualcuno ha detto serve a molto poco; non si nega a nessuno una mozione. Io credo che serva ad affermare tutti insieme, ancora una volta, la nostra volontà, perché lo dobbiamo a quei lavoratori, alle nostre famiglie, ai nostri figli; serve una volta ancora per dire: non facciamo la rincorsa, inutile e strumentale, delle responsabilità, ma uniamo le forze per poter ottenere un risultato, per poter essere autorevoli, per poter contare. Un singolo uomo o un singolo rappresentante di un'istituzione non conta come tale; conta un territorio, un popolo, questa Regione, se saremo capaci veramente di unire le forze e di far valere la nostra voce in quei contesti. E noi ci presentiamo senza timore reverenziale nei confronti di nessuno.
Nell'ultimo periodo abbiamo avuto occasione, più che di partecipare a degli incontri, di mandare l'ufficiale giudiziario al Governo della Repubblica italiana. Non ci spaventa la possibilità di uno scontro, non ci spaventa il confronto, siamo pronti a farlo a ogni costo. Credo che quella di oggi sia l'occasione giusta per unire veramente le forze e per prepararci a sostenere tutti insieme questo tipo di percorso. Plaudo alla proposta dell'U.D.C., che ritengo accettabile in particolare laddove invita a trovare il modo, anche sul piano dei passaggi formali, per affermare che dietro questa vertenza, dietro questa istituzione ci sono un'intera regione, una classe politica e una classe sociale che rivendicano ascolto e attenzione. E allora ben vengano gli ulteriori contributi, attraverso le migliori competenze possibili, perché certamente non vogliamo essere secondi a nessuno, e non credo che lo siamo stati fino ad oggi, in modo tale da non tralasciare assolutamente niente. Grazie.
PRESIDENTE. Poiché nessuno dei presentatori ha domandato di replicare, dichiaro chiusa la discussione. Procediamo alla votazione della mozione.
Ha domandato di parlare il consigliere Maninchedda per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.
MANINCHEDDA (P.S.d'Az.). Signora Presidente, voterò a favore della mozione, ma vorrei dire due cose all'onorevole Pittalis. Onorevole Pittalis, le tariffe in Italia purtroppo non sono affidate al libero mercato, ma sono largamente definite da oligopoli di Stato, per cui la questione del potere e della sovranità è legata alle tariffe. Per quanto riguarda l'energia questo è il vangelo! Se poi devo dimostrare un'altra volta a quest'Aula che questo è fondante, sono pronto a farlo e troveremo le occasioni per farlo, ma, mi creda, sulle tariffe ciò che dicono le istituzioni internazionali all'Italia è esattamente questo: c'è ancora un sistema oligopolistico o monopolistico che ci opprime.
Presidente Cappellacci, io l'ho ascoltata con interesse, però mi permetta di raccontarle, scherzosamente, che avevo un compagno di classe il quale dopo un litigio era solito dire: "Tenetemi, tenetemi, sennò gli faccio male!". Mi sembra che col Governo nazionale lei faccia altrettanto. Io non la tengo più, faccia quello che sa fare, ma mi permetta di ricordarle che con Tremonti ha sbagliato. Le sto dicendo che sta sbagliando con i colossi dell'energia e sbaglierebbe ad accettare le forme negoziali che propone l'onorevole Giampaolo Diana. Non è più il tempo. Lei deve entrare, a mio avviso, nell'ordine d'idee che o schiera le istituzioni della Sardegna in una contestazione di sovranità con lo Stato o verrà imbrigliato in una ragnatela negoziale che la ucciderà.
Io ho un gioco diverso in mente, onorevole Diana. Non credo più, mentre voi ci credete, nelle gerarchie burocratiche di partiti nazionali che ritengono di negoziare consenso col popolo collocandosi in una posizione intermedia rispetto alle decisioni romane, con cui voi avete molti rapporti. Non credo più a questo gioco e spero che nessuno dei parlamentari sardi venga rieletto, perché quello che è successo in questa legislatura è vergognoso! E non sono certamente nostri parlamentari!
Guardi, Presidente, i negoziati hanno bisogno sempre di una forza in campo, e in questo momento la Sardegna non è riconosciuta come soggetto forte, neanche per la sua progettualità. Le do un consiglio sul Piano Sulcis, di cui lei ha parlato: c'è un monte risorse, riprogrammiamolo, perché l'elenchino che avete presentato non è paragonabile alle esigenze di una crisi di questa portata!
PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Uras per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.
URAS (Gruppo Misto). Intervengo per dichiarare il mio voto ovviamente favorevole alla mozione, che ho peraltro sottoscritto, e anche per sollecitare il Presidente della Regione a interpretare nel modo più compiuto gli impegni che sono contenuti nella mozione, la quale nella premessa richiama gli ordini del giorno numero 76 e 80 del 2012 e numero 75, approvato a conclusione della discussione della mozione numero 161, a firma Porcu e più, sempre nel 2012.
Questo per dire che quella debolezza, che mi sono permesso di sottolineare, nei rapporti della Regione con lo Stato, e non solo con lo Stato, deve trovare una modalità di soluzione positiva. Se non si vede che c'è una Regione, una comunità regionale nel suo complesso decisa, noi non avremo la capacità, la forza di convincere gli altri che non si scherza più, che non possiamo pagare come stiamo pagando il prezzo di una crisi che nasce e si sviluppa per altri interessi in altri posti.
Ecco perché, Presidente, chiedo che si trovino le forme più adatte anche per adempiere l'ultimo punto della mozione, che prevede una sorta di seduta permanente del Consiglio regionale, pronto a intervenire e anche a drammatizzare lo scontro e il confronto con lo Stato in ragione di eventuali non positive evoluzioni della vertenza.
PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Dessì per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.
DESSI' (P.S.d'Az.). Dichiaro il mio voto favorevole alla mozione, ma questo non mi esime dal dare alcuni chiarimenti sul mio intervento perché, probabilmente condizionato dalla drammaticità di quello che sta succedendo nel Sulcis, sicuramente non ero molto sereno quando ho parlato.
Adesso che sono più sereno vorrei dire due cose importanti. Presidente, lei mi ha fatto avere dei capitoli del Piano Sulcis che io conoscevo benissimo. Non è sicuramente un piano industriale strategico della Sardegna; è un piano per il Sulcis e tra l'altro, come riporta la nota Cipe, è anche un piano commissariato, perché deve avere il vaglio di due ministeri. Quindi è un percorso non immediatamente spendibile, è un percorso abbastanza complicato. Ci sono poi il patto di stabilità e altre questioni per le quali credo dovremmo prendere posizioni serie e importanti rispetto a quello che mettiamo in campo. Il piano energetico, per esempio, sicuramente non è come quello sull'eolico, nel quale non è prevista una royalty per la Regione sarda, e tutto viene dato al più forte. Il fatto che non abbiamo ancora un piano energetico dimostra che probabilmente non siamo nelle condizioni di poterlo fare, e comunque non è sicuramente con le offerte turistiche a un emiro che dimostriamo capacità di sviluppo turistico in questo territorio, che potrebbe essere un'alternativa importante per il nostro sistema produttivo.
E' chiaro che su tutte queste questioni, come diceva l'onorevole Capelli, questo Consiglio non ha l'autorevolezza necessaria per essere ascoltato, anche nella semplicità a volte del linguaggio usato, che è diretto rispetto agli argomenti che tocchiamo, che non sono di facciata né sono banalità, come ho sentito dire dall'onorevole Pittalis. L'ho annotato perché l'ha detto, probabilmente non lo intendeva nel vero senso della parola, oppure ho inteso male io. Resta chiaro che l'indipendenza è un modo per essere autonomi rispetto a determinate decisioni.
Evidentemente sarà difficile che tutte le questioni che noi stiamo rivendicando possano essere condivise nella loro interezza. Nessuno ha messo in dubbio, signor Presidente della Regione, Assessore, il vostro impegno e la vostra correttezza morale rispetto agli impegni che si è cercato di portare avanti, ma i risultati sono quelli che sono. Di fronte a questi risultati voglio solo ricordare - è la mia opinione personale e cerco di esporla velocemente perché il tempo sta scadendo - che i pescatori di Teulada hanno fatto in modo che si interrompessero le esercitazioni militari e hanno ottenuto un risultato. In questo caso se noi blocchiamo la fabbrica non otteniamo nessun risultato, ma possiamo intervenire sui punti deboli di questo Governo, ovvero dove fa cassa in Sardegna: l'Enel e forse anche le servitù militari, attorno alle quali ruotano grossi interessi.
PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Cocco Pietro per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.
COCCO PIETRO (P.D.). Ovviamente voterò a favore della mozione, però non posso non dire che questa vicenda, compresa la mozione, mi lascia l'amaro in bocca. E ancora più amaro in bocca mi lasciano le parole del Presidente, non perché non abbia cercato di spiegare le ragioni di questa vertenza, ma perché mettere insieme cento vertenze per non risolverne neanche una è un tentativo maldestro per cercare di deviare le questioni.
Noi abbiamo un'urgenza, che è quella dell'Alcoa. Volutamente oggi abbiamo messo all'ordine del giorno esclusivamente la vertenza Alcoa perché il 3 settembre la fabbrica chiuderà i battenti, le celle elettrolitiche verranno spente e noi abbiamo bisogno di sapere che cosa questo Consiglio regionale è chiamato a fare nei prossimi giorni, nelle prossime ore, e che cosa è chiamato a fare il Presidente della Regione con la sua Giunta, da qui a quella data, per sapere quale sarà la sorte di quella fabbrica. Bene, le cose le abbiamo dette e non sono parole al vento, al contrario di come, secondo me anche in questo caso in maniera maldestra, ha detto il Presidente. Sono affermazioni che non vanno assolutamente fatte, perché ognuno cerca di portare un contributo positivo a questa vicenda.
Chiedo espressamente alla Presidenza del Consiglio di fare in modo che questa seduta permanente possa tradursi nella possibilità per ognuno di noi di conoscere gli sviluppi, ora per ora, della situazione, altrimenti non si risolverà assolutamente niente, altrimenti sarà vero che questo Consiglio regionale è convocato soltanto per discutere una mozione che rimarrà sulla carta, che non produrrà effetti concreti rispetto alla possibilità che quella fabbrica abbia uno sviluppo futuro, e rimarranno esclusivamente sulla carta anche le proposte che sono state fatte.
Pretendo di poter svolgere il mio ruolo nel migliore dei modi e di essere messo a conoscenza, passo dopo passo, delle cose che verranno portate avanti. Ora ci sono degli sviluppi, sono state fatte delle assemblee nei territori, con i sindacati e con le rappresentanze delle categorie, è stata messa in piedi una strategia d'intervento, per cui l'Esecutivo regionale non può limitarsi ad accompagnare ancora una volta i lavoratori al ministero o a Palazzo Chigi. Non può essere questo il ruolo della Regione. Ci deve essere un ruolo attivo e propositivo da parte di coloro che hanno un'idea di ciò che si deve fare e io devo essere messo al corrente della situazione e devo poter dare il mio contributo perché si possa procedere nel migliore dei modi.
PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Capelli per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.
CAPELLI (Sardegna è già Domani). Presidente, voterò a favore della mozione perché farà altrettanto il collega Uras. Ho fiducia nel collega Uras, perciò voterò questa mozione. Continuo a sostenere che servirà a ben poco, ma è comunque un atto politico unitario del Consiglio regionale, pur con dei distinguo, perché finora ho sentito dire: "Votiamo la mozione, ma…". Ma non ho fiducia in questa Giunta. Quando il Presidente della Regione poteva sollecitare i deputati della maggioranza a sfiduciare il presidente Berlusconi qualora non fosse intervenuto per la vertenza entrate, per la vertenza industria, per la vertenza trasporti, come altri hanno fatto a Roma per la deroga al patto di stabilità, come hanno fatto i deputati siciliani facendo pesare i loro sette od otto voti utili per ottenere la maggioranza, i nostri deputati, o meglio i vostri deputati si sono allineati con il Governo. E adesso ce la prendiamo con Monti!
Collega Salis, io sono ben felice di appartenere invece a un partito che sostiene il Governo Monti. Se lei ha qualche problema venga pure da noi e avrà l'opportunità di sostenerlo, ma colgo sicuramente la sfumatura del suo intervento e credo che ognuno di noi debba intervenire presso i propri partiti nazionali, perché quello del Sulcis è un problema nazionale, come giustamente è stato detto, al pari di quello dell'Ilva e di altre problematiche nazionali. Il Presidente della Regione Puglia si è immediatamente attivato, è stato autorevole ed è stato ricevuto dal Governo, insieme al Sindaco di Taranto, per cercare di risolvere il problema Ilva. Però lì c'è un'unità vera.
Con simpatia, agli amici del Partito sardo chiedo: sono totalmente d'accordo con voi, io però voto contro questa Giunta, voi invece ne fate parte, quando vi deciderete a essere coerenti e conseguenti?
PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Mario Diana per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.
DIANA MARIO (Sardegna è già Domani). Signora Presidente, intervengo molto brevemente per annunciare, ovviamente, il voto favorevole a questa mozione, ma inviterei i colleghi a verificare quante note stampa sono "spuntate"!
(Interruzione de consigliere Maninchedda)
DIANA MARIO (Sardegna è già Domani). No, onorevole Maninchedda, sia l'Enel che il Ministero si sono immediatamente attivati. Tra l'altro l'Enel dice una cosa che va in controtendenza con quello che dice lei, non perché io creda all'Enel ovviamente, certamente credo a lei. Sull'Enel leggo: "Quanto infine ad Alcoa l'Enel ricorda che grazie ai meccanismi previsti dalle norme vigenti" - sottolineo grazie - "essa si approvvigiona di energia elettrica a prezzi in linea con la media europea per il settore dell'alluminio". Lei ha detto che non è così, tutti noi sosteniamo di pagare l'energia elettrica diversamente da quanto fanno le altre Regioni, ma l'Enel dice che non è così. Dice il Ministero: "Il Piano per lo sviluppo del Sulcis, proposto da Regione e Provincia, è ora all'esame delle strutture tecniche del Ministero dello sviluppo. E' una buona base di partenza, lo afferma in una nota lo stesso Mise sottolineando che venerdì prossimo…", eccetera. E' una buona base di partenza? Presidente, di che cosa stiamo parlando? Qua siamo alla frutta, altro che buona base di partenza! Ma quale base di partenza! I 340 milioni di euro impegnati dalla Regione sono la base di partenza, e tutto il resto? Di che cosa vogliamo parlare?
PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Salis per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.
SALIS (I.d.V.). Signora Presidente, anche per rassicurare il collega Capelli, voterò convintamente a favore della mozione, anche perché nel mio precedente intervento ho indicato la necessità di legarci strettamente a un impegno, a una partecipazione, a una lotta - uso questo termine perché è significativo e si lega perfettamente alla vicenda che stanno vivendo i lavoratori - che deve vederci impegnati perché una soluzione possa essere raggiunta. Per partecipare in maniera convinta a questa lotta dico anche che sono disposto, provvisoriamente, ad accantonare i dubbi sulle capacità sia del Governo nazionale che del Governo regionale.
Quando ho detto che per la prima volta avrei voluto che la mia forza politica fosse al Governo, intendevo dire che manca nell'opposizione sia al Governo Cappellacci che al Governo Monti il peso politico per poter incidere. Il sottosegretario De Vincenti, infatti, conta molto di più del presidente Di Pietro, che è all'opposizione, perché le leve del Governo sono utilizzate dai membri del Governo.
Io sono convinto che la vertenza Alcoa sia molto più drammatica e disastrosa dei rischi del chinotto venduto nei bar. Capisco che ci sia la necessità di fare cassa, ma l'emergenza lavoro e sviluppo è prioritaria. Presidente, io vorrei che lei aiutasse il presidente Monti ad aprire la cosiddetta "fase 2", quella dello sviluppo e del lavoro. Quale migliore occasione che questa vicenda per valorizzare e salvaguardare il tessuto industriale di una tra le regioni più povere della Sardegna? Questa è la domanda che pongo a lei e a quest'Aula, con l'impegno, da parte mia e del mio Gruppo, di continuare nella battaglia perché questo tessuto industriale possa essere salvato e anzi l'Alcoa in primis possa continuare a sviluppare la sua attività positiva per il tessuto sociale del Sulcis, ma anche di tutta la Sardegna. Grazie.
PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Giampaolo Diana per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.
DIANA GIAMPAOLO (P.D.). Confermo il voto favorevole del Partito Democratico e nel far questo, presidente Cappellacci, vorrei declinare i due dispositivi finali di questa mozione la impegnano. La prima parte credo debba essere assunta da lei in questi termini: è stato sottolineato da tutti gli intervenuti, lo sollecita nelle forme possibili anche la mozione, il fatto che il presidente Monti deve intervenire in prima persona, perché questa vertenza non può più essere condotta come è stata condotta finora. Ciò non significa che il contributo dato sinora dai rappresentanti del Governo non sia stato importante, però non ha sortito i risultati attesi. E' necessario, soprattutto per gli interlocutori esteri, che ci sia il massimo impegno da parte del Governo nazionale al più alto livello. E questa è una garanzia che può offrire soltanto il Presidente del Consiglio dei ministri, non il Ministro personalmente e nemmeno il Mise. Il presidente Monti deve innanzi tutto dire all'Alcoa, assessore Zedda, che gli impianti non si fermano. Questa società si deve assumere (glielo deve chiedere il presidente Monti, perché finora non è bastato che glielo chiedessero altre persone) una responsabilità sociale, non può tirarsi indietro dopo tutto quello che ha ottenuto dal Governo italiano e dalla Sardegna. L'Alcoa non può sottrarsi a questo impegno.
Infine, presidente Cappellacci - ho un minuto e spero di poter esplicitare al meglio il concetto - se malauguratamente le cose non andassero nel verso giusto, lei deve sollecitare un intervento straordinario attraverso una legge. So che non è il momento migliore, però serve una legge che metta a disposizione uno strumento straordinario per impedire la chiusura degli impianti Alcoa. Questo è l'impegno che noi chiediamo. Come diceva Pietro Cocco, chiediamo anche di essere informati costantemente. Si può fare, non è impossibile; non è il momento ideale, ma si può fare. Speriamo non serva, ma dovremo mobilitare tutti, i parlamentari sardi, il Presidente del Consiglio, la Giunta. Su questo possiamo arrivare anche alle barricate istituzionali. Certo, lo dico simpaticamente, non è quello che chiede Paolo Maninchedda, ma è già qualcosa!
PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il Presidente della Regione Cappellacci per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.
CAPPELLACCI (P.d.L.), Presidente della Regione. Dichiaro il mio voto favorevole e conseguentemente assumo un impegno, oltre che per rispetto della mozione nel suo aspetto sostanziale, anche facendo riferimento a un messaggio che ho ricevuto da chi sta dall'altra parte e sulla cui pelle si sta giocando questa vicenda, ovvero i lavoratori direttamente interessati. Uno di loro mi ha detto: "Sappiamo ciò che state facendo, non mollate". L'impegno che io assumo stasera davanti a loro è proprio quello di non mollare.
PRESIDENTE. Indico la votazione nominale, con procedimento elettronico, della mozione numero 201.
(Segue la votazione)
Prendo atto che i consiglieri Artizzu, Cappellacci, Cossa e Rodin hanno votato a favore.
Rispondono sì i consiglieri: Agus - Amadu - Artizzu - Bardanzellu - Biancareddu - Bruno - Campus - Capelli - Cappai - Cappellacci - Cocco Daniele - Cocco Pietro - Contu Felice - Contu Mariano - Corda - Cossa - Cucca - Cuccu - Cuccureddu - Cugusi - De Francisci - Dedoni - Dessì - Diana Giampaolo - Diana Mario - Espa - Fois - Greco - Lai - Locci - Lombardo - Lotto - Lunesu - Manca - Maninchedda - Mariani - Meloni Francesco - Meloni Valerio - Milia - Moriconi - Mula - Mulas - Oppi - Petrini - Piras - Pittalis - Planetta - Porcu - Randazzo - Rassu - Rodin - Sabatini - Salis - Sanjust - Sanna Giacomo - Sanna Gian Valerio - Sanna Paolo - Sechi - Solinas Antonio - Solinas Christian - Steri - Stochino - Tocco - Uras - Vargiu - Zedda.
PRESIDENTE. Proclamo il risultato della votazione:
presenti 66
votanti 66
astenuti 0
maggioranza 34
favorevoli 66
contrari 0
(Il Consiglio approva).
Convoco la Conferenza dei Capigruppo. La seduta è sospesa.
(La seduta, sospesa alle ore 20 e 25, viene ripresa alle ore 20 e 44.)
PRESIDENTE. I lavori odierni si concludono qui. Il Consiglio è riconvocato per domani mattina, alle ore 10 e 30, mentre alle ore 10 è convocata la Conferenza dei Capigruppo.
La seduta è tolta alle ore 20 e 45.
[PS1]33/45 del 31/7/12
[PS2]limitata a Sicilia e Sardegna (di fatto inventata per Alcoa, unico soggetto con i requisiti richiesti presente nelle due isole); concede un bonus elevatissimo a vantaggio dell'azienda che permette in ogni momento di staccare per brevi periodi la metà della potenza impiegata.
[PS3]Attività finalizzata alla raccolta e verifica delle informazioni di natura patrimoniale, finanziaria ed economica di un'azienda
[PS4]Quotazioni del London Metal Exchange