Seduta n.5 del 03/04/2014
V SEDUTA
(POMERIDIANA)
Giovedì 3 aprile 2014
Presidenza del Presidente Gianfranco GANAU
indi
del Vicepresidente Antonello PERU
Indice
La seduta è aperta alle ore 16 e 04.
FORMA DANIELA, Segretaria, dà lettura del processo verbale della seduta del 27 marzo 2014 (2), che è approvato.
PRESIDENTE. Comunico che i consiglieri regionali Gaetano Ledda, Gavino Manca e Valter Piscedda hanno chiesto congedo per la seduta pomeridiana del 3 aprile 2014.
Poiché non vi sono opposizioni, i congedi si intendono accordati.
Continuazione della discussione sulle dichiarazioni programmatiche del Presidente della Regione
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la continuazione della discussione sulle dichiarazioni programmatiche del Presidente della Regione.
E' iscritto a parlare il consigliere Lorenzo Cozzolino. Ne ha facoltà.
COZZOLINO LORENZO (PD). Presidente, le recenti elezioni che hanno rinnovato il Consiglio regionale costituiscono un'occasione per una approfondita riflessione. In primis occorre valutare l'alta percentuale di astensionismo che mina le fondamenta del nostro sistema democratico regionale basato sulla sovranità popolare espressa attraverso la partecipazione al voto. I sardi, Presidente, attendono un'amministrazione regionale che sappia ascoltare, comprendere e affrontare con coraggio i problemi e le aspettative della Sardegna, custodendo e rivendicando la sua specialità anche sotto il profilo giuridico e che si impegni per trasformare la condizione attualmente sfavorevole dell'insularità in una risorsa di positiva opportunità.
La condizione di insularità, ahimè, deve però poter costituire un presupposto irrinunciabile con il riconoscimento di specifiche condizioni di autonomia impositiva in quanto identifica la Sardegna come spazio fisico, sociale e culturale chiaramente distinto rispetto alla continuità del territorio dello Stato. Questa condizione va assunta e deve essere declinata come un valore, quindi necessita di autonomia di governo per la tutela e la conservazione delle proprie specificità culturali e politiche.
A seguire, il dramma economico e sociale che attanaglia l'Isola deve vedere l'attuale maggioranza di Governo regionale farsi carico di promuovere azioni tese a cementare la necessaria coesione tra le persone, i territori e le istituzioni, privilegiando la ricerca del bene comune a partire dall'attenzione per chi soffre maggiormente. Umanizzare l'azione di governo ponendo la persona e i suoi intangibili valori al centro dell'assolvimento della funzione pubblica costituirà il primo valido segnale del ritorno della politica vicino, e attenta, alle esigenze dei cittadini e non più arroccata nei palazzi, attenta solo alla gestione del potere.
A tal fine sarà necessario dare priorità alla soluzione dei problemi del lavoro e della lotta alla povertà, stando costantemente vicini alla gente. Una società come la nostra, dove il diritto al lavoro sembra vanificato, pone a serio rischio la sua legittimazione etica e la pace sociale.
E' indubbio, quindi, che il problema più preoccupante per la nostra Isola è quello del lavoro. La grave crisi occupazionale è sotto gli occhi di tutti e ha specifici risvolti drammatici in riferimento all'età, ai ruoli e alle responsabilità familiari e sociali. In Sardegna la storia delle attività lavorative negli ultimi decenni è stata accompagnata da svariati elementi di criticità. Il mercato globalizzato ha messo sempre più in evidenza le difficoltà e i ritardi dell'economia sarda. Il mancato riconoscimento dello stato di insularità non ha consentito di recuperare, fino a oggi, le diseconomie che condizionano i processi produttivi, con il costo dei trasporti e dell'energia, i ritardi nella infrastrutturazione delle reti e dei servizi che, rispetto al resto d'Italia, rendono poco competitive tutte le attività produttive, specialmente quelle industriali.
La crisi finanziaria ed economica, con le sue gravi conseguenze sulla vita sociale, ha collocato la nostra Isola in uno stato di eccezionale precarietà, aggiungendo nuove povertà alle vecchie. Le tipologie della disoccupazione sono tantissime e tutte molto drammatiche. Pensiamo innanzitutto ai lavoratori dipendenti delle aziende in crisi, l'impatto angosciante della situazione precaria su di essi e sulle loro famiglie è evidente. Le tensioni tolgono la serenità, le trepidazioni per gli impegni assunti, spesso a lunga scadenza, portano allo sgomento e talvolta alla paura di vivere. Come può una persona adulta che abbia il senso della responsabilità vivere alla giornata e non sapere oggi se potrà ancora realizzare domani, fino in fondo, i propri compiti, onorare le proprie responsabilità, procurare il pane per i propri figli?
Anche per coloro che vengono sostenuti da ammortizzatori sociali la sofferenza è continua e angosciante: quale senso nuovo dare alla vita? Ma sono ormai numerosissimi coloro che nell'attività lavorativa non sono mai entrati o stanno invecchiando nella disoccupazione. Troppi giovani adulti con le loro famiglie sono costretti a fare affidamento unicamente sulle pensioni, normalmente molto esigue, dei genitori anziani. Quando avranno la possibilità di fare per la propria vita un progetto a lungo termine?
Purtroppo la preoccupazione più assillante riguarda il futuro della gioventù che ha innanzi un mondo senza speranza. Diversi indicatori confermano come la nostra Isola sia un territorio tutt'altro che a misura delle giovani generazioni, risultando incapace di valorizzare i loro talenti e non affidando loro significative quote di partecipazione e responsabilità. Si stanno sempre più sviluppando forme di occupazione precaria che costituiscono la principale modalità di ingresso nel mondo del lavoro. Ciò si traduce in una instabilità senza possibilità di futuro con importanti ripercussioni, sotto il profilo psicologico e morale, sui progetti di vita personali e familiari.
Una precarietà che nelle donne diventa strutturale e continua a incidere sulla propensione procreativa: ci si sposa sempre meno, si hanno sempre meno figli, si progetta sempre meno e sempre più tardi si intravede un futuro autonomo. Occorre dare fiducia ai nostri giovani, hanno tante doti e capacità che noi adulti purtroppo non sappiamo riconoscere e valorizzare. Non dobbiamo considerarli solo oggetto di informazione, ma veri protagonisti della propria crescita in un autentico rapporto educativo. Sono loro il nostro futuro.
Preoccupa purtroppo la crescente realtà della nuova emigrazione in particolare quella giovanile, ne deriva inevitabilmente un calo di presenze attive nell'organizzazione del lavoro e l'impoverimento non solo demografico dell'isola soprattutto delle zone interne. E' comunque importante considerare che se da un lato l'immigrazione è conseguenza di una realtà sociale incapace di valorizzare le potenzialità dei giovani, d'altra parte non è corretto scoraggiare a priori una fisiologica mobilità per studio e opportunità di ascesa sociale purché si tratti di scelte fatte in piena libertà.
Una grande responsabilità è affidata all'istituzione scolastica a tutti i livelli; essa ha da ripensare continuamente, nell'ambito della sua struttura e nell'impiego di tutti coloro che vi operano, i propri obiettivi per giungere a offrire ai ragazzi e ai giovani un'educazione integrale che dia loro la possibilità di proporsi criticamente, superando ogni ideologismo, e di diventare capaci di progettualità utili al loro bene personale e a quello di tutta la società. Oltre a un rinnovato impegno degli operatori scolastici bisognerà lavorare per incrementare positivamente significative alleanze educative anzitutto con la famiglia e con il mondo del lavoro ma anche con chiunque (persone e associazioni) abbia a cuore la crescita integrale dei giovani.
Solo attraverso questa alleanza potremo superare il fenomeno degli abbandoni e della dispersione scolastica; se non si interviene efficacemente a eliminarlo e annullare questo fenomeno, rischiamo una generazione di giovani non motivati e impreparati a dare il proprio contributo specifico alla crescita della società. Mi sembra, per concludere, anche urgente ripensare al problema della formazione e del lavoro; è diffusa la denuncia dello scollamento tra istituzione scolastica e mondo del lavoro oltre che la consapevolezza di una grave carenza nell'organizzazione della formazione professionale.
Aldilà dell'importanza della formazione tecnica appare necessario formare i giovani a una cultura del lavoro, ad affrontare il lavoro con coscienza e responsabilità, non solo come opportunità economica a sostegno del proprio progetto di vita ma anche come vera occasione di crescita personale e di contributo da offrire allo sviluppo del bene comune. Questo è il compito che ci attende e, per quanto difficile possa apparire, dobbiamo dedicarci a esso con tutto noi stessi per creare fiducia nel domani e nei giovani e offrire le migliori condizioni per una serena e pacifica convivenza del nostro popolo.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Antonello Peru. Ne ha facoltà.
PERU ANTONELLO (FI). Signor Presidente del Consiglio, signor Presidente della Giunta, Assessori, colleghe e colleghi, il problema non è capire se la campagna elettorale sia terminata o meno, il problema è comprendere se abbiamo davanti a noi un Presidente della Regione all'altezza del suo compito o all'altezza delle gravi emergenze che sconquassano la nostra terra. E mi scuserà l'onorevole Pigliaru se, con spontaneità, affermo che le sue dichiarazioni programmatiche sono state una grande delusione. E' deludente il modo di rapportarsi alle grandi questioni insolute che flagellano l'isola, ed è deludente scoprire che il professor Pigliaru non è stato in grado di indicare una strada per dare speranza ai sardi e far uscire la Sardegna dal tunnel infinito di questa crisi lunga e difficile.
Potrei aggiungere che le dichiarazioni programmatiche del presidente Pigliaru rivelano l'esatta misura dell'inconsistenza politica della sua attuale maggioranza. Una coalizione che dimostra di non avere un'idea di Sardegna, una visione del futuro e che sembra voler ritornare là dove Soru l'aveva lasciata. Le ruspe che buttano giù le case a La Maddalena e la cancellazione della delibera sul Piano paesaggistico regionale sono una concomitanza e una casualità che però danno la rappresentazione plastica di un ritorno a quel "talebanismo" ambientale che tanti danni ha causato all'economia della nostra terra.
Mi chiedo infatti su quali basi concrete, dopo quali approfondimenti e a seguito di quali confronti si sia deciso di buttare a mare un nuovo PPR, un lavoro immane durato cinque anni con l'obiettivo di aggiornare e correggere il PPR sulle basi delle indicazioni dei sindaci, degli operatori; un Piano che aveva dentro anche il tanto demonizzato Piano casa che, da solo, aveva rimesso in moto oltre 200 milioni di euro nel settore chiave dell'edilizia dando la possibilità di ottenere oltre 30 mila concessioni e autorizzazioni edilizie. Il significato della vostra scelta è stato che dovevate riprendere in mano la clava del PPR e darla in testa ai vostri avversari con buona pace dello sviluppo, della crescita e dell'occupazione della Sardegna.
Questo era il centrosinistra dieci anni fa ai tempi di Soru, questo è il centrosinistra di Francesco Pigliaru oggi alla guida della Regione, un presidente e una coalizione con lo sguardo rivolto indietro per due volte; una prima volta per ricercare le responsabilità del presente in capo a chi li ha preceduti e poi, guardando ancora più indietro, per riconnettersi all'era di Renato Soru come se i sardi non avessero già bocciato quel programma e quell'azione di governo fallimentare per la nostra Sardegna.
Dov'è infatti la visione del futuro del presidente Pigliaru? Non può essere certo rappresentata dall'annunciata modifica delle leggi che regolano l'amministrazione pubblica o dall'impegno, in prospettiva, a costituire l'Agenzia delle entrate sarde. E' vero, non dobbiamo fare ricorso alle facili proposte demagogiche, ma non possiamo evitare di pretendere dal Presidente della Regione almeno un'enunciazione chiara delle azioni concrete che intende mettere in campo per affrontare le nostre grandi emergenze; sottolineo che senza un serio e credibile progetto di governo al Presidente che ci dice che la Sardegna, per rialzarsi, deve fare nuovi e più grandi sacrifici mi viene da rispondere: "stia sereno, presidente Pigliaru, perché preferiamo stare seduti".
Infatti, alle volte, un salto all'indietro è persino peggio di un balzo nel vuoto e di vuoti, nelle dichiarazioni programmatiche del Presidente, ce ne sono fin troppi, manca persino l'elenco dei temi chiave dell'autonomia, dalla revisione dello Statuto all'Assemblea costituente, dal federalismo al rapporto fra la Sardegna e l'Europa mentre, al contrario, è chiaro quale sarà il rapporto che questo governo regionale intende avere col governo nazionale, un rapporto fatto di aperture di tavoli anche quando i tavoli sarebbe più utile rovesciarli addosso a chi non rispetta le intese e tiene in cassa i denari dei sardi.
Serve a poco ripetere che non ci sono governi amici o governi nemici, serve invece, e anche molto, spiegare quali siano i reali obiettivi e le priorità del governo regionale davanti alle tante vertenze con lo Stato. Ma nelle dichiarazioni del presidente Pigliaru una cosa invece è scritta molto chiaramente, ed è che la Sardegna farà la sua parte per contribuire al risanamento del debito pubblico italiano che anche noi, così dice il Presidente, abbiamo contribuito a formare negli anni passati. Quindi continuiamo a trasferire soldi a Roma! La minaccia del Presidente mi ricorda troppo da vicino quel patto scellerato sottoscritto con Prodi quando, in cambio della promessa di maggiori entrate, Soru e Pigliaru hanno caricato sulle spalle dei sardi i costi enormi della sanità e dei trasporti.
Quell'intesa istituzionale, caro Presidente, è diventata la madre di tutte le vertenze con lo Stato e lei, signor Presidente, quando era solo un Assessore di Soru ha dimenticato anche di rivedere quei limiti di spesa che oggi, nelle dichiarazioni programmatiche, definisce urgente e necessario adeguare. La questione della revisione del Patto di stabilità infatti è nata allora, perché solo allora doveva essere discussa, affrontata e risolta con lo Stato italiano. Nel frattempo, però, il mancato trasferimento dei fondi alla Regione e l'impossibilità di spendere quei pochi che abbiamo in cassa per via del Patto di stabilità sono tra le cause di quello che lei definisce lo scivolamento all'indietro della Sardegna in questi ultimi anni.
Concordo con lei, signor Presidente, ma mi sembra evidente che tra quelli che nelle dichiarazioni programmatiche sono definiti mal governanti (e moltiplicatori degli effetti della crisi), alla luce del suo precedente operato, il suo nome abbia il titolo per starci bene dentro, così come la volontà, le trattative impossibili che sembrano caratterizzare anche quella parte delle dichiarazioni programmatiche che riguardano il settore strategico dei trasporti marittimi.
Anche su questo il problema non è rappresentato dal mostrarsi disponibili o no al confronto per rivedere la convenzione della Tirrenia, il problema è capire quale sarà l'atteggiamento della Regione nei confronti di chi detiene la Tirrenia, cioè quale sarà l'atteggiamento verso quegli armatori che hanno imprigionato i sardi e affossato il settore turistico con tariffe di rapina e pratiche commerciali sanzionate dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato. A poco servirà replicare che la flotta sarda è stata bocciata dall'Europa, perché se la difesa del diritto dei sardi alla continuità territoriale passa per i rimbrotti del Commissario europeo io dico ben vengano i rimbrotti, al diavolo i commissari europei! Così come se la firma della nuova convenzione con la Tirrenia significa la resa della Regione alle compagnie private dei padroni della CIN dico che è meglio combattere la Tirrenia e anche la CIN!
Non critico certo i toni pacati utilizzati dal Presidente nel corso del suo intervento. Critico invece l'assenza di un'anima sarda nel documento che segni l'avvio di questa legislatura. Un documento con tante omissioni pericolose che danno il senso dell'improvvisazione piuttosto che della programmazione futura. Come può definirsi un documento che non dedica neppure una riga alla terra; a chi la terra la lavora e a chi dai prodotti della terra vive?
Dove sono, signor Presidente, i pastori nelle dichiarazioni lette da lei in Aula, dove ha nascosto gli agricoltori, dove sono finiti i minatori, dove ha messo gli operai, dove ha messo la sua e la nostra gente che soffre? Dove ha dimenticato i nostri emigrati, quelli sardi nel mondo che da lontano ci guardano e aspettano un segno di attenzione dalla nostra terra? Tutto ciò che è l'identità di questa terra, del nostro popolo, è stato trascurato! Dove è finita la lingua sarda? Dov'è la difesa della nostra specialità in tempi in cui sono concrete le minacce di cancellazione, se ne sta parlando in queste ore al Senato, delle regioni a Statuto speciale?
Ma le omissioni del Presidente si fanno ancora più pericolose quando tace sui temi strategici per lo sviluppo; ad esempio quando tace sulla situazione del credito in Sardegna, proprio mentre le imprese soffocano, le famiglie annaspano, le banche sarde scompaiono tra le nebbie emiliane! E che dire sull'energia? Non c'è una proposta per ridurre la bolletta energetica sarda, mentre nei giorni scorsi la Giunta ha applaudito l'impugnazione da parte del Governo della norma che tagliava il costo della benzina in Sardegna. Una norma definita da noi sacrosanta che restituiva ai sardi la quota parte delle accise calcolata sul carburante prodotto nell'isola e non già sul consumo della benzina in Sardegna. E' difficile comprendere come tale norma possa definirsi irrealizzabile e demagogica mentre sono certe le penalizzazioni che continueranno a subire le imprese e le famiglie sarde.
E' vero, la Sardegna ha bisogno di dialogo e di confronto per crescere, ma oggi ha bisogno soprattutto di un Presidente che dimostri di non assecondare o temere il rigurgito centralista dallo Stato italiano. Questo è il banco di prova che rischierà di far saltare il banco di centrosinistra di Francesco Pigliaru al governo della Regione, un banco politico intendo; e la sottolineatura non è casuale visto che su un altro tipo di banco si poggia metà di questa Giunta e una grande fetta di questa maggioranza.
La nostra sfida a questa Giunta resta tutta incentrata sulla politica e sulle cose da fare, la prima delle quali è la Zona franca integrale: l'unico grande progetto per fare della Sardegna una terra di commercio e di sviluppo, l'unica grande proposta capace di azzerare, attraverso le opportune politiche fiscali, il gap che ci separa dal resto del mondo. Per noi, cari colleghi, la Zona franca è oggi, più di ieri, lo strumento irrinunciabile per restituire competitività alle imprese, innalzare il livello del prodotto interno della Sardegna che rappresenta la condizione necessaria per attivare quel meccanismo virtuoso di gettito e investimenti a fronte della riduzione della pressione fiscale.
La Sardegna sulla Zona franca, questa Sardegna, non parte sicuramente da zero; la legge è stata approvata dal Consiglio regionale, esistono positive interlocuzioni con Bruxelles, ma la cosa più importante è che c'è una fortissima condivisione popolare, manca solo una cosa: la volontà politica del centrosinistra ad aprire un confronto senza pregiudizi su un tema chiave che segnerà il futuro della Sardegna perché senza la Zona franca, colleghi, non c'è futuro di sviluppo e lavoro in una terra che paga il prezzo dell'insularità e dell'alto costo dei trasporti e dell'energia.
Noi oggi, e mi avvio a concludere, offriamo un confronto sulla Zona franca e su tutte le battaglie che meritano di essere combattute insieme perché battaglie di popolo e non di schieramento; noi l'abbiamo sempre detto: leviamoci la "maglietta" sulle battaglie di popolo e non dividiamoci. Ma oggi vogliamo rimarcare prima di tutto la distanza e la diversità che ci separano da questa maggioranza; cari colleghi, con la nostra minoranza, a iniziare dai grandi temi, si può dialogare, a patto che si abbandoni la visione padronale della cosa pubblica e senza dimenticare mai una cosa essenziale, e cioè che anche se abbiamo perduto le elezioni per effetto della legge elettorale la maggioranza dei sardi ha deposto nel centrodestra la sua speranza.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Augusto Cherchi. Ne ha facoltà.
CHERCHI AUGUSTO (Soberania e Indipendentzia). Presidente, onorevoli colleghi, presidente Pigliaru, come "Partito dei sardi" riteniamo di condividere le impostazioni generali della sua relazione programmatica, condividiamo in particolare l'approccio non più ristretto ad analizzare singoli aspetti rilevanti ma da definire, come da lei ribadito, con il lavoro costante delle Commissioni e del Consiglio. Condividiamo in particolare l'approccio pragmatico alla riforma della Regione, relativamente sia alla sua struttura organizzativa che all'organizzazione del personale e della classe dirigente.
Il Partito dei sardi, fin dalla sua recente costituzione, ha chiesto ai sardi di farsi partecipi di una politica capace di uscire da una rassegnata navigazione a vista per fare rotta verso una meta ambiziosa e necessaria al contempo: la costituzione dello Stato sardo da attuarsi attraverso un'azione di governo forte costituita da grandi riforme strutturali, da iniziative coraggiose e da un nuovo protagonismo della nazione sarda nell'esercizio della sovranità. Lei, Presidente Pigliaru, attraverso il programma di governo della coalizione e nella campagna elettorale si era fatto interprete di molti di questi punti da noi proposti; punti che oggi, poiché li ritroviamo sottoscritti e sottolineati nelle dichiarazioni programmatiche, ci portano a confermare il nostro convinto appoggio.
Pensiamo innanzitutto al superamento dell'idea che esistano governi amici, che è il primo presupposto per difendere l'unica cosa veramente prioritaria: il diritto dei sardi. Pensiamo alla lotta contro il neocentralismo e alla proposta di riforma del Titolo V, avanzata dal Governo Renzi; noi siamo pronti a confrontarci sulla competizione col Governo italiano e sulla responsabilità all'autogoverno. Pensiamo alla necessità di ridiscutere la vertenza delle entrate e ridisegnarla su basi nuove, un'esigenza vitale se vogliamo dare una risposta concreta ai sardi e riavviare una proposta economica per la Sardegna. Prospettiva nuova e costruttiva che deve permettere di avere il controllo di quelle risorse che sinora sono state troppo spesso soggette ad arbitrio.
La costituzione dell'Agenzia sarda delle entrate, su cui ha ribadito il suo impegno, consentirebbe infatti di recuperare risorse ingenti e avere certezza della loro disponibilità e gestione. Si potrebbero avere così strumenti per il controllo dei flussi, indirizzando la macchina regionale ad atteggiamenti responsabili nei confronti della ricchezza prodotta. Questi strumenti consentirebbero di programmare e finanziare le nostre politiche senza ricorrere a indebitamenti, esercitando una politica di governo competente ed efficace, che lei e noi tutti auspichiamo, per arrivare alla vera qualità istituzionale.
L'Agenzia ci consentirebbe inoltre di andare incontro al nostro sistema produttivo, pagando con rapidità le nostre imprese e costruendo un sistema di partecipazione fiscale a nostra misura, più giusto ed efficiente, che contrasti la desertificazione economica che crea un ambiente sfavorevole a chi vuole investire e lavorare nella nostra terra. Così pure non possiamo che accogliere con spirito costruttivo e impegno istituzionale alcuni punti fondanti del suo programma di governo, come la necessità di ricontrattare i limiti di spesa imposti dal Patto di stabilità, l'investimento sulle infrastrutture materiali e immateriali, la vertenza sui trasporti e sulla continuità territoriale e la ricerca di una rigorosa politica di bilancio.
Tante cose importanti sono state dette nelle dichiarazioni programmatiche, altre arriveranno con il lavoro, il dialogo, la voglia di ridare una speranza concreta alla nostra terra. Del resto la nostra proposta di un indipendentismo di governo e di una sovranità praticata responsabilmente ci porta a ragionamenti che, siamo sicuri, potranno trovare un terreno comune su cui programmare e agire fin da oggi per il bene dei sardi e della Sardegna. Resta chiaro che noi abbiamo in testa la Sardegna come Stato e su questo porteremo avanti la nostra azione di governo.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Oscar Cherchi. Ne ha facoltà.
CHERCHI OSCAR (FI). Presidente, cari colleghi, ho seguito ieri con molta attenzione il discorso del presidente Pigliaru, nell'interesse della Sardegna, per cogliere chiaramente quello spirito innovativo di cui il centrosinistra ha parlato in campagna elettorale e che ha fruttato, poi, la sua elezione. Devo dire però che, così come mi aspettavo, alle grandi promesse fatte in quel periodo non è seguito un discorso programmatico altrettanto valido; è sembrato un discorso privo di mordente, poco passionale, ma può essere che io sia rimasto impressionato magari dalla sua flemma, molto british, a volte anche un po' troppo.
Sicuramente voglio mettere da parte qualsiasi pregiudizio perché preferisco, e qui penso di rappresentare il pensiero di molti colleghi che siedono in quest'Aula, giudicare i fatti con serenità. Lo abbiamo promesso il giorno dopo il risultato elettorale, appena avuta la consapevolezza che saremmo andati all'opposizione. Abbiamo garantito, e lo sarà, un'opposizione costruttiva, attenta alle necessità della Sardegna, perché siamo consapevoli delle difficoltà che attendono chiunque occupi uno scranno così importante, come quello dove ora lei, Presidente, siede.
Si aspetti quindi un'opposizione collaborativa, sicuramente collaborativa ma non compiacente, costruttiva ma non succube, propositiva ma non certamente arrendevole. Anzi, se davvero vuole il bene dei sardi e della Sardegna non dimentichi di ascoltare anche noi che sediamo nei banchi della cosiddetta minoranza, e sottolineato cosiddetta, perché come lei ben sa noi non rappresentiamo una minoranza, ma quantomeno una parte uguale a quella che ha mandato la sua coalizione al governo di questa Regione. Quindi dovrà tenere comunque conto anche di quella parte di Sardegna che avrebbe preferito un risultato diverso alle ultime elezioni regionali.
Lei ha detto di essere il Presidente di tutti, ci mancherebbe pure che così non fosse, però bisognerà dimostrarlo! Del suo discorso ho colto anche un'altra affermazione che, ahimè, risulta piuttosto preoccupante, sugli ulteriori sacrifici che attendono i sardi. Ma come? Pareva che fosse tutto pronto per un rilancio immediato, istantaneo, e che fosse tutta colpa di Cappellacci e della sua Giunta regionale se questo non era già avvenuto! Non è che sono bastati pochi giorni per accorgervi che meglio di come è stato fatto fino a oggi, in questi ultimi cinque anni, non sarebbe stato possibile fare?
Presidente, ho sentito che ha affrontato svariati temi, come quello della legge elettorale; una legge, le ricordo, che non è stata voluta solo dal centrodestra ma è stata votata trasversalmente e sulla quale, comunque, sono d'accordo con lei, vi è la necessità di un aggiustamento, non certo uno stravolgimento che ci porti indietro nel tempo. Basta con gli stravolgimenti! Qualche accorgimento, sì, ma non una cancellazione totale.
Lei ha parlato anche della politica che deve essere al servizio delle comunità. Noi, sotto questo aspetto, abbiamo iniziato un percorso virtuoso, tagliando dove possibile, che ha portato a una drastica riduzione dei costi della politica, proprio per dare il buon esempio ai sardi; quei sardi invece, come già detto poco fa, che voi volete facciano davvero tanti altri sacrifici?
Ci sono altri modi per ridurre le spese e voi potete continuare lungo la strada che noi abbiamo tracciato. Per esempio, vi è la necessità di leggi di riforma e semplificazione amministrativa, come quella urgente sulla riorganizzazione delle agenzie agricole: portatela fino in fondo e avrete sicuramente il nostro sostegno. Ho fatto questo esempio non a caso ma perché riguarda l'agricoltura che lei, nel suo discorso di ieri, ha colpevolmente trascurato rimandando alle dichiarazioni del periodo elettorale. Sono tanti i colleghi che hanno sottolineato questo aspetto; allora, a questo punto, ci dobbiamo preoccupare? Ripeto, ci dobbiamo preoccupare, Presidente?
Come è possibile che nel suo discorso programmatico di sole ventiquattro ore fa non ci sia stato un passaggio corposo su questo argomento? Con due parole, due semplici parole, ha liquidato l'argomento che invece dovrebbe essere il fulcro di un discorso che abbia come obiettivo il vero rilancio della nostra terra, della Sardegna. In questi ultimi anni, come lei certamente saprà, l'attività politico-amministrativa al servizio della Sardegna ha dedicato una importante attenzione al mondo agricolo, a quello dell'allevamento e a quello della pesca. Ho avuto conferma di persona, ma già lo sapevo, che questo è un settore fondamentale per la nostra Regione verso il quale è necessario dirigere molte delle nostre energie.
La Commissione consiliare sarà certamente il luogo del confronto preliminare al successivo dibattito parlamentare per "fare sintesi" e trovare un equilibrio condiviso che possa dare reale rilancio a un comparto di primaria importanza. Questo è un proposito del quale la mia concittadina, Elisabetta Falchi, potrà giovarsi qualora lo ritenga opportuno, evitando di subire critiche gratuite, a volte inopportune, e molto spesso ingiuste che, sovente, chi l'ha preceduta ha dovuto imparare a sopportare.
Questa disponibilità, la nostra conoscenza del settore, grazie all'esperienza maturata in questi anni, deve essere vista da voi come un'arma a doppio taglio. Da un lato infatti ci sentiremo particolarmente coinvolti e quindi pronti a sostenere qualsiasi iniziativa volta al miglioramento e alla crescita del comparto (un esempio per tutti l'urgenza della normativa relativa alle concessioni nel settore della pesca da adeguare a quelle del sistema nazionale, che la passata legislatura non votò per cui si chiese una semplice proroga solo per l'anno 2014); dall'altro saremo anche in prima linea per contrastare eventuali iniziative che possano essere rivolte a favorire qualcuno a discapito di altri.
I settori dell'agricoltura, dell'allevamento e della pesca sono settori delicati, dalle grandi potenzialità ma anche dai grandi problemi che si trascinano da decenni, causati dall'isolamento di cui hanno patito e continuano a patire gli effetti gli operatori del settore, nonostante i progressi anche molto evidenti in fatto sia di viabilità, che di evoluzione tecnologica. Io non so se davvero pensate che sia facile risolvere il problema della blue tongue, il problema della peste suina, come molti dicevano di poter fare al nostro posto.
Ma io sento il dovere di dirvi che avrete bisogno di molta, moltissima buona volontà e, perché no, anche di un po' di collaborazione; e la collaborazione del Consiglio regionale, se voi dimostrerete di avere questa volontà di fare, ci sarà, ci sarà tutta, noi sicuramente ci saremo. Su queste direttrici deve procedere l'azione di governo, su questi programmi avrete il pieno sostegno di una opposizione matura, la nostra, che non cerca rivalse e neanche vendette ma solo il bene della Sardegna e dei suoi abitanti.
La campagna elettorale, lo avete detto tutti, è finita, è finita da tempo, per cui vi esorto a non gettare al vento quello che è stato fatto in tutti questi anni. E' inaccettabile rincominciare da capo, proprio quando si intravedono risultati, solo per screditare il lavoro fatto da altri. Solo un piccolo esempio che però dovrebbe rendere bene l'idea su ciò che vorrei riuscire a comunicarvi. Nel suo programma, Presidente, si parla di differenze tra produzioni locali e consumi interni, ma non c'è traccia di come fare per invertire la tendenza.
Io vorrei ricordare a lei e al suo Assessore dell'agricoltura che noi abbiamo avviato un ambizioso progetto globale che sotto lo slogan "mangia sardo e compra sardo" racchiude diverse iniziative promozionali del Made in Sardinia che in lingua inglese deve funzionare per il mercato estero ma che in Sardegna deve leggersi factu in domu nostra e spingere così al consumo dei prodotti sardi anche il mercato interno e non solo quello esterno.
Abbiamo quindi intrapreso un percorso lungo e tortuoso, non certo per colpa nostra ma per la complessità delle norme e dei regolamenti comunitari, per ottenere quel marchio di "qualità Sardegna" che darà a chiunque la possibilità di riconoscere sui banchi dei mercati i prodotti che rispondono ai requisiti necessari e utili per potersene fregiare.
In questo modo si parla realmente di Sardegna, con conseguenti benefici, al consumo interno e ai turisti che affollano la nostra terra nella stagione estiva e, speriamo sempre più, anche in quella che chiamiamo per intenderci "bassa stagione".
Il percorso di approvazione del marchio dev'essere seguito passo passo a livello politico, non solo a livello tecnico. Se posso esprimere una perplessità sul futuro di questa Giunta, ma spero sinceramente di essere smentito dai fatti, questa riguarda proprio la scarsa o nulla esperienza politica dei suoi Assessori che non vorrei cadessero nella rete dell'eccessivo tecnicismo senza riuscire a influire sulle leggi che imbrigliano la nostra terra.
La politica quella buona, quella vera è insostituibile e serve proprio a orientare le scelte modificando razionalmente leggi sbagliate o magari inadeguate o magari anche oramai superate. Solo la politica può avere quella lungimiranza che può portare a veri ed efficaci cambiamenti nel nome del progresso.
Non voglio entrare nello specifico di altri argomenti sui quali si sono già espressi con cognizione di causa i colleghi che mi hanno preceduto. Ma vorrei concludere con un'esortazione che poi è il sunto di quello che ho già detto in questo mio intervento. Non fatevi prendere dalla smania di "rivoltare" la Sardegna solo per mostrare i muscoli, i sardi ci hanno chiesto di rappresentarli in questo Consiglio regionale per migliorare la situazione generale e non per dare sfogo a personalismi di partito. Siamo stati chiamati a giocare una partita che devono vincere sia il pubblico che i giocatori e lei, presidente Pigliaru, questa volta è chiamato a fare l'arbitro: per una volta l'arbitro di parte, dalla parte dei sardi.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Luca Pizzuto. Ne ha facoltà.
PIZZUTO LUCA (SEL). "Questi bambini nascono due volte, devono imparare a muoversi in un mondo che la prima nascita ha reso più difficile. La seconda dipende da voi, da quello che saprete dare. Sono nati due volte e il percorso sarà più tormentato ma alla fine anche per voi sarà una rinascita". Questo piccolo paragrafo è tratto dal libro di Giuseppe Pontiggia "Nati due volte". Ieri, 2 aprile, era la Giornata internazionale della consapevolezza dell'autismo e in questa Aula molti di noi, incluso Francesco, il nostro Presidente, hanno "indossato" dei fiocchi blu a segnalare la vicinanza, frutto di sensibilità concreta e reale, verso le persone portatrici di questa difficoltà. E' come se si dicesse a tutta la nostra gente che sta fuori da questo Palazzo: "non siete più soli, ci siamo anche noi".
E io vorrei che da questo concetto della "seconda nascita" possa ripartire un ragionamento per la nostra terra; una terra massacrata non solo da un governo, per noi discutibile, degli ultimi cinque anni di questa Regione ma da politiche internazionali, feroci, che annientano e devastano la libertà individuale delle persone mentre ottantacinque persone detengono la metà della ricchezza del pianeta. In questo contesto noi ci dobbiamo muovere e auspichiamo, come partito, che ci possa essere una "seconda nascita" per tutte le donne, per tutti i lavoratori, per tutti i giovani e gli anziani che popolano la nostra terra.
Ed è con profondo rispetto delle istituzioni che vorrei rivolgermi a te, Francesco, con un semplice "ciao" per una ragione molto semplice e banale: ho trent'anni e faccio parte di una generazione che vive le istituzioni come qualcosa di cinico, lontano, asettico, feroce nel programmare, nel gestire la vita e la quotidianità delle persone. Ma ho la consapevolezza che invece tu sarai assolutamente in grado di essere un Presidente vicino alle persone e ai bisogni degli ultimi, fuori dagli schemi istituzionali e fuori da un formalismo che spesso delinea soltanto distanza.
Sono molto emozionato in questo momento nel parlare dal Parlamento, dall'istituzione più alta che questa Isola porta in grembo; e mentre parlo penso a Maria, ragazza madre di 38 anni, che è dovuta emigrare a Londra, a lavorare, lasciando qui suo figlio perché non ha le condizioni per poter pensare a lui. A Giuseppe, operaio interinale, che dopo 10 anni si ritrova senza lavoro. A Marco, ragazzo di 16 anni, che non vuole studiare perché tanto anche se ti laurei non serve a niente, per trovare lavoro basta l'accozzo. A Simona, architetto, costretta a partire verso altre capitali per poter trovare un lavoro e un diritto alla sopravvivenza.
Penso alla nostra generazione martoriata e massacrata sul tavolo del neoliberismo, una generazione a cui è stata tolta anche solo la possibilità di pensare e di sognare un futuro, una generazione cui è stato dato il compito semplicemente di sopravvivere attraverso piccoli stage, tirocini e altre forme di prebende che non consentono un minimo di sviluppo della dignità umana.
Noi condividiamo in pieno le dichiarazioni programmatiche del nostro Presidente e auspichiamo che si lavori immediatamente alla realizzazione delle riforme. Tra le priorità che noi vorremmo dare alla Regione c'è l'istituzione del reddito minimo di cittadinanza e la proposta di legge che abbiamo presentato il primo giorno in cui siamo entrati in questa Aula, pensando che ci sono 147 mila famiglia che vivono al di sotto della soglia di povertà, e che ci sono persone che non possono aspettare gli effetti delle riforme strutturali che noi faremo in questi anni.
Abbiamo il dovere di costruire immediatamente strumenti affinché tutte le famiglie, le persone che vivono in Sardegna abbiano la possibilità di mettere insieme un pranzo e una cena senza dover chiedere favori e senza dover andare a testa bassa a chiedere aiuto all'istituzione di turno che, a volte, nella nostra terra è gestita con meccanismi clientelari.
Però, oltre che essere un ragazzo di trent'anni, sono anche un cittadino del Sulcis Iglesiente che in questi anni ha vissuto in modo forte e drammatico la crisi nelle sue varie forme e difficoltà. Abbiamo visto l'assurdità di una politica che, promettendo telefonate a potentati di altri Paesi, con slogan prometteva di risolvere i problemi che ci attanagliavano, ma questo in cinque anni non è avvenuto. Non c'è dubbio che i problemi siano complessi e difficili, e non c'è dubbio però che ci siano anche risposte che noi possiamo dare in tempi rapidi.
Penso per esempio al fatto che occorra un anno e mezzo per autorizzare l'installazione di tre pale eoliche per consentire a uno stabilimento come quello della ILA di poter ripartire. Penso ai tredici lavoratori chiusi in miniera da ottanta giorni per rivendicare il diritto a un lavoro, a un'assistenza, a una possibilità di una vita dignitosa. Penso ai lavoratori interinali che da anni sono utilizzati nelle varie fabbriche, nelle varie strutture produttive senza la garanzia di un futuro.
Penso allo stallo dell'Eurallumina, penso al blocco delle trattative con ALCOA, su cui dovremmo velocemente aprire una trattativa per cercare imprenditori seri che possano investire nel nostro territorio. Penso alla gestione scandalosa della Carbosulcis, che deve assolutamente essere rivista. E siamo d'accordo, Francesco, non c'è dubbio, sul fatto che non dobbiamo regalare soldi pubblici a imprenditori privati che poi scappano via con la cassa e lasciano le macerie da bonificare nel nostro territorio. Vogliamo quindi che sia effettuata una ricerca seria degli imprenditori (non dobbiamo semplicemente aspettare che si arrivi nell'isola), vogliamo avere delle proposte con cui poter articolare delle azioni di scouting internazionale relativamente all'industria, ma anche a tutti i tessuti produttivi su cui si può interloquire.
L'Irlanda vent'anni fa ha utilizzato questa strada per cercare di ripopolare di industrie e aziende la propria terra, oltreché finanziare chiaramente start up e eccellenti iniziative nazionali, e in vent'anni è riuscita a costruire un tessuto economico innovativo basato su nuove tecnologie, su un sistema produttivo che oggi riesce a tenere in piedi quel paese nonostante la crisi e le difficoltà.
Attrezziamoci allora da questo punto di vista, andiamo noi in giro per l'Europa e per il mondo a cercare gli imprenditori più seri, saggi e che possano avere la capacità di costruire nella nostra Terra senza devastarla; senza dimenticare però le risorse, che nel mio territorio per esempio ci sono, ambientali, geologiche, archeologiche, che possono essere valorizzate all'interno del Parco geominerario. Questo non significa dimenticare il Piano Sulcis sul quale occorre una regia unica, che possa amministrare quelle risorse e realizzare ciò che c'è scritto in quel Piano, senza dover passare attraverso i trenta diversi enti che lo gestiscono.
Penso inoltre all'emergenza tumori che è presente nel mio territorio perchè non sono mai state effettuate bonifiche ambientali, e questa è un'urgenza drammatica cui noi dobbiamo cercare di porre rimedio nel più breve tempo possibile. E penso anche che con questa maggioranza, che ha un'organicità politica, checché se ne dica, noi oggi decretiamo il fatto che è finita la ritirata dello Stato dalle periferie.
Vi vorrei ricordare che negli ultimi cinque anni (anche di più perché si parte da molto lontano), c'è stata una ritirata delle istituzioni che rappresentano la Costituzione e la Repubblica senza precedenti: servizi scolastici, servizi sanitari, tribunali, caserme dei carabinieri e quant'altro, per arrivare al rischio che oggi sta vivendo anche la nostra autonomia, e forse anche la forma stessa di Regione, perché qualcuno ipotizza cose strane.
In questo contesto, con un referendum truffa, sono state cancellate le province; e sono state cancellate dalle realtà territoriali più grandi che hanno imposto una scelta ai territori minori. Io vorrei sapere che cosa faremo dei commissari che dovevano governare per sessanta giorni quelle province e sono ancora lì, e che cosa faremo dei lavoratori e dei dipendenti, visto che chi c'era prima ha emanato i proclami, ha compiuto azioni demagogiche, ma non è riuscito a proporre un sistema di riforma organico.
Noi crediamo, ne siamo convinti, che sia irrinunciabile un ente di secondo livello che consenta l'autogoverno dei territori e il dispiegarsi della democrazia, perché con la scusa di risparmiare e tagliare si sta rinunciando anche ad aspetti democratici veramente molto importanti. E poi la sanità della nostra Regione: santo cielo! Un sistema che ha colluso per troppi anni e per troppo tempo sinistra-centro-destra, con interessi privati e poche pubbliche virtù; è tempo di cambiare, e in questo noi saremo implacabili insieme al nostro Presidente e al nostro Assessore della sanità.
Il sistema sanitario va riformato sradicando il sistema di clientele che esiste all'interno della sanità pubblica, spesso collusa con sistemi di sanità privata, perché le inefficienze del pubblico servono a consentire, a volte, l'arricchimento del privato, e non dei lavoratori del privato, ma di pochi dirigenti dei lavoratori del privato. Pertanto siamo pronti, da questo punto di vista, a fare la nostra parte per riformare un sistema che è centrale anche per gli assetti di bilancio della nostra Regione, partendo anche dalla mala gestione che in questi anni hanno posto in essere commissari prima, e direttori generali poi, che non hanno minimamente aiutato la sanità dei nostri territori, anzi, a volte hanno umiliato, come nel nostro caso, con la gestione delle fasce, i lavoratori del sistema sanitario.
Crediamo in un'istruzione che debba essere garantita per ogni fascia di età, non solo per le giovani generazioni ma, perché no, anche per chi non ha avuto mezzi e modi di studiare e si ritrova avanti con l'età. E tu, Francesco, hai usato tre parole straordinarie nelle tue e nostre dichiarazioni programmatiche, immaginando una Sardegna "creativa, inclusiva e sostenibile". Noi crediamo che la creatività debba ripartire dai settori culturali, cercando di dare forza a tutte quelle associazioni e cooperative che in questi settori lavorano; crediamo che si debba investire nel cinema, l'esempio della Puglia ha dimostrato infatti che un euro pubblico investito nel cinema ne produce quattro di investimenti privati. Crediamo di dover investire nel sistema museale e riscoprire le nostre origini; abbiamo settemila nuraghi da scavare, viviamo nel più grande parco archeologico del mondo e non ce ne rendiamo conto.
Crediamo nel sistema inclusivo che possiamo costruire con nuovi strumenti sociali, con un'istruzione a 360 gradi e con una riforma del welfare state, e crediamo nella sostenibilità che si intende chiaramente perseguire in 'agricoltura e negli altri settori produttivi della nostra Regione, dove crediamo ci debba essere, citando Pasolini, il "ripresentarsi delle lucciole".
Vogliamo un territorio che sia in grado di essere ecosostenibile, che possa avere le caratteristiche di un'Isola ecologica, dove l'ecosostenibilità sia al centro e dove la biodiversità sia difesa dalle multinazionali che, in modo feroce, prendono i brevetti delle nostre semenze e le vendono a chi vogliono loro. E crediamo in una pesca, che possa essere anche questa biologica, fatta con tutti i pescatori, e che possa ripensare a ripopolamenti in mare. Io penso che oltre alle dichiarazioni programmatiche del nostro Presidente, parlino chiaro alcuni atti già posti in essere. Uno, il modo in cui è stata sbloccata, e correvano un rischio grave migliaia di utenti, la "162", perché da questo punto di vista abbiamo rischiato il collasso. Due, il fatto che abbiamo stanziato immediatamente 30 milioni per l'edilizia scolastica, senza attese, perché la nostra priorità è formare nuove menti per il futuro. Tre, il fatto che si siano sbloccati i pagamenti sull'IGEA, cosa che da mesi la precedente Giunta non riusciva a fare. Quattro, il fatto che le delibere siano finalmente trasparenti; ci volevano settimane per riuscire a vedere una delibera nel sito della Regione, e oggi invece siamo in grado di vederle immediatamente.
In sintesi, voglio dire che Sinistra Ecologia e Libertà sarà un compagno di viaggio leale e determinato nel cambiamento della nostra Terra e nelle politiche di governo, all'interno di una maggioranza che ha le sue sfumature, ma che senza ombra di dubbio ha un interesse comune: il benessere e il diritto alla felicità di tutti i sardi. E non siamo sostituibili! Vorrei confortare chi pensasse che si possano fare interscambi: questo non è e non sarà possibile. Abbiamo l'ambizione di finire nei libri di storia, Francesco, e tutti gli Assessori della Giunta; vogliamo essere ricordati come il miglior Governo che la Sardegna abbia avuto negli ultimi 100 anni e vogliamo avere il coraggio di dire che riusciremo a portare un cambiamento nella nostra Terra e nella nostra società senza precedenti.
Concludo citando un grande filosofo, fumettista, che è Charles Schulz, il papà di Linus e di Charlie Brown; in una vignetta molto famosa Charlie Brown chiede a Linus: "Che cosa vorresti fare da grande?", E Linus risponde: "Vorrei essere schifosamente felice". Abbiamo l'ambizione di pensare che fra 5 anni i sardi e le sarde di questa terra possano…
PRESIDENTE. Onorevole Pizzuto, il tempo a sua disposizione è terminato. Onorevole, non l'ho interrotta durante l'intervento, ma la inviterei quando si rivolge al Presidente della Regione di chiamarlo Presidente e non per nome.
E' iscritto a parlare il consigliere Ignazio Locci. Ne ha facoltà.
LOCCI IGNAZIO (FI). Presidente, colleghi consiglieri, spero non vi siate rabbuiati dopo l'intervento del collega, onorevole Pizzuto, che è sempre molto ficcante nei suoi interventi, in particolare quando si rivolge ai suoi compagni di viaggio. Dopo aver ascoltato e riletto le dichiarazioni programmatiche, non ho potuto fare a meno, Presidente, di rileggere le dichiarazioni programmatiche del presidente Soru del 27 luglio del 2004. Anche quella, come questa, doveva essere una legislatura di grandi cambiamenti e di riforme.
Quelle dichiarazioni, piene di riferimenti ai valori della sardità, all'etica pubblica e ai valori di una certa morale politica, erano state come un pugno nello stomaco per la coscienza dei sardi che, per la prima volta, avevano a che fare con un politico dalle apparenze, ma anche nei fatti, molto duro. A viso aperto, e in sintonia con gli umori di allora, il presidente Soru aveva deciso di dichiarare guerra a cricche e cricchette dei mandarini della politica che lo avevano scelto come foglia di fico di una sinistra a corto di uomini e di idee. Sappiamo tutti come andò a finire.
Oggi stiamo rivivendo una storia simile. Lei, presidente Pigliaru, rischia di essere l'ennesima foglia di fico del centrosinistra, ma appare più cauto, forse più furbo di Soru e più attento a non offrire ai suoi alleati elementi di frizione al fine di poter continuare, per ora, la luna di miele. Stia attento ai divorzisti convinti!
Come è ovvio le dichiarazioni programmatiche sono carenti per definizione. In un'ora non le è stato possibile spiegare ai sardi come intende guidare la Regione. Per contro, se pure lei avesse suonato la campana che segnava la fine della campagna elettorale, non ha retto alla tentazione propagandistica di gettare a mare il grande lavoro di revisione e semplificazione della pianificazione urbanistica regionale riproiettando la Sardegna nel passato. Sarebbe stato molto più produttivo, Presidente, andare incontro alle segnalazioni sia dell'ANCI Sardegna che degli operatori del sociale e trovare nuove risorse finanziarie per i piani personalizzati di cui alla legge numero 162 del 1998 a favore dei disabili gravi.
Non mi soffermo volutamente sui cenni fatti e su quelli non fatti nella sua ricetta per la Sardegna, ma da sulcitano mi corre l'obbligo di rammentarle e di tenere a mente la questione industriale di Portovesme e la sofferenza dei Consorzi di bonifica, in particolare quello del Sulcis.
Questo centrodestra si batterà dall'opposizione per continuare un cammino iniziato con il presidente Cappellacci, questo centrodestra vuole per i sardi una Regione riformata, un'amministrazione snella, organizzata, questo centrodestra pensa alla Sardegna come terra delle opportunità e non come terra da rifuggire. Saremo coraggiosi e sapremo gettare ancora il cuore oltre l'ostacolo. Faremo un'opposizione dura, ma non preconcetta, come avete fatto voi la scorsa legislatura. Ci confronteremo nel merito delle vostre proposte e su quelle noi daremo il nostro contributo. Per parafrasare il collega onorevole Sabatini siamo anche noi per il primato della politica e, aggiungerei, della buona politica. Noi non vogliamo che questa nave affondi. Questa nave porta a bordo il grande popolo sardo nel cui nome oggi abbiamo l'onore di sedere in quest'Aula.
Caro Presidente, oggi ci siete voi sotto esame; i professori non siamo noi, ma i cittadini della Sardegna. Buon lavoro, Presidente.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Francesco Agus. Ne ha facoltà.
AGUS FRANCESCO (SEL). Signor Presidente del Consiglio, signor Presidente della Regione, signori Assessori, colleghi consiglieri, nel ringraziare le donne e gli uomini che hanno riposto in noi la speranza per un futuro migliore, desidero salutare quest'Aula con emozione, rispetto e forte senso di responsabilità. In particolar modo il mio ringraziamento va a chi per esercitare il diritto di voto ha dovuto prendere un aereo o una nave e in alcuni casi impiegare più di un giorno per tornare a casa propria dal posto dove ha dovuto emigrare in cerca di un lavoro, come ha ricordato efficacemente stamane il collega Ruggeri.
La prima speranza che vorrei cercare di non deludere, che dovremmo cercare di non deludere, e quella di chi nel votare per lei, Presidente, e per noi, ha voluto dare un'altra possibilità alla terra che sinora non gli ha consentito un'esistenza dignitosa e un presente di lavoro.
Presidente, riconosco un profilo di coerenza tra quanto da lei enunciato nelle sue dichiarazioni programmatiche e quanto detto in campagna elettorale e scritto nel programma della coalizione; ne condivido lo spirito che sta alla base e l'ottimismo della volontà che le attraversa. Le sfide importanti che abbiamo di fronte, quella dell'oggi difficile e quella del domani apparentemente ancora più difficile, si possono superare solo se saremo capaci di "volare alto", di non fermarci al particolare, all'interesse del singolo, al contingente, alla guerra tra campanili e tra vicini di casa; ed è necessario che la Regione, la sua amministrazione, il suo apparato burocratico e i suoi rappresentanti politici inizino il lavoro a partire da loro stessi.
Ecco, cari colleghi, quest'Aula ha necessità di ritrovare l'autorevolezza perduta, abbia coraggio, trovi la forza che la politica, e a cascata gli altri settori della società sarda, non hanno avuto in questi anni. Non c'è parola più abusata nel vocabolario politico recente della parola "riforma": riforme annunciate, mai scritte e, se scritte, mai applicate e se applicate mal applicate.
La riforma della Regione, la modifica della legge numero 1 del 1977 e della legge numero 31 del 1998, è un atto che con giusta dose di coraggio lei inserisce tra le priorità delle priorità, ed è un atto non più rimandabile. È la legge potenzialmente caratterizzante di questa legislatura che da sola vale il nostro impegno in quest'Aula e che è condizione necessaria, ma non sufficiente ovviamente, per conseguire i risultati ambiziosi che lei ha efficacemente descritto nella sua relazione di ieri.
Un buon punto di partenza per iniziare il lavoro è dato dalle conclusioni della Commissione d'inchiesta per la mancata applicazione delle leggi regionali che ha concluso i suoi lavori, recepiti all'unanimità dal Consiglio, più di un anno fa. Questo, anche se io non credo che possa esserci niente di positivo in un Parlamento, in un organo legislativo, che necessita di una Commissione speciale per controllare e, in questo caso, per constatare all'unanimità come gran parte delle leggi varate da quest'ultimo sia rimasta in realtà lettera morta, per constatare come si sia in effetti perso tempo, come quest'Aula non abbia non soltanto voluto, ma non abbia potuto fare abbastanza per superare il momento drammatico dell'economia sarda, come questo Consiglio sia impotente, non decida, "roba da Magritte".
Il lavoro della Commissione ha fotografato l'impotenza del nostro Consiglio rispetto a una macchina amministrativa tarata per un mondo che non esiste più. Le ultime legislature da questo punto di vista si sono rivelate insufficienti. Si è provato a sostituire un apparato regionale organizzato male con l'apertura di scatole e scatolette. Agenzie, enti, società partecipate sono state solo palliativi insufficienti e veicolo di spesa improduttiva, hanno peggiorato il problema, hanno appesantito la macchina, la burocrazia, il potere discrezionale.
Può un sistema studiato in un mondo che si stava adattando a malapena alle schede perforate, essere buono, essere funzionale anche oggi? Possiamo reggere il confronto non dico con il Nord Europa, ma anche soltanto con le regioni dei Paesi della nuova Europa, quelli dell'Est, più dinamici e più adatti di noi a reggere la competizione? Dobbiamo trovare il coraggio di superare gli steccati, le barriere ideologiche e territoriali e le rendite di posizione. Allo stesso modo è evidente, e il contesto normativo nazionale in mutamento ce ne dà ancora più atto, come ci sia da mettere mano in maniera seria e senza pregiudizi al sistema degli enti intermedi.
Questo Consiglio deve avere il coraggio di legiferare in materia e dovrà farlo con la serietà di chi non insegue facili e aleatori applausi, ma valuta priorità, esigenze, bisogni di partecipazione e di democrazia. Superiamo, caro Presidente e cari colleghi, l'ansia da prestazione e quella da applausometro. La politica deve capire e risolvere i problemi reali della gente, senza avere l'ossessione di strappare un titolo di giornale o un "mi piace" su Facebook. La ridefinizione delle province e della città metropolitana di Cagliari è un atto urgente la cui tardiva scrittura rischia di privare l'economia isolana di un recettore formidabile di finanziamenti e il capoluogo di una governance capace di migliorare l'efficienza dei servizi erogati, migliorare la distribuzione delle risorse e garantire economie di scala.
La classifica che citava ieri in cui siamo centosessantottesimi per indice sulla facilità del fare impresa, è fortemente condizionata dalla nostra macchina amministrativa, dalle regole inadeguate che la muovono e dall'applicazione di una scala di valori che non sempre è stata adatta ai tempi. Oggi vanno avanti e reggono la competizione solo i territori dotati di capitale umano elevato e buona rete infrastrutturale.
Le nostre infrastrutture, lo ha detto ieri nella sua relazione, sono inadeguate, dalla rete stradale a quella ferroviaria sino alla fibra ottica. Il nostro capitale umano va impoverendosi. I tanti miei coetanei, che hanno conseguito un titolo di studio (a volte post universitario, in alcuni casi grazie a ingenti investimenti regionali), che emigrano sono un danno incommensurabile per il nostro sistema. È un fenomeno drammatico, enorme, che non può essere raccontato con toni pietisti.
Non stiamo parlando degli immigrati che lasciavano l'Italia con la valigia di cartone per raggiungere il Sud America alla fine dell'Ottocento, o dei sardi che nel dopoguerra andavano a lavorare in Svizzera o in Olanda e ascoltavano il TG di Radio Rai la sera per sentirsi a casa. Parliamo di chi, per preparazione ed età anagrafica, è naturalmente classe dirigente dinamica della sua terra e che in Sardegna non ha trovato un lavoro adatto alla propria preparazione e in molti casi nemmeno un lavoro. Sardi e sarde che non potendo essere classe dirigente dell'Isola mettono la loro preparazione e la loro energia al servizio dei nostri competitors economici. Non sono preoccupato per il destino di chi è partito, mi preoccupa di più quello di chi rimane, perché una regione che si impoverisce di competenza non ha futuro. In quest'Aula dobbiamo sentire il peso di quello che in quest'Aula non c'è, dobbiamo rappresentare anche gli esclusi.
Ho compiuto 31 anni un mese fa, il mio ruolo qui - insieme a quello dei miei colleghi più giovani - sarà anche quello di ricordare a tutti che una parte del nostro tempo dovrà essere rivolta alla costruzione del futuro. Le crisi aperte ci dettano le priorità: l'emergenza occupazionale, le vertenze industriali che tendono a moltiplicarsi più che a risolversi, crisi finanziarie che a volte riguardano società partecipate a capitale pubblico le cui situazioni, più di altre, interessano da vicino la nostra amministrazione. Crisi sociale, un'emergenza povertà che riguarda persone e famiglie che non avevano mai messo in conto di avere a che fare con il problema e la cui situazione non può essere risolta con gli strumenti utilizzati sinora.
Così come la coesistenza di lavoratori poveri, la dicotomia tra lavoro e povertà è superata in negativo, lavoratori poveri perché sottopagati e condannati a forme di precariato umiliante ed estremo o costretti a lunghi periodi di inoccupazione, questo perché prigionieri di un sistema concepito da chi pensava di poter salvare alcuni pregiudicando il destino e la dignità di altri. Dobbiamo essere capaci di lavorare in parallelo, lavorare per restituire dignità, per salvaguardare i diritti della generazione dei padri e contemporaneamente ricordarci delle prospettive per la generazione dei figli, anche di quelli degli operai che volevano il figlio dottore e che ora che ce l'hanno vorrebbero anche che quel dottore avesse un reddito, magari in Sardegna, non in Germania o in Australia. Tutto questo avendo chiaro il rischio che corriamo, avendo ben chiara la strettoia nella quale ci stiamo muovendo e il contesto internazionale e nazionale.
Quello che vedo nell'odierno dibattito parlamentare riguardo il Titolo V è l'ennesimo attentato all'autonomia delle Regioni e al nostro Statuto speciale; utilizzando i guasti del sistema, gli intollerabili guasti e le storture di un sistema, si ha l'alibi per colpire l'intero istituto autonomistico.
Presidente, onorevoli colleghi, penso che questa legislatura debba iniziare avendo ben chiari quali sono i pericoli che corriamo. La nostra Isola è una periferia d'Europa, l'autonomia l'unica arma che abbiamo per emanciparci. Il fatto che sia stata usata in maniera inefficace in passato non significa che non sia migliorabile. Il fatto che tra i custodi di quell'autonomia, tra chi dovesse esercitare quella funzione, ci fosse anche chi aveva mal interpretato il suo ruolo e le sue funzioni, non può diventare pretesto per cancellare o rendere ancora più ininfluenti le Regioni.
Il dibattito nazionale, anche quello in corso in questo momento sulle città metropolitane e sugli enti intermedi, ci mette di fronte alle nostre responsabilità di legislatori. Ebbene, io credo che la nostra Regione, il nostro Consiglio debba intervenire nel dibattito nazionale per portare una posizione chiara a difesa dell'autonomia e dei principi contenuti nel nostro Statuto. In materia la contesa e il dibattito è ridicolo e caotico; da una parte si immagina e si disegna un Senato "federalisteggiante" che dia ruolo e protagonismo alle Regioni e ai comuni, dall'altro si mortifica l'autonomia regionale accentrando bilanci e funzioni. Si pensi alla competenza in tema di governo del territorio e legislazione urbanistica che nel disegno di legge costituzionale rientra tra le prerogative statali, di fatto rimangono alle Regioni, stando alla bozza che è stata presentata e che è in discussione, soltanto la competenza sanitaria e quella in materia di trasporto pubblico locale.
La stessa incoerenza la si nota riguardo il ruolo dei comuni: da un lato si pensa di promuovere i sindaci a ruolo contestuale di consigliere provinciale, in alcuni casi di sindaco metropolitano e a quello di senatore della Repubblica, dall'altro le decisioni a senso unico dei Governi Berlusconi, Monti e Letta in materia di finanza locale hanno trasformato i primi cittadini in potestà governative con la delega all'aumento delle tasse locali e al taglio dei servizi comunali, in una fase dove l'aumento dei bisogni richiederebbe invece maggiori sforzi.
Il combinato disposto tra gli effetti del Patto di stabilità interno, il taglio dei trasferimenti statali, le norme in materia di tassazione immobiliare (quindi il passaggio da ICI a IMU, da TARSU a TARES e l'ultimo passaggio alla IUC), ha un saldo pesantemente negativo per i conti delle famiglie, per le attività produttive e per i bilanci sempre più in rosso degli enti più vicini ai cittadini. L'ultimo taglio, l'addizionale Enel, ha prodotto nel sistema dei comuni sardi un taglio netto di 28 milioni di euro ai trasferimenti che riceveranno questi enti quest'anno. Se non interveniamo celermente questo avrà un corrispettivo in un aumento delle imposte locali o in un taglio dei servizi essenziali per i cittadini.
Ebbene, io non credo che sia l'accentramento delle funzioni in capo allo Stato il modo per superare la fase difficile nella quale ci troviamo. Il limite delle nostre istituzioni, del nostro apparato burocratico, delle regole che governano la macchina regionale della nostra classe politica sono superabili solo a partire da noi stessi, dalla nostra volontà e dal nostro saper guardare lontano. Perché è vero, Presidente, questo è il periodo più difficile che la storia recente ci ricordi, lo ha detto ieri, ma è vero anche che abbiamo conosciuto periodi più duri, momenti più difficili, salite più ripide.
Cagliari, la mia città, 71 anni fa ha sofferto il terrore e l'umiliazione delle bombe. Gli anziani della mia città si ricordano quel periodo, i nostri nonni si ricordano un'infanzia da sfollati, si ricordano i bunker e le sirene antiaeree, si ricordano la guerra. Un anno fa una bella mostra a Cagliari (la più visitata in Sardegna nel 2013) ha ricordato quel momento drammatico. Il periodo è difficile ma non è il più difficile, ci siamo rialzati allora, ci sapremo risollevare anche oggi. Servono coraggio e volontà di cambiamento, occorre guardare al futuro con spirito autonomistico e senso di responsabilità. Se è vero che la ragione, i dati macroeconomici e quelli di bilancio, ci potrebbero portare a farci sconfiggere dal pessimismo, è necessario in questa fase come in tutte quelle difficili della storia opporre al pessimismo dell'intelligenza l'ottimismo della volontà.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Alberto Randazzo. Ne ha facoltà.
Poiché non è presente in Aula, decade.
E' iscritto a parlare il consigliere Luigi Lotto. Ne ha facoltà.
LOTTO LUIGI (PD). Presidente Pigliaru, presidente Ganau, signori e signore Assessori, colleghi consiglieri, colleghe consigliere, inizia in questi giorni una nuova stagione amministrativa, la potremmo definire una nuova avventura, che punta a dare al popolo sardo una nuova speranza e una nuova prospettiva. Innanzitutto lei, Presidente, con la sua Giunta formata da autorevoli personalità, ma ancor più noi, questo Consiglio, questa maggioranza, l'intera Aula abbiamo il dovere, l'onore ma anche l'onere di offrire e garantire alla nostra Isola una nuova stagione di buon governo. Non sarà facile, non sarà scontato, dovremo cimentarci tutti con grandissimi problemi, in parte per responsabilità di noi sardi, in parte per responsabilità non nostra.
Certo, più di uno in quest'Aula l'ha ricordato, serve il buon esempio della politica - ne ha fatto un cavallo di battaglia il Presidente in campagna elettorale - serve la trasparenza, serve la comunicazione. Noi ripresenteremo una legge sulla partecipazione dei cittadini al governo della cosa pubblica, che avevamo già presentato nello scorso mandato, che aiuterebbe a costruire un percorso definito su questo terreno. Quindi ci confronteremo anche su questo tema creando le condizioni per costruire consenso e consapevolezza sulla realizzazione dei grandi eventi e delle grandi politiche nell'interesse del popolo sardo.
Questa è una premessa indispensabile, però non è sufficiente. Serve da parte di tutti noi, da parte del Presidente, della Giunta e di noi consiglieri, maggiore professionalità e maggiore capacità di assolvere nel migliore dei modi il compito che ci siamo, per nostra volontà, voluti assumere. Serve capacità politica che sappia valorizzare la competenza tecnica, che sappia fare scelte coraggiose, che sappia leggere la realtà e trovare di conseguenza le giuste risposte.
Presidente, nella sua relazione ho trovato la consapevolezza della situazione drammatica che viviamo e i pochi numeri che lei ci ha trasmesso, pochi ma molto chiari, il calo del PIL del 7 per cento, la disoccupazione con 30 mila posti di lavoro in meno, le richieste della cassa integrazione in deroga quintuplicate, sono elementi che fotografano una realtà cruda e amara, resa ancora più drammatica dagli accenni, veloci ma chiari, che lei ha voluto fare alla dispersione scolastica e alla particolare dispersione scolastica che è presente nelle zone interne che è anche, diciamo così, causa ed effetto di quell'altro fenomeno che caratterizza l'intera area interna della Sardegna: lo spopolamento dei comuni; sono due facce della stessa medaglia.
Per l'isola, è certo, serve un grande progetto di rilancio economico e sociale; lei ha individuato con puntualità i principali pilastri su cui impostare e poi realizzare questo progetto: istruzione e attenzione ai giovani, flessibilità del sistema economico, sburocratizzazione e semplificazione. Sono pilastri fondamentali, a monte di qualsiasi politica di sviluppo che voglia poggiare su solide basi; una politica di sviluppo e di crescita che noi, insieme a lei e alla Giunta, intendiamo proporre e promuovere.
Lei ha delineato questa politica con puntualità e con vari argomenti; avrebbe potuto fare un elenco molto più lungo della spesa ma non avrebbe aggiunto nulla a quello che ha già trasmesso con questa relazione, non era un elenco della spesa quello che noi le stavamo chiedendo e quello che noi ci aspettavamo. Ci serviva un ragionamento serio su come impostare la nuova politica della Regione sarda per i prossimi cinque anni e lei l'ha fatto.
Io, invece, a differenza dei colleghi della minoranza ho apprezzato che non si sia disperso in tantissime, specifiche osservazioni perché, se l'avesse fatto, non avrebbe potuto, se non parlando quattro ore, trattare tutte le questioni che bisognava trattare, ma non sarebbe servito a nulla. Abbiamo davanti a noi i prossimi mesi per mettere a disposizione la nostra capacità di lavorare e di elaborare, di proporre e di realizzare per raggiungere gli obiettivi che ci siamo posti.
Oggi, sentire criticare la sua relazione perchè non conterrebbe tutto ciò che si intende fare mi lascia perplesso perché io ricordo benissimo quando il presidente Cappellacci, cinque anni fa, disse con serafica sensibilità: "Il programma di governo lo costruiremo nei prossimi cinque anni discutendo con la gente". Io, Presidente, le chiedo di fare questo nei prossimi due mesi perché nei prossimi cinque anni le chiederemo l'elenco di ciò che avremo realizzato, i sardi chiederanno l'elenco di ciò che avremo realizzato; lo chiederanno a voi, a noi ma anche a voi colleghi della minoranza. Quindi fa sorridere se andiamo a vedere che cosa in cinque anni si è fatto.
Io sono consapevole che governare non è facile e non lo dico oggi perché c'è una Giunta, tra virgolette, amica da quella parte, ma lo dicevo e lo riconoscevo anche quando c'era una Giunta non amica perché governare è davvero difficile, certo è più facile non governare o comunque governare male. Nessuno può pensare che se la situazione è grave le responsabilità sono o di chi ha governato 10 e 5 anni fa oppure di chi si sta accingendo a governare adesso. Delle due l'una, o si considera che questi cinque anni siano stati un incidente di percorso e ne prendiamo atto tutti, oppure ciascuno si deve assumere la responsabilità nel bene e nel male di quello che è successo: nel bene e nel male.
Il bene lo rappresentano gli obiettivi conseguiti, il male lo rappresenta ciò che non si è fatto. Ora a nessuno di noi spetta giudicare, da adesso, le future insufficienze di chi si sta accingendo a governare, non serve ignorare le responsabilità recenti, diciamo che il programma della Giunta Pigliaru, del centrosinistra contiene tutte le tematiche che dovranno essere affrontate.
Il programma contiene anche quanto il centrosinistra, ieri minoranza, ha elaborato e proposto in quest'Aula e nelle Commissioni e che non ha avuto alcun seguito, un patrimonio di proposte, di indicazioni programmatiche che è rimasto lettera morta. Il centrosinistra aveva elaborato e in parte portato a realizzazione un programma anni fa che, nel corso di questo incidente di percorso durato cinque anni, è stato lasciato crollare anche in quella fase virtuosa che un percorso che inizia a produrre risultati porta avanti.
Una elaborazione legislativa esiste quindi in tutti i campi, esiste nel centrosinistra, esiste anche nel centrodestra, a voi spetta la responsabilità di metterla a disposizione e in discussione nel campo sociale, nel campo sanitario, nell'istruzione, nella sostenibilità ambientale, nel campo economico. Da parte di qualche collega della minoranza è stata lanciata una sfida in positivo, io sono perché si colga questa sfida con grande serenità; la deve cogliere il Presidente, la devono cogliere gli Assessori ma in particolare la dobbiamo cogliere noi perché da un confronto in positivo possono sortire solo dei risultati positivi per il popolo sardo.
Impedire di governare non serve a nessuno, non l'abbiamo fatto noi nello scorso mandato quando c'erano 53 consiglieri da quella parte e 27 da questa, mentre oggi, con numeri totalmente diversi, la maggioranza ha 36 consiglieri e la minoranza 24. Ripeto che non l'abbiamo fatto, però diciamo che abbiamo dato diversi contributi perché si governasse meno male di quanto complessivamente si è fatto. Ci sarà pure un motivo, colleghi della minoranza, se l'unico risultato che viene evocato qui dentro (l'ha fatto il Presidente ma lo hanno fatto anche alcuni Assessori della vecchia Giunta), è stato la riduzione dell'IRAP!
Però, signori, non è che si possa giocare con le parole; è vero, questo è un risultato seppure con tutte le sue contraddizioni, non c'è nulla di oggettivamente giusto, però questo è l'unico risultato che viene evocato, prima in campagna elettorale e oggi durante questa discussione. Vorrei ricordare quanta fatica ha fatto il centrosinistra, che era il soggetto promotore di quella proposta, per fare in modo che il centrodestra la facesse propria, è stata una battaglia lunghissima condotta in Commissione bilancio, in Aula, nella Conferenza dei Capigruppo.
E' un risultato di tutto il Consiglio regionale della scorsa legislatura, facciamocene carico tutti, e non lo sottolineo per criticare il centrodestra su questo, ma solo perché è l'unico risultato che viene evocato in quanto tale. Non si è potuto fare riferimento al riassetto del sistema idrico che non c'è stato, alla continuità territoriale che è molto peggio oggi rispetto a cinque anni fa, alla flotta che ha avuto il destino che ha avuto, al bilancio del settore agricolo.
Abbiamo fatto tre o quattro leggi di emergenza, punto! Il collega Oscar Cherchi ha parlato a lungo del marchio di qualità, avevamo una legge pronta per essere discussa e costruita, io ufficialmente del suo lavoro con la struttura sul marchio di qualità però non so nulla, ed ero in quest'Aula; se volevo sapere qualcosa dovevo parlare con i suoi funzionari di allora, eppure in Commissione c'era depositato un progetto di legge su quel tema che avete sempre e comunque rifiutato di discutere. Non è modo di governare. Di fatto però oggi quel tema è ancora tutto da costruire e lo faremo.
Rimanendo nel settore agricolo, la situazione della peste suina è la stessa di cinque anni fa, anzi, forse è peggiorata; ed è senz'altro peggiorata la situazione della blue tongue che doveva essere affrontata in maniera diversa. Su questo problema vorrei sottolineare come il fatto che l' Assessore della sanità e l' Assessore dell'agricoltura abbiano di recente partecipato e discusso insieme a un convegno a Oristano, dimostri un approccio diverso, perché io ho criticato (l'assessore Cherchi lo sa) per lungo tempo le argomentazioni favorevoli al trattamento esclusivamente di carattere sanitario, argomentazioni che hanno portato al risultato che conosciamo. Il settore non ha affrontato decentemente quella questione.
Non si può fare certo riferimento alla riduzione della disoccupazione e neanche alla riduzione della dispersione scolastica, anzi abbiamo dovuto registrare purtroppo una enorme dispersione. Emerge con chiarezza che usciamo da una stagione negativa, creiamone una positiva.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Giuseppe Fasolino. Ne ha facoltà.
FASOLINO GIUSEPPE (FI). Presidente, illustrissimi colleghi, caro Presidente, oggi mi accingo a fare il mio primo intervento in questa che è la più importante sede istituzionale della nostra Regione, di cui ho l'onore di far parte e che spero di rappresentare sempre degnamente. Chi mi conosce sa quanto io sia una persona moderata, ma soprattutto quanto consideri fondamentale, per chi come noi ha un ruolo politico, parlare di argomenti, di programmi e cercare di comprendere come questi si possano portare avanti per raggiungere determinati obiettivi.
Presidente, proprio per queste mie attitudini non sarò una persona che farà un'opposizione a prescindere, anzi, sui temi fondamentali sarò (e penso anche tutti i miei colleghi) al suo fianco e a quello della Giunta da lei presieduta. Come già detto da molti colleghi saranno cinque anni davvero fondamentali per la nostra isola. Lei ha un grande onere, Presidente, ma anche il grande onore di amministrare in un periodo storico particolare la nostra terra. Spero che non soltanto il Presidente, la Giunta o ancora la maggioranza siano all'altezza della situazione, ma che anche noi della minoranza saremo all'altezza di questo importante compito che cambierà le sorti della nostra terra. Come è stato già detto, infatti, su alcuni temi ci dovremo trovare insieme e combattere e, non me ne voglia la vecchia minoranza, non come è stato fatto nella precedente legislatura.
Presidente, mi dispiace non essermi emozionato durante il suo discorso, come è accaduto a qualche collega del centrosinistra, sicuramente più sensibile di me, che però subito dopo le ha ricordato tutto ciò che lei non aveva inserito nel suo Documento programmatico; e se analizziamo gli interventi notiamo più suggerimenti da parte del centrosinistra che del centrodestra.
Anch'io Presidente mi unisco ai ringraziamenti per aver rivolto il suo pensiero alle vittime dell'alluvione del 18 novembre scorso, anche se mi sarei aspettato da parte sua l'annuncio di un'azione immediata e forte nei confronti di un Governo centrale che continua a prendersi gioco della nostra popolazione e, nella fattispecie, di persone che in molti casi hanno perso veramente tutto. Ero presente quando alcuni di questi signori del governo hanno "fatto vetrina" nel nostro territorio dove, in alcuni casi, hanno fatto specifiche promesse che non stanno mantenendo. E' il caso dei viticoltori olbiesi, le cui produzioni sono una importante eccellenza non soltanto locale ma di tutta l'isola, come le ho rappresentato nell'ultima mozione protocollata proprio oggi.
Presidente, non si deve stupire pertanto se le critiche al suo documento non riguardano i contenuti, in quanto di questi è privo; mi viene ancora di più da sorridere, anzi, da piangere quando qualcuno identifica in questo il grande cambiamento. Probabilmente lo farà più avanti, Presidente, con atti concreti, ma non ditemi per favore che questo è il modo innovativo di fare politica che avete in mente per i prossimi cinque anni. Non parlare di come si vuole conseguire determinati obiettivi, determinati risultati è dire "innovazione politica"?
Presidente, lei ha semplicemente fatto un elenco di cose che non vanno, ha preparato un discorso generico pieno di dogmi e di spot, gliene ripeto alcuni: "i risultati dipenderanno dalla nostra capacità" oppure: "non c'è credibilità senza sacrificio", mi sarei aspettato insieme all'enunciazione dei dati anche qualche soluzione, non dico tutte, ma almeno le più importanti.
Non avrei preteso che lei parlasse di come vorrà fare il nuovo PPR ma che almeno accennasse al fatto che da subito bisognerà porgli mano perché il vecchio ha bloccato la possibilità di programmare i nostri territori; e non parlo per forza di costruire, parlo di sviluppo perchè ha levato alle amministrazioni la possibilità di programmare il loro territorio, di programmare la loro economia e voi ci insegnate che senza una programmazione si commettono i più gravi errori perché viene a mancare la certezza più importante: quella del diritto, signor Presidente.
Questa mia affermazione non può essere considerata soggettiva, altrimenti non si spiegherebbe come soltanto otto comuni siano riusciti ad approvare il loro PUC. Per dare più valore oggettivo a questa mia affermazione aggiungo che chi sta parlando ha quasi adeguato il PUC del proprio comune al PPR non aspettando altri strumenti, non aspettando il PPS, però non è possibile che per fare questo ci siano voluti ben otto anni, in otto anni cambia tutto: quando si finisce l'iter di approvazione occorre scrivere un nuovo PUC perché le cose sono cambiate.
Come non essere delusi dal fatto che quando si annuncia un dato così importante come quello relativo alla disoccupazione non si fa cenno a come e quali comparti possono essere sviluppati per poter creare posti di lavoro. Penso all'agroalimentare che può essere veramente un settore trainante per la nostra economia creando dei nuovi importanti posti di lavoro; basti pensare che noi importiamo il 75 per cento dei prodotti per il soddisfacimento del nostro fabbisogno. Quindi che tipo di politica questa Giunta può portare avanti per invertire questa tendenza?
Oggi avrei voluto poter capire, dare il mio contributo, anche perché magari ho delle proposte da fare. Ancora, come non essere delusi dal fatto che non si è parlato di turismo, altra vera grande industria naturale di cui disponiamo? Che tipo di programmazione e di promozione volete portare avanti? E su quali tipi di mercati vorreste concentrarvi? A quale target di turismo vorreste rivolgervi? Bene, da questo documento nulla si evince, e non basta la fiducia che uno può avere nei confronti del professore Morandi.
Non posso accettare inoltre il fatto che qualche collega, nel tentativo di difendere questo documento, continui a fare riferimenti negativi nei confronti del precedente Presidente; si è voltato pagina, siete stati votati, vi siete accorti che avete vinto le elezioni e che non siete più all'opposizione? Non siete stati votati per fare l'elenco delle cose che non vanno, bensì per dare delle soluzioni.
Presidente, in un passaggio del suo documento lei dice che la campagna elettorale è finita, da una persona del suo spessore mi sarei aspettato che su argomenti come la Green economy, la continuità territoriale aerea, l'IRAP facesse i complimenti al Presidente Cappellacci e alla vecchia Giunta e gli riconoscesse quei meriti che, Presidente, gli riconoscerete con i fatti. Io neanche mi pongo come un critico assoluto nei confronti di una Giunta di tecnici perché penso che esistano bravi tecnici che possano ricoprire bene ruoli politici e altrettanti bravi tecnici che non siano in grado di farlo; lo stesso discorso vale per chi fa politica, un bravo politico non è detto che sia automaticamente un bravo Assessore. Da questo punto di vista avremo tempo per potervi giudicare.
Come le ho già detto all'inizio del mio discorso mi considero una persona moderata, anche un buono, uno che ha fiducia a prescindere; quindi, Presidente, io non la boccio, è strano da dire a un professore, io la rimando, Presidente, con la speranza che lei sia promosso, perché io prima di tutto sono sardo e ho la speranza che in questi cinque anni si possano risolvere i principali problemi della nostra terra. Però, caro Presidente - professore deve studiare, perché questo esame è il più importante di tutti quelli che ha sostenuto nella sua vita e mi auguro per tutti noi che lei possa superarlo.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Eugenio Lai. Ne ha facoltà.
LAI EUGENIO (Centro Democratico). Presidente, Assessori, consiglieri, presidente Pigliaru ho ascoltato le sue dichiarazioni programmatiche finalmente fatte con la testa e con la consapevolezza che abbiamo una terra da cambiare, da riformare per permettere ai nostri concittadini di ritornare a sperare, di ritornare ad avere fiducia nella politica e nelle sue azioni. La stessa politica che ora non è vista come elemento di risoluzione dei problemi generali, ma soprattutto come ceto che pensa al suo "particolare", distante fino a oggi dai problemi reali.
E quando la minoranza dice che siamo rimasti al periodo di Renato Soru, credetemi, io ci credo. Io ci credo perché da amministratore del Sarcidano-Barbagia di Seulo, ho visto l'ex Presidente della Regione solo dopo quattro anni e mezzo, e pensavo fosse un pregiudizio nei confronti del mio territorio. Però quando vado dall'altra parte della Sardegna, a Sassari per esempio, capisco che non è mai entrato neanche a Palazzo Ducale. Quindi ci credo che siamo rimasti ancora al periodo di Renato Soru!
Nel tempo le politiche regionali sono state costruite come se la Sardegna fosse una ciambella: piena sulle coste e vuota all'interno. Il nostro compito è quello di creare politiche di sviluppo non per alcuni, ma per tutta la nostra isola. Le zone interne vivono una situazione disperata, soffrono l'isolamento, hanno un altissimo tasso di spopolamento e di invecchiamento con una preoccupante fuga dei giovani. Bisogna riuscire ad attivare politiche che permettano a questi ultimi di crearsi un futuro nella propria terra, sfruttandone al meglio le intelligenze e le professionalità che le rappresentano.
Bisogna ripristinare con la massima urgenza il Fondo unico che è stato tagliato complessivamente per 28 milioni di euro, per cui non si consentirà ai comuni di chiudere i bilanci salvaguardando tutti i servizi. Bisogna tutelare l'identità e la storia dei piccoli comuni, concertando con essi le modalità dell'associazionismo. Bisogna ricontrattare il Patto di stabilità che rappresenta un grave danno per la nostra economia, perché in questi anni ha fatto fallire tantissime imprese con la conseguente perdita di posti di lavoro. Bisogna cambiare le norme sull'anticipazione dei lavori pubblici, che andavano bene in precedenza per il monitoraggio dei lavori ma ora rischiano anche esse di essere un grave danno per la nostra economia, con imprese che incassano i pagamenti solo dopo tantissimo tempo.
Per quanto riguarda l'ambiente finalmente si parla di tariffa unica di smaltimento dei rifiuti. Finalmente non si parla solo del cambio dei vertici, ma di politiche serie e consapevoli. Infatti nel corso di questi anni abbiamo visto aumentare a dismisura i costi della raccolta differenziata, nonostante la virtuosità della maggior parte dei cittadini. Dal 2006 a oggi il costo di smaltimento a tonnellata di indifferenziata è passato da 60 euro a circa a 163 euro. Lo smaltimento di una tonnellata di umido costava 30 euro e oggi la paghiamo 95 euro circa, con gravi ripercussioni sui nostri concittadini, con gravi ripercussioni sulle tasche dei nostri concittadini che sono costretti a subire una bolletta Tares altissima, che non possono permettersi di pagare.
E pensiamo a quei pensionati che percepiscono 450 euro al mese e che si ritrovano a dover pagare una bolletta Tares di 200 euro. È una cosa inconcepibile! Prendiamo esempio dai paesi nordici che vedono il rifiuto non come un costo ma come una risorsa attraverso centri di compostaggio e produzione di energia elettrica. Troppe speculazioni si sono viste sulle energie rinnovabili, dove i rappresentanti degli enti locali poco incidono ancora per quanto riguarda i pareri e le normative. Energie rinnovabili che fino a oggi hanno lasciato nella nostra terra solo occupazione dei territori e nessun beneficio. Anche in questo caso non sarebbe male pensare subito a una moratoria in attesa di un piano generale di riordino.
Va bene anche il passaggio sulle bonifiche, non possiamo più permettere l'uso indiscriminato del nostro territorio, bisogna ricontrattare con lo Stato le occupazioni militari, alle multinazionali bisogna impedire di inquinare il nostro ambiente e di lasciare poi solo cassintegrati e disoccupazione. Permettetemi di dire che è inaccettabile anche il comportamento, lo vediamo in questi giorni, dell'Anas che sta utilizzando, per il diserbo delle nostre strade, pesticidi vicino a falde acquifere, pesticidi che creano solo dei grossissimi danni ambientali.
Sull'istruzione e sulle politiche giovanili, ripristiniamo subito i fondi per le borse di studio per i diversi livelli di istruzione. Ripristiniamo i fondi per l'acquisto dei libri scolastici per le famiglie disagiate, e quelli per il trasporto scolastico che sono stati notevolmente tagliati negli ultimi anni. Parliamo di riordino scolastico non come taglio della spesa, ma come migliore istruzione garantendo però la sicurezza dei nostri bambini, delle nostre strade e la fruibilità dei servizi.
Bene il piano delle politiche giovanili che lei ha citato, perché fino a oggi i giovani erano esclusi dalle politiche regionali. Abbiamo bisogno di una politica seria sulla formazione professionale perché è giusto tagliare, ma è giusto anche combattere l'abbandono scolastico e nei territori delle zone interne l'abbandono scolastico si evita creando professionalità, dando la possibilità ai giovani di specializzarsi e di crearsi un futuro. La lingua sarda, qualcuno l'ha detto prima di me, va salvaguardata e valorizzata, magari anche con l'insegnamento scolastico. Bisogna dare certezza al sistema culturale, che in Sardegna vive nel precariato ma offre un servizio fondamentale, vedendo la cultura non come una spesa, ma come una risorsa. Perché è vero che di cultura non si mangia, come diceva qualche ex ministro, ma è altrettanto vero che di cultura si vive.
Per quanto riguarda le infrastrutture, ritengo ottima la strategia sulla mobilità esterna e, quindi, sulla continuità territoriale che è di fondamentale importanza per la nostra terra, non si trascuri però lo studio di un piano sulla mobilità interna, dissestata e di scarsissima sicurezza. Risale a qualche giorno fa la notizia di un gravissimo incidente con una persona in fin di vita. Anche in questo settore il cambio di rotta si è notato subito; il neo assessore Maninchedda si è impegnato a risolvere i numerosi problemi dovuti soprattutto all'alluvione di novembre, e ha anche già aperto la vertenza con l'Anas sulla "131".
Sul rischio idrogeologico, lo dice il sindaco di un comune con un rischio idrogeologico altissimo, abbiamo tanto da fare, ma anche un grande bisogno di sburocratizzazione. E' impensabile che un progetto si fermi negli uffici regionali per anni e anni. Abbiamo atteso sei anni prima di poter appaltare un canale a monte. Allora, che cosa aspettiamo? Aspettiamo le alluvioni che creano morti, per poi piangerli e rincorrere l'emergenza?
Sulla sanità ho apprezzato tantissimo il passaggio sull'indipendenza della sanità dalla politica, e aggiungerei anche la necessità di una riorganizzazione dei servizi. Riorganizzazione che mi auguro avvenga, permettetemi di dire, con la riduzione dei manager sanitari, dieci sono troppi per la nostra Sardegna. Abbiamo un manager ogni 150 mila abitanti, non è accettabile, abbiamo bisogno di una riorganizzazione seria che interessi la Sardegna in generale, non limitandoci al particolare.
Ci vuole maggiore attenzione nei confronti dei piccoli ospedali che rappresentano un baluardo per molti dei nostri territori. Mi riferisco in particolar modo alle strutture di Isili, Muravera, Sorgono e Bosa che devono essere valorizzate, bisogna considerare la sanità non solo come un costo, ma come un servizio fondamentale. Non si può più accettare il fatto che numerose donne, provenienti dall'interno, partoriscano in viaggio a causa dei lunghi tempi di percorrenza, mettendo a rischio la propria salute e quella del nascituro. Si presti attenzione, inoltre, alle lunghissime liste d'attesa e ai disservizi purtroppo presenti in ambito sanitario.
Sull'agricoltura, mi sarei aspettato un'autocritica, lo dico all'ex Assessore, visto che non riusciamo mai a spendere tutti i fondi europei, tanto che la maggior parte li restituiamo. Abbiamo il dovere di studiare una normativa unica ed efficace che tuteli le eccellenze dei prodotti locali, magari riuscendo anche a creare percorsi di filiera corta che possano garantire uno sviluppo economico endogeno.
Si pensi che importiamo il 75 per cento delle carni di maiale, avendo uno dei più grandi stabilimenti di allevamento suinicolo chiuso nel centro Sardegna, esattamente a Perd'e Cuaddu. Abbiamo speso circa 25 milioni di euro negli ultimi anni per sconfiggere la peste suina, 25 milioni di euro che, per assurdo, sarebbero bastati per eliminare tutti i maiali presenti in Sardegna e ricomprarli.
Sul lavoro sono ancora aperte troppe vertenze nella nostra Isola, dobbiamo riuscire a invertire il trend con politiche attive e creando occupazione. La disoccupazione è infatti altissima, abbiamo soprattutto tassi di disoccupazione femminile preoccupanti; cito ad esempio un comune della mia zona, il Comune di Esterzili, che ha un tasso di disoccupazione femminile al 55 per cento: un dato inaccettabile. In Sardegna abbiamo troppe leggi, a volte anche contraddittorie, con norme non lineari e di non facile applicazione; bisogna attendere troppo tempo per ricevere i pareri, e questo sfiducia chiunque voglia pensare di aprire un'attività nella propria terra.
Ottimo il passaggio sulla riduzione degli enti, degli enti regionali e dei rispettivi Cda; aggiungerei il tetto massimo allo stipendio dei presidenti e dei consiglieri di amministrazione e i criteri di valutazione annuale del loro operato. Magari con le risorse che riusciamo a recuperare possiamo rimpinguare i capitoli relativi ai cantieri di occupazione che rappresentano un baluardo anche in questo caso per numerosi cittadini dei nostri comuni.
Presidente, la sosterrò con passione, la passione di un giovane che è qui, come voi della Giunta, non come si usa dire per riscaldare la sedia ma per dare risposte concrete ai problemi della nostra terra e dei nostri concittadini.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Ignazio Giovanni Battista Tatti. Ne ha facoltà.
TATTI IGNAZIO GIOVANNI BATTISTA (UDC). Presidente, io sarò breve perché si è detto di tutto e di più e, quindi, a mio avviso niente. Intanto nel corso di questi cinque anni sicuramente avremo modo di incontrarci, di parlare di tutte le problematiche della Sardegna e di affrontare in Consiglio, mi auguro, tutte le questioni che interessano il popolo sardo. Presidente Pigliaru, voglio invitarla pertanto a essere presente nei nostri territori, anche in quello della Barbagia di Seulo, caro Eugenio, come è stato presente il presidente Cappellacci, presente con i fatti,.
Signor Presidente del Consiglio, Presidente della Giunta, Assessori, colleghe e colleghi tutti, rappresentanti del popolo sardo, vi auguro un buon lavoro per questa quindicesima legislatura. Sono un sindaco di un piccolo paese della Sardegna e ho l'onore di rappresentare in questa Assemblea, assieme ad altri colleghi, la Provincia di Oristano ma con l'intento di occuparmi delle problematiche di tutta la Regione.
Oggi sono chiamato a esaminare le dichiarazioni programmatiche di una Giunta di professori. Innanzitutto voglio sottolineare il contrasto tra il bel discorso del presidente Ganau, che ha parlato di coinvolgimento dell'intera Assise nell'affrontare le problematiche della Sardegna, con il suo, presidente Pigliaru, che mi è sembrato contenesse quasi un invito a ratificare in Consiglio le cose fatte dalla sua Giunta.
Con grande dispiacere ho notato nelle sue dichiarazioni delle dimenticanze, gravi dimenticanze, mi auguro che i sardi non abbiano scelto un governatore che rientri nella fattispecie delle persone che lei, Presidente, ha menzionato come non all'altezza delle situazioni se messe in ruoli di responsabilità. Mi auguro che lei abbia la forza, in questo momento di stenti, di affrontare le problematiche che attanagliano la Sardegna come le ha affrontate il presidente Cappellacci. Non ha affrontato il problema della cultura come volano dello sviluppo della Sardegna con la valorizzazione di quegli invidiabili musei a cielo aperto che caratterizzano la nostra Regione; una valorizzazione che consentirebbe anche di dare risposte ai tanti disoccupati.
Come fa a non fare un cenno sulla situazione drammatica della pastorizia, dell'agricoltura, dell'ambiente, ha parlato delle "case della salute" ma non ha detto che cosa vuole fare dei piccoli ospedali. Mi auguro che la parola "razionalizzare" non significhi tagliare servizi ai cittadini.
Da buon professore si ricordi dell'università di Oristano, si ricordi che per avere dei servizi uguali sia nelle città che nelle zone interne della Sardegna non può e non deve fare calcoli ragionieristici. Prima di finanziare interventi per l'edilizia scolastica, come ha fatto con la delibera 10/15 del 28 marzo, avrebbe fatto bene a decidere cosa vuole fare della scuola soprattutto nei piccoli comuni delle zone interne; non vorrei che venissero finanziate scuole che poi verranno chiuse al momento della stesura del Piano scolastico. Mi auguro che abbia lasciato all'Assessorato della pubblica istruzione risorse per dare qualche deroga per avere scuole di qualità in tutto il territorio della Regione da Cagliari a Baradili.
Parla spesso di tavolo tecnico, ma lei ce l'ha già, Presidente, il tavolo tecnico: è la sua Giunta il tavolo tecnico. A proposito di questo lei parla di risparmi, bene, il precedente governo regionale è riuscito a ridurre il numero dei consiglieri regionali da 80 a 60, ottima iniziativa che merita il mio plauso in un momento difficilissimo per le nostre famiglie, imprese, attività e per la società tutta.
Presidente, lei in meno di un mese è riuscito, in modo unilaterale, ad aumentare il numero dei rappresentanti della Regione portandoli da sessanta a settantadue con l'incremento di dodici Assessori esterni e quindi con un esborso per le casse della Regione per dodici stipendi in più. Tutto ciò in totale contraddizione a quanto da lei dichiarato in campagna elettorale ai sardi. Per correttezza e rispetto voglio precisare che tutti gli Assessori da lei prescelti sono degnissime persone, esperti e competenti, e sono sicuro che potranno contribuire con il loro operato alla risoluzione dei problemi dei sardi.
La democrazia, però, impone o dovrebbe imporre che a scegliere sia il popolo, è chiaro che anche l'esempio del Governo nazionale non aiuta, basti pensare che gli ultimi tre presidenti del Consiglio dei Ministri sono stati nominati e non eletti dal popolo.
Presidente, lei dice di aver prorogato i termini della legge numero 162 sulle non autosufficienze, ma le ricordo che ha prorogato quelle del 2013 non considerando quelle attuali cioè quelle presentate per il 2014; quindi come sindaco non so che risposta potrò dare ai miei concittadini che aspettano.
Parla di parità di genere quindi mi aspetto di avere almeno qualche collega consigliera Presidente di Commissione in questa Aula.
Nessun accenno allo spopolamento delle zone interne anche se parla di "guardia dell'ambiente". Le ricordo che i guardiani dell'ambiente sono gli abitanti delle zone interne.
Presidente, sulla Zona franca ci creda, ci provi, non ci sono costi, non spende niente.
Nessun accenno a come vuole affrontare la problematica del sistema idrico integrato eppure penso che debba essere affrontata urgentemente. Come lei sa il 14 aprile ci sarà l'assemblea dei soci per decidere la sorte del gestore del sistema idrico integrato. Lei dice che il dovere di un settore pubblico moderno ed equo è quello, se non riesce in altro modo, di farsi carico dei lavoratori. La informo che ci sono 450 lavoratori delle imprese d'appalto della depurazione che non percepiscono lo stipendio da quattro mesi; le chiedo quindi di attivarsi urgentemente, come socio di maggioranza, per l'internalizzazione di queste maestranze bloccando l'appalto in essere di circa 100 milioni di euro. Questo consentirebbe anche la riduzione delle tariffe.
La invito a programmare dal basso, e non solo con luminari che non conoscono le problematiche della Sardegna. Nella programmazione parla di new economy e di green economy; qualche volta le consiglio di ritornare a "su connottu". Infine le dico che sono deluso per l'invito che mi ha rivolto a essere battagliero, sarei stato più contento se mi avesse invitato a collaborare attivamente per risolvere i problemi della Sardegna, anche perché questa minoranza è stata votata da 300 mila 522 elettori, contro la sua maggioranza che è stata votata da 291 mila 572 elettori, questa minoranza ha preso 9 mila voti in più. Comunque, nonostante questo, voglio chiudere per il bene della Sardegna con un invito a tutto il Consiglio: "Fortza Paris".
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Antonio Solinas. Ne ha facoltà.
SOLINAS ANTONIO (PD). Presidente, anch'io colgo l'occasione per formulare gli auguri di buon lavoro al presidente Pigliaru, alla Giunta, al Presidente del Consiglio e a tutto il Consiglio regionale, credo che ne abbiamo davvero bisogno tutti. La drammatica situazione economica e sociale in cui versa la Sardegna ritengo sia sotto gli occhi di tutti; il segnale forte e preoccupante di questo malessere, della sfiducia totale dei cittadini sardi nei confronti della politica, delle istituzioni, di questa istituzione in particolare, è arrivato lo scorso 16 febbraio: quasi il 50 per cento degli elettori sardi ci ha detto chiaramente di non avere fiducia nei confronti dell'Istituzione regionale.
Appare quindi prioritario che l'azione di questo Consiglio e di questa Giunta debba essere indirizzata al coinvolgimento dei cittadini sardi nella vita politica e amministrativa della Regione. Questo può avvenire solo se avremo la capacità di mettere in campo una buona politica finalizzata all'equità sociale e alle pari opportunità sociali, alle pari opportunità tra tutti i cittadini, tra quelli che risiedono a Cagliari e quelli che risiedono ad Allai, a Villasimius, in Marmilla, in Ogliastra o nel Barigadu.
Abbiamo scelto Francesco Pigliaru come candidato del centrosinistra in quanto persona seria, competente, in grado di guidare la coalizione nel tentativo non semplice di dare risposte forti per far ripartire la Sardegna, ma sapevamo e sappiamo benissimo che non è in grado di fare miracoli. C'è stato un continuo ripetersi, un filo logico nelle dichiarazioni dei consiglieri di minoranza nei confronti delle dichiarazioni programmatiche del presidente Pigliaru; qualcuno ha detto infatti che ha citato solo due volte la parola "agricoltura", oppure che ha parlato poco delle imprese.
Certamente in un'ora non poteva entrare nel dettaglio dei singoli settori; lo farà, e lo faremo sperando che anche la minoranza consiliare faccia la sua parte, così come l'ha fatta il centrosinistra nella passata legislatura. Non voglio polemizzare con nessuno perché questa non è la sede, però sentire i colleghi del centrodestra, che sino alla settimana scorsa hanno avuto un ruolo diretto nell'Esecutivo regionale e ruoli apicali nei settori specifici dell'amministrazione regionale, lamentarsi che non sia stato dato il giusto peso, nelle dichiarazioni programmatiche, ai settori dei quali erano personalmente responsabili, e per i quali non in un'ora, ma in tre o quattro anni, qualcuno in cinque anni, poco hanno fatto e nulla hanno lasciato in eredità al popolo sardo; crea in noi molte perplessità.
Rileggetevi le dichiarazioni programmatiche fatte in quest'Aula cinque anni fa dall'allora presidente Cappellacci, dove, tra le altre cose, ci diceva di non avere un programma per la Sardegna, ma che lo avrebbe costruito giorno dopo giorno attraverso il confronto con i cittadini. I risultati credo siano sotto gli occhi di tutti. Nella mia provincia, quella di Oristano, il presidente Cappellacci è passato nel corso della campagna elettorale per le regionali del 2009 e per le elezioni del 2014.
Di conseguenza non sono d'accordo con il mio conterraneo, il consigliere Tatti, che si augura che il presidente Pigliaru e questa Giunta siano presenti nei territori come è stato presente Cappellacci, sarebbe un disastro per tutta la Sardegna.
Presidente, ho apprezzato molto le sue dichiarazioni programmatiche, in linea con quanto abbiamo detto in questa campagna elettorale. Ci ha descritto una Sardegna vera, reale, attuale, indicando quali debbano essere le priorità e le urgenze per ridare dignità ai sardi e alla Sardegna, e sulla base delle quali i cittadini sardi ci hanno dato la loro fiducia. I fatti e la realtà purtroppo parlano chiaro; in tutti gli indicatori economici la Sardegna è tornata indietro di dieci anni, esattamente al 2004, guarda caso alla fine dell'esperienza di Floris, Pili, Masala, non al 2009, collega Peru, ma esattamente al 2004, quando il centrosinistra si prese in carico quella situazione drammatica in cui anche allora il centrodestra aveva lasciato la nostra Isola.
E' vero, le responsabilità sono attribuibili alla crisi nazionale, alla crisi europea, alle crisi mondiali, ma l'inefficienza del governo del centrodestra, negli ultimi cinque anni, ha fatto di gran lunga la sua parte. Non voglio fare l'elenco, sarebbe troppo lungo, basta parlare dei rapporti di sudditanza intercorsi con lo Stato centrale; rapporti che hanno creato danni alla Sardegna che rischiano di essere strutturali.
Mi riferisco in particolare alla vertenza entrate e ai fondi FAS. Lei, presidente Pigliaru, ha quantificato in 1 miliardo e 200 milioni di euro il totale delle mancate entrate, e credo che forse ci sia qualcosa di più, e questa responsabilità è tutta in capo alle scelte che il centrodestra, e in particolare il suo Presidente, ha fatto di non difendere quella grande battaglia che la giunta del centrosinistra e tutte le forze politiche e sociali vinsero nell'allora 2006.
Voglio ricordare ai colleghi del centrodestra, magari anche ai colleghi che per la prima volta siedono nei banchi di questo Consiglio, che il centrosinistra nella passata legislatura, pur di convincere il presidente Cappellacci a difendere quella grande vittoria, arrivò anche a occupare quest'Aula; a nulla è servito, bastò una letterina del Sottosegretario competente in quel momento per tacitare la maggioranza di allora.
A questa maggioranza, ma mi auguro a tutto questo Consiglio, spetta oggi il compito non semplice di cercare di porre rimedio a un danno così rilevante. Per brevità di tempo cerco di evitare di ripetere le cose che i colleghi del PD e della maggioranza hanno già evidenziato, voglio però sottolineare alcuni punti. La Sardegna, oggi più di ieri, vive il dramma dello spopolamento delle zone interne, dove la popolazione invecchia sempre di più e le nascite sono sempre di meno, e quei pochi coraggiosi che hanno scelto di resistere sono considerati cittadini di serie B.
Lo Stato è sempre meno presente: chiudono le caserme, chiudono le preture, chiudono le scuole, chiudono gli uffici postali, sono a rischio i servizi sanitari di base, l'unica autorità, oltre il sindaco, è spesso il parroco che, a volte, è anche part-time. E' necessario porre in campo azioni che abbiano la capacità, se non di eliminare, almeno di rallentare quello che ormai appare come un processo irreversibile.
Voglio ricordare che in quest'Aula non in cinquanta minuti, ma in cinque anni si è discusso su un settore fondamentale, come quello dell'agricoltura, per il rilancio della nostra economia solo quando l'opposizione ha presentato mozioni, interrogazioni o interpellanze; in cinque anni, lo diceva il collega Lotto, sono stati approvati appena tre provvedimenti legislativi: la legge regionale numero 15 del 2010, la numero 1 del 2010 e l'ultima, la numero 40, del 2013. In cinque anni con tre diversi Assessori non siete riusciti a programmare un intervento, dall'Assessorato alle Agenzie dove, pur di occupare il potere, avete nominato gli amici degli amici, e qualche volta anche qualche parente, lasciando perdere le capacità e le potenzialità dei direttori generali.
In merito alle Agenzie agricole ritengo sia necessario concludere il processo di riforma che il centrosinistra ha messo in campo nella precedente legislatura e che oggi siano maturi i tempi per l'istituzione di un'unica Agenzia, presidente Pigliaru, lasciando ad ARGEA il solo compito che il Consiglio regionale nella finanziaria del 2011, nella passata legislatura, gli aveva affidato, quello di ente pagatore, che la burocrazia regionale non ha mai voluto porre in essere, evitando finalmente agli agricoltori sardi di dover far riferimento sempre all'AGEA nazionale.
Presidente e Assessore dell'agricoltura, si sta concludendo il percorso del confronto Stato-Regione sul problema delle politiche agricole comunitarie. E' importante far sentire la nostra presenza cercando, possibilmente, di essere un po' più presenti che nel passato e cercando di definire le regole sulle nostre esigenze e non adeguando le nostre esigenze alle politiche comunitarie.
Sul lavoro è importante mettere in campo un Piano straordinario, (non il solito Piano straordinario che sino a oggi abbiamo conosciuto, che ha svolto certamente un ruolo fondamentale), perchè oggi non è più rinviabile l'adeguamento delle nuove norme e dei nuovi programmi al mercato del lavoro. Io parlerei oggi di un programma di lavoro, un Piano straordinario per il lavoro di giovani e imprese nel senso che vanno coinvolti certamente i disoccupati ma vanno coinvolte anche le imprese, e soprattutto dobbiamo evitare quello che è successo negli ultimi cinque anni, laddove i CESIL e i CSL, l'Agenzia del lavoro e l'Assessorato erano più in concorrenza e in contrapposizione tra di loro che non un luogo dove risorse, programmi, domande e offerte si incontravano per costruire un futuro migliore per la nostra isola.
Il sistema degli enti locali. Non possono essere considerati la nostra controparte, anzi, vanno rivalutati e messi nella condizione di dare maggiori servizi e risposte immediate ai cittadini della Sardegna. Il riordino dell'intero sistema degli enti locali (in seguito ai referendum, alle leggi approvate in questo Consiglio e all'ultima legge approvata dal Parlamento nazionale), è uno dei settori dove è necessario intervenire con immediatezza.
La cancellazione dell'ente Provincia impone di rivalutare, migliorare, dare più competenze, più risorse, più certezze giuridiche e amministrative alle Unioni dei comuni, ma dovremo verificare e approfondire se all'interno del nuovo ente di secondo livello, che dovrà svolgere le funzioni istituzionali sino a oggi svolte dall'ente Provincia, ci siano oggi le condizioni per dare al nuovo ente anche le competenze svolte dai Consorzi industriali e dai Consorzi di bonifica. Capisco che una simile scelta può incontrare forti contrasti e contrapposizioni nei vari settori economici e sociali dell'isola, però lo spreco avviene soprattutto in questi enti.
Il settore della gestione dei beni culturali, artistici e turistici va riorganizzato e aggiornato alle nuove esigenze che il mercato richiede. Nella scorsa legislatura non si è potuto o voluto definire che tipo di gestione dare a questa grande ricchezza economica che la Sardegna possiede. Più di ottocento persone con grandi professionalità operano in regime di precariato, alcuni da più di trent'anni. Credo sia giunto il tempo finalmente di fare una scelta definitiva.
In ultimo, Presidente, siamo consapevoli che se vogliamo cambiare passo per la Sardegna, far ripartire l'economia della Sardegna, cominciare per davvero il nostro domani, è necessario fare scelte coraggiose; so bene che a lei il coraggio non manca, ma servirà il coraggio di tutto il Consiglio, della maggioranza e anche dell'opposizione. Non possiamo fallire. La Sardegna, i sardi non ce lo perdonerebbero.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Gianluigi Rubiu. Ne ha facoltà.
RUBIU GIANLUIGI (UDC). Signor Presidente del Consiglio, signor Presidente della Regione, Assessori, colleghe e colleghi consiglieri, l'inizio della quindicesima legislatura in un momento storico particolarmente difficile impone a tutto il Consiglio una consapevolezza sulla grande responsabilità che grava sulla politica regionale.
Presidente Pigliaru, in queste ore successive alla presentazione delle dichiarazioni programmatiche, ho avuto modo di leggere attentamente il suo discorso che tratta, come è noto, di molte questioni importanti relative alla Sardegna. Ho pertanto analizzato tutte le proposte avanzate. Personalmente, e a nome del Gruppo UDC Sardegna, mi permetto di preannunciare che il nostro contributo sarà costruttivo, pur nel rispetto dei ruoli, cercando di non cadere in dinamiche demagogiche e sterili, ma al contrario impegnandomi e impegnandoci a dare un contributo concreto di rilievo.
Signor Presidente, la campagna elettorale è giunta al termine e ora ci ritroviamo in quest'Aula per entrare nel merito delle questioni più importanti che i nostri corregionali sardi sollevano ormai da troppo tempo. I problemi relativi alla Regione autonoma della Sardegna li conosciamo tutti e non ho intenzione di continuare ad alimentare l'elenco delle disgrazie che affliggono la nostra Isola; vorrei però dedicare qualche parola al commento sulle dichiarazioni programmatiche presentate all'inizio della scorsa legislatura e, pertanto, vorrei riprendere alcune delle tematiche che penso debbano essere il cardine della politica che la Regione sarda dovrebbe perseguire in maniera prioritaria e urgente in questa legislatura.
Noi dobbiamo essere i protagonisti di un vero cambiamento perché i sardi non hanno più tempo da perdere e hanno riposto in noi la fiducia affinchè si diano le risposte necessarie a colmare lacune che affliggono la Sardegna intera.
Presidente, quando lei illustra la drammatica situazione economica e sociale della Sardegna cita alcuni dati statistici relativi alla disoccupazione e alla restrizione della propensione ai consumi delle famiglie, critica i governi europei, italiano e regionale, ci illumina su una situazione presente molto complessa. Ciò che mi ha maggiormente colpito in questa prima fase delle dichiarazioni è però la totale assenza di riferimenti programmatici alla situazione dell'industria e della realtà produttiva e occupazionale attuale.
Ciò che i sardi stanno chiedendo, a gran voce e da troppi anni, non sono meri dati statistici, che conoscono meglio di noi, bensì sono indicazioni su come la Giunta regionale voglia mantenere ciò che esiste in questo momento; ciò che il popolo sardo vuol sapere è come si può far ripartire i grandi poli industriali, e faccio naturalmente riferimento ai poli industriali di Porto Torres e Portovesme. Da consigliere della ex Provincia di Carbonia-Iglesias ho avuto modo più volte di accompagnare i lavoratori dell'ALCOA, delle Eurallumina, dell'E.On. in tante manifestazioni tenutesi oltre Tirreno, i famosi viaggi della speranza, e vi posso garantire che questi lavoratori e le loro famiglie necessitano di risposte immediate ed efficaci. Stiamo parlando di realtà nelle quali sono coinvolte oltre il 50 per cento delle famiglie sarde e non mi pare rispettoso dedicare loro, caro Presidente, su 21 pagine solo una misera riga in cui si fa riferimento al programma elettorale.
Nelle dichiarazioni programmatiche e nel programma elettorale ho avuto il piacere di notare che è stato dedicato ampio spazio alla necessità di puntare sull'istruzione e sulla formazione dei nostri ragazzi affinché essi abbiano gli strumenti, le conoscenze e le competenze per scrivere di proprio pugno il loro futuro e magari che sia il futuro che loro desiderano. Signor Presidente, su questo argomento non posso che essere d'accordo con lei dato che l'importanza dell'istruzione e della formazione è stato uno dei principali pilastri dell'educazione che io stesso, come padre, ho cercato di trasferire ai miei figli e di questo ne vado particolarmente orgoglioso.
Oggi, però, mi rendo conto che stiamo vivendo in una regione e in una nazione che non sono ancora pronte ad accogliere, all'interno dei propri processi produttivi e occupazionali, figure altamente specializzate e ciò alimenta uno dei più grandi problemi che affligge il nostro territorio: la famosa "fuga dei cervelli". Questa è una vera questione sociale che colpisce la sfera del lavoro, gli equilibri familiari e gli stessi assetti sociali. Investire in capitale umano significa costruire una ricchezza che la nostra regione oggi non riesce a sfruttare.
Siamo pieni di specializzati che hanno grosse difficoltà di inserimento nel mondo del lavoro e sono quindi troppo spesso costretti a fare le valigie per poter esercitare altrove le competenze acquisite con tanto sacrificio. Questo è il principale ingrediente che alimenta la grave questione della dispersione scolastica, caro Presidente, e della scarsa formazione sarda e nazionale. Sono temi strettamente correlati che non si possono trattare in maniera separata, specie se si considera il numero di famiglie che solo in Sardegna coinvolge.
Anche per l'agricoltura, così come hanno detto altri colleghi che mi hanno preceduto, mi sarei aspettato più spazio e soprattutto più urgenza di trattare le scelte politiche che si intende perseguire. Invece, anche in questo caso, lei Presidente ha scelto di rimandare al programma elettorale. Non mi pare una scelta saggia quella di non dedicare ampio spazio a un settore produttivo che contribuisce alla formazione del PIL sardo con circa 1 miliardo di euro, che importa 225 milioni di beni agroalimentari e che ne esporta ben 140. Sono dati suoi, Presidente, è inutile fare quella faccia, li ha scritti lei nel programma.
L'agricoltura oggi ha ancora, nella nostra isola, un ruolo veramente strategico per la produttività, per l'organizzazione e per la pianificazione territoriale, per il presidio e la sicurezza esercitata da molti enti legati a questo fondamentale comparto. Il mondo agricolo oggi chiede con urgenza una ristrutturazione finanziaria delle imprese agricole volta a dare una risposta al grande problema della crescita del settore, al mantenimento del livello occupazionale, alla sua regolarizzazione, tutelando e dando quindi dignità a chi opera in questo settore, iniziando da una dura battaglia al lavoro sommerso.
Il settore primario oggi è in uno stato di grande sofferenza dovuto principalmente allo stato di insularità, alla carenza infrastrutturale, alla crisi dei mercati a cui si somma una grave carenza di efficaci strumenti di credito agrario nonché a tutto ciò che ha generato un altissimo grado di indebitamento (questo è un altro problema serissimo che dovrete affrontare) delle imprese agricole, impedendo la nascita di opportunità per lo sviluppo di questo comparto strategico per la Sardegna. Questo grave problema non trova spazio all'interno delle famose ventuno pagine delle dichiarazioni programmatiche che lei, Presidente, ci ha presentato,.
Al comparto agricolo sono connesse anche le politiche di sicurezza idrogeologica: bonifica, presidio e tutela del territorio. Le ho viste menzionate in questi termini, ma non ho visto un vero piano che spieghi dettagliatamente cosa si intende attuare in questa legislatura in favore dell'assetto territoriale. Inoltre, nel suo programma fa riferimento allo scarso utilizzo delle risorse idriche in campo agricolo. Bene, è utile sapere che questo è un tema cardine per un reale sviluppo dell'agricoltura sarda.
La riforma dei Consorzi di bonifica attuata con la legge numero 6 del maggio 2008, Governo Soru, ha stravolto questi enti facendoli diventare enti pubblici anziché enti pubblici economici, così come nel resto d'Italia. Questa anomalia è tutta e solo sarda, siamo la barzelletta dell'Italia. La riforma ha creato un'eccessiva burocratizzazione, con un aggravio di spese a carico degli utenti. Enti che nascono come consorzi tra privati, con contratti collettivi nazionali privatistici, e solo in Sardegna obbligati a comportarsi da enti pubblici. Tutto ciò semplicemente è assurdo. Ci dobbiamo mettere mano per cui porteremo da subito una revisione della legge in Commissione.
Inoltre, altro aspetto non secondario, tutti i costi della manutenzione degli impianti non possono e non devono essere a carico dell'agricoltura sarda. Questi costi portano le imprese agricole, già fortemente penalizzate dalla crisi, a ulteriori indebitamenti e ormai, è cronaca di questi giorni, a una repentina chiusura delle attività.
Signor Presidente, nelle sue dichiarazioni programmatiche non ho trovato nessun cenno concreto al turismo nautico, alla portualità, all'avvicendamento e ammodernamento delle strutture esistenti, e mi permetto di utilizzare come esempio la ridicola incompiuta del porto di Buggerru in un territorio già martoriato da una crisi economica senza precedenti. La portualità e il turismo nautico sono per la Sardegna una risorsa inesauribile sia in termini economici che occupazionali. Dai nostri cugini della Corsica abbiamo molto da imparare anche su questi temi.
Altro tema scottante - del quale non trovo nelle sue dichiarazioni né tanto meno nel programma elettorale cenni importanti - è il capitolo Abbanoa. Possiamo tranquillamente definire Abbanoa il più grande mostro burocratico-amministrativo che, dall'autonomia sarda a oggi, la classe politica abbia mai potuto inventare. Non intendo speculare politicamente sull'artefice e ideatore di Abbanoa (su questo oggi tralascio), bensì intendo sollecitare la vostra attenzione sul disastro economico della qualità del servizio, sui cconflitti con i consumatori anziché con i comuni e, soprattutto, con le imprese che in molti casi sono portate al fallimento, considerati i tempi biblici di liquidazione delle fatture.
Alla luce di quanto detto, signor Presidente, credo che la priorità che avete conferito a ogni proposta dimostri una scarsa conoscenza da parte vostra dei problemi reali della Sardegna. Penso che dimostri una scarsa capacità di ascolto e di comprensione di ciò che i sardi chiedono alle istituzioni locali e nazionali da troppo tempo. Oggi la Sardegna si trova in una situazione in cui le attese e le teorie sono deleterie e minacciose per gli equilibri economici e sociali. La Sardegna ha bisogno di risposte celeri, efficaci, comprensibili, che diano speranza e, soprattutto, chiaramente e immediatamente attuabili.
Avrei avuto il piacere di leggere nelle dichiarazioni di interventi di immediata esecuzione per la risoluzione di alcuni problemi che giocano il ruolo di protagonisti nella scena regionale, mentre invece ho letto di un insieme di interventi la cui esecuzione necessita di tempi eccessivamente e necessariamente lunghi e non possiamo proprio permetterci un lusso simile. In altre parole mi dà l'impressione che alcune di queste idee siano saltate fuori da "il libro dei sogni".
In qualità di consigliere voglio però rivolgere a tutti i sardi e alla Sardegna intera i migliori auguri di uscire, nel minor tempo possibile, dalle difficoltà che stiamo vivendo e cominciare a muovere i primi veri e significativi passi verso il futuro.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Modesto Fenu. Ne ha facoltà.
FENU MODESTO (Gruppo Misto). Signor Presidente del Consiglio, onorevoli colleghi, Assessori, signor Presidente della Regione, in premessa rivolgo a lei e alla sua Giunta i miei migliori auguri di buon lavoro. Ho ascoltato con molta attenzione le sue dichiarazioni programmatiche, per alcuni aspetti devo dire anche condivisibili; però poi con calma le ho rilette nella speranza che alcuni passaggi mi fossero sfuggiti o che li avessi intesi male, invece no, ahimè, avevo capito molto bene, di alcune tematiche proprio non ne fa menzione, evita accuratamente di parlarne.
Mi ero riproposto, e ne ho la ferma intenzione, signor Presidente, soprattutto in questa fase iniziale della legislatura, di darle un'apertura di credito nell'interesse della Sardegna e dei sardi e, soprattutto nelle tematiche di interesse comune, di trovare quelle argomentazioni e sintesi che consentono di lavorare a obiettivi oggettivamente condivisi. Pertanto, eserciterò il ruolo di opposizione in modo anche duro, ma leale, puntuale e soprattutto propositivo nell'interesse di tutti i sardi.
Nel suo intervento fa più volte riferimento alla collaborazione con l'opposizione, questa è una nota positiva. Lei sa quanto sia importante per i sardi il settore primario dell'agroalimentare, il primo esempio di collaborazione può essere pertanto quello di portare in Aula quanto prima la proposta di legge di iniziativa popolare sul "compra sardo" e sulla difesa e valorizzazione dei prodotti sardi.
Questa proposta è stata presentata la scorsa legislatura con il supporto di 23 mila firme, e diversi consiglieri di maggioranza e di opposizione presenti in quest'Aula hanno avuto modo di firmarla, sostenerla e condividerla. Quindi io mi auguro che questa proposta di legge che riguarda tutti i sardi, a prescindere che siano di destra o di sinistra, possa trovare accoglimento perché supportata dalle firme, e quindi dal volere, del popolo sardo.
Anche per quanto riguarda le Agenzie agricole concordo sulla istituzione di un'unica Agenzia, però ricordo anche che a volere la divisione fu l'allora presidente Soru; c'è sempre tempo comunque per riflettere e tornare indietro sui propri passi.
Nel suo intervento, signor Presidente, e questo purtroppo a me rincresce particolarmente, non fa minimamente menzione della Zona franca e della fiscalità di vantaggio. Non solo diverse nazioni europee ma nazioni africane e asiatiche stanno creando nuove zone franche a fiscalità di vantaggio per risollevare e rilanciare l'economia in aree, anche rurali, fortemente depresse; condizione questa diffusa in Sardegna alla quale vanno aggiunte le problematiche economiche derivanti da catastrofi naturali, dall'insularità e da altri parametri oggettivi definiti nel Trattato di Lisbona, e non solo, che determinano di fatto un gap competitivo e strutturale rispetto al resto dell'Italia e del Continente europeo superiore al 20 per cento.
Recentemente Confindustria e CONFAPI hanno confermato che le zone franche consentono un salto di competitività del 35 per cento; questo ci consentirebbe quanto meno di metterci alla pari rispetto ad altri territori italiani ed europei. Che cosa succede in Europa, signor Presidente?
Basti pensare ad Amsterdam, a Rotterdam, non è un caso se la Fiat ha annunciato di voler trasferire le sue sedi ad Amsterdam; d'altronde Marchionne non lo ha nascosto, ha anche dichiarato apertamente che ad Amsterdam hanno vantaggi fiscali non previsti da altre parti. Volkswagen e Renault hanno aperto le loro fabbriche nelle zone franche di Tangeri, di fatto in pieno deserto dove non c'era nulla e dal '99 a oggi sono stati creati oltre 50 mila posti di lavoro.
Certo, qualche ben pensante potrebbe obiettare che lo stipendio medio è di soli 500 euro, ma stiamo parlando di un contesto africano dove non dobbiamo chiederci il perché dei 500 euro ma che cosa valgono 500 euro in quel contesto, in Sardegna sarebbe cosa ben diversa. In ogni caso lo stipendio medio in Marocco è di 200-250 euro quindi in zona franca raddoppia.
La Polonia, signor Presidente, ha venti zone economicamente speciali, la Fiat ha trasferito infatti le sue catene di montaggio per alcune auto in quelle zone della Polonia; la Francia mi risulta abbia otto zone franche, la Germania ne ha dieci e sta cercando di istituirne altre, la Spagna con le Canarie e non solo ha un vantaggio competitivo rispetto alla Sardegna sul settore turistico enorme.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE PERU ANTONELLO
(Segue FENU MODESTO.) In Italia altre aree si stanno attivando, la Lombardia con la zona economico-speciale estesa a tutta la Lombardia, in sostanza una zona franca a fiscalità di vantaggio. In Campania, signor Presidente, sono iniziati i lavori della zona franca non interclusa di Nola.
Signor Presidente, a questo punto le domande nascono spontanee: perché l'Italia non si dota di zone franche? Perché la Sardegna nell'interesse di tutti i sardi vuole rinunciare all'opportunità di superare il gap competitivo derivante dalla condizione di insularità e non solo? Perché vogliamo rinunciare all'importantissimo ruolo delle attività economiche derivanti dall'attuazione della zona franca e della fiscalità di vantaggio e finanziaria nel Mediterraneo e nel mondo?
Mi sarei atteso da lei, Presidente, per la sua preparazione e la sua lungimiranza, che pensasse di dare la delega magari a un suo Assessore di rappresentare la Sardegna all'estero, nelle altre Nazioni che si affacciano nel bacino del Mediterraneo. Perché vogliamo rinunciare a una straordinaria opportunità di sviluppo per la Sardegna? Le zone franche, signor Presidente, come risulta da tutti i testi sono tra le aree più ricche al mondo, perché in altre parti sì e da noi no? Forse perché, egoisticamente, qualcuno è portato a pensare che nel primo periodo possano venir meno le entrate fiscali? Verrebbero a mancare forse risorse per la copertura dei servizi e dell'assistenza o dell'assistenzialismo?
Signor Presidente, se non c'è una svolta immediata la situazione economica e occupazionale rimane stagnante e, come lei stesso ha evidenziato, non ci saranno più imprese né soggetti in grado di versare allo Stato le entrate fiscali, la copertura dei servizi e dell'assistenza verrà comunque meno perché non potremo più permetterceli. E non è dignitoso continuare a costringere il popolo sardo a elemosinare.
In conclusione, signor Presidente, alla luce di questi fatti, a mio avviso, richiamando le parole che lei stesso ha utilizzato, bisogna avere il coraggio delle scelte e bisogna avere il coraggio di avviare con lo Stato italiano una vertenza forte e improcrastinabile sul tema della zona franca integrale e della fiscalità di vantaggio. Nel frattempo, signor Presidente, nulla di personale, anzi, solo nell'interesse dei sardi in attesa di questa manifestazione di coraggio le chiedo di informare tutto il Consiglio e tutto il popolo sardo di cosa lei stia facendo per evitare il suo imminente commissariamento da parte del prefetto di Cagliari che sarebbe una grave perdita della specificità sarda e della sua autonomia, una vera vergogna per tutti i sardi.
Commissariamento che deriverebbe dalla mancata ottemperanza della legge regionale numero 20 del 2013 votata all'unanimità, per non aver dato attuazione a una legge dello Stato italiano, la numero 75 del '98, e all'articolo 12 dello Statuto sardo sull'istituzione delle zone franche in tutta la Sardegna. Signor Presidente, per opportuna conoscenza le do lettura testuale dell'articolo 1, comma 4, della legge numero 20: "Decorsi inutilmente i termini di cui ai commi 1 e 3 i poteri sostitutivi, in caso di inerzia rispetto alle presenti disposizioni, sono esercitate dal prefetto della provincia di Cagliari sentiti i prefetti delle province sarde interessate".
Pertanto, signor Presidente, la invito in tempi ragionevolmente brevi a dare attuazione alla legge regionale numero 20 del 2013 con l'istituzione delle zone franche in tutta la Sardegna. Venendo meno a questo impegno saremo costretti noi stessi, in tempi brevi, a sollecitare l'intervento del prefetto. Le consegno, signor Presidente, copia del cartello di inizio lavori della zona franca di Nola e copia della "20/2013", in particolare dell'articolo 1, comma 4.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Giampietro Comandini. Ne ha facoltà.
COMANDINI GIAMPIETRO (PD). Signor Presidente del Consiglio, signor Presidente della Regione, Assessori, onorevoli colleghi, devo dire che a questo punto del dibattito sicuramente ricco di contenuti, di proposte, di suggerimenti, di analisi, mi vengono in mente le parole di un giovane vecchio, il presidente Soddu, che qualche giorno fa, presenziando a un convegno importante a Cagliari, e ricordando le figure di Emanuele Sanna e di Andrea Raggio parlava della "importanza del tempo che non aspetta" e di quanto sia importante il tempo in questo periodo.
Il tempo è il bene più prezioso e noi, in questa fase della nostra politica, ci dobbiamo rendere conto che di tempo ne abbiamo poco, pochissimo, che il mondo non ci aspetta, che la risoluzione dei problemi non passa attraverso delle dichiarazioni programmatiche perché se così fosse il nostro lavoro sarebbe anche troppo semplice; e ringrazierei il Presidente, ringrazierei la Giunta per avermi in qualche modo risparmiato fatica, tempo e ricerca di soluzioni.
Le dichiarazioni programmatiche sono un momento in cui il governo (il governo di una regione, di un paese, di una comunità) illustra il metodo di lavoro, il comportamento, la strada che si vuole perseguire, quali sono le caratteristiche, le identità, la forma attraverso la quale vuole dare le risposte alla propria Regione, alla propria comunità, e in questo senso vanno viste queste dichiarazioni programmatiche. Saremo noi a dover in qualche modo riempirle di contenuti, ognuno secondo la propria esperienza, la propria cultura, la propria voglia e il modo di vedere le cose.
E per questo io credo che nel tempo, che è sempre più breve, le dichiarazioni programmatiche del presidente Pigliaru in qualche modo traccino una linea ben definita, rappresentino la situazione di una Sardegna che sicuramente è più povera, meno competitiva; una Sardegna che risulta essere più povera e meno competitiva non attraverso dichiarazioni cattedratiche, come sono state definite, ma dai dati socioeconomici che sono stati illustrati.
E' vero, il professor Pigliaru e molti Assessori della sua Giunta sono dei professori "prestati" alla politica, ma io credo che questo essere "prestati" alla politica sia un dovere civico e morale di chi in qualche modo vuole mettersi in gioco per il bene della propria comunità. Così bene ha fatto il professor Pigliaru a prestarsi alla politica, bene hanno fatto gli Assessori. Bene ha fatto il professor Pigliaru a candidarsi per la politica e vincere le elezioni. Ma bisogna anche ricordare che quando il professor Pigliaru, da Assessore, è stato messo di fronte alla scelta fra difendere le proprie idee e dimettersi ha scelto la strada delle dimissioni. Questo è un gesto molto raro nella politica delle parole ed è in qualche modo una dimostrazione di forza e di chiarezza sul fatto che il governo della cosa pubblica si deve basare sull'integrità e la trasparenza.
Cari colleghi, la crisi economica, è stato detto, è stato ribattuto, è stato anche illustrato molto bene nelle dichiarazioni, non dipende solo ed esclusivamente dalla precedente Giunta regionale del centrodestra, sono varie le congetture economiche, le responsabilità istituzionali che in qualche modo stanno mettendo in ginocchio molte istituzioni del nostro Paese, ma devo dire anche d'Europa. Però è questa la Sardegna che noi oggi ci troviamo di fronte; partiamo da questo punto, partiamo da una Sardegna meno competitiva, più povera, che noi siamo stati chiamati a governare dal voto democratico e popolare e che noi vogliamo governare per il cambiamento,.
Governare per il cambiamento avendo la responsabilità di guardare avanti perché le elezioni sono concluse; e devo ringraziare anche molti colleghi del centrodestra che su questo intento di collaborazione, di misurarci sui fatti che porteremo avanti in quest'Aula, dimostrano una grande responsabilità e consapevolezza del momento storico e politico di difficoltà che vivono il nostro Paese e la nostra Regione. Questo credo sia lo spirito giusto per partire in questa legislatura: non avere pregiudizi, non avere remore e confrontarci sui fatti, sulle proposte, sugli atti.
Tutto quello che da oggi accadrà apparterrà a noi, noi saremo chiamati ad assumerci la responsabilità della nostra azione, non potremo più guardarci indietro quando qualcosa non funzionerà o si fermerà. Da questo punto di vista io sono convinto che le dichiarazioni programmatiche nella loro semplicità siano importanti, perché la semplicità non è una debolezza, semplicità significa chiarezza, le poche cose sono anche uno degli elementi fondamentali del nostro tempo nel quale si deve individuare il percorso e in questo percorso sono state identificate le strategie, le scelte e gli obiettivi che questa maggioranza e questa Giunta intendono portare all'attenzione dell'Aula per un confronto.
Il Presidente ha individuato un percorso molto chiaro stabilendo quindi i pilastri e il tracciato; una strada da percorrere lungo la quale troveremo, sì, le grandi emergenze (problemi dei trasporti, dell'ambiente, dell'agricoltura, la lista sarebbe lunghissima) da risolvere, ma tutti dobbiamo essere ben consapevoli che se non recupereremo una cosa fondamentale in Sardegna e nel Paese, la fiducia dei cittadini, qualunque cosa noi proporremo non ci ascolteranno perché il livello di disaffezione nei confronti della politica nel Paese è elevatissimo, non solo per quel 50 per cento che non va più a votare, ma anche perchè le nuove generazioni, se gli si chiede quale sia l'istituzione a loro più vicina, mettono la politica, il comune, la provincia e la Regione soltanto al quattro per cento del loro interesse.
Questa è la responsabilità a cui siamo chiamati prima di tutto: il recupero di questo rapporto di fiducia, perché senza il rapporto di fiducia nessuna politica noi si possa mettere in campo risulterà credibile se noi per primi non faremo quello che nelle dichiarazioni programmatiche, nell'intento, nel Dna, nella visione di questa Giunta è l'architrave del cambiamento, cioè l'adozione di criteri quali il merito, la competenza, fare le riforme perché senza cambiamento non potremmo né raggiungere obiettivi né trovare le soluzioni.
E' chiaro che la riconquista di questa fiducia passa quindi attraverso la riforma della Regione, non soltanto strutturale ma devo dire anche culturale. Noi non possiamo pensare di far calare dall'alto riforme istituzionali della Regione se prima non c'è anche una riforma culturale partendo da noi stessi e da chi è chiamato a governare, perché è cambiato il mondo, sono cambiati i rapporti e le cose girano talmente veloci che anche l'aspetto culturale della riforma deve essere accettato da parte delle istituzioni.
Sicuramente l'appesantimento burocratico, è stato detto, è un problema. L'appesantimento burocratico, insieme a una legislazione e a una regolamentazione talmente frazionata che non consente al cittadino di avere la certezza del diritto e dei tempi, di sicuro è uno degli elementi di più forte difficoltà per raggiungere gli obiettivi che tutti noi auspichiamo. Quindi non è più tempo di interventi con il bisturi, non possiamo pensare a soluzioni di facciata, a spostare la polvere sotto il tappeto, bisogna veramente intervenire con rigidità, con fermezza, essendo chiaro che oggi è il tempo veramente del cambiamento nel metodo, nei comportamenti.
Da questo punto di vista credo che in quest'Aula tutti sapremo, ognuno dalla sua parte, nel fermo rispetto dei ruoli, dare una risposta; se tutti faremo questo passo in avanti sicuramente la Sardegna ne guadagnerà ma raggiungeremo anche l'obiettivo di riavvicinare i cittadini alla politica. Stamattina e stasera ho sentito molti richiami al fatto che le dichiarazioni presentate dal Presidente fossero asciutte, mancassero alcuni temi ritenuti importanti. Io potrei fare una lista lunghissima ma è chiaro a tutti, a me, ai più esperti di quest'Aula che ce ne saranno altri al momento del confronto forte, critico, che deve avere come obiettivo quello di trovare la soluzione migliore per la nostra Isola. Questa è la sfida importante a cui siamo chiamati.
Io quindi non entrerò nel merito dei vari elenchi di cose da fare, come ho detto in precedenza sarebbe troppo facile avere anche le soluzioni nelle dichiarazioni programmatiche. Mi voglio soffermare solo su due punti che ritengo strategici e fondamentali. Il primo, il 25 maggio andiamo a votare per il Parlamento europeo, sicuramente votiamo nel momento di maggiore difficoltà e di antieuropeismo che in Europa si sia mai vissuto; noi stiamo sottovalutando questa situazione rischiando di compromettere, non dando una forte risposta delle istituzioni che deve avvenire anche in quest'Aula, il lavoro che è stato fatto da tantissimi padri fondatori dell'Europa, di un'Europa unita, solidale e vicina ai cittadini. Quindi un ritorno del passato che si sente anche in Italia, antistorico, che porterebbe l'Italia a diventare più povera, deve essere in qualche modo fermato.
Noi dobbiamo essere molto attenti a questa deriva, lavorare a favore della credibilità verso l'Istituzione europea, modificare la tecnocrazia che ha creato questa sfiducia dei cittadini europei verso l' Europa ma non dobbiamo cancellare una istituzione come quella europea che, soprattutto per la Sardegna, è importante e strategica.
Lo dico a tutte le forze politiche presenti in quest'Aula, in quanto noi dobbiamo cogliere le nuove opportunità che arrivano proprio oggi dall'Europa (alcune sono state citate nelle dichiarazioni e sono presenti anche nel programma elettorale), partendo dal programma Europa 2020 la cui strategia è quella di restituire la competitività alle regioni del nostro Continente, creando un nuovo sviluppo attraverso una crescita intelligente, innovativa, basata sulla competenza ma, soprattutto, inclusiva, perché nessuno deve essere lasciato indietro. Sappiamo quanto questa strategia sia più fondamentale per i paesi maggiormente ai margini di una Europa che guarda sempre più a est e meno verso il sud del mondo.
E' chiaro, di conseguenza, che noi su questo dobbiamo agire all'interno di questa strategia che può e deve diventare l'occasione per trovare anche quelle risorse che mancano in un bilancio sempre più ingessato, recuperando quanto è stato ottenuto in termini di preparazione, così come è opportuno, l'hanno ricordato anche alcuni colleghi, sfruttare meglio le opportunità del Piano di sviluppo rurale 2014-2020, nel quale si mira ad azioni di inclusione sociale, riduzione della povertà, sviluppo economico delle nostre zone rurali che deve vederci impegnati a rafforzare il modello d'Europa, ma anch'esso per essere trasformato.
Questa sfida verso l'Europa, però, verso la difesa dell'istituzione Europa deve vedere anche questa Giunta impegnata a trasformare alcune gravi carenze nella gestione dei finanziamenti europei. Nella nuova stagione dobbiamo assicurare la qualità della progettazione, una semplificazione della spesa che consenta di spendere i soldi e non di restituirli all'Europa.
L'altro punto, è stato ricordato benissimo dall'onorevole Floris stamattina, è una delle sfide a cui dobbiamo guardare con attenzione senza aver paura del cambiamento, sapendo che anche nella riforma del titolo V della Costituzione, nel nuovo rapporto tra Stato e Regione, noi possiamo essere protagonisti di una nuova visione della nostra stagione dell'Autonomia. Dopo sessant'anni ci debbono essere cambiamenti che, pur portando a una nuova forma di autonomia, non si pensi non debbano difendere la dignità dei sardi e la sovranità. Ma al processo che sta avvenendo in queste settimane all'interno del Governo, del Parlamento, non dobbiamo guardare con sospetto; lo dobbiamo vedere da protagonisti ed essere presenti nelle sedi in cui ciò che si sta decidendo potrà in qualche modo interessare anche la nostra isola.
Presidente, in conclusione io ritengo che il nostro domani sia già incominciato e che oggi noi possiamo scrivere pagine che ridiano speranza e futuro ai sardi. Noi dovremo farlo insieme, sono sicuro che possiamo farcela, dobbiamo trovare soltanto il coraggio, dobbiamo soltanto trovare quella visione che non deve appartenere solo a quest'Aula ma ai tantissimi giovani che ci guardano da fuori. Buon lavoro a tutti.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Gianmario Tendas. Ne ha facoltà.
TENDAS GIANMARIO (PD). Signor Presidente del Consiglio, signor Presidente della Regione, signori Assessori, colleghe e colleghi consiglieri, in apertura di questo breve intervento consentitemi di associarmi a quanti hanno già avuto modo di porgere i migliori e più sinceri auguri di buon lavoro. Le dichiarazioni programmatiche svolte dal presidente Pigliaru, a mio avviso, nella loro articolazione consentono di disporre di un quadro nitido e analitico che mette a fuoco la drammatica situazione del nostro territorio, cogliendo peraltro anche numerose e interessanti sfaccettature.
Una relazione che, a ben vedere, svolge non solo un'analisi seria e attenta sulle problematiche della nostra isola, ma nel contempo indica in maniera altrettanto chiara proposte sia di natura metodologica che operative per invertire la situazione di crisi e ricreare condizioni di crescita e prospettiva. Inutile negarlo, alcuni aspetti sicuramente anche per comprensibili problemi di tempo, meritano di essere ripresi, esaminati, discussi e approfonditi.
Credo che chi fra la minoranza ha sostenuto che alcune tematiche, prima fra tutte l'agricoltura, a cui diversi interventi hanno fatto riferimento, non siano state trattate in maniera compiuta ed esauriente, non abbia tenuto in debito conto il fatto che il tempo a disposizione era limitato, stavamo parlando di un'ora circa. Un tempo, quindi, non oggettivamente sufficiente per declinare tutte le problematiche. Del resto il Presidente stesso è stato molto chiaro e ha rimandato alle linee programmatiche presentate in campagna elettorale.
Ebbene, io credo che soprattutto relativamente al settore agricolo sarebbe stato sufficiente verificare quel programma per rendersi conto che è presente una serie di indicazioni, date anche in termini operativi, che devono essere necessariamente riprese; e mi riferisco per esempio al riconoscimento e al sostegno delle imprese agricole multifunzionali, all'evoluzione di forme distrettuali, al rinnovo del ruolo e della funzione delle terre civiche, al sostegno delle filiere agricole di qualità, alla promozione e all'aggregazione di prodotti agricoli, alla semplificazione dei processi amministrativi in relazione alle agenzie regionali di ARGEA, AGRIS e LAORE, alla valorizzazione delle biodiversità, allo sviluppo di marchi di qualità, al sostegno dei sistemi di filiera corta, all'incentivo dell'uso efficiente dell'acqua irrigua.
Insomma erano presenti degli elementi che potevano sicuramente essere colti e che sicuramente saranno oggetto di esame e di discussione nel proseguo dell'attività di questa Assise regionale. Una cosa è certa e indiscutibile: le dichiarazioni programmatiche sono perfettamente lineari e coerenti con il programma elettorale, anzi, i primi recentissimi atti adottati dalla Giunta costituiscono un ulteriore evoluzione e un primo significativo passo in avanti rispetto agli impegni assunti con i cittadini e gli elettori durante la recente campagna elettorale.
Sulla base delle analisi svolte dal Presidente, a mio avviso, il problema dei problemi continua a restare quello del lavoro. I dati che ci ha comunicato il Presidente al riguardo sono impietosi, un sardo su due nella fascia compresa fra i 20 e i 64 anni è senza lavoro. Nell'ultimo quinquennio, così ci ha riferito lo stesso Presidente, sono stati cancellati circa 80 mila posti di lavoro e siamo praticamente ritornati indietro di oltre vent'anni. Ebbene, l'effetto immediato e conseguente di questa condizione è il continuo ricorso ai cosiddetti ammortizzatori sociali, con una crescita esponenziale della cassa integrazione che, con i suoi costi, rischia seriamente di far implodere l'intero sistema amministrativo.
L'assenza di lavoro dunque rappresenta la priorità assoluta anche perché, come ci ha ricordato lo stesso Papa recentemente a Cagliari, una persona cui è negato il lavoro è una persona priva di dignità, è una persona cui viene negato il futuro. Come dare risposte a queste difficoltà? Io credo che non esistano soluzioni e ricette facili, una cosa è certa: la crisi economica ci ha insegnato, e tuttora ci insegna, che per promuovere nuove prospettive bisogna puntare con forza sul capitale umano. Tradotto in termini pratici significa investire e scommettere sull'economia della conoscenza, basata su più elevati standard di istruzione dei giovani, sull'orientamento, ma anche e soprattutto sull'innovazione e sulla ricerca. Non può essere diversamente in un contesto economico e produttivo sempre più globalizzato. Non possiamo certamente competere sui costi del lavoro.
La Sardegna, per poter stare al passo con le economie più dinamiche e avanzate, deve puntare e investire sullo straordinario patrimonio ambientale, paesaggistico, storico, identitario e culturale, elementi che in quest'ottica devono costituire la materia prima indispensabile di un'economia basata sulla qualità e sulla ricerca dell'eccellenza. Creare futuro e prospettiva significa impegnarsi per i giovani, fare in modo che diventino protagonisti della loro crescita e del loro futuro, significa in primis eliminare, o quantomeno attenuare, i gravi ritardi che sono stati evidenziati chiaramente anche in campagna elettorale, visto che la dispersione scolastica interessa oltre il 25 per cento degli studenti, e che solo un giovane su sei, come ci ha ricordato il Presidente, riesce a laurearsi.
Un'Isola più istruita e innovativa dunque è un requisito fondamentale, è un pilastro irrinunciabile. Per questo ho accolto favorevolmente l'idea di un Piano straordinario per l'istruzione, e il recente impegno della Giunta a rendere immediatamente disponibili 30 milioni di euro per interventi strutturali e urgenti nell'edilizia scolastica. L'impegno che ci attende presuppone interventi a tutto campo.
È ovvio pertanto che di fronte a una situazione economica e finanziaria particolarmente difficile e complessa bisognerà riprendere quanto prima l'annosa "vertenza delle entrate" per garantire alle casse regionali quanto previsto dall'articolo 8 dello Statuto. Non solo, sarà altrettanto importante, così come hanno sottolineato in precedenza diversi interventi, aprire un confronto urgente e serrato con lo Stato per rivedere il Patto di stabilità, per costruire (come ha ricordato e definito il collega Sabatini) un sistema contabile vero, con il quale quando si assumono degli impegni dobbiamo essere in grado di sostenerli e rispettarli.
Attenzione all'impegno sul fronte entrate, così come peraltro bisognerà stare particolarmente attenti alla gestione del bilancio con un occhio di riguardo al contenimento delle spese correnti per liberare risorse per le spese di investimento. Ho accolto positivamente l'idea, preannunciata proprio durante le dichiarazioni programmatiche, di costituire un gruppo di lavoro con l'obiettivo di verificare, esaminare e operare una revisione complessiva della spesa con particolare attenzione anche al sistema degli enti e delle agenzie che fanno capo alla Regione.
Così come ho accolto altrettanto favorevolmente il proposito di misurare gli effetti e i risultati delle spese che sosterremo attraverso una valutazione attenta e puntuale delle ricadute socioeconomiche. Certo è una proposta che dovrà essere ancora declinata, esplicitata e regolamentata ma di sicuro interesse. Per ricreare le condizioni di speranza e di fiducia serve quella che il Presidente ha definito una nuova qualità istituzionale improntata sulla trasparenza, sulla politica del buon esempio e sulla verifica periodica che permetta di controllare puntualmente gli impegni che vengono assunti.
Una qualità istituzionale che non potrà ovviamente prescindere dalle riforme per un riordino complessivo degli enti locali a partire dalle Unioni dei comuni, degli enti intermedi per arrivare a un nuovo e più proficuo rapporto sia con lo Stato che con l'Unione europea. Sarà altrettanto importante rimuovere i problemi strutturali che hanno condizionato e limitato le nostre potenzialità di crescita, si pensi giusto per fornire alcuni esempi pratici ed emblematici alla opprimente burocrazia o alle difficoltà di accesso al credito, per puntare con convinzione e determinazione sui punti di forza del nostro territorio a partire dal settore primario, propriamente detto, della zootecnia, tenuto conto anche del ricco patrimonio ovicaprino presente nella nostra Isola e che non ha pari in nessun'altra parte d'Italia, all'agroalimentare per arrivare al turismo, all'artigianato e alla pesca.
Le potenzialità di certo non mancano ma devono necessariamente essere messe a sistema creando maggiori interazioni e integrazioni tra i vari settori produttivi.
Per riuscire a creare nuovi percorsi operativi la politica regionale dovrà necessariamente rinnovarsi utilizzando in modo esteso e responsabile gli strumenti della democrazia, creando un dialogo propositivo e costruttivo con tutte le organizzazioni sociali che consenta di pianificare e operare in maniera il più possibile unitaria e condivisa. Un dialogo che peraltro non potrà prescindere da un confronto capace di restituire agli enti locali pari dignità ma, nel contempo, anche maggiori corresponsabilità gestionali.
A conclusione di queste sintetiche considerazioni, anche in qualità di rappresentante istituzionale della comunità solarussese, non posso fare a meno di sottolineare una problematica evidenziata dal presidente Pigliaru in apertura del suo intervento laddove ha affermato, testualmente, di voler rivolgere il pensiero, e questo fa certamente onore al neopresidente, alle vittime dell'alluvione dello scorso novembre. Tenuto conto tuttavia che da quella tragica data, che ha seminato morte e distruzione in numerose realtà isolane, abbiamo registrato un silenzio assordante da parte delle istituzioni credo che sia estremamente urgente e doveroso attivare interventi specifici e mirati. Interventi che consentano in primis di superare l'emergenza e le necessità che ancora stanno vivendo numerose famiglie che in molte circostanze hanno perso tutto ciò che possedevano.
In un recente incontro con l'allora Ministro dell'ambiente, Andrea Orlando, che si è svolto proprio nel mio paese a Solarussa, ho avuto modo di dire e lo ribadisco adesso che non credo si debba essere statisti per capire che di fronte a una simile tragedia, di fronte a persone che si sono improvvisamente ritrovate le case inondate di fango occorrano interventi immediati per fare fronte alle emergenze impellenti e inderogabili.
Purtroppo non posso fare a meno di evidenziare che questi interventi stentano a concretizzarsi e che, a tutt'oggi, molte famiglie hanno necessità di un sostegno che non può giungere unicamente dalle organizzazioni di volontariato che, pur avendo dimostrato, con la loro generosità, di dare un contributo essenziale, non possono assolutamente sostituirsi alle istituzioni.
In tal senso, Presidente, mi rivolgo a lei e all'Esecutivo perché sia attivato quanto prima il proposito, evidenziato anche nelle dichiarazioni programmatiche, di venire incontro alle esigenze dei comuni alluvionati che, quotidianamente, sono ancora costretti a fare i conti con i numerosi cittadini che attendono un minimo di sostegno e supporto da parte delle istituzioni, compresa ovviamente quella regionale. Tutto ciò peraltro senza tralasciare gli interventi strutturali finalizzati alla mitigazione del rischio idrogeologico e di salvaguardia e alla necessità di attivare, così come è chiaramente emerso anche dalle dichiarazioni programmatiche, un centro…
PRESIDENTE. Onorevole Tendas, il tempo a sua disposizione è terminato.
E' iscritto a parlare il consigliere Gavino Sale. Ne ha facoltà.
SALE GAVINO (Gruppo Misto). Presidente, un saluto a tutti i consiglieri e alle consigliere, se si può dire. Ho una specie di sensazione: mi sembra di stare a scuola alla quinta ora, vi vedo un po' stanchi e disattenti ma cercheremo di essere brevi e non noiosi.
Durante la campagna elettorale, anzi alla fine della campagna elettorale ho mandato un messaggino al Presidente e ho scritto: "caro Presidente, siamo nel pieno della tempesta perfetta ma questa volta reggeremo l'urto", e ancora "necesitamos una rievolution, y vamos bien". La risposta è un segreto tra noi due.
Ci siamo esattamente nella perfetta tempesta, abbiamo superato l'urto e dobbiamo condurre la nave in porto avendo gli occhi di molti puntati su di noi. E mi prende una certa emozione perché non sto parlando solo a questa Aula, tutti voi con la poderosa rivoluzione tecnologica, tutti noi abbiamo parlato a un milione e 600 mila sardi, abbiamo parlato a oltre 2 milioni di sardi di prima e di seconda generazione sparsi nel mondo e ora, in questo momento, ci stanno ascoltando tutti.
Quindi non è un dibattito tra di noi, destra e sinistra, è qualcosa di molto, molto di più, è dare una sensazione nuova, e cioè che la necessità del cambiamento sia vera, dare una nuova passione (a totu custu chi non soy abbaidende) in un momento veramente drammatico forse il peggiore dal dopoguerra, mai visto. Quindi abbiamo una grossissima responsabilità, tutti, e la prima cosa che necessita è cambiare clima; non serve più a niente un clima di scontro, perdere energie in confronti deleteri, in confronti feroci, dove la violenza verbale è la regola, crea disastri.
Quello che è necessario far emergere, e anche in queste dichiarazioni programmatiche si percepisce profondamente, è una nuova tensione alla collaborazione, alla convivenza civile, alla tolleranza e al rispetto; oggi abbiamo necessità dell'ultima goccia di energia, dell'ultima goccia di intelligenza che ci è rimasta, per uscire da queste sabbie mobili che ci attanagliano, da questo confronto impari tra mondializzazione e locale, tra globale e locale, sono due potenze che bisogna amministrare, e nessuna deve soccombere, dobbiamo avere la capacità di avere quel tipo di equilibrio.
Adesso parlare delle dichiarazioni programmatiche, elencare, spulciare, non è possibile, anche il Presidente ha avuto trenta minuti di tempo, e poi gli spengono il microfono, altrimenti è ovvio che queste sarebbero state di duecento pagine, cinquecento pagine; rimandiamo tutto al PSR, al Piano di sviluppo regionale e alle Commissioni, dove lì, veramente, spulceremo tutto, approfondiremo il dibattito, analizzeremo e troveremo soluzioni, non in questa sede; ora era doveroso l'impegno di dare linee strategiche tendenziali del nuovo corso.
Quindi, non stiamo qui a offenderci: "Hai sbagliato! Questo te lo sei dimenticato!", Io non ho dormito dalla tensione, probabilmente pure voi, ma io in particolare, perché è la prima volta che un indipendentista entra nel Governo regionale, ma non nel Governo regionale, nel Governo della Sardegna; questo è, dal nostro punto di vista, il nostro Parlamento e, probabilmente, è una piccola carenza, il Presidente, e anche l'altro Presidente, hanno una specie, come dire, di timidezza o imbarazzo (mi sfugge la parola, però ci siamo capiti) a pronunciare quella parola "sovranità", pare che generi un po' di imbarazzo, e lo genera anche la parola indipendenza.
Invece no, l'emozione forte è anche quella, che in quest'Aula c'è una grossissima novità, e si percepisce tutta, e crea speranza in quegli altri sardi che non sono qua e negli altri sardi che sono fuori, e me ne dispiace che molti sardi, che hanno visioni similari alle nostre, molto prossime, non possano essere rappresentati, per questa legge iniqua, in questo Parlamento, ce ne dispiace di cuore, davvero, altrimenti potremmo essere stati molti, molti di più a determinare e influenzare.
Noi non siamo diventati chissà che, il nostro obiettivo è contaminarvi, e ci stiamo riuscendo tranquillamente, soavemente, senza scontri, è qualche cosa di naturale; anche se parlare di natura rispetto alla cultura è un po' un artificio, perché noi proveniamo da un'evoluzione storica e tutti noi, anche inconsapevolmente, abbiamo una forza interiore, siamo intimamente fedeli a quelle "radialità" aperte e liberanti della preistoria.
Nanchi: "Ma Gavino este torrande a segusu.". No! Non è il mio sogno ritornare indietro nella storia, è un mito, non è mai successo a nessun popolo, ma abbiamo una spinta poderosa che proviene dai momenti di vera sovranità; 1200 anni di cultura nuragica, carissimo Assessore della cultura, dobbiamo raccontarci un po' di storie. Quattrocento anni di libertà giudicale, avanguardia della rivoluzione antifeudale angioina; abbiamo, volenti o nolenti, il nostro destino tracciato in quella traiettoria di senso liberatoria e liberante verso il nostro popolo, e siete intimamente contaminati, è semplicemente un esercizio di liberazione e di libertà che dobbiamo esercitare tutti insieme. E' come avere una marea di fili scoordinati, ma se appena appena ci coordiniamo, riusciremo a tessere tappeti meravigliosi con la collaborazione delle diversità presenti in quest'Aula: quella è la grande magia.
E' il tentativo che sta facendo IRS, le donne di IRS in particolare, perché chi ha imposto la presenza e la scelta politica di, come dire, sporcarci le mani sono state soprattutto le donne; le donne che conoscono profondamente la tragedia intima, profonda delle difficoltà che la maggioranza dei sardi sta attraversando in questi momenti. E se è vero che noi appoggiamo la strategia del lungo periodo che ha presentato il presidente Pigliaru, dobbiamo intervenire su necessità impellenti, urgenti, per restituire la dignità a chi, inesorabilmente, giorno dopo giorno, la sta perdendo.
Restituire la dignità! E comente? Non possiamo più assistere passivamente al saccheggio delle nostre ricchezze, non possiamo più assistere passivamente, ed è ovvio, è banale; abbiamo parlato di energia, di Equitalia, di Agenzia delle entrate, signori miei, queste cose non si pronunciano, qui bisogna prendere delle decisioni urgenti perché fuori stanno aspettando da noi decisioni che possano incidere su questo rapporto, che oramai è fallito. L'esistenza di questa macchina infernale, che non sta più recuperando crediti, sancisce la morte definitiva delle nostre aziende, al ritmo di 17 al giorno.
Quindi ci chiediamo assieme: dove vogliamo portare i nostri nuovi laureati? In un deserto? Dove li aiutiamo a cercare aziende dato che fra un anno qui non ci sarà più nessuno in piedi; il maglio di Equitalia e dell'Agenzia delle entrate, sotto il volere italiano, ha spremuto come un limone non c'è più nulla, l'unico risultato qual è? Aste, sequestri, pignoramenti, una morte economica che non possiamo più sopportare, ma non noi, chi sta assistendo a questa cosa, una tragedia umana! Caimani che si aggirano in Sardegna e il nostro silenzio, complice fino a qualche mese fa, ha permesso tutto questo.
Noi dobbiamo intervenire immediatamente, subito, molto in fretta! E' di moda in questo periodo parlare di fretta, ma qui non è una moda, questa è un'urgenza vera, assoluta, quelli del Sulcis mi sunu iscultende o nono? E anche tutti voi! Dico, questo sistema di riscossione sta funzionando? No! In una società moderna nelle leggi finanziarie esistono centinaia di modi per riscuotere, per pagare. Noi non diciamo che non dobbiamo pagare il debito. Innanzitutto dobbiamo sapere quant'è realmente e qui propongo una tregua per dare respiro, per dare serenità, per dare un briciolo di felicità umana, che qualcuno che mi ha preceduto ha citato, ed est doberosu faghere custu, nu lu sunis ispettende. Se riusciamo a trovare una soluzione ci faranno tutti e sessanta santos. Come chiedo che le banche, l'Agenzia delle entrate, il Consorzio fidi, le parti interessate educatamente si siedano e inizino a trattare, a trovare una soluzione: bloccare, una tregua. Diamo respiro alle nostre famiglie e alle nostre aziende in quanto ce lo pretendono!
Ho già finito il tempo? Quasi? Allora acceleriamo sulle proposte concrete. Piano energetico: una rapina, un miliardo e mezzo all'anno parte, via! Cherimus ancora concedere? Ci sono centinaia di "comitati fora" che stanno cercando di sopperire alle nostre mancanze per bloccare parchi eolici, parchi fotovoltaici dove rapinano letteralmente e a noi lasciano lo 0,6 per cento. Dae calchi logu devimus recuperare dinare.…
PRESIDENTE. Onorevole Sale, il tempo a sua disposizione è terminato.
Il Consiglio è riconvocato mercoledì 9 aprile, alle ore 10 e 30, con la prosecuzione del dibattito sulle dichiarazioni programmatiche, la replica del Presidente e il completamento dell'Ufficio di Presidenza.
La seduta è tolta alle ore 19 e 22.