Seduta n.133 del 07/09/2010 

CXXXIII Seduta

Martedì 7 settembre 2010

(ANTIMERIDIANA)

Presidenza della Presidente LOMBARDO

La seduta è aperta alle ore 10 e 20.

MARIANI, Segretario, dà lettura del processo verbale della seduta antimeridiana del 29 luglio 2010 (126), che è approvato.

Congedi

PRESIDENTE. Comunico che i consiglieri regionali Gianfranco Bardanzellu, Nicolò Rassu e Angelo Stochino hanno chiesto congedo per la seduta antimeridiana del 7 settembre 2010.

Poiché non vi sono opposizioni, i congedi si intendono accordati.

Annunzio di presentazione di proposta di legge

PRESIDENTE. Comunico che è stata presentata la seguente proposta di legge:

Dedoni - Vargiu - Cossa - Fois - Meloni Francesco - Mula: "Norme in materia di raccolta e coltivazione dei tartufi". (187)

(Pervenuta il 3 settembre 2010 e assegnata alla quinta Commissione)

Risposta scritta a interrogazioni

PRESIDENTE. Comunico che è stata data risposta scritta alle seguenti interrogazioni:

"Interrogazione Dedoni - Vargiu - Cossa - Meloni Francesco - Fois - Mula sui licenziamenti effettuati dalla società Park auto sarda, appaltatrice dei servizi di custodia e vigilanza dei parcheggi regionali". (119)

(Risposta scritta in data 31 agosto 2010.)

"Interrogazione Cocco Daniele Secondo sulla grave situazione dell'AREA e dei suoi lavoratori". (264)

(Risposta scritta in data 31 agosto 2010.)

"Interrogazione Espa - Agus - Sanna Gian Valerio sull'opportunità che un membro della commissione del concorso per dirigenti della Regione Sardegna partecipi, in qualità di relatore, ad un seminario di formazione su argomenti attinenti alla prova scritta del concorso stesso". (301)

(Risposta scritta in data 31 agosto 2010.)

"Interrogazione Cocco Daniele Secondo sulla procedura di stabilizzazione dei precari dell'Ente foreste, in particolare nel Comune di Illorai". (302)

(Risposta scritta in data 31 agosto 2010.)

"Interrogazione Rassu sulle procedure di stabilizzazione, nell'Ente foreste, del personale turnista e dell'ex personale dalle squadre antincendio". (313)

(Risposta scritta in data 31 agosto 2010.)

"Interrogazione Cuccu - Cucca - Moriconi - Sabatini sui contributi finanziari attribuiti ai consorzi turistici con la deliberazione della Giunta regionale n. 50/22 del 21 novembre 2009". (343)

(Risposta scritta in data 31 agosto 2010.)

Annunzio di interrogazioni

PRESIDENTE. Si dia annunzio delle interrogazioni pervenute alla Presidenza.

MARIANI, Segretario:

"Interrogazione Mulas, con richiesta di risposta scritta, sulla delibera n. 30/20 del 3 agosto 2010 che stabilisce un incremento delle tariffe del servizio di trasporto pubblico di linea". (385)

"Interrogazione Lai, con richiesta di risposta scritta, sulla sospensione dei lavori di realizzazione del commissariato di Olbia, futura questura, a causa di un credito insoluto nei riguardi dell'impresa Lattanzi, società responsabile dell'esecuzione dell'opera". (386)

"Interrogazione Meloni Valerio - Lotto - Manca, con richiesta di risposta scritta, sulla mancata nomina del direttore dell'ERSU di Sassari e sui disagi conseguenti a tale mancato provvedimento da parte del Presidente della Regione". (387)

"Interrogazione Diana Mario, con richiesta di risposta scritta, sulla morte di 90 suini destinati alla macellazione nel mattatoio comunale di Settimo San Pietro". (388)

"Interrogazione Locci, con richiesta di risposta scritta, sulla situazione dei lavori di bonifica ambientale dell'area ex Sardamag di Sant'Antioco". (389)

"Interrogazione Meloni Valerio - Caria - Espa, con richiesta di risposta scritta, sull'inqualificabile atteggiamento dell'Azienda ospedaliero-universitaria di Sassari in ordine alla sostituzione di trenta dipendenti con contratto a termine". (390)

"Interrogazione Cocco Daniele Secondo, con richiesta di risposta scritta, sull'attivazione di un centro di medicina riabilitativa termale nel Comune di Benetutti". (391)

Annunzio di interpellanze

PRESIDENTE. Si dia annunzio delle interpellanze pervenute alla Presidenza.

MARIANI, Segretario:

"Interpellanza Barracciu - Cucca - Mariani - Bruno - Uras - Salis - Agus - Ben Amara - Caria - Cocco Daniele Secondo - Cocco Pietro - Cuccu - Diana Giampaolo - Espa - Lotto - Manca - Meloni Marco - Meloni Valerio - Moriconi - Porcu - Sabatini - Sanna Gian Valerio - Sechi - Solinas Antonio - Soru - Zedda Massimo - Zuncheddu sul rischio di chiusura del convitto e del semiconvitto annessi all'Istituto professionale agricoltura e ambiente di Sorgono e sul rischio della mancata istituzione delle prime classi dei licei ed istituti tecnici di Sorgono, Aritzo, Desulo, Macomer, Gavoi e Tonara". (136)

"Interpellanza Milia - Sanna Giacomo - Biancareddu - Capelli - Cappai - Contu Felice - Dessì - Maninchedda - Obinu - Oppi - Planetta - Solinas Christian - Steri sulla nomina del direttore generale dell'Assessorato regionale dell'igiene e sanità e dell'assistenza sociale". (137)

Annunzio di mozione

PRESIDENTE. Si dia annunzio della mozione pervenuta alla Presidenza.

MARIANI, Segretario:

"Mozione Sechi - Zedda Massimo - Uras sull'affermazione del diritto di autodeterminazione dei popoli in funzione del più efficace contrasto all'aggressione e progressivo indebolimento dei valori di libertà, di uguaglianza e solidarietà politica, economica e sociale tra le comunità nazionali, linguistiche e culturali in Sardegna, in Italia e in Europa". (80)

Discussione congiunta delle mozioni Bruno - Uras - Salis - Agus - Barracciu - Ben Amara - Caria - Cocco Daniele Secondo - Cocco Pietro - Cucca - Cuccu - Diana Giampaolo - Espa - Lotto - Manca - Mariani - Meloni Marco - Meloni Valerio - Moriconi - Porcu - Sabatini - Sanna Gian Valerio - Sechi - Solinas Antonio - Soru - Zedda Massimo - Zuncheddu sulla mancata applicazione del nuovo regime delle entrate regionali, ex articolo 8 dello Statuto speciale riformato, nell'assestamento del bilancio dello Stato 2010, con richiesta di convocazione straordinaria del Consiglio ai sensi dei commi 2 e 3 dell'articolo 54 del Regolamento (78); Oppi - Milia - Steri - Biancareddu - Capelli - Cappai - Contu Felice - Obinu sull'applicazione dell'articolo 8 dello Statuto d'autonomia (legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3) (72) abbinate all'interpellanza Porcu - Sabatini - Barracciu - Bruno - Uras - Salis sulla mancata applicazione del nuovo regime delle entrate regionali, ex articolo 8 dello Statuto speciale riformato, nell'assestamento del bilancio dello Stato 2010 (132/A).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione congiunta delle mozioni numero 78 e 72 e dell'interpellanza numero 132/A.

(Si riporta di seguito il testo delle mozioni e dell'interpellanza:

Mozione Bruno - Uras - Salis - Agus - Barracciu - Ben Amara - Caria - Cocco Daniele Secondo - Cocco Pietro - Cucca - Cuccu - Diana Giampaolo - Espa - Lotto - Manca - Mariani - Meloni Marco - Meloni Valerio - Moriconi - Porcu - Sabatini - Sanna Gian Valerio - Sechi - Solinas Antonio - Soru - Zedda Massimo - Zuncheddu sulla mancata applicazione del nuovo regime delle entrate regionali, ex articolo 8 dello Statuto speciale riformato, nell'assestamento del bilancio dello Stato 2010, con richiesta di convocazione straordinaria del Consiglio ai sensi dei commi 2 e 3 dell'articolo 54 del Regolamento.

IL CONSIGLIO REGIONALE

PREMESSO che:

- l'articolo 1, comma 834, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007), ha riformato il titolo terzo dello Statuto speciale per la Sardegna definendo, all'articolo 8, a partire dal 2010, un nuovo regime di regolamentazione della compartecipazione della Regione Sardegna alle entrate erariali dello Stato;

- l'entrata in vigore di tale normativa prevede, per quanto riguarda le entrate erariali spettanti alla Sardegna, che a decorrere dall'esercizio finanziario 2010:

1) occorre fare riferimento a tutte le fattispecie tributarie maturate in ambito regionale, anche se affluite ad uffici finanziari situati fuori dal territorio della Regione (articolo 8, ultimo comma);

2) la compartecipazione all'IVA avviene in quota fissa (anziché in quota variabile) nella misura di nove decimi, rilevata in base ai consumi regionali delle famiglie (articolo 8, lettera m);

3) la compartecipazione regionale viene estesa a tutte le entrate erariali maturate nel territorio della Sardegna;

4) la Regione si accolla il totale delle spese in materia di sanità e quelle connesse al trasporto pubblico locale (Ferrovie Sardegna e Ferrovie meridionali sarde) e alla continuità territoriale aerea;

- tale nuovo regime di entrate deve sostenere le nuove funzioni esercitate dalla Regione per una cifra pari a circa 1 miliardo e 600 milioni di euro, determinando maggiori entrate nette che, tenendo conto del minor gettito fiscale conseguente la crisi finanziaria ed economica che ha colpito la Regione Sardegna, vengono correntemente stimate, dalla Ragioneria generale della Regione, in un miliardo e 200 milioni di euro;

- coerentemente con il nuovo regime di entrate la Regione Sardegna ha inserito, con legge regionale 28 dicembre 2009, n. 6 (Bilancio di previsione per l'anno 2010 e bilancio pluriennale per gli anni 2010/2013), la previsione di entrate tributarie ordinarie pari a euro 7.079.895.500 di cui 1.950.000.000 euro di IVA e 2.080.000.000 euro di IRE;

- la discussione in corso alla Commissione bilancio della Camera sulla legge di assestamento del bilancio dello Stato 2010 ha confermato che vi sono seri rischi per la Sardegna di non poter disporre nel 2010 delle risorse previste dal nuovo regime di compartecipazione della Regione alle entrate erariali dello Stato, regolarmente iscritte nel bilancio 2010 della Regione Sardegna;

- il bilancio dello Stato per il 2010 prevede, attualmente, per la Regione Sardegna soli 4 miliardi e 500 milioni di euro di compartecipazione erariale per competenza e per cassa, circa 2.590 milioni di euro in meno rispetto a quanto inserito dalla Regione nel proprio bilancio di competenza;

- il Vice Ministro Vegas, in data 13 luglio 2010, nel corso di un intervento in Commissione alla Camera dei deputati in occasione dell'esame della legge di assestamento del bilancio dello Stato 2010 contenente disposizioni per l'assestamento del bilancio dello Stato e dei bilanci delle amministrazioni autonome per l'anno finanziario 2010, rispondendo ad una domanda dell'On.le Calvisi, ha motivato la mancata iscrizione in bilancio delle nuove entrate con la necessità di apposite norme di attuazione del nuovo articolo 8 dello Statuto della Regione Sardegna;

- tale affermazione non trova conferma nella giurisprudenza costituzionale, nello Statuto della Regione Sardegna, ed è in contrasto anche con la posizione precedentemente assunta dallo stesso Governo che, nel confermare l'immediata applicabilità della richiamata modifica statutaria in materia di entrate della Regione Sardegna, aveva accolto, nella seduta del 17 dicembre 2009 sul disegno di legge di bilancio di previsione dello Stato per il 2010, l'ordine del giorno Cicu n. 9/2937-A/7, volto proprio a chiedere l'immediato trasferimento delle somme spettanti alla Sardegna dal capitolo di bilancio 2797 relativo al fondo occorrente per l'attuazione dell'ordinamento regionale delle regioni a statuto speciale;

- ad ulteriore aggravio della situazione per la Regione Sardegna, lo stesso Vice Ministro Vegas ha affermato, nella stessa seduta di Commissione, che non ci sarà alcun differimento nell'esercizio delle nuove funzioni attribuite alla Regione in materia di sanità e di trasporto pubblico locale;

- risulta del tutto evidente che la mancata immediata allocazione delle risorse relative al nuovo regime delle entrate fiscali, aggravata dagli oneri sopportati per le nuove competenze attribuite alla Sardegna dallo Stato, rischia di avere un effetto drammatico sull'effettiva possibilità per la Sardegna di coprire anche le sole spese di cassa concordate con lo Stato per l'esercizio essenziale delle proprie funzioni; tali spese ammontano, per l'anno 2010, a circa. 6.339 milioni di euro, di cui circa 3.200 milioni di euro relativi alla spesa sanitaria, trasporto pubblico locale e alla continuità territoriale aerea, non soggetti ai vincoli di spesa del patto di stabilità, e 3.139 milioni di euro per tutte le altre spese ricomprese all'interno del patto di stabilità;

- in questa grave situazione la Regione non può esimersi dal reagire con immediatezza e con determinazione contro la posizione assunta dal Governo che lede il principio di leale collaborazione tra istituzioni, interviene impropriamente sulla sfera di attribuzioni ad essa assegnate dal proprio statuto, mette a rischio lo stesso funzionamento della pubblica amministrazione regionale e di servizi essenziali per i cittadini, oltre a compromettere la possibilità di attuare concretamente qualsiasi politica pubblica atta a superare la crisi sociale ed economica che colpisce la società sarda,

impegna il Presidente della Regione

1) a promuovere una vasta e determinata mobilitazione sociale ed istituzionale di tutto il popolo sardo nei confronti dello Stato per rivendicare le necessarie risorse finanziarie volte ad attuare il rispettoso adempimento del nuovo regime delle entrate sancito dall'articolo 1, comma 834, della legge n. 296 del 2006;

2) a richiedere formalmente al Ministero e all'autorità statale (Ragioneria generale competente), la regolare assegnazione delle risorse relative alle disposizioni statutarie citate in premessa (articolo 8) e il cronoprogramma dei relativi trasferimenti finanziari;

3) a proporre conflitto di attribuzione davanti alla Corte costituzionale avverso ogni atto che neghi alla Regione l'immediata disponibilità delle entrate di cui all'articolo 8 dello Statuto d'autonomia (legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3);

4) ad impugnare presso la Corte costituzionale l'assestamento di bilancio 2010 dello Stato e/o ogni altra legge finanziaria che, se approvata, dovesse non prevedere le maggiori compartecipazioni fiscali spettanti alla Regione con l'effetto di disconoscere la legittimità dell'immediata applicazione del nuovo regime di entrate previsto dallo Statuto d'autonomia della Regione Sardegna;

5) a ottenere il rispetto tempestivo del diritto fondamentale dei sardi ad usufruire dei legittimi trasferimenti di risorse previsti dall'articolo 1, comma 834, della legge n. 296 del 2006, pena le gravi conseguenze istituzionali, economiche e sociali derivanti dal venir meno delle previsioni dello Statuto di autonomia e della possibilità di garantire un futuro dignitoso e significativo alla Sardegna.(78)

Mozione Oppi - Milia - Steri - Biancareddu - Capelli - Cappai - Contu Felice - Obinu sull'applicazione dell'articolo 8 dello Statuto d'autonomia (legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3).

IL CONSIGLIO REGIONALE

PREMESSO che:

- l'articolo 8 dello Statuto d'autonomia (legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3), che disciplina le entrate della Regione, è stato di recente modificato con l'articolo 1, comma 834, della legge 27 dicembre 2006, n. 29, facendo applicazione dello specifico procedimento all'uopo previsto (articolo 54, comma 5, dello Statuto);

- il Vice Ministro Vegas in data luglio 2010, nel corso di un intervento in Commissione alla Camera dei deputati in occasione dell'esame del disegno di legge C. 3594 - Governo, contenente disposizioni per l'assestamento del bilancio dello Stato e dei bilanci delle amministrazioni autonome per l'anno finanziario 2010, rispondendo ad una precisa domanda, ha affermato che l'avviso del Governo era nel senso che il citato articolo 8 dello Statuto non può trovare applicazione fin tanto che non vengano emanate apposite norme di attuazione, senza peraltro portare alcun argomento a sostegno dell'affermazione stessa;

- per contro, le previsioni di cui all'articolo 8 dello Statuto ben possono ed anzi debbono trovare applicazione immediata e diretta senza necessità della previa emanazione di specifiche norme di attuazione;

- si è, infatti, in presenza di una norma statutaria che individua con sufficiente specificità le situazioni giuridiche dalla stessa nascenti per cui si è in presenza di una disposizione che può e deve trovare diretta ed immediata operatività;

- invero, la giurisprudenza della Corte costituzionale è consolidata nel ritenere che le fonti statutarie sono ad efficacia diretta e non differita quando contengono una "definizione sufficiente" del loro oggetto (confronta sentenze 24 novembre 1958, n, 58; 15 luglio 1969, n. 136; 26 maggio 1971, n. 108; 18 ottobre 1983, n. 312; 14 aprile 1988, n. 449);

- l'articolo 56 dello Statuto, che contiene la disciplina relativa alle norme di attuazione dello Statuto stesso, lungi dall'affermare la loro necessità per dare applicazione alle norme statutarie, si limita invece a disciplinare il procedimento di approvazione delle norme di attuazione nonché la forma che le stesse devono rivestire (decreto legislativo) per l'ipotesi che esse risultino necessarie; ritenere diversamente condurrebbe all'illogico risultato di affermare che una norma di attuazione sarebbe necessaria anche nelle ipotesi in cui il testo statutario sia pienamente completo e non necessiti di integrazioni o specificazioni;

- del resto la legge regionale 28 dicembre 2009, n. 6, con la quale è stato approvato il bilancio di previsione per l'anno 2010 ed il bilancio pluriennale per gli anni 2010-2013, ha applicato la disposizione di cui all'articolo 8 dello Statuto inserendo tra le entrate quelle previste nel citato articolo 8 nel testo risultante a seguito delle modifiche apportate con l'articolo 1, comma 834, della legge n. 296 del 2006, ed il Governo non ha ritenuto di impugnare la stessa;

- inoltre, in sede di discussione del bilancio di previsione per il 2010, era stato presentato alla Camera dei deputati l'ordine del giorno n. 9/2937 - A/7 volto ad affermare l'immediata applicabilità delle disposizioni dell'articolo 8 dello Statuto, successivamente accolto dal Governo;

- risulta, pertanto, evidente che avverso la richiamata dichiarazione del Vice Ministro Vegas la Regione è legittimata a proporre conflitto di attribuzione al fine di difendere ed affermare le attribuzioni alla stessa spettanti in forza dell'articolo 8 dello Statuto d'autonomia (legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3), menomate dalla volontà del Governo affermata dal Vice Ministro Vegas; invero, in tale modo, viene lesa la sfera di competenza assegnata alla Regione dallo Statuto;

- non è, comunque, dubbio che il ricorso per conflitto di attribuzione può essere proposto qualora in sede di approvazione del disegno di legge C. 3594 - Governo, contenente disposizioni per l'assestamento del bilancio dello Stato e dei bilanci delle amministrazioni autonome per l'anno finanziario 2010, non sia previsto il trasferimento in favore della Regione Sardegna delle risorse di cui all'articolo 8 dello Statuto;

- in questa situazione la Regione non può esimersi dal reagire con forza avverso il disconoscimento del diritto ad ottenere il trasferimento delle risorse di cui trattasi, posizione che lede fortemente la sua autonomia, soprattutto in un momento in cui sono state approvate una serie di norme (quelle sul cosiddetto federalismo fiscale) estremamente penalizzanti per la Regione e, per contro, non viene data attuazione anche all'articolo 13 dello Statuto, disposizione fondamentale che regge lo Statuto stesso, così frapponendo ostacoli alla rinascita della Sardegna,

impegna il Presidente della Regione e la Giunta regionale

a proporre conflitto di attribuzione davanti alla Corte costituzionale al fine di fare affermare che non spetta allo Stato negare l'attribuzione alla Regione delle entrate di cui all'articolo 8 dello Statuto d'autonomia (legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3). (72)

Interpellanza Porcu - Sabatini - Barracciu - Bruno - Uras - Salis sulla mancata applicazione del nuovo regime delle entrate regionali, ex articolo 8 dello Statuto speciale riformato, nell'assestamento del bilancio dello Stato 2010.

I sottoscritti,

premesso che:

- l'articolo 1, comma 834, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007), ha riformato il titolo terzo dello Statuto speciale della Sardegna definendo, all'articolo 8, a partire dal 2010, un nuovo regime di regolamentazione della compartecipazione della Regione Sardegna alle entrate erariali dello Stato;

- l'entrata in vigore di tale normativa prevede per quanto riguarda le entrate erariali spettanti alla Sardegna, che a decorrere dall'esercizio finanziario 2010:

occorre fare riferimento a tutte le fattispecie tributarie maturate in ambito regionale, anche se affluite ad uffici finanziari situati fuori dal territorio della Regione (articolo 8, ultimo comma);

la compartecipazione all'IVA avviene in quota fissa (anziché in quota variabile) nella misura di nove decimi, rilevata in base ai consumi regionali delle famiglie (articolo 8, lettera m);

la compartecipazione regionale viene estesa a tutte le entrate erariali maturate nel territorio della Sardegna;

la Regione si accolla il totale delle spese in materia di sanità e quelle connesse al trasporto pubblico locale (Ferrovie Sardegna e Ferrovie meridionali sarde) e alla continuità territoriale aerea;

- tale nuovo regime di entrate deve sostenere le nuove funzioni esercitate dalla Regione per una cifra pari a circa 1 miliardo e 600 milioni di euro, determinando maggiori entrate nette che, tenendo conto del minor gettito fiscale conseguente la crisi finanziaria ed economica che ha colpito la Regione Sardegna, vengono correntemente stimate, dalla Ragioneria generale della Regione, in un miliardo e 200 milioni di euro;

- coerentemente con il nuovo regime di entrate la Regione Sardegna ha inserito, con legge regionale 28 dicembre 2009, n. 6 (Bilancio di previsione per l'anno 2010 e bilancio pluriennale per gli anni 2010/2013), la previsione di entrate tributarie ordinarie pari a 7.079.895.500 euro di cui 1.950.000.000 euro di IVA e 2.080.000.000 euro di IRE;

- la discussione in corso alla Commissione bilancio della Camera sulla legge di assestamento del bilancio dello Stato 2010 ha confermato che vi sono seri rischi per la Sardegna di non poter disporre nel 2010 delle risorse previste dal nuovo regime di compartecipazione della Regione alle entrate erariali dello Stato, regolarmente iscritte nel bilancio 2010 della Regione Sardegna;

- il bilancio dello Stato per il 2010 prevede, attualmente, per la Regione Sardegna soli 4 miliardi e 500 milioni di euro di compartecipazione erariale per competenza e per cassa, circa 2.590 milioni di euro in meno rispetto a quanto inserito dalla Regione nel proprio bilancio di competenza;

- il Vice Ministro Vegas in data 13 luglio 2010, nel corso di un intervento in Commissione alla Camera dei deputati in occasione dell'esame della legge di assestamento del bilancio dello Stato 2010 contenente disposizioni per l'assestamento del bilancio dello Stato e dei bilanci delle amministrazioni autonome per l'anno finanziario 2010, rispondendo ad una domanda dell'On.le Calvisi, ha motivato la mancata iscrizione in bilancio delle nuove entrate, con la necessità di apposite norme di attuazione del nuovo articolo 8 dello Statuto della Regione Sardegna;

- tale affermazione non trova conferma nella giurisprudenza costituzionale, nello Statuto della Regione Sardegna ed è in contrasto anche con la posizione precedentemente assunta dallo stesso Governo che, nel confermare l'immediata applicabilità della richiamata modifica statutaria in materia di entrate della Regione Sardegna, aveva accolto, nella seduta del 17 dicembre 2009 sul disegno di legge di bilancio di previsione dello Stato per il 2010, l'ordine del giorno Cicu n. 9/2937-A/7, volto proprio a chiedere l'immediato trasferimento delle somme spettanti alla Sardegna dal capitolo di bilancio 2797 relativo al fondo occorrente per l'attuazione dell'ordinamento regionale delle regioni a statuto speciale;

- ad ulteriore aggravio della situazione per la Regione Sardegna, lo stesso Vice Ministro Vegas ha affermato, nella stessa seduta di Commissione che non ci sarà alcun differimento nell'esercizio delle nuove funzioni attribuite alla Regione in materia di sanità e di trasporto pubblico locale;

- risulta del tutto evidente che la mancata immediata allocazione delle risorse relative al nuovo regime delle entrate fiscali, aggravata dagli oneri sopportati per le nuove competenze attribuite alla Sardegna dallo Stato, rischia di avere un effetto drammatico sull'effettiva possibilità per la Sardegna di coprire anche le sole spese di cassa concordate con lo Stato per l'esercizio essenziale delle proprie funzioni; tali spese ammontano, per l'anno 2010, a circa 6.339 milioni di euro, di cui circa 3.200 milioni di euro relativi alla spesa sanitaria, trasporto pubblico locale e alla continuità territoriale aerea, non soggetti ai vincoli di spesa del patto di stabilità, e 3.139 milioni di euro per tutte le altre spese ricomprese all'interno del patto di stabilità;

- in questa grave situazione la Regione non può esimersi dal reagire con immediatezza e con determinazione contro la posizione assunta dal Governo che lede il principio di leale collaborazione tra istituzioni, interviene impropriamente sulla sfera di attribuzioni ad essa assegnate dal proprio statuto, mette a rischio lo stesso funzionamento della pubblica amministrazione regionale e di servizi essenziali per i cittadini, oltre a compromettere la possibilità di attuare concretamente qualsiasi politica pubblica atta a superare la crisi sociale ed economica che colpisce la società sarda,

chiedono di interpellare il Presidente della Regione e la Giunta regionale per sapere se non sia opportuno:

proporre conflitto di attribuzione davanti alla Corte costituzionale avverso le dichiarazioni rese dal Vice Ministro Vegas e/o avverso ogni altro atto che neghi alla Regione l'immediata disponibilità delle entrate di cui all'articolo 8 dello Statuto d'autonomia (legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3);

impugnare presso la Corte costituzionale l'assestamento di bilancio 2010 dello Stato e/o ogni altra legge finanziaria che, se approvata, dovesse non prevedere le maggiori compartecipazioni fiscali spettanti alla Regione con l'effetto di disconoscere la legittimità dell'immediata applicazione del nuovo regime di entrate previsto dallo Statuto d'autonomia della Regione Sardegna. (132/A).)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione. Uno dei presentatori della mozione numero 78 ha facoltà di illustrarla.

BRUNO (P.D.). Signora Presidente del Consiglio, signor Presidente della Regione, signori Assessori, colleghi consiglieri, abbiamo presentato questa mozione sulla mancata applicazione del nuovo regime delle entrate, quindi sulla mancata attuazione dello Statuto della Regione Sardegna perché siamo fortemente preoccupati, anche a seguito degli ultimi incontri fra la Regione e il Governo, della rappresentazione che ne è stata data e della valutazione che il Governo regionale ha formulato e ha esternato ai sardi.

L'incontro dei primi di agosto tra il presidente Cappellacci, l'Assessore della programmazione, La Spisa, e il viceministro Vegas non ha portato ad alcun fatto nuovo, se non alla conferma dell'atteggiamento di subalternità della Giunta regionale. Per il presidente Cappellacci è tutto risolto, perfino l'assemblea straordinaria promossa dalla presidente Lombardo e annunciata in quest'Aula è superata - lo ha detto ai giornalisti il Presidente in conferenza stampa il 5 agosto -, si può occupare d'altro se proprio la si vuol fare. Questo è un atteggiamento sbagliato, a nostro modo di vedere. Non corrisponde al vero che le maggiori risorse finanziarie ottenute nell'accordo tra Soru e Prodi nel 2007 e a regime da quest'anno sono state previste dal Governo nel bilancio dello Stato 2010 nel fondo indistinto e verranno prelevate, come ha detto Vegas, non appena verranno approvate le norme di attuazione dell'articolo 8 e comunque con decorrenza 1° gennaio 2010. Sono parole che contrastano con gli atti parlamentari. Noi abbiamo il dovere, la Giunta regionale in primo luogo e il Presidente della Regione, che rappresenta politicamente ma anche legalmente la Sardegna, di difendere gli interessi della nostra Isola anche con una politica contestativa nei confronti dello Stato quando, come in questo caso, i diritti vengono calpestati e le risorse vengono messe in discussione.

Per il viceministro Vegas, secondo quanto riportano gli atti parlamentari, le norme di attuazione sono necessarie non come dice l'assessore La Spisa solo al fine di determinare procedure di calcolo, ma quale necessario presupposto giuridico senza il quale - sono parole del Viceministro - non si può pervenire all'iscrizione di alcuna somma nel bilancio di competenza. Per questa subalternità, per l'inerzia della Giunta regionale e del presidente Cappellacci, che non hanno fatto gli interessi della Sardegna in questi diciotto mesi, nel mese di luglio l'opposizione compatta ha posto la sfiducia, ha dichiarato che questa legislatura è finita e che è meglio ricorrere quanto prima al giudizio dei sardi. L'unica preoccupazione politica del presidente Cappellacci e della sua maggioranza sembra quella di smantellare quanto di buono è stato fatto in precedenza dalla Giunta Soru e di essere fedele al Governo Berlusconi e ai suoi inviati. Tant'è che a diciotto mesi di vuoto il presidente Cappellacci risponde con un tentativo di rimpasto, con nuovi equilibri, equilibri di potere che difficilmente - così pare - riuscirete a trovare. La Sardegna può aspettare.

A un Governo che non trasferisce i fondi FAS (2 miliardi e 250 milioni di euro), che non trasferisce le risorse previste dallo Statuto in materia di compartecipazione alle entrate, abbiamo l'obbligo di rispondere come hanno già proclamato i sindacati, gli enti locali, le associazioni di categoria, con una mobilitazione istituzionale, sociale, popolare senza precedenti. Bene farebbe la presidente Lombardo, e la invitiamo in questo senso, a convocare, come previsto, fin dai prossimi giorni un'assemblea straordinaria di tutte le istituzioni della Sardegna, di tutti i parlamentari, gli esponenti degli enti locali, dell'Università, del sindacato, delle forze sociali ed economiche. Bisogna far sentire alta la nostra voce unitaria, determinata.

Di fatto, colleghi, con questa mozione il Consiglio regionale comincia la sessione sulle riforme. Lo fa in un'Aula distratta, distrattissima, che pensa ad altro. Abbiamo detto tutti che la più importante delle riforme riguarda proprio il nostro Statuto di specialità: come adeguarlo, come ripensarlo, come riscriverlo dopo sessant'anni in un mondo profondamente cambiato, globalizzato, in un'Italia diversa che si accinge ad attuare il federalismo fiscale, in un'Europa che si è ampliata e che sempre più vuole diventare Europa dei popoli, in una Sardegna profondamente diversa.

Le chiedo se si può avere un po' di silenzio, presidente Lombardo.

PRESIDENTE. Ha ragione, onorevole Bruno. Prego i colleghi di prendere posto, grazie.

BRUNO (P.D.). E' bene incominciare il nostro dibattito facendo capire ai sardi che parliamo non di qualcosa di astratto, ma di qualcosa di concreto, di concretissimo, e che è bene che i cittadini si appassionino insieme a noi a questi temi perché in gioco c'è il loro futuro, il nostro futuro, il futuro di ciascun sardo, di ciascuna famiglia, di ciascuna impresa, di un popolo. E' bene che il Consiglio regionale affronti subito temi reali che riguardano il quotidiano delle persone.

Nella scorsa legislatura e, devo dire, a periodi alterni in questi sessant'anni di autonomia ci sono stati momenti di forte tensione morale. Anche nella scorsa legislatura abbiamo posto al Governo nazionale questioni per noi irrinunciabili e le abbiamo fatte diventare battaglie di popolo, patrimonio comune dei sardi, di tutti i sardi. Il diritto alla piena compartecipazione al gettito fiscale raccolto in Sardegna è stato, per esempio, vissuto dai sardi come momento di grande unità, di grande idealità. La vertenza sulle entrate, battaglia istituzionale, sociale e popolare, ha rappresentato uno dei momenti più alti della scorsa legislatura e, a mio avviso, ma non solo a mio avviso evidentemente, anche della storia autonomistica della Sardegna. Abbiamo intanto chiesto il pieno rispetto del nostro Statuto, abbiamo orgogliosamente rivendicato l'autogoverno, ciascun sardo ha consapevolmente preteso le entrate della propria Regione, tutte quelle dovute, e ha prevalso, nella doverosa distinzione dei ruoli, la responsabilità, l'unità e la coesione sociale.

La legge finanziaria nazionale 2007 ha poi riformato, come sappiamo, il Titolo III dello Statuto speciale per la Sardegna, definendo all'articolo 8, a partire dall'anno in corso, dal 2010, un nuovo regime di regolamentazione della compartecipazione della Regione alle entrate erariali dello Stato. Da quest'anno, cioè sulla base di quella battaglia vinta, parte un nuovo regime in cui la nostra compartecipazione aumenta notevolmente per l'IVA e per tutti i redditi prodotti in Sardegna; aumenta riportando a compartecipazione tutti i tributi maturati in ambito regionale, anche se affluiti a uffici finanziari situati fuori dal territorio della Regione.

Coerentemente con il nuovo regime di entrate anche l'attuale Governo regionale ha dato conto dei numeri che fotografano questa nuova situazione e degli effettivi miglioramenti che ciò comporta nel bilancio regionale. Un saldo positivo di nuove entrate a regime, pari al 22 per cento delle precedenti entrate di bilancio complessive, influisce in maniera decisiva sul futuro finanziario della Regione. E' comunque un trend che ha caratterizzato l'intero periodo della scorsa legislatura, nella quale la Regione ha visto raddoppiare le entrate proprie: più 117 per cento tra il 2004 e il 2010.

Possiamo parlare, quindi, di una nuova stagione per il bilancio della Regione e dunque per tutti i sardi: 750 milioni di euro in più di compartecipazione sull'IRE, 2 miliardi e 80 milioni in più di I[PS1] VA; 323 milioni in più di altre entrate; decurtiamo pure sanità e trasporti. Perfino l'assessore La Spisa attesta, ed è scritto nei documenti di bilancio 2010, un differenziale positivo di 1.632 milioni; 1 miliardo e 600 milioni in più non una tantum, ma ogni anno.

Parlare dunque di riforme, di riscrittura dello Statuto, significa far capire ai sardi come l'attuazione o meno dello Statuto e un nuovo patto con lo Stato abbiano ripercussioni immediate sulla loro vita, come incidano sulla loro carne viva. Un miliardo e 600 milioni di euro in più, come abbiamo cercato di dire negli anni scorsi e diciamo ancora oggi, sono otto ospedali all'anno, sono 15 mila alloggi popolari all'anno, sono 30 campus universitari da 1.000 posti letto, sono un'autostrada da Cagliari a Sassari, sono sviluppo, servizi, scelte che influiscono sull'agire quotidiano.

Abbiamo giudicato sbagliata, profondamente sbagliata la scelta della Giunta che, con la cosiddetta "manovrina" approvata prima delle ferie, sulla base di una ipotetica e comunque non precisa stima, ha voluto determinare tagli per 400 milioni alle spese della Regione, tenendo conto di un minore gettito fiscale conseguente, secondo la Giunta regionale, alla crisi finanziaria ed economica che ha colpito la Regione. Cioè questo Consiglio ha deciso di presentarsi al confronto con il Governo ufficializzando minori entrate per almeno 400 milioni. Lo ha fatto in un momento delicato. La discussione sulla legge di assestamento di bilancio 2010 ha confermato nei mesi scorsi che vi sono seri rischi per la Sardegna di non poter disporre nel 2010 delle risorse previste dal nuovo regime di compartecipazione della Regione Sardegna alle entrate erariali regolarmente iscritte nel bilancio 2010 della Regione. Il bilancio dello Stato per il 2010 prevede attualmente per la Regione Sardegna solo 4 miliardi e 500 milioni di euro di compartecipazione erariale per competenza e per cassa, circa 2.590 milioni di euro in meno rispetto a quanto inserito dalla Regione nel proprio bilancio di competenza.

Il viceministro Vegas già il 13 luglio scorso in Commissione bilancio alla Camera dei deputati, in occasione dell'esame della legge di assestamento del bilancio 2010, rispondendo a una domanda dell'onorevole Calvisi aveva motivato la mancata iscrizione in bilancio delle nuove entrate con la necessità di apposite norme di attuazione del nuovo articolo 8 dello Statuto della Regione. Affermazione già posta nero su bianco dallo stesso Vegas nel mese di marzo di quest'anno, in risposta a un'interrogazione del deputato Salvatore Cicu, ma ne siamo venuti a conoscenza solo un mese fa in Aula, con la dichiarazione della Giunta regionale. E' una posizione che contrasta con l'ordine del giorno del 17 dicembre 2009, primo firmatario lo stesso onorevole Cicu, che è stato accolto dalla Camera e che prevedeva invece l'immediato trasferimento delle somme spettanti alla Sardegna nel capitolo 2797 relativo al fondo per la attuazione dell'ordinamento regionale delle Regioni a Statuto speciale. L'ordine del giorno, firmato da tutti i parlamentari sardi di centrodestra e di centrosinistra, chiedeva al Governo di provvedere quanto prima a trasferire le risorse, al fine di attuare quanto previsto dalla legislazione vigente e compensare inoltre la Regione delle maggiori spese derivanti dall'accollo di sanità e trasporto pubblico locale. Ma il viceministro Vegas, il 13 luglio scorso, nella Commissione bilancio della Camera, ha fatto affermazioni ancora più gravi: mentre per il trasferimento delle funzioni non occorrerebbero le norme di attuazione, per il trasferimento delle risorse, al contrario, queste sarebbero necessarie. Risultato inaccettabile è che a oggi la Sardegna assumerebbe su di sé tutti gli oneri del nuovo articolo 8 dello Statuto, senza i vantaggi che l'applicazione di quell'articolo comporta. E' un fatto gravissimo che fa pagare a tutti i sardi un prezzo altissimo. Noi l'abbiamo fatto rilevare nel corso della discussione sulla cosiddetta "manovrina", indicando la priorità, la battaglia sulle entrate, e non la sforbiciata inutile operata dalla Giunta Cappellacci.

Le norme di attuazione, abbiamo cercato di dirlo in tutti i modi, non servono, e non basta richiamare il DAPEF 2008 della Giunta Soru elaborato nel 2007. Onestà intellettuale vorrebbe che si andasse a rileggere il Documento annuale di programmazione economica e finanziaria 2009, l'ultimo della Giunta Soru, che non prevede norme di attuazione, ma l'immediata applicabilità dell'articolo 8 sulla base anche di quanto chiarito con la Commissione paritetica. Nello scorso mese di marzo, mentre il viceministro Vegas rispondeva all'interrogazione dell'onorevole Cicu, il Presidente della Sezione di controllo della Corte dei conti della Sardegna, dottor Mario Scano, audito in Commissione bilancio del Consiglio regionale, attestava che il regime di trasferimento delle entrate, in base al Titolo III dello Statuto, non ha necessità di ulteriori norme di attuazione, norme che potrebbero essere persino dannose per la nostra Regione. Fare norme di attuazione, ha detto il dottor Scano in Commissione, si è rivelato spesso uno strumento a vantaggio dello Stato, che le utilizza per limitare le Regioni a Statuto speciale, per limitarne le prerogative e togliere con la destra quanto ha trasferito con la sinistra. E' la posizione di cui siamo convinti, che abbiamo sempre sostenuto. L'esigenza di norme di attuazione non trova conferma né nella giurisprudenza costituzionale, né nello Statuto della Regione, ed è in contrasto perfino con quanto dichiarato dalla Giunta regionale in carica.

L'articolo 8 dello Statuto è immediatamente applicabile, eppure, mentre il centrosinistra, in giornate di dibattito ampio e articolato, in quest'Aula sollevava, sviluppava con forza il tema della difesa prioritaria del nuovo quadro di compartecipazione, in un confronto che ha visto anche un'ampia convergenza di vasti settori della maggioranza, la Giunta regionale, con un atto di palese ostilità, di cinismo istituzionale, sfidava il Consiglio approvando in quelle stesse ore un disegno di legge che conteneva lo schema delle norme di attuazione. Un atteggiamento contraddittorio, che in quelle stesse ore vedeva il coordinatore regionale del P.d.L., il senatore Mariano Delogu, presentare un emendamento per trasferire immediatamente, nella fase di assestamento del bilancio dello Stato, 800 milioni a favore della Regione Sardegna, evidentemente senza norme di attuazione. L'abbandono dell'aula, nella fase di approvazione di quell'inutile leggina, e la presentazione di una mozione è stato il modo con il quale abbiamo voluto, vogliamo svolgere il nostro ruolo di opposizione responsabile e determinata.

Non ci convincono affatto le dichiarazioni del Governo regionale, che a traino, succube, come sempre, di quello nazionale giustifica le norme di attuazione per determinare, rendere di univoca interpretazione meccanismi di calcolo che, di fatto, sono già chiari e sono stati già determinati all'atto dell'approvazione del bilancio 2010 della Regione. Lo scrive l'assessore La Spisa nei documenti allegati: un differenziale positivo di 1 miliardo e 632 milioni, al netto di sanità e trasporti.

Noi vogliamo con questa mobilitazione impegnare il Presidente della Regione; vogliamo che si metta a capo di una vasta e determinata mobilitazione sociale e istituzionale di tutto il popolo sardo, per rivendicare con forza le risorse dovute in attuazione del nuovo regime delle entrate sancito dalla finanziaria 2007 dello Stato, per difendere il nostro Statuto. E se non lo farà il Presidente, lo faranno comunque i sindacati, gli enti locali, il mondo dell'associazionismo, tutte le forze sociali ed economiche, a partire dal 25 settembre prossimo a Oristano, momento preliminare di una grande manifestazione a Roma.

Noi vogliamo impegnare il Presidente della Regione a proporre conflitto di attribuzione verso ogni atto che neghi alla Regione l'immediata disponibilità delle entrate di cui all'articolo 8; a impugnare l'assestamento di bilancio e ogni altra legge finanziaria che dovesse non prevedere le maggiori compartecipazioni fiscali spettanti alla Regione. Vogliamo ottenere il rispetto tempestivo del diritto fondamentale dei sardi a usufruire dei legittimi trasferimenti di risorse previsti dalla finanziaria 2007, pena - diciamo nel dispositivo della mozione - gravi conseguenze istituzionali, economiche e sociali. Cioè chiediamo che il presidente Cappellacci, insieme a noi, utilizzi anche lo strumento delle dimissioni pur di ottenere quanto spetta alla Regione, pur di difendere la carta fondamentale della nostra autonomia, sulla quale ha giurato. Riteniamo che la mozione sulle entrate sia centrale, soprattutto nella fase di riforme, che vogliamo inaugurare tra qualche giorno in Consiglio regionale, nella massima Assemblea dei sardi, ma anche nella società e nei consigli comunali e provinciali. Il dibattito diventa più concreto e meno astratto perché riguarda la necessità delle persone; meno astratto perché non riguarda enunciazioni di principio. La battaglia sulle entrate, allo stesso modo di quella avanzata nella scorsa legislatura sul demanio, sulle servitù militari, significa che vogliamo piena autonomia, che è tale se è anche autonomia finanziaria. Questo è il fondamento anche della riscrittura dello Statuto, che ha bisogno che tutta la società sarda si metta in moto, in una nuova fase di autogoverno che superi la concezione di autonomia fin qui conosciuta.

Intanto chiediamo, presidente Cappellacci, che l'attuale Statuto venga rispettato, venga attuato. La mozione vuole perciò essere un momento di unità e di coesione, a partire da questo Consiglio regionale. Non vuole essere momento di contrapposizione interna, non vuole essere utilizzata a fini strumentali di parte. Mi chiedo cosa ci può dividere nel rivendicare quanto spetta ai sardi, nel chiedere che venga attuato il nostro Statuto; mi chiedo cosa ci impedisce di arrivare a un ordine del giorno unitario. Prima la Sardegna, almeno questo deve unirci; un'unità che nel popolo, se non nella sua classe dirigente, è già fatta, come è avvenuto nel dicembre del 2005, con quei 5 mila sardi a Roma.

Facciamo in modo, come Consiglio regionale, come classe dirigente, di non rimanere indietro. La vertenza sulle entrate è già un nostro patrimonio, facciamo in modo che la difesa di quel patrimonio sia ascrivibile a una forte e diffusa unità delle istituzioni e di tutto il popolo sardo. E' questo il senso della nostra mozione.

PRESIDENTE. Uno dei presentatori della mozione numero 72 ha facoltà di illustrarla.

STERI (U.D.C.). Signora Presidente, colleghi, noi avevamo presentato la mozione numero 72 senza richiesta di convocazione urgente del Consiglio regionale, perché voleva essere uno stimolo a segnalare il problema e cercare di raggiungere, senza assunzione di posizioni di parte, una soluzione condivisa da tutto il Consiglio regionale. Non è questa una battaglia in cui possano essere prese posizioni politiche di parte, in cui ci possa essere contrapposizione tra maggioranza e opposizione; è una battaglia che deve essere condotta immediatamente.

Contestualmente, o quasi contestualmente, alla nostra mozione è stata presentata l'interpellanza dell'onorevole Porcu, segno che si trattava di un problema sicuramente sentito. Mi pare che si fosse concordata unitariamente tra tutti i Gruppi politici di maggioranza e opposizione una seduta straordinaria a settembre per affrontare il problema delle entrate; problema che è sicuramente centrale per quanto riguarda la Sardegna. Poi c'è stata una fuga in avanti con la mozione presentata dal centrosinistra, che, ancorché condivisibile nelle conclusioni, non lo è pienamente nell'illustrazione, laddove questo argomento viene utilizzato per fare in maniera più o meno larvata degli attacchi alla Giunta regionale. Ma, fatta questa precisazione, questo è sicuramente un problema centrale.

Concordo pienamente con l'onorevole Bruno sul fatto che l'attuazione dell'articolo 8, anche per i precedenti storici, non richiede la presenza di norme di attuazione. Nella nostra mozione abbiamo segnalato una serie di precedenti della Corte costituzionale, che ha affermato questo principio; precedenti particolarmente significativi, in particolare quello sull'articolo 56 dello Statuto, in cui questo principio l'ha fatto affermare proprio la Regione Sardegna. Quindi norme di attuazione sul piano teorico non ne servono.

Giustamente l'onorevole Bruno ricordava le dichiarazioni fatte dal Presidente delle sezioni riunite della Corte dei conti della Sardegna, Mario Scano, in sede di audizione in terza Commissione. Tuttavia il dottor Scano ha detto questo non solo in sede di audizione, ma anche ufficialmente, molto di recente, in sede di giudizio di parificazione, in cui ha ribadito che le norme di attuazione non servono. Sotto questo punto di vista, quindi, la richiesta delle norme di attuazione non è assolutamente accettabile. Del resto, anche ammesso che serva qualche norma, sicuramente non si tratta di norme di attuazione. Infatti, poiché il procedimento di riscrittura dell'articolo 8 è stato delegificato, come è possibile concepire che per dare attuazione a una norma di legge ordinaria si debba porre in essere una norma di rango subcostituzionale? Logicamente, per un esperto del diritto, questo non è sostenibile. Diciamo che ci possono essere problemi pratici di attuazione. E in effetti è così, perché la riscrittura dell'articolo 8 non è delle più felici, dà adito ad alcuni dubbi interpretativi e pone problemi pratici di applicazione. Questo ci porta a dire che sicuramente sarebbe stato meglio porre maggiore attenzione, anche se ciò non è imputabile alla Regione, perché, come sappiamo, sull'articolo 8 la Regione non deve dare un'intesa, ma deve essere solo sentita, quindi la scrittura è rimessa allo Stato. E visto il suo comportamento, viene quasi il dubbio che lo Stato con una mano abbia dato qualcosa e con l'altra, attraverso i funzionari ministeriali, abbia creato qualche inghippo per poter, un domani, fare un passo indietro.

Cioè, considerando i comportamenti tenuti dai Governi statali, il dubbio che vi sia sempre stata una riserva mentale permane, sia che si trattasse del Governo Berlusconi, sia, come in quel caso, che si trattasse del Governo Prodi, altrimenti non capisco perché i funzionari ministeriali dicano che servono norme di attuazione, dal momento che l'articolo 8 sostanzialmente, per come funzionano le cose, l'hanno scritto loro. Per esempio, per quanto riguarda l'IVA si parla di "rilevamento annuale", ma sappiamo benissimo che il rilevamento è triennale, allora perché hanno scritto annuale? Non potevano non saperlo. Da qui il dubbio che effettivamente abbiano voluto dire: "Ti riconosciamo le risorse dal 2010, ma, attenzione, ci riserviamo di introdurre qualche meccanismo per poter creare poi delle difficoltà operative". Comportamento oggi confermato dalle dichiarazioni del viceministro Vegas, che sono totalmente inaccettabili. Il viceministro Vegas non può dirci che servono norme di attuazione e nel frattempo fare l'assestamento. E' vero che viene creato un fondo indistinto per tutte le Regioni, ma è anche vero che con quel fondo sarà impossibile, ancorché venissero approvate domani stesso le norme di attuazione, assegnare alla Regione Sardegna tutte le somme che le competono e che sono indicate nell'interpellanza di Chicco Porcu, non nella nostra mozione. E' facile rispondere che si può fare un'altra norma di legge, ma l'approvazione di una norma di legge richiede tempi abbastanza lunghi e, con l'aria che tira, qualora ci dovessero essere problemi politici nella maggioranza a livello nazionale subiremmo, lo sappiamo bene, ulteriori ritardi. Nel frattempo dovremo comunque, dal 1° gennaio, accollarci le spese per la sanità e i trasporti.

E' una situazione francamente inaccettabile. Ma ciò che è inaccettabile, oltre al comportamento del Governo per quanto riguarda l'attuazione dell'articolo 8, è il comportamento complessivo che lo Stato ha assunto nei confronti della Regione Sardegna. E' stato ricordato il mancato trasferimento dei fondi FAS, ma a monte c'è la totale inattuazione dell'articolo 13 dello Statuto, che è la norma cardine su cui viene fondato tutto il sistema autonomistico. Questa battaglia, da condurre contro lo Stato, è ancor più giustificata a seguito della modifica del Titolo V della Costituzione, avvenuta nel 2001. Ahimè, primo caso in cui una modifica della Costituzione viene adottata a maggioranza, ma anche brutto esempio da parte del centrosinistra, cui si è agganciato il Governo Berlusconi quando ha fatto la sua riforma della Costituzione, che, per fortuna, a seguito di un referendum, non è andata avanti.

Cosa ha stabilito la riforma del Titolo V? In primo luogo l'articolo 114 non prevede più che lo Stato sia una piramide sotto cui sta tutto, ma dice che la Repubblica è costituita dalle città, dalle province, dalle città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato. Quindi lo Stato non viene più identificato con la Repubblica, ma sono tutte queste entità che insieme costituiscono la Repubblica. La Regione e lo Stato sono dunque due entità distinte, ecco perché ancor più oggi, dopo la riforma del Titolo V, è concepibile una politica di rivendica nei confronti dello Stato, che è un'unità distinta dalla Regione che non fa più parte dello Stato; Stato e Regione fanno cioè parte della Repubblica. Questo è un concetto da tenere presente quando parleremo del problema delle riforme: non si parla più di uno Stato regionale, si pongono due entità contrapposte, che devono regolare i rapporti tra loro. Poi è inutile parlare di regionalismo o federalismo; possiamo pure parlare di regionalismo, ma quello che conta sono i poteri e l'autonomia che in concreto vengono trasferiti. La dottrina costituzionale oramai dice che i termini federalismo e regionalismo sono delle mere etichette, ciò che conta sono i poteri in concreto attribuiti. L'esperienza storica conosce Stati regionali in cui le Regioni hanno più poteri degli Stati federali. Sono tutti argomenti che dovremo riconsiderare in sede di riforme.

E' poi importante anche la modifica dell'articolo 119 della Costituzione, perché attribuisce a tutte le Regioni una propria autonomia impositiva e prevede un fondo perequativo dello Stato; il comma 5 prevede poi interventi specifici dedicati non solo al riequilibrio, ma anche alla necessità di sviluppo economico. E' questo l'articolo 13 dello Statuto, che trova oggi piena rispondenza nell'articolo 119 della Carta costituzionale come riformato. Sicuramente la disciplina sul federalismo fiscale non è pienamente aderente al testo dell'articolo 119; è una disciplina che, com'è evidente alla mera lettura - ne parleremo in altra occasione -, penalizza fortemente la Regione Sardegna. Ecco perché noi dobbiamo fare una battaglia contro lo Stato; una battaglia che non può essere circoscritta alle entrate, perché sarebbe limitativa, ma deve essere finalizzata anche a ottenere il trasferimento di tutti i fondi FAS e l'attuazione dell'articolo 13 dello Statuto. L'intesa istituzionale firmata nel 1998 dal presidente Palomba e tutti i successivi accordi attuativi si muovevano in quest'ottica. Questo dobbiamo rivendicare. Se vogliamo poter dare uno sviluppo alla nostra Regione dobbiamo avere un efficiente sistema stradale (abbiamo già approvato in merito una mozione all'unanimità) in tutta la regione. Non è solo un problema della Sassari-Olbia, è un problema di tutto il sistema stradale della regione. E' inutile parlare di leggi per favorire lo sviluppo del golf, se poi da un capo all'altro dell'Isola non ci sono possibilità di collegamenti. E' questa una battaglia che ci deve vedere tutti uniti.

Norme di attuazione: se le norme di attuazione arrivano immediatamente, non vedo un ostacolo di principio a fare una norma di attuazione purché porti immediatamente il risultato che si vuole, purché elimini l'incongruenza. Su questo mi permetto - l'ho sottolineato in altra occasione in prima Commissione - di segnalare alla Giunta l'opportunità, per evitare che come sulle norme di attuazione per il trasferimento delle funzioni in materia di sanità penitenziaria, la Commissione si trovi di fronte a un sì o a un no, che la Commissione paritetica lavori congiuntamente con la prima Commissione. Il problema delle norme di attuazione sinceramente riguarda il dubbio sui comportamenti parte dello Stato. Il fatto stesso che lo Stato chieda una norma di attuazione a me sembra una cosa estremamente dubbia, mi crea fortissime perplessità. Ripeto, il fatto che lo Stato non abbia messo i fondi nella legge di assestamento i fondi è estremamente grave. E' ben vero, come è stato detto, che può essere fatta una legge successiva, intanto aspettiamo la fine dell'anno e i soldi non si vedono. Quindi mi sembra che i comportamenti dello Stato - Stato contrapposto alla Regione - non siano accettabili, sulla base dell'articolo 114 della Costituzione, e richiedano una forte reazione da parte della Regione e per essa del Presidente della Regione. Non ho dubbi che questa reazione vi sarà, dobbiamo però dare forza al Presidente perché possa muoversi a tutto campo, sapendo che qualora lo Stato dovesse continuare con questi comportamenti da parte del Consiglio regionale, da parte del popolo sardo vi sarà una fortissima reazione di contestazione che non farà nessuno sconto a chi da Roma vuole minare l'autonomia della Regione Sardegna.

PRESIDENTE. Ricordo che i consiglieri che intendono prendere la parola devono iscriversi a parlare non oltre la conclusione del primo intervento.

E' iscritto a parlare il consigliere Porcu. Ne ha facoltà.

PORCU (P.D.). Presidente, Assessori, colleghi, intervengo anche come primo firmatario di un'interpellanza che ha segnalato queste tematiche e ha sollevato punti del tutto analoghi a quelli richiamati dal mio Capogruppo, l'onorevole Mario Bruno, e dall'onorevole Giulio Steri. Mi rivolgo al Presidente della Regione e all'Assessore della programmazione per dire che, sentite le relazioni molto circostanziate, che naturalmente riflettono anche delle posizioni politiche, ma che credo siano analoghe nell'intendimento di offrire alla Regione e alla Presidenza della Regione uno strumento per far sentire più forte la nostra voce presso il Governo - mi rivolgo, oltre che al Presidente e all'Assessore, anche ai colleghi che vedo immotivatamente distratti su un tema così importante -, noi dobbiamo porci il problema di capire se l'appello lanciato dall'onorevole Bruno per creare un'occasione di unità e coesione possa essere accolto.

Ritengo che noi, e lo vorrei dire in maniera molto chiara in apertura di questo dibattito, dobbiamo capire se quella di oggi sarà l'ennesima occasione di contrapposizione, in cui ognuno lancerà contro l'altro la propria verità, o se invece, pur riconoscendo l'esistenza di posizioni differenti e di critiche evidenti sull'operato che noi riteniamo la Giunta abbia portato avanti sinora, sarà possibile trovare in un ordine del giorno quell'unità che può essere utile alla causa della Sardegna. Ecco, credo che sia questo il primo obiettivo che abbiamo la responsabilità di porci.

Voglio da subito rivolgermi all'Assessore per dire che mi rendo perfettamente conto che nell'interpellanza e nella mozione ci sono anche delle inesattezze - le segnalo io stesso, senza aspettare che lei me le ricordi lui -, per esempio sulla quantificazione delle risorse che mancano all'appello nel nostro bilancio, ma sono inesattezze nate proprio dal fatto che non c'è stata un'occasione di discussione compiuta. Noi abbiamo provato ad avviare la discussione in Commissione, e lei era presente, Assessore, ma le informazioni che ci sono arrivate sono parziali. Lei stesso in quella sede aveva mancato di ricordarci che 1 miliardo e 300 milioni di euro vengono direttamente riscossi dalla Regione e quindi, considerando i 400 milioni in meno dell'assestamento, la somma che manca è di circa 800-900 milioni di euro. Me lo dico da solo, ripeto, però credo che lei debba anche riconoscere il merito all'opposizione, alle forze che hanno voluto presentare la mozione che vede l'onorevole Steri tra i firmatari e a tutti i colleghi che hanno voluto contribuire a questo dibattito di aver sollecitato la discussione e di averla resa urgente, pregnante.

Dobbiamo dirlo, Assessore, lo dico anche al Presidente: da questo punto di vista, nel momento in cui in Senato e prima ancora alla Camera si è dibattuto dell'assestamento, ci saremmo aspettati ben altra sollecitazione da lei e dalla Presidenza della Regione. Credo che al di là delle inevitabili inesattezze ciò vada colto lo spirito di queste mozioni, che è quello di sollevare un problema importantissimo e gravissimo per la nostra regione.

Alle cose che sono state dette aggiungerei che se vogliamo veramente concordare un percorso unitario, e credo che chi ha la responsabilità massima di guidare l'Esecutivo di questa Regione debba porsi più degli altri questo obiettivo, è necessario trovare il modo di condividere le strade che si scelgono per risolvere i problemi. Allora, quello che ritengo profondamente sbagliato nella scelta di procedere sulla strada delle norme di attuazione non sono soltanto le cose ben dette dall'onorevole Steri, che ci dice che è assai anomalo che noi utilizziamo le norme di attuazione, che hanno rango costituzionale, per modificare una legge ordinaria, quale quella che regola l'articolo 8 del nostro Statuto, ma anche il fatto che non si sia avuta la pazienza, cosa semplice e normale quando si vuole scegliere un percorso unitario, di misurarsi con quest'Aula, di condividere il percorso scelto, di attirare attorno a sé e a quel percorso tutte le forze politiche senza avere la presunzione, come invece ci è sembrato, o la fretta di rimediare a quello che non si è fatto nei mesi scorsi presentando soluzioni che rischiano perlomeno di non essere condivise. Noi le riteniamo infatti sbagliate, non utili, perché portano a indebolire la posizione della Regione, anziché rafforzarla, ma certamente rischiano fortemente di non essere condivise, rischiano di minare quel percorso unitario che chi guida la Regione dovrebbe avere più di altri interesse a sollecitare.

Questa è l'ulteriore critica che mi sento di fare, ma che peraltro può essere recuperata nel corso di questo dibattito. Cioè noi riteniamo che occorresse maggiore attenzione su temi di questa importanza, su cui le forze politiche, sociali ed economiche hanno dato la propria disponibilità, pur in un contesto storico, culturale e politico così difficile come quello attuale, dove prevalgono gli egoismi, dove una Regione sgomita contro l'altra, dove il Nord si pone contro il Sud e le Regioni autonome contro le Regioni ordinarie; disponibilità ampia ribadita non soltanto nel corso del dibattito che si è svolto prima dell'estate, ma anche in Commissione. Ci viene il sospetto - spero che sia un sospetto infondato e che nelle repliche lo dimostriate - che la fretta di recuperare il terreno perduto servisse solo a mascherare l'incapacità di agire e di tutelare gli interessi della Sardegna nei mesi scorsi.

Aggiungo un tema alle cose che sono state dette e sollecitate e a quelle richiamate nelle mozioni e nell'interpellanza, che vorrebbero formulare un impegno nei confronti della Giunta regionale, ed è un tema, a mio avviso, strettamente legato a quello delle entrate, cioè il tema del Patto di stabilità. Con la mozione e l'interpellanza noi impegniamo la Regione, diamo forza al Presidente della Regione per agire senza indugio e chiedere che da subito quelle risorse siano iscritte tutte, compresi gli 800 o 900 milioni di euro che mancano, nel bilancio dello Stato e che qualsiasi iniziativa del Governo, qualsiasi legge che non dovesse prevederle sia impugnata. Credo, però, che in un ipotetico ordine del giorno unitario, che spero non sia ipotetico, ma possa essere il risultato di questa discussione, non debba mancare un richiamo al Patto di stabilità. Proprio nel momento in cui rivendichiamo pienamente le risorse che ci spettano, e quindi definiamo un bilancio che in termini di risorse proprie arriva a oltre 8 miliardi di euro, di cui 7 provenienti dalle compartecipazioni, non possiamo non porre il tema del Patto di stabilità che oggi limita la capacità di spesa della Regione a circa 6 miliardi e 200 milioni di euro, considerando la quota che è vincolata e anche la spesa sanitaria, e quindi di fatto la nostra discussione sulle entrate rischia di essere una discussione retorica. Certamente con quelle risorse potremmo cancellare il disavanzo; certamente se quelle risorse ci venissero trasferite potremmo iniziare a estinguere i mutui, e considerata l'opera di risanamento già avviata quel percorso sarebbe rapidamente compiuto.

Allora, Assessore, Presidente - onorevole Steri, chiedo anche a lei un attimo di pazienza, sto per concludere il mio intervento -, credo che oggi dobbiamo decidere se questa discussione è l'ennesima occasione per marcare divisioni oppure è un'occasione in cui, ognuno per la propria parte, si sforza di leggere le ragioni dell'altro, la buona volontà dell'altro, e andiamo insieme a scrivere un ordine del giorno forte, impegnativo, autorevole, rivendicativo, che sappia veramente mettere al centro dell'azione di questo Consiglio l'interesse dei sardi.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Mario Floris. Ne ha facoltà.

FLORIS MARIO (Gruppo Misto). Onorevole Presidente, colleghi del Consiglio, la Sardegna nella sua lotta ancora lunga per affermare la propria dignità di popolo e di nazione, nelle sue battaglie per il progresso e per lo sviluppo, ha perso un punto di riferimento importante, quello che ancora oggi poteva rappresentare ed essere un trait d'union tra la politica regionale e quella nazionale, un'ancora di salvezza per le istanze e per le aspirazioni della nostra Isola nel crocevia storico dell'autonomia. E' Francesco Cossiga, recentemente scomparso, al quale ero legato e siamo legati da fraterna amicizia e da profondi ideali e principi politici comuni, dai quali ha anche tratto origine l'U.D.S., Progetto Nazionalitario Sardo. Lo ricordo con affetto e con commozione, ispiratore, ideatore e propugnatore illuminato di una Sardegna che aspira con il suo popolo a forme più alte e pregnanti di autonomia di vera e propria nazione nel contesto di un'Italia federalista e dell'Europa dei popoli e delle Regioni.

Non nascondo, colleghi, una forte delusione rispetto alle previsioni, alle valutazioni, alle aspettative e agli impegni che insieme, con convinzione unanime, avevamo formulato all'interno della maggioranza e con la minoranza nei confronti dell'opinione pubblica. In quest'Aula, nel corso del dibattito e del confronto che si sono sviluppati negli ultimi tempi, abbiamo tutti proposto, progettato e programmato iniziative unitarie e condivise con reale e convinta disponibilità. Gli uni e gli altri, nel rispetto delle proprie appartenenze politiche e delle diversità dei ruoli, avevamo convenuto su un approccio di convergenza verso obiettivi di comune e generale interesse. Per questo percorso avevamo previsto modi e tempi che comunque portavano a oggi; invece le strade si sono poi divise.

Nessuno, tanto meno la mia parte politica, contesta la legittimità dell'iniziativa assunta con questa mozione, fa parte delle libertà e delle garanzie democratiche. Se ne rileva invece la tempestività e l'opportunità proprio alla luce dei ragionamenti che più volte e in più sedi, anche fuori da quest'Aula, sono stati fatti, delle disponibilità emerse e manifestate, di un percorso comune e unitario verso obiettivi condivisi. Ricordo per tutti gli incontri di Abbasanta e gli incontri avuti con la CISL pochi giorni fa.

La modifica dell'articolo 8 dello Statuto, approvata con l'articolo 102 del disegno di legge finanziaria 2007 dello Stato (legge 296/06), rispetto ai contenuti della legge numero 122 del 1983 rappresenta ben poca cosa. Abbiamo sempre detto e denunciato che ci ha lasciato, tra l'altro, secondo alcuni, una serie di incongruenze interpretative e applicative che si trascinano nei giorni nostri senza apprezzabili risultati. Dobbiamo, però, rilevare con forza che l'obiettivo che dobbiamo porre e ci poniamo non è la sola e semplice attuazione del Titolo III dello Statuto come oggi disciplinato, secondo il nostro giudizio, in maniera insufficiente e penalizzante, ma il complessivo rapporto tra competenze e relative risorse finanziarie, come previsto dalla Carta costituzionale e dallo Statuto di autonomia, che occorre rivisitare e perseguire, non dimenticando in maniera specifica l'articolo 13 che, al pari dell'articolo 38 dello Statuto della Regione Sicilia, la quale riscuote annualmente uno specifico stanziamento inserito nelle leggi finanziarie dello Stato, prescrive che "lo Stato col concorso della Regione dispone un piano organico per favorire la rinascita economica e sociale dell'Isola".

La Sardegna non è figlia di un Dio minore; la Sardegna deve vedere riconosciuti i suoi diritti non perché derivino da una concessione di chicchessia, ma perché è Italia ed Europa e con l'Italia e l'Europa, attraverso la propria autonomia, concorre al progresso dei popoli, al progresso del mondo, anche e soprattutto con la ricchezza del suo immenso e irripetibile patrimonio naturalistico e ambientale. Ed è proprio per queste ragioni che noi dobbiamo essere inflessibili con il nucleare che torna a farsi minaccioso. Con lo Stato, Governo e Parlamento, dobbiamo essere chiari e determinati. Il nostro territorio, che ha un valore immenso per l'umanità, non può subire altre restrizioni allo sviluppo, oltre a quelle che ha patito per i sacrifici territoriali e umani alla sicurezza dello Stato, dell'Europa e del mondo occidentale. Anche questa è una battaglia che si accomuna a quella per le risorse finanziarie e che ci deve vedere uniti, come l'appuntamento che ci attende tra una settimana per le riforme e lo sviluppo.

Non ho il tempo necessario per fare un commento comparativo tra l'articolo 8 dello Statuto così come modificato dalla legge numero 122 e l'articolo 8 così come modificato dalla finanziaria nazionale del 2007. Rispetto all'ammontare complessivo delle risorse e ai sacrifici che la Regione si è accollata per la sanità, per il trasporto pubblico locale e per la continuità territoriale, gli incrementi ipotizzati sono ben poca cosa, oltre alla mancanza di certezze nei calcoli e nell'acquisizione delle risorse che andavano regolamentate alle origini. Allora io non sono per dire che Cappellacci è fedele a Berlusconi, così come non sono per dire che Soru era fedele a Soru. Tutti i presidenti fanno il massimo possibile per ottenere il massimo possibile. Si è scelta la strada delle norme di attuazione che possono risultare utili non soltanto per quanto riguarda la vertenza in atto, ma per nobilitare l'articolo 9 dello Statuto sardo, che prevede una norma di collaborazione della Regione con lo Stato relativamente ai tributi erariali sui redditi dei soggetti con domicilio fiscale nel nostro territorio. Tutte le altre Regioni, dal Trentino alla Sicilia, prevedono accertamenti da parte degli organismi regionali. Nel caso della Sardegna sono invece totalmente in capo allo Stato e la posizione nostra non viene assistita da adeguate conoscenze sugli effetti economici dei regimi effettivamente introdotti. Manca un'appropriata conoscenza dei procedimenti tributari e della loro concreta attuazione nelle amministrazioni finanziarie dello Stato. Non risulta neppure che lo Stato trasmetta regolarmente dati ufficiali sull'andamento delle riscossioni e comunque la Sardegna deve acquisire competenze di diritto tributario e di scienza delle finanze che oggi non possiede.

Noi siamo per una modifica del Titolo III attraverso la riscrittura dell'articolo 8 e una sua integrazione e precisazione, attualizzandolo alle nuove e più ampie competenze attribuite e da attribuire alla Regione. Ciò si può fare proprio con norme di attuazione, come è avvenuto in passato, aventi forza e valore di leggi dello Stato, quindi vere norme di integrazione del Titolo III dello Statuto che, com'è noto, può essere modificato con ordinaria legge statale, sentita la Regione. C'è tutta la partita dell'accesso e della partecipazione della Regione all'accertamento delle entrate dei tributi, c'è tutta la partita del federalismo fiscale, un processo separato per ogni singola Regione che ci impone un'attenzione e un livello di guardia altissimi. Su questi temi dobbiamo fondare la grande battaglia politica di un popolo, non su quello che dobbiamo avere. E' normale. Non dobbiamo limitarci a quanto lo Stato ci deve, anche se è molto, in forza della legge finanziaria 2007. Le tabelle comparative ci dicono che non abbiamo toccato nulla, tranne l'IVA. Per quanto riguarda l'IRPEF o IRE, è confermato il testo precedente; IRPEG, è confermato il testo precedente; per quanto riguarda i redditi da capitale, idem; imposte di consumo di gas ed energia, idem; tabacchi, stessa cosa; accise di fabbricazione, stessa cosa; imposte e tasse sugli affari, idem; sulle altre entrate qualcosa è stato introdotto ex novo.

Se andiamo a vedere dobbiamo fare la grande battaglia per ottenere quello che ha la Sicilia, ossia i sei decimi di tutte le imposte riscosse nel territorio, e lo Stato dice alla Sicilia quali sono i tributi che devono essere versati allo Stato e quali quelli che devono essere incamerati dalla Regione. Questa è la grande battaglia e da questa comparazione semplificata emerge un dato incontrovertibile sul quale impostare e imperniare il nostro confronto con lo Stato: l'equiparazione di tutte le aliquote ai livelli più alti delle altre Regioni, della Sicilia in particolare, alla quale la Sardegna deve essere almeno accomunata in quanto isola. A ciò si aggiunga la questione delle accise, la cui attribuzione deve riguardare unicamente i territori gravati da raffinerie, quindi accise legate alle produzioni e non al consumo.

E' una battaglia che noi stiamo portando avanti da tanto tempo e ci fa piacere che la minoranza di oggi sposi questo tipo di battaglia, ma la comunità si muove per un grande progetto, che è il progetto delle entrate e la riforma dell'articolo 8; non si muove soltanto per ottenere le risorse che ci devono essere date indipendentemente dalla volontà dello Stato.

PRESIDENTE. Onorevole Floris, il tempo a sua disposizione è terminato.

E' iscritto a parlare il consigliere Sabatini. Ne ha facoltà.

SABATINI (P.D.). Colleghi, io partirò dalla segnalazione di alcuni accadimenti che sono avvenuti negli scorsi giorni. Succedono nel nostro Paese delle cose che non condivido e che a me preoccupano molto, allarmano, disgustano, perché credo che siano pericolose per la nostra democrazia. In Italia c'è un giornale che quotidianamente sferra attacchi personali contro chi osa dissentire su ciò che pensa l'attuale Presidente del Consiglio. In Italia ormai si predispongono particolareggiati dossier su persone che rivestono cariche politiche, sociali, personalità pubbliche, pronti per ogni evenienza e ogni uso. Per rimanere alla mia parte politica, a Torino, alcuni giorni fa, alla festa nazionale del Partito Democratico è stato fischiato il Presidente del Senato, Schifani. E' stato fischiato dai seguaci di un signore che si chiama Beppe Grillo, che giustamente Piero Fassino ha definito squadristi. Il giorno dopo questi signori vengono difesi da un giornale di sinistra, i[PS2] l Fatto Quotidiano, diretto da Antonio Padellaro, smentendo di fatto l'intervento di condanna pronunciato immediatamente dopo dal Presidente della Repubblica.

Ecco, queste sono cose che mi preoccupano. A me personalmente non piacciono i "grillini", non piace Vittorio Feltri né il suo Giornale e non sta simpatico neppure Marco Travaglio, di cui alcuni giorni fa ho visto uno spettacolo che ho trovato di una tristezza mortale. E' in uso in Italia un modo di far politica che ha come strumento la delegittimazione dell'avversario e come obiettivo l'abbattimento dello stesso. Gli spazi per il confronto sono messi in soffitta, il confronto non serve, con l'avversario non si dialoga, l'avversario lo si combatte.

Dove si attua questo sistema, a destra o a sinistra? Direi a destra come a sinistra! Questo è un sistema che lacera la società, la divide. In un Paese che oggi attraversa una crisi economica grave, in cui le famiglie soffrono, una società che avrebbe bisogno di trovare nella politica le risposte alle proprie paure si trova invece immersa in un conflitto di cui non capisce le ragioni. Sicuramente sto estremizzando il fenomeno, ma molti lavorano quotidianamente in questa direzione contribuendo ad aggiungere paura alla paura.

Anche in Sardegna si corrono questi rischi. Anche nella mia parte politica, nel centrosinistra, c'è chi sostiene che sia più opportuna un'opposizione per l'opposizione e chi sostiene che non ci siano spazi per un dialogo con l'attuale maggioranza. Se poi penso alla passata legislatura, chi allora sedeva nei banchi della minoranza ha osato fare un'opposizione utilizzando ogni mezzo, mistificando la realtà, attaccando le persone sul piano personale. In Sardegna un'emittente televisiva e un giornale locali non richiedono mai interviste o dichiarazioni a un ex Presidente della Regione che si chiama Renato Soru! Siamo all'assurdo, mi chiedo dove sia la libertà d'informazione, l'etica dell'informazione.

In molti si chiederanno che cosa c'entri tutto questo con la vertenza sulle entrate. C'entra e proverò a spiegarne i motivi. Io sono assolutamente consapevole, come credo ciascuno di voi, che la vertenza sulle entrate, così come quella sul federalismo fiscale, quella sui fondi FAS e quella sulle risorse per le infrastrutture sono vertenze fondamentali per il futuro della nostra regione, segneranno il futuro della nostra regione. E' un momento importante e credo che davanti a questi temi serva un grande senso di responsabilità da parte di tutte le forze politiche presenti in quest'Aula. Credo che serva, diversamente da ciò che succede normalmente, una grande capacità di dialogo tra le forze politiche, alla ricerca di un'ampia unità su battaglie che devono diventare comuni per il bene della nostra Sardegna. Prima di essere un iscritto al Partito Democratico, prima di appartenere al Gruppo del P.D. in questo Consiglio regionale, io mi sento sardo; un sardo che vuole difendere la propria terra con tutta l'energia di cui è capace, anche a costo di dire cose che risultano scomode.

E allora voglio subito dirne una di cosa scomoda: è un errore che il segretario del mio Partito convochi i sindacati confederali per indire una manifestazione riguardo a questi temi. E' un errore e quella manifestazione rimarrà sempre e solo una manifestazione parziale, che non ci serve, che non serve all'ottenimento del risultato. Noi dobbiamo perseguire tutti insieme la costruzione di un percorso unitario delle forze politiche di maggioranza e di opposizione, preparare insieme una manifestazione del popolo sardo, attivare una vertenza unitaria con lo Stato.

Presidente Cappellacci, mi rivolgo a lei per dirle che come tanti sardi anch'io non ho fiducia nel suo operato, e lo dico con molta franchezza. In questi mesi ci avete continuamente rassicurato su tutto e via via invece ci siamo visti scippare prima il G8, poi la Sassari-Olbia, poi i fondi FAS, poi i fondi per le infrastrutture, per la scuola, per l'industria. E' bastata una chiacchierata col viceministro Vegas e ci avete voluto rassicurare anche sulle nuove entrate. Fino a oggi vi avevo definito un Governo debole, comincio a pensare che siate un governo assoggettato a quello nazionale - il rischio c'è tutto -, succube, piegato e quindi incapace di una sia pur minima reazione nei confronti del Governo nazionale. Eppure ci sarebbero tutte le ragioni per una sollevazione popolare! E guardate, le ragioni non sono solo contingenti, sono anche storiche: non è forse vero che quelle quote importanti che riguardavano l'allora Piano di rinascita da straordinarie, quali avrebbero dovuto essere, si trasformarono spesso in trasferimenti ordinari? Per i fondi comunitari è successa la stessa cosa, infatti l'Unione europea trasferisce i fondi alle Regioni in ritardo di sviluppo perché siano aggiuntivi ai trasferimenti ordinari dello Stato. Si chiama principio di addizionalità e per garantire questo principio la Comunità europea firma con gli Stati membri un preciso accordo, in modo che quei fondi siano aggiuntivi e non sostitutivi. In Italia è successo invece proprio il contrario: nelle Regioni del Meridione con l'arrivo dei fondi strutturali la spesa ordinaria in conto capitale si è ridotta di quasi la metà. Doveva essere una quota pari al 30 per cento del totale, si è ridotta al 18 per cento. Per i fondi FAS è successa la stessa cosa: più si è andati avanti e più se ne è snaturata la funzione. Con i fondi FAS si è persino costruito un aeroporto in Liguria! La Lega grida: "Roma ladrona!", sappiamo senza nessuna ragione. Noi potremmo gridare: "Roma imbrogliona!", che da una parte ci dà e dall'altra ci toglie. Potremmo gridarlo a ragione, per le motivazioni che sono sotto gli occhi di tutti.

Colleghi, per questi motivi chiedo che questa nostra giornata sia dedicata al dialogo, al confronto e non allo scontro, e allo stesso tempo all'assunzione di decisioni. Qui, oggi, in questo Consiglio, all'interno della massima Assemblea rappresentativa dei sardi, senza delegare nessun altro, assumiamo delle decisioni che impegnino ciascuno di noi, le forze politiche che rappresentiamo, a una battaglia comune, a un percorso comune per chiedere che vengano rispettati gli impegni, affinché non ci venga tolto ciò che ci spetta. Dividerci oggi sarebbe una responsabilità grave che i sardi non ci perdonerebbero.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Ben Amara. Ne ha facoltà.

BEN AMARA (Comunisti-Sinistra Sarda-Rosso Mori). Io so bene che a forza di parlare di una cosa seria e urgente tutto diventa superficiale e ripetitivo. Ancora una volta oggi si parla delle entrate, vi invito dunque a considerare questo mio breve intervento come una voce che predica nel deserto. Non vorrei rispondere all'oppositore Sabatini, o al suo ultimo intervento, perché mi ha disturbato la prima parte del suo discorso. Tengo soltanto a ricordare al collega che il posto più buio di solito è sotto l'abat-jour.

La crisi che sta attraversando la nostra Isola nell'attuale fase di governo non può certo coordinarsi con i lunghi tempi della Giunta, impegnata su un altro fronte, quello del rimpasto di governo. Non è pensabile rimandare le azioni a tutela dei diritti dei sardi, in difesa delle risorse spettanti a titolo di compartecipazione da parte dello Stato, che non sta rispettando i patti dello stesso Statuto sardo, imponendo delle norme di attuazione non necessarie. Si tratta, infatti, di un diritto dei sardi costituzionalmente riconosciuto attraverso lo Statuto, pertanto un'azione da portare avanti è quella di sollevare un conflitto di attribuzione per menomazione fra Stato e Regione di fronte alla Corte costituzionale.

La crisi sta investendo pesantemente tutti i settori produttivi e noi stiamo vivendo una situazione paradossale, in cui il Governo regionale sta a guardare, aspettando che la crisi porti a compimento il suo ciclo naturale, esaurisca i suoi effetti, a differenza delle Regioni del Nord d'Italia che portano avanti piani di rinegoziazione di poteri e competenze con il Governo centrale. Ritengo imprescindibile la vertenza con lo Stato sulle entrate, nel rispetto dell'articolo 8 dello Statuto sardo, riformato attraverso la legge 27 dicembre 2007, numero 296, che stabilisce a partire dal 2010 un nuovo regime di regolamentazione della compartecipazione della Regione Sardegna alle entrate erariali dello Stato. Il bilancio dello Stato per il 2010 prevede per la nostra Isola solo 4 miliardi e 500 milioni di euro di compartecipazione, per competenza e per cassa, il che significa - e lo sappiamo - circa 2 miliardi e 600 milioni di euro in meno rispetto a quanto previsto dalla Regione nel proprio bilancio di competenza. In tutta risposta il viceministro Vegas sostiene la necessità di apposite norme di attuazione del nuovo articolo 8 dello Statuto della Regione Sardegna, affermazione che è in contrasto con la posizione che il Governo aveva precedentemente assunto, sostenendo l'immediata applicabilità di questa modifica allo Statuto.

La Sardegna deve rivendicare necessarie risorse finanziarie, nel rispetto del nuovo regime delle entrate. Questa Giunta deve richiedere formalmente allo Stato, al Ministro, l'assegnazione regolare delle risorse sulla base delle disposizioni statutarie. Questa Giunta, nell'attuale situazione, non deve perdere altro tempo nel reagire a questa posizione che ostacola gravemente il diritto dei sardi nel trasferimento delle risorse spettanti, inoltre in un periodo in cui a livello nazionale sono state approvate diverse norme sul federalismo fiscale, e non so che federalismo. E' il federalismo di Jefferson? E' il federalismo di Madison? E' il federalismo di Tuveri o quello di Bossi?

Occorre, inoltre, proporre presso la Corte costituzionale il conflitto di attribuzione per la negata disponibilità delle entrate, per il mancato rispetto del diritto dei sardi a usufruire dei legittimi trasferimenti di risorse previste. Questo comporta gravi conseguenze sul piano economico-sociale, per il venir meno delle condizioni che permettono di garantire un minimo di sviluppo in Sardegna, dove le vertenze aperte sono tante, a partire da quella dei lavoratori della Vinyls, che attendono risposte concrete nell'isola dell'Asinara, ma ci sono anche gli operai di Ottana e di Portovesme. E non si pensi di aver risolto le posizioni critiche attraverso la cassa integrazione in deroga. La situazione del comparto agropastorale sta intensificando i momenti di protesta in tutta l'Isola e il settore scuola-formazione, devastato dai tagli del Governo, si farà sentire nei prossimi giorni.

La responsabilità della Giunta di fronte alle situazioni denunciate è quella di mantenere una posizione debole nei confronti del Governo centrale, che sta portando la Sardegna al tracollo economico, sociale e culturale. La Giunta è inadeguata, per il momento, a fronteggiare una crisi di questa dimensione, per questo occorre affrontare al più presto il tema del federalismo, purché si tratti di un federalismo che affronti la sfida dello sviluppo e non solo permetta l'interazione della Sardegna con le altre Regioni, ma sia uno strumento di propulsione del nostro sistema attraverso la cooperazione con i Paesi dell'area mediterranea.

Non stiamo chiedendo l'indipendenza secessionista, stiamo soltanto chiedendo il diritto positivo, non positivista, dell'autonomia e dello Statuto. Io direi che siamo veramente ridotti a veri citofoni: se non suonano, non rispondiamo! Grazie.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Sechi. Poiché non è presente in aula decade dal diritto alla parola.

E' iscritta a parlare la consigliera Barracciu. Ne ha facoltà.

BARRACCIU (P.D.). Signora Presidente, è chiaro che la discussione di oggi è per noi di massima importanza, ma non soltanto qui dentro. E' di massima importanza soprattutto fuori di qui, dove si discute da settimane e si preparano azioni da porre in essere con velocità per affrontare il tema del mancato trasferimento delle risorse alla Sardegna.

E' chiaro che non c'è più un minuto da attendere, secondo noi; è chiaro che se non mettiamo in campo anche politiche e strumenti che, a iniziare dalla fiscalità, garantiscano non la sopravvivenza, ma il netto miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro di tutti, finiremo schiacciati nelle trappole della macelleria politica e finanziaria, che sono elaborate ormai da mesi fra Roma e il Nord della Penisola.

E' stata un'estate di fuoco, Presidente, per chi non ha chiuso gli occhi e le orecchie e ha voluto vedere e ascoltare ciò che succedeva e succede in Sardegna. I sindacati, le associazioni, le categorie produttive, le persone, tutti quanti da mesi non chiedono altro che un impegno maggiore, concreto, fattivo di questa Giunta rispetto ai problemi della Sardegna. Chiedono e chiediamo che la Sardegna recuperi i fondi FAS - l'hanno già detto i colleghi -, che impegni i soldi della Comunità europea, che le siano assegnate le risorse spettanti. Chiedono e chiediamo tutti che la Sardegna non sia prona ai diktat del Governo, ma apra delle vertenze su tutte le questioni d'interesse regionale. Ma chi è che deve chiedere per i sardi? Chi deve portare sul tavolo del Governo le istanze di questa Regione? Purtroppo la risposta di questi tempi non è scontata, ci dispiace dirlo; non lo è perché lei, presidente Cappellacci, si affida, si è affidato ad altri, fino a oggi perlomeno, e nonostante l'emergenza che in Sardegna attraversa tutti i settori dell'economia e della società sarda purtroppo si è mostrato compiacente. E una volta questa compiacenza la vede incapace di dire di no alle pretese di Denis Verdini, un'altra volta la vede dire di sì a quelle del viceministro Vegas, e via discorrendo. Questo avviene, poi, in un clima da far west, in cui il Governo romano non si fa scrupoli nel non ottemperare agli impegni presi, nel rigirare le carte, nel nascondere le risorse, nel depauperare il territorio a scapito delle potenzialità produttive di quest'Isola. Il Governo, che priva i comuni e le province italiane dei milioni di euro dovuti per garantire i servizi ai cittadini, raspa illegittimamente nelle risorse spettanti alla Sardegna senza che si levi un forte urlo di disappunto e di contrasto; tutto ciò contro gli interessi della Sardegna e anche contro le stesse affermazioni della Corte costituzionale.

Oggi la posta in gioco è tale che proponiamo di fare un fronte unico, di essere uniti, noi sardi, nel rivendicare ciò che ci spetta. Non si tratta di pretendere primogeniture, non ci interessa, non è questo il problema. Prendetela voi la bandiera, mettetevi avanti voi, sarei felice che questo accadesse, perché ciò che a noi interessa e che interessa a tutti i sardi è che si porti a casa il risultato, che il gettito delle nuove entrate entri subito nelle casse della Regione. Credo sia chiaro a tutti, lo sappiamo, che la vertenza sulle entrate si è già felicemente conclusa diversi anni fa. Non si tratta di riaprirla, siamo di fronte a un capitolo nuovo e inedito. Inedito fino a un certo punto, si tratta di far rispettare la norma prevista dall'articolo 8 dello Statuto e di darle piena operatività. Abbiamo dalla nostra parte il diritto, abbiamo le pronunce della Corte costituzionale, tutto concorre a dire che le disposizioni dello Statuto, e dunque anche del modificato articolo 8, sono direttamente applicabili.

Non ripeto le argomentazioni dell'onorevole Porcu e dell'onorevole Bruno in merito alla non necessità delle norme di attuazione. Disconoscere la legittimità dell'immediata applicazione del nuovo regime di entrate previsto dallo Statuto è formalmente incostituzionale e materialmente dannoso. Ecco perché chiediamo unità e determinazione in questo passaggio in nome della Sardegna e chiaramente del popolo sardo. Abbiamo combattuto per avere maggiori responsabilità e per avere le risorse attraverso cui gestire queste maggiori responsabilità. Questa per noi è la strada per l'esercizio della sovranità. Qui dentro e altrove ci si spende in maniera prodigiosa nel chiamare l'esigenza di una riforma statutaria capace di produrre ambiti di vera e propria sovranità; l'esigenza di una proposta autonomistica completa e coerente con il mondo e con le priorità di oggi, dove si governa a livelli multipli e l'integrazione fra le diverse sfere richiede abilità e agibilità diverse rispetto al passato.

Ma c'è davvero qualcuno che crede che possa esistere una qualche forma di sovranità senza le risorse? Non penso proprio, non penso che ci sia qualcuno che lo creda, ma prima di tutto si tratta delle risorse che ci spettano per diritto. Se la Sardegna intende autogovernarsi deve assumersi la responsabilità dell'autogoverno e deve sapersi garantire le risorse utili a gestire direttamente i settori di competenza.

Grazie alla vertenza sulle entrate abbiamo ottenuto un risultato storico per l'autogoverno e per l'autonomia, adesso occorre far funzionare il meccanismo e ciò è possibile se oggi - e sottolineo oggi - la Regione esce dal servilismo e dalla compiacenza che hanno caratterizzato finora l'azione della Giunta regionale e punta i piedi, non avanzando richieste, ma esigendo esattamente ciò che le spetta. Non sarà possibile uscire dal servilismo se si rimane in disparte ad attendere le disposizioni elaborate da altri. Occorre che la Sardegna si impegni a entrare nel merito dei grandi temi che riguardano il Paese, certo rielaborando il concetto di specialità particolarmente compromesso dall'approvazione del Titolo V della Costituzione e anche dai progressi costituzionali della Comunità europea, ma anche assumendo una voce propria nel dibattito nazionale, voce che oggi non c'è, sui temi dagli effetti dirompenti, come quello sul federalismo fiscale, altrimenti ancora una volta saranno altri a decidere per noi e ancora una volta avverrà sulle nostre spalle e sarà drammatico per la nostra Isola.

Vediamo bene quale concezione di federalismo fiscale avanza, con sempre maggiore evidenza, a livello nazionale. Le risorse rimarranno nelle regioni in cui vengono prodotte, le forme perequative che fino a oggi hanno garantito una qualche solidarietà nazionale saranno sempre più limitate. Altro che riduzione delle disuguaglianze, altro che sviluppo delle aree a ritardo infrastrutturale! E noi quali pesi e contrappesi siamo in grado di far valere per ribilanciare le cupidigie del Nord? In che maniera ci stiamo inserendo, come ribattiamo, come facciamo valere il nostro peso nevralgico al centro del Mediterraneo? La verità è che se questa Regione non ingrana la marcia e non cerca di mettersi al passo, interrogando il futuro sui grandi temi, che non sono da inventare, ma sono tutti scritti, sono già all'ordine del giorno dell'Italia e dell'Europa, rimarrà esclusa da qualsiasi processo di evoluzione e sarà costretta ad accontentarsi delle briciole.

Certo il federalismo fiscale è uno dei grandi temi sul tavolo del Governo, dovrà essere discusso con autorevolezza e determinazione, avrà bisogno di nuove modifiche statutarie e di una nuova revisione. E' per un tema diverso da quello che stiamo discutendo oggi e da quello posto all'attenzione attraverso questa mozione. Non vogliamo che le due questioni vengano confuse, sono due questioni diverse. Se il tentativo del Governo è quello di procrastinare i tempi per mettere tutto all'interno di un medesimo calderone, noi, e ci auguriamo prima di tutto la Giunta regionale, non siamo d'accordo, non ci stiamo. La vertenza relativa alle entrate, come è stato detto, è già definita, il diritto dei sardi alle proprie risorse è un diritto già acquisito, non da contrattare con il Governo, ma per il quale serve una pretesa autorevole, colleghi della maggioranza,

Signor Presidente della Regione, noi non condividiamo pressoché nulla della vostra azione di governo. D'altronde il rimpasto che vi apprestate a fare, il rimpasto di Giunta, dimostra che neanche la maggioranza condivide molto di ciò che è stato fatto nell'ultimo anno e mezzo. Ma non siamo qui a cercare lo scontro per lo scontro; non è questo il tema sul quale è necessaria la contrapposizione frontale. Si tratta di diritti primari dei sardi e noi su questo cerchiamo, se è possibile, un minimo di dialogo. Al contrario sproniamo per l'incontro: l'incontro delle parti politiche, se è possibile, l'incontro soprattutto del e con il popolo sardo, che vogliamo sia chiamato a una grande mobilitazione a tutela delle prerogative e dei diritti della Regione Sardegna, contro le ingerenze nefaste e illegittime del Governo nazionale; ingerenze che compromettono ogni tentativo di ripresa di questa terra stremata dalla crisi, dalle carenze infrastrutturali e dalla mancanza del lavoro.

La richiesta, quindi, è quella di interrompere la politica della subalternità. Siamo stati tutti eletti per tutelare le esigenze della Sardegna e il benessere dei sardi per il futuro. Questa è la nostra e la vostra missione. Se così sarà, se questo sarà dimostrato con i fatti noi siamo pronti a dare forza al Presidente della Regione.

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Luciano Uras. Ne ha facoltà.

URAS LUCIANO (Comunisti-Sinistra Sarda-Rosso Mori). Chiedo la verifica del numero legale.

PRESIDENTE. Chi appoggia la richiesta?

(Appoggia la richiesta il consigliere Salis)

Verifica del numero legale

PRESIDENTE. Dispongo la verifica del numero legale con procedimento elettronico.

(Segue la verifica)

Prendo atto che i consiglieri Artizzu, Cossa, Piras, Planetta, Randazzo, Salis, Tocco e Uras sono presenti.

Risultato della verifica

PRESIDENTE. Sono presenti 43 consiglieri.

(Risultano presenti i consiglieri: Artizzu - Barracciu - Biancareddu - Campus - Cappai - Cherchi - Contu Mariano - Cossa - De Francisci - Dedoni - Dessì - Floris Mario - Floris Rosanna - Fois - Greco - Ladu - Locci - Lombardo - Maninchedda - Mariani - Meloni Francesco - Mula - Mulas - Murgioni - Obinu - Peru - Petrini - Piras - Pitea - Pittalis - Planetta - Randazzo - Rodin - Salis - Sanjust - Sanna Giacomo - Sanna Paolo - Solinas Christian - Steri - Tocco - Uras - Vargiu - Zedda Alessandra.)

Poiché il Consiglio è in numero legale, proseguiamo i lavori.

E' iscritta a parlare la consigliera Zuncheddu. Ne ha facoltà.

ZUNCHEDDU (Comunisti-Sinistra Sarda-Rosso Mori). La grande propaganda fatta in questi mesi da alcuni partiti del centrodestra, con cui si preannuncia l'imminente dibattito in Consiglio regionale sui grandi temi delle cosiddette riforme istituzionali, quindi sulla sovranità e l'indipendenza, rischia di sollevare su questioni così importanti un grande polverone dove c'è tutto e il contrario di tutto, purché nulla cambi!

Questo parlare di sovranità in modo strumentale e demagogico, visto che i fatti lo smentiscono quotidianamente, è un ennesimo tentativo di questo gruppo dirigente di centrodestra di rifarsi una verginità politica, essendo esso stesso ormai screditato e dilaniato da lotte interne di potere, oltre che dalle complicazioni giudiziarie legate alla svendita delle nostre risorse ambientali ed economiche, per soddisfare interessi a noi estranei e dire per l'ennesima volta: "Signorsì". Ma noi sardi a capo delle istituzioni non vogliamo "maggiordomi"; vogliamo e dobbiamo uscire dal dramma della sudditanza, questo è il problema di fondo. Non basta, Presidente, un rimpasto politico di Giunta per riavvicinare questo Governo agli interessi reali dei sardi, se esso stesso non acquista reale autorevolezza, orgoglio e autonomia dal Governo italiano, del quale sino a oggi è stato solo esecutore di ordini, garante di interessi e - a sua volta lei stesso, Presidente - strumento consapevole di oppressione coloniale per i sardi.

Oggi i sardi, "impantanati" in una crisi economica drammatica e impossibilitati a garantire la sussistenza alle proprie famiglie e alle stesse economie tradizionali - e non solo a queste, vedi le lotte del Movimento dei pastori, degli agricoltori, dei lavoratori dell'industria, della scuola, dell'università, della ricerca, della piccola e della media imprenditoria -, chiedono al sistema politico assunzione di responsabilità e concreta soluzione dei problemi generati dalla crisi. Chiedono, in questo caso specifico, sulla vertenza per le entrate - ovvero i soldi a noi dovuti, e no de oi - il rispetto dello Statuto, uno Statuto di fatto poco applicato anche nei punti di maggiore tutela e garanzia per la Sardegna, come l'articolo 8, di cui chiediamo l'applicazione immediata.

La mancanza di questi fondi, sottratti dallo Stato italiano alla Regione autonoma della Sardegna, rappresenta oggi più di ieri un reale impedimento a qualsiasi progetto di sviluppo per i sardi, a maggior ragione quando è in atto da parte della globalizzazione un tentativo di genocidio economico e culturale del nostro popolo.

In questi giorni le dichiarazioni dei sindacati sull'opportunità di un ennesimo sciopero generale per lo stato di emergenza in Sardegna hanno messo al centro la vertenza sulle entrate, come punto di partenza imprescindibile per qualsiasi progetto di sviluppo per l'Isola. Noi Rosso Mori siamo per uno sviluppo autonomo dagli interessi della globalizzazione mondiale, rispettoso delle nostre economie tradizionali, del nostro ambiente e della nostra cultura identitaria, in modo che, come purtroppo è successo con i piani di rinascita strabici, non diventi un'ennesima servitù e dominio neocoloniale ai danni del nostro popolo e con i nostri soldi.

Presidente Lombardo, c'è uno scenario vergognoso tra lei che chiacchiera e neanche mi segue, per il presidente Cappellacci stesso discorso, per il resto dell'Aula idem! Per cui le chiedo di che cosa stiamo parlando, Presidente, abbia pazienza anche lei!

PRESIDENTE. Onorevole Zuncheddu, io non sto chiacchierando. Se un consigliere si avvicina e chiede un'informazione il Presidente risponde. Non sto chiacchierando.

ZUNCHEDDU (Comunisti-Sinistra Sarda-Rosso Mori). Sì, però, Presidente, si rende conto del tenore dell'Aula? Per gentilezza, sennò interrompiamo!

PRESIDENTE. Onorevole Zuncheddu, ho richiamato l'Aula più volte. Il Presidente non può obbligare i consiglieri, più che richiamarli e invitarli al rispetto di chi sta intervenendo non può fare.

ZUNCHEDDU (Comunisti-Sinistra Sarda-Rosso Mori). Quindi possiamo continuare. Giocheremo a pallone fra un po', Presidente, va bene!

Questo processo impone una classe politica di grande autorevolezza culturale, di grande rigore morale, di grande trasparenza amministrativa, solidale totalmente con i drammi e gli interessi del nostro popolo. Oggi, Presidente, lei si sente di certificare la sua Giunta e la sua maggioranza politica in questo modo? Se la risposta è sì, presidente Cappellacci, le chiediamo, come ha già fatto chi l'ha preceduta in questo incarico, di farsi portavoce di questa vertenza rispetto al Governo italiano e di rappresentare, almeno per una volta con determinazione e orgoglio, gli interessi dei sardi su questa vertenza sulle entrate. Non è più tempo di ambiguità e di proclami sterili, ma l'emergenza economica in corso impone l'azione e i fatti rispetto al Governo italiano. E visto che abbiamo dalla nostra parte la certezza del diritto e la giustezza della causa chiediamo la restituzione ai sardi dei soldi sottratti.

Presidente, almeno in questo frangente le chiediamo, in questa autorevole Assemblea e per il mandato popolare datoci, di dirci concretamente e sinceramente con chi sta: se sta con il popolo sardo e la sua legittima aspirazione a uno sviluppo armonioso con la propria storia, se vuole attuare dei momenti di sovranità in nome e per conto della nazione sarda, che lei e la sua maggioranza spesso e volentieri avete sbandierato al vento, o se vuole continuare a essere esecutore al servizio degli interessi d'oltremare. A lei la scelta.

La vertenza sulle entrate fiscali "rapinate" non è un problema di parti politiche, ma è uno scontro tra il popolo sardo e lo Stato italiano, per cui facciamo un appello all'unità, all'unità di tutta la classe politica sarda per rivendicare i diritti negati al nostro popolo. Chiediamo al Governo dei sardi una forte determinazione nell'imporre il riconoscimento di pari dignità istituzionale tra Stato italiano e nazione sarda. Oggi non si può prescindere dall'unità di tutta la classe politica sarda per il riconoscimento della soggettività nazionale e per interrompere la politica di rapina coloniale.

Caro presidente Cappellacci, non bastano i proclami. Noi dobbiamo ribadire la nostra soggettività nazionale ed esigere il rispetto dei rapporti istituzionali e la salvaguardia dei diritti del popolo sardo. Questa è anche una battaglia di civiltà. L'articolo 8 dello Statuto è uno spazio di sovranità acquisita da difendere, a maggior ragione in un momento in cui tutto il sistema politico ha manifestato la necessità di affrontare i temi sulla sovranità e sull'indipendenza. La Regione sarda, autonoma e a Statuto speciale, quindi giuridicamente forte, di fronte a questo conflitto con lo Stato italiano, in mancanza di mediazione del conflitto, non deve temere di arrivare anche allo scontro con lo Stato davanti alla Corte costituzionale per la violazione degli accordi tra Stato e Regione. In questo conflitto tra il popolo sardo lo Stato italiano i sardi vogliono sapere da che parte sta il Presidente della Regione e la sua Giunta. Il Presidente dei sardi non deve aver timore di adottare come strumento di lotta le sue stesse dimissioni. Non è più tempo di soprusi coloniali, questo vuol dire iniziare a praticare la sovranità e l'autogoverno anche a costo dello scontro.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Massimo Zedda. Ne ha facoltà.

ZEDDA MASSIMO (Comunisti-Sinistra Sarda-Rosso Mori). Signora Presidente, signor Presidente della Regione, signori Assessori, colleghi, nell'affrontare il dibattito sul nuovo regime delle entrate fiscali non possiamo non guardare a un orizzonte più vasto che appare coperto di nubi; quell'orizzonte che viene vissuto ed è condiviso da tante famiglie italiane, da tante famiglie sarde preoccupate per il loro futuro e per il futuro dei propri figli, che vivono le difficoltà economiche del momento, che vedono tradite le aspettative per le promesse fatte: dalla viabilità ai maggiori fondi per l'università, la cultura, la ricerca e la formazione in generale. Per non parlare della promessa di una casa che non arriverà mai o di tanti altri elementi che hanno suscitato aspettative e che hanno già procurato e continueranno a procurare grande delusione.

Il rischio è quello di non poter disporre, per il 2010, delle risorse previste, che sono risorse dei sardi, risorse che ci spettano, così come da un accordo siglato con il Governo nazionale dal Presidente che guidava la precedente Giunta regionale. Quelli erano Governi di identico colore politico, si potrebbe dire, di identica maggioranza, eppure ci fu bisogno di una battaglia forte da una parte per rivendicare quelle che erano risorse non erogate, ma risorse dei sardi, e dall'altra per riscrivere l'articolo 8 dello Statuto sardo. Ebbene, oggi, invece di attivare dei meccanismi anche di scelta sugli investimenti a livello nazionale, dei sistemi di valutazione nuovi nei confronti di coloro che sono virtuosi e di coloro che invece sono spendaccioni, dei meccanismi per capire dove è necessario investire per consentire alle Regioni di mettersi al passo con le Regioni d'Europa e dove è necessario tagliare o comunque consigliare di spendere meglio, si operano semplicemente dei tagli; tagli da un lato destinati a un federalismo fiscale egoista, che guarda a un Paese composto esclusivamente dalle regioni del Settentrione, un Paese insomma che si dimentica dell'altra metà del Paese. Una parte del Paese cerca di sottrarre le risorse altrui, l'altra parte cerca di sganciarsi, di sopravvivere e di competere grazie alle risorse degli altri. A questo si aggiunge la sottrazione delle risorse che competono alla Sardegna, risorse peraltro promesse. E si pretende di giustificare tale sottrazione con la mancata adozione di norme di attuazione, fatto che nessuno aveva mai sollevato sinora, che in passato non ha impedito alla Sardegna di ottenere le dovute risorse e che non trova conferma nella giurisprudenza. Insomma pare più una scusa per non saldare il debito e non pagare il conto più che una reale motivazione che potrebbe determinare la non erogazione delle risorse.

Le norme di attuazione non sono state necessarie allora, non si capisce perché debbano esserlo oggi, perché debbano costituire un paletto insormontabile, un muro invalicabile nel trasferimento delle nostre risorse. A tutti questi elementi sono da aggiungere le nuove funzioni che lo Stato ha trasferito alla Regione Sardegna, concernenti la sanità e il trasporto pubblico con i relativi costi. Sarebbe troppo lungo l'elenco dei settori in stato di crisi, settori nei quali andrebbero investite ulteriori risorse, settori che aspettano una risposta di questo tipo, maggiori risorse appunto, per intervenire proprio in quella direzione, e cioè per poter affrontare al meglio la crisi.

Ebbene la società sarda non gode certo di buona salute, non gode di buona salute l'impresa, non godono di buona salute il commercio e l'industria; la pastorizia manifesta tutti giorni il proprio malessere e le difficoltà di stare sul mercato; manifesta la scuola, sciopera l'università, insomma non c'è settore che non sia in crisi, non c'è nessun ambito della società che possa dirsi soddisfatto e che possa sorridere. Che cosa chiediamo, Presidente? Le chiediamo né più né meno di svolgere appieno il suo ruolo, di incalzare il Governo, di farsi portatore degli interessi dei sardi e della Sardegna nei confronti del Governo nazionale, in modo che si possa tutti insieme combattere questa battaglia. Non si aspetti che il Governo nazionale, per il solo fatto di essere dello stesso colore politico di questo Governo regionale, come lo era il Governo precedente rispetto alla Giunta precedente, sia disposto ad essere generoso, sia disponibile al confronto, al dialogo e anche all'elargizione di nuove risorse. Solitamente le battaglie si combattono tra istituzioni; tra istituzioni si dialoga e qualche volta si arriva allo scontro se un'istituzione, quella maggiore, non riconosce i diritti, le prerogative, perfino le risorse che dovrebbero essere nella disponibilità delle altre istituzioni, in questo caso della nostra Regione.

Che cosa le chiediamo? Le chiediamo che vengano restituite ai sardi le loro risorse; le chiediamo che i tempi di questa restituzione di risorse siano calendarizzati, in modo tale che se ne possa programmare al meglio la spendita per favorire un maggiore sviluppo e garantire serenità a tutti i sardi e alle rispettive famiglie. Le chiediamo di sollevare un conflitto di attribuzione davanti alla Corte costituzionale e glielo chiediamo non solo per il bisogno reale della Sardegna di avere le risorse per sanare alcuni dei suoi problemi, per risolvere alcune questioni aperte, per affrontarne di nuove e ipotizzare lo sviluppo del domani, ma perché insieme a noi glielo chiede la società sarda, glielo chiedono tutti i lavoratori che manifestano, scioperano, occupano gli aeroporti, i porti, le strade, interrompono i servizi pubblici per far sentire la loro protesta. Glielo chiedono i sindacati che hanno convocato una manifestazione per il 25 di questo mese, glielo chiedono le famiglie, glielo chiede l'intera società sarda.

Ebbene non so come andrà a finire questa discussione, che non può essere slegata dalla discussione in atto sul federalismo, sul nuovo assetto autonomistico della Regione. L'autonomismo non può più essere vissuto come una questione limitata alle risorse economiche o incentrata solo sull'economia; l'autonomismo deve essere vissuto anche in termini di impegno, di dinamismo per rafforzare quei settori che determineranno lo sviluppo e l'autonomia del domani, per incrementare quelle risorse che fanno dell'autonomia la ricchezza della Sardegna, così come la scuola, l'università, l'ambiente, la cultura, nonché la collocazione al centro del Mediterraneo, quale ponte tra popoli, culture e religioni diverse. Questo credo che sia l'autonomismo del futuro, questo credo che sia l'obbligo dell'attuale classe dirigente. Bene, c'è un obbligo morale di questa classe dirigente, Presidente, verso le generazioni che verranno, verso i giovani d'oggi, che purtroppo non hanno nulla e avranno ancora meno se non saremo tutti impegnati in questa direzione. Grazie.

URAS LUCIANO (Comunisti-Sinistra Sarda-Rosso Mori). Presidente, chiedo la verifica del numero legale. Grazie.

PRESIDENTE. Chi appoggia la richiesta?

(Appoggia la richiesta il consigliere Diana Giampaolo.)

Seconda verifica del numero legale

PRESIDENTE. Dispongo la verifica del numero legale con procedimento elettronico.

(Segue la verifica)

Prendo atto che i consiglieri Amadu, Cappai, Espa, Manca e Mulas sono presenti.

Risultato della verifica

PRESIDENTE. Sono presenti 65 consiglieri.

(Risultano presenti i consiglieri: Agus - Amadu - Artizzu - Barracciu - Ben Amara - Biancareddu - Campus - Capelli - Cappai - Caria - Cherchi - Cocco Daniele - Cocco Pietro - Contu Mariano - Cossa - Cucca - Cuccu - Cuccureddu - De Francisci - Dessì - Diana Giampaolo - Diana Mario - Espa - Floris Rosanna - Fois - Greco - Ladu - Lai - Locci - Lombardo - Lotto - Manca - Maninchedda - Mariani - Meloni Francesco - Meloni Valerio - Milia - Moriconi - Mula - Mulas - Murgioni - Obinu - Oppi - Peru - Piras - Pitea - Planetta - Randazzo - Rodin - Sabatini - Sanjust - Sanna Giacomo - Sanna Gian Valerio - Sanna Matteo - Sechi - Solinas Antonio - Solinas Christian - Soru - Steri - Tocco - Uras - Vargiu - Zedda Alessandra - Zedda Massimo - Zuncheddu.)

Poiché il Consiglio è in numero legale, possiamo proseguire.

E' iscritto a parlare il consigliere Sanjust. Ne ha facoltà.

SANJUST (P.d.L.). Gentile Presidente del Consiglio, signor Presidente della Giunta, signori Assessori, colleghe e colleghi, la mozione relativa alla vertenza sulle entrate, così ben confezionata dai colleghi della minoranza, costituisce un'utile occasione sia per fare chiarezza su un tema scottante sia per delineare se ci sono nuovi scenari istituzionali e politici.

La chiarezza sul tema scottante delle entrate è doppiamente utile se si pensa che questo argomento è stato oggetto di speculazioni e opportunismi, spiegabili forse con il gioco delle parti: chi sta all'opposizione contrasta a prescindere, chi governa riconosce che i temi sono più complessi. Tuttavia la dialettica politica ha il dovere di trovare almeno sulle questioni fondamentali un indirizzo unitario. Mi spiace dirlo, ma è una retorica che va avanti da troppi anni: si sprecano gli inviti a seppellire l'ascia di guerra in nome di valori superiori, si auspicano battaglie unitarie e poi, alla resa dei conti, ognuno tira l'acqua al proprio mulino. Prima di entrare nel merito della mozione vorrei ricordare che proprio nella scorsa famigerata legislatura la retorica della battaglia unitaria fu invocata strumentalmente da chi oggi è chiamato a fare opposizione, salvo poi tradirne lo spirito con atti unilaterali.

Tutti ricordano che sia il mondo politico sardo, sia la società civile si mobilitarono per rivendicare sacrosanti diritti da uno Stato debitore. A quella battaglia partecipammo tutti, senza cavillare e avendo di mira responsabilmente il bene generale. A quella battaglia andammo uniti, perché si trattava di una vertenza che non poteva essere risolta nelle stanze ovattate dei palazzi romani. Si trattava, ieri come oggi, di rivedere i meccanismi delineati dall'articolo 8 del nostro Statuto e in particolare la mobilitazione generale aveva come obiettivo quello di impegnare la politica governativa romana a riconoscere un diritto fondamentale e la politica regionale a stabilire unitariamente una piattaforma rivendicativa che fosse realmente espressione di quel movimento collettivo.

Ma le cose non sono andate come alcuni vogliono far intendere. La mobilitazione generale si risolse con un colpo di teatro clamoroso, un doppio tradimento che grida vendetta sia nei confronti dei tanti sardi che hanno in buona fede creduto in quella battaglia, sia nei confronti delle regole costituzionali che erano e sono alla base del percorso della riforma dell'articolo 8. E allora vediamo meglio: l'articolo 54, comma 5, dello Statuto speciale prevede che tutte le disposizione del Titolo III, ivi compreso l'articolo 8, possono essere modificate con leggi ordinarie della Repubblica su proposta del Governo o della Regione, in ogni caso sentita la Regione. L'espressione "sentita la Regione" nella logica autocratica dell'allora governatore ha significato "sentito il solo Presidente della Regione", senza mandato, e si è tradotta nel preventivo formale e sostanziale della mobilitazione. Il Presidente di allora si è sfilato dal corteo festante dei sardi, ha snobbato e delegittimato le istituzioni isolane. Così, dalla sacrosanta battaglia per ottenere ciò che per diritto spetta ai sardi, si è passati allo stravolgimento delle regole. La Regione, senza alcun dibattito e senza alcuna valutazione tecnica dei rischi, si è trovata d'emblée nel groppone il totale delle spese della sanità, del trasporto pubblico locale e della continuità territoriale aerea. Quella che fu salutata entusiasticamente come una vittoria storica si è rivelata un boomerang per noi sardi, perché le riforme non condivise hanno sempre generato mostri. Infatti, come avevamo sostenuto in tempi non sospetti, mentre è certo che la Sardegna dovrà accollarsi da subito e in automatico le nuove funzioni che il precedente Governo è riuscito a scaricare sulle gracili spalle della Regione, il meccanismo dell'assegnazione statale di quanto ci spetta può incepparsi, come purtroppo si sta dimostrando in questi giorni.

Oggi siamo chiamati dalla minoranza a una mobilitazione generale. Pur avendo memoria precisa del passato, possiamo solo dire che la sinistra sostiene cose che noi abbiamo già sostenuto. Noi crediamo nella mobilitazione generale, e non guardiamo in faccia a nessuno, perché non esistono governi amici, ma solo governi con cui ci si deve confrontare. Se un governo non riconosce pienamente un diritto, noi non ci lasciamo condizionare da logiche di parte. Di conseguenza, vorrei provare a proporre alcune considerazioni sul contenuto della mozione. Iniziamo dal capitolo controverso delle norme di attuazione. Dal nostro punto di vista, l'articolo 8 è immediatamente operativo e non richiede alcuna norma di attuazione, se non forse per definire alcuni dettagli che in questa sede possiamo tralasciare. Il Governo, probabilmente a torto, invece insiste nel richiederle. In ogni caso, l'assessore La Spisa ha chiarito, prima della pausa estiva, che l'articolo 8 è per noi immediatamente operativo, cioè il credito è pienamente esigibile. Semmai - ha spiegato - le norme di attuazione possono essere utili per definire, soprattutto in futuro, alcuni dettagli. Non è chiaro se in tal modo siano lesi principi costituzionali e siano disattese pronunce della Corte. Allo stesso modo non è da escludere, però, che sia stato leso il principio di leale collaborazione tra le istituzioni. E' in ogni caso certo che abbiamo urgente bisogno di quelle risorse e che la pubblica amministrazione regionale ha il dovere di garantire i servizi essenziali.

Allora, la situazione si pone nei seguenti termini: sappiamo che il presidente Cappellacci e l'assessore La Spisa hanno dato ampie garanzie che queste norme di attuazione saranno presto varate, perciò mi permetto di chiedere formalmente alla Giunta di impegnarsi, ora e ufficialmente, a fare uno sforzo straordinario affinché in poche settimane al massimo possiamo eliminare qualsiasi pretesto. Se il Governo italiano non ottempererà prontamente, si dia esecuzione anche al conflitto di attribuzione, presidente Cappellacci, su cui peraltro lei ha dato ampie garanzie, e se è il caso si impugnino senza indugio tutte le leggi finanziarie nazionali che non rispettino un nostro diritto.

Ma la trappola della mozione, pur nella sua apparente ragionevolezza, è chiara. Infatti, una volta che dovessimo ottenere per via politica o giurisdizionale quanto ci spetta, tutto finirebbe lì. Per la minoranza si tratterebbe di confermare la bontà di scelte a suo tempo imposte autocraticamente alle spalle dei sardi e, in mancanza di ulteriori argomenti, la soluzione di questa vertenza sulle entrate verrebbe considerata una vittoria dell'opposizione. Ma le cose non sono così semplici come possono apparire. Noi non abbiamo atteso la mozione per impegnarci nei fatti in un confronto con il Governo italiano e lo abbiamo fatto per senso di responsabilità, dato che si tratta di dare esecuzione a una norma vigente.. Noi abbiamo cultura di governo e anche se nella passata legislatura abbiamo criticato aspramente la riforma autocratica dell'articolo 8, sia nel metodo che nel contenuto, oggi abbiamo intanto il dovere di richiederne l'esecuzione. Dove l'opposizione si ferma, noi dobbiamo invece muoverci. Per la minoranza l'articolo 8 è il massimo risultato, per noi è un punto di partenza per rivedere il patto costituzionale con lo Stato. Noi non siamo disposti a difendere acriticamente l'esistente. Il nostro orizzonte autonomistico non può ridursi a chiedere allo Stato di rispettare un patto per alcuni versi scellerato, perciò io credo che l'attuale vertenza avrà un senso se porterà il Consiglio regionale a rivisitare in profondità lo Statuto speciale, e quindi anche l'asfittico Titolo III che, nella sua logica, appartiene ormai a una stagione preistorica.

La verità è che troppi parlano a sproposito di federalismo senza anzitutto proporre una riforma che di federalismo avrebbe almeno la parvenza, e cioè modificare lo Statuto sino al punto da pretendere di incamerare tutte le risorse necessarie a coprire le reali funzioni regionali e poi conferirne una parte per contribuire alla fiscalità generale con finalità perequative. E' su questa base che noi chiediamo alle opposizioni di collaborare costruttivamente per inaugurare una nuova stagione costituente, ciò che nella precedente legislatura non hanno voluto fare per seguire gli interessi autocratici di chi ha portato alla deriva la Sardegna.

E' tempo di voltare pagina. Molte gravi e attuali difficoltà in tema di risorse sono certo in parte imputabili al Patto di stabilità, ma sono anche e soprattutto figlie delle mancate riforme strutturali, a iniziare dallo Statuto speciale, che noi ci impegniamo a rivisitare avendo come finalità principale quella di rilanciare la nostra economia.

Quanto alla mozione, ringraziamo l'opposizione per aver aderito a quanto la Giunta sta già facendo senza clamore mediatico e in una situazione nazionale condizionata da una gravissima crisi finanziaria e internazionale. Per ricambiare, invitiamo i colleghi dell'opposizione a proseguire nella collaborazione necessaria quando si parla di riforme delle regole. Certo, oggi la situazione italiana non appare idonea per intavolare trattative, a cominciare dalla riforma dell'articolo 8 e magari dalla continuità territoriale aerea, che avrebbe dovuto costituire una partita da giocare sul piano italiano ed europeo. Tuttavia questa situazione è superabile nella prospettiva di una riforma complessiva dello Statuto.

Il presidente Cappellacci avrà ampio mandato dal Consiglio regionale per proporre una nuova riforma del Titolo III realmente in linea con i nuovi scenari. E stavolta non ci saranno trattative private né fughe in avanti e neppure tradimenti della mobilitazione sociale e istituzionale. Noi, infatti, abbiamo una diversa cultura delle istituzioni e delle riforme. E' perciò su questa auspicabile convergenza e su questo nuovo modello di relazioni istituzionali che dovremo mobilitarci.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Gian Valerio Sanna. Ne ha facoltà.

SANNA GIAN VALERIO (P.D.). Pensavo di avere alcuni minuti per riprendermi dall'intervento del collega Sanjust, che probabilmente ha fatto le ferie proseguendo quelle cominciate all'inizio della legislatura o forse si è distaccato dalla realtà per una scelta necessitata di natura politica.

Vedete, egli dice: "Dobbiamo voltare pagina". Peccato che le pagine che ogni tanto voltate siano tutte bianche. Voltate pagine bianche a nastro! Di che cosa state parlando? Il discorso che ha fatto Sanjust vorrei prenderlo come esempio, farlo stampare, perché agli indomiti unitaristi che sono tra noi bisognerebbe spiegare che questa è la posizione che esprime questa maggioranza, e da lì partire per avere delle ragioni - come quello che stiamo facendo anche oggi - per cercare di far capire che non è in gioco una partita del miserevole frontismo fra schieramenti: ci sono delle materie, nella gestione dell'autonomia, che non sono assolutamente mediabili col frontismo politico, quello che anche in quest'Aula cerchiamo di scimmiottare sulla base di ciò che vediamo altrove. L'autonomia è un'altra cosa, e lo dico anche a lei, presidente Lombardo. L'autonomia non è tenere una classe in ordine, contingentare le assenze e controllare che tutti stiano al loro posto, perché c'è anche un aspetto meritocratico, del contenuto, della capacità, della lungimiranza che una scolaresca riesce a esprimere nel fare il proprio dovere. Da questo punto di vista siamo molto distanti.

Collega Sanjust, il suo teorema è: anche se fosse la migliore cosa del mondo, poiché non mi piace chi l'ha fatta non mi piace neppure quel che ha fatto. Lei oggi ha detto questo, e questa è la misura del limite politico che noi abbiamo. Però, vorrei usare con il presidente Cappellacci, che ascolta altri, un linguaggio privo del tecnicismo che ogni tanto usiamo in quest'Aula per confondere prima noi e poi i cittadini. Primo aspetto: qui dentro non dobbiamo più parlare di vertenza. Non ci sono vertenze, quello che abbiamo di fronte da risolvere è un problema di semplice legalità. E' un problema di legalità, non è una vertenza. Il problema è quello di chiedere, a chi deve rispettare una legge di questo Stato, di rispettarla, punto. Da questo punto di vista, questo è quello che chiediamo al Presidente e alla Giunta, memori di quello che ha fatto il governatore della Sicilia - non certo un rivoluzionario di sinistra! -, il quale, quando gli è stata ventilata l'idea che gli stessero scippando dei soldi, è arrivato fino al punto di minacciare la scissione dal proprio raggruppamento politico, dal quale si aspettava coerenza. E' recentissima l'opinione di un uomo della destra, il quale, ricalcando quello che noi diciamo da anni, denuncia la lesione dei diritti nazionali a causa di una politica che sta separando il Mezzogiorno dal Nord Italia, chiede al Governo nazionale di rimettere i fondi FAS dov'erano, perché ciò rientra nei diritti che spettano ai cittadini del Meridione, e sostiene che sul federalismo bisognerà discutere, perché se consiste in una norma per avvantaggiare i più voraci non è federalismo. Insomma, quest'uomo vi ha esortato - vale infatti anche per voi - a uscire finalmente da questa condizione che pensate di esercitare con una propaganda infinita e a passare dalle parole ai fatti.

Vedete, il problema delle entrate va molto oltre noi stessi, la nostra vita e anche le nostre aspettative, perché quando noi chiediamo le entrate dovute non lo facciamo perché non abbiamo un progetto, ma vorremmo che chi governa ci dicesse qual è il suo progetto per utilizzare quelle risorse. Le risorse da utilizzare oggi, colleghi, sono quelle che generano reddito e la garanzia che il nostro gettito tributario mantenga nel tempo livelli tali da consentirci di fare dei progetti. Cioè, oggi il problema delle entrate è quello di generare ricchezza che in qualche modo legittimi continuativamente il nostro regime delle entrate. Avere oggi una battuta d'arresto o una distrazione significa far pagare alle generazioni future tale distrazione. E lo possiamo fare in nome di un frontismo per cui l'uomo nero sta da questa parte e chi volta pagine bianche dall'altra? Lo possiamo fare? Pensate che la gente lo capisca? Volete rispondere così ai pastori, con l'infinita propaganda dell'Assessore che, oggi ho visto, si fa sponsorizzare anche dall'organo di stampa della maggioranza? Suvvia!

Questa è una partita molto seria, che attiene proprio al cuore dell'autonomia; un'autonomia che ci chiede responsabilità. Se facessimo solo finta di essere responsabili certamente qualcuno lo aiutiamo, gli potremmo dare anche un supporto psicologico se fosse necessario, ma dobbiamo pensare che ci sono materie che non possono essere oggetto del contendere, e una di queste è la materia dell'autonomia, della vita, del futuro di questa regione. Io non sono molto interessato a litigare con voi perché si realizzi un fronte unitario. Non c'è un fronte unitario? Bene, allora ci dovete consentire di concludere, se alla fine di questa giornata non ci sarà un ordine del giorno unitario su questa questione, che abbiamo di fronte un Esecutivo che non è libero. Lo posso spiegare solo così l'impedimento ad assumere l'onere dell'autonomia in senso reale, l'impedimento di un Presidente che non ha la libertà di prendersi sulle spalle l'onere della difesa della sua regione. A me dei tecnicismi non importa nulla e lo potrei dire anche con una banalità: mi spiegate che norme di attuazione dello Statuto servono per attuare una legge ordinaria dello Stato? Se avessimo bisogno di una norma di attuazione, non avremmo a che fare con una legge ordinaria, ma siccome si tratta di una legge ordinaria dobbiamo solo chiedere che venga applicata! Da questo punto di vista accendere un conflitto di attribuzione anche in via cautelare avrebbe la misura, da parte di tutti noi, senza distinzione, della vocazione autonomistica che tutti noi possediamo, con le diverse sfumature e sensibilità; definirebbe in maniera chiara nei confronti del Governo l'autorevolezza del rapporto pattizio che noi vogliamo avere con lo Stato, nel senso che non siamo quelli che all'occorrenza si calano i pantaloni in danno della propria comunità. Capire o non capire, questo è il punto, anziché dire che la vicenda sulle entrate è stata una cosa nefasta. Io, da parte mia, posso ribattere al collega Sanjust che in diciassette mesi voi avete solo parlato delle cose che abbiamo fatto noi! State parlando solo delle cose che abbiamo fatto noi, il che vuol dire che, al di là del giudizio che date, state parlando di cose che abbiamo realizzato, di fatti. Ma delle cose che fate voi ne vorremo parlare qualche volta? Quando cominceremo a parlare delle cose che fate voi? Lì starebbe il progetto: noi vorremmo capire che idea avete voi della spendita di queste nuove entrate. E questo progetto è altrettanto importante nel momento in cui siete assediati dai problemi di questa regione e non ne risolvete uno, nella drammaticità di una situazione economica che sarà sempre più grave.

Questo è il punto, non solo evocare i problemi! Il nostro richiamo ha questo sapore, cioè farvi capire che su questa partita non c'è parte politica, che questa è la partita della Sardegna di oggi e della Sardegna del futuro e che quando domani qualcuno avrà da dire qualcosa ricorderà le grandi opere, la grande strategia istituzionale, la grande autorevolezza, la grande indipendenza e la grande visione della politica che ha dimostrato l'attuale classe politica!

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Agus. Ne ha facoltà.

AGUS (P.D.). Signora Presidente del Consiglio, signor Presidente della Regione, signori Assessori, onorevoli colleghe e colleghi, anch'io voglio esprimere un mio pensiero e non utilizzerò tutto il tempo a disposizione, perché non voglio implementare gli interventi, che mi sembrano stanchi, pur avendo di fronte un argomento piuttosto importante per la prospettiva, gli impegni e gli obiettivi che la Regione Sardegna credo si sia posta, anche attraverso le linee programmatiche, al momento del suo insediamento. E' una Regione che vuole quindi avere la sua determinazione, la sua autonomia, vuole rivendicare la sua problematicità nell'ambito dell'insularità. Sono temi, insomma, che penso costituiscano l'ossatura anche del futuro assetto federalistico dello Stato.

Vorrei fare una riflessione ulteriore per sottolineare non tanto gli aspetti polemici, che non mi interessa alimentare, bensì gli elementi di dialogo che possono essere utili per rafforzare l'intesa unitaria del popolo sardo, che è rappresentato da questa istituzione, verso una rivendicazione che mi sembra fondamentale, come ho detto, per il prosieguo delle azioni che questo Consiglio porrà in essere nei rapporti con lo Stato. Infatti, in quest'ultimo periodo, prima della pausa estiva, questo Consiglio regionale ha affrontato un tema, a mio avviso, di vitale importanza per i prossimi impegni istituzionali che lo attendono, come il federalismo fiscale e il nuovo Statuto. L'opportunità di riprendere uno degli argomenti fondamentali nei rapporti con lo Stato, e nella fattispecie l'applicazione del nuovo regime delle entrate, ci venne data dalla "manovrina" di 400 milioni di euro che ha tagliato tutta una serie di capitoli vitali per l'economia e l'assetto sociale dell'Isola, che sicuramente avremmo potuto perlomeno rimandare in attesa di un chiarimento su questo fondamentale aspetto. Il richiamo a cogliere quel momento per rilanciare una delle più importanti conquiste politico-fiscali della Sardegna non era strumentale, ma rappresentava e rappresenta il bisogno di un popolo alla propria autodeterminazione, nel rispetto della legge costituzionale del 26 febbraio del 1948, numero 3, sulla base della quale venne riformato l'articolo 8 del nostro Statuto.

Non credo sia inutile, ripeto, visti gli appuntamenti vitali che ci attendono, richiamare il profondo rispetto dell'ordinamento costituzionale e del Titolo V della Costituzione, che pone la Regione Sardegna, e così pure comuni e province, sullo stesso piano dello Stato, superando il ruolo di subalternità, così come recita l'articolo 116, in base al quale, appunto, il Friuli Venezia Giulia, la Sardegna, la Sicilia, il Trentino Alto Adige e la Valle d'Aosta "dispongono di forme e condizioni particolari di autonomia, secondo i rispettivi statuti speciali adottati con legge costituzionale". Quindi più che la polemica sulle azioni da fare, mi sembra che sia questo un elemento di fondamentale importanza nei rapporti con lo Stato rispetto alle leggi che lo Stato stesso si è dato.

Con la suddetta riforma dell'articolo 8, quindi, la Regione Sardegna si fa carico di sostenere peraltro le spese per le nuove funzioni (sanità, trasporti locali e continuità territoriale), per un importo pari a 1 miliardo e 600 milioni di euro; aspetto quest'ultimo fortemente contestato anche dal centrodestra che interpreta, o interpretava mi auguro, negativamente questa assunzione di nuove funzioni. Credo, invece, che sia il segno di una grande responsabilità politica che anticipa lo spirito del federalismo delle Regioni, del quale presto saremo chiamati a discutere. L'autodeterminazione non passa attraverso un rapporto di sudditanza con lo Stato, ma attraverso il coraggio di gestire i nostri problemi in un rapporto di sussidiarietà, presupposto essenziale per un federalismo corretto in una nazione dove gli squilibri sono più che evidenti e il cammino per un equilibrio diffuso della ricchezza e dei servizi è ancora di là da venire. Allora perché rinunciare alle conquiste istituzionali raggiunte? Il mancato trasferimento delle risorse è un grave atto istituzionale che pone gravi problemi allo sviluppo dell'Isola, già penalizzata dal mancato trasferimento, come tanti altri hanno detto, dei fondi FAS, ma non ultimo dal taglio effettuato dalla "manovrina", per non parlare del Patto di stabilità, che penalizza fortemente l'Isola. L'assunzione di responsabilità che deriva dalle nuove funzioni ha bisogno di quelle risorse perché credo, e credo sia a tutti noto, che i servizi in Sardegna abbiano un costo maggiore dovuto principalmente all'insularità, alla scarsa popolazione, peraltro distribuita in una vasta area territoriale. Credo sia difficile che i trasporti in Sardegna chiudano in pareggio visto lo squilibrio tra i costi per l'articolata rete ferroviaria, l'adeguamento e l'ammodernamento del parco macchine ai fini della sicurezza e l'utilizzo che ne fanno i residenti, insufficiente a colmare col prezzo del biglietto i costi di gestione. Così dicasi per la continuità territoriale: in una nazione federale non possono sussistere per i cittadini costi diversificati per la mobilità interna; il costo di percorrenza dovrebbe essere unitario per i cittadini, a prescindere dal tipo di spostamento, via terra, via mare o via aerea. Così dicasi per la sanità, articolata in un territorio esteso, che certamente necessita di un riordino globale, ma che oggi pesa sul bilancio regionale in maniera massiccia. Si può continuare così nel valutare tutte quelle funzioni di cui la Regione Sardegna ha il dovere, a mio avviso, di farsi carico per contribuire fattivamente alla costituzione di uno Stato federale.

Lo Stato, dunque, non può sottrarre risorse fondamentali per consentire alla Sardegna un'autodeterminazione certa in un ruolo paritetico. Senza tali condizioni non credo in uno sviluppo adeguato dell'Isola tale da consentirle con le proprie forze un progresso certo in linea con l'Europa, all'orizzonte del quale si guarda appunto all'Europa delle Regioni.

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Luciano Uras. Ne ha facoltà.

URAS LUCIANO (Comunisti-Sinistra Sarda-Rosso Mori). Presidente, chiedo la verifica del numero legale.

PRESIDENTE. Chi appoggia la richiesta?

(Appoggia la richiesta il consigliere Bruno.)

PRESIDENTE. Prego i colleghi di prendere posto e i consiglieri Segretari di stare al banco della Presidenza.

Terza verifica del numero legale

PRESIDENTE. Dispongo la verifica del numero legale con procedimento elettronico.

(Segue la verifica)

Prendo atto che i consiglieri Ben Amara, Cocco Daniele, Cherchi, Cuccu, Oppi e Zuncheddu sono presenti.

Risultato della verifica

PRESIDENTE. Sono presenti 60 consiglieri.

(Risultano presenti i consiglieri: Agus - Amadu - Barracciu - Ben Amara - Bruno - Campus - Capelli - Cherchi - Cocco Pietro - Contu Felice - Contu Mariano - Cossa - Cuccu - Cuccureddu - De Francisci - Dedoni - Dessì - Diana Giampaolo - Diana Mario - Espa - Floris Rosanna - Fois - Greco - Ladu - Lai - Lombardo - Lotto - Manca - Maninchedda - Mariani - Meloni Francesco - Meloni Valerio - Milia - Moriconi - Mula - Mulas - Murgioni - Obinu - Oppi - Peru - Petrini - Piras - Pitea - Pittalis - Planetta - Rodin - Sabatini - Sanjust - Sanna Giacomo - Sanna Gian Valerio - Sechi - Solinas Antonio - Solinas Christian - Soru - Steri - Uras - Vargiu - Zedda Alessandra - Zedda Massimo - Zuncheddu.)

Poiché il Consiglio è in numero legale, possiamo proseguire.

E' iscritto a parlare il consigliere Giampaolo Diana. Ne ha facoltà.

DIANA GIAMPAOLO (P.D.). Presidente, la prossima settimana dovrebbe avviarsi la sessione straordinaria sulle riforme. Ciò dovrebbe avvenire mentre il Parlamento è impegnato nell'attuazione del federalismo fiscale e nel Paese si avverte con preoccupazione che dall'agenda politica del centrodestra, e mi pare anche del centrosinistra, scompare del tutto la questione meridionale. Non solo, scompare la questione meridionale e si pone una questione settentrionale, che riguarda tutti. Le regioni più forti economicamente, e quindi anche politicamente, impongono all'agenda del Governo la questione settentrionale. Ancora, da più parti si ritiene superata la stagione delle specialità regionali. In Sardegna cresce a tutti i livelli il bisogno di un'autonomia capace di meglio interpretare le attese, le ansie di quest'Isola. E' un sentimento che cresce e coinvolge tutti: i partiti, le forze sociali, il sistema delle autonomie locali.

Credo che tutti noi, nessuno escluso, indipendentemente dall'attuale responsabilità di governo o di opposizione, ci rendiamo conto che il modello di federalismo fiscale che vuole attuare il Governo penalizzerà le regioni più deboli. Non c'è osservatore politico ed economico che non affermi con gravità questa preoccupazione. Anche perciò cresce in noi la preoccupazione che il federalismo fiscale venga attuato in assenza di applicazione dell'articolo 8, così come riscritto nel 2007, che significa, come spesso ci ha ricordato l'assessore La Spisa, un maggior gettito pari al 22 per cento in ragione d'anno. Autonomia, sovranità, esigibilità dei diritti hanno bisogno di risorse. Attenzione, noi rischiamo di fare una discussione sulle riforme e rischiamo di fare quella discussione non essendo riusciti nemmeno a rendere esigibile la riscrittura dello Statuto autonomistico. Qualcuno si chiede, anche in Sardegna, se bastino i 1.632 milioni di euro ascrivibili alla modifica dell'articolo 8 dello Statuto. Autorevoli personalità del centrosinistra e del centrodestra dicono delle condizioni di insularità, del ritardo di sviluppo che ancora registriamo; ritardo di sviluppo per tante ragioni, ne cito solo una: se assumiamo a base 100 la dotazione infrastrutturale materiale nazionale, la dotazione infrastrutturale della Sardegna a malapena arriva al 60 per cento. Non stanno meglio in questa regione, in particolare in quest'ultimo periodo, le infrastrutture immateriali. Siamo sempre più in basso soprattutto nella scuola, nell'istruzione più generale. Quindi servono maggiori risorse anche per esaltare l'autonomia, la specialità, la sovranità o anche qualcosa oltre questo, cose di cui discuteremo nei prossimi giorni, non appena si aprirà quella sessione.

Sulla nostra mozione tornerò dopo, vorrei ora richiamare invece la mozione che ha presentato l'onorevole Steri, che cito testualmente. Il collega Steri mi perdonerà se mi limito, ovviamente per ragioni di tempo, a richiamare tre questioni che lui ha posto, che condivido e che mi sembrano molto pertinenti in un'Aula che dovrebbe essere un pochino più attenta a una discussione come questa. L'onorevole Steri nel suo intervento diceva: "Questa è una battaglia di tutti. Non servono norme di attuazione, ma se dovessero servire per superare qualche inghippo, perché probabilmente i funzionari hanno scritto l'articolo in maniera tale...", insomma non ripeto tutto ciò che ha detto. Ha poi concluso dicendo: "E' inaccettabile la posizione del Governo. Dobbiamo fare una battaglia contro lo Stato". Sono parole pronunciate non certamente da un eversivo come il sottoscritto, ma da una persona di centro, alla quale credo si debba prestare grande attenzione quando si pronunciano affermazioni come queste.

E' una posizione strumentale? A me non pare affatto. E' una posizione seria, problematica, che si pone di fronte a problemi che abbiamo tutti, indipendentemente dalla responsabilità in questo momento di ognuno di noi. Io non credo sia strumentale, suggerisco questo: partiamo da qui, partiamo da quelle affermazioni. Sono affermazioni che vengono dai banchi della maggioranza e che credo meritino una riflessione seria da parte di tutti.

La nostra mozione, illustrata da Mario Bruno, è stata giudicata strumentale, ma credo sia un giudizio ingeneroso, che offende innanzitutto chi si è permesso di esprimere con questa lievità, con questa leggerezza, un giudizio del tutto fuori luogo come quello. Abbiamo presente quella mozione, abbiamo presente l'illustrazione che ne è stata fatta e le conclusioni nella sua presentazione. Vi chiedo: siete in grado, presidente Cappellacci, assessore La Spisa, di fornire al Consiglio regionale delle assicurazioni? E' nelle vostre disponibilità un qualcosa che metta in sicurezza questo Consiglio regionale relativamente all'esigibilità di quelle risorse? E se sì, sono nelle vostre disponibilità supporti cartacei che abbiano il carattere di cogenza che dimostrano queste affermazioni, che verbalmente più volte avete fornito in quest'Aula? Ancora, è nella vostra disponibilità un pezzo di carta che testimoni cronologicamente il trasferimento di quelle risorse? Ma è una richiesta assurda o è una richiesta di buon senso in un dibattito impegnato come questo?

Sono dubbi che si poneva anche l'onorevole Steri, credo quindi a nome di un partito importante di questo Consiglio regionale. Presidente Cappellacci, è in grado di fugare questi dubbi? Se sì, bene, mi creda. Non siamo qui solo e soltanto, come dice qualche collega della maggioranza, per agitare strumentalmente dei problemi; stiamo parlando di una questione seria che può cambiare la qualità del futuro di questa regione, la qualità del futuro della gente che noi rappresentiamo. Ma insomma, stiamo parlando di attuazione del nostro Statuto! Finora è stato calpestato, dimostrateci il contrario, per carità, saremo i primi a convenirne e a esserne soddisfatti. Ma che garanzia diamo al cosiddetto popolo sardo? Ma con quale faccia tosta, mi chiedo, apriremo nei prossimi giorni una sessione di riforme se non siamo in grado, se non siete in grado, di far rispettare la carta costituzionale di questa regione! Perché di questo stiamo parlando! Noi ci proponiamo una battaglia comune. Battaglia è un termine desueto, che non piace.

CAPELLI (U.D.C.). Vertenza!

DIANA GIAMPAOLO (P.D.). Perfetto, va benissimo il termine sindacale che propone il mio amico Roberto. Va benissimo soprattutto a me, ma usate voi il lessico che volete, proponete voi qualcosa.

Noi le chiediamo due cose, Presidente, alternative tra loro: o le risorse sono nella vostra disponibilità, e ce lo dite oggi e ce lo dimostrate, oppure lei si metta a capo di una protesta del popolo sardo. E' strumentale? Ma no, Presidente, attiro la sua attenzione: le ricordo che nel 2005, quando l'onorevole Soru era Presidente della Regione e io ero segretario della CGIL - lo ricorda bene Giorgio La Spisa - portammo a Roma 5 mila persone. Credetemi, costò parecchio in tutti i termini...

PRESIDENTE. Onorevole Diana, il tempo a sua disposizione è terminato.

E' iscritto a parlare il consigliere Antonio Solinas. Ne ha facoltà.

SOLINAS ANTONIO (P.D.). Presidente, iniziamo oggi una sessione consiliare importante sul ruolo che questo Consiglio dovrà svolgere, sul ruolo che la Sardegna andrà a svolgere all'interno dell'organizzazione costituzionale dello Stato italiano. Iniziamo oggi con un argomento fondamentale per il cammino stesso delle future riforme. Infatti è a mio avviso pregiudiziale, prima di andare a discutere di nuovo Statuto, di nuove regole, applicare le norme che già esistono. Nella passata legislatura ci fu un momento di grande unità della Sardegna intera. Tutto il Consiglio regionale - tranne l'onorevole Sanjust, oggi ho scoperto -, tutte le forze politiche, sociali e sindacali si unirono per far sì che la Sardegna avesse più risorse, avesse risorse certe su cui programmare il proprio futuro. Quella battaglia portò alla riscrittura dell'articolo 8 del nostro Statuto, che oggi è legge costituzionale dello Stato italiano; una legge che non viene applicata e la sua non applicazione sta portando danni alla Sardegna che si ritrova con meno risorse. La Sardegna, a dire la verità, in questi ultimi diciotto mesi è stata penalizzata continuamente, al contrario di altre regioni, anche in altri settori. La risposta peggiore che si poteva dare a un comportamento come questo è stata la cosiddetta "manovrina", approvata poco più di un mese fa, con la quale avete ridotto le entrate del bilancio di circa 400 milioni, non solo per il 2010, ma anche per i prossimi anni.

Il confronto con lo Stato non può essere di totale subalternità, la nostra storia autonomistica non ce lo permette, così come non ci consente di confrontarci con il Governo nazionale così come stiamo facendo attualmente sui drammatici problemi della pastorizia sarda. Al di là dell'incontro casuale al meeting di Rimini di Comunione e Liberazione, l'Assessore dell'agricoltura non è riuscito ancora ad affrontare con il ministro Galan i problemi della nostra pastorizia. Per ieri era stato annunciato con grande enfasi un incontro con il Ministro, con grande manifestazione a Roma dei rappresentanti di categoria, che si è concluso con un nulla di fatto: né il Ministro né il Sottosegretario si sono presentati all'incontro. Questo, a mio avviso, è l'importante risultato del grande lavoro che si è fatto in queste ultime settimane, non per unire il mondo agropastorale sardo, ma per dividerlo, forse con la convinzione da parte di qualcuno che chi la pensa in modo diverso non possa dire la sua!

L'agricoltura e la pastorizia sono la nostra industria, servono anche qui meno parole, più fatti e più unità. Avere più risorse può significare poter investire in un comparto importante, quale quello agropastorale, consentendo alle aziende sarde di essere competitive in un settore sempre più in crisi. Le chiediamo, Presidente, di essere un Presidente vero, il Presidente di tutti, anche di chi non l'ha votata. Bene hanno fatto CGIL, CISL, UIL, ANCI Sardegna e UPS a organizzare una giornata di confronto unitario per il 25 settembre prossimo a Oristano. Il mio partito non è tra gli organizzatori, ma insieme al Gruppo consiliare parteciperà convinto a questa manifestazione. Mi auguro e ci auguriamo che l'intero Consiglio regionale partecipi con la stessa convinzione. In gioco, cari colleghi, non è il vostro o il nostro futuro, ma il futuro della Sardegna e di tutti i sardi.

Signor Presidente, le stiamo chiedendo di guidare questa battaglia di dignità di tutto il popolo sardo. Le stiamo chiedendo di avere la forza, di avere la capacità politica di anteporre gli interessi della Sardegna agli interessi di partito. Grazie.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Vargiu. Ne ha facoltà.

VARGIU (Riformatori Sardi). Signora Presidente, colleghi del Consiglio, credo che il dibattito di oggi non sia stato privo di contenuti, né che sia stato un dibattito in cui non si sia ascoltato e non si siano prodotte da entrambe le parti considerazioni interessanti. Per conto dei Riformatori voglio provare ad aggiungere qualche cosa o a condividere una parte delle cose che sono state dette. Voglio provare a fare lo stesso lavoro che ha fatto qualche mio collega, andare cioè a verificare quali sono stati i momenti di unione che comunque questo Consiglio regionale ha già avuto su vertenze di questo genere. Il Consiglio regionale, infatti, nella scorsa legislatura ha fatto una battaglia importante, da cui è nato poi un articolo della legge finanziaria nazionale del 2007, che tra luci e ombre ha comunque comportato un aumento delle entrate riconosciute alla Regione Sardegna. Quel percorso, che venne fatto in larga parte in modo unitario, forse per un disguido, forse per un malinteso, forse per altri motivi che sono difficili da valutare anche in sede di ricostruzione, si interruppe quando i risultati vennero attribuiti a una sola parte politica e non all'intera classe politica regionale che aveva proposto quella vertenza. Ecco, io parto da loro per verificare se è possibile che questo Consiglio regionale eviti di ripercorrere strade che hanno portato a errore, prima di noi, tante generazioni della politica sarda, che in tante circostanze non sono riuscite a far valere quegli elementi di unità che sono gli unici che alla fine salvaguardano o possono salvaguardare un popolo con un'identità fiera come il nostro, ma anche con una consistenza numerica e una forza politica limitata come il nostro.

All'onorevole Gian Valerio Sanna, che interviene sempre in maniera molto puntuale sugli argomenti in discussione, vorrei chiedere senza polemica: aveva un senso portare oggi in Aula, su un argomento come quello della vertenza sulle entrate, un documento che è soltanto di parte? Il collega Sanna, con una veemenza che nasce dalla passione politica, si è scagliato contro quella parte della sua stessa parte politica che invece ha una vocazione unitaria nella gestione del problema, domandandosi, alla luce di quello che i colleghi del centrodestra affermano, come sia possibile pensare a una vertenza unitaria su queste cose. Collega Sanna, il ragionamento di chi vuole l'unità passa sempre attraverso la mediazione. Non è pensabile che il Consiglio regionale possa acquisire in toto un documento che viene prodotto con un intento che non sarà provocatorio, non sarà quello di dividere, ma sicuramente proviene soltanto da una parte politica. Chiunque faccia politica sa bene che è necessario esercitare una mediazione se si vogliono conseguire risultati che siano condivisi; mediazione sulla sostanza delle cose, anche su quelle su cui la mediazione si riduce, perché è giusto che sia così, ma soprattutto sul metodo della politica e che ci aiuta ad arrivare a scelte condivise.

Io sono d'accordo con quello che molti consiglieri del centrosinistra hanno detto. Noi Riformatori condividiamo pienamente l'indicazione che non c'è da stare sereni per i sardi, per la Sardegna, per la sua classe politica, per la sua classe dirigente, per quello che sta avvenendo a livello nazionale. E' evidente che andiamo verso un federalismo che dal nostro punto di vista è assolutamente asimmetrico, non è un federalismo della garanzia delle pari opportunità di chi vive nel territorio nazionale. Lo sappiamo perfettamente, condividiamo questa valutazione e questa preoccupazione e sappiamo perfettamente che se la legislatura nazionale non verrà interrotta, c'è una scadenza, che è quella del maggio del 2011, che porterà novità per la Sardegna e non saranno novità positive. Siamo perfettamente consapevoli che i decreti attuativi del federalismo fiscale non hanno conigli bianchi nel cilindro per i sardi, però sappiamo anche che con questi problemi dobbiamo confrontarci e che non ci confronteremo con una classe politica diversa da quella che siede oggi in Consiglio regionale e con una classe dirigente in Sardegna diversa da quella con cui questo Consiglio regionale si confronta quotidianamente. Sono questi gli strumenti che dobbiamo mettere a frutto insieme se vogliamo davvero che ci sia un'azione corale della Sardegna, del suo popolo, dei suoi rappresentanti. Anche quando siamo ritornati sul concetto dell'autonomia speciale della Sardegna, abbiamo letto l'opinione di fior di costituzionalisti, di esperti o scienziati del federalismo che ci hanno spiegato che non sussistono più le ragioni per cui la Sardegna possa essere considerata una Regione a statuto speciale, non sussistono più le ragioni della specialità, e addirittura il tipo di riforma che si prospetta, quella federale dello Stato, supererà lo stesso Statuto di specialità che oggi difende per certe misure e per certe parti la Regione Sardegna. Sappiamo che questo avviene, cioè questo federalismo asimmetrico, questo federalismo che non tiene conto o rischia di non tenere conto di chi è più debole, vedrà la Sardegna fare la sua parte nell'assalto alla diligenza, ma avendo un piccolo manipolo di forze a disposizione a confronto di altri che forse dispongono di strumenti di pressione, grimaldelli, elementi per ottenere in misura assai maggiore di noi. Però dobbiamo attrezzarci anche perché noi partiamo da una situazione di ritardo che è evidente, nel senso che i cittadini sardi non hanno pari opportunità rispetto ai cittadini del resto territorio nazionale. Basterebbe pensare all'insularità, non abbiamo pari opportunità; basterebbe citare qualche settore della nostra isola per poter capire qual è il ritardo dal punto di vista infrastrutturale che oggi che si pensa di darci di meno già scontiamo.

Io conosco bene il settore della sanità e, guardate, non è la stessa cosa essere ricoverati in un qualunque ospedale della Sardegna, anche nel migliore, o in un ospedale di buon livello di Milano, del Veneto, dell'Emilia-Romagna o della Toscana. Non è la stessa cosa, quindi non ci sono oggi pari opportunità per i cittadini sardi. Parliamo sempre dell'assenza di pari opportunità nello spostamento delle nostre merci e dei nostri cittadini da e per il continente. Ma neanche in Sardegna ci sono pari opportunità nello spostamento delle persone. Le nostre ferrovie non sono, lo sapete meglio di me, allo stesso livello delle ferrovie del resto d'Italia. Siamo l'unica regione che non ha l'elettrificazione, quindi gap infrastrutturali oggi ne esistono e penalizzano ogni cittadino sardo che non vede riconosciute le proprie pari opportunità nel territorio nazionale. Questo è l'argomento, l'elemento di partenza su cui esercitare un'azione comune.

Noi Riformatori abbiamo cercato di esprimere questo sentimento, con i pochi numeri che abbiamo per rappresentare quella parte di società che comunque rappresentiamo. L'abbiamo fatto attraverso la Costituente, che è stata un grande movimento di popolo che ha puntato in Sardegna a ritrovare quello spirito e quell'identità di popolo che ci possono consentire di essere gli interlocutori a livello nazionale. L'abbiamo fatto un anno e mezzo fa, due anni fa, attraverso la proposizione del Partito dei sardi, perché siamo convinti, e lo ripetiamo per la centesima volta, che non ci saranno, così come non ci sono stati, governi amici o governi nemici della Sardegna. Ci sono governi che vengono tirati per la giacchetta da portatori di interessi e che danno ai portatori di interessi in rapporto alla loro forza, perché questo è sempre stato nella storia del nostro popolo e della Sardegna. E allora, quanto maggiore è la nostra forza, quanto più saremo capaci di essere uniti - e il Partito dei sardi è la proiezione della nostra capacità di essere uniti, della nostra possibilità di incidere - tanto più avremo la capacità e la possibilità di difenderci nello scenario che tutti avete definito di federalismo asimmetrico, sul quale ci impegneremo nei prossimi mesi. Chi non ci crede, perché non tutti debbono o possono credere al Partito dei sardi e ci può essere chi è ingabbiato in altre logiche e in altri modi di ragionare, deve comunque garantire l'unità, che oggi è la nostra unica carta difensiva di fronte a uno scenario che tutti avete riassunto, tratteggiato e prefigurato nello stesso identico modo. Siamo d'accordo sulla diagnosi, sarebbe folle dividersi sulla terapia!

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Soru. Ne ha facoltà.

SORU (P.D.). Signora Presidente del Consiglio, signor Presidente della Regione, cari colleghi, siamo qui oggi a discutere questa mozione essenzialmente per due motivi: per richiamare l'attenzione sull'urgenza di ricostituire le entrate che spettano al bilancio della Regione e per richiamare l'urgenza di ricostituire la legalità nei comportamenti e nei rapporti tra la Regione e lo Stato. Lo stiamo facendo, credo, con responsabilità. Con responsabilità abbiamo richiamato l'attenzione del Consiglio su questo argomento semplicemente perché siamo ormai a settembre e nel silenzio, nell'indeterminatezza, nell'incertezza, siamo arrivati fino a oggi, dapprima senza sapere, ma oggi sapendo pienamente che nel bilancio dello Stato non ci sono le risorse che spettano alla nostra Regione per il 2010. Ce ne siamo resi conto nei giorni precedenti le ferie estive. Durante le ferie la Sardegna è tornata nelle cronache nazionali. Ce l'hanno fatta tornare i pastori, ce l'hanno fatta tornare le manifestazioni che hanno bloccato gli aeroporti e che continuano a crescere per numero e intensità, fino a una manifestazione che a me impressiona molto, annunciata per i prossimi giorni qui in Consiglio regionale, per la quale dovremmo iniziare ad attrezzarci, che prevede l'arrivo di 10 mila pastori, 300 cavalli e via dicendo. I pastori, che verranno a rappresentarci le loro urgenze, dicono che probabilmente occorrono 750 milioni di euro, occorrono cioè cifre vere, cifre importanti, per ristabilire un po' di calma nelle campagne e tra gli allevatori. Mi riferisco a questo fatto per ricordare che le entrate sono importanti, per ricordare che le risorse sono importanti e senza di esse difficilmente potremo arrivare a dare qualche risposta.

Noi abbiamo semplicemente richiamato la vostra attenzione su delle risorse importanti che sono state sottratte. Non c'è unità di pensiero sulla dimensione di queste risorse. In un documento di questa stessa Giunta regionale si dice che il netto tra nuove entrate e nuova responsabilità fosse di circa 1 miliardo e 600 milioni di euro, qualcuno dice che è meno, qualcuno toglie i 400 milioni delle minori entrate dovute al minore gettito fiscale a seguito della diminuzione del PIL. Vero è che il PIL sarebbe diminuito sia con questo regime fiscale che con quello precedente, il taglio di 400 milioni di euro ci sarebbe stato lo stesso e la differenza sarebbe di quell'ordine di grandezza, quindi circa 1 miliardo e 500 o 600 milioni di euro, ma qualunque sia l'entità stiamo parlando di cifre importantissime. Vuol dire, ad esempio, per un solo anno, 6 o 7 volte tanto quello che stanno chiedendo gli agricoltori e i pastori. Qualcuno dovrà dire loro che abbiamo affrontato il dibattito con poca attenzione e magari a settembre non avremo le risorse per rispondere alle loro richieste, perché non siamo stati capaci di difenderle quelle risorse. Ci siamo divisi sulla dimensione, ci siamo divisi sull'importanza o meno dell'articolo 8 e sul modo in cui è stato riscritto, con comportamenti autocrati - è stato detto - da parte dell'ex Presidente della Regione. Mi suona persino buffo sentirlo nelle parole di un signore che probabilmente partecipa a manifestazioni elettorali che vengono introdotte da una canzoncina che ricorda: "Meno male che Silvio c'è"!

Ci siamo divisi ancora una volta - mi dispiace, caro collega Floris - nel dubbio che quell'articolo sia stato riscritto bene, con le modalità giuste, che siano state dimenticate altre cose, che ci fosse ben altro da considerare. Certamente c'è ben altro, certamente ci sono tantissime altre cose, rimane il fatto che quell'articolo 8, pur modificabile - da sempre, purtroppo - con semplice legge dello Stato e non con il procedimento costituzionale, è dentro il nostro Statuto e quindi dentro una legge che ha valore costituzionale. E comunque esiste, è lì, e come tale credo che vada difeso, per i motivi finanziari e per il rispetto che si deve alla norma più importante a cui tutti noi ci riferiamo.

Questo Consiglio regionale esiste perché esiste lo Statuto, noi siamo il Consiglio regionale previsto da quello Statuto, su quello Statuto il Presidente della Regione giura, e credo che, in attesa di scrivere altri statuti, siamo qui innanzitutto per difendere quello Statuto. Noi oggi non riusciamo a difendere né le risorse che quello Statuto garantisce - che non sono una parola che vaga nell'aria, ma sono le risorse di cui dovremo parlare con i pastori fra dieci giorni - né il rispetto di quello Statuto così faticosamente conquistato. Che cos'altro ci devono fare prima che iniziamo a ribellarci? Che cos'altro ci può essere fatto per la nostra inconsistenza di comportamenti, oltre che addirittura azzerare il valore del nostro Statuto? L'articolo 8 può essere modificato, il Governo Berlusconi e la maggioranza che guida il Paese possono velocemente scrivere e approvare una legge di modifica dell'articolo 8, sentita la Regione, ma fintanto che non lo fanno quell'articolo è nel nostro Statuto, è la nostra stessa esistenza in vita. E se noi lo facciamo calpestare vuol dire che siamo già morti, vuol dire che stiamo negando la nostra funzione, da quella più alta a quella di tutti noi, qui, nei nostri banchi. E mentre anche questa giornata sarà consumata, sarà consumato comunque un Consiglio regionale che non è capace di ribellarsi a una prepotenza che non si era mai vista.

E allora, al di là delle cose che ci hanno diviso fino adesso, al di là dei giudizi forse dati con troppa facilità gli uni sugli altri, al di là dei numeri forse dati con troppa approssimazione, abbiamo ancora il tempo di ricordarle, signor Presidente della Regione, che c'è un'urgenza di denaro e di legalità e che noi siamo qui per aiutarla, se vorrà il nostro aiuto. Siamo qui per aiutarla perché vorremmo tutti assieme, ne sono sicuro, dare risposta a chi verrà fra dieci giorni, dare risposta alle persone che anche oggi sono qui sotto, dare risposta a quelle persone che verranno a parlarci di precariato e soprattutto di precariato nella scuola.

Ho qualche secondo ancora e vorrei utilizzarlo su questo argomento. Nei giorni scorsi si è parlato dell'andamento della scuola nella nostra regione rispetto ad altre regioni, dei miglioramenti o dei peggioramenti, dei passi avanti o dei passi indietro. Tra i passi avanti che non facciamo mai, la posizione peggiore che ricopriamo è nella qualità della scuola e nella qualità dell'insegnamento nella nostra regione. Possiamo sentirci tutti colpevoli o salvarci tutti, perché, come sappiamo, la scuola è responsabilità primaria dello Stato. C'è qui un dirigente scolastico nominato da Roma. Pagano i professori, è soprattutto nella loro responsabilità, io credo, se oggi gli studenti sardi sono i meno preparati d'Italia e se la Sardegna intera è forse la regione meno preparata d'Italia. A questa scuola noi possiamo rispondere continuando a licenziare gli studenti o consegnando le poche risorse che abbiamo alla Gelmini perché le utilizzi lei, eventualmente per perpetuare il livello bassissimo di qualità della scuola in Sardegna. Oppure sarebbe il caso di usare un po' di risorse, anzi tante, per provare a correggere gli errori gravissimi prodotti in cinquant'anni dal comportamento dello Stato sulla scuola in Sardegna.

Signor Presidente, siamo qui per dare una mano se serve, sta a lei avere l'intelligenza politica e la responsabilità di cogliere questa opportunità.

PRESIDENTE. I lavori della mattinata si concludono qui. Convoco la Conferenza dei Presidenti di Gruppo e ricordo che alle ore 16 è convocata la Giunta delle elezioni. Il Consiglio è riconvocato per questo pomeriggio, alle ore 17. Il primo iscritto a parlare è l'onorevole Adriano Salis.

La seduta è tolta alle ore 13 e 09.


[PS1] Dati corretti. M. Bruno si riferisce ai dati forniti da La Spisa

[PS2]minuscolo



Allegati seduta

CXXXIII Seduta

Martedì 7 settembre 2010

(ANTIMERIDIANA)

Presidenza della Presidente LOMBARDO

La seduta è aperta alle ore 10 e 20.

MARIANI, Segretario, dà lettura del processo verbale della seduta antimeridiana del 29 luglio 2010 (126), che è approvato.

Congedi

PRESIDENTE. Comunico che i consiglieri regionali Gianfranco Bardanzellu, Nicolò Rassu e Angelo Stochino hanno chiesto congedo per la seduta antimeridiana del 7 settembre 2010.

Poiché non vi sono opposizioni, i congedi si intendono accordati.

Annunzio di presentazione di proposta di legge

PRESIDENTE. Comunico che è stata presentata la seguente proposta di legge:

Dedoni - Vargiu - Cossa - Fois - Meloni Francesco - Mula: "Norme in materia di raccolta e coltivazione dei tartufi". (187)

(Pervenuta il 3 settembre 2010 e assegnata alla quinta Commissione)

Risposta scritta a interrogazioni

PRESIDENTE. Comunico che è stata data risposta scritta alle seguenti interrogazioni:

"Interrogazione Dedoni - Vargiu - Cossa - Meloni Francesco - Fois - Mula sui licenziamenti effettuati dalla società Park auto sarda, appaltatrice dei servizi di custodia e vigilanza dei parcheggi regionali". (119)

(Risposta scritta in data 31 agosto 2010.)

"Interrogazione Cocco Daniele Secondo sulla grave situazione dell'AREA e dei suoi lavoratori". (264)

(Risposta scritta in data 31 agosto 2010.)

"Interrogazione Espa - Agus - Sanna Gian Valerio sull'opportunità che un membro della commissione del concorso per dirigenti della Regione Sardegna partecipi, in qualità di relatore, ad un seminario di formazione su argomenti attinenti alla prova scritta del concorso stesso". (301)

(Risposta scritta in data 31 agosto 2010.)

"Interrogazione Cocco Daniele Secondo sulla procedura di stabilizzazione dei precari dell'Ente foreste, in particolare nel Comune di Illorai". (302)

(Risposta scritta in data 31 agosto 2010.)

"Interrogazione Rassu sulle procedure di stabilizzazione, nell'Ente foreste, del personale turnista e dell'ex personale dalle squadre antincendio". (313)

(Risposta scritta in data 31 agosto 2010.)

"Interrogazione Cuccu - Cucca - Moriconi - Sabatini sui contributi finanziari attribuiti ai consorzi turistici con la deliberazione della Giunta regionale n. 50/22 del 21 novembre 2009". (343)

(Risposta scritta in data 31 agosto 2010.)

Annunzio di interrogazioni

PRESIDENTE. Si dia annunzio delle interrogazioni pervenute alla Presidenza.

MARIANI, Segretario:

"Interrogazione Mulas, con richiesta di risposta scritta, sulla delibera n. 30/20 del 3 agosto 2010 che stabilisce un incremento delle tariffe del servizio di trasporto pubblico di linea". (385)

"Interrogazione Lai, con richiesta di risposta scritta, sulla sospensione dei lavori di realizzazione del commissariato di Olbia, futura questura, a causa di un credito insoluto nei riguardi dell'impresa Lattanzi, società responsabile dell'esecuzione dell'opera". (386)

"Interrogazione Meloni Valerio - Lotto - Manca, con richiesta di risposta scritta, sulla mancata nomina del direttore dell'ERSU di Sassari e sui disagi conseguenti a tale mancato provvedimento da parte del Presidente della Regione". (387)

"Interrogazione Diana Mario, con richiesta di risposta scritta, sulla morte di 90 suini destinati alla macellazione nel mattatoio comunale di Settimo San Pietro". (388)

"Interrogazione Locci, con richiesta di risposta scritta, sulla situazione dei lavori di bonifica ambientale dell'area ex Sardamag di Sant'Antioco". (389)

"Interrogazione Meloni Valerio - Caria - Espa, con richiesta di risposta scritta, sull'inqualificabile atteggiamento dell'Azienda ospedaliero-universitaria di Sassari in ordine alla sostituzione di trenta dipendenti con contratto a termine". (390)

"Interrogazione Cocco Daniele Secondo, con richiesta di risposta scritta, sull'attivazione di un centro di medicina riabilitativa termale nel Comune di Benetutti". (391)

Annunzio di interpellanze

PRESIDENTE. Si dia annunzio delle interpellanze pervenute alla Presidenza.

MARIANI, Segretario:

"Interpellanza Barracciu - Cucca - Mariani - Bruno - Uras - Salis - Agus - Ben Amara - Caria - Cocco Daniele Secondo - Cocco Pietro - Cuccu - Diana Giampaolo - Espa - Lotto - Manca - Meloni Marco - Meloni Valerio - Moriconi - Porcu - Sabatini - Sanna Gian Valerio - Sechi - Solinas Antonio - Soru - Zedda Massimo - Zuncheddu sul rischio di chiusura del convitto e del semiconvitto annessi all'Istituto professionale agricoltura e ambiente di Sorgono e sul rischio della mancata istituzione delle prime classi dei licei ed istituti tecnici di Sorgono, Aritzo, Desulo, Macomer, Gavoi e Tonara". (136)

"Interpellanza Milia - Sanna Giacomo - Biancareddu - Capelli - Cappai - Contu Felice - Dessì - Maninchedda - Obinu - Oppi - Planetta - Solinas Christian - Steri sulla nomina del direttore generale dell'Assessorato regionale dell'igiene e sanità e dell'assistenza sociale". (137)

Annunzio di mozione

PRESIDENTE. Si dia annunzio della mozione pervenuta alla Presidenza.

MARIANI, Segretario:

"Mozione Sechi - Zedda Massimo - Uras sull'affermazione del diritto di autodeterminazione dei popoli in funzione del più efficace contrasto all'aggressione e progressivo indebolimento dei valori di libertà, di uguaglianza e solidarietà politica, economica e sociale tra le comunità nazionali, linguistiche e culturali in Sardegna, in Italia e in Europa". (80)

Discussione congiunta delle mozioni Bruno - Uras - Salis - Agus - Barracciu - Ben Amara - Caria - Cocco Daniele Secondo - Cocco Pietro - Cucca - Cuccu - Diana Giampaolo - Espa - Lotto - Manca - Mariani - Meloni Marco - Meloni Valerio - Moriconi - Porcu - Sabatini - Sanna Gian Valerio - Sechi - Solinas Antonio - Soru - Zedda Massimo - Zuncheddu sulla mancata applicazione del nuovo regime delle entrate regionali, ex articolo 8 dello Statuto speciale riformato, nell'assestamento del bilancio dello Stato 2010, con richiesta di convocazione straordinaria del Consiglio ai sensi dei commi 2 e 3 dell'articolo 54 del Regolamento (78); Oppi - Milia - Steri - Biancareddu - Capelli - Cappai - Contu Felice - Obinu sull'applicazione dell'articolo 8 dello Statuto d'autonomia (legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3) (72) abbinate all'interpellanza Porcu - Sabatini - Barracciu - Bruno - Uras - Salis sulla mancata applicazione del nuovo regime delle entrate regionali, ex articolo 8 dello Statuto speciale riformato, nell'assestamento del bilancio dello Stato 2010 (132/A).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione congiunta delle mozioni numero 78 e 72 e dell'interpellanza numero 132/A.

(Si riporta di seguito il testo delle mozioni e dell'interpellanza:

Mozione Bruno - Uras - Salis - Agus - Barracciu - Ben Amara - Caria - Cocco Daniele Secondo - Cocco Pietro - Cucca - Cuccu - Diana Giampaolo - Espa - Lotto - Manca - Mariani - Meloni Marco - Meloni Valerio - Moriconi - Porcu - Sabatini - Sanna Gian Valerio - Sechi - Solinas Antonio - Soru - Zedda Massimo - Zuncheddu sulla mancata applicazione del nuovo regime delle entrate regionali, ex articolo 8 dello Statuto speciale riformato, nell'assestamento del bilancio dello Stato 2010, con richiesta di convocazione straordinaria del Consiglio ai sensi dei commi 2 e 3 dell'articolo 54 del Regolamento.

IL CONSIGLIO REGIONALE

PREMESSO che:

- l'articolo 1, comma 834, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007), ha riformato il titolo terzo dello Statuto speciale per la Sardegna definendo, all'articolo 8, a partire dal 2010, un nuovo regime di regolamentazione della compartecipazione della Regione Sardegna alle entrate erariali dello Stato;

- l'entrata in vigore di tale normativa prevede, per quanto riguarda le entrate erariali spettanti alla Sardegna, che a decorrere dall'esercizio finanziario 2010:

1) occorre fare riferimento a tutte le fattispecie tributarie maturate in ambito regionale, anche se affluite ad uffici finanziari situati fuori dal territorio della Regione (articolo 8, ultimo comma);

2) la compartecipazione all'IVA avviene in quota fissa (anziché in quota variabile) nella misura di nove decimi, rilevata in base ai consumi regionali delle famiglie (articolo 8, lettera m);

3) la compartecipazione regionale viene estesa a tutte le entrate erariali maturate nel territorio della Sardegna;

4) la Regione si accolla il totale delle spese in materia di sanità e quelle connesse al trasporto pubblico locale (Ferrovie Sardegna e Ferrovie meridionali sarde) e alla continuità territoriale aerea;

- tale nuovo regime di entrate deve sostenere le nuove funzioni esercitate dalla Regione per una cifra pari a circa 1 miliardo e 600 milioni di euro, determinando maggiori entrate nette che, tenendo conto del minor gettito fiscale conseguente la crisi finanziaria ed economica che ha colpito la Regione Sardegna, vengono correntemente stimate, dalla Ragioneria generale della Regione, in un miliardo e 200 milioni di euro;

- coerentemente con il nuovo regime di entrate la Regione Sardegna ha inserito, con legge regionale 28 dicembre 2009, n. 6 (Bilancio di previsione per l'anno 2010 e bilancio pluriennale per gli anni 2010/2013), la previsione di entrate tributarie ordinarie pari a euro 7.079.895.500 di cui 1.950.000.000 euro di IVA e 2.080.000.000 euro di IRE;

- la discussione in corso alla Commissione bilancio della Camera sulla legge di assestamento del bilancio dello Stato 2010 ha confermato che vi sono seri rischi per la Sardegna di non poter disporre nel 2010 delle risorse previste dal nuovo regime di compartecipazione della Regione alle entrate erariali dello Stato, regolarmente iscritte nel bilancio 2010 della Regione Sardegna;

- il bilancio dello Stato per il 2010 prevede, attualmente, per la Regione Sardegna soli 4 miliardi e 500 milioni di euro di compartecipazione erariale per competenza e per cassa, circa 2.590 milioni di euro in meno rispetto a quanto inserito dalla Regione nel proprio bilancio di competenza;

- il Vice Ministro Vegas, in data 13 luglio 2010, nel corso di un intervento in Commissione alla Camera dei deputati in occasione dell'esame della legge di assestamento del bilancio dello Stato 2010 contenente disposizioni per l'assestamento del bilancio dello Stato e dei bilanci delle amministrazioni autonome per l'anno finanziario 2010, rispondendo ad una domanda dell'On.le Calvisi, ha motivato la mancata iscrizione in bilancio delle nuove entrate con la necessità di apposite norme di attuazione del nuovo articolo 8 dello Statuto della Regione Sardegna;

- tale affermazione non trova conferma nella giurisprudenza costituzionale, nello Statuto della Regione Sardegna, ed è in contrasto anche con la posizione precedentemente assunta dallo stesso Governo che, nel confermare l'immediata applicabilità della richiamata modifica statutaria in materia di entrate della Regione Sardegna, aveva accolto, nella seduta del 17 dicembre 2009 sul disegno di legge di bilancio di previsione dello Stato per il 2010, l'ordine del giorno Cicu n. 9/2937-A/7, volto proprio a chiedere l'immediato trasferimento delle somme spettanti alla Sardegna dal capitolo di bilancio 2797 relativo al fondo occorrente per l'attuazione dell'ordinamento regionale delle regioni a statuto speciale;

- ad ulteriore aggravio della situazione per la Regione Sardegna, lo stesso Vice Ministro Vegas ha affermato, nella stessa seduta di Commissione, che non ci sarà alcun differimento nell'esercizio delle nuove funzioni attribuite alla Regione in materia di sanità e di trasporto pubblico locale;

- risulta del tutto evidente che la mancata immediata allocazione delle risorse relative al nuovo regime delle entrate fiscali, aggravata dagli oneri sopportati per le nuove competenze attribuite alla Sardegna dallo Stato, rischia di avere un effetto drammatico sull'effettiva possibilità per la Sardegna di coprire anche le sole spese di cassa concordate con lo Stato per l'esercizio essenziale delle proprie funzioni; tali spese ammontano, per l'anno 2010, a circa. 6.339 milioni di euro, di cui circa 3.200 milioni di euro relativi alla spesa sanitaria, trasporto pubblico locale e alla continuità territoriale aerea, non soggetti ai vincoli di spesa del patto di stabilità, e 3.139 milioni di euro per tutte le altre spese ricomprese all'interno del patto di stabilità;

- in questa grave situazione la Regione non può esimersi dal reagire con immediatezza e con determinazione contro la posizione assunta dal Governo che lede il principio di leale collaborazione tra istituzioni, interviene impropriamente sulla sfera di attribuzioni ad essa assegnate dal proprio statuto, mette a rischio lo stesso funzionamento della pubblica amministrazione regionale e di servizi essenziali per i cittadini, oltre a compromettere la possibilità di attuare concretamente qualsiasi politica pubblica atta a superare la crisi sociale ed economica che colpisce la società sarda,

impegna il Presidente della Regione

1) a promuovere una vasta e determinata mobilitazione sociale ed istituzionale di tutto il popolo sardo nei confronti dello Stato per rivendicare le necessarie risorse finanziarie volte ad attuare il rispettoso adempimento del nuovo regime delle entrate sancito dall'articolo 1, comma 834, della legge n. 296 del 2006;

2) a richiedere formalmente al Ministero e all'autorità statale (Ragioneria generale competente), la regolare assegnazione delle risorse relative alle disposizioni statutarie citate in premessa (articolo 8) e il cronoprogramma dei relativi trasferimenti finanziari;

3) a proporre conflitto di attribuzione davanti alla Corte costituzionale avverso ogni atto che neghi alla Regione l'immediata disponibilità delle entrate di cui all'articolo 8 dello Statuto d'autonomia (legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3);

4) ad impugnare presso la Corte costituzionale l'assestamento di bilancio 2010 dello Stato e/o ogni altra legge finanziaria che, se approvata, dovesse non prevedere le maggiori compartecipazioni fiscali spettanti alla Regione con l'effetto di disconoscere la legittimità dell'immediata applicazione del nuovo regime di entrate previsto dallo Statuto d'autonomia della Regione Sardegna;

5) a ottenere il rispetto tempestivo del diritto fondamentale dei sardi ad usufruire dei legittimi trasferimenti di risorse previsti dall'articolo 1, comma 834, della legge n. 296 del 2006, pena le gravi conseguenze istituzionali, economiche e sociali derivanti dal venir meno delle previsioni dello Statuto di autonomia e della possibilità di garantire un futuro dignitoso e significativo alla Sardegna.(78)

Mozione Oppi - Milia - Steri - Biancareddu - Capelli - Cappai - Contu Felice - Obinu sull'applicazione dell'articolo 8 dello Statuto d'autonomia (legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3).

IL CONSIGLIO REGIONALE

PREMESSO che:

- l'articolo 8 dello Statuto d'autonomia (legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3), che disciplina le entrate della Regione, è stato di recente modificato con l'articolo 1, comma 834, della legge 27 dicembre 2006, n. 29, facendo applicazione dello specifico procedimento all'uopo previsto (articolo 54, comma 5, dello Statuto);

- il Vice Ministro Vegas in data luglio 2010, nel corso di un intervento in Commissione alla Camera dei deputati in occasione dell'esame del disegno di legge C. 3594 - Governo, contenente disposizioni per l'assestamento del bilancio dello Stato e dei bilanci delle amministrazioni autonome per l'anno finanziario 2010, rispondendo ad una precisa domanda, ha affermato che l'avviso del Governo era nel senso che il citato articolo 8 dello Statuto non può trovare applicazione fin tanto che non vengano emanate apposite norme di attuazione, senza peraltro portare alcun argomento a sostegno dell'affermazione stessa;

- per contro, le previsioni di cui all'articolo 8 dello Statuto ben possono ed anzi debbono trovare applicazione immediata e diretta senza necessità della previa emanazione di specifiche norme di attuazione;

- si è, infatti, in presenza di una norma statutaria che individua con sufficiente specificità le situazioni giuridiche dalla stessa nascenti per cui si è in presenza di una disposizione che può e deve trovare diretta ed immediata operatività;

- invero, la giurisprudenza della Corte costituzionale è consolidata nel ritenere che le fonti statutarie sono ad efficacia diretta e non differita quando contengono una "definizione sufficiente" del loro oggetto (confronta sentenze 24 novembre 1958, n, 58; 15 luglio 1969, n. 136; 26 maggio 1971, n. 108; 18 ottobre 1983, n. 312; 14 aprile 1988, n. 449);

- l'articolo 56 dello Statuto, che contiene la disciplina relativa alle norme di attuazione dello Statuto stesso, lungi dall'affermare la loro necessità per dare applicazione alle norme statutarie, si limita invece a disciplinare il procedimento di approvazione delle norme di attuazione nonché la forma che le stesse devono rivestire (decreto legislativo) per l'ipotesi che esse risultino necessarie; ritenere diversamente condurrebbe all'illogico risultato di affermare che una norma di attuazione sarebbe necessaria anche nelle ipotesi in cui il testo statutario sia pienamente completo e non necessiti di integrazioni o specificazioni;

- del resto la legge regionale 28 dicembre 2009, n. 6, con la quale è stato approvato il bilancio di previsione per l'anno 2010 ed il bilancio pluriennale per gli anni 2010-2013, ha applicato la disposizione di cui all'articolo 8 dello Statuto inserendo tra le entrate quelle previste nel citato articolo 8 nel testo risultante a seguito delle modifiche apportate con l'articolo 1, comma 834, della legge n. 296 del 2006, ed il Governo non ha ritenuto di impugnare la stessa;

- inoltre, in sede di discussione del bilancio di previsione per il 2010, era stato presentato alla Camera dei deputati l'ordine del giorno n. 9/2937 - A/7 volto ad affermare l'immediata applicabilità delle disposizioni dell'articolo 8 dello Statuto, successivamente accolto dal Governo;

- risulta, pertanto, evidente che avverso la richiamata dichiarazione del Vice Ministro Vegas la Regione è legittimata a proporre conflitto di attribuzione al fine di difendere ed affermare le attribuzioni alla stessa spettanti in forza dell'articolo 8 dello Statuto d'autonomia (legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3), menomate dalla volontà del Governo affermata dal Vice Ministro Vegas; invero, in tale modo, viene lesa la sfera di competenza assegnata alla Regione dallo Statuto;

- non è, comunque, dubbio che il ricorso per conflitto di attribuzione può essere proposto qualora in sede di approvazione del disegno di legge C. 3594 - Governo, contenente disposizioni per l'assestamento del bilancio dello Stato e dei bilanci delle amministrazioni autonome per l'anno finanziario 2010, non sia previsto il trasferimento in favore della Regione Sardegna delle risorse di cui all'articolo 8 dello Statuto;

- in questa situazione la Regione non può esimersi dal reagire con forza avverso il disconoscimento del diritto ad ottenere il trasferimento delle risorse di cui trattasi, posizione che lede fortemente la sua autonomia, soprattutto in un momento in cui sono state approvate una serie di norme (quelle sul cosiddetto federalismo fiscale) estremamente penalizzanti per la Regione e, per contro, non viene data attuazione anche all'articolo 13 dello Statuto, disposizione fondamentale che regge lo Statuto stesso, così frapponendo ostacoli alla rinascita della Sardegna,

impegna il Presidente della Regione e la Giunta regionale

a proporre conflitto di attribuzione davanti alla Corte costituzionale al fine di fare affermare che non spetta allo Stato negare l'attribuzione alla Regione delle entrate di cui all'articolo 8 dello Statuto d'autonomia (legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3). (72)

Interpellanza Porcu - Sabatini - Barracciu - Bruno - Uras - Salis sulla mancata applicazione del nuovo regime delle entrate regionali, ex articolo 8 dello Statuto speciale riformato, nell'assestamento del bilancio dello Stato 2010.

I sottoscritti,

premesso che:

- l'articolo 1, comma 834, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007), ha riformato il titolo terzo dello Statuto speciale della Sardegna definendo, all'articolo 8, a partire dal 2010, un nuovo regime di regolamentazione della compartecipazione della Regione Sardegna alle entrate erariali dello Stato;

- l'entrata in vigore di tale normativa prevede per quanto riguarda le entrate erariali spettanti alla Sardegna, che a decorrere dall'esercizio finanziario 2010:

occorre fare riferimento a tutte le fattispecie tributarie maturate in ambito regionale, anche se affluite ad uffici finanziari situati fuori dal territorio della Regione (articolo 8, ultimo comma);

la compartecipazione all'IVA avviene in quota fissa (anziché in quota variabile) nella misura di nove decimi, rilevata in base ai consumi regionali delle famiglie (articolo 8, lettera m);

la compartecipazione regionale viene estesa a tutte le entrate erariali maturate nel territorio della Sardegna;

la Regione si accolla il totale delle spese in materia di sanità e quelle connesse al trasporto pubblico locale (Ferrovie Sardegna e Ferrovie meridionali sarde) e alla continuità territoriale aerea;

- tale nuovo regime di entrate deve sostenere le nuove funzioni esercitate dalla Regione per una cifra pari a circa 1 miliardo e 600 milioni di euro, determinando maggiori entrate nette che, tenendo conto del minor gettito fiscale conseguente la crisi finanziaria ed economica che ha colpito la Regione Sardegna, vengono correntemente stimate, dalla Ragioneria generale della Regione, in un miliardo e 200 milioni di euro;

- coerentemente con il nuovo regime di entrate la Regione Sardegna ha inserito, con legge regionale 28 dicembre 2009, n. 6 (Bilancio di previsione per l'anno 2010 e bilancio pluriennale per gli anni 2010/2013), la previsione di entrate tributarie ordinarie pari a 7.079.895.500 euro di cui 1.950.000.000 euro di IVA e 2.080.000.000 euro di IRE;

- la discussione in corso alla Commissione bilancio della Camera sulla legge di assestamento del bilancio dello Stato 2010 ha confermato che vi sono seri rischi per la Sardegna di non poter disporre nel 2010 delle risorse previste dal nuovo regime di compartecipazione della Regione alle entrate erariali dello Stato, regolarmente iscritte nel bilancio 2010 della Regione Sardegna;

- il bilancio dello Stato per il 2010 prevede, attualmente, per la Regione Sardegna soli 4 miliardi e 500 milioni di euro di compartecipazione erariale per competenza e per cassa, circa 2.590 milioni di euro in meno rispetto a quanto inserito dalla Regione nel proprio bilancio di competenza;

- il Vice Ministro Vegas in data 13 luglio 2010, nel corso di un intervento in Commissione alla Camera dei deputati in occasione dell'esame della legge di assestamento del bilancio dello Stato 2010 contenente disposizioni per l'assestamento del bilancio dello Stato e dei bilanci delle amministrazioni autonome per l'anno finanziario 2010, rispondendo ad una domanda dell'On.le Calvisi, ha motivato la mancata iscrizione in bilancio delle nuove entrate, con la necessità di apposite norme di attuazione del nuovo articolo 8 dello Statuto della Regione Sardegna;

- tale affermazione non trova conferma nella giurisprudenza costituzionale, nello Statuto della Regione Sardegna ed è in contrasto anche con la posizione precedentemente assunta dallo stesso Governo che, nel confermare l'immediata applicabilità della richiamata modifica statutaria in materia di entrate della Regione Sardegna, aveva accolto, nella seduta del 17 dicembre 2009 sul disegno di legge di bilancio di previsione dello Stato per il 2010, l'ordine del giorno Cicu n. 9/2937-A/7, volto proprio a chiedere l'immediato trasferimento delle somme spettanti alla Sardegna dal capitolo di bilancio 2797 relativo al fondo occorrente per l'attuazione dell'ordinamento regionale delle regioni a statuto speciale;

- ad ulteriore aggravio della situazione per la Regione Sardegna, lo stesso Vice Ministro Vegas ha affermato, nella stessa seduta di Commissione che non ci sarà alcun differimento nell'esercizio delle nuove funzioni attribuite alla Regione in materia di sanità e di trasporto pubblico locale;

- risulta del tutto evidente che la mancata immediata allocazione delle risorse relative al nuovo regime delle entrate fiscali, aggravata dagli oneri sopportati per le nuove competenze attribuite alla Sardegna dallo Stato, rischia di avere un effetto drammatico sull'effettiva possibilità per la Sardegna di coprire anche le sole spese di cassa concordate con lo Stato per l'esercizio essenziale delle proprie funzioni; tali spese ammontano, per l'anno 2010, a circa 6.339 milioni di euro, di cui circa 3.200 milioni di euro relativi alla spesa sanitaria, trasporto pubblico locale e alla continuità territoriale aerea, non soggetti ai vincoli di spesa del patto di stabilità, e 3.139 milioni di euro per tutte le altre spese ricomprese all'interno del patto di stabilità;

- in questa grave situazione la Regione non può esimersi dal reagire con immediatezza e con determinazione contro la posizione assunta dal Governo che lede il principio di leale collaborazione tra istituzioni, interviene impropriamente sulla sfera di attribuzioni ad essa assegnate dal proprio statuto, mette a rischio lo stesso funzionamento della pubblica amministrazione regionale e di servizi essenziali per i cittadini, oltre a compromettere la possibilità di attuare concretamente qualsiasi politica pubblica atta a superare la crisi sociale ed economica che colpisce la società sarda,

chiedono di interpellare il Presidente della Regione e la Giunta regionale per sapere se non sia opportuno:

proporre conflitto di attribuzione davanti alla Corte costituzionale avverso le dichiarazioni rese dal Vice Ministro Vegas e/o avverso ogni altro atto che neghi alla Regione l'immediata disponibilità delle entrate di cui all'articolo 8 dello Statuto d'autonomia (legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3);

impugnare presso la Corte costituzionale l'assestamento di bilancio 2010 dello Stato e/o ogni altra legge finanziaria che, se approvata, dovesse non prevedere le maggiori compartecipazioni fiscali spettanti alla Regione con l'effetto di disconoscere la legittimità dell'immediata applicazione del nuovo regime di entrate previsto dallo Statuto d'autonomia della Regione Sardegna. (132/A).)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione. Uno dei presentatori della mozione numero 78 ha facoltà di illustrarla.

BRUNO (P.D.). Signora Presidente del Consiglio, signor Presidente della Regione, signori Assessori, colleghi consiglieri, abbiamo presentato questa mozione sulla mancata applicazione del nuovo regime delle entrate, quindi sulla mancata attuazione dello Statuto della Regione Sardegna perché siamo fortemente preoccupati, anche a seguito degli ultimi incontri fra la Regione e il Governo, della rappresentazione che ne è stata data e della valutazione che il Governo regionale ha formulato e ha esternato ai sardi.

L'incontro dei primi di agosto tra il presidente Cappellacci, l'Assessore della programmazione, La Spisa, e il viceministro Vegas non ha portato ad alcun fatto nuovo, se non alla conferma dell'atteggiamento di subalternità della Giunta regionale. Per il presidente Cappellacci è tutto risolto, perfino l'assemblea straordinaria promossa dalla presidente Lombardo e annunciata in quest'Aula è superata - lo ha detto ai giornalisti il Presidente in conferenza stampa il 5 agosto -, si può occupare d'altro se proprio la si vuol fare. Questo è un atteggiamento sbagliato, a nostro modo di vedere. Non corrisponde al vero che le maggiori risorse finanziarie ottenute nell'accordo tra Soru e Prodi nel 2007 e a regime da quest'anno sono state previste dal Governo nel bilancio dello Stato 2010 nel fondo indistinto e verranno prelevate, come ha detto Vegas, non appena verranno approvate le norme di attuazione dell'articolo 8 e comunque con decorrenza 1° gennaio 2010. Sono parole che contrastano con gli atti parlamentari. Noi abbiamo il dovere, la Giunta regionale in primo luogo e il Presidente della Regione, che rappresenta politicamente ma anche legalmente la Sardegna, di difendere gli interessi della nostra Isola anche con una politica contestativa nei confronti dello Stato quando, come in questo caso, i diritti vengono calpestati e le risorse vengono messe in discussione.

Per il viceministro Vegas, secondo quanto riportano gli atti parlamentari, le norme di attuazione sono necessarie non come dice l'assessore La Spisa solo al fine di determinare procedure di calcolo, ma quale necessario presupposto giuridico senza il quale - sono parole del Viceministro - non si può pervenire all'iscrizione di alcuna somma nel bilancio di competenza. Per questa subalternità, per l'inerzia della Giunta regionale e del presidente Cappellacci, che non hanno fatto gli interessi della Sardegna in questi diciotto mesi, nel mese di luglio l'opposizione compatta ha posto la sfiducia, ha dichiarato che questa legislatura è finita e che è meglio ricorrere quanto prima al giudizio dei sardi. L'unica preoccupazione politica del presidente Cappellacci e della sua maggioranza sembra quella di smantellare quanto di buono è stato fatto in precedenza dalla Giunta Soru e di essere fedele al Governo Berlusconi e ai suoi inviati. Tant'è che a diciotto mesi di vuoto il presidente Cappellacci risponde con un tentativo di rimpasto, con nuovi equilibri, equilibri di potere che difficilmente - così pare - riuscirete a trovare. La Sardegna può aspettare.

A un Governo che non trasferisce i fondi FAS (2 miliardi e 250 milioni di euro), che non trasferisce le risorse previste dallo Statuto in materia di compartecipazione alle entrate, abbiamo l'obbligo di rispondere come hanno già proclamato i sindacati, gli enti locali, le associazioni di categoria, con una mobilitazione istituzionale, sociale, popolare senza precedenti. Bene farebbe la presidente Lombardo, e la invitiamo in questo senso, a convocare, come previsto, fin dai prossimi giorni un'assemblea straordinaria di tutte le istituzioni della Sardegna, di tutti i parlamentari, gli esponenti degli enti locali, dell'Università, del sindacato, delle forze sociali ed economiche. Bisogna far sentire alta la nostra voce unitaria, determinata.

Di fatto, colleghi, con questa mozione il Consiglio regionale comincia la sessione sulle riforme. Lo fa in un'Aula distratta, distrattissima, che pensa ad altro. Abbiamo detto tutti che la più importante delle riforme riguarda proprio il nostro Statuto di specialità: come adeguarlo, come ripensarlo, come riscriverlo dopo sessant'anni in un mondo profondamente cambiato, globalizzato, in un'Italia diversa che si accinge ad attuare il federalismo fiscale, in un'Europa che si è ampliata e che sempre più vuole diventare Europa dei popoli, in una Sardegna profondamente diversa.

Le chiedo se si può avere un po' di silenzio, presidente Lombardo.

PRESIDENTE. Ha ragione, onorevole Bruno. Prego i colleghi di prendere posto, grazie.

BRUNO (P.D.). E' bene incominciare il nostro dibattito facendo capire ai sardi che parliamo non di qualcosa di astratto, ma di qualcosa di concreto, di concretissimo, e che è bene che i cittadini si appassionino insieme a noi a questi temi perché in gioco c'è il loro futuro, il nostro futuro, il futuro di ciascun sardo, di ciascuna famiglia, di ciascuna impresa, di un popolo. E' bene che il Consiglio regionale affronti subito temi reali che riguardano il quotidiano delle persone.

Nella scorsa legislatura e, devo dire, a periodi alterni in questi sessant'anni di autonomia ci sono stati momenti di forte tensione morale. Anche nella scorsa legislatura abbiamo posto al Governo nazionale questioni per noi irrinunciabili e le abbiamo fatte diventare battaglie di popolo, patrimonio comune dei sardi, di tutti i sardi. Il diritto alla piena compartecipazione al gettito fiscale raccolto in Sardegna è stato, per esempio, vissuto dai sardi come momento di grande unità, di grande idealità. La vertenza sulle entrate, battaglia istituzionale, sociale e popolare, ha rappresentato uno dei momenti più alti della scorsa legislatura e, a mio avviso, ma non solo a mio avviso evidentemente, anche della storia autonomistica della Sardegna. Abbiamo intanto chiesto il pieno rispetto del nostro Statuto, abbiamo orgogliosamente rivendicato l'autogoverno, ciascun sardo ha consapevolmente preteso le entrate della propria Regione, tutte quelle dovute, e ha prevalso, nella doverosa distinzione dei ruoli, la responsabilità, l'unità e la coesione sociale.

La legge finanziaria nazionale 2007 ha poi riformato, come sappiamo, il Titolo III dello Statuto speciale per la Sardegna, definendo all'articolo 8, a partire dall'anno in corso, dal 2010, un nuovo regime di regolamentazione della compartecipazione della Regione alle entrate erariali dello Stato. Da quest'anno, cioè sulla base di quella battaglia vinta, parte un nuovo regime in cui la nostra compartecipazione aumenta notevolmente per l'IVA e per tutti i redditi prodotti in Sardegna; aumenta riportando a compartecipazione tutti i tributi maturati in ambito regionale, anche se affluiti a uffici finanziari situati fuori dal territorio della Regione.

Coerentemente con il nuovo regime di entrate anche l'attuale Governo regionale ha dato conto dei numeri che fotografano questa nuova situazione e degli effettivi miglioramenti che ciò comporta nel bilancio regionale. Un saldo positivo di nuove entrate a regime, pari al 22 per cento delle precedenti entrate di bilancio complessive, influisce in maniera decisiva sul futuro finanziario della Regione. E' comunque un trend che ha caratterizzato l'intero periodo della scorsa legislatura, nella quale la Regione ha visto raddoppiare le entrate proprie: più 117 per cento tra il 2004 e il 2010.

Possiamo parlare, quindi, di una nuova stagione per il bilancio della Regione e dunque per tutti i sardi: 750 milioni di euro in più di compartecipazione sull'IRE, 2 miliardi e 80 milioni in più di I[PS1] VA; 323 milioni in più di altre entrate; decurtiamo pure sanità e trasporti. Perfino l'assessore La Spisa attesta, ed è scritto nei documenti di bilancio 2010, un differenziale positivo di 1.632 milioni; 1 miliardo e 600 milioni in più non una tantum, ma ogni anno.

Parlare dunque di riforme, di riscrittura dello Statuto, significa far capire ai sardi come l'attuazione o meno dello Statuto e un nuovo patto con lo Stato abbiano ripercussioni immediate sulla loro vita, come incidano sulla loro carne viva. Un miliardo e 600 milioni di euro in più, come abbiamo cercato di dire negli anni scorsi e diciamo ancora oggi, sono otto ospedali all'anno, sono 15 mila alloggi popolari all'anno, sono 30 campus universitari da 1.000 posti letto, sono un'autostrada da Cagliari a Sassari, sono sviluppo, servizi, scelte che influiscono sull'agire quotidiano.

Abbiamo giudicato sbagliata, profondamente sbagliata la scelta della Giunta che, con la cosiddetta "manovrina" approvata prima delle ferie, sulla base di una ipotetica e comunque non precisa stima, ha voluto determinare tagli per 400 milioni alle spese della Regione, tenendo conto di un minore gettito fiscale conseguente, secondo la Giunta regionale, alla crisi finanziaria ed economica che ha colpito la Regione. Cioè questo Consiglio ha deciso di presentarsi al confronto con il Governo ufficializzando minori entrate per almeno 400 milioni. Lo ha fatto in un momento delicato. La discussione sulla legge di assestamento di bilancio 2010 ha confermato nei mesi scorsi che vi sono seri rischi per la Sardegna di non poter disporre nel 2010 delle risorse previste dal nuovo regime di compartecipazione della Regione Sardegna alle entrate erariali regolarmente iscritte nel bilancio 2010 della Regione. Il bilancio dello Stato per il 2010 prevede attualmente per la Regione Sardegna solo 4 miliardi e 500 milioni di euro di compartecipazione erariale per competenza e per cassa, circa 2.590 milioni di euro in meno rispetto a quanto inserito dalla Regione nel proprio bilancio di competenza.

Il viceministro Vegas già il 13 luglio scorso in Commissione bilancio alla Camera dei deputati, in occasione dell'esame della legge di assestamento del bilancio 2010, rispondendo a una domanda dell'onorevole Calvisi aveva motivato la mancata iscrizione in bilancio delle nuove entrate con la necessità di apposite norme di attuazione del nuovo articolo 8 dello Statuto della Regione. Affermazione già posta nero su bianco dallo stesso Vegas nel mese di marzo di quest'anno, in risposta a un'interrogazione del deputato Salvatore Cicu, ma ne siamo venuti a conoscenza solo un mese fa in Aula, con la dichiarazione della Giunta regionale. E' una posizione che contrasta con l'ordine del giorno del 17 dicembre 2009, primo firmatario lo stesso onorevole Cicu, che è stato accolto dalla Camera e che prevedeva invece l'immediato trasferimento delle somme spettanti alla Sardegna nel capitolo 2797 relativo al fondo per la attuazione dell'ordinamento regionale delle Regioni a Statuto speciale. L'ordine del giorno, firmato da tutti i parlamentari sardi di centrodestra e di centrosinistra, chiedeva al Governo di provvedere quanto prima a trasferire le risorse, al fine di attuare quanto previsto dalla legislazione vigente e compensare inoltre la Regione delle maggiori spese derivanti dall'accollo di sanità e trasporto pubblico locale. Ma il viceministro Vegas, il 13 luglio scorso, nella Commissione bilancio della Camera, ha fatto affermazioni ancora più gravi: mentre per il trasferimento delle funzioni non occorrerebbero le norme di attuazione, per il trasferimento delle risorse, al contrario, queste sarebbero necessarie. Risultato inaccettabile è che a oggi la Sardegna assumerebbe su di sé tutti gli oneri del nuovo articolo 8 dello Statuto, senza i vantaggi che l'applicazione di quell'articolo comporta. E' un fatto gravissimo che fa pagare a tutti i sardi un prezzo altissimo. Noi l'abbiamo fatto rilevare nel corso della discussione sulla cosiddetta "manovrina", indicando la priorità, la battaglia sulle entrate, e non la sforbiciata inutile operata dalla Giunta Cappellacci.

Le norme di attuazione, abbiamo cercato di dirlo in tutti i modi, non servono, e non basta richiamare il DAPEF 2008 della Giunta Soru elaborato nel 2007. Onestà intellettuale vorrebbe che si andasse a rileggere il Documento annuale di programmazione economica e finanziaria 2009, l'ultimo della Giunta Soru, che non prevede norme di attuazione, ma l'immediata applicabilità dell'articolo 8 sulla base anche di quanto chiarito con la Commissione paritetica. Nello scorso mese di marzo, mentre il viceministro Vegas rispondeva all'interrogazione dell'onorevole Cicu, il Presidente della Sezione di controllo della Corte dei conti della Sardegna, dottor Mario Scano, audito in Commissione bilancio del Consiglio regionale, attestava che il regime di trasferimento delle entrate, in base al Titolo III dello Statuto, non ha necessità di ulteriori norme di attuazione, norme che potrebbero essere persino dannose per la nostra Regione. Fare norme di attuazione, ha detto il dottor Scano in Commissione, si è rivelato spesso uno strumento a vantaggio dello Stato, che le utilizza per limitare le Regioni a Statuto speciale, per limitarne le prerogative e togliere con la destra quanto ha trasferito con la sinistra. E' la posizione di cui siamo convinti, che abbiamo sempre sostenuto. L'esigenza di norme di attuazione non trova conferma né nella giurisprudenza costituzionale, né nello Statuto della Regione, ed è in contrasto perfino con quanto dichiarato dalla Giunta regionale in carica.

L'articolo 8 dello Statuto è immediatamente applicabile, eppure, mentre il centrosinistra, in giornate di dibattito ampio e articolato, in quest'Aula sollevava, sviluppava con forza il tema della difesa prioritaria del nuovo quadro di compartecipazione, in un confronto che ha visto anche un'ampia convergenza di vasti settori della maggioranza, la Giunta regionale, con un atto di palese ostilità, di cinismo istituzionale, sfidava il Consiglio approvando in quelle stesse ore un disegno di legge che conteneva lo schema delle norme di attuazione. Un atteggiamento contraddittorio, che in quelle stesse ore vedeva il coordinatore regionale del P.d.L., il senatore Mariano Delogu, presentare un emendamento per trasferire immediatamente, nella fase di assestamento del bilancio dello Stato, 800 milioni a favore della Regione Sardegna, evidentemente senza norme di attuazione. L'abbandono dell'aula, nella fase di approvazione di quell'inutile leggina, e la presentazione di una mozione è stato il modo con il quale abbiamo voluto, vogliamo svolgere il nostro ruolo di opposizione responsabile e determinata.

Non ci convincono affatto le dichiarazioni del Governo regionale, che a traino, succube, come sempre, di quello nazionale giustifica le norme di attuazione per determinare, rendere di univoca interpretazione meccanismi di calcolo che, di fatto, sono già chiari e sono stati già determinati all'atto dell'approvazione del bilancio 2010 della Regione. Lo scrive l'assessore La Spisa nei documenti allegati: un differenziale positivo di 1 miliardo e 632 milioni, al netto di sanità e trasporti.

Noi vogliamo con questa mobilitazione impegnare il Presidente della Regione; vogliamo che si metta a capo di una vasta e determinata mobilitazione sociale e istituzionale di tutto il popolo sardo, per rivendicare con forza le risorse dovute in attuazione del nuovo regime delle entrate sancito dalla finanziaria 2007 dello Stato, per difendere il nostro Statuto. E se non lo farà il Presidente, lo faranno comunque i sindacati, gli enti locali, il mondo dell'associazionismo, tutte le forze sociali ed economiche, a partire dal 25 settembre prossimo a Oristano, momento preliminare di una grande manifestazione a Roma.

Noi vogliamo impegnare il Presidente della Regione a proporre conflitto di attribuzione verso ogni atto che neghi alla Regione l'immediata disponibilità delle entrate di cui all'articolo 8; a impugnare l'assestamento di bilancio e ogni altra legge finanziaria che dovesse non prevedere le maggiori compartecipazioni fiscali spettanti alla Regione. Vogliamo ottenere il rispetto tempestivo del diritto fondamentale dei sardi a usufruire dei legittimi trasferimenti di risorse previsti dalla finanziaria 2007, pena - diciamo nel dispositivo della mozione - gravi conseguenze istituzionali, economiche e sociali. Cioè chiediamo che il presidente Cappellacci, insieme a noi, utilizzi anche lo strumento delle dimissioni pur di ottenere quanto spetta alla Regione, pur di difendere la carta fondamentale della nostra autonomia, sulla quale ha giurato. Riteniamo che la mozione sulle entrate sia centrale, soprattutto nella fase di riforme, che vogliamo inaugurare tra qualche giorno in Consiglio regionale, nella massima Assemblea dei sardi, ma anche nella società e nei consigli comunali e provinciali. Il dibattito diventa più concreto e meno astratto perché riguarda la necessità delle persone; meno astratto perché non riguarda enunciazioni di principio. La battaglia sulle entrate, allo stesso modo di quella avanzata nella scorsa legislatura sul demanio, sulle servitù militari, significa che vogliamo piena autonomia, che è tale se è anche autonomia finanziaria. Questo è il fondamento anche della riscrittura dello Statuto, che ha bisogno che tutta la società sarda si metta in moto, in una nuova fase di autogoverno che superi la concezione di autonomia fin qui conosciuta.

Intanto chiediamo, presidente Cappellacci, che l'attuale Statuto venga rispettato, venga attuato. La mozione vuole perciò essere un momento di unità e di coesione, a partire da questo Consiglio regionale. Non vuole essere momento di contrapposizione interna, non vuole essere utilizzata a fini strumentali di parte. Mi chiedo cosa ci può dividere nel rivendicare quanto spetta ai sardi, nel chiedere che venga attuato il nostro Statuto; mi chiedo cosa ci impedisce di arrivare a un ordine del giorno unitario. Prima la Sardegna, almeno questo deve unirci; un'unità che nel popolo, se non nella sua classe dirigente, è già fatta, come è avvenuto nel dicembre del 2005, con quei 5 mila sardi a Roma.

Facciamo in modo, come Consiglio regionale, come classe dirigente, di non rimanere indietro. La vertenza sulle entrate è già un nostro patrimonio, facciamo in modo che la difesa di quel patrimonio sia ascrivibile a una forte e diffusa unità delle istituzioni e di tutto il popolo sardo. E' questo il senso della nostra mozione.

PRESIDENTE. Uno dei presentatori della mozione numero 72 ha facoltà di illustrarla.

STERI (U.D.C.). Signora Presidente, colleghi, noi avevamo presentato la mozione numero 72 senza richiesta di convocazione urgente del Consiglio regionale, perché voleva essere uno stimolo a segnalare il problema e cercare di raggiungere, senza assunzione di posizioni di parte, una soluzione condivisa da tutto il Consiglio regionale. Non è questa una battaglia in cui possano essere prese posizioni politiche di parte, in cui ci possa essere contrapposizione tra maggioranza e opposizione; è una battaglia che deve essere condotta immediatamente.

Contestualmente, o quasi contestualmente, alla nostra mozione è stata presentata l'interpellanza dell'onorevole Porcu, segno che si trattava di un problema sicuramente sentito. Mi pare che si fosse concordata unitariamente tra tutti i Gruppi politici di maggioranza e opposizione una seduta straordinaria a settembre per affrontare il problema delle entrate; problema che è sicuramente centrale per quanto riguarda la Sardegna. Poi c'è stata una fuga in avanti con la mozione presentata dal centrosinistra, che, ancorché condivisibile nelle conclusioni, non lo è pienamente nell'illustrazione, laddove questo argomento viene utilizzato per fare in maniera più o meno larvata degli attacchi alla Giunta regionale. Ma, fatta questa precisazione, questo è sicuramente un problema centrale.

Concordo pienamente con l'onorevole Bruno sul fatto che l'attuazione dell'articolo 8, anche per i precedenti storici, non richiede la presenza di norme di attuazione. Nella nostra mozione abbiamo segnalato una serie di precedenti della Corte costituzionale, che ha affermato questo principio; precedenti particolarmente significativi, in particolare quello sull'articolo 56 dello Statuto, in cui questo principio l'ha fatto affermare proprio la Regione Sardegna. Quindi norme di attuazione sul piano teorico non ne servono.

Giustamente l'onorevole Bruno ricordava le dichiarazioni fatte dal Presidente delle sezioni riunite della Corte dei conti della Sardegna, Mario Scano, in sede di audizione in terza Commissione. Tuttavia il dottor Scano ha detto questo non solo in sede di audizione, ma anche ufficialmente, molto di recente, in sede di giudizio di parificazione, in cui ha ribadito che le norme di attuazione non servono. Sotto questo punto di vista, quindi, la richiesta delle norme di attuazione non è assolutamente accettabile. Del resto, anche ammesso che serva qualche norma, sicuramente non si tratta di norme di attuazione. Infatti, poiché il procedimento di riscrittura dell'articolo 8 è stato delegificato, come è possibile concepire che per dare attuazione a una norma di legge ordinaria si debba porre in essere una norma di rango subcostituzionale? Logicamente, per un esperto del diritto, questo non è sostenibile. Diciamo che ci possono essere problemi pratici di attuazione. E in effetti è così, perché la riscrittura dell'articolo 8 non è delle più felici, dà adito ad alcuni dubbi interpretativi e pone problemi pratici di applicazione. Questo ci porta a dire che sicuramente sarebbe stato meglio porre maggiore attenzione, anche se ciò non è imputabile alla Regione, perché, come sappiamo, sull'articolo 8 la Regione non deve dare un'intesa, ma deve essere solo sentita, quindi la scrittura è rimessa allo Stato. E visto il suo comportamento, viene quasi il dubbio che lo Stato con una mano abbia dato qualcosa e con l'altra, attraverso i funzionari ministeriali, abbia creato qualche inghippo per poter, un domani, fare un passo indietro.

Cioè, considerando i comportamenti tenuti dai Governi statali, il dubbio che vi sia sempre stata una riserva mentale permane, sia che si trattasse del Governo Berlusconi, sia, come in quel caso, che si trattasse del Governo Prodi, altrimenti non capisco perché i funzionari ministeriali dicano che servono norme di attuazione, dal momento che l'articolo 8 sostanzialmente, per come funzionano le cose, l'hanno scritto loro. Per esempio, per quanto riguarda l'IVA si parla di "rilevamento annuale", ma sappiamo benissimo che il rilevamento è triennale, allora perché hanno scritto annuale? Non potevano non saperlo. Da qui il dubbio che effettivamente abbiano voluto dire: "Ti riconosciamo le risorse dal 2010, ma, attenzione, ci riserviamo di introdurre qualche meccanismo per poter creare poi delle difficoltà operative". Comportamento oggi confermato dalle dichiarazioni del viceministro Vegas, che sono totalmente inaccettabili. Il viceministro Vegas non può dirci che servono norme di attuazione e nel frattempo fare l'assestamento. E' vero che viene creato un fondo indistinto per tutte le Regioni, ma è anche vero che con quel fondo sarà impossibile, ancorché venissero approvate domani stesso le norme di attuazione, assegnare alla Regione Sardegna tutte le somme che le competono e che sono indicate nell'interpellanza di Chicco Porcu, non nella nostra mozione. E' facile rispondere che si può fare un'altra norma di legge, ma l'approvazione di una norma di legge richiede tempi abbastanza lunghi e, con l'aria che tira, qualora ci dovessero essere problemi politici nella maggioranza a livello nazionale subiremmo, lo sappiamo bene, ulteriori ritardi. Nel frattempo dovremo comunque, dal 1° gennaio, accollarci le spese per la sanità e i trasporti.

E' una situazione francamente inaccettabile. Ma ciò che è inaccettabile, oltre al comportamento del Governo per quanto riguarda l'attuazione dell'articolo 8, è il comportamento complessivo che lo Stato ha assunto nei confronti della Regione Sardegna. E' stato ricordato il mancato trasferimento dei fondi FAS, ma a monte c'è la totale inattuazione dell'articolo 13 dello Statuto, che è la norma cardine su cui viene fondato tutto il sistema autonomistico. Questa battaglia, da condurre contro lo Stato, è ancor più giustificata a seguito della modifica del Titolo V della Costituzione, avvenuta nel 2001. Ahimè, primo caso in cui una modifica della Costituzione viene adottata a maggioranza, ma anche brutto esempio da parte del centrosinistra, cui si è agganciato il Governo Berlusconi quando ha fatto la sua riforma della Costituzione, che, per fortuna, a seguito di un referendum, non è andata avanti.

Cosa ha stabilito la riforma del Titolo V? In primo luogo l'articolo 114 non prevede più che lo Stato sia una piramide sotto cui sta tutto, ma dice che la Repubblica è costituita dalle città, dalle province, dalle città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato. Quindi lo Stato non viene più identificato con la Repubblica, ma sono tutte queste entità che insieme costituiscono la Repubblica. La Regione e lo Stato sono dunque due entità distinte, ecco perché ancor più oggi, dopo la riforma del Titolo V, è concepibile una politica di rivendica nei confronti dello Stato, che è un'unità distinta dalla Regione che non fa più parte dello Stato; Stato e Regione fanno cioè parte della Repubblica. Questo è un concetto da tenere presente quando parleremo del problema delle riforme: non si parla più di uno Stato regionale, si pongono due entità contrapposte, che devono regolare i rapporti tra loro. Poi è inutile parlare di regionalismo o federalismo; possiamo pure parlare di regionalismo, ma quello che conta sono i poteri e l'autonomia che in concreto vengono trasferiti. La dottrina costituzionale oramai dice che i termini federalismo e regionalismo sono delle mere etichette, ciò che conta sono i poteri in concreto attribuiti. L'esperienza storica conosce Stati regionali in cui le Regioni hanno più poteri degli Stati federali. Sono tutti argomenti che dovremo riconsiderare in sede di riforme.

E' poi importante anche la modifica dell'articolo 119 della Costituzione, perché attribuisce a tutte le Regioni una propria autonomia impositiva e prevede un fondo perequativo dello Stato; il comma 5 prevede poi interventi specifici dedicati non solo al riequilibrio, ma anche alla necessità di sviluppo economico. E' questo l'articolo 13 dello Statuto, che trova oggi piena rispondenza nell'articolo 119 della Carta costituzionale come riformato. Sicuramente la disciplina sul federalismo fiscale non è pienamente aderente al testo dell'articolo 119; è una disciplina che, com'è evidente alla mera lettura - ne parleremo in altra occasione -, penalizza fortemente la Regione Sardegna. Ecco perché noi dobbiamo fare una battaglia contro lo Stato; una battaglia che non può essere circoscritta alle entrate, perché sarebbe limitativa, ma deve essere finalizzata anche a ottenere il trasferimento di tutti i fondi FAS e l'attuazione dell'articolo 13 dello Statuto. L'intesa istituzionale firmata nel 1998 dal presidente Palomba e tutti i successivi accordi attuativi si muovevano in quest'ottica. Questo dobbiamo rivendicare. Se vogliamo poter dare uno sviluppo alla nostra Regione dobbiamo avere un efficiente sistema stradale (abbiamo già approvato in merito una mozione all'unanimità) in tutta la regione. Non è solo un problema della Sassari-Olbia, è un problema di tutto il sistema stradale della regione. E' inutile parlare di leggi per favorire lo sviluppo del golf, se poi da un capo all'altro dell'Isola non ci sono possibilità di collegamenti. E' questa una battaglia che ci deve vedere tutti uniti.

Norme di attuazione: se le norme di attuazione arrivano immediatamente, non vedo un ostacolo di principio a fare una norma di attuazione purché porti immediatamente il risultato che si vuole, purché elimini l'incongruenza. Su questo mi permetto - l'ho sottolineato in altra occasione in prima Commissione - di segnalare alla Giunta l'opportunità, per evitare che come sulle norme di attuazione per il trasferimento delle funzioni in materia di sanità penitenziaria, la Commissione si trovi di fronte a un sì o a un no, che la Commissione paritetica lavori congiuntamente con la prima Commissione. Il problema delle norme di attuazione sinceramente riguarda il dubbio sui comportamenti parte dello Stato. Il fatto stesso che lo Stato chieda una norma di attuazione a me sembra una cosa estremamente dubbia, mi crea fortissime perplessità. Ripeto, il fatto che lo Stato non abbia messo i fondi nella legge di assestamento i fondi è estremamente grave. E' ben vero, come è stato detto, che può essere fatta una legge successiva, intanto aspettiamo la fine dell'anno e i soldi non si vedono. Quindi mi sembra che i comportamenti dello Stato - Stato contrapposto alla Regione - non siano accettabili, sulla base dell'articolo 114 della Costituzione, e richiedano una forte reazione da parte della Regione e per essa del Presidente della Regione. Non ho dubbi che questa reazione vi sarà, dobbiamo però dare forza al Presidente perché possa muoversi a tutto campo, sapendo che qualora lo Stato dovesse continuare con questi comportamenti da parte del Consiglio regionale, da parte del popolo sardo vi sarà una fortissima reazione di contestazione che non farà nessuno sconto a chi da Roma vuole minare l'autonomia della Regione Sardegna.

PRESIDENTE. Ricordo che i consiglieri che intendono prendere la parola devono iscriversi a parlare non oltre la conclusione del primo intervento.

E' iscritto a parlare il consigliere Porcu. Ne ha facoltà.

PORCU (P.D.). Presidente, Assessori, colleghi, intervengo anche come primo firmatario di un'interpellanza che ha segnalato queste tematiche e ha sollevato punti del tutto analoghi a quelli richiamati dal mio Capogruppo, l'onorevole Mario Bruno, e dall'onorevole Giulio Steri. Mi rivolgo al Presidente della Regione e all'Assessore della programmazione per dire che, sentite le relazioni molto circostanziate, che naturalmente riflettono anche delle posizioni politiche, ma che credo siano analoghe nell'intendimento di offrire alla Regione e alla Presidenza della Regione uno strumento per far sentire più forte la nostra voce presso il Governo - mi rivolgo, oltre che al Presidente e all'Assessore, anche ai colleghi che vedo immotivatamente distratti su un tema così importante -, noi dobbiamo porci il problema di capire se l'appello lanciato dall'onorevole Bruno per creare un'occasione di unità e coesione possa essere accolto.

Ritengo che noi, e lo vorrei dire in maniera molto chiara in apertura di questo dibattito, dobbiamo capire se quella di oggi sarà l'ennesima occasione di contrapposizione, in cui ognuno lancerà contro l'altro la propria verità, o se invece, pur riconoscendo l'esistenza di posizioni differenti e di critiche evidenti sull'operato che noi riteniamo la Giunta abbia portato avanti sinora, sarà possibile trovare in un ordine del giorno quell'unità che può essere utile alla causa della Sardegna. Ecco, credo che sia questo il primo obiettivo che abbiamo la responsabilità di porci.

Voglio da subito rivolgermi all'Assessore per dire che mi rendo perfettamente conto che nell'interpellanza e nella mozione ci sono anche delle inesattezze - le segnalo io stesso, senza aspettare che lei me le ricordi lui -, per esempio sulla quantificazione delle risorse che mancano all'appello nel nostro bilancio, ma sono inesattezze nate proprio dal fatto che non c'è stata un'occasione di discussione compiuta. Noi abbiamo provato ad avviare la discussione in Commissione, e lei era presente, Assessore, ma le informazioni che ci sono arrivate sono parziali. Lei stesso in quella sede aveva mancato di ricordarci che 1 miliardo e 300 milioni di euro vengono direttamente riscossi dalla Regione e quindi, considerando i 400 milioni in meno dell'assestamento, la somma che manca è di circa 800-900 milioni di euro. Me lo dico da solo, ripeto, però credo che lei debba anche riconoscere il merito all'opposizione, alle forze che hanno voluto presentare la mozione che vede l'onorevole Steri tra i firmatari e a tutti i colleghi che hanno voluto contribuire a questo dibattito di aver sollecitato la discussione e di averla resa urgente, pregnante.

Dobbiamo dirlo, Assessore, lo dico anche al Presidente: da questo punto di vista, nel momento in cui in Senato e prima ancora alla Camera si è dibattuto dell'assestamento, ci saremmo aspettati ben altra sollecitazione da lei e dalla Presidenza della Regione. Credo che al di là delle inevitabili inesattezze ciò vada colto lo spirito di queste mozioni, che è quello di sollevare un problema importantissimo e gravissimo per la nostra regione.

Alle cose che sono state dette aggiungerei che se vogliamo veramente concordare un percorso unitario, e credo che chi ha la responsabilità massima di guidare l'Esecutivo di questa Regione debba porsi più degli altri questo obiettivo, è necessario trovare il modo di condividere le strade che si scelgono per risolvere i problemi. Allora, quello che ritengo profondamente sbagliato nella scelta di procedere sulla strada delle norme di attuazione non sono soltanto le cose ben dette dall'onorevole Steri, che ci dice che è assai anomalo che noi utilizziamo le norme di attuazione, che hanno rango costituzionale, per modificare una legge ordinaria, quale quella che regola l'articolo 8 del nostro Statuto, ma anche il fatto che non si sia avuta la pazienza, cosa semplice e normale quando si vuole scegliere un percorso unitario, di misurarsi con quest'Aula, di condividere il percorso scelto, di attirare attorno a sé e a quel percorso tutte le forze politiche senza avere la presunzione, come invece ci è sembrato, o la fretta di rimediare a quello che non si è fatto nei mesi scorsi presentando soluzioni che rischiano perlomeno di non essere condivise. Noi le riteniamo infatti sbagliate, non utili, perché portano a indebolire la posizione della Regione, anziché rafforzarla, ma certamente rischiano fortemente di non essere condivise, rischiano di minare quel percorso unitario che chi guida la Regione dovrebbe avere più di altri interesse a sollecitare.

Questa è l'ulteriore critica che mi sento di fare, ma che peraltro può essere recuperata nel corso di questo dibattito. Cioè noi riteniamo che occorresse maggiore attenzione su temi di questa importanza, su cui le forze politiche, sociali ed economiche hanno dato la propria disponibilità, pur in un contesto storico, culturale e politico così difficile come quello attuale, dove prevalgono gli egoismi, dove una Regione sgomita contro l'altra, dove il Nord si pone contro il Sud e le Regioni autonome contro le Regioni ordinarie; disponibilità ampia ribadita non soltanto nel corso del dibattito che si è svolto prima dell'estate, ma anche in Commissione. Ci viene il sospetto - spero che sia un sospetto infondato e che nelle repliche lo dimostriate - che la fretta di recuperare il terreno perduto servisse solo a mascherare l'incapacità di agire e di tutelare gli interessi della Sardegna nei mesi scorsi.

Aggiungo un tema alle cose che sono state dette e sollecitate e a quelle richiamate nelle mozioni e nell'interpellanza, che vorrebbero formulare un impegno nei confronti della Giunta regionale, ed è un tema, a mio avviso, strettamente legato a quello delle entrate, cioè il tema del Patto di stabilità. Con la mozione e l'interpellanza noi impegniamo la Regione, diamo forza al Presidente della Regione per agire senza indugio e chiedere che da subito quelle risorse siano iscritte tutte, compresi gli 800 o 900 milioni di euro che mancano, nel bilancio dello Stato e che qualsiasi iniziativa del Governo, qualsiasi legge che non dovesse prevederle sia impugnata. Credo, però, che in un ipotetico ordine del giorno unitario, che spero non sia ipotetico, ma possa essere il risultato di questa discussione, non debba mancare un richiamo al Patto di stabilità. Proprio nel momento in cui rivendichiamo pienamente le risorse che ci spettano, e quindi definiamo un bilancio che in termini di risorse proprie arriva a oltre 8 miliardi di euro, di cui 7 provenienti dalle compartecipazioni, non possiamo non porre il tema del Patto di stabilità che oggi limita la capacità di spesa della Regione a circa 6 miliardi e 200 milioni di euro, considerando la quota che è vincolata e anche la spesa sanitaria, e quindi di fatto la nostra discussione sulle entrate rischia di essere una discussione retorica. Certamente con quelle risorse potremmo cancellare il disavanzo; certamente se quelle risorse ci venissero trasferite potremmo iniziare a estinguere i mutui, e considerata l'opera di risanamento già avviata quel percorso sarebbe rapidamente compiuto.

Allora, Assessore, Presidente - onorevole Steri, chiedo anche a lei un attimo di pazienza, sto per concludere il mio intervento -, credo che oggi dobbiamo decidere se questa discussione è l'ennesima occasione per marcare divisioni oppure è un'occasione in cui, ognuno per la propria parte, si sforza di leggere le ragioni dell'altro, la buona volontà dell'altro, e andiamo insieme a scrivere un ordine del giorno forte, impegnativo, autorevole, rivendicativo, che sappia veramente mettere al centro dell'azione di questo Consiglio l'interesse dei sardi.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Mario Floris. Ne ha facoltà.

FLORIS MARIO (Gruppo Misto). Onorevole Presidente, colleghi del Consiglio, la Sardegna nella sua lotta ancora lunga per affermare la propria dignità di popolo e di nazione, nelle sue battaglie per il progresso e per lo sviluppo, ha perso un punto di riferimento importante, quello che ancora oggi poteva rappresentare ed essere un trait d'union tra la politica regionale e quella nazionale, un'ancora di salvezza per le istanze e per le aspirazioni della nostra Isola nel crocevia storico dell'autonomia. E' Francesco Cossiga, recentemente scomparso, al quale ero legato e siamo legati da fraterna amicizia e da profondi ideali e principi politici comuni, dai quali ha anche tratto origine l'U.D.S., Progetto Nazionalitario Sardo. Lo ricordo con affetto e con commozione, ispiratore, ideatore e propugnatore illuminato di una Sardegna che aspira con il suo popolo a forme più alte e pregnanti di autonomia di vera e propria nazione nel contesto di un'Italia federalista e dell'Europa dei popoli e delle Regioni.

Non nascondo, colleghi, una forte delusione rispetto alle previsioni, alle valutazioni, alle aspettative e agli impegni che insieme, con convinzione unanime, avevamo formulato all'interno della maggioranza e con la minoranza nei confronti dell'opinione pubblica. In quest'Aula, nel corso del dibattito e del confronto che si sono sviluppati negli ultimi tempi, abbiamo tutti proposto, progettato e programmato iniziative unitarie e condivise con reale e convinta disponibilità. Gli uni e gli altri, nel rispetto delle proprie appartenenze politiche e delle diversità dei ruoli, avevamo convenuto su un approccio di convergenza verso obiettivi di comune e generale interesse. Per questo percorso avevamo previsto modi e tempi che comunque portavano a oggi; invece le strade si sono poi divise.

Nessuno, tanto meno la mia parte politica, contesta la legittimità dell'iniziativa assunta con questa mozione, fa parte delle libertà e delle garanzie democratiche. Se ne rileva invece la tempestività e l'opportunità proprio alla luce dei ragionamenti che più volte e in più sedi, anche fuori da quest'Aula, sono stati fatti, delle disponibilità emerse e manifestate, di un percorso comune e unitario verso obiettivi condivisi. Ricordo per tutti gli incontri di Abbasanta e gli incontri avuti con la CISL pochi giorni fa.

La modifica dell'articolo 8 dello Statuto, approvata con l'articolo 102 del disegno di legge finanziaria 2007 dello Stato (legge 296/06), rispetto ai contenuti della legge numero 122 del 1983 rappresenta ben poca cosa. Abbiamo sempre detto e denunciato che ci ha lasciato, tra l'altro, secondo alcuni, una serie di incongruenze interpretative e applicative che si trascinano nei giorni nostri senza apprezzabili risultati. Dobbiamo, però, rilevare con forza che l'obiettivo che dobbiamo porre e ci poniamo non è la sola e semplice attuazione del Titolo III dello Statuto come oggi disciplinato, secondo il nostro giudizio, in maniera insufficiente e penalizzante, ma il complessivo rapporto tra competenze e relative risorse finanziarie, come previsto dalla Carta costituzionale e dallo Statuto di autonomia, che occorre rivisitare e perseguire, non dimenticando in maniera specifica l'articolo 13 che, al pari dell'articolo 38 dello Statuto della Regione Sicilia, la quale riscuote annualmente uno specifico stanziamento inserito nelle leggi finanziarie dello Stato, prescrive che "lo Stato col concorso della Regione dispone un piano organico per favorire la rinascita economica e sociale dell'Isola".

La Sardegna non è figlia di un Dio minore; la Sardegna deve vedere riconosciuti i suoi diritti non perché derivino da una concessione di chicchessia, ma perché è Italia ed Europa e con l'Italia e l'Europa, attraverso la propria autonomia, concorre al progresso dei popoli, al progresso del mondo, anche e soprattutto con la ricchezza del suo immenso e irripetibile patrimonio naturalistico e ambientale. Ed è proprio per queste ragioni che noi dobbiamo essere inflessibili con il nucleare che torna a farsi minaccioso. Con lo Stato, Governo e Parlamento, dobbiamo essere chiari e determinati. Il nostro territorio, che ha un valore immenso per l'umanità, non può subire altre restrizioni allo sviluppo, oltre a quelle che ha patito per i sacrifici territoriali e umani alla sicurezza dello Stato, dell'Europa e del mondo occidentale. Anche questa è una battaglia che si accomuna a quella per le risorse finanziarie e che ci deve vedere uniti, come l'appuntamento che ci attende tra una settimana per le riforme e lo sviluppo.

Non ho il tempo necessario per fare un commento comparativo tra l'articolo 8 dello Statuto così come modificato dalla legge numero 122 e l'articolo 8 così come modificato dalla finanziaria nazionale del 2007. Rispetto all'ammontare complessivo delle risorse e ai sacrifici che la Regione si è accollata per la sanità, per il trasporto pubblico locale e per la continuità territoriale, gli incrementi ipotizzati sono ben poca cosa, oltre alla mancanza di certezze nei calcoli e nell'acquisizione delle risorse che andavano regolamentate alle origini. Allora io non sono per dire che Cappellacci è fedele a Berlusconi, così come non sono per dire che Soru era fedele a Soru. Tutti i presidenti fanno il massimo possibile per ottenere il massimo possibile. Si è scelta la strada delle norme di attuazione che possono risultare utili non soltanto per quanto riguarda la vertenza in atto, ma per nobilitare l'articolo 9 dello Statuto sardo, che prevede una norma di collaborazione della Regione con lo Stato relativamente ai tributi erariali sui redditi dei soggetti con domicilio fiscale nel nostro territorio. Tutte le altre Regioni, dal Trentino alla Sicilia, prevedono accertamenti da parte degli organismi regionali. Nel caso della Sardegna sono invece totalmente in capo allo Stato e la posizione nostra non viene assistita da adeguate conoscenze sugli effetti economici dei regimi effettivamente introdotti. Manca un'appropriata conoscenza dei procedimenti tributari e della loro concreta attuazione nelle amministrazioni finanziarie dello Stato. Non risulta neppure che lo Stato trasmetta regolarmente dati ufficiali sull'andamento delle riscossioni e comunque la Sardegna deve acquisire competenze di diritto tributario e di scienza delle finanze che oggi non possiede.

Noi siamo per una modifica del Titolo III attraverso la riscrittura dell'articolo 8 e una sua integrazione e precisazione, attualizzandolo alle nuove e più ampie competenze attribuite e da attribuire alla Regione. Ciò si può fare proprio con norme di attuazione, come è avvenuto in passato, aventi forza e valore di leggi dello Stato, quindi vere norme di integrazione del Titolo III dello Statuto che, com'è noto, può essere modificato con ordinaria legge statale, sentita la Regione. C'è tutta la partita dell'accesso e della partecipazione della Regione all'accertamento delle entrate dei tributi, c'è tutta la partita del federalismo fiscale, un processo separato per ogni singola Regione che ci impone un'attenzione e un livello di guardia altissimi. Su questi temi dobbiamo fondare la grande battaglia politica di un popolo, non su quello che dobbiamo avere. E' normale. Non dobbiamo limitarci a quanto lo Stato ci deve, anche se è molto, in forza della legge finanziaria 2007. Le tabelle comparative ci dicono che non abbiamo toccato nulla, tranne l'IVA. Per quanto riguarda l'IRPEF o IRE, è confermato il testo precedente; IRPEG, è confermato il testo precedente; per quanto riguarda i redditi da capitale, idem; imposte di consumo di gas ed energia, idem; tabacchi, stessa cosa; accise di fabbricazione, stessa cosa; imposte e tasse sugli affari, idem; sulle altre entrate qualcosa è stato introdotto ex novo.

Se andiamo a vedere dobbiamo fare la grande battaglia per ottenere quello che ha la Sicilia, ossia i sei decimi di tutte le imposte riscosse nel territorio, e lo Stato dice alla Sicilia quali sono i tributi che devono essere versati allo Stato e quali quelli che devono essere incamerati dalla Regione. Questa è la grande battaglia e da questa comparazione semplificata emerge un dato incontrovertibile sul quale impostare e imperniare il nostro confronto con lo Stato: l'equiparazione di tutte le aliquote ai livelli più alti delle altre Regioni, della Sicilia in particolare, alla quale la Sardegna deve essere almeno accomunata in quanto isola. A ciò si aggiunga la questione delle accise, la cui attribuzione deve riguardare unicamente i territori gravati da raffinerie, quindi accise legate alle produzioni e non al consumo.

E' una battaglia che noi stiamo portando avanti da tanto tempo e ci fa piacere che la minoranza di oggi sposi questo tipo di battaglia, ma la comunità si muove per un grande progetto, che è il progetto delle entrate e la riforma dell'articolo 8; non si muove soltanto per ottenere le risorse che ci devono essere date indipendentemente dalla volontà dello Stato.

PRESIDENTE. Onorevole Floris, il tempo a sua disposizione è terminato.

E' iscritto a parlare il consigliere Sabatini. Ne ha facoltà.

SABATINI (P.D.). Colleghi, io partirò dalla segnalazione di alcuni accadimenti che sono avvenuti negli scorsi giorni. Succedono nel nostro Paese delle cose che non condivido e che a me preoccupano molto, allarmano, disgustano, perché credo che siano pericolose per la nostra democrazia. In Italia c'è un giornale che quotidianamente sferra attacchi personali contro chi osa dissentire su ciò che pensa l'attuale Presidente del Consiglio. In Italia ormai si predispongono particolareggiati dossier su persone che rivestono cariche politiche, sociali, personalità pubbliche, pronti per ogni evenienza e ogni uso. Per rimanere alla mia parte politica, a Torino, alcuni giorni fa, alla festa nazionale del Partito Democratico è stato fischiato il Presidente del Senato, Schifani. E' stato fischiato dai seguaci di un signore che si chiama Beppe Grillo, che giustamente Piero Fassino ha definito squadristi. Il giorno dopo questi signori vengono difesi da un giornale di sinistra, i[PS2] l Fatto Quotidiano, diretto da Antonio Padellaro, smentendo di fatto l'intervento di condanna pronunciato immediatamente dopo dal Presidente della Repubblica.

Ecco, queste sono cose che mi preoccupano. A me personalmente non piacciono i "grillini", non piace Vittorio Feltri né il suo Giornale e non sta simpatico neppure Marco Travaglio, di cui alcuni giorni fa ho visto uno spettacolo che ho trovato di una tristezza mortale. E' in uso in Italia un modo di far politica che ha come strumento la delegittimazione dell'avversario e come obiettivo l'abbattimento dello stesso. Gli spazi per il confronto sono messi in soffitta, il confronto non serve, con l'avversario non si dialoga, l'avversario lo si combatte.

Dove si attua questo sistema, a destra o a sinistra? Direi a destra come a sinistra! Questo è un sistema che lacera la società, la divide. In un Paese che oggi attraversa una crisi economica grave, in cui le famiglie soffrono, una società che avrebbe bisogno di trovare nella politica le risposte alle proprie paure si trova invece immersa in un conflitto di cui non capisce le ragioni. Sicuramente sto estremizzando il fenomeno, ma molti lavorano quotidianamente in questa direzione contribuendo ad aggiungere paura alla paura.

Anche in Sardegna si corrono questi rischi. Anche nella mia parte politica, nel centrosinistra, c'è chi sostiene che sia più opportuna un'opposizione per l'opposizione e chi sostiene che non ci siano spazi per un dialogo con l'attuale maggioranza. Se poi penso alla passata legislatura, chi allora sedeva nei banchi della minoranza ha osato fare un'opposizione utilizzando ogni mezzo, mistificando la realtà, attaccando le persone sul piano personale. In Sardegna un'emittente televisiva e un giornale locali non richiedono mai interviste o dichiarazioni a un ex Presidente della Regione che si chiama Renato Soru! Siamo all'assurdo, mi chiedo dove sia la libertà d'informazione, l'etica dell'informazione.

In molti si chiederanno che cosa c'entri tutto questo con la vertenza sulle entrate. C'entra e proverò a spiegarne i motivi. Io sono assolutamente consapevole, come credo ciascuno di voi, che la vertenza sulle entrate, così come quella sul federalismo fiscale, quella sui fondi FAS e quella sulle risorse per le infrastrutture sono vertenze fondamentali per il futuro della nostra regione, segneranno il futuro della nostra regione. E' un momento importante e credo che davanti a questi temi serva un grande senso di responsabilità da parte di tutte le forze politiche presenti in quest'Aula. Credo che serva, diversamente da ciò che succede normalmente, una grande capacità di dialogo tra le forze politiche, alla ricerca di un'ampia unità su battaglie che devono diventare comuni per il bene della nostra Sardegna. Prima di essere un iscritto al Partito Democratico, prima di appartenere al Gruppo del P.D. in questo Consiglio regionale, io mi sento sardo; un sardo che vuole difendere la propria terra con tutta l'energia di cui è capace, anche a costo di dire cose che risultano scomode.

E allora voglio subito dirne una di cosa scomoda: è un errore che il segretario del mio Partito convochi i sindacati confederali per indire una manifestazione riguardo a questi temi. E' un errore e quella manifestazione rimarrà sempre e solo una manifestazione parziale, che non ci serve, che non serve all'ottenimento del risultato. Noi dobbiamo perseguire tutti insieme la costruzione di un percorso unitario delle forze politiche di maggioranza e di opposizione, preparare insieme una manifestazione del popolo sardo, attivare una vertenza unitaria con lo Stato.

Presidente Cappellacci, mi rivolgo a lei per dirle che come tanti sardi anch'io non ho fiducia nel suo operato, e lo dico con molta franchezza. In questi mesi ci avete continuamente rassicurato su tutto e via via invece ci siamo visti scippare prima il G8, poi la Sassari-Olbia, poi i fondi FAS, poi i fondi per le infrastrutture, per la scuola, per l'industria. E' bastata una chiacchierata col viceministro Vegas e ci avete voluto rassicurare anche sulle nuove entrate. Fino a oggi vi avevo definito un Governo debole, comincio a pensare che siate un governo assoggettato a quello nazionale - il rischio c'è tutto -, succube, piegato e quindi incapace di una sia pur minima reazione nei confronti del Governo nazionale. Eppure ci sarebbero tutte le ragioni per una sollevazione popolare! E guardate, le ragioni non sono solo contingenti, sono anche storiche: non è forse vero che quelle quote importanti che riguardavano l'allora Piano di rinascita da straordinarie, quali avrebbero dovuto essere, si trasformarono spesso in trasferimenti ordinari? Per i fondi comunitari è successa la stessa cosa, infatti l'Unione europea trasferisce i fondi alle Regioni in ritardo di sviluppo perché siano aggiuntivi ai trasferimenti ordinari dello Stato. Si chiama principio di addizionalità e per garantire questo principio la Comunità europea firma con gli Stati membri un preciso accordo, in modo che quei fondi siano aggiuntivi e non sostitutivi. In Italia è successo invece proprio il contrario: nelle Regioni del Meridione con l'arrivo dei fondi strutturali la spesa ordinaria in conto capitale si è ridotta di quasi la metà. Doveva essere una quota pari al 30 per cento del totale, si è ridotta al 18 per cento. Per i fondi FAS è successa la stessa cosa: più si è andati avanti e più se ne è snaturata la funzione. Con i fondi FAS si è persino costruito un aeroporto in Liguria! La Lega grida: "Roma ladrona!", sappiamo senza nessuna ragione. Noi potremmo gridare: "Roma imbrogliona!", che da una parte ci dà e dall'altra ci toglie. Potremmo gridarlo a ragione, per le motivazioni che sono sotto gli occhi di tutti.

Colleghi, per questi motivi chiedo che questa nostra giornata sia dedicata al dialogo, al confronto e non allo scontro, e allo stesso tempo all'assunzione di decisioni. Qui, oggi, in questo Consiglio, all'interno della massima Assemblea rappresentativa dei sardi, senza delegare nessun altro, assumiamo delle decisioni che impegnino ciascuno di noi, le forze politiche che rappresentiamo, a una battaglia comune, a un percorso comune per chiedere che vengano rispettati gli impegni, affinché non ci venga tolto ciò che ci spetta. Dividerci oggi sarebbe una responsabilità grave che i sardi non ci perdonerebbero.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Ben Amara. Ne ha facoltà.

BEN AMARA (Comunisti-Sinistra Sarda-Rosso Mori). Io so bene che a forza di parlare di una cosa seria e urgente tutto diventa superficiale e ripetitivo. Ancora una volta oggi si parla delle entrate, vi invito dunque a considerare questo mio breve intervento come una voce che predica nel deserto. Non vorrei rispondere all'oppositore Sabatini, o al suo ultimo intervento, perché mi ha disturbato la prima parte del suo discorso. Tengo soltanto a ricordare al collega che il posto più buio di solito è sotto l'abat-jour.

La crisi che sta attraversando la nostra Isola nell'attuale fase di governo non può certo coordinarsi con i lunghi tempi della Giunta, impegnata su un altro fronte, quello del rimpasto di governo. Non è pensabile rimandare le azioni a tutela dei diritti dei sardi, in difesa delle risorse spettanti a titolo di compartecipazione da parte dello Stato, che non sta rispettando i patti dello stesso Statuto sardo, imponendo delle norme di attuazione non necessarie. Si tratta, infatti, di un diritto dei sardi costituzionalmente riconosciuto attraverso lo Statuto, pertanto un'azione da portare avanti è quella di sollevare un conflitto di attribuzione per menomazione fra Stato e Regione di fronte alla Corte costituzionale.

La crisi sta investendo pesantemente tutti i settori produttivi e noi stiamo vivendo una situazione paradossale, in cui il Governo regionale sta a guardare, aspettando che la crisi porti a compimento il suo ciclo naturale, esaurisca i suoi effetti, a differenza delle Regioni del Nord d'Italia che portano avanti piani di rinegoziazione di poteri e competenze con il Governo centrale. Ritengo imprescindibile la vertenza con lo Stato sulle entrate, nel rispetto dell'articolo 8 dello Statuto sardo, riformato attraverso la legge 27 dicembre 2007, numero 296, che stabilisce a partire dal 2010 un nuovo regime di regolamentazione della compartecipazione della Regione Sardegna alle entrate erariali dello Stato. Il bilancio dello Stato per il 2010 prevede per la nostra Isola solo 4 miliardi e 500 milioni di euro di compartecipazione, per competenza e per cassa, il che significa - e lo sappiamo - circa 2 miliardi e 600 milioni di euro in meno rispetto a quanto previsto dalla Regione nel proprio bilancio di competenza. In tutta risposta il viceministro Vegas sostiene la necessità di apposite norme di attuazione del nuovo articolo 8 dello Statuto della Regione Sardegna, affermazione che è in contrasto con la posizione che il Governo aveva precedentemente assunto, sostenendo l'immediata applicabilità di questa modifica allo Statuto.

La Sardegna deve rivendicare necessarie risorse finanziarie, nel rispetto del nuovo regime delle entrate. Questa Giunta deve richiedere formalmente allo Stato, al Ministro, l'assegnazione regolare delle risorse sulla base delle disposizioni statutarie. Questa Giunta, nell'attuale situazione, non deve perdere altro tempo nel reagire a questa posizione che ostacola gravemente il diritto dei sardi nel trasferimento delle risorse spettanti, inoltre in un periodo in cui a livello nazionale sono state approvate diverse norme sul federalismo fiscale, e non so che federalismo. E' il federalismo di Jefferson? E' il federalismo di Madison? E' il federalismo di Tuveri o quello di Bossi?

Occorre, inoltre, proporre presso la Corte costituzionale il conflitto di attribuzione per la negata disponibilità delle entrate, per il mancato rispetto del diritto dei sardi a usufruire dei legittimi trasferimenti di risorse previste. Questo comporta gravi conseguenze sul piano economico-sociale, per il venir meno delle condizioni che permettono di garantire un minimo di sviluppo in Sardegna, dove le vertenze aperte sono tante, a partire da quella dei lavoratori della Vinyls, che attendono risposte concrete nell'isola dell'Asinara, ma ci sono anche gli operai di Ottana e di Portovesme. E non si pensi di aver risolto le posizioni critiche attraverso la cassa integrazione in deroga. La situazione del comparto agropastorale sta intensificando i momenti di protesta in tutta l'Isola e il settore scuola-formazione, devastato dai tagli del Governo, si farà sentire nei prossimi giorni.

La responsabilità della Giunta di fronte alle situazioni denunciate è quella di mantenere una posizione debole nei confronti del Governo centrale, che sta portando la Sardegna al tracollo economico, sociale e culturale. La Giunta è inadeguata, per il momento, a fronteggiare una crisi di questa dimensione, per questo occorre affrontare al più presto il tema del federalismo, purché si tratti di un federalismo che affronti la sfida dello sviluppo e non solo permetta l'interazione della Sardegna con le altre Regioni, ma sia uno strumento di propulsione del nostro sistema attraverso la cooperazione con i Paesi dell'area mediterranea.

Non stiamo chiedendo l'indipendenza secessionista, stiamo soltanto chiedendo il diritto positivo, non positivista, dell'autonomia e dello Statuto. Io direi che siamo veramente ridotti a veri citofoni: se non suonano, non rispondiamo! Grazie.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Sechi. Poiché non è presente in aula decade dal diritto alla parola.

E' iscritta a parlare la consigliera Barracciu. Ne ha facoltà.

BARRACCIU (P.D.). Signora Presidente, è chiaro che la discussione di oggi è per noi di massima importanza, ma non soltanto qui dentro. E' di massima importanza soprattutto fuori di qui, dove si discute da settimane e si preparano azioni da porre in essere con velocità per affrontare il tema del mancato trasferimento delle risorse alla Sardegna.

E' chiaro che non c'è più un minuto da attendere, secondo noi; è chiaro che se non mettiamo in campo anche politiche e strumenti che, a iniziare dalla fiscalità, garantiscano non la sopravvivenza, ma il netto miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro di tutti, finiremo schiacciati nelle trappole della macelleria politica e finanziaria, che sono elaborate ormai da mesi fra Roma e il Nord della Penisola.

E' stata un'estate di fuoco, Presidente, per chi non ha chiuso gli occhi e le orecchie e ha voluto vedere e ascoltare ciò che succedeva e succede in Sardegna. I sindacati, le associazioni, le categorie produttive, le persone, tutti quanti da mesi non chiedono altro che un impegno maggiore, concreto, fattivo di questa Giunta rispetto ai problemi della Sardegna. Chiedono e chiediamo che la Sardegna recuperi i fondi FAS - l'hanno già detto i colleghi -, che impegni i soldi della Comunità europea, che le siano assegnate le risorse spettanti. Chiedono e chiediamo tutti che la Sardegna non sia prona ai diktat del Governo, ma apra delle vertenze su tutte le questioni d'interesse regionale. Ma chi è che deve chiedere per i sardi? Chi deve portare sul tavolo del Governo le istanze di questa Regione? Purtroppo la risposta di questi tempi non è scontata, ci dispiace dirlo; non lo è perché lei, presidente Cappellacci, si affida, si è affidato ad altri, fino a oggi perlomeno, e nonostante l'emergenza che in Sardegna attraversa tutti i settori dell'economia e della società sarda purtroppo si è mostrato compiacente. E una volta questa compiacenza la vede incapace di dire di no alle pretese di Denis Verdini, un'altra volta la vede dire di sì a quelle del viceministro Vegas, e via discorrendo. Questo avviene, poi, in un clima da far west, in cui il Governo romano non si fa scrupoli nel non ottemperare agli impegni presi, nel rigirare le carte, nel nascondere le risorse, nel depauperare il territorio a scapito delle potenzialità produttive di quest'Isola. Il Governo, che priva i comuni e le province italiane dei milioni di euro dovuti per garantire i servizi ai cittadini, raspa illegittimamente nelle risorse spettanti alla Sardegna senza che si levi un forte urlo di disappunto e di contrasto; tutto ciò contro gli interessi della Sardegna e anche contro le stesse affermazioni della Corte costituzionale.

Oggi la posta in gioco è tale che proponiamo di fare un fronte unico, di essere uniti, noi sardi, nel rivendicare ciò che ci spetta. Non si tratta di pretendere primogeniture, non ci interessa, non è questo il problema. Prendetela voi la bandiera, mettetevi avanti voi, sarei felice che questo accadesse, perché ciò che a noi interessa e che interessa a tutti i sardi è che si porti a casa il risultato, che il gettito delle nuove entrate entri subito nelle casse della Regione. Credo sia chiaro a tutti, lo sappiamo, che la vertenza sulle entrate si è già felicemente conclusa diversi anni fa. Non si tratta di riaprirla, siamo di fronte a un capitolo nuovo e inedito. Inedito fino a un certo punto, si tratta di far rispettare la norma prevista dall'articolo 8 dello Statuto e di darle piena operatività. Abbiamo dalla nostra parte il diritto, abbiamo le pronunce della Corte costituzionale, tutto concorre a dire che le disposizioni dello Statuto, e dunque anche del modificato articolo 8, sono direttamente applicabili.

Non ripeto le argomentazioni dell'onorevole Porcu e dell'onorevole Bruno in merito alla non necessità delle norme di attuazione. Disconoscere la legittimità dell'immediata applicazione del nuovo regime di entrate previsto dallo Statuto è formalmente incostituzionale e materialmente dannoso. Ecco perché chiediamo unità e determinazione in questo passaggio in nome della Sardegna e chiaramente del popolo sardo. Abbiamo combattuto per avere maggiori responsabilità e per avere le risorse attraverso cui gestire queste maggiori responsabilità. Questa per noi è la strada per l'esercizio della sovranità. Qui dentro e altrove ci si spende in maniera prodigiosa nel chiamare l'esigenza di una riforma statutaria capace di produrre ambiti di vera e propria sovranità; l'esigenza di una proposta autonomistica completa e coerente con il mondo e con le priorità di oggi, dove si governa a livelli multipli e l'integrazione fra le diverse sfere richiede abilità e agibilità diverse rispetto al passato.

Ma c'è davvero qualcuno che crede che possa esistere una qualche forma di sovranità senza le risorse? Non penso proprio, non penso che ci sia qualcuno che lo creda, ma prima di tutto si tratta delle risorse che ci spettano per diritto. Se la Sardegna intende autogovernarsi deve assumersi la responsabilità dell'autogoverno e deve sapersi garantire le risorse utili a gestire direttamente i settori di competenza.

Grazie alla vertenza sulle entrate abbiamo ottenuto un risultato storico per l'autogoverno e per l'autonomia, adesso occorre far funzionare il meccanismo e ciò è possibile se oggi - e sottolineo oggi - la Regione esce dal servilismo e dalla compiacenza che hanno caratterizzato finora l'azione della Giunta regionale e punta i piedi, non avanzando richieste, ma esigendo esattamente ciò che le spetta. Non sarà possibile uscire dal servilismo se si rimane in disparte ad attendere le disposizioni elaborate da altri. Occorre che la Sardegna si impegni a entrare nel merito dei grandi temi che riguardano il Paese, certo rielaborando il concetto di specialità particolarmente compromesso dall'approvazione del Titolo V della Costituzione e anche dai progressi costituzionali della Comunità europea, ma anche assumendo una voce propria nel dibattito nazionale, voce che oggi non c'è, sui temi dagli effetti dirompenti, come quello sul federalismo fiscale, altrimenti ancora una volta saranno altri a decidere per noi e ancora una volta avverrà sulle nostre spalle e sarà drammatico per la nostra Isola.

Vediamo bene quale concezione di federalismo fiscale avanza, con sempre maggiore evidenza, a livello nazionale. Le risorse rimarranno nelle regioni in cui vengono prodotte, le forme perequative che fino a oggi hanno garantito una qualche solidarietà nazionale saranno sempre più limitate. Altro che riduzione delle disuguaglianze, altro che sviluppo delle aree a ritardo infrastrutturale! E noi quali pesi e contrappesi siamo in grado di far valere per ribilanciare le cupidigie del Nord? In che maniera ci stiamo inserendo, come ribattiamo, come facciamo valere il nostro peso nevralgico al centro del Mediterraneo? La verità è che se questa Regione non ingrana la marcia e non cerca di mettersi al passo, interrogando il futuro sui grandi temi, che non sono da inventare, ma sono tutti scritti, sono già all'ordine del giorno dell'Italia e dell'Europa, rimarrà esclusa da qualsiasi processo di evoluzione e sarà costretta ad accontentarsi delle briciole.

Certo il federalismo fiscale è uno dei grandi temi sul tavolo del Governo, dovrà essere discusso con autorevolezza e determinazione, avrà bisogno di nuove modifiche statutarie e di una nuova revisione. E' per un tema diverso da quello che stiamo discutendo oggi e da quello posto all'attenzione attraverso questa mozione. Non vogliamo che le due questioni vengano confuse, sono due questioni diverse. Se il tentativo del Governo è quello di procrastinare i tempi per mettere tutto all'interno di un medesimo calderone, noi, e ci auguriamo prima di tutto la Giunta regionale, non siamo d'accordo, non ci stiamo. La vertenza relativa alle entrate, come è stato detto, è già definita, il diritto dei sardi alle proprie risorse è un diritto già acquisito, non da contrattare con il Governo, ma per il quale serve una pretesa autorevole, colleghi della maggioranza,

Signor Presidente della Regione, noi non condividiamo pressoché nulla della vostra azione di governo. D'altronde il rimpasto che vi apprestate a fare, il rimpasto di Giunta, dimostra che neanche la maggioranza condivide molto di ciò che è stato fatto nell'ultimo anno e mezzo. Ma non siamo qui a cercare lo scontro per lo scontro; non è questo il tema sul quale è necessaria la contrapposizione frontale. Si tratta di diritti primari dei sardi e noi su questo cerchiamo, se è possibile, un minimo di dialogo. Al contrario sproniamo per l'incontro: l'incontro delle parti politiche, se è possibile, l'incontro soprattutto del e con il popolo sardo, che vogliamo sia chiamato a una grande mobilitazione a tutela delle prerogative e dei diritti della Regione Sardegna, contro le ingerenze nefaste e illegittime del Governo nazionale; ingerenze che compromettono ogni tentativo di ripresa di questa terra stremata dalla crisi, dalle carenze infrastrutturali e dalla mancanza del lavoro.

La richiesta, quindi, è quella di interrompere la politica della subalternità. Siamo stati tutti eletti per tutelare le esigenze della Sardegna e il benessere dei sardi per il futuro. Questa è la nostra e la vostra missione. Se così sarà, se questo sarà dimostrato con i fatti noi siamo pronti a dare forza al Presidente della Regione.

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Luciano Uras. Ne ha facoltà.

URAS LUCIANO (Comunisti-Sinistra Sarda-Rosso Mori). Chiedo la verifica del numero legale.

PRESIDENTE. Chi appoggia la richiesta?

(Appoggia la richiesta il consigliere Salis)

Verifica del numero legale

PRESIDENTE. Dispongo la verifica del numero legale con procedimento elettronico.

(Segue la verifica)

Prendo atto che i consiglieri Artizzu, Cossa, Piras, Planetta, Randazzo, Salis, Tocco e Uras sono presenti.

Risultato della verifica

PRESIDENTE. Sono presenti 43 consiglieri.

(Risultano presenti i consiglieri: Artizzu - Barracciu - Biancareddu - Campus - Cappai - Cherchi - Contu Mariano - Cossa - De Francisci - Dedoni - Dessì - Floris Mario - Floris Rosanna - Fois - Greco - Ladu - Locci - Lombardo - Maninchedda - Mariani - Meloni Francesco - Mula - Mulas - Murgioni - Obinu - Peru - Petrini - Piras - Pitea - Pittalis - Planetta - Randazzo - Rodin - Salis - Sanjust - Sanna Giacomo - Sanna Paolo - Solinas Christian - Steri - Tocco - Uras - Vargiu - Zedda Alessandra.)

Poiché il Consiglio è in numero legale, proseguiamo i lavori.

E' iscritta a parlare la consigliera Zuncheddu. Ne ha facoltà.

ZUNCHEDDU (Comunisti-Sinistra Sarda-Rosso Mori). La grande propaganda fatta in questi mesi da alcuni partiti del centrodestra, con cui si preannuncia l'imminente dibattito in Consiglio regionale sui grandi temi delle cosiddette riforme istituzionali, quindi sulla sovranità e l'indipendenza, rischia di sollevare su questioni così importanti un grande polverone dove c'è tutto e il contrario di tutto, purché nulla cambi!

Questo parlare di sovranità in modo strumentale e demagogico, visto che i fatti lo smentiscono quotidianamente, è un ennesimo tentativo di questo gruppo dirigente di centrodestra di rifarsi una verginità politica, essendo esso stesso ormai screditato e dilaniato da lotte interne di potere, oltre che dalle complicazioni giudiziarie legate alla svendita delle nostre risorse ambientali ed economiche, per soddisfare interessi a noi estranei e dire per l'ennesima volta: "Signorsì". Ma noi sardi a capo delle istituzioni non vogliamo "maggiordomi"; vogliamo e dobbiamo uscire dal dramma della sudditanza, questo è il problema di fondo. Non basta, Presidente, un rimpasto politico di Giunta per riavvicinare questo Governo agli interessi reali dei sardi, se esso stesso non acquista reale autorevolezza, orgoglio e autonomia dal Governo italiano, del quale sino a oggi è stato solo esecutore di ordini, garante di interessi e - a sua volta lei stesso, Presidente - strumento consapevole di oppressione coloniale per i sardi.

Oggi i sardi, "impantanati" in una crisi economica drammatica e impossibilitati a garantire la sussistenza alle proprie famiglie e alle stesse economie tradizionali - e non solo a queste, vedi le lotte del Movimento dei pastori, degli agricoltori, dei lavoratori dell'industria, della scuola, dell'università, della ricerca, della piccola e della media imprenditoria -, chiedono al sistema politico assunzione di responsabilità e concreta soluzione dei problemi generati dalla crisi. Chiedono, in questo caso specifico, sulla vertenza per le entrate - ovvero i soldi a noi dovuti, e no de oi - il rispetto dello Statuto, uno Statuto di fatto poco applicato anche nei punti di maggiore tutela e garanzia per la Sardegna, come l'articolo 8, di cui chiediamo l'applicazione immediata.

La mancanza di questi fondi, sottratti dallo Stato italiano alla Regione autonoma della Sardegna, rappresenta oggi più di ieri un reale impedimento a qualsiasi progetto di sviluppo per i sardi, a maggior ragione quando è in atto da parte della globalizzazione un tentativo di genocidio economico e culturale del nostro popolo.

In questi giorni le dichiarazioni dei sindacati sull'opportunità di un ennesimo sciopero generale per lo stato di emergenza in Sardegna hanno messo al centro la vertenza sulle entrate, come punto di partenza imprescindibile per qualsiasi progetto di sviluppo per l'Isola. Noi Rosso Mori siamo per uno sviluppo autonomo dagli interessi della globalizzazione mondiale, rispettoso delle nostre economie tradizionali, del nostro ambiente e della nostra cultura identitaria, in modo che, come purtroppo è successo con i piani di rinascita strabici, non diventi un'ennesima servitù e dominio neocoloniale ai danni del nostro popolo e con i nostri soldi.

Presidente Lombardo, c'è uno scenario vergognoso tra lei che chiacchiera e neanche mi segue, per il presidente Cappellacci stesso discorso, per il resto dell'Aula idem! Per cui le chiedo di che cosa stiamo parlando, Presidente, abbia pazienza anche lei!

PRESIDENTE. Onorevole Zuncheddu, io non sto chiacchierando. Se un consigliere si avvicina e chiede un'informazione il Presidente risponde. Non sto chiacchierando.

ZUNCHEDDU (Comunisti-Sinistra Sarda-Rosso Mori). Sì, però, Presidente, si rende conto del tenore dell'Aula? Per gentilezza, sennò interrompiamo!

PRESIDENTE. Onorevole Zuncheddu, ho richiamato l'Aula più volte. Il Presidente non può obbligare i consiglieri, più che richiamarli e invitarli al rispetto di chi sta intervenendo non può fare.

ZUNCHEDDU (Comunisti-Sinistra Sarda-Rosso Mori). Quindi possiamo continuare. Giocheremo a pallone fra un po', Presidente, va bene!

Questo processo impone una classe politica di grande autorevolezza culturale, di grande rigore morale, di grande trasparenza amministrativa, solidale totalmente con i drammi e gli interessi del nostro popolo. Oggi, Presidente, lei si sente di certificare la sua Giunta e la sua maggioranza politica in questo modo? Se la risposta è sì, presidente Cappellacci, le chiediamo, come ha già fatto chi l'ha preceduta in questo incarico, di farsi portavoce di questa vertenza rispetto al Governo italiano e di rappresentare, almeno per una volta con determinazione e orgoglio, gli interessi dei sardi su questa vertenza sulle entrate. Non è più tempo di ambiguità e di proclami sterili, ma l'emergenza economica in corso impone l'azione e i fatti rispetto al Governo italiano. E visto che abbiamo dalla nostra parte la certezza del diritto e la giustezza della causa chiediamo la restituzione ai sardi dei soldi sottratti.

Presidente, almeno in questo frangente le chiediamo, in questa autorevole Assemblea e per il mandato popolare datoci, di dirci concretamente e sinceramente con chi sta: se sta con il popolo sardo e la sua legittima aspirazione a uno sviluppo armonioso con la propria storia, se vuole attuare dei momenti di sovranità in nome e per conto della nazione sarda, che lei e la sua maggioranza spesso e volentieri avete sbandierato al vento, o se vuole continuare a essere esecutore al servizio degli interessi d'oltremare. A lei la scelta.

La vertenza sulle entrate fiscali "rapinate" non è un problema di parti politiche, ma è uno scontro tra il popolo sardo e lo Stato italiano, per cui facciamo un appello all'unità, all'unità di tutta la classe politica sarda per rivendicare i diritti negati al nostro popolo. Chiediamo al Governo dei sardi una forte determinazione nell'imporre il riconoscimento di pari dignità istituzionale tra Stato italiano e nazione sarda. Oggi non si può prescindere dall'unità di tutta la classe politica sarda per il riconoscimento della soggettività nazionale e per interrompere la politica di rapina coloniale.

Caro presidente Cappellacci, non bastano i proclami. Noi dobbiamo ribadire la nostra soggettività nazionale ed esigere il rispetto dei rapporti istituzionali e la salvaguardia dei diritti del popolo sardo. Questa è anche una battaglia di civiltà. L'articolo 8 dello Statuto è uno spazio di sovranità acquisita da difendere, a maggior ragione in un momento in cui tutto il sistema politico ha manifestato la necessità di affrontare i temi sulla sovranità e sull'indipendenza. La Regione sarda, autonoma e a Statuto speciale, quindi giuridicamente forte, di fronte a questo conflitto con lo Stato italiano, in mancanza di mediazione del conflitto, non deve temere di arrivare anche allo scontro con lo Stato davanti alla Corte costituzionale per la violazione degli accordi tra Stato e Regione. In questo conflitto tra il popolo sardo lo Stato italiano i sardi vogliono sapere da che parte sta il Presidente della Regione e la sua Giunta. Il Presidente dei sardi non deve aver timore di adottare come strumento di lotta le sue stesse dimissioni. Non è più tempo di soprusi coloniali, questo vuol dire iniziare a praticare la sovranità e l'autogoverno anche a costo dello scontro.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Massimo Zedda. Ne ha facoltà.

ZEDDA MASSIMO (Comunisti-Sinistra Sarda-Rosso Mori). Signora Presidente, signor Presidente della Regione, signori Assessori, colleghi, nell'affrontare il dibattito sul nuovo regime delle entrate fiscali non possiamo non guardare a un orizzonte più vasto che appare coperto di nubi; quell'orizzonte che viene vissuto ed è condiviso da tante famiglie italiane, da tante famiglie sarde preoccupate per il loro futuro e per il futuro dei propri figli, che vivono le difficoltà economiche del momento, che vedono tradite le aspettative per le promesse fatte: dalla viabilità ai maggiori fondi per l'università, la cultura, la ricerca e la formazione in generale. Per non parlare della promessa di una casa che non arriverà mai o di tanti altri elementi che hanno suscitato aspettative e che hanno già procurato e continueranno a procurare grande delusione.

Il rischio è quello di non poter disporre, per il 2010, delle risorse previste, che sono risorse dei sardi, risorse che ci spettano, così come da un accordo siglato con il Governo nazionale dal Presidente che guidava la precedente Giunta regionale. Quelli erano Governi di identico colore politico, si potrebbe dire, di identica maggioranza, eppure ci fu bisogno di una battaglia forte da una parte per rivendicare quelle che erano risorse non erogate, ma risorse dei sardi, e dall'altra per riscrivere l'articolo 8 dello Statuto sardo. Ebbene, oggi, invece di attivare dei meccanismi anche di scelta sugli investimenti a livello nazionale, dei sistemi di valutazione nuovi nei confronti di coloro che sono virtuosi e di coloro che invece sono spendaccioni, dei meccanismi per capire dove è necessario investire per consentire alle Regioni di mettersi al passo con le Regioni d'Europa e dove è necessario tagliare o comunque consigliare di spendere meglio, si operano semplicemente dei tagli; tagli da un lato destinati a un federalismo fiscale egoista, che guarda a un Paese composto esclusivamente dalle regioni del Settentrione, un Paese insomma che si dimentica dell'altra metà del Paese. Una parte del Paese cerca di sottrarre le risorse altrui, l'altra parte cerca di sganciarsi, di sopravvivere e di competere grazie alle risorse degli altri. A questo si aggiunge la sottrazione delle risorse che competono alla Sardegna, risorse peraltro promesse. E si pretende di giustificare tale sottrazione con la mancata adozione di norme di attuazione, fatto che nessuno aveva mai sollevato sinora, che in passato non ha impedito alla Sardegna di ottenere le dovute risorse e che non trova conferma nella giurisprudenza. Insomma pare più una scusa per non saldare il debito e non pagare il conto più che una reale motivazione che potrebbe determinare la non erogazione delle risorse.

Le norme di attuazione non sono state necessarie allora, non si capisce perché debbano esserlo oggi, perché debbano costituire un paletto insormontabile, un muro invalicabile nel trasferimento delle nostre risorse. A tutti questi elementi sono da aggiungere le nuove funzioni che lo Stato ha trasferito alla Regione Sardegna, concernenti la sanità e il trasporto pubblico con i relativi costi. Sarebbe troppo lungo l'elenco dei settori in stato di crisi, settori nei quali andrebbero investite ulteriori risorse, settori che aspettano una risposta di questo tipo, maggiori risorse appunto, per intervenire proprio in quella direzione, e cioè per poter affrontare al meglio la crisi.

Ebbene la società sarda non gode certo di buona salute, non gode di buona salute l'impresa, non godono di buona salute il commercio e l'industria; la pastorizia manifesta tutti giorni il proprio malessere e le difficoltà di stare sul mercato; manifesta la scuola, sciopera l'università, insomma non c'è settore che non sia in crisi, non c'è nessun ambito della società che possa dirsi soddisfatto e che possa sorridere. Che cosa chiediamo, Presidente? Le chiediamo né più né meno di svolgere appieno il suo ruolo, di incalzare il Governo, di farsi portatore degli interessi dei sardi e della Sardegna nei confronti del Governo nazionale, in modo che si possa tutti insieme combattere questa battaglia. Non si aspetti che il Governo nazionale, per il solo fatto di essere dello stesso colore politico di questo Governo regionale, come lo era il Governo precedente rispetto alla Giunta precedente, sia disposto ad essere generoso, sia disponibile al confronto, al dialogo e anche all'elargizione di nuove risorse. Solitamente le battaglie si combattono tra istituzioni; tra istituzioni si dialoga e qualche volta si arriva allo scontro se un'istituzione, quella maggiore, non riconosce i diritti, le prerogative, perfino le risorse che dovrebbero essere nella disponibilità delle altre istituzioni, in questo caso della nostra Regione.

Che cosa le chiediamo? Le chiediamo che vengano restituite ai sardi le loro risorse; le chiediamo che i tempi di questa restituzione di risorse siano calendarizzati, in modo tale che se ne possa programmare al meglio la spendita per favorire un maggiore sviluppo e garantire serenità a tutti i sardi e alle rispettive famiglie. Le chiediamo di sollevare un conflitto di attribuzione davanti alla Corte costituzionale e glielo chiediamo non solo per il bisogno reale della Sardegna di avere le risorse per sanare alcuni dei suoi problemi, per risolvere alcune questioni aperte, per affrontarne di nuove e ipotizzare lo sviluppo del domani, ma perché insieme a noi glielo chiede la società sarda, glielo chiedono tutti i lavoratori che manifestano, scioperano, occupano gli aeroporti, i porti, le strade, interrompono i servizi pubblici per far sentire la loro protesta. Glielo chiedono i sindacati che hanno convocato una manifestazione per il 25 di questo mese, glielo chiedono le famiglie, glielo chiede l'intera società sarda.

Ebbene non so come andrà a finire questa discussione, che non può essere slegata dalla discussione in atto sul federalismo, sul nuovo assetto autonomistico della Regione. L'autonomismo non può più essere vissuto come una questione limitata alle risorse economiche o incentrata solo sull'economia; l'autonomismo deve essere vissuto anche in termini di impegno, di dinamismo per rafforzare quei settori che determineranno lo sviluppo e l'autonomia del domani, per incrementare quelle risorse che fanno dell'autonomia la ricchezza della Sardegna, così come la scuola, l'università, l'ambiente, la cultura, nonché la collocazione al centro del Mediterraneo, quale ponte tra popoli, culture e religioni diverse. Questo credo che sia l'autonomismo del futuro, questo credo che sia l'obbligo dell'attuale classe dirigente. Bene, c'è un obbligo morale di questa classe dirigente, Presidente, verso le generazioni che verranno, verso i giovani d'oggi, che purtroppo non hanno nulla e avranno ancora meno se non saremo tutti impegnati in questa direzione. Grazie.

URAS LUCIANO (Comunisti-Sinistra Sarda-Rosso Mori). Presidente, chiedo la verifica del numero legale. Grazie.

PRESIDENTE. Chi appoggia la richiesta?

(Appoggia la richiesta il consigliere Diana Giampaolo.)

Seconda verifica del numero legale

PRESIDENTE. Dispongo la verifica del numero legale con procedimento elettronico.

(Segue la verifica)

Prendo atto che i consiglieri Amadu, Cappai, Espa, Manca e Mulas sono presenti.

Risultato della verifica

PRESIDENTE. Sono presenti 65 consiglieri.

(Risultano presenti i consiglieri: Agus - Amadu - Artizzu - Barracciu - Ben Amara - Biancareddu - Campus - Capelli - Cappai - Caria - Cherchi - Cocco Daniele - Cocco Pietro - Contu Mariano - Cossa - Cucca - Cuccu - Cuccureddu - De Francisci - Dessì - Diana Giampaolo - Diana Mario - Espa - Floris Rosanna - Fois - Greco - Ladu - Lai - Locci - Lombardo - Lotto - Manca - Maninchedda - Mariani - Meloni Francesco - Meloni Valerio - Milia - Moriconi - Mula - Mulas - Murgioni - Obinu - Oppi - Peru - Piras - Pitea - Planetta - Randazzo - Rodin - Sabatini - Sanjust - Sanna Giacomo - Sanna Gian Valerio - Sanna Matteo - Sechi - Solinas Antonio - Solinas Christian - Soru - Steri - Tocco - Uras - Vargiu - Zedda Alessandra - Zedda Massimo - Zuncheddu.)

Poiché il Consiglio è in numero legale, possiamo proseguire.

E' iscritto a parlare il consigliere Sanjust. Ne ha facoltà.

SANJUST (P.d.L.). Gentile Presidente del Consiglio, signor Presidente della Giunta, signori Assessori, colleghe e colleghi, la mozione relativa alla vertenza sulle entrate, così ben confezionata dai colleghi della minoranza, costituisce un'utile occasione sia per fare chiarezza su un tema scottante sia per delineare se ci sono nuovi scenari istituzionali e politici.

La chiarezza sul tema scottante delle entrate è doppiamente utile se si pensa che questo argomento è stato oggetto di speculazioni e opportunismi, spiegabili forse con il gioco delle parti: chi sta all'opposizione contrasta a prescindere, chi governa riconosce che i temi sono più complessi. Tuttavia la dialettica politica ha il dovere di trovare almeno sulle questioni fondamentali un indirizzo unitario. Mi spiace dirlo, ma è una retorica che va avanti da troppi anni: si sprecano gli inviti a seppellire l'ascia di guerra in nome di valori superiori, si auspicano battaglie unitarie e poi, alla resa dei conti, ognuno tira l'acqua al proprio mulino. Prima di entrare nel merito della mozione vorrei ricordare che proprio nella scorsa famigerata legislatura la retorica della battaglia unitaria fu invocata strumentalmente da chi oggi è chiamato a fare opposizione, salvo poi tradirne lo spirito con atti unilaterali.

Tutti ricordano che sia il mondo politico sardo, sia la società civile si mobilitarono per rivendicare sacrosanti diritti da uno Stato debitore. A quella battaglia partecipammo tutti, senza cavillare e avendo di mira responsabilmente il bene generale. A quella battaglia andammo uniti, perché si trattava di una vertenza che non poteva essere risolta nelle stanze ovattate dei palazzi romani. Si trattava, ieri come oggi, di rivedere i meccanismi delineati dall'articolo 8 del nostro Statuto e in particolare la mobilitazione generale aveva come obiettivo quello di impegnare la politica governativa romana a riconoscere un diritto fondamentale e la politica regionale a stabilire unitariamente una piattaforma rivendicativa che fosse realmente espressione di quel movimento collettivo.

Ma le cose non sono andate come alcuni vogliono far intendere. La mobilitazione generale si risolse con un colpo di teatro clamoroso, un doppio tradimento che grida vendetta sia nei confronti dei tanti sardi che hanno in buona fede creduto in quella battaglia, sia nei confronti delle regole costituzionali che erano e sono alla base del percorso della riforma dell'articolo 8. E allora vediamo meglio: l'articolo 54, comma 5, dello Statuto speciale prevede che tutte le disposizione del Titolo III, ivi compreso l'articolo 8, possono essere modificate con leggi ordinarie della Repubblica su proposta del Governo o della Regione, in ogni caso sentita la Regione. L'espressione "sentita la Regione" nella logica autocratica dell'allora governatore ha significato "sentito il solo Presidente della Regione", senza mandato, e si è tradotta nel preventivo formale e sostanziale della mobilitazione. Il Presidente di allora si è sfilato dal corteo festante dei sardi, ha snobbato e delegittimato le istituzioni isolane. Così, dalla sacrosanta battaglia per ottenere ciò che per diritto spetta ai sardi, si è passati allo stravolgimento delle regole. La Regione, senza alcun dibattito e senza alcuna valutazione tecnica dei rischi, si è trovata d'emblée nel groppone il totale delle spese della sanità, del trasporto pubblico locale e della continuità territoriale aerea. Quella che fu salutata entusiasticamente come una vittoria storica si è rivelata un boomerang per noi sardi, perché le riforme non condivise hanno sempre generato mostri. Infatti, come avevamo sostenuto in tempi non sospetti, mentre è certo che la Sardegna dovrà accollarsi da subito e in automatico le nuove funzioni che il precedente Governo è riuscito a scaricare sulle gracili spalle della Regione, il meccanismo dell'assegnazione statale di quanto ci spetta può incepparsi, come purtroppo si sta dimostrando in questi giorni.

Oggi siamo chiamati dalla minoranza a una mobilitazione generale. Pur avendo memoria precisa del passato, possiamo solo dire che la sinistra sostiene cose che noi abbiamo già sostenuto. Noi crediamo nella mobilitazione generale, e non guardiamo in faccia a nessuno, perché non esistono governi amici, ma solo governi con cui ci si deve confrontare. Se un governo non riconosce pienamente un diritto, noi non ci lasciamo condizionare da logiche di parte. Di conseguenza, vorrei provare a proporre alcune considerazioni sul contenuto della mozione. Iniziamo dal capitolo controverso delle norme di attuazione. Dal nostro punto di vista, l'articolo 8 è immediatamente operativo e non richiede alcuna norma di attuazione, se non forse per definire alcuni dettagli che in questa sede possiamo tralasciare. Il Governo, probabilmente a torto, invece insiste nel richiederle. In ogni caso, l'assessore La Spisa ha chiarito, prima della pausa estiva, che l'articolo 8 è per noi immediatamente operativo, cioè il credito è pienamente esigibile. Semmai - ha spiegato - le norme di attuazione possono essere utili per definire, soprattutto in futuro, alcuni dettagli. Non è chiaro se in tal modo siano lesi principi costituzionali e siano disattese pronunce della Corte. Allo stesso modo non è da escludere, però, che sia stato leso il principio di leale collaborazione tra le istituzioni. E' in ogni caso certo che abbiamo urgente bisogno di quelle risorse e che la pubblica amministrazione regionale ha il dovere di garantire i servizi essenziali.

Allora, la situazione si pone nei seguenti termini: sappiamo che il presidente Cappellacci e l'assessore La Spisa hanno dato ampie garanzie che queste norme di attuazione saranno presto varate, perciò mi permetto di chiedere formalmente alla Giunta di impegnarsi, ora e ufficialmente, a fare uno sforzo straordinario affinché in poche settimane al massimo possiamo eliminare qualsiasi pretesto. Se il Governo italiano non ottempererà prontamente, si dia esecuzione anche al conflitto di attribuzione, presidente Cappellacci, su cui peraltro lei ha dato ampie garanzie, e se è il caso si impugnino senza indugio tutte le leggi finanziarie nazionali che non rispettino un nostro diritto.

Ma la trappola della mozione, pur nella sua apparente ragionevolezza, è chiara. Infatti, una volta che dovessimo ottenere per via politica o giurisdizionale quanto ci spetta, tutto finirebbe lì. Per la minoranza si tratterebbe di confermare la bontà di scelte a suo tempo imposte autocraticamente alle spalle dei sardi e, in mancanza di ulteriori argomenti, la soluzione di questa vertenza sulle entrate verrebbe considerata una vittoria dell'opposizione. Ma le cose non sono così semplici come possono apparire. Noi non abbiamo atteso la mozione per impegnarci nei fatti in un confronto con il Governo italiano e lo abbiamo fatto per senso di responsabilità, dato che si tratta di dare esecuzione a una norma vigente.. Noi abbiamo cultura di governo e anche se nella passata legislatura abbiamo criticato aspramente la riforma autocratica dell'articolo 8, sia nel metodo che nel contenuto, oggi abbiamo intanto il dovere di richiederne l'esecuzione. Dove l'opposizione si ferma, noi dobbiamo invece muoverci. Per la minoranza l'articolo 8 è il massimo risultato, per noi è un punto di partenza per rivedere il patto costituzionale con lo Stato. Noi non siamo disposti a difendere acriticamente l'esistente. Il nostro orizzonte autonomistico non può ridursi a chiedere allo Stato di rispettare un patto per alcuni versi scellerato, perciò io credo che l'attuale vertenza avrà un senso se porterà il Consiglio regionale a rivisitare in profondità lo Statuto speciale, e quindi anche l'asfittico Titolo III che, nella sua logica, appartiene ormai a una stagione preistorica.

La verità è che troppi parlano a sproposito di federalismo senza anzitutto proporre una riforma che di federalismo avrebbe almeno la parvenza, e cioè modificare lo Statuto sino al punto da pretendere di incamerare tutte le risorse necessarie a coprire le reali funzioni regionali e poi conferirne una parte per contribuire alla fiscalità generale con finalità perequative. E' su questa base che noi chiediamo alle opposizioni di collaborare costruttivamente per inaugurare una nuova stagione costituente, ciò che nella precedente legislatura non hanno voluto fare per seguire gli interessi autocratici di chi ha portato alla deriva la Sardegna.

E' tempo di voltare pagina. Molte gravi e attuali difficoltà in tema di risorse sono certo in parte imputabili al Patto di stabilità, ma sono anche e soprattutto figlie delle mancate riforme strutturali, a iniziare dallo Statuto speciale, che noi ci impegniamo a rivisitare avendo come finalità principale quella di rilanciare la nostra economia.

Quanto alla mozione, ringraziamo l'opposizione per aver aderito a quanto la Giunta sta già facendo senza clamore mediatico e in una situazione nazionale condizionata da una gravissima crisi finanziaria e internazionale. Per ricambiare, invitiamo i colleghi dell'opposizione a proseguire nella collaborazione necessaria quando si parla di riforme delle regole. Certo, oggi la situazione italiana non appare idonea per intavolare trattative, a cominciare dalla riforma dell'articolo 8 e magari dalla continuità territoriale aerea, che avrebbe dovuto costituire una partita da giocare sul piano italiano ed europeo. Tuttavia questa situazione è superabile nella prospettiva di una riforma complessiva dello Statuto.

Il presidente Cappellacci avrà ampio mandato dal Consiglio regionale per proporre una nuova riforma del Titolo III realmente in linea con i nuovi scenari. E stavolta non ci saranno trattative private né fughe in avanti e neppure tradimenti della mobilitazione sociale e istituzionale. Noi, infatti, abbiamo una diversa cultura delle istituzioni e delle riforme. E' perciò su questa auspicabile convergenza e su questo nuovo modello di relazioni istituzionali che dovremo mobilitarci.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Gian Valerio Sanna. Ne ha facoltà.

SANNA GIAN VALERIO (P.D.). Pensavo di avere alcuni minuti per riprendermi dall'intervento del collega Sanjust, che probabilmente ha fatto le ferie proseguendo quelle cominciate all'inizio della legislatura o forse si è distaccato dalla realtà per una scelta necessitata di natura politica.

Vedete, egli dice: "Dobbiamo voltare pagina". Peccato che le pagine che ogni tanto voltate siano tutte bianche. Voltate pagine bianche a nastro! Di che cosa state parlando? Il discorso che ha fatto Sanjust vorrei prenderlo come esempio, farlo stampare, perché agli indomiti unitaristi che sono tra noi bisognerebbe spiegare che questa è la posizione che esprime questa maggioranza, e da lì partire per avere delle ragioni - come quello che stiamo facendo anche oggi - per cercare di far capire che non è in gioco una partita del miserevole frontismo fra schieramenti: ci sono delle materie, nella gestione dell'autonomia, che non sono assolutamente mediabili col frontismo politico, quello che anche in quest'Aula cerchiamo di scimmiottare sulla base di ciò che vediamo altrove. L'autonomia è un'altra cosa, e lo dico anche a lei, presidente Lombardo. L'autonomia non è tenere una classe in ordine, contingentare le assenze e controllare che tutti stiano al loro posto, perché c'è anche un aspetto meritocratico, del contenuto, della capacità, della lungimiranza che una scolaresca riesce a esprimere nel fare il proprio dovere. Da questo punto di vista siamo molto distanti.

Collega Sanjust, il suo teorema è: anche se fosse la migliore cosa del mondo, poiché non mi piace chi l'ha fatta non mi piace neppure quel che ha fatto. Lei oggi ha detto questo, e questa è la misura del limite politico che noi abbiamo. Però, vorrei usare con il presidente Cappellacci, che ascolta altri, un linguaggio privo del tecnicismo che ogni tanto usiamo in quest'Aula per confondere prima noi e poi i cittadini. Primo aspetto: qui dentro non dobbiamo più parlare di vertenza. Non ci sono vertenze, quello che abbiamo di fronte da risolvere è un problema di semplice legalità. E' un problema di legalità, non è una vertenza. Il problema è quello di chiedere, a chi deve rispettare una legge di questo Stato, di rispettarla, punto. Da questo punto di vista, questo è quello che chiediamo al Presidente e alla Giunta, memori di quello che ha fatto il governatore della Sicilia - non certo un rivoluzionario di sinistra! -, il quale, quando gli è stata ventilata l'idea che gli stessero scippando dei soldi, è arrivato fino al punto di minacciare la scissione dal proprio raggruppamento politico, dal quale si aspettava coerenza. E' recentissima l'opinione di un uomo della destra, il quale, ricalcando quello che noi diciamo da anni, denuncia la lesione dei diritti nazionali a causa di una politica che sta separando il Mezzogiorno dal Nord Italia, chiede al Governo nazionale di rimettere i fondi FAS dov'erano, perché ciò rientra nei diritti che spettano ai cittadini del Meridione, e sostiene che sul federalismo bisognerà discutere, perché se consiste in una norma per avvantaggiare i più voraci non è federalismo. Insomma, quest'uomo vi ha esortato - vale infatti anche per voi - a uscire finalmente da questa condizione che pensate di esercitare con una propaganda infinita e a passare dalle parole ai fatti.

Vedete, il problema delle entrate va molto oltre noi stessi, la nostra vita e anche le nostre aspettative, perché quando noi chiediamo le entrate dovute non lo facciamo perché non abbiamo un progetto, ma vorremmo che chi governa ci dicesse qual è il suo progetto per utilizzare quelle risorse. Le risorse da utilizzare oggi, colleghi, sono quelle che generano reddito e la garanzia che il nostro gettito tributario mantenga nel tempo livelli tali da consentirci di fare dei progetti. Cioè, oggi il problema delle entrate è quello di generare ricchezza che in qualche modo legittimi continuativamente il nostro regime delle entrate. Avere oggi una battuta d'arresto o una distrazione significa far pagare alle generazioni future tale distrazione. E lo possiamo fare in nome di un frontismo per cui l'uomo nero sta da questa parte e chi volta pagine bianche dall'altra? Lo possiamo fare? Pensate che la gente lo capisca? Volete rispondere così ai pastori, con l'infinita propaganda dell'Assessore che, oggi ho visto, si fa sponsorizzare anche dall'organo di stampa della maggioranza? Suvvia!

Questa è una partita molto seria, che attiene proprio al cuore dell'autonomia; un'autonomia che ci chiede responsabilità. Se facessimo solo finta di essere responsabili certamente qualcuno lo aiutiamo, gli potremmo dare anche un supporto psicologico se fosse necessario, ma dobbiamo pensare che ci sono materie che non possono essere oggetto del contendere, e una di queste è la materia dell'autonomia, della vita, del futuro di questa regione. Io non sono molto interessato a litigare con voi perché si realizzi un fronte unitario. Non c'è un fronte unitario? Bene, allora ci dovete consentire di concludere, se alla fine di questa giornata non ci sarà un ordine del giorno unitario su questa questione, che abbiamo di fronte un Esecutivo che non è libero. Lo posso spiegare solo così l'impedimento ad assumere l'onere dell'autonomia in senso reale, l'impedimento di un Presidente che non ha la libertà di prendersi sulle spalle l'onere della difesa della sua regione. A me dei tecnicismi non importa nulla e lo potrei dire anche con una banalità: mi spiegate che norme di attuazione dello Statuto servono per attuare una legge ordinaria dello Stato? Se avessimo bisogno di una norma di attuazione, non avremmo a che fare con una legge ordinaria, ma siccome si tratta di una legge ordinaria dobbiamo solo chiedere che venga applicata! Da questo punto di vista accendere un conflitto di attribuzione anche in via cautelare avrebbe la misura, da parte di tutti noi, senza distinzione, della vocazione autonomistica che tutti noi possediamo, con le diverse sfumature e sensibilità; definirebbe in maniera chiara nei confronti del Governo l'autorevolezza del rapporto pattizio che noi vogliamo avere con lo Stato, nel senso che non siamo quelli che all'occorrenza si calano i pantaloni in danno della propria comunità. Capire o non capire, questo è il punto, anziché dire che la vicenda sulle entrate è stata una cosa nefasta. Io, da parte mia, posso ribattere al collega Sanjust che in diciassette mesi voi avete solo parlato delle cose che abbiamo fatto noi! State parlando solo delle cose che abbiamo fatto noi, il che vuol dire che, al di là del giudizio che date, state parlando di cose che abbiamo realizzato, di fatti. Ma delle cose che fate voi ne vorremo parlare qualche volta? Quando cominceremo a parlare delle cose che fate voi? Lì starebbe il progetto: noi vorremmo capire che idea avete voi della spendita di queste nuove entrate. E questo progetto è altrettanto importante nel momento in cui siete assediati dai problemi di questa regione e non ne risolvete uno, nella drammaticità di una situazione economica che sarà sempre più grave.

Questo è il punto, non solo evocare i problemi! Il nostro richiamo ha questo sapore, cioè farvi capire che su questa partita non c'è parte politica, che questa è la partita della Sardegna di oggi e della Sardegna del futuro e che quando domani qualcuno avrà da dire qualcosa ricorderà le grandi opere, la grande strategia istituzionale, la grande autorevolezza, la grande indipendenza e la grande visione della politica che ha dimostrato l'attuale classe politica!

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Agus. Ne ha facoltà.

AGUS (P.D.). Signora Presidente del Consiglio, signor Presidente della Regione, signori Assessori, onorevoli colleghe e colleghi, anch'io voglio esprimere un mio pensiero e non utilizzerò tutto il tempo a disposizione, perché non voglio implementare gli interventi, che mi sembrano stanchi, pur avendo di fronte un argomento piuttosto importante per la prospettiva, gli impegni e gli obiettivi che la Regione Sardegna credo si sia posta, anche attraverso le linee programmatiche, al momento del suo insediamento. E' una Regione che vuole quindi avere la sua determinazione, la sua autonomia, vuole rivendicare la sua problematicità nell'ambito dell'insularità. Sono temi, insomma, che penso costituiscano l'ossatura anche del futuro assetto federalistico dello Stato.

Vorrei fare una riflessione ulteriore per sottolineare non tanto gli aspetti polemici, che non mi interessa alimentare, bensì gli elementi di dialogo che possono essere utili per rafforzare l'intesa unitaria del popolo sardo, che è rappresentato da questa istituzione, verso una rivendicazione che mi sembra fondamentale, come ho detto, per il prosieguo delle azioni che questo Consiglio porrà in essere nei rapporti con lo Stato. Infatti, in quest'ultimo periodo, prima della pausa estiva, questo Consiglio regionale ha affrontato un tema, a mio avviso, di vitale importanza per i prossimi impegni istituzionali che lo attendono, come il federalismo fiscale e il nuovo Statuto. L'opportunità di riprendere uno degli argomenti fondamentali nei rapporti con lo Stato, e nella fattispecie l'applicazione del nuovo regime delle entrate, ci venne data dalla "manovrina" di 400 milioni di euro che ha tagliato tutta una serie di capitoli vitali per l'economia e l'assetto sociale dell'Isola, che sicuramente avremmo potuto perlomeno rimandare in attesa di un chiarimento su questo fondamentale aspetto. Il richiamo a cogliere quel momento per rilanciare una delle più importanti conquiste politico-fiscali della Sardegna non era strumentale, ma rappresentava e rappresenta il bisogno di un popolo alla propria autodeterminazione, nel rispetto della legge costituzionale del 26 febbraio del 1948, numero 3, sulla base della quale venne riformato l'articolo 8 del nostro Statuto.

Non credo sia inutile, ripeto, visti gli appuntamenti vitali che ci attendono, richiamare il profondo rispetto dell'ordinamento costituzionale e del Titolo V della Costituzione, che pone la Regione Sardegna, e così pure comuni e province, sullo stesso piano dello Stato, superando il ruolo di subalternità, così come recita l'articolo 116, in base al quale, appunto, il Friuli Venezia Giulia, la Sardegna, la Sicilia, il Trentino Alto Adige e la Valle d'Aosta "dispongono di forme e condizioni particolari di autonomia, secondo i rispettivi statuti speciali adottati con legge costituzionale". Quindi più che la polemica sulle azioni da fare, mi sembra che sia questo un elemento di fondamentale importanza nei rapporti con lo Stato rispetto alle leggi che lo Stato stesso si è dato.

Con la suddetta riforma dell'articolo 8, quindi, la Regione Sardegna si fa carico di sostenere peraltro le spese per le nuove funzioni (sanità, trasporti locali e continuità territoriale), per un importo pari a 1 miliardo e 600 milioni di euro; aspetto quest'ultimo fortemente contestato anche dal centrodestra che interpreta, o interpretava mi auguro, negativamente questa assunzione di nuove funzioni. Credo, invece, che sia il segno di una grande responsabilità politica che anticipa lo spirito del federalismo delle Regioni, del quale presto saremo chiamati a discutere. L'autodeterminazione non passa attraverso un rapporto di sudditanza con lo Stato, ma attraverso il coraggio di gestire i nostri problemi in un rapporto di sussidiarietà, presupposto essenziale per un federalismo corretto in una nazione dove gli squilibri sono più che evidenti e il cammino per un equilibrio diffuso della ricchezza e dei servizi è ancora di là da venire. Allora perché rinunciare alle conquiste istituzionali raggiunte? Il mancato trasferimento delle risorse è un grave atto istituzionale che pone gravi problemi allo sviluppo dell'Isola, già penalizzata dal mancato trasferimento, come tanti altri hanno detto, dei fondi FAS, ma non ultimo dal taglio effettuato dalla "manovrina", per non parlare del Patto di stabilità, che penalizza fortemente l'Isola. L'assunzione di responsabilità che deriva dalle nuove funzioni ha bisogno di quelle risorse perché credo, e credo sia a tutti noto, che i servizi in Sardegna abbiano un costo maggiore dovuto principalmente all'insularità, alla scarsa popolazione, peraltro distribuita in una vasta area territoriale. Credo sia difficile che i trasporti in Sardegna chiudano in pareggio visto lo squilibrio tra i costi per l'articolata rete ferroviaria, l'adeguamento e l'ammodernamento del parco macchine ai fini della sicurezza e l'utilizzo che ne fanno i residenti, insufficiente a colmare col prezzo del biglietto i costi di gestione. Così dicasi per la continuità territoriale: in una nazione federale non possono sussistere per i cittadini costi diversificati per la mobilità interna; il costo di percorrenza dovrebbe essere unitario per i cittadini, a prescindere dal tipo di spostamento, via terra, via mare o via aerea. Così dicasi per la sanità, articolata in un territorio esteso, che certamente necessita di un riordino globale, ma che oggi pesa sul bilancio regionale in maniera massiccia. Si può continuare così nel valutare tutte quelle funzioni di cui la Regione Sardegna ha il dovere, a mio avviso, di farsi carico per contribuire fattivamente alla costituzione di uno Stato federale.

Lo Stato, dunque, non può sottrarre risorse fondamentali per consentire alla Sardegna un'autodeterminazione certa in un ruolo paritetico. Senza tali condizioni non credo in uno sviluppo adeguato dell'Isola tale da consentirle con le proprie forze un progresso certo in linea con l'Europa, all'orizzonte del quale si guarda appunto all'Europa delle Regioni.

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Luciano Uras. Ne ha facoltà.

URAS LUCIANO (Comunisti-Sinistra Sarda-Rosso Mori). Presidente, chiedo la verifica del numero legale.

PRESIDENTE. Chi appoggia la richiesta?

(Appoggia la richiesta il consigliere Bruno.)

PRESIDENTE. Prego i colleghi di prendere posto e i consiglieri Segretari di stare al banco della Presidenza.

Terza verifica del numero legale

PRESIDENTE. Dispongo la verifica del numero legale con procedimento elettronico.

(Segue la verifica)

Prendo atto che i consiglieri Ben Amara, Cocco Daniele, Cherchi, Cuccu, Oppi e Zuncheddu sono presenti.

Risultato della verifica

PRESIDENTE. Sono presenti 60 consiglieri.

(Risultano presenti i consiglieri: Agus - Amadu - Barracciu - Ben Amara - Bruno - Campus - Capelli - Cherchi - Cocco Pietro - Contu Felice - Contu Mariano - Cossa - Cuccu - Cuccureddu - De Francisci - Dedoni - Dessì - Diana Giampaolo - Diana Mario - Espa - Floris Rosanna - Fois - Greco - Ladu - Lai - Lombardo - Lotto - Manca - Maninchedda - Mariani - Meloni Francesco - Meloni Valerio - Milia - Moriconi - Mula - Mulas - Murgioni - Obinu - Oppi - Peru - Petrini - Piras - Pitea - Pittalis - Planetta - Rodin - Sabatini - Sanjust - Sanna Giacomo - Sanna Gian Valerio - Sechi - Solinas Antonio - Solinas Christian - Soru - Steri - Uras - Vargiu - Zedda Alessandra - Zedda Massimo - Zuncheddu.)

Poiché il Consiglio è in numero legale, possiamo proseguire.

E' iscritto a parlare il consigliere Giampaolo Diana. Ne ha facoltà.

DIANA GIAMPAOLO (P.D.). Presidente, la prossima settimana dovrebbe avviarsi la sessione straordinaria sulle riforme. Ciò dovrebbe avvenire mentre il Parlamento è impegnato nell'attuazione del federalismo fiscale e nel Paese si avverte con preoccupazione che dall'agenda politica del centrodestra, e mi pare anche del centrosinistra, scompare del tutto la questione meridionale. Non solo, scompare la questione meridionale e si pone una questione settentrionale, che riguarda tutti. Le regioni più forti economicamente, e quindi anche politicamente, impongono all'agenda del Governo la questione settentrionale. Ancora, da più parti si ritiene superata la stagione delle specialità regionali. In Sardegna cresce a tutti i livelli il bisogno di un'autonomia capace di meglio interpretare le attese, le ansie di quest'Isola. E' un sentimento che cresce e coinvolge tutti: i partiti, le forze sociali, il sistema delle autonomie locali.

Credo che tutti noi, nessuno escluso, indipendentemente dall'attuale responsabilità di governo o di opposizione, ci rendiamo conto che il modello di federalismo fiscale che vuole attuare il Governo penalizzerà le regioni più deboli. Non c'è osservatore politico ed economico che non affermi con gravità questa preoccupazione. Anche perciò cresce in noi la preoccupazione che il federalismo fiscale venga attuato in assenza di applicazione dell'articolo 8, così come riscritto nel 2007, che significa, come spesso ci ha ricordato l'assessore La Spisa, un maggior gettito pari al 22 per cento in ragione d'anno. Autonomia, sovranità, esigibilità dei diritti hanno bisogno di risorse. Attenzione, noi rischiamo di fare una discussione sulle riforme e rischiamo di fare quella discussione non essendo riusciti nemmeno a rendere esigibile la riscrittura dello Statuto autonomistico. Qualcuno si chiede, anche in Sardegna, se bastino i 1.632 milioni di euro ascrivibili alla modifica dell'articolo 8 dello Statuto. Autorevoli personalità del centrosinistra e del centrodestra dicono delle condizioni di insularità, del ritardo di sviluppo che ancora registriamo; ritardo di sviluppo per tante ragioni, ne cito solo una: se assumiamo a base 100 la dotazione infrastrutturale materiale nazionale, la dotazione infrastrutturale della Sardegna a malapena arriva al 60 per cento. Non stanno meglio in questa regione, in particolare in quest'ultimo periodo, le infrastrutture immateriali. Siamo sempre più in basso soprattutto nella scuola, nell'istruzione più generale. Quindi servono maggiori risorse anche per esaltare l'autonomia, la specialità, la sovranità o anche qualcosa oltre questo, cose di cui discuteremo nei prossimi giorni, non appena si aprirà quella sessione.

Sulla nostra mozione tornerò dopo, vorrei ora richiamare invece la mozione che ha presentato l'onorevole Steri, che cito testualmente. Il collega Steri mi perdonerà se mi limito, ovviamente per ragioni di tempo, a richiamare tre questioni che lui ha posto, che condivido e che mi sembrano molto pertinenti in un'Aula che dovrebbe essere un pochino più attenta a una discussione come questa. L'onorevole Steri nel suo intervento diceva: "Questa è una battaglia di tutti. Non servono norme di attuazione, ma se dovessero servire per superare qualche inghippo, perché probabilmente i funzionari hanno scritto l'articolo in maniera tale...", insomma non ripeto tutto ciò che ha detto. Ha poi concluso dicendo: "E' inaccettabile la posizione del Governo. Dobbiamo fare una battaglia contro lo Stato". Sono parole pronunciate non certamente da un eversivo come il sottoscritto, ma da una persona di centro, alla quale credo si debba prestare grande attenzione quando si pronunciano affermazioni come queste.

E' una posizione strumentale? A me non pare affatto. E' una posizione seria, problematica, che si pone di fronte a problemi che abbiamo tutti, indipendentemente dalla responsabilità in questo momento di ognuno di noi. Io non credo sia strumentale, suggerisco questo: partiamo da qui, partiamo da quelle affermazioni. Sono affermazioni che vengono dai banchi della maggioranza e che credo meritino una riflessione seria da parte di tutti.

La nostra mozione, illustrata da Mario Bruno, è stata giudicata strumentale, ma credo sia un giudizio ingeneroso, che offende innanzitutto chi si è permesso di esprimere con questa lievità, con questa leggerezza, un giudizio del tutto fuori luogo come quello. Abbiamo presente quella mozione, abbiamo presente l'illustrazione che ne è stata fatta e le conclusioni nella sua presentazione. Vi chiedo: siete in grado, presidente Cappellacci, assessore La Spisa, di fornire al Consiglio regionale delle assicurazioni? E' nelle vostre disponibilità un qualcosa che metta in sicurezza questo Consiglio regionale relativamente all'esigibilità di quelle risorse? E se sì, sono nelle vostre disponibilità supporti cartacei che abbiano il carattere di cogenza che dimostrano queste affermazioni, che verbalmente più volte avete fornito in quest'Aula? Ancora, è nella vostra disponibilità un pezzo di carta che testimoni cronologicamente il trasferimento di quelle risorse? Ma è una richiesta assurda o è una richiesta di buon senso in un dibattito impegnato come questo?

Sono dubbi che si poneva anche l'onorevole Steri, credo quindi a nome di un partito importante di questo Consiglio regionale. Presidente Cappellacci, è in grado di fugare questi dubbi? Se sì, bene, mi creda. Non siamo qui solo e soltanto, come dice qualche collega della maggioranza, per agitare strumentalmente dei problemi; stiamo parlando di una questione seria che può cambiare la qualità del futuro di questa regione, la qualità del futuro della gente che noi rappresentiamo. Ma insomma, stiamo parlando di attuazione del nostro Statuto! Finora è stato calpestato, dimostrateci il contrario, per carità, saremo i primi a convenirne e a esserne soddisfatti. Ma che garanzia diamo al cosiddetto popolo sardo? Ma con quale faccia tosta, mi chiedo, apriremo nei prossimi giorni una sessione di riforme se non siamo in grado, se non siete in grado, di far rispettare la carta costituzionale di questa regione! Perché di questo stiamo parlando! Noi ci proponiamo una battaglia comune. Battaglia è un termine desueto, che non piace.

CAPELLI (U.D.C.). Vertenza!

DIANA GIAMPAOLO (P.D.). Perfetto, va benissimo il termine sindacale che propone il mio amico Roberto. Va benissimo soprattutto a me, ma usate voi il lessico che volete, proponete voi qualcosa.

Noi le chiediamo due cose, Presidente, alternative tra loro: o le risorse sono nella vostra disponibilità, e ce lo dite oggi e ce lo dimostrate, oppure lei si metta a capo di una protesta del popolo sardo. E' strumentale? Ma no, Presidente, attiro la sua attenzione: le ricordo che nel 2005, quando l'onorevole Soru era Presidente della Regione e io ero segretario della CGIL - lo ricorda bene Giorgio La Spisa - portammo a Roma 5 mila persone. Credetemi, costò parecchio in tutti i termini...

PRESIDENTE. Onorevole Diana, il tempo a sua disposizione è terminato.

E' iscritto a parlare il consigliere Antonio Solinas. Ne ha facoltà.

SOLINAS ANTONIO (P.D.). Presidente, iniziamo oggi una sessione consiliare importante sul ruolo che questo Consiglio dovrà svolgere, sul ruolo che la Sardegna andrà a svolgere all'interno dell'organizzazione costituzionale dello Stato italiano. Iniziamo oggi con un argomento fondamentale per il cammino stesso delle future riforme. Infatti è a mio avviso pregiudiziale, prima di andare a discutere di nuovo Statuto, di nuove regole, applicare le norme che già esistono. Nella passata legislatura ci fu un momento di grande unità della Sardegna intera. Tutto il Consiglio regionale - tranne l'onorevole Sanjust, oggi ho scoperto -, tutte le forze politiche, sociali e sindacali si unirono per far sì che la Sardegna avesse più risorse, avesse risorse certe su cui programmare il proprio futuro. Quella battaglia portò alla riscrittura dell'articolo 8 del nostro Statuto, che oggi è legge costituzionale dello Stato italiano; una legge che non viene applicata e la sua non applicazione sta portando danni alla Sardegna che si ritrova con meno risorse. La Sardegna, a dire la verità, in questi ultimi diciotto mesi è stata penalizzata continuamente, al contrario di altre regioni, anche in altri settori. La risposta peggiore che si poteva dare a un comportamento come questo è stata la cosiddetta "manovrina", approvata poco più di un mese fa, con la quale avete ridotto le entrate del bilancio di circa 400 milioni, non solo per il 2010, ma anche per i prossimi anni.

Il confronto con lo Stato non può essere di totale subalternità, la nostra storia autonomistica non ce lo permette, così come non ci consente di confrontarci con il Governo nazionale così come stiamo facendo attualmente sui drammatici problemi della pastorizia sarda. Al di là dell'incontro casuale al meeting di Rimini di Comunione e Liberazione, l'Assessore dell'agricoltura non è riuscito ancora ad affrontare con il ministro Galan i problemi della nostra pastorizia. Per ieri era stato annunciato con grande enfasi un incontro con il Ministro, con grande manifestazione a Roma dei rappresentanti di categoria, che si è concluso con un nulla di fatto: né il Ministro né il Sottosegretario si sono presentati all'incontro. Questo, a mio avviso, è l'importante risultato del grande lavoro che si è fatto in queste ultime settimane, non per unire il mondo agropastorale sardo, ma per dividerlo, forse con la convinzione da parte di qualcuno che chi la pensa in modo diverso non possa dire la sua!

L'agricoltura e la pastorizia sono la nostra industria, servono anche qui meno parole, più fatti e più unità. Avere più risorse può significare poter investire in un comparto importante, quale quello agropastorale, consentendo alle aziende sarde di essere competitive in un settore sempre più in crisi. Le chiediamo, Presidente, di essere un Presidente vero, il Presidente di tutti, anche di chi non l'ha votata. Bene hanno fatto CGIL, CISL, UIL, ANCI Sardegna e UPS a organizzare una giornata di confronto unitario per il 25 settembre prossimo a Oristano. Il mio partito non è tra gli organizzatori, ma insieme al Gruppo consiliare parteciperà convinto a questa manifestazione. Mi auguro e ci auguriamo che l'intero Consiglio regionale partecipi con la stessa convinzione. In gioco, cari colleghi, non è il vostro o il nostro futuro, ma il futuro della Sardegna e di tutti i sardi.

Signor Presidente, le stiamo chiedendo di guidare questa battaglia di dignità di tutto il popolo sardo. Le stiamo chiedendo di avere la forza, di avere la capacità politica di anteporre gli interessi della Sardegna agli interessi di partito. Grazie.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Vargiu. Ne ha facoltà.

VARGIU (Riformatori Sardi). Signora Presidente, colleghi del Consiglio, credo che il dibattito di oggi non sia stato privo di contenuti, né che sia stato un dibattito in cui non si sia ascoltato e non si siano prodotte da entrambe le parti considerazioni interessanti. Per conto dei Riformatori voglio provare ad aggiungere qualche cosa o a condividere una parte delle cose che sono state dette. Voglio provare a fare lo stesso lavoro che ha fatto qualche mio collega, andare cioè a verificare quali sono stati i momenti di unione che comunque questo Consiglio regionale ha già avuto su vertenze di questo genere. Il Consiglio regionale, infatti, nella scorsa legislatura ha fatto una battaglia importante, da cui è nato poi un articolo della legge finanziaria nazionale del 2007, che tra luci e ombre ha comunque comportato un aumento delle entrate riconosciute alla Regione Sardegna. Quel percorso, che venne fatto in larga parte in modo unitario, forse per un disguido, forse per un malinteso, forse per altri motivi che sono difficili da valutare anche in sede di ricostruzione, si interruppe quando i risultati vennero attribuiti a una sola parte politica e non all'intera classe politica regionale che aveva proposto quella vertenza. Ecco, io parto da loro per verificare se è possibile che questo Consiglio regionale eviti di ripercorrere strade che hanno portato a errore, prima di noi, tante generazioni della politica sarda, che in tante circostanze non sono riuscite a far valere quegli elementi di unità che sono gli unici che alla fine salvaguardano o possono salvaguardare un popolo con un'identità fiera come il nostro, ma anche con una consistenza numerica e una forza politica limitata come il nostro.

All'onorevole Gian Valerio Sanna, che interviene sempre in maniera molto puntuale sugli argomenti in discussione, vorrei chiedere senza polemica: aveva un senso portare oggi in Aula, su un argomento come quello della vertenza sulle entrate, un documento che è soltanto di parte? Il collega Sanna, con una veemenza che nasce dalla passione politica, si è scagliato contro quella parte della sua stessa parte politica che invece ha una vocazione unitaria nella gestione del problema, domandandosi, alla luce di quello che i colleghi del centrodestra affermano, come sia possibile pensare a una vertenza unitaria su queste cose. Collega Sanna, il ragionamento di chi vuole l'unità passa sempre attraverso la mediazione. Non è pensabile che il Consiglio regionale possa acquisire in toto un documento che viene prodotto con un intento che non sarà provocatorio, non sarà quello di dividere, ma sicuramente proviene soltanto da una parte politica. Chiunque faccia politica sa bene che è necessario esercitare una mediazione se si vogliono conseguire risultati che siano condivisi; mediazione sulla sostanza delle cose, anche su quelle su cui la mediazione si riduce, perché è giusto che sia così, ma soprattutto sul metodo della politica e che ci aiuta ad arrivare a scelte condivise.

Io sono d'accordo con quello che molti consiglieri del centrosinistra hanno detto. Noi Riformatori condividiamo pienamente l'indicazione che non c'è da stare sereni per i sardi, per la Sardegna, per la sua classe politica, per la sua classe dirigente, per quello che sta avvenendo a livello nazionale. E' evidente che andiamo verso un federalismo che dal nostro punto di vista è assolutamente asimmetrico, non è un federalismo della garanzia delle pari opportunità di chi vive nel territorio nazionale. Lo sappiamo perfettamente, condividiamo questa valutazione e questa preoccupazione e sappiamo perfettamente che se la legislatura nazionale non verrà interrotta, c'è una scadenza, che è quella del maggio del 2011, che porterà novità per la Sardegna e non saranno novità positive. Siamo perfettamente consapevoli che i decreti attuativi del federalismo fiscale non hanno conigli bianchi nel cilindro per i sardi, però sappiamo anche che con questi problemi dobbiamo confrontarci e che non ci confronteremo con una classe politica diversa da quella che siede oggi in Consiglio regionale e con una classe dirigente in Sardegna diversa da quella con cui questo Consiglio regionale si confronta quotidianamente. Sono questi gli strumenti che dobbiamo mettere a frutto insieme se vogliamo davvero che ci sia un'azione corale della Sardegna, del suo popolo, dei suoi rappresentanti. Anche quando siamo ritornati sul concetto dell'autonomia speciale della Sardegna, abbiamo letto l'opinione di fior di costituzionalisti, di esperti o scienziati del federalismo che ci hanno spiegato che non sussistono più le ragioni per cui la Sardegna possa essere considerata una Regione a statuto speciale, non sussistono più le ragioni della specialità, e addirittura il tipo di riforma che si prospetta, quella federale dello Stato, supererà lo stesso Statuto di specialità che oggi difende per certe misure e per certe parti la Regione Sardegna. Sappiamo che questo avviene, cioè questo federalismo asimmetrico, questo federalismo che non tiene conto o rischia di non tenere conto di chi è più debole, vedrà la Sardegna fare la sua parte nell'assalto alla diligenza, ma avendo un piccolo manipolo di forze a disposizione a confronto di altri che forse dispongono di strumenti di pressione, grimaldelli, elementi per ottenere in misura assai maggiore di noi. Però dobbiamo attrezzarci anche perché noi partiamo da una situazione di ritardo che è evidente, nel senso che i cittadini sardi non hanno pari opportunità rispetto ai cittadini del resto territorio nazionale. Basterebbe pensare all'insularità, non abbiamo pari opportunità; basterebbe citare qualche settore della nostra isola per poter capire qual è il ritardo dal punto di vista infrastrutturale che oggi che si pensa di darci di meno già scontiamo.

Io conosco bene il settore della sanità e, guardate, non è la stessa cosa essere ricoverati in un qualunque ospedale della Sardegna, anche nel migliore, o in un ospedale di buon livello di Milano, del Veneto, dell'Emilia-Romagna o della Toscana. Non è la stessa cosa, quindi non ci sono oggi pari opportunità per i cittadini sardi. Parliamo sempre dell'assenza di pari opportunità nello spostamento delle nostre merci e dei nostri cittadini da e per il continente. Ma neanche in Sardegna ci sono pari opportunità nello spostamento delle persone. Le nostre ferrovie non sono, lo sapete meglio di me, allo stesso livello delle ferrovie del resto d'Italia. Siamo l'unica regione che non ha l'elettrificazione, quindi gap infrastrutturali oggi ne esistono e penalizzano ogni cittadino sardo che non vede riconosciute le proprie pari opportunità nel territorio nazionale. Questo è l'argomento, l'elemento di partenza su cui esercitare un'azione comune.

Noi Riformatori abbiamo cercato di esprimere questo sentimento, con i pochi numeri che abbiamo per rappresentare quella parte di società che comunque rappresentiamo. L'abbiamo fatto attraverso la Costituente, che è stata un grande movimento di popolo che ha puntato in Sardegna a ritrovare quello spirito e quell'identità di popolo che ci possono consentire di essere gli interlocutori a livello nazionale. L'abbiamo fatto un anno e mezzo fa, due anni fa, attraverso la proposizione del Partito dei sardi, perché siamo convinti, e lo ripetiamo per la centesima volta, che non ci saranno, così come non ci sono stati, governi amici o governi nemici della Sardegna. Ci sono governi che vengono tirati per la giacchetta da portatori di interessi e che danno ai portatori di interessi in rapporto alla loro forza, perché questo è sempre stato nella storia del nostro popolo e della Sardegna. E allora, quanto maggiore è la nostra forza, quanto più saremo capaci di essere uniti - e il Partito dei sardi è la proiezione della nostra capacità di essere uniti, della nostra possibilità di incidere - tanto più avremo la capacità e la possibilità di difenderci nello scenario che tutti avete definito di federalismo asimmetrico, sul quale ci impegneremo nei prossimi mesi. Chi non ci crede, perché non tutti debbono o possono credere al Partito dei sardi e ci può essere chi è ingabbiato in altre logiche e in altri modi di ragionare, deve comunque garantire l'unità, che oggi è la nostra unica carta difensiva di fronte a uno scenario che tutti avete riassunto, tratteggiato e prefigurato nello stesso identico modo. Siamo d'accordo sulla diagnosi, sarebbe folle dividersi sulla terapia!

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Soru. Ne ha facoltà.

SORU (P.D.). Signora Presidente del Consiglio, signor Presidente della Regione, cari colleghi, siamo qui oggi a discutere questa mozione essenzialmente per due motivi: per richiamare l'attenzione sull'urgenza di ricostituire le entrate che spettano al bilancio della Regione e per richiamare l'urgenza di ricostituire la legalità nei comportamenti e nei rapporti tra la Regione e lo Stato. Lo stiamo facendo, credo, con responsabilità. Con responsabilità abbiamo richiamato l'attenzione del Consiglio su questo argomento semplicemente perché siamo ormai a settembre e nel silenzio, nell'indeterminatezza, nell'incertezza, siamo arrivati fino a oggi, dapprima senza sapere, ma oggi sapendo pienamente che nel bilancio dello Stato non ci sono le risorse che spettano alla nostra Regione per il 2010. Ce ne siamo resi conto nei giorni precedenti le ferie estive. Durante le ferie la Sardegna è tornata nelle cronache nazionali. Ce l'hanno fatta tornare i pastori, ce l'hanno fatta tornare le manifestazioni che hanno bloccato gli aeroporti e che continuano a crescere per numero e intensità, fino a una manifestazione che a me impressiona molto, annunciata per i prossimi giorni qui in Consiglio regionale, per la quale dovremmo iniziare ad attrezzarci, che prevede l'arrivo di 10 mila pastori, 300 cavalli e via dicendo. I pastori, che verranno a rappresentarci le loro urgenze, dicono che probabilmente occorrono 750 milioni di euro, occorrono cioè cifre vere, cifre importanti, per ristabilire un po' di calma nelle campagne e tra gli allevatori. Mi riferisco a questo fatto per ricordare che le entrate sono importanti, per ricordare che le risorse sono importanti e senza di esse difficilmente potremo arrivare a dare qualche risposta.

Noi abbiamo semplicemente richiamato la vostra attenzione su delle risorse importanti che sono state sottratte. Non c'è unità di pensiero sulla dimensione di queste risorse. In un documento di questa stessa Giunta regionale si dice che il netto tra nuove entrate e nuova responsabilità fosse di circa 1 miliardo e 600 milioni di euro, qualcuno dice che è meno, qualcuno toglie i 400 milioni delle minori entrate dovute al minore gettito fiscale a seguito della diminuzione del PIL. Vero è che il PIL sarebbe diminuito sia con questo regime fiscale che con quello precedente, il taglio di 400 milioni di euro ci sarebbe stato lo stesso e la differenza sarebbe di quell'ordine di grandezza, quindi circa 1 miliardo e 500 o 600 milioni di euro, ma qualunque sia l'entità stiamo parlando di cifre importantissime. Vuol dire, ad esempio, per un solo anno, 6 o 7 volte tanto quello che stanno chiedendo gli agricoltori e i pastori. Qualcuno dovrà dire loro che abbiamo affrontato il dibattito con poca attenzione e magari a settembre non avremo le risorse per rispondere alle loro richieste, perché non siamo stati capaci di difenderle quelle risorse. Ci siamo divisi sulla dimensione, ci siamo divisi sull'importanza o meno dell'articolo 8 e sul modo in cui è stato riscritto, con comportamenti autocrati - è stato detto - da parte dell'ex Presidente della Regione. Mi suona persino buffo sentirlo nelle parole di un signore che probabilmente partecipa a manifestazioni elettorali che vengono introdotte da una canzoncina che ricorda: "Meno male che Silvio c'è"!

Ci siamo divisi ancora una volta - mi dispiace, caro collega Floris - nel dubbio che quell'articolo sia stato riscritto bene, con le modalità giuste, che siano state dimenticate altre cose, che ci fosse ben altro da considerare. Certamente c'è ben altro, certamente ci sono tantissime altre cose, rimane il fatto che quell'articolo 8, pur modificabile - da sempre, purtroppo - con semplice legge dello Stato e non con il procedimento costituzionale, è dentro il nostro Statuto e quindi dentro una legge che ha valore costituzionale. E comunque esiste, è lì, e come tale credo che vada difeso, per i motivi finanziari e per il rispetto che si deve alla norma più importante a cui tutti noi ci riferiamo.

Questo Consiglio regionale esiste perché esiste lo Statuto, noi siamo il Consiglio regionale previsto da quello Statuto, su quello Statuto il Presidente della Regione giura, e credo che, in attesa di scrivere altri statuti, siamo qui innanzitutto per difendere quello Statuto. Noi oggi non riusciamo a difendere né le risorse che quello Statuto garantisce - che non sono una parola che vaga nell'aria, ma sono le risorse di cui dovremo parlare con i pastori fra dieci giorni - né il rispetto di quello Statuto così faticosamente conquistato. Che cos'altro ci devono fare prima che iniziamo a ribellarci? Che cos'altro ci può essere fatto per la nostra inconsistenza di comportamenti, oltre che addirittura azzerare il valore del nostro Statuto? L'articolo 8 può essere modificato, il Governo Berlusconi e la maggioranza che guida il Paese possono velocemente scrivere e approvare una legge di modifica dell'articolo 8, sentita la Regione, ma fintanto che non lo fanno quell'articolo è nel nostro Statuto, è la nostra stessa esistenza in vita. E se noi lo facciamo calpestare vuol dire che siamo già morti, vuol dire che stiamo negando la nostra funzione, da quella più alta a quella di tutti noi, qui, nei nostri banchi. E mentre anche questa giornata sarà consumata, sarà consumato comunque un Consiglio regionale che non è capace di ribellarsi a una prepotenza che non si era mai vista.

E allora, al di là delle cose che ci hanno diviso fino adesso, al di là dei giudizi forse dati con troppa facilità gli uni sugli altri, al di là dei numeri forse dati con troppa approssimazione, abbiamo ancora il tempo di ricordarle, signor Presidente della Regione, che c'è un'urgenza di denaro e di legalità e che noi siamo qui per aiutarla, se vorrà il nostro aiuto. Siamo qui per aiutarla perché vorremmo tutti assieme, ne sono sicuro, dare risposta a chi verrà fra dieci giorni, dare risposta alle persone che anche oggi sono qui sotto, dare risposta a quelle persone che verranno a parlarci di precariato e soprattutto di precariato nella scuola.

Ho qualche secondo ancora e vorrei utilizzarlo su questo argomento. Nei giorni scorsi si è parlato dell'andamento della scuola nella nostra regione rispetto ad altre regioni, dei miglioramenti o dei peggioramenti, dei passi avanti o dei passi indietro. Tra i passi avanti che non facciamo mai, la posizione peggiore che ricopriamo è nella qualità della scuola e nella qualità dell'insegnamento nella nostra regione. Possiamo sentirci tutti colpevoli o salvarci tutti, perché, come sappiamo, la scuola è responsabilità primaria dello Stato. C'è qui un dirigente scolastico nominato da Roma. Pagano i professori, è soprattutto nella loro responsabilità, io credo, se oggi gli studenti sardi sono i meno preparati d'Italia e se la Sardegna intera è forse la regione meno preparata d'Italia. A questa scuola noi possiamo rispondere continuando a licenziare gli studenti o consegnando le poche risorse che abbiamo alla Gelmini perché le utilizzi lei, eventualmente per perpetuare il livello bassissimo di qualità della scuola in Sardegna. Oppure sarebbe il caso di usare un po' di risorse, anzi tante, per provare a correggere gli errori gravissimi prodotti in cinquant'anni dal comportamento dello Stato sulla scuola in Sardegna.

Signor Presidente, siamo qui per dare una mano se serve, sta a lei avere l'intelligenza politica e la responsabilità di cogliere questa opportunità.

PRESIDENTE. I lavori della mattinata si concludono qui. Convoco la Conferenza dei Presidenti di Gruppo e ricordo che alle ore 16 è convocata la Giunta delle elezioni. Il Consiglio è riconvocato per questo pomeriggio, alle ore 17. Il primo iscritto a parlare è l'onorevole Adriano Salis.

La seduta è tolta alle ore 13 e 09.


[PS1] Dati corretti. M. Bruno si riferisce ai dati forniti da La Spisa

[PS2]minuscolo