Seduta n.291 del 01/02/2012 

CCXCI Seduta

Mercoledì 1° febbraio 2012

(POMERIDIANA)

Presidenza della Presidente LOMBARDO

indi

del Vicepresidente COSSA

indi

della Presidente LOMBARDO

La seduta è aperta alle ore 16 e 03.

MELONI FRANCESCO, Segretario f.f., dà lettura del processo verbale della seduta antimeridiana del 13 dicembre 2011 (283), che è approvato.

Congedi

PRESIDENTE. Comunico che i consiglieri regionali Mario Bruno, Pietro Cocco e Angelo Francesco Cuccureddu hanno chiesto congedo per la seduta pomeridiana del 1° febbraio 2012.

Poiché non vi sono opposizioni, i congedi si intendono accordati.

Annunzio di presentazione di proposta di legge

PRESIDENTE. Comunico che è stata presentata la seguente proposta di legge:

Lotto - Cucca - Diana Giampaolo - Agus - Cuccu - Sabatini:

"Istituzione, individuazione e disciplina dei distretti rurali, dei distretti agroalimentari di qualità e dei biodistretti". (357)

(Pervenuta il 31 gennaio 2012 e assegnata alla quinta Commissione.)

Annunzio di mozione

PRESIDENTE. Si dia annunzio della mozione pervenuta alla Presidenza.

MELONI FRANCESCO, Segretario f.f.:

"Mozione Dedoni - Cossa - Fois - Meloni Francesco - Mula - Vargiu sugli effetti dell'applicazione dell'articolo 13 del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, sul settore agro-pastorale sardo". (162)

PRESIDENTE. Considerata l'assenza della Giunta, sospendo la seduta sino alle ore 16 e 15.

(La seduta, sospesa alle ore 16 e 05, viene ripresa alle ore 16 e 29.)

Continuazione della discussione generale congiunta del "Documento annuale di programmazione economica e finanziaria (DAPEF)" (21/A) e dei disegni di legge: "Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale della Regione (legge finanziaria 2012)" (332/S/A) e "Bilancio di previsione per l'anno 2012 e bilancio pluriennale per gli anni 2012-2014" (333/A)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'esame congiunto del documento numero 21 e dei disegni di legge numero 332 e 333.

Dichiaro aperta la discussione generale. E' iscritto a parlare il consigliere Cucca che ha a disposizione venti minuti.

Ricordo che i consiglieri che intendono prendere la parola devono iscriversi non oltre la conclusione del primo intervento.

CUCCA (P.D.). Presidente, colleghi consiglieri, signori Assessori, la manovra finanziaria arriva in Aula. E' stato un percorso travagliato ma sicuramente proficuo, se è vero come è innegabilmente vero che ha generato un documento che consente oggi di smentire l'affermazione, a suo tempo fatta dall'Assessore della programmazione, secondo cui la finanziaria portata all'esame della Commissione era la migliore possibile.

E' evidente che quando c'è una comunione di intenti e una volontà di coesione i risultati sicuramente migliori sono alla nostra portata e il testo che è arrivato oggi in Aula è certamente migliore di quello a suo tempo presentato. Questo significa che il lavoro che è stato svolto in Commissione, con il concorso di tutte le forze politiche sotto la guida, che oserei definire illuminata e sicuramente anche coraggiosa, del Presidente della Commissione, ha consentito di riscrivere il documento, migliorandolo notevolmente e permettendo anche di liberare risorse che sino a oggi erano rimaste nascoste tra le pieghe del bilancio. Queste risorse serviranno, come dicevo, quanto meno a iniziare ad affrontare le emergenze che affliggono la Sardegna.

E' stato già detto dal collega Sabatini che sicuramente non c'è la soluzione, data la gravità della situazione, per queste emergenze, ma almeno si comincia a mettervi mano in maniera più seria .

In questa quattordicesima legislatura ci troviamo a esaminare la quarta finanziaria dal 2009 a oggi. Abbiamo via via parlato di finanziaria tecnica, di finanziaria magra, qualche volta l'abbiamo anche definita anoressica, e via discorrendo, ma per tutto questo periodo questa maggioranza ha omesso di affrontare in maniera seria le emergenze vere dell'Isola rinviando generalmente, nel momento dell'approvazione delle finanziarie, alle successive manovre di assestamento che tuttavia si sono rivelate totalmente inutili.

Le emergenze sono diventate sempre più numerose. La crisi economica che ha colpito il nostro Paese e l'Europa intera ha imposto severe misure che pesano oggi in maniera determinante sull'economia degli italiani, e oggi ci troviamo a vivere un momento che sicuramente è il peggiore dal opoguerra a oggi. La situazione a livello nazionale ed europeo ha certamente influito sullo stato della nostra economia. Le misure approvate dal Governo si pensa che possano generare in tempi brevi qualche frutto consentendo quindi la speranza in un futuro più roseo.

Secondo uno studio di Prometeia, che è il centro studi guidato dall'economista Paolo Onofri (centro studi che elabora previsioni sull'economia nazionale e internazionale) ci sarà sicuramente, a seguito di queste misure, uno scossone per la nostra economia. Ma la recessione che ci tocca quest'anno, con una contrazione del PIL pari all'1,7 per cento, va vista come una conseguenza della crisi finanziaria degli anni scorsi, e quindi sarà ancora un periodo di vacche magrissime, almeno il 2012; per il 2013, invece, è già prevista una certa ripresa destinata a evolversi ulteriormente a seguito dei provvedimenti finalizzati a ridurre le barriere protezionistiche nei diversi mercati.

Si intravedono, quindi, a livello nazionale degli sprazzi di luce, e questa situazione dovrebbe riverberarsi anche nella nostra Sardegna. Purtroppo però lo stesso centro studi registra per la Sardegna un rallentamento superiore, rispetto a quello nazionale, relativamente alla crescita del PIL. Questo dato conferma, quindi, che la gravissima crisi economica si riflette in Sardegna e in tutte le aree deboli in termini ancora più gravi. Il tasso di disoccupazione nella nostra Isola si attesta intorno al 14-15 per cento e la disastrata situazione dell'industria sarda è ormai nota a tutti. Alcoa, e quindi Macomer, sono solo le due ultime autentiche mazzate sulla disastrata industria di quest'Isola che seguono tutte le altre già tristemente note.

I contenuti specifici della manovra presentata dalla Giunta sono stati ampiamente esaminati dalla Commissione, che ha avuto anche l'opportunità di consultare varie espressioni sociali, economiche ed istituzionali. Da tutti, compresa la maggioranza, la manovra è stata giudicata non idonea, anzi totalmente inadeguata, a fronteggiare la crisi economica. Nessun progetto di ampio respiro, nessuna prospettiva di crescita, nessun sussulto innovativo che consentisse di ipotizzare un futuro certamente, non dico roseo per la nostra Isola, ma almeno di speranza di rinascita e di crescita. E' in questo quadro che si sono sviluppati, come dicevo, i lavori della Commissione che, con il concorso responsabile di tutte le forze politiche, comprese quelle dell'opposizione, ha sostanzialmente riscritto la manovra migliorandone i contenuti. E noi credo dobbiamo tutti quanti insieme ringraziare i commissari della terza Commissione che si sono rimboccati le maniche e hanno lavorato insieme, pur mantenendo ciascuno il ruolo che il responso elettorale ha loro assegnato, per ottenere un risultato che certamente non è il migliore che si potesse ottenere ma che costituisce sicuramente un grosso passo in avanti, e credo che noi abbiamo ancora l'opportunità di far qualcosa anche in quest'Aula.

Questo è un problema di metodo, e non è la prima volta che lo affermo. Io sono convinto che il metodo che è stato seguito nella terza Commissione debba lasciarci un insegnamento. Nei momenti di difficoltà estrema, come quello che stiamoattraversando, siamo tutti chiamati a fare la nostra parte per tentare di uscire dal pantano, e per fare ciò è necessaria la condivisione di tutti mediante un confronto sereno, che consenta di giungere alla sintesi che deve rappresentare comunque il perseguimento degli interessi della collettività. Questo dovrebbe essere l'obiettivo di tutti noi, l'obiettivo di tutti coloro che fanno politica.

Troppe volte, purtroppo, abbiamo assistito a un oblio di questi principi, e i risultati, purtroppo, li stiamo vivendo anche in questo momento. Non mi soffermo sui contenuti specifici, sono stati già trattati dal relatore di maggioranza e anche da quello di minoranza e avremo modo di tornarci durante l'esame dell'articolato. Sottolineo ancora che il miglioramento che si è avuto grazie ai lavori della Commissione è sotto gli occhi di tutti, però è altrettanto vero che quanto è stato fatto non è sicuramente sufficiente ed è necessario ipotizzare delle azioni nuove su diversi fronti.

In primis io credo sia necessario prendere atto una volta per tutte, al di là delle semplici petizioni di principio, che è necessario un nuovo piano di politica industriale. Da tempo, da anni ormai, non vediamo un piano serio di politica industriale. Io non voglio sminuire il lavoro che è stato svolto nel corso di questi ultimi anni dai vari Assessori che si sono succeduti, non è il mio intendimento fare polemica nei confronti di nessuno, però sono convinto che ormai è indispensabile un intervento organico che ponga fine ai provvedimenti tampone che hanno caratterizzato negli ultimi anni l'attività della Regione nel settore e hanno provocato un impiego spropositato di risorse che, il più delle volte, si è rivelato alla lunga inutile per la salvaguardia dei posti di lavoro.

Ancora: è necessario un piano organico per la realizzazione delle infrastrutture materiali e immateriali che ci consenta di diventare competitivi in un mercato nel quale la globalizzazione ha modificato totalmente i rapporti di forza tra i suoi protagonisti e nel quale la Sardegna è incredibilmente indietro. E' necessaria un'azione forte ed incisiva diretta alla valorizzazione delle grandi potenzialità presenti nell'Isola da realizzarsi attraverso progetti di ricerca e innovazione.

In questo senso io devo dare atto all'assessore La Spisa che la sua azione è spesso indirizzata in questa direzione, però purtroppo ancora non basta, bisogna metterci ancora più impegno, dovremmo mettere un po' tutti quanti noi molto più impegno in questa direzione per, come dicevo, rendere la Sardegna competitiva.

E' anche indispensabile affrontare in maniera definitiva le annose questioni relative alle fonti energetiche; senza un piano organico non saremo mai in condizione di essere competitivi sul piano internazionale perché comunque soffriremo dell'handicap dei costi dell'energia smisuratamente più alti rispetto al resto dell'Italia e dell'Europa.

Infine, occorre attivare in tempi brevissimi politiche di svolta che incidano sulla crescita economica e in grado di risolvere la drammatica crisi occupazionale. Vorrei esprimere a questo riguardo una considerazione sul problema lavoro, un argomento del quale spesso ci siamo ritrovati a parlare in convegni e riunioni di ogni genere. Io credo sia necessaria una riforma del mercato del lavoro e credo sia necessario e sia arrivato il momento di spostare l'attenzione dal singolo posto di lavoro al singolo lavoratore. In questo modo la difesa non sarà più rivolta ad uno specifico posto di lavoro che un'azienda, per i tanti motivi legati all'evoluzione del mercato, non è più in grado di sostenere e che lo Stato o la Regione tentano di mantenere in vita, ma l'attenzione si sposterà, anziché su quell'azienda che non è più in condizione di operare, direttamente sul lavoratore, con interventi idonei ad accompagnarlo verso nuove occupazioni. E' un sistema che nel Nord dell'Europa ha prodotto dei frutti assolutamente straordinari e forse sarebbe opportuno che anche noi dedicassimo attenzione a questo modo di affrontare le politiche del lavoro. Anche gli interventi relativi ai cantieri verdi - sempre per rimanere nel settore dell'occupazione - e ai cantieri comunali finalizzati all'occupazione e sostenuti anche dall'opposizione, devono essere considerati degli interventi tampone. Dobbiamo avere il coraggio di affermare che sono pura assistenza e sono interventi che in un certo senso nel passato hanno anche contribuito alle mortalità delle imprese locali.

Voi sapete che molti degli imprenditori contestano questi cantieri perché sostengono che molti lavoratori preferiscono trovare un'occupazione semestrale fruendo poi dell'indennità di disoccupazione nel semestre successivo, piuttosto che lavorare nelle loro aziende, e questo ha comportato per molte imprese la cessazione della propria attività. Questo sistema non può rimanere la regola e bisogna porvi rimedio. Io credo che la Commissione abbia perso una buona occasione perché il Gruppo del P.D. aveva presentato un emendamento per l'istituzione di un fondo anticongiunturale finalizzato alla realizzazione di opere pubbliche di interesse regionale, provinciale e comunale, per una spesa complessiva di 600 milioni di euro distribuiti in tre anni, che non è stato accolto dalla Giunta e dalla sua maggioranza.

Questo emendamento prevedeva un intervento attraverso il sistema delle opere pubbliche in grado di rivitalizzare il sistema delle imprese locali e ridurre in termini sicuramente più vantaggiosi sia l'alta percentuale di disoccupati sia l'alta percentuale di persone in cerca di prima occupazione

L'emendamento prevede inoltre, come obiettivo, l'utilizzo in termini corretti del bilancio pluriennale; lo stanziamento delle risorse è infatti definito sulla base delle necessità reali e dei flussi di cassa necessari per realizzare le opere. In tal senso si evita di ingessare le risorse e di incrementare la proliferazione dei residui passivi, che costituisce uno dei disastri del nostro bilancio negli ultimi anni. Se devo realizzare un'opera per la quale in termini di tempo reale mi occorrono tre anni è inutile prevedere la spesa in un anno solo; in questo modo si potrebbe anche dare senso alla pluriannualità del bilancio.

Su questo tema credo che sarebbe opportuno un ripensamento dell'Aula; non dico che si debba arrivare a fare una rivoluzione immediatamente, però indirizzare la propria attività in questo senso credo che potrebbe essere fruttuoso nell'interesse della nostra Isola e dei tanti disoccupati e inoccupati che ormai proliferano.

Vorrei fare infine un cenno sulle questioni che sono ancora aperte: la prima è la questione della definizione delle entrate relative all'articolo 8 novellato dello Statuto. Credo e affermo, con la certezza che tutti quanti voi condividiate questo pensiero, che i sardi abbiano il diritto di conoscere la verità sia in termini di reale quantificazione delle risorse che spettano alla Sardegna sia in termini di conoscenza dello "stato dell'arte" della vertenza con lo Stato.

Secondo tema ancora aperto - ne è stato già fatto cenno anche dal collega Sabatini - è quello del patto di stabilità interna. Devono essere ricontrattati i livelli di spesa imposti dal patto di stabilità interno. Se si esclude la spesa sanitaria non soggetta al vincolo del patto, la spesa sostenibile dalla Regione sembrerebbe attestarsi a poco di più di 2 miliardi e 700 milioni di euro, cifra irrisoria per fronteggiare adeguatamente la crisi in atto. Credo quindi che, al di là delle petizioni di principio, determinate dall'appartenenza politica, e dopo un lungo periodo nel quale oggettivamente, questo è innegabile, nessuno di noi lo può negare, questo Governo regionale non ha fatto granché per risolvere o almeno affrontare in maniera determinata e seria il problema, sia arrivato il momento di far sentire con autorevolezza la nostra voce, perché si ponga rimedio all'ingiustizia manifesta che patiamo ormai dal 2010, da quando, cioè, il nuovo sistema delle entrate sarebbe dovuto entrare a regime.

Io dico: bando alle divisioni, bando agli spot elettorali, bando alle fughe in avanti di qualcuno in dispregio di talaltro. Abbiamo reiteratamente e concordemente affermato l'enorme portata del risultato che era stato raggiunto nella vertenza delle entrate, ottenuto grazie ad uno straordinario momento di coesione di questo Consiglio. Ci siamo ritrovati tutti a Roma, tutti insieme, tutti insieme con una parte, con una buona parte del Popolo sardo, con una condivisione assoluta da parte di tutti a reclamare quello che ci spettava, abbiamo raggiunto quel risultato, che è stato successivamente svillaneggiato. Ad oggi di quel risultato ci rimangono soltanto gli oneri.

Credo sia arrivato il tempo di ricostruire quella unità di azione e di intenti. Chi non lo vuole fare, chi non è in grado di farlo, chi non è in grado di guidare le necessarie azioni, o peggio ha dimostrato di non avere l'autorevolezza per farlo, è bene che si faccia da parte, nell'interesse dei sardi e della Sardegna, che è preminente rispetto alle ambizioni e alle mire di pochi.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Ben Amara. Ne ha facoltà.

BEN AMARA (Gruppo Misto). Presidente, io tengo a ringraziare soprattutto la Commissione bilancio per il lavoro svolto durante questi ultimi giorni, ma rimango convinto del fatto che il difetto originario di questa finanziaria sia quello di non avere tenuto conto della manovra iniqua di Monti e delle sue negative ripercussioni, e anche del nuovo patto fiscale che è stato accettato lunedì scorso dai paesi dell'Europa.

Questa finanziaria non fa i conti con i limiti imposti dall'Unione europea, non risponde né all'intelletto collettivo né all'intellettualità comunitaria, non rispecchia le aspirazioni dei cittadini sardi, non recupera le risorse per gli investimenti e non attribuisce quasi niente al sistema delle autonomie locali per la promozione dell'occupazione. Non rientra per buona parte nei vincoli del patto di stabilità, non libera la spesa vincolata in modo da rendere spendibili i milioni per impresa, sviluppo, istruzione, lavori pubblici e occupazione, non fa diminuire i costi fissi della macchina pubblica che comporterebbe un risparmio di centinaia di milioni di euro, non distribuisce equamente e secondo i bisogni le risorse tra i diversi Assessorati, non tiene in considerazione che la crisi attuale è una crisi strutturale per eccellenza ma è anche una crisi conoscitiva e dunque colpisce ancora una volta un settore vitale per ogni crescita e sviluppo.

La cultura viene ferita nella sua anima, aggredita nel suo corpus: teatro, musica, spettacolo, arte e così via. Ed è evidente che lo sviluppo di ogni democrazia cognitiva è possibile solo nel quadro di un'organizzazione del sapere che richiami ad una riforma del pensiero e che permetterebbe non solo di separare per conoscere, ma di ricollegare ciò che è già separato. Se noi chiediamo alla Regione di investire di più nella cultura è perché siamo per una riforma non solo programmatica, ma soprattutto paradigmatica, che concerna le nostre attitudini ad organizzare le conoscenze. Pensiamo anche che ogni politica del bel vivere deve coltivare la poesia della vita, la quale implica la capacità di partecipazione affettiva, di ammirazione, di meraviglia, deve favorire la cultura estetica che ci aiuta a vivere poeticamente. Lo spettacolo, la musica, il teatro, la letteratura e la danza ci aiutano a meravigliarci e ci permettono di guardare anche l'orrore in faccia. La natura imita ciò che l'opera d'arte propone, ed è ciò che deve animare una politica della cultura. Una politica dell'estetica che contribuirebbe a democratizzare la poesia del vivere.

Il nostro Assessore della cultura, una persona impegnata, sa di sicuro che nessun paese o regione al mondo taglia i fondi della cultura, ed è l'investimento nella cultura che può permettere di favorire le capacità dello spirito e ripensare ai veri problemi individuali e collettivi nella loro complessità. L'esproprio del sapere non può essere compensato da nessun altra cosa, perché questa espropriazione pone il gran problema della democrazia cognitiva.

Questa finanziaria taglia anche i fondi per la lingua sarda, ben sapendo che sono a disposizione 1,6 miliardi di euro per la promozione della diversità linguistica e culturale dell'Unione. Con questa finanziaria la Regione si autoalimenta e si nutre senza nutrire gli altri, e conseguentemente non riesce a garantire grandi investimenti per lo sviluppo e l'occupazione. L'idea fissa di crescita dovrebbe essere sostituita da un complesso che comporta crescite diverse, decrescite diverse e stabilizzazioni diverse. Il puro calcolo economico come strumento di conoscenza ignora non solo le attività non monetizzabili, ma soprattutto ciò che non può essere calcolato, né misurato, vale a dire il tessuto stesso delle nostre vite.

Noi viviamo un sottosviluppo intellettuale, psichico e anche morale. Intellettuale perché la formazione disciplinare che riceviamo, insegnandoci a dissociare ogni cosa, ci ha fatto perdere l'attitudine a rilegare, e di colpo quella di pensare ai problemi fondamentali e globali. Psichico perché siamo dominati da una logica puramente economica che non vede nessuna prospettiva politica. Morale perché dappertutto l'egocentrismo prevale sulla solidarietà.

Sotto questa prospettiva la finanziaria è atemporale, spaziata (e necessita di un ulteriore cambiamento per essere condivisa) equa e democratica. Deve uscire dai calcoli prefabbricati. Ogni partito deve coltivare il suo giardino, la sua casta, i suoi aderenti, deve tenere in considerazione l'autosufficienza e l'autoregolamentazione dell'economia di mercato, e il profitto deve essere ulteriormente adeguato per una condotta razionale. L'amore di sé deve essere sufficiente a determinare un comportamento socialmente utile e razionale.

Questo taglio alla sfera cognitiva e conoscitiva è un delitto perfetto in una regione con un tasso di scolarizzazione basso (che ci allontana ancora di più dagli obiettivi di Lisbona del 2020 circa il livello d'istruzione dei paesi europei) dove il 36 per cento dei ragazzi non completa il percorso scolastico (contro il 22 per cento dell'intera Italia) e che conta una percentuale di laureati di circa il 13 per cento (contro una media nazionale del 18 per cento). Bisogna dunque rivisitare e risanare i finanziamenti per il fondo unico degli atenei. Non si può continuare a mortificare il sistema universitario isolano sul quale lo Stato, con la riforma Gelmini, ha già calato una pesante mannaia portando i dipendenti dell'Ateneo di Sassari, per esempio, da 700 a 600, e riducendo i corsi da 30 a 12.

La società del futuro è una società conoscitiva, la parola d'ordine del commissario dell'opera per l'istruzione è: "investire in istruzione, giovani e creatività". Nel piano finanziario dell'Unione la Commissione istruzione ha infatti proposto di portare a 15 miliardi di euro le risorse comunitarie destinate all'istruzione e alla formazione. Da noi invece il legame sociale, che è la prima condizione e necessità di ogni forma di sopravvivenza umana, viene sottoposto agli strappi continui di una competizione feroce, favorendo funzionalità protettiva e proteste individuali di fuga nei rifugi isolazionisti della mente e del comportamento.

Questa finanziaria non risponde a niente, non rispecchia le aspirazioni dei cittadini sardi, non recupera le risorse per gli investimenti. Per essere credibili, dunque, questa finanziaria deve ridurre il sottosviluppo e le disuguaglianze: più investimenti nelle strutture e infrastrutture, nella creazione di posti di lavoro stabili, soprattutto nel settore agricolo, alimentare, paesistico e ambientale, nel campo della cultura e del sapere. Deve mirare a farci uscire dalla crisi urbana che costringe intere comunità a vivere nei ghetti e nei luoghi inquinati e inquinanti.

Per quanto riguarda la sanità, le spese sono dal 2010 interamente a carico della Regione che provvederà a ripianare il disavanzo dello scorso anno stabilizzando la spesa. Per quel che riguarda il 2012 le ASL inoltre dovranno conseguire l'obiettivo dell'equilibrio economico finanziario, quindi oltre il 54 per cento delle risorse in bilancio regionale continuerà ad andarsene per le spese nella sanità: 3 miliardi e 799 milioni su quasi 7 miliardi.

Personalmente sono ben contento che il settore della sanità abbia preso più finanziamenti, ma la sanità deve tenere in considerazione il reddito dei cittadini per non penalizzare solo i poveri. La sanità deve essere pubblica, ma pubblica significa che i cittadini a basso reddito devono essere curati quasi gratuitamente; se si investe così tanto nella sanità bisogna anche controllare, vigilare e sorvegliare i più. Troppe assunzioni riguardano il personale amministrativo, mentre in corsia si avverte una forte carenza di personale e gli addetti sono costretti a sopportare turni di lavoro massacranti.

Non parliamo, poi, della spesa farmaceutica: la Sardegna registra, infatti, la più alta incidenza a livello nazionale per la spesa sostenuta relativamente alla voce farmaci; è una spesa fuori controllo, con fornitura di materiali senza gara e una politica sanitaria inadeguata. Oltre il 50 per cento di farmaci sono prescritti, somministrati in maniera non corretta e, quindi, dispendiosa per le casse della Regione.

Si potrebbe aggiungere in questo capitolo lo sperpero di denaro pubblico nelle cosiddette opere infrastrutturali: cantieri infiniti che a volte lasciano sul campo lavori incompiuti e nessun servizio. Basti pensare al tunnel dove sarebbero dovute passare le ambulanze all'ospedale di Santissima trinità (so di che cosa parlo perché sono stato ricoverato in quell'ospedale per circa 4 mesi). La Regione deve immediatamente predisporre il piano di rientro del deficit sanitario in Sardegna, un piano concordato con lo Stato; se questo non succederà il Governo potrebbe nominare un commissario per gestire la spesa sanitaria in Sardegna.

L'ANCI, l'unione provinciale e l'associazione degli enti locali vedono in questa finanziaria un forte rischio per la stessa esistenza del fondo unico, strumento irrinunciabile per il mantenimento delle prerogative del sistema delle autonomie locali, considerato che il trasferimento di competenze in capo all'unione delle province non è stato accompagnato da un adeguato trasferimento di risorse. E' evidente che, così, finiscono per essere a rischio scuole e strade. E' lo stesso Assessore ai lavori pubblici a denunciare l'insufficienza dei fondi necessari per garantire i servizi minimi.

E' deludente notare, ancora una volta, la più completa sottovalutazione del settore del turismo, che dovrebbe rappresentare l'elemento di sfida per un congruo rilancio dell'economia. Il budget infatti si è abbassato enormemente; la Regione sarda non solo taglia gli investimenti ma non riesce neanche ad usufruire delle risorse dell'Unione europea perché è avara nei progetti e ha questa tradizionale tendenza a sostituire i progetti con gli annunci.

Questa finanziaria chiede tanti sacrifici ai nostri cittadini, soprattutto ai poveri, ai disoccupati e ai precari. Ne consegue un'epidemia depressiva che non può stupire. Kant aveva ragione quando disceva che se la giustizia scompare non ha più alcun valore che vivano uomini sulla terra. Cari colleghi, l'assenza o l'essenza di un valore non si dà che con un risveglio, è questo respiro che ci manca a ridurre in cenere i nostri giorni, forse a ridurre anche la crescita del PIL, certamente a togliere credibilità alle parole stanche, ripetitive o alle pacche dei politici che dovrebbero dar forma ad una stagione nuova nella nostra Repubblica.

Diceva qualcuno che sotto un buon governo la povertà è una vergogna, sotto un cattivo Governo la ricchezza è una vergogna; oggi la crisi occupazionale che attraversiamo è doppia: colpisce le condizioni di lavoro e dell'impiego. Le condizioni di lavoro sono diventate più disastrose a causa del sovraccarico del personale, delle costrizioni, della competitività e della razionalizzazione. La riforma che proponiamo consiste nello sviluppare dentro le imprese e le amministrazioni una autentica razionalità umana che restauri la comunicazione tra i settori e scomparti ed autorizzi nello stesso tempo iniziative creatrici ed una partecipazione di tutti all'insieme del risultato.

Lo Stato assistenzialista o Welfare State è in regressione nel nostro paese, un nuovo tipo di assistenza è necessario. Non solo bisogna portare soccorso ai malati, ai disoccupati e ai poveri, ma l'aiuto pubblico deve necessariamente estendersi alla creazione di imprese e di opere necessarie al welfare collettivo; così lo Stato investitore sociale deve completare lo Stato assistenziale.

In materia di economia bisogna promuovere una economia equa, sociale e solidale in seno ad una economia pluralista. Il rigore e l'austerità rovinano la società. Ma l'austerità purtroppo è diventata un obbligo per l'Europa. Il pareggio di bilancio sarà scolpito nelle costituzioni di tutti gli Stati. Sul deficit e sull'obbligo di riduzione del debito avrà potere la Corte di giustizia europea, i limiti del debito saranno vincolati e validi per sempre, non si riuscirà mai a cambiarli attraverso maggioranze parlamentari. Questo è il patto fiscale accettato lunedì, due giorni fa, a Bruxelles da 25 dei 27 paesi dell'Unione europea.

Lo sconfitto più immediato qui è dunque Mario Monti che, a parte la credibilità internazionale, dovuta al suo curriculum vite, non ha ottenuto niente!

Mi fermo qui perché c'è molto chiasso…

PRESIDENTE. Ha ragione, colleghi chi non vuole seguire è pregato di uscire dall'aula!

E' iscritto a parlare il consigliere Lai. Ne ha facoltà.

LAI (P.d.L.). Presidente, colleghe e colleghi, l'impostazione data alla manovra finanziaria è stata oggetto di opinioni e valutazioni discordanti, ma l'esame del disegno di legge della Commissione bilancio ha visto un confronto costruttivo.

Quello delle entrate è un problema datato, e non è agevole riflettere sul fatto che ora si pagano le conseguenze di un sistema basato sul debito e che ci sono responsabilità da condividere. Ci sono state le difficoltà del momento, gli effetti della manovra Monti, ci sono stati anche periodi particolari in cui non c'era una comunicazione omogenea. C'è stato poi l'accantonamento di 867 milioni di euro per le Regioni a Statuto speciale come tributo al risanamento della spesa, che per la Sardegna si è tradotto in un accantonamento di 160 milioni di euro.

E' un accantonamento temporaneo, una sospensione della rivoluzione che non toglie certamente la titolarità di tale somma che potrà essere sicuramente liberata nel momento in cui si raggiungerà l'accordo con lo Stato per la legge numero 42. Sono state fatte valutazioni e sono state prese decisioni importanti di fronte a questo ulteriore elemento di difficoltà che è caduto sulla Commissione nel momento in cui iniziava l'esame del disegno di legge.

Noi rimaniamo dell'avviso - questa è la posizione naturalmente della maggioranza - che per quanto riguarda la definizione del livello delle entrate questa norma ci metta in condizione di trattare, perché presenta gravi profili di incompatibilità Costituzionale. Nel confronto con lo Stato di fronte a questa norma abbiamo sicuramente un elemento chiarissimo per eccepire l'illegittimità costituzionale.

Vorrei mettere ancora in evidenza l'impegno di tutti i componenti della terza Commissione, del suo Presidente, onorevole Pietrino Fois, per superare le difficoltà e per trovare un metodo di lavoro utile, efficace e condiviso, e l'atteggiamento responsabile della maggioranza. Sulla spinta proprio delle valutazioni da fare con l'intensità relativa alla gravità del momento, abbiamo agito in Commissione lavorando a tappe forzate e andando oltre le iniziali posizioni critiche legate alle diverse collocazioni politiche ed anche a quelle autocritiche, che pure ci sono state della stessa maggioranza, che comunque hanno avuto il merito di innescare quella giusta attenzione che ha fatto da base per l'articolato che è approdato in aula.

E' con questo spirito, credo, che tutti i consiglieri di maggioranza e opposizione, nonché la stessa Giunta nella persona dell'attentissimo assessore La Spisa, hanno agito. Ribadisco comunque che questa Giunta ha sempre risposto, e ha cercato di farlo al meglio, alle emergenze che hanno colpito l'Isola, e lo ha fatto in particolare con la sensibilità e l'intensità dell'Assessore del bilancio Zedda per le varie crisi industriali, dell'attuale assessore del lavoro Liori (in precedenza dell'assessore Manca) per le vertenze occupazionali e dell'onorevole Cherchi per il settore dell'agricoltura. Questo lavoro deve però proseguire con lo stesso impegno della maggioranza e con la vigile attenzione che ci impone il nostro ruolo di consiglieri.

Con questo spirito, grazie anche a questi apporti costruttivi, è stato possibile rivisitare i diversi capitoli di spesa ed operare in termini dinamici su alcune voci, consentendo di definire una risorsa (il cosiddetto castelletto di circa 145 milioni) che potrà essere utilizzata per le finalità di contrasto e di intervento imposte dall'emergenza.

C'è stato un incremento delle spese - riprendo naturalmente i dati così come sono stati delineati nella relazione dall'onorevole Fois - un incremento delle spese per i cantieri comunali e i cantieri verdi, un incremento delle risorse per i consorzi fidi per la garanzia di credito alle imprese, il finanziamento del progetto per le opere cantierabili e la sua prosecuzione per l'anno 2012-2013, la prosecuzione del progetto Master and Back, il rafforzamento dell'intervento per l'esenzione dell'IRAP per le piccole e medie imprese, l'orientamento di risorse non ancora impegnate, a valere sui fondi comunitari, al microcredito e al finanziamento dei progetti comunali per la creazione di imprese.

Si è tenuto conto delle osservazioni e dei rilievi espressi nel corso delle audizioni in cui si è manifestata un'esigenza di confronto, che pure c'è stato, con le parti sociali e con le rappresentanze del mondo delle imprese e della produzione. Ristabilire un'interlocuzione costruttiva è certamente un'esigenza che non si chiude in questa fase e che potrà avere un margine ancora più ampio in relazione alle difficoltà enormi del momento.

Si è cercato, e ritengo sia stato trovato, un equilibrio più sereno tra ruolo della Commissione e del Consiglio e la Giunta alla quale sono state chieste e ottenute significative aperture tenendo conto dell'esigenza di rivedere le priorità, le azioni più urgenti, le iniziative immediate. Sono state peraltro mantenute proposte della Giunta di pari natura e significato quali gli stanziamenti per le azioni sulla famiglia, l'intervento per il sistema idrico integrato e risorse da destinare alla scuola e all'Università.

Fermo restando che ognuno deve fare la sua parte, alla minoranza si può chiedere anche in questa fase di non avere atteggiamenti pregiudiziali; solo così si potranno cercare e trovare elementi di condivisione e spunti ulteriori di operatività costruttiva.

Per quanto riguarda l'articolo 1 il punto essenziale è l'iscrizione in bilancio delle entrate che la Regione rivendica nel confronto con lo Stato. Pareri autorevoli richiamano, a questo proposito, l'aspetto politico dell'operazione e non solo le valutazioni di carattere meramente contabile. Il ragionamento, in sostanza, è quello di legittimare la correttezza dell'operazione: se la Regione non iscrive tali somme nel suo bilancio è come se di fatto la Regione stessa riconoscesse che quelle somme rappresentano crediti non esigibili.

E' un'operazione trasparente perché le somme sono ben in evidenza: lo Stato nel 2010 e 2011 ha approvato il bilancio e sul comma 1 è subito chiamato ad esprimersi; è lo Stato in sostanza che deve dire con chiarezza che la posizione della Regione Sardegna non è attendibile, che non è valido il percorso istituzionale fin qui seguito. E quindi l'articolo 8 novellato è cogente, la somma è esigibile e la stessa Corte dei conti ha parificato il 2010. Questi sono i termini di una questione ancora aperta sulla quale certamente il Consiglio si confronterà con intensità in questi giorni.

Si è deciso di esaminare e approvare la finanziaria in Commissione apportando le significative modifiche di cui si è detto, anche in relazione alla effettiva possibilità di spesa che stabilisce il patto di stabilità, che è un vincolo ineludibile. A bilancio approvato in pareggio in ogni caso la spesa deve seguire il suo percorso secondo il patto di stabilità. Ecco perché si è proceduto a stabilire con ulteriore rigore, anche in rapporto a queste considerazioni, le priorità.

La manovra è ora all'esame dell'Aula, approviamola e andiamo a confronto con lo Stato integrando le azioni del Consiglio e della Giunta e auspicando un'interlocuzione veloce con il Governo nazionale. Questo è quanto noi abbiamo fatto in Commissione. E' stato perso tempo, la manovra è carta straccia, la finanziaria certamente a questo punto non si riscrive ma sicuramente è suscettibile di correzioni attraverso gli emendamenti. E io mi auguro, insomma, che possa continuare lo stesso proficuo metodo di lavoro e lo stesso impegno.

Altre osservazioni: si è proceduto ad una riscrittura, attraverso il comma 1 e il comma 2 dell'articolo 3, del precedente comma 1, e si sono avviate dinamiche importanti per superare definitivamente i criteri di attribuzione delle risorse con gli automatismi della spesa storica per quanto riguarda la sanità e impedendo di approvare bilanci in deficit.

Ritengo che la spesa sanitaria sia il nucleo centrale della politica finanziaria della Regione Sardegna, che tenere sotto controllo questa voce, salvaguardando la qualità del servizio offerto ai cittadini e i parametri operativi e professionali di tutto il personale sanitario sia doveroso da parte nostra: soltanto con l'attuazione dei meccanismi di controllo della spesa si può incidere sugli sprechi e destinare maggiori risorse laddove è necessario.

Nella stessa direzione si muove la riscrittura del comma 1 dell'articolo 3, come ho detto, col quale si pone la figura del direttore generale nella condizione di essere valutato nel merito e nella sua reale capacità di amministrazione, controllo e verifica, non solo degli obiettivi economici, ma anche degli obiettivi di efficienza, efficacia e qualità nelle prestazioni, e funzionalità dei servizi sanitari.

Credo quindi che ci stiamo muovendo nella direzione di un'amministrazione più efficiente per quanto concerne la sanità. Ma per realizzare questo obiettivo è fondamentale che vengano responsabilizzate sia la figura del direttore generale, sia tutte le figure dirigenziali, al perseguimento di finalità di più lunga portata. E' necessario, cioè, che il sistema sanitario regionale venga orientato verso un assetto virtuoso che, da un lato, contenga gli sprechi, dall'altro indirizzi la spesa laddove realmente è necessaria.

Per offrire a tutti i cittadini l'assistenza migliore, e agli operatori tutti gli strumenti più all'avanguardia disponibili sul mercato, occorre partire dal presupposto che non è certamente detto che le migliori prestazioni sanitarie siano quelle che costano di più. La razionalizzazione della spesa sanitaria porta a un miglioramento nel complesso dell'offerta sanitaria senza per questo necessariamente presupporre un aumento dei costi.

Altre valutazioni possono essere quelle relative al fatto che non si tagliano spese per il Piano straordinario per il lavoro, per l'istruzione e la ricerca nelle infrastrutture, si interviene con efficacia per l'università sarda, per il trasporto marittimo ed aereo. Per quanto riguarda il trasporto marittimo rimane la questione aperta delle criticità rappresentate nelle tratte per le isole minori (aspetto che riguarda in particolar modo, in termini davvero onerosi e pressanti, l'isola di La Maddalena, Sant'Antioco e Carloforte) che chiamerà naturalmente questo Consiglio a confrontarsi con la risoluzione recentemente approvata. Sulla metanizzazione vengono accantonate risorse importanti, mentre la spesa pro capite, nel sociale, nella nostra regione, vede la Sardegna ai primi posti a livello nazionale.

Chiudo auspicando che la finanziaria segua in Aula un iter veloce, nell'interesse della gente che ha tante legittime aspettative in un momento così drammatico per la nostra regione come quello attuale.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Capelli. Ne ha facoltà.

CAPELLI (Gruppo Misto).Presidente, credo che questa sia la dodicesima o tredicesima legge che noi esaminiamo in questa legislatura riguardante bilancio, finanziaria o leggi di assestamento. Per l'ennesima volta carichiamo la legge finanziaria di una valenza legislativa che non dovrebbe avere.

Abbiamo iniziato questa legislatura concordando con l'assessore La Spisa che la finanziaria avrebbe dovuto seguire un nuovo percorso, e devo dire che da allora ad oggi effettivamente un nuovo percorso è stato segnato. Non più una legge omnibus, non più una legge che rincorre le piccole e grandi aspettative dei territori, non più una legge carica di norme intruse, non più una legge che dà a tutti, o cerca di dare a tutti, quelle risposte piccole e grandi che l'azione legislativa della Giunta e del Consiglio non riesce a produrre nell'arco della legislatura.

Perciò abbiamo iniziato questo percorso imponendoci, di comune accordo, di esaminare la legge finanziaria per gli aspetti puramente finanziari, che comunque determinano delle scelte politiche, che sono legate ai programmi generali di sviluppo, ai programmi politici di una maggioranza, e a un documento, il DAPEF, che, di volta in volta, di anno in anno, aggiorna quegli obiettivi.

La manovra finanziaria si caratterizza per tre azioni fondamentali: il DAPEF, appunto, il Documento annuale di programmazione economica e finanziaria; la legge finanziaria in senso stretto, il bilancio. Insieme compongono la manovra finanziaria. Ho fatto la premessa di quale doveva essere l'indirizzo e di quale è stato di fatto questo indirizzo, e questa è sicuramente un'innovazione di questa legislatura. E si è cercato di tenere la barra dritta, rigettando le mille pressioni che volevano inserire nella stessa legge finanziaria modifiche di leggi esistenti, adeguamento di leggi del personale e quant'altro. E questo è stato un risultato importante.

A margine di quella decisione c'era però un'altra importante decisione, un'altra importante impostazione: le riforme, i cambiamenti, gli interventi fondamentali vanno effettuati con leggi di settore, con disegni di legge, proposte di legge. Le finanziarie di ieri rispondevano a questa esigenza, cioè a questa mancanza da parte del Consiglio e della Giunta, in modo particolare, inserendo disegni di legge nell'articolato della finanziaria stessa.

Il problema allora oggi qual è? Il problema è che abbiamo tenuto la barra dritta sulla manovra finanziaria, ma non abbiamo prodotto i disegni di legge e le proposte di legge (o meglio le proposte ci sono ma non sono state esaminate) perché di fatto si potesse andare incontro a quel cambiamento auspicato, fatto di riforme, di leggi di settore, di adeguamento al mondo di oggi della legislazione regionale. Tant'è che (come sempre io affermo, i numeri dicono molto più di tante parole, i numeri possono essere dei trattati, se letti attentamente) ci troviamo di fronte, nel triennio di questa legislatura, a una Giunta che ha presentato 80 disegni di legge, su complessivi 356 progetti di legge complessivi. Di questi 80 disegni di legge, più di un terzo rincorrono l'emergenza o fanno parte della manovra finanziaria.

Di fatto, perché rimanga memoria, non è stato approvato in questa legislatura un solo disegno di legge di riforma, a meno che non vogliamo considerare riforma la legge sul golf impugnata, il Piano casa impugnato, o altre leggi di questo genere. Non c'è nessun disegno di legge che prospetti un programma, o dia attuazione a un programma che è stato presentato dalla maggioranza.

Quindi ci ritroviamo a rincorrere le emergenze con la finanziaria e ci chiediamo: perché la gente è fuori che spinge sui cancelli (ormai solo una parete di cancelli ci divide la loro, una parete di cancelli che, sempre di più, tende a non sopportare la spinta) perché non si è riusciti a dare risposte nel campo del lavoro, della disoccupazione, della continuità territoriale, della riforma sanitaria citata poc'anzi? Dimentichiamo che la Commissione settima ha esitato un disegno di legge di riforma sanitaria e che la maggioranza non vuole portare all'attenzione dell'Aula quella riforma sanitaria?

E allora ci troviamo, per tornare al tema di oggi, quindi al bilancio e alla finanziaria, a dire che la sanità grava, per il 60 per cento circa, compresi gli oneri relativi al sociale, sul bilancio della Regione, o che la continuità territoriale ci pesa, perché totalmente finanziata dalle casse regionali, e interveniamo con progetti di legge, veloci, immediati, d'emergenza, per dare continuità alla continuità territoriale.

Allora, cos'è che non funziona in tutto questo? Che continuiamo a rincorrere le emergenze, continuiamo a non seguire un programma, a dedicarci attivamente, con idee, con progetti, con interventi, alla risoluzione delle problematiche che, ormai, investono da decenni la nostra società e la nostra Regione. Quindi l'attività legislativa, che dovrebbe impegnarci sul tema del lavoro e della disoccupazione, sul tema delle infrastrutture e degli investimenti infrastrutturali (che, ormai, in maniera atavica, si rincorrono in quest'Aula, come enunciazioni, ma non come soluzioni) sul tema del sociale, sul tema, insomma, delle emergenze, non viene affrontata in maniera decisa da questa Giunta e da questa maggioranza. Però ci contraddistinguiamo nella comunicazione.

Andando infatti a rivedere gli articoli pubblicati in questi mesi, in questi anni, sulla stampa (e vi prego di farlo) non si trova alcun riferimento a un confronto costruttivo all'interno della maggioranza su una di queste problematiche. Per esempio, non c'è un confronto, o non si riporta di un confronto tra i partiti politici, o tra i rappresentanti politici sul tema del lavoro, non c'è nessun richiamo nella stampa, in questi ultimi 3 anni, su una diversità di vedute o ricerca di un punto di caduta sulle tematiche del lavoro, su come realizzare la continuità territoriale, su come intervenire sulla sanità: non c'è traccia! Conquista invece le prime pagine dei nostri quotidiani e le notizie di apertura dei nostri telegiornali la continua attività, il continuo confronto e la dialettica aperta su chi nominare a est, quale incarico dare a ovest, e lì si accendono le polemiche, fino a minacciare la sfiducia, fino a dire: "Se non mi dai quel pezzo, io me ne vado".

Allora, è questa la risposta a quel cancello che trema e a quelle persone che fanno tremare quei cancelli? Mentre si cerca spasmodicamente di farci ricevere dal neo Governo Monti o di far ricevere qualcuno dal neo Governo Monti per discutere sulla problematica delle entrate, del patto di stabilità, gravissimo, che condiziona anche questa finanziaria e questo bilancio, la maggioranza sorge agli onori delle cronache perché deve decidere come commissariare, chi commissariare, chi nominare, dove nominare, per poi fare sempre la scelta peggiore, senza rispettare i criteri di nomina, i titoli, i bilanci.

Vedete, io devo veramente ringraziare i componenti la Commissione, che doverosamente hanno svolto il loro ruolo, il Presidente della stessa, che è riuscito a tenere insieme momenti anche difficili di confronto, la Giunta per la sua collaborazione e il rappresentante della Giunta, l'onorevole La Spisa, che non lo accomunerei nella Giunta, e infine i funzionari sia della Giunta sia del Consiglio, che hanno lavorato alacremente per fare sintesi di situazioni difficili e a volte confuse. Si è però lavorato invertendo un percorso.

Finalmente, infatti, fin dai primi giorni dell'esame della finanziaria, è emerso- ho cercato di far emergere, poi in diversi se ne sono appropriati, ma non è questo il problema - che noi avevamo un'occasione con l'esame di questa manovra finanziaria: quella di procedere ad una seria revisione della spesa. La prassi vuole che si esamini prima il DAPEF, il documento di programmazione economica finanziaria, poi la finanziaria in senso stretto e, infine, il bilancio. Bene, abbiamo un'occasione, iniziamo dal bilancio.

Abbiamo minori entrate, e tra le minori entrate abbiamo il problema della vertenza sulle entrate? Non sappiamo ancora se ci verranno riconosciute quelle del 2010-2011? Insistiamo pure ad inserirle per il 2012, non voglio polemizzare su questo, ma è innegabile, comunque, che tutto questo determini una maggiore attenzione alla spesa. Fatto pure salvo che abbiamo quelle risorse, dobbiamo pensare a degli investimenti che non ci sono consentiti, visto l'ingessatura determinata dalla spesa corrente, dalla spesa sanitaria, dal patto di stabilità e quant'altro.

Bene, dobbiamo allora iniziare dalla spesa, cioè a limare (e anche i numeri qui sono importanti) quei 4697 capitoli, tra entrata e spesa (881 di entrata e 3816 di spesa) ad analizzare in maniera certosina la spesa per tagliare tra 3816 capitoli quelli inutili. Il bilancio della Fiat ha meno capitoli di spesa, ma non è un esempio calzante, è solo per dare la dimensione del fenomeno. In questi capitoli di spesa c'è di tutto, e li abbiamo portati, esaminati dopo aver avviato le audizioni.

Bene, diciamo le cose come stanno: io non ho sentito in audizione una sola parte sociale che abbia offerto la sua disponibilità a rivedere i suoi privilegi. E parlo di tutti: parlo dei sindacati, parlo delle associazioni datoriali, parlo di tutti! Bisogna sempre tagliare qualcosa agli altri, perché così noi possiamo ottenere qualcosa. E' vergognoso questo atteggiamento! E poi queste associazioni datoriali me le ritrovo nella cosiddetta cabina di regia, che il nostro grande regista, grandissimo regista, il Presidente della Giunta, ha formato mentre in Commissione si lavorava e si faceva tutto quello che lui, per anni, non ha fatto. E l'hanno fatto i colleghi della maggioranza e i colleghi della minoranza.

Abbiamo lavorato come non mai, credo, come non mai non in termini quantitativi o qualitativi, ma veramente in una situazione diversa, e, allo stesso tempo, continuavamo la mattina a leggere sulla stampa che il nostro Presidente organizzava le cabine di regia, come l'ultima, quella di ieri a Roma: una buffonata! Io non ci sto a quel tipo di unità, falsa e improduttiva. Sono una voce fuori dal coro? Scusatemi, ma io non ci sto!

Io auspico che quest'Aula, in maniera veloce ma attenta, finisca l'esame della finanziaria e del bilancio, consegni alla Sardegna questo bilancio e questa finanziaria, e dopo si ricominci, si cambi pagina, si cambi Presidente. Se ne vada, Presidente, perché lei non è rappresentativo, non è autorevole, non ha idee, ma sa soltanto gestire occasionalmente la clientela.

In Commissione si è lavorato in maniera, si dice, trasversale. No, si è lavorato tra persone di buon senso che hanno esaminato i capitoli della pubblicità istituzionale e hanno detto unanimemente basta. E mentre la Commissione lavorava in quella direzione mi ritrovo un atto di indirizzo sottoscritto dal direttore generale della Presidenza che comunica all'Aci che confermerà il milione e mezzo a suo tempo previsto per il rally, pur utile, della Sardegna, il rally mondiale del 2010, che poi mondiale non è stato (e infatti la Procura sta indagando da tempo su quella delibera). E questo mentre noi lavoravamo per dire che forse quei fondi sarebbero potuti servire per un posto del Master and Back in più, e l'abbiamo fatto tutti insieme.

Avete notato che non c'è stata una "targa" sui provvedimenti? Al di là di qualche eccezione, di chi ha voglia di comunicare comunque e sempre, magari anche iniziative non sue, è un fatto che interventi come lo stanziamento da parte del Consiglio di 18 milioni per il Master and Back, o il recupero di 145 milioni, non abbiano una targa; sono interventi frutto del lavoro della Commissione, di persone di buon senso che hanno lavorato in stretto raccordo con i gruppi a quel bilancio, a rivisitare quelle spese inutili, a tagliare lì dov'era possibile, a cercare di produrre una spesa subito fruibile per investimenti, per i cantieri, disponibile per il lavoro, disponibile a riconoscere che i nostri giovani hanno bisogno di aiuto come non mai.

Sono stati impartiti degli indirizzi chiari, sono state individuate delle priorità. Certo, manca ancora un po' di coraggio, di convinzione. Sappiamo tutti, quelli che lo hanno esaminato, che quei 3800 o 4000 articoli di bilancio hanno necessità di essere sfoltiti ulteriormente, almeno di altri 15 milioni, e c'è la possibilità di dare le risposte anche alle piccole necessità, perché diamo risposta al San Giovanni Battista con i 25 milioni, ma diamo anche la possibilità di aprire altri centri per l'assistenza a chi è più sfortunato.

Allora, visto che il tempo passa e non mi è consentito andare oltre, dico che quel voto di astensione, che ho espresso in Commissione per favorire un passaggio tranquillo della finanziaria, perché non si andasse a un pareggio tra chi era contrario e chi era a favore, potrebbe trasformarsi. Io vorrei e voglio votare a favore di questa manovra finanziaria, con un auspicio: che ci sia un ulteriore atto di coraggio, che il Presidente dimostri di aver coraggio andandosene a casa.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Sechi. Ne ha facoltà.

SECHI (Gruppo Misto). Presidente, colleghi, è a tutti evidente come in un momento di crisi drammatico come questo sia difficile far quadrare i conti e dare delle risposte, soprattutto con il bilancio della Regione Sardegna, di una terra, cioè, che è tra le più colpite del nostro Paese e del Mediterraneo. Una terra colpita da una crisi industriale che di fatto ha spazzato via l'industria, che ha messo in difficoltà il comparto agro-alimentare e quello zootecnico, che ha investito persino il settore turistico, scelto come comparto che avrebbe dovuto creare occupazione, sviluppo e immagine. Il problema è che poi a questi comparti in crisi si aggiunge la crisi di ogni altro comparto, e quindi la situazione è difficilissima.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE COSSA

(Segue SECHI.) A ciò si aggiungono, inoltre, i problemi già denunciati in altre occasioni, sottolineati ed evidenziati anche in interventi pronunciati in questo pomeriggio in quest'Aula, come l'invecchiamento della popolazione (perché in molte famiglie c'è difficoltà a mettere al mondo dei figli) un crollo dell'occupazione mai visto (forse non avevamo neanche il coraggio di pensare che si potesse arrivare al livello a cui siamo arrivati) e lo spopolamento dei centri minori (un dramma che colpisce soprattutto i paesi dell'interno).

A proposito di quest'ultimo problema voglio ricordare i tagli praticati in bilancio alla spesa per favorire la mobilità interna e il trasporto pubblico locale. E' una scelta doverosa, che però contribuisce ad aggravare ulteriormente questo fenomeno

Molti dei colleghi che mi hanno preceduto, lo stesso collega Capelli, hanno ringraziato tutti i commissari (di maggioranza e di opposizione) della terza Commissione, a iniziare dal suo Presidente, il collega Pietrino Fois, per il lavoro che hanno svolto per individuare come e dove poter effettuare tagli e incrementare la spesa, una spesa che dovrebbe essere rivolta soprattutto a favorire in qualche modo l'occupazione.

Prendiamo atto che quindi c'è stata la volontà condivisa da tutte le parti di cercare nuove risorse, e per trovare risorse in un momento in cui non ce ne sono si è operato attraverso pesanti tagli alla spesa. Io direi che, in ogni caso, si è fatto poco, troppo poco per rilanciare l'occupazione, e soprattutto rilanciare l'occupazione giovanile. I giovani sono la fascia più debole della società sarda, oggi quasi senza speranza.

Come voi ben sapete sono molti coloro che addirittura hanno rinunciato a cercare un posto di lavoro. E pensare che molti di questi giovani hanno fatto la scelta di studiare; sono tantissimi i giovani sardi diplomati, laureati, "masterizzati", specializzati, conoscitori di due, tre o più lingue e quindi preparatissimi, formati, però soprattutto disperati, senza prospettive e senza speranze, perché non vedono una via d'uscita da questa situazione difficile, e noi non siamo in grado di indicarla.

Manca probabilmente un'idea di Sardegna, un'idea di come la Sardegna possa muoversi, soprattutto di una Sardegna non dico indipendente, come tante volte sogniamo, manifestiamo, desideriamo (almeno parte di noi) ma libera, libera soprattutto di pensare, libera di progettare, libera di tracciare un futuro per questo popolo e per questa terra. Un popolo così disperato, depresso, sconsolato incontra anche difficoltà ad elaborare un'idea ed una strategia.

Abbiamo un bilancio ridotto (perché non siamo riusciti ad avere una risposta sulla vertenza entrate) ed estremamente rigido, un bilancio all'interno del quale gran parte della spesa è già scritta, è rappresentata da voci di spesa obbligata nei confronti delle quali ci sono pochi margini di manovra. Si è detto, lo ripeto anch'io, oltre il 50 per cento del bilancio è destinato alla spesa sanitaria: un colosso, un mostro. Però, com'è stato ricordato poc'anzi, a fronte di una montagna di denari spesi per la sanità, manca ancora una riforma sanitaria, quella riforma sanitaria che non si è voluta attuare e che probabilmente avrebbe consentito di razionalizzare la spesa e di trovare maggiori risorse.

Emerge una volontà condivisa, una volontà espressa nel recuperare i residui da utilizzare per rilanciare i settori produttivi ed in particolare i PIA, anche se siamo sempre in affanno, anche in questo ambito. Non vedo comunque una volontà ed una progettualità mirata al recupero delle aree industriali e delle bonifiche, che avevamo individuato anche in momenti precedenti come uno strumento per tamponare e dare risposta a un comparto che è stato cancellato.

Si registra all'interno di questa manovra una riduzione degli interventi a favore dell'edilizia abitativa, che rimane invece la vera emergenza di questa società sarda (tutti i giorni si legge sulla stampa quotidiana di atti di disperazione commessi da padri e madri che non riescono ad avere un alloggio per sé e per i propri familiari) ed è una riduzione che fa da contraltare a quella che è stata, invece, una vostra ossessione: quella del piano casa (fra l'altro naufragato).

C'è in questa manovra una scarsa attenzione per la difesa del suolo, per i veri rischi idrogeologici di una terra ferita da scelte urbanistiche nefaste del passato. Sono inesistenti anche le risorse per la mobilità e la viabilità interna. Abbiamo, fra l'altro, una rete viaria provinciale totalmente dissestata, pericolosa per lo stato delle pavimentazioni e degli asfalti, priva spessissimo di segnaletica orizzontale e verticale, che costituisce oltretutto un pessimo biglietto da visita per l'immagine turistica della Sardegna.

Abbiamo un patrimonio di edifici pubblici, ad iniziare dalle scuole e a concludere con gli edifici religiosi, in totale stato di abbandono, e non siamo in grado di trovare risorse per un loro ripristino, e soprattutto per quanto riguarda la scuola, per la messa in sicurezza dei diversi istituti. Si trova - giusto per evidenziare aspetti che hanno riguardato l'ottava Commissione di cui faccio parte - una nota positiva nell'incremento delle risorse a favore del trasporto scolastico per gli alunni pendolari mentre non troviamo altrettanta attenzione per gli interventi a favore degli alunni con disabilità, che rappresentano un problema che ogni anno viene evidenziato dai diversi operatori scolastici.

Così come non ci sono risorse per il contrasto alla dispersione scolastica, e la nostra Regione, la Regione Sardegna è tra quelle che hanno la più alta percentuale di dispersione scolastica. Si registra un taglio delle risorse destinate alla scuola superiore per interpreti e traduttori (è anche quella un'eccellenza che forse avrebbe meritato diversa attenzione) così come a quelle destinate all'università diffusa. Forse si tratta di scelte obbligate per favorire altri interventi. Ai tagli indistinti al settore della formazione si affiancano persino quelli alle scuole dell'infanzia.

E' evidente che il mondo della scuola, che è già in sofferenza, non ha goduto all'interno di questo strumento le attenzioni che forse si aspettava, e la stessa considerazione vale con riferimento ai tagli alla cultura in generale e alla lingua e alla cultura di Sardegna.

Io credo che non si possa rimanere insensibili di fronte al ripetuto grido e appello che il collega Roberto Capelli ha lanciato in merito alle spese per l'effimero, per la pubblicità, per le amenità. Si tratta spesso di interventi che vengono individuati come importanti per la promozione della Sardegna ma, devo dire, alla fine si eccede nel dedicarvi attenzioni. Questo lo fanno anche gli enti locali che, da un alto, lamentano la scarsità di risorse trasferitegli, dall'altro spesso si dimostrano poco oculati nello spendere risorse in fiere o in iniziative di promozione turistica slegate le une dalle altre.

Per concludere, nonostante credo ci sia un atteggiamento in quest'Aula di disponibilità a una collaborazione fattiva proprio per risolvere i problemi, manca un'idea di Sardegna, manca un progetto ed una strategia a favore del sistema delle autonomie locali che chiedono una maggiore attenzione.. Tutto sommato io credo che in questo strumento si sia riusciti a individuare problemi, priorità ed urgenze; tutti consapevoli delle questioni che ho tentato di mettere in evidenza e di quelle che hanno messo in evidenza i colleghi. Di sicuro, però, non siamo riusciti a trovare le soluzioni dei problemi, delle priorità e delle urgenze.

Mancano soprattutto attenzioni particolari al problema dell'energia, manca un piano per l'energia, mancano attenzioni adeguate al problema centrale dei trasporti, che è un problema fondamentale e che meriterebbe un interessamento ben maggiore e più forte, più determinato da parte di noi tutti. Manca soprattutto una politica per il lavoro, e mi ricollego a ciò che ho detto prima a proposito di disoccupazione giovanile e del dramma che vivono le nostre generazioni più giovani e più in difficoltà.

E' assente un sentimento identitario, un elemento che caratterizzi gli interventi a favore della nostra Sardegna, del popolo di Sardegna, anche se è vero che in questa manovra mancano soprattutto risorse; risorse della cui assenza tutti ci lamentiamo ma che troviamo difficoltà a reperire e ad ottenere, ad iniziare da quelle che dovrebbe trasmetterci lo Stato.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Agus. Ne ha facoltà.

AGUS (P.D.). Presidente, Assessori, colleghi, siamo in un momento importante della vita di questo Consiglio e le finanziarie sono un appuntamento decisivo, non foss'altro perché aprono alla speranza di prospettive possibili, specie in questo momento di grandi difficoltà, di grandi ristrettezze economiche e di grandi sacrifici per quella parte della popolazione che più di ogni altra già soffre la mancanza di lavoro, la sfiducia nel futuro. Quindi un impegno importante, una sessione di bilancio segnata anche dai mancati trasferimenti legati all'articolo 8, che ancora pesano sul nostro bilancio e sullo sviluppo possibile della nostra Isola. A ciò si aggiunge la grande difficoltà economica e sociale a livello nazionale, europeo, e chiaramente regionale. Un bilancio che cerca di mantenere lo status quo, pur a fronte di tagli diffusi che riducono importanti voci di spesa.

Debbo sottolineare lo sforzo comunque compiuto dalla Commissione consiliare, che in molti momenti in questo Consiglio ha trovato sinergie per cercare di dare risposte perlomeno a quelle frange di popolazione, a quei settori della popolazione che più di tutti soffrono il disagio sociale aggravato dalla diffusa crisi economica che stiamo attraversando. Quindi devo dare atto alla terza Commissione, alla Commissione bilancio appunto, di essere riuscita a trovare la forza di recuperare risorse da destinare alla fascia più debole della popolazione, a quella fascia che in un momento di crisi deve essere aiutata per prima, perché è quella che stenta maggiormente a superare la difficoltà, è quella che più di tutte cade in crisi depressiva e quindi anche in crisi d'identità e di prospettiva. E noi sappiamo, anche se non riusciamo a quantificarlo, quanto questi elementi pesino già sul bilancio della Regione.

Sappiamo che la mancanza di lavoro, la situazione di disagio sociale si scarica poi in una voce del bilancio che pesa fortemente, come la spesa sanitaria, perché laddove non si riesce a sostenere quelle parti di popolazioni in difficoltà la soluzione a quei problemi diventa la spesa sanitaria; è un costo che non riusciamo a quantificare ma credo che sia enorme. Quindi il pensare a queste fasce deboli della popolazione vuol dire anche aiutare quella partita di bilancio che tutti segnaliamo ogni anno come quella più critica, quella più difficile da gestire, quella comunque più importante. La salute è uno degli elementi portanti della nostra comunità.

Il finanziamento di opere immediatamente cantierabili, pertanto, oltre ad offrire una risposta immediata al disagio sociale, apre prospettive a quelle piccole imprese dei nostri comuni che spesso si trovano in difficoltà più delle grandi, perché costrette a muoversi in contesti non più ampi di quelli esclusivamente locali. Le piccole imprese hanno, infatti, un orizzonte limitato, non sono in grado di aggiudicarsi grossi appalti (posto che ancora ce ne siano) e sono pertanto spesso costrette a lavorare in subappalto. E sappiamo tutti che, in una situazione di carenza di opportunità e di lavoro, e quindi di carenza di lavori pubblici, spesso le piccole imprese sono costrette ad accettare subappalti al limite della legalità.

Quindi è importante questa risorsa che si è riusciti a recuperare, così come è importante il microcredito che offre la possibilità ai giovani, alle piccole imprese, anche familiari, di mettersi in gioco. E noi sappiamo quante micro imprese possono nascere nella nostra comunità.

Una prospettiva, che però ancora stenta a decollare - poi ci ritornerò - è quella della trasformazione dei prodotti tradizionali che affondano le radici nella cultura locale e che godono comunque di un mercato di nicchia interessante. E' questo mercato di nicchia che spesso spinge unità familiari a costituire piccole imprese per la produzione di prodotti tipici locali. La riduzione dell'IRAP potrebbe costituire un aiuto anche per queste imprese.

Per quanto riguarda i fondi per l'edilizia abitativa (ne abbiamo accennato quando si è parlato appunto di piano casa) abbiamo detto che la prospettiva del non lavoro non consente alle giovani coppie di programmarsi il futuro, e quindi anche l'impegno dell'acquisto della prima casa diventa problematico. Pertanto bene fa la Regione Sardegna a stanziare risorse per il fondo per l'edilizia abitativa. Il fatto di avere uno spazio fisico in cui costruire un'unità familiare è il presupposto anche questo di benessere, altrimenti è difficile che le nuove coppie possano intraprendere un percorso di vita sereno.

Assistiamo tutti i giorni all'occupazione abusiva di case di edilizia economica e popolare, a situazioni di vita non certo ideale, tutti elementi caratterizzanti di una difficoltà sociale che poi si scarica in quella partita di bilancio a noi molto cara, e che spero in quest'Aula presto si affronti, perché può essere abbattuta non solo con l'intervento a sostegno delle nostre comunità, ma anche con la gestione organica di un sistema diffuso regionalmente, che è ancora molto carente e disarticolato e non compiutamente organizzato.

Quindi vanno benissimo i cantieri comunali, anche questo è un intervento importante; del resto noi più volte abbiamo sollecitato la Regione ad aiutare i comuni perché sono le entità più vicine ai cittadini, quelle che ne conoscono i bisogni e che conoscono quasi per nome i cittadini bisognosi, i cittadini che in questo momento non riescono a trovare lavoro.

I dati della disoccupazione sono dati piuttosto sostenuti che ci devono preoccupare. Quando le persone non riescono a trovare il modo per sostentarsi, spesso (lo voglio rimarcare, ma lo sappiamo benissimo) il passo al delinquere, se non addirittura il passo alla disperazione, alla rabbia sociale, è molto breve. Sono tutti elementi da tenere in giusta considerazione perché sono elementi che, ripeto, costano alla collettività, e quindi facciamo bene, e ha fatto bene la commissione, ad individuare questi elementi in questo momento di gravi difficoltà economiche. Quindi i cantieri verdi vanno benissimo, così pure il raddoppio dei fondi per il Master and Back a questi giovani laureati. La disoccupazione intellettuale è un fenomeno che dovrebbe preoccupare, perché comunque interessa giovani che hanno dedicato il loro tempo allo studio, anche pensando di andare all'estero per arricchire la loro formazione culturale e dare un aiuto alla Sardegna. Abbiamo bisogno di menti, abbiamo bisogno di giovani intraprendenti, di giovani che riescano a guardare oltre su connottu, quindi c'è necessità di sostenerli, almeno per uno, due anni di lavoro, sperando che in questo anno, in questi due anni di lavoro si aprano comunque spiragli possibili, che nei nostri uffici amministrativi, nelle nostre industrie, nelle nostre attività economiche, questi giovani trovino la loro occupazione, portino linfa nuova, idee nuove, per una Sardegna che si rinnovi, per una Sardegna che guardi in prospettiva.

Saluto pertanto sicuramente con favore questa parte del bilancio che, a mio avviso, dovrebbe tutti gli anni trovare spazio e trovare sostegno con sempre maggiori risorse. Capisco che le risorse siano carenti e che quindi non ci sia la possibilità di disporne in grande quantità, però è un segno importante che le istituzioni inviano alla collettività, perché questi segni aiutano a guardare con speranza al futuro, e questo non ce lo dobbiamo mai dimenticare. Queste risorse rappresentano un'attestazione importante per quelle microeconomie in grave stato di bisogno, a fronte dei punti critici a più riprese denunciati.

Voglio inoltre sottolineare che non è mai successo che enti comunali che bandiscono appalti di opere pubbliche non riescano poi a pagare le imprese, al punto da diventare corresponsabili del disagio imprenditoriale diffuso in Sardegna, determinando diversi fallimenti di piccole imprese che hanno vinto gare d'appalto e che oggi non riescono ad ottenere quanto loro dovuto. Questo crea una ulteriore instabilità. Quindi è necessario trovare una soluzione al superamento del patto di stabilità che determina questa situazione, perché quelle risorse sono risorse utili per mettere in moto l'economia regionale. In questo scenario, al di là dell'importante recupero finanziario che abbiamo definito come misura anticrisi, devono essere operate scelte strutturali che avviino un nuovo processo di sviluppo.

Un altro elemento critico è che ancora non riusciamo a intravedere uno sviluppo possibile, un percorso possibile. Le nuove prospettive hanno necessità di tempi lunghi, quindi c'è la necessità di mantenere, di incoraggiare e sostenere quanto abbiamo nella prospettiva di un futuro sviluppo che sia confacente alle nostre capacità economiche, alle nostre capacità imprenditoriali, alla nostra cultura, alla nostra tradizione, al nostro modo di stare in Italia, al nostro modo di stare nel mondo. C'è necessità di ragionare su questi temi. Sono temi importanti, sono temi di prospettiva che comunque chiamano la Regione Sardegna a gestire le proprie risorse.

Si è parlato, anche se momentaneamente sembra accantonato, di federalismo nazionale, secondo il quale ogni regione dovrebbe in qualche maniera organizzare e gestire i propri servizi e quindi recuperare, al suo interno, le risorse sufficienti e necessarie per mantenere servizi minimi. Tutto questo è un elemento che è pesante da gestire per un un'Isola composta da un milione e 600 mila abitanti distribuiti in una vasta area territoriale dove i servizi sicuramente, rispetto a molte parti d'Italia, costano di più, perché 1 milione e mezzo di abitanti nella città di Milano si trovano forse all'interno di un chilometro quadrato mentre in Sardegna si trovano in tutto il suo territorio. Pertanto, perché questi cittadini possano usufruire dei servizi la Regione deve andare incontro a costi enormi e quindi dobbiamo individuare nuovi modelli di sviluppo che tengano in giusta considerazione anche questi aspetti.

A fronte della forte crisi di un'importante settore come quello della grande industria, per esempio, che è uno dei temi che in questi giorni abbiamo affrontato, c'è la necessità di pensare ad un'industria sostenibile, ad un'industria possibile. Abbiamo la necessità - come si sta facendo, e credo che sia anche giusto e corretto - di salvaguardare l'industria esistente, ma sappiamo benissimo che buona parte di quell'industria, nel contesto della nuova globalizzazione, cercherà spazi diversi, decentrando le lavorazioni in quei paesi che offrono maggiori opportunità di insediamento, costi minori per l'energia, costi minori per le maestranze. Quindi la nostra Isola, pian pianino - lo stiamo già registrando da diversi anni - si avvia verso la deindustrializzazione, la grande industria pian pianino scomparirà.

E' giusto cercare di mantenere ancora quel che è possibile mantenere (probabilmente l'attuale tessuto industriale durerà ancora diversi anni, 5-10 anni) ma dovremo guardare oltre. Se non cominciamo a guardare oltre sicuramente ci ritroveremo, così come in altre circostanze, a dover gestire una situazione che sarà quella che ormai abbiamo vissuto con le partecipazioni statali: grandi file di operai in cassa integrazione, grandi file di operai assistiti che rischiano di distruggere anche ciò che resta della cultura imprenditoriale e industriale in Sardegna. E' pertanto auspicabile che si cambi finalmente registro, che si miri ad una industria che punti alla trasformazione delle risorse locali, perché le industrie che lavorano materie prime di importazione, se non sostenute, immancabilmente si spostano dove queste risorse sono più disponibili.

Anche qui stiamo pensando all'industria verde, alla sostituzione delle industrie chimiche del Nord Sardegna, alla chimica verde. Anche qui è importante sicuramente la riconversione di quelle aree, peraltro fortemente inquinate, così come sono inquinate le aree ex minerarie. Sono trascorsi 10-12 anni e non siamo ancora riusciti ad approvare i programmi nazionali. Quelle aree sono state inserite, infatti, all'interno del contesto delle bonifiche nazionali e dovrebbero essere sostenute anche con le risorse nazionali, invece ancora oggi paventiamo interventi di bonifica utilizzando esclusivamente le risorse regionali e nulla abbiamo scalfito di quelle parti di territorio fortemente inquinanti.

Peraltro, anche se la chimica verde va sicuramente guardata con attenzione, credo che anch'essa avrà bisogno di materie prime. Qualcuno ipotizza che il tessuto agro-industriale, il patrimonio terriero sardo possa supportare quell'industria. Io dico attenzione, attenzione perché quell'industria potrebbe distruggere quella cultura storica e tradizionale che è insita nella produzione agroalimentare della Sardegna, produzione agroalimentare che peraltro non raggiunge neanche le quantità necessarie per soddisfare il fabbisogno interno. Quindi credo che anche queste attività vadano soppesate con attenzione per non trasformare in una ulteriore monocultura industriale la nostra diffusa attività agricola che, ripeto, ha bisogno invece di essere supportata, ha bisogno di essere incoraggiata.

Io considero l'agricoltura l'attività primaria in Sardegna; l'industria, insieme alle nostre risorse naturali e al nostro grande patrimonio culturale sottostimato, sottoutilizzato, poco valorizzato, potrebbe dar vita ad un felice connubio tra l'agro industria, l'agroalimentare e il turismo. Ce lo insegnano le regioni più avanzate: l'Emilia Romagna ha potuto sostenere una grande industria turistica grazie all'entroterra agroalimentare che ha sopportato questo segmento imprenditoriale al quale la Sardegna guarda con grandi prospettive. Però occorre creare i presupposti, creare le condizioni perché questo elemento, che è fondato esclusivamente sulle risorse locali, possa davvero rappresentare un volano di sviluppo per una futura economia della regione Sardegna.

Il tempo a mia disposizione è terminato ma avrò modo di tornare ad affrontare il discorso dell'ambiente, del risanamento ambientale, dei gravi costi che doppiamo sopportare per trattare le gravi neoplasie e le SLA .

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Soru. Ne ha facoltà.

SORU (P.D.). Intervengo nella discussione generale, una discussione un po' stanca perché credo che tutti noi viviamo la frustrazione di non riuscire a incidere abbastanza nelle difficoltà della Sardegna di oggi e nella rassegnazione di poter fare ben poco rispetto a ciò che accade. In tre anni c'è stata una diminuzione di 35 mila posti di lavoro, senza contare i lavoratori che sono in cassa integrazione, di tutti i tipi (ordinaria, speciale, straordinaria) inseriti in processi di mobilità, che vedono a rischio il posto di lavoro e vivono con apprensione il momento attuale. Mancano 35 mila posti di lavoro mentre sarebbero dovuti essercene 100 mila di nuovi, e credo che il fallimento di questa legislatura sia sintetizzato bene in questi due numeri.

Io non incolpo questa maggioranza, questa Giunta regionale di non aver procurato 100 mila nuovi posti di lavoro, caso mai li incolpo di averli promessi. Compito della politica, di una amministrazione regionale, non è quello di creare posti di lavoro, è molto difficile se un'intera società non vi riesce. Nonostante questo però noi siamo abituati a chiedere esattamente questo alla politica: chiediamo che cresca il PIL e magari valutiamo l'operato di una amministrazione regionale sulla base degli incrementi di questo indicatore, su un 0,6 e 0,8 decimali in più o in meno, oppure sull'incremento dell'occupazione, senza pensare che se l'occupazione aumenta non ne abbiamo un grande merito e se diminuisce forse dipende anche da fattori esterni e da fattori strutturali non necessariamente riconducibili all'attività politica degli ultimi anni.

Qualche volta, nel valutare l'operato di una amministrazione regionale, ci basiamo, addirittura, sulla capacità di rispondere alle esigenze occupazionali del singolo elettore, e quindi sulla capacità di dare risposte personali, cosa che non dovrebbe avvenire. Credo invece che una amministrazione regionale dovrebbe essere valutata soprattutto sulla capacità di avviare e portare avanti delle trasformazioni, che poi renderanno possibile un maggior benessere, una maggiore chiarezza, una maggiore quantità di posti di lavoro.

Occorre guardare alla capacità di avere un'idea, una chiara visione prospettica, per poter avviare i processi di cambiamento e portarli a termine. Barca, il neo-ministro della coesione sociale, ha spesso teorizzato nel passato (e ancora oggi la pone al centro della sua attività) l'idea di una valutazione delle politiche regionali parametrata più che sul PIL su alcuni variabili semplici, i così detti obiettivi di servizio. Questo significa valutare una amministrazione regionale sulla sua capacità di incidere sui problemi che gli competono e di cui è effettivamente responsabile, e la discussione della legge finanziaria ci permette appunto di valutare, di discutere e di verificare quello che accade su questi principali assi dell'attività regionale: a partire dalla sanità su cui spendiamo oltre ormai la metà delle nostre risorse, e a proseguire con l'ambiente, il trasporto pubblico locale, la scuola, l'istruzione.

Quindi questi sono gli assi portanti su cui la capacità dell'amministrazione, di un Governo regionale deve essere valutata. A pensare questo mi viene in mente che oggi non abbiamo un Governo regionale, perché se ci concentriamo, oltre che sui numeri, su quello che è accaduto in questi anni, ad esempio sulle politiche per l'ambiente, a cui si riferiscono alcuni obiettivi di servizio fondamentali come quello della capacità della raccolta differenziata e del trattamento efficace del ciclo integrato dei rifiuti, vediamo quanto poco sia stato realizzato in questi tre anni.

Qual è, infatti, il miglioramento che abbiamo segnato nella società sarda in questi tre anni? Quanto stiamo incidendo sull'economia sarda, magari facendo risparmiare i comuni, e quindi i cittadini, nell'opera di smaltimento dei rifiuti?. In realtà in questi tre anni è aumentato il costo dello smaltimento in discarica, è aumentato il costo dello smaltimento negli inceneritori, alcune zone della nostra Regione soffrono di quasi un'autentica gabella, con dei costi di smaltimento che sono il doppio rispetto a quelli che potrebbero essere e che sarebbe giusto fossero.

Quindi, mentre ci attardiamo a guardare ogni singola voce di bilancio trascuriamo, per esempio, di comprendere che opportunità di risparmio importanti avremmo potuto avere oggi se avessimo proseguito con attenzione nella programmazione e nella gestione del ciclo integrato dei rifiuti.

Sono passati tre anni dalla fine della precedente legislatura durante la quale erano state approvate diverse riforme: dalla riorganizzazione degli enti agricoli alla gestione del ciclo integrato dell'acqua, all'ente unico delle acque. Dopo tre anni abbiamo fatto un passo avanti nella identificazione di una o più autorità d'ambito per la gestione dei rifiuti? Abbiamo fatto un passo avanti nella individuazione di una politica di rifiuti? Forse non può interessare a quest'Aula ma certamente interesserà ai cittadini della Sardegna capire che cosa sta succedendo in Gallura, dove di questi problemi non si era mai sentito parlare, e dove invece, oggi, c'è la necessità o di trovare nuove discarica o di ingrandire quella attuale. Tra un po' forse questo problema sorgerà in maniera importante anche nel sassarese.

Così come credo che sia stato sbagliato, per esempio, investire soldi pubblici, per fare un revamping di un impianto di Macomer che evidentemente non può bastare allo scopo, visti i problemi che si pongono in altre zone del territorio. Sarei curioso di sapere che cosa è accaduto ai progetti portati avanti nella passata legislatura per fare in modo che non ci fosse un solo metro cubo di acque reflue che non venisse adeguatamente trattato e rifinito per poter essere riutilizzato in agricoltura o nelle opere ambientali comunali.

Quanti investimenti, quante attività sono state avviate, quanti appalti sono stati effettivamente consegnati, di quanto è migliorata quella percentuale (che gli obiettivi di servizio pongono intorno al 70 per cento) affinché si attivi la premialità dei fondi POR per la percentuale di acque reflue trattate o per la percentuale di acqua potabile effettivamente distribuita e non sprecata in rete? Dove sono finiti quegli appalti, dove sono finiti quei progetti, dove sono finite quelle risorse FAS che in base a quei progetti si sarebbero dovute spendere?

In tre anni non si è compiuto un solo passo avanti in questo senso e nel senso di aiutare la Sardegna a crescere, a creare i presupposti affinché poi il PIL e i posti di lavoro aumentassero. Parliamo oggi di trasporto pubblico locale e, nelle voci di bilancio, leggo che l'Assessorato della programmazione investe 10 milioni e mezzo, forse 15, non ricordo bene, per la ricapitalizzazione della Saremar. Probabilmente c'è la necessità di coprire i buchi di bilancio di una rincorsa alla mancata continuità territoriale marittima.

Quando devo recarmi a lavorare a Roma o a Milano sono costretto a uscire di casa alle sei del mattino perché mancano i voli a un orario decente e le file al check-in, a causa della concentrazione delle partenze tra le 6 e mezza e le 7, sono sempre più lunghe. Questa è una delle conseguenze della perdita della continuità territoriale, perché lì il Governo regionale, che pure poteva incidere, è mancato, agendo con superficialità, con presunzione e con molta arroganza senza considerare il lavoro del passato.

E proprio perché si ha sempre l'ambizione di sfasciare il mondo e rifare tutto da capo si è preferito non proseguire sulla continuità territoriale, provare a inventarne un'altra, con le conseguenze che sono sotto gli occhi di tutti e che ognuno di noi sopporta giornalmente. Il Governo della Regione ha avuto infatti un'occasione storica per cercare di portare a soluzione il problema: la privatizzazione dela Tirrenia e la fine di quella lunga concessione che aveva trasformato questa compagniain un quasi monopolio, escludendo la concorrenza e la possibilità di migliorare il trasporto marittimo da e per la Sardegna. Invece se l'è lasciata sfuggire accettando supinamente false promesse, quali l'idea del riconoscimento dell'insularità. Si è accettato supinamente di non continuare in quelle politiche che chiedevano immediatamente la gara europea, si sono persi tre anni e risorse pubbliche e certamente non si sono creati i presupposti perché un'impresa potesse lavorare meglio, i cittadini della Sardegna potessero viaggiare meglio e nuovi e migliori posti di lavoro nel settore dei trasporti potessero essere creati.

Non paghi di tutto ciò ci attardiamo a spendere anche oltre 50 milioni di euro per finanziarie la continuità territoriale aerea per Milano e per Roma a tariffe scontate non più solo per i cittadini della Sardegna, ma anche giustamente (io lo dico con ironia, naturalmente) per i residenti fuori dalla Sardegna, perché evidentemente siamo pieni di risorse e abbiamo anche l'interesse a fare in modo che i residenti fuori dalla Sardegna possano utilizzare le risorse regionali per venire qui a tariffe scontate. Evidentemente abbiamo in mente che dobbiamo far crescere il turismo, il turismo estivo, balenare, magari ci dimentichiamo che attorno al turismo gira forse il 7, 8 per cento del PIL, certamente meno del 10 per cento. E a questa voce, comunque marginale rispetto al resto della società sarda, comunque piccola, nonostante la grande quantità di attenzioni che le dedichiamo, e nonostante sia proprio al centro continuo della nostra idea di Sardegna e di dibattito politico, a questa voce dedichiamo altri 55 milioni di euro.

Tutti sappiamo che non ci sarebbe bisogno di un solo euro per continuare a garantire la continuità territoriale per i cittadini della Sardegna. Non so che vantaggi abbiamo a far pagare una tariffa scontata ai funzionari o ai dirigenti dell'Enel, o della Telecom, o delle mille aziende che vengono a vendere qualcosa in Sardegna durante il corso dell'anno. Non abbiamo certamente bisogno di offrire una tariffa scontata ai turisti che arrivano nei mesi di luglio e di agosto. Io non avrei mai investito 55 milioni su quella voce; mi sarei concentrato, invece, su quello che la regione avrebbe potuto fare per avere un'istruzione migliore e su quello che sta accadendo in queste aree.

Certamente negli anni passati, partendo dall'ultimo posto nelle graduatorie dei dati OCSE-PISA sulla qualità dell'apprendimento in Sardegna, abbiamo scalato quattro o cinque posizioni, però adesso le stiamo riperdendo velocemente. Così come, senza che si possa fare molto e senza che niente si faccia, continua a diminuire la percentuale di studenti che si scrivono all'università. In un'Europa che vede la percentuale di laureati sotto i 35 anni superare il 40 per cento, e la percentuale dei laureati nella forza lavoro superare il 30 per cento, noi continuiamo a scendere sempre più in basso e abbiamo invertito la nostra tendenza. Avremmo, credo, potuto proseguire su delle politiche semplici, che nel passato anche altre parti politiche hanno promosso, come Sardegna Speaks English, e invece non se ne parla più, così come non si parla più dei laboratori per tenere le scuole aperte non solo al mattino, ma possibilmente al pomeriggio, con insegnamenti integrativi volti soprattutto a migliorare le competenze di base, a migliorare la capacità di apprendimento dei giovani e quindi anche la capacità di frequentare l'università con maggiore successo. Non ci si stupisca quindi che i giovani si stiano iscrivendo di meno alla Università e che in tanti, progressivamente sempre di più, stiano andando all'estero. Sanità: credo che sia colpevole passare da un sostanziale equilibrio dei conti della sanità a un disavanzo che supera i 300 milioni (e che, per quanto riguarda i bilanci del 2012, ormai supera persino i 400 milioni) con una spesa farmaceutica che, dopo essere scesa dal 17 per cento al 13 per cento è rischizzata verso il 17 per cento. In questi ultimi anni abbiamo assistito ad un ricorso abnorme verso il lavoro precario, il lavoro interinale, ad aumenti di piante organiche, ad un aumento importante delle prestazioni specialistiche, e tutto ciò spiega gran parte dello sforamento dei conti della sanità. Nei diversi campi, nei diversi argomenti dove il Governo della Regione si sarebbe potuto esercitare, non si è esercitato, con conseguenze nefaste per la società sarda.

E'notizia di pochi minuti fa che domani alle 15 finalmente il Presidente del Consiglio incontrerà il Presidente della Regione, e quindi Cappellacci domani parlerà per la Sardegna. Mi dispiace che non sia stato possibile discuterne qui in Consiglio regionale, in modo da poter offrire anche noi il nostro contributo. Domani il presidente Cappellacci incontrerà Monti, probabilmente incontrerà Grilli, probabilmente incontrerà Barca, tutte persone conosciute.

Grilli era ragioniere dello Stato quando ci confrontammo con lui, quando facemmo i primi conti sulla vertenza delle entrate in Sardegna, quindi conosce la vicenda, ma era ragioniere dello Stato anche quando ideò la tessera sanitaria per tenere sotto controllo la spesa sanitaria. E' probabile quindi che ci dira: "Che ve li diamo a fare i soldi se poi bruciate centinaia di milioni di euro svilendo anche programmi importanti come quelli del controllo della spesa?". Così come è probabile che il ministro Barca ci dirà: "Di che cosa avete bisogno, se poi i fondi europei non li spendete per tempo? Ricordatevi che 380 milioni di euro rischiano di essere cancellati e quindi ricondotti alla programmazione centralizzata nella disponibilità del mio Ministero!". E credo, infine, che lo stesso professor Monti ci dirà: "Per quale motivo dobbiamo darvi dei soldi in più, se poi non li spendete o li sciupate senza che si intraveda un'idea chiara in nessuna delle questioni fondamentali che possano essere alla base di un processo di sviluppo per la Sardegna?". Credo che sarà difficile spiegargli la nostra buona volontà relativamente agli interventi sulla sanità, sulla scuola, sulla gestione dell'ambiente.

Concludo ricordando che in Italia si consumano ogni giorno 75 ettari di suolo agricolo. Alcuni agricoltori della Sardegna che si sono recati in California si sono stupiti dell'interesse che c'è in quel paese per il paesaggio agricolo e per l'intoccabilità, l'intangibilità della destinazione agricola dei suoli. Negli Stati Uniti il discorso della bolla immobiliare, della speculazione legata al cemento è un discorso finito per sempre, mentre in Sardegna voi, sin dall'inizio di questa legislatura, l'avete riproposto.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Gian Valerio Sanna. Ne ha facoltà.

SANNA GIAN VALERIO (P.D.). Presidente, è difficile non constatare, ognuno con l'amarezza che gli è più consona, che anche il Consiglio regionale della Sardegna accusa gradualmente quella decadenza che sembra aggredire le istituzioni, ma anche la popolarità della politica, quasi a dire che quando ci sono risorse finanziarie in grande quantità la politica avrebbe un ruolo, mentre quando le risorse diminuiscono (o, più precisamente, quando sono inferiori, ma meglio spese) la politica non ci sta più a far niente.

Io ringrazio il presidente Fois per una ragione semplicissima, perché in un momento di disorientamento come questo, invece di assecondare un corso che sembrava normale - una finanziaria presentata da una Giunta, da una sua maggioranza - ha aiutato tutti quanti noi a porci una domanda semplicissima, che tutti i cittadini possono capire: possiamo ancora noi, che siamo qua, non per un accidenti ma per una missione che c'è stata data, realizzare qualcosa di utile in questo momento? Questa è stata la domanda semplice che ha interrogato indistintamente coloro che venivano auditi e coloro che erano lì ad ascoltare, a recepire, e ognuno ha dovuto interrogare la sua coscienza per capire in che misura si sintonizzava su quella domanda per una risposta.

Io credo che in una Regione ormai sempre più priva di apparato produttivo, e dove quasi tutto il prodotto interno lordo è originato dal terziario, dalla pubblica amministrazione, il bilancio regionale invece sia tutto, sia quasi tutto. Nel senso che noi dobbiamo dismettere tutte quelle che non sono altro che liturgie tecnocratiche sul bilancio, per individuare dove questo bilancio "tocchi la carne" dei nostri amministrati; e non c'è molto spazio, così come non c'è molto futuro. Ecco perché io dico che questa è quasi una finanziaria che assomiglia a un requiem (perdonate il termine) perché al comma 4 dell'articolo 1 c'è scritto, colleghi, che di fondi regionali e di spese di investimento noi, nel 2012, non faremo niente, perché sono iscritti zero euro.

Quindi, finita questa finanziaria, chi spiega ai cittadini che per noi esiste ancora un senso a stare qua, nel tempo che viviamo? E' un accorgimento che avrebbe richiamato l'esigenza di un buon senso, anche simbolico, ma qui c'è scritto che la nostra funzione, dopo questa finanziaria, al primo di febbraio, è del tutto finita, e io non avrei presentato un bilancio così.

Così come bisogna esaurire, colleghi, l'enfasi sul problema delle entrate, che io non chiamo vertenza, perché vertenza - l'ho detto già una volta - indica contenzioso, e noi non abbiamo un contenzioso con lo Stato, abbiamo un diritto inevaso. Il vocabolario è stato inventato per utilizzare le parole secondo il loro giusto significato; lasciate che siano i sindacati parlare di vertenze, noi abbiamo un diritto inevaso, e quando è il terzo anno che lo stesso diritto diventa inevaso, non è vero che si può reclamare che la Corte dei conti ci ha parificato il bilancio; un accidenti! La Corte dei Conti ha parificato il bilancio di un anno, ma quando questa fenomenologia investe tre anni consecutivi, c'è un'anomalia, cioè una falsa indicazione di spesa rispetto a un'entrata che non c'è.

Badate, il problema del nostro diritto sull'articolo 8 dello Statuto (lo chiamo così) è oramai, Assessore, esclusivamente un problema di credibilità e di autorevolezza, e io sono molto preoccupato per il fatto che domani Cappellacci si rechi a Roma senza essere neanche passato un attimo qua, in Consiglio. Se fosse venuto in Consiglio, infatti, gli avremmo spiegato che forse avrebbe potuto portare qualche cosa in più come lavoro fatto, come compito adempiuto, al Presidente Monti.

Perché vedete, noi non possiamo essere sempre, continuamente, ossessivamente decontestualizzati da ciò che avviene nel mondo intorno a noi: il mondo è cambiato, e deve cambiare anche il nostro modo di costruire i presupposti per una nostra autorevolezza. Dire che vogliamo quelle entrate, significava dimostrare che, almeno su questo bilancio, la Regione aveva svolto un compito di pulizia, di correzione degli eccessi, che Cappellacci non conosce, perché ha subito e non ha voluto condividere.

Nel bilancio, nella finanziaria è contenuto un principio importantissimo, che poi chiaramente, come tutti i principi, sta alla capacità di chi governa attuarlo, ed è un principio che afferma che, a partire da 2012, il servizio sanitario regionale non è più finanziato in deficit. E ciò implica - e i direttori generali devono saperlo, che, a partire da quest'anno, se non si sta attenti con spese, occorre prevedere i piani di rientro. Ma come facciamo a sostenere questo elemento importantissimo, se dentro lo stesso bilancio l'Assessore della sanità ci schiaffa un finanziamento di 17 milioni di euro per le sue politiche delle famiglie? Non per le politiche della famiglia di questa Regione, per le sue politiche della famiglia!

In Commissione si sta elaborando una legge e quelle risorse avrebbero avuto un senso compiuto se fossero state utilizzate nella direzione di affrontare una crisi, contestualizzandole dentro un progetto. Invece lei ha sentito il bisogno di farsi le sue politiche delle famiglie; queste azioni rendono non credibile la nostra capacità di innovarci, e siccome la crisi globale sta chiedendo, sta imponendo un cambiamento del modello di sviluppo, noi dobbiamo capire che la sanità non può continuare ad essere ossessivamente, e in maniera immutabile, la più grande fabbrica della nostra Regione: 3 miliardi e mezzo di euro. Non possiamo più sostenere un livello simile di spesa, noi dobbiamo pensare che se non troviamo qualche soluzione, non abbiamo nessuna possibilità di essere giustificati per la nostra funzione neanche qui dentro. Amministrare risorse senza avere idee, progetti e orientamento, non richiede la partecipazione della politica, richiede solo un buon amministratore.

Ecco perché io credo che noi abbiamo il diritto di dire, sulla questione delle entrate, che ci sono due problemi: un problema di credibilità e un problema di incoerenza. Noi, infatti il problema delle entrate l'abbiamo già risolto, Assessore, accettando, nonostante avessimo opinioni diverse, che si procedesse, in toto, attraverso norme di attuazione. Però poi ci facciamo tagliare i trasferimenti con i decreti del Governo senza nemmeno impugnarli.

Allora dobbiamo capire: il Governo può praticare tutti i tagli che vuole alle entrate anche alle Regioni a Statuto speciale, così come fa con le Regioni a Statuto ordinario? Cioè accettiamo un declassamento "alla Fitch" della Regione Sardegna al livello delle altre Regioni, oppure contestiamo formalmente, sul piano costituzionale, questo aspetto, e diciamo: no, i tagli ce li fai nell'ambito dell'approvazione delle norme di attuazione? Il Governo regionale non l'ha fatto, ha accantonato il problema e rispetta le decisioni del Governo nazionale. Anche questo è un motivo di debolezza istituzionale che, comunque, non aiuterà.

L'altra questione è: cosa va a chiedere Cappellacci che Monti non sappia già? Probabilmente, se Cappellacci fosse venuto in Consiglio, avrebbe potuto raccogliere idee diverse, per chiedere a uno Stato che non ha soldi un modo corretto di onorare ciò che ci deve, senza risponderci in maniera vaga. Qualche idea l'abbiamo espressa, qualcuno di noi qualcosa l'ha detta. Del resto noi non abbiamo fatto una manovra normale. Stavamo discutendo la finanziaria in Commissione, quando, a un certo punto, abbiamo detto: "Badate che non ha nessun senso che noi discutiamo della finanziaria; perché non ci fermiamo un attimo e andiamo a vedere il bilancio? Mettiamo a posto il bilancio e poi torniamo sulla finanziaria perché la finanziaria è quella che deve recepire la pulizia del bilancio, non la deve subire ma la deve generare".

A un certo punto è però nato un problema semplicissimo: quello di attaccare una forma di bilancio. Io vorrei dire, se posso usare uno slogan, Assessore, che in materia di bilancio questa Regione deve liberalizzare di più, perché ormai il bilancio della Regione rappresenta una sorta di compendio storico (e corrente anche) delle pressioni di una serie di corporazioni. Basti dire che non si può, neanche da lontano, colleghi, immaginare di intaccare il compenso per la produttività percepito dai dipendenti regionali, perché da un lato constatiamo che ci sono numerosi iter ancora non conclusi, dall'altro dobbiamo finanziare obbligatoriamente la produttività come se fossero stati portati a termine.

Noi dobbiamo entrare nell'ordine di idee che la meritocrazia deve diventare la linea guida del nostro operare anche nei confronti dei nostri dipendenti, anche di quelli che si preoccupano per il fatto di dover concorrere con un piccolo sacrificio alla difficoltà economica di questo momento, perché certe reazioni, da parte di chi ha stipendio e indennità aggiuntive, sono una vergogna.

Ma noi dobbiamo anche eliminare le sacche di inefficienza che esistono, rappresentate dall'abitudine a prendersela con calma. Per esempio, perché non è stato fatto nei tempi dovuti l'appalto di quelle opere immediatamente cantierabili? Di chi è la responsabilità? Perché quel famoso finanziamento sugli oratori abbiamo dovuto ricorreggerlo? E' tutta colpa di una burocrazia alla quale non vorremmo togliere un euro se si impegnasse nel portare a termine i procedimenti nel tempo richiesto.

Ecco perché noi dobbiamo continuare a liberalizzare, perché dobbiamo incidere su quelle parole "spese obbligatorie" che non sempre si sono rilevate del tutto obbligatorie, che sono diventate obbligatorie per un'abitudine e che invece nascondono disponibilità nuove e incrostazioni che devono essere rimosse.

Lo dico con una frase: se viviamo in un tempo in cui non possiamo ballare e fare spettacoli non balliamo e non facciamo spettacoli; se viviamo in un tempo nel quale molta gente vede la cena solo all'orizzonte, non la vede tutti i giorni, dobbiamo disporre le risorse perché quella gente e quei bambini possano consumarla tutti i giorni, perché se non riusciamo a fare almeno questo noi qui dentro non ci stiamo a fare nulla. Nulla!

Ecco perché avrebbe fatto bene Cappellacci a venire qua a ricordarsi che non è la costola che ha dato origine ad Adamo o a Eva, ma è parte integrante, e che avrebbe dovuto dare il suo contributo anche rinunciando a quella delibera del dicembre dell'anno scorso con la quale si è programmato 50 milioni di auto-pubblicità istituzionale. Quando la gente sta male, non si balla, non si fa festa, ma non si specula neanche sulla loro pelle.

Ecco perché questa finanziaria non può avere il nostro consenso: perché ci sono ancora sacche di corporazioni da liberalizzare, e noi cercheremo di farlo sempre di più. I recettori dei nostri provvedimenti - lo dico perché le finanziarie devono anche lanciare messaggi - ovvero i comuni, le aziende sanitarie, gli enti, le associate della Regione, devono sapere che noi non possiamo più scherzare con la spesa pubblica, e che se abbiamo approvato un articolo per andare incontro alle persone che ne hanno bisogno, allo stesso tempo pretendiamo che quelle misure si realizzino tutte entro il 2012, altrimenti i soldi devono tornare nelle casse della Regione per finanziare altre iniziative. Questo è il minimo della moralità che noi chiediamo a coloro che devono intercettare i bisogni delle persone in questo tempo.

Noi sappiamo, colleghi, lo sappiamo tutti, che il servizio sanitario ha ingrassato e arricchito categorie molteplici di operatori privati che si affacciano alla sanità pubblica. A fronte di questi operatori, che stanno bene, che hanno fatto tanto in questi anni, c'è però tantissima gente che sta male. Pertanto dobbiamo rivedere alcune cose, così come dobbiamo rivedere come si operano le scelte, quanti medici stanno dietro le scrivanie invece che nelle corsie. E' il tempo che ci chiede di fare ciò se vogliamo lasciare, nel passaggio in questo tempo, il segno di della nostra responsabilità adempiuta. Io ci provo, poi ognuno di noi ha il bagaglio che ha.

Non c'è in questo caso né un passato, né un recente passato, né un lontano passato che possa fungere da riferimento di una situazione che è del tutto inedita rispetto alle esperienze che abbiamo vissuto in precedenza, con vacche grasse, salvadanai pieni e populismo sfrenato. E dobbiamo far capire a coloro che oggi sono assenti e che tra un paio di giorni vedremo in giro scorrazzare per chiedere la candidatura, che la loro presenza qui dentro è importante per i loro territori, e che il non essere qua a pensare al bene collettivo non gli genera un diritto ad essere automaticamente ricandidati, perché qua- e vale per Cappellacci e per tutta la Giunta - si sta quando la gente soffre; non si sta in giro, si sta qua! Si ascolta, si critica, e poi si va, forti di questa unità, non di un'unità conseguita in uno sgabuzzino di Roma, perché la sede dell'istituzione è qua.

Nessuno può onorare il suo mandato se non pensa che qualche volta la forma è la più grande sostanza che ci dà l'autorevolezza nell'autonomia. E pertanto abbiamo sbagliato, tutti abbiamo sbagliato, quando abbiamo deciso di andare ai piedi di una persona che non ha neanche il coraggio di inchinarsi di fronte all'autorevolezza di quest'Aula per ricevere, non qualche imposizione, ma qualche consiglio contenuto in tanti ordini del giorno.

Domani sarà una giornata ordinaria, molto ordinaria. Dobbiamo solo sperare nella capacità di effettuare un'equa distribuzione dei diritti, dei doveri e delle speranze, di un Governo che, per fortuna, non deve rispondere a nessuno se non alla propria capacità di offrire un risultato tangibile anche sulla parità delle opportunità in un tempo che non sappiamo che cosa ci riserverà ancora.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Lotto. Ne ha facoltà.

LOTTO (P.D.). Presidente, signori Assessori, colleghi, certamente il momento in cui stiamo affrontando questa finanziaria è eccezionale per l'economia della nazione e per quella dell'intero mondo occidentale in cui, a torto o a ragione, siamo inseriti. E ciò a causa di una crisi politica gravissima che sta attraversando il nostro Paese e di cui solo adesso, grazie a un cambio di governo che ha iniziato a operare in maniera concreta, dopo anni di attesa si iniziano a intravedere timidissimi segnali di soluzione.

Ci troviamo di fronte ad un'ulteriore manovra finanziaria - è la terza nell'arco di pochi mesi - che non fa che aggravare le difficoltà della gente comune, pur in presenza di un certo recupero di credibilità del nostro Paese in Europa, nei mercati, nella borsa, col calo dell'ormai famosissimo spread tra BTP e Bund che registra oggettivamente la difficoltà del nostro Paese nel contesto economico complessivo. Sono tutti temi, questi, dai quali non possiamo sentirci estranei.

I numeri, i parametri economici della nostra Sardegna, il PIL quasi fermo se non in recessione, la percentuale di disoccupazione di cui parlava il collega Sabatini, nettamente più alta della media nazionale, la sostanziale precarizzazione dei nuovi posti di lavoro, la disoccupazione giovanile che è sempre più alta, fanno da sfondo ad uno scenario isolano davvero drammatico.

Industrie che chiudono nel Sulcis, a Porto Torres, l'Alcoa che va via e la chimica tradizionale che chiude i battenti in maniera definitiva e senza che si scorga alcun barlume di quelle prospettive che pure sono state prospettate: chimica verde e tutto ciò che ne sarebbe potuto derivare. Le categorie produttive isolane (artigiani, commercianti e agricoltori) sono unite sempre di più in una lotta disperata apparentemente senza alcuno sbocco. Una lotta che non trova un interlocutore all'altezza della situazione, una lotta che non trova le risposte necessarie alla miriade di problemi che sottopone alla vostra attenzione.

In questo quadro lo stesso confronto con il Governo, con il nuovo Governo nazionale, coglie il mondo politico isolano alla ricerca di una unità di intenti e di una strategia che stenta ad emergere. Appare evidente che siamo in assenza di una guida autorevole, e questa situazione diventa pericolosa e preoccupante. C'è anche un gioco poco edificante, costituito da una rincorsa ai protagonismi particolari e alla delegittimazione reciproca che non aiuta, con il Consiglio regionale che resta tagliato fuori (anche e principalmente per responsabilità del presidente Cappellacci) da un confronto col Governo nazionale che, portato avanti in questo modo, rischia di vederci ancora una volta soccombenti. Io non so cosa succederà domani, cosa ne verrà fuori da questo incontro, spero vivamente che ne venga fuori qualcosa di buono, però sono consapevole di quanto questo sia difficile.

Noi non possiamo affrontare una situazione così drammatica con questa difficoltà oggettiva di dialogo tra il Presidente della Regione e il Consiglio; Presidente della Regione che viene in questa sede solo se costretto, che apre alle minoranze soltanto fuori da questo Consesso, che non crea cioè quel clima indispensabile di coesione istituzionale, di coesione sociale, di solidarietà politica necessario per mobilitare l'intero mondo politico, il sistema delle imprese, il mondo del lavoro, il sistema degli enti locali e per offrire a questo nuovo Governo nazionale uno scenario credibile che lo porti a considerare come percorribile un itinerario che conduca al riconoscimento di quanto ci è dovuto.

Occorre una classe politica regionale che richiami il Governo nazionale al rispetto degli impegni, ma che sappia anche proporre un proprio progetto di rilancio, una propria idea di sviluppo e quindi che sappia offrire un contributo al più grande obiettivo di rilancio dell'intera economia nazionale.

Ed è in questo quadro che discutiamo la finanziaria del 2012, una finanziaria apparsa fin da subito inadeguata e che la terza Commissione si è posta l'obiettivo di modificare nel profondo, individuando alcuni interventi importanti capaci di offrire risposte necessarie e fondamentali alle emergenze del momento. E' stato utile che si sia affrontato in questa Commissione il tema da parte delle varie forze politiche con uno spirito di servizio, guardando principalmente agli interessi di una Sardegna stremata, di un'economia che langue e che chiede assolutamente uno scatto di dignità.

Sono state individuate alcune risorse (si parla di 160 milioni di euro) per far fronte alle principali priorità. E' stata una scelta giusta, ma anche obbligata, della Commissione, una scelta a cui ha contribuito la minoranza con responsabilità ed in sintonia con quanto richiesto dal mondo economico e sociale. La crisi morde, i sindaci dei nostri comuni affrontano situazioni drammatiche, a più di uno avrete sentito dire: "Non riusciamo più a stendere un metro di asfalto e a riparare i marciapiedi perché i soldi ci servono per spenderli in buoni pasto". Questo è il quadro che illustra la situazione drammatica in cui operano i nostri amministratori locali.

Le misure che sono state individuate per far fronte all'emergenza, dai cantieri comunali ai cantieri verdi, al finanziamento per i master and back ma anche alla legge di rifinanziamento della "32" sull'edilizia agevolata, i fondi per i consorzi di garanzia come anche le opere immediatamente cantierabili, sono questioni che è colpevole che non siano state introdotte nella legge finanziaria fin dalla sua formulazione. Certo, rappresentano una goccia in un mare di drammi, però sono un intervento assolutamente indispensabile. Basteranno? Certamente no, è inutile illudersi, c'è molto più da fare, ma non si può non adottare queste misure; è un intervento di emergenza a cui non può non seguire un cambio di passo.

E qui il tema e la musica cambiano. Serve un nuovo progetto e serve un'idea di Sardegna laddove ad un'idea di Sardegna si è deliberatamente, e anche in maniera un po' arrogante, rinunciato fin da tre anni fa. Serve una capacità di lettura della realtà, serve una capacità di fare un intervento in merito. I temi sul tappeto sono senza dubbio complessi e difficili, bisogna esserne consapevoli e dobbiamo esserne consapevoli tutti, maggioranza ed opposizione. Però, per quanto difficili e complessi, i problemi si risolvono solo se si affrontano, e quindi vanno affrontati. Secondo me qui sta il problema principale.

Moltissimi dei temi che pure sono stati richiamati anche questa sera da diversi colleghi, a partire dall'onorevole Sabatini e dall'onorevole Soru, in Sardegna non vengono affrontati. E se non vengono affrontati non troveranno mai risposta. In troppi settori siamo fermi al 2008.

Settore agricolo: ci si è vantati, qualche giorno fa, di aver proceduto ad una spendita di risorse comunitarie tra le più avanzate d'Italia. Ma ci si rende conto che abbiamo speso soltanto i soldi per l'assistenza? Solo l'asse 2 ha registrato percentuali di spesa adeguate, per la gran parte delle altre siamo all'anno zero, siamo sotto il 2-3 percento della spesa prevista.

Certo, è più difficile rilanciare l'economia e gli investimenti, ed è difficile anche perché l'economia agricola langue, ma non si può rinunciare ad intervenire, e a utilizzare intelligentemente quei fondi, perché solo se utilizzati in maniera intelligente potranno generare nuova economia e nuova prospettiva. Ci sono leggi in questo settore approvate e non applicate, ci sono leggi necessarie ma non approvate, c'è una multifunzionalità molto richiamata agli inizi di questo mandato - che pure è importante per il suo valore di integrazione al reddito e, soprattutto, per il suo valore di integrazione sociale - anch'essa mai realizzata.

In questo contesto appare ancora più drammatico il fatto che, mentre noi, più di un anno fa, abbiamo licenziato una legge che prevedeva la possibilità per gli agricoltori di intervenire nel settore delle energie rinnovabili, ad oggi alla SFIRS nessuna pratica in merito sia stata ancora affrontata, e questo non per mancanza di iniziativa da parte degli agricoltori, ma perché fino ad oggi non erano state create le condizioni perché quella iniziativa potesse essere esercitata. Questo è colpevole, non è accettabile: impedire che qualcosa di buono in questo settore, seppure con molta difficoltà, si faccia è una responsabilità troppo grossa che ci stiamo accollando.

Nel frattempo tante aziende agricole chiudono, tanti agricoltori rimangono senza lavoro, s'iscrivono alle liste già lunghe dei disoccupati che provengono dal fallimento di altri settori economici. E non si riesce neanche a capire se davvero alcune prospettive nuove che vengono promosse esistano davvero. Mi riferisco alla chimica verde. C'è da domandarsi: dove vogliamo andare? Chi coordina (e cioè la Regione Sardegna) che cosa sa e che cosa pensa di fare? E cosa pensa di realizzare per quel settore ragionando con tutti, tranne che con il mondo agricolo? Ma dove vogliamo arrivare?

Io non nutro alcun pregiudizio su questo tema, non ce l'ho e credo che non lo debba avere nessuno, ma ci vuole chiarezza, e fino ad adesso non ce n'è stata. Ed è un tema troppo importante per poter essere trascurato e per non responsabilizzare principalmente il mondo agricolo, perché se qualcosa per quella chimica verde si dovrà produrre, e se qualcuno dovrà produrla, questi non potranno che essere gli agricoltori, ai quali bisognerà chiedere di produrre ma non in perdita.

Faceva riferimento giustamente poco fa il presidente Soru al tema dei rifiuti solidi urbani. Ma bisogna dire, con molta chiarezza e con forza, che su questo settore assistiamo ad una pericolosissima marcia indietro. La Regione sarda ha avuto, fino al 2008, un ruolo propulsivo eccezionale. I comuni venivano costantemente spinti dalla Regione ad un impegno in questo settore; da tre anni a questa parte, invece, non se ne parla più, e gli unici che parlano di ciclo integrato di rifiuti, raccolta differenziata, sono i cittadini che chiedono di poterla fare, ma non la possono fare. E' quindi un settore totalmente abbandonato, e quei comuni che avevano raggiunto anche risultati significativi ed importanti stanno tornando drammaticamente indietro.

Noi non possiamo procedere con questo passo, serve davvero un cambio di marcia. Come anche serve nel settore dei trasporti. Sono succeduti tre assessori in questo settore, e oggi parliamo di tagli al trasporto pubblico locale con grande confusione. Si chiamano le imprese pubbliche di trasporto pubblico locale e gli si dice che avranno un terzo dei finanziamenti in meno dalla Regione, quindi, in sostanza, che invece di chiudere i propri bilanci in pareggio, dovranno chiudere i propri bilanci in passivo oppure tagliare i servizi. Stiamo assistendo allo smantellamento totale del servizio ferroviario in Sardegna. Tutto il nord Sardegna è tagliato fuori ormai dalla rete regionale. E' inaccettabile!

Non è pensabile che si possa attuare un'idea di sviluppo della Sardegna creando le condizioni per una cesura così intollerabile tra la parte nord e il sud. Ciò che però è ancora più intollerabile è che il tema non venga affrontato. Torno a dire quello che dicevo all'inizio: i problemi possono essere difficili, ma non si risolveranno mai se non ci sarà chi avrà la capacità quantomeno di farsene carico.

Sull'ordine dei lavori

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Dedoni. Ne ha facoltà.

DEDONI (Riformatori Sardi). Presidente, colleghi, ho avuto modo di assistere ieri all'incontro romano tra il Presidente, i parlamentari e i Capigruppo del Consiglio regionale. Siccome all'interno di quel Consesso era stato raggiunto un accordo su alcuni criteri di comportamento ed era stato ipotizzato, per lo meno da parte del Presidente, un incontro con il Presidente del Consiglio prima della discussione richiesta con urgenza dallo stesso Consiglio regionale (che più che sul merito avrebbe dovuto discutere sul metodo, su come, cioè, avviare un percorso che vedesse tutto il popolo sardo unito in tutta la vertenza Sardegna e non nella sola vertenza entrate) siccome abbiamo appreso testé che il Presidente della Giunta dovrebbe essere ricevuto domani alle ore 15 dal Presidente del Consiglio, vorremmo capire qual è il metodo che si intende adottare e qual è l'iniziativa che intende assumere il Presidente della Giunta.

Vorremmo sapere, in sostanza, se intende coinvolgere il Consiglio, se la Presidente del Consiglio è insieme al Presidente, se i capigruppo del Consiglio regionale sono stati informati esattamente nel merito e quale parte essi intendano compiutamente portare a Roma. Pertanto io chiedo che venga urgentemente convocata una Conferenza dei Capigruppo per capire quale sia l'atteggiamento che si intende assumere a Roma e per fornire gli indirizzi al Presidente della Giunta per difendere adeguatamente gli interi interessi della Sardegna che, vivaddio, da questa Assise sono istituzionalmente rappresentati.

A questa Assise, infatti, si rivolgono tutti i lavoratori, specialmente quelli più bisognosi, quelli che da mesi vediamo davanti ai nostri cancelli. I lavoratori non si recano più in via Oslavia o in viale Trento, ma vengono qui a chiedere notizie, alla grande istanza della Sardegna, del popolo sardo. E' nostro diritto, pertanto, essere informati su quali saranno gli interessi della Sardegna che verranno rappresentati a Roma domani e su tutti i risvolti dell'incontro.

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Uras. Ne ha facoltà.

URAS (Gruppo Misto). Chiedo anche io una Conferenza dei Presidenti di Gruppo, soprattutto per consentire una corretta programmazione dei lavori del Consiglio.

Noi avevamo notizia, perché è di dominio pubblico, che il Presidente della Regione ha inviato nei giorni scorsi una lettera al Presidente del Consiglio dei Ministri chiedendo un incontro al Governo per affrontare alcuni dei temi che da tempo sono rimasti in sospeso, soprattutto nei rapporti tra Stato e Regione.

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE LOMBARDO

(Segue URAS.) Ieri, nel corso dell'incontro che si è tenuto presso l'ufficio di Roma con il parlamentari sardi e i Presidenti dei Gruppi consiliari che si sono dichiarati disponibili a partecipare all'iniziativa, anche per ascoltare la comunicazione del Presidente in ordine agli impegni, si è addivenuti ad un accordo su una pregiudiziale, posta dalla Presidente del Gruppo del Partito Democratico e condivisa da tutti i Presidenti di Gruppo presenti, che prevede di discutere in Consiglio regionale soprattutto sul metodo, oltre che sul merito, della gestione della vertenza con lo Stato.

Gli argomenti sono tanti: le entrate, il patto di stabilità, la deindustrializzazione progressiva della Sardegna, questioni e grandi vertenze ancora aperte, questioni che attengono al rilancio dell'economia e soprattutto all'esigenza di una tenuta sociale di questo territorio. Noi abbiamo saputo dell'incontro di domani, che sarebbe stato fissato per le ore 15, attraverso un'agenzia di stampa. Solo attraverso"una" agenzia di stampa, perché altre agenzie di stampa sono in attesa di conferma. Io ritengo, invece, che il Consiglio regionale avrebbe dovuto avere conoscenza di questo incontro direttamente dal suo Presidente, sulla base di una formale comunicazione da parte del Presidente della Regione, onde poter programmare i lavori per la giornata di oggi, per la giornata di domani, per la giornata di venerdì e per la giornata di martedì.

La discussione generale è appena all'inizio, la manovra finanziaria è pure ad un passo decisivo ed importante per l'attività di questa Regione, quindi anche il Consiglio regionale nella sua interezza è coinvolto ed è coinvolto anche nelle figure istituzionalmente più elevate. Ecco perché, Presidente, chiedo la convocazione della Conferenza dei Presidenti di Gruppo.

PRESIDENTE. Prima di convocare la Conferenza dei Presidenti di Gruppo vorrei precisare che il Presidente del Consiglio, solo in questo istante, ha ricevuto dal Presidente della Regione un fax, indirizzato ai signori parlamentari sardi, alla signora Presidente del Consiglio regionale e ai signori Capigruppo del Consiglio regionale sardo.

Il Fax reca il seguente contenuto: "Cari amici, ho appena ricevuto la comunicazione della fissazione dell'incontro con il Presidente del Consiglio Monti per domani 2 febbraio alle ore 15 a palazzo Chigi. Pertanto, conformemente a quanto concordato nella nostra riunione a Roma di martedì ultimo scorso, vi invito alla riunione di domani, giovedì 2 febbraio 2012, alle ore 11 a Roma presso il palazzo Montecitorio, Camera dei deputati, sala Aldo Moro, Gruppo parlamentare Partito Democratico, quarto piano, ingresso fronte bar Giolitti.

Vi ricordo per l'occasione che la delegazione sarda sarà composta, oltre che dal sottoscritto e dalla Presidente del Consiglio regionale, da due parlamentari e da due consiglieri regionali.

Vi ringrazio per la fattiva collaborazione, Ugo Cappellacci."

Sospendo i lavori e convoco la Conferenza dei Presidenti di Gruppo.

(La seduta, sospesa alle ore 19 e 22, viene ripresa alle ore 20 e 15.)

PRESIDENTE. .Ha domandato di parlare il Presidente della Regione sull'ordine dei lavori. Ne ha facoltà.

CAPPELLACCI (P.d.L.), Presidente della Regione. Presidente, colleghi, come avete potuto apprendere anche dalla lettura della mia comunicazione in Aula, ho ricevuto questo pomeriggio comunicazione da parte della Presidenza del consiglio dei ministri, della fissazione dell'incontro, richiesto già da tempo dalla Regione, con il presidente Monti, per domani alle ore 15.

Come è altresì noto ieri c'è stata a Roma una riunione alla quale sono stati convocati i parlamentari sardi e i Capigruppo consiliari, nel corso della quale si è esaminata la questione relativa alla vertenza Sardegna e si è immaginato un percorso. Questo percorso sarebbe dovuto partire da questa aula del Consiglio regionale con le comunicazioni che io avrei reso nella giornata di venerdì. Su questa base io avevo avanzato la relativa richiesta alla Presidente del Consiglio e mi risulta che la Conferenza avesse fissato la seduta per venerdì pomeriggio.

Nel corso della riunione che si è tenuta ieri era stato ipotizzato, per mero scrupolo, che potesse accadere che nel frattempo, nelle more della riunione del Consiglio regionale, potesse arrivare la convocazione da parte di palazzo Chigi, e quindi si era ragionato insieme, Parlamentari e Capigruppo, su che tipo di impostazione dare in quella eventualità. La decisione che era stata presa era quella di provvedere immediatamente a riconvocare una riunione di Parlamentari e Capigruppo prima dell'incontro, ove questo fosse stato fissato, e si era stabilito da subito che la delegazione che avrebbe partecipato all'incontro sarebbe stata composta dal Presidente della Giunta, dal Presidente del Consiglio regionale e da quattro altri rappresentanti (due rappresentati del Parlamento e due rappresentanti del Consiglio regionale, uno per schieramento). Questo era il senso.

Dopodiché siamo arrivati a questo pomeriggio, è arrivata la convocazione quindi ho provveduto immediatamente a convocare la riunione e a comunicare questo tipo di impostazione, confermando esattamente quello che era stato concordato.

Ho saputo anche che in alcuni interventi pronunciati in Aula è stata espressa preoccupazione, perplessità rispetto al timore del mancato coinvolgimento del Consiglio regionale. Vorrei quindi precisare che l'incontro di domani, che io ritengo molto importante, un fatto certamente positivo, e che era stato richiesto da tempo, avvia un percorso, un percorso peraltro normato anche dalla legge, per l'apertura di un tavolo istituzionale che dovrà essere formalizzato con un D.P.C.M. e che, similmente a quanto è accaduto pochi giorni fa per la Sicilia, avrà una certa durata. Ora, per quanto possa essere breve la durata (nel caso della Sicilia addirittura si sono ipotizzati sette giorni) io dubito che una settimana possa essere sufficiente per risolvere problemi complessi. Comunque avrà una durata più o meno lunga e sarà ovviamente caratterizzato da incontri interlocutori, tavoli tecnici e quant'altro.

Allora io credo che l' avvio di questo processo nella giornata di domani sia un fatto molto positivo, e credo che questo sia anche compatibile con un percorso che veda la possibilità per il Consiglio di offrire il giusto contributo e quindi di poter partecipare nel modo più puntuale, più produttivo, più proficuo a questo percorso.

La proposta che pertanto voglio avanzare è questa: consentire che si vada avanti sull'ipotesi che era stata delineata e quindi consentire ai Capigruppo domani di partecipare alla riunione che io ho fissato per le 11, sospendere il Consiglio per la giornata di domani e riprendere direttamente venerdì. A quel punto si potrebbe riprendere la mattina con le dichiarazioni che io avevo chiesto di poter pronunciare e che originariamente erano state fissate per il pomeriggio

Credo che il fatto che sia stata fissata la riunione sia un fatto molto positivo, credo che molto positivo sia stato anche l'esito della riunione di ieri che ha dato il senso di un'unità di intenti (pur nella differenza di impostazione e, talvolta, nella differenza di posizione) rispetto alla volontà di voler portare a soluzione e a sintesi i problemi importanti che la nostra terra sta vivendo.

Questi problemi hanno generato in questi giorni una situazione drammatica, che preoccupa tutti quanti noi per i riflessi non solo sulla coesione sociale ma anche per episodi che possono sfociare in problemi di ordine pubblico. Quindi credo che l'accordo che abbiamo raggiunto sia un dato molto positivo, e credo che sarà possibile in questo percorso, che ho delineato, consentire a ciascuno di offrire il proprio contributo. Certo è - questo l'ho precisato anche poco fa in sede di Conferenza dei Capigruppo - che nella giornata di domani, che costituirà semplicemente il primo incontro, io rappresenterò i problemi della Regione, rappresenterò i vari temi che hanno formato oggetto, che formano oggetto di quella che stiamo chiamando "vertenza Sardegna", che riguarda anche i problemi legati alla cosiddetta "questione Equitalia" e tante altre questioni.

Io rappresenterò queste situazioni, ma ovviamente sarà mia cura anche depositare, rendere noto al Consiglio dei Ministri, gli ordini del giorno che sui vari temi questo Consiglio regionale ha votato in modo unanime. Credo che il fatto che vengano sottoposti alla valutazione del Consiglio dei Ministri sia un dato importante.

Per questo motivo, cari colleghi, concludo e vi propongo di rinviare la seduta del Consiglio regionale di domani per poterci rivedere venerdì con le modalità che ho proposto.

PRESIDENTE. Poiché non ci sono la opposizioni alla proposta del Presidente della Regione, i lavori del Consiglio riprenderanno venerdì alle ore 11 con le dichiarazioni del Presidente all'ordine del giorno.

La seduta è tolta alle 20 e 23.



Allegati seduta

Testo della mozione annunziata in apertura di seduta

Mozione Dedoni - Cossa - Fois - Meloni Francesco - Mula - Vargiu sugli effetti dell'applicazione dell'articolo 13 del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, sul settore agro-pastorale sardo.

IL CONSIGLIO REGIONALE

PREMESSO che il decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, varato dal Governo Monti dispone, all'articolo 13, l'imposizione della nuova imposta municipale unica (IMU) anche su terreni e fabbricati rurali;

CONSIDERATO che in Sardegna il comparto è costituito per circa l'85 per cento da imprese con una dimensione inferiore ai 20 ettari e già da diverso tempo il settore sconta gravi carenze strutturali che ne impediscono il rilancio e lo sviluppo;

VALUTATO che l'ulteriore imposizione fiscale sui terreni e, soprattutto, l'accatastamento dei fabbricati rurali, determinano un ulteriore aggravio economico per le imprese, che in alcuni casi sono già a rischio chiusura;

CONSTATATO che l'introduzione della nuova imposta sugli immobili prevede, in particolare, che le abitazioni rurali siano assimiliate, per aliquote e detrazioni, a prima casa;

PRESO ATTO che gli incrementi della base imponibile sulle abitazioni di tipo rurale (cat. A/6) e sui fabbricati per funzioni produttive connesse alle attività agricole (cat. D/10) porterebbero ad un aumento di imposta pari a circa 5 mila euro all'anno per impresa;

TENUTO CONTO della pesante crisi che vive il mondo agricolo sardo, determinata dalle gravi carenze infrastrutturali nonché dagli eccessivi costi degli approvvigionamenti, ed in particolare dell'acqua,

impegna il Presidente della Regione

a farsi portavoce presso il Governo nazionale delle richieste del comparto agro-pastorale sardo, che deve essere aiutato a sopravvivere e non aggravato da ulteriori tassazioni ed imposizioni;

ad attivarsi, anche con il coinvolgimento dei parlamentari sardi, affinché siano apportate al provvedimento legislativo le modifiche necessarie ad impedire il possibile tracollo di un settore portante dell'economia isolana. (162)