Seduta n.3 del 26/03/2009
III Seduta
Giovedì 26 marzo 2009
(ANTIMERIDIANA)
Presidenza della Presidente LOMBARDO
La seduta è aperta alle ore 10 e 18.
PRESIDENTE. Comunico che il consigliere regionale Gian Franco Bardanzellu ha chiesto congedo per la seduta antimeridiana del 26 marzo 2009.
Poiché non vi sono opposizioni, il congedo si intende accordato.
PRESIDENTE. Comunico che sono stati costituiti, in base alle richieste dei singoli consiglieri, i seguenti Gruppi consiliari: Popolo della Libertà, con Presidente l'onorevole Mario Diana; Partito Democratico-L'Ulivo, con Presidente l'onorevole Mario Bruno; U.D.C. e Democratici di Centro, con Presidente l'onorevole Roberto Capelli; Riformatori Sardi-Liberaldemocratici, con Presidente l'onorevole Pierpaolo Vargiu; Comunisti-La Sinistra Sarda-Rosso Mori, con Presidente l'onorevole Luciano Uras; P.S.d.'AZ, con Presidente l'onorevole Giacomo Sanna; Italia dei Valori, con Presidente l'onorevole Adriano Salis; Gruppo Misto, con Presidente l'onorevole Angelo Francesco Cuccureddu.
Discussione sul programma di legislatura del Presidente della Regione
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione sul programma di legislatura del Presidente della Regione.
Ricordo ai colleghi che, ai sensi del comma 2 dell'articolo 77, i consiglieri devono iscriversi a parlare entro la fine del primo intervento e che, ai sensi del comma 1 dell'articolo 78, gli interventi potranno durare venti minuti.
E' iscritto a parlare il consigliere Mario Floris. Ne ha facoltà.
FLORIS MARIO (Gruppo Misto).Signor Presidente, colleghi del Consiglio, un saluto doveroso, un augurio sincero, un auspicio convinto di risultati positivi al Presidente del Consiglio, al Presidente della Regione, alla Giunta, ai singoli Assessori, ai componenti dell'Ufficio di Presidenza, ma anche a tutti i dirigenti e dipendenti del Consiglio regionale e dell'intera Regione, che ci aiutano e ci sostengono nel difficile e impegnativo compito di governare la convivenza civile del nostro popolo.
L'elezione di una donna alla Presidenza dell'Assemblea legislativa regionale della Sardegna, per la prima volta nella storia della nostra autonomia, che quest'anno celebra i sessant'anni dalla sua istituzione, rappresenta non solo un evento storico, come è stato detto, per una democrazia compiuta anche nella rappresentanza, conseguita senza il ricorso ad anacronistiche riserve di legge, ma come riconoscimento di capacità intrinseche e di valori universali che accomunano donne e uomini nel loro impegno civile nella politica; nella politica che richiede studio, applicazione, serietà, dedizione e sacrificio.
La politica per definizione è scienza e arte del governo della cosa pubblica; studia e applica i principi sui quali si fonda la convivenza dei cittadini organizzati in comunità, sia essa un ente locale sia essa un ente sovranazionale. La Sardegna è una pluralità di comuni, è una Regione, una Regione ad autonomia speciale, Stato nello Stato, una nazione incompiuta, ma pur sempre una nazione, con il suo territorio, individuato e distinto, che il mare unisce all'Italia, con il suo popolo, con la sua lingua, che nessuno ha tagliato e mai taglierà, con la sua storia politica e la sua storia istituzionale, divenuta anche cultura giuridica universale - lo ricordava ieri il Presidente del Consiglio -, connotando la civiltà giuridica di altri popoli per merito di una insigne donna di Sardegna, quella Eleonora d'Arborea, ai cui codici è ancorato il diritto naturale della nostra Isola a essere Regione autonoma differenziata che aspira, con il federalismo, ad avere ulteriori spazi di autonomia. E' un tema, questo, che riprenderemo; lo riprenderemo quando parleremo di federalismo nell'ambito dell'approvazione che sta avvenendo in Parlamento, e credo che noi arriviamo in ritardo.
L'avvio della XIV legislatura impone, pregiudizialmente, alcune riflessioni di fondo, chiamiamoli ammonimenti e impegni di chiarezza e di responsabilità. Ci siamo lasciati alle spalle - almeno io spero - una stagione di veleni, conflittuale tra i partiti e dentro i partiti, di contrapposizioni non tanto storico-ideologiche, quanto metodologiche, concettuali, che vanno direttamente alla radice del sistema istituzionale pubblico politico-programmatico nel rapporto con la società civile.
Le elezioni, a mio giudizio, rappresentano in modo inequivocabile la volontà degli elettori di voltare decisamente pagina, di rifiuto della politica di tipo oligarchico, di gradimento del modello dell'assetto e della partecipazione più vicino ai problemi delle persone e delle imprese, coinvolgendoli tutti, con marcati spazi di democrazia, nella gestione della cosa pubblica, in particolare nelle scelte fondamentali dello sviluppo e della vita civile, sociale e culturale.
E' stato un risultato chiaro, netto del centrodestra, delle forze politiche liberaldemocratiche, con l'apporto determinante delle componenti nazionalitarie e cattoliche, laiche, socialiste, riformatrici, sardiste e autonomiste per l'affermazione delle peculiarità del popolo sardo e delle sue aspirazioni a un processo di crescita politico-culturale-istituzionale fondato sul rafforzamento del sistema maggioritario e sul bipolarismo, all'interno del quale emerge e si rafforza una nuova pulsione verso un centro politico moderno, nuovo, moderato, che non può essere disconosciuta o dimenticata. Si tratta di una peculiarità sarda, ma anche il risultato che si è manifestato in altre parti d'Italia dopo le ultime elezioni politiche dello scorso anno come conseguenza di preoccupazioni, inquietudini e tensioni che stanno emergendo nella società dando spazio, come nel caso della Sardegna, a un autonomismo solidaristico che noi abbiamo occupato e che dobbiamo riempire di contenuti.
Chiedo scusa, Presidente, c'è un po' di brusio.
PRESIDENTE. Ha ragione, onorevole Floris. Prego i colleghi di consentire all'onorevole Floris di svolgere il suo intervento. Grazie.
FLORIS MARIO (Gruppo Misto). In tale contesto il programma del presidente Cappellacci è un collante politico di notevole spessore, innervato di idee guida per il progresso della Sardegna e per affrontare le emergenze, in primo luogo la lotta alla povertà e alla disoccupazione, efficienza, responsabilità, produttività, i nodi storici dell'autonomia, Statuto, riforma della Regione e del sistema istituzionale, insularità, energia, trasporti, rapporto Stato-Regione, Sardegna-Europa, nuove vie allo sviluppo non possono essere elementi di scontro, ma motivi di un comune sentire e di un comune obiettivo. Come pure credo che sui valori dell'identità e dell'autonomia, nel rispetto del ruolo e della diversità delle singole posizioni politiche, si possa pervenire a un denominatore comune per concorrere a definire il futuro della Sardegna.
Noi avvertiamo la complessità dell'attuale fase economica dai repentini e radicali cambiamenti, anche nelle rappresentanze politiche popolari emergenti, che rendono più problematica e difficile la guida della Regione. Il mercato con le sue regole e il capitalismo con i suoi aspetti positivi e negativi dominano la società moderna e condizionano l'intero apparato pubblico, anche quello della nostra Regione. Un sistema che ha 300 mila disoccupati su 1 milione e 600 mila abitanti è un sistema che va cambiato radicalmente. Noi guardiamo, per esempio, a un sistema sardo di tipo catalano, prima contestato; una volta praticato è stato apprezzato, perché ha dato risposte positive in tempi brevi soprattutto alle imprese, all'occupazione, ai giovani. Il sistema politico in generale ha le sue regole così come la pubblica amministrazione e su queste regole si fondano i principi, si formano gli indirizzi, si adottano i provvedimenti che riguardano l'amministrazione dello Stato, delle Regioni, delle Province e dei Comuni, i loro rapporti interni e quelli con gli altri organismi della società civile, ognuno dei quali ha un ruolo, una funzione, un compito specifico che si coordina, non si sovrappone. Quando ciò avviene, ovvero un ordine si sovrappone a un altro, seppure nell'esercizio di regole democratiche, e ha l'ambizione di indirizzarne e governarne i meccanismi il sistema va in tilt, con danno evidente nei confronti degli interessi generali che si vorrebbero perseguire in quanto gli strumenti e i metodi utilizzati risultano inefficaci, distorsivi e talvolta deleteri.
Le elezioni del 15 e 16 febbraio scorso, la campagna elettorale e i risultati hanno dato a tutti noi segnali chiari e inequivocabili. Le persone, le famiglie, le imprese, la società nelle sue componenti chiedono alla politica e alle istituzioni scelte, soluzioni, provvedimenti adeguati e fruibili. Non è vero che la gente, il popolo, la comunità, le rappresentanze organizzate, le donne e i giovani rifiutano la politica; è vero, invece, che ne sentono la lontananza, il distacco, l'isolamento, è vero che in tutti c'è il desiderio di partecipazione, di coinvolgimento, di confrontarsi sui problemi e sulle scelte. Il tema principale, direi lo snodo storico di questa regione e della vita democratica e autonomistica del nostro vivere civile, del futuro delle istituzioni, dello sviluppo del progresso della Sardegna e del popolo sardo è la riforma della Regione, nella quale siamo impegnati da tante, troppe legislature consumate inutilmente in contrapposizioni che non hanno portato alcun beneficio. Non sono approdate ad alcun risultato o, peggio ancora, come è accaduto nella scorsa legislatura, hanno mirato quasi esclusivamente a disarticolare la Regione nel suo complesso, talvolta a distruggere nell'esaltazione di una volontà masochista e di avversione preconcetta verso il passato, in nome di un modernismo irreale, di un modello organizzativo pubblico privo di basi logiche e giuridiche, di un sistema istituzionale sociale ed economico sul quale si fonda la vita collettiva di una comunità e di un popolo. Oggi questo tema è nuovamente al centro dell'azione sinergica della Giunta e del Consiglio regionale, per come è stato posto, con molta determinazione e sufficiente chiarezza, nelle dichiarazioni programmatiche del Presidente della Regione. E' una sfida che riguarda tutti, maggioranza e minoranza, e tutti dobbiamo impegnarci per conseguire il migliore risultato possibile; è una sfida su più fronti, quello interno e quello dei rapporti con lo Stato, con la comunità internazionale, quella europea in primo luogo, una sfida dentro la quale dobbiamo definire le opzioni dello sviluppo: riaffermare la soggettualità politica della Regione; rilanciare le politiche di programmazione; orientare le risorse verso gli investimenti, valorizzando anche quelle locali, con obiettivo primario verso lo sviluppo ambientale e l'occupazione; tutelare e valorizzare l'ambiente qualificando lo sviluppo, distribuendolo nel territorio e nella società; attrezzare il territorio e adeguare i servizi sociali e culturali ai bisogni della società. Sono alcuni dei punti qualificanti di una moderna azione politica e di governo che deve impegnare la Giunta e il Consiglio e qualificare questa legislatura perché la Sardegna possa mantenere il passo con il ritmo dello sviluppo e del progresso, oltre che con l'adeguamento e l'ammodernamento delle istituzioni e dell'organizzazione complessiva della Regione e degli enti locali. Questi ultimi, gli enti locali, lo ha detto bene il Presidente della Regione, sono il fulcro dell'autonomia della nostra specialità, innervano l'intero sistema e il complesso sistema istituzionale, sociale ed economico della Regione, rappresentano la capacità della Regione di essere vicini ai cittadini. Mi è piaciuta una cosa del Presidente della Regione, quando ha detto: ma perché i comuni devono partecipare a un tavolo dirimpettai a noi. I comuni devono partecipare allo stesso tavolo della Regione, non sono una controparte, sono noi, siamo noi, tutti insieme.
Strettamente e intimamente connessi sono il tema del federalismo e della programmazione. Il federalismo è, come sappiamo, l'insieme dei poteri e delle risorse che possono consentire alla Sardegna il reale, totale e completo autogoverno; autogoverno delle sue risorse ambientali, culturali e storiche ed economiche nel contesto dello Stato unitario federalista, il cui motore è il principio di solidarietà, che deve innervare i rapporti con lo Stato e con l'Europa, dove hanno la patria le piccole patrie, che devono cooperare e progredire insieme dal cuore dell'Europa alle Regioni periferiche e marittime, come la Sardegna. Da qui il principio del riconoscimento dell'insularità - fatto da Berlusconi - come valore aggiunto per il federalismo solidale che il Governo ha messo in campo.
Con la partita del federalismo c'è quella del nuovo Statuto di autonomia, l'attuazione del Titolo V della Costituzione, la modernizzazione della Regione, ovvero le regole della convivenza e della funzionalità degli organi di governo, delle istituzioni, precondizioni dello sviluppo, e con esse la programmazione. E' necessario, non solo opportuno, che anche in Sardegna, come è avvenuto e avviene in altre parti d'Italia e d'Europa, si trovi l'occasione per fare una riflessione sul problema della crescita e dello sviluppo. Questa delle dichiarazioni programmatiche è una prima opportunità; l'avremo più diretta in occasione della prossima manovra finanziaria e della rimodulazione dei fondi comunitari, per legare insieme tutte le possibili vie e gli strumenti della programmazione. Abbiamo indubbiamente un'esigenza di fondo, una vera e propria rivoluzione culturale di metodo che parta da una rivisitazione complessiva degli strumenti della programmazione che la gestione Orlando ha reso asfittica, improduttiva, caotica e senza futuro. I dati economici, Presidente, diffusi recentemente da Eurostat hanno drammaticamente dimostrato che altre esperienze europee, negli ultimi anni, hanno raggiunto livelli di crescita e di reddito di gran lunga superiori a quelli della Sardegna, pur con disponibilità minori di risorse. Nelle regioni di Praga e Bratislava, per esempio, il prodotto interno lordo pro capite, a parità di potere d'acquisto della Sardegna, è stato pari al 160,3 per cento della media europea, contro il nostro 80,1 per cento. Se prendiamo la realtà spagnola e quella irlandese, abbiamo di fronte a noi scelte strategiche che si sono rivelate ottimali: in Spagna si è privilegiata la realizzazione delle infrastrutture strategiche gestite direttamente dal Governo, che ha fatto da volano al resto dell'economia; in Irlanda hanno privilegiato il carico fiscale alle imprese ridotto ai minimi termini, favorendo la localizzazione nel territorio e attirando così importanti investimenti.
Da ultimo, e non ultimo, per concludere, c'è il tema dell'ambiente, del paesaggio e dei beni culturali, sui quali è caduta la Giunta regionale, che ha portato alle dimissioni del Presidente della Regione, e si è avuto per la prima volta nella storia dell'autonomia lo scioglimento anticipato del Consiglio regionale. Colleghi del Consiglio, giovani e meno giovani, se oggi si può parlare di paesaggio, di ambiente e di natura da valorizzare è conseguenza diretta della tutela che nel corso degli anni è stata voluta, perseguita e attuata dalla maggioranza e dalle forze politiche che hanno governato la Sardegna negli ultimi trent'anni. La Regione è stata attenta, si è data regole avanzate per tutelare il territorio e governare lo sviluppo, come la legge numero 45 del 1989, quella sui parchi, sulle cave, sulla protezione civile, le norme antinquinamento, le norme applicative della legge Galasso, i piani territoriali paesistici e così via, regole certamente più garantiste ed eque rispetto al Piano paesaggistico regionale, che ha favorito il sistema delle intese, e la legge urbanistica, sulla quale sono caduti il Presidente, la sua Giunta e la sua maggioranza.
Il capitolo territorio del programma del presidente Cappellacci, di questo Governo regionale, indica a chiare lettere e senza equivoci qual è il significato che questa maggioranza, della quale siamo parte integrante e convinta, attribuisce alla politica ambientale e di sviluppo sostenibile, restituendo protagonismo ai governi locali con il coinvolgimento di tutti gli attori del territorio. E' un progetto politico, un programma che condividiamo nelle sue analisi, in tutti i suoi fini e in tutti i suoi obiettivi; un progetto, un programma attuale e moderno, al quale crediamo e al quale daremo il nostro contributo convinto e leale, frutto di una condivisione ideale e di metodo maturata nei cinque anni di comune opposizione contro il Governo di centrosinistra, che ha rifiutato aprioristicamente il confronto con la minoranza, riducendo qualsiasi spazio al dialogo.
La maggioranza di centrodestra che ha vinto le elezioni e che oggi governa la regione si è formata intorno a un progetto politico, nella logica del bipolarismo che ha nel P.D.L. il partito di riferimento e nei partiti a vocazione nazionalitaria e di centro, cattolica, sardista e autonomistica non dei semplici comprimari, ma rappresentanze di istanze di interessi democratici diffusi, radicati nei territori e nelle istituzioni. Formazioni politiche popolari che non possono essere sottovalutate nel loro ruolo, nella loro funzione, nella loro capacità di rappresentare fasce importanti della società e delle popolazioni della Sardegna.
La semplificazione del quadro politico è certamente un fatto positivo. Le democrazie occidentali più solide hanno nel bipolarismo la garanzia dell'alternanza politica e programmatica. Il bipolarismo non è tuttavia bipartitismo; il contrario rappresenterebbe la negazione dei principi costituzionali di libertà. Siamo in una fase storica che ha visto disgregarsi le grandi e le vecchie ideologie, statiche, ferme, immobili; non potevano più reggere, erano ormai unicamente dei baluardi preistorici. Nell'Isola si sono formate nuove aggregazioni minori, portatrici di nuovi e moderni ideali, una sardità moderna fondata sui nuovi valori umani, culturali e sociali, connaturati all'evoluzione della società e ai nuovi scenari economici e scientifici che si sono proiettati nel mondo, nel nostro Paese e in Sardegna. La Sardegna è diventata un laboratorio, è un modello di riferimento, tale è l'effervescenza di idee e di nuove aggregazioni. Siamo in presenza, perlomeno io così la vedo, di una nuova era politica, siamo all'inizio dell'evoluzione di un nuovo sistema partitico complessivo, e sottovalutare le nuove aggregazioni rappresenterebbe un errore strategico. E' un discorso che vale per il P.d.L. e il centrodestra, e vale per il P.D. e il centrosinistra. Fintanto che non matureranno i tempi nei quali il bipolarismo coinciderà col bipartitismo - e in Italia come in Sardegna ho la convinzione che questo non accadrà quasi mai, proprio per la dinamicità delle culture, per la fantasia degli italiani e dei sardi -, i partiti confinanti con i poli saranno sempre la forza aggiunta che farà vincere le idee, i programmi, i progetti e lo stesso bipolarismo.
Io mi auguro che l'incontro tra queste diverse culture, che si è realizzato con le elezioni regionali, sia foriero di risultati apprezzabili nell'interesse unico della Sardegna e si possa trasformare in un accordo politico nel quale ritrovare unità di pensiero e coralità di intenti.
PRESIDENTE. Grazie, onorevole Floris, anche per aver contenuto il suo intervento entro i venti minuti.
Vorrei pregare tutti i colleghi di autoregolamentarsi per far coincidere la durata del proprio intervento con i termini previsti dal Regolamento. Vorrei anche rivolgere la preghiera di silenziare i telefonini e di evitare il brusio in aula, perché disturba e toglie la concentrazione a chi sta intervenendo. E' una forma di rispetto nei confronti del collega che in quel momento interviene.
E' iscritto a parlare il consigliere Cuccu. Ne ha facoltà.
CUCCU (P.D.). Signora Presidente, signor Presidente della Regione - io non la chiamerò Governatore, perché non mi pare che nelle nostre istituzioni sia prevista questa figura - signore e signori Assessori, onorevoli colleghe e colleghi, oggi intervengo in avvio di questa XIV legislatura con uno stato d'animo che è diverso rispetto a quello di cinque anni fa. Sono cambiate molte cose, allora ci misuravano in un contesto anche nuovo di rapporti tra Esecutivo e Consiglio regionale, ci approssimavamo, noi del centrosinistra, a una legislatura di governo. Oggi abbiamo responsabilità diverse. Siamo minoranza in quest'Aula e i sardi ci hanno anche detto che lo siamo tra la nostra gente. Usciamo da una tornata elettorale in cui gli elettori hanno premiato il centrodestra e hanno bocciato la nostra proposta di governo. Non hanno ritenuto adeguata, soddisfacente e convincente l'azione che abbiamo messo in campo in questi ultimi quattro anni e mezzo.
Il popolo, che è sovrano, ha deciso che sarete voi a governare nei prossimi cinque anni, e ha affidato a lei, onorevole Cappellacci, l'onore e l'onere di guidare la Sardegna. A noi ha affidato il ruolo di minoranza, e io rispetto la volontà degli elettori. Abbiamo perso le elezioni e il nostro partito, il Partito Democratico, nel quale mi onoro di militare, ha visto notevolmente ridimensionata la propria presenza in quest'Aula. Accettiamo pertanto serenamente il giudizio e le scelte dal popolo sardo, ma questo non ci impedirà di esercitare ed esprimere il nostro dissenso politico, né di esercitare il nostro ruolo di rappresentanti del popolo sardo, cercando di dare il nostro contributo a scrivere leggi e ad adottare provvedimenti nell'interesse della Sardegna. La nostra, perlomeno per quanto mi riguarda, sarà una posizione corretta, la faremo senza tirarci indietro sulle questioni più urgenti, confrontandoci sulle idee e dando la nostra interpretazione delle aspettative dei sardi. Saremo pronti a discutere le vostre proposte, se saranno ragionevoli, ma troverete in noi oppositori intransigenti, qualora metteste in campo meccanismi di totale deregolamentazione, come traspare in alcuni passaggi delle sue dichiarazioni, signor Presidente; intervento che io ho ascoltato con molta attenzione, e in alcuni passaggi, mi rincresce sottolinearlo, ho registrato l'insufficienza del suo progetto rispetto all'enormità delle sfide che abbiamo di fronte.
L'economia mondiale sta attraversando una crisi che, a detta di tutti, è senza precedenti, una violenta recessione che non fa intravedere all'orizzonte spiragli per una risalita nel breve periodo. L'Italia e il Mezzogiorno, e con esso, quindi, la Sardegna, negli ultimi mesi sono stati investiti da un'ondata di licenziamenti, con migliaia di cittadini che si vanno ad aggiungere alla già lunga lista dei disoccupati. E' delle settimane scorse l'accordo tra le Regioni e i rappresentanti delle forze sociali, che prevede per il 2009 ammortizzatori sociali in deroga per 3.600 lavoratori sardi. Dati che fanno paura e che testimoniano la drammaticità della grave crisi che stiamo attraversando. Questo è il contesto in cui iniziamo la XIV legislatura. La Regione deve esercitare un grande ruolo nell'interesse del popolo sardo, non può stare ad aspettare, sperando che i tempi migliorino. Vanno immediatamente messe in campo, a partire dalla prossima finanziaria regionale, che dovrà essere approvata, penso, nel più breve tempo possibile, per non dire immediatamente, misure per fronteggiare l'emergenza economica e misure strutturali in grado di dare un futuro all'economia della nostra Isola.
La prossima finanziaria sarà il primo banco di prova, signor Presidente. La Sardegna la guarda con attenzione, su di lei ha riposto tante aspettative; noi vigileremo perché queste aspettative non vengano disattese, la incalzeremo, se sarà necessario. Ci aspettiamo nella prossima finanziaria: misure indispensabili per accelerare la spesa (le ingenti risorse che sono a disposizione della nostra Isola vanno spese immediatamente); misure per il rafforzamento degli ammortizzatori sociali e aiuti per le famiglie; misure che facciano ripartire i cantieri e che spendano le ingenti risorse che sono a disposizione per le opere pubbliche; misure a sostegno delle imprese. Vorremmo capire, già dalla prossima finanziaria, visto che nelle sue dichiarazioni non ne ha fatto cenno, se l'agricoltura rappresenta per voi ancora un settore strategico nell'economia isolana. E' necessario, da subito, destinare risorse straordinarie, perché le imprese agricole hanno bisogno di certezze e risorse per affrontare la grave crisi che investe le campagne.
Ulteriori perplessità desta l'accento da lei posto sulle aree urbane. Nessuno di noi dubita della necessità che si pongano in essere misure - per usare le sue parole - per rilanciare il ruolo delle città; quello che ci preoccupa è la visione che traspare sulle zone interne. Noi non pensiamo alle zone interne unicamente come a territori in cui assicurare luoghi e servizi adeguati al riposo e allo svago. La nostra Isola è un tutt'uno di aree urbane e di piccoli centri, rappresenta un unico sistema e ha le sue specificità, una delle quali è costituita proprio dal tessuto insediativo. E' una delle specificità della nostra Isola quella dei piccoli comuni distribuiti su un territorio così vasto; una miriade di piccoli comuni che rappresentano proprio l'essenza stessa della nostra Isola. La stessa integrazione che lei propone per l'agricoltura, l'artigianato, l'industria, il turismo e il commercio, riconoscendo unicità e qualità alle nostre produzioni tipiche, penso che debba essere attivata tra i territori. Il riconoscimento della diversità del nostro tessuto insediativo deve passare attraverso politiche orientate alla valorizzazione e alla salvaguardia delle zone interne, intese come i luoghi in cui si salvano le specialità e le specificità dall'omologazione che è propria, invece, delle grandi città. Vanno messe in campo misure dirette a migliorare le condizioni di vita delle aree a disagio insediativo; sono necessarie politiche importanti e un segnale di attenzione nei confronti delle zone interne della Sardegna; zone interne, come dicevo prima con disagio insediativo, presenti in tutto il territorio regionale.
Queste politiche devono nascere dalla consapevolezza, dalla condivisione e dalla convinzione che queste aree dispongono di grandi potenzialità in termini turistici, delle produzioni tipiche agroalimentari e artigianali e dell'inestimabile valore delle risorse culturali e ambientali. Devono nascere anche dalla convinzione che sia necessario e indispensabile mantenere un'armonica distribuzione della popolazione in tutto il territorio regionale e che la stessa distribuzione della popolazione costituisca una ricchezza per quello che rappresenta in termini di garanzia per il mantenimento del nostro sistema sociale e culturale e per la manutenzione del territorio e sia condizione indispensabile per garantire lo sviluppo economico del territorio stesso.
In questa legislatura, signor Presidente, dobbiamo porci l'obiettivo di mettere in campo strumenti per porre un freno al progressivo spopolamento e impoverimento di vaste aree della nostra Isola. Registriamo nelle zone interne numerosi comuni che sono a rischio di progressiva estinzione. Il disagio dei nostri piccoli centri rischia di diventare sempre più profondo, causa la progressiva riduzione dei servizi rivolti ai cittadini. Stanno scomparendo gli uffici postali, le scuole, le banche e i servizi sanitari. Noi dobbiamo ripensare anche ai parametri per l'insediamento di questi servizi; non possiamo pensare che gli stessi parametri previsti per il dimensionamento delle classi nelle grandi città, nella città di Cagliari, debbano essere adottati anche per il paesino di Setzu. E così per altri servizi; dobbiamo ragionare sull'insediamento di questi servizi.
A questo si accompagna anche lo scarso interesse all'insediamento di attività commerciali e artigianali. Venendo meno questi servizi, vengono meno anche le condizioni minime di vivibilità dei nostri comuni. Prima di metter su famiglia, i nostri giovani devono badare anche ai servizi che i loro figli avranno a disposizione. Noi dobbiamo dare la possibilità, dobbiamo mettere in campo strumenti per dare la possibilità a questi paesi di continuare a sopravvivere. In questo contesto il Medio Campidano, che è la mia provincia, la provincia in cui sono stato eletto, rivendica un'attenzione particolare; è una delle province più povere, con un forte ritardo di sviluppo, con fenomeni, anche lì, preoccupanti di spopolamento, specie nella Marmilla, e con un tessuto produttivo molto debole. Per questo motivo, innanzitutto, penso che dobbiamo impegnarci a portare a compimento alcune iniziative che stanno prendendo il via, che però vanno accompagnate dalla Regione. Mi riferisco in particolare: all'Accordo di programma che è già stato sottoscritto tra la Regione e i comuni di Collinas, Lunamatrona e Villanovaforru per il progetto del golf, 400 posti di lavoro in un territorio, come quello della Marmilla, che ha bisogno di posti di lavoro; al protocollo d'intesa per la Keller: 100 posti di lavoro con la possibilità di reinserimento di alcuni lavoratori della ex Scaini; alla realizzazione dell'irrigazione della Marmilla; al piano di riordino fondiario del Comune di Pauli Arbarei, che è già pronto. Bisognerà garantire, inoltre, che non subisca interruzioni né rallentamenti la realizzazione del nuovo ospedale nel comune di San Gavino Monreale; garantire che non prevalgano logiche della sanità privata o della sanità cagliaritana, che tali logiche non ostacolino l'apertura del nuovo presidio ospedaliero, prevista per il 2012.
Quello che voglio sottolineare, signor Presidente, in questo passaggio anche lungo che ho fatto sulle zone interne, è che non possiamo accettare e che non permetteremo che nella nostra Isola ci siano cittadini di serie A e cittadini di serie B. La stessa pari dignità, che lei ha richiamato, e che i cittadini sardi devono avere rispetto agli altri cittadini italiani, noi dovremo difenderla con i nostri rappresentanti al Parlamento europeo. La pari dignità dei sardi rispetto a tutti gli altri cittadini italiani si misura anche dalle condizioni che ci vengono date di esprimere una nostra rappresentanza. Le chiediamo, signor Presidente, di farsi portavoce, anche nei confronti di un Governo che lei reputa amico, di una rivendicazione che è un diritto di tutto il popolo sardo, la cui mancata soddisfazione allontana i cittadini sardi dall'idea di Europa politica e ne limita i diritti politici. La vocazione euromediterranea che lei richiama si misura anche con la rappresentanza e con la declinazione in atti concreti di partecipazione ai processi decisionali che riguardano la nostra Isola e che vengono messi in campo dal Governo nazionale; la stessa partecipazione che lei ha assicurato ai governi locali nei processi decisionali che riguardano la Regione. Io ho apprezzato il richiamo alla partecipazione e all'apertura che lei ha fatto alla collaborazione con gli enti locali, con le forze sociali, con tutti gli agenti di sviluppo che ci sono nel nostro territorio. La incalzeremo nei suoi propositi di avviare una nuova stagione di protagonismo degli enti locali. Staremo molto attenti su questo, staremo attenti a che lei rispetti questo impegno, così come attendiamo alla prova la sua maggioranza di fronte ai propositi da lei enunciati di avvio di una legislatura che lei ha definito costituente, perché finalizzata alla riscrittura del nuovo Statuto.
Nelle passate legislature, in quest'Aula, più volte, tutte le forze politiche hanno ribadito la necessità e l'urgenza di procedere a un'organica revisione dello Statuto speciale per la Sardegna. Ne ha parlato, ieri, anche la presidente Lombardo nella sua introduzione. I notevoli cambiamenti intervenuti nelle condizioni storiche, sociali, economiche e istituzionali della Regione rendono necessario l'avvio di un processo di revisione dello Statuto. Ormai emerge, nella società sarda, la consapevolezza diffusa che lo Statuto non sia più adeguato ai tempi; dimostra chiaramente di essere stato scritto in un periodo storico ormai completamente mutato. E' mutato lo scenario internazionale (oggi la Regione concorre, infatti, con lo Stato e le altre Regioni alla definizione delle politiche e alla realizzazione degli obiettivi comunitari), abbiamo di fronte nuove domande sociali, nuove povertà, sono cambiate le regole del sistema elettorale, sono intervenute profonde modifiche istituzionali nei poteri e nelle competenze delle Regioni e delle autonomie locali. E' del tutto evidente che il mondo, all'interno del quale si muoveva la società sarda quando è stato scritto lo Statuto, è profondamente cambiato. A maggior ragione, quindi, l'adeguamento dell'assetto istituzionale della Regione, a seguito dei grandi mutamenti intervenuti, assume carattere d'urgenza e quindi priorità e rilievo fondamentali. Nell'avviare questo percorso, però, dobbiamo ribadire nel contempo che non sono venute meno le ragioni della specialità: l'insularità, che rappresenta ancora oggi un ostacolo alla mobilità, l'identità culturale, la peculiarità geografica che caratterizza la nostra Isola, collocata in un punto strategico del Mediterraneo, e non ultimo il persistente ritardo di sviluppo economico che, nonostante i notevoli progressi, ancora soffoca diversi territori, specie delle zone interne. Ecco, queste specialità, ancora attuali, vanno ripensate e attualizzate in una nuova declinazione che tenga conto degli scenari economici e internazionali profondamente mutati.
Alla luce di queste considerazioni un'operazione di mero adeguamento non appare sufficiente. A mio avviso, si rende necessaria una riscrittura completa dello Statuto, che rispecchi la nuova identità della Regione, delinei le ragioni dell'unità e dell'equilibrio dei poteri, riconfermi e rimotivi le ragioni della specialità. Per fare questo è necessario che il percorso e il dibattito non sia limitato ai soli livelli istituzionali; non può avvenire esclusivamente in quest'Aula, non può essere appannaggio di pochi eletti, deve coinvolgere tutta la comunità regionale. Allo stesso tempo dobbiamo avere la capacità di arrivare a una condivisione, la più ampia possibile, al di là delle singole posizioni politiche, per far sì che sia lo Statuto di tutti i sardi e non quello del Presidente, della Giunta o della maggioranza. A mio avviso, è sempre valido il principio secondo il quale le riforme e le regole fondamentali del vivere democratico, che si tratti di Statuto, forma di governo o legge elettorale, appartengono a tutti, maggioranza e opposizione, e vanno necessariamente definite insieme.
Nella passata legislatura ci fermammo perché quella che oggi è la sua maggioranza si rifiutò di far parte della Consulta. Approvammo una legge sulla Consulta per la riscrittura dello Statuto, però ci fu una divergenza già sul metodo. Da oggi in poi facciamo tutti uno sforzo per incominciare a condividere il metodo di lavoro, individuiamo un percorso nel quale tutti ci ritroviamo, poi sul merito avremo modo di confrontarci più serenamente, così come avremo modo di confrontarci sulle diverse tematiche che sono presenti nell'allegato alle sue dichiarazioni programmatiche.
Ci aspetta un gran lavoro, signor Presidente, un lavoro sul merito, ma anche un grande sforzo nell'ascolto delle ragioni altrui. Lei ha manifestato propositi di rispetto per la minoranza e avrà da parte nostra il rispetto che è dovuto al Presidente scelto dai sardi. A noi l'elettorato ha assegnato il ruolo di minoranza e lo eserciteremo con correttezza e lealtà istituzionale, ma altrettanto leali dobbiamo esserlo nei confronti dei sardi, pertanto non ci sottrarremo al nostro compito e la incalzeremo se ce ne sarà bisogno, la contrasteremo e non faremo sconti se sarà necessario, ma la incoraggeremo e daremo il nostro contributo se la sua azione risponderà agli interessi dei sardi.
Auguri di buon lavoro a lei, alla Giunta e a tutti noi.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Cherchi. Ne ha facoltà.
CHERCHI (P.d.L.). Signora Presidente del Consiglio, signor Presidente della Regione, Assessori, colleghi, è con grande emozione e, permettetemi, anche un pizzico di orgoglio, che oggi ci ritroviamo qua e possiamo definire questo il momento dell'avvio effettivo della XIV legislatura.
Con il dibattito delle linee programmatiche del presidente Ugo Cappellacci entriamo nel vivo e iniziamo così a dare corpo al nostro programma elettorale. E', sinceramente, una grossissima responsabilità. Ci aspetta un compito delicato, ma al tempo stesso stimolante e, permettetemi, affascinante. Dobbiamo prendere per mano la nostra Isola e aiutarla, in qualche modo, a uscire da quel tunnel buio e pericoloso in cui è drammaticamente precipitata. Spetta a noi, quindi, innescare un processo di crescita e di sviluppo capace di far fronte alla crisi generale che sta investendo tutti i Paesi e che per noi rischia di avere addirittura conseguenze decisamente peggiori. Ovviamente servono le giuste idee, gli adeguati strumenti per attuare un vero e proprio piano di rinascita; idee e strumenti che, naturalmente, sono contenuti ampiamente nelle dichiarazioni programmatiche del Presidente illustrate nei giorni scorsi. Un programma semplice, ma allo stesso tempo efficace, che da un lato è improntato alla determinazione e alla concretezza, dall'altro si caratterizza per un netto distacco rispetto al passato più recente. In questo senso va letto il metodo che sarà ispirato all'ascolto e alla partecipazione.
Finora siamo stati abituati a un esagerato accentramento dei poteri, con conseguenti decisioni calate, ahimè, sempre dall'alto. Adesso, è necessario - e così sarà - cambiare rotta. Ci si dovrà confrontare con gli attori dei vari settori e le scelte dovranno essere il più possibile condivise, con la certezza che solo questo può essere il percorso efficace per far crescere la nostra terra. Dovrà essere finalmente reinstaurato un filo diretto con gli enti locali, con quei comuni che spesso sono stati bistrattati e quasi snobbati dall'amministrazione precedente. I territori e i comuni dovranno necessariamente essere di nuovo protagonisti del loro territorio e delle loro scelte.
Con questo spirito iniziamo una nuova pagina della politica sarda, in cui non ci saranno azioni strabilianti. Non abbiamo la bacchetta magica, non faremo azioni demagogiche o populistiche per cercare di far presa sulla gente. E in quelle sue dichiarazioni programmatiche, Presidente, sono evidenti le poche, ma ottime, fondamentali misure a cui si farà ricorso per far ripartire tutti i settori dell'economia, ma anche il sociale e soprattutto la parte culturale.
E qui mi piace riprendere, nonostante qualche critica sia arrivata dall'opposizione, quel passaggio del discorso che lei, Presidente, ha fatto qualche giorno fa, dove sostiene che la Sardegna non ha bisogno di un Governo con una grande idea, ma di uno sforzo convinto per la valorizzazione delle nostre idee migliori, delle idee dei protagonisti del governo locale, dei giovani laureati, delle piccole e medie imprese che operano sul nostro territorio. E allora ripartiamo dalle grandi potenzialità della Sardegna, da quei valori che rendono la nostra terra unica, unica nel mondo. Questa caratterizzazione specifica può rappresentare la marcia in più per costruire un effettivo riscatto.
Le emergenze, lo sappiamo, sono tante, tantissime: dalla lotta alla povertà, alla disoccupazione, fino al sostegno delle imprese e delle industrie. Da qui il Piano straordinario per le emergenze. Già nella finanziaria, che discuteremo sicuramente a breve, sono inserite o saranno, comunque, inserite misure per dare sostegno alle famiglie e per contrastare il dilagare della disoccupazione. Ci sono fondi per la formazione professionale e vengono cancellate, finalmente - questo lo possiamo dire a voce alta - le tasse sul turismo, a rimarcare quindi il divario che separa le nostre scelte politiche da quelle fino a oggi effettuate. Anche se "La Nuova Sardegna", oggi, presidente Soru, riporta una sua intervista integrale, in cui lei, invece, sottolinea che è un errore o per lo meno dichiara: "Era così urgente cancellare la tassa che i ricchi devono pagare per usufruire delle bellezze del nostro ambiente?". La nostra risposta è: sì, era veramente urgente, perché questo la Sardegna e i sardi a noi hanno chiesto.
Ancora è fondamentale dare gambe ai grandi progetti per l'infrastrutturazione dell'Isola, incrementare gli investimenti per i porti, per le strade, per l'energia, oltre a sostenere le piccole, come dicevo prima, e medie imprese, facilitare l'accesso al credito e finalmente provare a sburocratizzare - anche se è un termine osceno - il sistema regionale. Il che non significa certamente dare carta bianca ed eliminare qualsiasi tipo di regola, bensì significa alleggerire il sistema, eliminare tutti quei vincoli che, persino con il Piano paesaggistico regionale, hanno ingessato il sistema economico e produttivo dell'Isola. Dobbiamo, invece, agevolare chi intende investire nella nostra Isola per creare sviluppo, occupazione, nuovi redditi e nuovi sistemi di consumo.
E basta, poi, con l'equazione: imprenditore uguale speculatore. Noi abbiamo un patrimonio ambientale e paesaggistico, storico e culturale invidiabile; invidiabile da tutto il mondo. A tutti noi sta a cuore e tutti noi vogliamo necessariamente tutelarlo, ma questa salvaguardia non significa precludere il territorio all'uomo. La tutela dell'ambiente dovrà essere coniugata con lo sviluppo e l'uomo finalmente dovrà tornare a essere il protagonista. Una natura sotto una campana di vetro, credetemi, non serve assolutamente a niente. L'uomo sotto una campana di vetro, dove gli si preclude praticamente tutto, non ha veramente nessun significato. Anche perché, in questo modo, come ci insegna la legislazione europea, il rischio è che l'ambiente diventi terra di nessuno e finisca per essere abbandonato a se stesso in barba, alla fine, alla sua tutela stessa. L'uomo deve essere protagonista dell'ambiente e questo non significa certamente essere dei cementificatori. Tutti questi obiettivi potranno essere realizzati con la collaborazione, naturalmente, del nostro Governo nazionale. Il riconoscimento del principio dell'insularità segna una svolta storica, così come è imprescindibile l'introduzione del federalismo fiscale nel nostro Paese.
In questo scenario dobbiamo muoverci per il rilancio di settori come l'agricoltura, la pesca e il mondo della cooperazione. Serve un'attenta programmazione degli interventi necessari per fare in modo che le imprese agricole siano di nuovo competitive. E qui serviranno misure particolari per favorire l'accesso al credito e, finalmente, per la continuità territoriale delle merci. Bisognerà puntare sui prodotti tipici, insistere sul made in Sardinia, che dovrà essere un valore aggiunto e qualificante per le nostre produzioni. Discorso molto simile, poi, dovrà essere fatto anche per la pesca; un settore portante che, ahimè, negli ultimi anni ha vissuto tempi francamente molto, molto grigi. Questo comparto necessita di un progetto di rilancio che al centro deve avere i pescatori, ma deve coinvolgere anche il mondo della ricerca e di conseguenza enti pubblici e privati devono essere il sostegno e di sostegno e supporto ai pescatori stessi.
Altro punto fermo deve essere la sostenibilità ambientale dei compendi e un costante monitoraggio delle lagune per valorizzare le specie autoctone. Dovrebbero essere create aree di tutela biologica all'interno di un piano di gestione tra pescatori e ricercatori, per riuscire finalmente a ottenere maggiori possibilità di sviluppo sul mercato. Risultato che potrà essere ottenuto solo coinvolgendo gli attori principali di questo settore, coloro cioè che vivono da anni in quell'ambiente e che hanno il polso della situazione, conoscendone nel dettaglio vizi e virtù, abbandonati però, ahimè, in questi quattro anni e mezzo al loro destino.
Identica collaborazione sarà necessaria con il mondo della cooperazione, che certo non se la passa molto meglio. Sono circa 3.800 le cooperative di produzione e lavoro messe in ginocchio dal blocco della legge numero 16, finora l'unica fonte legislativa a cui le cooperative potevano far riferimento per finanziare l'avvio o il rafforzamento della loro attività imprenditoriale. Dal giugno 2007 la ricezione e l'istruttoria delle pratiche sulla legge regionale numero 16 del 1983 da parte delle banche sono state sospese, con le comprensibili conseguenze per tutte le aziende. Dovremo attivarci per cercare di ripristinare questa normativa già nella prossima finanziaria e riuscire a dare così ossigeno al settore.
E' evidente che servono strategie mirate in tutti gli ambiti e addirittura anche nel turismo. Questa grande vocazione, di cui forse con troppa faciloneria ci si riempie ogni volta la bocca, deve togliersi finalmente l'etichetta di grande potenzialità e deve necessariamente diventare, una volta per tutte, una concreta realtà. Poi si legge che in Assessorato sono stati costruiti volumi di studio nel mondo del turismo. Tutto sommato, l'enciclopedia ce l'abbiamo già, quindi da questo momento possiamo in qualche modo partire per trovare un turismo che non dovrà più essere considerato come un settore a sé, ma dovrà essere strettamente legato con gli altri ambiti della nostra economia e il resto delle infrastrutture. Solo così potrà rappresentare un'importante vetrina per i prodotti tipici, per le tradizioni e la nostra storia e, ovviamente, per il nostro patrimonio naturalistico, e soprattutto non dovrà più esaurirsi con il mare e le spiagge, ma dovrà coniugarsi anche con le zone interne.
Per questo sarà necessario investire anche in strutture ricettive - e io naturalmente penso all'Oristanese, che necessita di importanti investimenti in questa direzione - e in infrastrutture e quindi migliorare i collegamenti stradali e ferroviari e puntare su aeroporti come, per esempio, quello di Fenosu. Si deve scommettere su un turismo senza stagioni che, ad esempio, sempre nell'Oristanese può tradursi nel turismo congressuale, scolastico, ma anche in quello legato ai vari sport, come la vela, gli sport equestri, il golf.
Oltre a queste risorse è quasi un nostro dovere morale insistere sul ricco patrimonio di risorse immateriali. Dobbiamo essere capaci di valorizzare finalmente la nostra cultura e le risorse umane, incentivare la conoscenza e il sistema della scolarizzazione e della formazione professionale. Il presidente Cappellacci ha assicurato che il Master and Back andrà avanti, ma io credo che si debba guardare anche ai primi gradi di istruzione. Sappiamo tutti quanto è alto il livello di dispersione scolastica e, molto spesso, alla base dell'abbandono, oltre al pendolarismo, c'è la grande difficoltà a spostarsi. Solo nella provincia di Oristano circa il 70 per cento degli studenti è costretto a viaggiare già nei primi anni delle elementari. Ecco perché ritengo che non si possa prescindere da un'attenta riflessione sul sistema dei trasporti, che va necessariamente migliorato.
Una piccola parentesi, permettetemi, va all'università diffusa, alle università periferiche. La scelta del Governo precedente ha preferito guardare alle grandi lobby delle due università di Cagliari e Sassari, che sono molto simili a quelle lobby che sempre lei, presidente Soru, cita, come la massoneria, la sanità, il mondo del cemento e alcune anime della Chiesa, che hanno fatto perdere il centrosinistra e hanno, in qualche modo, fatto vincere invece il centrodestra. Io credo che forse quelle altre lobby hanno fatto perdere il centrosinistra. Quindi credo che sia un nostro preciso compito incentivare anche l'università diffusa, come quella di Oristano e Nuoro, che rappresenta un'opportunità in più per i giovani, ma soprattutto per i nostri territori che possono crescere, in qualche modo, in termini culturali. Da qui, dunque, dalle nostre ricchezze bisogna necessariamente ripartire. Certo, le emergenze sono tante, tantissime e, come ho detto prima, non abbiamo certamente una bacchetta magica, ma è una grande sfida per la quale noi siamo pronti a scendere in campo e sfidare, comunque, chiunque. Tutti i sardi ci osservano e io sono sicuro che noi non li deluderemo. Sono ottimista e questa fiducia deriva proprio dal fatto che credo in questa politica, in questa nuova politica di governo, in un Esecutivo che già dalle prime battute sta mantenendo tutte le promesse fatte ai sardi in campagna elettorale. Il "tutte", chiaramente, sta in quel poco che avete potuto fare fino a oggi; "tutto", invece, starà in quello che verrà fatto nei giorni futuri.
Stiamo vivendo un momento politico delicato, un momento politico importante, a pochi giorni dalla svolta storica che porterà alla consacrazione del partito unico, della nascita del Popolo della Libertà, che da domani ci vedrà tutti insieme a Roma per questo momento così importante. Si respira finalmente aria nuova, una voglia di cambiamento che si tradurrà in fatti concreti per la ripresa della nostra Isola. Obiettivo prioritario per chi, come tutti noi, è umile, aperto, sorridente, insomma un sardo vero, non un sardo testardo, che non ha a cuore le sorti della sua Sardegna, ma un sardo che vede per noi in modo portante e fondamentale il futuro del popolo sardo.
Buon lavoro, auguri Presidente, auguri a tutta la Giunta, auguri presidente Lombardo, auguri a tutti i dipendenti del Consiglio regionale, auguri a tutti i dipendenti della Regione, che saranno protagonisti e che ci aiuteranno a raggiungere il nostro obiettivo.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Sabatini. Ne ha facoltà.
SABATINI (P.D.). Signora Presidente, mi consenta di farle gli auguri per il suo nuovo incarico. Abbiamo avuto modo di apprezzare, nella scorsa legislatura, il modo con cui ha condotto l'Aula, siamo sicuri che continuerà a far bene. Davvero auguri!
Signor Presidente della Regione, signori Assessori, colleghe e colleghi, mi chiedevo nei giorni scorsi se nell'intervenire in questo dibattito fosse meglio parlare delle cose fatte o guardare alle cose da fare. Partire dal passato o guardare al futuro? Parliamo delle linee programmatiche ed è naturale parlare delle politiche che dobbiamo mettere in campo, che devono essere messe in campo nei prossimi mesi, nei prossimi anni. Tuttavia i due aspetti si integrano e succede che un programma è più o meno facilitato dalle condizioni date: le azioni del passato vanno a incidere pesantemente sulle cose future.
E allora è necessario, innanzitutto, prendere atto di una crisi economica di livello globale, di proporzioni preoccupanti, che colpisce tutti i Paesi del mondo, non meno la Sardegna, dove in particolare il comparto industriale vive momenti davvero drammatici. Ogni giorno si apprende di un nuovo stabilimento in difficoltà, soprattutto nella commercializzazione dei prodotti, per le difficoltà contingenti del mercato. E' un tema, questo, che vede la Comunità economica europea, gli Stati Uniti d'America, ma anche i singoli Paesi, sino ad arrivare alle amministrazioni delle nostre città, alle amministrazioni provinciali della Sardegna, adoperarsi al fine di approvare degli interventi a sostegno dell'economia, delle imprese in difficoltà, delle fasce sociali più deboli. E' chiaro che anche questo Consiglio, la sua Giunta, Presidente, dovranno essere fortemente impegnati già a partire dalla prossima finanziaria.
L'istituzione del fondo per la non autosufficienza, che approvammo con le leggi finanziarie del 2007 e del 2008, è stato a mio parere un segnale importante di attenzione alle famiglie più in difficoltà, alle persone disabili, ai disoccupati, alle fasce più deboli della nostra società. Bisognerà porre ancora più attenzione, certamente, perché le difficoltà che si registrano anche in questo momento, in questa contingenza, sono numerose.
Vi sono, però, delle condizioni di vantaggio. La prima è quella di avere a disposizione un bilancio che in questi anni ha visto il disavanzo fortemente ridotto; un bilancio che, a partire dal 2010, avrà a disposizione 1.500 milioni di euro in più. Una seconda condizione di vantaggio sta nella disponibilità dei fondi strutturali per la programmazione 2007-2013; siamo usciti dall'Obiettivo 1, ma siamo riusciti a conservare le stesse risorse, e a queste si aggiungono i fondi FAS, i fondi per le aree sottosviluppate. Il terzo vantaggio sta nella disponibilità delle risorse che sono contenute nel Piano di sviluppo rurale, che ammontano a circa 1.200 milioni di euro. Sono strumenti importanti, Presidente, con imponenti quantità di risorse disponibili con cui potranno essere varate, nel breve e nel lungo periodo, misure di intervento nei vari comparti dell'economia isolana. Il momento, vista la crisi economica in atto, non è certamente dei più facili, ma è anche vero che questa Regione ha a sua disposizione risorse davvero importanti per potervi fare fronte. Mi chiedo, allora, quale può essere il contributo che la minoranza può dare al fine di spendere bene queste risorse; quale contributo può dare al fine di contribuire a migliorare i provvedimenti legislativi che approveremo in questa legislatura.
Presidente, lei ci richiama a superare una prassi politica fatta di sterili contrapposizioni, ci invita a un confronto positivo, a inaugurare una nuova stagione politica. Credo che ciascuno di noi sia pronto a raccogliere il suo invito, ma dev'essere chiaro a lei e a tutti noi che tutto ciò parte, innanzitutto, dal riconoscimento delle tante cose fatte nella precedente legislatura, dei progetti di riforma realizzati e avviati, dei provvedimenti approvati, dei tanti programmi che si sono concretizzati in questi anni.
E' giusto affermare che sono preoccupanti i dati sul nostro capitale umano, che abbiamo ancora un basso numero di laureati, che ci preoccupa e ci deve preoccupare, così come è giusto ricordare che finalmente è stato riconosciuto il principio dell'autonomia scolastica, che lei richiama nel suo programma, e che importanti risorse sono state trasferite agli istituti scolastici sardi come mai era avvenuto in precedenza. Bisogna ricordare gli stanziamenti per gli assegni di merito, i contributi per il fitto casa a favore degli studenti lontani dal proprio paese, le ingenti risorse stanziate per il piano dell'edilizia scolastica. E' vero che il sistema aeroportuale non ha dispiegato tutte le proprie potenzialità, ma è anche vero che la nuova continuità territoriale rappresenta un grande passo in avanti per la nostra Isola e che i voli low cost hanno avuto un imponente incremento. Oggi la Sardegna è collegata, attraverso voli diretti, con più di cinquanta città italiane ed europee.
Come pure molto è stato fatto nel trasporto pubblico locale in termini di investimenti, oltre ad averne approvato la riforma che sta trovando in questi mesi piena attuazione. Credo non si possa non riconoscere, ad esempio, lo stato di forte avanzamento del piano per il superamento del divario digitale; la banda larga sarà disponibile su tutto il territorio regionale entro il 2009. Per quanto riguarda le infrastrutture esiste un piano che stanzia 4 miliardi di opere pubbliche. Certo, bisogna intervenire perché si riducano drasticamente i tempi della burocrazia, si acceleri la spesa, si semplifichi la macchina amministrativa. Sono temi che abbiamo avuto modo di discutere, di affrontare a lungo nella passata legislatura, anche con provvedimenti finalizzati all'accelerazione della spesa. E' una questione non certamente di facile soluzione, su cui sarà necessaria maggiore determinazione.
Insomma, non voglio qui continuare un elenco che potrebbe essere ancora lungo. Allo stesso tempo, abbiamo tutti presente che tanto rimane ancora da fare, che molti sono i problemi irrisolti, che una stagione di duro lavoro ci attende. Voglio, però, sottolineare il fatto che inaugurare una nuova stagione della politica sarda significa innanzitutto riconoscersi e, pur nella diversità di visione politica, si deve avere la capacità di leggere con onestà, senza pregiudizi, le situazioni, i dati, ciò che è stato fatto in questi anni. Vi è certamente una netta differenza di impostazione, vi sono due visioni diverse di società, eppure ho la piena consapevolezza che in momenti come questi è necessario ricercare, attraverso maggiore dialogo, il massimo delle convergenze possibili. Troppe sono le famiglie che vivono in uno stato di disagio, troppi i posti di lavoro a rischio e tutti dobbiamo sentirci responsabilmente impegnati a ricercare nell'immediato risposte concrete, assolutamente necessarie alla nostra società.
Presidente, come opposizione valuteremo attentamente la vostra azione di governo. Molti dei temi elencati nel suo programma erano ben sviluppati nei documenti di programmazione che hanno accompagnato i bilanci regionali degli ultimi anni. Noi staremo attenti, a partire dalla finanziaria, che ci vedrà impegnati, già dalle prossime settimane, al dispiegarsi della vostra attività politica, pronti a raccogliere le vostre proposte anche attraverso un contributo attivo che migliori i programmi, ma anche attraverso l'elaborazione di nuove proposte. Su tutto vi chiederemo un confronto, la disponibilità a discutere, ed è lì che, al di là delle enunciazioni, misureremo la reale volontà a volervi confrontare.
Presidente, noi accettiamo la sfida, accettiamo il suo invito, le assicuro, saremo un'opposizione che si caratterizzerà per un atteggiamento aperto al dialogo e al confronto.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Matteo Sanna. Ne ha facoltà.
SANNA MATTEO (P.d.L.). Signora Presidente, signor Presidente della Regione, onorevoli colleghi, signore e signori della Giunta, si apre con la XIV legislatura una nuova fase della vita politica sarda, straordinariamente delicata e importante. Vi sono, infatti, caro Presidente, anche in quest'Aula e soprattutto nel corpo vivo della società sarda, tutte le condizioni per fuoriuscire finalmente dall'interminabile fase della transizione sarda. In questi ultimi anni, sia i problemi urgenti sia i nodi di lungo periodo della Regione sono stati a malapena sfiorati. A essi si sono aggiunte nuove emergenze sociali, che hanno aggravato i già seri problemi occupazionali della nostra Isola. Gli enti locali sono stati sottoposti ad attacchi continui, fino ad arrivare a una sorta di commissariamento delle funzioni di programmazione e di sviluppo delle singole realtà locali. Ne sono derivate la delegittimazione dei pubblici amministratori, la mortificazione dei cittadini, l'esplosione del particolarismo e dei conflitti di interesse. Bastano questi dati a definire un indirizzo di governo che è stato in passato populista, assai più che liberista, accentuando la distanza tra le istituzioni e la società civile, e il diffondersi della delusione e della sfiducia dei cittadini nei riguardi della politica in generale.
In realtà, chi ha governato in passato ha governato facendo leva sulle paure, sui rischi, sulle minacce, mai sulle opportunità e sulle sfide. E' innanzitutto attraverso l'azione politica che dobbiamo mettere, signor Presidente, alla prova la nostra funzione di classe dirigente sarda, la nostra capacità di restituire alla politica l'intelligenza e l'autorevolezza necessarie per rilanciare la nostra terra, liberandola da incrostazioni corporative, arretratezza e rigidità, che tengono chiuse porte, riducono opportunità, mortificano merito e competenza, deprimono lo spirito d'iniziativa e la volontà di realizzare le proprie aspirazioni. Dobbiamo essere consapevoli delle enormi aspettative dell'intera Sardegna. Non ci si chiede soltanto una sana, onesta e adeguata gestione della cosa pubblica. I cittadini si aspettano un'azione di forte innovazione, di coraggiosa apertura, di liberazione di energie e di risorse. Ma la buona volontà da sola non basta, ce lo ha insegnato in modo definitivo l'esperienza di governo del centrodestra nel 1999. Non possiamo ripetere gli stessi errori! Ed è proprio qui che è necessaria una Regione forte e riformista. Serve una Regione nuova, un nuovo modo di pensare, una Regione autonoma, la cui azione metta al centro la persona e a ogni cittadino assicuri più libertà, più opportunità e più diritti. Una Regione riformista, dunque, capace di dettare le regole di una società aperta e responsabile, nella quale l'insopprimibile aspirazione di ognuno a realizzare le proprie scelte di vita accompagni alla consapevolezza, e soprattutto alla consapevolezza dei diritti e dei doveri e al valore dell'interesse generale della Sardegna. Una Regione capace di far camminare insieme innovazione di sistema, mercato e valorizzazione delle risorse locali della nostra amata terra. Una Regione capace di scrivere un nuovo patto sociale con la società sarda, fondato sull'innovazione delle imprese, modernizzazione della pubblica amministrazione e valorizzazione del lavoro. Una Regione capace di promuovere uno sviluppo sostenibile, uno sviluppo in grado di assicurare qualità della vita ed equità sociale, senza compromettere l'ambiente, valorizzando anzi la qualità ambientale come fattore centrale del benessere economico e sociale ma, allo stesso tempo, rendendo le risorse naturali fruibili per l'intera comunità sarda, senza divieti, vincoli e limiti imposti dall'alto. Per assolvere adeguatamente questo ruolo dovremo essere capaci di elaborare e proporre un pensiero nuovo, tutto sardo.
Negli ultimi anni, anche la Sardegna, signor Presidente, è stata investita dalla globalizzazione e dall'ineludibile necessità di uno sviluppo sostenibile, dal passaggio dalla comunicazione scritta a Internet, da regione di emigranti a società multietnica. Per questo abbiamo bisogno di un "pensiero nuovo", capace di leggere e di raccogliere tutte le sfide della società moderna, che apra le troppe porte ancora chiuse. Dobbiamo costruire una Regione che consenta a chi è giovane di potersi tranquillamente sposare, di avere una casa e di fare dei figli. Una Sardegna che si fondi sul merito e non sulla cooptazione e sul favore, e promuova l'accesso dei giovani a ogni tipo di attività e funzione nelle imprese, nelle professioni, nelle pubbliche amministrazioni, nelle istituzioni e nella politica. Una Sardegna in cui la scuola e l'università non siano un parcheggio, ma il luogo di una formazione severa e di qualità. Una Regione che incoraggi i giovani a scommettere su sé stessi, sul proprio talento, sulla volontà di realizzare le proprie aspirazioni di vita. Vogliamo, insomma, una Sardegna diversa, una Sardegna che liberi il lavoro di ragazzi e ragazze da umilianti precarietà e incertezze, e organizzi la flessibilità come effettiva opportunità di maggiori esperienze lavorative e professionali.
Presidente, nelle sue dichiarazioni programmatiche abbiamo riscontrato tutto questo. Il suo programma di legislatura contiene elementi importanti di innovazione e novità, che rappresentano tasselli imprescindibili dello straordinario mosaico della nostra cultura e dell'identità sarda.
Presidente, signore e signori della Giunta, dobbiamo costruire una nuova Sardegna, bisogna costruirla sul rispetto delle istituzioni, sulla difesa del patrimonio ambientale, sulla tutela e sulla piena valorizzazione del patrimonio culturale, sulla qualità della nostra storia. Su questi punti, su queste precondizioni della politica si costruisce il senso della nuova Regione, la Regione che vogliamo, e che vogliamo costruire in questi cinque anni, tutti insieme. Si tratta di un nuovo clima politico, che dobbiamo consolidare in Consiglio e che ha avuto nel sapiente discorso della presidente Lombardo un punto alto dal quale bisogna partire tutti insieme.
Ritengo, infine, che la fiducia da parte della sua maggioranza vada assicurata non soltanto al programma, che contiene elementi qualificanti, ma soprattutto all'appello, da lei rivolto alla Sardegna di tornare a sorridere e di tornare a essere consapevole di sé. Al di là del programma, il nostro gradimento positivo va esteso anche alla sua Giunta. Mi consentirà, Presidente, una citazione particolare, che non è solo di appartenenza politica, ma è anche di condivisione di percorsi. Mi riferisco, in particolare, all'assessore Liori, che rappresenta per molti di noi un tassello intelligente di identità, serietà, onestà e coerenza politica.
Signor Presidente, dal suo programma, dal suo intervento, dalla direzione di marcia che lei ha delineato, il futuro della Sardegna si può veramente ricostruire. Buon lavoro.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Porcu. Ne ha facoltà.
PORCU (P.D.). Colleghe, colleghi, Presidente del Consiglio, Assessori, Presidente della Regione, voglio augurare sinceramente, a lei, Presidente della Regione, e alla sua Giunta un buon lavoro. Noi siamo qui per rappresentare un'idea di Sardegna certamente diversa, radicalmente diversa da quella proposta nel vostro progetto di governo. Ma questo non ci impedirà di dare vita a una opposizione che svolgerà pienamente la sua azione di controllo e non rinuncerà a formulare proposte concrete e a sostenere anche quelle azioni di governo che saprete mettere in campo e che potranno andare, effettivamente, nella direzione dell'interesse generale di tutti i sardi. Non ci sarà, quindi, una contrapposizione strumentale, ma un'azione incessante, incalzante, di controllo, di stimolo e di proposta, nel rispetto dei rispettivi ruoli. Certamente, per agevolare questo compito e questo dialogo, è necessario un riconoscimento reciproco, e noi la metteremo alla prova, Presidente, con la sua Giunta, nel verificare nei fatti la sua capacità di ascolto, che ha rivendicato e ha richiamato nel suo intervento, e nel vedere se questa capacità di ascolto si estende a questa parte dell'Aula che rappresentiamo e a quella parte del popolo sardo che, comunque, ha premiato le nostre idee con il 42 per cento dei consensi.
Con questo spirito costruttivo, le voglio segnalare tre aspetti, che ho trovato carenti, pericolosi e preoccupanti, delle sue dichiarazioni programmatiche. Il primo è il vuoto di proposta. C'è un vuoto di proposta pericoloso nel suo programma, Presidente. Va bene l'enfasi sul metodo, va bene parlare di ascolto, di coinvolgimento, di partecipazione, di tutto il sistema, di tutto il sistema degli attori e del sistema economico-sociale, ma questo non deve farci dimenticare che una Regione non può decidere di non decidere, non può decidere di affidare il proprio destino alle buone intenzioni di chi bussa alla porta. La sua grande idea non può essere solo quella di non avere idee e di valorizzare le idee degli altri. Non è possibile che, come lei teorizza, il metodo diventi contenuto, perché, guardi, questo comporterebbe un rischio molto grave, che noi già intravediamo, che è il rischio della deresponsabilizzazione, del distacco completo tra chi governa e gli esiti del governo. Io mi chiedo: come farà a indirizzare le proposte che le arriveranno? In che modo queste proposte saranno coordinate? Come farà sì che costituiscano un sistema di proposte complessive, che siano sinergiche, coese, che possano promuovere effettivamente un modello di sviluppo? E che cosa farà se queste proposte, che le arrivano in maniera casuale, disordinata, non daranno buoni risultati? Di chi sarà la responsabilità? Sarà colpa del sindacato, che ha sbagliato a portarle le idee o a fare proposte? Sarà colpa delle associazioni di categoria? Sarà colpa delle amministrazioni locali? Qual è, insomma, il suo modello di sviluppo della Sardegna? Come metterà insieme quella voglia di protagonismo, che lei ha richiamato, dei 377 comuni della Sardegna? Come medierà tra le contrapposte, diverse e contrastanti, volontà di protagonismo delle aree urbane e di quelle rurali, delle zone interne e delle zone costiere, dei territori più sviluppati e di quelli meno sviluppati? Come medierà tra comune e comune, tra un comune che magari vuole insediare una torre eolica sulla costa e un comune che vuole promuovere un modello di sviluppo basato, invece, magari sull'ospitalità diffusa, dove non ci sia un impatto sull'ambiente rurale? Come medierà, Presidente, tra chi vuole un modello di sviluppo che promuova il turismo diffuso, che porti chi viene a trovarci borgo per borgo, paese per paese, e chi invece vuole costruire l'ennesima struttura, perché ritiene che il turismo sia mettere insieme mattoni e non sia diffondere invece un'offerta per cui l'impatto dei visitatori con la nostra economia sia molto più profondo? Ma soprattutto, Presidente, non mi è chiaro, nelle sue indicazioni programmatiche, come farà lei a dare voce a chi non ha voce, a chi è povero, a chi è emarginato, a chi è sofferente, così sofferente da non avere idee, da non poter avanzare neanche proposte. Nel suo programma, nel suo intervento, nella dichiarazione che ci ha letto in Aula e nell'allegato, in oltre quaranta pagine, non c'è una sola proposta, una sola idea che riguardi l'insicurezza delle famiglie, che riguardi il lavoro, che riguardi il reddito delle famiglie minacciate dalla crisi economica, e questo nonostante le abbiamo consegnato una Regione, a differenza di quella che abbiamo trovato nel 2004, con copiose risorse finanziarie, con un bilancio risanato. Allora, su questo e su altri aspetti metteremo alla prova la sua capacità di ascolto. Noi non mancheremo di fare delle proposte concrete, a cominciare dalla prossima finanziaria; proposte concrete che riguarderanno, per esempio, il destino dei lavoratori precari che perdono il posto di lavoro e oggi non possono beneficiare di alcun ammortizzatore sociale di sostegno al reddito, o proposte che potranno riguardare il sostegno alle piccole imprese, come in parte ha preannunciato il Partito sardo, cioè che rendano, per esempio, possibile la rimodulazione temporale dei debiti, a favore soprattutto di chi dimostra di avere solidità gestionale e volontà di investire nel capitale della propria impresa.
Ma un altro aspetto che ci preoccupa, Presidente, oltre al vuoto programmatico, è l'ansia che traspare nel suo discorso, nel suo intervento, nelle parole che ci ha letto, di cancellare il recente passato, tutto, senza distinzioni. E' un errore! La democrazia dell'alternanza (e abbiamo insegnamenti illustri: dalla Spagna di Aznar e di Zapatero all'Inghilterra della Thatcher e di Tony Blair) che lei cita dovrebbe essere una competizione a fare sempre meglio, a costruire l'uno sui progetti dell'altro per rendere la nostra società più ricca e più prospera! Ma come possiamo farlo se lei si dimentica, per esempio, quando cita il programma di infrastrutturazione della ADSL, che chi l'ha preceduta ha portato quella infrastrutturazione dal 20 per cento dei comuni che erano toccati dalla banda larga al 100 per cento che sarà completato nel 2009? E come possiamo costruire l'uno sull'altro se lei dimentica, quando si parla di turismo (e pone obiettivi ambiziosi per il turismo: 20 milioni di presenze, 15 per cento sul valore aggiunto), che in questi anni, e non per caso, le presenze turistiche sono cresciute del 15 per cento? E non sono cresciute per caso. Le presenze turistiche sono arrivate a quasi 12 milioni, il tasso più alto di crescita in Italia, e sono anche cresciuti di quasi il 15 per cento i posti letto. Chi l'ha preceduta non ha tagliato un posto letto, ma ha fatto passare i posti letto grazie ai bandi sul turismo diffuso, grazie ai bandi Biddas, Domos, Posadas, ha fatto crescere i posti letto da 166 mila a quasi 200 mila, ed è frutto di quei bandi che puntano a un turismo che si diffonde nei paesi, nei borghi, che non crea cattedrali, che estraggono turismo a beneficio di pochi imprenditori, ma portano la ricchezza del viaggiatore e del turista dentro le nostre case. E quel turismo è cresciuto anche grazie ai voli low cost, Presidente, se ha la pazienza di ascoltarmi, che sono passati dai 6 del 2004 ai 75 che sono in corso oggi, che hanno portato un milione di passeggeri trasportati in più.
E' molto difficile costruire l'uno sull'altro, se non c'è un riconoscimento di quello che è andato bene e non c'è una spiegazione di come lei intende fare meglio, magari partendo dalle esperienze più virtuose, dalle esperienze migliori. Come migliorerà, lei, concretamente queste politiche? Quali sono concretamente le sue proposte per far sì che, per esempio, nel turismo si possano raggiungere quegli obiettivi ambiziosi che lei richiamava, che non sono obiettivi di presenze, lei me lo insegna, ma sono obiettivi affinché la spesa pro capite di ogni turista in servizi e materie prime sarde, in prodotti sardi aumenti, perché se no torniamo a un turismo di quantità, becero, che nulla lascia alla nostra Sardegna e ci lascia soltanto un impatto ambientale devastante.
Lei si dimentica di ricordare che quando parla di infrastrutture chi l'ha preceduta ha sbloccato un miliardo di investimenti, ha fatto ripartire i bandi, ha assegnato le gare per le strade statali 554, 125, 195 e 128. Avevamo trovato anche i fondi per la Sassari-Olbia, e non sappiamo se, da quando il timone è passato alla sua amministrazione, quei fondi ci potranno essere ancora. Quindi non tutto va male, Presidente, in Sardegna, come si evince dalle sue dichiarazioni. Lei sappia costruire dalle esperienze migliori, dalle esperienze di chi l'ha preceduta, sappia fare ancora meglio, noi la sfidiamo a fare meglio, noi ci auguriamo che lei faccia meglio. Non abbia paura di riconoscere come valido tutto quello che può servire ai sardi per aspirare a un futuro migliore, a una qualità della vita e dell'ambiente migliore.
Ma c'è un aspetto, è il terzo che richiamo, che è ancora più preoccupante di quello che ha detto in Aula e di quello che ha detto fuori dall'Aula. Ed è un rapporto con lo Stato che nei primi atti della sua amministrazione ci appare assolutamente subalterno. Io avrei voluto sentire la sua voce sul fatto che il deposito della marina militare a Santo Stefano rimanga in capo, appunto, ai militari e comprometta quel grande progetto di valorizzazione turistica che tutti insieme avevamo pensato per l'arcipelago di La Maddalena. Non ho sentito la sua voce! Non ho sentito la sua voce quando il piano casa di Berlusconi, che in realtà si è trasformato in un "piano villetta", che quindi dà cubature a chi le ha già, alle 400 mila seconde case sparse per la Sardegna, e non dà casa a chi casa non ha, rischia di compromettere non solo l'ambiente, ma il modello di sviluppo a cui stiamo pensando. Non ho sentito la sua voce sulla Sassari-Olbia, non ho sentito la sua protesta per il blocco dell'Eurallumina, nonostante, evidentemente, quella telefonata a Putin da parte del presidente Berlusconi non abbia avuto l'esito che aveva promesso in campagna elettorale. Non ho sentito ancora la sua voce, spero di sentire quella dell'assessore Baire, sui decreti che stanno attuando la riforma Gelmini, che minaccia i punti scuola della nostra rete scolastica; una riforma per la quale la Sardegna pagherà il prezzo più alto. Non ho sentito la sua voce protestare per i fondi per le bonifiche nel Sulcis, un miliardo di euro che sparisce, o per Porto Torres. Non ho sentito la sua voce protestare perché anche in questa tornata, alle elezioni europee, la Sardegna non avrà un suo rappresentante, perché anche quella promessa di Scajola è rimasta vana e avremo un collegio insieme alla Sicilia.
Guardi, io non sono tra quelli che le chiede di dimostrare la sua sardità grazie all'albero genealogico o grazie a un cognome. Io ho apprezzato la sua promessa di incatenarsi se Berlusconi non dovesse mantenere le promesse, ma le chiedo che in attesa di incatenarsi lei batta un colpo, ci dimostri di non essere succube, si faccia carico pienamente dei diritti e degli interessi di tutti i sardi e noi saremo con lei, sfileremo dietro di lei, andremo a Roma con lei! Come hanno fatto, e li ringrazio, i colleghi del centrodestra nel 2005, quando abbiamo vinto e abbiamo vissuto una delle pagine più gloriose della nostra autonomia, andando tutti insieme a Roma a rivendicare i nostri diritti per la vertenza sulle entrate.
Ma c'è un altro aspetto Presidente, che io ritengo preoccupante delle dichiarazioni che ho sentito in quest'Aula, devo dire anche dalla presidente Lombardo: sono ricomparsi i vecchi totem della politica sarda, abbiamo ripreso a parlare di cose che non dipendono da noi, di svantaggi da insularità, di fiscalità di vantaggio, di Statuto, che come sappiamo è una norma costituzionale che dovrebbe andare in Parlamento, spostiamo ad altri le responsabilità che sono già nostre. Dimentichiamo così o ci allontaniamo dalle cose che possiamo fare già oggi senza indugiare, per esempio contribuire a impugnare o a rafforzare quell'impugnativa della concessione che abbiamo fatto alla Tirrenia per la continuità territoriale delle persone, oppure, invece di parlare di fiscalità di vantaggio, sfruttare la zona franca fiscale che abbiamo ottenuto a Sant'Elia per sbloccare quei 30 milioni di euro che il Comune di Cagliari non ha voluto utilizzare e mettere a frutto per il rilancio di quel quartiere e far sì che quella opportunità diventi veramente una opportunità di crescita e di sviluppo riqualificando nell'insieme il quartiere e premiando quegli imprenditori coraggiosi che avranno il coraggio di investire in quella parte della città di Cagliari.
Vorremmo che lei facesse bandi internazionali sulla continuità marittima delle merci, che può già fare senza indugiare, e vorremmo che difendesse senza indugi quella grande vertenza sulle entrate, che lei non ha neanche citato. Neanche una parola su uno dei più grandi successi collettivi di tutta la nostra comunità, non della scorsa legislatura, ma della storia dell'autonomia! Io non vorrei che ci fosse qualcuno in quest'aula, e fuori di quest'aula, che pensasse di scambiare la cornice federalista, il miraggio di riconoscimenti di ipotetici svantaggi da insularità, con la grande conquista della vertenza sulle entrate, che ci dà da oggi, Presidente, senza rincorrere altre cose su presunti svantaggi da insularità, che sono tutti da dimostrare, perché spesso derivano dai nostri comportamenti, dalla nostra testa. Perché lei sa bene che oggi il trasporto merci su mare costa un decimo di qualsiasi altro trasporto e che oggi il mare unisce e non divide. Se ne accorgono quegli imprenditori che oggi possono trasportare le loro merci in Cina con tre giorni di navigazione in meno e a un costo molto inferiore a quello che sostiene un imprenditore che sta magari ad Amburgo. Quindi lei la difenda quella grande conquista che il prossimo anno darà alla sua amministrazione 1.600 milioni di euro in più, al netto di nuove competenze. Non pensi ad altro, cominci a utilizzare bene le risorse che lei ha già e che possono essere utilizzate per raggiungere quegli obiettivi che lei traccia nel suo programma. Obiettivi, perché lei segna obiettivi, ma non ci indica strumenti. Lei ha le risorse per mettere in campo gli strumenti e raggiungere quegli obiettivi di crescita, di infrastrutturazione, di competitività che preannuncia.
Noi le abbiamo consegnato una Regione risanata nel bilancio, Presidente, più ricca di risorse. Pensi a utilizzarle bene, non deleghi ad altri le idee né allo Stato, responsabilità che oggi sono già nostre. Come lei sa, la nostra legge contabile sancisce che la discussione delle dichiarazioni è la prima fase del processo che porta alla scrittura e all'approvazione del Piano regionale di sviluppo, il documento di programmazione che sarà guida dell'attività di governo. Io spero che lei, in quella sede, possa rimediare a questi aspetti e a queste manchevolezze che io le ho segnalato. Oggi, questo non vuole essere e non è un esercizio retorico e ci auguriamo, sinceramente, che lei voglia accogliere queste osservazioni, e quelle che le presenteremo nelle prossime settimane, per dimostrare che quella capacità di ascolto e quella volontà di dialogo costruttivo con l'opposizione possa diventare atto concreto di governo, capace di guardare ai bisogni e alle aspettative di tutto il nostro popolo.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Vargiu. Ne ha facoltà.
VARGIU (Riformatori Sardi). Signori Presidenti del Consiglio e della Regione, Assessori e colleghi del Consiglio, intanto da parte dei Riformatori, a tutti voi e a tutti noi, l'augurio di buon lavoro. Speriamo che sia una legislatura che dia soddisfazione a tutti noi e attraverso le soddisfazioni nostre ci siano soddisfazioni per i sardi.
E' sempre complesso il primo intervento di una legislatura che inizia, però è anche l'occasione per fare delle riflessioni che, poi, così come le dichiarazioni programmatiche del Presidente, rappresentano un po' le indicazioni che ciascun Gruppo consiliare vuole dare all'inizio della legislatura. La prima cosa da cui bisogna partire nel ragionamento è che è finita la campagna elettorale, quindi i toni non sono più quelli strillati e comunque appassionati, intensi, attivi della campagna elettorale, ma sono dei toni più riflessivi, nel senso che dopo la campagna elettorale è il momento della riflessione. Io credo che la campagna elettorale, dobbiamo prenderne atto, sia finita con il giudizio degli elettori. Devo dire che il centrosinistra ha perso, purtroppo ha perso, purtroppo non solo nel ragionamento dei colleghi, come Chicco Porcu, che ha appena parlato, ma per tutti i sardi. Nel senso che se i sardi avessero avuto l'occasione e l'opportunità di apprezzare ciò che il centrosinistra aveva fatto, il centrosinistra avrebbe vinto e questo probabilmente sarebbe stato il messaggio più chiaro, più evidente e anche quello più autentico e genuino del fatto che si era lavorato bene in questi cinque anni. E, probabilmente, anche noi, che eravamo la minoranza consiliare nei cinque anni precedenti, avremmo avuto l'idea e la convinzione che i sardi avevano apprezzato il lavoro che era stato fatto. Ciò, come tutti sappiamo non è, e i sardi hanno giudicato, come nella democrazia dell'alternanza è obbligo fare, il lavoro svolto dal Presidente della Regione e dalla sua maggioranza e lo hanno giudicato negativamente. Ed è questo il primo assunto da cui dobbiamo comunque partire, perché è nei fatti e nelle cose.
Dobbiamo, quindi, cercare di ragionare su che cosa il centrosinistra consegna a noi che oggi diventiamo maggioranza di governo. Ci consegna, a nostro avviso, una Regione in cui è stato fatto un errore importante di metodo, nei cinque anni precedenti, che noi abbiamo denunciato in tutti i modi in quest'Aula con le forze che avevamo e fuori da quest'Aula. E' un errore di metodo perché il metodo dell'ascolto, il metodo del confronto, il metodo della condivisione, il metodo anche della valorizzazione delle differenze, che è il metodo che noi da liberali proponiamo, non è stato il metodo utilizzato nella precedente legislatura. Ci consegna una Sardegna con tante sofferenze, con tante criticità. Non è che la vittoria del centrodestra abbia miracolosamente cancellato, con un colpo di bacchetta magica, tutte quelle sofferenze della passata legislatura che noi abbiamo sottolineato sino ai mesi scorsi. L'industria non va meglio, l'agricoltura non si è ripresa, il turismo non ha trovato idee geniali per svilupparsi, i problemi dell'ambiente non sono risolti, tutte le principali questioni istituzionali, di metodo, di regole che erano aperte nella passata legislatura, sono aperte anche adesso. Quindi cambia il Governo della Regione, perché così hanno scelto i cittadini, ma non cambiano le problematiche che sono sul tappeto e non sono migliorate per il fatto che il Presidente, oggi, si chiama Cappellacci o che il nome degli Assessori è cambiato, o che qui dentro ci sono cinquantatre consiglieri di centrodestra, invece che di centrosinistra. I problemi sono identici. Quindi, dobbiamo renderci conto che questa maggioranza oggi si trova ad affrontare veramente una delle crisi più gravi - al di là delle parole e della retorica, al di là delle discussioni dei consiglieri regionali - che la Sardegna abbia mai affrontato, resa decisamente più grave da un contesto internazionale che tutti quanti conosciamo, da una sofferenza mondiale dell'economia, che è molto più intensa nei Paesi occidentali e che è molto più intensa in Europa, per un sistema invecchiato complessivamente nella sua capacità di creare sviluppo, che è molto più intensa in Italia, figuriamoci nelle aree deboli e disagiate, quali la Sardegna. Per cui questo è il quadro di riferimento sul quale noi dobbiamo, in qualche maniera, concentrarci.
Dovremmo anche pensare, al di là dei ragionamenti di quest'Aula, a cosa si aspetta la gente fuori di qui. Io credo che ciascuno dei consiglieri regionali qui presenti abbia fatto la campagna elettorale, quindi sia andato in giro per la Sardegna e credo abbia verificato quale senso di scoramento vi sia in Sardegna, che si è tradotto anche in una riduzione del numero degli elettori che sono andati a votare. C'è una sensazione di perdita di speranza: "Siete tutti uguali, dopo Palomba le Giunte del centrodestra, dopo le Giunte del centrodestra le Giunte del centrosinistra. Che cosa è cambiato per noi sardi?". Quante volte ciascuno di noi si sarà sentito ripetere questa domanda dai cittadini sardi con cui ha parlato. Se questo è, ed è nel vissuto di qualsiasi consigliere regionale di quest'Aula, credo che noi abbiamo l'obbligo di dare delle risposte; risposte che sono importanti perché sono importanti le attese, sono importanti le aspettative. E' importante l'idea che noi riusciamo a dare alla gente di Sardegna la sensazione che vogliamo fare cose diverse rispetto al passato e che vogliamo fare cose migliori rispetto al passato, come giustamente diceva il collega Porcu che mi ha preceduto.
Cosa dice il Governo regionale? Il Governo regionale dice che non c'è una grande idea, anzi il Governo regionale non vuole una grande idea. Io mi permetterei di correggere: purtroppo la grande idea non c'è, nel senso che se avessimo una grande idea per lo sviluppo della Sardegna probabilmente ci metteremmo tutti d'accordo per sostenere questa grande idea. La grande idea non c'è ed è necessario far nascere tante piccole grandi idee che possano essere complessivamente coerenti tra loro e che possano dare alla Sardegna quelle prospettive di sviluppo che la nostra terra merita.
Il Governo regionale inizia, con le dichiarazioni programmatiche del presidente Cappellacci, a dare delle risposte. La prima: il metodo deve essere diverso. Noi lo condividiamo interamente e intensamente, come Riformatori, questo ragionamento: il metodo deve essere quello dell'ascolto, quello del confronto, quello della consapevolezza che le diversità apportano qualità e valore aggiunto al ragionamento, alle scelte e alle decisioni. Di questo noi siamo convinti, non perché le diversità debbano essere sanate, azzerate o debbano entrare nella notte in cui tutto diventa nero, ma perché le diversità sono un patrimonio culturale che arricchisce e quindi consente a chi governa di avere la consapevolezza anche della parte della verità di cui sono portatori altri.
Il secondo ragionamento è di sostanza: bisogna riuscire ad avere in Sardegna la ripartenza dello sviluppo. Non c'è una grande idea - lo ripeto - su come far ripartire lo sviluppo, ma c'è l'idea che debbano partire idee, perché se non partono idee non c'è la possibilità dello sviluppo. E giustamente, come diceva il primo Documento di programmazione economica e finanziaria della vostra maggioranza, non si crea lavoro attraverso politiche del lavoro, si crea lavoro attraverso lo sviluppo. Lo sviluppo crea occupazione e soltanto l'occupazione, cioè i posti di lavoro, le opportunità che sono generate dallo sviluppo restano e quindi non necessitano del continuo sostegno della mano pubblica per poter essere mantenute in vita.
Il terzo problema che viene centrato nelle dichiarazioni programmatiche, e che noi condividiamo, è quello della certezza delle regole e della necessità di adeguare le regole a quelle che sono le domande del momento. Nel senso che non ci può essere una richiesta veloce e una risposta lenta. E' necessario che la velocità delle risposte, che l'organizzazione della burocrazia regionale, che la capacità da parte della Regione di assecondare i processi dello sviluppo, e anzi di favorire i processi dello sviluppo, sia presente, forte e che sia in un quadro di certezza delle regole, perché quello che chiede chi deve venire a investire in Sardegna è la certezza delle regole. Tante volte sono stati fatti, anche in quest'Aula, esempi relativi ad altre realtà che sono fuori dalla Sardegna e dall'Italia. Tante volte è stato citato l'esempio dell'Irlanda. Insomma, bisognerebbe andare a vedere quanto in Irlanda, nello sviluppo economico, è valsa la fiscalità di vantaggio, è valsa la capacità di dare incentivi, è valsa la possibilità di dare sgravi alle imprese e quanto è valsa la capacità di dare regole certe agli imprenditori, regole certe agli investitori, risposte immediate e rapide a chiunque volesse intraprendere un'attività economica in quel contesto e in quella regione.
Quindi credo che questa sia la grande idea di fondo che unisce tante piccole idee. La gente va, le intelligenze migliori vanno, i capitali vanno laddove ci sono le opportunità. Se questa Regione sarà in grado di creare opportunità, questa Regione sarà in grado di frenare l'esodo delle migliori intelligenze che dalla Sardegna vanno laddove ci sono le opportunità. Io credo che quando i nostri nonni, quando i nonni del presidente Cappellacci si sono trasferiti da Iglesias a Cagliari, da Sanluri a Cagliari, da Tuili a Cagliari, dai piccoli ai grandi centri, l'abbiano fatto perché nei grandi centri c'erano le opportunità. Oggi da Cagliari si va a New York, si va a Londra, si va in Germania, si va altrove perché a Cagliari mancano le opportunità. E allora il nostro impegno è quello di ricreare opportunità nei grandi e nei piccoli centri, affinché la gente, le intelligenze abbiano motivazioni per restare nei centri della Sardegna, grandi e piccoli.
Io credo - e in questa mia convinzione differisco dal collega Porcu - che il ragionamento sull'insularità, non per sottolineare un nostro handicap, ma per sottolineare quello che oggi può diventare un nostro valore aggiunto, sia importante, un ragionamento che l'ultimo parlamentare europeo sardo - prima della Calia, che purtroppo è stata per pochi mesi nel Parlamento europeo -, cioè Mario Segni, fece con grandissima forza, nella convinzione di non dover andare col cappello a elemosinare una condizione aggiunta di disponibilità nei confronti della Sardegna, ma di dover rivendicare una grande opportunità che la Sardegna aveva avuto e che aveva pagato in termini economici e di sviluppo culturale per tanti secoli e che oggi diventa una possibilità da cogliere importante.
Io credo, presidente Cappellacci - i Riformatori le rivolgeranno un invito sostanziale in questo senso -, che sia importante che la Sardegna diventi collegio unico sardo per le elezioni europee, e credo che sia importante richiamare il Presidente del Consiglio dei Ministri, se lei può farlo, al rispetto di un impegno preso, che è quello di garantire che i sardi possano esprimere i propri rappresentanti al Parlamento europeo. Perché è importantissimo che ci siano dei sardi eletti dalla Sardegna nel Parlamento europeo, senza accordi con altre regioni italiane che non hanno un'omogeneità culturale e quasi mai hanno interessi convergenti con i nostri, per poter avere la nostra voce all'interno del Parlamento europeo e per poter avere la nostra rappresentanza nel Parlamento europeo.
Se ai tre capisaldi che lei ha citato nelle sue dichiarazioni programmatiche noi ne possiamo aggiungere uno è di clima. Quello che noi vorremmo aggiungere e che vorremmo fosse ben presente a quest'Aula, alla Giunta e alla gente che sta fuori di qui è l'atteggiamento della politica sarda, è il fatto che oggi in Sardegna forse dovremmo ricreare quel clima virtuoso che c'è stato nel periodo della ricostruzione, nel dopoguerra, quando la domenica i nostri nonni o i nostri padri andavano ad aiutare i padri dei nostri amici o i nonni dei nostri amici a ricostruire le case bombardate. C'era un sentimento di solidarietà comune e una voglia comune di impegnarsi nella soluzione dei problemi della Sardegna. Forse questo è il clima che noi dobbiamo cercare di ricreare e di far rinascere in questo Consiglio regionale, se non ci fosse.
E da questo clima io mi permetto di lanciare tre messaggi che i Riformatori vogliono mandare. Il primo è interno, e lo mando alla nostra maggioranza: guardate, amici, collega Diana, Capogruppo del P.d.L., collega Capelli, collega Sanna, colleghi del Gruppo Misto che fate parte della maggioranza, quello che è successo ieri durante le votazioni delle cariche interne del Consiglio - cose a cui fuori di qui, fortunatamente, nessuno è sostanzialmente interessato, ma per noi hanno comunque un significato - per noi Riformatori è intollerabile: è intollerabile che il Vicepresidente di maggioranza del Consiglio venga eletto con sedici voti in meno di quelli di cui dispone la maggioranza; è intollerabile che il Questore di maggioranza venga eletto con venti voti in meno di quelli di cui dispone la maggioranza! Nel senso che non è tollerabile, né oggi né in futuro, che la maggioranza si presenti in questa maniera davanti al Consiglio regionale, davanti ai colleghi della minoranza, che hanno diritto ad avere una maggioranza che sia coesa e omogenea e davanti a noi stessi, che abbiamo diritto di fidarci l'uno degli altri e di poter lavorare insieme per cinque anni, non in un clima da Libano sin dal primo atto della legislatura.
Il secondo messaggio lo rivolgo alla Giunta regionale, al Presidente. Presidente, lei ha due strade davanti: la prima è quella di ripetere un errore (quello che noi consideriamo un errore) che è stato fatto nella scorsa legislatura, e cioè di considerare metà del suo incarico, cioè di pensare che lei sia soltanto il Presidente eletto dei sardi. Lei è il Presidente eletto dai sardi, e quindi ha un rapporto doveroso nei confronti dei sardi che l'hanno eletto, ma è anche il capo di una coalizione, quindi è anche un Presidente che deve avere rapporto con gli eletti dai sardi attraverso i partiti politici, che siamo noi. Quindi, noi crediamo che uno degli errori più grossi che è stato fatto nella scorsa legislatura è stato fatto quando il Presidente della Regione ha ritenuto di essere esclusivamente eletto dai sardi e si è dimenticato che c'erano altri eletti dai sardi qui dentro e si è dimenticato di essere il leader di altri eletti dai sardi che erano qui dentro. Non se ne dimentichi anche lei, perché sarebbe un errore difficilmente perdonabile che sappiamo dove porta, perché chi l'ha fatto ha perso le elezioni.
L'ultimo messaggio io lo voglio rivolgere ai colleghi delle opposizioni, di cui ho apprezzato gli interventi sicuramente collaborativi che hanno fatto, e voglio dire loro una cosa di cui sono convinto, me l'hanno sentita dire altre volte in quest'Aula, anche quando sedevo nei banchi della minoranza, e anche quando, nella legislatura precedente, ho avuto la fortuna di far parte di una maggioranza. Colleghi, in Sardegna, purtroppo, non abbiamo due classi dirigenti, una di centrodestra e una di centrosinistra, che si alternano l'una con l'altra; la nostra disgrazia è che non ne abbiamo una intera, non soltanto nella politica, ma dappertutto. Questa è la nostra sfortuna! E allora, il problema che noi abbiamo oggi è quello di mettere le risorse, le capacità, le intelligenze che abbiamo a disposizione a confronto tra loro e farle lavorare insieme. E' questa la sfida che noi abbiamo in questa legislatura. Certo, ognuno nel suo ruolo, nel senso che meno che mai noi Riformatori parleremo di confusione di ruoli tra maggioranza e minoranza, ma è evidente che dovremo ragionare insieme, è evidente che ha ragione il collega Porcu: mica nei cinque anni precedenti sono state fatte solo cose negative, ma ci mancherebbe altro! Il presidente Soru, che è stato un avversario leale e forte, e che io ringrazio per come ha lavorato per la regione nella passata legislatura, ha lavorato con passione con la sua maggioranza, cercando di fare cose buone. Sicuramente ne ha fatte tante, e sicuramente le cose buone che ha fatto non le dobbiamo smontare noi, anzi le dobbiamo valorizzare, dobbiamo ragionarci sopra, dobbiamo farne altre costruendole anche insieme a voi, ragionando con voi, perché voi non siete stati mandati qua per fare opposizione. Voi siete stati mandati qua sulla base di un progetto di governo. Allora i due progetti di governo si devono confrontare e una parte del pezzo del vostro progetto di governo deve diventare il nostro progetto di governo. Questa è la sfida forte, grande di questa legislatura, e noi Riformatori staremo su queste posizioni, e staremo su queste posizioni in maniera rigida e rigorosa perché sono le uniche che vogliamo difendere fino in fondo. Credeteci, senza desideri di restaurazione, perché non abbiamo nessuna voglia di vedere restaurati passati che non vogliamo veder ritornare né in quest'Aula né fuori di qui, ma con l'idea che si va avanti verso il nuovo, verso la modernizzazione, verso il progresso e che il vostro pezzo di verità deve essere integrato con quello che abbiamo noi, perché la Sardegna abbia sul serio cose buone.
Signor Presidente della Regione, presidente Cappellacci, noi Riformatori faremo con passione e con lealtà la nostra parte, sino in fondo. Come lei, siamo stati eletti dai cittadini, ciascuno dei consiglieri regionali che sono seduti a fianco a me in questa Aula sono stati eletti dai cittadini e, come lei, noi rispondiamo ai partiti, al nostro partito, rispondiamo ai Gruppi, rispondiamo a lei che è il Presidente ed è il leader della nostra coalizione, e noi riconosciamo come leader della nostra coalizione, ma soprattutto, come lei, rispondiamo ai cittadini sardi. E le devo dire che i cittadini sardi, lo ricordiamo a tutti i colleghi in quest'Aula, saranno i primi a cui noi risponderemo anche nei cinque anni di questa legislatura.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Agus. Ne ha facoltà.
AGUS (P.D.). Signora Presidente del Consiglio, presidente Cappellacci, Assessori, colleghe e colleghi, inizio con l'augurare a tutti voi un sereno e proficuo lavoro, accogliendo l'invito di molti miei colleghi affinché questa legislatura sia una legislatura proficua per il bene comune e per lo sviluppo economico della nostra Sardegna. Non utilizzerò tutto il tempo a disposizione perché condivido le cose dette in questi giorni su un Consiglio che operi nella snellezza e nella rapidità, senza sottrarre tempo alle decisioni con interventi e relazioni prolisse e retoriche, che spesso non servono alla comprensione dei problemi e alle scelte da adottare. Mi limiterò, quindi, a una breve riflessione su due temi; per altro, mi sembra che stia diventando oggetto di riferimento una frase che è stata già ripetuta più volte.
Ho seguito, infatti, con attenzione le linee programmatiche che il Presidente della Regione, l'onorevole Cappellacci, ci ha illustrato e ho avuto modo di leggere l'allegato. Sicuramente non voglio fare una disamina del tutto; attendo il momento puntuale della relazione del Presidente per esprimere pareri, suggerimenti, giudizi e votare, laddove possibile, anche in favore delle scelte fatte, oppure chiaramente contro quegli aspetti che non reputo e che non reputeremo opportuni.
Devo dire che ho apprezzato alcuni passaggi e affermazioni che mi fanno ben sperare, e mi auguro, anche dai banchi della opposizione, di poter con voi condividere molti degli aspetti e delle attese che le nostre comunità auspicano. Allora, il ripensare il nostro modello di Regione in chiave moderna, così, appunto, in un passaggio del Presidente si afferma, può senza dubbio essere un importante stimolo alla condivisione delle regole e delle riforme già in atto, che non possono più arrestarsi. Mentre mi preoccupa l'affermazione, che, come dicevo, è stata ripresa più volte, che la Sardegna non abbia bisogno di un Governo con una grande idea; come pure mi preoccupa la visione di una Sardegna con le città centriche. Certo, una sola idea non è sufficiente per uscire dalla grave crisi che affligge l'intero pianeta e che in Sardegna addirittura, come lei dice, risulta essere doppia. Ma una classe politica chiamata a governare la cosa pubblica non può pensare di gestire esclusivamente l'ordinaria amministrazione e il contingente che soddisfi i bisogni primari di una collettività o di un popolo. Io credo che abbia la grande responsabilità di guardare oltre i bisogni ordinari e contingenti, anche se punta decisamente alla valorizzazione delle risorse locali, come il protagonismo del governo locale e delle idee dei giovani laureati e delle migliori idee delle realtà imprenditoriali.
Una grande idea, a mio avviso, potrebbe essere la meta a cui tendere, e noi ne abbiamo diverse, si tratta di scegliere. Io, se posso permettermi, ne suggerirei una, anche perché sarebbe impensabile affrontare tutti gli argomenti, come ho detto prima, del programma della XIV legislatura, che comunque avremo modo di valutare e sviscerare nel prosieguo del mandato. Partirei senza dubbio da una contingenza e da un'urgenza che nella premessa dell'allegato alle dichiarazioni programmatiche lei definisce "insieme di misure di breve periodo per intervenire sulle principali emergenze della nostra Regione", e in particolare richiama le azioni da mettere in campo per il sostegno ai consumi, il contrasto delle situazioni di povertà, il disagio delle famiglie e di coloro che vivono l'insicurezza per il lavoro e per il proprio futuro. Apprezzo e sottoscrivo le successive linee di intervento a sostegno della premessa, ma devo attendere gli atti finanziari per capire le reali intenzioni, che devono essere poi suffragate da concrete risorse finanziarie, perché le enunciazioni vanno bene, ma non sono certo sufficienti. Certo è che potremmo anche iniziare a dare concreta testimonianza dell'agire: non so, per esempio cogliendo l'invito del presidente Soru, che con la rideterminazione delle nostre indennità proponeva di costituire un fondo di solidarietà permanente verso, dico io, le famiglie meno abbienti, perché prima di tutto l'incentivo ai consumi avviene solo se le famiglie hanno di che spendere. Sicuramente la proposta fatta dal singolo parlamentare potrebbe sembrare demagogica e populista, ma se venisse condivisa da tutto il Consiglio e alla riduzione delle indennità di funzione associassimo, per esempio, anche la rinuncia alle indennità pensionistiche, credo che la dotazione annuale di un fondo di solidarietà potrebbe cominciare a ritenersi davvero tale. Concorreremmo, inoltre, a eliminare un'ambita prebenda che, a mio avviso, ha spinto molti a trasformare l'attività parlamentare in un vero e proprio lavoro, annullando, di fatto, l'essenza etica del servizio.
Quindi condivido la volontà di intervenire sulle emergenze e, poi, sicuramente si deve affrontare la crisi, che ha tante sfaccettature, ma visto il tempo a disposizione, mi soffermerò solo su un segmento che, forse, per alcuni potrebbe essere marginale rispetto ai problemi del lavoro, delle emergenze, dello sviluppo in genere, ma che, a mio avviso, contiene invece una delle grandi idee, a cui dovremo tendere e che potrebbero dare prima di tutto un valido sostegno alla risoluzione stabile delle emergenze e di conseguenza creare le condizioni di un nuovo sviluppo economico e culturale davvero innovativo e prospettico. Mi riferisco ai quattro capoversi della valorizzazione della cultura. Ormai è risaputo che nella globalizzazione si salveranno solo quelle nazioni che hanno un'identità culturale, un'unicità e una diversità che permetta loro, se ben sviluppate e possedute, di misurarsi con il resto del mondo senza riverenza alcuna. Un popolo trae linfa vitale dalla sua storia e dalle sue antiche origini; un popolo senza storia stenta a essere definito tale e spesso non trova un riferimento unitario e identitario che lo aggreghi e lo sorregga nel rapporto con il mondo. La Sardegna non ha questi problemi; ha un immenso patrimonio culturale, unico al mondo. Basta solo pensare all'immenso patrimonio architettonico, archeologico e culturale, peraltro ancora fortemente sconosciuto dallo stesso popolo sardo, che va dal neolitico antico, 4.500 anni a.C., fino all'età del ferro, 535 anni a.C., fase finale del periodo nuragico; una cultura autoctona, quest'ultima, durata oltre mille anni, apprezzata e invidiata in tutto il mondo antico, tanto che il grande faraone Ramses II, coinvolto nella battaglia di Qadesh, il primo conflitto della storia ben documentato, chiama, sia come guardie personali che in battaglia, i Shardana con altri popoli del mare.
Ebbene, oggi l'Egitto sta predisponendo una grande opera lirica, così come fece per l'inaugurazione del Canale di Suez, con l'Aida, a ricordo del primo trattato di pace della storia, sottoscritto nel 1274 a.C. dagli egiziani, dagli ittiti e dai popoli del mare, dove i Shardana ricoprivano un ruolo di rilievo. Infatti, il Governo egiziano, già lo scorso anno ha avviato, tramite il Presidente del Consiglio regionale, i primi contatti perché la Sardegna sia capofila di questa nuova e importante opera, e che mi auguro prosegua in questa legislatura, perché non possiamo permetterci di ignorare importanti eventi culturali che ci mettano in relazione con il mondo intero. Tutto ciò a sottolineare che è necessario puntare decisamente sulla nostra storia, sulla cultura e identità, perché l'insieme diventi fattore primario allo sviluppo socioeconomico dell'intera Isola.
Solo per stare sul pragmatico, una fugace riflessione: in Germania, una nazione non certo accostabile alla nostra ricchezza culturale, gli occupati nell'ambito della gestione dei beni culturali superano di gran lunga gli occupati dell'industria. Probabilmente siamo strabici e non riusciamo a mettere a fuoco un'unica grande risorsa locale che farebbe invidia a mezzo mondo e che per noi è sconosciuta. Come si fa ad accettare che nella sola Stonehenge, in Inghilterra, un semicerchio di monoliti sia visitato annualmente da non meno di 775 mila presenze, mentre in Sardegna, nel 2002, si contavano appena 1 milione 447 mila presenze su tutto il vasto patrimonio storico-culturale isolano? Questa nostra identità, favorita anche dalla centralità della nostra Isola nel Mediterraneo, potrebbe essere il grimaldello per aprirci ai prossimi appuntamenti economici e commerciali dal 2010, quando nel Mediterraneo si abbatteranno tutti gli ostacoli al libero commercio.
Da una mia umile esperienza, che mi ha visto da sindaco coinvolto per quattro anni, dal 1999 al 2004, in un progetto internazionale delle Nazioni unite, denominato PDHL-Tunisia, programma di sviluppo locale, nell'area del Maghreb, ed esattamente al centro della Tunisia, ho potuto constatare quanto le popolazioni dell'Africa del Nord guardino con simpatia alla Sardegna sia per le affinità culturali ma anche perché vedono nella nostra Isola la porta per l'Europa.
Credo che una grande idea sia anche quella di coinvolgere coralmente la Sardegna e i suoi abitanti nella conoscenza e nel possesso pieno della propria storia e identità culturale, lasciando certamente alle città i luoghi della modernità e le porte dell'internazionalizzazione, per le quali, però, non possono che concorrere a pieno titolo tutti gli angoli della Sardegna, altrimenti anche le università periferiche, come qualcuno ha accennato, rischiano di spostarsi al centro delle grandi città.
Questa grande idea, quindi, da sempre accarezzata, ma mai attuata, sono certo possa diventare il volano di una nuova politica che ci faccia pensare in grande, così come lei, Presidente, recita nelle ultime battute della relazione, e sono certo ci permetterà di riprendere, ma, credo di poter dire, di continuare un cammino di grande idealità e di alta progettualità, purtroppo interrotto precedentemente con il mancato rinnovo della Giunta Soru. Grazie e buon lavoro a tutti.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Sanjust. Ne ha facoltà.
SANJUST (P.d.L.). Gentile Presidente del Consiglio, signor Presidente della Regione, gentili Assessore e Assessori, onorevoli colleghe e colleghi, l'intervento dell'onorevole Porcu, in linea con quelli che venivano fatti nella passata legislatura, mi è sembrato più che altro un intervento di fine legislatura, dove si esprimono giudizi finali e conclusivi, trascurando che siamo appena all'inizio di una nuova era, che la Giunta si è appena insediata, che questa maggioranza sta appena iniziando a lavorare, e purtroppo, ahimè, inizierà cercando di recuperare i cocci di una Sardegna che la vecchia maggioranza ha distrutto.
L'onorevole Porcu ha parlato anche dell'ansia che le dichiarazioni programmatiche hanno fatto venire a lui e alla sua maggioranza. Vorrei ricordare a tutti che l'ansia l'avete fatta venire voi ai sardi nei trascorsi cinque anni! Finalmente si è aperta una nuova stagione politica, densa di promesse e di aspettative, ma anche all'insegna della crisi e delle incertezze. Il popolo sardo ci ha conferito un mandato pieno e inequivocabile; si è formata una nuova maggioranza e a questa si chiede di traghettare la Sardegna fuori dalle paludi in cui si è incagliata nella precedente nefasta legislatura. Sì, nefasta, e non lo dice un consigliere, un semplice consigliere di parte; lo ha detto ad alta voce il corpo elettorale, lo gridano i troppi sardi che vivono sulla propria pelle le gravi responsabilità del Governo precedente.
Premetto subito che sono poco interessato a infierire contro chi ha fallito senza appello, e il mio intervento, semmai, intende portare un contributo costruttivo al dibattito e magari all'ambizione di indicare alcuni punti politici forse meritevoli di essere accolti e realizzati. Tuttavia, la situazione di grave crisi, la sfiducia e, direi pure, la rassegnazione di questi anni impongono alcune riflessioni sul recente passato, per non dimenticare e per imparare dalla sua tragica lezione.
Legislatura nefasta, dicevo. Non si potrebbe trovare parola più adatta per definire un metodo scellerato di governo, incurante dei bisogni degli ultimi, ostile alle intraprese economiche non allineate, dirigista, supponente, autoritario, incapace di concertare e di costruire sulle macerie dei tagli traumatici alternative migliori. I sardi non hanno perdonato la cattiveria scientifica con cui si è comandato, la desertificazione e il conseguente peggioramento complessivo di tutti i principali indicatori di sviluppo. Ma la disperazione è stata più ampia e drammatica di quanto raccontino i pur eloquenti dati economici: uno sfascio senza precedenti, aggravato da proclami che dipingevano una Sardegna immaginaria immersa nello sviluppo e nel benessere, con la stampa e i media italiani - e sarà un fenomeno da studiare molto attentamente - che hanno fatto da irresponsabile sponda a una propaganda indecente e fasulla.
Ma è inutile fare un bilancio delle cose non fatte e di quelle fatte male, che hanno incancrenito il già debole tessuto economico e sociale della nostra Isola. Del resto, il bilancio lo hanno fatto gli elettori, liberamente, e non certo perché plagiati o ipnotizzati, o peggio perché incapaci di intendere e di volere.
Capisco che le ragioni della propaganda e l'incapacità di fare autocritica spingano oggi a delegittimare la volontà popolare, ma a noi interessa partire da ciò che gli elettori ci hanno chiesto a gran voce. Se il corpo elettorale ci ha premiato, lo si deve non solo al fallimento di chi non ha saputo dare risposte, ma anche e soprattutto alla nostra capacità, nei quattro anni e mezzo passati, di fare opposizione. Noi, responsabilmente, abbiamo fatto una seria, intransigente e costruttiva opposizione. Abbiamo cercato di dialogare, soprattutto sulle grandi riforme, sui temi dello sviluppo, sulle misure sociali. Abbiamo presentato sempre, laddove ci è stato possibile, proposte alternative, orientate al benessere generale del popolo sardo. Dico questo anche per confutare, una volta per tutte, certe sinistre affermazioni di chi, giunto al capolinea, riduce le ragioni della sconfitta alla mancata o inefficace comunicazione dei mirabolanti risultati e ha trattato l'opposizione passata come un manipolo di cialtroni, animati da rancori personali e autori di proposte strumentali. Ritornerò più avanti sul valore della opposizione per la democrazia.
Le nostre proposte, proprio perché non erano e non sono mai state strumentali, sono state accolte, invece, dal corpo elettorale, e noi siamo impegnati oggi nel difficile compito di realizzarle. E, mi permetto di aggiungere, lo vorremmo fare con il contributo della opposizione.
Signor Presidente della Regione, onorevoli colleghi, non si tratta di frasi di circostanza o di sterile buonismo. Si tratta di un'esigenza reale, si tratta di voltare pagina, seppellire certi metodi autoritari, riprendere il dialogo costruttivo, ripristinare il valore della concertazione, attivare la capacità di fare riforme utili e durature. I risultati dell'autoritarismo sono sotto gli occhi di tutti e i sardi ci hanno chiesto di cambiare metodi e approcci. Dialogheremo sui contenuti senza pregiudiziali ideologiche o di schieramento. Certo, noi abbiamo oggi una grave responsabilità: dobbiamo mettere mano a non poche storture ereditate e contemporaneamente dobbiamo impostare una serie di misure che siano in grado di dare risposte immediate in termini di welfare e di occupazione. Perciò saranno indispensabili umiltà e coerenza, perché sarebbe un gravissimo errore creare aspettative mirabolanti, promettere politiche miracolistiche, giocare cinicamente sul malessere generale. La democrazia va ripristinata, sia nel metodo sia, ovviamente, a livello istituzionale. E' ben chiaro, ad esempio, che non dovremo aspettare la fine della legislatura per impostare le grandi riforme istituzionali. In un clima costituente appare indispensabile riscrivere il nuovo Statuto speciale, ma nell'immediato è indispensabile mettere mano alla famigerata legge statutaria, che ha esasperato e pervertito lo spirito autentico del presidenzialismo, un sistema cioè che non può ridursi all'"uomo solo al comando", ma deve riequilibrare i rapporti tra Esecutivo e Legislativo per dare più efficienza ed efficacia all'azione di governo, tenendo ben fermo il ruolo centrale del Consiglio regionale. Dobbiamo essere coerenti. Lo strapotere è un danno e non produce risultati né condivisi né duraturi. Vogliamo coniugare la democrazia nel metodo con l'efficienza delle decisioni e l'efficacia delle misure. Il Consiglio regionale è stato esautorato e ha finito per cedere al ricatto del Presidente perdendo la propria funzione, che è quella di dare rappresentanza della complessità dei bisogni e dell'interesse dei sardi.
In questo senso il riequilibrio tra il Consiglio regionale e la Giunta può essere indirizzato, già oggi, con il cambiamento del ruolo della Presidenza del Consiglio; una Presidenza che deve recuperare l'antica vocazione di garante dell'Assemblea, capace, se necessario, di riequilibrare eventuali strapoteri del Presidente della Regione. Guai a un sistema sbilanciato, in cui persino il Presidente del Consiglio regionale è appiattito sui voleri dell'Esecutivo. Però eravamo abituati così nei quattro anni e mezzo passati. L'elezione dell'onorevole Claudia Lombardo rappresenta un'ottima garanzia in questo senso. E' stato un atto di grande discontinuità, prima donna a rivestire una grande carica e soprattutto persona che ha già dimostrato di conoscere il ruolo. E sono certo - lo dico senza retorica - che la nuova Presidente sarà garante dei sacrosanti diritti della minoranza, che in un sistema democratico non è un ostacolo da dileggiare, ma una risorsa da valorizzare.
Mi sia consentita ancora qualche riflessione in tema di riforme. Sulla base della recente esperienza ritengo indispensabile mettere mano alla legge elettorale, a cominciare dall'abolizione del listino del Presidente. La gente non capisce, e si indigna, perché chi legifera non disponga del mandato diretto degli elettori. Inoltre, la gente chiede una semplificazione del governo regionale, a cominciare dalla riduzione del numero dei consiglieri regionali. E' tempo di scelte fondamentali. Chi governa ha il grave compito di perseguire il bene comune, perciò occorre a volte anche avere il coraggio di dire no, ma con senso di responsabilità, spiegandone le ragioni, trovando soluzioni. La politica dei no pregiudiziali e dei sì autocratici ha prodotto disperazione e fallimenti.
Onorevoli colleghi, abbiamo passato cinque anni a stigmatizzare i comportamenti a dir poco discutibili del Governo regionale, a cominciare dall'accanimento nei confronti del personale regionale, mortificato ed esautorato da una pletora oscura di personaggi che hanno formato un'amministrazione parallela, da una miriade di consulenze, molte delle quali, secretate nonostante i numerosi tentativi di far luce su di esse, si sono rilevate di assai dubbia utilità per la pubblica amministrazione regionale. Auspico perciò, egregio Presidente, che si recuperi un proficuo rapporto con i dipendenti, che si crei un nuovo clima di fiducia e di motivazione e voglio sperare si dia urgentemente corso a un radicale spoil system per rimuovere tutte quelle figure che hanno occupato la macchina regionale, spesso con discutibili risultati e per via di non sempre appropriate procedure di nomina. Ma lo spoil system non deve essere attuato con spirito di vendetta o di rivalsa, ma per iniziare davvero a inserire qualificatissime professionalità. Poi, si misurino i risultati, si pretendano accurati rendiconti, si valuti passo dopo passo il loro operato.
In armonia con questa stessa logica, trovo importante che si richiedano curricula per entrare a far parte degli staff degli Assessorati, ma non dovrà trattarsi di mossa propagandistica, destinata a squagliarsi con nomine che non rientrino nei criteri selettivi annunciati. Sarà importante una verifica al fine di garantire, anzitutto, i cittadini utenti, che pretendono da noi rigore, professionalità ed efficienza, e ovviamente coerenza tra annunci e fatti. Abbiamo presentato un programma coerente, concreto, immediatamente traducibile in fatti e in risultati tangibili. Sarà perciò molto utile portare un contributo per renderlo ancora più appetibile a rispondere ai bisogni dei tantissimi sardi che ci hanno votato.
Egregio Presidente, nel programma, che penso di aver letto accuratamente, mi pare siano assenti le politiche giovanili. Mi rendo conto che abbiamo avuto poco tempo per perfezionare il programma, ma credo che la linea della Regione debba fare riferimento a quanto di buono si sta realizzando in Italia, a livello ministeriale, dove le politiche giovanili sono riconosciute e incardinate nell'amministrazione. Troverei grave se perciò le politiche giovanili fossero promosse fuori dai canali istituzionali di Giunta e Consiglio regionale. Di conseguenza auspico che si eviti il ricorso a dubbie consulenze esterne, magari collegate all'istituzione di un apposito dipartimento. Ciò mortificherebbe, a mio avviso, il prezioso lavoro fatto in precedenza e lo stesso lavoro della Commissione consiliare competente. Le politiche rivolte ai giovani vanno, perciò, opportunamente inserite dentro l'Assessorato competente e rilanciate come parte integrante di un serio e innovativo programma di governo.
Chiedo anche una profonda discontinuità rispetto all'amministrazione precedente che, in nome di spocchiose e miopi politiche di contrasto ideologico, ha mortificato il ruolo centrale di Cagliari capitale della Sardegna. Non parlo in nome di risibili sciovinismi e per mere logiche di campanile; ritengo, semmai, che la valenza strategica del capoluogo di regione meriti una rinnovata attenzione. Perciò mi auguro che si dia il via libera alle vere e indispensabili opere pubbliche che devono essere indirizzate a migliorare la vita dei cittadini, anziché inseguire irresponsabili sogni estetizzanti. Si trovino le risorse per realizzare il sottopasso di via Roma e la metro che colleghi l'hinterland alla capitale; si seppellisca definitivamente, come frutto impazzito di una stagione politica da dimenticare, l'idea di stuprare il paesaggio con gli ecomostri come il Betile, brutta copia di progetti pressoché identici affidati a improbabili archistar, e si utilizzino, invece, le risorse per fare un vero campus universitario, rispettoso delle volumetrie e della funzionalità, con l'unico obiettivo di integrare gli studenti con il tessuto cittadino.
In questo senso - avviandomi alla conclusione - voglio spendere qualche parola sulla legge finanziaria. Spero che finisca la triste abitudine di stanziare risorse regolarmente non spese e che finisca perciò l'era dei residui passivi, che hanno rappresentato uno schiaffo ai sardi e certificano il fallimento dell'azione di governo. Basta con la stucchevole politica degli annunci. Ai sardi non dovremo più accontentarci di dire che abbiamo stanziato risorse, ma quante e come sono state spese e quali risultati tangibili sono stati ottenuti. Dovremo anche evitare che siano approvate misure clientelari o a pioggia e dovremo sempre verificare la corrispondenza tra Piano regionale di sviluppo e legge finanziaria. Serve insomma una svolta per moralizzare la politica regionale. Su questo punto abbiamo fatto una buona opposizione, gli elettori hanno apprezzato e la magistratura in alcuni casi sta fornendo adeguate risposte. E poiché i grandi principi e le buone pratiche non devono restare appannaggio della opposizione per poi essere dimenticate una volta al governo, spero, signor Presidente della Regione, che, in attesa di riscrivere alcune parti della legge statutaria, si voglia urgentemente istituire la Consulta di garanzia, la quale, come è noto, ma si fa finta di dimenticare, ha il delicato compito di valutare se chi siede tra i banchi del Consiglio regionale sia in conflitto di interessi. Perché una cosa deve essere ben chiara: sull'etica pubblica non si possono fare sconti e la strategica assenza della Consulta di garanzia potrebbe servire per legittimare posizioni che legittime non sono. Fatta la legge non possiamo tollerare l'inganno. E già che siamo in tema, sarebbe opportuno rimuovere l'articolo 28 della legge statutaria nella parte che consente a consiglieri o assessori di partecipare alle gare pubbliche della Regione con le proprie aziende. Si chiuda, insomma, per sempre l'era della commistione affari-politica e si sappia che per esercitare il nobile ufficio del consigliere regionale o di assessore è indispensabile non destare neppure il minimo sospetto di conflitto di interessi. Gli interessi aziendali diretti non hanno mai coinciso con gli interessi dei sardi.
E' con questo auspicio che mi piace avviarmi alla conclusione. Questa legislatura dovrà iniziare un percorso virtuoso, dove le istituzioni dovranno tornare a essere credibili e al servizio dei cittadini, perché senza istituzioni credibili naufraga qualunque pur serio progetto di riforma.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Antonio Solinas. Ne ha facoltà.
SOLINAS ANTONIO (P.D.).Signora Presidente del Consiglio, signor Presidente della Regione, signori Assessori, onorevoli colleghi, non vi nascondo che avrei voluto fare questo mio primo intervento con argomentazioni diverse, più rivolte a discutere nel meritoo delle proposte, come ogni dibattito normale sulle dichiarazioni programmatiche avrebbe richiesto. Ma nonostante tutti i miei sforzi, leggendo e rileggendo le sue, le vostre dichiarazioni programmatiche, non me ne avete dato la minima possibilità.
Signor Presidente, dalla sua lettura in aula e dal contenuto del suo allegato non si evince una minima strategia, un minimo progetto serio e credibile per il governo e lo sviluppo della nostra Isola. Ho la sensazione che le sue analisi sulla situazione economica e sociale della Sardegna si siano fermate alla primavera del 2004, a quando lei, assieme a tutta la Giunta dell'allora presidente Masala, terminò quella dannosa esperienza di governo della Sardegna, grazie alla quale, con lei Assessore del bilancio, si raggiunse il massimo storico di indebitamento della Regione.
Da allora, signor Presidente, sono trascorsi cinque anni e in questi cinque anni la Sardegna è cambiata, è cresciuta e sta molto meglio di come ce l'avevate lasciata lei e la sua Giunta. Da allora, dopo un duro confronto con lo Stato, grazie anche al coinvolgimento di tutte le forze politiche e sociali della Sardegna, è stato modificato l'articolo 8 dello Statuto, che ci riconosce il diritto di compartecipare al gettito tributario di tutti i tributi maturati nel nostro territorio. In questi cinque anni il disavanzo del bilancio, al quale lei ha dato una grande mano, è stato ridotto da 3 a 2 miliardi di euro. Avrà avuto modo di constatare, nella proposta di finanziaria presentata alla fine della scorsa legislatura dal centrosinistra, che per il 2009 riceve in eredità risorse senza vincoli di destinazione pari al 32 per cento del totale complessivo. Avrà potuto raffrontare questo dato con la finanziaria 2004, dove le risorse senza vincoli di destinazione erano dell'1,7 per cento. Dal 2004 a oggi è stato affermato, con atti concreti, il diritto della Sardegna di ottenere la restituzione degli immobili vincolati dalle servitù militari. In queste settimane leggiamo sulla stampa che il Governo nazionale su questo argomento sta cambiando idea, e da parte sua, signor Presidente, e di tutti i partiti della sua coalizione silenzio assoluto. Avremo modo, su questi argomenti, di discutere in modo più compiuto.
Nel settore ambientale oggi la Regione è in possesso di strumenti importanti che le consentono di pianificare comportamenti e interventi: il piano di assetto idrogeologico, il piano di tutela delle acque, il piano forestale e ambientale, l'ARPAS, le bonifiche delle aree minerarie e industriali.
L'Ente foreste, che nel 2004 abbiamo ereditato con 7.500 dipendenti e un unico dirigente, oggi ha un'organizzazione tale che gli permette di essere individuato come un ente strumentale della Regione. Dopo aver fatto i concorsi per dirigenti e quadri, ha attuato una politica completamente diversa (non più assunzioni finalizzate ad accontentare clientele), ha perseguito cioè la politica della stabilizzazione dei semestrali, arrivando tra il 2008 e il 2009 alla stabilizzazione di 850 unità.
Il Corpo forestale e di vigilanza ambientale ha avuto in questi ultimi due anni 375 nuovi agenti. Per quanto riguarda il piano regionale dei rifiuti, oggi la raccolta differenziata in Sardegna sta diventando una buona abitudine: in soli tre anni si è passati dal 5 per cento a quasi il 30 per cento, con un trend in costante crescita. Sono risultati importanti. Come potrà verificare non è stata una politica di soli divieti, ma un grande lavoro che consente, oggi, alla Sardegna di tutelare il proprio territorio e allo stesso tempo di poterlo utilizzare come volano per lo sviluppo e l'economia.
Potrei citarle altri esempi, ma lo faranno e già l'hanno fatto meglio di me i miei colleghi. Vorrei però ricordarle, signor Presidente, che in Sardegna 312 comuni su 377 hanno meno di 5 mila abitanti, per un totale di 525 mila abitanti. Un milione e 140 mila sardi vivono nei restanti 65 comuni, che però occupano un territorio di soli 7.300 chilometri quadrati contro i 16.700 occupati dai comuni più piccoli. Secondo i dati ISTAT, nel 2007 il 47 per cento dei comuni sardi ha avuto un saldo migratorio negativo, ossia sono stati più numerosi i cittadini che si sono cancellati dall'anagrafe di quelli che si sono iscritti, con punte da record nell'Oristanese e nel Nuorese.
Nonostante questo, signor Presidente, non ha ritenuto di doversi occupare del problema dello spopolamento delle zone interne. Si tratta di una omissione grave, che però ha il merito di chiarire un punto chiave rispetto a quella che sarà l'azione di questo Governo regionale: la questione dello spopolamento delle aree interne non è, per il centrodestra, una priorità; anzi, non è proprio una questione, considerato che non viene citata nemmeno una volta. Di aree interne si parla, di sfuggita, solo quando, trattando di città, attribuisce a queste ultime il ruolo di "poli trainanti dello sviluppo per gli effetti diffusivi verso l'entroterra e le aree interne". Un entroterra chiamato "ad assicurare luoghi e servizi adeguati per il riposo e lo svago, contribuendo all'affermazione di un nuovo modello di turismo". La Sardegna non può essere considerata come una Disneyland delle spiagge per quanto riguarda le coste e della natura e dell'ambiente per quanto riguarda le zone interne. La nostra Isola non può vivere solo di turismo. Forse non sa (e non lo ha potuto apprendere nemmeno durante la campagna elettorale, considerato che nelle zone dell'interno si è visto poco o niente) che nei paesi abitano tutto l'anno tanti sardi che svolgono una funzione fondamentale: presidiano il territorio, contribuiscono a conservare tradizioni e cultura mantenendo vive, seppure con grande difficoltà, le produzioni agroalimentari e artigianali - tanto per fare solo qualche esempio -, che meritano e necessitano di un'attenzione particolare, proprio perché resistono in zone aggredite da decenni dalla piaga di uno spopolamento apparentemente inarrestabile che, secondo i demografi, dovrebbe portare alla scomparsa di tanti piccoli centri entro il 2050.
Ci si avvia ad un'isola sempre più "ciambella", abitata sulle coste, spopolata all'interno. Questa non è forse un'emergenza da porre al centro dell'azione di ogni Governo regionale, di qualsiasi colore esso sia? Occorrono politiche che favoriscano la permanenza delle persone anche nei piccoli centri; politiche che la precedente amministrazione regionale aveva avviato con le misure, per esempio, a favore degli enti locali (istituzione del fondo unico), delle politiche per la casa, di quelle a sostegno della persona, dell'infrastrutturazione digitale e tante altre grandi e piccole misure. Non mancano, per fortuna, in questo Consiglio, in entrambi gli schieramenti, le persone che per esperienza diretta (provenienza geografica, ruoli amministrativi e politici svolti) conoscono bene il problema dello spopolamento. Signor Presidente, recuperi il tema in fase di replica e dimostri di esserne interessato promuovendo l'inserimento, già in finanziaria, di misure di sostegno alle aree interne. Su questo ci potremo misurare.
Quello che mi ha meravigliato, signor Presidente, sia nella parte che lei ha letto in aula che nell'allegato, è il fatto che si è limitato a semplici slogan tipo "dobbiamo potenziare", "dobbiamo rendere più attrattiva", senza dire né come né quando. Il filo conduttore è stato quello di ignorare completamente il grande lavoro di riforme che ha portato la regione Sardegna a essere individuata, in molti settori, come esempio anche a livello nazionale.
Lei ha voluto caratterizzare il suo discorso d'insediamento sulla democrazia dell'alternanza. Credo anch'io che sia il massimo della democrazia possibile. La differenza tra noi del centrosinistra e voi del centrodestra è che quando governiamo noi l'obiettivo principale è il risanamento dei bilanci e allo stesso tempo dare risposte concrete ai cittadini; per voi non posso dire lo stesso, sia a livello nazionale che regionale.
Mi consenta, Presidente, da oristanese, di non poter che essere ancor più preoccupato per la completa esclusione del territorio dalla composizione della sua Giunta. La preoccupazione aumenta ancor di più a sentire le sue giustificazioni, quando dice che il territorio lo rappresenterà lei. Non è una mancanza di fiducia nei suoi confronti, ma sono cose già sentite nel passato e i risultati sono sotto gli occhi di tutti. Mi auguro che i colleghi della maggioranza abbiano la forza per poter condizionare le vostre scelte.
Il futuro della nostra Isola è nelle mani di questo Consiglio, ma soprattutto è nelle mani della maggioranza consiliare e della sua Giunta. A noi è stato affidato il ruolo di controllo, di stimolo e di proposta ed è quello che faremo con serietà e fermezza, nell'interesse esclusivo di tutti i sardi. Per questo sosterremo le proposte serie e credibili, che possano in qualche modo contribuire a superare la grande crisi che investe la nostra Isola; al contrario di quello che ha fatto il collega che mi ha preceduto nella passata legislatura, noi saremo convinti sostenitori di proposte che siano fatte nel solo esclusivo interesse dei cittadini sardi.
Vedete, noi vi abbiamo lasciato una Sardegna decisamente migliore di quella che ci avete lasciato nel 2004. Mi auguro, per il bene di noi tutti, per il bene di tutti i sardi e della Sardegna, che voi tra cinque anni possiate dire lo stesso.
PRESIDENTE. E' iscritta a parlare la consigliera De Francisci. Ne ha facoltà.
Comunico ai colleghi che l'intervento dell'onorevole De Francisci sarà l'ultimo della mattinata.
DE FRANCISCI (P.d.L.). Signora Presiedente, un saluto a lei, un saluto al presidente Cappellacci, ai colleghi tutti e agli Assessori.
E' con grande emozione che prendo per la prima volta la parola in quest'Aula; Aula per la quale ho sempre avuto il massimo rispetto. Per vent'anni ho raccontato il "palazzo" da un altro punto di vista, quello spesso duro del giornalista. Molti meccanismi della politica vi garantisco che non li ho mai capiti, forse non li capirò mai. La politica è servizio, oppure non è politica.
Il mio lavoro mi ha permesso di guardare da punti di osservazione diversi, di cogliere la complessità dei significati e delle rappresentazioni della società moderna. E' questa esperienza che vorrei mettere al servizio della politica. Tali cambiamenti e nuove emergenze richiedono un'attenzione, un'osservazione profonda, e questa complessità difficilmente può essere letta e interpretata alla luce di schematismi teorici, molto usati nel secolo scorso, ma forse non più sufficientemente rappresentativi di questa nuova complessità. E ciò stimola, o meglio richiede una continua ricerca di nuovi riferimenti teoretici e culturali che possano, di volta in volta, dare direzione all'azione politica.
Seguendo questa linea di ragionamento, mi riconosco nella rappresentazione della politica proposta dal presidente Cappellacci come ascolto, come attivazione di percorsi condivisi e co-costruiti con gli interlocutori privilegiati dei fenomeni di cui ci si occupa. Ascolto, condivisione e co-costruzione, onorevole Porcu - mi riferisco in particolare all'ultima parte del suo discorso -, sono momenti importanti della democrazia e non un modo per abdicare alla responsabilità di governo. E questo il presidente Cappellacci lo sa bene.
Credo, quindi, profondamente nel contributo che può scaturire da una continua interlocuzione e dal confronto con i diversi settori del tessuto sociale e con le diverse formazioni politiche presenti in Consiglio, sia per la maggioranza che per l'opposizione. In tal senso, guardo con grande interesse alle esperienze politiche che, superando vecchi steccati, tentino di utilizzare esperienze anche culturali molto diverse nella definizione di processi complessi, come sono le politiche di riforma di molti sistemi. Mi riferisco in particolare alla Commissione Attali, ma è il senso dell'intervento dell'onorevole Vargiu, sul fatto che maggioranza e opposizione non devono farsi la guerra, ma devono collaborare per la Sardegna.
Il tema delle riforme, direi Presidente, che è il tema centrale, ma lei lo sa bene perché in campagna elettorale ne ha parlato molto. Riformare significa cogliere le nuove emergenze ed esigenze sociali e trasformarle in processi di riorganizzazione. Nella passata legislatura è passata l'equazione "riformare uguale tagliare", che evidentemente non ha funzionato, visti i risultati. Il secondo binario è quello di tenere sempre in figure e mai permettere che diventino sfondo i diritti principali sanciti dalla nostra Carta costituzionale, primo fra tutti il diritto al lavoro e a una vita sana e dignitosa. Quindi riformare, Presidente, senza permettere che ciò abbia ricadute drammatiche sulla vita dei cittadini, come peraltro è già successo.
Due cose suggerirei agli Assessori tutti. Primo punto, nei periodi di contrazione economica gli amministratori poco illuminati si disinteressano della parte infrastrutturale, aspettando tempi migliori in cui si avranno più risorse. Questo credo io, ma insomma, non solo io, sia un grave errore politico. Al contrario, si deve tentare di fare il possibile per continuare a camminare, ad andare avanti in modo da non trovarsi troppo indietro quando la crisi passerà e ci dovremo confrontare con altre realtà. E' necessario puntare su infrastrutture immateriali, che possano garantire alla Sardegna competitività sul mercato italiano ed europeo, e credo che il Governo nazionale in questo possa dare alla Regione una grande mano d'aiuto.
Secondo punto, usare il denaro disponibile per ridare coesione sociale, che in questi anni è molto minata e che non può essere garantita solo dallo spirito identitario della nostra storia, delle nostre tradizioni, per quanto abbia apprezzato molto l'intervento dell'onorevole Agus sull'importanza di puntare sulla cultura e sulla nostra straordinaria ricchezza.
E' importante che le azioni di tutela economica non siano indirizzate solo alle imprese e in generale al mondo produttivo, ma si attivino anche verso le persone che stanno peggio. Qui è stato richiamato più volte il discorso dei disoccupati, coloro che hanno perso il lavoro, le famiglie monoreddito, perché solo facendosi carico degli individui si può sconfiggere, Presidente, l'allarme sociale e ridisegnare la Sardegna come un luogo dove investire, creare e vivere bene; la Sardegna che lei ha descritto, ha raccontato e ha illustrato nelle dichiarazioni programmatiche.
In questo momento così difficile, vorrei comunque ripartire dalle grandi potenzialità della nostra Sardegna, non solo in termini di risorse territoriali, ma anche ricordando le nostre migliori caratteristiche antropologiche. L'ha fatto nel suo discorso anche l'onorevole Agus.
In conclusione, vorrei rivolgere un augurio alla nostra Presidente, Claudia Lombardo, che saprà essere garante delle regole democratiche, saprà guidare l'Aula, lo diceva anche poco fa l'onorevole Sanjust, con rigore e con fermezza, garantendo la dignità di tutti, maggioranza e opposizione nei rispettivi ruoli.
Auguri di buon lavoro al presidente Cappellacci e al suo Esecutivo. Le sfide sono difficili, la Sardegna ha veramente bisogno di un intervento importante e immediato. Infine, rivolgo gli auguri a tutto il Consiglio, perché superando le logiche della vecchia politica, litigiosa e affarista, nella quale non mi ritrovo, sia in grado di dare risposte a una Sardegna agonizzante nel rispetto del mandato elettorale. Buon lavoro.
PRESIDENTE. I lavori della mattinata si concludono qui, riprenderanno alle ore 16 e 30. Il primo iscritto a parlare è l'onorevole Carlo Sechi.
La seduta è tolta alle ore 12 e 54.