Seduta n.35 del 01/10/2014
XXXV SEDUTA
(POMERIDIANA)
Mercoledì 1° ottobre 2014
Presidenza del Presidente Gianfranco Ganau
indi
del Vicepresidente Eugenio Lai
indi
del Presidente Gianfranco Ganau
La seduta è aperta alle ore 16 e 14.
FORMA DANIELA, Segretaria, dà lettura del processo verbale della seduta del 9 settembre 2014 (32), che è approvato.
PRESIDENTE. Comunico che i consiglieri regionali Luigi Lotto, Giuseppe Meloni e Marcello Orrù hanno chiesto congedo per la seduta pomeridiana del 1° ottobre 2014.
Poiché non vi sono opposizioni, i congedi si intendono accordati.
Annunzio di presentazione di proposte di legge
PRESIDENTE. Comunico che sono state presentate le seguenti proposte di legge:
Deriu - Cocco Pietro - Moriconi - Sabatini - Meloni - Tendas - Solinas Antonio - Cozzolino - Pinna Rossella - Piscedda - Comandini - Collu - Demontis - Lotto - Manca Gavino:
"Sulla salute e sullo sport". (116)
(Pervenuta il 30 settembre 2014 e assegnata alla sesta Commissione.)
Forma - Cozzolino - Comandini - Sabatini - Solinas Antonio:
"Disposizioni in materia di ricerca e applicazione di metodi innovativi di lotta all'insetto vettore della Blue tongue". (117)
(Pervenuta il 30 settembre 2014 e assegnata alla sesta Commissione.)
Solinas Christian:
"Istituzione della Fondazione Marianna Bussalai". (118)
(Pervenuta il 30 settembre 2014 e assegnata alla seconda Commissione.)
Locci - Pittalis - Cappellacci - Cherchi Oscar - Fasolino - Peru - Randazzo - Tedde - Tocco - Tunis - Truzzu - Fenu - Zedda Alessandra - Oppi - Rubiu - Pinna Giuseppino - Tatti:
"Norme per il superamento del precariato in Sardegna, ai sensi dell'articolo 4, comma 8, del decreto legge 31 agosto 2013, n. 101, convertito dalla legge 30 ottobre 2013, n. 125". (119)
(Pervenuta il 1° ottobre 2014 e assegnata alla seconda Commissione.)
PRESIDENTE. Si dia annunzio dell'interrogazione pervenuta alla Presidenza.
FORMA DANIELA, Segretaria:
"Interrogazione Arbau - Azara - Ledda - Perra, con richiesta di risposta scritta, sulle criticità derivate dal trasferimento a Roma del personale di Invitalia (ex Sviluppo Italia Sardegna)". (167)
PRESIDENTE. Si dia annunzio della interpellanza pervenuta alla Presidenza.
FORMA DANIELA, Segretaria:
"Interpellanza Zedda Alessandra - Pittalis - Cappellacci - Cherchi Oscar - Tedde - Locci - Fasolino - Peru - Randazzo - Tunis - Tocco sull'attività di vigilanza venatoria". (65)
PRESIDENTE. In attesa della predisposizione di un ordine del giorno unitario sulla mozione numero 77 e sull'interpellanza numero 52, riguardante il caso Meridiana, sospendo la seduta.
(La seduta, sospesa alle ore 16 e 16, viene ripresa alle ore 16 e 22.)
PRESIDENTE. Poiché l'ordine del giorno sul caso Meridiana è ancora in fase di stesura, procediamo con il successivo punto all'ordine del giorno.
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della mozione numero 68.
(Si riporta di seguito il testo della mozione:
Mozione Dedoni - Pittalis - Solinas Christian - Fenu - Cossa - Peru - Crisponi - Cappellacci - Floris - Carta - Cherchi Oscar - Fasolino - Locci - Orrù - Pinna Giuseppino - Randazzo - Rubiu - Tatti - Tedde - Tocco - Truzzu - Tunis - Zedda Alessandra sulla Fondazione Banco di Sardegna, con richiesta di convocazione straordinaria del Consiglio ai sensi dei commi 2 e 3 dell'articolo 54 del Regolamento.
IL CONSIGLIO REGIONALE
PREMESSO che:
- la Fondazione Banco di Sardegna esercita oggi in Sardegna un ruolo strategico, sia perché proprietaria del 49 per cento delle quote del Banco di Sardegna sia perché possiede un patrimonio di circa 900 milioni di euro, quale bene originario entrato, in base alla legge n. 218 del 1990, in proprietà dell'intera comunità dei sardi, come trasferimento del "capitale proprio" del Banco di Sardegna istituto di credito di diritto pubblico;
- la Fondazione, da istituzione affidataria, è chiamata a tutelare e gestire detto patrimonio nell'esclusivo interesse dei sardi, in maniera imparziale e in collaborazione con i soggetti espressione delle realtà locali, assicurando la più netta separazione tra politica e sistema bancario;
- la "Carta delle Fondazioni", approvata all'unanimità in sede ACRI in data 4 aprile 2012 affinché le singole fondazioni ispirino ad essa le loro prassi, procedure ed atti operativi, esprime in sintesi i seguenti concetti:
1. i patrimoni delle Fondazioni bancarie sono un bene originario delle popolazioni cui le stesse Fondazioni fanno riferimento e, come tali, di esclusiva proprietà della loro comunità;
2. le fondazioni devono pertanto gestirli nell'esclusivo interesse generale dell'intera comunità, interpretandone le esigenze e rispondendo alle istanze in maniera imparziale;
3. in ragione di ciò, le fondazioni devono rispondere del proprio operato con i soggetti espressione delle realtà locali, che, nelle forme previste dagli statuti, ne eleggono gli organi di governo (il Consiglio regionale e poi anche i consigli provinciali, le università e le camere di commercio);
4. le fondazioni, pur essendo soggetti di diritto privato e in quanto tali dotati di piena autonomia, sono obbligate, con la piena responsabilità, a rendere conto, nelle forme di vigilanza previste (o da istituire), della gestione di un patrimonio che non è proprio, ma è di tutti i cittadini che fanno parte delle comunità di riferimento.
5. le fondazioni, quali azioniste importanti delle società bancarie, pur non ingerendo nella gestione operativa, devono vigilare, esercitando i diritti propri dell'azionista, perché la conduzione avvenga: nella tutela e nella valorizzazione degli assets patrimoniali originari, nella funzione di importante volano di crescita e di stabilizzazione del sistema finanziario insistente nelle aree di riferimento.
6. le fondazioni, al fine di salvaguardare la propria indipendenza, devono far sì che la partecipazione ai loro organi (d'indirizzo e/o di gestione) sia incompatibile con qualsiasi incarico o candidatura politica (anche amministrativa) e per questo devono attuare opportune misure atte a determinare una chiara separatezza/discontinuità temporale tra nomine all'interno dei loro organi e mandati o incarichi politici svolti;
CONSIDERATO che tali principi generali si applicano evidentemente anche alla Fondazione Banco di Sardegna;
EVIDENZIATO che la predetta Fondazione è chiamata, quindi, a dover rispondere del proprio operato a quegli stessi soggetti che sono espressione della realtà sarda (Regione, enti locali, Università, Camere di commercio) che ne esprimono, in base allo statuto vigente, direttamente il Comitato di indirizzo e, indirettamente, il Consiglio di amministrazione;
CONSTATATO che lo Statuto attualmente vigente consente al Comitato di indirizzo di nominare il Comitato di indirizzo che gli succederà ed i componenti del Consiglio di amministrazione della Fondazione senza che sia esplicitamente vietato nominare se stessi e che, pertanto, a ogni tornata si verifica un inaccettabile sistema dì autonomine;
CONSIDERATO che, in particolare, il Comitato di indirizzo è formato da 18 componenti, cinque dei quali scelti direttamente dal Comitato e gli altri 13 sulla base di terne fornite da diversi soggetti (Consiglio regionale, Consigli provinciali, Università e Camere di commercio), lasciando, dunque, ampia discrezionalità al Comitato di indirizzo che decide con un sistema medievale di autonomine sia i propri successori sia i componenti del Consiglio di Amministrazione;
TENUTO CONTO che, senza voler personalizzare il problema, si verifica ormai da tempo che tutti i componenti del Consiglio di amministrazione, quest'ultimo compreso, finiscono per appartenere pressoché esclusivamente ad una sola parte politica o peggio ad un solo partito politico e che tutto ciò non può sicuramente considerarsi rappresentativo della comunità di riferimento cui la Fondazione dovrebbe rispondere della sua azione;
RITENUTO che:
- la Regione, eventualmente anche in intesa con le altre realtà istituzionali coinvolte, possa e debba richiedere alla Fondazione, in persona del suo organo di rappresentanza istituzionale e legale, di dover rispondere, con opportune, necessarie e tempestive informazioni, del proprio operato e delle scelte effettuate, considerato anche il fatto che il Consiglio regionale sceglie una terna sulla base della quale il Comitato di indirizzo nomina un componente del Comitato stesso;
- vada verificato se quanto messo in atto dalla Fondazione, anche recentemente, sia stato effettuato nell'interesse generale dell'intera comunità sarda in modo imparziale e senza particolarismi partitici, nel rispetto di quei principi di trasparenza, di pubblicità e di obiettività dell'operato, che sono degli attributi imprescindibili nell'ambito dei quali deve essere esercitata operativa;
RILEVATO, inoltre, che la Fondazione, nella sua qualità di azionista del Banco di Sardegna spa, debba, come nell'esercizio dei suoi diritti di importante socio, correttamente vigilare affinché la conduzione dell'azionista di maggioranza si svolga nel rispetto del radicamento operativo e del ruolo d'essere la più importante banca al servizio dell'economia dell'isola;
EVIDENZIATO che, proprio perché il patrimonio della Fondazione è un bene di esclusiva proprietà di tutti i sardi, la Regione non debba né possa sottrarsi dall'esercitare quei compiti di vigilanza, di tutela e di controllo che gli competono per essere il massimo organo di rappresentanza democratica dei cittadini della Sardegna, in indifferenza di opzioni politiche, di età, di sesso e di condizione sociale;
CONSIDERATO che, nonostante la legge invitasse le fondazioni a proseguire nella liquidazione delle partecipazioni nelle banche conferitarie e a diversificare adeguatamente il proprio patrimonio, la Fondazione Banco di Sardegna ha continuato a mantenere invariata la propria quota nel Banco; rilevato che nell'ottobre 2013 è stato siglato un nuovo patto parasociale con la BPER; l'accordo prevede un obbligo della Fondazione a non scendere sotto la quota del 20 per cento della partecipazione al capitale del Banco; nel caso decida di vendere azioni ordinarie in eccesso di tale quota la Fondazione si impegna a trasferirle alla BPER o, se trasferite a terzi, a garantire a BPER un diritto di prelazione dell'intero pacchetto, e nel caso che il potenziale acquirente sia una banca o una società finanziaria, ad ottenere il preventivo gradimento di BPER;
TENUTO CONTO che quando avviene uno scambio si presume che ci guadagnino entrambi i contraenti, mentre sono evidenti i vantaggi che BPER può trarre da questo accordo (si assicura un socio di minoranza, ha la prelazione sull'offerta, può limitare attraverso la clausola di gradimento l'insieme dei possibili acquirenti), non sono affatto chiari i benefici per la Fondazione;
CONSIDERATO che dopo tutto ciò l'unica novità è stata la nomina dell'allora presidente della Fondazione, Avvocato Antonello Arru, a presidente del Banco di Sardegna e la nomina dell'ex parlamentare Antonello Cabras alla presidenza della Fondazione;
TENUTO CONTO che:
- il Banco di Sardegna ha perso la Sardaleasing, una delle partecipazioni storiche del Banco, oltre che ente assai influente e valido sul mercato creditizio dell'isola, a causa della fusione con l'ABF Leasing, in mano alla BPER;
- le ragioni d'una fusione con l'ABF Leasing sono tutte dalla parte della BPER, interessata a salvaguardare una sua controllata in salute precaria, e per quel che avrebbe espresso nel suo piano industriale, per avere un'unica "unità prodotto" per l'intero gruppo, oltre che per migliorare i propri requisiti patrimoniali;
- per sottrarre al Banco quella partecipazione senza esborso alcuno, viene attuata una "fusione per incorporazione", prevedendo un concambio di azioni fra le due società, con l'attribuzione ad ogni azione dell'ABF il valore di 5,46 volte maggiore di quella della società incorporante (cioè la Sardaleasing). Attraverso quest'iniqua moltiplicazione, la BPER ha ottenuto il 51 per cento delle azioni, cioè il suo controllo, e retrocedendo il Banco di Sardegna dal 91,16 al 45,22 per cento del capitale;
- non si capisce chi sia "l'advisor indipendente", ancora senza nome, che ha collaborato all'operazione e perché la Fondazione attraverso i suoi rappresentanti nel Consiglio di amministrazione del Banco, non abbia chiesto ed ottenuto chiarimenti su quel moltiplicatore (5,46) che, a spanne, sembrerebbe privilegiare l'incorporanda e penalizzare pesantemente l'incorporante;
- l'articolo 52 del decreto legislativo. n. 78 del 2010 "Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica", ha chiarito che la vigilanza di legittimità sulle fondazioni di origine bancaria, di cui all'articolo 10 del decreto legislativo n. 153 del 1999, è attribuita al Ministero dell'economia e delle finanze,
impegna il Presidente della Consiglio regionale
1) a verificare e chiarire, anche tramite il proprio rappresentante all'interno della Fondazione:
- se all'interno della Fondazione Banco di Sardegna sia stata garantita la più netta separazione tra finanza e politica, rispondente a valori morali ed etici, oggi fortemente espressi dalla sensibilità comune;
- se la Fondazione Banco di Sardegna debba essere chiamata a rispondere del proprio operato alla comunità dei sardi, per assicurare ai cittadini sardi che abbia agito nel pieno rispetto dei principi ricordati;
- se la Fondazione abbia messo in atto tutti gli strumenti opportuni e necessari per ottenere un profondo cambiamento delle regole di governance della Fondazione, nella direzione di una netta separazione tra politica e finanza, finalizzata alla trasparenza della rappresentatività negli organi e alla garanzia di ricambio dei componenti;
- per quale motivo sia stato siglato un patto para sociale che, a quanto sembra, è a tutto vantaggio della BPER a discapito della Fondazione;
- quali siano le motivazioni che hanno portato il Banco di Sardegna a "svendere" la Sardaleasing alla controllata della BPER;
2) a chiedere al Ministero dell'economia e delle finanze di attivare sulla questione i poteri di vigilanza attribuiti al Ministero delle finanze dall'articolo 52 del decreto legge n. 78 del 2010, come modificato dalla legge di conversione. (68))
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione. Uno dei presentatori della mozione ha facoltà di illustrarla.
DEDONI ATTILIO (Riformatori Sardi). Presidente, non che io disdegni i due Assessori, che conosco bene e hanno la mia simpatia, ma il Presidente o l'assessore Paci, che dovrebbero essere interessati…
PRESIDENTE. Onorevole Dedoni, mi sono accertato, il Presidente sta arrivando.
DEDONI ATTILIO (Riformatori Sardi). Presidente, ci sono delle posizioni che spesso non rispondono agli interessi dei sardi e della Sardegna. Un amico caro mi dice che posso dire tutto quello che voglio in Consiglio regionale, tenere ottimi discorsi o anche pietosi, ma tanto al di fuori non esce niente. La gente non intende e non capisce! In aggiunta, ci sono colleghi che, a volte, riescono anche a far sopire le energie vive rimaste ancora all'interno del Consiglio regionale per tutelare gli interessi della Sardegna.
Le debbo dire che a me interessa essere a posto con la mia coscienza, fare quello che debbo fare all'interno del Consiglio regionale, ascoltare quanti hanno da dire qualcosa al riguardo e intercettare le buone posizioni sempre nell'interesse della Sardegna. Una Sardegna che, è inutile nasconderci, vive una crisi anche più drammatica delle altre Regioni d'Italia. Una Sardegna che sta male in tutti i sensi, l'abbiamo visto anche stamattina, lo vedremo proseguendo nei lavori: disoccupazione, difficoltà allo sviluppo, cassintegrati da tutte le parti, addirittura la ruberia di un po' di attrezzatura, in quel di Ottana, che impedisce a 20 o 23 operai di continuare a lavorare. In tutti i settori produttivi e in tutte le realtà produttive e in tutte le circostanze in cui lo sviluppo deve dare opportunità di occupazione e produrre esso altro sviluppo, se possibile, è un motore alimentato esclusivamente dal credito, alimentato dal sistema bancario, alimentato da qualcosa che interessa tutte le famiglie, più direttamente quelle che magari devono chiedere aiuto ad altri perché non venga loro sequestrata la casa, unico posto di abitazione, o quelli che non riescono a pagare Abbanoa per le "bestialità" di Abbanoa stessa, oppure quelli che non riescono a trovare un sussidio qualunque, che li aiuti ad andare avanti. Ancor di meno il credito dà opportunità, è stato detto anche oggi, al sistema dello sviluppo italiano, la stessa Banca europea denuncia che il sistema bancario italiano non fa credito.
Bene, tutta questa lunga premessa serve per ricordare a me stesso che questa Aula ha bocciato una Commissione per la valutazione del credito in Sardegna: ma che cosa vuol dire? Ma che te ne frega? Perché, è fregato a qualcuno, passatemi il termine non certamente ortodosso, che il Banco di Sardegna fosse venduto alla BPER, anche con valutazioni certamente non giuste e nel silenzio da parte dell'Aula di allora, gravando ulteriormente questo problema sui sardi, visto che il Banco di Sardegna chiude nelle varie zone più deserte, soprattutto quelle del centro Sardegna?
Il ruolo delle istituzioni autonomistiche sarebbe quello di dare vitalità, di controllare, di vedere e di dare opportuni indirizzi, se è possibile. Il Consiglio regionale ha la facoltà, la necessità, il dovere di controllare e dare indirizzi alla Fondazione del Banco di Sardegna. La Fondazione del Banco di Sardegna, che nasce con un patrimonio di 900 milioni di euro, è proprietà del popolo sardo ed è controllata dai grandi elettori del comitato di indirizzo, in primis il Consiglio regionale della Sardegna, i consigli provinciali, le camere di commercio, cioè il sistema pubblico e di sviluppo, o che dovrebbe essere di sviluppo, della nostra Regione. E chi amministra dovrebbe essere distante dalla politica per non subirne il fascino, gli interessi e le contiguità.
Non mi sento di accusare un partito, ma vorrei da quel partito (capisco che oggi è un partito in cui ci sono alternanze nella composizione intera)… mi sentite? Non voglio fare accuse a quel partito, ma vorrei che quel partito facesse l'atto giusto, atto di moralità, di etica e di controllo, per verificare se la Fondazione Banco di Sardegna, essendo in una posizione particolare, cura gli interessi del popolo sardo.
Ho fatto quella specifica perché non intendo né attaccare singole persone, né i partiti, è una cosa che riguarda tutti, oggi uno e domani l'altro, e non va bene se ci sarà un domani, perché circolano voci ben diverse da quelle che conosciamo. Quello che è grave è che, come anomalia meglio dire, la Fondazione del Banco di Sardegna detiene il 49 per cento delle quote del Banco stesso, mentre ci sono altre fondazioni che massimo arrivano al 20 o al 22 per cento. Esisteva purtroppo allora un sistema che consentì, con dei patti parasociali, di imporre un certo tipo di rapporto tra Fondazione e Banco, di riconoscere alla BPER il diritto di prelazione sulla cessione della parte vendibile della sua quota e chiedere un parere preventivo per la nomina dei suoi rappresentanti nel consiglio di amministrazione e nel collegio sindacale.
Capite bene quello che sto dicendo? La BPER è una padrona assoluta in definitiva e sta gestendo il Banco in totale solitudine, dismettendone i beni patrimoniali e lucrando sulle plusvalenze. La Fondazione detiene inoltre obbligazioni BPER per 92 milioni oltre ai 22 milioni e mezzo di azioni; vi è un disimpegno sostanziale del Banco di Sardegna nel territorio, soprattutto nella Sardegna centrale e nord. Scelte che sembrano incomprensibili, gli investimenti azionari della Fondazione non hanno alcuna coerenza e non sono riconducibili in alcun modo all'interesse pubblico generale a cui la Fondazione si dovrebbe attenere, essendo i 900 milioni di euro patrimonio dei sardi! La Fondazione possiede 55 milioni in obbligazioni del Fondo F2i; 40 milioni del Fondo inglese Novus capital che parrebbe essere in liquidazione; 23 milioni della ELM, di cui non si sa nulla; oltre a una partecipazione azionaria di 5 milioni in una società registrata in Lussemburgo che gestisce distributori automatici di snack e bevande! Questa è la Fondazione!
Per il caso Sardaleasing, la BPER ne ha voluto la fusione con la sua ABF leasing per salvare quest'ultima, per salvarla! Per salvarla! Le azioni della ABF sono state sopravvalutate allo scopo di far entrare la BPER nella nuova società in una posizione di maggioranza, mentre il Banco è sceso dal 91 al 45 per cento di capitale, di questo ne ha parlato abbondantemente in un'altra circostanza l'onorevole Peru.
Poi ci sono altre voci, più che chiacchiericci, che escono allo scoperto. Secondo queste indiscrezioni, sempre più insistenti negli ambienti finanziari lombardi e milanesi, rilanciate anche dal giornale Milano Finanza, la BPER intenderebbe il prossimo anno incorporare il Banco di Sardegna attraverso uno scambio di azioni per mezzo del quale acquisirebbe, dalla Fondazione, le azioni della banca da essa detenute cedendole in cambio di azioni proprie. La Fondazione diventerebbe l'azionista di maggioranza della BPER ma (state attenti al lavorino che ci viene preparato!) senza poter contare niente, senza potere reale, perché, nelle banche popolari, il voto di ciascun socio ha lo stesso peso. Cabras farebbe bene in questo caso a chiedere una valutazione, un advisor per poter fare delle valutazioni. Mi permetto di dare oggi questo suggerimento al Presidente della Fondazione, vorrei aiutarlo affinché, insomma, non cada in queste circostanze. La Fondazione Cassa di Risparmio di Roma invece è uscita interamente dal capitale della controllata, mentre la Fondazione Monte dei Paschi di Siena ha rafforzato la sua posizione di controllo. La BPER ha già incorporato tre banche nel suo circuito: la Popolare di Ravenna, la Popolare del Mezzogiorno e la Banca della Campania. Pare che l'attuale dirigenza non creda più nel progetto di chi l'ha preceduta ma continui perché ha una bulimia di potere e di accorpamento.
Voglio richiamare qui certamente gli onesti e giusti richiami (prima che venissero nominati gli attuali vertici) del Presidente della Giunta Pigliaru in più circostanze, ma ricordare anche che gli stessi Bersani e Fassina, allora dirigenti del PD, oltre che Guido Melis da Sassari, tuonarono contro quelle operazioni. Come ho detto prima, non mi interessa entrare in queste cose, mentre mi interessa che si recuperi moralità ed etica di comportamento e che ci sia la distinzione netta tra sistema creditizio bancario e politica. È una scelta di campo, è una posizione chiara e precisa!
PRESIDENTE. Ricordo che i consiglieri che intendono prendere la parola devono iscriversi a parlare non oltre la conclusione del primo intervento. Ricordo che il tempo a disposizione è di sei minuti.
È iscritto a parlare il consigliere Cesare Moriconi. Ne ha facoltà.
MORICONI CESARE (PD). Presidente, signor Presidente della Regione, Assessori e colleghi, parliamo di moralità e poi di etica, in ogni caso anche io, alla pari di altri, ho provato a metter giù una riflessione sul tema impegnandomi a stare su un terreno che fosse il più possibile adeguato, almeno secondo il mio modesto punto di vista, alle funzioni che mi trovo a svolgere in questa Aula, pensando all'utilità che pure questa discussione avrebbe potuto avere oppure potrebbe avere al di là della mera valenza dell'atto di sindacato ispettivo che l'ha determinata e del gioco delle parti che riproducono alternandosi ciclicamente nei ruoli in tante altre occasioni così come in questa. È il gioco delle parti!
Mi piacerebbe pensare che sia possibile, anche su una circostanza di questo tipo, declinare un ragionamento utile, che sia utile però, nel caso specifico utile alle politiche del credito, per essere utili al Consiglio e per essere utili ai sardi e non alle sterili contrapposizioni tra parti politiche. I valori morali, i valori etici, collega Dedoni, di cui dobbiamo occuparci, sono innanzitutto i nostri valori morali e i nostri valori etici, non quelli degli altri. Quelli per intenderci che, nell'assolvimento del nostro mandato, dovrebbero guidarci nella ricerca delle soluzioni che, in tanti anni o decenni, evidentemente la politica regionale non ha trovato, senza cercare colpevoli né di destra né di sinistra perché tanto hanno governato tutti i colori, lo hanno fatto alcuni prima, altri dopo, e il risultato è un sistema creditizio che, nell'Isola, evidentemente ha bisogno di essere discusso, che forse avremmo voluto più incisivo e partecipe delle politiche locali in sinergia con tanti e con tutti i settori strategici dello sviluppo regionale, cioè le politiche del credito in generale, collega!
Non so quanto sia utopia sognare una banca di sviluppo per il territorio che disponga, agisca e operi in sintonia con le ambizioni e i progetti di sviluppo e crescita che le istituzioni democratiche e locali regionali esprimono di volta in volta. Non lo so! Non so quanto sia utopia pensare che le politiche del credito in Sardegna possano concorrere (dentro un disegno organico e interprete di una volontà democratica e dentro un disegno organico e interprete di un'aspettativa popolare) a sostenere le necessità economiche e sociali delle nostre comunità locali dalle quali giunge forte l'appello all'attenzione ai problemi che stanno attanagliando ogni settore economico e sociale; dalle persone non bancabili al microcredito, ai giovani, alla crescita sostenibile delle imprese, alle attenzioni alla qualità dell'ambiente e della vita, a quella per il patrimonio storico e artistico, alla formazione e poi all'istruzione. Non so quanto sia utopia, so per certo che diventa ogni giorno più difficile parlare di futuro perché il problema è drammaticamente di oggi e riguarda il soddisfacimento dei bisogni primari come la casa, l'occupazione, la salute, l'istruzione.
Allora so per certo che occorre utilizzare ogni strumento lecito a disposizione per dare risposte immediate e accendere una speranza. Le politiche del credito forse sono uno di questi strumenti, le politiche del credito, non la ricerca di contrapposizione. Se fosse così, allora approfittiamo anche di questa occasione, o di altre che ci vorremmo offrire, per dare un seguito nobile a una discussione come questa, perché merita di essere discussa in modo nobile. Facciamolo e facciamolo fuori dalle contrapposizioni sterili e inutili per capire se esiste realmente la possibilità di una nuova politica del credito in Sardegna, per capire se il Consiglio regionale, per capire se la Regione, possano e debbano fare qualcosa al fine di favorire e affermare i principi fondamentali cooperativi della mutualità senza intenti di speculazione alcuna, al fine di favorire gli appartenenti alle nostre comunità locali alla funzione di quei servizi di cui il sistema socioeconomico sardo ha bisogno.
Ecco, le banche sarde come essenziali strumenti, finalizzate al conseguimento dello sviluppo di natura sociale, è un'utopia? Se così non fosse, se non fosse un'utopia, è colpa di qualcuno o non è invece un limite grave di una stagione politica lunga tanti decenni? I colpevoli non li possiamo cercare in questo modo, collega Dedoni!
Di che cosa parliamo oggi? Cari colleghi e care colleghe, mi sono permesso, in questi pochi minuti, di sviluppare una piccola riflessione e di pormi soprattutto interrogativi, perché nutro sinceramente la speranza che la discussione odierna o la discussione su un tema di questo tipo non si spenga nell'eco di una sterile contrapposizione tra parti ma divenga essa stessa un'opportunità che ci conferiamo per ridisegnare il sistema creditizio in Sardegna all'interno di un sistema che aiuti la nostra società a evolversi secondo criteri di equità e solidarietà e affinché divenga un sostegno a favore delle aspirazioni delle future generazioni dei sardi a guardare a un domani di prosperità nella loro e nella nostra terra. Facciamolo, facciamolo in Consiglio e facciamolo in modo nobile!
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il consigliere Luigi Crisponi. Ne ha facoltà.
CRISPONI LUIGI (Riformatori Sardi). Presidente, mi è giunta voce, anche a seguito di note stampa odierne, non so se anche ad alcuni colleghi dell'Aula, che ci sia molta soddisfazione a Lei, nel Marghine, paesino di 560 abitanti, perché le politiche del Banco di Sardegna, nel cuore dell'isola più povera, parlano dell'arrivo del Bancomat intelligente, addirittura si potrà versare! Caspitina! Questa è la dimostrazione di politiche dello smantellamento operate sul territorio a discapito della nostra gente, delle nostre popolazioni, a discapito dei piccoli paesi isolati in collina, in montagna e in campagna.
Quindi, parlare inevitabilmente del Banco di Sardegna significa parlare anche della Fondazione del Banco di Sardegna, qual è il motivo per cui non si debba parlare di un problema così serio e così grave. Sembra che, ultimamente, parlare di credito e di sistema bancario, sia una no-fly zone, non se ne può discutere, invece credo che la politica, e in modo particolare il Parlamento dei sardi, abbia titolo e merito per poter entrare davvero nelle questioni così cogenti che in questo caso vanno a ferire direttamente il nostro territorio. Si parla autenticamente di smantellamento del sistema del credito.
Quindi, è una ragione per la quale ritengo che, in libertà e in trasparenza, quest'Aula debba affrontare un tema così delicato e debba affrontare anche il tema dell'influenza della politica nei gangli vitali e decisionali del sistema del credito. Certo, sarebbe troppo lungo l'elenco delle doglianze nei confronti del Banco di Sardegna, come di tutti i sistemi del credito della nostra Isola. Oramai ci si è dimenticati di un dizionario positivo che prevedeva ripartenza, investimenti, mutui, concessioni e aperture di credito a vantaggio e a favore di famiglie e di imprese. Non se ne parla più, semplicemente perché i rubinetti del credito sono drammaticamente chiusi, però i soldi in cassa li hanno, quindi è giusto che qui se ne parli e si reclami che ci sia una nuova politica, più attenta alle esigenze dei territori e bene fa la politica seria e positiva, che affronta in modo democratico le tematiche a noi vicine per poter affrontare e spezzare una catena strana, nevrotica, che avvolge un certo tipo di sistema, dove, guarda caso, vanno a inserirsi dei califfati di potere, in questo caso, di cui abbiamo davvero poco bisogno, soprattutto quando non sono rispondenti e possono camminare su un solco che è ben conosciuto a tutti voi, a tutti noi in Italia; lo conoscono soprattutto nell'area del Monte dei Paschi di Siena, dove un atteggiamento troppo disinvolto e interventista della politica ha creato sfracelli e danni immensi alle famiglie, alle imprese e a tutti coloro i quali da quel sistema del credito attingevano.
Quindi, con una situazione davvero delicata, in cui tutti quanti sono sfiancati dalla crisi e dove c'è talvolta la reticenza della politica a discutere e a parlare di questi temi così delicati, dobbiamo togliere il velo, dobbiamo far diventare tutto più trasparente e tutto più accessibile. Guarda caso, anche questa discussione odierna arriva puntuale, è di poco tempo fa la chiusura di cui parlavo prima di questa cittadina del Marghine, ma ne seguiranno altre, quindi è nato uno smantellamento del sistema di vicinanza alle nostre popolazioni. Che cosa dobbiamo fare? Mettere la testa sotto la sabbia? Eppure vedo che quando si parla di politica suonano tutte le grancasse e tutte le fanfare possibili! Il tema del credito sembra invece che sia racchiuso in un perimetro fastidioso, in una sacra serra della quale non si può aprire alcuna porta e alcuna finestra. Credo che la correttezza dell'Aula e della politica in genere sia necessariamente quella di riportare tutto al centro di questa attenzione e di questa discussione.
Dicevamo che è arrivato un finanziamento importante di quegli 82 miliardi che sono stati concessi dalla BCE, 2 miliardi sono andati in capo alla BPER, ci incuriosisce molto sapere e conoscere quale tipo di attenzione al sistema del credito della nostra gente e ancora una volta delle famiglie vada messo a sua disposizione. Da quello che a noi risulta c'è ancora un distanziale e un margine troppo ampio perché si possa parlare davvero di avvicinamento, fra l'altro anche in quel caso, perché, pur essendo soldi dell'Europa, sono soldi che arrivano tramite le tasche dei nostri cittadini, quindi abbiamo il dovere di reclamare anche un'attenzione per la nostra Isola.
Però, credo che, più che di attenzioni, si parli di disattenzioni, il caso Sardaleasing è stato ampiamente ricordato. Assistiamo purtroppo, e non voglio che ci sia inerzia da parte di alcuno, a uno smantellamento autentico del sistema del credito della nostra terra.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il consigliere Francesco Sabatini. Ne ha facoltà.
SABATINI FRANCESCO (PD). Presidente, mi sono preoccupato leggendo la mozione perché, se si fossero effettivamente verificate le cose che ci sono scritte, sarebbe davvero allarmante, come preoccupato sarei se le affermazioni che oggi sono state fatte in aula dall'onorevole Dedoni si fossero verificate, sarebbe un atto grave, anzi inviterei l'onorevole Dedoni ad andare presso la Procura della Repubblica e denunciare le cose che ha detto in quest'Aula.
Sono andato a verificare e ho potuto riscontrare intanto che tutto è avvenuto in trasparenza; infatti, andando a visitare il sito del Banco di Sardegna, possiamo scaricarci il documento informativo relativo alle operazioni di maggiore rilevanza con parte correlata. Basta un clic nel computer, nel sito, per stamparsi questo bollettino, che è stato pubblicato il 26 marzo 2014, ai sensi dell'articolo 5 del Regolamento Consob, dove è spiegata l'operazione, che è avvenuta in assoluta trasparenza nel rispetto delle disposizioni di legge. Quindi, prima di fare certe affermazioni, dobbiamo verificare che le cose che diciamo siano reali, altrimenti stiamo dicendo cose non vere. La procedura è avvenuta attraverso un controllo della congruità del rapporto di cambio che è stata verificata dall'advisor indipendente, nominato dal Tribunale di Sassari, è avvenuta attraverso il controllo del comitato amministratori indipendenti del Banco, che ha verificato e controllato le procedure. Pertanto, tutto è avvenuto nella massima trasparenza, e l'advisor non è sconosciuto, come si dice nella mozione, ma ha un nome e un cognome e anche un titolo, si chiama professor Roberto Mazzei, ed è citato nel documento informativo. Questo è il primo dato che dobbiamo rendere chiaro e trasparente e dichiararlo in quest'Aula.
Poi nella mozione, sul rapporto di cambio tra il numero di azioni e il valore patrimoniale delle due società, viene fatta un'estrema e preoccupante confusione. Quell'indice del 5,46 rispetto all'1 non si riferisce al valore delle due società, bensì è dovuto semplicemente al fatto che il capitale sociale di ABF Leasing era suddiviso in un numero inferiore di azioni, cioè precisamente 150 mila azioni di ABF Leasing e 1 milione di azioni della Sardaleasing, che non era e non navigava in buone acque; è la Sardaleasing che ha incorporato l'ABF, non il contrario, per risanare e per rendere possibile tenere sul mercato tutti i servizi che questa società svolgeva trovandosi in difficoltà riguardo alle attività di rischio sottoposte a vigilanza patrimoniale. Queste sono le cose!
Altro è dire che dobbiamo curare di più i rapporti con le banche che operano in Sardegna, con le banche sarde, con il Banco di Sardegna, con la Banca Popolare di Sassari, con il Credito di Sardegna, dobbiamo curare di più i rapporti con la Fondazione. Certamente, credo di sì, ne sono convinto! Devo dire che questo Consiglio è deficitario sotto questo aspetto. Quali sono i rapporti che manteniamo con le banche? Le uniche occasioni che abbiamo sono (quando vengono fatte in sede di finanziaria) le interlocuzioni e le audizioni delle banche presso la terza Commissione che (dobbiamo dircelo, i colleghi che sono più anziani di me lo sanno anche meglio di quanto lo possa sapere io) sono ormai diventate delle audizioni del tutto formali, mentre dovremmo essere capaci di porre in discussione il livello dei servizi, per le imprese, per le cooperative, soprattutto quelle che operano in agricoltura e dovremmo verificare i rapporti nei tanti servizi e nelle tante azioni politiche che questa Regione mette in campo servendosi di queste banche.
Ad esempio, perché non pensare a un coordinamento tra le attività, tra le azioni che la Regione Sarda mette in campo, nel settore dello sport, della cultura, degli interventi sul sociale, degli interventi sulla ricerca, su cui la Fondazione interviene? Perché non svolgere un'azione sinergica con la Regione aprendo un coordinamento? Non metto in dubbio che vadano verificate anche se il ruolo delle Fondazioni a livello nazionale va sempre più scemando, ormai è messo fortemente in discussione dal dibattito nazionale sull'economia e sullo stato del funzionamento delle banche. Ma credo che noi, questo Consiglio, la Giunta regionale, dobbiamo certamente porre più attenzione per i servizi e per i rapporti che intercorrono tra l'attività della Regione e le banche. Ma non si può dire che la Fondazione non ha una solidità patrimoniale! È stato comunicato dall'onorevole Dedoni un dato, che è riferito al…
PRESIDENTE. Onorevole Sabatini, il tempo a sua disposizione è terminato.
È iscritto a parlare il consigliere Michele Cossa. Ne ha facoltà.
COSSA MICHELE (Riformatori Sardi). Presidente, gli interventi dei colleghi Moriconi e Sabatini hanno spostato il tiro rispetto all'oggetto della mozione, vorrei cercare di riportare la discussione sul tema. Il problema che noi abbiamo posto riguarda le regole; non vogliamo attaccare personalmente nessuno, non vogliamo personalizzare un problema così grosso, abbiamo anche stima delle persone che sono al momento coinvolte in questa vicenda, però poniamo un problema di carattere generale. Ecco perché mi piacerebbe che mi ascoltassero soprattutto i colleghi del PD, che vedo distratti, tra l'altro è un problema che non abbiamo posto solo noi. Il collega Dedoni ha fatto bene a ricordare che il professor Pigliaru, prima di diventare Presidente della Regione, ha posto il problema negli stessi termini, evocando il caso Monte Paschi di Siena, perché questo è il tema, il tema della commistione tra la politica e le banche, della separazione tra politica e finanza.
Collega Sabatini, lei ha letto attentamente la mozione, nelle premesse si fa un richiamo alla Carta delle Fondazioni (approvata dall'organismo che unisce le Fondazioni bancarie), che esprime alcuni concetti. Prima di tutto i patrimoni delle Fondazioni non vengono da operazioni speculative, sono un bene originario delle comunità, quindi devono essere gestiti nell'esclusivo interesse della comunità in maniera imparziale. Le Fondazioni devono rispondere del proprio operato e devono rendere conto nelle forme stabilite o da stabilire. Ecco di che cosa dovremmo parlare oggi: della gestione di un patrimonio che non è loro proprio, ma è un patrimonio della comunità, è un patrimonio dei sardi! Questo è il tema!
Quindi, non è solo un fatto etico, è soprattutto un fatto etico, ma non in termini di regole di carattere generale che ognuno è chiamato ad applicare in coscienza; stiamo parlando di un qualcosa che ha enormi ricadute pratiche, come abbiamo visto a Siena. La presenza così forte della politica nella Fondazione del Banco di Sardegna è un'anomalia, forse ormai l'unica anomalia che rimane in Italia di questo genere. Oggi la Fondazione, attraverso il suo patrimonio, è in grado di incidere nella vita dei sardi in maniera pesante; starei per dire che oggi incide più della stessa Regione che comunque è vincolata a regole di imparzialità. I contributi che distribuisce la Fondazione Banco di Sardegna, senza controllo, sostanzialmente, in maniera assolutamente discrezionale, ne fanno un soggetto in grado di incidere molto di più di quanto non incida l'Assessorato della pubblica istruzione, visto che è presente anche l'Assessore.
Poi c'è il problema enorme del sistema bancario, certo! La Banca di Credito Sardo sta andando verso la fusione per incorporazione con Banca Intesa San Paolo. Tra poco tempo vedremo scomparire i cartelli, non si chiamerà più "Banca di Credito Sardo", ma si chiamerà "Intesa San Paolo". A un processo analogo sembra stia andando anche il Banco di Sardegna, l'ha detto il collega Dedoni, se sono vere le voci, le notizie riportate da "Milano Finanza" qualche giorno fa. Sono due temi diversi, ma strettamente legati. Allora il problema che poniamo è: possiamo noi stare fuori da questo? Può la massima Assemblea regionale sarda non occuparsi del tema del rapporto tra la politica e le banche di un soggetto che non risponde a nessuno, ancorché il Consiglio regionale indichi un proprio componente, attraverso un sistema un po' perverso, nel consiglio di indirizzo della Fondazione Banco di Sardegna? Può il Governo regionale abiurare al suo ruolo di vigilanza rispetto a questo, Presidente? Questo è il problema che noi le poniamo attraverso questa mozione.
Cari colleghi, non volete parlare di queste cose? Volete deviare il tiro? Bene, ne parleremo noi. Abbiamo provato a parlarne qui, adesso vediamo quale saranno le determinazioni dell'Assemblea, ne parleremo nelle piazze, spiegheremo ai sardi che il Banco di Sardegna è una succursale del Partito Democratico, chiederemo a loro di fare le conseguenti valutazioni in ordine a come vengono gestiti i loro risparmi e la politica del credito.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il consigliere Giampietro Comandini. Ne ha facoltà.
COMANDINI GIAMPIETRO (PD). Signor Presidente, colleghi consiglieri, in questo dibattito provo un po' d'invidia, non so se per fortuna o per sfortuna, in quanto non frequento, come l'amico onorevole Dedoni, gli ambienti finanziari, i salotti buoni dove si raccolgono i chiacchiericci. Il mio rapporto con la banca si esaurisce nell'utilizzo del bancomat, quando mi va bene; però devo dire che, leggendo la mozione che è stata presentata e illustrata dall'onorevole Dedoni, mi colpisce, per prima cosa, quasi la mancanza di originalità, come voler discutere di un tema vecchio, conosciuto e sempre riproposto più per sollevare polveroni e lanciare accusa che non per parlare di credito, di finanza, di rapporto fra le banche e la società sarda.
Questo perché, nella mozione numero 68, non c'è una parola, non c'è un indirizzo, non c'è un elemento che sollevi il problema del rapporto del credito in Sardegna, ma si ripropongono elementi che già conosciamo, come la questione della svendita della Sardaleasing. Ne abbiamo parlato a fine aprile e devo dire che, già allora, in occasione della mozione del collega Peru, si era detto con chiarezza che la Sardaleasing non è stata svenduta, infatti oggi, primo ottobre 2014, la Sardaleasing esiste, mentre è scomparsa l'ABF. Bisogna dirlo con chiarezza, altrimenti rischiamo sempre di introdurre elementi di confusione che non aiutano una discussione seria sul credito in Sardegna.
La Sardaleasing è diventata più grande, ha incorporato l'ABF, è diventata una fra le prime dieci società di leasing in Italia, ha la sua sede legale a Sassari e porta maggiori tributi in Sardegna. Non mi interesso perché non le conosco, ma devo dire che chiederò sempre consiglio all'amico Dedoni sulle questioni delle azioni e delle contro azioni, sono uno sfortunato, non riesco neanche a giocare la schedina! Però quello che mi interessa sapere oggi è che uno dei più grandi gruppi di leasing in Italia ha sede a Sassari. La ritengo una grande operazione finanziaria e credo che ci sia stata la difesa di un marchio importante, storico, della Sardegna. Su questo possiamo e dobbiamo parlare! Quando parliamo di imprese, il problema non è sapere che si chiami Sardaleasing o ABF, ma è avere un gruppo strutturato e forte. Quella non svendita, ma difesa e tutela della Sardaleasing, ha permesso di avere questo grande marchio e tradizione in Sardegna.
Guardate, poi c'è una cosa che non è una grande sorpresa, lo dico perché ho ascoltato con molto interesse gli interventi degli amici Dedoni, Cossa e Crisponi, cioè che quando parliamo di Fondazione Banco di Sardegna non stiamo parlando di una banca, altrimenti rischiamo di aumentare la confusione. Una cosa è il Banco di Sardegna e una cosa è la Fondazione! Sono due strutture diverse che, dal 1990, sono state distinte, per legge, in modo da evitare (quello che succedeva in Europa) una presenza della politica, solo in Italia, nelle banche. Devo dire che, guardando alla mozione, mi viene in mente che essa guarda con gli occhi rivolti all'indietro nel momento in cui si chiede a noi di dare indirizzi alla banca, ho preso appunti, proprio "indirizzi", allora credo che questo sia un modo per reintrodurre la presenza della politica nelle banche veramente mettendo indietro le lancette dell'orologio.
Se c'è la volontà di affrontare una discussione seria sul rapporto del credito, dobbiamo sicuramente avere ben presente alcune cose, una delle quali sta succedendo proprio in questo momento. Vedete, stiamo parlando, in questo Consiglio regionale, su una polemica rivolta alla Fondazione del Banco di Sardegna e devo dire che io vedo il ruolo della Fondazione Banco di Sardegna come una risorsa, così come il ruolo delle oltre novanta Fondazioni esistenti in Italia, perché il ruolo delle Fondazioni, dopo il 1990, è quello di sostenere le comunità locali, di intervenire nei rapporti con i territori, di sostenere la cultura, le attività sociali. Ecco che cosa fanno le Fondazioni! Pertanto credo che questo rapporto con le Fondazioni sia da vedere, così come il rapporto con la Fondazione Banco di Sardegna, come una risorsa, come una opportunità, come un ruolo di collaborazione laddove l'ente pubblico non sempre può intervenire a sostegno di particolari tipi di attività sociali.
Mentre noi parliamo, a Firenze, è stato già citato, oggi 1° ottobre, si tiene la seconda Conferenza europea delle Fondazioni, dove le regioni, i comuni, gli enti locali insieme alle fondazioni stanno intrattenendo rapporti di collaborazione per sostenere determinate attività. Credo che noi stiamo in qualche modo perdendo questa opportunità sempre per le solite discussioni di cortile, che non fanno crescere il PIL di un punto, che non risolvono i problemi dei disoccupati, che non risolvono i problemi di Meridiana. Se continuiamo a vedere il colore della giacca delle persone, non pensiamo che l'obiettivo finale è sostenere tutti insieme l'economia dell'isola, sia che siano fondazioni o che siano banche. Non è difendendo uno sportello bancario in un piccolo comune che possiamo risollevare l'economia dell'isola, ma attraverso il sistema del credito agevolato con politiche che favoriscono l'accesso al credito e sostegni per tutte le attività economiche.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il consigliere Stefano Tunis. Ne ha facoltà.
TUNIS STEFANO (FI). Presidente, colleghi, mi ero ripromesso di ascoltare un po' il dibattito prima di intervenire su questa mozione che naturalmente va approfondita perché riporta un tema di assoluto interesse. Francamente, attraverso le parole dei colleghi, si cerca di intuire in maniera più precisa il senso. Avendo timore di sbagliarmi mi sembrerebbe di sentire parte dei colleghi cercare di individuare la responsabilità del sistema creditizio nell'impegno di alcuni esponenti di un'importante parte politica della nostra Regione, mentre altri, a loro volta, impegnati a scrollarsi di dosso questa responsabilità. Credo che non sia questo il tema.
Rischio, addentrandomi, probabilmente di risultare eretico rispetto a un tema: alle banche, già elemento così centrale della nostra economia e della nostra vita di relazione, si deve in qualche maniera attribuire un ruolo al di sopra dello stesso controllo, della stessa capacità di indirizzo, della stessa capacità di interazione, meglio da parte della politica. Perché? Perché "no"? Per quale motivo avremmo dovuto rinunciare, nel corso degli ultimi trent'anni (cioè da quando il Banco di Sardegna è diventato un pezzo di un meccanismo più grande), a un ruolo della politica in tutto questo? Perché, seppure probabilmente maggiormente identificabile in illustri personalità di una certa parte politica, avremmo dovuto rinunciare ad avere la voce, gli occhi della politica e quindi del consenso, dell'impegno sociale e quindi dell'appartenenza, all'interno di un sistema bancario che, agli occhi di tutti, appare così lontano dalla vita dei cittadini? Questo piuttosto andrebbe rafforzato! In questo vorrei non essere considerato eretico, ma portare un contributo.
Il fatto che, negli anni passati (e in questo momento), si potesse - comunque sia - identificare in qualche maniera un istituto bancario con figure che hanno avuto a che fare con il consenso e il dibattito democratico, non sarebbe una diminuzione, ma piuttosto un valore aggiunto. Ora l'ipotesi che faccio io è questa: piuttosto che rinunciarvi, non è possibile rafforzare questo legame? Non è possibile fare in modo che la politica abbia ancora maggiore capacità di interazione? Non è possibile verificare (credo che questo fosse il vero spirito della mozione che hanno presentato i colleghi) se ci sono gli spazi perché la politica possa dire una parola in più, perché le istanze dei cittadini, intermediate da noi e dal nostro consenso, possano essere un elemento che le banche considerano centrale e quindi portarle via dai freddi meccanismi bancari internazionali che costringono il Banco di Sardegna (al pari di qualunque altra banca) a sottoporre il nostro sistema privato, dal punto di vista corporate, dal punto di vista del piccolo risparmio, assoggettandolo a delle regole che oggi sono inattuali?
Il sistema bancario a tutti i livelli è ostile nei confronti dei cittadini e nei confronti delle imprese. Possiamo noi, attraverso l'impegno che svolgiamo tutti i giorni nella politica, cercare di migliorare questo? Credo di sì, rinunciando alla parte in cui si punta il dito contro un'esperienza politica, contro un'appartenenza, e piuttosto la si valorizza. Certo, mi piacerebbe un giorno, domani, se fosse identificabile il rapporto così stretto e così inscindibile tra una banca e una parte politica, puntare il dito contro quella parte politica e dire: "Hai fatto poco rispetto alle esigenze del mio territorio"; oggi non lo posso fare, ma non voglio tornare indietro e, rispetto a questo, voglio andare avanti. Inoltre vorrei che il rapporto tra noi e questi importanti sistemi finanziari fosse non più sfumato, ma ben più intenso.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il consigliere Paolo Truzzu. Ne ha facoltà.
TRUZZU PAOLO (Sardegna). Presidente, innanzitutto voglio ringraziare l'onorevole Dedoni e i colleghi dei Riformatori perché, con la mozione e l'interpellanza, ci hanno permesso di parlare, credo per la terza volta, di politiche del credito, di quello che succede nelle banche sarde e nelle Fondazioni, in particolare nella Fondazione Banco di Sardegna, perché penso che sia un tema centrale per lo sviluppo dell'Isola.
I nostri avi avevano pensato, a suo tempo, di costituire un sistema che si fondava sostanzialmente su tre banche: il Banco di Sardegna (una banca commerciale che doveva appunto aiutare le imprese nello sviluppo e nella crescita del territorio), il Credito industriale (per gli interventi in campo industriale) e poi la SFIRS (la finanziaria della Regione che doveva essere la società di venture capital che accompagnava le aziende). Oggi, che cosa sta succedendo? Dalle cose che ci hanno raccontato gli onorevoli Dedoni e Cossa, il Credito industriale sta sparendo, perché sarà incorporato all'interno di Banca Intesa, il Banco di Sardegna è oggettivamente in difficoltà e c'è tutta una situazione legata anche a operazioni che la Fondazione sta attivando e che portano, a mio parere, a un futuro ruolo predominante della Banca Popolare dell'Emilia Romagna, conseguentemente a una perdita di quella capacità, di quella identità sarda, che la Banca deve avere di aiuto anche alle imprese del nostro territorio.
Devo dire che queste non sono preoccupazioni di un gruppo di pazzi che vive fuori dal mondo, ma sono preoccupazioni riportate anche sui giornali, sugli organi di stampa, recentemente nel corso di questi mesi, a cominciare dalla situazione della Sardaleasing e dell'ABF. Sono preoccupazioni condivise da soggetti che non appartengono sicuramente alla mia parte politica o al centrodestra, ricordo le osservazioni del professor Antonio Sassu che è stato, se non sbaglio, Presidente della Fondazione, ricordo le osservazioni del professor Paolo Fadda, lo storico, ricordo tutte le osservazioni e le analisi che ha fatto prima l'onorevole Dedoni. Vuol dire che è una preoccupazione viva nella società sulla quale noi oggi facciamo bene a discutere, perché è vero che le Fondazioni esistono per allontanare in un certo qual modo la politica dalle banche, però è anche vero che, sulle Fondazioni, un ruolo importante e un'operazione di controllo la esercita anche il Consiglio regionale, vedi la Fondazione Banco di Sardegna. Quella Fondazione ha un ruolo centrale perché a essa è affidata la gestione della quota capitale del Banco di Sardegna e il compito di esercitare la vigilanza affinché il Banco di Sardegna svolga la sua funzione operativa, cioè favorisca lo sviluppo dell'economia isolana.
In questo quadro, la mia preoccupazione è forte perché, nel momento in cui vedo che la Fondazione Banco di Sardegna somiglia sempre più spesso a un monocolore del PD, se fossi oggi un iscritto al Partito Democratico, mi chiederei quale parte di responsabilità attribuirmi qualora un domani succedessero determinate cose, per esempio riguardo alla svendita del sistema bancario ad altri interessi o comunque l'allontanamento del ruolo principale del Banco di Sardegna dalla Fondazione, cioè quello della tutela degli interessi delle comunità, come ricordava prima l'onorevole Cossa.
Dico perché vorrei uscire anche dalle logiche di parte, come ha detto giustamente l'onorevole Moriconi. Non è il gioco delle parti, dobbiamo uscire dall'ipocrisia, perché oggi, all'interno della Fondazione, è rappresentata solo una parte e questo è un problema oggettivamente. È un problema per tutti i sardi, ma anche per il Partito Democratico, mettetevelo in testa, è un problema serio che vi riguarda a 360 gradi. È l'intero sistema creditizio che deve essere discusso, deve essere discusso nella sua trasparenza, perché se è vero che certe operazioni erano lecite, probabilmente sono avvenute tutte nel rispetto delle norme di legge, quello di cui oggi si discute è l'opportunità di certe scelte, e su questo noi dobbiamo ragionare.
Ci sono state indubbiamente delle scelte inopportune e anche quello che, a volte, sembra tutto lecito e legale può lasciare dei dubbi. Ricordo che, per fare un esempio che è rimasto nella storia dell'Italia, anche la quotazione di Parmalat è avvenuta nell'estrema legalità: c'erano advisor, il titolo era stato collocato in borsa, i risparmiatori l'hanno acquistato e poi è successo quello che è successo! Quindi, il nostro ruolo oggi è interrogarci su questi argomenti e giustamente, anche come diceva l'onorevole Sabatini, avere la possibilità di fare un coordinamento, ragionare ancora di più su quello che sta succedendo nel credito in Sardegna.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE EUGENIO LAI
(Segue TRUZZU PAOLO.) Se vogliamo discutere anche di autonomia e di indipendenza, ricordiamoci che le due voci con cui si costruisce l'autonomia e l'indipendenza di un popolo sono l'energia e i soldi.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il consigliere Antonello Peru. Ne ha facoltà.
PERU ANTONELLO (FI). Presidente, l'ennesimo dibattito sulla Fondazione del Banco di Sardegna conferma una diffusa e necessaria chiarezza sull'operato dell'ente che gestisce un patrimonio di tutti i cittadini sardi. Ritengo che, quanto sta accadendo nella Fondazione Banco di Sardegna, sia una questione di straordinaria gravità e di assoluta rilevanza politica. È in atto, infatti, l'azione finale del processo di spoliazione delle banche sarde, che è incominciato nel 2001 con la cessione del controllo del Banco di Sardegna alla BPER, con l'incameramento della Banca di Sassari e con le altre società controllate.
A distanza di 14 anni, da quella discutibile vendita di quote azionarie e di cessione di potere nella gestione del credito dell'Isola, gli emiliani della BPER si preparano a completare l'azzeramento dell'autonomia gestionale del principale istituto di credito sardo. È un altro pezzo di autonomia sarda che se ne va, cari colleghi. Collega Comandini, la Sardaleasing ha la testa, la direzione generale a Milano, ha solo la sede legale a Sassari, le decisioni sono completamente prese a Milano e non in Sardegna. La Banca Popolare Emiliana punta infatti, come ha sottolineato bene il collega Dedoni, ad acquisire il 49 per cento delle azioni del Banco che sono ancora nel portafoglio della Fondazione in cambio di una quota pari al 20 per cento del capitale sociale della BPER con la costituzione di una nuova Fondazione che dovrebbe prendere il nome di Fondazione Sardegna. Fondazione quest'ultima che non avrebbe alcun potere e alcun valore nelle assemblee societarie del Gruppo creditizio emiliano, cioè, per dirla con parole semplici, non conterebbe niente in Sardegna e nulla a Modena.
Dinanzi a questa situazione, credo che non sia ammesso il silenzio, soprattutto da parte di chi, in questi tempi difficili, è chiamato a governare la Regione Sarda. Non ci sono più alternative né scappatoie, oggi serve che il Presidente della Regione spieghi con chiarezza al Consiglio e alla Sardegna qual è la posizione sul futuro della Fondazione e con quali strumenti intende salvaguardare gli interessi dell'Isola. Ritengo che il 49 per cento delle azioni del Banco, di proprietà della Fondazione, debba restare pubblica, l'hanno sottolineato in maniera forte i colleghi che mi hanno preceduto, è un bene pubblico, un bene della collettività, perché rappresenta il bene di tutti i cittadini sardi e, come tale, va difeso e tutelato.
Ed è con questa finalità che propongo ai 377 comuni sardi un ruolo di garanti degli interessi dei sardi, infatti devono essere i comuni a esercitare il diritto di prelazione del 49 per cento delle azioni del Banco dinanzi all'ipotesi di cessione a società private, compresa la stessa BPER o altri enti. Così si potrà sostenere l'autonomia di un governo della banca sarda, scongiurare l'ulteriore smantellamento di strutture e servizi sul territorio e supportare tutte le azioni tese a restituire al Banco un ruolo di riferimento per le imprese e le famiglie sarde.
Per quanto riguarda la preoccupazione del collega Crisponi su un bancomat intelligente, devo dire che sono dodici le filiali in tutta la Sardegna, quindi immaginiamoci gli anziani che non hanno un conto corrente, immaginiamoci le povertà estreme, le "162" che non hanno assolutamente un conto corrente, che vanno a cambiare l'assegno, dove possono andare? Devono andare nei territori vicini. Allora è sufficiente considerare che, nel 2001, il Banco contava 4800 dipendenti mentre oggi ne ha 2400; al contrario la BPER nel 2001 aveva 2000 dipendenti e oggi ne ha circa 5000. Una perdita che soltanto nel monte salari vale 70 milioni di euro l'anno, cioè 70 milioni di salari che mancano alla Regione Sarda. Proviamo a calcolarlo in positivo, proviamo a calcolare il moltiplicatore economico e il circuito economico che avrebbero messo 70 milioni di euro in più. Ma se non bastasse, è sufficiente evidenziare il dato percentuale di raccolta dei depositi. Il Banco di Sardegna ha il 124 per cento dei depositi in più della BPER in tutta Italia. Questo fa capire che noi sardi siamo un popolo di risparmiatori. Ma c'è una conseguenza: l'assorbimento di questi risparmi dove va a finire? Va a finire nella BPER! Dunque si legalizza un furto di risparmi dei sardi per trasferirli in Emilia-Romagna!
Ma se i denari hanno preso la via emiliana, le imprese emiliane fanno la rotta inversa: le manutenzioni degli immobili del Banco, la vigilanza, le sedi, le pulizie, perfino la gestione di un noto centro commerciale di Sassari, finito nella disponibilità della Banca emiliana, oggi sono tutte targate Modena e dintorni. Un governo coloniale del credito sardo ci ha consegnato una sub holding con la direzione svuotata delle sue funzioni, il corpo in Sardegna, la testa a Modena. Il Banco di Sardegna perde 500 milioni di euro in un anno negli impieghi netti su un decremento totale pari a 1 miliardo dell'intero sistema creditizio italiano, cioè l'intero credito italiano perde 1 miliardo e, di questo miliardo, 500 milioni vengono perduti dal Banco di Sardegna...
PRESIDENTE. Onorevole Peru, il tempo a sua disposizione è terminato.
È iscritto a parlare il consigliere Fabrizio Anedda. Ne ha facoltà.
ANEDDA FABRIZIO (Gruppo Misto). Presidente, questa mozione mi dà la possibilità di fare alcune riflessioni sul Banco di Sardegna e la sua cassaforte, che dovrebbe essere la Fondazione Banco di Sardegna. Che il Banco di Sardegna sia considerato la banca dei sardi ce lo dicono i fatti; i piccoli risparmiatori e le imprese l'hanno fatta diventare grande ma soprattutto chi l'ha fatta diventare grande è la politica con i Governi regionali che si sono susseguiti. Non dimentichiamoci che i Governi regionali, ossia la Regione, hanno messo nel Banco di Sardegna depositi e soprattutto hanno fatto girare dei flussi di danaro che dovevano andare alle imprese dai vari investimenti che ci sono stati nelle industrie e così via.
Quindi chi ha fatto diventare grande il Banco di Sardegna è soprattutto la politica con la Regione Sardegna. Ci si meraviglia perché ci sono alcune nomine politiche, ma io penso che sia il dazio che il Banco di Sardegna e la Fondazione devono appunto a chi li ha fatti diventare grandi: le piccole imprese, anche la Camera di commercio, ma soprattutto la Regione Sardegna, che ha il compito di nominare delle persone e soprattutto di vigilare sull'attività del Banco di Sardegna. Per cui non trovo niente di particolare nel fatto che ci siano delle nomine politiche purché le nomine politiche rispettino la competenza, la moralità e soprattutto la fedina penale pulita.
Quello che è inquietante, secondo me, per il Banco di Sardegna, è la notizia che ho appreso qualche giorno fa e che non ho avuto modo di approfondire, chiedo all'assessore Paci se può farlo lui, cioè soprattutto la notizia delle cessioni dei crediti del Banco di Sardegna, quelli delle imprese in sofferenza. Siccome anche le imprese hanno contribuito a far diventare grande il Banco di Sardegna, non mi sembra opportuno che il Banco di Sardegna scarichi le sofferenze di queste imprese a delle agenzie di riscossione; è una mancanza di rispetto. Se questo corrispondesse al vero, non mi sembra che il Banco di Sardegna in questo caso abbia molto rispetto per le imprese che l'hanno fatto diventare grande.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il consigliere Giorgio Oppi. Ne ha facoltà.
OPPI GIORGIO (UDC). Signor Presidente, Presidente della Regione, colleghi, è raro trovare tra i documenti presentati dai consiglieri, all'attenzione dell'Aula, una così vasta confusione.
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANFRANCO GANAU
(Segue OPPI). Nella mozione numero 68 in discussione infatti c'è una curiosa coincidenza di enunciazione di norme di legge, in quanto tali assolutamente condivisibili, principi di buon senso e di buona amministrazione, in quanto tali assolutamente condivisibili, e informazioni sbagliate, contraddittorie, tutto condito con evidente volontà di attaccare il Presidente della Fondazione Banco di Sardegna. Personalmente, per queste sommarie ragioni, sono contrario allo spirito della mozione. Illustro brevemente per quali motivi sono contrario allo spirito della mozione, pur condividendone, come tutti in quest'aula, la lettera.
In primo luogo mi preme chiarire ai promotori della mozione la questione per l'incorporazione di "ABF leasing" in "Sardaleasing". A questo riguardo, conosco perfettamente, e condivido, le osservazioni fatte dal collega. Che cosa è stato fatto? Hanno parificato il numero di azioni e fatto un concambio, su questa operazione si sono preventivamente espressi positivamente, vanno ricordati, il comitato amministratori e dipendenti del Banco, l'esperto indipendente nominato dal Tribunale di Sassari, advisor indipendente, è tutto descritto nel documento presentato dal Banco di Sardegna il 26 marzo 2014, secondo quanto dettato dalla Consob.
Andiamo oltre, il vero problema politico che la mozione pone è espresso nel suo primo punto, cioè l'impegno a garantire "la più netta separazione tra finanza e politica". Ebbene colleghi, non riesco a capire come ci si possa contraddire in maniera così vistosa, la politica chiede di interferire nelle scelte e nelle decisioni per una Fondazione bancaria con la stessa mozione con cui chiede che ci sia separazione tra l'una e l'altra. Delle due l'una, o chiediamo di interferire nelle scelte, affermando, come penso, che il Consiglio regionale abbia il diritto come rappresentante più alto del popolo sardo di sapere tutto oppure affermiamo, come è scritto nella mozione, che deve essere garantita la più netta separazione tra finanza e politica. Tralascio di commentare alcuni altri aspetti ma certamente rimane il fatto che oggi il Consiglio deve dire se vuole affermare il principio che dobbiamo ficcare il naso negli affari della Banca oppure dobbiamo fare che la finanza proceda svincolata dagli interessi della politica e cioè dei partiti politici: o lì o là, non ci possono essere due cose assieme!
Non mi pare il caso di ricordare come la pensiamo noi, veniamo da una storia politica in cui era sacrosanto affermare il collegamento tra il sistema bancario e quello politico; era talmente inteso come giusto, che le nomine dei presidenti del Banco di Sardegna facevano parte dei più generali assetti di governo. La sinistra di base della Democrazia Cristiana, corrente in cui ho militato sin dal primo momento che ho fatto politica, faceva vanto del suo controllo sul sistema del credito, nessuno se ne scandalizzava e per essere onesto, dopo 22 anni, tanti sono trascorsi dalla riforma Amato, dopo 22 anni di ipocrita affermazione del principio di separazione, mi pare che le cose siano rimaste sostanzialmente uguali, tranne il fatto che il popolo ha perso controllo e rappresentatività e i poteri forti sono diventati più forti.
Un'altra questione, agitata in parte nella mozione e ben più nell'interrogazione, riguarda l'attribuzione di ruoli e responsabilità amministrativa a persone che abbiano avuto esperienze di amministrazione pubblica o partecipazione ad assemblee elettive più o meno significative. Ebbene perché non dovremmo utilizzare le competenze maturate in anni di politica? Nello specifico, non ho firmato la mozione perché conosco Antonello Cabras che è stato mio Presidente di Giunta mentre ero Assessore e ne apprezzo le qualità politiche e professionali, ma dal punto di vista più generale la questione riguarda le cosiddette autorità indipendenti, forse dobbiamo chiederci se per la democrazia, quella con la D maiuscola, sia bene avere autorità indipendenti, ma indipendenti da chi?
Il presidente Cossiga, che amo ricordare in quest'Aula e che, in materia di banca, era un vero esperto, si scagliava con veemenza contro le autorità indipendenti segnalando, già da 20 anni fa, che l'indipendenza dalla politica, dal Parlamento e dai parlamenti locali non solo non è garanzia di migliore amministrazione ma, al contrario, è sintomo di un minore controllo pubblico, di meno democrazia, meno capacità del popolo sovrano di controllare l'amministrazione della cosa pubblica. Credo che ci sarebbero da dire molte altre cose, anche perché in quegli anni ho avuto l'opportunità di conoscere il presidente Baldoni (colui che acquisì, con le cooperative emiliane, il Banco di Sardegna), il quale, pur essendo un democristiano (era anche amico di Giovanardi) fu scelto dalle cooperative, nonostante a Modena il P.C.I. avesse l'80 o il 90 per cento, quindi certamente era al di sopra delle parti.
Purtroppo i sei minuti non sono certamente sufficienti, però voglio concludere dicendo che mi rendo conto che temi di questa ampiezza meriterebbero un approfondimento e una discussione ben diversa, ci accontentiamo di aver sollevato un problema e di aver forse insinuato il dubbio nei colleghi di maggior buona volontà. La politica deve tornare a essere il perno e il centro della vita pubblica e le autorità per loro natura devono essere dipendenti dalla legge e dal controllo popolare. Capisco che questa nostra posizione sia diversa da quella di molti colleghi del centrodestra, però il mio partito è su questa posizione, non ho certamente spinto i miei amici a non firmare la mozione, ma credo che, per queste motivazioni, anche i miei colleghi mi seguiranno in questa scelta: io voterò contro la mozione.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il consigliere Efisio Arbau. Ne ha facoltà.
Poiché non è in Aula, decade.
È iscritto a parlare il consigliere Modesto Fenu. Ne ha facoltà.
FENU MODESTO (Sardegna). Presidente, questo Consiglio è stato eletto dai cittadini e ha il dovere morale di tutelare i loro interessi, l'interesse di tutti i cittadini sardi. Non entro in merito alla rappresentanza della politica all'interno delle Fondazioni, del mondo bancario e del mondo finanziario, se è vero che la politica deve essere il primo potere dello Stato, superiore anche sicuramente a quello della finanza, è giusto che la politica intervenga in questa materia, semmai dobbiamo interrogarci se è giusto che intervenga solo una parte della politica o se forse è meglio che intervengano anche le altre parti.
Il mio intervento di oggi vuole porre l'accento su un aspetto fondamentale di come il sistema del credito debba essere oggi chiamato a supportare l'economia, la ripresa economica e le aziende. Ci troviamo di fronte a un'anomalia drammatica per la quale il sistema del credito non solo non supporta le aziende e le economie, ma spesso agisce in modo forzoso arrivando anche a pignorare le aziende, le case, a pignorare i beni dei cittadini che, in un sistema come questo, condizionato anche da questo sistema del credito, si trovano in forte difficoltà. Sono ormai sempre più numerose le situazioni e i casi, che vengono evidenziati dalla magistratura e dai giudici, di presenza di usura, di anatocismo bancario, di sistemi di pignoramento forzosi fatti dal sistema bancario sardo nei confronti dei cittadini, ma sono anche numerose le sentenze che dicono che, in presenza di anomalie come queste, qualsiasi pignoramento deve essere immediatamente interrotto.
Presidente, signori della Giunta, colleghi consiglieri, se è vero come sembra che l'87 per cento dei mutui sardi, dei finanziamenti dati alle imprese, sono viziati da anatocismo bancario e da tasso di interesse d'usura applicato dal sistema bancario alle nostre imprese e che la presenza di questo deve bloccare per legge immediatamente qualsiasi attività di pignoramento dei beni di queste aziende, allora è altrettanto giusto che, se questo Consiglio deve tutelare i diritti dei cittadini che ci hanno eletto, nasca una Commissione d'inchiesta che valuti questi aspetti e conseguentemente la politica possa dire la sua su di essi.
Ritengo che non possiamo esimerci da un'azione di questo tipo, perché altrimenti verrebbe meno immediatamente la fiducia che i cittadini hanno (mi auguro che in futuro la possano riconquistare) nei confronti della politica. Allora non interroghiamoci solamente su un aspetto, ma interroghiamoci sull'intero sistema bancario, sull'intero sistema del credito, non spaventiamoci se quest'azione mette in difficoltà le banche, ma semmai rincuoriamoci di quante imprese e di quanti cittadini sardi vengono salvati da questa nostra azione. Non è sostenibile che i beni delle aziende e delle famiglie sarde vengano pignorati di fronte al fatto che sono richiesti interessi non dovuti e che invece dovrebbero stare nelle tasche dei cittadini che li hanno pagati indebitamente. Mi sembra doveroso che, su un tema così delicato, la politica debba dire la sua parte, vi faccio un esempio ma potrei farne tanti, pensate alle centinaia di milioni di euro che la Regione Sarda ha distribuito solo per i mutui prima casa. Se è vero come sembra, ribadisco, che l'87 per cento dei mutui sono viziati da queste anomalie e che molti cittadini stanno perdendo la casa e i loro beni a causa di queste situazioni, capite che la stessa Regione Sarda può essere in futuro chiamata in causa, a seconda dei casi, o come parte lesa o come complice in un sistema di accreditamento di beni che non competono.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il consigliere Pietro Cocco. Ne ha facoltà.
COCCO PIETRO (PD). Presidente, Presidente della Regione, colleghi, Assessori, intervengo su questa mozione, presentata dal centrodestra, con molta cautela e toni bassi, cautela dovuta e necessaria, soprattutto quando si parla di rapporti fra politica e sistema bancario, cautela che i proponenti della mozione non hanno evidentemente avuto, perché sul contenuto del loro documento appare chiaro come il tentativo di coinvolgere il Consiglio regionale nasconda in realtà il rimpianto di un modo di fare che appartiene al passato e del quale custodiscono il nostalgico ricordo. Di questo si tratta, onorevole Dedoni! Potremmo anche approfondire le questioni. L'intervento, un po' prima, dell'onorevole Oppi ha raccontato molto bene come stanno andando le cose, potrei anche dire di essere in gran parte d'accordo sulle cose dette e chiudere qui la questione, però credo che valga la pena di dirne alcune altre.
Le Fondazioni in linea di principio, dico in linea di principio, debbono uscire dalle banche, ritengo che sia la strada da seguire, non ho difficoltà a dirlo e non abbiamo bisogno di farcelo dire da chi professa una cosa e nella realtà ne esercita un'altra. Lo stesso ragionamento vale per tutti gli altri enti, badate, gli altri istituti nei quali la politica farebbe bene a fare passi indietro, nelle ASL ad esempio. Sentire il collega Peru intervenire scandalizzato su questa mozione, lascia di stucco, ma veramente di stucco, perplessi, per le note vicende sulla sanità sassarese. Così come sentire il collega Dedoni non può non richiamare almeno le cose più eclatanti sui commissariamenti dei Riformatori, sulla sanità e sulle province. Potremmo fare nomi e cognomi, ma non si fanno i nomi e i cognomi, qua bisogna parlare di politica, bisogna avere la decenza di capire che la politica deve avere il suo ruolo e si deve occupare delle questioni, comprese le banche, perché la politica può avere il ruolo anche sulle banche. Oggi poteva essere un'occasione nella quale discutere di credito, delle ragioni delle banche presenti in Sardegna a disposizione dei sardi per le famiglie, delle quali tanti colleghi del centrodestra intervenuti a sostegno della mozione si sono riempiti la bocca e per cui poco concretamente invece operano ogni giorno per fare in modo che queste cose cambino.
Questa questione delle banche, del credito, della Sardaleasing, della ABF, si ripresenta a scadenza. Mi pare che Dedoni abbia fatto trentasette conferenze stampa su questa roba, trentasette! Una cosa inaudita! Mi pare che non si sia occupato di altro in tutto questo periodo. Ha un pallino, un'ossessione, dai tempi nei quali la Democrazia Cristiana, che è stata tirata in ballo adesso, probabilmente governava l'ente, e la nostalgia lo riguarda così pesantemente che non dorme la notte pensando alla Fondazione Banco di Sardegna! E' un pallino fisso! Ci aspetteremo la trentottesima conferenza stampa sulla questione della Fondazione Banco di Sardegna. Lo dico così, in sardo, molte volte poche parole possono rappresentare tanti concetti molto più lunghi: "Malu faidori, malu pensadori", si dice dalle mie parti. Questo è quello che accade nelle cose e può tranquillamente tradurre il senso della mozione.
Siamo di fronte a una mozione con riferimenti inesatti, contraddittori, approssimativi, che cita questioni incomplete, confuse, grottesche, a cominciare dalla richiesta di impegno nei confronti del Presidente del Consiglio regionale. Presidente del Consiglio, una prassi inconsueta questa, non capisco per quale ragione troviamo all'ordine del giorno una mozione che chiede di impegnare il Presidente del Consiglio regionale sulla vicenda della Fondazione Banco di Sardegna! Non ho mai sentito nulla del genere, eppure faccio parte di questo Consiglio regionale da sei anni. Credo che sarebbe dovuta essere respinta al mittente, profondamente e fortemente respinta al mittente, una richiesta al Presidente del Consiglio regionale, che è un arbitro in quest'Aula, il quale si deve occupare di altre cose piuttosto che delle cose del credito, della finanza, del Banco di Sardegna, della Fondazione, del Banco di Sassari! Nella confusione totale, nel pallino che lo assilla pesantemente ogni giorno, giorno e notte, l'onorevole Dedoni scrive che bisogna impegnare il Presidente del Consiglio regionale! È una cosa che francamente lascia assolutamente perplessi tutti!
E riprende a parlare ancora una volta della questione della Sarda Leasing S.p.A., perché non gli sono bastate 37 volte per spiegare che non c'entra un tubo quello di cui parla, gliene servono 38, 39, 40! Noi saremo qua a spiegarglielo ma glielo hanno spiegato molto bene i colleghi che mi hanno preceduto, a cominciare dal collega Sabatini e dal collega Comandini. Gli hanno spiegato molto bene che è sbagliato quello che ha scritto, è confuso, assolutamente! Ci riproviamo a spiegarglielo! Non lo ripeto perché francamente ho le "tasche piene" di questa storia e non ci provo neanche a sforzarmi perché è perdere tempo raccontare cose a uno che ha orecchie ed è completamente sordo, che cosa ti metti a dire? Questo è l'onorevole Dedoni, questi sono i Riformatori che parlano tanto di etica e di moralità! Ma ve lo immaginate l'onorevole Dedoni? Faccio un sondaggio, ma non qua, fuori, per sapere a chi la vogliono raccontare i Riformatori! Di etica, a noi? Di etica, di moralità, di cui tanto si riempiono la bocca e di cui tanto parlano nei confronti del Partito Democratico! È un'indecenza! È una vergogna! Se ognuno avesse la coscienza! Parlano di coscienza loro, a noi parlano di coscienza, è una cosa incredibile! Se non l'avessi sentito con le mie orecchie, quasi non l'avrei creduto se me lo avessero raccontato!
Ecco si tratta di aver perso un'occasione per una discussione seria! Per cui, Presidente del Consiglio, la invito magari a organizzare una discussione sulla questione delle banche, del rapporto con la Fondazione Banco di Sardegna, di cose che devono essere sistemate e migliorate, del rapporto della politica con le banche. Di questo dobbiamo parlare, delle banche a disposizione delle famiglie sarde e del credito.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il consigliere Pietro Pittalis. Ne ha facoltà.
PITTALIS PIETRO (FI). Mi sarei aspettato dal collega Pietro Cocco, proprio per la delicatezza del tema, semmai, un contributo a riportarlo, come peraltro è avvenuto anche in interventi del suo Gruppo, che ho apprezzato per la pacatezza dei toni, ma che cosa c'entrano i temi della sanità sassarese! Vedete in questo modo ci portate su un terreno davvero facile, è agevole per noi farvi un elenco di situazioni, di circostanze, di persone, sarà una questione di stile ma non ci cadiamo, perché non ci interessa, perché non è questo il tema. Allora, se la politica deve congiuntamente fare uno sforzo per essere riaccreditata nei confronti dei cittadini che ci seguono anche attraverso tutti i sistemi nuovi della comunicazione, penso che si faranno un'idea e così andiamo ad alimentare davvero l'antipolitica.
Vorrei riportare la questione sul giusto binario. Non mi sarei prestato neppure a intervenire se si fosse trattato di mettere sulla gogna qualcuno, men che meno il Presidente attuale della Fondazione che conosciamo essere persona perbene, e non sono in discussione il Presidente della Fondazione e il Presidente del Banco di Sardegna. Il problema che è stato introdotto con questa mozione mi pare sia ben diverso, si è fatta una confusione di argomenti, ma tutto è possibile, anche nella foga oratoria. Bisogna ricordare che, quando furono istituite con la legge Amato-Carli del 1990, mi pare che lo ricordasse l'onorevole Piero Comandini, le Fondazioni furono pensate come spazio residuo del pubblico e delle sue articolazioni territoriali, cioè il sistema degli enti locali a cui tuttora è demandata la nomina degli amministratori delle Fondazioni, per garantire una forma di controllo dei territori sull'esercizio della funzione creditizia. È questo l'aspetto importante.
Nel sistema italiano, tutto ciò che è provvisorio poi diventa definitivo, perché nella legge Amato, ma soprattutto negli interventi successivi, in particolare quello del 2001, ricordo che le Fondazioni dovevano uscire gradualmente dall'azionariato delle banche e non dovevano comunque utilizzare le loro partecipazioni come strumento di controllo. Questo è lo stato delle cose e, se ci atteniamo ai fatti, poi sappiamo quale forma di degenerazione ne è venuta, con riferimento a circostanze che tutti quanti ricordiamo, come quella di Monte Paschi di Siena, o alle vicende che hanno accompagnato alcune situazioni che hanno coinvolto l'Unicredit e altre grandi Fondazioni di importanti sistemi bancari italiani.
Allora, con riferimento al Banco di Sardegna e alla Fondazione Banco di Sardegna, oggi ci poniamo il problema del fatto che ancora il 49 per cento del Banco di Sardegna è detenuto dalla Fondazione. Questo è il tema che poniamo, non di una ingerenza della politica o di una invadenza, ma di quali azioni la Giunta regionale e il sistema politico isolano possono porre in essere perché vi sia un esercizio corretto da parte dei rappresentanti che siedono nella Fondazione per il controllo della funzione creditizia, almeno in un sistema nel quale la Fondazione detiene ancora il 49 per cento del Banco di Sardegna.
Tutto qui! Allora si tratta di interrogarsi se c'è questo controllo, se c'è un'interlocuzione con i nostri rappresentanti e se ci sono indicazioni, il tempo purtroppo è breve, perché tutto questo ha evidentemente anche una rilevanza sul piano del sistema creditizio, di quello che fanno le banche, di come vendono denaro, di come consentono l'accesso al credito, di quali garanzie chiedono, il perché ancora in Sardegna abbiamo circa due punti in più del costo del denaro rispetto ad altri sistemi, anche del sud della nostra penisola. Riportato il problema in questi termini direi che la mozione questo è! Ho colto questo nobile intento da parte dei propositori e, rimanendo nell'ambito di queste cose, non vedo perché anche l'opposizione non possa non votare questa mozione.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare, per la Giunta, il Presidente della Regione.
PIGLIARU FRANCESCO (PD), Presidente della Regione. Presidente, credo che siamo di fronte a temi importanti, condivido il punto di vista che è stato ben espresso, non soltanto dai banchi della maggioranza per la verità, sul fatto che siamo di fronte a una proposta di mozione che mischia moltissime cose, alcune ragionevoli, altre piuttosto irragionevoli, come è stato già detto. Credo che abbiamo a che fare con imprese private, con un ente privato e con banche ormai interamente private, quindi ritengo che non sia utile per me entrare nel merito di questioni di gestione aziendale. Credo anche che, in particolare, con l'ente privato Fondazione Banco di Sardegna ci siano spazi per poter cooperare ognuno con il proprio ruolo per lo sviluppo della nostra Regione. Quindi ci sono ampi temi di collaborazione, questo sì sarà un punto essenziale del quale dovremmo discutere per lo sviluppo della Sardegna, cioè qual è il nostro ruolo e qual è il ruolo complementare che può svolgere un ente il cui patrimonio in effetti ha un'origine pubblica. Questo è un tema di cui certamente si può discutere nel merito delle cose, piuttosto che su altre questioni che invece sembrano ingerenze inopportune.
Fatemi però dire che, secondo me, c'è un tema al quale non voglio sfuggire, anche perché in altri vesti ne ho scritto molto nel passato e sbaglia chi pensa di trovarmi imbarazzato oggi, perché quello che ho sostenuto l'ho sostenuto e forse ha anche contribuito a farmi vincere le elezioni qualche mese fa. Il tema certamente importante che è stato posto, visto e discusso oggi, è se la politica debba stare fuori dal credito. La politica deve stare fuori o no dalla sanità? La politica deve stare o no fuori dalle gestioni manageriali di chi deve erogare un servizio pubblico? Questo è un tema certamente molto interessante al quale non credo che sia utile sfuggire.
Credo che la politica debba stare fuori dalla gestione del credito, senza dubbio, lo penso naturalmente non da oggi. Mentre credo che la politica debba occuparsi eventualmente di dare, anzi sicuramente di dare indirizzi ed eventualmente intervenire quando ci sono dei fallimenti del mercato, quando il mercato non funziona in modo adeguato; nel caso del credito questo è evidente. Il che non vuol dire avere l'ambizione di gestire un istituto privato, significa semmai lavorare in modo complementare, per esempio attraverso fondi di garanzia che riescano a ridurre le difficoltà che le banche hanno a finanziare piccole imprese che a volte appaiono, forse anche giustamente, avere un merito creditizio troppo basso. Quindi il tema del dare accesso al credito alle piccole imprese si può dire che sia un classico tema di fallimento del mercato, in cui il settore pubblico ha tutto il diritto di intervenire in modo complementare, non sostituendosi alle banche, non pensando di gestire l'attività propria delle banche, ma naturalmente fornendo compensazioni a fallimenti di mercato che, soprattutto in territori deboli economicamente, certamente avvengono. Ognuno con il proprio ruolo.
Torniamo al punto essenziale, nessuna ingerenza con istituti privati o con chi si occupa del credito dal punto di vista privatistico, ma una complementarietà basata sul ruolo che ognuno può svolgere, ognuno nella sua parte, ognuno nel suo ruolo. Politica fuori dal credito. Vorrei dire soltanto due cose velocissime, perché questo è un tema che vale la pena affrontare, come dovremo affrontare il tema del ruolo della politica in altri ambiti altrettanto importanti rispetto a quello del credito. Fatemi dire una cosa: basta leggere lo statuto della Fondazione Banco di Sardegna per renderci conto che una prima cosa che noi possiamo fare (se siamo interessati a tenere fuori la politica dal credito nel senso di cui sopra, non nel senso virtuoso che ho anche citato) è quella di ricordarci che una parte importante del consiglio di indirizzo della Fondazione Banco di Sardegna è nominata da enti che non sono di per sé politici in partenza, ma sono enti che rappresentano i cittadini. Lo statuto è scritto in modo tale da dare il diritto, se non di nomina, almeno di definizione delle terne, da cui poi la Fondazione Banco di Sardegna sceglie chi entrerà nel comitato di indirizzo, avendo un ampio spettro di soggetti, stakeholders come si dice, cioè la Regione stessa, le Università, i quattro Consigli provinciali e le Camere di commercio.
La prima regola, la prima ricetta per far sì che la politica svolga adeguatamente, rispettosamente, il proprio ruolo è quella di garantirci che, quando si nominano delle persone nell'ente regionale, nelle Università, nelle Camere di commercio o nelle Province, si nominino le persone giuste, persone che non sono nominate per pura appartenenza a qualche partito politico, ma nominate per la propria competenza. Questa è la prima autodisciplina che noi dobbiamo imporci; se adotteremo questa disciplina nel modo giusto, la Fondazione sarà permeata di competenze e sarà messa al riparo da improprie presenze della politica nella sua gestione. Quindi, c'è una regola molto semplice che chiama alla responsabilità di ognuno, quest'Aula naturalmente inclusa. Questo è il primo punto che volevo citare.
C'è una seconda cosa in effetti che può aiutare a dare alla politica il ruolo proprio e non quello improprio nell'ambito del credito. In questo caso faccio invece riferimento direttamente alla Fondazione e, permettetemi, parlo da un punto di vista anche personale. Dico personale perché ho espresso da tempo il mio punto di vista e qui lo ribadisco, non ho nessuna timidezza a ribadirlo. Parlo di auspici, non voglio interferire nelle decisioni che prenderà la Fondazione con i propri organi. Credo però che si possa avere il diritto di esprimere un'opinione e un auspicio, senza alcuna intenzione di interferire impropriamente sulla gestione che, chi è chiamato alle responsabilità del governo della Fondazione, deve naturalmente adottare. Credo che la Fondazione debba usare il suo patrimonio, di origine pubblica, per sostenere lo sviluppo del territorio; per la verità questa è una cosa che dice lo statuto della Fondazione il quale recita che la Fondazione persegue esclusivamente scopi di utilità sociale, di promozione dello sviluppo economico, negli ambiti della famiglia, della sicurezza pubblica, della ricerca, dell'arte, dei lavori pubblici. Esclusivamente in questi ambiti. Per perseguire, con determinazione ed esclusività, questi ambiti, credo che debba gestire in modo naturalmente adeguato il proprio patrimonio che è di origine pubblica e deve gestirlo perché, da quel patrimonio, vengono poi ottenute le risorse che dovranno essere impegnate in investimenti strutturali, in cose concrete da fare a sostegno, come dicevo prima, dell'economia e della società.
Bene, ritengo che sia giusto in questo momento discutere della necessità o della possibilità, dell'ipotesi, di accelerare una tendenza che ormai in tutta Italia prende piede con molta chiarezza di nuovo: perché la Sardegna non dovrebbe essere alla frontiera delle cose giuste? Credo che la cosa giusta, una delle cose sulle quali dobbiamo ragionare con molta attenzione, sia esattamente quella di far sì che la Fondazione esca dal capitale del Banco di Sardegna. La mozione di oggi, mi permetto di dire, presenta un po' di confusione su questo punto, da una parte sembra dire che, "sì", bisogna uscire e dall'altra sembra chiedere che cosa fa la Fondazione per controllare quello che fa il Banco di Sardegna. Decidetevi! Io ho già deciso per conto mio, come opinione, perché non sono uno che governa la Fondazione, non ho intenzione di interferire, come ho già detto, ma dal punto di vista del ragionare sulle cose, ho un'opinione precisa e qui la ribadisco: uscire dal capitale del Banco di Sardegna è una cosa che dovrebbe essere valutata con attenzione perché a me pare che possa portare a casa due buoni risultati. Primo di tutto può consentire di diversificare adeguatamente il portafoglio della Fondazione, generando buoni risultati nella gestione patrimoniale, come Say e come qualunque economista d'Italia ha scritto in tutti questi anni; cosa che significa più soldi per investimenti da portare a supporto dell'economia e della società sarda.
Questo credo che sia il primo punto. Ancora oggi, leggendo il bilancio della Fondazione, che è pubblico e trasparente, come gran parte degli atti della Fondazione, si evince il contributo dei 350 milioni che sono oggi immobilizzati nel capitale del Banco di Sardegna, mi pare di poter dire che questi non hanno un grande rendimento rispetto a investimenti alternativi, quindi c'è un'evidente e interessante opportunità di diversificazione. Il secondo bonus che questa decisione, qualora venisse adottata, naturalmente, porterebbe a casa è che sarebbe un contributo per spezzare l'antistorico legame tra Fondazione e banche; un legame che rischia di essere strumento di una commistione impropria tra politica e gestione del credito. Che la politica faccia la politica, chi fa credito faccia credito nel modo migliore, chi deve investire a sostegno e a supporto dello sviluppo della Regione Sarda, dell'economia e della società sarda lo faccia, mi pare che lo stia facendo bene in questo momento, continui a farlo con ulteriore determinazione e con più risorse. Risorse che potrebbero arrivare da quanto ho appena suggerito.
Naturalmente questi sono auspici, che uno spera siano ascoltati da chi agisce nella legittima autonomia del proprio mandato. Nessuna interferenza, sono opinioni e di opinioni possiamo riempire i nostri discorsi perché le idee degli altri, anche quando non hanno diretta responsabilità di governo, sono importanti. Noi, come responsabili del Governo regionale, riceviamo continuamente opinioni, critiche e giudizi, è giusto che chiunque governa sia pronto ad ascoltare quelli degli altri, mi auguro di aver dato un contributo nella direzione auspicata.
PRESIDENTE. Ha domandato di replicare il consigliere Dedoni. Ne ha facoltà.
DEDONI ATTILIO (Riformatori Sardi). Presidente, la chiusura che il Presidente della Giunta testé ha fatto conferma la necessità che si operi in tale direzione. "Il peso considerevole delle partecipazioni bancarie nel patrimonio delle Fondazioni è pericoloso oltre che per le Fondazioni stesse, concentrando dei rischi, anche per la stabilità del sistema bancario italiano", questo è uno degli aspetti più interessanti messi in evidenza dal recente documento del Fondo monetario internazionale dedicato alle governance delle banche italiane. Non vado oltre ma questo è, visto da diverse angolature, quanto giustamente, e gli fa onore, il Presidente della Giunta oggi ha voluto dire nel racconto di quello che è stato il dibattito, non sempre sufficiente, su un momento non di poco conto che qualcuno ha voluto ricondurre a questioni di stracci, altri a cortile per qualche pennuto malandato. Credo che, aldilà delle discussioni, il succo sia nelle domande che si ponevano, a cui ha dato risposta il Presidente confermando la necessità di moralizzazione ed etica e il distacco tra politica e gestione bancaria che deve essere fatto anche per altri settori, e condividiamo anche questo.
Vorrei ricordare sommessamente, a chi pensa di poter saltare il problema del credito in Sardegna, che io non ho, come altri firmatari, miscugliato qualcosa della Fondazione con altro del credito, io ho messo davanti a quest'Aula, al Parlamento del popolo sardo, il fatto che tra poco non avremo nessuna banca e nessun credito diretto qui in Sardegna, ed è un'altra cosa! Può darsi che i tempi, maturando in maniera diversa, ci portino a essere all'interno della BPER come Banco di Sardegna, può darsi che stiamo sbagliando tutto, ma restava e resta esclusivamente in piedi il problema delle regole e dei comportamenti. Mi auguro che il Presidente della Giunta voglia farsi promotore al più presto, presso il Consiglio, per dare gli indirizzi di modifica anche dello statuto della Fondazione.
Io sono stato democristiano come gli altri, non ho vissuto all'interno di una componente che avesse una banca, né ho avuto altri rapporti particolari con chi gestiva le banche, ho sempre rispettato sia i democristiani che si sono comportati bene e correttamente, come quelli del partito comunista che si comportavano correttamente, la dialettica era aperta ma non c'erano miscugli per cui si facevano camarille di varia natura. Noi siamo per essere diritti, per avere una posizione chiara e rispettare tutti, gli ex democristiani che stanno nel PD come quelli che stanno da altre parti, ma con la correttezza del ragionamento, con la correttezza del comportamento senza fare sconti a nessuno per ammiccamenti di varia natura. Noi siamo qui a dare un contributo nell'interesse del popolo sardo, se lo si vuole accettare bene, se altri invece pensano di poter gestire le cose in altro modo lo si dica chiaramente.
Vorrei ricordare al Capogruppo del PD che bisogna andare alla sostanza delle cose e non cercare di fare sbarramenti di vecchia natura che non hanno ragion d'essere. Cerchiamo di arrivare al dunque e a ciò che noi chiedevamo nelle ultime domande al Presidente del Consiglio e della Giunta, perché sono interessati ambedue: torniamo a dare regole certe, noi siamo pronti e disponibili a lavorare, insieme anche alla maggioranza, perché esse ci siano da un lato e dall'altro e, voglio dire, anche in diversi settori, ivi compresa la sanità.
PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la discussione.
PRESIDENTE. Indico la votazione nominale, con procedimento elettronico, della mozione numero 68.
(Segue la votazione)
Prendo atto che il consigliere Peru ha votato a favore e che i consiglieri Collu, Comandini e Tatti hanno votato contro.
Rispondono sì i consiglieri: Cappellacci - Carta - Cherchi Oscar - Cossa - Crisponi - Dedoni - Fasolino - Fenu - Locci - Peru - Pittalis - Randazzo - Tedde - Tocco - Truzzu - Tunis - Zedda Alessandra.
Rispondono no i consiglieri: Agus - Anedda - Arbau - Azara - Busia - Cherchi Augusto - Cocco Daniele - Cocco Pietro - Collu - Comandini - Cozzolino - Demontis - Deriu - Desini - Lai - Ledda - Manca Pier Mario - Moriconi - Oppi - Perra - Pigliaru - Pinna Giuseppino - Pinna Rossella - Piscedda - Pizzuto - Rubiu - Ruggeri - Sabatini - Sale - Solinas Antonio - Tatti - Tendas - Usula - Zedda Paolo.
Si è astenuto il consigliere: Floris.
PRESIDENTE. Proclamo il risultato della votazione:
presenti 52
votanti 51
astenuti 1
maggioranza 26
favorevoli 17
contrari 34
(Il Consiglio non approva).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della mozione numero 69.
(Si riporta di seguito il testo della mozione:
Mozione Truzzu - Fenu - Pittalis - Rubiu - Dedoni - Orrù - Cappellacci - Oppi - Locci - Peru - Crisponi - Tedde - Zedda Alessandra - Randazzo - Fasolino - Tatti - Pinna Giuseppino per esprimere solidarietà ai due marò detenuti ingiustamente in India, con richiesta di convocazione straordinaria del Consiglio ai sensi dei commi 2 e 3 dell'articolo 54 del Regolamento.
IL CONSIGLIO REGIONALE
PREMESSO che:
- attualmente in India sono detenuti due marò italiani, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, accusati di essere implicati nell'uccisione, avvenuta nel febbraio 2012, di due pescatori indiani;
- i due militari italiani erano in servizio per conto dello Stato italiano nelle operazioni contrastanti la pirateria marittima;
CONSIDERATO che sin dall'inizio della vicenda la stampa e l'opinione pubblica indiana hanno creato, intorno ai due marò, un clima di ostilità non favorevole all'imparziale giudizio sulla vicenda;
RICORDATO che l'India viola il diritto internazionale trattenendo i due militari che, secondo l'ordinamento, dovrebbero essere giudicati da un tribunale italiano;
VISTO che ad oggi si sono susseguiti rinvii su rinvii e non vi sono stati passi avanti credibili per la risoluzione della vicenda;
RITENUTO che il comportamento dell'India nei confronti dei due nostri militari sia altamente lesivo dell'immagine e della credibilità internazionale del nostro Paese (in considerazione dei tanti militari italiani impegnati in missioni all'estero, tra cui migliaia di militari sardi);
CONSTATATO non sufficiente, a giudicare dai fatti, l'impegno dei vari governi italiani nei confronti dell'India e della comunità internazionale per garantire un giusto processo, nel rispetto dell'ordinamento internazionale e il ritorno in patria, vicino alle loro famiglie, di Massimiliano Latorre e Salvatore Girone,
impegna il Presidente della Regione e il Presidente del Consiglio regionale
1) ad esprimere solidarietà e sostegno ai due marò, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, detenuti ingiustamente in India, con l'esposizione di uno striscione nella facciata del Palazzo del Consiglio regionale e della Regione;
2) ad inviare al Presidente del Consiglio dei ministri e al Ministro degli esteri copia della presente mozione. (69).)
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il consigliere Truzzu per illustrare la mozione.
TRUZZU PAOLO (Gruppo Misto). Presidente, credo che questa dei marò o, meglio, dei fucilieri di Marina, sia una di quelle vicende surreali che succedono solo in Italia, cerco di ricapitolare velocemente la storia per avere il più possibile il quadro completo.
Ricordiamo che i due fucilieri, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, che operavano su una nave battente bandiera italiana ed erano incaricati dal Ministro della Difesa, dal Governo italiano, di tutelare gli interessi italiani contro la pirateria nelle acque internazionali intorno all'India, sono stati arrestati con l'accusa di aver ucciso due pescatori indiani. Pare che, durante un tentativo di attacco alla nave, i due fucilieri si siano trovati probabilmente a sparare (dico probabilmente perché ancora non è accertato) e siano morti due pescatori. Da qui la nascita di una crisi internazionale che il Governo e lo Stato hanno sicuramente mal gestito e che ha fatto sì che due italiani chiamati a svolgere il proprio compito e il proprio dovere, incaricati dallo Stato di una precisa attività, si siano trovati praticamente non più difesi e non più tutelati da quello Stato che li aveva spediti al largo delle coste indiane.
Il primo errore che è stato fatto in tutta questa vicenda è stato quello dell'allora Governo Monti di far entrare la nave nel porto indiano perché sappiamo benissimo che, essendo su una nave battente bandiera italiana, si trattava di soggetti che erano sul territorio italiano e quindi nessuna autorità indiana poteva intervenire. Il secondo errore è stato quello di accettare di farli scendere sul suolo indiano, perché questo ha fatto sì che i due venissero arrestati e che da quasi tre anni si trovino in India, a parte ora Massimiliano Latorre, poi ci arriveremo, in custodia all'interno, in questo momento, dell'Ambasciata italiana in India mentre prima erano nelle carceri indiane.
Quello che è raccapricciante di questa storia è il ruolo dello Stato e dei vari Governi che si sono susseguiti, i quali non sono stati in grado di difendere e di tutelare due persone chiamate a svolgere un lavoro importante e sicuramente nobile. Non è che manchino nella storia italiana esempi in cui il Governo e lo Stato sono riusciti a rappresentare la propria autonomia, la propria indipendenza. Ricordo, per tutti, gli episodi di Sigonella e dell'Achille Lauro; il Governo Craxi allora riuscì a imporre il ruolo del Governo italiano all'interno dell'Achille Lauro, quindi una nave battente bandiera italiana, lo ricordo proprio perché è uno di quei casi in cui l'Italia assunse una posizione forte nei confronti degli alleati, posizione che, in tutta questa vicenda, invece non è emersa. Con la mozione sostanzialmente si chiede un atto di solidarietà nei confronti dei nostri fucilieri di marina; l'esposizione di uno striscione di solidarietà in Consiglio e in Regione non è sicuramente per affermare che si tratta di due soggetti innocenti, su questo vorrei essere assolutamente chiaro, quello che stiamo chiedendo è che venga fatta giustizia e la giustizia prevede che siano processati in Italia, che il processo avvenga in Italia e non avvenga in India perché si tratta di un crimine eventualmente commesso su territorio italiano…
PRESIDENTE. Scusate, per cortesia! Grazie.
TRUZZU PAOLO (Sardegna). Dicevo che si chiede sostanzialmente ciò che il Governo (quindi tutti i vari Governi che si sono succeduti) avrebbe dovuto esigere con maggior forza, ossia il rispetto delle norme internazionali, cioè la possibilità di ricorrere anche a un arbitrato internazionale, possibilità che lo Stato italiano - a mio parere colpevolmente - e i Governi italiani non hanno voluto percorrere.
Secondo me, è ancora più scandaloso che, in tutta questa vicenda, noi (come Governo e come Stato) ci facciamo in qualche modo trattare a pesci in faccia perché le nostre forze militari sono richieste, sono apprezzate, utilizzate in tutte le missioni internazionali e sono considerate delle forze importanti però, nel momento in cui si è realizzata una crisi come questa, che è una crisi diplomatica tra Italia e India, una crisi che doveva essere internazionalizzata, non è stato fatto compiuto quanto si doveva.
Quindi se c'è reciprocità con le altre forze militari e con gli alleati, dobbiamo chiederla sempre, bisogna avere anche il coraggio di esercitare questa forza e questa capacità di autonomia e di indipendenza a prescindere dagli interessi economici che ci sono in gioco; non si può nemmeno pensare che si possano sacrificare due soggetti, due persone, ad affari internazionali che si compiono e che si fanno con l'India. Ricordo che, in uno dei momenti di questa lunga storia, c'è stato anche qualcuno che ha dichiarato che non si potevano mettere a rischio 500 miliardi di investimenti e di traffici commerciali che c'erano con l'India. Ecco, se noi scendiamo a queste logiche, è chiaro che saremo sempre sconfitti e perdenti e non riusciremo mai a difendere la nostra autonomia e la nostra indipendenza.
Ma la solidarietà oggi verso i marò assume anche un significato diverso, ricordo che la Sardegna tutta si è mobilitata qualche anno fa per la vicenda di una cooperante, Rossella Urru, e questo stesso Consiglio e la stessa Regione avevano dimostrato una capacità di esprimere solidarietà. Ecco, mi augurerei che, anche in questo caso, benché non si tratti di sardi, ci sia la capacità di difendere e di manifestare solidarietà a queste persone e alle nostre forze militari perché, se è vero che si difende il lavoro di una cooperante, che volontariamente sceglie di andare in determinati territori pericolosi, è ancor più vero che dobbiamo difendere il lavoro di chi deve eseguire un ordine e viene inviato a fare il proprio lavoro in quei territori. Chiedo anche una maggiore solidarietà ai marò, una forma di vicinanza oggi che noi possiamo esprimere a tutti i militari italiani e sardi. Credo che gli ultimi avvenimenti e la piega che ha assunto tutta la vicenda legata alle servitù militari abbiano creato nelle nostre forze, nei nostri ragazzi, parlo di quelli della Brigata Sassari, in quelli dell'esercito, dell'aeronautica e in tutti i sardi che oggi vestono la divisa, una condizione sicuramente di rammarico e di difficoltà per quello che sta succedendo.
Chiudo ricordando un episodio: qualche settimana fa mi trovavo a Osilo proprio per una manifestazione di solidarietà e di sostegno ai due fucilieri di marina, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, nella strada del ritorno da Osilo verso Cagliari, di notte, ho percorso tutta la "131" accompagnato da una mezzaluna, una mezzaluna forte; diciamo che, da un lato, mentre viaggiavo, pensavo che quella mezzaluna rappresentasse la faccia sorridente di Massimiliano Latorre, pronto a rientrare in Italia per almeno quattro mesi in modo da poter effettuare le cure mediche, d'altro lato però consideravo la parte della faccia scura, l'altra parte della luna, rappresentata da Girone che invece si trova ancora in India e che non ha la possibilità di avere la giustizia che merita, ebbene, su questo punto vorrei ritornarci.
Ecco, mi auguro che, anche con il nostro intervento, che spero sia condiviso da tutto il Consiglio, si possa in qualche modo far sì che ci sia una bella luna piena, una faccia completa, che permetta ai nostri due militari di sorridere pienamente.
PRESIDENTE. Ricordo che i consiglieri che intendono prendere la parola devono iscriversi non oltre la conclusione del primo intervento. Il tempo a disposizione per l'intervento è di sei minuti.
È iscritto a parlare il consigliere Michele Cossa. Ne ha facoltà.
COSSA MICHELE (Riformatori Sardi). Presidente, voglio avvertire i colleghi (che probabilmente si iscriveranno a frotte per intervenire) che non farò un intervento molto lungo, quindi accorrete a iscrivervi. Ringrazio il collega Truzzu per aver voluto presentare questa mozione. In effetti il Consiglio regionale non si era mai occupato di questo problema, pertanto credo che facciamo bene a dedicare qualche minuto del nostro tempo a una vicenda che è stata definita in molti modi, paradossale, surreale, che vede due nostri militari vivere una situazione giudiziaria che ha dell'allucinante, che ha risentito moltissimo degli eventi politici indiani e delle scadenze elettorali indiane.
L'auspicio naturalmente è che adesso, che le acque si sono un po' calmate e che gli animi si stanno un po' calmando, anche in India, questa questione si risolva e si risolva in maniera definitiva perché l'Italia non ha fatto una bella figura, come non ha fatto una bella figura l'Unione europea che non ha sposato, come avrebbe dovuto, la causa italiana. Naturalmente viene da chiedersi, qualora una vicenda analoga fosse accaduta a due militari statunitensi, se si sarebbe sviluppata nello stesso modo e se gli Stati Uniti starebbero ancora aspettando una soluzione definitiva della questione. Naturalmente sono tutti interrogativi che lasciano il tempo che trovano, che aleggiano comunque nelle nostre menti. L'auspicio di tutti è che prima di tutto la vicenda possa essere risolta nei tempi più rapidi possibili, per restituire tranquillità a queste due persone, a questi due militari, il cui stato di salute - come dimostrano anche le ultime vicende - ne sta risentendo pesantemente e poi che possano essere restituiti alle loro famiglie con la chiusura finalmente di questa bruttissima pagina di politica internazionale.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il consigliere Emilio Usula. Ne ha facoltà. Poiché non è presente in aula, decade.
È iscritto a parlare il consigliere Attilio Dedoni. Ne ha facoltà.
DEDONI ATTILIO (Riformatori Sardi). Presidente, anch'io voglio ringraziare il collega Truzzu per aver messo in evidenza davanti al Consiglio questa tematica che riguarda questi due, per me, eroi, nei confronti anche di una patria poco benigna sotto certi aspetti. Infatti, se l'onorevole Cossa ha citato gli Stati Uniti, io citerò la Russia: non credo che due soldati russi sarebbero ancora in quelle condizioni dopo un paio d'anni abbondanti tenuti in scacco loro e, non la diplomazia italiana, lo stesso Stato italiano, che perde dignità. Se è vero come è vero, lo Stato italiano non ha mai avuto una posizione seria davanti al panorama mondiale attraverso la propria politica estera, non l'ha mai avuta! Quando l'ha avuta, ha cercato di trovare sempre soluzioni di compromesso che non ci hanno portato molto avanti.
Vorrei ricordare che questi due eroi erano su una nave per difendere passeggeri e merci in essa presenti e vegliavano su interessi che non erano non nascosti, ma erano interessi dell'umanità; spesso e volentieri, con barche veloci, questi predoni del Mar Rosso e del mare d'India vanno, assaltano, uccidono, stuprano, fanno qualunque malevolenza nei confronti di coloro che sono imbarcati e la passano franca perché, con altrettanta velocità, se ne vanno. Tra l'altro, per le conoscenze che abbiamo, questi non hanno neanche sparato, non sono loro, sembrerebbe due marittimi greci, di una nave greca quanto meno; solo per questioni elettoralistiche all'interno della Confederazione degli Stati dell'India si è arrivati a questa posizione, che oggi vede ancora fermi, bloccati, pur maltrattati, in quel posto, due marinai italiani, due forze speciali della Marina italiana. È vergogna che uno Stato possa abdicare alle posizioni di riconoscimento della propria statualità e del proprio essere.
Su queste posizioni, credo che qualunque Stato, ripeto, Russia, America o chiunque altro, si sarebbe difeso meglio dell'Italia. Mi auguro che trovi presto una soluzione e che fra breve tornino nuovamente in patria nelle loro famiglie e che possano godere di salute prossimamente.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il consigliere Ignazio Locci. Ne ha facoltà.
LOCCI IGNAZIO (FI). Presidente, anche io ringrazio il collega Paolo Truzzu per aver avuto la sensibilità di presentare questa mozione al nostro Consiglio regionale. Credo che questa mozione non abbia nulla a che vedere con le convinzioni di ciascuno di noi che probabilmente possono anche venire da sensibilità o da retaggi lontani. Questa mozione non ha nulla a che vedere con le convinzioni di qualcuno di noi rispetto al militarismo convinto o, viceversa, antimilitarismo. Siamo davanti a due servitori dello Stato, a due militari che, come è già stato detto, partecipavano a una missione internazionale antipirateria, a difesa dei carichi commerciali di armatori civili, e che sono incappati in questo evidente incidente che poteva capitare a qualsiasi militare in missione antipirateria.
Ritengo che questo Consiglio regionale oggi non possa non esprimere solidarietà ai due militari che si trovano in questa situazione di pseudo prigionia in India; credo che non sia solo una testimonianza di vicinanza, ma una testimonianza da parte della più alta Assemblea sarda, davanti al Governo italiano, di come questa Regione a Statuto speciale, con i suoi rappresentanti e tutta la sua terra, esprime solidarietà e vicinanza ai suoi soldati, ai militari che servono la patria.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il consigliere Modesto Fenu. Ne ha facoltà.
FENU MODESTO (Sardegna). Presidente, non penso che ci sia da scandalizzarsi sulla richiesta assolutamente doverosa, che merita anche il mio applauso, dell'onorevole Truzzu. Stiamo parlando di due uomini, due mogli, figli, amici, come ognuno di noi. Mi sembra doveroso rispetto a due lavoratori che stavano svolgendo, su incarico del loro datore di lavoro, lo Stato italiano, che deve loro lealtà, l'ordine e il comando a cui erano stati chiamati.
Allora, in un patto di reciproca lealtà, dove lo Stato chiede ai suoi cittadini di svolgere un ruolo, è giusto attendersi da parte di qualsiasi Stato, da parte di qualsiasi datore di lavoro, l'impegno totale per riportare, in patria e a casa, questi cittadini, questi lavoratori, questi padri di famiglia. Di fronte a questo, ritengo assolutamente auspicabile che il Consiglio regionale, che l'intero Consiglio regionale, possa votare a favore di questa mozione in modo integrale, anche con l'esposizione degli striscioni che ricordano due padri di famiglia, due persone come noi, due lavoratori, che meritano tutto il nostro sostegno e tutta la nostra solidarietà.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il consigliere Giuseppe Fasolino. Ne ha facoltà.
FASOLINO GIUSEPPE (FI). Signor Presidente, anche io ringrazio il collega Truzzu per la presentazione di questa mozione, anche con la consapevolezza che probabilmente a poco servirà il nostro intervento, anche l'approvazione di questa mozione, per risolvere un caso così delicato a livello internazionale. Intervengo però per raccontare, come hanno fatto un po' tutti, le nostre sensazioni nel rivivere o nel rivedere quelle immagini, a parte l'aspetto umano di questi due ragazzi che, nello svolgere il proprio compito, il proprio dovere, si sono trovati in una situazione di questo tipo, insieme alle loro famiglie, comprese le sofferenze, e probabilmente questa situazione è la causa di qualche malattia che stanno vivendo.
Quindi, a parte l'aspetto umano, che cosa si è provato? Sinceramente, da italiano, ho provato vergogna, grande vergogna, nell'appartenere a uno Stato che non riesce a difendere due persone che, in suo nome, si trovavano in quel posto. Una mancanza di rispetto internazionale nei confronti della nostra Nazione! Basta vedere come veniamo trattati in continuazione a livello internazionale per il caso degli immigrati, siamo diventati la porta dell'immigrazione a livello europeo! Nessuno considera questa vicenda come una vicenda europea, ma soltanto ed esclusivamente una vicenda italiana.
Ripeto, nonostante non ci potrà essere alcuna risoluzione di questo problema, credo che ci possa servire almeno a riflettere, per attribuire un'importanza maggiore a queste persone che vanno all'estero per compiere azioni di pace e lo fanno in nome della nostra nazione; oltre che almeno a mostrare rispetto da Aule istituzionali come la nostra ed esprimere solidarietà, in maniera compatta e unita, in questa vicenda che veramente rimarrà nella storia come una vicenda vergognosa del nostro Paese.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare, per la Giunta, l'Assessore della programmazione, bilancio, credito e assetto del territorio.
PACI RAFFAELE, Assessore tecnico della programmazione, bilancio, credito e assetto del territorio. Presidente, consiglieri, il tema è sicuramente importante e la Giunta regionale ha attenzione per queste tematiche. Sono problemi che, ahimè, si stanno trascinando ormai da due anni, che sembrano in fase di risoluzione, pertanto noi esprimiamo il nostro parere favorevole parziale alla mozione, nel senso che non c'è dubbio alcuno che ci sentiamo di esprimere, noi della Giunta, la solidarietà e il sostegno, crediamo che la detenzione dei due militari italiani in India non rispetti il diritto internazionale, quindi riteniamo che siano effettivamente detenuti ingiustamente in India. E' ovvio che la giustizia, la giustizia internazionale, debba fare il suo corso, nei modi riconosciuti dal diritto internazionale. Riteniamo che sia inopportuna, per il momento, ripeto, uno dei due militari è potuto rientrare in Italia e ci sono le giuste trattative che il Governo sta portando avanti per risolvere la situazione, l'esposizione dello striscione nelle facciate dei Palazzi, anche perché, se facciamo passare questo tipo di manifestazioni, immediatamente dovremmo porci il problema di mettere degli striscioni a favore degli italiani che sono stati rapiti, delle due ragazze del mondo del volontariato che sono state rapite in Medio Oriente e così via.
Riteniamo che le istituzioni abbiano dei modi più propri di manifestare la propria solidarietà e sostegno. Quindi, ripeto, dal punto di vista della Giunta, c'è un appoggio parziale a questa mozione; dal punto di vista tecnico, non so, Presidente, se sia possibile trovare una soluzione per contemperare la posizione della Giunta con il testo proposto.
PRESIDENTE. Ha domandato di replicare il consigliere Paolo Truzzu. Ne ha facoltà.
TRUZZU PAOLO (Sardegna). Sinceramente, fa piacere che ci sia il parere seppur parzialmente favorevole della Giunta, ho problemi, però, a comprendere la difficoltà a mettere lo striscione, perché non è una cosa che non sia avvenuta altre volte, ricordo che è già avvenuta, forse non per il palazzo della Regione, ma sicuramente per il palazzo del Consiglio regionale, con Rossella Urru, penso che l'abbia votato all'unanimità tutto il Consiglio regionale, se non ricordo male, è avvenuta quindi in altre occasioni ed è, fra l'altro, una situazione che si è verificata in tanti Comuni, in altre Regioni e altre Province italiane.
Siamo di fronte a una situazione oggettivamente eccezionale, per questo motivo è stata chiesta l'esposizione dello striscione, spero che questo non sia un motivo ostativo al sostegno della mozione, perché sarebbe veramente paradossale, e credo anche poco degno, forse, riuscire a bocciare una mozione per questo motivo, cioè la presenza di uno striscione che potrebbe urtare la sensibilità, di chi? Stiamo parlando di due persone, stiamo parlando di due persone che sono da quattro anni detenute in India, una appena rientrata, ha detto bene l'Assessore, ma per soli quattro mesi a causa di motivi di salute, per curare un'ischemia, e stiamo parlando di due ragazzi che erano lì a fare il loro lavoro e che chiedono semplicemente che venga applicata la giustizia e cioè che vengano processati in Italia, niente di più! Di fronte a questo, è un problema mettere uno striscione? Sinceramente oggi mi vergogno un po'!
PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la discussione.
Metto in votazione la mozione numero 69.
Ha domandato di parlare il consigliere Modesto Fenu per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.
FENU MODESTO (Sardegna). Presidente, intervengo per ribadire, ancora una volta, la richiesta a questo Consiglio di votare interamente la mozione, perché stiamo parlando di due persone, al di là del ruolo e dell'incarico che svolgevano su mandato dello Stato, loro datore di lavoro, e visto che qualcuno, compreso l'Assessore, faceva osservare che dovremmo esprimere pari sensibilità anche per le persone sequestrate dai guerriglieri dell'Isis, bene, io dico che sono pronto prima di tutto a esprimere medesima sensibilità anche per quelle persone, esponendo anche lo striscione, e poi dichiarare chiaramente, da parte di questo Consiglio, democraticamente eletto, la contrarietà rispetto ad azioni che privano in modo illecito la libertà dell'uomo.
PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Marco Tedde per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.
TEDDE MARCO (FI). Signor Presidente, come non condividere le considerazioni fatte dall'onorevole Truzzu? Credo che la mozione sia ben strutturata, vada a cogliere il segno, vada ad affrontare un problema vero, un problema vivo, che sta bruciando comunque le sensibilità degli italiani. Non posso condividere, invece, le affermazioni del vicepresidente Paci, perché non è possibile, Assessore, paragonare e fare un parallelo fra due cooperanti e due servi dello Stato. I due marò rappresentavano lo Stato, la comunità nazionale, la Repubblica italiana, ed è una cosa profondamente diversa, assessore Paci. Così come non si può non condividere lo sfogo della figlia di Latorre, anche se, probabilmente, ha lanciato un'invettiva un po' troppo forte.
La verità, comunque, è che "tre Governi tre" hanno fallito! Monti, Letta e Renzi in questa vicenda non hanno saputo affrontare il problema nei modi dovuti, non hanno saputo sciogliere il nodo. Due soldati italiani, due servi dello Stato, sono detenuti ingiustamente in India, anche se uno dei due, per una grave forma di ischemia, è dovuto rientrare in Italia, per curarsi però. Sono due militari, due soldati che difendevano lo Stato, perché i loro compiti erano quelli di difendere i beni dello Stato o di cittadini italiani ed erano in acque internazionali. Ecco, il primo errore è stato quello di dimenticarsi che i marò sono accusati di un fatto compiuto in acque internazionali. Ci si è dimenticati che i marò lavorano per l'Italia, ci si è dimenticati che il loro operato va ascritto all'Italia e ci si è dimenticati che la giurisdizione non era la giurisdizione dell'India: ci si è dimenticati completamente! Sono errori marchiani, errori grossolani!
Poi abbiamo visto la teoria dei Ministri degli esteri che si sono avvicendati in questo triste episodio o, meglio, in questa triste vicenda. Abbiamo visto Terzi di Sant'Agata, abbiamo visto Emma Bonino, abbiamo visto la Mogherini, abbiamo visto un Commissario plenipotenziario che per mesi è stato in India, si chiamava De Mistura, un cognome stranissimo, ma non abbiamo visto il benché minimo risultato! L'errore fondamentale è stato quello di non europeizzare la crisi, perché l'Europa doveva essere coinvolta; così come doveva essere coinvolto l'ONU, perché noi partecipiamo a tante missioni di pace con l'ONU, quindi l'ONU sarebbe dovuta intervenire per far sì che questo atteggiamento…
PRESIDENTE. Onorevole Tedde, il tempo a sua disposizione è terminato.
Ha domandato di parlare il consigliere Giuseppe Fasolino per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.
FASOLINO GIUSEPPE (FI). Presidente, non riesco sinceramente a capire le motivazioni di non accettare completamente questa mozione, anche perché la si vuole paragonare a tanti casi sicuramente meritevoli di attenzione, ma che non c'entrano niente con questo che è l'unico di questo tipo, è l'unico caso grave in cui due servitori dello Stato, come diceva il collega Tedde, si trovano prigionieri e non vengono restituiti alla Madre Patria.
Penso che sia giusto che l'Istituzione che rappresenta il popolo sardo faccia qualcosa per manifestare la propria solidarietà nei confronti di questi due ragazzi e delle loro famiglie. Credo che nulla toglierebbe, un'azione di questo tipo, alla dignità del nostro Consiglio regionale, nulla toglierebbe alla dignità della nostra Regione e nulla toglierebbe all'autonomia di questa Regione, bensì potrebbe essere personalmente un motivo di orgoglio il fatto che il Consiglio regionale, questa Regione, possa, anche con un'azione forte, manifestare la solidarietà nei confronti di queste due famiglie e di queste due persone.
Vedo poco interesse da parte dei consiglieri colleghi del centrosinistra, come se questa fosse un'azione di centrodestra o fosse un'azione politica. Nulla ha a che vedere con tutto questo! Mi farebbe piacere, invece, qualche espressione da parte anche dei colleghi del centrosinistra per poter manifestare solidarietà in maniera compatta.
PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Ignazio Locci per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.
LOCCI IGNAZIO (FI). Intervengo per ribadire ovviamente il voto favorevole alla mozione del collega Truzzu, ma anche per prendere atto, Presidente, del fatto che siete capaci solamente di una solidarietà a metà, di una solidarietà silenziosa che, agli occhi nostri, appare…
(Brusio in aula)
TUNIS STEFANO (FI). Almeno fosse silenziosa!
FASOLINO GIUSEPPE (FI). Neanche silenziosa, non è vero che è silenziosa!
LOCCI IGNAZIO (FI). …che, ai nostri occhi, appare veramente non un buon servizio verso i nostri uomini dello Stato. Credo che nessuno di noi si debba vergognare di esprimere solidarietà ai soldati italiani, in questo caso ai marò, e non dovremmo nemmeno vergognarci di esporre uno striscione di solidarietà in via Roma.
PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Roberto Deriu per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.
DERIU ROBERTO (PD). Signor Presidente, il tema è di assoluta gravità e quindi andrebbe affrontato con assoluta attenzione, con rispetto, il silenzio che ci si imputa come colpa forse, invece, deriva esattamente da questa attenzione e da questo rispetto. Non è un silenzio di indifferenza, semmai è una meditazione e, per chi ci crede, forse può essere anche una preghiera.
Una posizione ufficiale di questo Consiglio regionale va ricercata sulla materia, la più larga possibile, su toni pacati, su un messaggio che sia univoco a rappresentare i sentimenti di tutto il popolo sardo e non a cercare evidentemente una soddisfazione di parte o un motivo di divisione che non mi è sembrato di riscontrare negli intenti del proponente. Il proponente mi pare onestamente interessato a sollevare la questione, a fare in modo che la Sardegna sia vicina ai nostri soldati, alle loro famiglie, sia vicina alla Repubblica italiana che sta soffrendo una violazione del diritto internazionale e che, con molto impegno, con Governi diversi, ha sollevato nelle sedi appropriate. È una questione non risolta, sulla quale non possiamo dare giudizi definitivi, non è questa la sede. È una questione che però ci mette tutti in imbarazzo e tutti ci addolora.
Per questo motivo la richiesta è di addivenire a un testo che possa essere votato da tutti. Il proponente ha tutti gli elementi per fare un passo in questa direzione. Diversamente il nostro Gruppo farà le sue proposte e il centrosinistra prenderà le sue risoluzioni.
PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Gianluigi Rubiu per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.
RUBIU GIANLUIGI (UDC). Presidente, come dichiarazione di voto, prima di tutto per esprimere parere favorevole sulla mozione presentata dal collega Truzzu e poi per manifestare totale disappunto su quanto detto dall'assessore Paci quando in qualche modo cerca di evitare che la Sardegna pronunci un suo giudizio sulla gravità della situazione dei due marò. La politica, quella con la P maiuscola, deve fare la sua parte, anche se è una parte in qualche modo simbolica. Si vive anche di simboli. Diamo il buon esempio e lasciamo intendere che noi siamo i primi sensibili a queste gravi situazioni che si sono create. Poi se dobbiamo integrare per cooperanti o altre persone che, in qualche modo, hanno subito e stanno subendo, in questi mesi, in questi giorni, delle situazioni simili, bene, non ci priveremo degli spazi; abbiamo spazi abbastanza grandi, potremo utilizzare tutti i pilastri della Regione, ci auguriamo chiaramente di utilizzarne solo due, per manifestare il totale disappunto e dare la nostra massima solidarietà ai due marò.
PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Luca Pizzuto per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.
PIZZUTO LUCA (SEL). Presidente, esprimo la posizione del Gruppo Sinistra Ecologia e Libertà e la prima cosa che vogliamo sottolineare è la solidarietà alle famiglie dei due marò per la situazione terribile che si trovano a vivere. Condividiamo quella parte della mozione che chiede che i due marò possano essere processati in Italia e non altrove. Quindi un impegno da questo punto di vista per noi è condivisibile, ma altri elementi presenti nella mozione per noi non sono condivisibili, perché comunque è stato commesso un reato, su cui ci deve essere un processo che noi vorremmo fosse fatto in Italia, ma non riteniamo opportune altre azioni più plateali, di striscioni o quant'altro. Riteniamo invece opportuno (se in questo senso dovesse cambiare la mozione, noi possiamo ragionare) un impegno maggiore delle istituzioni perché i due marò possano essere processati nel nostro Paese, come riteniamo sia giusto.
Detto questo, c'è un problema di fondo importante che è l'assenza e la mancanza di una politica estera forte da parte del nostro Paese su tutta una serie di questioni, si vede anche da questo punto di vista, ma non dobbiamo confondere un problema che si è creato in quelle acque internazionali, molto delicato e molto importante, con un problema, diciamo così, di tifoserie. Siamo d'accordo nell'esprimere tutto l'aiuto e la solidarietà possibile alle famiglie, anche con azioni concrete che possano emergere da quest'Aula; siamo d'accordo sul fatto che ci debba essere un impegno affinché i due marò possano essere giudicati in questo Paese, non ci sembra invece opportuno, perché comunque c'è stato un reato e c'è un processo in atto, esprimere tout court una solidarietà e una convinzione, diciamo così, di innocenza senza che questo processo sia espletato.
Per questa ragione, se la mozione rimane questa, non la voteremo, ci asterremo; se c'è, invece, la volontà di cambiarla e di modificarla, ne prendiamo atto e siamo disposti a ragionare su un ordine del giorno diverso e unitario.
PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Paolo Truzzu per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.
TRUZZU PAOLO (Sardegna). Giusto una riflessione generale. Mi sembra che il dibattito sia avvenuto prima, che queste siano le dichiarazioni di voto, quindi non voglio fare il formalista, però non vorrei dire che certi interventi sono avvenuti fuori tempo massimo ma forse, se tutti avessimo prestato attenzione a quello che è stato detto in aula, avremmo risparmiato questo secondo round, lo dico perché io per primo ho detto che non sostengo che i due fucilieri siano innocenti. La mozione, che tra l'altro è molto soft, potevo (di questo do atto a quanto detto dall'onorevole Deriu) sicuramente farla un po' più dura, anche sulle responsabilità dei vari Governi che si sono succeduti, compreso questo; ma ho voluto proprio evitarlo perché l'interesse era che la mozione passasse e che si raggiungesse il risultato, risultato che era quello di esprimere solidarietà e di esporre uno striscione: sembra che questo sia difficile e faticoso per questo Consiglio regionale.
Vorrei anche che fosse chiaro che non possiamo mettere sullo stesso piano le cooperanti e i cooperanti che scelgono volontariamente di andare in determinati territori dove si sa quali sono i pericoli, che fanno un'attività nobilissima, ma sanno i rischi ai quali vanno incontro, e chi invece è tenuto a eseguire un ordine e viene mandato a difendere gli interessi italiani e gli italiani, questo è quello che è successo nel caso specifico! Mi fa specie che questo non venga compreso dal Vicepresidente di questa Regione! Assessore Paci, quello che ha detto è abbastanza grave e cozza con la capacità, invece, di volare alto e di individuare i veri problemi e le questioni che ha dimostrato, non più di mezz'ora fa, il presidente Pigliaru quando ha detto determinate cose sulla Fondazione e sulla necessità della Fondazione di uscire probabilmente dall'azionariato del Banco di Sardegna. Questo perché ci sono ruoli diversi, forse, e a volte, prima di dire determinate cose, bisognerebbe stare molto molto attenti.
Quindi, sinceramente ho difficoltà a pensare che questo Consiglio regionale non sia in grado di approvare una mozione semplicemente perché c'è uno striscione da apporre qui fuori. Mi sembra veramente vergognoso!
PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Pietro Cocco. Ne ha facoltà.
COCCO PIETRO (PD). Presidente, intervengo per proporre (proprio perché non abbiamo alcuna intenzione di non votare la mozione, però vogliamo dire la nostra), nella parte in cui si dice "impegna il Presidente della Regione…" di fermarsi a "detenuti ingiustamente in India". Altrimenti noi non la voteremo. Va bene la solidarietà espressa ai marò detenuti ingiustamente in India ma togliendo la parte relativa allo striscione perché questo è un Consiglio regionale. Mi attengo alla dichiarazione di voto: francamente non consideriamo tutte le cose di cui parla l'onorevole Truzzu e stiamo alla sostanza delle cose. Si tratta di esprimere solidarietà e noi faremo la nostra parte perché riteniamo che siano detenuti ingiustamente in India. Per cui chiedo la votazione per parti.
PRESIDENTE. Riassumo. Sta chiedendo di votare la mozione per parti. La prima parte comprendente tutto il testo presentato a eccezione della frase "con l'esposizione di uno striscione nella facciata del Palazzo del Consiglio regionale e della Regione", cioè dopo "impegna il Presidente della Regione e il Presidente del Consiglio regionale, chiede di scorporare il punto 1) in due parti: la prima "ad esprimere solidarietà e sostegno ai due marò, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, detenuti ingiustamente in India."; e poi la seconda "con l'esposizione di uno striscione nella facciata del Palazzo del Consiglio regionale e della Regione", parte che verrà votata separatamente. Inoltre il punto 2), "ad inviare al Presidente del Consiglio dei Ministri e al Ministro degli Esteri copia della presente mozione", comunque esitato.
PRESIDENTE. Indico la votazione nominale, con procedimento elettronico, della prima parte della mozione numero 69.
(Segue la votazione)
Prendo atto che il consigliere Piscedda ha votato a favore e che la consigliera Busia ha votato contro.
Rispondono sì i consiglieri: Anedda - Arbau - Azara - Cappellacci - Carta - Cherchi Oscar - Cocco Pietro - Collu - Comandini - Cossa - Cozzolino - Dedoni - Demontis - Deriu - Desini - Fasolino - Fenu - Floris - Forma - Ledda - Locci - Manca Gavino - Manca Pier Mario - Moriconi - Oppi - Perra - Peru - Pigliaru - Pinna Giuseppino - Pinna Rossella - Piscedda - Pittalis - Randazzo - Rubiu - Ruggeri - Solinas Antonio - Solinas Christian - Tatti - Tedde - Tendas - Tocco - Tunis - Usula - Zedda Alessandra.
Risponde no la consigliera: Busia.
Si sono astenuti: il Presidente Ganau - Agus - Cocco Daniele - Lai - Pizzuto - Unali.
PRESIDENTE. Proclamo il risultato della votazione:
presenti 51
votanti 45
astenuti 6
maggioranza 23
favorevoli 44
contrari 1
(Il Consiglio approva).
PRESIDENTE. Indico la votazione nominale, con procedimento elettronico, della seconda parte della mozione numero 69, comprendente la frase "con l'esposizione di uno striscione nella facciata del palazzo del Consiglio regionale e della Regione;".
(Segue la votazione)
Prendo atto che i consiglieri Tedde e Truzzu hanno votato a favore.
Rispondono sì i consiglieri: Cappellacci - Carta - Cherchi Oscar - Cossa - Dedoni - Fasolino - Fenu - Floris - Forma - Locci - Oppi - Peru - Pinna Giuseppino - Pittalis - Randazzo - Rubiu - Solinas Christian - Tatti - Tedde - Tocco - Truzzu - Tunis - Zedda Alessandra.
Rispondono no i consiglieri: Agus - Anedda - Arbau - Azara - Busia - Cocco Daniele - Cocco Pietro - Collu - Comandini - Cozzolino - Demontis - Deriu - Desini - Lai - Ledda - Manca Gavino - Manca Pier Mario - Moriconi - Perra - Pigliaru - Pinna Rossella - Piscedda - Pizzuto - Ruggeri - Solinas Antonio - Tendas - Unali - Usula.
Si è astenuto il Presidente Ganau.
PRESIDENTE. Proclamo il risultato della votazione:
presenti 52
votanti 51
astenuti 1
maggioranza 26
favorevoli 23
contrari 28
(Il Consiglio non approva).
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della mozione numero 73.
(Si riporta di seguito il testo della mozione:
Mozione Rubiu - Oppi - Pinna Giuseppino - Tatti - Tunis - Dedoni - Pittalis - Fenu - Truzzu - Tedde - Crisponi - Cherchi Oscar - Orrù - Fasolino - Cappellacci per l'attivazione delle procedure per la ricollocazione dei lavoratori ex Rockwool, con richiesta di convocazione straordinaria del Consiglio ai sensi dei commi 2 e 3 dell'articolo 54 del Regolamento.
IL CONSIGLIO REGIONALE
PREMESSO che con l'ordine del giorno n. 72 del 20 dicembre 2011, il Consiglio regionale ha approvato un documento unitario riguardante la pesante situazione occupazionale del Sulcis Iglesiente, con riferimento particolare alla situazione dei lavoratori ex Rockwool, che allora si trovavano in regime di cassa integrazione e che furono impegnati in percorsi formativi, al fine di essere preparati per un nuovo inserimento nelle attività di bonifica, assegnate all'IGEA per il ripristino ambientale dei siti ex minerari; il documento ha impegnato la Giunta a: adottare provvedimenti normativi per la loro ricollocazione; definire un eventuale reinserimento in società partecipate e in house della Regione o un percorso di accompagnamento all'esodo; attivare l'assunzione nelle società private che operano nel settore delle bonifiche; prevedere criteri di premialità per un loro eventuale impiego nelle imprese interessate ad investire nell'area di crisi di Portovesme; l'ordine del giorno ha altresì impegnato gli Assessori dell'industria e della difesa dell'ambiente ad attivare il confronto con i lavoratori e con i sindacati per la risoluzione definitiva della vertenza;
CONSIDERATO che, in data 22 dicembre 2011, si sono incontrati, presso l'Assessorato dell'industria, la Presidenza del Consiglio, gli Assessori regionali dell'industria e della difesa dell'ambiente e le organizzazioni sindacali, per discutere della situazione sulla vertenza riguardante i lavoratori Rockwool in cassa integrazione e impegnati in percorsi formativi, per i fini citati in premessa, secondo gli indirizzi contenuti nel suddetto ordine del giorno; in particolare, tale accordo prevedeva il reinserimento dei lavoratori ex Rockwool all'interno di due società gestite dalla Regione entro un anno;
RICORDATO che nella notte tra il 9 e il 10 gennaio 2014 una pattuglia di tredici lavoratori della ex Rockwool si è asserragliata nella galleria Villamarina della miniera di piombo e zinco di Monteponi a Iglesias; gli operai sono finiti in cassa integrazione dal 2010, ma lo scorso 31 dicembre è scaduta la mobilità (percepivano appena 480 euro) e hanno perso anche quel minimo sostegno economico; pertanto si ritrovano senza nessuno strumento di integrazione al reddito e nessuna forma di ammortizzatore sociale;
APPURATO che i lavoratori della fabbrica di lana di roccia protestano per il loro mancato inserimento nella società Ati-Ifras della Regione, nella quale invece hanno trovato sistemazione altri 54 lavoratori in base al suddetto accordo firmato il 22 dicembre 2011; per questo motivo, questi operai sono stati ribattezzati "Gli invisibili", proprio perché della loro vicenda, a quanto pare, nessuno se ne vuole occupare;
CONSTATATO che la Regione, a differenza di quanto avvenuto per i 54 lavoratori diretti assunti nella società Ati-Ifras (ma solo dopo un'estenuante battaglia che li ha portati ad occupare per ben due volte la stessa galleria), per gli interinali non ha trovato alcuna soluzione;
PRESO ATTO che i lavoratori interinali, a suo tempo impiegati in attività collaterali e di supporto alle più importanti realtà industriali del territorio (occupati dell'indotto), sono stati esclusi da qualsiasi forma di ammortizzatore sociale e in questo momento si trovano in una condizione drammaticamente precaria; gli ex interinali Rockwool non possono essere pertanto discriminati, ma devono essere considerati come i colleghi diretti assunti nell'Ati-Ifras;
VERIFICATO che in un documento i dipendenti della vecchia fabbrica ricostruiscono la loro vicenda che li ha visti operare con continuità nell'ultimo decennio prima della chiusura dello stabilimento di Iglesias; nel 2010 gli operai sono stati collocati in mobilità in base ad un accordo istituzionale firmato il 6 ottobre 2009 e quindi inseriti nella linea di intervento 2 della Regione (ovvero "azioni di formazione per le iniziative del territorio"), il cui obiettivo primario era finalizzato alla riqualificazione ed al reinserimento lavorativo, con un processo volto ad una loro ricollocazione nel mondo del lavoro; tuttora però, nessun provvedimento in materia di riqualificazione e ricollocamento è stato attuato;
ANALIZZATO che i lavoratori in questione ritengono di avere diritto ad un reinserimento lavorativo in virtù degli accordi sottoscritti anno per anno in cui si specifica (articoli 2 e 3, accordo istituzionale 6 ottobre 2009) che la Regione e le organizzazioni firmatarie degli accordi si impegnano alla gestione dei lavoratori attraverso percorsi di riqualificazione professionale e reinserimento lavorativo, sia in prospettiva dell'attuazione dei singoli piani industriali, sia per le altre iniziative di investimento previste nei diversi territori;
ESAMINATO che lo stabilimento è stato realizzato con gli incentivi statali previsti dalla legge di riconversione mineraria, poi acquisito nel 1999 dalla Rockwool, dunque, appare opportuno un intervento urgente della Regione per recuperare gli interinali della stessa società;
CONDIVISE le preoccupazioni per la complessa situazione della vertenza portata avanti dagli operai e per il difficile momento che l'intero territorio del Sulcis Iglesiente sta attraversando, con il susseguirsi di eventi di forte protesta e disagio sociale, che nel caso di una mancata soluzione della vertenza potrebbero sfociare in drammatiche manifestazioni di dissenso generalizzato su tutto il distretto del Sulcis Iglesiente;
VISTO che ad oggi si sono susseguiti numerosi inconcludenti rinvii, senza alcuna reale azione per la risoluzione della vicenda riguardante i tredici "invisibili", che continuano a stare per troppo tempo rinchiusi in una miniera, diventata tristemente famosa per essere stata la scena di altre dure battaglie per la difesa del diritto al lavoro;
CONSTATATO che l'impegno della Regione per salvaguardare tali posti di lavoro è da ritenersi, non sufficiente, inefficiente ed inadeguato,
impegna il Presidente della Regione e il Presidente del Consiglio regionale
1) a convocare immediatamente un tavolo di confronto volto a salvaguardare i posti di lavoro, con il reinserimento nel processo dell'occupazione dei tredici operai interinali della ex Rockwool, in base anche agli accordi suddetti;
2) a predisporre in tempi certi soluzioni alla vertenza, con il riconoscimento di un sostegno al reddito ai lavoratori;
3) ad esprimere la dovuta vicinanza ai lavoratori ed alle loro famiglie, mediante la convocazione urgente del Consiglio regionale.)
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione. Uno dei presentatori della mozione ha facoltà di illustrarla.
RUBIU GIANLUIGI (UDC). Presidente, questa è una mozione che abbiamo presentato per l'attivazione delle procedure per il ricollocamento dei lavoratori ex Rockwool. I lavoratori ex Rockwool provengono da un'azienda, nata nel 1999 grazie alla legge di riconversione mineraria, che ha proseguito la sua attività dal 1999, per circa dieci anni, per poi... Presidente, un po' di silenzio, grazie... per poi, dopo dieci anni di attività, chiudere per una serie di motivi che ancora oggi sono incomprensibili visto che si trattava di un'azienda molto seria e con un mercato fiorente per la produzione di pannelli isolanti.
Il Consiglio regionale di allora, già dal 2009, si occupò di questa vicenda e, con un ordine del giorno del 6 ottobre 2009, previde di sottoscrivere un accordo istituzionale per l'inserimento di questi lavoratori nella linea di intervento 2 della Regione, ovvero azioni di formazione per le iniziative del territorio. Se non interessa mi fermo, Presidente, se disturbo...
PRESIDENTE. Guardi, a me l'Aula pare abbastanza tranquilla, però richiamo tutti quanti ancora una volta all'attenzione.
RUBIU GIANLUIGI (UDC). Dicevo, il Consiglio regionale più volte si è interessato a questo argomento anche con l'ordine del giorno numero 72 del 20 dicembre 2011 per arrivare a trovare una definizione per i primi 54 lavoratori diretti dell'azienda. A questo punto rimangono fuori dall'accordo circa 13 dipendenti che, dal giorno 10 gennaio 2014, sono asserragliati nella galleria di Villamarina, nella miniera di piombo e zinco della società ex Monteponi di Iglesias, perché sono finiti in cassa integrazione e, dal 31 dicembre 2013, non percepiscono più alcun tipo di indennità. Percepivano un'indennità di 480 euro al mese.
A questo punto, la mozione intende in qualche modo sottolineare il problema di questi lavoratori, chiamati "gli invisibili", perché la solidarietà, espressa da tutte le parti politiche per cercare di trovare una soluzione a questo difficile problema, da sola non è stata sufficiente. Quindi, ci rivolgiamo all'Assessore dell'industria, all'Assessore del lavoro (che ha già visto questo problema e in qualche modo mi risulta stia anche cercando di trovare soluzioni), affinché questi lavoratori, gli ultimi 13 dell'azienda ex Rockwool, seppur lavoratori interinali, vengano inseriti in un processo produttivo, che sia questo tramite una società in house della Regione o che siano assunti direttamente nella società Ati-Ifras, così come sono stati assunti gli altri 54 dipendenti.
A questo punto proporrei, se i Capigruppo sono d'accordo, un ordine del giorno unitario per fare in modo che si impegni tutto il Consiglio regionale e gli Assessori competenti per trovare la soluzione per questi lavoratori.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il consigliere Pietro Cocco. Ne ha facoltà.
COCCO PIETRO (PD). Intervengo brevemente. Questa vicenda dei lavoratori cosiddetti interinali, 13 lavoratori, non so se sono ancora 13, comunque erano 13 nel momento nel quale il problema si era presentato, è un tema su cui abbiamo riflettuto e discusso anche nella scorsa legislatura. Ricordo, è citato anche nella mozione, che nel 2011, non ricordo esattamente il mese, adesso non ho la mozione sotto mano, abbiamo presentato una mozione come centrosinistra a seguito della quale erano stati presentati due ordini del giorno, uno del centrosinistra e uno del centrodestra, per i lavoratori ex Rockwool, i 54 lavoratori della Rockwool che prestavano servizio diretto presso quella azienda, per i quali ci eravamo tutti impegnati a trovare una collocazione prima attraverso la predisposizione dei corsi di formazione nel settore ambientale e poi nella società Ifras che ha finanziamenti regionali. Durante quel tempo di discussione, avevamo anche sostenuto (ero intervenuto in merito alla questione) che i lavoratori di cui si parla oggi potessero essere inclusi in un'operazione come questa, pur sapendo che, dal punto di vista normativo, la loro collocazione era differente rispetto agli altri, essendo inquadrati nelle aziende presso cui avevano prestato servizio, presso la Rockwool e anche altre aziende, da interinali, erano inquadrati in un contratto di mobilità, per loro era stato stipulato un accordo differente rispetto a quello previsto per tante altre migliaia di lavoratori interinali presenti in Sardegna. È questa la questione su cui credo che si possa lavorare per cercare di dare soluzione al problema dei cosiddetti lavoratori fantasma, invisibili, che da gennaio di quest'anno occupano la Galleria di Villamarina a Monteponi.
Personalmente, anche con l'Assessore, abbiamo avuto modo di seguire la vicenda, i lavoratori sono stati ascoltati, durante un'audizione recente, per vedere quale strada può essere percorsa per trovare una soluzione sapendo che il problema non è facile né semplice. Condivido lo spirito con cui viene presentato il documento e lo sostengo. Ritengo che l'iniziativa, per trovare la soluzione per questi lavoratori, vada in questa direzione; al di là del fatto che la mozione sia stata presentata dal collega Rubiu, la sostengo e la condivido. Magari, se è necessario, sospendiamo cinque minuti prima della votazione per trovare il modo, anche con l'Assessore, di essere concreti sulle strade da seguire per dare una possibile soluzione al problema e consentire a questo Consiglio regionale di esprimersi in merito in maniera abbastanza compiuta.
Non mi dilungo oltre sugli aspetti che ho riassunto brevemente ma questa è la storia, è una storia vecchia! Questi lavoratori, ribadisco il concetto, non sono interinali qualunque, su di loro era stato messo in piedi un regime di mobilità, che si riduceva a 400 euro mensili, mobilità che è finita il 31 dicembre di quest'anno, dal 1 gennaio o da qualche giorno dopo hanno occupato la Galleria di Villamarina. Credo che esistano le condizioni o per seguire il percorso attraverso il quale sono stati collocati i 54 lavoratori della Ifras, e quindi predisporre un piano formativo che vada in quella direzione, oppure, se ci sono altre soluzioni, credo che possano essere seguite strade diverse. Ho necessità ovviamente di sentire anche che cosa pensa l'Assessore in merito. Per quanto mi riguarda, sono favorevole a trovare una soluzione.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il consigliere Luca Pizzuto. Ne ha facoltà.
PIZZUTO LUCA (SEL). Presidente, intervengo per esprimere, anche da parte nostra il parere favorevole alla proposta del collega Rubiu e per ringraziarlo della mozione che ha preparato. Il tema che riguarda questi lavoratori non è circoscritto alla loro esperienza e alla loro lotta, è un tema che riguarda un sistema economico in cui noi ci stiamo trovando a vivere, un sistema economico liberale capitalistico che si fonda su due assi principali, da un lato la totale libertà e assenza di regole da parte del mercato del lavoro, che dovrebbe in qualche maniera produrre più lavoro e più ricchezza ma al momento non si vede questo, e dall'altro lato invece ci dovrebbe essere il cosiddetto welfare, ossia la possibilità per le persone che perdono il lavoro di essere accompagnate, di essere assistite, di avere delle opportunità.
Questi lavoratori sono metafora di una generazione di quarantenni, di cinquantenni e anche di trentenni forse, che trovano soltanto il buio della miniera ad accoglierli una volta finito il lavoro. È un'esperienza scandalosa perché stiamo parlando di lavoratori che, per dieci anni, sono stati trattati come interinali, sono stati pagati per fare un lavoro che serviva a quell'azienda, un'azienda che non ha chiuso perché non guadagnava, ma ha chiuso perché non guadagnava abbastanza, dislocando dall'altra parte del mondo, lasciando l'Italia scoperta in un settore strategico come quello di cui si occupava la Rockwool.
Allora, la riflessione su questo tema è assolutamente "sì", per quello che riguarda Sinistra Ecologia e Libertà, apriamo un tavolo e cerchiamo delle soluzioni, ma è fondamentale che questo Consiglio e questa maggioranza, come già stanno facendo, si interroghino e cerchino di costruire soluzioni affinché ci siano risposte di sistema per quelle centinaia e migliaia di lavoratori che, devastati dalla libertà del mercato, non hanno poi la possibilità di avere la libertà di una vita dignitosa perché non è data loro alcuna opportunità.
Quindi siamo d'accordo con la proposta del collega Rubiu di fare un ordine del giorno unitario e siamo disponibili a costruirlo.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il consigliere Ignazio Locci. Ne ha facoltà.
LOCCI IGNAZIO (FI). Mi unisco anch'io ovviamente alla mozione dal collega Rubiu, ma intervengo soprattutto per riallacciarmi ai concetti che hanno richiamato i colleghi di maggioranza Pizzuto e l'onorevole Capogruppo del PD. Questo tema richiama ovviamente il più ampio tema del precariato. Qualche giorno fa, noi abbiamo - secondo me - reso un ottimo servizio a questa Regione con la legge sulla proroga dei CSL e CESIL, la Giunta con un altro intervento recente è intervenuta sui lavoratori della formazione riaprendo la lista famosa della legge numero 3 del 2008. Oggi c'è da intervenire anche su questa parte residuale dei lavoratori della Rockwool, vi dico anche che da oggi la parte residuale dei lavoratori socialmente utili del bacino regionale sardo è a casa, i lavoratori sono stati avvisati nel loro posto di lavoro, se così lo possiamo chiamare, di tornare a casa perché non è arrivata la comunicazione del Ministero del lavoro. Assessore, glielo dico io, lei forse non ha notizie precise, però io ho notizie da chi è stato mandato a casa stamattina, quindi questo sta avvenendo ed è avvenuto in questa Regione! Questo tema ci richiama ad affrontare veramente con serietà e forza il problema del lavoro, del precariato e della stabilità per questi precari ed è giusto trovare anche il momento di unità per sostenere questi lavoratori, per sostenerli tutti quanti!
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il consigliere Giorgio Oppi. Ne ha facoltà.
OPPI GIORGIO (UDC). Intervengo solo per alcune precisazioni perché qualche imprecisione c'è stata.
Innanzitutto questa società, la Rockwool, che lavorava la lana di vetro, in effetti "è andata via" perché ha trovato opzioni diverse in altre parti del mondo. È pur vero che il tentativo da noi fatto era di inserire alcuni lavoratori, circa otto, esattamente alla società IGEA; ma, dopo una lunga trattativa, i lavoratori, tutti, compresi questi otto, asserragliati nella miniera di Villamarina, dissero che si doveva trattare per tutti assieme e non, dei 54 totali, otto all'IGEA e gli altri da un'altra parte, perché c'era anche la possibilità di andare alla Ati-Ifras. Alla fine siamo riusciti invece a trovare la soluzione attraverso l'istituzione di un corso di formazione per questi lavoratori; siccome partecipavo alle trattative, devo dire che il sindacato non li ha aiutati perché erano considerati lavoratori di serie B in quanto loro fornivano mano d'opera, lavoravano per la struttura, per la Rockwool, ma non erano dipendenti della Rockwool, quindi hanno avuto un trattamento diseguale.
Mi rivolgo ai colleghi Cocco, Pizzuto e agli altri, è evidente che noi abbiamo risolto, sempre, tutte le soluzioni di emergenza, l'abbiamo fatto per esempio per Molentargius, anche se poi chi gestisce Molentargius (speriamo di cacciare via i sindaci quanto prima) non ha ottemperato alla delibera del Consiglio regionale e quindi non ha ripreso quei lavoratori che si trovavano in una situazione di forte disagio. E' chiaro che, in questo caso, l'idea, che è venuta un po' a tutti, qual è stata? Tenuto conto dell'andata in pensione di alcuni, la precedente Giunta e il precedente Assessore non erano molto favorevole al fatto che, per esempio questi lavoratori potessero trovare, dopo un corso di formazione, uno spazio nella Ati-Ifras al posto di coloro che andavano in pensione eccetera, quindi si è creata una situazione per cui questi lavoratori sono rimasti senza lavoro e senza un salario. Tutti quanti, nessuno escluso!
A questi lavoratori, che sono chiamati gli invisibili, tutti quanti hanno espresso il massimo della solidarietà, si tratta ora di trovare anche per loro, ovviamente attraverso le forme che si riterranno più opportune, anche magari un corso di formazione che allunghi i tempi, quello stesso spazio che abbiamo trovato in tutte le situazioni di emergenza attraverso il "102" nella passata legislatura; speriamo di trovarlo anche per casi di emergenza come questo.
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare, per la Giunta, l'Assessore del lavoro.
MURA VIRGINIA, Assessore tecnico del lavoro. La situazione è stata descritta ampiamente ed è conosciuta ampiamente, quindi riprenderò solo alcuni punti fondamentali. Intanto parliamo dei lavoratori che sono confluiti in Ati-Ifras, gli ex Rockwool, che provenivano dall'Ente minerario sardo, una buona parte, tutti i provvedimenti che sono stati predisposti sia come delibere di Giunta, sia come legge regionale, nella precedente legislatura, tendevano a stabilizzarli. Prima c'è stata una legge, corsi di formazione professionale, poi una delibera di Giunta che ha consentito di raggiungere determinati accordi per far confluire questi lavoratori in Ati-Ifras. I corsi erano predisposti per le bonifiche ambientali del territorio. Questi lavoratori, è stato ampiamente detto, non erano dipendenti diretti della Rockwool, ma lavoratori somministrati, in analogia agli altri lavoratori somministrati non solo delle fabbriche del Sulcis (Alcoa, Euroallumina, eccetera), lavoratori somministrati al pari di migliaia di altri lavoratori. In Sardegna, dai dati Inps, sono 3500-4000 i lavoratori che si trovano nella stessa situazione di questi tredici lavoratori.
Questi tredici lavoratori sono stati da me ricevuti, ho chiesto loro anche il curriculum e le competenze professionali in quanto esiste un impegno, da parte della Giunta, di vedere legittimamente di recuperare queste situazioni. Però a questi lavoratori ho chiesto di uscire dalla miniera, non me l'hanno promesso, mentre successivamente all'assessore Piras, Assessore dell'Industria, alla quale hanno chiesto anche un incontro, hanno promesso di uscire dalla miniera, cosa che tuttavia non è stata ancora effettuata.
Stiamo lavorando per trovare una soluzione per questi lavoratori, anche perché, voglio dire, è senza dubbio un obbligo morale prima ancora che istituzionale, almeno io lo ritengo tale. Naturalmente dobbiamo lavorare per trovare delle soluzioni che siano compatibili sotto il profilo della legittimità, anche perché quanto è stato prospettato prima, cioè la possibilità di effettuare un corso che li tenga occupati e li faccia uscire, non è una cosa che questa Giunta vuole realizzare. I corsi di formazione servono non come ulteriore ammortizzatore sociale, ma sono finalizzati a una ripresa occupazionale, quindi devono essere usati in questo modo. Questi lavoratori, poi, facendo presente tutta la solidarietà e il fatto che stiamo lavorando, vi specificherò meglio come, hanno fruito di un ammortizzatore sociale. Diciamo che, a differenza degli altri lavoratori interinali, hanno avuto questa possibilità di fruire dell'ammortizzatore sociale seppure sia andato riducendosi nel corso degli anni e non ne fruiscono attualmente, non perché siano stati eliminati, ma perché purtroppo, come voi sapete, il Governo nazionale ha difficoltà a stanziare i fondi relativi agli ammortizzatori sociali. Abbiamo già stipulato un accordo con le parti sociali quindi, appena arriveranno i fondi, anche questi lavoratori, al pari degli altri 15 mila e rotti lavoratori in mobilità, li riceveranno.
Comunque non voglio sottrarmi alla domanda che è stata fatta. Intanto posso dire che alcune misure previste dal Piano Sulcis possono essere una preliminare seppur non esaustiva risposta, però stiamo cercando di attuare altre misure di politiche pubbliche con l'ausilio di agenzie e società nazionali allo scopo incaricate dal Ministero del lavoro, quindi esiste già un'interlocuzione con il Ministero del lavoro mediante le agenzie (Italia Lavoro eccetera) che hanno fondi disponibili per progetti che possano riguardare questi lavoratori, naturalmente lo dobbiamo fare seguendo le disposizioni di legge anche sotto il profilo contabile.
PRESIDENTE. Ha domandato di replicare il consigliere Gianluigi Rubiu. Ne ha facoltà.
RUBIU GIANLUIGI (UDC). Presidente, ero tentato di dare una risposta di soddisfazione sulle risposte dei colleghi della maggioranza, ma ahimè l'Assessore mi ha fatto cambiare idea, perché quando l'Assessore mi parla di Piano Sulcis, abbia pazienza, mi vengono i brividi perché probabilmente lei non sa le difficoltà che il Sulcis sta vivendo a causa del Piano Sulcis! Glielo dice uno che ha fatto parte della provincia di Carbonia-Iglesias e sa bene che cosa significa il Piano Sulcis, quali sono le aspettative che il nostro territorio ha riposto sul Piano Sulcis e quali sono le speranze, poi quali sono i fatti concreti a oggi li conosciamo altrettanto bene!
La risposta che io do sulla sua disponibilità è sicuramente di attesa, non voglio usare il termine negativo, però vorremmo vedere dei fatti concreti perché l'ausilio di società nazionali, come Italia Lavoro, sono delle cose in prospettiva e a lunghissima scadenza, quindi la preoccupazione è per queste persone che, stanotte, come ieri notte, dal 9 dicembre, dormono in terra, dormono all'interno di una grotta! Ho chiesto loro di partecipare all'incontro di stasera, mi hanno detto che non potevano partecipare perché non hanno i soldi per prendere il treno! Sono persone che, in questo momento, stanno soffrendo veramente la fame. Solo i volontari della città, delle società, come la Sodalitas di Iglesias, forniscono pasti caldi, altrimenti non avrebbero neanche la possibilità di alimentarsi.
Quindi, Assessore, si attivi immediatamente, mi auguro adesso di scrivere un documento unitario anche con i colleghi della maggioranza, dobbiamo trovare una soluzione in tempi strettissimi.
PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la discussione.
È stata chiesta una breve sospensione.
Ha domandato di parlare il consigliere Christian Solinas. Ne ha facoltà.
SOLINAS CHRISTIAN (PSd'Az). Presidente, dobbiamo procedere alla votazione dell'ordine del giorno su Meridiana. Per l'economia dei lavori, chiedo se fosse possibile procedere con questa votazione e dare poi il tempo che serve a chi di dovere per formulare l'ordine del giorno sull'argomento in discussione, comunque andando avanti sull'ordine del giorno che ancora prevede altre mozioni.
PRESIDENTE. Va bene.
PRESIDENTE. A conclusione della discussione della mozione numero 77 e dell'interpellanza numero 52, è stato presentato l'ordine del giorno numero 1.
(Si riporta di seguito il testo dell'ordine del giorno:
Ordine del Giorno Busia - Cocco Pietro - Pittalis - Arbau - Desini - Fenu - Rubiu - Usula - Anedda - Cocco Daniele Secondo - Solinas Christian sulle misure da adottare per far fronte alla crisi della compagnia aerea Meridiana.
IL CONSIGLIO REGIONALE
a conclusione della discussione della mozione n. 77 e dell'interpellanza n. 52/A sulle misure da adottare per far fronte alla crisi della compagnia aerea Meridiana,
PREMESSO che:
- le compagnie Meridiana Fly e Meridiana Maintenance, il 15 settembre 2014, hanno inviato al Ministero delle infrastrutture e trasporti, alle organizzazioni sindacali, alle direzioni regionali e territoriali del lavoro e ai centri per l'impiego, una nota in cui annunciavano l'avvio dell'imminente procedura di licenziamento collettivo e di collocazione in mobilità per circa 1.600 lavoratori;
- già nel febbraio del 2011 la compagnia aveva avviato la medesima procedura per circa 910 dipendenti e, all'esito della prevista fase di consultazioni con le organizzazioni sindacali, nel 2012 è stato raggiunto un accordo in forza del quale si è convenuto di utilizzare tutti gli strumenti di ammortizzazione sociale e dunque di far ricorso alla cassa integrazione per la durata massima di 48 mesi e alla successiva mobilità per altri 36 mesi;
- all'avvio di tale procedura è poi seguita una nuova richiesta di ridimensionamento della struttura che ha portato all'estensione della cassa integrazione a ben 1.350 lavoratori, procedura quest'ultima che si concluderà il prossimo 26 giugno 2015 con l'inevitabile conseguenza dell'avvio della seconda fase prevista dagli accordi e cioè il licenziamento collettivo e la conseguente collocazione in mobilità per il personale in esubero;
- il trasporto aereo, pur rivestendo una rilevanza strategica nell'ambito del sistema dei trasporti sia interni che internazionali, è al centro di una profonda crisi aziendale; l'evoluzione delle crisi aziendali di Alitalia-CAI e Meridiana, attualmente oggetto di procedure di riorganizzazione e ristrutturazione, potrebbe determinare incertezza su puntualità, qualità e numero dei collegamenti aerei e impone una riflessione urgente e conseguenti iniziative di pianificazione;
- la sopravvivenza della compagnia aerea Meridiana è di fondamentale importanza per una Regione come la Sardegna nella quale il principio della continuità territoriale potrebbe essere ulteriormente compromesso, dal momento che in atto vi sono anche nuovi ridimensionamenti che riguardano il trasporto marittimo, con inevitabili ripercussioni sulla già precaria economia dell'Isola;
- la continuità territoriale deve essere intesa come capacità di garantire un servizio di trasporto che non penalizzi cittadini residenti in territori meno favoriti e si inserisce nel quadro più generale di garanzia dell'uguaglianza sostanziale dei cittadini e di coesione di natura economica e sociale, promosso in sede europea;
- la vicenda è già stata portata all'attenzione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti attraverso una lettera inviatagli dai deputati sardi il 3 luglio 2014, con successivo sollecito del 23 luglio 2014, e da diverse interrogazioni e interpellanze dagli stessi presentate;
TENUTO CONTO:
- delle preoccupazioni dei diversi lavoratori interessati, sfociate nella mattinata del 19 settembre 2014 in una manifestazione di fronte al Consiglio regionale in cui si sono riuniti più di cento dipendenti;
- che i lavoratori ritengono che sia in atto una precisa strategia volta a trasferire la maggior parte delle tratte su Air Italy, cui si punterebbe per il rilancio della compagnia, ma con nuovo personale e con base a Napoli;
- del clima di tensione venutosi a creare tra azienda e lavoratori, dovuto anche alla decisione di Meridiana di delimitare con lastre di acciaio e filo spinato il perimetro dell'azienda con l'intento di proteggere i dirigenti che giornalmente la raggiungono,
impegna il Presidente della Regione e la Giunta regionale
1) a partecipare attivamente e in modo propositivo al tavolo istituzionale costituito e definire, in particolare, tutte le iniziative utili a garantire:
a) i livelli occupazionali del gruppo Meridiana;
b) la continuità di impegno e presenza in Sardegna del gruppo Meridiana invitando la dirigenza a meglio definire gli intendimenti futuri delineati nel piano industriale presentato all'Amministrazione regionale in un'ottica di vero rilancio della presenza della compagnia nell'Isola;
2) ad investire della vertenza il Presidente del Consiglio dei ministri. (1).)
PRESIDENTE. Metto in votazione l'ordine del giorno.
Ha domandato di parlare il consigliere Mario Floris per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.
FLORIS MARIO (Sardegna). Signor Presidente, non si potrà certo dire che il Consiglio regionale oggi non abbia lavorato, abbiamo parlato di tutto quello che avevamo in discussione. Ho apprezzato il garbo e la delicatezza, la preoccupazione e la prudenza, con i quali il Presidente ha trattato, insieme all'Assessore, il problema relativo a Meridiana. Ritengo che gli strumenti che stiamo mettendo in movimento per cercare di dirimere questa delicata vertenza, delicatissima vertenza, siano insufficienti perché noi non stiamo parlando di un vettore qualunque, stiamo parlando di un uomo che coincide esattamente con Meridiana, che ha costruito e che ha portato avanti Meridiana per fare il trasporto di terzo livello in Italia.
Purtroppo lo Stato non ci potrà dare ascolto se non in termini generali perché abbiamo avuto la brillante idea di accollarci anche l'onere della continuità territoriale insieme al resto che ci siamo accollati. Credo che sia urgente e importante che il Presidente della Regione abbia un incontro con il "padrone" di Meridiana che è intervenuto in passato e interverrà anche in futuro, perché forse siamo noi che abbiamo le chiavi. Certo non voglio ricordare le vicissitudini di quest'uomo che ha investito tanto in Sardegna e che ha aspettato 22 anni per avere una risposta sul Masterplan, risposta che poi gli è stata data in termini negativi. Credo che sia importante questo incontro perché ho letto sulla stampa che l'Aga Khan si vorrebbe disimpegnare; se si vuol disimpegnare lo sapremo direttamente da lui e poi assieme a queste contrattazioni, cosiddette istituzionali, le stesse vanno accompagnate da altri incontri dove certe cose non si possono dire e che potrebbero essere utili per la conclusione della vertenza. Quindi, nel documento, impegnerei il Presidente della Regione ad avere un incontro anche con l'Aga Khan.
PRESIDENTE. Poiché nessun altro domanda di parlare, metto in votazione l'ordine del giorno.
Ha domandato di parlare la consigliera Alessandra Zedda. Ne ha facoltà.
ZEDDA ALESSANDRA (FI). Chiedo la votazione nominale.
(Appoggia la richiesta il consigliere Pittalis.)
PRESIDENTE. Indico la votazione nominale, con procedimento elettronico, dell'ordine del giorno numero 1.
(Segue la votazione)
Prendo atto che i consiglieri Sabatini, Truzzu e Tunis hanno votato a favore.
Rispondono sì i consiglieri: Agus - Anedda - Arbau - Azara - Busia - Cappellacci - Carta - Cherchi Augusto - Cherchi Oscar - Cocco Daniele - Cocco Pietro - Collu - Comandini - Cossa - Cozzolino - Dedoni - Demontis - Deriu - Desini - Fasolino - Floris - Forma - Lai - Ledda - Locci - Manca Gavino - Manca Pier Mario - Moriconi - Oppi - Perra - Peru - Pigliaru - Pinna Giuseppino - Pinna Rossella - Piscedda - Pittalis - Pizzuto - Randazzo - Rubiu - Ruggeri - Sabatini - Sale - Solinas Christian - Tatti - Tedde - Tocco - Truzzu - Tunis - Unali - Usula - Zedda Alessandra - Zedda Paolo.
Si è astenuto il Presidente Ganau.
PRESIDENTE. Proclamo il risultato della votazione:
presenti 53
votanti 52
astenuti 1
maggioranza 27
favorevoli 52
(Il Consiglio approva).
Sospendo la seduta.
(La seduta, sospesa alle ore 19 e 28, viene ripresa alle ore 19 e 52.)
PRESIDENTE. Riprendiamo i lavori. Comunico che è stato presentato l'ordine del giorno numero 1 che mantiene le premesse contenute nella mozione numero 73.
(Si riporta di seguito il testo dell'ordine del giorno:
Ordine del Giorno Cocco Pietro - Pittalis - Arbau - Desini - Fenu - Rubiu - Usula - Anedda - Cocco Daniele Secondo - Solinas Christian per l'attivazione delle procedure per la ricollocazione dei lavoratori ex Rockwool
IL CONSIGLIO REGIONALE
a conclusione della discussione della mozione n. 73 per l'attivazione delle procedure per la ricollocazione dei lavoratori ex Rockwool,
PREMESSO che con l'ordine del giorno n. 72 del 20 dicembre 2011, il Consiglio regionale ha approvato un documento unitario riguardante la pesante situazione occupazionale del Sulcis Iglesiente, con riferimento particolare alla situazione dei lavoratori ex Rockwool, che allora si trovavano in regime di cassa integrazione e che furono impegnati in percorsi formativi, al fine di essere preparati per un nuovo inserimento nelle attività di bonifica, assegnate all'IGEA per il ripristino ambientale dei siti ex minerari; il documento ha impegnato la Giunta a: adottare provvedimenti normativi per la loro ricollocazione; definire un eventuale reinserimento in società partecipate e in house della Regione o un percorso di accompagnamento all'esodo; attivare l'assunzione nelle società private che operano nel settore delle bonifiche; prevedere criteri di premialità per un loro eventuale impiego nelle imprese interessate ad investire nell'area di crisi di Portovesme; l'ordine del giorno ha altresì impegnato gli Assessori dell'industria e della difesa dell'ambiente ad attivare il confronto con i lavoratori e con i sindacati per la risoluzione definitiva della vertenza;
CONSIDERATO che, in data 22 dicembre 2011, si sono incontrati, presso l'Assessorato dell'industria, la Presidenza del Consiglio, gli Assessori regionali dell'industria e della difesa dell'ambiente e le organizzazioni sindacali, per discutere della situazione sulla vertenza riguardante i lavoratori Rockwool in cassa integrazione e impegnati in percorsi formativi, per i fini citati in premessa, secondo gli indirizzi contenuti nel suddetto ordine del giorno; in particolare, tale accordo prevedeva il reinserimento dei lavoratori ex Rockwool all'interno di due società gestite dalla Regione entro un anno;
RICORDATO che nella notte tra il 9 e il 10 gennaio 2014 una pattuglia di tredici lavoratori della ex Rockwool si è asserragliata nella galleria Villamarina della miniera di piombo e zinco di Monteponi a Iglesias; gli operai sono finiti in cassa integrazione dal 2010, ma lo scorso 31 dicembre è scaduta la mobilità (percepivano appena 480 euro) e hanno perso anche quel minimo sostegno economico; pertanto si ritrovano senza nessuno strumento di integrazione al reddito e nessuna forma di ammortizzatore sociale;
APPURATO che i lavoratori della fabbrica di lana di roccia protestano per il loro mancato inserimento nella società Ati-Ifras della Regione, nella quale invece hanno trovato sistemazione altri 54 lavoratori in base al suddetto accordo firmato il 22 dicembre 2011; per questo motivo, questi operai sono stati ribattezzati gli "invisibili", proprio perché della loro vicenda, a quanto pare, nessuno se ne vuole occupare;
CONSTATATO che la Regione, a differenza di quanto avvenuto per i 54 lavoratori diretti assunti nella società Ati-Ifras (ma solo dopo un'estenuante battaglia che li ha portati ad occupare per ben due volte la stessa galleria), per gli interinali non ha trovato alcuna soluzione;
PRESO ATTO che i lavoratori interinali, a suo tempo impiegati in attività collaterali e di supporto alle più importanti realtà industriali del territorio (occupati dell'indotto), sono stati esclusi da qualsiasi forma di ammortizzatore sociale e in questo momento si trovano in una condizione drammaticamente precaria; gli ex interinali Rockwool non possono essere pertanto discriminati, ma devono essere considerati come i colleghi diretti assunti nell'Ati-Ifras;
VERIFICATO che in un documento i dipendenti della vecchia fabbrica ricostruiscono la loro vicenda che li ha visti operare con continuità nell'ultimo decennio prima della chiusura dello stabilimento di Iglesias; nel 2010 gli operai sono stati collocati in mobilità in base ad un accordo istituzionale firmato il 6 ottobre 2009 e quindi inseriti nella linea di intervento 2 della Regione (ovvero "azioni di formazione per le iniziative del territorio"), il cui obiettivo primario era finalizzato alla riqualificazione ed al reinserimento lavorativo, con un processo volto ad una loro ricollocazione nel mondo del lavoro; tuttora però, nessun provvedimento in materia di riqualificazione e ricollocamento è stato attuato;
ANALIZZATO che i lavoratori in questione ritengono di avere diritto ad un reinserimento lavorativo in virtù degli accordi sottoscritti anno per anno in cui si specifica (articoli 2 e 3, accordo istituzionale 6 ottobre 2009) che la Regione e le organizzazioni firmatarie degli accordi si impegnano alla gestione dei lavoratori attraverso percorsi di riqualificazione professionale e reinserimento lavorativo, sia in prospettiva dell'attuazione dei singoli piani industriali, sia per le altre iniziative di investimento previste nei diversi territori;
ESAMINATO che lo stabilimento è stato realizzato con gli incentivi statali previsti dalla legge di riconversione mineraria, poi acquisito nel 1999 dalla Rockwool, dunque, appare opportuno un intervento urgente della Regione per recuperare gli interinali della stessa società;
CONDIVISE le preoccupazioni per la complessa situazione della vertenza portata avanti dagli operai e per il difficile momento che l'intero territorio del Sulcis Iglesiente sta attraversando, con il susseguirsi di eventi di forte protesta e disagio sociale, che nel caso di una mancata soluzione della vertenza potrebbero sfociare in drammatiche manifestazioni di dissenso generalizzato su tutto il distretto del Sulcis Iglesiente;
VISTO che ad oggi si sono susseguiti numerosi inconcludenti rinvii, senza alcuna reale azione per la risoluzione della vicenda riguardante i tredici "invisibili", che continuano a stare per troppo tempo rinchiusi in una miniera, diventata tristemente famosa per essere stata la scena di altre dure battaglie per la difesa del diritto al lavoro;
CONSTATATO che l'impegno della Regione per salvaguardare tali posti di lavoro è da ritenersi, non sufficiente, inefficiente ed inadeguato,
impegna il Presidente della Regione e l'Assessore regionale del lavoro, formazione professionale, cooperazione e sicurezza sociale
1) a continuare un tavolo di confronto volto a favorire il reinserimento nel processo occupazionale dei tredici operai della ex Rockwool, attualmente in occupazione nella galleria della Miniera di Monteponi;
2) ad esprimere la dovuta vicinanza ai lavoratori ed alle loro famiglie. (1).)
PRESIDENTE. Per esprimere il parere sull'ordine del giorno ha facoltà di parlare l'Assessore del lavoro, formazione professionale, cooperazione e sicurezza sociale.
MURA VIRGINIA, Assessore tecnico del lavoro, formazione professionale, cooperazione e sicurezza sociale. Si esprime parere favorevole.
PRESIDENTE. Metto in votazione l'ordine del giorno numero 1. Chi lo approva alzi la mano.
(E' approvato)
Il Consiglio è convocato domani mattina, giovedì 2 ottobre, alle ore 10.
La seduta è tolta alle ore 19 e 53.
Allegati seduta
Testo dell'interrogazione dell'interpellanza annunziata in apertura di seduta
Interrogazione Arbau - Azara - Ledda - Perra, con richiesta di risposta scritta, sulle criticità derivate dal trasferimento a Roma del personale di Invitalia (ex Sviluppo Italia Sardegna).
I sottoscritti,
premesso che:
- in seguito al decreto legislativo 9 gennaio 1999, n. 1 (Riordino degli enti e delle società di promozione e istituzione della società Sviluppo Italia) che disponeva la fusione di SPI, Itainvest, IG-Società per l'imprenditorialità giovanile, Insud, Ribs, Enisud, Finagra in un unico ente, con l'obiettivo di rilanciare lo sviluppo industriale del Mezzogiorno d'Italia, nasceva Sviluppo Italia Spa, con sedi operative in 19 società regionali, tra cui Sviluppo Italia Sardegna;
- l'articolo 460 della legge finanziaria 2007 avviava il piano di riordino, dismissioni e rilancio del gruppo che, il 23 luglio 2008, assumeva l'attuale denominazione di Invitalia e le 19 società regionali venivano cedute alle regioni o liquidate;
- il 23 settembre 2008 la Sviluppo Italia Sardegna veniva posta in liquidazione volontaria, nonostante le direttive e la normativa di riferimento non avessero in alcun modo optato per tale scelta di fondo, preferendo, invece, la prosecuzione dell'attività fino alla cessione, proprio per non perdere fatturato e know how acquisito;
- con deliberazione n. 73/23 del 20 dicembre 2008 "Agenzia Sviluppo Italia Sardegna Spa in liquidazione", la Giunta regionale, deliberava di: "sottoscrivere un Protocollo d'Intesa con Invitalia e con il Ministero dello Sviluppo economico in cui vengano definiti termini e modalità per il trasferimento di Sviluppo Italia Sardegna Spa in liquidazione alla Regione o di un ramo d'azienda di essa ad uno o più soggetti da individuare da parte dell'Amministrazione regionale, senza oneri per il bilancio regionale";
- in data 20 dicembre 2010, il Ministero per lo sviluppo economico, la Regione e Invitalia concordavano un protocollo di intesa finalizzato al trasferimento di Sviluppo Italia Sardegna alla Regione, ulteriormente confermato in sede normativa dalla legge regionale 30 giugno 2011, n. 12, articoli 13 e 14;
- per motivi non ascrivibili alla volontà dei lavoratori la legge regionale n. 12 del 2011 non è mai stata attuata determinando l'interruzione delle trattative fra Invitalia e Regione con il conseguente trasferimento di tutto il personale operante in Sardegna, costituito da 14 tecnici con comprovata professionalità ed esperienza, presso sede centrale di Invitalia a Roma;
considerato che:
- Sviluppo Italia Sardegna è nata per supportare la nascita di nuove imprese da parte di disoccupati anche grazie al cosiddetto prestito d'onore e inoltre dal 2003 le sue competenze sono state incrementate verso l'attrazione di investimenti esteri nella nostra Regione;
- l'agenzia, negli ultimi dieci anni, ha determinato la nascita di oltre quattromila nuove imprese, creando occupazione per circa settemila disoccupati sardi grazie all'impiego di cento milioni di euro di risorse nazionali e comunitarie;
- il mancato rispetto degli accordi e della normativa regionale che stabilisce di riassorbire i lavoratori in un'agenzia regionale, non solo ha comportato un gravissimo disagio per i 14 dipendenti, costretti dal gennaio 2013 ad un trasferimento estremamente oneroso nella capitale (tanto che sette lavoratori non hanno potuto accettare la nuova destinazione per motivi personali), ma ha anche determinato per la Regione la rinuncia ad un'impresa attiva e soprattutto agli strumenti utili a rilanciare l'occupazione;
- il suddetto personale, attraverso gli uffici di Porto Torres e Cagliari, oltre a svolgere un prezioso lavoro di animazione territoriale e di supporto alle azioni previste dal titolo II del decreto legislativo 21 aprile 2000, n. 185 (lavoro autonomo e microimpresa), ha rappresentato un punto di riferimento importante, sia per gli enti locali e i territori della Sardegna che collocavano questi strumenti nell'ambito delle politiche attive del lavoro, sia per i tanti giovani che intravedevano in questa opportunità un importante strumento di inserimento lavorativo;
sottolineato che:
- attualmente dalla Sardegna pervengono ad Invitalia circa 35 richieste di finanziamento (titolo II del decreto legislativo n. 185 del 2000) al mese che il personale istruisce e segue nel percorso di assistenza tecnica gestionale con notevoli disagi e criticità derivati dalla lontananza della sede dal territorio e dalle note difficoltà dei collegamenti da e per la nostra Isola;
- l'assenza di una sede regionale ha comportato una notevole contrazione delle richieste di finanziamento da parte dell'utenza composta principalmente da disoccupati ed inoccupati;
- in questo momento storico particolarmente critico dal punto di vista occupazionale è imprescindibile da parte dei potenziali beneficiari degli strumenti agevolativi posti in essere dal Governo centrale, non rinunciare a qualsiasi possibilità di crescita imprenditoriale e occupazionale,
chiedono di interrogare il Presidente della Regione e l'Assessore regionale della programmazione, bilancio, credito e assetto del territorio al fine di conoscere:
1) se siano a conoscenza del mancato rispetto della deliberazione, protocollo e accordi concernenti l'assorbimento da parte della Regione del personale dell'ex Sviluppo Italia Sardegna e della mancata applicazione della normativa di cui alla legge regionale 30 giugno 2011, n. 12, articoli 13 e 14;
2) se non ritengano opportuno, in un contesto occupazionale in crisi crescente, porre in essere tutte le iniziative volte a ripristinare le condizioni affinché le professionalità di Invitalia possano tornare a svolgere il proprio ruolo nella nostra Isola, al fine di favorire:
a) una maggiore prossimità tra strumenti nazionali e territorio;
b) una riferimento territoriale alla potenziale domanda che oggi è costretta (unica regione nel Mezzogiorno) a rivolgersi alla sede di Invitalia a Roma;
c) la possibilità per Invitalia di affrontare gli interventi in Sardegna con importanti minori oneri di carattere economico. (167)
Interpellanza Zedda Alessandra - Pittalis - Cappellacci - Cherchi Oscar - Tedde - Locci - Fasolino - Peru - Randazzo - Tunis - Tocco sull'attività di vigilanza venatoria.
I sottoscritti,
premesso che:
- la legge regionale 29 luglio 1998, n. 23, al capo II, articolo 72, dispone che la vigilanza sull'applicazione della legge venga affidata oltre che al Corpo forestale e di vigilanza ambientale della Regione, agli ufficiali e agli agenti di polizia giudiziaria, alle guardie comunali, urbane e campestri, ai barracelli ed alle guardie giurate incaricate dalle aziende faunistico-venatorie e agri-turistico-venatorie, anche alle guardie volontarie delle associazioni venatorie, agricole e di protezione ambientale nazionali presenti nel Comitato tecnico faunistico venatorio nazionale, alle associazioni regionali presenti nel Comitato regionale faunistico o nei comitati provinciali faunistici e alle associazioni di protezione ambientale riconosciute dal Ministero dell'ambiente alle quali sia riconosciuta la qualifica di guardia giurata ai sensi del Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza (TULPS) approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773;
- la suddetta legge regionale dispone inoltre che l'attestato di idoneità per l'ottenimento della qualifica di guardia volontaria previsto dall'articolo 27, comma 4, della legge n. 157 del 1992, venga rilasciato da una commissione nominata dall'Assessore regionale della difesa dell'ambiente e composto da cinque membri, esperti di legislazione venatoria e legislazione sulle armi da caccia;
- l'articolo 163, comma 3, lettera a), del decreto legislativo n. 112 del 1998, in attuazione dell'articolo 128 della Costituzione, trasferisce alle province le funzioni e i compiti amministrativi in materia di "riconoscimento della nomina a guardia giurata degli agenti venatori dipendenti dagli entri delegati dalle regioni e delle guardie volontarie delle associazioni venatorie e protezionistiche nazionali riconosciute di cui all'articolo 27 della su citata legge 11 febbraio 1992, n. 157";
- l'articolo 133 e seguenti del TULPS consente agli enti pubblici, agli altri enti collettivi e ai privati di nominare guardie particolari giurate da destinare a specifici compiti di vigilanza o custodia delle loro proprietà mobiliari od immobiliari, limitatamente alle competenze e al territorio nel quale l'ente richiedente intende espletare tale particolare funzione; possono anche, con l'autorizzazione del prefetto, associarsi per la nomina di tali guardie da destinare alla vigilanza o custodia in comune delle proprietà stesse;
considerato che:
- è di fondamentale importanza l'attività di vigilanza svolta dalle guardie venatorie volontarie con particolare riferimento al fenomeno degli incendi e al controllo della riproduzione degli animali;
- l'attività di vigilanza delle guardie venatorie volontarie è un risorsa che non comporta alcun costo all'amministrazione pubblica, trattandosi appunto di attività di volontariato;
dato atto che:
- ad oggi non è ancora in ruolo la commissione regionale prevista dalla legge regionale n. 23 del 1998;
- non è pertanto possibile ottenere il rilascio di nuovi attestati di idoneità di guardia volontaria, ma solo il rinnovo dei riconoscimenti precedentemente concessi,
chiedono di interrogare il Presidente della Regione e l'Assessore regionale della difesa dell'ambiente per sapere quali siano:
1) gli intendimenti per procedere all'attuazione di quanto disposto dall'articolo 27, comma 4, della legge n. 157 del 1992 ai fini del rilascio di nuovi attestati di idoneità per l'ottenimento della qualifica di guardia volontaria;
2) i tempi per provvedere alla costituzione della commissione in ottemperanza a quanto disposto della legge regionale n. 23 del 1998. (65)