Seduta n.68 del 01/12/2009 

LXVIII Seduta

(POMERIDIANA)

Martedì 1° dicembre 2009

Presidenza del Vicepresidente CUCCA

indi

del Vicepresidente COSSA

INDICE

La seduta è aperta alle ore 16 e 26.

MARIANI, Segretario, dà lettura del processo verbale della seduta antimeridiana del 15 ottobre 2009 (60), che è approvato.

Congedi

PRESIDENTE. Comunico che i consiglieri regionali Rosanna Floris, Domenico Gallus, Marco Meloni, Nicolò Rassu, Adriano Salis, Edoardo Tocco e Claudia Zuncheddu hanno chiesto congedo per la seduta pomeridiana del 1° dicembre 2009.

Poiché non vi sono opposizioni, i congedi si intendono accordati.

Comunicazioni del Presidente

PRESIDENTE. Comunico che il Presidente della Regione, in applicazione dell'articolo 24 della legge regionale 7 gennaio 1977, numero 1, ha trasmesso l'elenco delle deliberazioni adottate dalla Giunta regionale nelle sedute del 16, 20, 24, 28 e 30 luglio 2009; 6 e 27 agosto 2009; 1, 8, 15, 25 e 29 settembre 2009; 6, 13, 20 e 27 ottobre 2009.

Constata la scarsa presenza di consiglieri in Aula, sospendo la seduta.

(La seduta, sospesa alle ore 16 e 28, viene ripresa alle ore 16 e 40.)

PRESIDENTE. Riprendiamo i lavori.

Ha domandato di parlare il consigliere Bruno. Ne ha facoltà.

BRUNO (P.D.). Chiedo la verifica del numero legale.

(Appoggia la richiesta il consigliere Ben Amara)

Verifica del numero legale

PRESIDENTE. Dispongo la verifica del numero legale con procedimento elettronico.

(Segue la verifica)

Prendo atto che i consiglieri Ben Amara, Bruno, Capelli, Cappai, Mulas e Planetta sono presenti.

Risultato della verifica

PRESIDENTE. Sono presenti 37 consiglieri.

Risultano presenti i consiglieri: Bardanzellu - Ben Amara - Bruno - Campus - Capelli - Cappai - Cherchi - Contu Felice - Cossa - Cucca - Dedoni - Dessi' - Diana Mario - Fois - Greco - Lai - Locci - Maninchedda - Mariani - Meloni Francesco - Mula - Mulas - Obinu - Peru - Piras - Pittalis - Planetta - Randazzo - Rodin - Sanjust - Sanna Giacomo - Sanna Matteo - Sanna Paolo - Solinas Christian - Steri - Vargiu - Zedda Alessandra.

Poiché il Consiglio è in numero legale, possiamo proseguire i lavori.

Continuazione della discussione generale congiunta del Programma regionale di sviluppo 2010-2014 (DOC. 9/A) e dei disegni di legge: "Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale della Regione (legge finanziaria 2010)" (76/S/A) e "Bilancio di previsione per l'anno finanziario 2010 e bilancio pluriennale per gli anni 2010-2013" (77/A)

E' iscritto a parlare il consigliere Massimo Zedda. Ne ha facoltà.

ZEDDA MASSIMO (Comunisti-Sinistra Sarda-Rosso Mori). Presidente, nell'affrontare il dibattito sul Programma regionale di sviluppo, la finanziaria e il bilancio, non si può non tener conto della situazione di grave crisi che investe il mondo intero, ivi compresi l'Europa, il nostro Paese e anche la nostra Regione; una situazione che meriterebbe una maggiore attenzione, un impegno massimo e uno sforzo collettivo da parte di tutti noi, da parte di tutti coloro che possono o hanno addirittura il dovere di fare ciò che è nelle loro forze per poter uscire da situazione di crisi in atto e dare una speranza e una fiducia in più alla popolazione sarda.

A questi problemi si aggiungerà nel futuro prossimo, se non nell'attualissimo presente, l'adozione del federalismo fiscale che, se non ci dovesse trovare preparati, potrà produrre ulteriori danni perchè è previsto che la Regione si accolli la spesa sanitaria e quella della istruzione pubblica.

Questa crisi colpisce anche il sistema 'industriale, quale conseguenza del fatto che lo Stato, con la cessione a Sartor da parte dell'Eni dell'industria chimica, abbia decretato la fine degli investimenti e di un futuro industriale nel settore della chimica nell'intero Paese.

A seguito di questa decisione abbiamo assistito alla crisi dell'industria chimica nella nostra Regione, allo smantellamento di imprese già limitate dalla mancanza di relazioni internazionali; il mercato della nostra Isola è infatti un mercato chiuso relativamente alle esportazioni, fatta eccezione per i prodotti della Saras, per gli agroalimentari, per quelli del sughero e per quelli relativi all'industria estrattiva del marmo e di altre pietre che vengono vendute nel resto del mondo.

Aiutare le nostre imprese significa incentivare il credito, l'innovazione, aiutare la ricerca, favorendo uno stretto contatto col mondo delle imprese in modo che sia anche libera, le relazioni delle imprese coi Paesi esteri, in particolare quelli del Nord Africa e quelli che si affacciano sul Mediterraneo.

Nelle ultime settimane si sono verificati diversi episodi importanti . Mi riferisco alla seduta congiunta Consiglio-Enti locali dove questi hanno posto con forza il tema del patto di stabilità, della costituzione di un tavolo permanente per affrontare la situazione di crisi insieme agli altri soggetti attori del mondo economico e sociale della Sardegna, la ridefinizione del finanziamento ulteriore del fondo unico per gli enti locali.

Ricordo poi l'incontro promosso dai sindacati che hanno posto anch'essi, con forza, le questioni relative alla crisi, al mondo economico e al lavoro e la manifestazione di Roma alla quale molti di noi hanno partecipato, insieme agli operai del Sulcis, per porre con forza al Governo nazionale le questioni relative alla crisi delle nostre imprese e, in quel caso, in particolar modo quella dell'Alcoa.

Ai fattori della crisi in atto che ha colpito drammaticamente le famiglie, i singoli, le persone, le intere comunità si aggiungono nella nostra Regione i maggiori costi dell'energia, che hanno comportato danni e l'abbandono, o la minaccia di abbandono, da parte di alcune industrie, le difficoltà nei trasporti che comportano anch'esse nuovi costi o costi aggiuntivi per le imprese, i difficili scambi commerciali, l'assenza di relazioni internazionali e la disoccupazione crescente.

Una disoccupazione che oltretutto, nella maggior parte dei casi, colpisce soggetti difficilmente ricollocabili nel mercato del lavoro a causa (come è detto nel Piano regionale di sviluppo) della scarsa formazione, del basso tasso di scolarizzazione e altro.

Programma regionale di sviluppo, finanziaria, bilancio; mi soffermerò sulla finanziaria e sul bilancio concentrando l'attenzione su alcuni capitoli di spesa e alcune UPB. Borse di studio per le famiglie, quindi un incentivo all'istruzione, meno 1 milione di euro; viaggi all'estero (e persino quelli con il trenino verde) meno 35.000 euro; autonomia organizzativa e didattica meno 20 milioni; scuole dell'infanzia non statali più 1 milione di euro; edilizia scolastica e finanziamenti dell'Unione Europea, dello Stato e della Regione meno 33 milioni; infrastrutture scolastiche di rete meno 14 milioni; visiting professor meno 2 milioni, eppure si diceva che queste iniziative andavano incentivate, questo è scritto anche nel Piano regionale di sviluppo nella parte dedicata alla cultura, all'innovazione, alla ricerca scientifica e agli scambi culturali appunto; contributo affitto casa per universitari più 5 ma solo nei residui, zero i finanziamenti per gli anni successivi.

E ancora, edilizia universitaria meno 15 milioni; diritto allo studio e prestiti d'onore meno 2 milioni; per Sardegna Speaks English, nonostante a pagina 71 sia dedicato un intero capitolo all'importanza di questo programma per dare la conoscenza e l'aggiornamento delle lingue straniere, in particolar modo dell'inglese, a tanti sardi giovani e non giovani, il finanziamento è pari a zero e, esauriti i fondi dei residui di bilancio, il rischio è che il programma non operi più.

Centri linguistici di ateneo, orientamento, creazioni di reti tra università, centri di ricerca, mondo produttivo e istituzionale, meno 5 milioni; per la frequenza di corsi di lingue all'estero zero, nonostante che nel Programma, sempre nel capitolo riguardante Sardegna Speaks English, si dica che gli interventi: "Si articoleranno in corsi di apprendimento di distinto livello, di aggiornamento linguistico e metodologico, di voucher finalizzati alla acquisizione della certificazione linguistica in Italia e all'estero…". Eppure anche questi interventi non vengono finanziati.

Si prevede meno 2,8 milioni di euro per il potenziamento del capitale umano nella ricerca e nell'innovazione; così come in totale ci sono 2 milioni e mezzo di euro in meno per la gestione del patrimonio culturale, il restauro dei beni culturali, il funzionamento dei musei degli enti locali. Anche lo spettacolo e il cinema andrebbero finanziati con maggiori risorse perché, attraverso la film commission, con la possibilità di pubblicità indiretta per film, documentari, produzioni pubblicitarie che potrebbero realizzarsi nella nostra Isola, vi sarebbe un ritorno economico, tenendo conto che abbiamo investito risorse in formazione nei settori dello spettacolo, della cultura e del cinema; ma senza l'attivazione di questi strumenti difficilmente le persone formate avranno la possibilità di trovare lavoro.

Formazione professionale, sulla formazione professionale mi sarà consentito di ritornare in seguito quando parlerò in modo più approfondito sul Programma regionale di sviluppo. Sugli assegni di ricerca, Assessore, lei ha preso l'impegno in una conferenza stampa di finanziarli in modo tale che vengano coperti tutti gli idonei; siccome la questione era stata posta in Commissione cultura nel corso di una sua audizione, io accolgo con piacere questa sua dichiarazione.

Di fatto tra gli aventi titolo a partecipare a quel bando hanno partecipato tutti coloro che avevano già quei requisiti ed è possibile che pochi altri abbiano ottenuto i requisiti richiesti dal bando nei mesi che vanno dal febbraio di quest'anno all'erogazione di queste risorse che avverrà a breve. Pertanto, in questa fase il bando va finanziato per gli idonei, così come lei ha detto, e va fatto un nuovo bando al quale probabilmente parteciperanno molti meno studenti universitari rendendo anche più facile raggiungere l'obiettivo. Mentre sarà più facile poter dare un contributo a tutti questi universitari, sapendo che questo è compito della Regione perché lo Stato sta tagliando.

Nella nostra Regione la ricerca scientifica incontra delle difficoltà; da parte nostra abbiamo difficoltà nel dare una certezza a coloro che si applicano nella ricerca. Mi permetta, Assessore, una considerazione su una sua affermazione. Sono d'accordo con chi sostiene che si debba legare la ricerca scientifica anche al mercato e all'impresa, però la Regione oltre che aiutare questo tipo di ricerca scientifica, mettendola in contatto con i soggetti che muovono economia portatori di sviluppo economico, di capacità imprenditoriale e quindi anche di nuova occupazione, ha anche il compito di finanziare e agevolare la ricerca libera. Immagino le difficoltà di trovare un finanziatore privato nell'impresa per chi fa ricerca umanistica, per esempio nel campo dell'archeologia o nel campo degli studi sulla lingua; questo è il compito della Regione; l'impresa ha, ovviamente, altre priorità e altre esigenze, quindi sia la Regione a farsi carico di coloro che fanno ricerca, e possano farla libera, in campi non economici.

Assessore, so che il totale dei tagli (così come forniti dagli uffici) nel settore formazione professionale, scuola, università, ricerca, ammonta a 92 milioni di euro; però so anche che è stato accantonato un fondo ad hoc per la formazione professionale, e che la sua intenzione è quella di accantonare un fondo di 50 milioni di euro per la legge sulla scuola. Però, mi sia consentito di dire che, per quanto riguarda questi aspetti(aspetti presenti nel Piano regionale di sviluppo, sui quali concentro maggiormente la mia attenzione), l'idea di fondo presente già nel titolo "lo sviluppo parte dall'io", è un'idea che non mi convince.

Non mi convince e ho ritrovato queste perplessità anche nel parere del Consiglio delle autonomie locali relativamente a quella parte del Programma regionale di sviluppo in cui si parla della volontà di ascoltare tutti. Una volontà che poi, così come viene detto testualmente nel parere, di fatto è rimasta lettera morta; e le conferenze provinciali si sono trasformate in un racconto, da parte dell'Assessore competente, cioè lei, di ciò che erano le vostre intenzioni, ma senza nessuno scambio o interlocuzione con gli attori del territorio. Questo almeno è quanto denunciato e segnalato dagli enti locali.

Mi permetto di non condividere, a partire dal titolo, la filosofia di fondo del Programma regionale di sviluppo. Come ho già avuto modo di dire in sede di audizione in Commissione, sono convinto invece, e mi collego anche alle parole dell'onorevole Steriche ha parlato di un cattolicesimo sociale, che occorra sottolineare in primo luogo che non in quanto singoli, ma in quanto parte di comunità, di quartieri, di città, di paesi, di intere regioni noi formiamo lo Stato; in secondo luogo che dall'idea di quel cattolicesimo sociale insieme all'idea di socialismo hanno avuto origine nel corso della storia della nostra Repubblica, ad esempio negli anni '60 e '70, i migliori esempi di leggi volte a risolvere i problemi della società: il diritto di famiglia, la scuola per tutti, l'idea del libero accesso alle conoscenze, la sanità pubblica, lo statuto dei lavoratori. L'incrociarsi di quelle due culture, il venirsi incontro di quelle due grandi culture politiche e sociali ha determinato nel nostro Paese il fiorire di leggi buone e un progresso civile a favore di tutti.

Mi pare quindi si debba ripartire dal pubblico, dallo Stato, dalle istituzioni, persino da quelle periferiche, e dalla politica, insieme a tutti i cittadini (noi tutti componiamo la democrazia e lo Stato), perché in un momento in cui le istituzioni, lo Stato, il pubblico, la politica vengono visti come distanti, se non in alcuni casi addirittura guardati con odio, riavvicinare i cittadini potrebbe riportare la fiducia nelle istituzioni e così insieme ripartire per poter affrontare questo stato di crisi.

Si parla di impresa e anche di ambiente, eppure i primi passi mossi col Piano per l'edilizia non vanno nella direzione di considerare l'ambiente quale risorsa in sé, quindi anch'esso motore di sviluppo.

Ho detto che nel parere espresso dal Consiglio delle autonomie locali sulla manovra economico-finanziaria emergono molti dubbi e diverse critiche. Nel parere si legge che varie analisi "confermano che esistono vari tipi di "Sardegna": a) le aree urbane, b) le aree costiere, c) le aree interne o rurali, d) le aree insulari". Si parla delle difficoltà delle opportunità di sviluppo; viene detto che lo sviluppo turistico, spesso è stato legato allo sviluppo dell'edilizia, adesso non sempre è così, anzi, qualche volta l'edilizia ha sottratto ambiente e patrimonio ambientale tanto da negare sviluppo turistico in alcune aree.

Sullo spopolamento delle zone interne, mi sia consentito dire che non sarà sufficiente avere la facoltà di Scienze politiche in ogni piccolo centro dell'isola per promuovere lo sviluppo delle zone interne. Assessore, lo dico non solo a lei, che so condivide questo ragionamento, ma lo dico in generale a tutti noi: non sarà sufficiente inserire nel mondo dell'università quanti più occupati possibile delle zone interne, creando facoltà in tutti i piccoli paesi delle nostre realtà più distanti dalle zone urbane, per creare nuovo sviluppo.

Sarà invece motore di sviluppo il migliore centro di eccellenza nell'università, anche periferico, che possa attrarre i migliori professori, le migliori culture, le migliori esperienze. Penso a un'università, a Nuoro, ad esempio come Scienze forestali, che possa avere un rilancio tale da conquistare una fama di livello internazionale, per attirare addirittura studenti da fuori, più che pensare alla moltiplicazione dei piccoli dipartimenti di facoltà, ripetendo in piccolo, in dodicesimi, le facoltà presenti nelle due grandi città della nostra Regione. Lo dico con preoccupazione, volendo guardare più avanti invece che pensare a soluzioni di breve termine, che poi soluzioni non sono, anzi certe volte producono spese ulteriori per il pubblico e poche ricadute economiche.

La nuova emigrazione, gli investimenti sul sistema delle autonomie locali devono servire, così come indicato nel parere del Consiglio delle autonomie locali, ma ne siamo convinti anche noi, proprio per rispondere a quei bisogni dei cittadini, sapendo che gli enti locali sono i primi che rispondono alle necessità e alle esigenze anche dei più deboli, di coloro che si sentono abbandonati a sè stessi e hanno difficoltà ad arrivare a fine mese.

Pertanto, i servizi pubblici rivolti verso i cittadini sono anch'essi un modo per alleviare dalle problematiche quotidiane giovani, famiglie, tutti coloro che soffrono le difficoltà dell'attuale momento.

La persona e i suoi bisogni. Si risponde con la valorizzazione delle capacità dei singoli, sicuramente, così come contenuto nel Programma regionale di sviluppo, però in forme civili e associate di convivenza: comunità, paesi, quartieri, dicevo prima, città, perché non può essere che la soluzione di tutti i mali possa ritrovarsi solo ed esclusivamente nella famiglia e all'interno delle mura domestiche.

Bisogna uscire dalla dinamica familiare e pensare che vi sono problemi che colpiscono più famiglie, che colpiscono intere generazioni, che colpiscono più soggetti e più persone, quindi sono problemi che non possono trovare una risposta solo nella sicurezza e nella certezza delle dinamiche all'interno delle mura domestiche. Per questo, nel Programma regionale di sviluppo, Assessore, io contesto la filosofia, ad esempio, sulla privatizzazione, esternalizzazione di servizi, appalti verso terzi, società interinali che producono molto spesso ulteriore precarietà. I dati negativi nel settore della scuola, come voi avete elencato, sono drammatici…

PRESIDENTE. Onorevole Zedda, il tempo a sua disposizione è terminato. E' iscritto a parlare il consigliere Maninchedda. Ne ha facoltà.

MANINCHEDDA (P.S.d'Az.). Presidente, onorevoli colleghi, nel corso del dibattito si sono dette delle cose molto imprecise, però, se dovessimo applicarci a cogliere gli aspetti utili per il prosieguo dei nostri lavori, allora si potrebbe cominciare da alcune annotazioni dell'intervento di questa mattina dell'onorevole Diana. L'onorevole Diana chiedeva accoratamente: "Ma, insomma, qual è la vostra idea per aumentare il PIL della Sardegna?". Si è dimenticato di aggiungere: "Qual è la vostra idea per aumentare il PIL della Sardegna senza aumentare il debito pubblico"; che è lo stesso problema che ha il Presidente degli Stati Uniti, è lo stesso problema che ha il Governo italiano, che è un problema di grande portata.

In questa sede, però, la seconda parte del ragionamento, cioè come produrre sviluppo senza aumentare il debito pubblico, nel dibattito che si è svolto è stata dimenticata. Non si può pretendere che il Consiglio regionale abbia un grande prestigio all'esterno quando pretende di ragionare di sviluppo sul versante dell'incremento della spesa, sul versante della rappresentazione dei bisogni, ma mai su quello della razionalizzazione dell'efficienza della spesa. Su questo non si pronuncia mai nessuno. E allora cominciamo a porci qualche problema comune.

Questione delle entrate. Si assiste a una certa schizofrenia politica perché in Commissione, sull'onda di ciò che ha dichiarato l'onorevole Salis, che oggi non è presente, sulle sollecitazioni dell'onorevole Uras, prima si dice: "Dobbiamo fare lavori istituzionali", cioè dobbiamo far emergere l'interesse collettivo, istituzionale, dimenticando gli spiriti di parte. E in questa direzione la Commissione bilancio, per la prima volta (ho controllato gli atti e precedentemente non ce n'è traccia),acquisisce dal competente Servizio della Regione l'articolazione minuziosa dei gettiti che dovrebbero, appunto, pervenire in entrata alla Regione Sardegna alla luce del nuovo accordo . E' un documento che io mi sono premurato di inviare a tutti i componenti della Commissione e a tutti i Capigruppo.

E' un lavoro istituzionale? Ognuno ha contezza, leggendo un documento ufficiale, di quali dovrebbero essere le entrate e di quali sono i meccanismi di calcolo. Ora, leggendo quel documento come si fa a dire in quest'Aula che la legge è chiara di per sé? Come si fa a dirlo? Basta leggere quel documento per capire che ciò che è previsto dalla legge necessita di procedure di calcolo non banali. Allora si acquisisce un documento importante alla conoscenza, però nel dibattito politico lo si rimuove. Perché? Perché è scomodo, perché sollecita in noi l'assunzione di una responsabilità.

Si parla delle norme di attuazione e, con qualche faciloneria, permettetemi il termine, senza offesa per nessuno, si dice: "Le norme di attuazione non ci servono". Se così dicendo si intende che non servono perché la Giunta iscriva a bilancio le entrate e si pretenda un plafond concordato con lo Stato in entrata, allora si sta dando ragione alla Giunta; lo Stato ha contabilizzato in uscita un miliardo e tre, la Regione ha contabilizzato in entrata un miliardo e tre. Se si intende dire: "Alla Regione Sardegna non servono le norme di attuazione", ci si ricordi che per due lustri la Sardegna ha percepito i due decimi con un ordine del giorno del Senato. Le norme di attuazione non si cambiano e che fossero una garanzia lo si sapeva dal 2006. Lo si sapeva dal 2006!

Allora, perché si ignora un elemento sul versante delle entrate? Perché si vuole ignorare che le entrate in più sono ipotecate da una spesa sanitaria che tutti i componenti della Commissione bilancio hanno potuto accertare essere di grandissime dimensioni, ed è agli atti del Consiglio. Non ho sentito un solo consigliere che negli interventi abbia fatto una proposta su come noi intendiamo affrontare, tutti insieme, il controllo della spesa sanitaria, come intendiamo farlo, perché è chiaro qual è il costo. Dove ci sono tre ospedali e ne serve uno, bisogna chiuderne due.

Come giochiamo un'emergenza di questo tipo tra maggioranza e opposizione, con gli opportunismi di maggioranza e opposizione? Che cosa significa dire che destiniamo il miliardo e tre tutto sull'impresa quando, di quel miliardo e tre, 700 milioni vanno sulla sanità? Io pensavo che in un dibattito sereno e franco ci si assumesse queste responsabilità. Chiedo inoltre come si fa sul fondo unico a montare la gazzarra indegna che è stata fatta qua dentro, con un intento chiarissimo, che è continuamente presente in questi giorni, e cioè dimostrare che il Consiglio regionale non ha rappresentatività politica, non ha basi, perché la rappresentatività vera è quella dei sindaci.

A che cosa serve il Consiglio regionale? Facciamo il Consiglio dei sindaci! Alternando la piazza e il governo, il bastone e la carota, e non assumendosi mai la responsabilità di dire: "Siamo in difficoltà, abbiamo un'emergenza occupazionale, dobbiamo rilanciare l'economia". La risposta non è l'aumento del fondo unico eppure, nonostante questo, il fondo unico è stato aumentato; però dal conto presentato dall'ANCI vengono detratte le somme trasferite per il contrasto alla povertà e per i cantieri comunali, cioè il welfare di cui parlava stamattina l'onorevole Diana, immemore delle due manovre finanziarie che mettono a correre sul welfare 90 milioni di euro.

Immemore, ripeto, dopo averli concordati con le parti sociali. Però questa parte viene esclusa dal conteggio fatto dall'ANCI e invece viene conteggiato solo il fondo unico. Non si dice come il fondo unico fronteggi la disoccupazione, non si dice come il fondo unico riesca a fronteggiare altri aspetti della nostra emergenza, però si rivendica con forza l'aumento del fondo unico costruendo un perimetro concettuale che ignora tutto il resto ed esalta la funzione istituzionale dei sindaci assurti ai serafini e ai cherubini, perché sono santi.

Mentre questo, il Consiglio, è il luogo della classe dirigente cialtrona, il Comune è diventato il luogo della classe dirigente di grande qualità. Io vorrei fare un'inchiesta sul territorio che conosco meglio, che è il nuorese, sulla qualità degli amministratori locali, su quello che è stato fatto, sul contratto d'area di Ottana, ma lì non si deve mettere mai il naso.

Allora, sul fondo unico è in atto, veramente, una gazzarra che forse meriterebbe di chiudersi qui e, pertanto, riprendiamo ciò che ci chiede ripetutamente, io lo cito spesso, l'onorevole Uras. Quali sono le misure che possiamo adottare insieme, quali riforme vere possiamo fare insieme, ma con un senso di responsabilità che non è quello che si è visto in questi giorni.

Ancora, si è giocato a strumentalizzare le posizioni differenti che sono presenti dentro la maggioranza e in quest'Aula sul tema della sovranità. Io vorrei riprendere un elemento. Nella relazione ho detto che rispetto all'indipendenza ponevo una questione personale, non di sintesi della Commissione; ma noto che è evidente che l'U.D.C., per parola dell'onorevole Steri, o garbatamente, come è stato fatto stamattina dall'onorevole Pittalis, dice: "Ma, guardate, non è che noi sull'indipendenza ci ritroviamo tanto". E' normale! Ma, vivaddio, finalmente questo tema di una sovranità vera non viene esorcizzato come un'eresia. Non hanno atteggiamenti di censura ideologica, ma dicono: "A noi non convince, però se ne può parlare. Vediamo che cosa avete da dire". Dall'altra parte, invece, si sente solo una facile ironia!

Allora, io vorrei chiedere ai consiglieri del centrosinistra che erano presenti nel luogo dove si è parlato di indipendenza, non se n'è accorto nessuno, il giorno che al T Hotel è stato presentato il progetto Galsi, se avrebbe fatto bene a questo Consiglio sentire l'ENI dire: "Noi facciamo il gasdotto se lo Stato ci dice di farlo"; sentire gli algerini dire: "Noi facciamo il gasdotto solo se lo Stato si impegna a comprare 150 miliardi di tonnellate". Non si fanno grandi infrastrutture senza poteri nazionali. E' così! E, guarda caso, chi ha organizzato "questa cosa" del Galsi non sono propriamente, diciamo, tutte le forze politiche sarde.

E ancora, come ci confrontiamo noi sui temi dell'energia? Con poteri regionali? Come contrastiamo Equipolymers? Allora, nel quadro attuale, nel perimetro politico attuale c'è chi dice: "Guarda, non mi convinci, però accetto la sfida di un ragionamento", e c'è chi ironizza, però poi non ci dice come si risolvono le grandi crisi industriali quando la decisione, si voglia o non si voglia, viene presa a un altissimo livello, che valuta non solo se hai ragione, ma quanta forza hai per difendere i tuoi interessi, quanta forza hai!

E questa forza non può essere continuamente negoziata su un tavolo dell'autonomia che è quello del: ti do, ti concedo, ma revoco in modo che mi tornino i conti a livello nazionale; l'Europa sta andando in un'altra direzione. Se voi andate a vedere che cosa sta diventando la Germania, che cosa sta diventando l'Inghilterra,che cosa sta diventando la Spagna, verificherete che stanno diventando confederazioni.

Perciò vi dico: sapete chi è il Presidente di Regione più indipendentista d'Italia? Il Presidente della Lombardia. Quando ancora nessuno si occupava di politica estera lui l'ha fatto, l'hanno contestato ma è andato avanti. Quando il Governo ha varato le leggi che riteneva calpestassero la sua sovranità in materia di istruzione, ha presentato decine di ricorsi alla Corte costituzionale contro le leggi dello Stato; e, guarda caso, nell'ultimo accordo sulla scuola lo Stato si è seduto al tavolo con il Presidente della Lombardia dicendo: "Ok, ti faccio fare quello che vuoi, ma ritira i ricorsi alla Corte costituzionale".

Guardate nei fatti come si comporta un Presidente che ha in testa che senza sovranità non si fa sviluppo! Queste cose sono agli atti! Milano tratta con New York, i governatori americani passano a Milano e poi passano a Roma!

Io chiedo, perché voi banalizzate una questione così importante? Perché la si banalizza? Oppure si parla dello Statuto; ma avete visto gli statuti approvati? Quelli già approvati? Ma pensate che con il perimetro attuale dalla Costituzione repubblicana possiamo attenderci chissà quali novità senza una procedura di coinvolgimento e di spinta politica forte che rafforzi un percorso di nuovo statuto? Guardate che cosa prevede la legge sul federalismo fiscale, il cui orologio sta andando avanti, e vedete se a noi non serve un livello differente di sovranità, proprio per risolvere i problemi dello sviluppo.

Stamattina, l'onorevole Diana diceva: ma per il Welfare voi che cosa fate? Per il PIL voi che cosa fate? Adesso l'onorevole Zedda ci chiede qual è la politica dell'istruzione? Signori! Noi oggi abbiamo un'istruzione professionale che non riesce ad incidere nella fascia tra i 16 e i 18 anni per le scelte fatte nel recentissimo passato, e si stanno accantonando 50 milioni di euro per fare la legge su quel settore; non è questo un modo per intervenire seriamente nel settore dell'istruzione e della formazione?

E' chiaro poi che possiamo trovarci in grandi difficoltà, come ci troviamo tutti; è il grande problema dell'Amministrazione regionale: facciamo leggi nuove, e poi gli strumenti sono vecchi. Noi abbiamo fatto una legge, la numero 2 del 2009, per far fronte ai problemi dei cassintegrati, il bando relativo è datato, secondo me, 1978; ma non è una responsabilità politica, è responsabilità di una cultura dell'Amministrazione che ci rovina, ma è in questi termini che ragioniamo.

La dimostrazione che i cantieri comunali stanno fronteggiando l'emergenza redditi è nei fatti; perché negarla? Le misure di contrasto alla povertà le vogliamo confermare o no? Diciamo sì o no! Le misure ci sono! Ci sono! Che cosa diciamo rispetto a quelle misure? Non mi pare di aver sentito un pronunciamento su questi temi.

Un''ultima osservazione; ho sentito dei colleghi dire - nella fattispecie l'ha detto l'onorevole Zuncheddu - che io avrei detto bugie nella relazione allegata al disegno di legge; io mi assumo la responsabilità di quello che ho scritto. Io mi assumo la responsabilità di ciò che ho scritto sulle entrate, sulle uscite, sulla spesa, sullo stato della spesa, sulla prima certificazione scritta dell'emergenza acqua che è agli atti di questo Consiglio, io mi assumo questa responsabilità.

Ai colleghi dico anche che si può polemizzare su tutto, però non si può, per puro gusto della denigrazione, alterare la realtà fino a pregiudicare la soluzione degli aspetti più compromessi e più socialmente rilevanti; è un atteggiamento salottiero di chi ha la pancia piena e la schiena calda, e che ha bisogno di demonizzare chi la pensa diversamente, perché non ha argomenti per proporre soluzioni.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Cuccureddu. Ne ha facoltà.

CUCCUREDDU (Gruppo Misto). La replica dell'onorevole Maninchedda da un lato ci ha tranquillizzato, nel senso che ha chiarito che la maggioranza non è indipendentista, ma che questa è evidentemente una posizione, assolutamente rispettabile, di un Gruppo; ma ci ha preoccupato dall'altro. Se domani, a mezzogiorno, è stato convocato l'incontro per cercare di remare tutti dalla stessa parte, dobbiamo prendere atto finalmente che la riforma del Titolo V della Costituzione ha posto tutti sullo stesso piano: Regione, Province e Comuni; dobbiamo prendere atto che gli 80 consiglieri qui presenti hanno la stessa legittimazione popolare dei 377 Sindaci e degli otto Presidenti di Provincia. Di conseguenza, se noi dovessimo pensare di verificare la qualità della spesa, ritenendo gli amministratori del nuorese, di Ottana piuttosto che di altre aree, non capaci, credo dovremmo riconoscere ai sindaci, agli amministratori locali la stessa possibilità di controllare la qualità della spesa della Regione, di verificare l'efficacia della spesa dei fondi europei, di quelli comunitari, dei fondi FAS al pari. Cerchiamo di non avere la presunzione di essere superiori, di essere coloro che sono capaci di controllare, e magari, al contempo, e io colgo una contraddizione in questo, ritenere che debbano essere superate attraverso l'indipendentismo le politiche etero-dirette dall'alto ; però noi ci arroghiamo il diritto di valutare la qualità della spesa degli enti locali e, anche, evidentemente, quello di dare patenti di "bravo" o "meno bravo" agli amministratori.

I controlli negli enti locali avvengono; chi vota controlla politicamente i propri amministratori che, peraltro, hanno altri organi che non ha la Regione, o comunque sono meno efficaci di quelli della Regione, quali quelli degli organismi di controllo anche interni, anche la revisione contabile, che presentano relazioni ai consigli comunali sistematicamente.

Non utilizzerò questi venti minuti per un esame analitico del Piano regionale di sviluppo e della finanziaria, mi voglio limitare a poche considerazioni sul contenuto della manovra, ma anche a qualche riflessione di carattere politico. Prima, però, voglio dire che io non mi iscrivo al coro di chi enfatizza il termine di approvazione della finanziaria, così come non ho enfatizzato l'elezione di una donna alla Presidenza del Consiglio regionale.

Credo che come sia più importante avere un Presidente del Consiglio super partes, e non parlo evidentemente solo dell'aspetto formale, dell'astensione durante le votazioni, ma anche della capacità di tutelare le prerogative assembleari nel fisiologico conflitto con gli altri organi regionali, Presidente e Giunta, così ritengo preferibile, se fosse necessario, un mese di esercizio provvisorio alle eventuali variazioni di bilancio, magari conseguenti all'approvazione della finanziaria dello Stato che, al momento nel quale è stata predisposta questa finanziaria, neppure si conosceva. Tanto più che mentre la competenza per l'approvazione del bilancio, e questo lo ritengo paradossale, è posta in capo al Consiglio, le variazioni di bilancio sono esclusiva prerogativa della Giunta; in astratto la Giunta è libera, pertanto, di correggere eventuali emendamenti non graditi approvati dal Consiglio o magari introdotti in Commissione.

Nel Piano regionale di sviluppo, è evidente, c'è una precisa, trasparente e mi pare anche dichiarata ispirazione: quella della dottrina sociale della Chiesa. Io ho sentito qualcuno, l'onorevole Gian Valerio Sanna, parlare di ispirazione a Don Giussani piuttosto che a Lazzati o a Dossetti. Io credo che si possa rintracciare in maniera evidente (io ho qui qualche brano estratto dal compendio recentemente pubblicato della dottrina sociale della Chiesa) una precisa ispirazione proprio al compendio della dottrina sociale aggiornato alla recente enciclica Caritas in veritate, ma che si fonda principalmente sulla Populorumprogressio del '67 e sulle due encicliche di Giovanni Paolo II, la Sollicitudorei socialis e la Centesimus annus, in occasione del centenario appunto (sicuramente non sarà piaciuta all'onorevole Zedda), della Rerum novarum di Leone XIII che per primo criticò il socialismo come forma di governo ritenendolo non in grado di garantire giustizia e libertà per l'individuo e per le famiglie.

Ma non solo nel titolo del PRS, ma con una certa evidenza nelle prime 35 pagine ci sono riferimenti precisi e continui all'individuo, all'unicità della persona, al principio di sussidiarietà, a quello di solidarietà, ai valori fondamentali della vita sociale, alla libertà e alla giustizia, alla dignità del lavoro, al sistema dell'impresa nel mercato, al ruolo dei poteri pubblici nella progettazione del modello di sviluppo. Anche la mia formazione è quella. Io mi riconosco in quei principi e credo che vi si riconoscano molti consiglieri sia di maggioranza che di minoranza e credo sinceramente sia legittimo, e forse anche inevitabile, che chi ha la responsabilità di elaborare un documento complesso a nome della maggioranza di governo non possa fare a meno di lasciarvi traccia della sua formazione, della sua cultura.

Certo, condividere la relazione fatta a nome della maggioranza dal Presidente della Commissione bilancio e chiarita meglio in alcuni aspetti nella sua replica è cosa diversa. Il mio Gruppo ritiene doveroso il rafforzamento dei poteri autonomistici attraverso la rielaborazione dello Statuto e, soprattutto, ritiene doveroso l'esercizio pieno ed effettivo dei poteri che abbiamo, l'ha detto benissimo l'onorevole Floris in apertura di discussione generale.

L'indipendentismo, però, è un'altra cosa, è una legittima aspirazione di alcuni consiglieri, ma non è certo un obiettivo programmatico di questa maggioranza e neanche ne ritroviamo traccia nel Programma regionale di sviluppo o nella finanziaria; a meno che l'opzione indipendentista non serva come provocazione per ottenere dallo Stato ciò che ci spetta, a partire proprio dai fondi FAS che devono essere assegnati subito e devono essere liquidi ed esigibili, non devono essere promesse o decreti o determine che ci costringono ad aprire una nuova fase di indebitamenti e di mutui per coprire risorse che non arrivano; oppure se ciò avviene in analogia a quanto è accaduto in Sicilia dove è bastato alimentare soltanto l'idea di un partito del sud o di un gruppo autonomo del P.d.L. nell'Assemblea regionale per assegnare e trasferire immediatamente tutte le risorse FAS dovute dallo Stato alla Regione Sicilia, ed erano risorse ben più cospicue di quelle spettanti alla Regione Sardegna.

Mi lascia un po' perplesso, Assessore, che lo Stato trasferisca, se non ho capito male, dai residui in competenza in corso d'anno le risorse che ci deve assegnare, parlo di quelle dovuteci a seguito del nuovo accordo Stato-Regione, della riforma dello Statuto. Mi pare di capire che ci sono 6 miliardi in residui e che li trasferirebbe in competenza; queste operazioni, mi dicono, che le abbia fatte più volte la Giunta Soru negli scorsi cinque anni, non mi sembra un'operazione del tutto corretta e mi sorprenderebbe che lo facesse lo Stato. Però, se questa è una prassi evidentemente anche lo Stato si è adeguato alle procedure "soriane".

Non ero presente ad Olbia sabato scorso, ma mi è stato riferito che lei, assessore La Spisa, ha posto - con eleganza istituzionale ma senza balbettamenti e senza atteggiamenti di sudditanza - al Presidente del Consiglio le rivendicazioni della Sardegna e della Regione sarda a partire proprio dai fondi FAS, a partire dai fondi della Sassari-Olbia. Questo è l'atteggiamento che noi vorremmo da parte della Giunta regionale, da parte di tutti gli Assessori e da parte del Presidente. Capisco che per lei è forse più facile perché in Giunta è arrivato per la volontà popolare e non certo per benevolenza romana.

Dalla pagina 37 alla pagina 254 del Programma regionale di sviluppo ci saremmo invece aspettati più dettagli, più coraggio. Avremmo gradito qualche "progetto bandiera" capace di evocare la strategia tracciata nel Programma e, al contempo, di poter essere immediatamente realizzato, stimando quindi gli effetti ed i risultati che la strategia può produrre. Soprattutto avremmo gradito venissero indicati i punti essenziali del Piano strategico sul turismo che ci viene enunciato. Limitarsi a determinare un obiettivo, peraltro difficile da raggiungere, un incremento delle presenze nei prossimi quattro anni da 12 a 20 milioni (avete visto la nota con la quale ci si comunica che quest'anno purtroppo c'è stata un'ulteriore riduzione rispetto ai 12 milioni di presenze), o pensare che gli elementi forti di attrattività della nostra isola possano rintracciarsi nella stabilità geologica piuttosto che nella distanza dai conflitti bellici, mi pare poco per delineare una strategia sul turismo.

Un modello pianificatorio del turismo o dello sviluppo turistico è assolutamente necessario se crediamo realmente che il turismo possa rappresentare uno dei settori in cui credere e su cui basare il futuro sviluppo della Sardegna. Certo non una monocultura turistica, ma un sistema pluribusiness nel quale il turismo, nelle sue diverse forme, finalmente venga programmato e non subìto, che produca ricchezza soprattutto per i sardi e non solo per chi li trasporta; e non parlo di Onorato o soltanto di low cost, ma anche, per esempio, di chi investe e costruisce in Sardegna.

Poi sul fenomeno dei voli low cost, sugli effetti usuranti per le destinazioni andrà prima o poi aperto uno specifico discorso. Potrei citare l'esempio pianificato di Dubai, ma forse non sono queste le giornate più adatte per esaminare quel modello.

Ci aspettavamo più coraggio anche relativamente ai progetti per i trasporti. Pensavamo alla possibilità di poter candidare la Sardegna a sperimentare modelli di mobilità innovativa, da quella aerea, per esempio, dotando ogni comune della Sardegna se non di un vero eliporto quanto meno di uno spazio per l'atterraggio degli elicotteri.

Io credo che nel momento nel quale si pensa, come diceva l'onorevole Maninchedda, alla possibilità di chiudere qualche ospedale, occorra garantire almeno il servizio di elisoccorso per far sì che un infartuato, per il solo fatto di abitare in un paese alla periferia della provincia, distante dall'aeroporto, non debba rischiare la vita perché mancano questi servizi.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE COSSA

(Segue CUCCUREDDU.) Credo che sia importante, di pari passo, assieme a una razionalizzazione dei servizi, far sì che possano essere migliorati, magari con i soldi che si risparmiano in periferia, non solo il trasporto aereo ma anche le eccellenze sanitarie. Oltre al trasporto aereo si potrebbe pensare al metrò del mare che è un'altra idea inserita nel Piano strategico dell'area vasta di Sassari, invece ci si concentra solo sul trasporto tradizionale nel quale, anche dopo aver effettuato gli ingentissimi investimenti previsti, non solo non saremo un modello per l'Europa e per l'Italia, ma continueremo ad essere l'ultima ruota del carro sia per quanto concerne la viabilità, mancando le autostrade e con una viabilità secondaria comunque non all'altezza di quella del resto d'Italia, sia per le ferrovie che per i metrò leggeri o pesanti che siano.

Anche nella mobilità, che era un settore che poteva caratterizzarci, si poteva pensare di trasformare l'insularità da un punto di debolezza in un punto di forza sia con la mobilità interna che con quella esterna; si è preferito invece assecondare i modelli tradizionali piuttosto che sforzarsi di ricercare sistemi innovativi.

Vorrei ora soffermarmi un attimo sullo strumento Programma regionale di sviluppo, quindi sugli strumenti della pianificazione. La Regione autonoma della Sardegna è stata la prima in Italia a dotarsi di un Centro di programmazione, ma ora gli strumenti che utilizziamo, a mio avviso, risultano vecchi, superati, inadeguati a garantire da un lato la partecipazione democratica e dall'altro la stabilità delle scelte strategiche. Il Programma regionale di sviluppo è lo strumento di più ampio respiro che ha la Regione, eppure si esaurisce nell'arco di quattro anni e mezzo.

Qualche giorno fa ho partecipato in qualità di relatore a un convegno sulla pianificazione strategica al quale è intervenuto anche un dirigente del CRP che, schematizzando evidentemente, ha posto sullo stesso piano la pianificazione strategica comunale e quella portata avanti, negli ultimi decenni, dalle principali città europee e, da qualche anno, anche da quelle sarde e il Programma regionale di sviluppo.

E' evidente che la metodologia della pianificazione strategica porta al reale coinvolgimento dei cittadini, porta all'individuazione di obiettivi appunto strategici che non sono di una maggioranza o di un'altra, ma sono obiettivi di tutti perché nascono dalla comunità, sono obiettivi di lungo respiro (venti, venticinque, trent'anni) che, proprio perché definiscono le strategie dello sviluppo nel lungo periodo, sono sottratti alle contrapposizioni tipiche delle scelte immediate o delle scelte di legislatura.

L'Unione Europea in ogni suo documento parla di pianificazione strategica, così come qualche anno fa parlava sempre di sostenibilità, ambientale, tecnico-amministrativa o economico-finanziaria che fosse. L'impresa privata la adotta da decenni, regioni e comuni italiani hanno piani strategici da tempo. Negli Stati Uniti McNamara la teorizzò addirittura dal 1947. Credo sia giunto il momento che anche la Sardegna attivi un processo di pianificazione strategica dal quale dovranno discendere poi diversi piani operativi.

Se chi non è interessato va fuori a me non disturba, m'interessa che l'intervento resti agli atti. Su riforme e sviluppo, ha detto molto bene l'onorevole Mario Floris, anche se poi ho sentito che l'onorevole Gian Valerio Sanna è di avviso opposto, che non riusciremo a progettare e attuare un vero sviluppo senza le riforme, senza partire dalla riforma principale, partecipata del nostro Statuto. Concordo con l'onorevole Floris che la nostra autonomia, la nostra specialità, il nostro Statuto si sono trasformati da un'opportunità in un vero freno, un freno allo sviluppo e un freno alle riforme stesse proprio per il rango costituzionale che non consente a questo Consiglio altro che la formulazione di una proposta di legge al Parlamento nazionale.

Così mentre alcune regioni a Statuto ordinario hanno adeguato dopo pochi anni dalla prima approvazione i propri Statuti alle dinamiche istituzionali comunitarie e a quelle comunitarie in particolare in continua evoluzione, noi siamo fermi al 1948. Io credo che il sostanziale fallimento delle politiche di sviluppo etero dirette, quelle imposte dall'alto, industriali in maniera particolare, renda necessario puntare con convinzione sullo sviluppo locale. E' necessario responsabilizzare le comunità, dargli la possibilità di progettare il loro futuro, consentire loro di individuare e perseguire il proprio modello di sviluppo.

Per far questo però è necessario dare ruolo, poteri e dignità ai comuni e alle città della Sardegna. Non possiamo permetterci di sostituire, come peraltro sta avvenendo da anni, al centralismo statale il non meno asfissiante centralismo regionale, magari condito da un pizzico di Cagliari-centrismo.

Credo che nel nuovo Statuto sia necessario puntare con decisione sul federalismo interno, che la devoluzione dei poteri alle autonomie locali e funzionali sia assolutamente necessaria. Credo opportuno rafforzare il ruolo del Consiglio delle autonomie facendolo assurgere a dignità di seconda Camera analogamente a ciò che accadrà a livello nazionale col Senato delle Regioni.

In conclusione vorrei parlare di un aspetto invece più prettamente politico. Programma regionale di sviluppo, finanziaria e bilancio sono stati predisposti dall'Assessore della programmazione, approvati dalla Giunta ed esaminati dalla Commissione bilancio. Quattro dei sei partiti che hanno partecipato al successo elettorale delle regionali del febbraio scorso hanno avuto modo di dare il proprio contributo anche attraverso i propri rappresentanti in Giunta, hanno avuto la possibilità di inserire in questi importanti strumenti le diverse priorità programmatiche.

Noi questa possibilità non l'abbiamo avuta. Vorremmo far sì che gli importanti strumenti di programmazione li potessimo sentire anche un po' nostri e ciò si potrà realizzare con l'unico strumento che abbiamo a disposizione: gli emendamenti; anche se, come è noto, solo la finanziaria e il bilancio sono emendabili. In terza Commissione nessun nostro emendamento è stato accolto, ci è stato chiesto di ripresentarli in Aula e così abbiamo fatto.

Ora valuteremo la disponibilità della Giunta e del Consiglio ad accogliere i nostri contributi, e quindi a riconoscerci una partecipazione attiva a questo importante processo di pianificazione. Al contrario valuteremo di conseguenza se non vi dovesse essere nei nostri confronti, nei confronti del nostro Gruppo, la disponibilità dimostrata invece nei confronti degli altri Gruppi, a volte anche di minoranza. Ci siamo astenuti in Commissione sul Programma regionale di sviluppo, così come ha fatto l'U.D.C., vorremmo però come detto poter contribuire in Aula e votare a favore, vorremmo non sentirci esclusi anche in queste scelte programmatiche visto che già siamo esclusi da ogni responsabilità nell'azione di governo e nell'amministrazione regionale.

Sono pochi, ma ritengo significativi per i movimenti autonomistici che il mio Gruppo rappresenta, gli emendamenti che portiamo all'attenzione del Consiglio. Un emendamento riguarda il patto di stabilità per gli enti locali, sono otto commi che prendono spunto, lo segnalo all'onorevole Cocco, dalla legge 27 dicembre 2002, numero 289, che per la prima volta ha previsto in modo esplicito la facoltà per le Regioni...

PRESIDENTE. Onorevole Cuccureddu, il tempo a sua disposizione è terminato.

Ha domandato di parlare il consigliere Uras. Ne ha facoltà.

URAS (Comunisti-Sinistra Sarda-Rosso Mori). Chiedo la verifica del numero legale.

(Appoggia la richiesta il consigliere Bruno)

Seconda verifica del numero legale

PRESIDENTE. Dispongo la verifica del numero legale con procedimento elettronico.

(Segue la verifica)

Prendo atto che i consiglieri Fois e Meloni Valerio sono presenti.

Risultato della verifica

PRESIDENTE. Sono presenti 57 consiglieri.

Risultano presenti i consiglieri: AGUS - BARRACCIU - BEN AMARA - BRUNO - CAMPUS - CARIA - CHERCHI - COCCO Daniele - COCCO Pietro - CONTU Mariano - COSSA - CUCCA - CUCCU - DE FRANCISCI - DEDONI - DESSI' - DIANA Giampaolo - DIANA Mario - ESPA - FLORIS Mario - FOIS - LADU - LAI - LOCCI - LOTTO - MANCA - MANINCHEDDA - MARIANI - MELONI Francesco - MELONI Valerio - MILIA - MORICONI - MULA - MULAS - OBINU - PERU - PETRINI - PIRAS - PITEA - PITTALIS - PLANETTA - RODIN - SABATINI - SANJUST - SANNA Giacomo - SANNA Gian Valerio - SANNA Matteo - SANNA Paolo - SECHI - SOLINAS Antonio - SOLINAS Christian - STERI - STOCHINO - URAS - VARGIU - ZEDDA Alessandra - ZEDDA Massimo.

Poiché Il Consiglio è in numero legale, possiamo proseguire i lavori.

E' iscritto a parlare il consigliere Salis. Ne ha facoltà. Poiché non è in Aula, decade.

E' iscritto a parlare il consigliere Giacomo Sanna. Ne ha facoltà.

SANNA GIACOMO (P.S.d'Az.). Presidente, credo che dovrò improvvisare perché un intervento scritto, dopo quello che ho sentito, sinceramente non renderebbe; non renderebbe perché il relatore di maggioranza ha comunque cercato di dare una spiegazione nei minimi dettagli, certamente sulla base di qualche pensiero che gli appartiene ed esprimendo giudizi che a qualcuno possono apparire anche non condivisibili. Questo è normale, ma credo siano stati spiegati benissimo gli elementi concreti di questa finanziaria: le risorse, la possibilità di spesa, in che cosa consiste la spesa, l'impostazione filosofica.

Però, io capisco benissimo il gioco delle parti, chi fa l'opposizione, chi è in maggioranza, chi difende, chi nel fare l'opposizione deve criticare, ma nel contesto della discussione cui ho assistito ci sono delle cose che sinceramente mi mettono in difficoltà.

Io capisco che l'onorevole Cuccureddu non sia un indipendentista, mai lo avrei pensato!, lei può tranquillamente rappresentare una parte siciliana che indipendentista non è, che è appena nata, è giovane e forse lo diventerà col passare degli anni, ma senz'altro lo dovrà diventare prima in Sicilia che qua. Noi abbiamo storia da vendere al riguardo, ma stasera le potrei dimostrare che anche lei lo è, indipendentista, pur non sapendolo se le facessi osservare la possibilità che avremmo di essere liberi con una leva fiscale reale come quella che hanno in altre parti d'Europa, quindi non sto parlando di cose inesistenti; se cioè avessimo noi la capacità e l'autonomia impositiva di scegliere che cosa fare, soprattutto dove impegnare e che tipo di riscossione applicare sulle risorse che ci vengono date. Lo vediamo in Catalunya, lo vediamo nei Paesi baschi, che hanno una costituzione abbastanza recente.

Oggi questo per noi non accade, oggi parliamo delle risorse che ci trasferisce lo Stato, e delle battaglie che dobbiamo fare per ottenere questi trasferimenti. Uno Stato italiano che per dieci anni non ottempera a questo impegno, noi ci indebitiamo da morire in attesa di ricevere ciò che ci spetta e, poi ,quando arriviamo al dunque, riusciamo a rimetterci la testa nel livello di contrattazione, tanto che ci paghiamo sanità e trasporti. Questo è il risultato della dipendenza, se fosse il contrario saremmo non dipendenti, saremmo liberi di fare le nostre scelte, di scegliere la via dello sviluppo che riterremmo più idonea, più adatta, saremmo liberi anche di essere più propositivi.

Quello che sta accadendo in questi ultimi mesi rispetto alla vicenda che anche oggi è all'attenzione dell'opinione pubblica, credo sia emblematico. Nel corso dell'incontro col Presidente del Consiglio l'assessore La Spisa ha fatto delle giuste rivendicazioni sulla Sassari-Olbia, ha fatto bene; però vorrei chiedere, sia all'opposizione che alla maggioranza, e quindi a me stesso, ma si può essere propositivi o si può pensare che su questa battaglia sia sufficiente fare lo sciopero della fame, è il caso di due consiglieri comunali, con tutto il rispetto?

O forse ci sono altri strumenti per impedire che su quei fondi FAS (questa benedetta delibera del Cipe che mai arriva, e mai trova conclusione) ci possa essere ancora chi difende e chi attacca, chi fa osservare le inadempienze e chi dice che invece queste saranno sanate fra 60 giorni, nonostante i tre mesi, e ne passeranno degli altri, assisteremo il 6 dicembre a un ulteriore vuoto a perdere?

Noi diciamo che nella soluzione dei problemi non si può sempre attendere che siano gli altri a trovare lo strumento per risolverli. Abbiamo proposto in quest'Aula alcuni mesi fa una soluzione che è stata adottata in altre parti d'Italia, e che gli istituti di credito presenti sulla piazza sono pronti a sostenere . Abbiamo già parlato, e lo ripeto ora, di "project in costruendo", un istituto disciplinato da una legge dello Stato italiano, che significa che un pool di banche è pronto a finanziare la costruzione della Sassari-Olbia, e che lo Stato italiano dovrà avallare quel finanziamento; finanziamento che restituiremo solo ed esclusivamente dopo che la strada sarà costruita.

E se per costruire una strada come quella ci vogliono due o tre anni, questo Governo, o qualunque governo italiano, nei prossimi due o tre anni avrà la "buona creanza" di darci i fondi FAS, così che arrivino sull'isola prima della scadenza stessa e dell'ultimazione dell'opera? Io credo di sì, altrimenti siamo in malafede, perché se parliamo di due mesi, e sto dicendo di anni, vuol dire che siamo in malafede, e quando c'è malafede si fanno le battaglie più disperate.

Allora, questo è uno strumento per stanare chi dice che ci vuol dare e non ci dà per realizzare un'opera che riteniamo indispensabile; e, siccome vedo che è anche utilizzato nel contesto di questa finanziaria, per gli immobili, all'articolo 1, comma 12, credo sia fattibile. Se qualcuno non ci crede sono anche disposto, avendo già fatto i primi passi, a programmare incontri con istituti di credito pronti, in cordata, a finanziarci l'opera. In questo modo smetteremo di piangerci addosso, tutti quanti, chi era prima forza di governo e oggi non lo è più, e chi lo è adesso, senza infingimenti.

Perché dico questo? Perché è una vita che diciamo, anche alle nostre popolazioni più disperate, quelle che hanno i poligoni nei loro territori, dove si muore per un livello di inquinamento che ha sempre un aspetto di segretezza unico, che chi vive di un sistema economico come quello ha necessità di averne uno alternativo. E' la stessa situazione di un padre di famiglia che lasci un lavoro e non ne abbia un altro. Ma se a una popolazione si spiega, coinvolgendola in una decisione comune con Regione, privati, enti locali, che esiste la possibilità di creare uno sviluppo alternativo a quello, destinato comunque un giorno o l'altro a finire, portato dalle basi militari, la gente sceglierà solo di star meglio, non di star peggio, la gente questo fa normalmente quando gli si dà la possibilità: su questo non ci piove.

Questo, caro onorevole Cuccureddu, vuol dire non dipendenza, vuol dire però avere anche una mentalità diversa da quella che ha attraversato il suo intervento, significa capire che non si può solo dire che le cose vanno male, si deve anche dire come le cose che vanno male si possono risolvere nella concretezza dell'azione se c'è progettualità, se c'è prospettiva, se c'è fantasia, se c'è voglia di risolvere i problemi. Diversamente una critica fine a se stessa, a prescindere dal collocarsi in maggioranza o all'opposizione, resta solo una critica, e non ne ricaveremo niente.

E' questo che ha contraddistinto e contraddistingue ancora oggi noi sardisti: il modo di vedere le cose. Critiche ne facciamo quante ne vogliamo, le abbiamo sempre fatte e continueremo a farle, ma abbiamo anche la capacità di essere propositivi, abbiamo anche la capacità di proporre soluzioni quando le abbiamo, e di ascoltare gli altri quando le hanno.

Ho notato invece che quest'Aula, ad iniziare dalla Giunta, e io faccio parte di questa maggioranza, quando si propongono soluzioni sembra quasi che, non essendo quelle da loro desiderate, non debbano neanche essere prese in considerazione. Io dico: usciamo da questa situazione, la fase dell'ascolto serve a tutti, la fase dell'ascolto è utile a tutti, anche a chi pensa che non lo sia avendo la soluzione a tutti i problemi. Io credo che le soluzioni a tutti i problemi non le abbia nessuno, neanche il più bravo, neanche il più meritevole, neanche il più fortunato, neanche i miracolati. E noi siamo in quest'Aula con il compito di trovare soluzioni.

Io sono che quando sente di dire una cosa la dice fuori dai denti, piaccia o non piaccia, è una questione caratteriale, forse non è un qualcosa di bello, ma è questa e me la tengo. Però assistere a interventi che sono solo distruttivi, esclusivamente distruttivi, che fanno male in primis a chi li fa, credo non sia utile.

Qualcuno l'altro giorno ha proposto di fare nuovamente le riprese delle sedute, perché fuori da quest'Aula si inizi a vedere e ad ascoltare per comprendere che cosa si fa in quest'Aula. Non è presente in questo momento la presidente Lombardo(anche sui meriti, onorevole Cuccureddu, l'ha votata anche lei come l'ho votata io), però se riuscissimo a fare questo forse ci sarebbero meno assenze e più interventi, sempre più qualificati e propositivi, e in qualcuno riuscirebbe a penetrare anche che il senso di responsabilità così da capire che nel silenzio di un'Aula è un discorso, nel livello di comunicazione più ampio per tutta l'isola diventerebbe un altro discorso.

Io posso anche terminare il mio intervento, che è certamente poco indicato sulla finanziaria, ma è stato più uno sfogo personale su mie idee che mi portavo dentro e che intendevo comunque esternare appieno con assoluta serenità, nonostante il tono che solitamente uso. Noi siamo a un bivio, guardate, a un bivio che presenta grande difficoltà; si possono anche fare le assemblee del popolo sardo, ma non si può ingannare nessuno.

Io conosco la vita politica di chi ha organizzato tutto quello, molti hanno fatto la battaglia insieme a me sull'Assemblea costituente, altri hanno fatto altre battaglie e hanno fallito, altri hanno criticato i nostri compagni di viaggio perché avevano avuto il coraggio di scegliere di fare questa battaglia rispetto ad altri che questo coraggio non l'avevano avuto, e parlo di una parte della sinistra, che ebbe questo coraggio di fare quella battaglia assieme a chi condivideva una riscrittura dello Statuto fatta con un movimento di popolo dietro.

Se qualcuno pensa ancora oggi di poter scrivere lo Statuto nel chiuso di quest'Aula commette un grave errore: non possiamo pensare che qui dentro ci sia la soluzione a tutto, a tutti i mali, nessuno vuole mettere in discussione l'autorevolezza di quest'Aula, il compito che i sardi le hanno affidato. Ma neanche quest'Aula può dimenticare che chi le ha dato questa forza è fuori da questo Palazzo.

Se non avremo la capacità del massimo coinvolgimento nel creare quel movimento di popolo per inviare al Parlamento, come Consiglio regionale, insieme a chi è fuori da quest'Aula, una riscrittura di uno Statuto, di una Carta costituzionale dei sardi, fatta come dev'essere fatta per i prossimi 60 o 50 anni, il Parlamento italiano non approverà niente!

Voglio ricordare, ancora una volta, che da quando è nato il sistema autonomistico sardo, non una sola legge di riforma costituzionale approvata da quest'Aula, nemmeno quando c'era il massimo livello dell'espressione della politica su quest'Isola, è stata mai approvata a Roma. I cambiamenti sono stati solo ed esclusivamente quelli che ha voluto Roma ma mai una legge approvata da quest'Aula di riforma costituzionale ha avuto l'approvazione del Parlamento italiano.

Questo ci dovrebbe insegnare che a Roma non abbiamo amici e che per sconfiggere questo modo di vedere l'Isola è necessario non essere da soli, ma occorre essere accompagnati da più gente possibile, espressione di questa società che, pur con le difficoltà che sta vivendo, nonostante la disperazione che c'è fuori da quest'Aula, ha l'orgoglio di volere riscrivere un patto fra noi e questo Stato italiano in modo diverso dal passato. Un patto reale che ci porti maggiormente verso la non dipendenza, allontanandoci dal servilismo che ha contraddistinto la classe politica sarda.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Uras. Ne ha facoltà.

URAS (Comunisti-Sinistra Sarda-Rosso Mori). Presidente, onorevoli colleghi, noi veniamo da una settimana un po' turbolenta, nel corso della quale abbiamo iniziato la discussione generale sulla manovra di bilancio ma hanno anche insistito diverse questioni, dentro e fuori da quest'Aula, tra le forze politiche e le forze sociali, tra i livelli istituzionali dell'autonomia. E adesso iniziamo una settimana in cui io direi che il punto di partenza, ma anche il punto d'arrivo di quella precedente, è il cosiddetto congresso del popolo sardo.

Io ho avuto modo di dire la mia opinione in altre circostanze su che cosa ritenevo fosse il congresso del popolo sardo; ogni tanto vado a documentarmi, ne parla il libro "Agli albori della Rinascita" scritto da Salvatore Pirastu, ma c'è anche un bellissimo documentario, che suggerisco alla Giunta di valorizzare perché è stato prodotto dalla Regione, da due dipendenti dell'Amministrazione regionale, Giosy Moccia e Gigi Pambira, una ha curato le immagini l'altro il testo; questo documentario è una interessantissima raccolta di dati documentali, di interviste, di considerazioni che descrivono il contesto sociale e politico nel quale si è svolto il congresso del popolo sardo e anche la finalità.

Il congresso del popolo sardo, quello di lunedì, quello di ieri, chiude una settimana e ne apre un'altra. La settimana che apre è anche una settimana decisiva per questa manovra di bilancio, allora va un pochino ragionato, va meglio inquadrato il contesto nel quale questo avviene. Il contesto è molto semplice. Il fatto più notevole, avvenuto nella settimana appena conclusa, è il conflitto istituzionale esplicito, predisposto, preparato, nei confronti della Regione, del suo organo legislativo, cioè del Consiglio regionale, da parte delle amministrazioni locali, da parte del quadro politico territoriale, da parte delle maggiori responsabilità istituzionali a livello locale.

Questo lo dico non perché io sia più dalla parte di questo Consiglio di quanto sia dalla parte dei sindaci che devono affrontare l'emergenza della crisi in queste ore, in questi giorni, in questi mesi. Lo dico semplicemente perché noi non possiamo prescindere da questo elemento per capire che c'è un disagio profondo in questa società sarda, nel sistema istituzionale sardo e anche nel sistema politico sardo; un disagio che non è gestibile con la proposta di manovra di bilancio che fa questa Giunta.

Questa è una proposta di manovra di bilancio datata prima dell'invasione dei sindaci dentro quest'Aula; sindaci che, rivendicando il loro protagonismo nei confronti della crisi e delle difficoltà del nostro popolo, chiamano a sé la responsabilità di un intervento, articolato territorialmente, alla quale responsabilità possono meglio rispondere se l'intervento è dotato delle risorse finanziarie e strumentali, e dell'autorevolezza che da questo discende, più di quanto non possano farlo adesso che questa consistenza non vi è e neppure trapela.

Voglio dire di più: ancora una volta tentiamo di farci del male! C'è un conflitto istituzionale, i sindaci vengono e dicono: "Perché ti appropri tu, Regione, di una parte consistente delle entrate che a me competono per l'esercizio di quella responsabilità?" Ma si aggiunge anche un altro elemento, non solo la contestazione, si aggiunge una critica esplicita che è mossa a questo punto non solo dal sistema istituzionale e dal sistema sociale.

Il congresso del popolo sardo nel '50, cioè circa sessant'anni fa, si fa non contro lo Statuto ma per lo Statuto, per la sua piena attuazione, per rivendicare tutti insieme nei confronti dello Stato; e in prima linea non ci sono solo i sindacati che lo promuovono, in prima linea ci sono tutte le formazioni politiche dell'epoca. C'è un movimento di popolo che dà una dimensione di compattezza, di una unità su una rivendicazione condivisa che è il Piano di rinascita, cioè l'attuazione dell'articolo 13 dello Statuto.

Allo stato attuale, invece, il congresso del popolo sardo nasce per dire: "Questo Consiglio regionale non ha né autorità, né autorevolezza, né competenza per mettere mano alla riforma di uno Statuto che non è più adeguato alle sfide di questa società; quindi la parola venga tolta da questo Consiglio regionale e sia di nuovo in mano ai soggetti dell'autonomia, ai soggetti che hanno la responsabilità nei territori: al Consiglio delle autonomie, all'UPI, all'ANCI, che intervengono a pieno titolo nel Congresso del popolo sardo, addirittura al Governo della Regione eletto direttamente dal popolo, quindi legittimato, alle associazioni, imprenditoriali, di categoria, culturali, la Pastorale del lavoro; tutti, tranne il Consiglio regionale della Sardegna". Quello che si vuole dimostrare è l'esistenza di una frattura decisiva, quasi eversiva della volontà popolare, con chi la deve rappresentare legittimamente; e questo a dieci mesi dalle elezioni.

Se io fossi una maggioranza in carica incomincerei a trarne direttamente le conseguenze perché a guidare la giusta protesta (non mi sentiranno mai dire che è ingiusta), la giusta rivendicazione dei sindaci di avere più risorse, più strumenti, più mezzi per affrontare la crisi non c'era solo il presidente dell'ANCI di chiara fede di centrosinistra, c'era anche il sindaco di Cagliari che, grazie al cielo, è un autorevolissimo rappresentante politico del centrodestra.

Allora se queste sono le condizioni, se questo è il contesto, se la finanziaria che noi stiamo discutendo non è compresa, non è neppure condivisa, non è nemmeno minimamente accettata da parte delle organizzazioni sindacali, da parte del sistema associativo generale, da parte delle istituzioni locali, non è accettata come uno strumento adeguato, idoneo ad affrontare la crisi, di che cosa stiamo parlando? Paolo, scusa questo tono confidenziale, molte delle cose che hai detto le abbiamo affrontate, le abbiamo analizzate, alcune le condividiamo, su altre discutiamo, non si potrà dire che questo centrosinistra abbia fatto ostruzionismo, boicottato i lavori della Commissione, imposto i suoi ritmi; il centrosinistra si è reso disponibile, ma questa posizione politica, lo dico alla Giunta perchè se ne renda conto, è indifendibile. Se noi ci arrocchiamo nel difendere questo prodotto che non dà la risposta necessaria, questo Consiglio finirà per essere totalmente delegittimato rispetto alla funzione e al ruolo che deve esercitare; varrebbe la pena di andare a casa domani, io sono il primo, mi iscrivo.

Oppure si fa un altro ragionamento, si prende atto che c'è una protesta generale dei sindaci, che c'è un malessere, un disagio diffuso, una pesantezza della crisi che è insopportabile anche per noi che vorremmo fare qualcosa, ma soprattutto per i lavoratori, e le loro famiglie, che si vedono chiudere gli impianti, che si vedono mandare a casa, che si vedono condannati a una cassa integrazione da miseria, mentre abbiamo un'amministrazione regionale, lo dico senza offendere nessuno (ma vi siete chiesti quanto abbiamo speso, per esempio, per il sostegno al reddito dei lavoratori in cassa integrazione), che fa un bando perché il sistema burocratico, l'impianto che abbiamo costruito, la prima cosa che fa è tutelare se stesso, guai rischiare!

Deve rischiare chi fa politica, deve rischiare chi fa sindacato, deve rischiare il lavoratore che perde il posto di lavoro ma la burocrazia non deve rischiare e allora fa i bandi, produce le circolari, legittime qualche volta, stoppa le leggi, non accelera la spesa ma la rallenta, verifica, ripropone, ridiscute, fa riunioni e nel frattempo la gente muore, e nel frattempo la gente non mangia! Assessore, noi non abbiamo disavanzo; onorevole Maninchedda, non abbiamo debiti, abbiamo promesse di spesa per 11 mila miliardi circa. Promesse di spesa a cui non adempiremo mai mentre ci costringiamo ad approvare bilanci che non si realizzano, spese che non si producono; e ci costringiamo ad approvare bilanci che contengono in sé la falsità perché sono pieni di promesse che non verranno mai mantenute. E lo facciamo all'interno di questo contesto di aperta rivolta verso questa Assemblea: non ci tollera più nessuno. Che cosa vogliamo di più per capirlo?

Questa manovra, lo dico all'Assessore, va rivista e la dobbiamo rivedere a cominciare da domani con i sindaci, la dobbiamo rivedere a cominciare da domani con i sindacati, la dobbiamo rivedere a cominciare da domani con le associazioni dell'impresa, la dobbiamo rivedere con l'intera società sarda e se ci mettiamo una settimana di più non muore nessuno.

Noi dobbiamo fare una manovra finanziaria che risponda alle esigenze che ci sono state manifestate, non possiamo fare una manovra finanziaria che rischia di essere quello che io penso potrà essere: una tiepida, e fra l'altro non accettata, non tollerata risposta del sistema istituzionale regionale che si è riprodotto con la stessa cultura, gli stessi difetti, le stesse modalità di relazione dello Stato centralista. Stato centralista che si copre con una foglia di fico di un federalismo egoista della Lega e che prepara, attraverso le leggi come quella sul federalismo fiscale, una stagione di offesa verso coloro che hanno solo dato in questo Paese e quasi mai ricevuto.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Vargiu. Ne ha facoltà.

VARGIU (Riformatori Sardi). Caro Luciano, poiché la cadenza degli interventi in Consiglio regionale, legata alla dimensione dei Gruppi, fa sì che spesso il tuo intervento venga subito prima del mio, io traggo dal tuo intervento, poiché ti ascolto sempre, spunti di riflessione. E devo dirti che, essendo costretto ad ascoltarti (tu non lo sei per cui puoi già andare a fare merenda o altro), ogni volta noto che c'è una parte significativa di cose sulle quali io la penso come te. E il pensare che il partito dei Riformatori, cioè un partito che ha solide radici nella cultura liberal-democratica, trovi punti di unione forti con un partito che ha tradizione e radicamento nel background comunista qualche riflessione in me la stimola.

Non riesco a svolgere l'intervento classico; io dovrei intervenire difendendo il lavoro della Giunta regionale e della maggioranza alla quale noi lealmente apparteniamo. Devo dire, colleghi, non è difficile, non è difficile nel senso che io sono convinto, lo dico onestamente, ma lo dico anche fuori da quest'Aula, forse sono uno dei non tanti consiglieri della maggioranza che lo fa, che questa Giunta stia cercando di lavorare bene; sono convinto che questa Giunta e questa maggioranza si siano trovate in un finimondo per il fatto di non avere ancora, nel mese di maggio, una finanziaria in mano; e chi fa politica sa che cosa significa un ritardo di cinque mesi nell'inizio della spesa.

Una spesa che è stata, attraverso quella finanziaria, orientata in una maniera sicuramente non meditata politicamente, ma forse anche se l'avessimo meditata politicamente c'era poco altro da fare in quel frangente. Una maggioranza che si è posta alcuni problemi dopo, perché il collega Maninchedda ha sottolineato quanta parte del bilancio 2010, e delle nuove risorse che noi attendiamo dallo Stato, sia già comunque destinata a coprire il buco della sanità: 800 milioni di euro tra quota parte del 2008, nuovo deficit attestato dai direttori generali sentiti in terza Commissione e nuovi stanziamenti per il 2010. Ottocento milioni di euro sono destinati alla sanità. E non stiamo parlando del trasporto pubblico locale o della continuità territoriale, ugualmente nervi scoperti, che sono stati trasferiti integralmente alla competenza regionale da un accordo, forse buono (mi sembra che le discussioni in merito siano state già tante), siglato nella finanziaria del 2007.

A fronte di questa consapevolezza questa maggioranza ha tentato sulla sanità di fare qualcosa. Perché? Perché siamo assolutamente consapevoli che non è un problema di autista, ma è un problema di automezzo. Siamo assolutamente consapevoli che la sanità non cambierà per il solo fatto di sostituire undici direttori generali di fede di centrosinistra con undici direttori generali di fede di centrodestra. Il livello qualitativo complessivo sostanzialmente io credo che, e lo dico con onestà culturale, rimanga assai simile.

E' necessario fornire strumenti di cambiamento se si vuole che, in qualche maniera, la spesa venga messa a regime, non nel senso di una riduzione della spesa della sanità, ma nel senso della consapevolezza che ciò che spendiamo, per molto che sia, sia speso bene e dia servizi di qualità alle persone; persone che non debbono andarsene in Lombardia. Oggi mi sono stati forniti i dati sulla mobilità passiva extraregionale sui quali io penso che dovremmo ragionare, anche chi non capisce di sanità, per verificare che cosa sta succedendo, qual è il livello di fuga dal sistema sanitario sardo di chiunque abbia la capacità culturale per andare a farsi curare le malattie altrove.

Abbiamo fatto una cosa importante, è vero, l'abbiamo fatta male, l'abbiamo fatta estemporaneamente, l'abbiamo fatta senza un confronto, è vero, avete ragione voi e ve l'ho detto varie volte; ed è vero anche quello che sostiene l'onorevole Uras, e cioè che il centrosinistra di questo Consiglio regionale non ha fatto un'opposizione preconcetta, è vero. Vi deve essere dato atto di questo, credo che quel tipo di opposizione non servisse, ma ve ne deve essere dato comunque atto.

Ed è altrettanto vero che il 30 settembre questa Giunta ha presentato la nuova manovra finanziaria, ha presentato il PRS che, è vero, non è uno strumento perfetto, e non ci aiuta il fatto che non sia perfettibile in Aula, forse però non ci danneggia neanche tanto. Sicuramente è qualcosa su cui dovremmo ragionare ancora; non ci sono infatti, io dico che non ci sono, caro Giorgio, tutte le risposte che la Sardegna aspetta in quel PRS, ma non credo che l'Assessore della programmazione avesse la pretesa, pur coinvolgendo tanta gente, di inserire all'interno di quel documento tutte le risposte.

Però, se noi approveremo una legge finanziaria entro il 31 dicembre, il 1º gennaio avremo uno strumento di spesa pur avendo lasciato, è verissimo, tutta la "bassa macelleria" (come normalmente viene chiamata) al cosiddetto collegato e, quindi, "sterilizzando" il dibattito d'Aula da tante cose che, sappiamo, costituivano mille inciampi durante le finanziarie omnibus alle quali eravamo abituati, . E in una Regione dove il 70 per cento del prodotto interno lordo discende dagli investimenti della Regione e dai danari pubblici (parliamo quindi di socialismo reale), avere la possibilità di spendere le risorse il 1º gennaio invece che il 1º maggio è già un dato importante, oggettivamente importante, al di là del centrodestra e del centrosinistra.

Concludo questa parte del ragionamento dicendo che non è stata una difesa d'ufficio, ma una piccola difesa della quale sono convinto, nel senso che sono disponibile a farla dentro e fuori da quest'Aula. Quando la gente per strada mi ferma, perché mi ferma, e mi dice: "Non state facendo niente", io dico le stesse cose che sto dicendo in quest'Aula. Se durante la campagna elettorale noi abbiamo fatto pensare che il presidente Cappellacci e quelli che intorno a lui si sarebbero raggruppati avrebbero fatto miracoli con la bacchetta magica, abbiamo sbagliato noi, perché miracoli, in questa Sardegna, in questa situazione, in questo contesto globale, non ne fa nessuno.

Allora, se siamo consapevoli di questo, e voi centrosinistra in questo Consiglio regionale avete dimostrato di avere sicuramente una parte di consapevolezza comportandovi di conseguenza, e vi deve essere dato atto di questo, possiamo cominciare a porci qualche domanda su quello che stiamo vedendo fuori da quest'Aula in questi giorni.

A me non è mai capitato di vedere 170 sindaci che tentano di sfondare le porte del Consiglio regionale, deve essere una cosa inusuale. Se è una cosa inusuale, mettiamoci sopra un centesimo di riflessione. A me non è mai capitato di vedere, quasi ogni giorno, una manifestazione sotto il Consiglio regionale; manifestazione che provoca nella testa di chi la fa il cosiddetto "legiferare a domanda", nel senso che c'è la convinzione che venendo qui sotto a rappresentare un'esigenza, e avendo il famoso incontro con i Capigruppo, poi ci sia la risposta positiva solo a quell'esigenza che è stata rappresentata qui sotto con i fischietti, le trombe e la manifestazione. Anche questo deve indurre qualche riflessione.

Noi cinque anni fa abbiamo istituito in questo Consiglio regionale il Consiglio delle autonomie locali, a fronte dell'esistenza del Consiglio delle autonomie locali, la seconda camera evocata dal consigliere e amico Cuccureddu, i sindaci cercano di sfondare le porte del Consiglio regionale. Qualcosa non funziona, c'è poco da fare. Qualcosa nel sistema delle istituzioni non funziona.

Il collega Cuccureddu dice: "Le istituzioni sono equiordinate". Verissimo, ma ognuna ha il suo compito. Se non viene più accettato da un'istituzione il compito dell'altra istituzione, e si decide di sfondare le porte d'ingresso di quella istituzione, qualcosa non funziona, qualcosa non funziona neanche nel rapporto tra le istituzioni, ed è una situazione che non può non preoccuparci, anche perché ci sono altri anelli della catena.

Funziona il sistema dei partiti? Colleghi, io credo che non funzioni. I partiti sono nati per intercettare il consenso sociale, per provocare il dibattito tra la gente, per costituire una camera di compensazione tra le sedi elettive e la base. Oggi, i partiti assolvono a questo ruolo? Io ho paura di no.

Ieri, come molti di voi, sono andato ad assistere agli stati generali del popolo sardo, richiamato dal termine roboante con cui era stata annunciata la manifestazione; mi aspettavo pertanto che negli stati generali del popolo sardo si sarebbe espresso il meglio delle idee, il meglio del pensiero, il meglio della cultura, il meglio del ragionamento presente in Sardegna, rappresentato da parti sociali che partecipano alla soluzione dei problemi della Sardegna.

Scusa, collega Diana, sei un sindacalista di fama, ed eri in prima fila ieri, ma devo dirti che io ho assistito a una manifestazione sindacale, non agli stati generali del popolo sardo. Una manifestazione in cui ci sono trombe, fischietti, urla, e dove l'annuncio della malattia del Presidente della Regione viene accompagnata da una bordata di fischi, quasi che si stesse giudicando lo stato di salute del Presidente della Regione, e quindi la sua assenza, non funziona, non funziona! Non è stata una manifestazione in cui siamo andati ad ascoltare e dalla quale, dopo aver ascoltato, siamo usciti con un'idea più chiara sulle proposte di soluzione dei problemi. Siamo stati, invece, in un posto dove c'era tanta gente esasperata - ma di gente esasperata ne vedo, in giro per la Sardegna, dappertutto - e un'istituzione, se il sindacato tale può essere, ha contribuito a gettare il suo litro e mezzo di benzina sulla polveriera dove ognuno butta il suo cerino.

I sindacati dicono che la colpa è dei comuni, i comuni dicono che la colpa è della Regione, la Regione dice che la colpa è del Consiglio delle autonomie locali, poi andiamo tutti insieme a dire che la colpa è a Roma, a Roma prenderemo un charter per Bruxelles per dire tutti insieme che la colpa è a Bruxelles, e rimarremo nella stessa identica situazione in cui siamo ora.

Io vi pongo queste riflessioni, e ne aggiungo un'altra. Io sto in questo Consiglio regionale da dieci anni, ho visto giunte di centrodestra fare finanziarie di sinistra, e giunte di centrosinistra prendere posizioni di destra su argomenti specifici, se la vecchia segnaletica destra e sinistra ha ancora un significato. Che cosa ci dovrebbe insegnare questo?

A me insegna che il 70, 80 per cento delle soluzioni, oggi, non sono più ideologiche; qualche volta sono soluzioni ispirate al buon senso, qualche volta sono, come dire, segnate dallo spartiacque tra la conservazione e il cambiamento. E non è vero che la conservazione sta a destra e il cambiamento a sinistra o viceversa, normalmente chi detiene privilegi, sia di destra o di sinistra, è conservatore, chi i privilegi non li vede di buon occhio e vedrebbe più volentieri una società aperta è riformatore, riformista, vuole il cambiamento.

Allora, chiediamoci tutti insieme, in questa Sardegna, dove diciamo sempre che il problema sono le risorse (lo dicono i sindaci, lo dice il Presidente di Abbanoa, lo dicono i direttori generali della sanità), se il problema sia davvero questo. Ieri, tra le proposte che sono emerse al tavolo sindacale vi è stata quella di un nuovo Piano di rinascita. Ma, se ci dessero 10 mila milioni di euro per un nuovo Piano di rinascita, chi ha le idee per mettere a correre 10 milioni di euro? Le ha il centrosinistra? Le ha il centrodestra?

Io credo che in questa Regione ci sia un deficit forte, reale, di cui noi consiglieri regionali dobbiamo prendere atto, di classe dirigente, di cultura, di conoscenza; se noi non siamo in grado di intervenire su questo deficit spogliandoci del senso dell'appartenenza che ci fa mettere in Consiglio regionale la giacca dei sostenitori della Giunta o degli antagonisti della Giunta, siamo retrò, siamo sorpassati e - ha ragione Uras - verremo spazzati via come un soffio di vento da quelli che, fuori da qui, delle ideologie non se ne fanno più niente e vorrebbero campare, vorrebbero trovare soluzioni.

Il centrosinistra ha soluzioni per la chimica in Sardegna? Se io fossi stato l'Assessore regionale del lavoro ieri, quando è stato fischiato, avrei detto: "Io sono Assessore da un mese. Il presidente Cappellacci è Presidente da nove mesi. Se la chimica sarda è così è colpa mia o di Cappellacci?". Ci saranno state responsabilità diffuse dentro la sala del palazzo dei congressi ieri e ci saranno dentro i nostri partiti oggi? E allora vorremo, nei confronti di queste responsabilità diffuse, ragionare insieme e verificare se insieme abbiamo qualche risposta da dare?

Voi, collega Gian Valerio Sanna, collega Bruno, collega Diana, avete una soluzione per i problemi della chimica?Se così è mi fa piacere. Io, che non ce l'ho, sono in attesa di sentirvela dire e sono in attesa di poterla far partire. Ma siamo in grado di cambiare il mercato internazionale e quindi di risolvere i problemi della chimica sarda? Io penso che se su tutte queste questioni ci confrontassimo in maniera post-ideologica faremmo un regalo alla gente che qui fuori non ha più fiducia in noi, ma non in noi di centrodestra o voi di centrosinistra, in noi Consiglio.

E'per questo che i sindaci vengono a sfondarci la porta, perché a loro l'hanno sfondata nei loro consigli comunali, perché la gente è pronta a sfondare le porte ed è meglio che ce ne rendiamo conto al fine di dare risposte competenti e congruenti rispetto alle richieste che oggi la gente ci fa.

Io non ho altro da dire. Mi fa piacere se continuando a ragionare e a riflettere insieme approfondiremo gli argomenti e chissà che troveremo tanti punti di unione quanti quelli che, paradossalmente, uniscono me e il collega Uras.

PRESIDENTE. Comunico al Consiglio che l'onorevole Zuncheddu, che aveva chiesto congedo, è presente in Aula. Pertanto il congedo si intende revocato.

E' iscritto a parlare il consigliere Capelli. Ne ha facoltà.

CAPELLI (U.D.C.). Signor Presidente, io per l'ennesima volta mi chiedo come mai la discussione sulla manovra di bilancio sia l'occasione per un vero e proprio confronto politico tra le componenti della maggioranza e della minoranza e, a volte, all'interno della stessa maggioranza. Come mai invece di approfondire le nostre valutazioni sulla finanziaria regionale, sul Piano regionale di sviluppo, sul bilancio, utilizziamo questi nostri venti minuti a disposizione per avventurarci o, meglio, per sottolineare le nostre diverse o a volte simili posizioni su argomenti che effettivamente, stando all'ordine del giorno, niente hanno a che vedere con la manovra di bilancio.

Ma voglio iniziare da alcune note positive e, quindi, cercare per il momento di attenermi alla discussione prevista all'ordine del giorno, cioè la manovra di bilancio. Inizio ripetendo ciò che ho detto in Commissione in sede di discussione generale: il primo atto che noi avremmo dovuto fare, a mio avviso, e che un giorno o l'altro faremo, sarebbe dovuto essere quello di cancellare la legge numero 11 sulla contabilità. Perché? L'esperienza ci ha insegnato, in questi anni in cui abbiamo alternativamente proposto le manovre finanziarie, che è una legge sbagliata, che non ci consente, tra l'altro, di leggere in maniera adeguata, opportuna e semplice il bilancio regionale. La cancellazione del bilancio di cassa, per esempio, è una di queste sottolineature.

Al momento, però, le priorità erano altre; e qual è stata la priorità centrata? Quella di presentare una manovra finanziaria, una legge finanziaria nei tempi previsti dalla stessa legge di contabilità. Obiettivamente, do merito all'assessore La Spisa di aver centrato il primo obiettivo, che non è un obiettivo di poco conto perché consente di non utilizzare i mesi di esercizio provvisorio, consente una più celere spesa, forse consentirà anche, per certi versi, di costruire meno residui.

Secondo obiettivo centrato: è una legge finanziaria. Una legge snella, una legge che non dà spazio a elementi intrusi, alle solite leggi finanziarie omnibus che si sono presentate in quest'Aula e, molto spesso, utilizzate per rimediare all'incapacità legislativa nei vari settori ; per cui si finanziavano a volte, come dice il mio collega Oppi, attraverso le cosiddette "marchette" le azioni territoriali di campanile, si rimediava a leggi non fatte, si legiferava attraverso due commi o un articolo, quindi in maniera incompleta; tutto questo è stato evitato. Perciò un plauso prima di tutto a questa manovra finanziaria.

Io in modo particolare ricordo che nell'ultima dichiarazione di voto sulla finanziaria del giugno scorso dissi: "Sarà l'ultima volta che, chiunque la presenti, voterò una finanziaria omnibus, una finanziaria che corre ai ripari un po' su tutto e di più, ma che non rispetta soprattutto la legge di contabilità". Dopodiché ci sono interventi nella finanziaria qualificanti, leggasi il credito di imposta che troppo poco è stato discusso nel corso degli interventi in sede di discussione generale sulla finanziaria, e anche questa è una buona proposta della Giunta regionale; così come il contrasto alla povertà e altri argomenti quale quello della programmazione integrata.

Sono argomenti importanti; 400 milioni circa stanziati nel quadriennio, 100 milioni a partire dal 2010, sono tutte azioni concrete che sono rappresentate in finanziaria. Una finanziaria che l'Aula, ovviamente, attraverso gli emendamenti si consentirà di modificare in piccole parti, di suggerire soluzioni ancora più appropriate per affrontare le difficoltà del sistema economico e sociale; difficoltà che, come è già stato detto, non riguardano soltanto la Regione sarda, però noi dobbiamo parlare dei fatti di casa nostra.

Allora, si è utilizzato tutto questo, e poco si è approfondito sul tema specifico che stiamo discutendo, cioè finanziaria e legge di bilancio, o avventurandoci in alcune discussioni, confondendo l'autonomia con il regionalismo, l'indipendentismo con la successione, parlando di come faremo le riforme e di quale sarà lo strumento più idoneo per farle. C'è solo una cosa chiara in questo momento in Italia e per la Sardegna, cioè il federalismo fiscale. E' l'unica cosa chiara che decisamente, secondo il mio giudizio, penalizza sicuramente la nostra Regione, il nostro bilancio, le Regioni autonome, perciò si richiede più sovranità.

Ovviamente io non sostengo e non mi addentro neanche in questa sede sulla discussione tra indipendentismo, autonomismo, regionalismo e quant'altro, credo che non siano la sede e il momento opportuni, anche se sono comunque pronto al confronto, ovviamente, sulle proposte che possono migliorare la struttura e la situazione economica e sociale della nostra isola passando per modifiche statutarie che portino a una maggiore sovranità, a un maggior indipendentismo e quant'altro.

Faccio solo una rilevazione. Oggi in Italia c'è il vento padano, cioè c'è questo vento verde, questo tappeto verde che si allarga sulla nostra Nazione e riscontro che questo tappeto verde è entrato anche nella regione storicamente più autonomistica d'Italia, cioè la Sardegna. Io credo che su questo noi dovremmo un attimino riflettere e chiederci se siamo stati capaci realmente di gestire la nostra autonomia.

Amici consiglieri, Assessore, Presidente, noi veniamo da una storia autonomistica riconosciuta a livello nazionale tra le più significative d'Italia; siamo passati attraverso non mi ricordo più quanti Piani di rinascita, e se ne ripropongono di nuovi; abbiamo avuto anni segnati da consistenti risorse finanziarie provenienti dall'Unione europea, ricordo l'Obiettivo 1; bene, abbiamo mai ragionato su quanto siamo stati capaci, noi e chi c'era prima di noi, di essere autonomi nell'utilizzo corretto, nella realizzazione concreta dell'autonomia? Lo stato economico, infrastrutturale e sociale della Sardegna mi dice che abbiamo toppato.

Abbiamo avuto, allora, miliardi di lire a disposizione attraverso i vari Piani di rinascita, per non dimenticare i vari contratti d'AREA, abbiamo avuto miliardi di lire e di euro attraverso gli stanziamenti dell'Unione europea; bene, il nostro tessuto sociale ed economico è tra gli ultimi. Quanto siamo stati capaci, noi, di dare indirizzo allo sviluppo? Abbiamo sicuramente finanziato milioni di strumenti, milioni di consigli di amministrazione, milioni di studi, di convegni, ma quanto siamo stati capaci di esercitare la nostra libertà, e quindi indipendenza dalle indicazioni romane? A turno un po' tutti abbiamo sofferto e continuiamo a soffrire di queste indicazioni romane.

E quanto siamo stati capaci di rendere concretamente fruibili dai nostri concittadini, dai sardi quelle risorse che dovevano costituire il salto di qualità della nostra economia? Quando siamo riusciti a costruire un sistema industriale, dato che in quel momento storico (non sta adesso a me o a noi tutti giudicare quel momento) quella scelta dell'industria fu fatta perchè l'Italia, anche in base alle scelte europee, badate bene, aveva scelto la via della chimica, diversamente da altre nazioni che avevano scelto invece la via della produzione agricola o della metallurgia pesante, o quant'altro?

Quella era una scelta di allora; oggi, in maniera cieca, noi stiamo continuando a perseguire quello sviluppo industriale che non esiste, che è anacronistico e che non può esserci in Sardegna; ma questo non vuol dire non avere a cuore i posti di lavoro di quegli operai, non vuol dire questo.

Fin dal 2001, e successivamente nel 2003, proposi a quest'Aula di verificare, attraverso una commissione d'indagine (non d'inchiesta giudiziaria), di conoscenza, avendo stanziato tanti denari che non avevano prodotto nulla, in che cosa avessimo sbagliato per non commettere gli errori del passato. In due fasi l'Aula, ripetutamente, ha rigettato questa proposta, ed io la riproporrò per la terza volta insieme ai colleghi o, meglio, mi accoderò a chi vorrà farla, così non avrò la bandierina, perché c'è anche il problema della bandierina, cioè di quale parte politica o di quale consigliere la propone, ancora non abbiamo superato questi limiti.

Successivamente è stato chiesto sempre in quest'Aula di abbandonare, in senso non solo figurativo, lo sviluppo industriale. Sono state finanziate con i soldi dello Stato riconversioni industriali quali quella di Sesto San Giovanni, di Bagnoli, attraverso la legge numero 121/1987, se non sbaglio, con i fondi governativi sono stati effettuati i risanamenti ambientali dei danni provocati dall'industria. E noi sapete bene quanti danni abbiamo da bonificare in quel di Ottana, in quel di Porto Torres, in quel di Portovesme, in tutte le nostre aree industriali dove l'ENI ha operato; perché dobbiamo pagare noi questo risanamento?

In quei siti sono stati finanziati dieci anni continuativi, non è esistita per questi dieci anni la mobilità, la cassa integrazione, perché quelle forze lavoro sono state reintegrate nel ciclo di bonifica; quindi dieci anni davanti a noi per pensare a una sana costruzione, programmata, dello sviluppo economico della nostra Sardegna. Una Sardegna che non deve dimenticare le sue origini, le sue peculiarità, le sue materie prime, la sua cultura, i suoi canali di sviluppo già scritti nella storia e che noi dobbiamo soltanto riprendere e ripercorrere.

Si parla molto di industria. Io sono andato a Roma a manifestare con gli operai, insieme ai colleghi che hanno avuto la sensibilità di esserci; io ho manifestato, e credo anche loro, per portare avanti una vertenza Sardegna (in quel momento l'apice della crisi era rappresentato da ALCOA) nei confronti dello Stato, di un Governo centrale che m'interessa poco definire amico o nemico politicamente, perché in questi anni io ho visto solo Governi nemici, qualsiasi colore avessero.

La storia dei fondi FAS è una storia lunga che ancora paghiamo, la storia del G8 la paghiamo ancora, però continua a essere finanziato il ponte di Messina, queste sono incongruenze! Questa è sussidiarietà? E non posso dimenticare, però, che non siamo stati capaci di spendere le risorse messe a nostra disposizione per manifestare la nostra totale autonomia nella programmazione dello sviluppo economico e sociale della nostra Isola. E allora come fare?

Io non sono riuscito a capire in questi anni, ed è già qualche anno che frequento quest'Aula, quale sia la sede opportuna per confrontarsi e per costruire un progetto comune; qual è la sede opportuna? Dove ci dobbiamo confrontare? Dove dobbiamo scrivere il nostro progetto, il progetto che noi abbiamo l'obbligo di presentare alla Sardegna? A me non piace pensare che quanto più un'altra forza politica cade in disgrazia, tanto più io ne trarrò vantaggi, non mi piace pensare questo; a me piace confrontarmi con i colleghi presenti in quest'Aula, che sono stati legittimati da un voto popolare per portare all'attenzione di tutti le istanze del loro territorio di provenienza, e quindi anche le soluzioni che avranno presentato ai propri elettori; io sono tra coloro che pensano che i comuni siano l'anima della struttura organizzativa dello Stato, e non lo dico solo io, lo dice la storia d'Italia.

Io ritengo che i comuni debbano vedere il pieno rispetto del loro ruolo, anche perché sono i rappresentanti del popolo di frontiera, ma ritengo anche che debba esserci una chiara distinzione di ruoli. Questa è un'Assemblea legislativa, che si deve assumere la responsabilità delle leggi che propone e che approva in quest'Aula. Noi, da troppo tempo viviamo dando risposta alle pressioni: del mondo del lavoro, del mondo istituzionale altro che governa la nostra Regione, del mondo sociale, e siamo chiamati, di volta in volta, di giorno in giorno a dare risposte a singoli casi; ma non siamo ancora riusciti, e il Programma regionale di sviluppo, i Programmi regionali di sviluppo che di volta in volta, nelle varie forme e con le varie diciture, sono stati presentati in quest'Aula ne sono buoni testimoni, a dare risposte concrete e articolate attraverso l'onere della proposta; proposta che non sempre è condivisa dal cento per cento dei cittadini, ma noi abbiamo tutti insieme l'onere di segnare una via, per questo siamo stati indicati, qui, a rappresentare i sardi.

Il Piano regionale di sviluppo in discussione non si può dire che non individui le cause di uno stato di malessere generale. L'anamnesi in esso contenuta è assolutamente condivisibile, anche la diagnosi è condivisibile; forse manca una terapia adeguata. Ma la stessa legge di contabilità dice che cosa deve essere il Programma regionale di sviluppo, io credo sia un atto presentato comunque all'attenzione del Consiglio regionale, aperto alla discussione, certo non agli emendamenti perché non è possibile emendarlo.

Può essere l'indicazione di una via, un'apertura a considerazioni che si possono fare tra di noi: rimandiamo tutto al DAPEF, rimandiamo tutto alle proposte concrete che mancano purtroppo nel Programma regionale di sviluppo, sul quale vorrei per il momento soprassedere, non è l'elemento forte sicuramente di questa manovra finanziaria, non lo è, è inutile negarlo.

Poi c'è il bilancio ed è sul bilancio che quest'Aula, nel suo insieme, credo debba intervenire e stabilire quali sono le priorità. Ha detto bene qualche collega nei precedenti interventi quando, parlando per esempio dell'università, si è detto che non tutti possono avere l'università sotto casa, sono assolutamente d'accordo. Assolutamente d'accordo. Stabiliamo che tipo di università noi vogliamo nella nostra isola, che tipo di istruzione e di formazione dobbiamo dare ai nostri giovani, stabiliamo anche il diritto a esistere di alcuni territori.

Caro collega Zedda (se non sbaglio è lui che ha parlato sulla sede sotto casa), è vero quanto detto, però è anche vero che lì dove sono nate delle facoltà, faccio per esempio una considerazione su Scienze dell'amministrazione, queste poi siano state espropriate dai due poli cosiddetti forti della Sardegna e oggi gli studenti nuoresi sono costretti a viaggiare per poter frequentare e dare gli esami. Non mi sembra una cosa corretta.

Certamente dobbiamo fare delle scelte, ecco perché io sostengo che dobbiamo incontrarci anche fra territori con l'ausilio degli enti locali, delle province, dei comuni e fare insieme una scelta di sviluppo. Io non voglio tutto per la mia città e la mia provincia, io dico semplicemente ai colleghi di Oristano, per esempio, che noi sosterremo sempre e comunque uno sviluppo del vostro porto industriale, uno sviluppo di tipo turistico-balneare, marino, costiero e anche lacustre. Sosterremo lo sviluppo di Fenosu, sosterremo lo sviluppo agricolo, lo sosterremo e non duplicheremo le proposte; così come sosterremo la Gallura per la sua propensione a essere la guida turistica della Sardegna, per l'offerta turistica che possiede, sicuramente, non ci sovrapporremo a quelle proposte.

Vorrete sostenere voi, colleghi di Cagliari, di Oristano e di Sassari, un progetto di sviluppo delle zone interne basato, anche e soprattutto, sul terziario se blocchiamo lo spopolamento? Su un'unica terza sede della Università senza ulteriori duplicazioni delle varie facoltà in tutti i singoli paesi? Chiediamo una cosa e siamo disponibili a sostenerne dieci. Forse questo è il momento per decidere; ma qual è il luogo dove trovarci per discutere di questo? Noi che abbiamo la patente data dal popolo per discutere in questi termini dello sviluppo, dove ci dobbiamo ritrovare per decidere?

Questo è il momento! La sede, però, non è la legge finanziaria; la legge finanziaria può in qualche modo indirizzare, ma secondo me dobbiamo iniziare ad aprire il confronto su proposte che, riprese dalle Commissioni o dai singoli Gruppi e consiglieri, potranno trovare una sintesi nei progetti di legge. Aiutiamoci a trovare un metodo che ci faccia uscire da queste sterili visioni che a nulla servono, che non ci portano a nulla, sola a una semplice ricerca del consenso che acquistiamo invece di conquistarlo.

Bene, io voglio ripartire dalla conquista del consenso, non dall'acquisto del consenso; lo voglio conquistare con la forza delle idee e degli ideali anche, non forse delle ideologie, ma degli ideali, dei valori e delle azioni che devo portare all'attenzione del popolo sardo per dirgli: ho lavorato cinque anni, ho dato il mio contributo, ho qualcosa da dire, ho qualcosa da far vedere. Forse ho contribuito, nel mio piccolo, a fare un passo avanti non guardandomi necessariamente per cinque anni sempre indietro, per fare analisi e fare diagnosi senza arrivare mai a una terapia.

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Bruno. Ne ha facoltà.

(Interruzione del consigliere Diana Mario)

BRUNO (P.D.). Presidente, chiedo la verifica del numero legale.

(Appoggia la richiesta il consigliere Uras.)

Terza verifica del numero legale

PRESIDENTE. Dispongo la verifica del numero legale con procedimento elettronico.

(Segue la verifica)

Prende atto che i consiglieri Cappai e Sabatini sono presenti.

Risultato della verifica

PRESIDENTE. Sono presenti 53 consiglieri.

Risultano presenti i consiglieri: AMADU - ARTIZZU - BARRACCIU - BEN AMARA - BIANCAREDDU - BRUNO - CAMPUS - CAPELLI - CAPPAI - CARIA - CHERCHI - CONTU Felice - COSSA - CUCCUREDDU - DE FRANCISCI - DEDONI - DESSI' - DIANA Giampaolo - DIANA Mario - ESPA - FOIS - GRECO - LADU - LAI - LOCCI - LOTTO - MANCA - MANINCHEDDA - MELONI Francesco - MELONI Valerio - MULAS - MURGIONI - OBINU - PERU - PIRAS - PITEA - PITTALIS - RODIN - SABATINI - SANJUST - SANNA Gian Valerio - SANNA Matteo - SANNA Paolo - SECHI - SOLINAS Antonio - SOLINAS Christian - STERI - STOCHINO - URAS - VARGIU - ZEDDA Alessandra - ZEDDA Massimo - ZUNCHEDDU.

Poiché il Consiglio è in numero legale, possiamo proseguire i lavori.

E' iscritto a parlare il consigliere Mario Diana. Ne ha facoltà.

DIANA MARIO (P.d.L.). Signor Presidente, mi faceva gola chiedere la verifica del numero legale, quindi chiedo scusa al collega Bruno se ho interrotto. Però, mi fa anche gola fare una qualche considerazione sulle cose che abbiamo ascoltato. Magari mi sarebbe piaciuto avere un ruolo diverso da quello di Capogruppo, comunque del Gruppo più importante di questo Consiglio regionale, di quel Gruppo che ha la responsabilità, anche dal punto di vista delle proposte, di far sì che questo Governo regionale risolva molti dei problemi che mi è parso di cogliere nel ragionamento, per esempio, dell'onorevole Cuccureddu, essere di facilissima soluzione.

Io veramente la invidio, onorevole Cuccureddu, io vorrei essere cittadino di Castelsardo, vorrei che lei diventasse il sindaco della Sardegna perché lei fa una chiara esposizione dei problemi ai quali trova sempre la soluzione, salvo poi annunciare che presenterà degli emendamenti sui quali non avrà difficoltà a schierarsi col centrosinistra. Io aspetto di verificare se il centrosinistra voglia schierarsi con lei! Onorevole Cuccureddu, lei ha votato per il Presidente, ha votato la prima manovra finanziaria, ha votato il collegato alla finanziaria, ha votato il Piano casa, è andato in giro a chiedere i voti in nome e per conto del centrodestra e, poi, si presenta in quest'Aula annunciando con nonchalance che presenterà degli emendamenti che siano condivisi o meno.

A questo punto ci poniamo un problema dal punto di vista politico; immagino che questa sia la sua posizione, spero che rimanga una posizione isolata, è certamente una posizione che non possiamo condividere. Non è la prima volta che lei fa interventi di questo genere, ne ha fatto anche di più pesanti. Io ho risposto già altre volte ai suoi ragionamenti. La realtà è che noi siamo - lo hanno ricordato moltissimi colleghi, di maggioranza e di opposizione, debbo dire -in presenza di una situazione di gravissima emergenza e su questa base questa Giunta regionale fa le sue proposte a questo Consiglio regionale. In questo contesto intendo ringraziare il Presidente della Commissione che, per la seconda volta, si prende la responsabilità forte, impegnativa, di essere relatore di maggioranza, pur avendo una ideologia probabilmente diversa, anzi certamente diversa, da quella del P.d.L.

Questo però non esclude che col collega Maninchedda ci si possa misurare, certamente, sui problemi della finanziaria e per quanto mi riguarda la sua relazione, onorevole Maninchedda, quella allegata al documento che abbiamo in esame, è totalmente condivisa. Qualche parziale differenza non la debbo esplicitare in questo momento, l'ho già detto altre volte, quando sarà il momento ci misureremo.

Ultimamente si è parlato molto di Statuto, se n'è parlato a Nuoro, se n'è parlato ieri in diverse piazze, in diversi alberghivorrei dire, io per esempio ne ho parlato in un altro albergo; infatti ero, credo gradito ospite del presidente Cossa, all'assemblea dell'ASEL e ne ho parlato in quella circostanza. Non ho detto però che c'è necessità di uno statuto; addirittura ho detto che secondo me, ma l'ho detto a titolo personale, secondo me forse sarebbe meglio fare altre cose.

Questo mondo però è "pieno di Statuto", tutti vogliono riformare lo Statuto, tutti vogliono modificare lo Statuto e noi del P.d.L., che abbiamo una proposta pronta, scopriamo oggi che l'onorevole Gian Valerio Sanna si affretta a dire: "noi stiamo presentando una bozza di Statuto." Noi l'abbiamo pronta, quindi credo che dopodomani faremo la conferenza stampa perché così almeno si chiarisce che partiamo da un presupposto, da un punto di vista diverso, certamente.

Ciò che io voglio dire, all'onorevole Maninchedda, all'onorevole Capelli, ai colleghi della minoranza, anche al collega Uras, è se pensiamo veramente di risolvere tutti i nostri problemi cambiando lo Statuto. Professor Maninchedda, quando più di sessant'anni fa è stato emanato il nostro Statuto, i sardi di allora erano convinti che con lo Statuto si risolvessero tutti i problemi? Sono passati sessant'anni, di problemi ne abbiamo certamente risolto tantissimi, poi è iniziato un periodo nel quale i problemi non si sono più risolti e oggi e ci troviamo davanti problemi la cui risoluzione non dipende assolutamente dal nostro Statuto.

E' bene che ce lo diciamo, perché altrimenti stiamo vendendo ai nostri amici, agli elettori, ai cittadini, alle organizzazioni, ai sindacati, agli imprenditori (e tornerò sugli imprenditori), un qualcosa di assolutamente falso.

Stiamo cercando di salvarci e a qualcuno che ha chiesto: "ma quali sono le idee?", anch'io dico: "ma quali sono queste idee straordinarie da mettere dentro lo Statuto e che dovrebbero traghettare la Sardegna in un'epoca migliore?" Io non ho sentito nulla di tutto questo. Una volta l'onorevole Uras mi disse che forse sarebbe stato meglio fare una buona legge statutaria e lasciare immutate quelle quattro pagine dello Statuto sardo in memoria di chi le ha scritte, di chi le ha condivise, dei partiti di allora. Facciamo pertanto qualcosa di diverso.

Ma io non voglio ragionare su questo, io voglio ragionare sul fatto che noi dovremmo veramente impegnarci (c'è stato un richiamo dell'onorevole Capelli anche su questo) a inventare qualcosa di diverso, ma non è possibile se questa Giunta regionale, questo Presidente della Regione, noi Consiglio regionale si è sistematicamente chiamati a risolvere le emergenze ; non facciamo altro infatti che stanziare risorse per salvare le aziende decotte. Non ho sentito alcuno parlare delle aziende che in Sardegna vanno bene, per esempio le 40 mila imprese agricole i cui addetti quotidianamente "sputano il loro sangue" sul terreno. Non ne parla nessuno, eppure sono circa 200, forse 250 mila le persone che vivono ancora oggi in Sardegna dall'agricoltura. Nessuno ne parla!

Parliamo però di Alcoa, parliamo di Portovesme, parliamo di Porto Torres, parliamo di Ottana, parliamo di quelle aziende che, certamente, hanno grossissimi problemi, problemi però non imputabili a questa amministrazione regionale. Onorevole Giampaolo Diana, probabilmente neanche alla precedente amministrazione regionale, questo lo voglio dire. Ma, vivaddio, che qualcuno una volta si sia messo in testa di chiedersi che cosa possiamo fare, noi, con la chimica; e questo è un argomento che con l'onorevole Diana ho già affrontato.

Ma noi con l'Alcoa che cosa intendiamo fare? Possiamo forse restare sempre appesi ai malumori degli americani, in questo caso, ma potrebbero essere anche russi, svedesi, o altri, per il fatto che non riusciamo a fornire energia a un prezzo competitivo? E quando saremo in grado di fornire energia a un prezzo competitivo? Il collega Pitea, che ogni tanto dà buoni suggerimenti, mi suggerisce che può avvenire solo col nucleare, lo ha detto lui ovviamente, ma non ci pensiamo minimamente. Io invece dico: "è possibile che in Sardegna nessun'altra azione sia possibile fare se non quella di salvare ciò che non è salvabile, e nessuno si interessi delle migliaia di imprese sarde che quotidianamente comunque danno da mangiare a una, due, tre, più famiglie? Ma nessuno si interessa di queste persone?

Ma, onorevole Uras, in questa Regione esistono solo i problemi sociali, esistono solo i disperati? Esistono solo quelli che non hanno un posto di lavoro? Quelli senza ammortizzatori sociali? Ma non esiste anche un'altra parte della società che ci guarda e che ci ascolta? Ci vogliamo rivolgere qualche volta anche a loro? Io credo che sia opportuno.

Io mi vorrei rivolgere ai malati, come ha fatto l'onorevole Vargiu, non ho la stessa capacità ma questa volta sulla sanità qualcosa la voglio dire perché anche quel Piano sanitario regionale è stato concepito qui dentro, scritto in quest'Aula da 15, 16, forse 18 autorevolissimi colleghi consiglieri regionali medici. Nonostante tutto la sanità non va avanti lo stesso; e allora debbo continuare a pensare che è giusto che solo i medici si interessino di sanità? Debbo continuare a pensare che solo gli economisti si debbano interessare dei gravi problemi finanziari della Regione Sardegna? Devo continuare a pensare che non sia possibile risolvere il problema del patto di stabilità?

Sappiamo tutti che è un grosso problema, però poi scopriamo che quelle stesse amministrazioni che vengono in questa Aula a protestare vigorosamente, anche fuori dalle righe, hanno 70 milioni di euro impegnati in lavori pubblici che non vanno in appalto. Si tratta di amministrazioni provinciali, e neanche delle più grandi, che hanno queste risorse impegnate da oltre sei anni e ancora i progetti non sono approvati, i cantieri non sono aperti.

Tutti però parliamo delle opere infrastrutturali. Le opere infrastrutturali!, ma avete un'idea di quanti soldi sono fermi nelle pubbliche amministrazioni locali sarde per le infrastrutture? E' una marea di danaro, è una marea di danaro! E però il Fondo unico non basta. E quando basta il Fondo unico?

Su questa questione del Fondo unico, lo dico all'onorevole Maninchedda, lo dico a tutti, anche all'Assessore e all'onorevole Giacomo Sanna, stasera o domani credo ci sia un incontro con il Presidente dell'ANCI; un incontro richiesto in quest'Aula e che gli è stato concesso. Per carità, ascoltiamo tutti quanti, figuriamoci! La ricetta certamente noi non l'abbiamo; però, se si inizia questa pericolosissima deriva del Consiglio regionale, veramente daremo vita a una delle peggiori stagioni politiche che la storia della Sardegna ricorderà. E' tempo di finirla! le amministrazioni locali esistono, ma io al collega Cuccureddu dico di decidere una volta per tutte: se vuole fare il sindaco faccia il sindaco, se vuole fare il consigliere regionale parli da consigliere regionale.

Io non faccio lobby, io non voglio assolutamente fare congreghe, però gli interessi delle amministrazioni locali hanno la nostra attenzione quando interessano tutti i sindaci e, soprattutto, noi abbiamo molto a cuore gli interessi dei cittadini. Non si viene qui, pertanto, indossando la fascia tricolore a parlare una volta per l'uno e una volta per l'altro, sia ben inteso. Questa è un'Aula solenne; questa è un'Aula dove, quando si parla, ciò che si dice deve essere profondamente meditato: non veniamo qua a fare i giocherelloni pur sapendo fare anche quello.

Una delle cose che mi dispiace è che non posso fare più dell'ironia in quest'Aula, era forse una delle cose che mi riusciva meglio ma, ahimè, non riesco a essere ironico con l'assessore La Spisa, non riesco a essere ironico con nessuno, anzi, sono piuttosto conturbato e contrariato (lo dico da Capogruppo di un Gruppo di 29 consiglieri) per quello che sento dire del Presidente della Regione e del Presidente del Consiglio.

Mi avvalgo di questa forza e, con tutto il vigore che merita, dico che al termine di questa settimana la finanziaria poteva essere già approvata, senza produrre effetti politici particolari né per la sinistra, né per la destra, né per il centro, ma solo nell'interesse dei sardi. E allora perché ci stiamo attardando tanto? Perché vogliamo ancora tirare la fune? Dove vogliamo arrivare? È una finanziaria agile, snella, lo hanno detto tutti, non ci debbo mettere le mani io perché l'ho letta e riletta tante volte.

Il Programma regionale di sviluppo è il programma di governo, è una proposta che l'Assessore, la Giunta, il Presidente fanno a questo Consiglio regionale, non è un vangelo, né poteva esserlo, qualcuno ha detto: "Non è emendabile", no, non è emendabile perché è la proposta della maggioranza, non è la proposta dell'opposizione.

E' la proposta della maggioranza, è con questo documento che ci si presenta agli elettori. Peraltro non abbiamo modificato neanche il Programma regionale di sviluppo del presidente Soru, ce ne siamo guardati bene perchè era abbastanza difficile da modificare. Ma su questo Programma si possono effettuare delle valutazioni? L'onorevole Capelli l'ha fatto e io non sono d'accordo con le sue considerazioni, ma non vuol dire che dobbiamo essere sempre tutti d'accordo.

Anch'io ho notato delle carenze, certamente, ma sappiamo tutti quanti che questo documento ha bisogno di aggiornamenti continui, che avrà; ma le linee guida, gli indirizzi, il progetto che noi abbiamo per la Sardegna credo che siano presenti; il progetto lo è, quantomeno nella semplicità della formulazione. Non lo dico io, è stato detto già da altri e non in quest'Aula, chissà perché lo hanno letto anche delle persone non di centrodestra, ma di sinistra e piuttosto acculturate, lo hanno letto per curiosità, per dire una volta per tutte: "Ma, insomma, questi della destra le vogliono fare le riforme, più di quelli di sinistra o meno di quelli di sinistra?".

Vedendo quello che sta succedendo oggi in Italia, ma io dico in Sardegna, mi pare proprio di poter affermare con certezza che oggi chi vuole fare le riforme è il centrodestra, mentre il centrosinistra è appiattito, il centrosinistra non ha idee, il centrosinistra deve curare i propri mali (come li abbiamo vissuti noi, li state vivendo anche voi), fatevene una ragione: avete perso le elezioni, ma contribuite con noi a risollevare le sorti di questa Regione, smettete una volta per tutte questo atteggiamento perché non è questo il modo di fare le riforme. Le riforme si fanno in quest'Aula, qualcuno le vuole fare fuori, io rimango del parere che quest'Aula è legittimata dagli elettori quanto i sindaci, quanto i presidenti delle province, ed è legittimata a modificare lo Statuto se lo vuole, a fare una legge statutaria se lo vuole, a fare tutte quelle leggi che possano tirarci fuori da questa stagnazione ormai insostenibile.

I cittadini bussano quotidianamente alle porte del Palazzo, c'è una manifestazione ogni giorno, e voi correte a frotte a sostenerli. Ma non sarà il caso di cominciare a dire anche no qualche volta? Stamattina abbiamo ricevuto, nell'intervallo del pranzo, i sindacati dell'Ente foreste, li abbiamo ricevuti congiuntamente, maggioranza e opposizione; ci hanno rappresentato certamente una situazione grave, ma vorrei dire che non è gravissima perchè ve ne sono ben più gravi. Abbiamo il coraggio di incominciare a dire a quelle persone, che certamente hanno qualche problema, che ci sono altre persone in Sardegna che di problemi ne hanno molti di più, e che per una volta, per un anno, per una legislatura, forse, io dico di no, ma almeno per una finanziaria, due finanziarie, abbiamo deciso che chi ha almeno il pane, ce l'ha e se lo tenga, mentre cerchiamo di dare una mano a quelli che non ce l'hanno, e soprattutto cerchiamo di non far cadere quelli che non hanno mai chiesto niente?

Mi riferisco agli addetti di quelle famose imprese di cui ho parlato precedentemente, persone taciturne, persone che votano a destra, a sinistra, al centro, che non hanno un colore, che la mattina sollevano la serranda, che devono fare i conti con i direttori delle banche, che devono fare i conti con le finanziarie, che devono fare i conti con coloro che non li pagano. Ma queste persone chi le sta considerando all'interno di quest'Aula? Me lo volete dire? Nessuno le sta considerando, e stanno diventando i peggiori nemici della politica.

Chi, infatti, ha bisogno di questa politica? I disperati, certamente, i cassintegrati, certamente, i sottoccupati pure, dei malati meglio non parlarne; quelli che non hanno bisogno, o che non vogliono essere quantomeno penalizzati, sono quelli che oggi parlano male della politica, e quando parlano male della politica parlano male di voi e di noi, parlano male dell'onorevole Maninchedda e dell'onorevole Diana, anche dell'onorevole Cuccureddu, che non è esente da questa critica.

Stiamo allontanando la gente dalla politica. Non può continuare così. Io credo, faccio un appello,che sia necessario un grande esame di coscienza da parte di tutti e chiederci se stiamo perseguendo gli interessi dei cittadini, o se ci stiamo preoccupando delle camarille . Se questo è, io non sono d'accordo.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Bruno. Ne ha facoltà.

BRUNO (P.D.). Signor Presidente, colleghi consiglieri e signori Assessori, questa finanziaria si caratterizza soprattutto per due elementi rilevanti, inusuali. Il primo è che probabilmente riusciremo ad approvarla entro il 31 dicembre, e quindi entro i termini. Il secondo è che col 2010, e quindi con questa finanziaria va a regime il nuovo quadro delle entrate, frutto di quel successo del Consiglio regionale e del popolo sardo conquistato nella scorsa legislatura, che caratterizza fortemente anche questa manovra di bilancio.

L'approvazione nei termini, un primato dopo circa 10 anni, credo non sia sufficiente per avere la coscienza a posto, soprattutto se poi nel collegato (è stato fatto nel 2009 e così si farà nel 2010), si inseriranno quelli che sono stati definiti interventi di "bassa macelleria". Cioè noi approviamo una finanziaria snella, di cinque articoli, e un provvedimento omnibus subito dopo. Un provvedimento che va oltre le leggi di settore, che interviene a soddisfare invece esigenze particolari, come è avvenuto nel 2009, e che va contro quell'impostazione che invece si voleva dare di metodo nel legiferare attraverso leggi di settore, nel legiferare attraverso un corretto funzionamento di questo Consiglio regionale.

Sulla vertenza entrate, noi abbiamo detto, l'abbiamo detto anche come Partito Democratico, che il nuovo regime delle entrate va difeso, va difeso con determinazione perché è un patrimonio di tutti i sardi; e la Giunta regionale, l'assessore La Spisa, correttamente hanno riconosciuuto, nonostante alcuni esponenti del centrodestra anche nella scorsa legislatura affermassero il contrario, che le risorse previste dalla riscrittura dell'articolo 8 dello Statuto nel nostro bilancio ci sono.

Siamo certi che la legge che le prevede sia indiscutibile, che non siano indispensabili norme di attuazione; ciascuno di noi deve stare attento insomma a difendere nei rapporti con lo Stato quelle risorse. Prendiamo atto delle dichiarazioni di oggi dell'assessore La Spisa sull'utilizzo dei residui nel bilancio dello Stato per venire incontro alle esigenze della Sardegna. A mio avviso occorre invece agire sull'altro fronte, quello del Patto di stabilità sul quale va condotta una battaglia comune perché è necessario, e lo dobbiamo spiegare anche ai sardi, che tutte le risorsedevono essere spese, altrimenti il successo ottenuto servirebbe poco a noi e soprattutto poco ai sardi.

Senza questa modifica da parte del Governo è impossibile che gli effetti sulle nuove entrate producano sviluppo. Pertanto dobbiamo anche interrogarci sulla strategia, su come - poi ne parlerò - dobbiamo impostare la nostra rivendicazione nel rapporto con lo Stato, perché si tratta comunque di diritti.

Il problema è se la nostra specificità possa e debba essere riconosciuta dal Governo, perché viviamo un momento drammatico, eccezionale, di crisi socio-economica nella nostra Isola, e quindi quella deroga al Patto di stabilità che noi chiediamo ha ragione, ha significato, in virtù proprio di questa crisi; e, ancora, se quelle scelte strategiche importanti, che siamo chiamati a fare, anche attraverso la finanziaria ma soprattutto con il Programma regionale di sviluppo, possono trovare un momento di confronto con lo Stato sulla base di alcuni vincoli che noi ci assumiamo.

Questo miliardo e 350 milioni circa, al netto di trasporti e sanità, possiamo utilizzarlo per finanziare scelte importanti e su quelle scelte confrontarci. Un esempio; noi abbiamo scritto nel collegato: fotografiamo la situazione dell'industria, della chimica, facciamo un piano straordinario e nel frattempo pensiamo al futuro. L'occasione per pensare al futuro era il Programma regionale di sviluppo; però mettiamo una parte, abbiamo detto 500 milioni, di quelle nuove entrate per affrontare questa crisi con un obiettivo, quello di non perdere nessun posto di lavoro chiedendo al Governo di fare altrettanto.

Se noi investiamo su grandi progetti strategici, quindi sul lavoro, sull'occupazione, sulle infrastrutture, su fattori determinanti della crisi che viviamo, se ci poniamo dei vincoli come Consiglio regionale, abbiamo un'arma in più anche nei confronti del Governo per dire: "Noi stiamo facendo la nostra parte, c'è una crisi drammatica in Sardegna, la deroga che chiediamo sul Patto di stabilità ci rende specifici e speciali, anche di fronte e nei confronti con le altre realtà".

Siamo di fronte a una nuova vertenza Sardegna, l'ho detto l'altro giorno nell'incontro con i sindaci, ma in precedenza anche a Nuoro, abbiamo fatto la nostra parte nella scorsa legislatura ma non basta. C'è una crisi che ha necessità di una forte mobilitazione, che ha necessità di una battaglia di popolo che veda le istituzioni unite. Noi non ci tiriamo indietro di fronte alle esigenze dell'unità, e l'abbiamo dimostrato, se il Governo regionale fa gli interessi della Sardegna. Dicevo, quindi, di una forte mobilitazione che parta da un modo di concepire il rapporto Stato-Regione quale c'è sempre stato in Sardegna in questi sessant'anni: un rapporto di leale collaborazione ma conflittuale sulle esigenze della Sardegna, dove la battaglia sulle entrate è la battaglia dei nostri cittadini, una battaglia di popolo, perché quello che vogliamo affrontare è la crisi drammatica, complessiva della nostra Regione .

Io entrerò successivamente nel merito del Piano regionale di sviluppo, allo stato devo dirle che questa finanziaria, assessore La Spisa, secondo me è una finanziaria snella, senz'altro, ma poco coraggiosa. Poco coraggiosa perché non si assume un'iniziativa forte; non bastano 300-400 milioni di euro per le attività produttive, per lo sviluppo, per le imprese, come diceva il collega Diana, io credo che sia necessario almeno il triplo.

Occorre una politica coraggiosa a favore delle imprese e, contemporaneamente, lo chiederemo con un pacchetto di emendamenti, rafforzare le politiche per il lavoro, rafforzare il sistema di welfare regionale tentando di dare risposte anche a chi ha perso il lavoro. Penso agli ultracinquantenni ma non solo, faremo delle proposte emendative in questo senso. Penso alle famiglie, in particolare a quelle, e sono tantissime, che stanno vivendo con sofferenza una fase di disagio sociale.

Nella finanziaria accennate a una modifica del sistema di computo, soprattutto per le famiglie numerose, nel senso che volete calcolare gli eventuali sostegni alle famiglie non più in base all'ISE ma in base al metodo della situazione economica equivalente. Questa modifica può andar bene, però occorre capire se la finanziaria è il luogo dove affrontiamo le politiche della famiglia, cerchiamo di dare soluzioni prendendo l'impegno, subito dopo l'approvazione della finanziaria, di fare una legge organica sulla famiglia, oppure se facciamo solo degli spot.

Noi una proposta di legge in merito l'abbiamo presentata e l'abbiamo già illustrata in Commissione, però occorre affrontare i problemi, non possiamo limitarci ad inserire semplicemente una norma che magari va incontro a una parte delle famiglie annunciando provvedimenti che invece bisogna affrontare nel dettaglio. Penso alle fasce sociali, penso a una tariffa unica per il bene acqua e a delle agevolazioni nella bolletta per le fasce sociali più deboli. Questo può avvenire solo se evitiamo la privatizzazione e quindi se dotiamo i comuni delle risorse finanziarie necessarie per ricapitalizzare Abbanoa; anche su questo punto faremo proposte emendative.

Sempre in finanziaria secondo me è importante l'intuizione, contenuta nell'articolo 2, sul credito d'imposta che sancisce un principio sulla base dell'accordo, tutto da verificare, tra l'Agenzia regionale delle entrate, istituita nella scorsa legislatura, e quella dello Stato sulla possibilità di politiche di defiscalizzazione e di decontribuzione; per analogia, con un altro emendamento qualificante noi chiediamo l'estensione di questo principio alle zone franco-urbane. Noi vogliamo affrontare questo tema in finanziaria; lo Stato ha riconosciuto tre zone franco-urbane alla Sardegna, tra l'altro tutte a sud dell'Isola, sulla base di un indicatore socio-economico utilizzato nello studio effettuato dall'Osservatorio economico nella scorsa legislatura. La proposta faceva capo all'Assessorato dell'industria e riteneva nove comuni della Sardegna idonei. Noi riteniamo che, anche attraverso la finanziaria, sulla base di questo accordo tra l'Agenzia delle entrate regionale e quella statale, si possano estendere le zone franco-urbane riaprendo i bandi e magari utilizzando anche misure POR specifiche.

Questa finanziaria io penso che debba essere più coraggiosa anche sul versante delle politiche a favore della disabilità, degli anziani; su questi aspetti presenteremo emendamenti. Nel campo della scuola ribadiremo la nostra proposta di un piano di messa in sicurezza delle scuole sarde. Soprattutto credo che dovremo rafforzare, lo dirò anche parlando del PRS, se mi rimane un po' di tempo, la nostra tensione nei confronti dello Stato che non ottempera né agli annunci né alle promesse; le ultime sono quelle formulate dal premier Berlusconi a Olbia qualche giorno fa.

Lei ha fatto bene, Assessore La Spisa, a rimarcare che la soluzione al problema della Sassari-Olbia si trova nella delibera Cipe. Non c'è un'altra soluzione, non lo è neanche l'ordinanza che forse farà il presidente Berlusconi per stanziare pochi milioni di euro, per iniziare i lavori insieme a quelli dell'aeroporto di Olbia. La soluzione è nella delibera Cipe, è nella spendita di fondi FAS, è nell'impegno di spesa concreto; e siamo in forte ritardo.

Noi attendiamo che il presidente Cappellacci, sulla base dell'impegno assunto in questo Consiglio regionale, con l'ordine del giorno votato all'unanimità, riferisca, perché il 6 novembre è passato e il Cipe ha parlato d'altro, ha parlato del nord, ha parlato della Sicilia ma non ha parlato della Sardegna. Di conseguenza, come abbiamo scritto in quell'ordine del giorno, dovremo adottare altre iniziative quali la mobilitazione delle forze politiche, con in testa il Presidente della Regione. Noi non vogliamo controparti all'interno di quest'Aula, noi vogliamo una forte azione di mobilitazione nei confronti di un Governo che non considera la Sardegna.

Il senso dei fondi FAS sta nel riequilibrio tra le regioni del Mezzogiorno e le altre regioni; non è possibile quindi che oltre ad aver scippato i fondi FAS nazionali si tenti di incamerare, magari per spenderli su altri fronti - la sanità - anche i fondi FAS nella esclusiva disponibilità della Regione.

Programma regionale di sviluppo; assessore La Spisa, questo è il secondo che approviamo dopo la riforma della legge di contabilità, il primo era per gli anni 2007-2009. E' stato introdotto nella legge di contabilità configurandolo come un programma di legislatura, cioè un programma che viene presentato agli elettori in campagna elettorale, dove c'è un patto, almeno così dovrebbe essere, tra cittadini e una coalizione rappresentata da un suo Presidente e sul quale patto poi si dovrebbero basare le politiche di una maggioranza e di una Giunta.

Con il PRS occorre determinare obiettivi, strategie, indirizzi, le principali linee progettuali di un'azione di governo che durerà cinque anni. A me sembra che, ancora una volta, da questo PRS non emerga quale idea di Sardegna avete. Ci avete rimandato in continuazione dalla prima finanziaria al collegato, e con il Piano casa un'idea di Sardegna l'avete data, ma su quella discuteremo dopo.

Con il Programma regionale di sviluppo avevate un'occasione e non l'avete sfruttata, rimandando ancora una volta agli aggiornamenti che poi verranno fatti con il Documento annuale di programmazione economica e finanziaria. Vi limitate intanto a uno slogan: la persona al centro. Io credo che qualunque politica, che si definisca tale, non possa che avere la persona al centro, la persona come nucleo della relazione, come riferimento della ricerca del bene comune, la persona che nelle nostre comunità trova la sua espressione, perlomeno così come la interpretiamo noi.

Lei sicuramente ci darà un'altra interpretazione in relazione anche al sottotitolo "lo sviluppo nasce dall'io; una espressione che esprime bene la filosofia che caratterizza, per esempio, il Piano casa, cioè l'esigenza di soddisfare appetiti individuali, che non tengono conto di alcun tipo di regole, magari in cambio di consenso elettorale o forse per restituire il consenso elettorale ricevuto.

Un Programma regionale di sviluppo che sicuramente contiene dati allarmanti: 326 mila sardi vivono in condizioni di povertà e risolvere questo problema, onorevole Diana, è la nostra priorità. E'vero ci sono anche gli altri, ma noi pensiamo prima a quei sardi. Questo Programma regionale di sviluppo non offre indicazioni, neanche settoriali, non offre idee. Occorrerebbe un grande piano unitario, strategico di rilancio dell'economia in tutti i settori produttivi, dal turismo all'artigianato all'agricoltura, alla piccola e media impresa e, contemporaneamente, un forte impulso al welfare regionale.

Riportate le sette strategie, non potevate fare diversamente, contenute nel PRS 2007-2009; cambiate i titoli, cambiate l'indice, non vi piace la parola "conoscenza" e la modificate con "educazione", ma poco altro.

Entrando nel merito, la prima strategia è quella della riforma della Regione, dell'autogoverno; elencate le azioni che, come l'onorevole Floris ha detto, finora non avete fatto: la riforma dello Statuto, l'applicazione del federalismo fiscale, la legge di organizzazione, la semplificazione; riforme che necessariamente questo Consiglio regionale deve portare a compimento se vengono portate alla sua attenzione.

A noi non interessa più parlare di contenitori. Stiamo studiando (devo dire è in fase avanzata) una nostra proposta di Statuto che confronteremo con la vostra; riteniamo comunque che si debba partire (non so se chiamarla indipendenza, autonomia o regionalismo) da un concetto di fondo: lo Stato in Sardegna è la Regione. È un concetto forte che noi vorremmo sviluppare con atti concreti e anche con un nuovo patto con lo Stato, rivendicando essenzialmente l'attuazione del Titolo V della Costituzione, gli articoli 117 e 119.

Il rafforzamento del quadro delle entrate, la stessa natura del Patto di stabilità, l'idea di specialità che ha in sé quella di insularità, il federalismo interno, i metodi e i sistemi di partecipazione popolare, quindi la democrazia che poi si esplicita attraverso per esempio le primarie codificate, queste sono materie da Statuto, queste sono materie che attengono all'autogoverno della Regione e a un nuovo rapporto con lo Stato. Ci sono chiaramente delle conseguenze immediate, per esempio nell'ambito del rapporto Regione-Stato sulla scuola; sull'accordo Baire-Gelmini avete annunciato una rimodulazione ma non abbiamo ancora visto niente. Avete semplicemente preso per buono un accordo che sicuramente non è vantaggioso per la Sardegna, che non tiene conto della sua specificità, che non prevede alcun apporto da parte dello Stato, anzi, dobbiamo trasferire risorse nostre togliendole da altri capitoli che riguardano la didattica, che riguardano gli insegnanti di sostegno.

Relativamente alle politiche per l'industria dobbiamo essere necessariamente più autorevoli, così come sul patto di stabilità, sulla vertenza entrate, sulla stessa politica sul lavoro. Nel PRS parlate di istituire una dote personale di 5000 euro per ogni disoccupato dimenticando , l'ha detto bene il collega Uras, che la legislazione vigente ha già previsto il reddito di reinserimento e il reddito di cittadinanza, misure che non vengono applicate.

PRESIDENTE. Onorevole Bruno, il tempo a sua disposizione è terminato. Ha facoltà di parlare, per la Giunta, l'Assessore della programmazione, bilancio, credito e assetto del territorio.

LA SPISA, Assessore tecnico della programmazione, bilancio, credito e assetto del territorio.Non è semplice sintetizzare in pochi minuti una discussione che in alcuni momenti è stata condotta distrattamente , che in altri invece ha avuto picchi di analisi interessanti, e che pur con qualche polemica è stata sostanzialmente corretta. Dalle valutazioni date dalle forze politiche sono emersi i diversi punti di vista sulle scelte in tema di politica finanziaria, industriale del territorio, per favorire lo sviluppo.

Ringrazio pertanto tutti coloro che sono intervenuti per animare questo dibattito; non è cosa da poco, all'inizio di una legislatura, poter discutere dell'atto fondamentale della programmazione. E' un atto fondamentale nonostante non sia, volutamente, e lo dico anticipatamente, un documento esaustivo da parte di chi l'ha proposto, la Giunta regionale e coloro che vi hanno lavorato nel corso di questa estate.

Io credo si possa realisticamente sottolineare che aver voluto rispettare i termini stabiliti dalla legge, , entro i quali presentare la proposta di bilancio e il Programma regionale di sviluppo, sia un fatto da non enfatizzare più di tanto; non dimentichiamo però che abbiamo dovuto presentare il Programma regionale di sviluppo nell'arco di poche settimane dovendo in sei mesi preparare due finanziarie e due bilanci.

L'onorevole Porcu (consentitemi una parentesi un po' amena), nei corridoi mi disse se non fosse stato il caso di presentare un collegato, non ritenendo possibile che saremmo riusciti a presentare il Programma regionale di sviluppo e la finanziaria. Io però imposto spesso la mia attività politica, come anche la mia vita, su un proverbio che mi piace moltissimo e cioè: "il meglio è nemico del bene". Credo che sia opportuno fare quello che si riesce a fare, quello che si può fare nel contingente. Inutile rinviare atti, c'è sempre il tempo per fare ancora di più e ancora meglio.

Questo Programma regionale di sviluppo, io stesso l'ho riconosciuto al momento della presentazione, non è certamente il documento migliore che io e gli uffici potessimo elaborare nel poco tempo a disposizione; crediamo di poter fare sicuramente molto di più e meglio, ma era quello che dovevamo e potevamo fare entro il 30 settembre di quest'anno, entro i termini previsti dalla legge per la sua presentazione.

Nel corso della discussione ho sentito chiedere quale immagine della Sardegna vogliamo che emerga, su che cosa vogliamo puntare poiché è carente l'indicazione degli obiettivi, delle risorse finanziarie da dedicare a una politica del turismo, industriale, agricola. E' carente, in questo Programma regionale di sviluppo, un'idea di quale Sardegna vogliamo? Può essere, può essere. Ebbene sì, non c'è un'idea.

Noi partiamo infatti da un principio basilare: la politica non si fa costruendo idee, la politica si fa programmando azioni e, sulla base di questi programmi, si operano delle scelte partendo da alcuni grandi obiettivi di fondo, soprattutto all'inizio di una legislatura. Questo programma regionale di sviluppo ha un titolo, il Programma precedente non l'aveva per cui non abbiamo potuto né commentare, né ironizzare su un titolo che non c'era, né scavare per cercare in quale testo potesse essere stata presa questa o quell'altra frase. Non aveva un titolo, cioè non aveva un'idea centrale, di fondo, prioritaria.

Questa è la lettura che io ho dato di quel documento nel cercare di impostare una nostra proposta di programma. Io ho ritenuto che fosse prioritario concentrarsi su che cosa vogliamo fare in questi cinque anni, che impegni possiamo prendere, da che cosa partire. Abbiamo discusso molto sul territorio, e alcuni di voi ne sono stati testimoni, abbiamo discusso con le categorie (solitamente si fa nella preparazione di un documento), e siamo partiti dalla considerazione, se non ho preso male gli appunti ne ha parlato l'onorevole Capelli, che la storia dell'autonomia in Sardegna è ricchissima di piani, di programmi.

Quante edizioni del Piano di rinascita sono state varate? Io ne ricordo almeno tre, con diversi aggiornamenti; e, se voi notate, molti di voi ancora, è probabilmente un lapsus freudiano, continuano a dire che stiamo discutendo il Piano regionale di sviluppo, stiamo discutendo il Programma regionale di sviluppo. La parola Piano ricorda esattamente una concezione della programmazione che, come voi stessi avete detto, non ha dato i frutti sperati per la Sardegna. Noi siamo partiti proprio dall'idea che lo sviluppo economico e sociale di un territorio e di un popolo non nasce da un Piano, non nasce da atti teorici astratti, né tanto meno nasce da fattori materiali, tanto è vero che il Piano di rinascita era dotato di ingenti risorse finanziarie, così come i piani per il Mezzogiorno, quelli gestiti poi dalla Cassa del Mezzogiorno e poi dell'Agenzia per il Mezzogiorno, sulla base dei quali sono stati riversati nella nostra Isola fiumi di danari, fiumi di danari, con tanti piani e progetti particolareggiati.

Che cosa hanno prodotto tutti questi atti di pianificazione? Non tutto è stato negativo, certamente, ma ne è scaturita una cultura dello sviluppo che ha permeato in maniera diffusa, capillare, la nostra cultura politica, tanto da portarci ancora oggi a voler affidare a strumenti di pianificazione l'esito di un'azione di promozione dello sviluppo. Io pertanto sono molto contento, molto lieto, del fatto che sul titolo di questo Programma regionale di sviluppo si sia discusso, si sia anche ironizzato, ci si sia chiesti da quale mondo io ho tratto quella frase: "Lo sviluppo nasce dall'io".

E' un mondo che non è certo nascosto, né io credo di aver mai taciuto sulla mia appartenenza culturale di cui vado orgoglioso, quindi non si è scoperta l'acqua calda. Ma vorrei proprio spiegare perché questo Programma regionale di sviluppo, a differenza di quanto dice il presidente Soru, è un insieme di atti che sono stati a disposizione di tutti, in modo trasparente, fin dal mese di luglio; e chi ha avuto la pazienza e la voglia di consultare il sito della Regione avrà notato, o avrebbe dovuto notare, che il titolo inizialmente era: "La persona innanzitutto". Perché?

Perché, è vero, l'idea centrale è che noi dobbiamo avere la persona al centro, ma tenere la persona al centro è riduttivo se non si arriva a dire che la persona non è soltanto l'oggetto dell'attenzione della politica, non è qualcosa da costruire in questo laboratorio, in questa grande provetta, la persona non è un oggetto, la persona è innanzitutto un soggetto, la persona è innanzitutto un io, e questa parola "io" non deve spaventare nessuno perché io non vuol dire "ego". Sottolineare la persona e l'io non vuol dire cedere all'individualismo, c'è una bella differenza fra individuo e persona, e usare la parola "persona" e la parola "io" vuol dire che questo "io" in realtà è un "noi", è una persona che vive di relazioni, come è stato detto, e che può costruire qualcosa all'interno di queste relazioni.

Che cosa abbiamo voluto dire quindi? Abbiamo voluto dire che lo sviluppo della Sardegna può nascere soltanto se noi sardi abbiamo l'orgoglio, la dignità, necessari per poter essere e diventare protagonisti dello sviluppo. Sviluppo che non è qualcosa che si appiccica addosso alla persona, ma nasce dalla persona. Si è detto che in questo Programma di sviluppo c'è troppa impresa; magari ce ne fosse tanta di impresa in Sardegna, magari ci fosse tanta intrapresa, intendendo per intrapresa sia l'impresa in quanto tale, cioè l'azienda, sia il lavoro, autonomo o subordinato. Questo è ciò che noi dobbiamo e vogliamo suscitare attraverso la politica di questi anni futuri.

Non esiste un Piano di rinascita calato dall'alto, può esistere soltanto una rinascita dei sardi, una rinascita della persona sarda, del sistema politico sardo, che cominci a voler essere protagonista, a voler creare, costruire, proporre.

Si parla di tanti soldi non spesi, perché sono rimasti non spesi? Andiamo a vedere le opere costruite in altre regioni d'Italia, andiamo a vedere i sistemi imprenditoriali (industriali, agricoli, nei servizi) di altre regioni; che cosa c'è in più in altre realtà? Forse c'è una maggiore spinta "al fare", forse c'è in più una cultura dell'intrapresa che noi dobbiamo recuperare. Io penso che sia giusto sottolinearlo.

Allora, dire che il programma regionale di sviluppo è povero, che non ha un'idea di sviluppo, che non ha un'idea di quale sia il futuro della Sardegna, io penso sia una critica ingiustificata. Si può dire che non tutto è contenuto, si può dire che si può fare molto di più; e io avrei gradito che arrivassero dei contributi, anche da parte di alcuni colleghi, critici, della maggioranza.

Avrei desiderato ricevere nei mesi di luglio e di agosto qualche nota in più per poter dialogare insieme; avrei voluto vedere, ad esempio, negli incontri territoriali molte più persone disponibili a dare idee, e non soltanto a fare rivendicazioni territoriali o di categoria. Noi dobbiamo scrollarci di dosso la cultura della rivendicazione, la cultura del lamento, la cultura del riversare sempre su qualcun altro la responsabilità di quello che non va bene. Questa proposta è il cuore dello sviluppo, ed è questo che io penso che si possa e si debba oggi valorizzare e proporre all'attenzione anche fuori da quest'Aula.

Tra l'altro questa è l'impostazione politica con la quale questa maggioranza si è presentata agli elettori sardi e sulla base di questa impostazione, evidentemente diversa da quella di chi ha governato nei cinque anni precedenti, ha ricevuto il consenso; una impostazione e un consenso che, certamente, possono consentire un confronto per far sì, come è stato detto giustamente, che questa legislatura possa essere una legislatura di riforme. Accolgo pertanto la sollecitazione pervenuta in tal senso da alcuni colleghi, sia di maggioranza che di opposizione, condivido quanto hanno detto e spero che saremo disponibili e capaci di farle.

Sulla famiglia bisogna fare un intervento legislativo organico, così come spero si possa farlo in materia di educazione, cultura, scuola, università e ricerca; così come spero si possano fare delle leggi organiche di riforma sul sistema degli incentivi, magari con un maggiore utilizzo della fiscalità di vantaggio, misura sperimentalmente inserita nella legge finanziaria.

Spero si possano avviare riforme importanti in materia di politica del lavoro; il lavoro è una questione centrale che anche in questa finanziaria e nel Programma deve rimanere centrale, deve essere una preoccupazione di tutte le forze politiche perché la crisi che noi oggi viviamo è tale perché è crisi dell'occupazione, non è crisi del profitto. Io credo che sia questa la lettura che si debba fare di questo momento economico. Una crisi è tale quando manca il lavoro, non semplicemente quando si riduce il profitto dell'impresa; finché si riduce il profitto ma rimane la piena occupazione si è comunque in una situazione virtuosa.

La crisi oggi è crisi del lavoro, ma per ottenere più lavoro che cosa dobbiamo fare? Possiamo non tener conto (è stato detto, e lo sottolineo) dei vincoli di bilancio, possiamo non tener conto che la crisi deriva da un debito, prima pubblico e poi privato, fuori controllo? Perché questa è la crisi che abbiamo vissuto: una crisi finanziaria del debito privato susseguente a una grande crisi del debito pubblico. Oggi ci troviamo pertanto nella difficilissima condizione di dover fronteggiare la crisi con un bilancio pubblico in fase di restrizione e di contenimento. Questa è la tempesta dentro cui stiamo navigando, e superarla permetterà di misurare in quest'Aula le capacità della classe politica, non solo nelle sue componenti di Giunta, ma nelle sue componenti di maggioranza e di opposizione, quindi di tutto il Consiglio.

Io spero che si possano fare riforme di settore, riforme particolari come quelle che ho accennato, ma anche la riforma dello Statuto che nel Programma regionale di sviluppo è appena accennata per una scelta semplice ma chiara: la riforma della Regione la deve fare il Consiglio regionale, deve essere protagonista il sistema politico sardo. Non siamo entrati nella scelta della modalità attraverso cui riformare lo Statuto sardo che lasciamo al dibattito politico tra maggioranza e opposizione, e anche all'interno della stessa maggioranza o all'interno della opposizione. Sia il sistema politico sardo a scegliere la strada perchè la Giunta credo debba essere rispettosa di ciò che il sistema politico, i partiti, i Gruppi, che hanno evidentemente diverse idee sul metodo, matureranno nei prossimi mesi e nelle prossime settimane.

Concludo sottolineando che questo Programma ha comunque un sufficiente grado di concretezza che si manifesta nella manovra finanziaria e nel bilancio. Il livello delle entrate è quello che ho già chiarito; noi possiamo dire che, visti i condizionamenti derivanti dal bilancio attuale, cioè dalla legislazione vigente e dai disavanzi che dobbiamo colmare, abbiamo una massa manovrabile prudentemente stimabile in 300 milioni di euro. Non sono molti e non sono pochi, ma si può fare molto con scelte mirate. Questi 300 milioni di euro sono indirizzati verso tre obiettivi. Abbiamo provato a effettuare una scelta per non disperdere le risorse. Io spero che il Consiglio apprezzi questa scelta di fondo, pur essendo libero evidentemente nel corso del dibattito di modificare quello che può essere, concordemente, modificato.

PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la discussione generale.

Il Consiglio è riconvocato per domani, mercoledì, alle ore 12 e 30, per la votazione sul passaggio all'esame degli articoli. Ricordo che la presentazione degli emendamenti è consentita sino a quel momento.

La seduta è tolta alle ore 19 e 50.