Seduta n.45 del 28/10/2014
XLV SEDUTA
(ANTIMERIDIANA)
Martedì 28 ottobre 2014
Presidenza del Presidente Gianfranco GANAU
La seduta è aperta alle ore 10 e 46.
FORMA DANIELA, Segretaria, dà lettura del processo verbale della seduta del 17 ottobre 2014 (42), che è approvato.
PRESIDENTE. Comunico che i consiglieri regionali Salvatore Demontis, Luigi Lotto e Ignazio Giovanni Battista Tatti hanno chiesto congedo per la seduta antimeridiana del 28 ottobre 2014.
Poiché non vi sono opposizioni, i congedi si intendono accordati.
Annunzio di presentazione di disegno di legge
PRESIDENTE. Comunico che è stato presentato il seguente disegno di legge:
"Norme per il miglioramento del patrimonio edilizio e per la semplificazione e il riordino di disposizioni in materia urbanistica ed edilizia". (130)
(Pervenuto il 23 ottobre 2014 e assegnato alla quarta Commissione.)
PRESIDENTE. Si dia annunzio delle interrogazioni pervenute alla Presidenza.
FORMA DANIELA, Segretaria:
"Interrogazione Cossa, con richiesta di risposta scritta, sulla realizzazione della Casa della salute di Senorbì". (182)
"Interrogazione Cossa, con richiesta di risposta scritta, sull'inquinamento da polveri sottili e benzopirene". (183)
PRESIDENTE. Si dia annunzio della mozione pervenuta alla Presidenza.
FORMA DANIELA, Segretario:
"Mozione Zedda Paolo Flavio - Usula - Cherchi Augusto - Manca Pier Mario - Anedda - Sale - Unali - Floris - Solinas Christian - Orrù - Dedoni - Cossa - Crisponi - Pittalis - Cherchi Oscar - Tunis - Pinna Rossella - Tendas - Collu - Fenu - Truzzu - Moriconi - Manca Gavino - Cozzolino - Cocco Daniele Secondo - Pizzuto - Agus - Lai - Arbau - Ledda - Azara - Perra - Carta - Busia - Oppi - Rubiu - Cocco Pietro - Piscedda - Demontis - Deriu - Locci - Tedde sulla mancata ratifica da parte dello Stato italiano della Carta europea delle lingue regionali o minoritarie, con richiesta di convocazione straordinaria del Consiglio ai sensi dei commi 2 e 3 dell'articolo 54 del Regolamento". (82)
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la continuazione della discussione generale della proposta di legge numero 71/A.
Ricordo che i consiglieri che intendono prendere la parola devono iscriversi non oltre la conclusione del primo intervento.
È iscritto a parlare il consigliere Raimondo Perra. Ne ha facoltà.
PERRA RAIMONDO (Sardegna Vera). Signor Presidente, onorevoli colleghe e colleghi, signori della Giunta, oggi ci apprestiamo a esaminare il provvedimento che è stato esitato dalla sesta Commissione il 9 febbraio ultimo scorso, che nasce sulla spinta dell'urgenza rappresentata dalla crescita progressiva del disavanzo sanitario e dall'aumento dei costi che da tempo hanno superato il livello di guardia, senza che però ciò abbia per contro reso più efficiente, più trasparente e più funzionale il sistema, né tanto meno elevato la qualità delle prestazioni. Intendo e intendiamo affrontare questo tema con il coraggio e la determinazione necessari, ma anche con il contributo di tutti, perché la salute non è prerogativa di qualcuno e non può avere un colore politico, ma è un bene collettivo.
L'aumento dei costi e la crescita del disavanzo, che stanno mettendo in serio pericolo la sostenibilità del sistema, ci impongono di correre immediatamente ai ripari uscendo dall'immobilismo che ha caratterizzato la politica sanitaria negli ultimi anni. Occorre individuare quanto prima sistemi di contrazione della spesa ed efficientamento del sistema che consentano a chiunque governi - a chiunque governi, colleghi - di continuare a garantire il diritto alla salute dei sardi. In questo momento la responsabilità di decidere grava principalmente, anche se non unicamente, in capo alla maggioranza che governa questa Regione e che in virtù del mandato conferitole dagli elettori ha il preciso dovere di effettuare delle scelte. Ciò non toglie, come dicevo prima, che anche l'opposizione possa, anzi debba partecipare responsabilmente al processo decisionale. Se ciò è vero in generale, vale a maggior ragione per la materia sanitaria, che ci riguarda tutti in prima persona, non solo in quanto decisori, ma anche e soprattutto in quanto cittadini utenti del servizio. A mio avviso, partecipare responsabilmente al processo decisionale significa offrire contributi e spunti di riflessione seri e utili al dibattito. Ritengo pertanto che se ci sarà da parte vostra, cari colleghi dell'opposizione, la volontà di partecipare responsabilmente a questa riforma, questa maggioranza avrà il dovere di tenere nella massima considerazione i contributi forniti, e il dialogo costruttivo tra i due schieramenti non potrà che concorrere a favorire la redazione di un buon testo di legge. Allo stesso modo ritengo doveroso arginare argomentazioni pretestuose o comportamenti meramente dilatori il cui unico intento sia quello di bloccare o rimandare un processo di riforma che nessuno di noi può più permettersi di procrastinare. Lo dico perché in Commissione, almeno in una prima fase, i toni sono stati spesso accesi e la contrapposizione a volte apparentemente insuperabile. Sono tuttavia dell'avviso che in questa fase si possa ancora recuperare e instaurare un dialogo costruttivo che porti maggioranza e opposizione a lavorare insieme nell'interesse della collettività, anche perché il provvedimento che ci apprestiamo a esaminare non manca di aspetti positivi. Mi riferisco ad esempio, ed entro quindi nel merito dell'argomento, a disposizioni come quelle contenute nell'articolo 2, che attraverso l'attribuzione della funzione di committenza all'Agenzia regionale della sanità introduce, senza peraltro comportare nuovi costi, un sistema a cui tutte le aziende faranno riferimento, che consentirà di razionalizzare la spesa per l'acquisto di beni e servizi. Ritengo che la norma sia condivisibile non solo in quanto va nella direzione già percorsa in altre Regioni e indicata dalla normativa nazionale, ma anche e soprattutto perché si tratta di un'idea che l'attuale opposizione aveva dimostrato di condividere e cercato di realizzare nella scorsa legislatura. Poi, per questioni sul merito delle quali non entro non si riuscì a realizzarla. Sono però sicuramente condivisibili anche le esigenze a cui risponde l'articolo 3, attraverso il quale vogliamo organizzare una rete delle emergenze e delle urgenze, rendendo omogeneo il servizio e garantendo risposte appropriate a tutta la popolazione. In qualunque punto della Sardegna, dal mare alla montagna, dovranno esserci adeguati mezzi di soccorso che consentano di portare con tempestività un paziente nel luogo più idoneo a trattare la sua patologia.
Sulla norma, come ben sapete, si sono sollevate molte voci di dissenso riguardanti la scelta di costituire una nuova azienda, ma al di là del modello organizzativo che verrà scelto, sul quale peraltro ritengo si possa ancora ragionare, credo sia fondamentale rafforzare il sistema dell'emergenza-urgenza, mettendo in rete tutti i presidi, in modo che chiunque in Sardegna, come dicevo, e non solo chi vive in prossimità degli ospedali, abbia garantito il diritto a un soccorso tempestivo, giacché quest'ultimo, colleghi, fa spesso la differenza tra la vita e la morte.
L'articolo 3 è importante anche perché ci consente di disciplinare il coordinamento delle funzioni di trasporto delle persone, degli organi e dei tessuti, che oggi sono svolte con procedure discutibili e con la partecipazione di enti estranei al sistema sanitario, e di introdurre finalmente un altro servizio indispensabile nella nostra regione, viste le caratteristiche geografiche del nostro territorio. Parlo naturalmente del soccorso sanitario mediante gli elicotteri, quindi dell'elisoccorso. La Sardegna è molto in ritardo rispetto a questo punto, infatti è l'unica regione italiana a non disporre continuativamente dell'attività di un servizio di elisoccorso. Da anni esiste un servizio svolto in maniera discontinua e con l'utilizzo di un unico mezzo per tutta la regione in virtù di una convenzione tra l'Assessorato della sanità e il Dipartimento regionale dei vigili del fuoco. È evidente che tale situazione ha sempre comportato grossi problemi, soprattutto nelle evenienze di più emergenze contemporanee nell'Isola, ciò specie alla luce del fatto che lo standard indicato dalle linee guida nazionali prevede un tempo di arrivo massimo nel luogo dell'urgenza di venti minuti.
Con l'articolo 4 si rimedia alla situazione venutasi a creare in conseguenza della soppressione delle province, con l'intento di adeguare il sistema vigente alle modifiche conseguenti alla riforma degli enti locali. Si attribuiscono ai distretti sociosanitari funzioni già attribuite alle province in materia di programmazione locale sociosanitaria e si istituisce la conferenza territoriale sociosanitaria. Si rinvia poi a uno specifico provvedimento della Giunta per l'istituzione della Consulta generale di cittadinanza e delle Consulte locali di cittadinanza.
L'articolo 5, poi, nel riorganizzare l'assistenza fruibile nel territorio con la realizzazione delle case della salute, consente di promuovere adeguati processi di qualificazione della rete per l'assistenza ospedaliera e l'avvio di azioni sinergiche tra ospedale e territori - ecco perché il Businco deve stare dentro la ASL - e superare così la logica ospedalocentrica della nostra sanità. Il cittadino, infatti, deve trovare una risposta qualificata ed efficace ai propri bisogni di salute nel proprio territorio di appartenenza, nell'ambito del quale deve avvenire anche la presa in carico di pazienti cronici e fragili, mentre gli ospedali devono diventare luoghi riservati allo sviluppo e alla diffusione delle conoscenze cliniche e alla sanità di eccellenza. Puntare sull'eccellenza e sull'alta specializzazione consentirà di realizzare opportunità di investimento in sanità e potrà attivare processi di mobilità attiva e al contempo contrastare quella mobilità passiva che allo stato attuale si traduce in una spesa considerevole per la nostra Regione, parliamo di circa 60 milioni di euro. Ecco perché il Brotzu azienda unica di eccellenza è e azienda unica deve restare, anche perché è di riferimento nazionale. Al contempo il territorio è luogo dell'integrazione sociosanitaria, nel quale si deve sviluppare e portare a compimento l'integrazione con un settore sociosanitario e socioassistenziale. Ciò consentirà di affrontare anche gli attualissimi temi dell'invecchiamento e delle cronicità e quindi di garantire la sostenibilità futura del sistema sanitario, avvicinando al cittadino i servizi essenziali, garantendo tutta la rete con standard di qualità e sicurezza omogenei ed elevati. Sono pertanto convinto che l'assenza di reti assistenziali integrate tra ospedale e territorio sia un'altra delle cause di notevoli sprechi di risorse e determini, peraltro, prestazioni inappropriate con ricadute negative sull'efficacia dei trattamenti. Gli ospedali di comunità, infine, devono garantire adeguati livelli di cura a tutti quei pazienti che non hanno necessità di ricovero in ospedale per acuti, ma che hanno comunque bisogno di un'assistenza sanitaria protetta non fruibile a domicilio.
Questi, onorevoli colleghi, i tratti salienti che rendono la proposta di legge numero 71 una buona riforma, forse non la migliore possibile, ma ritengo che questo sia solo l'inizio di un percorso sul quale si può ancora lavorare e che in un clima di grande collaborazione e di senso di responsabilità comune potrà essere portato a compimento nell'interesse precipuo dei pazienti, dei cittadini sardi e della Sardegna tutta. Ho concluso, grazie.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il consigliere Edoardo Tocco. Ne ha facoltà.
TOCCO EDOARDO (FI). Mi compiaccio con il collega Perra, amico e Presidente della Commissione, che all'inizio del suo intervento ha detto che si porterà avanti questo tema con coraggio e determinazione. Credo che questo sia un punto di partenza non indifferente per tutti. Ora voglio vedere da dove si comincia, qual è il punto, il fulcro del coraggio e della determinazione di cui parlava il collega Perra. Qui si parla di una proposta che deve avere un punto di riferimento fermo, questo è quello che mi è sembrato di capire dall'inizio della discussione in Commissione. Il punto di riferimento è quello di avere in mente sempre i servizi primari per il cittadino sardo, che ovviamente in questo periodo più che mai si trova in una condizione economica di altissimo disagio. Quindi probabilmente è la sanità il punto fermo, il fulcro della vita sociale di tutti.
Quello che si annuncia, che è tanto pubblicizzato dall'Assessore della sanità e dal Presidente della Regione - nessuno me ne voglia, Assessore, io di lei ho grande stima, però mi consenta ovviamente di fare la mia parte, che è anche quella di tutta l'opposizione -, ovvero il taglio delle ASL, temo possa non coincidere con la parola "razionalizzazione", perché se razionalizzare significa tagliare le teste probabilmente questo è un punto di partenza sbagliato. Io penso che razionalizzare significhi anche riorganizzare, trovare una strategia diversa nella sanità in Sardegna, non perché noi siamo stati migliori di voi, attenzione, e nemmeno perché - ricordo ancora quello che ha detto Perra - probabilmente questa non sarà la migliore riforma del Consiglio regionale, ma perché è il momento di usare il termine "razionalizzazione" proprio in virtù di un ragionamento, di un'ottica lungimirante. Quindi io trovo che la strategia che devono adottare la Giunta e la maggioranza in questo momento sia proprio legata all'obiettivo di essere al servizio totale dei cittadini e di non disgregare e penalizzare i piccoli territori, i territori con difficoltà di transito o i territori montani, che ancora oggi sono determinanti nel discorso sulla sanità in Sardegna. Faccio capo, per esempio, al problema dell'elisoccorso, su cui ho più volte dibattuto in Commissione e mi sono esposto anche sulla stampa, e a ragion veduta, perché l'emergenza e l'urgenza nei territori sardi che probabilmente possono essere penalizzati proprio dal taglio delle Aziende sanitarie sono sicuramente elementi importanti di collegamento della riforma sanitaria. L'Azienda regionale dell'emergenza e urgenza che si vuole istituire probabilmente merita un discorso a parte rispetto a questa riforma sanitaria, non è di certo una scoperta importante in questo preciso momento, mentre sarebbe stato più utile, in riferimento al concetto di razionalizzazione, rivedere l'organizzazione interna delle Aziende sanitarie, proprio in virtù del lavoro di incentivazione dei presidi che si trovano nei piccoli paesi. Cioè, se vogliamo contenere la spesa da una parte e colpire dall'altra probabilmente operiamo come Matteo Renzi, che 80 euro dà da una parte e 80 euro prende dall'altra. Attenzione, né io né molti miei colleghi siamo del tutto contro questo tipo di riforma. A onor del vero, molti dei discorsi sulla riforma sanitaria fatti dalla maggioranza li trovo intelligenti, però mi rendo conto che non si possono fare le nozze coi fichi secchi, come si suol dire. È quindi necessario valutare a lunga scadenza quali sono i costi da affrontare. Non credo che la nuova Azienda, la cosiddetta AREU, possa contenere la spesa o razionalizzare completamente la riforma, anzi direi che probabilmente i costi aumenteranno proprio in virtù del fatto che si dovrà proporre una nuova organizzazione. Quindi, da una parte cercate di tagliare i costi, dall'altra li aumentate.
Volevo dire semplicemente questo. È una riflessione a cui tenevo particolarmente, in virtù del fatto che sono componente della Commissione sanità, ma credo che, alla fine della fiera, quello che tutta l'Aula deve fare è un dibattito spero lungo, acceso e di confronto; un dibattito che veda protagonisti tutti, perché il problema della sanità interessa a tutti, è forse una delle poche cose che interessano veramente a tutti. Tutti abbiamo l'interesse specifico a far sì che in Sardegna i nostri concittadini abbiano un servizio importante, un servizio dovuto per ciò che riguarda proprio la sanità. Credo pertanto che sia il momento di utilizzare il raziocinio, la logica e valutare attentamente ogni punto - lo dico a lei, assessore Arru, e anche all'assessore Paci, a voi che ovviamente siete il binomio importante in questo preciso momento - al di là dell'interesse specifico di affrettare le cose, tagliare le poltrone, nominare i commissari, perché alla fine quello che conta è questo e non ve ne faccio neanche una colpa, attenzione, perché sta nelle cose, è giusto che ci sia anche questo. State governando ed è giusto che compiate i vostri passi, però qui stiamo parlando di sanità, quindi al di là dell'interesse personale questo è il momento opportuno per far coincidere le cose, per non sfilacciare il rapporto che c'è tra noi e trovare un accordo condiviso, stabile e soprattutto duraturo per la Sardegna.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il consigliere Lorenzo Cozzolino. Ne ha facoltà.
COZZOLINO LORENZO (P.D.). Io vorrei intervenire per puntualizzare alcuni punti fondamentali della proposta di legge numero 71, perché c'è, tra virgolette, forse molta ignoranza in materia, non solo qui, ma anche e soprattutto fuori di qui. Primo, questa proposta non è un nuovo piano sanitario regionale, non lo è. Sia alcuni colleghi della Commissione sanità, sia i giornali hanno puntualizzato che la proposta di legge numero 71 è la nuova legge del sistema sanitario regionale. No, è un primo passo verso il riordino della spesa sanitaria, non è il nuovo piano sanitario regionale. Se non iniziamo adesso a bloccare la spesa sanitaria, che aumenta in maniera esponenziale, non ne verremo fuori.
Esistono quattro o cinque punti fondamentali che caratterizzano la proposta di legge numero 71. Il primo è la nascita della Centrale regionale di committenza. Ricordatevi che non è un'invenzione della Giunta, né dell'Assessore, né del centrosinistra; è il decreto 24 aprile 2014, numero 66, che ci impone di fare questa benedetta operazione. Un centro unico di committenza è fondamentale perché pianifica e aggrega la domanda pubblica di beni e servizi, che sino ad oggi era a carico di tutte le ASL e adesso, con la proposta di legge numero 71, viene invece centralizzata. Questo è importante, vi faccio un esempio emerso un anno fa: un risonatore magnetico che una certa ASL ha pagato 730 mila euro, a una ASL di Cagliari è costato 1 milione e 200 mila euro. Vi faccio nomi e cognomi, se volete. Questo per dire che oggi non possiamo più permetterci che ciascuna ASL possa acquistare senza nessun criterio dal punto di vista del risparmio, e dunque l'istituzione della Centrale di committenza è fondamentale per iniziare a mettere in ordine i conti della sanità.
Il secondo punto fondamentale della proposta di legge in esame è la nascita dell'Azienda regionale dell'emergenza e urgenza. Anche qui si è fatta tanta demagogia, si dice che costerà senz'altro di più. Attenzione, con la nascita di questa agenzia c'è sì la possibilità di nominare il direttore generale, il direttore amministrativo, il direttore sanitario, che costituiscono una spesa, però il patto della salute, firmato da tutti gli Assessori della sanità delle Regioni italiane con il ministro Lorenzin ci dice che, per quanto riguarda il centro unico dell'emergenza urgenza, non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Dunque noi dobbiamo utilizzare tutto quello che abbiamo, regolarizzarlo, disciplinarlo, però dobbiamo far funzionare meglio la macchina e associarla all'elisoccorso, perché è una vergogna che la Sardegna sia una delle ultime regioni dove non esiste un elisoccorso come Dio comanda.
Gli altri due punti fondamentali per quanto riguarda la "71" sono relativi alla risposta che la sanità pubblica dà in periferia con la nascita di due presidi fondamentali: le case della salute e gli ospedali di comunità. Le case della salute, signori miei, anche qui si è detto, costeranno. Certo le case della salute che esistono oggi nelle aziende sono miste pubblico/privato e "mangiano" un sacco di soldi. Le nuove case della salute prevedono al loro interno diverse figure: medici di medicina generale, pediatri di libera scelta, medici di continuità assistenziale e dell'emergenza territoriale, specialisti ambulatoriali, personale sanitario, sociosanitario, tecnico-amministrativo e operatori sociali. Sono dipendenti pubblici, cioè persone che vanno riorganizzate e riportate nelle periferie per lavorare e dare risposte ai cittadini. La cosa importante per quanto riguarda le case della salute, se leggete il punto f), è la possibilità di accedere alla prenotazione con un centro unico di prenotazione (CUP) finalmente territoriale, perché uno degli errori più grossi del passato è stato quello di creare un unico centro di prenotazione, che non solo ha "mangiato" più soldi, ma ha prolungato le liste di attesa. Quando gestivamo noi le prenotazioni, come distretti periferici, le liste di attesa erano molto meno lunghe; a questo punto era giusto ritornare ad avere i CUP a livello territoriale.
L'ultimo punto riguarda gli ospedali di comunità. A cosa servono gli ospedali di comunità? Servono a dare adeguate cure a tutte le persone che non hanno necessità di ricovero in ospedale per acuti. Cosa vuol dire? Oggi i ricoveri per acuti costano un tot, ma se garantiamo in periferia degli ospedali di comunità ex novo oppure, come dice la legge, convertiamo i posti letto per la degenza presenti in strutture già esistenti riusciamo non solo a intasare meno l'ospedale, dunque a creare un primo filtro, ma anche a risparmiare notevolmente sui costi.
Ecco, questi sono i punti fondamentali della proposta di legge numero 71, poi vedremo il da farsi attraverso gli emendamenti che esamineremo più avanti.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il consigliere Marcello Orrù. Ne ha facoltà.
ORRÙ MARCELLO (PSd'Az). Signor Presidente, signori Assessori, onorevoli colleghi, assessore Arru, al di fuori del palazzo si mormora che questa proposta di legge sia stata fatta arrivare qui in Aula solo ed esclusivamente per poter cambiare i vertici delle ASL. Sinceramente - parlo a nome mio personale - se l'intenzione della maggioranza è questa io sono perfettamente d'accordo, perché ritengo che quando una coalizione vince le elezioni, che sia di centrodestra o di centrosinistra, è giusto che cambi tutti i vertici delle ASL, a prescindere dal fatto che abbiano lavorato bene o male - perché ci sono anche presidenti che hanno lavorato bene - e allo stesso modo devono cambiare anche i vertici degli enti collegati alla Regione.
La mia preoccupazione però è un'altra. Io non vorrei che, per poter cambiare i vertici delle Aziende sanitarie locali, si facesse passare questa proposta di legge, all'interno della quale sono previste delle iniziative, delle misure e delle gravità che implicano un aumento di spese non solo per la Regione, ma credo anche e soprattutto per i cittadini. E quando dico che ci sono delle gravità, badate bene, non mi riferisco all'AREU, di cui tutti parlano, ma che secondo me è il male minore che alberga all'interno di questa proposta di legge. La mia preoccupazione riguarda, invece, le case della salute e gli ospedali di comunità, perché con le case della salute oltre a smantellare la figura del medico di famiglia ci sarà anche, io credo, un aumento della disoccupazione, perché il medico di medicina generale che dovrà andare a lavorare nelle case della salute - e spero che questo non sia obbligatorio per i medici - sarà costretto, come minimo, a chiudere il proprio ambulatorio e a mandare a casa i suoi collaboratori, cioè la segretaria e l'infermiere professionale, perché queste strutture saranno finanziate sottraendo ai medici di famiglia le indennità che percepiscono appunto per i collaboratori. E comunque le somme così risparmiate non saranno sufficienti per coprire le spese causate dalle case della salute, lo dimostra il fatto che tutte le Regioni che hanno a che fare con le case della salute stanno iniziando a lamentarsene perché non riescono a coprire le relative spese.
L'altra mia preoccupazione riguardo a questa proposta di legge sono gli ospedali di comunità. Io credo che il vero obiettivo di questi ospedali sia quello di ridurre i posti letto negli ospedali già esistenti, perché non si può non tenere conto che in un'isola con 24 mila chilometri quadrati di territorio, che ha una peculiarità che porta a dire che dobbiamo preservare il più possibile i piccoli presidi ospedalieri, e magari potenziarli, anziché pensare di chiuderli, gli ospedali di comunità, a mio modo di vedere, saranno un pericolo per gli ospedali esistenti, in quanto porteranno alla chiusura di molti reparti, se non di interi ospedali. Oltretutto, l'intenzione, con l'andare del tempo, sarà quella di far pagare ai cittadini l'eventuale ricovero, inizialmente facendo in modo che essi partecipino alla spesa, come già si sta facendo in altre Regioni, dove gli ospedali di comunità esistono da tempo, per poi portare questa spesa a totale carico del ricoverato. In pratica ci stiamo avviando verso una sanità privata, per cui chi avrà i soldi si potrà curare, gli altri no. Ma questo, badate bene, non lo dico io che sono l'ultimo dei cittadini, lo ha detto il ministro Lorenzin in un'intervista del 28 agosto scorso, quando ha affermato che i cittadini dovranno farsi un'assicurazione sanitaria, perché dopo il Patto per la salute la sanità gratuita sarà notevolmente ridimensionata. Ora, capisco che a causa del nuovo Patto per la salute dovrà essere adottato un nuovo modello di gestione sanitaria, che non sarà più basato sui comprensori geografici ma sui bacini d'utenza, cioè sul numero degli abitanti, però una medicina legata alla dimensione del bacino d'utenza, pur avendo sicuramente un senso scientifico, non tiene conto della realtà territoriale e a mio modo di vedere crea disparità di trattamento fra i cittadini. Capisco anche che la Regione deve ridurre i costi, però se questa riforma verrà attuata ci sarà un'impressionante decadenza della sanità, meno servizi per i cittadini e più spese, perché, come ho detto prima, diventerà una sanità a pagamento che la maggior parte dei cittadini non si potrà permettere e sarà costretta a rinunciare a curarsi. Basti pensare che già oggi per una visita ambulatoriale in alcuni casi si pagano 50 euro, per cui molte persone, quelle che percepiscono una pensione di 500 euro mensili o anche meno, non se lo possono permettere e c'è il rischio che il diritto alla salute diventi sempre più un lusso per pochi.
Per concludere - interverrò di nuovo nel corso dell'esame degli articoli - io rimango del parere, come ho detto in Commissione, che una riforma sanitaria deve essere definita insieme ai comuni, e non calata dall'alto, come state facendo. Sarebbe comunque opportuno, da parte della maggioranza, attendere un disegno di legge della Giunta per una diversa strutturazione della sanità regionale anziché affrettare i tempi per effettuare in anticipo il cambio della dirigenza, cosa di cui, ahimè, sicuramente la maggioranza ha piena facoltà, però non è giusto che per fare questo debbano rimetterci i cittadini.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il consigliere Francesco Sabatini. Ne ha facoltà.
SABATINI FRANCESCO (PD). So bene che in quest'Aula ci sono colleghi che hanno una grande conoscenza della materia sanitaria sia per la competenza acquisita, perché magari operano in quel comparto, sia perché nella loro esperienza politica si sono occupati a lungo di questa materia. Io non ho quelle conoscenze, ma voglio provare a dare un contributo facendo alcune considerazioni di tipo generale su questa importantissima riforma. È una riforma importante perché riguarda una parte rilevante del nostro bilancio, oltre 3 miliardi di euro, ma anche perché ha dei risvolti, delle ricadute sulle questioni fondamentali della nostra Regione, ovvero le questioni sociali, culturali, occupazionali ed economiche. Quindi si tratta di una riforma davvero importante, su cui è necessario riflettere a fondo e sulla quale la nostra maggioranza si è voluta confrontare con la minoranza.
Io approvo quasi in toto la riforma presentata, ho tuttavia alcune perplessità che proverò a esporre nel mio intervento. Certamente la prima considerazione è che i temi che riguardano il comparto sanitario sono noti. Io che sono da qualche anno in quest'Aula so benissimo che si è discusso a lungo di sanità, che si conoscono i punti critici di questo comparto e si sa anche quali sono le possibili soluzioni. Voglio dire questo: noi oggi siamo in grado di indicare i punti nevralgici su cui è necessario che il Governo regionale intervenga per contenere la spesa, per migliorare i servizi, per migliorare la presenza nei territori, però è chiaro ed evidente a tutti che c'è una difficoltà a concretizzare le soluzioni che ripetiamo da tempo. Serve molto coraggio - mi rivolgo in modo particolare all'Assessore della sanità -, molta determinazione, una perfetta conoscenza dei problemi e tanta condivisione, perché il problema vero è mettere in atto una riforma. La nostra Regione, purtroppo, si è dotata di tantissime leggi che però rimangono negli archivi e vengono scarsamente applicate, quindi lo sforzo vero da parte nostra è quello di scrivere una buona legge, ma soprattutto di metterla in atto, concretizzarla, renderla efficace.
La stessa legge numero 10 del 2006 è rimasta per buona parte inapplicata, eppure contiene delle soluzioni che sin dalla sua approvazione avrebbero potuto essere efficaci e avrebbero potuto dare un contributo utile al risparmio. Ecco quindi che il problema non è solo scrivere una buona legge, ma anche avere la determinazione e la forza per applicarla. Dobbiamo dircelo: all'interno del sistema sanitario regionale si sono creati dei centri di potere autoreferenziali, che si autodifendono, che non accettano il cambiamento, che non accettano la riforma, ecco perché è difficile operare nel campo sanitario. Ci sono anche dei casi molto gravi, mi riferisco, ad esempio, alle cliniche universitarie, di cui chiedo all'Assessore, ma anche al Presidente della Commissione, di occuparsi per mettere in luce le anomalie che in queste cliniche imperversano, perché, vedete, spesso la classe politica viene messa sotto accusa, ma è necessario adesso scoperchiare le pentole, mettere in luce le diverse anomalie che sono presenti nella nostra società. È impensabile che ancora oggi nelle cliniche universitarie non siano al centro i malati, non sia al centro la formazione degli studenti universitari, ma le carriere di determinate persone, gli interessi particolari di pochi che decidono i destini di molti, tanto è vero che imperversano ancora, in queste cliniche, i sistemi baronali. Ecco perché sul controllo della spesa, che si è rivelato sinora del tutto inutile, è necessario porre un termine. Questo lo dico perché è necessario uno sforzo particolare, dato che in quelle strutture si annidano gli sprechi delle risorse in mancanza di un controllo e perché esse non sono funzionali agli obiettivi e agli interessi generali della Regione.
Ma sulla legge ci sono tre obiettivi fondamentali, innanzitutto quello di contenere la spesa. Ormai il nostro bilancio si compone di due categorie di spesa: la spesa sanitaria e le spese obbligatorie. Resta impraticabile qualsiasi spesa finalizzata alle politiche dello sviluppo, della crescita e dell'occupazione. È chiaro, quindi, che il primo obiettivo è il contenimento della spesa. Questo è un tema che riguarda tutte le Regioni d'Italia, ma alcune di esse - possiamo condividere o meno i metodi che sono stati usati - sono riuscite a contenere la spesa. Noi in questi ultimi anni non siamo riusciti a fare questa operazione, però dobbiamo farla, è un obiettivo che dobbiamo porci, non solo perché ce lo chiede lo Stato, ma anche perché abbiamo bisogno di liberare risorse, come dicevo prima, per destinarle alla crescita e all'occupazione.
Il secondo obiettivo è quello di migliorare i servizi. La nostra Regione, a mio modo di vedere, non può essere annoverata tra le Regioni che non svolgono un buon servizio. Abbiamo dei buoni livelli di assistenza, abbiamo anche dei punti di eccellenza, che dobbiamo mettere in risalto. La nostra è una sanità che spesso funziona bene, che rende un buon servizio che nel tempo è migliorato.
Il terzo obiettivo mi pare quello di una presenza capillare sul territorio, perché è lì che si incontrano le esigenze vere delle persone, i bisogni delle persone. I bisogni delle persone la politica li incrocia proprio quando si occupa dei territori.
Sul recupero di risorse, sui risparmi, sappiamo benissimo che siamo fuori dai parametri nazionali: il 5 per cento della spesa sanitaria dovrebbe riguardare la spesa per la prevenzione, il 44 per cento la spesa ospedaliera, il 51 per cento la spesa per la medicina nel territorio. La spesa ospedaliera invece rischia di "mangiarsi" le altre due articolazioni, questo significa che la spesa ospedaliera aumenta e va fuori controllo. In Sardegna il numero dei posti letto è anch'esso fuori dai parametri nazionali: dovremmo avere 5.000- 5.600 posti letto, ne abbiamo 6.800, è chiaro che non reggiamo. Se pensiamo che un posto letto costa 1.000 euro al giorno i conti sono presto fatti. Non possiamo reggere una situazione di questo genere. E questi posti letto si sono moltiplicati perché anche la politica ha contribuito a questo "vezzo": abbiamo moltiplicato le strutture complesse, abbiamo promosso spesso troppi primari inutili, che magari restano chiusi nelle loro stanze o ai quali sono stati donati venti posti letto che non riescono a utilizzare. In queste strutture il turnover è basso, sotto il 75 per cento, e quindi diventano davvero dei luoghi di sperpero di denaro pubblico. A Cagliari ci sono nove chirurgie! Io credo che queste domande ce le dobbiamo porre.
Voglio anche dire che sia sul turnover sia sulla medicina sul territorio oggi viene posto un problema e questa riforma va in quella direzione: al centro di questa riforma c'è il problema della riduzione delle direzioni generali, perché riducendo le direzioni generali siamo in grado di avere un controllo più diretto, più appropriato delle funzioni. Questo è un ragionamento che ci sta tutto, dico però che dobbiamo verificare lo stato di funzionamento delle diverse ASL. E tra le otto ASL, se prendiamo le ultime delibere, sono significative le attribuzioni alle tre categorie di spesa: medicina di prevenzione, medicina ospedaliera e medicina del territorio. Ebbene le piccole ASL spendono più sul territorio e meno per l'ospedaliero, stanno dentro al turnover previsto dei parametri nazionali e non hanno quindi posti letto aggiuntivi che denotano spreco…
PRESIDENTE. Onorevole Sabatini, il tempo a sua disposizione è terminato.
È iscritto a parlare il consigliere Ignazio Locci. Ne ha facoltà.
LOCCI IGNAZIO (FI). Nonostante la serietà dell'intervento dell'onorevole Sabatini, devo dire che noi prendiamo atto dei documenti su cui iniziamo a discutere e prendiamo anche atto del fatto che la visione di questa riforma sanitaria da parte della maggioranza e della Giunta tende alla riduzione dei servizi sanitari e alla cancellazione dei presidi ospedalieri di periferia. La valutazione di risultato, a voi tanto cara, sarà la seguente: ulteriori disagi per i sardi, già costretti a fare i conti - da quel che sembrerebbe e che abbiamo appreso dalle vecchie relazioni, buttate quasi terroristicamente sul tavolo dall'Agenas - con il fatto che i nostri ospedali non offrono un servizio propriamente eccellente.
Sia chiaro, io apprezzo quel che ha detto l'onorevole Cozzolino, penso sia condivisibile il pensiero che la riforma sanitaria non è certamente la proposta di legge numero 71, che comunque oggi è sul tavolo, semmai è il testo riportato oggi da La Nuova Sardegna che traccia meglio gli indirizzi che il Governo regionale intende dare sulla riforma sanitaria. Noi riteniamo che non sia comunque un atteggiamento corretto quello di spiegare prima alla stampa e poi a quest'Aula quali sono i progetti di questo Governo regionale. Riteniamo quindi che la Giunta abbia disegnato una riforma ignorando le esigenze dei sardi e senza consultare, da quel che ci risulta, le associazioni di categoria, i medici e men che meno le opposizioni in questo Consiglio regionale. Comunque non è certo nostra intenzione sottrarci alla discussione di merito. Noi faremo il possibile per garantire i servizi rivolti ai cittadini e al bene della Sardegna.
Abbiamo cercato, dall'inizio di questa discussione in Commissione, di offrire un serio contributo alla stesura di questo progetto, ma sin dalle prime battute siamo stati in qualche modo osteggiati e comunque allontanati da un processo di collaborazione. Abbiamo dovuto registrare che il centrosinistra non aveva nessuna intenzione di aprirsi al dialogo e di condividere la strada della riforma sanitaria. Siete andati dritti per la vostra strada, colleghi del centrosinistra, siete intervenuti di fatto, e vedremo più avanti, quando scenderemo nel dettaglio della proposta, che questa riforma è fatta di tagli generalizzati, soprattutto nelle periferie della Sardegna. Questo lo avete fatto violando le prerogative delle opposizioni e, se mi permettete, mostrando anche una certa arroganza. Avete voluto approcciare il tema della sanità sotto un unico segno, quello del disavanzo sanitario, che era un po' la sola scusa che vi potesse permettere di giustificare il prossimo commissariamento delle Aziende sanitarie sarde. Noi non vogliamo certamente negare l'esistenza del disavanzo, lo dimostreremo precisamente nel seguito della discussione, però va premesso che il servizio sanitario sardo si regge esclusivamente su risorse proprie; nemmeno un centesimo viene trasferito per questa funzione dallo Stato, vengono utilizzati esclusivamente soldi dei cittadini sardi.
Apro una parentesi: le indicazioni di programmazione che dà il CIPE vanno valutate esclusivamente come indirizzi, vanno inquadrate certamente in una situazione nazionale a cui anche la Sardegna contribuisce, ma comunque non capiamo e non ci è dato sapere perché il CIPE pretende di stabilire il nostro fabbisogno al di sotto dei 3 miliardi di euro, che corrispondono al consuntivo finanziario del 2013, piuttosto che riferirlo alla spesa effettivamente sostenuta. In questa fase dovete allora chiarire, potete portarlo come elemento di discussione, che cosa intendete per disavanzo della sanità: intendete riferirvi al disavanzo storico, quello che proviene non certamente dall'anno scorso o da due anni fa, ma - come ben faceva osservare l'onorevole Sabatini - da una storia della sanità sarda fortemente influenzata dalle scelte politiche e dalla politica di questo palazzo, oppure volete utilizzare la scusa della spesa dell'ultimo esercizio chiuso, come ho detto prima, quello del 2013?
Io voglio leggere la maggiore spesa del 2013 in un modo alternativo e, lo dico molto chiaramente, mi rifaccio a quello che in queste settimane, in questi mesi, abbiamo appreso dal professor Pigliaru sull'importanza della spesa di ogni singolo euro che deve essere immesso nell'economia sarda. Bene, allora possiamo anche leggere la spesa sanitaria, esente dai parametri del patto di stabilità, come un fattivo contributo, una rappresentazione importante delle voci di sostegno del PIL regionale, e quindi anche interpretare in termini positivi i trasferimenti alle ASL, da parte della Regione sarda, di risorse aggiuntive nello scorso anno finanziario.
La spesa sanitaria, lo sapete meglio di me, lo sappiamo tutti in quest'Aula, ha una tendenza al rialzo, lo certifica anche l'ultimo Patto per la salute sottoscritto dalla Regione sarda. Non c'è, nonostante quello che ci diciamo, una soluzione che possa portare a un'inversione di tendenza; da qui al 2016 si prevede un aumento di circa 4 o 5 miliardi di euro della spesa sanitaria nazionale, su cui insiste anche la nostra spesa regionale. È ovvio quindi che non possiamo sottrarci alla responsabilità di tentare di invertire la tendenza all'aumento della spesa o, quanto meno, di contribuire a quella che viene comunemente chiamata razionalizzazione, ovvero una maggiore oculatezza nella gestione dei processi di spesa delle Aziende sanitarie.
Nell'ambito di questo processo graduale nessuno si sogni, però, che tutti i problemi siano risolti domani mattina con il cambio dei manager, con la diminuzione del numero delle ASL o con la chiusura degli ospedali in periferia. Dovrete avere voi il coraggio di chiuderli, uniformandovi a quello che dice Agenas e ai parametri dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, e lo dovrete spiegare ai sardi.
Tralascio la descrizione di tutti problemi della nostra sanità, vorrei superare la fotografia statica della nostra sanità per trovare delle soluzioni. Diciamocelo chiaro, le soluzioni sono solamente due: l'introduzione dei costi standard anche nella nostra Regione, cosa che fino ad oggi non si è fatta, e l'adozione di efficaci strumenti di budget, di programmazione, innescando tutti quei processi di budgeting che anche nella sanità dovranno implicare la rivisitazione di tutti i processi aziendali e l'individuazione di quelli a valore aggiunto e di quelli che invece non sono utili per la nostra sanità, evitando quindi, come ha detto l'onorevole Sabatini, i centri di costo, le duplicazioni di mansioni e funzioni e l'incremento degli sprechi.
Chiudo dicendo che allo stato, rispetto ad alcune dichiarazioni fatte nei giorni scorsi dalla Giunta, non è pensabile che si possa prevedere l'aumento dei ticket. Su questo, vogliamo essere molto chiari, non faremo nessuna concessione alla Giunta, ci batteremo per non far caricare sulla schiena dei sardi i costi di questa sanità.
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la consigliera Anna Maria Busia. Ne ha facoltà.
BUSIA ANNA MARIA (Centro Democratico). Rinuncio.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il consigliere Stefano Tunis. Ne ha facoltà.
TUNIS STEFANO (FI). Signor Presidente, colleghi, ci troviamo oggi a discutere un testo che è stato presentato come il primo passo della riforma della sanità, un obiettivo impegnativo che questa maggioranza si è posta da subito, identificando nella spesa sanitaria, con l'intimo collegamento che c'è tra la spesa sanitaria e le Aziende sanitarie, il problema di questo settore. Questo la maggioranza l'ha fatto, ripeto, da subito: ricordo che già il giorno delle dichiarazioni programmatiche si dibatteva di una circolare di dubbia legittimità con cui l'Assessorato della sanità chiedeva, anzi intimava, alle ASL di raccordarsi con l'Assessorato su tutti gli atti gestionali, da quelli più importanti a quelli, diremo, meno significativi. Questo in parte aderendo a un fatto previsto dalla legge, cioè che certe spese strategiche debbono essere oggetto di confronto, in parte volendo significare, lo abbiamo denunciato, che si revocava la fiducia posta sulle figure apicali delle ASL nell'attività gestionale. Questo è stato il primo indizio di una faccenda di cui, cari colleghi, Assessore, siete da parte nostra indagati, perché al termine di questo dibattito, con buona pace di qualche collega, sarà complicato per voi dimostrare che tutto ciò che stiamo facendo è volto a migliorare la sanità sarda e non ad affondare le mani nel sistema gestionale delle Aziende sanitarie. Rispetto a questo dovrete affrontare alcuni passaggi logici che si possono riscontrare in questo testo e che è difficile mettere in relazione con l'obiettivo ambizioso di limitare la spesa sanitaria regionale. Mi riferisco al fatto che promettete una riduzione delle figure apicali, viceversa offrite un aumento delle stesse; giustificate l'esigenza di costruire, di rendere operativa una nuova azienda sanitaria con il tema della razionalizzazione, di contro la fondate sul fatto che occorra omogeneizzare la vicenda operativa e di trattamento delle persone che vi sono impegnate. Tutte queste incongruenze temo contribuiscano ad aumentare e a trasformare i nostri dubbi in certezze, perché se è vero che qualcuno di noi può essere ignorante in materia sanitaria, mi permetto di ricordare al collega e amico Lorenzo Cozzolino che un autore famoso diceva che il mondo si divide in persone intelligenti e in persone che dicono di esserlo, un aforisma che credo possa essere riferito anche all'erudizione o alla conoscenza. Lo dico bonariamente per ricordare che, visto e considerato che vi siete pregiati di fare questa riforma perché sapete far di conto, esiste qualcuno di voi in grado di smontare la prova maestra? Il 70 per cento, o giù di lì, del costo delle ASL è dato dalla spesa per il personale: qualcuno di voi è in grado di dirmi quale riga, quale virgola, quale pezzo di questa presunta riforma è idoneo a incidere su questa spesa? Qualcuno di voi è in grado di dimostrarmi con fatti concreti su che cosa si fonda la speranza di raggiungere l'obiettivo di ridurre la spesa sanitaria? Rimane soltanto l'ultima possibilità, cioè che voi, dal vostro punto di vista, correttamente riconosciate l'incapacità di chi in questo momento ricopre i ruoli apicali di queste aziende di svolgere il proprio lavoro. Ma anche in questo, cari colleghi, non c'è la necessità di inventarsi una riforma finta, perché vi soccorre la norma. Infatti, già oggi chi non è in grado di gestire un'azienda sanitaria può essere sostituito. Chi in questo momento non fosse, per ragioni di capacità o di moralità, in grado di ricoprire il ruolo che gli è stato assegnato può essere rimosso.
Noi siamo qui perché voi avete l'esigenza di sostituire in tutte le posizioni e, temo, anche in qualcuna di più, le figure apicali delle ASL, ma sappiate che su questo non ci trascinerete nel dibattito perché, soprattutto la mia generazione, soprattutto i tanti di noi che nei decenni dovranno pagare il conto, non sono qui per dire che un'amministrazione tra quelle passate è stata migliore delle altre. Noi siamo qui per dire che nel futuro tutta l'amministrazione regionale, e tra queste la sanità, va gestita con criteri di capacità e di economicità, e in questo non ci trascinerete in un giudizio storico perché noi saremo qui a ragionare punto su punto su quali sono le soluzioni per migliorare questo importante settore.
Fuori dalla polemica, io non sono venuto qui per confrontarmi in un muro contro muro con la maggioranza. Sono qui, e lo vedremo sugli emendamenti, lo vedremo sulle questioni di merito, per ragionare insieme a voi sulle soluzioni da apportare per raggiungere un obiettivo condiviso. L'obiettivo condiviso è quello di creare una sanità che non sia più per i politici, che non sia più per i livelli intermedi, per i dirigenti o per gli operatori, ma sia finalmente, una volta per tutte, per i cittadini, per quelli cioè che pagano le tasse.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il consigliere Marco Tedde. Ne ha facoltà.
TEDDE MARCO (FI). Signor Presidente, devo confessare che non è semplice discutere in quest'Aula di una riforma che non riforma alcunché. Stiamo discutendo in un clima surreale, perché il progetto di legge in esame non è assolutamente una riforma, a meno che questa non arrivi di soppiatto con un emendamento della Giunta, così come ci dicono i giornali. Cioè la riforma la conosce la stampa, ma non quest'Aula, che la deve discutere, votare e approvare. La massima Assemblea rappresentativa dei sardi deve apprendere i contenuti di questa presunta riforma della stampa! Io credo che non sia il massimo per quest'Aula apprendere dalla stampa i contenuti di questa riforma.
Quindi c'è un clima surreale, un clima di riforma non riforma, tant'è che, nonostante il titolo di questa proposta di legge parli di norme urgenti per la riforma del sistema sanitario regionale, notiamo che là dove sono elencati i principi generali di questa cosiddetta riforma, cioè nell'articolo 1, ci sono indicazioni molto forti e stringenti che sono completamente contraddette dal testo. Con questa legge dovremmo ridurre rapidamente il disavanzo della spesa sanitaria regionale. Ma come, considerato che non si riducono le ASL con questa proposta di legge? Dovremmo razionalizzare la spesa e rendere più funzionale l'utilizzo delle risorse umane ed economiche, ma nel corpo della legge di questo non si parla, è soltanto annunciato nell'articolo 1. L'adeguamento dell'assetto istituzionale anche a seguito delle profonde riforme avviate a livello regionale e nazionale in materia di enti intermedi non c'è in questa proposta di legge. La riorganizzazione del sistema dell'emergenza-urgenza è trattata parzialmente, ma quella della rete territoriale di assistenza e della medicina del territorio e dell'igiene pubblica non c'è, non esiste nel testo di legge. Questo è l'articolo 1. Ma di cosa stiamo parlando allora?
Appare evidente, ribadisco, che di riforma non si può assolutamente parlare; si può parlare semmai, come hanno fatto rilevare i miei colleghi che mi hanno preceduto, di ricerca ossessiva di pretesti per commissariare le ASL, e questo non è un segreto. Non è un segreto perché autorevoli esponenti della maggioranza lo dichiarano alla stampa e lo dicono a noi. Quindi questa riforma serve soltanto come pretesto per commissariare le ASL, per mettere uomini di propria fiducia, il che non è assolutamente un delitto, però non mi pare il modo migliore per riformare la sanità.
La stessa cosa sta accadendo con gli enti regionali: c'è una ricerca spasmodica di occasioni per commissariare gli enti. L'ente che sotto questo profilo è il più singolare è l'Ente foreste: la Giunta fissa dei principi e li propone al Consiglio che li deve approvare affinché la Giunta predisponga il disegno di legge di riforma. Avrebbe fatto meglio a proporre direttamente la riforma dell'Ente foreste! Ma qual è il motivo? Il motivo è che nel disegno di legge di riforma è previsto il commissariamento dell'ente, non la riforma. La riforma vera è di là da venire e viene demandata alla Giunta, con esproprio, quindi, delle competenze del Consiglio regionale.
Stiamo vivendo in un clima pantagruelico, in cui le forze di sinistra fanno abbondanti libagioni, ovviamente politiche, tese a occupare posti di potere. È un centrosinistra pantagruelico, politicamente parlando, ovviamente. Il tutto è un esempio veramente imbarazzante di una politica vorace, di una politica mai sazia, che pensa soltanto al potere e non al bene dell'Isola. È questa l'impressione che ci state dando, colleghi, con questa pseudoriforma, i cui obiettivi non sono la tutela della salute, la riduzione della spesa o il miglioramento dei servizi; l'unico obiettivo è gestire la sanità anche a costo di far crescere ulteriormente la spesa, perché con la riforma che stiamo discutendo oggi la spesa aumenta, penso che sia innegabile.
Eppure nel programma del presidente Pigliaru la salute e la sanità avevano un ruolo centrale. Il suo programma parlava di indipendenza della gestione della sanità dalla politica, cosa che invece viene contraddetta palesemente dai primi passi di questa maggioranza. Tutti i propositi del presidente Pigliaru in tema di sanità, e non solo, purtroppo sono scritti sul vapore acqueo.
Dov'è andata a finire la tanto sbandierata sanità vicina ai cittadini del programma di Pigliaru? In questa riforma non c'è! Dove sono andati a finire tutti quegli obiettivi che ci hanno fatto pensare che effettivamente il presidente Pigliaru e la maggioranza avessero intenzione di intervenire in modo radicale e incisivo sulla sanità per migliorarla? Non sono in discussione oggi. Questa non è una riforma, assolutamente no, ed è un errore madornale - sono perfettamente allineato con il collega Cossa - pensare che cambiando qualche uomo si possano risolvere i problemi della sanità. Sarà sicuramente soddisfatto l'appetito di qualche partito, di qualche Gruppo, ma non si risolvono così i problemi della sanità. Con piccole modifiche al sistema non si migliora la sanità, assolutamente no. Occorre una riforma strutturale, una riforma vera, una riforma coraggiosa. Il sistema sanitario sardo è sicuramente datato, obsoleto, sa di muffa, di naftalina. Si incentra sulle acuzie, come ha fatto rilevare il collega Cossa, sulle persone nel momento del bisogno, sulle persone malate, mentre occorre una riforma strutturale e anche culturale, che pensi soprattutto a prendersi cura del malato da quando nasce fino al momento della morte. Una riforma culturale perché il cittadino va educato a stili di vita corretti e adeguati a prevenire le malattie. Solo in quest'ottica sarà utile prevedere le case della salute e gli ospedali di comunità, ma in questa legge cosiddetta di riforma tutto questo non c'è assolutamente, anzi, cosa gravissima, ribadisco il concetto, stiamo svendendo i nostri compiti di riforma alla Giunta, ci stiamo autoespropriando delle nostre competenze, delle nostre prerogative. La riforma la deve fare il Consiglio regionale, la deve fare la maggioranza con la collaborazione dell'opposizione, non la Giunta.
Tutto ciò che noi stiamo facendo, e che voi ci state proponendo, lo stiamo facendo soltanto per la fretta di raggiungere il vostro obiettivo odierno, che è quello di occupare poltrone, di soddisfare i partiti, di soddisfare tutti coloro che hanno ritenuto di aver vinto le elezioni e che credono che una volta vinte le elezioni si debba occupare il potere, costi quel che costi. Grazie.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il consigliere Angelo Carta. Ne ha facoltà.
CARTA ANGELO (PSd'Az). Signor Presidente, il titolo della proposta di legge, "Norme urgenti per la riforma del sistema sanitario regionale", annuncia un intervento necessario, indifferibile e indispensabile in materia di sanità. Sappiamo tutti che nulla è meno rinviabile della salute; qualunque argomento viene meno laddove si mette in discussione la salute, considerata a ragione il bene primario dal cui godimento discendono tutte le altre azioni dell'uomo. Quindi con curiosità, attenzione e interesse ho letto la proposta di legge numero 71, la relazione dei proponenti e la relazione di maggioranza per trovare lì, essendo appunto una proposta della maggioranza, i motivi dell'urgenza. Con la predisposizione giusta ho quindi cercato di capire quali urgenze venissero individuate e normate con questa proposta di legge. Confesso che non l'ho capito.
Si parla, è vero, di sani e condivisibili principi generali, quali migliore integrazione dei servizi sociosanitari, riduzione dei posti letto, parametri dei costi sanitari; si sfiorano i referendum abrogativi delle province e si vogliono ridefinire i confini territoriali delle ASL; si parla di accorpamenti di ospedali, di case della salute e di ospedali di comunità, di riduzione del disavanzo della spesa sanitaria. Non ho trovato la necessità e l'urgenza, così messa in bella mostra nel titolo, e ho cercato di capire da dove parte la proposta e dove vuole arrivare. Così mi sono posto una domanda: volendo procedere alla riforma del sistema sanitario regionale, nella proposta o nella relazione si dice che cosa è stato fino ad oggi il sistema sanitario regionale della Sardegna? Da nessuna parte ho trovato risposte. Infatti non si dice che è stato ed è tuttora un sistema in cui alberga uno dei maggiori ambiti di clientelismo politico, quello del personale. Ho trovato questa frase nella relazione di minoranza dell'onorevole Cossa, in cui si aggiunge che in Sardegna esistono undici diversi uffici del personale, undici diversi concorsi per assumere infermieri, undici diversi fornitori di lavoro interinale, e qualcuno addebita il disavanzo della sanità al costo delle siringhe.
La sanità è la miniera di voti alla quale il condottiero di turno naturalmente non vuole rinunciare. La gestione finora fatta della sanità ha contribuito a mortificare i giovani, le loro speranze e la loro fiducia nella possibilità di vedersi riconoscere le capacità e il merito. La gestione della sanità in Sardegna è stata una pandemia, che ha fatto danni più dell'ebola. Certo che è urgente la riforma, altroché se lo è, ma non la si può fare a colpi di maggioranza né in un baleno. Non si cancellano le sacche di clientela con una leggina veloce che per ben cinque volte rinvia ad altri provvedimenti a cura della Giunta regionale. Si fa così solo se molto semplicemente si trasferisce questo potere al condottiero di turno. La Giunta, infatti, per ben cinque volte dovrà sostituirsi al Consiglio: all'articolo 2, sulle modalità di funzionamento della centrale di committenza; all'articolo 3, comma 4, per definire sede, strutture, patrimonio e funzioni operative dell'Agenzia regionale dell'emergenza e dell'urgenza; all'articolo 4, per l'istituzione, composizione, funzioni e modalità di funzionamento della Consulta generale di cittadinanza e delle Consulte locali di cittadinanza; all'articolo 5, per l'individuazione della localizzazione delle case della salute, e infine all'articolo 6, per individuare la localizzazione degli ospedali di comunità. Come si può dire che si sta proponendo una legge di riforma del sistema sanitario senza che tutto questo venga discusso in Consiglio regionale? Perché si vuole portare tutto in Giunta anziché discuterne qua in Consiglio? Forse perché l'urgenza non è offrire una sanità migliore ai sardi, quanto piuttosto gestire il più in fretta possibile un potere che per cinque anni è stato in mano ad altri ed è stato, beninteso, gestito male. Se così è non si fa peccato, ma lo si dica.
Come non denunciare, inoltre, la complicità e l'ipocrita comportamento del Consiglio delle autonomie locali, che il 9 ottobre esprime un parere che sembra il disperato appello di un condannato a morte pronto a dichiarare qualunque cosa pur di avere salva la vita? Nel terzo capoverso il CAL fa una denuncia veramente forte: afferma che la scelta di affidare ai distretti sanitari le funzioni appartenenti alle province anticipa scelte sulla riorganizzazione istituzionale della Regione; dichiara che lo stesso CAL non può essere estraneo a questa riforma; definisce addirittura un palliativo tutto il discorso delle consulte, stracciando di fatto l'articolo 4 della proposta di legge e richiamando a tal fine l'articolo 24 della legge numero 23 del 2005, in cui sono già previste forme di partecipazione. Nell'ultimo paragrafo testualmente scrive: "Si manifesta sin d'ora l'assoluta contrarietà a qualsiasi riordino territoriale delle Aziende sanitarie locali che non sia il frutto del complessivo riordino delle funzioni e dei servizi di area vasta".
Insomma, inizia bene e poi annacqua sorvolando sulle deleghe alla Giunta regionale, che proprio questo invece deve fare. Afferma con forza, infine, che questo riordino deve farsi solo dopo il confronto da avviare immediatamente con il sistema delle autonomie locali, una premessa che apre a una sonora bocciatura della proposta di legge. Dopo tutto ciò, avendo lo sgabello già ricevuto due calci e reggendosi ormai su una gamba sola, capitola ed esprime parere favorevole. Una barzelletta!
I comuni si mettano l'anima in pace, perché la regola renziana del dirigismo della Leopolda ha invaso come la gramigna anche la nostra Regione. I cittadini che legittimamente chiederanno lumi sugli ospedali di comunità o sui previsti accorpamenti e tagli non potranno avere risposte, non sapranno, fino a quando non cadranno sulla loro testa, quali conseguenze produrrà questa proposta di legge, perché non c'è nemmeno un consigliere regionale in grado di dirlo. Quanti e dove saranno gli ospedali di comunità? Un malato quando entrerà in un ospedale di comunità, dopo la fase acuta? E quanto dura la fase acuta, dipende dalla malattia o dal parametro di costo che sarà previsto? Quanto costa la degenza in un ospedale di comunità? Chi la paga? C'è una quota a carico del malato e di quale entità? Nessuno oggi lo può dire. Quel che è sicuro è che questa proposta avvia un percorso per trasferire sui cittadini una quota del costo della sanità, e nessuno sa a quanto ammonti. I cittadini però hanno il diritto di saperlo adesso, prima che la riforma venga fatta, e devono conoscere anche le ragioni di questa scelta. Forse il San Raffaele, o Mater Olbia che dir si voglia, costa più del previsto? Forse non si riescono a rispettare gli impegni presi? E se così è, si debbono trasferire i costi sui cittadini?
Si dimentica anche che l'urgenza non è legata al servizio sanitario che i cittadini ricevono, bensì alla legittima necessità di governare la più grande miniera della Sardegna. Si deve avere il coraggio di chiamare le cose con il loro nome e questa proposta di legge non può essere chiamata "Norme urgenti per la riforma sanitaria regionale", perché così non è, e non basta la foglia di fico della riduzione del numero di ASL se quello che si elimina la sera rinasce la mattina sotto diverse spoglie.
Noi riteniamo che la sanità sia un argomento molto serio che incide sui nervi scoperti della nostra società e siamo pronti a votare una riforma degna di questo nome, siamo pronti a discutere proposte serie. Si facciano queste proposte e i Sardisti saranno insieme a chi vorrà e farà la riforma. Non abbiamo null'altro da difendere se non l'interesse dei sardi e il loro diritto ad avere una sanità finalmente efficiente e all'altezza dei loro bisogni, un servizio sanitario che non faccia arrossire per il costo enorme che si sostiene a fronte di lunghissime liste d'attesa, a fronte di interminabili veglie in attesa di un esame. Si abbia il coraggio di affrontare per intero e alla radice il problema della sanità. Ci appelliamo al presidente Pigliaru e a lei, assessore Arru, affinché con coraggio vogliate affrontare un argomento sul quale sarete e saremo giudicati negli anni a venire. Possiamo veramente essere a una svolta se soprattutto il Presidente e l'Assessore vorranno con decisione guidare il processo di rinnovamento che è stato promesso e improntarlo ai principi tante volte ricordati sul merito e sulle competenze. So che non è facile, ma sappiate che su questa strada non sarete soli. Questo è ciò che chiediamo alla maggioranza, all'Assessore e al Presidente, per fare insieme ciò che più serve e meglio risponde alle legittime richieste del popolo sardo.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il consigliere Alberto Randazzo. Ne ha facoltà.
RANDAZZO ALBERTO (FI). Ovviamente intervengo sulla proposta di legge numero 71 sulla base della mia conoscenza, visto che la stampa riporta molte novità di cui noi non siamo a conoscenza e nel merito delle quali non possiamo pertanto entrare. Ciò che stupisce è che tutti ci riempiamo la bocca di considerazioni su questa legge. Ne abbiamo discusso in Commissione, abbiamo esaminato i vari articoli per vedere quali fossero le parti contra legem. A oggi non abbiamo avuto nessuna risposta. Abbiamo chiesto il famoso monitoraggio sui dati - mi rifaccio alla relazione di maggioranza del collega Ruggeri -, ci avete fornito bellissimi dati in quest'Aula, ma oggi anche il Ministero della salute ci chiede di avere il monitoraggio previsto nel Patto per la salute. Il monitoraggio che abbiamo chiesto in Commissione è stato chiesto formalmente alla Regione che noi rappresentiamo in quest'Aula consiliare, quindi non è solo l'opposizione che chiede questi dati.
Confrontarsi è bello e a me va benissimo. Collega Cozzolino, abbiamo discusso in Commissione su cosa sia la casa della salute e su tutta l'organizzazione del sistema sanitario che stiamo prevedendo con questa legge, il problema è che il Patto per la salute apre con la riqualificazione e la razionalizzazione della spendita delle risorse per la salute dei cittadini e premette che la riqualificazione deve consistere in tutto ciò che ha citato lei e che è previsto negli articoli che ci accingiamo a esaminare in quest'Aula. Purtroppo ad oggi non abbiamo neanche i dati sulla spending review, che abbiamo accettato con il Patto per la salute, con le dichiarazioni sulla sanità rese in tavoli diversi, perché ovviamente il Ministero conosce i dati reali.
Il monitoraggio prevede che si fotografi l'esistente e si valuti dove ubicare le strutture, ma non con un mandato alla Giunta. Mi crea difficoltà dare mandato alla Giunta di predisporre tutto quello che è previsto in questa legge. Il problema è che non abbiamo, ad oggi, un quadro preciso di quello che esiste sul territorio. Non vorrei, a proposito di spreco di risorse, che si creassero doppioni in servizi o territori ove non è necessario. A me piace l'idea della maggioranza che al centro c'è il cittadino al quale i servizi devono essere forniti nel miglior modo possibile, ma come lo si può garantire se non sappiamo nemmeno quali servizi offrono i nostri presidi sanitari o non conosciamo la situazione in cui versano i medici negli ospedali? Vi cito un caso per tutti: l'ospedale Marino di Cagliari, dove c'è un centro ortopedico di eccellenza, sta cadendo a pezzi! Io pensavo che si sarebbe raccordata la legge di riforma con il Piano sanitario, in modo da valorizzare e potenziare i centri di eccellenza per conseguire quel risparmio di cui avete parlato nelle vostre relazioni.
Noi non siamo contro il risparmio, però riteniamo indispensabili gli investimenti strutturali per consentire al cittadino di avere i servizi che gli spettano, che sono a carico della Regione e della collettività, e dobbiamo offrire il servizio migliore possibile a quelli che sono gli utilizzatori finali, ovvero i pazienti: ricoveri temporanei, lungodegenze, tutto ciò di cui essi necessitano. Se andiamo a vedere il Patto per la salute, che per la relazione di maggioranza è il cavallo di battaglia di questa legge, se consideriamo le osservazioni che hanno fatto le Regioni nella seconda Conferenza, è stato chiesto di ritoccare i livelli minimi e massimi di tutte le prestazioni che, ovviamente, le Regioni avranno valutato in base al territorio... Io non ho visto le nostre osservazioni, non solo quelle dell'Assessore, e quando ho chiesto i dati agli uffici mi è stato risposto: "Cercheremo di farglieli avere". Spero che la maggioranza abbia più fortuna di me, che abbia i dati reali su cui basarsi, anche per le modifiche da proporre in sede di Conferenza delle Regioni. Se l'Assessore ha il quadro reale della situazione e intende fare una battaglia per i servizi, per la specializzazione di qualche centro, ci troverà al suo fianco, il problema è che io non conosco neanche i dati di base e come me non li conosce il Ministero, che ha chiesto di fargli pervenire le nostre osservazioni. Non so se siano state aggiunte dopo, ma nei testi di cui dispongo, nel Patto per la salute approvato a luglio o ad agosto non ho trovato le osservazioni a supporto, per esempio, del discorso sulla riduzione delle ASL. Io non so come correggerete questo progetto di legge, spero nel miglior modo possibile, perché ne va della salute di tutti.
Colleghi, scusate l'ignoranza, tornando al discorso del collega Cozzolino, ma io posso basarmi solo sui dati ufficiali; di ciò che non conosco non posso discutere. Io discuto solo sulla base dei dati che ci avete comunicato ufficialmente, che sono quelli scaturiti dalle riunioni istituzionali fatte a Roma. Ad oggi sono in possesso solo di due testi, in cui del famoso monitoraggio previsto in tutti gli articoli del Patto per la salute non vi è cenno.
In quest'Aula siedono molti sindaci, ebbene se andiamo a vedere con il comma 2 dell'articolo 2 togliamo ai sindaci il potere di entrare nel merito di quelli che sono i servizi sul territorio, compresi i servizi sociali di programmazione, per affidarlo ai distretti. In altri tempi si sarebbe gridato allo scandalo perché continuiamo a dire che dobbiamo coinvolgere gli enti locali, che dobbiamo valorizzarli, dar loro più potere, e oggi invece togliamo loro anche la concertazione. Ma se non programmo io nel mio comune, cosa ne sa l'organo supremo di quali sono le potenzialità e i bisogni reali del mio territorio?
Il tavolo di concertazione va benissimo se esiste. Ad oggi ci sono tante mini commissioni che non so cosa facciano, Assessore, glielo dico col cuore in mano, perché se lavorassero veramente tutti lo scopo della legge sarebbe perfetto. Ma oggi il trait d'union non esiste, è inutile che propagandiamo le case della salute e tutto ciò che stiamo facendo per migliorare la spesa. No, il patto che è stato firmato dice che dobbiamo riqualificare, dobbiamo prendere posizione su quelli che sono i costi degli ospedali; la prima trasformazione deve riguardare i costi reali dichiarati nella Conferenza Stato-Regioni sulle parti eccedenti i servizi stabiliti. Siccome per quanto riguarda il privato, come ha detto il collega Ruggeri, è già stata posta in essere la parte relativa ai tagli, ora bisogna realizzare la seconda parte, che prevede i tagli nelle strutture pubbliche.
Mi rivolgo a lei, collega Ruggeri, che è relatore di maggioranza, se ha i dati di cui ho detto li faccia avere anche a noi, per capire se stiamo procedendo bene oppure no. Stiamo navigando a vista, ma non si può navigare a vista quando si fa una programmazione. La programmazione prevede la reale conoscenza del fabbisogno, è scritto in tutte le bellissime leggi che ha citato lei, tutti però in quest'Aula dobbiamo sapere qua è il quadro reale, perché quando votiamo dobbiamo avere contezza di quello che stiamo approvando, e questo è possibile solo con la conoscenza esatta dei dati che riguardano ogni singolo articolo di legge che viene discusso in quest'Aula.
Il dialogo, ripeto, noi abbiamo cercato di instaurarlo in Commissione, abbiamo cercato di spiegare quali parti, a nostro avviso, sono incostituzionali, di evidenziare che stiamo togliendo potere agli enti locali. Anche questa può essere una scelta, ma deve essere una scelta comune; non si può introdurre nel testo attraverso parafrasi la sottrazione ai sindaci della delega sui servizi sociosanitari che devono nascere sul territorio. Ma dove si è mai visto? Il parere del CAL è bellissimo per come è scritto. Assessore, spero l'abbia letto perché è un controsenso: il CAL entra nel merito dicendo che il Centro unico d'acquisto non va bene, che è stato un fallimento nelle altre Regioni, però esprime parere favorevole. Io mi preoccupo quando vedo scritte queste cose. Se rilevo delle criticità ne indico il motivo: non vengono coinvolti gli enti locali. Basta dire: "Non vogliamo coinvolgere gli enti locali". Siamo d'accordo sull'esclusione degli enti locali? Ben venga, l'importante è che questa volontà sia chiara e sia percepita dai cittadini. Ma soprattutto dobbiamo essere chiari con i sindaci, che sono convinti che i distretti dovranno per forza raccordare, che saranno loro a dare le indicazioni per il proprio territorio.
Io non ho trovato questi passaggi nella legge, qualcuno me li illustri. Spero di avere in mano tra poco gli emendamenti per poter valutare meglio. Magari mi sbaglio, sto facendo, ripeto, un discorso basandomi sul testo presentato oggi, i correttivi che avete introdotto con gli emendamenti non li conosco, li apprendo dalla stampa. Spero sia vero che le ASL saranno ridotte a cinque, ma non con rinvio ad altre leggi. Lo dico perché ho letto varie postille: "No, lo facciamo dopo, quando facciamo la riforma degli enti locali". Spetta a chi ha predisposto la legge avere oggi il coraggio di stabilire quali sono le regole e le certezze. Non è che facciamo una legge temporanea e fra due mesi la modifichiamo! La riforma degli enti locali prevede le quattro vecchie province più una provincia nuova, in tutto cinque. Voglio dire che la riforma sanitaria deve essere chiara, e qua mi rivolgo al Presidente della Regione: il testo che uscirà da quest'Aula deve essere chiaro, non deve avere necessità di essere modificato dopo uno o due mesi, non deve avere scadenza ma, come è scritto nella relazione, deve essere un punto di partenza per costruire la vera riforma sanitaria, sperando che poi si arrivi veramente a una riforma definitiva. Su questo mi ricollego al discorso dell'amico Sabatini, sperando che lui, come Presidente della Commissione sanità, abbia tutti i dati. È difficile discutere sulla base di dati e relazioni che ci arrivano in via amichevole da qualche funzionario del Ministero. Io sfido i colleghi a dire la loro opinione su tutte le classificazioni previste nel Patto per la salute che sono inserite in questa legge. Sfido i colleghi…
PRESIDENTE. Onorevole Randazzo, il tempo a sua disposizione è terminato.
È iscritto a parlare il consigliere Augusto Cherchi. Ne ha facoltà.
CHERCHI AUGUSTO (Soberania e Indipendentzia). Vorrei cominciare da un presupposto importante, secondo me, cioè che anche se questa legge non è la riforma della sanità, è riduttivo bollarla come la legge utilizzata per il commissariamento delle ASL, come qualcuno ha detto. Se così fosse si sarebbero dovuti e potuti utilizzare altri mezzi molto più rapidi ed efficaci, probabilmente. Sono norme urgenti, come detta il titolo, per la riforma del Servizio sanitario regionale; sono norme che si rendono necessarie per avviare il processo di riforma del Servizio sanitario regionale, che non può più permettersi di continuare a operare con i criteri con cui sta operando adesso, ovvero criteri di inefficacia. Non so se abbiate letto il Programma Nazionale Esiti, pubblicato dall'Agenas in questi giorni, che pone la Sardegna agli ultimi posti per efficacia nel panorama del Servizio sanitario nazionale, seconda forse a qualche altra piccola Regione italiana. Pur essendo a conoscenza delle grandi professionalità e delle grandi strutture presenti nel Servizio sanitario regionale, sono criteri di inefficienza quelli con cui si sta operando, basti pensare alle lunghe liste d'attesa distribuite un po' su tutto il territorio regionale e a una visione ancora troppo accentrata sull'ospedale, piuttosto che, ad esempio, sul territorio. Ricordiamoci alcune incompiute del nostro Servizio sanitario regionale: le reti territoriali, non ultima la rete territoriale delle cure palliative, le reti territoriali oncologiche presenti, ma forse anche le reti territoriali cardiologiche, eccetera. Mi viene in mente, ad esempio, quella che è un'inefficienza del Servizio sanitario regionale, cioè la cura degli esposti all'amianto, che comunque sia va normata ulteriormente.
Dicevo inefficacia, inefficienza e antieconomicità, quest'ultima dettata dal fatto che comunque sia quello sanitario è un servizio che consuma quasi il 60 per cento del bilancio regionale. È evidente che non è un sistema che può reggere, è evidente che siamo in ritardo per correggerlo. Questa proposta di avvio di riforma getta le basi per un discorso che porterà sicuramente a un riordino del Servizio sanitario regionale, che dovrà necessariamente legarsi al riordino territoriale (se le ASL aumentano o diminuiscono lo vedremo), al riassetto della rete ospedaliera (gli ospedali per intensità di cure e gli ospedali territoriali sono comunque realtà di cui dovremo giocoforza occuparci), al riordino del servizio emergenza-urgenza, al servizio emergenza-urgenza sardo (uno degli ultimi servizi nati nel panorama nazionale; esiste da pochi anni, ma ha già bisogno di una revisione profonda), al sistema farmaceutico (la Sardegna è una delle regioni che spendono di più), al sistema della medicina veterinaria (vogliamo dimenticare il danno e la beffa della peste suina, con un blocco ulteriore da parte della Comunità europea all'esportazione delle carni suine probabilmente per altri quattro anni?), alla medicina preventiva e alla formazione professionale, con una programmazione organica e consona alle esigenze del Servizio sanitario regionale, alla riforma delle risorse umane impiegate nel servizio sanitario regionale, con evidenti anomalie che si sono presentate nella gestione delle ASL. In altre parole, occorre un piano dei servizi sanitari che ormai da troppo tempo aspettiamo e che deve vedere tutto il Consiglio impegnato a riscrivere una sanità che deve dare risposte concrete, valorizzando tutte le professionalità presenti nella nostra terra.
Nella premessa del Piano regionale dei servizi sanitari, approvato in Consiglio regionale nella seduta pomeridiana del 19 gennaio 2007, veniva riportata questa frase: "La lunga assenza di indicazioni strategiche e di obiettivi condivisi ha con il tempo portato a una marcata frammentazione degli interventi e a carenze sovrapponibili nell'offerta dei servizi". Era vero nel 2007, è ancora più vero oggi. In altre parole iniziamo oggi a parlare di un governo clinico, economico e sociale, consapevoli che è argomento non più rimandabile che impone decisioni ponderate, attenti alla tutela della salute di tutti i sardi, con vincoli di efficienza economica che la nuova situazione del bilancio regionale impone.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il consigliere Oscar Cherchi. Ne ha facoltà.
CHERCHI OSCAR (FI). Presidente, Assessori, colleghi, parto da una considerazione che mi ha colpito nell'intervento del collega Angelo Carta sul titolo della legge, cioè "Norme urgenti per la riforma del sistema sanitario regionale". Norme urgenti significa che all'interno della proposta numero 71 sono contenute delle norme urgenti per riformare la sanità regionale. Chi mi ha appena preceduto, il mio omonimo collega Cherchi, ha appena detto che questa non è, in effetti, la riforma della sanità, ma è una pre-riforma che deve aiutare ad arrivare alla riforma vera e propria. Al che mi viene un dubbio, che credo sia facile da condividere anche all'esterno di quest'Aula, cioè da chi non è addentro al mondo della sanità e non è magari preparato in materia: ma perché sulla sanità si fa una pre-riforma se poi si deve fare la riforma? Beh, i dubbi a questo punto sono chiarissimi e io risalgo all'agosto del 2009, quando un illustre rappresentante di quest'Aula disse rivolgendosi all'allora Governo di centrodestra, durante un dibattito sempre legato alla necessità di una riforma o all'urgenza di modificare il mondo della sanità: "Io vi chiedo solo due o tre cose: ritenete l'attuale modello sanitario inadeguato? È questa la ragione che vi spinge a questa sensibile modifica dell'attuale modello sanitario? Se così fosse sarebbe legittimo, ci mancherebbe altro! Noi potremmo non essere d'accordo, ma siamo di fronte a un giudizio politico e anche organizzativo del quale non si può non tener conto. Semmai ci sarebbe l'esigenza - è questo il particolare ed è quello che vi chiediamo - di avviare una discussione". Oggi siamo in una situazione completamente ribaltata. Voi oggi siete maggioranza e noi siamo opposizione, ma credo che non sia cambiato assolutamente niente, la situazione è perfettamente identica a quella di cinque anni fa, quando si chiedeva una riforma e quali fossero le condizioni di riforma della sanità. L'allora maggioranza rispose, nella necessità comunque di avviare un dialogo all'interno dell'Aula, e oggi siamo noi a chiedere a voi per quale motivo ci troviamo qua a discutere un progetto di legge. Faccio comunque i complimenti ai colleghi che lo hanno sottoscritto; io pensavo che addirittura oggi ci sarebbe stata una discussione parallela su una riforma proposta dalla Giunta. Probabilmente la Giunta non ha ancora le idee così chiare e si appoggia ai colleghi del Consiglio, e questo è un grande merito della Giunta, perché vuol dire che nei confronti del Consiglio regionale c'è un grande motivo di ascolto e di attenzione. Credo che questo sia importante e vada riconosciuto alla Giunta.
A questo punto vorrei capire, come qualcuno che mi ha preceduto ha ben sottolineato, che cosa contiene e qual è l'effetto reale della riforma che noi oggi stiamo discutendo in quest'Aula. Tolto il ragionamento sull'articolo che non chiarisce esattamente qual è l'oggetto della riforma, il contenuto della riforma proviamo a individuarlo magari nei principi generali dell'articolo 1, dove effettivamente vengono enunciate tutte le idee e le proposte contenute in questa legge. Peccato che nel leggere le lettere dalla a) alla e) ci si renda conto che non corrispondono per niente o quasi per niente al contenuto dell'articolato, perché già all'articolo 2 si istituisce la Centrale regionale di committenza - qui risaliamo ai tempi che furono, agli anni 2006-2007, quando venne proposto di accentrare il sistema gestionale della committenza in senso generale, quindi di tutto quello che è il rapporto all'interno del mondo del sistema della sanità…
(Interruzione del consigliere Oppi)
L'onorevole Oppi mi corregge, risale al 2000, ma il riferimento di legge, onorevole, è legato al 2006, è per quello che io ho citato gli anni 2006 e 2007.
Ma l'articolo 3 addirittura non ci fa capire dove sta il vero elemento di riforma del mondo della sanità, cioè l'istituzione dell'Azienda regionale dell'emergenza e urgenza. Noi francamente non abbiamo capito il perché dell'urgenza di costituire in questo momento un'altra azienda regionale, l'ennesima, ma credo che durante il dibattito l'Assessore e il resto dell'Aula saranno in grado di spiegarcene le reali motivazioni. Probabilmente perché nel ragionamento generale, come abbiamo potuto apprendere in queste ultime ore dalla stampa - e questo è il concetto legato alla necessità di confronto, che non esiste all'interno di quest'Aula -, c'è la riduzione del numero delle Aziende sanitarie attualmente presenti in tutto il territorio regionale, ma questo lo vedremo dopo, perché a questo punto vorremmo capire se realmente avere un'azienda regionale in più o ridurre il numero delle ASL può dare rilancio a un sistema sanitario che, secondo voi, in questo momento non funziona.
L'altro aspetto è legato - e qui rivolgo una battuta al collega Cozzolino, ma è veramente una battuta e chiedo che venga letta in questi termini - all'urgenza di dover costituire le case della salute. Spero che non ci sia dietro - e anche questa è una battuta, chiaramente - qualche speculazione edilizia, visto che si vogliono costruire delle case. Magari questo ce lo spiegherete durante la discussione degli emendamenti, soprattutto individuando il percorso di attribuzione delle funzioni legate alla gestione della casa della salute.
Vado avanti molto velocemente e arrivo credo al punto principale della discussione odierna, cioè il comma 2 dell'articolo 7, che recita testualmente: "La Giunta regionale, entro centoventi giorni" - potevamo stabilire centottanta o novanta, non credo sia questo l'aspetto principale - "dall'approvazione della presente legge, presenta un apposito disegno di legge che integri le disposizioni presenti, che avviano il processo di riforma del sistema sanitario regionale". Non continuo, ma a questo punto la domanda è: per quale motivo è necessario inserire un comma di questo tipo all'interno di una legge regionale? Per quale motivo devo dire che entro centoventi giorni imporrò un'altra legge? Entro centoventi giorni deve essere necessariamente presentata un'altra proposta di riforma della legge sanitaria? O forse questo ci serve per agganciarci, magari con un atto amministrativo, urgentemente al commissariamento delle ASL? Ecco, se era questo l'obiettivo finale, che bisogno c'era di scrivere tutte queste norme, che necessità c'era di far passare una simile proposta di legge come una riforma?
È legittimo, è naturale che i direttori generali che sono attualmente in carica nelle ASL abbiano un collegamento politico. Questo è ben chiaro nei confronti dell'attuale maggioranza, e ci sta, è stato detto anche questo cinque anni fa. Cinque anni fa è stato riconosciuto che probabilmente sarebbe stato necessario inserire nella legge generale di istituzione delle agenzie la clausola, la norma, l'eventuale indirizzo che i direttori generali decadono nel momento in cui si insedia la nuova Giunta regionale, e avremo risolto ogni tipo di problema. Credetemi, colleghi, se l'avessimo fatto non staremmo qui oggi a discutere di una riforma della sanità che non è una riforma.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il consigliere Luigi Ruggeri. Ne ha facoltà.
RUGGERI LUIGI (PD). Signor Presidente, pensavo di poter intervenire più tardi, ma sono state già fatte delle considerazioni sufficienti per ribadire le intenzioni di questa maggioranza e anche per contrastare alcune affermazioni che sono state fatte in ordine alla supposta contraddittorietà degli interventi che sono stati elencati nella legge. Ora, da quel che sento, in particolare dai colleghi della minoranza, mi pare che non ci sia un giudizio negativo sui motivi, sui presupposti che hanno indotto la maggioranza a formulare questa ipotesi legislativa. Mi pare anzi che, al di là delle forzature di tono prima ancora che di ragionamento, ci sia una condivisione sia degli strumenti sia del momento per il quale è necessario intervenire a fronte di una situazione che, dal punto di vista dell'equilibrio economico, mostra inevitabilmente dei segni di rottura che non possono essere, non dico sottovalutati, ma neanche minimamente tollerati in una condizione di bilancio come la nostra, in cui l'esborso complessivo per la materia sanitaria arriva a informare di sé ogni altro aspetto accessibile alla modulazione della spesa da parte della nostra amministrazione.
Io non credo che il problema siano le case della salute e chi le costruisce, così come non credo che il problema sia legato al fatto che dobbiamo tagliare con furore distruttivo i costi. Il problema vero oggi è quello di creare un nuovo modello di sanità che sposti la centralità delle cure dall'ospedale verso il territorio. Il modello di cura centrato sull'ospedale è infatti costosissimo, non è un modello non razionale, non fa salute; è un modello che risponde a domanda, a fronte di un modello che invece privilegia il bilancio di salute complessivo, sposta sul livello della mutualità e della maggiore vicinanza al luogo del bisogno il presidio di erogazione della prestazione sanitaria. Il problema non è quanto dobbiamo trattenere le persone in un ospedale di comunità; quello è un dato assunto scientificamente. L'ospedale di comunità tipicamente deve prevedere il ricovero per due, massimo tre settimane, per un determinato tipo di patologia. Ma è chiaro che il discorso dell'ospedale di comunità fa pendant con la razionalizzazione delle strutture che erogano cure in acuzie e comporterà la riduzione dei presidi ospedalieri così come li concepiamo, dei presidi capaci di offrire cure specialistiche per le acuzie, e viceversa il mantenimento di presidi a dimensione territoriale ci potrà permettere di operare verso un controllo dei costi e una progressiva aderenza al bisogno di salute. Infatti il problema non è tanto che spendiamo troppo, quanto che spendiamo male.
I segni di questa vicenda hanno necessariamente un indirizzo che ha bisogno di essere corroborato da azioni della Giunta molto più puntuali, come diceva il collega Randazzo, supportate da mozioni basate su un "cruscotto" di strumenti che oggi manca come elemento informativo alla sanità, perché siamo cresciuti in una logica per cui si soddisfaceva il bisogno della salute aggiungendo offerta e non invece strutturando la domanda. Questo è il vero problema della nostra organizzazione sanitaria e questa è la causa dell'esplosione della spesa sanitaria che, come ho detto un'altra volta, è una deriva tipica di tutti i sistemi sanitari occidentali. D'altra parte vediamo che la spesa sanitaria, anche territorialmente nella nostra organizzazione regionale, aumenta là dove l'offerta è maggiore senza che a questo corrisponda una migliore offerta di salute complessiva, perché non c'è una graduazione. Se invece graduiamo l'offerta di salute, distinguendo bene l'attività per acuti dall'attività a bassa e media intensità, otteniamo come corrispettivo e controbilanciamento la necessità di mettere a regime un efficiente sistema di trasporto, un efficiente apparato di risposta del sistema dell'emergenza-urgenza, ed è il motivo per cui noi crediamo (magari non sarà la cosa più giusta, però in questo momento è qualcosa di meglio rispetto a quello che c'è) che sia necessario strutturare il sistema dell'emergenza-urgenza in una condizione come quella dell'agenzia regionale che abbiamo previsto, sul quale faremo i bilanci in capo a qualche anno, perché speriamo di mettere a regime innanzitutto un sistema che ci permetta di far corrispondere alle nostre azioni un bilancio misurabile dell'effetto sul sistema della salute.
Questo è quello che noi speriamo di mettere a regime iniziando da questa parte, che disegna un sistema territoriale, e continuando con una parte successiva che sarà quella invece con cui il sistema si completa e che ha bisogno delle nozioni che solo alla Giunta in questo momento possono afferire.
Vorrei anche rassicurare l'onorevole Tunis: io penso che da questo punto di vista noi siamo dentro una logica che tende a cambiare la faccia del sistema. Se avessimo dovuto solo cambiare i manager avremmo seguito quello che ci ha detto la Corte dei conti nell'ultima relazione, presentata ad aprile o maggio scorso, cioè che c'era un deficit di bilancio che presumeva la possibilità di intervenire con gli strumenti della legge numero 21 del 2012, che c'era un deficit di bilancio mascherato da una contribuzione a posteriori, quale quella prevista a dicembre del 2013. Io credo che invece si dovrà dimostrare un'altra cosa, se veramente si vuole essere conseguenti, e cioè che le posizioni del centrodestra, la battaglia, le legittime espressioni di dissenso quando sono fondate su elementi che portano razionalità fanno riflettere la maggioranza e fanno anche cambiare le scelte, come vedremo poi con l'esame degli emendamenti. Ebbene, bisogna dimostrare che la vicenda propositiva della minoranza non è, specularmente a quanto ha detto l'onorevole Tunis, collegata solo alla necessità di mantenere delle posizioni di potere assestate e oggi incardinate nelle figure dei direttori generali. In tal caso, penso che il discorso possa essere fatto ora correttamente, senza improperi e contumelie e senza condizionare giudizi storici a volontà di malversazione. Nel prosieguo del ragionamento, nel prosieguo dell'attività di riforma avremo molte cose da condividere, e dico anche che molte delle cose che sono state dette in Commissione, nel momento in cui la maggioranza e la Giunta hanno formulato gli emendamenti - operazione che per una serie di motivi non è stata fatta in Commissione - sono state recepite, perché erano considerazioni corrette, intelligenti e orientate verso un approccio alla sanità che non disconosce i problemi, che riconosce le manchevolezze, che non pretende che il lavacro dell'opposizione disconosca le colpe. Tali considerazioni possono essere ricondotte a una sintesi che può permetterci di arrivare a un'azione di riforma che penso gratifichi il sistema Sardegna e nel contempo la rappresentanza consiliare nel suo complesso.
PRESIDENTE. È iscritto a parlare il consigliere Gianluigi Rubiu. Ne ha facoltà.
RUBIU GIANLUIGI (UDC). Presidente, Assessori, colleghi e colleghe, anch'io sono fortemente imbarazzato, perché non so più di quale progetto di legge parlare: della proposta di legge numero 71, della riforma, della sotto-riforma o della pre-riforma. La Nuova Sardegna di oggi parla di ASL accorpate in cinque nuovi distretti. È curioso, noi non abbiamo nessun elemento, quindi andiamo avanti nella discussione e parliamo dell'unica proposta in esame, che è la proposta di legge numero 71, che riguarda le norme urgenti per la riforma del sistema sanitario e include, nei suoi sette articoli, numerose proposte fortemente allettanti e apparentemente capaci di soddisfare le esigenze sanitarie presenti.
Gli obiettivi primari e prioritari che la Giunta vuole perseguire mi pare siano sapientemente riassunti nell'articolo 1, in cui si citano la razionalizzazione della spesa e un più funzionale utilizzo delle risorse umane ed economiche. Queste sono un po' le parole chiave della proposta di legge. Naturalmente i principi inseriti nel primo articolo sono indubbi e degni di condivisione diffusa, ma obiettivamente rimango perplesso sulle modalità con cui si intendono raggiungere gli obiettivi di efficienza tanto ambiti. Vorrei citare le parole chiave di questo testo: "razionalizzazione dei costi", "efficienza", "miglioramento del servizio sanitario", "maggiore attenzione ai bisogni dei cittadini". Credo che se in quest'Aula approdasse un testo realmente capace di raggiungere questi obiettivi per un settore così complesso, costoso e pesante, come quello della sanità, l'accordo, cari colleghi, lo si raggiungerebbe in un istante con voto unanime. Nella pratica, la proposta parte con i migliori propositi, ma di fatto non è altro che una scatola vuota, che si limita a citare i problemi attuali della sanità regionale senza affrontarne nemmeno uno. Ciò che mi stupisce di questa proposta è che in realtà non c'è nessuna novità, perché basta andare sul sito www.salute.gov.it e si trova la proposta integrale della casa della salute. Immagino che sia una coincidenza, non può essere stato fatto un copia e incolla, non ho dubbi, perché sarebbe veramente grave. È curioso, però, che per gli ospedali di comunità si sia ripetuto lo stesso identico errore, recuperando i dati dalla Regione Veneto. Anche questa è una curiosità, ma io ovviamente lascio il dubbio, non ho nessuna certezza. Altrettanto dicasi per la Centrale di committenza, che in realtà era stata già proposta negli anni 2000, o per i distretti sanitari che le altre Regioni d'Italia hanno da tempo messo in pratica.
Quindi qual è novità e soprattutto dov'è la tanto conclamata urgenza? "Norme urgenti per la riforma del sistema sanitario regionale": ma di quale urgenza stiamo parlando, se il Ministero ne parla dal 2008 delle case della salute e se la Regione Veneto lo ha già fatto dal giugno del 2014? Stiamo semplicemente imitando alcune Regioni che si sono già messe in qualche modo in regola.
La parte più innovativa e impegnata della proposta di legge è senza dubbio l'articolo 3, in cui è prevista l'istituzione dell'Azienda regionale dell'emergenza e urgenza (anche questa ovviamente scopiazzata dalla Regione Veneto, sempre al sito www.quotidiani.sanità.it), ne vengono definite le finalità e gli ambiti d'azione e si rimanda all'articolo 7 per la copertura finanziaria. L'AREU è l'unico strumento che viene presentato in maniera integrale e dal mio punto di vista è un mezzo d'urgenza innovativo, che persegue numerosi fini, tutti estremamente rilevanti. Vorrei però capire i criteri con cui vengono reperite e destinate le risorse finanziarie previste dall'articolo 7 bis, perché a mio modesto parere il servizio del 118, l'elisoccorso, il trasporto di persone e di organi, solo per citare alcune delle funzioni della nascente agenzia, mi sembrano piuttosto onerosi, e mi viene davvero difficile pensare che 600 mila euro all'anno possano soddisfare un servizio così ampio e importante in maniera efficace ed efficiente, come voi richiamate ripetutamente.
Rimanendo su questo tema vorrei citare la composizione dell'AREU: direttore generale, collegio dei sindaci, collegio di direzione e così via. Mi pare che questa gerarchia di poteri e di figure così complesse sia in forte contrasto con quanto affermato dall'articolo 1, l'articolo indubbiamente più serio e importante della legge, perché sembra che gli obiettivi di efficienza siano qua superati da obiettivi di potere, di ampliamento della potestà dei sindaci, a cui consegue l'irrigidimento amministrativo e una complessa macchina governativa. Dov'è il famigerato snellimento, Presidente? Dov'è la famigerata semplificazione amministrativa, Assessore?
Dicasi altrettanto per la Centrale regionale di committenza: i buoni propositi di razionalizzazione della spesa non coincidono con quanto indicato sull'incremento del personale, come menzionato al comma 4 dell'articolo 2. La legge regionale numero 10 del 2006, che voi citate, all'articolo 22 dice che l'Agenzia si avvale di esperti di alta professionalità, esperienza e riconosciuta competenza, assunti con contratto a termine di diritto privato e del personale di cui alle lettere b) e c), e che il tetto massimo di personale non può essere superiore alle quindici unità. Queste quindici unità voi in legge le incrementate di altre cinque, quindi mi sembra di capire che siano venti le persone in più di cui la Centrale di committenza dovrà dotarsi. Ovviamente è un costo notevole per la macchina burocratica. Altrettanto si può dire, come abbiamo già sottolineato, per i distretti, le case della salute e gli ospedali di comunità.
È palese attualmente che lo snellimento amministrativo, il minor peso economico e l'assenza di una visione mirata al potere sono le priorità di cui il Servizio sanitario regionale necessita in tempi immediati. La vostra proposta è palesemente in forte controtendenza con la missione che vi siete chiamati ad affrontare e che la Sardegna e i sardi vi chiedono con forza. Questo è il più evidente esempio che i vostri sforzi sono già in partenza irrealizzabili, sono basati su coperture finanziarie fittizie e sono, infine, una beffa nei confronti di tutti quei sardi che versano in difficoltà di salute e di mobilità.
A ciò vanno collegati gli altri articoli della proposta di legge, in cui ci si limita a citare grandiosi strumenti, senza peraltro prevedere stanziamenti finanziari, localizzazioni territoriali, numero di strutture necessarie e tutte le informazioni di natura attuativa. Voi avete il coraggio di motivare questa carenza con la natura programmatica di questi strumenti, grazie alla quale non si determina al momento alcuna spesa.
Tutto ciò è ineccepibile e scandaloso, perché la norma non è altro che un agglomerato di ipotesi fantasiose e per nulla programmate, in quanto una buona pianificazione ha elementi fondati, ben specifici, quali il tempo, il luogo, il fine e soprattutto il reperimento delle risorse. Questi ingredienti sono totalmente assenti in questo testo. Forse voi credete che con una proposta virtuale si possano risolvere i problemi reali dei nostri concittadini, e invece, mi duole dirvelo, con questa scatola vuota si arreca un ulteriore danno e una grande beffa a coloro che hanno deposto in voi la fiducia.
PRESIDENTE. È iscritta a parlare la consigliera Alessandra Zedda. Ne ha facoltà.
ZEDDA ALESSANDRA (FI). Presidente, questa proposta di legge mi sembra quasi un malato immaginario che pur avendo tante patologie che devono essere curate in luoghi diversi si ferma al pronto soccorso, dove un pool di medici, ovvero la maggioranza, redige un primo certificato in attesa di avere quello definitivo scritto da un bel pool di professori universitari, cioè la Giunta, che tra l'altro in questa fase sembra subire questa proposta di legge. Questo lo si evince chiaramente dall'ultimo articolo. Il collega Oscar Cherchi si chiedeva come mai - cosa stranissima, mai avvenuta! - in un comma di questo testo viene inserita la previsione di un'altra legge, quindi di un'integrazione, probabilmente di uno stravolgimento di questa legge. Non si capisce, certo è che il primo pool di medici del pronto soccorso verrà sostituito da un altro pool di medici per curare un paziente in difficoltà, certamente sì, come la sanità sarda che, lo voglio ricordare anch'io, è totalmente finanziata dal nostro bilancio regionale.
Detto questo, vorrei entrare nello specifico e provare a leggere insieme a voi alcune dichiarazioni che sono state fatte da un noto esponente del centrosinistra, molto esperto sia in campo sanitario che nel campo delle riforme. Vorrei leggervi alcuni passi che personalmente condivido totalmente su questa proposta di legge, e mi limito a dire sulla proposta da noi conosciuta, come i colleghi hanno avuto modo di sottolineare, perché non è mio costume fare processi alle intenzioni o alle idee sconosciute di altri: "Una proposta di legge che, a essere sinceri, appare abbastanza pretenzioso chiamare riforma; una serie di norme che contraddicono lo spirito e le finalità che si volevano perseguire. Si voleva ridurre il numero delle ASL e invece lo si è aumentato, basta citare l'AREU; si voleva ridurre il disavanzo della spesa sanitaria, 500 milioni di euro, invece si rischia di aggravarlo, ma forse si tratta solo di un primo passo in attesa della riforma vera e propria". Allora ipotizziamo quali possono essere i contenuti della riforma che verrà, che sarebbero forse i più importanti. Il sospetto è che si stia portando avanti un puro esercizio di ingegneria istituzionale: far coincidere la riforma della sanità con quella degli enti locali (il CAL, come ha ricordato il collega Randazzo, anche se ha espresso parere favorevole ha forti dubbi su questa proposta di riforma), fare in modo che il numero delle ASL coincida con gli aggregati dei comuni (più unioni di comuni di nuova istituzione). L'obiettivo sarebbe quello di individuare quattro ASL - se ne parla anche su tutti i giornali - che scaturirebbero da una parziale scomposizione delle quattro province storiche, a cui si aggiungerebbero l'azienda ospedaliera Brotzu, gli ospedali Oncologico e Microcitemico, le due aziende miste ospedaliero-universitarie di Cagliari e Sassari, l'Azienda per l'emergenza e l'urgenza e la Centrale unica di committenza. Un dubbio sorge spontaneo: all'interno di queste ipotesi che posto occupano i bisogni di salute dei cittadini sardi? Mi sembra una domanda abbastanza seria. Sembrerebbe che non siano non al primo posto e si percepisce, in questo modo di operare, una modalità vecchia di affrontare il tema della salute.
A questo vorrei aggiungere il fatto che fino a oggi non abbiamo avuto il coraggio, neanche con questa riforma, di cambiare i contenuti di un Assessorato che viene ancora chiamato "della sanità". Crediamo che forse sia molto più centrale, più vero e più doveroso dargli il suo vero nome: "la salute".
Sarebbe propedeutica una vera rivoluzione culturale che ponesse al centro non li aspetti gestionali, ma la persona, i suoi bisogni, i suoi diritti; un divario culturale testimoniato anche dal fatto che, mentre a livello nazionale esiste, come dicevamo, il Ministero della salute, noi abbiamo ancora il nostro vetusto Assessorato. La salute è un bene comune, così come il paesaggio, l'ambiente, l'acqua, ed è anche un diritto costituzionale da tutelare universalmente. Non dovremmo poi dimenticare che in Sardegna esiste una stretta correlazione tra la salute, le condizioni socioeconomiche, il livello culturale, gli stili di vita, l'ambiente, il lavoro, la sicurezza. Forse di questo si sarebbe dovuto occupare la riforma.
Altri dubbi vengono spontanei: come citava in apertura il collega Tedde, a fronte di un articolo 1 concreto, con indirizzi e criteri precisi, il resto della proposta è rimasto con la vecchia impronta. Allora vi chiedo colleghi: diciamo che vogliamo le nuove case della salute, che abbiamo gli ospedali di periferia, l'AREU, la Centrale unica di committenza, ma che cosa ne volete fare dei poliambulatori, delle guardie mediche e degli altri presidi ospedalieri? Qui non si dice una sola parola su questo, non sappiamo se essi devono continuare a esistere. Ecco perché parlavo di un malato immaginario con tante patologie che non sappiamo dove e come curare, il che è l'aspetto più rilevante.
Torniamo al concetto del collega Cossa, che parlava di due cuori e due fegati. Altro che due, qui stiamo arrivando a una proliferazione di centri sanitari che dovrebbero sia curare le emergenze sia garantire l'assistenza abbinata al sociale. Creiamo invece confusione e aumentiamo i presidi sanitari con questa riforma sanitaria che dovrebbe essere epocale!
Colleghi, non conosco il contenuto degli emendamenti che saranno presentati, su cui ci dovremo ancora confrontare, ma questo testo di legge mi sembra veramente confusionario. Dico ancora che avremmo avuto qualche speranza se dal punto di vista finanziario, che è una materia a me cara, avessimo provato a cercare qualche soluzione. Qualche collega ha parlato di costi standard, che mi pare siano il nodo centrale del Patto per la salute che abbiamo sottoscritto, per cui pensavo che nelle norme finanziarie si sarebbe dato atto di questa nuova procedura che tende a ridurre la spesa sanitaria, e invece cosa troviamo? Troviamo semplicemente 600 mila euro da destinare al funzionamento degli organi dell'AREU! Ma, signori, dove vogliamo andare con questo atteggiamento e con queste norme? Tra l'altro ho dei dubbi anche per quanto riguarda la copertura finanziaria, però stiamo intaccando delle somme da destinare non alla salute ma ad altre sacche amministrative, ed è un eufemismo, una forma elegante per definirne la reale destinazione: l'occupazione di poltrone!
Collega Cozzolino, certamente nessuno potrà mai confondere questo testo con un piano sanitario regionale o con una vera riforma, però possiamo impegnarci almeno per migliorarla, per fare in modo che i cittadini sardi non abbiano, oltre a una scarsa assistenza per la loro salute, anche una totale confusione e da domani non possano fare altro che andare anch'essi al pronto soccorso, perché davvero non sapranno più a chi rivolgersi per risolvere i loro problemi di salute. Io mi auguro che in quest'Aula, spero già in questa fase, con la collaborazione e la volontà della Giunta di tradurla in norma, ci sia la disponibilità di tutti a fare in modo che non si proceda semplicemente alla sostituzione di medici con altri medici scelti tra chi è più gradito alla maggioranza. Mi auguro che da quest'Aula possa venire se non una riforma definitiva - ci è mancato il coraggio per fare una riforma definitiva - quanto meno una riforma degna di una regione che cerca veramente di ritrovare un feeling, un rapporto con una politica che deve cercare di convincere i cittadini non più a parole, come invece fa il nostro Presidente del Consiglio, salvo poi contraddirsi, ma con i fatti.
PREISDENTE. La discussione volge al termine, devono ancora intervenire soltanto i Capigruppo. Sospendo la seduta per consentire una riunione della Conferenza dei Capigruppo sulla programmazione dei lavori.
(La seduta, sospesa alle ore 12 e 55, viene ripresa alle ore 13 e 13.)
PRESIDENTE. Comunico le decisioni della Conferenza dei Capigruppo. I lavori dell'Aula riprenderanno questo pomeriggio alle ore 16 e 30, mentre la quarta Commissione è convocata per le ore 15 e 30. Sono iscritti a parlare undici Capigruppo, quindi ci saranno circa due ore di discussione. Entro le ore 19 dovranno essere presentati gli emendamenti, dopodiché la discussione generale verrà chiusa e si procederà alla votazione del passaggio all'esame degli articoli. Ovviamente i lavori del Consiglio saranno sospesi questa sera, verosimilmente intorno alle ore 19. Domani mattina, alle ore 11, si riunirà la Commissione per valutare gli emendamenti che saranno stati proposti. Il Consiglio si riunirà alle ore 15 e 30 - è stata chiesta un'anticipazione - per discutere il disegno di legge numero 99, se sarà stato esitato dalla Commissione, altrimenti si passerà alla proposta di legge sulla sanità.
La seduta è tolta alle ore 13 e 14.