Seduta n.39 del 24/09/2009 

XXXIX Seduta

(ANTIMERIDIANA)

Giovedì 24 settembre 2009

Presidenza della Presidente LOMBARDO

indi

del Vicepresidente CUCCA

La seduta è aperta alle ore 10 e 36.

CAPPAI, Segretario, dà lettura del processo verbale della seduta del 30 luglio 2009 (32), che è approvato.

Congedi

PRESIDENTE. Comunico che i consiglieri regionali Rosanna Floris e Marco Meloni hanno chiesto congedo per la seduta antimeridiana del 24 settembre 2009.

Poiché non vi sono opposizioni i congedi si intendono accordati.

Discussione generale del testo unificato: "Disposizioni straordinarie per il sostegno dell'economia mediante il rilancio del settore edilizio e per la promozione di interventi e programmi di valenza strategica per lo sviluppo" (53-67/A) del disegno di legge: "Disposizioni straordinarie per il sostegno dell'economia mediante il rilancio del settore edilizio e per la promozione di interventi e programmi di valenza strategica per lo sviluppo" (53) e della proposta di legge Bruno - Agus - Barracciu - Caria - Cocco Pietro - Cucca - Cuccu - Diana Giampaolo - Espa - Lotto - Manca - Meloni Marco - Meloni Valerio - Moriconi - Porcu - Sabatini - Solinas Antonio - Sanna Gian Valerio - Soru: "Disposizioni urgenti e straordinarie volte alla riqualificazione del patrimonio edilizio esistente ed al rilancio dell'economia" (67)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del testo unificato 53-67/A.

Ha domandato di parlare il consigliere Gian Valerio Sanna. Ne ha facoltà.

SANNA GIAN VALERIO (P.D.). Presidente, lei ritiene che il Consiglio regionale abbia al momento la dignità necessaria per affrontare un argomento di questo genere?

PRESIDENTE. Sono perfettamente d'accordo con lei, ma questo attiene al senso di responsabilità dei consiglieri regionali ai quali non possiamo continuamente consentire di arrivare quando vogliono perché il Consiglio aspetta per iniziare i suoi lavori che l'aula sia piena. Dobbiamo cominciare a dare un segnale; pertanto iniziamo i lavori, poi è ovviamente nelle prerogative delle minoranze richiedere magari la verifica del numero legale. La Presidenza non intende continuare ad aspettare che i consiglieri regionali arrivino in aula.

SANNA GIAN VALERIO (P.D.). Ho capito, l'atteggiamento poliziesco viene assunto solo in riferimento alla interruzione drastica degli interventi, per il resto ci si rimette al sentimento degli individui.

PRESIDENTE. La prego di controllare i termini che utilizza in quest'Aula, perché non c'è nessun atteggiamento poliziesco ma il rispetto delle disposizioni previste dal Regolamento.

Proseguiamo i lavori. Dichiaro aperta la discussione generale.

Ha facoltà di parlare il consigliere Matteo Sanna, relatore di maggioranza.

SANNA MATTEO (P.d.L.), relatore di maggioranza. Presidente, colleghe e colleghi, signori della Giunta, come sappiamo una grave crisi socio-economica, dai risvolti non ancora ben definiti, sta interessando il sistema economico mondiale e, come agevolmente intuibile, ciò ha avuto delle ripercussioni rilevanti non solo nel territorio nazionale, ma anche sull'economia della Sardegna.

E' pertanto necessario affrontare il momento di attuale debolezza con misure straordinarie, frutto di strategie urgenti, ma efficaci e condivise, che consentano non solo il raggiungimento degli auspicati benefici nel breve periodo, ma siano capaci di produrre effetti positivi anche nel medio e lungo periodo coerentemente con il programma di governo e, soprattutto, con le esigenze emerse durante il proficuo processo partecipativo attivato dagli esponenti della Giunta regionale nel corso dei mesi di maggio e giugno 2009.

D'altra parte, la crisi economica e il rallentamento dello sviluppo sono stati, come noto, accentuati da alcune scelte operate nel corso della passata legislatura.

La finalità del testo esitato, pertanto, non è solo quella di dare attuazione all'accordo raggiunto il 31 marzo scorso tra il Governo e le regioni che, come noto, si proponeva il rilancio dell'economia, ma anche e soprattutto quella di incentivare il rinnovamento del patrimonio edilizio esistente, il miglioramento della qualità architettonica, dell'efficienza energetica, e di attenuare il disagio abitativo di molte famiglie. Un testo, dunque, dai profili assai significativi e dalla portata molto più ampia.

Il conseguimento di tali obiettivi è reso possibile anche grazie all'introduzione di misure di semplificazione delle procedure nel settore edilizio, e alla soluzione dei problemi inerenti la pianificazione paesaggistica, emersi soprattutto con forza durante le conferenze territoriali con cui l'Esecutivo ha finalmente dato avvio al dialogo con i rappresentanti degli enti locali, inaugurando una nuova stagione caratterizzata da un attivo confronto e una costante collaborazione tra i soggetti che, ai vari livelli, intervengono sulle scelte riguardanti il territorio.

E' pertanto senz'altro riduttivo l'inquadramento del testo in questione nel cosiddetto "Piano casa"; le disposizioni di cui si chiede l'approvazione vanno, infatti, considerate nell'ambito di una strategia di più ampio respiro.

Una normativa che verrà affiancata da nuove disposizioni in materia di edilizia residenziale pubblica favorita da ulteriori risorse finanziarie, già in fase di predisposizione nell'ambito della prossima manovra finanziaria.

Un processo continuo e finalizzato a dotare anche la Sardegna di una nuova legge organica in materia di governo del territorio, in linea con le dichiarazioni programmatiche del Presidente, al fine di fare chiarezza tra il groviglio di normative, direttive e circolari di settore che, come è noto, si sono succedute nel corso degli ultimi anni.

Esigenza, questa, fortemente avvertita e manifestata dalle amministrazioni locali, dagli operatori economici e anche dai privati cittadini, che hanno con incessante forza evidenziato le enormi difficoltà riscontrate nell'interpretazione delle norme del Piano paesaggistico e nella attuazione del medesimo, testimoniate anche dalla brusca frenata della pianificazione locale che ha avuto ripercussioni negative su tutto il sistema socio-economico dell'Isola.

Tali problematiche sono state espresse anche alla quarta Commissione del Consiglio che, sulla scia del percorso inaugurato dalla Giunta regionale, ha sentito i rappresentanti delle autonomie locali (UPS, ANCI, UNCEM, ASEL, Consiglio delle autonomie), i rappresentanti degli ordini professionali (architetti, ingegneri, geologi, agronomi, forestali e geometri), delle associazioni di tutela ambientale (Legambiente, Gruppo di intervento giuridico, WWF Sardegna, Italia nostra), delle parti sociali (le varie confederazioni sindacali dei lavoratori e degli imprenditori), in audizione nel corso delle sedute dell'8, 9 e 10 settembre scorso.

Da tutte le parti è stata con forza evidenziata la necessità di mettere mano all'impalcato normativo vigente, al fine di ridare regole certe e consentire la ripresa del sistema socio-economico, nel rispetto dell'esigenza primaria di tutela e salvaguardia del paesaggio.

Con il testo esitato dalla Commissione, pertanto, nel dare risposta a quelle esigenze di tutela e valorizzazione delle valenze paesaggistiche, naturalistiche, storiche e culturali del territorio, sono stati privilegiati gli interventi di sostituzione del patrimonio edilizio di modesta qualità architettonica e tecnologica.

Viene istituita la Commissione regionale per il paesaggio e la qualità architettonica in grado di contemperare l'esigenza di sviluppo con quella di tutela delle aree particolarmente sensibili del territorio; tali funzioni, per la loro delicatezza, saranno affidate a tecnici esperti di elevata caratura e indiscussa professionalità.

In questo senso, lo sviluppo non viene declinato in un selvaggio permissivismo, ma esalta i principi di tutela e valorizzazione del territorio, unanimemente condivisi, senza per questo ingessarne la naturale evoluzione.

E' stata dettata una disciplina che prevede l'applicazione ponderata e graduale degli incrementi volumetrici in relazione alle caratteristiche e alla rilevanza paesaggistica delle diverse zone, con particolare attenzione al sistema costiero, per il quale, a titolo di esempio, viene riconosciuta la possibilità di modesti incrementi volumetrici a condizione di demolire e ricostruire arretrando verso l'interno rispetto alla linea di battigia.

Sono previste norme specifiche per il patrimonio turistico e ricettivo al fine di consentire la ripresa di tale settore, considerato di importanza strategica per l'economia dell'intera Sardegna. È riconosciuta la facoltà di apportare incrementi volumetrici graduandoli in relazione alla distanza dalla costa e indirizzandoli al miglioramento della qualità architettonica, privilegiando i servizi funzionali all'attività ricettiva. In tal modo si intende dare la possibilità agli operatori del settore di effettuare importanti e positivi adeguamenti dell'offerta turistica, incentivando le modifiche volte al miglioramento dei servizi indirizzati verso standard di qualità elevata.

Si propone, inoltre, come si legge anche nella relazione che accompagna il disegno di legge di iniziativa dell'Esecutivo regionale, di coniugare la tutela di fondamentali valori ambientali, paesaggistici e culturali della Sardegna con l'obiettivo di pervenire ad uno sviluppo sostenibile.

Non deve essere neanche sottovalutato, colleghi, che gli incentivi volumetrici finalizzati alla riqualificazione del patrimonio edilizio esistente sono legati, dalle norme che ne disciplinano l'applicazione, al miglioramento dell'efficienza energetica degli edifici. Sia per gli interventi di ampliamento che per quelli di demolizione e ricostruzione, la premialità volumetrica è normalmente legata al contenimento del consumo energetico, alla presentazione delle certificazioni energetiche e di regolare esecuzione delle opere.

Gli interventi previsti nel testo in esame sono, in conclusione, volti ad avviare un processo dinamico di tutela, gestione e valorizzazione che, a partire dalla fragilità dei paesaggi costieri, valuti le interazioni e gli impatti sul sistema ambiente, fermo restando il primario obiettivo del mantenimento e della valorizzazione dello stesso, quale risorsa strategica. Si tratterà di un primo passo verso un processo di cambiamento, che dovrà, anzitutto, essere di tipo culturale.

Si intende proporre una visione non più solo vincolistica, con norme di tipo prevalentemente coercitivo, ma vista la singolarità e complessità dei territori e, più in generale, del paesaggio isolano, identificare elementi di cautela e di interesse paesaggistico, al fine di orientare le trasformazioni dei sistemi urbani e rurali della nostra regione. Una tutela di tipo dinamico, caratterizzata da un chiaro disposto normativo di base, che consenta di integrare anche gli atti di pianificazione di diversa natura e scala, superando le difficoltà e le incertezze che hanno contraddistinto la prima fase di applicazione, da parte dei Comuni, del Piano paesaggistico regionale.

Il testo esitato dalla Commissione è suddiviso in tre capi. Il primo, relativo alle disposizioni straordinarie per la riqualificazione del patrimonio edilizio esistente, disciplina l'applicazione ponderata e graduale degli incrementi volumetrici in relazione alle valenze paesaggistiche, storiche e culturali che il territorio esprime.

Il secondo inquadra in una visione ben più ampia la tematica della pianificazione paesaggistica e tende a dare risposta ad esigenze di chiarezza ed uniformità reiteratamente manifestate anche dagli enti locali nelle citate conferenze territoriali.

Il terzo detta alcune norme per il recupero dei sottotetti e dei seminterrati e le disposizioni finali.

Il capo primo, titolato "Disposizioni straordinarie per la riqualificazione del patrimonio edilizio esistente", disciplina gli interventi di ampliamento e quelli di sostituzione edilizia, oltre quelli di semplificazione delle procedure relative all'attività edilizia. Per quanto attiene ai primi, il testo distingue tra quelli riguardanti la residenza e i servizi connessi e quelli inerenti le costruzioni in zona agricola e gli immobili destinati a finalità turistiche e ricettive (rispettivamente gli articoli 2, 3 e 4).

L'articolo 2 disciplina gli interventi di ampliamento concessi alle diverse tipologie di fabbricati (uni e bifamiliari, condomini e case a schiera); incrementi variabili a seconda di alcuni parametri quali la zona urbanistica in cui è situato l'edificio, la distanza dalla linea di costa, l'entità del miglioramento energetico.

Si mostra, poi, particolare sensibilità per gli interventi ricadenti in zona urbanistica A (centro storico) optando non per un drastico divieto, ma per una soluzione che li consenta, a condizione che il manufatto abbia meno di cinquant'anni e che sia in contrasto con i caratteri tipologici e architettonici della zona. È evidente che, in questa ipotesi, l'incremento risulta finalizzato ad incentivare gli interventi che tendano ad armonizzare l'edificio rispetto al contesto storico-paesaggistico, e alle peculiarità architettonico-compositive che il centro storico esprime.

Disposizioni specifiche inoltre sono, come detto, dettate per gli interventi in zona agricola e per gli immobili con destinazioni turistiche e ricettive. Per la prima categoria, l'articolo 3 gradua le possibilità di ampliamento in relazione alla valenza paesaggistica delle aree, permettendo così di incentivare la ripresa anche del settore agricolo, settore tradizionale nell'economia isolana. Oltre i due chilometri dalla linea di battigia, nelle stesse aree, è consentito un incremento volumetrico che non può superare il 20 per cento.

Nella fascia dei trecento metri dalla linea di battigia è concesso un ampliamento per i fabbricati dell'imprenditore agricolo destinati ad attività agro-silvo-pastorali nella misura del 10 per cento, a condizione che le nuove volumetrie siano destinate ai medesimi usi e previa valutazione positiva della Commissione regionale per la qualità paesaggistica.

Analoga previsione è contenuta nell'articolo 4 per le strutture turistico-ricettive nella fascia dei trecento metri dalla linea di battigia. Maggiori incrementi sono concessi per gli immobili situati oltre la fascia predetta, l'ampliamento può arrivare al 30 per cento nel caso di interventi di riqualificazione dell'intero edificio tali da determinare un contenimento del consumo energetico maggiore del 25 per cento del fabbisogno di energia primaria.

L'articolo 5 disciplina gli interventi di sostituzione del patrimonio edilizio esistente. Sarà ammessa la demolizione e ricostruzione, anche su area diversa e con proporzioni più ampie fino al 30 per cento (o al 35 per cento in caso di contenimento delle prestazioni energetiche) degli edifici anteriori al 1989 che necessitino di un adeguamento ai mutati standard tecnologici, architettonici o energetici.

L'articolo 6 prevede il recupero e la ristrutturazione degli edifici destinati ad attività istituzionali o comunque pubbliche, concedendo un incremento volumetrico al fine di agevolarne la riqualificazione, garantendo ancora una volta la tutela della fascia più prossima alla linea di costa.

L'articolo 7 istituisce la Commissione regionale per il paesaggio e la qualità architettonica al fine di fornire all'Amministrazione regionale un supporto tecnico-scientifico in materia di tutela del contesto ambientale e quale organo chiamato ad assicurare che gli interventi in zone particolarmente sensibili del territorio regionale si coniughino con la finalità di tutela e valorizzazione delle medesime.

L'articolo 8 disciplina, invece, le condizioni di ammissibilità degli interventi siano essi di ampliamento che di sostituzione del patrimonio edilizio esistente, prevedendo che non possano essere realizzati su immobili privi del titolo abilitativo o su quelli di interesse storico, artistico o archeologico vincolati ai sensi della parte II del decreto legislativo 22 gennaio 2004, numero 42.

L'articolo 9 detta le disposizioni relative alla misura degli oneri di concessione, prevedendo forme di agevolazione qualora gli intereventi riguardino la prima abitazione. La contribuzione è, invece, maggiorata negli altri casi.

L'articolo 10 detta norme volte alla semplificazione delle procedure relativa all'attività edilizia, rispondendo all'esigenza di snellezza nell'ottenimento del titolo abilitativo edilizio. In tale ottica per una serie di interventi (manutenzione ordinaria e straordinaria, eliminazione delle barriere architettoniche, opere precarie, eccetera) non è necessario alcun titolo abilitativo, è sufficiente la semplice comunicazione di avvio lavori, da effettuarsi anche in via telematica.

Gli interventi di ampliamento possono realizzarsi mediante la Denuncia di inizio attività (DIA) ad eccezione di quelli ricadenti nella zona omogenea A (centro storico) o nei trecento metri dalla linea di battigia.

Viene, altresì, introdotta una forma di monitoraggio delle operazioni urbanistiche ed edilizie al fine di consentire un'efficace forma di controllo delle trasformazioni edilizie in atto. Il testo normativo licenziato dalla quarta Commissione consiliare prevede che entro 18 mesi dall'entrata in vigore della legge stessa debba essere improrogabilmente effettuata la denuncia di inizio attività, ovvero la comunicazione di inizio lavori nel caso in cui il titolo abilitativo sia costituito dalla concessione edilizia, mentre entro 36 mesi, decorrenti sempre dalla medesima data, deve essere comunicata la fine dei lavori.

Trattandosi di un provvedimento straordinario destinato ad avere immediati effetti sul sistema economico, non si è ritenuto di dover estendere a tempo indeterminato l'efficacia delle disposizioni.

Il capo secondo, intitolato "Norme in materia di pianificazione paesaggistica", si apre con l'articolo 11, che disciplina le modalità di aggiornamento e revisione del Piano paesaggistico regionale prevedendo che la Giunta regionale, con periodicità biennale, possa procedere alla revisione dei contenuti dispositivi e discretivi mediante deliberazione da pubblicarsi sul BURAS e sul sito istituzionale. È previsto che chiunque ne abbia interesse possa proporre osservazioni e la competente Commissione del Consiglio regionale esprima il proprio parere al riguardo. Successivamente la Giunta delibera in via definitiva la modifica o l'aggiornamento del Piano.

L'articolo 12 disciplina le procedure relative alla realizzazione di programmi, piani o progetti di valenza cosiddetta strategica per lo sviluppo coerenti con gli indirizzi della pianificazione paesaggistica.

L'introduzione di tali strumenti, cari colleghi, costituisce attuazione del programma di governo regionale - questo lo voglio ricordare a tutti i colleghi della maggioranza - e, nell'ottica della leale collaborazione tra enti, individua i criteri di partecipazione e di eventuale condivisione delle proposte.

L'articolo 13 regolamenta gli interventi ammissibili nella fase di adeguamento degli strumenti urbanistici ai Piani paesaggistici per tutti i Comuni ricompresi negli ambiti di paesaggio individuati dai Piani. Distingue a seconda della zona in cui ricade l'intervento urbanistico da realizzare e a seconda che il Comune sia o meno dotato di Piano urbanistico comunale. Vengono, inoltre, disciplinati gli interventi di riqualificazione degli insediamenti esistenti e delle strutture destinate all'esercizio di attività turistico-ricettiva, agricola e produttiva, nonché gli interventi di manutenzione straordinaria e ordinaria, restauro e risanamento conservativo nonché quelli di ristrutturazione.

L'articolo 14 apporta modifiche alla legge regionale 4 agosto 2008, numero 13, disciplinando gli interventi di trasformazione del territorio compreso nella fascia di rispetto di cento metri dei beni paesaggistici ed identitari, prima che si proceda a una corretta delimitazione della stessa che tenga conto delle effettive valenze paesaggistiche del contesto territoriale.

La realizzazione degli interventi è assoggettata al preventivo ottenimento dell'autorizzazione paesaggistica ai sensi dell'articolo 146 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, numero 42.

La disposizione attribuisce poi ai comuni la possibilità di verificare la coerenza dei propri piani particolareggiati dei centri storici al piano Paesaggistico regionale e di procedere, quindi, alla loro attuazione per le parti considerate coerenti.

L'articolo 15 disciplina il recupero ai fini abitativi dei sottotetti e tende a contenere soprattutto il consumo di nuovo territorio e a favorire la messa in opera di interventi tecnologici per garantire condizioni di maggiore efficienza energetica.

La presente disposizione nel suo complesso è applicabile nelle zone urbanistiche A, B, C ed E, e si estende anche ai seminterrati. E', infine, attribuita ai comuni la possibilità di escludere l'applicazione della stessa mediante motivata deliberazione del consiglio comunale da assumersi entro novanta giorni dall'entrata in vigore della legge.

Il testo normativo in esame, cari colleghi, pone al centro dell'attenzione le strategie per lo sviluppo dell'Isola in materia di edilizia e di urbanistica, senza per questo contraddire i principi di tutela e di valorizzazione del territorio isolano, privilegiando il contributo della comunità che lo vive e lo abita tutti i giorni.

Noi, cari colleghi, con questo testo intendiamo riportare l'uomo al centro dell'azione nel suo territorio, quell'uomo che lo vive, lo abita tutti giorni, quell'uomo che è protagonista delle scelte, quell'uomo che finalmente dopo anni di norme poco chiare, così come evidenziato anche dal TAR e dal Consiglio di Stato, in una delle ultime sentenze, possa avere certezze di diritto. Noi vogliamo riportare la certezza del diritto e lo vogliamo fare con questa disposizione di legge e soprattutto dialogando. Abbiamo iniziato una stagione del dialogo: l'ha iniziata la Giunta, l'abbiamo proseguita noi in Commissione.

Questa stagione del dialogo, che vogliamo continui anche all'interno di quest'aula, ci vede aperti ad ogni contributo che possa portare un miglioramento del testo stesso e che possa soprattutto portare il benessere alla Sardegna e dare una risposta a tutti quei cittadini che guardano a questa Aula, ai lavori di questa Aula con grande attenzione perché la situazione economica della Sardegna ha raggiunto veramente il livello più basso degli ultimi cinquant'anni.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il consigliere Manca, relatore di minoranza.

MANCA (P.D.), relatore di minoranza. Signor Presidente, colleghi consiglieri, signori Assessori, arriva oggi in discussione in quest'Aula un provvedimento di legge molto atteso o, per essere più precisi, un testo di legge sul quale si è alimentata una grande attesa. Un provvedimento di legge rappresentato dalla maggioranza politica regionale come un momento fondamentale per la ripresa dalla grave crisi economica che la nostra Regione attraversa.

Un provvedimento di legge che sta alimentando grandi attese, non solo tra gli operatori del settore economico che esso principalmente interessa, il settore edilizio, ma specialmente tra i cittadini. Tutto questo a mio parere creando una serie di aspettative sovradimensionate, una serie di attese troppo forti rispetto ad un intervento (come dirò più avanti nel mio ragionamento) che può essere, se giustamente ponderato, un utile intervento, ma non la panacea di tutti i mali e la soluzione della grave crisi economica che attraversa la nostra Regione. Questo lo sottolineo per correttezza e rispetto nei confronti dei cittadini sardi che in questo momento di grande difficoltà hanno bisogno non di sogni o di miraggi ma di risposte serie e concrete.

Pur portando grande rispetto per la competenza e la serietà dell'assessore Asunis, nel leggere alcune sue ultime dichiarazioni rimango quantomeno perplesso per i dati e i numeri che l'Assessore, appunto, mette a disposizione di noi tutti e dell'intera Isola con la sua intervista su L'Unione Sarda. Numeri che ricordo: circa 8 miliardi il volume di affari che dovrebbe svilupparsi, 12.000 i cantieri che dovrebbero aprirsi e circa 40.000 addetti tra diretti ed indiretti nell'arco di un anno. Numeri importanti che penso ognuno di noi, almeno per quanto riguarda il fattore occupazionale, spera si possano realizzare, ma sicuramente numeri che lasciano aperti molti dubbi sulla loro consistenza, sono loro qualità e sulla loro veridicità.

Il tempo disponibile per l'intervento, Presidente, non mi consentirà su una materia così importante di toccare tutti punti focali, tutti i nervi scoperti di questo disegno di legge e di evidenziare in maniera chiara una serie di limiti importanti che esso porta. Perciò diverse questioni, anche molto tecniche, le troverete nella relazione di minoranza allegata alla legge; molti elementi, sono sicuro, li esamineranno i colleghi di minoranza presenti in Commissione ai quali, in apertura, voglio esprimere un ringraziamento, specialmente al vicepresidente l'onorevole Moriconi, per avermi dato l'opportunità di essere relatore di minoranza di questo progetto di legge. E voglio ringraziare anche il presidente Matteo Sanna che ha gestito la Commissione in maniera attenta e con grande disponibilità.

Approfitto di questo mio intervento per chiarire, inizialmente, un aspetto importante del lavoro fatto in Commissione e per tranquillizzare chiunque pensi che non sia stato svolto da parte della minoranza un lavoro serio e costruttivo, a tal fine è importante non confondere i buoni rapporti personali e dei commissari, la serietà di confronto con la mancanza di fermezza e di determinazione nel proporre le proprie idee e le proprie proposte.

Nel dire questo mi permetto, senza voler giudicare nessuno, ma facendo esclusivamente una mia riflessione politica, di dire che il lavoro della Commissione ha purtroppo risentito in maniera evidente di una discussione fatta su un disegno di legge blindato, blindato da una Giunta sorda alle proposte positive e migliorative; un disegno di legge che non è stato possibile migliorare e modificare non solo da parte della minoranza ma, specialmente e purtroppo, neanche da parte dei colleghi della maggioranza. Auspico perciò che nei lavori dell'Aula si possa cambiare il metodo e, pur nel rispetto dei ruoli, ci sia attenzione alle proposte e agli emendamenti seri e necessari per il miglioramento del disegno di legge che la minoranza e l'intero Consiglio, Assessore, presenteranno.

L'aver lavorato in Commissione con due testi di legge unificati solo per rispetto della forma istituzionale, ma assolutamente snobbati nella sostanza da una maggioranza rigidissima sulle sue posizioni, che non ha analizzato, non ha valutato nel merito neanche una delle proposte del progetto di legge numero 67, non ha sicuramente aiutato ad esitare un disegno di legge utile realmente agli obiettivi che si vorrebbero raggiungere con il cosiddetto "Piano casa".

La blindatura proposta, osservo con rammarico, non vi ha consentito neanche di valutare con più attenzione e di ragionare con più serenità su alcuni elementi e su alcuni articoli del vostro disegno di legge, non dico a grosso rischio di illegittimità (come io penso siano), ma quantomeno dubbi e che mettono a rischio in maniera seria e concreta l'intera struttura della legge.

Penso quindi che alcune riflessioni sui diversi limiti e le diverse carenze del disegno di legge numero 53, pur se presenti in maniera chiara nella relazione di minoranza, vadano fatte; così come permettetemi, amici della minoranza che non siete firmatari della proposta di legge numero 67 presentata dal Partito Democratico, di evidenziare le concrete differenze che esistono tra la nostra proposta e quella della Giunta.

Prima di procedere però con questa analisi vorrei precisare la mia personale posizione, ma anche quella del Gruppo del Partito Democratico, sul disegno di legge in discussione allo scopo di evitare una volta per tutte le strumentalizzazioni delle cose che dirò io e anche i colleghi che seguiranno. Strumentalizzazione di un Partito Democratico che non vorrebbe il Piano casa, strumentalizzazione di un P.D. che vorrebbe rallentare l'approvazione della legge, strumentalizzazione di un P.D. che non vorrebbe affrontare i problemi e le difficoltà che alcuni elementi contenuti nel Piano paesaggistico regionale continuano a provocare agli enti locali e alle imprese.

Mi permetto di rimandare al mittente queste affermazioni. Proprio il P.D. sul tema è stato infatti molto chiaro e concreto e ha presentato un proprio progetto di legge che si differenzia in maniera sostanziale da quello della Giunta. Si differenzia nella ricerca della migliore congruità degli interventi; si differenzia nella ricerca degli interventi che consentano il raggiungimento del fine molto economico che il provvedimento si pone, senza lasciarsi andare, però, all'assalto del nostro territorio e del nostro ambiente; si differenzia perché chiede che le eventuali migliorie al P.P.R. si affrontino nel rispetto delle procedure di legge. Si differenzia in maniera forte nel capo dove sosteniamo che un vero e serio Piano casa non può prescindere da interventi finanziari che la Regione assume sulle sue spalle e mette a disposizione di chi ha bisogno, risorse vere cioè che guardino alle fasce più deboli che non hanno la disponibilità economica per l'acquisto della loro vera prima casa.

Dice questo chi nella precedente legislatura quando ha ritenuto di dover esprimere posizioni diverse lo ha fatto con serietà e correttezza, fino alle estreme conseguenze, ma sempre nella determinazione di sostenere quello che riteneva giusto.

Secondo la nostra valutazione il documento normativo approvato, pur contenendo alcuni aspetti utili, appare complessivamente sbagliato nell'impostazione generale, suscettibile di sanzioni di illegittimità che rischiano di renderlo inoperante, generico in molti aspetti centrali, contraddittorio tra le finalità dichiarate e strumenti operativi individuati, di assoluta pericolosità per quanto attiene l'impatto delle misure e gli interventi proposti sul patrimonio ambientale dell'Isola. Non è assurdo valutare attentamente il fatto che la crisi reale del comparto edilizio potrebbe, potrebbe dico, nella sua complessità venire acuita dall'approvazione di questo testo.

A nostro parere, ma non solo, la stagnazione attuale è frutto tra le altre cose della mancanza di liquidità e di disponibilità di risorse sia del sistema produttivo sia delle famiglie che, in un momento di fortissima restrizione del credito, imposta dalle banche a causa degli sconvolgimenti finanziari che hanno investito il nostro mondo negli ultimi due anni, si trovano in una situazione di oggettiva difficoltà ad ottenere il credito per acquistare le nuove abitazioni che vengono costruite.

In tale situazione, un intervento normativo come questo, che consente di ampliare gli immobili esistenti, produce a mio parere oggettivamente un rilevante impatto negativo sulla vendita delle nuove costruzioni che verrà ulteriormente penalizzata. Infatti, nell'attuale situazione caratterizzata da questa limitata liquidità, sarà molto più facile aumentare il proprio immobile di un'unità abitativa, piuttosto che impegnarsi per un lungo periodo nell'acquisto di una nuova abitazione. Mi stupisce che le associazioni di costruttori, sentite in Commissione, non abbiano neanche avvertito il possibile pericolo che tale testo, per certi aspetti, potrebbe rappresentare. Per il loro settore si sono espresse tutte in maniera aprioristica a suo favore.

A mio avviso, ben altro impatto avrebbe sulla situazione attuale un massiccio intervento della Regione che, in prosecuzione degli ingenti stanziamenti posti dalla precedente Giunta regionale a sostegno delle politiche della casa, intervenisse direttamente sul settore delle edificazioni con misure finalizzate alla costruzione di abitazioni per la prima casa, come da noi proposto nel progetto di legge.

Un altro aspetto fondamentale, che merita a mio parere un'attenta valutazione, è il fatto che questa legge, così come è scritta, potrebbe essere molto probabilmente suscettibile di sanzioni di illegittimità che potrebbero renderla inoperante. Infatti la Giunta regionale, preso atto che l'intesa del 1º aprile 2009 esclude dal novero degli interventi ammissibili i beni e le zone vincolate, ha proposto una serie di disposizioni che da un lato violano i vigenti atti di pianificazione paesaggistica, dall'altro ne contengono un'espressa modifica secondo modalità e procedure a nostro parere a grave rischio di illegittimità.

Le deroghe o modifiche al Piano paesaggistico regionale devono infatti seguire le procedure fissate per legge, così come previsto secondo parametri determinati da disposizioni statali di livello sovraordinato, come il decreto legislativo numero 42. Quanto sopra detto alimenta in maniera forte il sospetto che l'evidente e clamorosa deroga del testo in esame alla disciplina paesaggistica statale e regionale vigente possa comportare, in tempi anche brevi e alla prima applicazione normativa, una sua impugnativa nelle sedi giurisdizionali proprie e una sua sostanziale inefficacia.

Farò solo tre esempi specifici, tra i più significativi, per evidenziare dove questa impostazione presenti il rischio di minare tutto il testo normativo. Il primo è l'ammissibilità degli ampliamenti previsti sia negli ambiti tutelati dal PPR sia negli ambiti entro la fascia dei 300 metri dal mare. Aspetto questo percepito da alcuni colleghi in Commissione, come l'onorevole Giacomo Sanna, presentatore con la minoranza di un emendamento soppressivo della parte relativa agli ampliamenti degli immobili a uso residenziale, parte bocciata appunto dalla Commissione.

A tal fine, Assessore, colleghi di maggioranza e di opposizione, mi viene spontaneo porgervi una domanda, porgerla a me stesso ma anche a tutti noi: è veramente impossibile pensare e decidere che nella fascia dei nostri 300 metri non si possa fare alcuna opera di ampliamento senza che questo scateni battaglie ideologiche o di principio? E' veramente difficile pensare a una cosa del genere? E mi pongo questa domanda in quanto, nell'esaminare in maniera attenta il disegno di legge presentato dalla Giunta, ho analizzato anche le leggi presentate in materia dalle altre Regioni. Ne cito una per tutte, quella del Trentino, dove leggo testualmente: "L'ampliamento non è ammesso nelle zone di bosco e di verde alpino", ovvero non è ammesso nelle zone che per quella regione, per la sua cultura, sono zone pregiate. Io pongo questa domanda a noi tutti per riflettere, senza fare demagogia, ma con serietà.

Il secondo esempio riguarda la deroga alle norme transitorie del vigente Piano paesaggistico regionale, contenute nel Titolo II del testo di legge in esame che, giustificata dalla difficile applicazione delle previsioni del PPR alla pianificazione comunale, viene completamente modificata secondo modalità, a nostro parere, a forte rischio di illegittimità. In tal senso, tengo a precisare che da parte di tutti noi penso sia totale la disponibilità ad affrontare, all'interno delle procedure di legge previste, eventuali ragionamenti di modifica di norme che realmente pongono in difficoltà l'operato dei comuni e delle imprese per quanto riguarda il Piano paesaggistico regionale.

Il terzo esempio attiene alla nuova procedura contenuta nell'articolo 11 del testo che, perseguendo lo scopo di consentire un mero aggiornamento e revisione del PPR, introduce una procedura alternativa a quella vigente, consentendo modificazioni illegittime, in quanto non introdotte secondo procedure garantiste per tutti i soggetti interessati. In relazione a questo articolo, vorrei ricordare ai colleghi di maggioranza, specialmente quelli che hanno condiviso con me la precedente legislatura, che mi stupisce osservare come forze politiche, che la scorsa legislatura si sono strappate le vesti per denunciare la totale subalternità del Consiglio regionale ai diktat della Giunta regionale, possano supinamente, tranquillamente approvare una norma che attribuisce al Consiglio, che viene trattato come qualsiasi altra associazione, un ruolo di mera comparsa.

La Commissione consiliare, infatti, stante quello che è scritto nel disegno di legge, avrebbe esclusivamente trenta giorni per esprimere un proprio parere, e nel caso in cui non si esprimesse nei termini la Giunta procederebbe. Io dico questo per farvi riflettere, per far riflettere quei colleghi che hanno, forse a mio parere anche giustamente, sollevato barricate su questi temi nella scorsa legislatura.

Per quanto riguarda gli altri rilevanti limiti che a nostro avviso il testo presenta, essi possono essere così sinteticamente richiamati. Gli ampliamenti sono concessi a favore del patrimonio edilizio esistente (articolo 1), ma la non specificazione di un termine (come invece fanno tutte le altre regioni che si riferiscono al 31 marzo 2009, mentre il Trentino indica il 12 gennaio 2005, la Lombardia il 31 marzo 2005), porta a consentire che anche un immobile,oggi (settembre 2009) non ancora costruito potrà beneficiare degli ampliamenti. Infatti l'articolo 10, comma 4, stabilisce che la Dia o la comunicazione di inizio lavori, in caso di concessione edilizia, deve essere inoltrata "entro 18 mesi dall'entrata in vigore della presente legge".

Io, Assessore, le chiedo di intervenire su questa disposizione che mi sembra veramente assurda perchè garantiremmo, in sostanza, la sanatoria di una promessa di ampliamento che penso sarebbe un caso unico nella nostra nazione, nella nostra legislazione. Un altro aspetto attiene al fatto che non esiste alcuna valutazione degli effetti che gli ampliamenti ammessi avranno nel settore dei servizi pubblici direttamente interessati; infatti non è stato accolto l'invito a introdurre una disposizione (presente nella nostra proposta di legge) che attribuisse ai comuni la facoltà di calibrare gli ampliamenti in base al loro impatto sulla situazione esistente, come fa ad esempio la Regione Veneto che lo prescrive in maniera esplicita.

Poiché questo invito non è stato accolto, si rischia di avere effetti assai negativi sull'infrastrutturazione comunale, cui non è certamente sufficiente, come ben sappiamo, la previsione della corresponsione, anche maggiorata, degli oneri di urbanizzazione. Tutti i rappresentanti degli enti locali hanno evidenziato tale rischio con forza. Io quindi pregherei l'Assessore e la maggioranza di riflettere su questo tema.

Appare poi di mera facciata, e funzionale agli interessi e alla volontà della Giunta regionale, il ruolo e la funzione attribuite alla Commissione regionale per il paesaggio e la qualità architettonica; essa, oltre a rappresentare un possibile rallentamento dell'azione amministrativa, può rappresentare, in presenza di disposizioni generiche come quelle proposte, un mero strumento di conferma di decisioni assunte altrove. Tra l'altro sottolineo, in particolare, che non abbiamo individuato in Commissione, perché c'erano problemi, la norma finanziaria per retribuire chi partecipa a questa Commissione.

Io penso che una Commissione che si compone di tecnici di altissimo livello (così si dice nel disegno di legge), debba garantire l'opportunità di partecipare a questi momenti anche in termini finanziari altrimenti queste Commissioni probabilmente avranno difficoltà a riunirsi o non si riuniranno quasi mai.

Non viene affrontato, inoltre, il tema dell'ammissibilità degli ampliamenti agli immobili realizzati in tutto o in parte abusivamente. Si rischia in tal modo di premiare ulteriormente chi non ha osservato le norme, dando un segnale devastante per la già fragile cultura della legalità attualmente esistente. Faccio presente che tra le Regioni amministrate dal centrodestra la Lombardia, regione a tutti noi portata ad esempio per le sue azioni e per le capacità del suo grande presidente Formigoni, dice in maniera chiara che gli aumenti volumetrici non sono possibili, né sono consentiti per gli immobili che sono stati oggetto di condono edilizio, anche se nel tempo hanno acquisito giuridicamente la loro validità.

Non è solo un problema giuridico, che se viene affrontato dalla Lombardia penso possa essere affrontato da noi, è proprio un principio secondo me di moralità, di rispetto delle norme. Noi premiamo qualcuno che ha abusato delle norme, lo premiamo ulteriormente. Inoltre, con un atteggiamento a dir poco discutibile, da un lato si dichiara di voler modificare il Piano paesaggistico regionale, dall'altro si utilizzano a man bassa gli strumenti eccezionali che lo stesso prevede nella fase transitoria per introdurre le modificazioni territoriali che interessano.

Lo strumento dell'intesa sfugge al ruolo determinante e centrale dell'operato dell'Amministrazione regionale, senza avere neanche quel briciolo di procedura e certezza che essa ha secondo le previsioni attuali del Piano paesaggistico regionale che si vanno a modificare. Inoltre la previsione, anche in tale norma, di espressioni volutamente generiche e ambigue (che cosa vuol dire ad esempio aumenti di modesta entità,) accompagnate dalla previsione di valutazione del tutto estemporanee e di facciata (quale ad esempio il non incidere negativamente sullo stato dei luoghi e sulla qualità paesaggistica) o da previsioni che introducono procedure assolutamente pleonastiche ed inutili (quale ad esempio la valutazione di coerenza con un atto che viene modificato secondo la procedura dell'intesa) determinano un quadro normativo di grande pericolosità per il patrimonio ambientale e fonte di gravi disparità di trattamento, oltre che, ribadisco, a grave rischio di illegittimità.

Questi, colleghi, sono solo alcuni tra i principali e preoccupanti limiti che il disegno di legge presenta e che noi ci proponiamo e vi proponiamo di modificare e di migliorare a tutela, prima di tutto, come ho già detto in premessa, dell'esito di un disegno di legge che sia adeguato alle necessità della nostra Regione. Come ho spiegato durante il mio intervento questo disegno di legge nasce male, con un percorso in Commissione sbagliato, con una maggioranza blindata che nonostante la formalità del testo congiunto non si è voluta confrontare sui contenuti della proposta della minoranza o, per meglio dire, in questo caso anche del Partito Democratico.

Questo, senza voler criticare nessuno, ma constatando oggettivamente la realtà, non ha permesso che proposte importanti venissero valutate nella loro complessità, e conseguentemente venissero snobbati temi quali l'affidamento di un ruolo importante e determinante ai comuni nel Piano casa, …… o non venissero neanche presi in considerazione temi fondamentali come quelli del finanziamento da parte della Regione di interventi per la prima casa, e di interventi straordinari per l'edilizia residenziale.

Concludo dicendo che sarà nostra responsabilità e nostro dovere riportare queste proposte, sotto forma di emendamenti, alla discussione dell'Aula, sperando che questa maggioranza sia attenta valutatrice delle proposte e non commetta l'errore, esclusivamente per il gioco delle parti, di rifiutare le altre proposte; un errore, questo, che qualche volta, per essere sinceri, a mio personale parere in passato abbiamo commesso anche noi.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Murgioni. Ne ha facoltà.

Ricordo che i consiglieri che intendono prendere la parola devono iscriversi al banco della Presidenza non oltre la conclusione del primo intervento.

MURGIONI (P.d.L.). Presidente del Consiglio, signori Assessori, colleghe e colleghi, onorevole Manca, la sua relazione abbastanza corposa e ricca mi ha fatto capire che è ancora distante dai contenuti di questo disegno di legge; in Commissione mi sembrava più disponibile.

Non vi è dubbio alcuno che oggi i lavori dell'Aula riguardino la materia che nella passata legislatura è stata oggetto di accese polemiche e di aspri confronti fra le forze di maggioranza e opposizione; e non solo. Infatti, la precedente compagine di governo ha trovato un ostacolo, che ha portato allo scioglimento anticipato della legislatura, nelle divisioni insormontabili, acute e … aspre insorte al suo interno proprio per la diversità di posizioni e valutazioni in materia di ambiente e di utilizzo del territorio. Dico questo senza intenti polemici, ma per evidenziare come la materia si presti ancora oggi, facilmente, a situazioni di grande criticità che non mancano di far sentire i propri effetti sull'azione di governo.

Per noi, che abbiamo occupato i banchi del Consiglio nella tredicesima legislatura, la battaglia sull'utilizzo delle risorse ambientali è stata quasi campale, fatta di costante impegno, raccolta di firme e iniziative di carattere referendario; un percorso tortuoso, lungo e travagliato, iniziato con l'approvazione della legge numero 8 nel 2004- (per la verità, anche un po' prima, in quel di Alghero alla presenza del presidente Soru, con tutti i sindaci che rappresentavano i comuni costieri, dove il Presidente disse di fatto una cosa, ma ne fece successivamente un'altra), proseguito con l'approvazione del PPR nel 2006, concluso con la presentazione della fatidica legge urbanistica che ha portato allo scioglimento del Consiglio.

Le nostre erano iniziative tutte finalizzate all'annullamento degli effetti nefasti di una politica che finiva, come poi i fatti hanno compiutamente dimostrato, per penalizzare l'economia della Sardegna. La stessa Giunta regionale di centrosinistra finì per ammettere implicitamente il fallimento delle politiche in materia ambientale e urbanistica portando in Aula urgentemente, e adottandola con altrettanta fretta, una legge stralcio cosiddetta "sblocca cantieri". Fu quello l'aspetto politico, caro onorevole Manca, dove meglio fu rappresentata la più esplicita ammissione che tutto l'impianto legislativo, impostato e votato dalla Giunta in materia urbanistica e ambientale, era miseramente naufragato, finendo per trascinare, nella sua rovinosa caduta, il comparto dell'edilizia.

Si aprì così una lacerante crisi che ancora oggi pervade un settore che costituisce, unitamente all'indotto, il più grande bacino occupazionale dell'Isola. Di fatto, come esponenti allora dell'opposizione, facemmo nostre tutte le denunce delle parti sociali, enti e comunità locali, che si levarono nei confronti di questa politica distruttiva. Eppure, nonostante il clima di grande contrapposizione non mancarono, in quell'intensa attività parlamentare, momenti unitari. Si trattava, in tutta evidenza, di quei provvedimenti ai quali riconoscemmo il pregio di avere la finalità di dare un minimo di respiro all'asfittico comparto edile e al settore del turismo, i più colpiti dalla crisi conseguente alle scelte politiche effettuate all'epoca e che, purtroppo, perdurano ancora oggi.

Mi perdonerete se ho voluto, in premessa, sottolineare il clima nel quale maturò, da parte delle forze di centrodestra, l'impegno a rivedere tutto l'impianto della normativa sulle politiche di sviluppo urbanistico e di tutela ambientale; l'intento era di liberarle da quelle stridenti contraddizioni per cui, anziché essere uno strumento di sviluppo economico, hanno generato una linea assolutistica e museale dell'utilizzo e valorizzazione del bene ambientale.

Il testo che oggi è pervenuto all'esame dell'Aula ricopre, dunque, dal momento che come componente della Commissione urbanistica, sia nella passata che nella presente legislatura, sono stato testimone e artefice dei lavori che questo organismo ha svolto, una valenza particolare. Colgo l'occasione per dare atto pubblicamente e ringraziare tutti i commissari dell'opposizione per la loro assidua presenza e per il lavoro svolto con impegno, professionalità, onestà intellettuale, correttezza e collaborazione, pur mantenendo i distinguo nell'approvare ed esitare il testo.

Questo coinvolgimento diretto mi porta ad avere oggi la soddisfazione di aver contribuito a far pervenire in Aula un testo che ritengo significativo e conseguente a tutte quelle teorizzazioni e strategie politiche che hanno segnato il percorso vincente che oggi ci vede protagonisti nel governo della nostra terra. Un testo che risponde appieno, come d'altronde reca nel titolo, alla straordinarietà degli interventi da porre in campo per il sostegno all'economia attraverso il rilancio del settore edilizio e per lo sviluppo.

E' un testo, quello in esame, che introduce significative quanto attese disposizioni che disciplinano interi settori produttivi, oggi alla mercé di una crisi dai contorni indefiniti per quanto riguarda le prospettive di una pronta ripresa. E sono state proprio queste ragioni e le sollecitazioni degli amministratori locali, dei sindacati e delle parti sociali che hanno motivato la scelta di richiedere una procedura d'urgenza per provvedere all'esame del testo in tempi compatibili con la situazione di crisi.

Il testo del disegno di legge contempla un vasto spettro di situazioni per le quali evidentemente la Giunta regionale ha ritenuto di dover intervenire. Alla Giunta e all'assessore Asunis va riconosciuto il pregio di aver ben lavorato, coniugando felicemente la necessità di preservare il bene ambientale con quella di rilanciare lo sviluppo valorizzando questa risorsa fondamentale. Va dato atto all'Esecutivo regionale, inoltre, di aver saputo dosare un testo che nella sua generalità spazia dalle disposizioni straordinarie per la riqualificazione, anche sotto l'aspetto architettonico, del patrimonio edilizio, alle disposizioni in materia di pianificazione paesaggistica per venire incontro alle pressanti modifiche del PPR che gli enti locali, in primo luogo, hanno segnatamente richiesto alla Giunta .

L'apporto pervenuto dai lavori della Commissione competente è stato per molti versi migliorativo, e teso a meglio puntualizzare o definire parti del testo che si è ritenuto necessitassero di un intervento correttivo. Per esempio, l'inserimento dell'articolo che regola il recupero dei sottotetti e degli scantinati al fine di consentire un risparmio sia economico, che non è poco considerato l'attuale momento, che di consumo del territorio, senza penalizzare gli interventi di riqualificazione attraverso gli aumenti volumetrici previsti.

Vi è poi da affrontare e risolvere il nodo degli incrementi riguardanti le residenze poste all'interno della fascia dei 300 metri che la Commissione ha ritenuto di dover escludere. Io sono convinto, pur avendo votato favorevolmente in Commissione per l'esclusione, e questo l'ho fatto per esigenze di Gruppo, che sia stato un errore escluderle perché attraverso un limitato aumento volumetrico si sarebbero potute bonificare delle vere e proprie brutture (autorizzate tra l'altro a suo tempo dalla stessa Regione Sardegna attraverso l'Assessorato del paesaggio e dal Ministero), che oggi deturpano il paesaggio e mortificano la parte più sensibile della nostra isola.

Certo che nessuno ragionevolmente può asserire che con questa legge si possono risolvere tutti i problemi che ruotano attorno ai diversi settori economici dell'isola. Molti sono ancora gli aspetti che andrebbero affrontati per raggiungere questo ambito obiettivo, che potrà essere meglio focalizzato sia nel Piano di sviluppo regionale sia nella manovra finanziaria ormai prossima al traguardo. Ma è altrettanto certo che da questa legge potranno trarre indubbi benefici, oltre alle attività produttive (artigianato e commercio), sia i singoli cittadini, cui è dato modo di effettuare interventi migliorativi e di riqualificazione del loro patrimonio immobiliare, sia i comuni che potranno riqualificare i propri centri urbani sotto l'aspetto della bellezza architettonica e dell'adeguamento al risparmio energetico delle strutture pubbliche e di quelle private, ridando ai paesi e anche alle città quelle sensazioni di accoglienza e di benessere che oggi francamente non esistono, o esistono meno.

Particolare attenzione è data al settore del turismo, cui viene riconosciuta una premialità per migliorare le strutture esistenti adeguando in particolare i servizi (per gli alberghi, per esempio, i centri benessere, le beauty farm, gli spazi espositivi) alle mutate esigenze di un mercato sempre più concorrenziale, vista la dimensione globale, in cui il consumatore finale è un soggetto sempre più attento ed esigente. Una serie di interventi chiaramente orientata al prolungamento della stagione turistica, che rimane uno dei punti critici dal punto di vista economico della nostra isola.

Tuttavia io ritengo che sarebbe stato forse opportuno imporre alle strutture ricettive e ai servizi connessi al turismo (vedi quelli commerciali, ma non solo) che andranno a utilizzare questa opportunità, un'apertura stagionale di almeno sei mesi nell'arco della stagione.

Giova soffermarsi sugli interventi destinati alle aree agricole in quanto li ritengo una parte importante per rivitalizzare un settore già attanagliato da diverse e complesse vicissitudini che stanno determinando una vera e propria moria di aziende agricole e l'abbandono del settore da parte di moltissima forza lavoro. Un mondo, quello delle campagne, che attendeva questi provvedimenti destinati a moltissime famiglie sarde che possiedono appezzamenti terrieri con abitazioni spesso fatiscenti e decadenti. Le misure contenute per le aree agricole, che prevedono una premialità diversificata a seconda della fascia di intervento, costituiscono un serio incentivo per far sì che molti proprietari di terreni, agricoltori e allevatori, possano tornare a riconsiderare seriamente la possibilità di reinvestire risorse per il miglioramento di immobili, cambiandone se è il caso anche la destinazione, e recuperare così spazi vitali di mercato che questa nostra storica risorsa economica aveva perso.

Se posso permettermi uno slancio ulteriore, io avrei visto positivamente un collegamento, una maggiore integrazione fra i settori edilizio, turistico, agricolo e artigianale attraverso una serie di previsioni per facilitare la commercializzazione dei prodotti della filiera sarda. Come già fatto in passato, si potrebbe prevedere con norma apposita che tutte le attività del settore ricettivo-alberghiero, soggette a fruire degli interventi previsti dalla legge, creino spazi appositi, oltre che espositivi, per la commercializzazione dei manufatti dell'artigianato artistico locale e privilegino i prodotti della filiera agro-alimentare sarda da servire ai clienti durante i pasti.

Oggi, nel periodo di massimo afflusso turistico, vediamo transitare in lungo e in largo sulle nostre stradei camion della MARR che portano prodotti, ma certamente non sono prodotti sardi. Così come pure andrebbero privilegiati quegli interventi di miglioramento e riqualificazione che prevedono l'utilizzo di materiali e lavorazioni provenienti dall'imprenditoria e dall'artigianato locali. Sarà poco, magari è solo un segnale che però va nella direzione della creazione di un indotto in grado di autoreferenziarsi e rigenerarsi attraverso l'offerta di nuove opportunità per il commercio e la vendita delle produzioni locali.

Ma già in questo caso siamo in una dimensione differente che potrà trovare, sono certo, risposte adeguate nell'azione che l'Esecutivo regionale sta mettendo in campo per uscire dalle sabbie mobili di una crisi che sta impantanando tutta la nostra economia, rendendo difficile la vita a tutti i sardi.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Mario Floris. Ne ha facoltà.

FLORIS MARIO (Gruppo Misto). Presidente e colleghi del Consiglio, le ragioni di questo provvedimento nell'intendimento della Giunta regionale, come è specificato nella relazione introduttiva, sono due. La prima è quella di soddisfare i bisogni abitativi delle famiglie e semplificare le procedure dell'attività edilizia con l'obiettivo primario di rilanciare l'economia; la seconda ragione è quella della ripresa, del rilancio del metodo del dialogo e del confronto con i territori e con il sistema degli enti locali, soprattutto per attuare quel processo partecipativo al quale è ancorata la definizione delle strategie condivise per la valorizzazione del paesaggio e dell'ambiente, elementi essenziali dello sviluppo della Sardegna.

Il provvedimento giunge all'esame della Assemblea subito dopo la legge finanziaria 2009 e il collegato, approvato nel mese scorso, che hanno visto attribuire importanti risorse sul fronte dell'edilizia abitativa, come componente primaria del lavoro e dell'occupazione nell'isola, componente che si vorrebbe rendere ancora più forte e determinante nei prossimi anni proprio attraverso il provvedimento che stiamo affrontando. Su questi obiettivi interagiscono anche gli interventi dello Stato, per quanto non siano esaustivi delle aspettative e dei diritti dei sardi, a cominciare dal Piano nazionale di edilizia abitativa di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 16 luglio scorso.

Non possiamo non fare riferimento, esprimendo un giudizio positivo, ai provvedimenti finora adottati per rilanciare l'economia, nello specifico per affrontare l'emergenza casa che nell'isola, come sappiamo, è drammatica. Ma non è di questo che intendiamo parlare; lo faremo, se necessario, al momento della discussione sul merito. Intendiamo parlare, invece, dei contenuti della legislazione urbanistica regionale e delle competenze della Regione Sardegna; competenze che si confondono e si intrecciano sui temi dell'ambiente, del paesaggio e dei beni culturali e naturalistici, e che allo stato sono articolate, dispersive, confliggenti.

Su questi temi dobbiamo ricordare che si è dissolta una maggioranza, si è conclusa anzitempo in modo drammatico la precedente legislatura. Potremmo dire con assoluta serenità che inizia oggi una discussione là dove ci eravamo lasciati.

La tredicesima legislatura si è conclusa mentre si stava affrontando una legge urbanistica, non "la legge urbanistica", in maniera disarticolata e confusionaria; iniziamo la quattordicesima legislatura con un progetto di legge chiamato impropriamente "Piano casa", che è un insieme di disposizioni modificative e integrative di norme eterogenee (urbanistiche, edilizie, paesaggistiche, ambientali, igieniche), che non è la legge urbanistica di cui avvertiamo l'urgenza, come il Piano paesaggistico regionale che stiamo modificando non è lo strumento di cui necessita la Sardegna, che dobbiamo mettere in linea con la legislazione vigente di riferimento nell'interesse generale dell'intero territorio isolano per la tutela e la valorizzazione del vasto, inestimabile, unico, irripetibile patrimonio materiale e immateriale, culturale, naturalistico, storico, ambientale, paesaggistico, architettonico di cui la Sardegna è depositaria, non solo sulle coste ma, soprattutto, nelle aree dei centri dell'interno.

Il mio, Assessore, vuole essere un intervento critico in positivo, frutto di considerazioni e di ragionamenti che vanno al di là degli specifici contenuti per porsi di fronte a questioni di interesse generale, che riguardano le nostre competenze e potestà, e quindi dare maggiore forza a questo provvedimento e ad altri, inerenti le stesse materie, che dovremo affrontare.

In materia di tutela, di salvaguardia, di valorizzazione ed uso del territorio e delle risorse paesaggistico-ambientali della Sardegna dobbiamo mettere in evidenza e tenere in considerazione essenzialmente due questioni. La prima questione riguarda il coordinamento di tutte le norme operanti in Sardegna. Si impone una verifica puntuale di tutti i provvedimenti normativi e regolamentari in materia di urbanistica e di paesaggio, di parchi, di riserve naturali, di protezione civile, di cave e di quant'altro in qualche misura riguardi il regime edificatorio dei suoli in Sardegna.

Siamo in presenza di una quantità e qualità infinita di norme, spesso scollegate, di non chiara interpretazione e applicazione; è difficile districarsi anche per i più esperti, in ciò agevolando l'evidente intreccio di interessi e attentati più o meno legalizzati o autorizzati al territorio e al paesaggio di cui tutti siamo testimoni. E ce n'è qualcuno anche in questo testo di legge che stiamo esaminando.

La Regione ha avuto alcune opportunità per tentare di soddisfare questa esigenza di coordinamento, di semplificazione, di chiarimento; in primo luogo attraverso gli indirizzi e le direttive che devono essere elaborati e approvati per l'attuazione della legge numero 45 del 1989; in secondo luogo attraverso la discussione e l'approvazione degli indirizzi, le direttive e la predisposizione del Piano paesaggistico regionale.

Sul piano più direttamente strutturale almeno due cause ostacolano la definizione politica delle scelte: la dispersione delle competenze e la mancanza di un sistema di informazioni e di strumenti di conoscenza accessibili e quindi utilizzabili.

Circa la dispersione delle competenze e delle responsabilità potrà essere superata contemperandola attraverso il Piano generale di sviluppo, che dovremo affrontare fra poco, che deve essere anche lo strumento di pianificazione generale del territorio.

E' certamente da condividere il concetto che ci deve essere un rapporto diretto e intimamente connesso tra programmazione economica e sociale e pianificazione territoriale, ovvero tra Piano generale di sviluppo e Piano di assetto territoriale, del quale sono specificazione la legge urbanistica e il Piano paesaggistico regionale, non il contrario.

Ritengo che esperienze positive di altre regioni, faccio l'esempio del Trentino, possano essere di insegnamento per le nostre esigenze di crescita e di sviluppo coniugate con la tutela del paesaggio e dell'ambiente. Stretta interrelazione dunque fra attività programmatoria e pianificazione territoriale. Non dobbiamo dimenticare d'altronde che la stessa "45" indica nel Piano territoriale di coordinamento con valenza paesistica lo strumento pianificatorio principale di riferimento regionale sia sotto il profilo più specificatamente urbanistico-ambientale, sia in rapporto all'attività di programmazione economica e sociale.

La mancanza di un sistema organico e diffuso di informazioni e di strumenti di conoscenza accessibili e quindi utilizzabili, come concausa che in qualche misura ostacola e condiziona le scelte politiche, si ricollega direttamente alla seconda delle due questioni sulle quali ho inteso fermare la mia attenzione. La conoscenza delle norme e degli strumenti, per l'appunto, è carente anche perché è questione che non è stata mai affrontata in termini complessivi e sistematici dalla Regione e da quanti nel territorio hanno prerogative di definire pianificazione territoriale, modificazioni, programmi e progetti.

Negli enti locali, fra gli operatori, nella scuola, nella società sarda in genere è superficiale, se non del tutto insufficiente, la conoscenza delle norme di uso e di tutela del territorio della Sardegna. La Regione ha alcuni strumenti per poter incidere positivamente anche su questo versante, che io credo importante per la crescita civile, per lo sviluppo corretto delle attività economico-sociali, salvaguardando e valorizzando il territorio e la natura. Auspico che anche in questa direzione vengano utilizzate le risorse che, con il collegato, sono state imputate alla disponibilità dell'Assessorato competente degli enti locali.

Una terza ragione di questo provvedimento la troviamo nel richiamo, presente nella relazione della Giunta regionale, al dovere di dare concreta attuazione all'Intesa Stato-Regione sottoscritta il 31 marzo ultimo scorso. Intesa che, se da una parte è positiva per le finalità che si propone, dall'altra è limitativa, a mio giudizio, della potestà legislativa in materia di edilizia e di urbanistica propria della Regione.

Non è sufficiente garanzia il fatto che la stessa Intesa faccia salva ogni prerogativa costituzionale delle Regioni a Statuto speciale. Dico questo perché, indipendentemente dall'Intesa, la Regione sarda può porre mano, autonomamente e direttamente, a semplificare il coacervo di norme e normette che hanno reso quanto mai complicato il percorso (e l'efficacia da un punto di vista economico e abitativo) degli interventi edilizi possibili e invocati da tutti i comuni della Sardegna, dai piccoli centri alle città, nel rispetto assoluto dell'ambiente e del paesaggio.

In questo contesto avrei certamente apprezzato un maggiore coinvolgimento delle rappresentanze degli enti locali (non si deve dire una cosa quando si è in maggioranza è un'altra quando si è in minoranza), tenuto conto che il processo partecipativo nelle scelte che riguardano i territori, è stato giustamente posto dalla Giunta e dalla maggioranza tra i principi cardine dell'azione di governo, come ho già avuto modo di rilevare.

Dobbiamo prendere atto del positivo metodo di lavoro e di confronto attuato in ordine alle problematiche della pianificazione paesaggistica e dello sviluppo sostenibile che si è concluso con la Conferenza regionale del 30 giugno 2009. Le risultanze e i riscontri li troviamo trasfusi nelle parti del disegno di legge che propongono alcuni urgenti e necessari correttivi al Piano paesaggistico regionale.

Non è dato rilevare, però, eguale attenzione, eguale disponibilità a confronti e riscontri sulle norme relative alla riqualificazione del patrimonio edilizio esistente e alle norme tecniche collegate per le quali è mancato forse il contributo importante e necessario degli enti locali, province e comuni soprattutto. Non risulta, tra l'altro, acquisito - come sarebbe stato auspicabile - il parere del Consiglio delle autonomie che è stato istituito proprio per queste ragioni.

Comunque, al di là delle interpretazioni della disciplina, delle competenze e delle prerogative del Consiglio delle autonomie, sarebbe stato utile nell'economia e per la completezza, oltre che per la complessità del dibattito, avere questo ulteriore contributo culturale e tecnico per dare effettiva compiutezza al fattore partecipativo che è il cardine del programma politico e operativo della maggioranza e della Giunta regionale. Un valore aggiunto in attuazione del principio di collaborazione degli enti locali con la Regione, come recita, appunto, l'articolo 1 della legge istitutiva al fine di garantire la loro partecipazione ai processi decisionali regionali e di loro diretto interesse.

Al di là del provvedimento contingente l'auspicio, Assessore, è che gli organismi di democrazia partecipata, che questa Assemblea e questa Regione si sono dati, come appunto il Consiglio delle autonomie locali e la Conferenza permanente Regione-enti locali, vengano coinvolti in maniera reale e sistematica nelle scelte e nelle decisioni che riguardano gli enti locali che sono, come sappiamo, l'avamposto delle istituzioni democratiche nel territorio e più prossimi ai cittadini.

Una riflessione va fatta poi, e non è cosa secondaria, sulla precarietà di molte norme in materia urbanistica e di utilizzo del territorio che subiscono continue modificazioni e integrazioni, che comportano conseguenti incertezze, ritardi, spreco di risorse, incentivi o al fai da te o all'abusivismo con l'insoddisfazione degli operatori e dei cittadini. Dobbiamo dare tempo alle norme di sedimentarsi, di entrare a regime, di perfezionarsi nella pratica, nella conoscenza, nella concreta applicazione, nel confronto tra operatori e fruitori, ma principalmente consentire ai comuni, a tutti i comuni della Sardegna di adeguare i propri strumenti urbanistici.

In questo modo si avrebbe finalmente un quadro definito e certo di riferimento regionale e locale complessivo come cornice necessaria e irrinunciabile non solo per uno sviluppo urbanistico ecosostenibile e caratterizzabile per le peculiarità culturali storiche e ambientali e architettoniche proprie di ciascun agglomerato urbano e dell'intera Isola, ma soprattutto per un progetto di sviluppo socio-economico di lungo respiro e di prospettiva capace di individuare e indirizzare le strade del progresso futuro e duraturo della nostra Sardegna.

Quelle che sto prospettando non sono critiche tanto meno esaltazioni di teorie e tesi nei confronti di forze politiche e loro esponenti che hanno avuto in passato, me compreso, e che hanno responsabilità di governo di questa Regione. Sono considerazioni di carattere oggettivo che tali vogliono essere nel mio ragionamento, articolate e problematiche, intorno alle quali è auspicabile individuare possibilità di scelte e di indirizzi condivisi al di là delle appartenenze partitiche e politiche, al di là dei ruoli e delle responsabilità temporali che si hanno e si esercitano.

Il terreno del confronto può e deve essere mantenuto fertile, vivace (io non ho avuto modo di esprimere queste mie opinioni in nessuna sede, lo confesso), con contributi di energie culturali e politiche di cui ciascuno di noi è portatore, mantenendo una linea di equilibrio, tenendo conto degli interessi e delle istanze che si rappresentano per conseguire quegli obiettivi che oggettivamente ci sollecitano, in questo come in tutti i settori che riguardano l'economia e lo sviluppo, in primo luogo i comuni. Negli enti locali sono rappresentati tutti i soggetti politici che esprime la società sarda e che, in maniera unitaria, come è emerso dalla Conferenza regionale del giugno scorso, chiedono di avere norme certe, chiare e praticabili nel rispetto dell'esercizio dei poteri, delle competenze e delle responsabilità proprie di ciascun livello di governo della cosa pubblica in generale e del territorio in particolare.

E dico questo perché a tutti è chiaro, a nessuno di noi sfugge che nella minoranza in questi giorni, in questi mesi della quattordicesima legislatura sono emerse ed emergono ogni giorno due linee contrapposte, confliggenti e contraddittorie. Da una parte c'è chi vuole ragionare, non dico porgendo il ramo dell'ulivo ma, quantomeno, dando un contributo verso scelte oggettivamente apprezzabili; dall'altra emerge una linea di chiusura totale, di volontà di rifiuto di qualsiasi contributo, di differenziazione pregiudiziale su ogni questione, di muro contro muro. E' una scelta legittima, che rispettiamo, ma che consideriamo dannosa per gli interessi e le istanze politiche e sociali che si vogliono rappresentare e tutelare.

Non dobbiamo dimenticare una cosa, come ho già avuto modo di accennare, e cioè che questa legislatura è frutto anticipato di una posizione politica, assunta nella scorsa legislatura, di tipo autoritario, personalistico, irrazionale e traumatico così come non possiamo dimenticare che solo pochi mesi fa ci sono state le elezioni regionali, che il popolo sardo ha fatto la sua scelta in assoluta libertà e convinzione, che i risultati sono conseguenti a una condizione e a un metodo che gli elettori hanno condannato senza mezzi termini e che sarebbe deleterio, e ulteriormente pregiudizievole, voler riproporre in questa legislatura e su questa materia che è stata la causa drammatica dell'epilogo traumatico di un'esperienza che noi riteniamo ormai superata.

Il recente dibattito sulla scuola purtroppo è andato come andato, il tema che stiamo esaminando ha bisogno di un clima sereno e consapevole per poter esitare un provvedimento che, anche se parziale e temporaneo, è atteso da tutte le componenti economiche e sociali per dare ossigeno e nuovo slancio all'economia, al lavoro e all'occupazione in Sardegna.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Sechi. Ne ha facoltà.

SECHI (Comunisti-Sinistra Sarda-Rosso Mori). Dico subito che è una legge che non ci piace; è una brutta legge che, probabilmente, non contribuisce ad aprire un confronto e un dialogo perché, come è stato detto, le posizioni sono distanti e forse sarebbero stati necessari più tempo, più occasioni di confronto, di dibattito, di riflessioni intorno a un argomento che è stato liquidato con un'eccessiva fretta, con una voglia di chiudere a tutti costi entro tempi prestabiliti.

La prima domanda che ci facciamo, che nasce dal titolo con il quale, convenzionalmente, viene chiamato questo provvedimento di legge, è a chi possa servire questo Piano casa. Un Piano casa che ha acceso speranze in molte coppie, in molte famiglie della nostra Sardegna, ma che certamente non darà risposte al bisogno di prima casa. La contraddizione e nello stesso tempo, come dire, l'aspetto ingannevole e menzognero è contenuto nel titolo e nel primo articolo del testo in esame. Quando leggiamo che si tratta di un provvedimento a sostegno dell'economia mediante il rilancio del settore edilizio, noi sosteniamo che questa è una risposta di tipo volumetrico, ai volumi edilizi già esistenti e, ahimè, anche a quelli che verranno.

L'articolo 1 fa riferimento, è vero, al patrimonio edilizio esistente come specifica destinazione degli interventi, però proseguendo nella lettura degli articoli verifichiamo che ci sono aperture concrete e sostanziose verso il patrimonio edilizio che dovrà essere ancora realizzato. Quindi un primo aspetto da chiarire, a mio avviso, è che cosa si intende per patrimonio edilizio esistente.

La pianificazione urbanistica, l'ha detto anche chi con maggior autorevolezza è intervenuto prima di me, non può essere condizionata né dalla crisi dell'edilizia (tantomeno in una regione ad alto valore ambientale come la Sardegna), né da uno strumento di semplificazione per quanto riguarda i tempi e i provvedimenti con l'intento di rilanciare l'occupazione. Secondo me il consumo del territorio che si è perpetrato in questi ultimi 25-30 anni, eccessivo, con una cementificazione indiscriminata e selvaggia, fuori da qualsiasi pianificazione, ha portato danni irreparabili al nostro territorio. Danni commessi nei centri storici, sulle nostre comunità, sul nostro patrimonio linguistico e culturale.

Cito un esempio; agli inizi del '900 l'amministrazione comunale di Alghero deliberava di abbattere il rivellino di Monte Albano e l'intera fascia muraria a terra delle fortificazioni, la motivazione era quella di dare risposta in quel periodo al grave dramma dell'occupazione ad Alghero e in Sardegna, naturalmente.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE CUCCA

(Segue SECHI.) Di lì a poco il problema dell'occupazione si ripresentò, in termini identici e forse più gravi, mentre la città perse uno dei suoi elementi più attrattivi che oggi avrebbe rappresentato un patrimonio non solo per la città di Alghero ma per l'intera Sardegna.

Oggi in Sardegna, come in diverse parti d'Italia, il disagio abitativo è rappresentato dalla necessità di una casa per chi la casa non l'ha, ma questo è un provvedimento che non dà risposte a questo bisogno impellente di giovani coppie, di famiglie che non riescono non solo ad avere una casa ma devono vivere, fra l'altro, in quartieri dove è sacrificata la vivibilità, è sacrificata la mobilità, ci sono problemi per i trasporti e per il lavoro.

La vera soluzione quindi a mio avviso sta nel dare una casa a chi casa non ha, incominciando a riqualificare il patrimonio abitativo esistente anche attraverso il miglioramento dei servizi, la viabilità, la pedonabilità, gli spazi verdi e gli spazi per le relazioni sociali che in questi anni sono stati abbondantemente sottratti alle nostre aree urbane. Questa vostra proposta è di fatto una piano edilizio di aumenti volumetrici, che non contempla alcun regime di convenzione tra pubblico e privato sulla destinazione abitativa dei nuovi volumi che verranno realizzati. Viene solo indicato e presentato come un Piano casa, però poi a chi realizzerà i nuovi volumi non si chiede quale sarà il vincolo sui nuovi volumi e sull'ampliamento di quelli esistenti .

Io credo che avremmo avuto bisogno di un accurato censimento del patrimonio abitativo esistente stimato in Sardegna in oltre 600 mila abitazioni (a fronte di una popolazione che non cresce, che invecchia), sulle quali probabilmente andava attivato un meccanismo per favorire l'inserimento degli immigrati, di coloro che stanno sostituendo in certe fasce occupazionali i sardi che non vogliono più fare, appunto, quei lavori.

Il Piano casa, così come voi lo avete concepito, è un Piano che non prende in considerazione, fra le altre cose, i numerosi strumenti urbanistici vigenti; cioè è un Piano che avrebbe dovuto esaminare, e non lo fa, i piani regolatori dei comuni, i piani particolareggiati, i piani commerciali, i piani urbani del traffico e dei parcheggi. Tutto ciò fino ad oggi è stato pianificato, ma per farne che cosa? Per farne quale uso? Per buttarlo nella spazzatura?

Così si pone il Piano anche per quanto riguarda gli standard; e chi ha fatto l'amministratore pubblico sa quali sono i problemi dei comuni, nell'ambito della pianificazione, per fare salvi gli standard previsti dalla legge. Questo aumento volumetrico in che considerazione prende gli standard previsti dalla legge e come ne valuta il rispetto? Questo Piano attraverso il premio volumetrico (una premialità che, è evidente a tutti, andrà soprattutto a vantaggio dell'edificato lungo le coste e nei centri urbani) favorirà ulteriormente lo spopolamento dei centri minori verso le città e il conseguente abbandono delle attività tradizionali, aspetti sui quali per anni e anni si sono scritte numerose pagine di dolore e di denuncia.

In questi anni si sono permessi gravi dissesti, danni territoriali e antropologici, mentre già allora chi aveva responsabilità di governare, vedere, programmare e progettare, ha fatto finta di non vedere. Si è detto in questi anni che la discesa dei sardi dai paesi dell'interno verso la costa e i centri urbani è stato un fenomeno drammatico, perché ha contribuito all'abbandono delle zone interne e quindi al venir meno della vigilanza nel territorio.

Nelle campagne mancano attività e presenza umana, e in questo provvedimento di legge non è contenuta nessuna proposta, nessuna iniziativa che cerchi di contenere, di limitare e di dare risposte a questo problema. Nelle zone interne manca il presidio urbano e per questo, come ho detto prima, la legge non prevede niente.

In ogni caso mi chiedo: ma voi pensate effettivamente che il rilancio dell'economia e dell'occupazione nel settore edilizio possa avvenire solo ed esclusivamente a carico di un'imprenditorialità privata, se non mettiamo a disposizione risorse per consentire di dare realmente risposte al fabbisogno di prima casa o al fabbisogno urgente di casa di chi non ha possibilità proprie?

Senza l'intervento pubblico è un'iniziativa che noi riteniamo abbia un grande limite, perché fra l'altro, essendo limitata nel tempo, ci chiediamo che cosa rimarrà in termini di occupazione e di sviluppo economico dopo l'attuazione di questo Piano. Un Piano di sviluppo sostenibile e duraturo, che avesse puntato alla riqualificazione del patrimonio esistente, al recupero e alla messa a norma degli edifici pubblici, dell'edilizia scolastica, dell'impiantistica sportiva, dei servizi di quartiere, avrebbe creato veramente un volano nell'economia sarda.

È un Piano che non tiene minimamente in considerazione le popolazioni, i cittadini, e in particolare le fasce più deboli, a iniziare dai bambini; ormai i bambini sono spariti dalla programmazione degli interventi urbanistici, per volontà di qualsiasi amministrazione. Questo è un richiamo che faccio perché ormai è un aspetto tollerato, purtroppo, da troppi.

Non prevediamo nessun intervento di tipo pubblico, con l'individuazione di nuove aree di espansione, per la costruzione di residenze e abitazioni per l'edilizia economica e popolare, anche se il volume costruito in questi anni è di una dimensione impressionante; fra l'altro è parzialmente censito, perché sono numerose le costruzioni fuori da un censimento perché, presentando notevoli elementi di illegalità, non possono essere censite come residenze.

Questo non vuol dire che noi non pensiamo ad un intervento nel settore dell'edilizia. Noi riteniamo che ci sia bisogno di un serio intervento a favore dell'edilizia, a favore della prima casa, ma occorre anche, e lo affermo e lo propongo all'attenzione dell'Aula, una buona legge sul regime dei suoli. Perché quello che accade, soprattutto nell'agro, ci impone il dovere di riflettere su una legge che disciplini il regime dei suoli, che porti alla separazione della proprietà dell'area dalla possibilità edificatrice.

Il Piano che voi proponete è un Piano che si presenta come un rilancio del settore edilizio. Ma, ho detto prima, a chi serve questo Piano casa? Noi, con dati dell'Istat, ricordiamo che 3 miliardi di metri cubi di cemento sono stati costruiti in questi anni, facendo sparire, come ho detto prima, spazi per la convivenza civile e per la socialità, creando anche problemi a causa dell'abbattimento di distanze, l'occupazione di spazi per il vivere comune, il non rispetto degli aspetti igienico-sanitari che erano gli elementi fondamentali dell'edificazione del passato.

Abbiamo quindi bisogno di un Piano che parta però dall'analisi di un dato del quale ho detto prima; la popolazione in Sardegna invecchia ma, soprattutto, non cresce, ed il numero delle abitazioni è superiore al numero delle famiglie e degli abitanti. Quindi, la contraddizione presente in questo progetto di legge è che consentiamo l'aumento volumetrico di case a chi di case ne ha una e più di una, senza dare un minimo di risposta a chi la casa non la possiede.

Abbiamo quindi necessità di pensare a degli strumenti urbanistici che in primo luogo riordinino tutta la normativa vigente. Noi abbiamo bisogno soprattutto in materia di edilizia e di urbanistica di leggi che facciano chiarezza, che diano certezze, che eliminino ogni tentativo di forzatura e di interpretazione, che spesso dà origine a posizioni furbesche e ad aspetti che poi sconfinano nell'illegalità.

Questa legge ha diversi aspetti di contrasto e di conflitto con norme e strumenti in vigore, a iniziare dal PPR con il quale non si vuole misurare, e con il quale comunque, va detto, si era pensato di metterla in relazione. Su questo Piano, chiaramente, siamo pronti a confrontarci, a misurarci, a discutere per ampliarlo, migliorarlo, correggerlo, però è evidente che questo testo di legge, oggi all'attenzione dell'Aula, mina e attacca il valore del paesaggio sardo, espressione dell'identità ambientale ed insulare da tramandare alle future generazioni, come dice il PPR..

Inoltre contiene aspetti specifici come per esempio, ne cito solo uno, la possibilità di rendere abitabili i sottotetti e i seminterrati. Io credo che si debbano tenere presenti le norme igienico-sanitarie previste dalla legge, se non cito male, dall'articolo 5 del decreto ministeriale del 5 luglio 1975, che indicano le condizioni per considerare abitabili i seminterrati. Anche alcuni strumenti urbanistici di diverse amministrazioni comunali fanno riferimento, in via però del tutto eccezionale, all'uso e all'abitabilità dei seminterrati fatte salve condizioni che non sono derogabili e che non riguardano solo l'altezza, perchè non è pensabile l'illuminazione artificiale o forzata. I seminterrati venivano progettati, almeno fino ad oggi per creare condizioni di stabilità, sicurezza e garanzia alle residenze che su di essi si appoggiavano, non per essere utilizzati come case; consentire l'abitabilità nei seminterrati è una risposta incivile, e ne conosciamo le conseguenze gravi e drammatiche.

Il seminterrato è nato per essere destinato ad altro, per assolvere a funzioni di rimessaggio, conservazione e quant'altro, una volta venivano chiamate cantine; oggi le cantine sono sparite e sappiamo che uso improprio se ne fa immettendole anche nel mercato turistico immobiliare, impropriamente, a meno che la legge non voglia sanare attività che oggi sono abusive e che verrebbero regolarizzate da questa disposizione.

Ribadisco pertanto la nostra ferma e convinta posizione contraria a questo progetto di legge che, a nostro avviso, contiene diversi aspetti di incostituzionalità; e valuteremo se ci saranno i presupposti per i ricorsi nel momento in cui sarà definitivamente approvato. Certamente, come forze della sinistra presenti in quest'Aula, ci attiveremo per presentare successivamente una seria proposta di legge che dia risposta autentica al bisogno di prima casa aumentando la realizzazione di quelle che un tempo venivano chiamate case popolari per chi non aveva possibilità di realizzare la prima casa, e di incentivi per chi magari vorrebbe realizzare una propria casa ma non ha la disponibilità degli strumenti necessari.

Le istituzioni pubbliche pertanto devono sostenere con incentivi la soddisfazione di un bisogno che i sardi hanno dimostrato di considerare primario: l'abitazione di proprietà.

Sull'ordine dei lavori

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Uras. Ne ha facoltà.

URAS (Comunisti-Sinistra Sarda-Rosso Mori). Presidente, prima di tutto è arrivata la notizia, battuta dalle agenzie di stampa, alle 11 e 30, dell'ennesimo morto sul lavoro a Macchiareddu, dopo quello a Olbia, dopo che un altro operaio sta rischiando la vita in ospedale. Questa notizia la dice lunga sull'attualità della Commissione d'inchiesta che abbiamo chiesto venisse costituita.

In secondo luogo chiedo il numero legale e, invito il Presidente a chiedere all'Assessore del lavoro di riferire all'Aula, se è possibile, nel più breve tempo possibile comunque, sull'aggravarsi degli incidenti sul lavoro.

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Pittalis. Ne ha facoltà.

PITTALIS (P.d.L.). Presidente, prendendo atto della comunicazione dell'onorevole Uras su un tema così importante, ci auguriamo che i lavori si chiudano celermente sul punto all'ordine del giorno per affrontare insieme il problema della costituzione della Commissione d'inchiesta sugli incidenti sul lavoro.

(Appoggia la richiesta di verifica del numero legale il consigliere Bruno)

Verifica del numero legale

PRESIDENTE. Dispongo la verifica del numero legale con procedimento elettronico.

(Segue la verifica)

Prendo atto che i consiglieri Bruno, Dedoni, Greco e Steri sono presenti.

Risultato della verifica

PRESIDENTE. Sono presenti 31 consiglieri.

Risultano presenti i consiglieri: BARDANZELLU - BRUNO - CAPPAI - CHERCHI - COSSA - CUCCA - DE FRANCISCI - DEDONI - DESSI' - FLORIS Mario - GRECO - LAI - LOCCI - MANINCHEDDA - MARIANI - MELONI Francesco - MILIA - MULA - MURGIONI - PERU - PIRAS - PITTALIS - RODIN - SANNA Giacomo - SANNA Matteo - SANNA Paolo - SOLINAS Christian - STERI - STOCHINO - URAS - VARGIU.

Poiché il Consiglio non è in numero legale sospendo la seduta per trenta minuti.

(La seduta, sospesa alle ore 12 e 11, viene ripresa alle ore 12 e 41.)

Continuazione della discussione generale del testo unificato: "Disposizioni straordinarie per il sostegno dell'economia mediante il rilancio del settore edilizio e per la promozione di interventi e programmi di valenza strategica per lo sviluppo" (53-67/A) del disegno di legge: "Disposizioni straordinarie per il sostegno dell'economia mediante il rilancio del settore edilizio e per la promozione di interventi e programmi di valenza strategica per lo sviluppo" (53) e della proposta di legge Bruno - Agus - Barracciu - Caria - Cocco Pietro - Cucca - Cuccu - Diana Giampaolo - Espa - Lotto - Manca - Meloni Marco - Meloni Valerio - Moriconi - Porcu - Sabatini - Solinas Antonio - Sanna Gian Valerio - Soru: "Disposizioni urgenti e straordinarie volte alla riqualificazione del patrimonio edilizio esistente ed al rilancio dell'economia" (67)

PRESIDENTE. Riprendiamo i lavori.

E' iscritto a parlare il consigliere Moriconi. Ne ha facoltà.

MORICONI (P.D.). Presidente, signori Assessori, colleghi, il Presidente della quarta Commissione, l'onorevole collega Matteo Sanna, ha riconosciuto lo spirito collaborativo, fatte salve le note ed evidenti diversità che ci hanno distinto, con cui l'opposizione ha contribuito all'esame dei documenti attinenti il cosiddetto Piano casa. Io, senza voler puntualizzare troppo rispetto al profilo assunto in Commissione, però mi sentirei, quello spirito collaborativo, di definirlo più semplicemente senso di responsabilità che non dovrebbe mancarci mai.

E' un dovere, un dovere nei confronti dei sardi, l'approccio ai problemi senza pregiudizi, perché non si dica "no", ma, colleghi della maggioranza, non si dica neppure "sì" semplicemente sulla base degli schemi di appartenenza politica. Allora abbiamo provato a dire la nostra opinione facendo appello a quella sensibilità politica, che io spero sempre di incontrare negli altri, così come spero che gli altri la incontrino in me, per rispondere alle attese che la comunità ripone nei nostri confronti e in particolare per ciò che attiene tale provvedimento, al quale forse è stato affidato un carico di aspettative troppo pesante, sotto il quale rischiano di restare schiacciati i sogni e le speranze di chi da questo si aspetta il miracolo.

Io non metto in discussione la possibilità che ci siano delle ricadute economiche a favore dell'intera economia della Sardegna: ci saranno, ci saranno soprattutto a favore del comparto delle costruzioni e quindi, assieme all'intero sistema economico regionale, a favore del problema dell'occupazione che rappresenta certamente il tema principale cui siamo chiamati a dare risposta, il problema di chi oggi non ha lo stipendio.

Ma mi sono anche chiesto quali sarebbero i rischi se gli effetti conseguenti più che strutturali fossero solo drammaticamente effimeri, cioè cosa fare perché ciò non succeda e soprattutto che cosa non fare. Il contributo che abbiamo voluto offrire con il nostro progetto di legge poggiava su queste basi, e cioè il dovere di concorrere alla ripresa economica e la preoccupazione di non commettere sbagli che non sarebbero stati di pochi mesi e di pochi anni ma sarebbero stati per sempre; perché quando si sbaglia nell'uso del territorio - noi lo sappiamo, voi lo sapete - lo sbaglio è per sempre, ed io credo che non abbiamo il diritto di fare ciò, specie se lo facciamo sulla pelle degli altri, addirittura con procedura semplificata.

Colleghi, mio figlio, i nostri figli hanno il diritto a un ambiente, a una città in cui poter vivere fra vent'anni possibilmente meglio, non peggio; e noi certo oggi abbiamo il dovere di favorire la ripresa e lo sviluppo, ma senza compromettere i nostri e i loro beni principali. Costruiamo allora le strategie per l'immediato, per dare una risposta alla attuale, drammatica crisi che stiamo vivendo elaborando un Piano casa che tenga conto però dei suoi effetti non soltanto nell'immediato ma anche nel medio e lungo termine; un Piano casa che non pregiudichi cioè il valore del nostro straordinario patrimonio e lo renda anzi più importante, più bello, più fruibile.

Costruiamo le strategie per l'immediato, intervenendo nelle nostre città all'interno di un quadro normativo capace però di favorire la reale riqualificazione del nostro patrimonio edilizio, allineandolo ai criteri di sostenibilità ambientale e al miglioramento della vivibilità. Costruiamo le strategie per l'immediato impedendo una deregulation urbanistica, che significherebbe tornare indietro, per preferire insieme, colleghi del Consiglio, un passo in avanti nel complesso progetto di sviluppo della nostra Isola che soffre, altroché se soffre, e soffre più di altri una crisi economica che non è passeggera perché le industrie chiudono per sempre lasciandoci i disoccupati e il degrado ambientale che hanno determinato nel nostro territorio.

Allora costruiamo le strategie per l'immediato facendo un Piano casa che sia coerente con una idea di sviluppo complessivo della nostra Isola che vuole sempre, lo ripetiamo da anni da posizioni diverse, ma da qualsiasi posizione la raccontiamo vuole il turismo, vuole l'agricoltura, vuole l'artigianato, il paesaggio, la storia, la cultura e, indubbiamente, gli abitanti al centro dei suoi ragionamenti.

Non sta semplicemente nei metri cubi il nostro futuro, anche quando oggi fossero importanti per tentare di porre un argine al dilagare di questa crisi; non sta nei metri cubi il nostro futuro, ancor meno se distribuiti con procedura semplificata e abbreviata. Io personalmente non ho gradito il ricorso, per quanto legittimo, all'articolo 101 del Regolamento, sarebbe stato più utile e corretto almeno far cenno di questa volontà, di questa vostra volontà, in sede di Commissione, in ossequio al cosiddetto spirito collaborativo del quale abbiamo già detto.

Il Partito Democratico in Commissione non ha assunto un atteggiamento ostruzionistico, nonostante le diversità di vedute, perché ha voluto privilegiare il terreno di un confronto, sempre tanto auspicato e che si sperava fosse aperto agli opportuni approfondimenti, specie sul testo licenziato dalla Commissione (disponibile per la maggior parte dei consiglieri solamente da qualche giorno), per una verifica più puntuale dei rischi che abbiamo rilevato, rileviamo e denunciamo ancora oggi in materia non solo di legittimità e applicabilità della norma ma, soprattutto, per gli effetti dirompenti che in alcuni contesti potrebbe determinare la sua applicazione.

Non serve, colleghi, non serve a voi della maggioranza, non serve ai sardi poter dire, o sapere, di avere tagliato il traguardo solo qualche giorno prima perché si rischia di vanificare il lavoro ma, soprattutto, si rischia di tradire le attese senza peraltro poter porre rimedio dopo.

Allora il Partito Democratico ha detto e dice no a questa vostra proposta di Piano casa; lo ha fatto sin qui offrendo quale contributo una sua idea per dire in modo organico che questa poteva essere una opportunità da cogliere insieme, se si fosse voluto, per continuare un lavoro (anche il lavoro di Civis, Domos, Biddas) di riqualificazione del nostro patrimonio edilizio allineandolo il più possibile ai criteri di sostenibilità ambientale, però dentro un processo virtuoso capace di favorire crescita economica e, ancora, risparmio energetico e rivitalizzazione del patrimonio edilizio esistente. Invece il rischio che corriamo è che niente di tutto ciò possa concretizzarsi per superficialità, lo dico con grande rispetto, forse per presunzione quando pensiamo di non avere bisogno del concorso degli enti locali per valutare l'impatto delle scelte nei nostri sistemi territoriali, nelle nostre città, nei nostri piccoli paesi.

A me, colleghi del Consiglio, della maggioranza, signor Assessore, sembra eccessivo e forse un po' sproporzionato, sicuramente è imprudente rispetto alla delicatezza della materia che stiamo trattando, il ricorso liberalizzato alla deroga rispetto agli strumenti urbanistici comunali, per recuperare poi che cosa? Per recuperare solo qualche giorno alla crisi planetaria. Eppure il TAR Sardegna ha già detto in altre occasioni che il ricorso a tali deroghe non può avvenire se non attraverso il pronunciamento dei rispettivi consigli comunali, addirittura previo parere dei confinanti che, per effetto della deroga, subirebbero una diminuzione del diritto soggettivo loro riconosciuto dalle norme di attuazione dello strumento urbanistico.

Stiamo andando a ledere, per intenderci, i diritti acquisiti dei nostri cittadini e, questo è ciò che mi preoccupa di più, rischiamo di generare nuovi conflitti e tensioni sociali. Nella migliore delle ipotesi stiamo creando qualche serio imbarazzo per i nostri sindaci, nella peggiore, che mi sembra la più verosimile, stiamo espropriando i consigli comunali delle loro funzioni principali.

Ecco perché ho qualche dubbio sulla tanto decantata consultazione dalla quale sarebbero emerse le linee principali che hanno generato il disegno di legge numero 53. Perché i comuni avrebbero rinunciato spontaneamente all'esercizio delle loro prerogative, dopo aver lamentato per anni una limitazione dell'esercizio del loro ruolo in materia di pianificazione urbanistica?

Io, colleghi del Consiglio, colleghi della maggioranza, signor Assessore, ho difficoltà ad immaginare un sindaco finalmente sollevato dall'ansia di non poter concedere ad un proprio concittadino l'autorizzazione a soprelevare oltre le previsioni del proprio piano urbanistico. In sede di audizione è emersa più volte tale perplessità, rimarcata poi con estrema chiarezza anche dai rappresentanti del Consiglio delle autonomie locali, così come è stata più volte lamentata l'assenza di qualsiasi misura vincolante i bonus volumetrici con i recentissimi aggiornamenti in materia di certificazione e classificazione energetica.

Le prescrizioni relative al risparmio e all'efficienza energetica degli edifici che consentono gli incrementi volumetrici sono prescrizioni in gran parte già previste nel decreto legislativo numero 192 del 2005. Allora il richiamo all'efficienza energetica del patrimonio edilizio esistente appare più formale che sostanziale.

Mi verrebbe da dire che probabilmente si tratta di un'occasione mancata per aprire il nostro sistema imprenditoriale alle opportunità che i nuovi mercati offrono. E allora dove sta la tanto auspicata riqualificazione dei nostri centri abitati o il miglioramento della loro qualità architettonica e abitativa? Forse sta nelle sagome che, fuori da qualsiasi verifica di coerenza, verrebbero ridisegnate tra un edificio che sopraeleva e l'altro che si allarga a discrezione del progettista di turno, oppure nell'autorizzazione di ampliamenti volumetrici nelle zone a rischio idrogeologico?

Colleghi, purtroppo poi il problema si fa ancora più serio quando si osserva che tale disegno di legge incide sul paesaggio e sui suoi beni in modo significativo; e il Piano paesaggistico, può piacerci o no, è la norma che dovrà essere modificata se si vorrà attraverso una procedura che, ahimè, non è questa e i rischi allora diventano rischi di illegittimità. Eppure, signor Assessore, colleghi del Consiglio, della maggioranza in modo particolare, credo di poter dire che si poteva fare di più, si poteva e si può ancora fare un Piano casa per la nostra Regione; ve lo abbiamo proposto sin dall'inizio con serietà e spirito collaborativo (non mancherà la prosecuzione del nostro lavoro nella discussione che ci attende nei prossimi giorni), evidentemente fin qui senza successo, perché avete voluto privilegiare l'idea di un'attività edilizia libera che rischia di essere una vera e propria deregulation urbanistica semplicistica. Una deregulation che così soddisfa probabilmente solo una piccola parte della nostra società, escludendo da questa opportunità la maggior parte dei cittadini sardi.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare consigliere Milia. Ne ha facoltà.

MILIA (U.D.C.). Presidente, colleghi, intervengo per dare un brevissimo contributo a un progetto di legge, esitato a maggioranza, molto atteso in tutti i settori dell'economia regionale. Le riflessioni, pochissime, che faccio a voce alta, non sono tanto sull'articolato, del quale avremo modo di parlare più avanti questa e la prossima settimana, quanto sui problemi più generali che sono già identificati nel titolo di questa legge: il sostegno all'economia, il rilancio del settore edilizio, la promozione e gli interventi e i programmi di valenza strategica per lo sviluppo.

Io mi rivolgo al nostro Assessore che, oltre a essere un Assessore politico è il cardine dell'urbanistica in Sardegna ormai da qualche decennio, non solo per i capelli bianchi ma anche per l'attività che ha valentemente svolto.

Quando si esercita la discrezionalità nella pubblica amministrazione si rischia sempre di porre in essere qualche intervento che, diciamo così, può ingenerare disparità di trattamento tra i vari territori. Nella scorsa legislatura questa maggioranza che era all'opposizione ha aspramente criticato, agendo sia per le vie istituzionali, sia rivolgendosi alla magistratura ordinaria, quelle che riteneva lesioni inferte non solo al Consiglio ma, a cascata, a vari territori della nostra Isola. Territori penalizzati da norme che hanno impastoiato, che hanno bloccato le economie e, soprattutto, norme che non hanno dato speranza, dopo anni di immobilismo, dovuto alla non applicazione dei Piani paesistici caducati, di possibile crescita economica nel rispetto della tutela dell'ambiente ai territori più deboli.

Questo provvedimento di legge, che noi vogliamo, Assessore, pur andando incontro ad esigenze di rimodulazione e soprattutto di nuovo sviluppo ancora una volta premia di più i soliti noti piuttosto che i soliti ignoti. Perché dico questo? Perché così come il Piano regionale paesaggistico approvato trionfalmente in quest'Aula, sostenuto dal presidente Soru, aveva in qualche maniera dato respiro sempre ai soliti, anche questa legge per alcuni aspetti, ma li vedremo più avanti, mi riferisco alla parte alberghiera, alla parte ricettiva, da di più a chi già ha rispetto a chi non ha, non ha mai avuto e non ha prospettiva, ed è questo il senso del mio intervento, di poter fare in seguito.

Quindi, il mio intervento è più una preghiera verso la Giunta e verso l'Assessore affinchè si favorisca un sostanziale equilibrio di quello che vi sarà dopo la programmazione, io mi auguro, non solo paesaggistica, ma soprattutto, visto che questa legge introduce interventi e programmi di valenza strategica per lo sviluppo dei territori, affinchè si guardi con occhio benevolo chi in questo momento ancora una volta viene pretermesso dalla strada dello sviluppo. Quando in quest'Aula, trionfalmente si approvò il Piano paesaggistico, il presidente Soru raccontò una grossa bugia ai sardi, è agli atti, quando disse che non si sarebbe più costruito sulle coste, perché nell'articolato che faceva seguito al Piano paesaggistico poi si regalava il 25 per cento alle strutture alberghiere (noi siamo tutti fautori di quello sviluppo e non di altro), e i sardi non sapevano che, regalando quel 25 per cento, poi sarebbero arrivate altre intese che avrebbero concesso molti e molti metri cubi su settori sensibili ad alcuni a dispetto di altri. Con quelle norme ancora una volta si era favorito un certo tipo di sviluppo a discapito di chi forse virtuoso non aveva compromesso il proprio territorio.

Che cosa vogliamo dire noi dell'U.D.C. sostenendo questa legge? Vogliamo dire che questo è il primo passo lodevole, un passo importante di una nuova strategia per lo sviluppo della nostra Isola. Questa nuova strategia però, e nell'immediato mi riferisco alle zone agricole, in futuro vorrei che desse pari opportunità; il richiamo, Assessore, ne abbiamo già parlato, è all'articolo 14, laddove vengono premiati magari coloro che hanno fatto qualche scavo o costruito qualche "stradella" in lottizzazioni convenzionate e approvate, rispetto ad altri che questo non lo avevano fatto al momento dell'entrata in vigore del Piano paesaggistico. Ecco, le pari opportunità, che noi chiediamo che già in questa legge vengano acclarate e accertate, le chiediamo per il futuro, per quei territori che fino adesso sono stati in qualche maniera esclusi.

Questo provvedimento dà queste possibilità alla Giunta e crediamo che si possa in futuro integrarlo con qualche provvedimento di riforma urbanistica discusso in questo Consiglio, perché questo Consiglio è la sede, è il luogo dove questi interessi devono essere contemperati e in qualche maniera coniugati. Crediamo che questo sia un primo passo importante, ma non l'unico che questa legislatura deve vedere compiere da parte della maggioranza, con l'aiuto e con l'ausilio, e credo con le idee, di chi in questo momento è all'opposizione, verso la elaborazione di un nuovo progetto di sviluppo ecocompatibile, senza una distruzione e un consumo del nostro territorio, che vada nella direzione da tutti auspicata, e soprattutto una direzione che a 360 gradi veda coinvolti tutti i territori della nostra Sardegna, dalle zone interne alle coste. Questo è l'auspicio che noi facciamo in merito a questo testo, sul quale vi è grande attesa, che cercheremo eventualmente di migliorare durante la discussione sugli articoli.

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Biancareddu. Ne ha facoltà.

BIANCAREDDU (U.D.C.). Chiedo a nome del Gruppo la verifica del numero legale.

(Appoggiano la richiesta di verifica del numero legale i consiglieri Vargiu e Bruno)

Seconda verifica del numero legale

PRESIDENTE. Dispongo la verifica del numero legale con procedimento elettronico.

(Segue la verifica)

Prende atto che il consigliere Ladu è presente.

Risultato della verifica

PRESIDENTE. Sono presenti 47 consiglieri.

Risultano presenti i consiglieri: AGUS - ARTIZZU - BARDANZELLU - BEN AMARA - BIANCAREDDU - BRUNO - CAMPUS - CARIA - CONTU Felice - COSSA - CUCCA - CUCCU - CUCCUREDDU - DE FRANCISCI - DESSI' - DIANA Mario - LADU - LAI - LOCCI - LOTTO - MANCA - MELONI Francesco - MELONI Valerio - MORICONI - MULA - MULAS - MURGIONI - OBINU - OPPI - PERU - PETRINI - PIRAS - PITTALIS - PLANETTA - RANDAZZO - RASSU - RODIN - SABATINI - SANJUST - SANNA Giacomo - SANNA Matteo - SECHI - SOLINAS Christian - STOCHINO - TOCCO - VARGIU - ZEDDA Alessandra.

Poiché il Consiglio è in numero legale proseguiamo i lavori.

E' iscritto a parlare il consigliere Ben Amara. Ne ha facoltà.

BEN AMARA (Comunisti-Sinistra Sarda-Rosso Mori). Presidente, parlare di casa significa, e non essendo un urbanista ma soltanto un umanista, non farò un discorso urbanisticamente dettagliato …

PRESIDENTE. Colleghi, scusate, c'è un brusio di sottofondo che non solo rende difficile intervenire per l'oratore, ma rende anche difficile seguire per chi ha voglia di ascoltare..Prego, onorevole Ben Amara.

BEN AMARA (Comunisti-Sinistra Sarda-Rosso Mori). Dicevo che parlare di casa significa prima di tutto stabilire funzioni e ruoli anche all'interno della complessa organizzazione istituzionale. E' vero che l'Italia è un Paese dove più dei due terzi dei cittadini possiede una casa di proprietà, ma è vero ugualmente che abbiamo una parte importante di popolazione che ancora vive in affitto: le giovani coppie, i nuclei familiari monoreddito sono impossibilitati dalla rigidità del nostro sistema bancario ad accedere al credito per l'acquisto della casa.

Cittadini anziani fortemente presenti nella domanda di edilizia residenziale pubblica, per esempio, sono soggetti spesso a basso reddito e hanno costruito la loro vita in un ambito socioeconomico profondamente differente da quello attuale. Non parliamo del caso, per esempio, della nostra città, Cagliari, dove più di tremila famiglie non hanno né reddito né casa. Da questa sommaria e riduttiva analisi scaturisce una considerazione. Si deve pensare al problema della casa come a una questione non marginale, ma fortemente impegnativa per il pubblico; bisogna sapere come proporre e opporsi a una politica escludente e segregazionista.

Si chiede alla politica italiana tutta di mettere in moto il sistema degli alloggi pubblici. Se solo pensiamo che in Francia un governo, diciamo, di centrodestra illuminato mette a disposizione 159 mila alloggi all'anno, e noi in Italia, nel 2004, secondo gli ultimi dati disponibili ne abbiamo offerto solo 1900, capiamo quanto siamo arretrati. Non dobbiamo poi dimenticare che negli ultimi 10 anni sono arrivati sempre in Italia 2 milioni di immigrati, e su questo fronte non è stato fatto niente. Bisogna dunque costruire e ristrutturare, ma anche mettere a disposizione il patrimonio immobiliare di enti come INAIL, INPS, INPDAP.

Bisogna attivare una politica che permetta sgravi fiscali per gli affitti, anche nel libero mercato, creando un contrasto di interessi tra affittuario e locatario. Si permetta di indicare nella dichiarazione dei redditi il numero di registrazione del contratto di affitto, si permettano i pagamenti solo con assegni e bonifici bancari, così che tutto sia tracciabile. Sarebbe stato più opportuno, prima di presentare il Piano casa, indire una Conferenza regionale sulla casa, al fine di offrire un primo momento di riflessione per arrivare a una necessaria concertazione tra i vari livelli istituzionali con le forze sociali e sindacali, allargando alle categorie economiche e imprenditoriali, costruendo ognuno, per il ruolo che ricopre e nel rispetto delle singole prerogative e della propria autonomia, un percorso utile per rispondere a questo bisogno primario.

In questo caso l'atto significativo è sempre mescolato a intenzioni vuote; l'assenza della proposta significa l'assenza del fondamento, del nulla, è come la violenza di un nuotatore che lotta contro la corrente. Chi ha a cuore il problema della casa, dell'alloggio, deve avere a cuore anche altri problemi connessi: la disoccupazione, il vagabondaggio, la situazione dei barboni, dei nomadi, eccetera, quei problemi che certi politici non contabilizzano perché non hanno né luogo, né spazio, né scheda elettorale.

A questo punto direi sinceramente che i nostri codici politici, sociali, interpretativi, i codici in genere come strumento performativo di discibilità sembrano impotenti. Ciò comporta innanzitutto la riconferma dello stanziamento per finanziare il fondo in sostegno dell'affitto; stanziamenti estremamente produttivi soprattutto se si confrontano con quelli necessari alla costruzione delle case di edilizia residenziale pubblica (ERP). I fatti evidenziano che l'attuale politica abitativa del Governo non valorizza per niente questo tipo di strumento, addirittura lo sta totalmente penalizzando; è pari al 45 per cento il taglio delle risorse effettuato nell'ultima legge finanziaria.

Bisogna anche dire, cari colleghi, che siamo qui a discutere di un documento che è stato battezzato Piano casa, ma che con la soddisfazione delle esigenze di chi la casa non c'è l'ha, ha ben poco a che vedere. Questo cosiddetto Piano casa della Giunta è ben lontano dal rilanciare l'economia rispondendo ai bisogni abitativi delle famiglie come previsto, almeno sulla carta, dal testo dell'intesa della Conferenza Stato-regioni-enti locali del 31 marzo scorso. La verità è che questo disegno di legge mira soltanto a fare l'interesse dei grossi imprenditori, attraverso una deroga generalizzata ai limiti di edificabilità previsti dalle leggi regionali e dai piani urbanistici locali in dispregio delle esigenze di conservazione e tutela del paesaggio e del territorio della Sardegna.

Nella relazione di accompagnamento, nella seconda pagina, si legge che il disegno di legge si propone di coniugare la tutela dei fondamentali valori ambientali, paesaggistici e culturali della Sardegna con gli obiettivi di sviluppo sostenibile; quando mai lo sviluppo dev'essere sostenibile? E allora mi chiedo: come mai per gli incrementi volumetrici si consente, sempre e comunque, di superare gli indici massimi di edificabilità previsti dagli strumenti urbanistici e dalla vigente disposizione prevedendo, come contropartita, percentuali ridicole di riduzione del fabbisogno e di energia primaria? Come mai non si prevede di realizzare tutti gli interventi di edilizia con l'obbligo di utilizzare materiali e tecniche di costruzione in regime di bioedilizia? Come mai non si rende obbligatorio, là dove gli spazi lo consentano, la realizzazione di zone verdi e zone giochi per bambini, come si fa in tutto il mondo?

Perché, per quanto concerne l'ampliamento degli immobili destinati allo svolgimento dell'attività turistico-ricettiva non si prevede un limite massimo di cubatura realizzabile, considerando che senza limiti massimi, se si tratta di una già di per sé grande struttura alberghiera, un incremento anche solo del 10 per cento della cubatura può comportare la realizzazione di grosse strutture, con ovvie conseguenze negative dal punto di vista dell'impatto ambientale?

A dimostrazione di quanto detto, che l'unico interesse di questa Giunta è quello di consentire di realizzare nuove cubature in spregio alle esigenze di tutela del nostro patrimonio paesaggistico e ambientale, è assurdamente previsto che gli aumenti di cubatura possano cumularsi con ulteriori aumenti di cubatura consentiti da altre disposizioni di legge, dagli strumenti urbanistici comunali e dalle norme di pianificazione regionale; ma, soprattutto, mi chiedo come mai si consenta a chi ha già la casa di ampliarla e ristrutturarla e non si preveda nulla per chi la casa non la possiede.

Infatti, nel testo della disposizione relativa agli interventi sul patrimonio edilizio pubblico non si fa nemmeno un minimo accenno alle abitazioni a destinazione di residenza popolare e non si prevede nessun sostegno né per le famiglie a monoreddito, né per le giovani coppie che non riescono ad accettare o ad accedere alle case in affitto, ai correnti prezzi di mercato, per non parlare degli anziani pensionati.

Per concludere, ritengo che questo disegno di legge dovrebbe ribattezzarsi "piano di cementificazione selvaggia della Sardegna" ed essere sottotitolato "i sardi derubati del loro paesaggio". Il Piano casa, così come presentato, è il riflesso di una vera crisi abitativa; maschera e snatura lo stesso concetto di territorialità nel quale viviamo, maschera anche l'assenza di ben altre realtà, non ha relazione con nessuna realtà, è semplicemente un simulacrum.

E' la transizione dai segni alla cancellazione dei segni, è anche il superamento del nostro patrimonio, è l'eliminazione dell'archivio e del monumento, assi fondamentali di ogni identità culturale e sociale. Cementificare, cementificare, cementificare..

PRESIDENTE.

E' iscritto a parlare il consigliere Valerio Meloni. Ne ha facoltà.

MELONI VALERIO (P.D.). Presidente, Assessori, colleghi, ho ascoltato con attenzione gli interventi sin qui succedutisi e li ho apprezzato quasi tutti nella forma e nei contenuti. Mi sono iscritto a parlare pensando di fare alcune sottolineature e alcune riflessioni; più che un intervento di carattere generale, saranno quindi delle riflessioni che lascio all'Aula e all'Assessore che è presente e ascolta.

In premessa voglio dire che questo Piano casa sancisce un modo di agire, di procedere e di intendere la politica da parte di questo Governo di centrodestra. Questo Governo ci ha abituati ai condoni edilizi, alle sanatorie penali che modificano i dispositivi di legge, alle sanatorie fiscali, è di questi giorni la sanatoria fiscale. Dico questo per sottolineare il fatto che una società moderna, che si muove nell'ambito di regole condivise, non può di colpo subire delle imposizioni che arrivano dall'alto e che disattendono completamente anni e anni di lavoro, di sforzi, di approfondimenti, di ricerca di condivisioni in particolar modo su materie come l'urbanistica, materia molto delicata, complessa.

L'urbanistica è una materia che governa la vita dei popoli, la governa nella misura in cui ne organizza le funzioni, nella misura in cui detta i tempi della vita prevedendo e progettando spazi: spazi per il tempo libero, spazi per le funzioni culturali, spazi per le funzioni educative e quant'altro. Intervenire così, con un decreto, su una materia di questo tipo, credo che sia estremamente diseducativo rispetto alla necessità che hanno anche i giovani, che hanno i cittadini di rapportarsi a istituzioni serie che percorrono una strada e la percorrono sino in fondo.

La finalità della legge, ovviamente, è condivisibile poiché individua un momento critico, un momento economico critico, e attraverso questo strumento pensa di creare un volano per rimettere in moto l'economia. Questo forse è l'unico motivo che consente, a noi dell'opposizione, di rapportarci in termini propositivi rispetto alla norma stessa. Per cui, entrando un po' nel merito delle questioni, Assessore, e riconoscendole - lo diceva l'onorevole Milia poc'anzi nel suo intervento -autorevolezza, mi permetto di segnalarle alcune questioni che saranno anche oggetto di emendamento, lo annuncio sin d'ora.

A me, ad esempio, preoccupa molto la possibilità di intervenire liberamente nelle zone B). Mi preoccupa molto per alcuni motivi, il primo dei quali è l'assenza totale del calcolo dei carichi urbanistici. Prevedere aumento di cubature, di volumi, all'interno di un tessuto urbanistico consolidato, che si è sviluppato attraverso il rispetto di tutti i criteri normativi, può essere pericoloso in termini di ricadute sulla vivibilità delle zone su cui insisteranno questi interventi.

Mi riferisco, ovviamente, all'assenza degli standard, all'assenza dei parcheggi, mi riferisco a una viabilità che sicuramente si appesantirà, mi riferisco a una serie di questioni che attiene anche al valore degli immobili stessi, valore che diminuirebbe nella misura in cui quelle maglie urbanistiche, quei contesti urbanistici dovessero creare, attraverso l'aumento di volumi, situazioni di difficoltà, di disagio e di non vivibilità. Questo mi preoccupa.

Ma questo, Assessore, mi preoccupa ancor più se si pensa che questi interventi nelle zone B), e anche quelli nelle zone A) per i manufatti che non hanno superato i quarant'anni di vita, possono essere svolti anche in presenza di un piano particolareggiato. Assessore, lei mi insegna che un piano particolareggiato è anch'esso frutto di un lavoro importante, molto attento, un lavoro che mette sotto la lente di ingrandimento un pezzo di città e ne disegna i confini, insomma fotografa la situazione facendo valutazioni di tipo urbanistico, di tipo sociale, di tipo strutturale e di tipo architettonico.

I piani particolareggiati, costati alle singole amministrazioni fior di quattrini, stanziati peraltro da questa amministrazione regionale, che sono stati emanati dopo anni e anni (in alcuni casi decine di anni) di lavoro, prevedono anch'essi la possibilità di demolire e ricostruire, prevedono la possibilità di sopraelevare, prevedono la possibilità di una miriade di interventi; interventi possibili, però, solo a seguito dello studio attento effettuato, per l'appunto, dai progettisti che hanno svolto quel lavoro.

Bene, questo benedetto Piano casa supera questi studi particolareggiati consentendo interventi che possono comportare dei rischi, e provo a elencarne alcuni. Le zone B) lei sa bene, Assessore, che contengono le famose ville liberty, ad esempio; bene, questo provvedimento consentirà di intervenire su una villa liberty, che ha una pertinenza importante, di demolirla e di ricostruirla per raggiungere il volume ammesso da questo testo con tutte le premialità in esso contenute.

Mi riferisco, per esempio, agli edifici del periodo del fascio che non hanno un particolare valore dal punto di vista architettonico, ma stanno lì a raccontare e a testimoniare un momento importante della nostra storia e, comunque, si caratterizzano proprio in quanto edifici particolari, costruiti con lo stampino in tutta Italia. Sono edifici con le volte alte tre metri, con le superfici finestrate molto più ampie rispetto a quelle che si realizzeranno nel momento in cui questi edifici verranno smantellati, sventrati, demoliti e ricostruiti con le premialità.

Allora in questo caso, dobbiamo dirlo, stiamo consentendo che si possa intervenire all'interno delle città snaturando completamente una storia, snaturando un tessuto urbanistico. Lei mi risponderà poi e probabilmente riuscirà a confortarmi.

In tema di agro. Questo è un tema delicato, delicatissimo, affrontato da tutte le amministrazioni locali, affrontato dall'amministrazione regionale attraverso vari provvedimenti (il decreto Floris, per esempio, e quant'altro). In tema di agro io credo che noi possiamo ragionare se partiamo da un assunto, da un dogma: l'agro è agro. Altrimenti lo classifichiamo diversamente, altrimenti diciamo che non è più agro; lo trasformiamo in zone C), in zone B), ne facciamo ciò che vogliamo, ma non si tratta più di agro.

L'agro è un territorio che va salvaguardato, è un bene ambientaale importante, per cui se l'assunto è: "Partiamo dalla necessità di tutelare, salvaguardare e implementare il bene ambiente", non si capisce come si consenta di lasciare che si costruisca in agro, si raddoppino i volumi o, comunque, si aumentino i volumi con questo sistema della premialità, senza prevedere prima un sistema di servizi, un sistema che possa consentire all'agro di essere risanato rispetto all'esistente.

Si pensi ai sistemi fognari, assenti, e quindi all'inquinamento delle falde acquifere che ne deriva; si pensi all'eccesso di trivellazioni, al prelievo dissennato di acque dalle falde, all'assenza di viabilità; si pensi al diritto che pensano di avere acquisito gli abitanti dell'agro di vedersi dotare dalle amministrazioni pubbliche di sottoservizi, di viabilità, di luce, di strade e quant'altro.

Io credo che con questo sistema, se non si sta bene attenti a tutte le questioni che io, in qualche misura e molto sommessamente, mi sto permettendo di segnalarle, non stiamo facendo un buon piano casa.

Altro elemento che mi stupisce è la disciplina dei sottotetti. Anche in questo caso stiamo consentendo che si possono fare veramente delle brutture architettoniche inconcepibili perché si parla di consentire l'altezza del colmo diversa rispetto a quella prevista dalle norme attuali e, quindi, si permette di modificare le superfici coperte, le pendenze dei tetti; insomma, stiamo consentendo di realizzare brutture che peggioreranno il tessuto urbanistico delle nostre città.

La DIA è un altro problema, Assessore. Nell'ultimo dei paesi della Sardegna probabilmente non sarà un problema, nelle città potrà esserlo perché la DIA prevede che le amministrazioni possano verificare ed entrare nel merito dello strumento in tempi stretti. Si ammucchieranno le richieste, non potranno essere visionate e dopo i 30 giorni fatidici potranno essere fatti tutti gli interventi che il Piano casa consente.

Insomma, mi preoccupo un po' e mi preoccupa l'impossibilità che avranno le amministrazioni di intervenire, di monitorare e di esprimersi rispetto a tutti questi sconvolgimenti che si realizzeranno.

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Uras. Ne ha facoltà.

URAS (Comunisti-Sinistra Sarda-Rosso Mori). Chiedo la verifica del numero legale.

(Appoggia la richiesta di verifica del numero legale il consigliere Diana Giampaolo.)

Terza verifica del numero legale

PRESIDENTE. Dispongo la verifica del numero legale con procedimento elettronico.

(Segue la verifica)

Prende atto che i consiglieri Diana Giampaolo e Sanna Giacomo sono presenti.

Risultato della verifica

PRESIDENTE. Sono presenti 40 consiglieri.

Risultano presenti i consiglieri: BARDANZELLU - BEN AMARA - BIANCAREDDU - CAPELLI - CHERCHI - COCCO Pietro - COSSA - CUCCA - CUCCUREDDU - DEDONI - DESSI' - DIANA Giampaolo - ESPA - GRECO - LAI - MANCA - MELONI Francesco - MORICONI - MULA - MULAS - OPPI - PERU - PETRINI - PIRAS - PITEA - PLANETTA - RASSU - RODIN - SABATINI - SANNA Giacomo - SANNA Matteo - SECHI - SOLINAS Antonio - SOLINAS Christian - STERI - STOCHINO - URAS - VARGIU - ZEDDA Alessandra - ZEDDA Massimo.

Poiché il Consiglio è in numero legale proseguiamo i lavori.

E' iscritto a parlare il consigliere Planetta. Ne ha facoltà.

PLANETTA (P.S.d'Az.). Signor Presidente, con momentanea sofferenza, riservandomi di intervenire sull'articolato, rinuncio al mio intervento.

PRESIDENTE. Il Consiglio è riconvocato alle ore 16 del pomeriggio.

La seduta è tolta alle ore 13 e 38.



Allegati seduta