Seduta n.135 del 13/09/2010
CXXXV Seduta
(ANTIMERIDIANA)
Lunedi' 13 settembre 2010
Presidenza della Presidente LOMBARDO
indi
del Vicepresidente COSSA
La seduta è aperta alle ore 10 e 02.
CAPPAI, Segretario, dà lettura del processo verbale della seduta antimeridiana del 3 agosto 2010 (128), che è approvato.
PRESIDENTE. Comunico che i consiglieri regionali Gian Vittorio Campus, Roberto Capelli, Francesco Mula, Giorgio Oppi, Onorio Petrini, Teodoro Rodin ed Edoardo Tocco hanno chiesto congedo per la seduta antimeridiana del 13 settembre 2010.
Poiché non vi sono opposizioni, i congedi si intendono accordati.
PRESIDENTE. Si dia annunzio delle interrogazioni pervenute alla Presidenza.
CAPPAI, Segretario:
"Interrogazione Diana Mario - Peru, con richiesta di risposta scritta, sulle necessarie azioni da adottare a sostegno del bando internazionale per la cessione dello stabilimento Vinyls Italia di Porto Torres". (392)
"Interrogazione Cocco Daniele Secondo, con richiesta di risposta scritta, sul mancato completamento del tratto di strada a scorrimento veloce Abbasanta-Olbia". (393)
"Interrogazione Amadu, con richiesta di risposta scritta, sulla necessità di intervenire per evitare la chiusura della Facoltà di medicina veterinaria dell'Università di Sassari". (394)
PRESIDENTE. Si dia annunzio delle interpellanze pervenute alla Presidenza.
CAPPAI, Segretario:
"Interpellanza Steri - Oppi - Milia - Biancareddu - Capelli - Cappai - Contu Felice - Obinu sull'omessa nomina del direttore sanitario dell'Azienda ospedaliero-universitaria di Sassari". (139)
"Interpellanza Uras - Sechi - Zedda Massimo relativa all'ipotesi di chiusura del Gruppo editoriale Epolis e della redazione centrale di Cagliari e la conseguente disoccupazione per oltre 200 lavoratori tra giornalisti, tecnici e amministrativi". (140)
PRESIDENTE. Si dia annunzio delle mozioni pervenute alla Presidenza.
CAPPAI, Segretario:
"Mozione Diana Mario - Sanna Matteo - Amadu - Artizzu - Bardanzellu - Campus - Cherchi Oscar - Contu Mariano Ignazio - De Francisci - Floris Rosanna - Gallus - Greco - Ladu - Lai - Locci - Murgioni - Peru - Petrini - Piras - Pitea - Pittalis - Randazzo - Rassu - Rodin - Sanjust - Sanna Paolo Terzo - Stochino - Tocco - Zedda Alessandra sulla riscrittura dello Statuto di autonomia della Regione autonoma della Sardegna". (81)
"Mozione Zuncheddu - Uras - Sechi - Zedda Massimo sulla riscrittura dello Statuto sardo e sull'apertura, con lo Stato italiano, del processo di sovranità e indipendenza". (82)
PRESIDENTE. Comunico all'Aula che il consigliere Capelli è rientrato dal congedo.
Considerata l'assenza dell'assessore Prato, sospendo i lavori per 10 minuti, riprenderanno alle ore 10 e 15.
(La seduta, sospesa alle ore 10 e 05, viene ripresa alle ore 10 e 22.)
PRESIDENTE. Riprendiamo la seduta, prego i colleghi di prendere posto.
L'ordine del giorno reca le dichiarazioni dell'Assessore regionale dell'agricoltura e riforma agro-pastorale sulla profonda crisi che colpisce l'agricoltura e la pastorizia in Sardegna.
Ha domandato di parlare il consigliere Gavino Manca. Ne ha facoltà.
MANCA GAVINO (P.D.). Sull'ordine dei lavori, Presidente. Stiamo organizzando l'ingresso delle delegazioni per assistere al dibattito, chiederei cortesemente 5 o 10 minuti di sospensione, in maniera tale che le delegazioni venute per ascoltare l'Assessore possano entrare ed assistere dall'inizio all'intervento.
PRESIDENTE. Sospendiamo i lavori, riprenderanno alle ore 10 e 30. La seduta è sospesa.
(La seduta, sospesa alle ore 10 e 23, viene ripresa alle ore 11 e 09.)
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare l'Assessore dell'agricoltura e riforma agro-pastorale.
PRATO, Assessore tecnico dell'agricoltura e riforma agro-pastorale. Signora Presidente del Consiglio, signor Presidente della Giunta, onorevoli consiglieri, Assessori, la crisi della nostra pastorizia è troppo grave e troppo complessa perché ognuno di noi possa sentirsi innocente. Il mio personale rammarico è quello di non essere riuscito a comunicare adeguatamente quanto fosse grave questa crisi, che ha ripercussioni non solo sul comparto agricolo ma sulla società e sulla coscienza di ogni sardo.
Ultimamente, un silenzio assordante aveva ricoperto la politica italiana come una cappa opprimente che attenua le grida di dolore degli allevatori sardi che rappresentano la spina dorsale della nostra economia agricola. Eppure solo un anno fa raccontai con i miei consueti toni - crudi, impietosi ma, ahimè, istituzionali - quanto fosse importante affrontare la crisi della pastorizia ovina, che definii allora "un morto che cammina grazie ai contributi comunitari". La Giunta Cappellacci, per questo, previde nella manovra finanziaria 2009, 2,5 milioni di euro all'anno per quattro anni per acquistare pecorino romano, con il duplice obiettivo di rieducare i palati dei sardi e svuotare i magazzini delle cooperative in crisi. Ma in quella circostanza commisi un primo errore, di sopravalutazione, perché non riuscì a convincere pienamente né questo Consiglio né soprattutto il mondo agricolo dell'importanza del provvedimento, tanto che fu definito intempestivo e parzialmente bocciato nell'indifferenza generale. Solo i giornali ne diedero notizia come mia sconfitta personale, come un avvertimento a un tecnico che non doveva fare troppo il politico.
Ancora peggio andò negli stessi giorni a Roma, in Commissione politiche agricole, quando si compì il "ratto" dell'articolo 68 del regolamento 73/2009 ai danni dell'ovicaprino. In quella nefasta circostanza vennero difesi solamente gli interessi delle multinazionali del tabacco, delle macellazioni e quelli degli ingrassatori di vitelli francesi. Sì, francesi, i vitelli francesi: abbiamo finanziato i vitelli francesi! E anch'io quel momento sarei voluto essere un transalpino, perché il nostro Paese ha ormai smarrito il senso delle proporzioni: difende con lo stesso ardore tutte le cause ma promuove solo quelle dei soliti furbi, in un momento in cui sostenere la pastorizia dovrebbe venire prima dell'ennesima ondata di stabilizzazioni o di interventi per favorire il perpetuarsi del consenso fine a se stesso. Sarei voluto essere francese anche perché questa Nazione ha stanziato soldi veri per l'ovicaprino, ben 130 milioni all'anno per quattro anni, mentre l'Italia ne voleva destinare solo 5. E anche in quel caso con il presidente Cappellacci facemmo un appello a tutti coloro che potevano incidere, per agire subito ad evitare quella vergogna che avremmo pagato cara.
Purtroppo però in quel momento in Italia la pecora non andava ancora di moda e si girarono quasi tutti dall'altra parte. Risultato: ci vennero assegnati solo 10 dei 30 milioni annui richiesti. Allora un vecchio saggio che oggi siede in questi banchi mi disse: "fatti fare una manifestazione contro", ma io non lo ascoltai e commisi il secondo errore, questa volta di sottovalutazione.
Ma se la politica italiana è così debole e impotente tanto da aver bisogno di essere incalzata dai forconi, dalle manifestazioni che esasperano gli animi, per decidere quali cause difendere e quali no, allora ben vengano le agitazioni di piazza, soprattutto se queste possono risvegliare le menti e far capire che non si può arrivare al punto di dire che non ci sono più risorse per l'agricoltura se queste sono state spese, poco prima, in regionalizzazioni, crescita della burocrazia o altre voci che non incidono sui settori produttivi e non risolvono i problemi sociali e occupazionali della nostra terra.
Rimango comunque ragionevolmente ottimista, perché credo che siamo ancora in tempo per salvare la nostra pastorizia; usando una metafora calcistica, siamo però nei minuti di recupero e questa è davvero l'ultima occasione per segnare il gol decisivo per i nostri pastori. Grazie alle manifestazioni di piazza, in questa legislatura, mai prima d'ora a livello nazionale, tutti quelli che ieri avevano dimenticato la parola pecora, oggi hanno sposato la nostra causa. Ecco perché possiamo e dobbiamo farcela, a costo di guidare noi stessi la vertenza con lo Stato e l'Unione Europea.
Tuttavia, non va dimenticato che i momenti bui della pastorizia sarda sono periodici, e i problemi, mai risolti, si spostano e si aggravano nel tempo. Altre volte nel corso degli ultimi decenni abbiamo assistito a diverse crisi, e puntualmente arrivavano documenti, convegni, task force, vertici dove si analizzava la situazione e si offrivano le soluzioni che avrebbero dovuto risollevare le sorti del comparto: sempre tutto uguale, cambiava solo l'anno e magari si erogavano contributi più "a diluvio" che "a pioggia", veniva cancellato con la scolorina l'anno e si ripartiva. Il mercato americano magari si riprendeva e tutto tornava come prima, nel silenzio assordante dei colpevoli. Nulla è cambiato, siamo nel 2010 e come la prima crisi del pecorino (che risale al 1904!) siamo ancora all'anno zero. E la responsabilità, lo voglio ripetere ancora una volta a scanso di equivoci, è di tutti: politici, industriali, cooperative e, seppur in misura minore, anche dei pastori che, intossicati da contributi, hanno spesso smarrito la propria identità per quattro lire più promesse che date.
Ma veniamo ai numeri di quest'ultimo disastro che meglio di tante parole, riescono a far comprendere la gravità della crisi. Questa è, infatti, più pesante perché, a differenza di quelle precedenti non abbiamo più le restituzioni all'export, i consumi in America sono bassi, il dollaro è ancora più basso, l'Unione Europea è più rigida nei confronti degli aiuti di stato, e la pastorizia dei nostri paesi concorrenti è più sostenuta della nostra, le industrie sarde di trasformazione sono deboli perché indebitate ed infine, non ultima, la nostra Regione assesta il bilancio al ribasso forse per la prima volta, a dimostrazione che il nostro mondo sta cambiando in peggio.
In questa lunga crisi congiunturale le difficoltà del comparto ovino sardo sono il riflesso di una più generalizzata crisi dell'agricoltura europea, che negli ultimi decenni non ha saputo rinnovarsi, non ha garantito un ricambio generazionale adeguato. Da noi si è fossilizzata sulla monocoltura del pecorino romano, non ha creato le condizioni per l'integrazione del reddito aziendale, ha visto l'aggregazione della produzione e dell'offerta quasi come una sciagura, non ha sviluppato uffici commerciali in grado di trovare e stimolare nuovi mercati per nuovi prodotti, non ha creato le infrastrutture per incentivare il pagamento del latte a qualità.
Ma non è solo un fatto economico: la crisi del settore ovino, parliamo del 35 per cento della produzione lorda vendibile dell'agricoltura sarda, colpisce il cuore del sistema agricolo, ma anche la nostra cultura millenaria. Mette a rischio la stessa identità della Sardegna, cancella quel ruolo fondamentale che riveste il pastore: salvaguardare l'ambiente e il paesaggio, risorse irrinunciabili per la sopravvivenza della Sardegna. La crisi è ormai diventata un problema di coesione della nostra società e se partissimo da zero sarebbe facile conferire ai pastori l'incarico di presidiare il territorio e, per questo, riconoscergli un compenso adeguato, ma da troppo tempo la Sardegna ha scelto irreversibilmente di attribuire a caro prezzo questa funzione a dipendenti pubblici, e i soldi per la multifunzionalità ambientale non ci sono più.
Tornando ai numeri, oggi il latte viene pagato massimo 65 centesimi, una cifra inchiodata ai primi anni novanta, quando però le restituzioni all'export valevano più di 4000 lire, e il formaggio si vendeva sottocosto: troppo facile. Oggi, i costi aziendali sono raddoppiati rispetto a dieci anni fa ma senza i contributi all'export non siamo più competitivi e, se i 65 centesimi sono una miseria, come dovremmo definire il prezzo del latte se si profilasse lo scenario di un ulteriore ribasso? Con i magazzini dei caseifici stracolmi di 274 mila quintali di pecorino romano, con eccedenze di prodotto per 60 mila quintali, le industrie senza soldi e la possibilità di ritrovarci con 60 milioni di litri di latte senza padrone, il rischio è reale. Basta affacciarsi oltre le coste sarde e osservare cosa sta succedendo in Sicilia dove il prezzo è precipitato a 34 centesimi!
Fin dal suo primo giorno di insediamento, la Giunta ha lavorato per costruire un progetto in grado di frenare la crisi e contemporaneamente programmare il futuro del comparto ovino in Sardegna. Coerentemente con la linea e il metodo di governo di questo Esecutivo, il piano è stato portato avanti confrontandosi costantemente con tutti gli attori della filiera: associazioni di categoria, pastori, industriali, cooperative, Consorzi di tutela, banche, Sfirs. Ogni giorno veniva aggiunto un tassello finché non si è arrivati a un progetto condiviso di cui più volte si è parlato e letto sui giornali: la "stanza di compensazione". Si tratta di un meccanismo in grado di pianificare la produzione annua; gestire le eccedenze della produzione di latte ovino; lavorare insieme ai centri di ricerca per promuovere la diversificazione dei prodotti e la commercializzazione delle produzioni su nuovi mercati.
L'organismo terzo non è stato scelto a caso: esiste già (non si creano dunque nuovi soggetti e non si sprecano altri soldi pubblici per nuove fabbriche), le sue strutture sono di proprietà regionale, avrà uno statuto tutto nuovo per i nuovi compiti che dovrà portare avanti sotto la regia della Regione e sarà rinnovato nelle cariche dirigenziali. Sarà, infine, un organismo fortemente rappresentativo di tutte le componenti della filiera, pastori compresi.
La strategia della Regione si basa dunque non solo su interventi di sostegno (anche attraverso politiche di promozione del prodotto e di educazione alimentare nelle mense scolastiche e ospedaliere), ma anche su azioni strutturali per razionalizzare la domanda e l'offerta e studiare prodotti alternativi al pecorino Romano. Più volte la Giunta è stata criticata perché questo progetto sarebbe carente sul fronte dell'aggregazione dell'offerta e trascurerebbe il ruolo della cooperazione. E' però una critica infondata perché crediamo fortemente nell'aggregazione, nel fare sistema, e il progetto della stanza di compensazione nasce per favorire l'unione delle organizzazioni di produttori esistenti che oggi rappresentano forse l'anello più debole della filiera perché si agisce in ordine sparso. Proprio la stanza di compensazione dovrà divenire una vera e propria grande AOP, un'associazione di organizzazioni di produttori con compiti ben specifici. Soprattutto, un nuovo ruolo e una nuova forza commerciale: sarà creata una rete di venditori che, con le loro valigie piene di pecorino, gireranno l'Italia e il mondo con l'obiettivo di vendere il pecorino Romano e i nuovi formaggi ovini che saranno creati per diversificare la produzione e rompere finalmente una dannosa monocoltura.
Questo progetto era ancora fermo fino a pochi mesi fa, perché le componenti del tavolo tendevano ad alzare ognuna l'asticella verso l'alto: la cooperazione perché non voleva perdere l'autonomia di ogni singolo stabilimento, gli industriali perché spesso aggiustano i bilanci acquistando il formaggio sottocosto dalle cooperative e i pastori che vedono benissimo il diluvio di contributi per loro ma mai interventi per la trasformazione, seppur cooperativa. Ma dopo un anno estenuante di trattative il progetto è stato condiviso dalle associazioni di categoria nel luglio scorso e, alla fine di agosto, ha incassato il via libera all'unanimità da parte del Consorzio di tutela del pecorino romano (composto in pratica dalla totalità dei trasformatori privati e non). Oggi il piano è pronto a partire e sono già disponibili le risorse finanziarie.
La Regione, dunque, vuole essere il principale attuatore del rilancio della pastorizia. Non è però l'unico giocatore di questa difficilissima partita. Finalmente anche lo Stato e l'Unione Europea, che forse fino a poche settimane fa non avevano compreso la gravità di questa crisi, oggi sono coinvolti nel processo di salvaguardia del futuro del comparto che sta portando avanti la Sardegna, insieme anche a quelle altre Regioni dove il settore ovino è trainante nelle rispettive economie agricole.
E' però un processo irto di ostacoli e lungo. Forse troppo, perché tempo non ce n'è davvero più. La burocrazia normativa rischia di far arrivare la medicina quando il malato è ormai irrecuperabile. Anche giovedì scorso a Roma, nel corso del tavolo istituito dal Ministero delle politiche agricole, si è proceduto troppo lentamente, con risposte interlocutorie alle numerose richieste arrivate dalla Sardegna e dalle altre Regioni. Nei prossimi giorni ci riuniremo nuovamente e voglio cogliere questa occasione per lanciare un nuovo appello agli organismi ministeriali affinché capiscano la gravità del momento e si acceleri il processo per mettere in atto tutte quelle azioni in grado di salvare il settore, in Sardegna come nel resto d'Italia.
Ma un ruolo ancora più decisivo potrà averlo l'Unione Europea. A dire il vero, una speranza di interessamento alle sorti del comparto ovino da latte era stata suscitata già nel 2008. Con la Risoluzione del Parlamento europeo del 19 giugno di due anni fa, dal titolo: "Il Futuro del settore ovi-caprino in Europa", l'assemblea di Strasburgo aveva, per la prima volta, considerato il comparto una risorsa da difendere, tutelare e soprattutto sostenere attraverso diversi strumenti finanziari urgenti e con precise linee di guida programmatiche.
E' stato però un fuoco di paglia. Nonostante le indicazioni fornite dal Parlamento, la Commissione europea ha completamente abbandonato il comparto e non ha portato avanti le misure di sostegno individuate. Anche nell'attuale fase di discussione della nuova PAC (Politica agricola comune), le esigenze e le problematiche connesse al comparto non sembrano essere al centro dei temi in discussione.
Proprio in questi mesi si discuterà sul futuro dell'agricoltura in Europa e, sulle basi attuali, non ci sentiamo sufficientemente tutelati, tanto da credere che noi sardi dovremmo trascorrere molto tempo a Bruxelles per convincere Dacian Ciolos e Paolo De Castro a rivedere la posizione della Sardegna sull'uscita dall'Obiettivo 1, a riconoscere più risorse e dignità alla pastorizia e, più in generale, alle aree rurali più svantaggiate dell'Unione Europea
Signora Presidente del Consiglio, Signor Presidente della Giunta, onorevoli Consiglieri, Assessori, al termine di questa mia disamina, e nella solennità di questa Assemblea, mi sia consentito di rivolgere un appello, l'ennesimo, all'unità del mondo agricolo e soprattutto alle associazioni di categoria che lo rappresentano. In queste ultime settimane i toni si sono esasperati, gli animi, stressati da una crisi senza precedenti, hanno ceduto a polemiche su primogeniture che in questa fase così drammatica davvero non portano a nulla. Le organizzazioni agricole riconoscano ufficialmente al Movimento Pastori Sardi il merito di aver fatto tornare di moda le parole "pastore e pecora", e quest'ultimo, però, condivida con esse il contenuto delle proposte, che non devono creare false illusioni ad un popolo, quello dei pastori, che soffre e che ha bisogno di credere in qualcuno che li aiuti a risorgere per salvare la pastorizia, salvare la nostra storia, salvare la Sardegna tutta.
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione generale. Il primo iscritto a parlare è l'onorevole Lotto.
Ricordo ai consiglieri che intendono intervenire che si devono iscrivere entro la fine dell'intervento dell'onorevole Lotto, che ha a disposizione dieci minuti.
Ha domandato di parlare il consigliere Bruno. Ne ha facoltà.
BRUNO (P.D.). Chiedo una sospensione di cinque minuti.
PRESIDENTE. Poiché non vi sono opposizioni la seduta è sospesa sino alle ore 11 e 30.
(La seduta, sospesa alle ore 11 e 25, viene ripresa alle ore 11 e 34.)
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Lotto. Ne ha facoltà.
LOTTO (P.D.). Presidente, oggi si discute in quest'Aula di un tema di cui abbiamo parlato diversi mesi or sono; abbiamo detto tutti che era importante riprendere l'argomento, tutti sembravano consapevoli della gravità della situazione in cui versa il settore agricolo. Per tanti mesi abbiamo continuato a parlare d'altro, a non affrontare il problema. Basta dire che in Commissione agricoltura si è arrivati ad approvare una nuova legge sulla caccia dopo una decina di riunioni, senza mai affrontare in maniera puntuale questo argomento, che credo sia molto più importante per la nostra economia, per la nostra Regione.
Però, se vogliamo essere puntuali, comprendere la situazione, porre in essere delle scelte adeguate, dovremmo innanzitutto capire quali sono i problemi principali, quali i protagonisti, quali i ruoli di ciascuno di questi. E la cosa principale che dobbiamo capire è che in questo momento il reddito delle aziende agricole non è mai stato così basso: oggi, dappertutto, si lavora in perdita. Questo non è accettabile. Il prezzo del latte rappresenta per le aziende agropastorali la voce più consistente (anche se non bisogna mai dimenticare le altre produzioni) e il prezzo del latte oggi, in Sardegna, è molto minore di quello che viene pagato in Francia, in Spagna e in tante altre parti d'Italia.
Questo non può essere soltanto motivo di una lamentela da parte di chi ha la responsabilità della politica regionale, deve essere oggetto di attenzione e di ricerca di soluzioni. Io ho sentito parlare di produzioni troppo alte, di diversificazione produttiva che non c'è, e però ho anche chiesto all'Assessore, in Commissione agricoltura, soltanto quindici giorni fa, di procurarci dei dati, certificati, certi, sicuri, sulla reale situazione di questo settore, non sulla situazione delle aziende agropastorali, che purtroppo conosciamo bene, ma su tutto quello che c'è a valle, su cosa si è fatto affinché la materia prima che tiene in piedi l'intero settore lattiero-caseario venisse ricompensata nella giusta maniera, e tenesse conto in maniera corretta di quello che, dall'intera produzione di latte in Sardegna, si ottiene. Fino adesso si è fatto il contrario, e nessuno, nessuno, tranne la Giunta scorsa nel 2007, ha sollevato in maniera seria il problema. Noi non possiamo consentire che venga pagato il latte in Sardegna sulla base del prezzo del formaggio, che, pur essendo prodotto in quantità significative, ha comunque un valore inferiore.
Ritorno a dire: è importante che si abbiano questi dati. Io non credo che l'Assessore non li abbia, e se li ha perché non li mette a disposizione di tutti noi? Se li ha. E se non li ha perché non lavora e non ha lavorato, visto che già da un anno e mezzo gestisce questo importante settore, affinché ci fossero? Non si ha la giusta consapevolezza neanche da parte sua, secondo me, dell'esigenza di trasparenza e di conoscenza della situazione reale, e anche di togliere questa sorta di cappa e di opacità che investe questo settore. Serve a tutti i protagonisti della filiera, innanzitutto, conoscere la situazione reale, ma serve specialmente a noi, Consiglio regionale, Giunta, Assessore, per capire e decidere. A me risulta che il pecorino romano non sia prodotto nei quantitativi di cui tutti parlano. Può darsi che mi sbagli, o che sbagli chi mi dice questo, ma lo dicono dei tecnici. Noi non possiamo però ragionare sulle ipotesi, dobbiamo avere maggiore certezza per dare maggiore garanzia a chi è destinatario dei nostri provvedimenti e della nostra politica.
In questo settore, in questo quadro, i pastori, che sono i protagonisti principali dell'anello principale, sono anche, occupando circa 20 mila addetti o poco più, una parte importantissima del tessuto economico dell'isola, la parte più in difficoltà ma socialmente più importante, perché rappresentano l'ossatura delle nostre comunità della Sardegna, e rappresentano un presidio del territorio assolutamente irrinunciabile. Altro protagonista principale sono le cooperative di trasformazione, che erano un grande competitore, e che in questo momento stanno rischiando di assurgere a un ruolo di comprimario, e questo non possiamo accettarlo, così come non possiamo accettare che l'industria di trasformazione faccia il bello e il cattivo tempo, anzi, faccia anche il pessimo tempo, visto le ultime notizie che ci arrivano dalla Romania dove, di fatto, abbiamo i principali industriali sardi che fanno concorrenza al nostro sistema economico, con la benedizione del Governo italiano. Non possiamo accettarlo e non lo possono accettare i pastori, e non lo possono accettare tutti coloro che lavorano in questo importante settore.
Di protagonisti, però, ce ne sono stati diversi in questi anni: il Consorzio di tutela del pecorino romano e degli altri formaggi DOP, il Consorzio del latte e le organizzazioni dei produttori; alcuni, pur non avendo conseguito alcun risultato e avendo operato da lunghi anni, li si intende promuovere senza alcuna riflessione sui risultati ottenuti, altri, per i quali sarebbe stato opportuna un'azione di sostegno e di incoraggiamento, come l'organizzazione dei produttori, sono stati abbandonati a se stessi e hanno subito un gravissimo lavorio di demolizione che ha portato a una loro inattività.
La domanda che voglio farle, Assessore, è: ma è pensabile che noi oggi deleghiamo al consorzio latte, che è stato comunque responsabile, insieme ad altri protagonisti, in tutti questi anni, una strategia importantissima di rilancio del settore? E' pensabile che noi non lavoriamo per mettere in piedi, insieme, in Sardegna, quello che a livello europeo viene normalmente messo in piedi e incoraggiato, cioè le organizzazioni dei produttori? E' pensabile che noi paventiamo una proposta di legge, la numero 186, dove di fatto si scambia il ruolo delle organizzazioni dei produttori con quelle delle organizzazioni sindacali? Sono svarioni troppo pesanti per non essere messi in evidenza e per essere sottaciuti.
Ora, noi abbiamo necessità che la Regione svolga un ruolo importante, con le sue strutture tecniche, con la sua grossa fetta di assistenti tecnici che aiutano i pastori ad andare avanti, ma la Regione ha un'importanza fondamentale con l'azione dell'Assessore, della Giunta e del Consiglio e, in questo periodo, la politica dell'Assessore, per quanto nella sua dichiarazione abbia dato l'idea di essere stata di grande richiamo all'unità, di fatto è stata una politica che ha portato a dividere e non a coinvolgere davvero l'intero mondo dell'agricoltura.
Io ho assistito ad alcune discussioni dove di fatto si diceva: "come, non c'è qua il mondo della cooperazione?" Di fatto si è capito che il mondo della cooperazione non è quasi mai stato rappresentato nelle riunioni con gli Assessori. Eppure si è detto: "Siamo arrivati a condividere tutte le scelte che abbiamo messo in piedi". Non si può accettare che lei se la prenda col mondo intero, senza aver costruito davvero, in maniera condivisa, anche col Consiglio regionale, una politica che consentisse di affrontare questo problema. E quella che emerge in questo periodo è una situazione gravissima, e noi non possiamo contrapporci a chi ha voluto porre, all'attenzione dell'intera Regione, un problema di grandissima portata economica e sociale.
E' assolutamente necessario che ai pastori sardi e al loro movimento (e a tutti coloro che lo rappresentano) arrivi una decisione chiara, equilibrata, senza infingimenti, decisione che dimostri che la Regione sta dalla parte della produzione del latte, sta dalla parte dei pastori, sta dalla parte di chi lavora nelle campagne, sta dalla parte delle imprese agro-pastorali. E Non bastano le parole, ci vogliono fatti, ci vogliono fatti che vanno messi in campo con forza e con convinzione.
Le voglio solo fare un esempio e chiudo. Lei ha parlato tantissimo di energie rinnovabili in Sardegna, bene, lei ha deciso di dare importanza, e l'ha detto chiaramente, alle poche imprese serricole che possono fare 100, 150 investimenti, e ha ignorato 20.000 aziende che avrebbero potuto invece essere utilizzate…
PRESIDENTE. Onorevole Lotto, il tempo a sua disposizione è terminato.
E' iscritto a parlare il consigliere Mariano Contu. Ne ha facoltà.
CONTU MARIANO (P.d.L.). Signor Presidente, signori della Giunta, colleghi del Consiglio, credo che l'opportunità che abbiamo in questa mattinata sia troppo importante rispetto ai problemi del comparto del ovicaprino e del complesso della crisi che purtroppo oggi marginalizza ancora di più il mondo delle campagne sarde. Noi dovremmo trovare in questo appuntamento le energie necessarie affinché sul tema si riprenda a ragionare per la ricerca di quei momenti di incontro tra le istituzioni e il mondo delle campagne sempre più difficili, e le contingenze internazionali, la crisi del comparto, le contrapposizioni di un mondo abbastanza complesso e articolato, ha portato, spesso e volentieri, negli anni, a trovare più divergenze che convergenze.
Signor Presidente, nei giorni scorsi la Commissione agricoltura ha incontrato tutti gli attori più importanti di questo comparto; ha incontrato anche le rappresentanze del mondo dell'imprenditoria agricola con cui si è confrontati e da cui abbiamo ricevuto tutta una serie di sollecitazioni per trovare di nuovo il filo conduttore di un programma che deve farsi programmazione, deve farsi attenta riflessione, attento confronto, per trovare, tutti quanti assieme, quella spinta necessaria perché a Roma e in Europa, finalmente, comincino ad ascoltarci. Non mi pare che questa volontà si sia ancora palesata agli operatori delle campagne; ai nostre imprenditori agricoli dovremo dare più certezze.
17 mila 518 aziende che operano nel settore, con la cura di circa 3 milioni di capi: questo è un tema da affrontare seriamente. Occorre avere la certezza di quanti siano realmente gli operatori e a quanto ammonti il patrimonio ovicaprino altrimenti ci vengono a mancare i più elementari punti di riferimento. Siamo certi della volontà di questi nostri imprenditori di continuare a investire nelle loro aziende, investire con il proprio lavoro, investire con le proprie risorse, ma sappiamo benissimo che le risorse a disposizione sono sempre meno, e come di una crisi che non è iniziata oggi, o nel 2009, ma che noi abbiamo conosciuto anche nel passato.
Anche la Commissione agricoltura, nella tredicesima legislatura, ha avuto l'occasione di affrontare il problema percorrendo più o meno la stessa strada. Mi sembra però che noi siamo ancora al punto di partenza, e non di certo a un punto d'arrivo. E allora opportuno riconoscere che le misure dell'emergenza spesso non risolvono i problemi. Al ritiro dal mercato di 70.000 quintali di pecorino romano non si può semplicemente rispondere con la collocazione dello stesso prodotto nelle mense, perché in molti casi questo prodotto non è un commestibile (perché a questo assurdo potremmo arrivare), per cui dovrebbe essere collocato sul mercato in maniera diversa, indirizzato a un uso industriale, piuttosto che al consumo diretto umano.
Noi sappiamo tra i nostri prodotti qualificati come DOP, per buona parte troviamo il pecorino romano e per minima parte il pecorino sardo e il fiore sardo. Bene, la differenziazione delle produzioni forse tra le prime questioni di cui dovremmo occuparci, consapevoli che è la commercializzazione di questi prodotti passa attraverso dei capestri dovuti soprattutto alla carente cultura del marketing, non solo in questo comparto ma in tutti quelli del mondo agricolo sardo. Noi sappiamo che la più grossa difficoltà non è la produzione, ma principalmente la presentazione e la collocazione sui mercati di prodotti, per quanto siano di qualità.
Io credo che noi non possiamo ignorare il fatto che manchiamo di una programmazione sulle produzioni, manchiamo di una programmazione sulle trasformazioni, manchiamo di una programmazione sulla commercializzazione. Ecco, questi sono i punti che sono stati evidenziati nelle discussioni dei giorni scorsi, e credo che questi tre siano i punti di partenza da cui dovrebbe prendere il via la nuova azione della Regione verso questo comparto. Lo diceva poc'anzi anche l'assessore Prato: il grosso difetto che abbiamo nel comparto è un'insufficienza delle infrastrutture delle aziende, la prevalenza di aziende piccole o di ridottissime dimensioni, la frammentazione e la distribuzione nel territorio, e se è vero che questo mondo vive nelle zone marginali del territorio regionale, è altrettanto vero che a questo si accompagna un grosso deficit, ossia la scarsa disponibilità non solo di risorse finanziarie, ma soprattutto di risorse idriche sufficienti e a un costo accettabile.
Un tema, anche questo, sul quale stiamo discutendo e apriremo la discussione anche in Commissione perché, oltre all'insularità, noi paghiamo anche l'isolamento (e questo è un problema che non devo portare all'attenzione io) e all'isolamento si accompagna una carenza di risorse finanziarie che vengono meno anche per il costo dell'acqua. Allora, il costo della produzione diventa altissimo, a partire da un ricavo irrisorio rispetto alle risorse che sarebbero necessarie a mantenere vivo e vitale il processo produttivo. Infatti, problema urgentissimo - ricordo che il tema è stato portato all'attenzione del Consiglio anche nella legislatura scorsa - è ad esempio quello del costo del latte che essendo troppo basso non riesce a dare ristoro alle aziende. Questo è un altro punto critico di cui dobbiamo occuparci, ma per risolverlo dobbiamo renderci conto che occorre mettere a disposizione risorse più consistenti rispetto a quelle fino a oggi reperite per rivitalizzare le imprese, o integrare le economie aziendali con il pagamento del prezzo del latte che non trova sul mercato l'adeguato riconoscimento del suo valore. Ci è stato detto nei giorni scorsi che in Toscana e nel Lazio il prezzo riconosciuto per il latte ovino è decisamente superiore rispetto a quello che si riesce ad avere qui in Sardegna. Bene, molto probabilmente...
PRESIDENTE. Onorevole Contu, il tempo a sua disposizione è terminato.
E' iscritto a parlare il consigliere Daniele Cocco. Ne ha facoltà.
COCCO DANIELE (I.d.V.). Presidente, onorevoli colleghi, signori della Giunta, la riunione del Consiglio di oggi riveste una grandissima importanza, perché si va a discutere non di una qualsiasi crisi di settore, ma della crisi del comparto agropastorale, in particolar modo del comparto ovicaprino, e il mestiere del pastore, lo sappiamo, non è un mestiere qualsiasi: è il mestiere che da sempre ha dato connotazione e identità alla vita del popolo sardo e, soprattutto nelle zone interne, rappresenta la figura sociale preminente dentro quelle comunità. I territori ove i pastori operano e vivono versano in condizioni estremamente critiche, dietro l'angolo non si intravede più neanche la speranza.
Gli scenari sono sempre più drammatici e la crisi profonda non è stata percepita, finché il mondo delle campagne in maniera clamorosa non ha fatto sentire la sua voce insieme alla sua disperazione. Non sono state sufficienti le diverse rimostranze, i ripetuti allarmi che tramite interpellanze e mozioni sono stati presentati da questi banchi a rappresentare una situazione che non aveva bisogno di primogeniture e padrini politici, ma estrema necessità di risposte serie e concrete, al di fuori delle appartenenze politiche, degli slogan, dei luoghi comuni e della propaganda.
Oggi i pastori non hanno bisogno e non vogliono la solidarietà di nessuno, tanto meno della politica che non risolverebbe i loro problemi, ma la politica deve cogliere l'opportunità e deve fare proprio il dovere di dare soluzioni concrete e reali su delle piattaforme serie, presentate dal movimento dei pastori sardi e dalle associazioni di categoria. Oggi, e non domani, dobbiamo calendarizzare gli interventi, e la Giunta deve poter dire quello che si può fare subito e quello che si dovrà costruire in un percorso sapiente e realista. Il Presidente e la Giunta hanno dei compiti e degli obblighi istituzionali, il Consiglio anche, la maggioranza ha un ruolo e l'opposizione un altro.
La straordinarietà della crisi, che per noi è situazione ordinaria, obbliga tutti a dimenticare appartenenze e gioco delle parti. Da questi banchi ci sarà il massimo sforzo, con grandissimo senso di responsabilità, alla collaborazione per il conseguimento di un obiettivo che deve essere comune. Vogliamo che il latte non sia essere la tomba dei nostri pastori, ma la culla economica e culturale che ridia la vera identità e una nuova sicurezza sociale alle nostre comunità. Siamo grati ai pastori sardi per quello che da sempre rappresentano, ma soprattutto perché con le loro iniziative possono riaprire una grande vertenza e un serio dibattito sulla questione delle zone interne e sul superamento definitivo della divisione tra una Sardegna di serie A e una di serie B.
Chiudo facendo un appello all'Assessore. Assessore, io sono stato molto attento al suo intervento ma devo dire che non ho capito molto. Mi sembra che fra la prima parte e le conclusioni ci sia stata una grossa contraddizione. Si parla di contributi a pioggia e poi si chiede di tornare sull'Obiettivo 1. Io, ripeto, non ho capito molto. Dico e chiedo questo: il movimento dei pastori e tutte le associazioni di categoria, in maniera seria e responsabile ci hanno posto delle domande sulle quali hanno necessità immediata di risposte. Ci sono 12, 13, 14 punti. Io vorrei che dal Consiglio di oggi su questi punti arrivassero delle risposte serie, si dicesse "questo si può fare", il primo punto si può risolvere, il secondo anche, il terzo no, il quarto sì, però diamo risposte, siamo realisti, non illudiamo nessuno perché la disperazione del mondo pastorale ha solo necessità di risposte.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Planetta. Ne ha facoltà.
PLANETTA (P.S.d'Az.). Presidente, Assessore, credo che oggi non bastino dieci minuti per parlare di questo problema. Non basterebbero delle ore per parlare di fatti e di circostanze che vorrei definire grotteschi e irreali, persino vergognosi. Colleghi, credo che non porti a nulla ripetere storie, concetti, proposte che ho avuto modo di sentire miliardi di volte se poi resta tutto come o peggio di prima: la tracciabilità dei prodotti, i marchi di denominazione, le infrastrutture che mancano, i collegamenti, i trasporti, la burocrazia eccessiva, la politica di investimenti che manca! Tante parole che lasciano solo un suono vuoto, un rumore fastidioso che poi passa e a cui non corrispondono necessariamente i fatti, le azioni conseguenti e i risultati.
Allora finalmente possiamo chiamare queste cose col loro nome, proviamo a chiamare in causa le vere responsabilità e ad assumercele, ognuno per la sua parte: politica, sindacati, industriali, agricoltori, pastori. Mi rattrista dirlo ma ci troviamo di fronte a una tragedia le cui vittime, purtroppo, politica e istituzioni, hanno difeso soltanto con parole, con chiacchiere e specchietti per le allodole, dilazionando le soluzioni come fossero miraggi e non, invece, offrendo quelle risposte che con onestà tra le parti e buona volontà si sarebbero potute dare.
Faccio un piccolo esempio, quello della legge numero 44 dell'88, una storia pazzesca, vergognosa, che ha rappresentato e rappresenta una tragedia irreversibile che ha prodotto migliaia di vittime tra gli operatori delle nostre campagne, una storia di persone ridotte sul lastrico che hanno perso l'azienda, hanno perso la casa, si sono imbarcate in improbabili battaglie legali dall'esito scontato e addomesticato, e davanti a queste vittime ancora non appare nessun colpevole, benché a monte di tutto vi fosse la clamorosa inadempienza della Regione, che non notificò preventivamente la sua decisione alla Commissione europea come previsto dal Regolamento CE. Invece incredibilmente, dopo più di vent'anni dall'approvazione di questa legge, a pagare le conseguenze gravissime della sua illegittimità sono state solo ed esclusivamente le aziende agricole sarde.
E' vero che per quanto riguarda la richiesta di ristrutturazione del debito delle aziende agricole, riguardante le aziende coinvolte in questa legge, siamo pervenuti in questa legislatura alla stipula di un apposito protocollo che ha visto i consorzi fidi a fornire garanzie a prima richiesta e poi le banche acconsentire alla ristrutturazione del debito e alla sua proroga e ha permesso di ridurre le garanzie patrimoniali fornite dalle imprese. E' vero anche tanto altro. E' vero che, debbo dire, una parte della proposta proveniente da questo settore agropastorale è condivisibile, le proposte sono suscettibili di un accurato approfondimento ed è vero che è necessario assicurare un regime di piena concorrenza all'interno del mercato del latte e del formaggio e quindi la necessità della valutazione del mercato del latte ovino in Sardegna con un osservatorio regionale sulla concorrenza che non è stato ancora attuato.
E' vero tutto questo, però ci portiamo dietro una crisi piena e totale del settore agropastorale. Migliaia di famiglie disperate sul lastrico, centinaia di aziende e terreni venduti all'asta agli speculatori di turno, mentre alcuni istituti di credito continuano a percepire semestralmente il concorso degli interessi da parte della Regione benché i mutui non siano ancora stati revocati. E le aste continuano ancora oggi mentre Regione e Governi di qualsiasi colore continuavano a dare risposte inconcludenti.
Lo voglio dire con chiarezza, vogliamo che la discussione di oggi abbia un senso, dobbiamo guardare alle effettive responsabilità che hanno consentito agli sciacalli e agli strozzini di lucrare indebitamente alle spalle di agricoltori e pastori e di mandare tutta la Sardegna all'asta. Mi riferisco anche a chi, nell'ambito della pubblica amministrazione e del pubblico servizio, ha negligentemente operato determinando di fatto questo disastro e non ha - a vari livelli e con tutta evidenza - adempiuto al proprio dovere. Ecco, già da gennaio di quest'anno, noi come Gruppo, abbiamo proposto un'interrogazione in tal senso. Vorrei approfittare di questa occasione per sollecitare una risposta.
Ma poi oggi, sempre entro questi dieci minuti dati dal Regolamento, dobbiamo parlare anche di come agire sul prezzo del latte, che per alcuni pare essere la diretta conseguenza di errori esclusivi dei pastori (e qualche possibilità l'ho accennata poc'anzi), ma di chi sono le responsabilità vere di non aver saputo dare delle strategie, di non avere avuto le capacità di leggere il mercato, di adattarsi alla soluzione più facile contando in caso di crisi solo sulla protesta dei pastori? Io credo che il problema sia nato negli anni '80-'90 con i contributi FEOGA, che hanno spinto quasi tutta la produzione verso il pecorino romano, e perciò credo che anche gli industriali debbano fare il loro mestiere, che consiste anche nel marketing, nella ricerca e nello sviluppo, senza addormentarsi su successi effimeri e rendite di posizione.
L'attuale crisi del pecorino romano - e non credo di sbagliarmi - non è più da annoverare tra le crisi cicliche conosciute. Purtroppo, a me pare, ha tutte le caratteristiche di una crisi strutturale: è a questa crisi che bisogna porre rimedio, ognuno per la sua parte. Ma insomma, io chiedo agli industriali se essi ritengano, in coscienza, che 60 centesimi offerti per litro di latte siano il prezzo giusto da pagare ai pastori, il prezzo massimo che in questo particolare momento essi possano offrire senza rischiare il fallimento, e chiedo agli allevatori se davvero ritengono percorribile e strutturalmente risolutiva la proposta di farsi erogare 40 milioni di euro di cui 20 a perdere per risolvere la crisi disponendo un aiuto all'export dei nostri formaggi.
Chiedo ancora a tutti noi - e in particolare a lei, Assessore - cosa impedisce al Governo nazionale (in cui i suonatori cambiano ma la musica per la Sardegna è sempre e continua a essere da secoli la stessa) di trovare i soldi anche per nostri pastori, come ha già fatto in maniera quasi rocambolesca per gli "splafonatori" di mestiere del latte vaccino, e come pure ha fatto l'Unione Europea, questa volta legittimamente, che è riuscita a trovare risorse straordinarie per tutti gli allevatori di bovini da latte approvando deroghe e correggendo regolamenti? Ebbene, Assessore, cosa ci vuole? Cosa ci vuole perché si faccia altrettanto con gli allevatori di ovini rileggendo, per esempio, la risoluzione approvata dal Parlamento europeo il 19 giugno del 2008?
Io credo che sia a tutti ormai evidente che il vero e grosso problema della filiera sia determinato per una parte significativa dalle lacune manageriali sia dei pastori sia dei trasformatori del latte. Dico questo con grande convinzione e con spirito costruttivo richiamando per prime, come ho già detto, le responsabilità della politica e della pubblica amministrazione. Sarà dunque necessario lavorare ad una nuova classe manageriale che, appunto, strutturi queste fondamentali realtà economiche secondo logiche e funzioni aziendali, con la creazione di unità (siano esse di pastori o industriali caseari) che operino su marketing e comunicazione, su ricerca e sviluppo.
Sarà anche necessario, se non indispensabile, lavorare e ricostruire un rapporto di lavoro e di confronto con il settore, mediato però da una rinnovata rappresentanza sindacale che oggi molto spesso, fatta salva qualche eccezione, non si pone quale controparte reale del Governo regionale e con il quale pare invece essere, soprattutto di questi tempi, più impegnata ad andare d'accordo, a prendersi persino la briga, come c'è capitato di assistere molte volte, di soccorrere l'Assessore dell'agricoltura magari in cambio di piccole e ristrette rendite di posizione...
PRESIDENTE. Onorevole Planetta, il tempo a sua disposizione è terminato.
E' iscritto a parlare il consigliere Cuccu. Ne ha facoltà.
CUCCU (P.D.). Presidente, signor Presidente della Giunta, colleghi, Assessori, la vertenza del latte ovino e la mobilitazione dei pastori, delle associazioni, non è che la punta dell'iceberg di uno stato di crisi molto più ampio che riguarda l'intero comparto agricolo. Questa Giunta, questo Assessore, questa maggioranza sono incapaci di affrontare la realtà, di aggredire la crisi. Non si avverte nessuna sensibilità sua Assessore né della Giunta rispetto al grido d'allarme che arriva dalle campagne.
La crisi che attanaglia il comparto ovino è comune a tutti gli altri comparti dell'agricoltura isolana, se pensiamo a cosa sta avvenendo con i cereali: 13 euro per un quintale di grano; e poi il comparto orticolo, il vitivinicolo (si prospetta una vendemmia disastrosa almeno nella quantità). Ma è una crisi che riguarda l'intero settore primario in tutto il mondo; c'è una perdita di competitività e di qualsiasi requisito che rende settore economico il settore primario. Negli anni la ricchezza è passata dal settore primario al settore secondario e terziario.
Quanto costava 10 anni fa un quintale di concime e uno di mangime e quanto costano oggi? E quanto viene pagato oggi un litro di latte o un quintale di grano? Quando il grano si portava al forno, per ogni quintale veniva corrisposto un quintale di pane; stiamo parlando di 30-40 anni fa. Se oggi i rapporti sono invertiti vuol dire che i margini di guadagno sono passati dalle campagne alla trasformazione e al commercio. E il nostro Assessore che cosa fa? Fa spallucce, inizia dicendo che nessuno può sentirsi innocente, attacca il Consiglio su un emendamento di una proposta risibile rispetto a quello che si aspetta il mondo delle campagne e fa un'autodifesa: tutti colpevoli eccetto l'assessore Prato. Un'autodifesa allucinante, colleghi, di fronte alla drammaticità della crisi.
Capisco il momento politico che vive la Giunta, che vive anche l'assessore Prato, ma la Sardegna non merita questo. Bisogna dire basta alle ipocrisie, Assessore. Lei, a proposito dei francesi, dice che si difendono i furbi, ma cosa dice l'Assessore della Lega al quale pare lei sia molto vicino e che difende invece gli splafonatori di professione, come li ha definiti Planetta? Planetta l'ha richiamata in quella direzione. Basta con l'ipocrisia Assessore! Il mondo delle campagne non merita la sua relazione burocratica e scolastica; sono necessari interventi decisi signor Assessore, interventi per aggredire la crisi che affrontino la contingenza, interventi strategici e di prospettiva, il mondo delle campagne chiede a lei delle risposte, delle proposte.
Quali idee mette in campo per favorire il miglioramento delle condizioni per l'accesso al credito, per esempio? Quali interventi legati alla comunicazione, alla promozione delle vendite e all'informazione dei consumatori sulla peculiarità dei formaggi pecorini Dop della nostra Isola, aldilà delle proposte suggestive da piazzista degli agenti che girano con le valigie piene di formaggio? Ci vogliono proposte concrete, Assessore, i sardi vogliono che lei dia attuazione alle leggi che ci sono. Per esempio, che si dia attuazione, finalmente, a quella sulla promozione dei prodotti agricoli, approvata quest'anno. Che fine ha fatto quella legge, dove l'ha accantonata? Quella è una legge che promuove i prodotti agricoli, e lei se n'è fatto padrone: è stata approvata da questo Consiglio, ma non viene attuata. Oppure quella sui consorzi di bonifica, che garantisce un prezzo equo dell'acqua. Perché nemmeno questa viene attuata? Allo stesso tempo c'è una delibera "oscurata".
Non sappiamo, infatti, cosa voglia fare in merito all'indizione delle elezioni o alla sostituzione dei commissari. Perché è oscurata questa delibera? Dia attuazione alle leggi Assessore, il mondo delle campagne, e i pastori in particolare, si aspettano da lei una posizione chiara e non reticente nei confronti della trasformazione, nei confronti degli industriali. Ci dica chiaramente se è d'accordo con noi sul fatto che il rischio d'impresa debba essere ripartito tra gli industriali e gli allevatori. Oggi non è così, il prezzo del latte è determinato dal prezzo del formaggio che gli industriali riescono a spuntare sul mercato con dinamiche che sono ribaltate rispetto a tutti gli altri settor,i come se il prezzo del petrolio fosse determinato dal prezzo della benzina, tutti quanti noi che andiamo a fare il pieno sappiamo che non è così, è il prezzo del petrolio che detta il prezzo della benzina, e non il contrario.
I pastori vogliono che lei dica parole chiare agli industriali, il prezzo del latte deve essere determinato sulla base dei prezzi di mercato di tutti i formaggi, del latte ovino e non solo del pecorino romano ma anche da un sistema di calcolo che tenga conto dei costi di produzione. Cosa che oggi non avviene. Deve dire chiaramente da che parte si schiera. E' necessario che la Giunta intervenga con misure che supportino la presenza del formaggio sul mercato ma anche qui con misure serie, non con proclami. E' necessario, in buona sostanza, ascoltare il grido d'allarme che arriva dalle campagne, non basta invocare ascolto a Roma o in Europa come invoca l'onorevole Contu, è necessario anche che a Cagliari ci sia qualcuno che ascolti e non si autodifenda.
Assessore Prato, lei in questi 18 mesi ha fallito nel suo mandato, non può andare a cercare responsabili, lei c'è 18 mesi qua, non abbiamo traccia di una politica, di un'idea, di un progetto per il mondo delle campagne. La sua stessa maggioranza la sta richiamando, la sua stessa maggioranza sta dicendo che lei non può stare lì, lo sta dicendo il presidente Cappellacci, lo stanno dicendo tutti i Gruppi di questo Consiglio regionale. Lei ha fallito nel suo mandato, per il bene dell'agricoltura sarda lasci questo ingrato compito ad altri.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Rassu. Ne ha facoltà.
RASSU (P.d.L.). Concordo con il collega Planetta quando dice che è impossibile condensare in 10 minuti un intervento su una problematica complessa come quella che stiamo affrontando oggi. Io sono nel Consiglio regionale da 12 anni, ed è la prima volta che in quest'Aula si dedica una sessione ai problemi dell'agricoltura e dell'allevamento, sarebbe opportuno farlo anche per la politica sul credito, e anche per l'industria. Ad ogni modo ben venga questo momento, che è arrivato grazie ai movimenti e agli scioperi che le associazioni di categoria e il movimento pastori sardi hanno portato sino a Cagliari e sino a Roma.
Continuate, non dovete e non dobbiamo fermarci, per essere chiari. L'obiettivo da raggiungere è uno: individuare un prezzo equilibrato per il latte. E' inutile girarci intorno:ad oggi ancora non esiste una strategia che consenta di far questo, e io spero che ora si possa trovare. Un litro di latte oggi costa in Sardegna 0,70-0,72 centesimi, il prezzo di vendita è 0,56-0,60 centesimi. Per ogni litro di latte, praticamente, il pastore perde 0,15 centesimi. Io dico pastore nel senso nobile della parola, per essere chiari. Il costo di produzione in Sardegna è del 30 per cento superiore al costo di produzione che affronta lo stesso pastore sardo nel Lazio o in Toscana.
Il prezzo del latte conferito al pastore sardo nel Lazio e in Toscana è pari a un euro, spuntano anche 1,10. Ecco dove è il vulnus: a fronte di un costo di produzione che in Sardegna è il 30 per cento superiore a quello che affronta il pastore sardo nel Lazio e in Toscana il prezzo del latte è di circa la metà. Tutto ciò è dovuto alla mancanza di infrastrutture e continuità territoriale, alla condizione di insularità, al costo del danaro, al costo dell'energia e quant'altro. E allora, questo è proprio un discorso spicciolo: in questo momento dobbiamo accertare se esista o meno in Sardegna un cartello fatto dagli industriali che condizioni il prezzo del latte perché, ha detto bene Cuccu, è impossibile, il prezzo della materia prima è determinato dall'incontro tra la domanda e l'offerta, non può essere determinato dal prezzo del prodotto finito: così si è ribaltata una regola importantissima del mercato. Su questo dobbiamo misurarci e bisogna approfondire il problema, trovare le cause e intervenire.
E' necessario quindi intervenire sui fattori della produzione, sui fattori che concorrono alla formazione del prezzo - l'ho detto varie volte in quest'Aula - affinché venga equilibrato il costo di produzione. Se l'allevatore continentale per fare 100 metri parte da questo traguardo, e l'allevatore sardo parte 30 metri dopo, non potrà arrivare mai al traguardo dei 100 metri assieme al suo collega del continente. E' indispensabile intervenire anche con l'Unione Europea e con il Governo italiano, soprattutto pensare a trovare la formula da presentare, quindi la strategia, affinché venga in qualche maniera abbattuto questo gap negativo, che condiziona pesantemente tutta l'economia isolana. E non illudiamoci, guardate che sull'economia agropastorale, agricola in genere, si basa la sopravvivenza economica dell'Isola.
Sappiamo in che difficoltà si trovi l'industria in questo momento, e tutto l'indotto. La cultura agropastorale, l'economia agropastorale è un'economia identitaria. I nostri centri dell'interno, se vanno via i pastori, non possono assolutamente sopravvivere. E allora è necessario, come diceva qualcuno, pensare seriamente a questo problema, è necessario intervenire. Quali possono essere gli interventi? Innanzitutto occorre trovare uno strumento che possa intervenire sulla ristrutturazione finanziaria e sul consolidamento dei debiti che pastori e agricoltori hanno con le banche. E i metodi ci sono, il modo c'è! Il modo, senza turbare il mercato, esiste.
Io ho presentato una legge, all'inizio della legislatura, che ancora dorme. Questa legge non è stata mai sta discussa, possono essere presentate altre leggi, e comunque sia è necessario intervenire su questo, perché oggi le nostre aziende sono in mano alle banche, tutto il sistema agropastorale sardo è in mano alle banche. E non vado a indagare sugli anni scorsi, per scoprire se ci sia stato anatocismo, che sicuramente c'è stato. E' indispensabile ricontrattare il rapporto con l'Unione Europea, sono rapporti stabiliti cinquant'anni fa, quando si stabilirono determinate linee di sviluppo che niente avevano a che fare con la nostra economia. Oggi sono cambiati i tempi, noi non possiamo permettere che l'economia sarda venga affossata, perché di questo stiamo parlando, della sopravvivenza dell'intera economia isolana.
Ma bisogna pur presentare delle soluzioni, è necessario da subito rivedere alcuni interventi nel PSR regionale, su determinati assi, parlo in pratica dell'asse 3 specificamente, equilibrando gli sforzi, andando a investire, a dare incentivi non a pioggia, bensì identificando dei veri e propri distretti di intervento agricolo: laddove è necessario intervenire sull'agricoltura intensiva si dovrà incentivare l'agricoltura intensiva, laddove è necessario intervenire sul mondo pastorale si dovrà incentivare l'economia pastorale, e così via. Quindi promuovere una vera e propria strategia, una strategia che per il futuro possa, nel medio termine, dare uno sbocco all'economia agropastorale.
Io, come al solito, ho preparato sempre degli appunti che poi non riesco mai a leggere. Faccio un esempio per tutti. Noi consumiamo in Sardegna qualcosa come 3 milioni di quintali di mangime, importiamo 100 mila quintali di formaggio fresco, produciamo una quantità di formaggio e derivati tali che non soddisfano il 50 percento del nostro fabbisogno. Di questo non ha mai parlato nessuno. E allora, dico io, vuol dire che la domanda latente è fortissima, quindi come mai non riusciamo a spuntare un prezzo di una materia prima che riesca a sopperire più del il 50 percento della domanda che c'è in Sardegna?
Noi importiamo il 50 percento di quello di cui abbiamo bisogno: importiamo oltre 100 quintali di olio, importiamo il 75 percento della frutta, della carne che ci serve, dei cereali. In questi anni abbiamo perso il 25-30 percento delle aziende agricole. Il prezzo del grano in Sardegna è 13 euro, in continente è 24-25 euro. Vogliamo analizzare questi fenomeni? Vogliamo vedere quali sono le cause? Vogliamo scoprire quali possono essere le soluzioni possibili, i progetti da studiare, da mandare avanti, tutti assieme nella filiera, a partire dal produttore, per arrivare all'industriale, alle cooperative, alla Regione e alle istituzioni?
E' il momento di essere uniti e non di dividersi, è il momento di essere tutti uniti, affinché ognuno possa dare il proprio contributo, dalla politica al più piccolo allevatore. Non stiamo salvando un settore, stiamo salvando l'intera economia sarda. E' necessario soffermarci su questo, senza voltarci dall'altra parte. Le responsabilità le conosciamo tutti, abbiamo tutti responsabilità, tutti, ma è urgente intervenire in questo momento, per far sì che il nostro allevatore possa avere una retribuzione sul prezzo del latte, se non altro pari a quella che ha in continente lo stesso pastore che ha 300 pecore.
Con 300 pecore prima si mandavano a studiare i figli all'università, oggi 300 pecore non riescono a sfamare l'allevatore, perché il reddito di 300 pecore non basta a pagare le spese aziendali. I costi di 300 pecore sono 25 mila euro, i ricavi sono pari a 31 mila euro, senza contare la retribuzione del pastore, gli interessi bancari, e quant'altro. Come si fa a sopravvivere? Ecco dove bisogna studiare, senza perderci in chiacchiere, senza perderci in spot pubblicitari è necessario sbattere…
PRESIDENTE. Il tempo a sua disposizione è terminato. E' iscritto a parlare il consigliere Sabatini. Ne ha facoltà.
SABATINI (P.D.). Presidente, nell'ultima seduta di Consiglio, ci siamo occupati della vertenza sulle entrate, un tema importante e, abbiamo visto, non di facile soluzione. Credo che il tema di oggi, la crisi del settore ovino-caprino, sia un problema di altrettanta difficoltà, di altrettanta complessità, in cui si intrecciano diverse questioni, e senz'altro non è facile trovare le soluzioni, perché da tempo ci occupiamo di questo tema.
Lei, Assessore, ci dice: "E'necessario affrontare il tema con ponderatezza, non cavalcando la protesta". Io credo però che la protesta non possa essere snobbata, non possa non essere tenuta in considerazione, ed è per questo che mi indigno innanzitutto davanti a documenti ufficiali della Regione autonoma della Sardegna, che ho stampato dal sito, e che chiunque può stampare, in cui lei esprime la posizione della Regione sugli argomenti sollevati dal Movimento pastori sardi, e usa una terminologia che non ritengo adeguata, che offende tutti noi, offende l'istituzione che lei rappresenta: "senza che Felice il demagogo muovesse un dito", "quando Felice il demagogo non era ancora in letargo", "Felice il demagogo dormiva". Queste non sono espressioni di chi ascolta, io so che non è vero quanto lei afferma. Molte associazioni di categoria non sono state coinvolte, non sono state ascoltate.
Allora bisogna incominciare ad ascoltare, perché c'è un merito delle associazioni di categoria, del movimento pastori, quello di aver sollevato la questione, anche attraverso l'opinione pubblica, a livello nazionale, e aver posto un problema, la difficoltà delle aziende agricole, la difficoltà delle famiglie in questo momento. Io sabato ho preso la macchina e sono andato in giro per il mio territorio, in Ogliastra, e ho incontrato diversi pastori, ho concluso un incontro al caseificio di Tertenia, e le assicuro che in questi ultimi mesi la situazione è drammatica, per i pastori e per le loro famiglie. Dunque, a loro innanzitutto dobbiamo dare una risposta.
Io credo che dobbiamo scindere le tipologie degli interventi: ci sono degli interventi da attuare nell'immediato e ci sono degli interventi che sono strutturali, che vanno affrontati e che sono stati affrontati. Allora vorrei partire da quelli strutturali. Il primo punto: l'opacità del mercato, oggi non abbiamo a disposizione dei dati chiari. Io nella scorsa legislatura ho seguito con molta attenzione, questo problema e mi ero illuso che si fosse arrivati a un punto importante, si fosse fatto un passo avanti. Si firmò un accordo, fu un accordo storico che portava le firme dei produttori, dei trasformatori e anche di chi commercializzava il latte.
In quell'accordo vi era un punto fondamentale con cui finalmente si monitorava il mercato, si monitoravano le produzioni, si monitoravano i costi di produzione, i costi di trasformazione, i costi di commercializzazione. Si aveva la possibilità di avere dei dati certi sulle giacenze e sulle vendite, cosa che oggi non c'è. Quell'accordo purtroppo fu tradito da una parte della filiera, e sappiamo bene da chi fu tradito! Allora, c'è uno studio dell'Università di Sassari - che ho letto qualche giorno fa - in cui si afferma chiaramente che scompaiono, a un certo punto nella filiera, importanti risorse tra la trasformazione e la commercializzazione, sono delle risorse che dovrebbero andare ai produttori e che invece intascano altre parti della filiera. Vuol dire che la parte più debole si vede scippare delle risorse che potrebbero invece andare ad aumentare quei 60 centesimi per cui viene valutato e pagato il latte nelle campagne.
E' chiaro che esiste quindi la necessità di organizzare, non attraverso il Consorzio del pecorino romano, che non ha certamente garantito quel lavoro di monitoraggio della filiera, ma attraverso un organismo nuovo. E' stato ricordato da chi mi ha preceduto che esiste una legge, approvata in questa legislatura, che prevede un monitoraggio, un'entità che svolga questo compito. Si tratterebbe solo di attualizzarla, non credo che il Consorzio del pecorino romano possa garantire il monitoraggio e la trasparenza del mercato.
Il secondo punto: l'organizzazione del mercato. E' vero, noi non abbiamo - diceva Rassu - saturato, importiamo altri formaggi senza consumare il prodotto sardo ma è anche vero - lo sappiamo tutti - che anche se riuscissimo a saturare il mercato in Sardegna con tutto il prodotto sardo potremo consumare solo un terzo di quello prodotto. Due terzi dobbiamo esportarli per forza di cose, a meno che non decidiamo di far chiudere alcune aziende agricole, un terzo circa. Quindi, dobbiamo impegnarci a commercializzare e a esportare, dato che esportiamo soprattutto pecorino romano, che costituisce il 44 per cento del volume della produzione, e siccome non esiste nel mercato una crisi del pecorino sardo è il pecorino romano a essere in crisi, crisi causata dal raddoppio delle produzioni da parte della Grecia e della Spagna, da una diminuzione della richiesta di questo prodotto da parte degli Stati Uniti d'America, della crisi economica. E' chiaro allora che è necessario rafforzare la commercializzazione. E come si rafforza la commercializzazione? C'è un percorso avviato, importante, su cui si è studiato, si è messo a punto un percorso il cui punto d'arrivo erano le O.P., le organizzazione dei produttori, che lei oggi richiama, ma che in 18 mesi sono state totalmente ignorate. Non s'è lavorato per l'organizzazione dei produttori, per la costituzione dell'organizzazione dei produttori, per la valorizzazione e per il finanziamento. Non riesco a spiegarmi, ad esempio, come mai non siano stati fatti bandi come in altre regioni sui progetti integrati di filiera, che erano uno strumento per finanziare quegli organismi che sono fondamentali per avviare e rafforzare la commercializzazione, perché noi certo dobbiamo imparare a vendere il nostro prodotto, perché è un prodotto di valore, apprezzato ma venduto male. Questo è l'unico strumento che abbiamo, che conosciamo e che è stato appurato anche da studi scientifici: le organizzazioni dei produttori.
Ci sono poi degli interventi nell'immediato, come dicevo prima. Bisogna aprire anche a proposito di questo una vertenza con lo Stato, sperando che anche questa non vada a finire come altre che questa Giunta ha affrontato. Bisogna chiedere lo stato di crisi perché attraverso lo stato di crisi il Ministero, attraverso la Gea, acquisti le giacenze che sono presenti nei nostri caseifici. Questo è il primo tema. Bisognava liberarci da una giacenza che sta opprimendo il nostro mercato.
Il secondo: si intervenga sul credito, è stato già detto. Esiste un fondo costituito presso la Sfirs, un fondo di garanzia - mi pare di ricordare di 238 milioni di euro - lo si utilizzi! Ma lo si utilizzi in modo efficace, in modo accessibile, semplice, celere! Si attivino strumenti che siano utilizzabili dalle aziende, fino ad ora quel fondo è rimasto perlopiù inutilizzato, fermo, un fondo bloccato.
Il terzo punto sta nel valutare l'ipotesi di una moratoria per i contributi previdenziali. E' stato fatto in altri tempi, può essere fatto anche oggi e non si capisce perché non ci si attivi in questo senso. Insomma il problema è serio, riguarda l'intera comunità sarda, è un tema fondamentale per l'economia della nostra Sardegna, non serve l'ironia, è controproducente sottovalutare una contestazione che mette in luce una difficoltà reale a cui bisogna, Assessore, dare risposte serie e concrete che lei in questo momento non sta dando.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Maninchedda. Ne ha facoltà.
MANINCHEDDA (P.S.d'Az.). Presidente, Onorevoli colleghi, io credo che oggi noi dobbiamo aver chiaro qual è il compito cui siamo chiamati. Secondo me questo compito è capire come aumentare rapidamente il reddito di chi sta in campagna con misure non assistenziali e farlo modificando strutturalmente il nostro settore agro-pastorale. Si tratta di fare veramente riforme, perché chi è riformista non fa pagare i costi delle riforme alle persone più svantaggiate. E credo anche che lo stile con cui dovremmo parlare di questi argomenti debba essere quello di chi sente propria la responsabilità di queste scelte, cioè noi consiglieri regionali non possiamo parlare in terza persona, "si dovrebbe", quasi dovesse farlo qualcun altro, perché chi ci sta dietro dice: "Voi dovete!".
Quindi il tema di oggi è: che cosa facciamo per il reddito di chi sta in campagna. Questo impone a me di lasciar perdere gli appelli ad ardimentose guerre contro la Francia e contro le multinazionali e anche di lasciar perdere le pagelle date al Consiglio regionale rispetto ad altri organi istituzionali, Consiglio regionale che è stato l'unico, dopo 48 anni di autonomia, a varare, con l'articolo 8 della legge numero 1, l'osservatorio della concorrenza che non è stato attivato. Siccome dobbiamo parlare di cose concrete io non parlo di questo, ma di cosa si dovrebbe fare subito.
Primo punto: noi pensiamo che i vantaggi oggettivi che potrebbero venire dalla gestione delle energie rinnovabili debbano essere socializzati e vogliamo che le imprese agricole possano farsi impianti da 200 kilowatt semplicemente con la Dichiarazione di inizio attività. Lo vogliamo, lo pretendiamo, faremo una battaglia in tutte le sedi perché questo si realizzi. Aggiungeremo nella prossima finanziaria la possibilità di strumenti finanziari perché gli investimenti siano in questo senso agevolati.
Secondo: noi pensiamo che oggi, come tutti sapete, abbiamo troppo latte in circolazione. Bene, come possiamo ridurre la produzione di latte e aumentare il reddito delle campagne? Questo è il problema. Come fare? L'energia è certamente una prima integrazione. Possiamo incidere sui costi, tra i costi c'è l'indebitamento: questo Consiglio regionale ha già affrontato un tema di questo tipo con le cooperative ex legge numero 28 del 1984 e abbiamo vinto la battaglia con le banche. La stessa cosa possiamo fare con le imprese agricole, a patto che si abbia la pazienza che si è avuta con le imprese ex legge 28, la pazienza di stare giorni a lavorare su questi temi, giorni e giorni perché c'è bisogno di scendere nel dettaglio.
Ancora, possiamo lavorare anche sugli aspetti previdenziali, in questo senso, non vi è alcuna difficoltà. Ma ci sono cose che vengono dette in questi giorni che non incidono minimamente sul vantaggio alle imprese, perché, guardate, so quello che dico, l'acquisto di formaggio pecorino da destinare agli indigenti, l'acquisto di formaggio pecorino da destinare ai Paesi in via di sviluppo, le restituzioni all'export, ammasso privato e premi di stagionatura, tutte queste misure forse sono ristori temporanei, che abbiamo già visto, però non porteranno un centesimo ai produttori. Se diciamo "questo serve nella contingenza", che lo si dica, ma dirlo e poi prendersela con gli industriali equivale a prendere per scemi chi ci ascolta! Queste misure sono urgenti perché è la congiuntura? Però si sappia che sono per la congiuntura, non sono per i produttori! Per cui, se si chiede il consenso a noi su questi temi, si deve sapere che noi sappiamo che cosa si vuol fare, e che quelle sono risorse che risolvono un problema del mercato ma non è una soluzione che porta!
E ancora, sulle soluzioni che vengono messe in campo, leggo che si vuol fare l'anticipazione dei pagamenti comunitari del primo pilastro della PAC (purtroppo uno va a vedersele nel dettaglio le cose): le domande scadevano il 15 di maggio, si arriva ad agosto e alcuni Centri di assistenza agricola hanno validato le domande, ma la verità è che ancora ci stanno lavorando. I tempi di legge dei pagamenti sarebbero dal 1° gennaio a maggio: anticipare? Diciamolo chiaro, sarebbe già molto se pagassero in tempo!
Ancora, ripristino della fiscalizzazione degli oneri previdenziali per le zone montane: d'accordo, scadeva il primo agosto, lo chiedono tutti, chiediamo la proroga, facciamolo, ma non è decisivo, non è uno strumento decisivo!
Garanzie alle imprese per consentire l'accesso al credito. Questa è una misura interessante, perché se noi nella finanziaria 2011 mettessimo, non molto, 1 milione e mezzo, 2 milioni di euro, sul 2010 e sul 2011, gli agricoltori che hanno già ottenuto l'approvazione della domanda di finanziamento potrebbero attivare la fideiussione a carico della Regione in modo da avere a disposizione in tempi brevi le risorse. Quindi, la finanziaria sta per arrivare e questa è una misura che noi potremmo mettere in campo e potrebbe sortire anche qualche risultato.
Vado veloce, e vado veloce su questa questione degli incrementi degli aiuti dell'articolo 68 del regolamento 73/2009. Tralascio un fatto, che forse non si è considerato bene, si è fatto riferimento a una misura che riguarda il latte bovino e non il latte ovino, ma lasciamo da parte questa che potrebbe essere una grande svista. La norma prevedeva che le osservazioni a questo regolamento scadessero il 1° agosto del 2010: noi ci stiamo accorgendo che non possiamo intervenire su questo regolamento a settembre. Cosa fare in questo regolamento? Facciamo in modo di fare delle cose che non incentivino la produzione di latte ma aumentino il reddito dei lavoratori: aumentiamo le misure dei pagamenti accoppiati in zone vulnerabili; aumentiamo il valore dei titoli per evitare l'abbandono; le assicurazioni sui pagamenti annuali, sono le lettere b), c), d) ed e) di questo regolamento. Lavoriamo su questo piuttosto che su altro.
E ancora, noi abbiamo uno strumento che è la lettera c) dell'articolo 4 del decreto 29 luglio 2009, "sostegno specifico per il miglioramento della qualità della carni ovicaprine", ove si prevede un premio di un certo tipo. Allora, proviamo a mettere risorse sul 3 e sul 4, cioè sul sostegno alla produzione e commercializzazione di agnelli e capretti che aderiscono ai sistemi di qualità, e li portiamo da 15 a 20 euro (è possibile farlo); aumentiamo il premio per capi allevati in sistemi a bassa intensità, cioè le zone da cui provengo io, attualmente è 10 euro, se lo portassimo 15 euro avremmo un risultato.
Queste misure non sono assistenziali. Se leghiamo l'energia ad una rimodulazione dei nostri interventi che portino ad un aumento del reddito, e poi lavoriamo bene per ridurre il numero degli animali e la quantità del latte prodotto, aumentando il reddito dei pastori, noi facciamo una riforma senza farla pagare ai deboli, se invece oggi noi parliamo dell'universo mondo, ma poi il risultato sarà che svuotiamo i magazzini, il prossimo Presidente della Regione si ritroverà nuovamente qui a parlare di prezzo del latte, e noi faremo il convegno, non da legislatori ma da professori universitari, sulla situazione del mercato, fotografandolo benissimo ma non risolvendo il problema.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Antonio Solinas. Ne ha facoltà.
SOLINAS ANTONIO (P.D.). Presidente, sette mesi fa, il 24 di febbraio di quest'anno, mi lamentavo all'inizio del mio intervento perché trascorsero sette mesi per poter discutere una mozione presentata da tutto il centrosinistra, e iniziavo e il mio intervento dicendo - leggo testualmente - "mi auguro solo di non dover ridiscutere di un settore così importante dell'economia sarda fra sette mesi".
Purtroppo sono passati esattamente sette mesi da quel momento, e purtroppo questi sette mesi sono passati con una situazione che è venuta progressivamente aggravandosi, e in un settore come quello agropastorale che è sempre più diviso, sempre più complicato, sempre più difficile da gestire; mai però come in questo momento le divisioni sono state così profonde. Alla politica da sempre compete il compito di fare sintesi, di cercare di avvicinare il più possibile posizioni spesso anche contrastanti, ma in questi 18 mesi il ruolo politico svolto dall'Assessore dell'agricoltura è stato quello di acuire le divisioni, schierandosi apertamente più con gli industriali che non con il mondo agricolo.
E' vero, assessore Prato, nessuno è innocente in questa situazione, ma lei è sicuramente quello che porta addosso le responsabilità maggiori: la crisi andava e va gestita in modo completamente diverso; politicamente, me lo consenta, è stato un totale fallimento. La manifestazione organizzata a Roma per discutere con il ministro Galan è stata completamente ignorata, sia dal Ministro sia dagli altri componenti del Governo nazionale. E i successivi incontri sono stati, per sua ammissione, altrettanto fallimentari; l'unico incontro che siete riusciti ad avere con il Ministro è al meeting di Rimini dove avete partecipato non so in che forma.
L'atteggiamento avuto da parte sua nei confronti del Movimento dei pastori sardi ne è un'ulteriore conferma: lei oggi parla di unità, parla di richiesta di manifestazioni di piazza del popolo sardo, quando l'unica cosa che ha saputo dire al movimento nato dalla situazione drammatica che vive oggi il mondo agropastorale in Sardegna, è che si trattava di una manifestazione strumentalizzata perché tutti i sindaci che avevano partecipato a quella manifestazione erano sindaci di sinistra. Io ho visto molti sindaci della sua parte politica, tutti sindaci eletti e chiamati dalle proprie popolazioni a rappresentarle in quella funzione, non nominati dall'amico di turno.
La crisi che attraversa oggi il comparto agricolo sardo sta mettendo a rischio l'esistenza stessa della stragrande maggioranza delle aziende sarde: nel mio territorio, nella Provincia di Oristano, ben mille aziende agricole sono scomparse dall'albo della Camera di commercio. Vedo che il presidente Cappellacci non è molto interessato alla situazione del settore agricolo, ma mi rivolgo a lui per dirgli che credo che sia arrivato il tempo non più rinviabile che il Presidente della Regione assuma a se una vertenza così importante per l'economia sarda.
Una preoccupante congiuntura che viene addebitata alla crisi di mercato che attraversa il pecorino romano, con enormi giacenze di invenduto per il 2009, intorno a 60 mila quintali e per il 2010 le previsioni non sono molto più rosee. Questo come dicono le leggi di mercato: nel momento in cui aumenta l'offerta il prezzo diminuisce e come conseguenza tutto il sistema ne ha risentito pesantemente, il prezzo del latte in primis. Mi chiedo dove era lei, Assessore, quando il suo amico Zaira finanziava 50 milioni di euro per l'invenduto, per lo stoccaggio del grana padano e del parmigiano reggiano. La soluzione però non può essere assolutamente, come già detto da chi mi ha preceduto, la diminuzione delle produzioni, questo per la Sardegna sarebbe un danno mortale. La soluzione a mio avviso è nella produzione di qualità anche di altri formaggi DOP come il pecorino sardo e il fiore sardo che oggi sono prodotti in quantità non significative.
A mio avviso è urgente chiedere la dichiarazione di crisi del comparto, ma chiederlo convintamente e seguirla in tutto il suo iter burocratico, perché dalla dichiarazione di crisi di comparto possano arrivare alcune agevolazioni che già sono state qui annunciate. Ma credo che la continuità delle merci, le agevolazioni dei contributi previdenziali e la proroga delle scadenze delle rate siano delle misure che potrebbero in qualche modo far fronte alle emergenze.
Un'emergenza - Assessore, mi consenta ancora una volta di dirle - che non può essere affrontata col disegno di legge che lei ha fatto approvare dalla Giunta regionale e che in queste settimane è in discussione in Commissione agricoltura. E' un provvedimento che prevede 4 centesimi al litro di latte per l'azienda che firma la delega alla contrattazione del latte alle associazioni di categoria. La lettura che noi diamo di questo disegno di legge, di questo articolo in modo particolare è che con questo articolo lei e la sua Giunta vogliate depotenziare quel movimento spontaneo che è stato quello dei pastori sardi, che ha riportato di grande attualità il problema della pastorizia sarda e rischia di essere anche un colpo mortale per la cooperazione in Sardegna perché, Assessore, mi corregga se sbaglio, se dovesse essere approvato un articolato come quello che lei ha proposto, il socio di cooperativa, per accedere ai 4 centesimi al litro, dovrebbe andare da una associazione di categoria e firmare la delega perché possa trattare il prezzo del latte col suo presidente di cooperativa.
Noi proponiamo che invece di dare, per quanto irrisorio, un contributo di 4 centesimi al litro per un massimo di 1000 euro all'anno, a chi delega alle associazioni chiediamo che questi 4 centesimi vengano concessi a quelle aziende agricole che si costituiscono in organizzazioni di produttori. Considerato che oggi il mercato sardo opera in regime di monopolio, crediamo che le organizzazioni dei produttori possano essere la soluzione ideale concedendo anche agevolazioni di accesso al credito e contributi in conto interessi ai beneficiari delle aggregazioni di produttori giuridicamente riconosciute.
Un altro intervento che può in qualche modo liberare le mani delle aziende agricole dalle famose caparre, credo che possa essere la concessione di prestiti di conduzione per le aziende. Si è parlato tanto di energie rinnovabili; questo Consiglio e le due Commissioni interessate, agricoltura e industria, hanno lavorato per mesi su questo progetto di legge: bene, siamo arrivati a un punto dall'approvazione poi questa maggioranza lo ha rinviato in Commissione. Noi riteniamo che finanziare impianti non grandi che possono essere da 15 a 20 kilowatt possa consentire innanzitutto un ammodernamento alle aziende agricole sarde, dando priorità magari a quelle aziende allocate in territori non forniti dalla elettrificazione rurale.
Capisco che la risposta della Giunta possa essere: non ci sono risorse, però credo che se, come noi abbiamo voluto dirvi anche la settimana scorsa, la battaglia sulle entrate potesse essere gestita in modo diverso per arrivare a una soluzione positiva, sarebbe una risposta importante.
A conclusione del mio intervento credo di poterle dire, signor Presidente, che lei ha continuato nella sua opera distruttrice di un settore già in crisi, portandolo in uno stato comatoso che solo con un suo allontanamento immediato può ancora sperare in un futuro migliore. Lei ha parlato di ultimi minuti di una per partita importante: no Assessore, siamo ai tempi supplementari, e chi durante la partita non ha partecipato al gioco, è stato fermo e non ha corso, va sostituito. Onorevole Cappellacci, leggiamo sulla stampa che sta lavorando ad una nuova squadra, non ci costringa ad inaugurare la nuova Giunta con una mozione di sfiducia. Grazie.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Dedoni. Ne ha facoltà.
DEDONI (Riformatori Sardi). Presidente, signori della Giunta, colleghe e colleghi, seguendo il suggerimento dell'onorevole Maninchedda non vorrei fare passerella in questa mattinata mentre si parla dei problemi dell'agricoltura e della pastorizia, ma è indubbio che bisogna andare alla radice e cogliere gli aspetti che hanno consentito un decadimento complessivo del comparto dell'agricoltura. Occorre capire il perché della ciclicità di un abbassamento del valore del prodotto dell'agricoltura, capire qual è l'attività della Regione sarda, nelle sue articolazioni istituzionali, che ha consentito al mondo delle campagne di passare a un'attività diversa da quella conosciuta.
Ho letto - parlando di cultura e di tradizioni popolari, di quelli che sono i problemi forti della Sardegna - il resoconto di un dibattito avvenuto tra Mazzini, e dico Mazzini, e Giorgio Asproni, un deputato sardo del 1800. E se io raffronto quello che ho letto in quei resoconti e quello che vive il mondo delle campagne oggi, vedo che non vi è nessuna differenza. Allora, assessore Prato, lei ha ragione di dire che per molto, molto tempo, si è continuato in quella politica che ha toccato i vari gangli vitali della nostra agricoltura. Ma guarda caso nessuno si assume con coscienza la propria responsabilità e dice: ho fatto qualcosa o non ho fatto niente, ho continuato in su connottu nella peggiore delle tradizioni.
Voglio dire che quando i denari sono arrivati direttamente alle aziende agricole, ho visto che questi denari sono stati ben utilizzati. Si diceva che 3 milioni, 3 milioni e mezzo di ovi - caprini in Sardegna fossero un danno anni fa: si è ridotto abbondantemente il numero delle aziende, si sono ridotti i numeri dei capi di bestiame e nonostante ciò si è scesi sempre più in giù. Sono stati concessi contributi alle aziende per ammodernarle, per portarle alle pari con gli altri produttori di altre Regioni; guarda caso le nostre aziende li hanno utilizzati e quasi non c'è più un ovile che non abbia la mungitrice. Però, a fronte di questo vi è ancora il problema della bolletta energetica, per il quale non riusciamo a trovare soluzione.
Altri contributi che sono finiti nel settore hanno portato ancora una volta alla costruzione di cattedrali nel deserto. Mi riferisco alla realizzazione delle aziende di trasformazione del latte, che non hanno funzionato o hanno funzionato male, e hanno drenato risorse vive che potevano essere destinate a chi vive nelle campagne e a chi ha bisogno di un ristoro vero. Non si può non tenere conto del fatto che la produzione di un litro di latte oggi vari da 0,75 allo 0,78 euro. Tutti hanno riconosciuto che 0,60 è il massimo che viene pagato al pastore. Nessuna azienda può essere mantenuta in piedi con questi prezzi. E' necessario assistere il comparto, e assisterlo in maniera adeguata, e non mi vergogno a pronunciare la parola assistenza.
Negli Stati Uniti d'America, dove l'agricoltura rappresenta il 4 per cento dell'intero sistema produttivo, questa viene assistita forse di più di quanto non venga assistito nell'Unione Europea. Non mi vergogno quindi di dire che c'è bisogno di dare sostegno, in un momento di trasformazione, al comparto agricolo-pastorale. Occorre capire che cosa fare. Certo, ci sono delle situazioni contingenti che vanno affrontate, e al nostro Governo amico di turno, qualunque esso sia - e voi sapete che lo dico con ironia - va chiesto che quando si esporta nel Bangladesh, quando si esporta in Africa, quando si esporta qualche altra cosa, qualche pezzo di formaggio sardo potrebbe essere piazzato lì, anche per chi non mangia carne, per un certo tipo di produzione. Non sono possibilità da scartare. E' il momento di risanare un sistema economico e fare riavviare il sistema produttivo.
Certo che ci vuole qualche attività sostanziale che modifichi in maniera strutturale, e questo significa incentivare soprattutto l'innovazione, consentire ai nostri trasformatori di avere produzioni come in Francia, col latte sia ovino che caprino che vaccino, che venga trasformato in modo tale da differenziare l'offerta di mercato, dal molle all'erborinato, a quelli misti, la ricotta eccetera.
Perché si continua a incentivare un sistema che ci ha portato a questa situazione? Il pecorino romano già nella terminologia combatte la Sardegna perché non si riferisce alla Sardegna, ma alla romanità, quasi non fosse prodotto nei nostri territori. Ma, vedete, l'economia identitaria ha valore se noi ci riconosciamo in tutto cio che la pastoralità va a ricordare, e non utilizzandola in termini demagogici, come qualcuno e qualche forza politica fa, ma nella sua essenza vera. Se non vi è questa pastoralità, che ha mantenuto integro un sistema sociale all'interno delle zone della Sardegna che non vedono altro tipo di economia, allora credo che sia importante un sacrificio da parte dell'istituzione regionale.
Io, in tutte le occasioni, quando mi capita di parlare in pubblico, dico che la Sardegna ha avuto uno sviluppo "a ciambella": la ciambella ha un buco in mezzo, ossia il Centro Sardegna. E dico anche facciamo sì che diventi interamente un prodotto genuino, morbido, soffice e dolce. Richiamavo l'amaretto, che è un altro prodotto della nostra Sardegna. Se però per risolvere questi problemi noi non ci impegnamo realmente e con continuità per trovare risposte a questo sistema in crisi, noi non avremo fatto niente.
A che ci giova fare una programmazione, diceva qualche collega, se si parla ancora di anagrafe ovina o anagrafe caprina? Ma ancora non sappiamo quelle siano state le attività che le AA.SS.LL. hanno imposto nel fare un certo tipo di prevenzione, non conosciamo il numero degli animali che ci sono, il che mi pare quantomeno ridicolo.
Allora, il problema è nel credito, nel fatto che un pastore non è libero, perché deve prendersi la caparra per poter iniziare a lavorare i terreni, per poter avere il pascolo. Se queste cose le si continua a lasciare così, non può esistere cooperazione, né alcun tipo di iniziativa che possa risolvere un grosso problema, quello cioè di affrancare queste persone dall'essere debitori di quel creditore, produttore e trasformatore del latte ovino o caprino, o quello che sia, e lasciarle libere di scegliere nel mercato. Probabilmente, se si risolvesse questo problema, ci sarebbero meno conflittualità.
Allora, il discorso del credito ha ragion d'essere, ma soprattutto se, una volta finanziata, l'innovazione è poi portata a compimento. Non ho più bisogno di fare stanze di compensazione per richiamare mille e una articolazione più o meno privata all'interno di questo sistema, ho necessità di spendere bene, presto e subito, e di dare risposte concrete al mondo delle campagne.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Soru. Ne ha facoltà.
SORU (P.D.). Signor Presidente, signor Assessore, cari colleghi, credo anche io che sia molto importante questo dibattito, e va riconosciuto il merito a chi ci ha costretto finalmente a discutere in questo Consiglio regionale di temi così rilevanti, che interessano in maniera così importante non un comparto, come è stato detto, ma l'intera economia regionale. Questo tema è un tema, è stato detto, che ricorre, ricorre spesso. Quando ho avuto la responsabilità di presiedere la Giunta nella passata legislatura, si presentò immediatamente. Mi ricordo che nei primi mesi ci fu subito l'occupazione, una manifestazione importante, simile a quella che abbiamo visto in questi mesi presso l'aeroporto di Cagliari. Da allora non ho smesso di occuparmi di questo tema, che mi ha appassionato, come credo a tutti noi, che cerchiamo di svolgere responsabilmente questo ruolo.
Non la sostituzione dell'agricoltura, non la sostituzione del comparto ovino e caprino, ma la possibilità finalmente di portarlo nella modernità, in maniera che si garantisca un lavoro meno faticoso e più remunerativo a buona parte della società sarda, a coloro che di lavoro nelle campagne l'hanno fatto nel passato e che devono continuare a farlo nel futuro. Questo è il tema dei temi, è uno dei temi dei temi della politica regionale.
Dobbiamo essere consapevoli del fatto che non ci sarà un futuro per la Sardegna senza agricoltura e senza questo comparto che rappresenta la metà dell'agricoltura della Sardegna, non ci sarà un futuro, e quindi abbiamo il dovere di portare, di accompagnare finalmente questo settore nel futuro, anche se a quanto pare non ci siamo riusciti, nonostante abbiamo cercato di farlo in tutti i modi.
Per quanto riguarda la modernizzazione del comparto, se andiamo a vedere i singoli elementi, un caseificio gestito da privati di oggi, non è uguale a un caseificio di trent'anni fa. Le tecnologie oggi ci sono e di ogni tipo, da quelle gestionali, contabili, a quelle chimiche, a quelle produttive. Se andiamo a vedere le tecnologie dentro i nostri caseifici cooperativi sono diverse, se andiamo a vedere le tecnologie dentro un ovile sono totalmente diverse, un ovile di oggi è una cosa incomparabilmente diversa rispetto a un ovile di trent'anni fa: ci sono mungitrici, c'è refrigerazione, ci sono processi legati alla tutela della qualità, della carica batterica e così via.
Mentre singoli elementi sono cambiati, purtroppo non è cambiata l'organizzazione, la struttura, il sistema, i metodi. I metodi sono quelli di cent'anni fa, pochi caseifici che costituiscono un cartello, e lo dico chiaramente (qualcuno ha alluso alla questione) pochi caseifici che costituiscono un cartello, 17 mila aziende divise, e dentro la divisione qualcuno impera. Si è fatto l'esempio della benzina, che vorrei riprendere. Non è il prezzo della benzina, ovvero il prezzo del formaggio, che determina il prezzo del petrolio, ovvero il prezzo del latte, non è dal prezzo della benzina che si parte per stabilire il prezzo del petrolio, ma è esattamente il contrario, con una differenza: che non c'è il cartello dei raffinatori di benzina, c'è il cartello dei produttori di petrolio. E' esattamente questa la differenza. Qui c'è l'equivalente di un cartello dei raffinatori di benzina, che dice all'equivalente dei produttori di petrolio a che prezzo sono disposti a ritirare il loro petrolio. In pratica fanno finta di dire: "Guardate, non mi serve, anzi quest'anno non stabilisco neanche un prezzo, non mi serve, facendo finta che possa esistere una raffineria senza il petrolio" cioè del formaggio senza il latte.
Bisogna creare il cartello dei produttori di latte, bisogna finalmente che si mettano assieme i pastori, che quelle 17.000 imprese siano una sola cosa quando si tratta di discutere il prezzo del latte, non lo deve discutere l'Assessore, lo devono discutere le 17.000 aziende insieme. Questa cosa può essere risolta in maniera diversa, Assessore, in Francia l'hanno risolta col modello Roquefort che è stato citato stamattina, è quello che abbiamo cercato di fare: purtroppo era troppo bello perché potesse funzionare, anche in Sardegna, un sistema civile capace di dire che dal latte fino al formaggio venduto dobbiamo vivere bene tutti, sempre che ci sia qualcuno che ingrassi alle spese degli altri. Non ci devono essere imprenditori che guadagnino sempre e produttori di latte che invece devono essere strizzati al ribasso, lo stesso prezzo deve accontentare tutti.
Nonostante siano state poste le firme, è venuto il Presidente nazionale dell'Assolatte per ribaltare quell'accordo. C'è un modo diverso però di arrivare allo stesso scopo, e questo è rappresentato dalle organizzazioni dei produttori. Per questo si è lavorato alle OP, e per questo avreste dovuto continuare; e non sabotare le OP, ma migliorarle. Le OP di latte tal quale, così come le OP dei produttori di formaggio.
Attraverso le OP del latte tal quale, io credo debba passare ogni litro di latte che viene venduto in Sardegna, così che finalmente ci sia il cartello dei produttori del latte che parli con l'altro cartello, e che consenta di conseguire un prezzo ragionevole, altrimenti non lavora nessuno. Le OP dei produttori di formaggio si rendono necessarie, invece, affinché non ci sia qualcuno che giochi al ribasso e prende per la gola i singoli caseifici. Infine ci vorrebbe il cartello, ovvero l'OC, l'organizzazione dei comuni delle diverse OP che si erano attivate in Sardegna, affinché ci fosse un unico prezzo di vendita del formaggio. E' semplice, è semplice eppure difficilissimo in questa Sardegna divisa e che si deve mettere assieme.
Oggi, comunque, c'è un fatto nuovo che non c'è tempo di discutere, la globalizzazione peggiore è arrivata in modo nuovo anche in Sardegna e in questo comparto. Ci sono degli industriali che hanno la responsabilità della gestione del Consorzio di tutela del pecorino romano, che poi prendono l'aereo e in Romania fanno esattamente il contrario di quello che dovrebbero fare, prendono a pedate il lavoro che fanno a Macomer e fanno concorrenza sleale, dalla Romania, ai prodotti che dovrebbero tutelare in Sardegna. E allora non è da queste organizzazioni che dobbiamo partire, non è dal consorzio latte che dobbiamo partire, dobbiamo partire da chi sta in campagna, da quei 17.000, nella OP del latte tal quale, nella OP della produzione, e li dobbiamo organizzare, non col consorzio latte, lo lasci perdere, ma con le OC, con loro stessi che si mettono d'accordo.
E ancora; qui siamo in Consiglio regionale, non siamo in Giunta, non possiamo entrare nel dettaglio delle cose: "Cosa fa lei, 5 euro, 10 euro, 15…", qui dobbiamo tracciare in maniera chiara cosa vogliamo fare, ed è quello che ho cercato di dirvi, per aiutarvi, per trovare un modo per far sì che finalmente si superino queste divisioni e si raggiunga un'unità, per cui troviamo il modo di utilizzare l'opportunità di oggi. Oggi questo mondo ha bisogno di aiuto, subito, senza troppe discussioni. L'aiuto, sia chiaro, ai produttori, alle aziende agricole, non all'industria, non ai trasformatori, l'aiuto deve andare direttamente lì, a chi sta in campagna, a chi produce il latte.
E' legato quest'incentivo alla necessità che tutti partecipino alle OP, che finalmente tutto il latte sia organizzato dentro una OP o 2 OP, come sono in questo momento, e che ci sia un unico punto di discussione, che sia un punto di discussione forte, unito finalmente, un cartello dei produttori capace di parlare con il cartello dei trasformatori.
Termino con questo: questa notizia nuova mi dice una cosa della spola Macomer-Timisoara mi dice che qui si vuole portare la peggiore globalizzazione, cioè: diminuiamo la quantità di latte, andiamo a farla in Romania o, peggio, trasformiamo i pastori sardi in pastori rumeni, trasformiamo i lavoratori delle campagne sarde in lavoratori rumeni, con quella qualità di diritti, con quella qualità di redditi; noi vogliamo fare esattamente il contrario.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Ladu. Ne ha facoltà.
LADU (P.d.L.). Signor Presidente, Assessori e colleghi, ci sono pochi minuti a disposizione per dare un contributo al dibattito, però io credo che in questo tempo noi dovremmo dire come uscire da questa grave crisi che sta attraversando il mondo agropastorale, che colpisce 17.000, forse 20.000 aziende, la peggiore crisi della sua storia. Di anno in anno il numero delle aziende sta diminuendo, circa il 30 per cento delle aziende hanno abbandonato il mondo delle campagne. Però, Assessore e Presidente, se ci fossero state delle opportunità di lavoro, sicuramente il numero delle persone che abbandona le campagne sarebbe stato di gran lunga più alto. Quindi, questo dimostra effettivamente quale sia la situazione, e quanto il Consiglio regionale dovrebbe preoccuparsi, considerato che effettivamente c'è un settore portante della nostra economia che sta praticamente morendo.
E bisogna anche essere corretti quando facciamo le valutazioni; questa crisi non è nata oggi, questa crisi è nata tanti anni fa, è la responsabilità se la devono accollare tutti, ce la dobbiamo accollare tutti. Però, dico che noi oggi, come Consiglio regionale, come Giunta, come associazioni di categoria, credo che dovremmo dare comunque risposte, perché la gente che nelle campagne sta vivendo questo momento drammatico, da noi aspetta risposte, non è interessata a vedere quali siano i livelli di responsabilità passate, ma vuole capire come noi ora possiamo e vogliamo uscire da questa situazione di crisi.
Allora io credo che, nella situazione di emergenza attuale, in cui decine di migliaia di quintali di formaggio restano invenduti in Sardegna, anche qualora dovessimo trovare una soluzione per svuotare le cantine, noi non avremmo risolto il problema, perché l'anno prossimo, probabilmente, il problema si ripresenterà tale e quale. Io credo che noi dovremmo iniziare ad affrontare assieme all'emergenza, anche il problema in modo strutturale, in modo che poi domani non nascano gli stessi problemi che sono sorti oggi.
Credo che, vista la mole, la quantità di persone, l'importanza del settore che stiamo trattando, sia tempo di mettere mano a una vera riforma agricola, a una vera riforma agro-pastorale, perché noi dobbiamo dare prospettive di sviluppo a quel mondo che oggi popola le campagne, ai giovani che potrebbero ancora essere interessati ad andare nelle campagne. Noi quindi dovremmo pensare a un sistema diverso, di aumento di reddito, di possibilità di vivere all'interno della campagna.
Credo che noi dovremmo già partire dalle risorse che abbiamo a disposizione. Assessore, io ho già detto altre volte che ho l'impressione, l'idea, che quando avremo finito i finanziamenti dei fondi strutturali, che scadranno nel 2013, noi non avremo risolto minimamente il problema del mondo delle campagne. Così come sono impostate queste risorse non servono a superare questa situazione di crisi, ma soprattutto non servono a preparare il mondo delle campagne per domani.
Allora, vogliamo fare una riflessione, capire se è giusto questo sistema di spendita delle risorse o se non invece non sia opportuno pensare veramente di spendere in modo diverso per preparare, per far crescere il settore agropastorale? Questa è una grande preoccupazione che ho e io credo che nel 2013 probabilmente noi saremo ancora al punto di partenza. Noi dobbiamo partire dalla grave emergenza del mondo agropastorale di oggi, che è il prezzo del latte, perché, guardate, è inutile che mi si venga a dire: "Se c'è un incentivo qua, un incentivo là, il mondo agropastorale si salva". Non si salverà! Con questo prezzo del latte, a 60 centesimi al litro, il mondo agropastorale non può salvarsi perché è impossibile che si paghino le spese di produzione con questi prezzi!
Bisogna partire da una politica che sia in grado di uscire da questa situazione. Assessore, se è in crisi il settore del pecorino romano si può pensare di diversificare, fare altri tipi di produzioni, fare prodotti che entrino meglio nel mercato, che ci facciano uscire da questa situazione di crisi. Ma la domanda, Assessore, è: se le associazioni di categoria, se gli imprenditori, se il mondo delle campagne oggi non sono in grado di gestire questa fase, io credo che debba scendere in campo la politica; la politica deve individuare strategie, deve fare in modo che si superi questa situazione di emergenza.
Il percorso va guidato, poi sicuramente alcune soluzioni si possono anche trovare, perché altrimenti così facendo non si vede via di uscita. Io dico una cosa che può sembrare una bestemmia per i tempi che stiamo vivendo, però lo dico perché credo che anche questo sia compito della politica. Il mondo delle campagne è entrato in crisi dal momento in cui l'Unione Europea ha sospeso le restituzioni per l'esportazione del pecorino romano.
E' chiaro che dicendo questo non mi pongo in linea con quello che dice l'Unione Europea, però mi chiedo anche: quando mesi fa, affrontando i problemi dell'Alcoa, per far rimanere gli americani in Sardegna, che volevano andare via perché il costo dell'energia era troppo alto, la politica regionale e quella nazionale poi alla fine sono riuscite a imporre all'Unione Europea l'energia a costi più bassi, per quanto riguardasse poche centinaia di posti di lavoro; allora, è possibile che qui, di fronte a 17 mila, 20 mila posti di lavoro interessati, noi non possiamo fare una battaglia vera, prima a livello nazionale e poi a livello europeo, per fare in modo che ci sia la possibilità di introdurre un sistema di incentivazione?
Perché, guardate, l'Unione Europea non ha interesse che muoia il mondo agropastorale in Sardegna, non ha interesse che muoia la Sardegna, perché quando va in crisi un Paese pagano tutti. La crisi della Grecia la stiamo pagando tutti noi, non la stanno pagando solo loro. Allora io credo che occorre fare una politica nuova, diversa, di rivisitazione anche di quegli interventi che venivano fatti nel passato non lontanissimo e che comunque hanno tenuto in piedi il mondo agropastorale.
Ecco, io credo che sia necessaria una politica diversa dal punto di vista strutturale, della infrastrutturazione vera e propria, della riduzione dei costi di produzione, perché, guardate, se n'è parlato poco, ma effettivamente oggi produrre in Sardegna costa molto di più che nelle altre regioni d'Italia e d'Europa perché costa di più l'energia, costano di più i trasporti, costa di più tutto. Anche su questo io credo che, partendo dalle risorse che noi abbiamo a disposizione, si debba fare una politica che ci metta al sicuro per il futuro per quanto riguarda l'intero comparto.
Così come, per quanto riguarda il sistema del credito, noi abbiamo individuato per alcuni settori i fondi di garanzia, ma credo che noi dovremmo andare più a fondo, questo Consiglio regionale deve impegnarsi più a fondo, con più risorse, dovremmo impegnarci a salvare le aziende agricole in crisi da un sistema che oggi è determinato dalle banche, in cui si mettono sotto sequestro aziende anche per poche risorse: con una politica più attenta, anche per quanto riguarda i fondi di garanzia, credo che si sarebbero salvate molte aziende, e un'azienda salvata oggi probabilmente domani potrebbe anche camminare da sola. Ecco, se noi individuassimo tutta una serie di interventi che sono sì orientati verso la soluzione dell'emergenza (ma devono guardare soprattutto a quello che deve succedere domani nel mondo agricolo e noi questo lo possiamo fare) questo Consiglio regionale potrebbe dare un indirizzo, assieme alla Giunta regionale...
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE COSSA
PRESIDENTE. Onorevole Ladu, il tempo a sua disposizione è terminato.
E' iscritto a parlare il consigliere Sechi. Ne ha facoltà.
SECHI (Comunisti-Sinistra Sarda-Rosso Mori). E' questo un dibattito doveroso sulla crisi del comparto agropastorale che è esplosa e abbiamo iniziato questa seduta oggi con un problema che i pastori e il mondo agropastorale ci hanno posto, che equivale a un'affermazione categorica: "Abbiamo bisogno di risposte immediate", cioè il tempo è passato e aggiungono anche: "Non andremo via da Cagliari senza aver avuto risultati". Tra i risultati che il mondo agropastorale e i pastori si aspettano, vi sono sostegni e impegni precisi sul prezzo del latte, che quantificano anche, indicando in 750 milioni le cifre necessarie per dare una risposta a questo comparto terribilmente in crisi. Ma io credo che dalle proposte che la Giunta ha avanzato non siano arrivate risposte al mondo agropastorale sottolinea ed evidenza lo stato di crisi al dramma che questa parte della società sarda sta vivendo. La rivendicazione dei pastori è forte e chiedono una risposta seria alla crisi del latte, della produzione del latte, del costo del latte.
Avete fatto appello alla collaborazione, avete invitato il Consiglio regionale, e tutto il mondo sardo, all'unità. Ebbene, l'unità si raggiunge attraverso una mediazione delle proposte. Ne abbiamo oggi sentite alcune, a iniziare per esempio dalla proposta del collega Renato Soru che con lucidità e chiarezza estrema ha indicato una strada per una soluzione a quello che è il problema vero e contingente. Si è parlato di una protesta eccessiva, la protesta probabilmente la vedremo in forma più accentuata domani quando arriverà la delegazione dei pastori. Le proteste possono essere differenti, spesso anche forti quando le provocazioni sono lunghe e non ottengono risposte. Le provocazioni sono quelle che poi portano alla reazione e a volte anche all'esasperazione.
La protesta poi può essere tinta da toni e da sapori diversi. E' un po' come il formaggio: ci sono proteste che assumono un atteggiamento a pasta molle, altre semi stagionata, e c'è la protesta dura, quella del pecorino stagionato, che credo non accetterà mezzi termini se non riusciremo a trovare una soluzione concreta. Qua bisogna operare seriamente per dare una risposta ormai non più rinviabile a questa richiesta per garantire un reddito - perché di questo si tratta - garantire un reddito a tutti coloro che lavorano nella pastorizia, nell'agricoltura, nella produzione degli ortaggi. Dobbiamo garantire un reddito certo e sicuro, non solo di sopravvivenza e di assistenza, a migliaia di pastori, di contadini, di ortolani, di agricoltori, di massai che hanno rappresentato la parte forte e importante della nostra terra.
Quando si dice che in Sardegna ci sono 20 mila aziende, alcune più grandi, alcune più piccole, mi viene in mente quando un certo Antonio diceva: "Io e mio compare Giovanni abbiamo più di cento vacche". Lui ne aveva una, compare Giovanni ne aveva cento, ma in effetti diceva la verità. Ed è così, ci sono tante piccole, piccolissime aziende in Sardegna che hanno altrettanto diritto di rivendicare un reddito, perché fra l'altro dimostrano un attaccamento a quella che è la storia del nostro popolo, la storia della nostra terra. Io credo che dovremmo finalmente entrare nel merito di quelle che devono essere le scelte politiche, io credo che le 20 mila aziende, inclusa quella di Antonio e di compare Giovanni, dalle più grandi alle più piccole aspettassero risposte diverse da Roma, che non fossero il finanziamento ai vitelli francesi e altre amenità.
La verità è che non esiste una politica mediterranea e soprattutto non abbiamo una politica, come ho detto altre volte, per contrastare l'egoismo della politica e delle scelte dell'Europa continentale a danno dell'area mediterranea, un'area mediterranea che ha bisogno di cooperazione vera. L'assessore Prato ci ha detto: "Occorre un accordo tra le nove regioni". Io credo che occorra una politica e un accordo con l'intero arco del Mediterraneo, con Stati e con realtà che stanno emergendo, pur attraversando momenti di crisi nell'arco della crisi globale, come la Spagna, la Grecia, la Turchia, il Nord Africa, per organizzare tutti insieme un'azione comune in difesa delle nostre potenzialità e delle nostre risorse. Dobbiamo quindi, attraverso una forma di cooperazione, dare risposte autentiche a chi è produttore autentico e meno attenzione invece alla politica che faranno gli industriali, i commercianti.
Io credo che oggi occorra soprattutto, nel dramma in cui viviamo, dare risposte a coloro che pongono drammaticamente questa situazione alla nostra attenzione. In cinquant'anni siamo riusciti a trasformare la Sardegna. Guardate, a cominciare dagli anni '60, quando è comiciato il boom turistico in Sardegna, ha avuto luogo un graduale smantellamento di una realtà produttiva, una realtà che rappresentava il vero animo della Sardegna, che l'ha trasformata inseguendo il miraggio del turismo. Una Sardegna, devo dire, precipitosamente trasformata dal luogo di pena e di punizione, com'era individuata dallo Stato centralista, in terra di svago e di vacanze.
Io credo però che questo criterio non risponda alla ciambella qui richiamata, perché lo zoccolo duro di quella che è la realtà produttiva della Sardegna doveva essere il buco, quello che garantiva l'immagine autentica della Sardegna, così come abbiamo sentito dire durante le manifestazioni dei pastori e degli operatori del comparto zootecnico in Sardegna, la Sardegna è prima di tutto dei pastori e poi dei turisti! E a loro va rivolta la nostra prima attenzione, prima di pensare a tutte le altre cose che possono seguire.
Troppi giovani, troppi nostri giovani hanno abbandonato i campi e le greggi per fare altre scelte, scegliendo lavoro in settori come quelli del turismo, che ha aperto la via a una tragedia, quella della stagionalità del lavoro, con la difficoltà di trovare occupazione nell'arco di larga parte dell'anno. Allora, io credo che su questo vada fatta con serietà un'analisi. Chi ha proposte da avanzare le avanzi, ma oggi non è pensabile che non si dia una risposta seria all'intero comparto agricolo e zootecnico. Badate, la crisi oggi, gridata in forma drammatica, è la crisi della produzione del latte e del reparto ovicaprino, però in crisi sono anche l'olivicoltura, la produzione ortiva, la frutticoltura, la produzione dei cereali, la stessa viticoltura a cui abbiamo inferto un colpo mortale quando è stato fatto il censimento dei vigneti; questa Regione ha rinunziato almeno a più del 30 per cento della superficie vitata che era nella disponibilità della Sardegna, con un accertamento ridicolo ed eccessivamente severo, a di altre regioni d'Italia e d'Europa.
Io credo che, quindi, di fronte alla situazione attuale, dobbiamo occuparci prima di tutto del drammatico problema dell'indebitamento: come rispondere all'indebitamento che le aziende agropastorali ci segnalano come una situazione arrivata al capolinea, come dare una risposta per quanto riguarda il prezzo del latte? Questo è quello che ci viene chiesto. Il prezzo del latte è, com'è stato detto più volte qui, 65 centesimi al litro. Produrre un litro di latte costa 80 centesimi! Io credo che di fronte a una situazione del genere o si chiude per fallimento, come di solito si chiude in situazioni come queste, o si trovano delle soluzioni e delle risposte, perché direi che vada evitato nel modo più assoluto il rischio che il comparto zootecnico e agropastorale possa subire un ulteriore colpo.
C'è il problema dell'energia, abbiamo individuato alcune risposte e alcune soluzioni, mettiamole in campo, perché ci troviamo di fronte a una situazione di emergenza. Come uscirne? Noi stiamo provando a darvi dei consigli e dei suggerimenti però a voi che siete al il governo e gestite la cosa pubblica spetta avanzare le proposte concrete.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Pittalis. Ne ha facoltà.
PITTALIS (P.d.L.). Il rischio di questi dibattiti è che ci si possa far trascinare, anche tenuto conto della presenza delle organizzazioni di categoria, del movimento dei pastori, da quello che è un vizio endemico della politica, e cioè quello di parlare senza capire fino in fondo quella che può e deve essere la soluzione da indicare. Il rischio è che anche questo sia uno di quei dibattiti in cui ha luogo una utile esercitazione oratoria e anche retorica, lasciando poi irrisolti i problemi. Perché vedete, è facile cavalcare il malessere che c'è, e non altrettanto facile (ho visto anche nello sforzo che è stato fatto fino a questo momento) quello di indicare le soluzioni.
Si prende a pretesto l'Assessore di turno per "cantargliele", qualcuno ne deve rispondere ed è giusto che sia così, in politica ci si rivolge a chi oggi ha la responsabilità di governare, ma se tutto dipendesse dall'assessore Prato, vedete, saremmo stati e saremmo noi per primi a chiedere conto del suo operato, e anche invitarlo a dimettersi. Badate, qui stiamo parlando di un problema che riguarda un comparto, ma soprattutto stiamo parlando di un problema che riguarda le persone di quel comparto, che riguarda le famiglie di quel comparto e rispetto ai disastri che avrebbe potuto commettere il responsabile attuale del governo di quel comparto non avremmo esitato noi stessi a chiedere all'assessore Prato le dimissioni.
Ma se per voi il problema si risolve in questo modo, se i problemi dell'agricoltura passano attraverso una richiesta, come ho sentito stamattina, di dimissioni dell'assessore Prato, mi pare allora che questo dibattito contenga in se già un vizio, un vizio che è quello di voler fare presenza, anche in una occasione come questa, una sorta di muro contro muro, creare il casus belli, lo scontro a ogni costo.
Allora, io penso che il modo per cercare, come Consiglio regionale, di indicare all'Esecutivo una qualche soluzione sia appunto quello di richiamare tutti quanti noi al senso di responsabilità, pur consapevoli che forse è una delle parole più difficili del vocabolario politico. Bisognerebbe guardare agli atti e non alle chiacchiere. Io, per esempio, lo dico senza infingimenti, ho ascoltato anche con interesse l'intervento dell'onorevole Soru, condivisibile; onorevole Soru, lei non potrà non convenire con me che però il problema non è di questa maggioranza o di questo governo regionale né dell'assessore Prato, così come probabilmente non lo era dell'assessore Foddis, a suo tempo, e della sua Giunta, anche se avevamo avuto modo di obiettare che forse era una politica agricola troppo spostata su una realtà che il mondo agropastorale ben conosce.
E allora vediamo insieme, semmai, se è possibile mettere le appartenenze politiche, maggioranza e opposizione, e cercare, anche col supporto delle indicazioni che sono venute dalle legittime proteste del mondo dei pastori, dalle organizzazioni sindacali, dalle organizzazioni di categoria, vediamo se possiamo anche cercare di indicare al governo regionale cosa si può fare nell'immediato e cosa possiamo fare tutti insieme nella prospettiva futura. Questo perché? Perché siamo assolutamente convinti come lei, onorevole Soru, che l'agricoltura è e deve rimanere una risorsa fondamentale, il settore agropastorale nel suo complesso è e deve rimanere strategico nella nostra economia: noi ci crediamo.
Allora, siccome non è un problema di risorse, perché di queste ne abbiamo e ce ne sono tantissime (se è vero che ogni anno ci portiamo a residui passivi una quantità enorme) il problema sarà semmai come mettere in condizione le strutture di poterle spendere perché arrivino subito agli interessati. Si tratta quindi di fare uno sforzo, di individuare gli eventuali punti deboli di una impostazione regionale, di capire cosa si può e si deve fare a Roma, di capire cosa si può e si deve fare tutti insieme a Bruxelles, ma non creando divisioni, non creando necessariamente la controparte perché questo già è un segnale di debolezza che non ci porta da nessuna parte.
Vedete, come ci ricorda lo stesso documento del movimento, questo non è un problema di responsabilità del governo attuale o del governo precedente, è un problema di sistema rispetto al quale oggi dobbiamo ragionare per fare, tutti insieme, qualche passo avanti. Assessore, ricordo che circa 10 anni fa quando ci trovammo ad affrontare il problema di una legge importante come la "nuova legge 28 (la legge numero 1 del 2002)", una legge da 1.000 miliardi delle vecchie lire, quella legge passò non perché fosse stata presentata dalla Giunta di allora (la Giunta Floris, nella quale io ricoprivo la carica di Assessore della programmazione), perché era una legge che aveva altri padri, che siedono oggi nei banchi dell'opposizione, ma perché era nostro dovere portarla avanti perché si era creata una grande aspettativa. In una serie di precontenzioso con l'Unione Europea intavolammo infatti una trattativa, al limite dello scontro istituzionale, con l'allora commissario Monti che fu da noi sollecitato, con determinazione, perché si trattava di rappresentare un'economia e un sistema, quello sardo, e ottenemmo la chiusura di quella partita di 1.000 miliardi.
Ora, il comparto agropastorale non chiede la luna, chiede la possibilità di adeguare lo stato reddituale dei suoi componenti, di far sì che possa diventare competitivo, di far sì che possa sentire la voce autorevole delle nostre istituzioni al suo fianco. E allora, se è necessario fare una battaglia di questa natura a Bruxelles come a Roma, ecco, lei, Assessore, deve assumere a nome del governo regionale questo impegno, perché non deve essere tralasciato nulla, e se venisse tralasciato qualcosa allora sì sarebbe sua responsabilità, sarebbe responsabilità di questo governo regionale, di questa maggioranza e di questa assemblea. Allora sì che veramente si porrebbe il problema.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Ben Amara. Ne ha facoltà.
BEN AMARA (Comunisti-Sinistra Sarda-Rosso Mori). Aveva ragione il collega Carlo quando diceva che la soluzione della crisi dovrebbe venire non da Roma o da Milano ma dovrebbe essere trovata all'interno del bacino mediterraneo, perché qui non dovrebbe trattarsi di competizione, ma di cooperazione. Noi sappiamo bene che il paesaggio, l'agricoltura e la pastorizia sono valori per cui battersi, ma oggi vengono impunemente calpestati in nome di un mercatismo straccione. Questa protesta agropastorale si trascina dagli anni '90, e sappiamo bene che la Comunità europea poi impose al settore importanti investimenti strutturali che impegnarono il mondo agropastorale a un cospicuo onere di carattere economico con un conseguente indebitamento del comparto.
I sacrifici fatti dagli allevatori sardi erano volti ad un miglioramento che purtroppo ha tradito le loro aspettative, dando luogo a una nuova e più agguerrita protesta. A me pare che le politiche del governo centrale e quello regionale si pongano come se i pastori e gli agricoltori fossero anch'essi dei prodotti che vengono ideati, realizzati e rinnovati nel più breve tempo possibile. L'attuale Giunta regionale, l'Assessore dell'agricoltura e il presidente Cappellacci sono chiamati in causa e devono farsi carico di questi problemi che affliggono l'intera Regione perché la lentezza preannuncia di solito la morte sociale, e se tutti avanzano altrove chi resta immobile sarà inevitabilmente separato dagli altri da un divario crescente.
Cari colleghi, la scelta è nostra, la scelta deve essere nostra ma ricordate che bisogna fare una scelta, non si può negoziare il rinvio, non si può declassare la durata in favore della transitorietà. Oggi è il principio di realtà a trovarsi sul banco degli imputati, questo principio di realtà non deve in nessun caso essere sotto pressione, non deve scendere a compromessi, un governo è sociale quando promuove il principio dell'assicurazione collettiva avallata collettivamente contro le disgrazie e le loro conseguenze.
Noi non dobbiamo interagire oggi mediante procedure parcellizzate e parole d'ordine prefissate, sappiamo anche che vi è una distanza incolmabile tra la sfera del logico e quella del reale. Ciò che proponiamo per questa crisi è un approccio antropolitico, una politica orientata verso una certa umanità, una politica di giustizia, una politica per costruire, salvaguardare e controllare i beni dell'isola. L'economia sotto tutte le sue forme non soltanto deve essere regolata ma deve diventare plurale implicando mutuazione, associazione, cooperative e scambi di servizi.
Non dovrebbe esserci nessun conflitto tra creazione e produzione, non si può costruire un mondo agropastorale nobile con mezzi ignobili, non si può non ribellarsi e manifestare, spesso bisogna essere un deviante minoritario per essere nel reale. La lucidità scatena anche la rivolta, la rivolta come capitale per comprendere e far capire la realtà stessa, l'importante è non accettare il fatto compiuto. La protesta dei pastori ci fa capire che occorre anche mettere l'incertezza nella realtà, per avere un buon principio di realtà. Ciò che è ovvio è che questa realtà avanza di traverso, tramite deviazioni governative assolutamente bizzarre, anormali e folli.
Cari colleghi, la situazione è gravissima, siamo di fronte ad una lotta fra le forze di associazione e le forze di disgiunzione, moriremo forse per mancanza di solidarietà, moriremo forse per mancanza di una riforma del settore agropastorale. Le proteste per cause nobili sono anche momenti d'innamoramento e di amore. Questa lotta è solo una lotta iniziale. Eraclito direbbe: "Se non ti aspetti l'inaspettato non lo troverai". Ciò che chiediamo subito, e delle proposte sono state avanzate dai colleghi, è: l'intervento immediato nel mercato del formaggio pecorino per arginare il crollo dei prezzi; l'individuazione di forme d'incentivazione che consentano all'impresa agropastorale di affrontare la stretta creditizia, che stringe in una morsa mortale i loro bilanci; l'attivazione delle procedure per il pagamento in tempi strettissimi di quanto dovuto agli operatori del settore nell'ambito dell'agevolazione comunitaria.
La crisi che subisce il prezzo del latte, che viene sottopagato ai produttori, ha raggiunto dei minimi storici, c'è il problema del trasporto e dell'energia che rappresenta una grossa e gravosa discriminante, in quanto genera costi di produzione elevati e insostenibili. Bisognerebbe rilanciare un piano di rimodulazione rurale, che consenta agli operatori del comparto agro-zootecnico di non subire il tracollo, che si ripercuoterebbe sul tessuto sociale e sull'intero territorio regionale, e cercare di accattivarsi l'interesse dei giovani per questo tipo di attività, adeguandole alle trasformazioni in essere del nostro tempo, senza per questo perdere le proprie caratteristiche e unicità.
La crisi del comparto agropastorale c'è e si fa sentire sempre più forte, soprattutto nel momento in cui si devono fare i conti con il pagamento di bollette di acqua, energia elettrica, e quando si devono contare anche i centesimi per l'acquisto di qualsiasi cosa. Una situazione, questa, figlia di scelte politiche sbagliate nel tempo, che hanno condotto un'intera classe sociale alla disperazione (un settore che occupa circa 25 mila persone, con 3 milioni di capi di allevamento ovino, portando la Sardegna ad essere la prima produttrice di latte ovino in Italia). Se non cambierà qualcosa per i pastori sarà difficile continuare a mantenere in piedi le aziende.
Occorre dunque rompere il monopolio degli industriali - in Sardegna sono tre gli industriali che gestiscono e fanno cartello mantenendo bassissimo il prezzo del latte - e favorire l'ingresso di altri industriali nel mercato isolano, che vantino una reale esperienza di diversificazione dell'offerta, che sappiano cioè andare al di là del mercato americano. E' importante quindi abbattere il costo del trasporto, affinché il ritiro del prodotto non subisca ulteriori limitazioni dovute alla sfavorevole posizione geografica e possa essere garantita una sana concorrenza a favore dell'allevatore. Sarebbe opportuna la costituzione di basi di stoccaggio, o l'utilizzo di forme cooperative per la raccolta del prodotto. E' giustamente impensabile ipotizzare la crescita del turismo in Sardegna senza l'agricoltura e la pastorizia, che indirettamente svolgono proprio questa funzione che nessuno riconosce, e che viene comunque garantita pur con tutti i suoi drammi. Il Governo nazionale e tutti coloro che sono coinvolti dovrebbero adoperarsi. La soluzione, come dicevo, non si trova nella competitività, ma nella cooperazione. Se tutto cambia, come sono sicuro dopo questa discussione, ciò significa che tutto forse rimarrà com'era prima.
PRESIDENTE. I lavori della mattinata si concludono qui, riprenderanno alle ore 17.
La seduta è tolta alle ore 13 e 55.
Allegati seduta
CXXXV Seduta
(ANTIMERIDIANA)
Lunedi' 13 settembre 2010
Presidenza della Presidente LOMBARDO
indi
del Vicepresidente COSSA
La seduta è aperta alle ore 10 e 02.
CAPPAI, Segretario, dà lettura del processo verbale della seduta antimeridiana del 3 agosto 2010 (128), che è approvato.
PRESIDENTE. Comunico che i consiglieri regionali Gian Vittorio Campus, Roberto Capelli, Francesco Mula, Giorgio Oppi, Onorio Petrini, Teodoro Rodin ed Edoardo Tocco hanno chiesto congedo per la seduta antimeridiana del 13 settembre 2010.
Poiché non vi sono opposizioni, i congedi si intendono accordati.
PRESIDENTE. Si dia annunzio delle interrogazioni pervenute alla Presidenza.
CAPPAI, Segretario:
"Interrogazione Diana Mario - Peru, con richiesta di risposta scritta, sulle necessarie azioni da adottare a sostegno del bando internazionale per la cessione dello stabilimento Vinyls Italia di Porto Torres". (392)
"Interrogazione Cocco Daniele Secondo, con richiesta di risposta scritta, sul mancato completamento del tratto di strada a scorrimento veloce Abbasanta-Olbia". (393)
"Interrogazione Amadu, con richiesta di risposta scritta, sulla necessità di intervenire per evitare la chiusura della Facoltà di medicina veterinaria dell'Università di Sassari". (394)
PRESIDENTE. Si dia annunzio delle interpellanze pervenute alla Presidenza.
CAPPAI, Segretario:
"Interpellanza Steri - Oppi - Milia - Biancareddu - Capelli - Cappai - Contu Felice - Obinu sull'omessa nomina del direttore sanitario dell'Azienda ospedaliero-universitaria di Sassari". (139)
"Interpellanza Uras - Sechi - Zedda Massimo relativa all'ipotesi di chiusura del Gruppo editoriale Epolis e della redazione centrale di Cagliari e la conseguente disoccupazione per oltre 200 lavoratori tra giornalisti, tecnici e amministrativi". (140)
PRESIDENTE. Si dia annunzio delle mozioni pervenute alla Presidenza.
CAPPAI, Segretario:
"Mozione Diana Mario - Sanna Matteo - Amadu - Artizzu - Bardanzellu - Campus - Cherchi Oscar - Contu Mariano Ignazio - De Francisci - Floris Rosanna - Gallus - Greco - Ladu - Lai - Locci - Murgioni - Peru - Petrini - Piras - Pitea - Pittalis - Randazzo - Rassu - Rodin - Sanjust - Sanna Paolo Terzo - Stochino - Tocco - Zedda Alessandra sulla riscrittura dello Statuto di autonomia della Regione autonoma della Sardegna". (81)
"Mozione Zuncheddu - Uras - Sechi - Zedda Massimo sulla riscrittura dello Statuto sardo e sull'apertura, con lo Stato italiano, del processo di sovranità e indipendenza". (82)
PRESIDENTE. Comunico all'Aula che il consigliere Capelli è rientrato dal congedo.
Considerata l'assenza dell'assessore Prato, sospendo i lavori per 10 minuti, riprenderanno alle ore 10 e 15.
(La seduta, sospesa alle ore 10 e 05, viene ripresa alle ore 10 e 22.)
PRESIDENTE. Riprendiamo la seduta, prego i colleghi di prendere posto.
L'ordine del giorno reca le dichiarazioni dell'Assessore regionale dell'agricoltura e riforma agro-pastorale sulla profonda crisi che colpisce l'agricoltura e la pastorizia in Sardegna.
Ha domandato di parlare il consigliere Gavino Manca. Ne ha facoltà.
MANCA GAVINO (P.D.). Sull'ordine dei lavori, Presidente. Stiamo organizzando l'ingresso delle delegazioni per assistere al dibattito, chiederei cortesemente 5 o 10 minuti di sospensione, in maniera tale che le delegazioni venute per ascoltare l'Assessore possano entrare ed assistere dall'inizio all'intervento.
PRESIDENTE. Sospendiamo i lavori, riprenderanno alle ore 10 e 30. La seduta è sospesa.
(La seduta, sospesa alle ore 10 e 23, viene ripresa alle ore 11 e 09.)
PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare l'Assessore dell'agricoltura e riforma agro-pastorale.
PRATO, Assessore tecnico dell'agricoltura e riforma agro-pastorale. Signora Presidente del Consiglio, signor Presidente della Giunta, onorevoli consiglieri, Assessori, la crisi della nostra pastorizia è troppo grave e troppo complessa perché ognuno di noi possa sentirsi innocente. Il mio personale rammarico è quello di non essere riuscito a comunicare adeguatamente quanto fosse grave questa crisi, che ha ripercussioni non solo sul comparto agricolo ma sulla società e sulla coscienza di ogni sardo.
Ultimamente, un silenzio assordante aveva ricoperto la politica italiana come una cappa opprimente che attenua le grida di dolore degli allevatori sardi che rappresentano la spina dorsale della nostra economia agricola. Eppure solo un anno fa raccontai con i miei consueti toni - crudi, impietosi ma, ahimè, istituzionali - quanto fosse importante affrontare la crisi della pastorizia ovina, che definii allora "un morto che cammina grazie ai contributi comunitari". La Giunta Cappellacci, per questo, previde nella manovra finanziaria 2009, 2,5 milioni di euro all'anno per quattro anni per acquistare pecorino romano, con il duplice obiettivo di rieducare i palati dei sardi e svuotare i magazzini delle cooperative in crisi. Ma in quella circostanza commisi un primo errore, di sopravalutazione, perché non riuscì a convincere pienamente né questo Consiglio né soprattutto il mondo agricolo dell'importanza del provvedimento, tanto che fu definito intempestivo e parzialmente bocciato nell'indifferenza generale. Solo i giornali ne diedero notizia come mia sconfitta personale, come un avvertimento a un tecnico che non doveva fare troppo il politico.
Ancora peggio andò negli stessi giorni a Roma, in Commissione politiche agricole, quando si compì il "ratto" dell'articolo 68 del regolamento 73/2009 ai danni dell'ovicaprino. In quella nefasta circostanza vennero difesi solamente gli interessi delle multinazionali del tabacco, delle macellazioni e quelli degli ingrassatori di vitelli francesi. Sì, francesi, i vitelli francesi: abbiamo finanziato i vitelli francesi! E anch'io quel momento sarei voluto essere un transalpino, perché il nostro Paese ha ormai smarrito il senso delle proporzioni: difende con lo stesso ardore tutte le cause ma promuove solo quelle dei soliti furbi, in un momento in cui sostenere la pastorizia dovrebbe venire prima dell'ennesima ondata di stabilizzazioni o di interventi per favorire il perpetuarsi del consenso fine a se stesso. Sarei voluto essere francese anche perché questa Nazione ha stanziato soldi veri per l'ovicaprino, ben 130 milioni all'anno per quattro anni, mentre l'Italia ne voleva destinare solo 5. E anche in quel caso con il presidente Cappellacci facemmo un appello a tutti coloro che potevano incidere, per agire subito ad evitare quella vergogna che avremmo pagato cara.
Purtroppo però in quel momento in Italia la pecora non andava ancora di moda e si girarono quasi tutti dall'altra parte. Risultato: ci vennero assegnati solo 10 dei 30 milioni annui richiesti. Allora un vecchio saggio che oggi siede in questi banchi mi disse: "fatti fare una manifestazione contro", ma io non lo ascoltai e commisi il secondo errore, questa volta di sottovalutazione.
Ma se la politica italiana è così debole e impotente tanto da aver bisogno di essere incalzata dai forconi, dalle manifestazioni che esasperano gli animi, per decidere quali cause difendere e quali no, allora ben vengano le agitazioni di piazza, soprattutto se queste possono risvegliare le menti e far capire che non si può arrivare al punto di dire che non ci sono più risorse per l'agricoltura se queste sono state spese, poco prima, in regionalizzazioni, crescita della burocrazia o altre voci che non incidono sui settori produttivi e non risolvono i problemi sociali e occupazionali della nostra terra.
Rimango comunque ragionevolmente ottimista, perché credo che siamo ancora in tempo per salvare la nostra pastorizia; usando una metafora calcistica, siamo però nei minuti di recupero e questa è davvero l'ultima occasione per segnare il gol decisivo per i nostri pastori. Grazie alle manifestazioni di piazza, in questa legislatura, mai prima d'ora a livello nazionale, tutti quelli che ieri avevano dimenticato la parola pecora, oggi hanno sposato la nostra causa. Ecco perché possiamo e dobbiamo farcela, a costo di guidare noi stessi la vertenza con lo Stato e l'Unione Europea.
Tuttavia, non va dimenticato che i momenti bui della pastorizia sarda sono periodici, e i problemi, mai risolti, si spostano e si aggravano nel tempo. Altre volte nel corso degli ultimi decenni abbiamo assistito a diverse crisi, e puntualmente arrivavano documenti, convegni, task force, vertici dove si analizzava la situazione e si offrivano le soluzioni che avrebbero dovuto risollevare le sorti del comparto: sempre tutto uguale, cambiava solo l'anno e magari si erogavano contributi più "a diluvio" che "a pioggia", veniva cancellato con la scolorina l'anno e si ripartiva. Il mercato americano magari si riprendeva e tutto tornava come prima, nel silenzio assordante dei colpevoli. Nulla è cambiato, siamo nel 2010 e come la prima crisi del pecorino (che risale al 1904!) siamo ancora all'anno zero. E la responsabilità, lo voglio ripetere ancora una volta a scanso di equivoci, è di tutti: politici, industriali, cooperative e, seppur in misura minore, anche dei pastori che, intossicati da contributi, hanno spesso smarrito la propria identità per quattro lire più promesse che date.
Ma veniamo ai numeri di quest'ultimo disastro che meglio di tante parole, riescono a far comprendere la gravità della crisi. Questa è, infatti, più pesante perché, a differenza di quelle precedenti non abbiamo più le restituzioni all'export, i consumi in America sono bassi, il dollaro è ancora più basso, l'Unione Europea è più rigida nei confronti degli aiuti di stato, e la pastorizia dei nostri paesi concorrenti è più sostenuta della nostra, le industrie sarde di trasformazione sono deboli perché indebitate ed infine, non ultima, la nostra Regione assesta il bilancio al ribasso forse per la prima volta, a dimostrazione che il nostro mondo sta cambiando in peggio.
In questa lunga crisi congiunturale le difficoltà del comparto ovino sardo sono il riflesso di una più generalizzata crisi dell'agricoltura europea, che negli ultimi decenni non ha saputo rinnovarsi, non ha garantito un ricambio generazionale adeguato. Da noi si è fossilizzata sulla monocoltura del pecorino romano, non ha creato le condizioni per l'integrazione del reddito aziendale, ha visto l'aggregazione della produzione e dell'offerta quasi come una sciagura, non ha sviluppato uffici commerciali in grado di trovare e stimolare nuovi mercati per nuovi prodotti, non ha creato le infrastrutture per incentivare il pagamento del latte a qualità.
Ma non è solo un fatto economico: la crisi del settore ovino, parliamo del 35 per cento della produzione lorda vendibile dell'agricoltura sarda, colpisce il cuore del sistema agricolo, ma anche la nostra cultura millenaria. Mette a rischio la stessa identità della Sardegna, cancella quel ruolo fondamentale che riveste il pastore: salvaguardare l'ambiente e il paesaggio, risorse irrinunciabili per la sopravvivenza della Sardegna. La crisi è ormai diventata un problema di coesione della nostra società e se partissimo da zero sarebbe facile conferire ai pastori l'incarico di presidiare il territorio e, per questo, riconoscergli un compenso adeguato, ma da troppo tempo la Sardegna ha scelto irreversibilmente di attribuire a caro prezzo questa funzione a dipendenti pubblici, e i soldi per la multifunzionalità ambientale non ci sono più.
Tornando ai numeri, oggi il latte viene pagato massimo 65 centesimi, una cifra inchiodata ai primi anni novanta, quando però le restituzioni all'export valevano più di 4000 lire, e il formaggio si vendeva sottocosto: troppo facile. Oggi, i costi aziendali sono raddoppiati rispetto a dieci anni fa ma senza i contributi all'export non siamo più competitivi e, se i 65 centesimi sono una miseria, come dovremmo definire il prezzo del latte se si profilasse lo scenario di un ulteriore ribasso? Con i magazzini dei caseifici stracolmi di 274 mila quintali di pecorino romano, con eccedenze di prodotto per 60 mila quintali, le industrie senza soldi e la possibilità di ritrovarci con 60 milioni di litri di latte senza padrone, il rischio è reale. Basta affacciarsi oltre le coste sarde e osservare cosa sta succedendo in Sicilia dove il prezzo è precipitato a 34 centesimi!
Fin dal suo primo giorno di insediamento, la Giunta ha lavorato per costruire un progetto in grado di frenare la crisi e contemporaneamente programmare il futuro del comparto ovino in Sardegna. Coerentemente con la linea e il metodo di governo di questo Esecutivo, il piano è stato portato avanti confrontandosi costantemente con tutti gli attori della filiera: associazioni di categoria, pastori, industriali, cooperative, Consorzi di tutela, banche, Sfirs. Ogni giorno veniva aggiunto un tassello finché non si è arrivati a un progetto condiviso di cui più volte si è parlato e letto sui giornali: la "stanza di compensazione". Si tratta di un meccanismo in grado di pianificare la produzione annua; gestire le eccedenze della produzione di latte ovino; lavorare insieme ai centri di ricerca per promuovere la diversificazione dei prodotti e la commercializzazione delle produzioni su nuovi mercati.
L'organismo terzo non è stato scelto a caso: esiste già (non si creano dunque nuovi soggetti e non si sprecano altri soldi pubblici per nuove fabbriche), le sue strutture sono di proprietà regionale, avrà uno statuto tutto nuovo per i nuovi compiti che dovrà portare avanti sotto la regia della Regione e sarà rinnovato nelle cariche dirigenziali. Sarà, infine, un organismo fortemente rappresentativo di tutte le componenti della filiera, pastori compresi.
La strategia della Regione si basa dunque non solo su interventi di sostegno (anche attraverso politiche di promozione del prodotto e di educazione alimentare nelle mense scolastiche e ospedaliere), ma anche su azioni strutturali per razionalizzare la domanda e l'offerta e studiare prodotti alternativi al pecorino Romano. Più volte la Giunta è stata criticata perché questo progetto sarebbe carente sul fronte dell'aggregazione dell'offerta e trascurerebbe il ruolo della cooperazione. E' però una critica infondata perché crediamo fortemente nell'aggregazione, nel fare sistema, e il progetto della stanza di compensazione nasce per favorire l'unione delle organizzazioni di produttori esistenti che oggi rappresentano forse l'anello più debole della filiera perché si agisce in ordine sparso. Proprio la stanza di compensazione dovrà divenire una vera e propria grande AOP, un'associazione di organizzazioni di produttori con compiti ben specifici. Soprattutto, un nuovo ruolo e una nuova forza commerciale: sarà creata una rete di venditori che, con le loro valigie piene di pecorino, gireranno l'Italia e il mondo con l'obiettivo di vendere il pecorino Romano e i nuovi formaggi ovini che saranno creati per diversificare la produzione e rompere finalmente una dannosa monocoltura.
Questo progetto era ancora fermo fino a pochi mesi fa, perché le componenti del tavolo tendevano ad alzare ognuna l'asticella verso l'alto: la cooperazione perché non voleva perdere l'autonomia di ogni singolo stabilimento, gli industriali perché spesso aggiustano i bilanci acquistando il formaggio sottocosto dalle cooperative e i pastori che vedono benissimo il diluvio di contributi per loro ma mai interventi per la trasformazione, seppur cooperativa. Ma dopo un anno estenuante di trattative il progetto è stato condiviso dalle associazioni di categoria nel luglio scorso e, alla fine di agosto, ha incassato il via libera all'unanimità da parte del Consorzio di tutela del pecorino romano (composto in pratica dalla totalità dei trasformatori privati e non). Oggi il piano è pronto a partire e sono già disponibili le risorse finanziarie.
La Regione, dunque, vuole essere il principale attuatore del rilancio della pastorizia. Non è però l'unico giocatore di questa difficilissima partita. Finalmente anche lo Stato e l'Unione Europea, che forse fino a poche settimane fa non avevano compreso la gravità di questa crisi, oggi sono coinvolti nel processo di salvaguardia del futuro del comparto che sta portando avanti la Sardegna, insieme anche a quelle altre Regioni dove il settore ovino è trainante nelle rispettive economie agricole.
E' però un processo irto di ostacoli e lungo. Forse troppo, perché tempo non ce n'è davvero più. La burocrazia normativa rischia di far arrivare la medicina quando il malato è ormai irrecuperabile. Anche giovedì scorso a Roma, nel corso del tavolo istituito dal Ministero delle politiche agricole, si è proceduto troppo lentamente, con risposte interlocutorie alle numerose richieste arrivate dalla Sardegna e dalle altre Regioni. Nei prossimi giorni ci riuniremo nuovamente e voglio cogliere questa occasione per lanciare un nuovo appello agli organismi ministeriali affinché capiscano la gravità del momento e si acceleri il processo per mettere in atto tutte quelle azioni in grado di salvare il settore, in Sardegna come nel resto d'Italia.
Ma un ruolo ancora più decisivo potrà averlo l'Unione Europea. A dire il vero, una speranza di interessamento alle sorti del comparto ovino da latte era stata suscitata già nel 2008. Con la Risoluzione del Parlamento europeo del 19 giugno di due anni fa, dal titolo: "Il Futuro del settore ovi-caprino in Europa", l'assemblea di Strasburgo aveva, per la prima volta, considerato il comparto una risorsa da difendere, tutelare e soprattutto sostenere attraverso diversi strumenti finanziari urgenti e con precise linee di guida programmatiche.
E' stato però un fuoco di paglia. Nonostante le indicazioni fornite dal Parlamento, la Commissione europea ha completamente abbandonato il comparto e non ha portato avanti le misure di sostegno individuate. Anche nell'attuale fase di discussione della nuova PAC (Politica agricola comune), le esigenze e le problematiche connesse al comparto non sembrano essere al centro dei temi in discussione.
Proprio in questi mesi si discuterà sul futuro dell'agricoltura in Europa e, sulle basi attuali, non ci sentiamo sufficientemente tutelati, tanto da credere che noi sardi dovremmo trascorrere molto tempo a Bruxelles per convincere Dacian Ciolos e Paolo De Castro a rivedere la posizione della Sardegna sull'uscita dall'Obiettivo 1, a riconoscere più risorse e dignità alla pastorizia e, più in generale, alle aree rurali più svantaggiate dell'Unione Europea
Signora Presidente del Consiglio, Signor Presidente della Giunta, onorevoli Consiglieri, Assessori, al termine di questa mia disamina, e nella solennità di questa Assemblea, mi sia consentito di rivolgere un appello, l'ennesimo, all'unità del mondo agricolo e soprattutto alle associazioni di categoria che lo rappresentano. In queste ultime settimane i toni si sono esasperati, gli animi, stressati da una crisi senza precedenti, hanno ceduto a polemiche su primogeniture che in questa fase così drammatica davvero non portano a nulla. Le organizzazioni agricole riconoscano ufficialmente al Movimento Pastori Sardi il merito di aver fatto tornare di moda le parole "pastore e pecora", e quest'ultimo, però, condivida con esse il contenuto delle proposte, che non devono creare false illusioni ad un popolo, quello dei pastori, che soffre e che ha bisogno di credere in qualcuno che li aiuti a risorgere per salvare la pastorizia, salvare la nostra storia, salvare la Sardegna tutta.
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione generale. Il primo iscritto a parlare è l'onorevole Lotto.
Ricordo ai consiglieri che intendono intervenire che si devono iscrivere entro la fine dell'intervento dell'onorevole Lotto, che ha a disposizione dieci minuti.
Ha domandato di parlare il consigliere Bruno. Ne ha facoltà.
BRUNO (P.D.). Chiedo una sospensione di cinque minuti.
PRESIDENTE. Poiché non vi sono opposizioni la seduta è sospesa sino alle ore 11 e 30.
(La seduta, sospesa alle ore 11 e 25, viene ripresa alle ore 11 e 34.)
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Lotto. Ne ha facoltà.
LOTTO (P.D.). Presidente, oggi si discute in quest'Aula di un tema di cui abbiamo parlato diversi mesi or sono; abbiamo detto tutti che era importante riprendere l'argomento, tutti sembravano consapevoli della gravità della situazione in cui versa il settore agricolo. Per tanti mesi abbiamo continuato a parlare d'altro, a non affrontare il problema. Basta dire che in Commissione agricoltura si è arrivati ad approvare una nuova legge sulla caccia dopo una decina di riunioni, senza mai affrontare in maniera puntuale questo argomento, che credo sia molto più importante per la nostra economia, per la nostra Regione.
Però, se vogliamo essere puntuali, comprendere la situazione, porre in essere delle scelte adeguate, dovremmo innanzitutto capire quali sono i problemi principali, quali i protagonisti, quali i ruoli di ciascuno di questi. E la cosa principale che dobbiamo capire è che in questo momento il reddito delle aziende agricole non è mai stato così basso: oggi, dappertutto, si lavora in perdita. Questo non è accettabile. Il prezzo del latte rappresenta per le aziende agropastorali la voce più consistente (anche se non bisogna mai dimenticare le altre produzioni) e il prezzo del latte oggi, in Sardegna, è molto minore di quello che viene pagato in Francia, in Spagna e in tante altre parti d'Italia.
Questo non può essere soltanto motivo di una lamentela da parte di chi ha la responsabilità della politica regionale, deve essere oggetto di attenzione e di ricerca di soluzioni. Io ho sentito parlare di produzioni troppo alte, di diversificazione produttiva che non c'è, e però ho anche chiesto all'Assessore, in Commissione agricoltura, soltanto quindici giorni fa, di procurarci dei dati, certificati, certi, sicuri, sulla reale situazione di questo settore, non sulla situazione delle aziende agropastorali, che purtroppo conosciamo bene, ma su tutto quello che c'è a valle, su cosa si è fatto affinché la materia prima che tiene in piedi l'intero settore lattiero-caseario venisse ricompensata nella giusta maniera, e tenesse conto in maniera corretta di quello che, dall'intera produzione di latte in Sardegna, si ottiene. Fino adesso si è fatto il contrario, e nessuno, nessuno, tranne la Giunta scorsa nel 2007, ha sollevato in maniera seria il problema. Noi non possiamo consentire che venga pagato il latte in Sardegna sulla base del prezzo del formaggio, che, pur essendo prodotto in quantità significative, ha comunque un valore inferiore.
Ritorno a dire: è importante che si abbiano questi dati. Io non credo che l'Assessore non li abbia, e se li ha perché non li mette a disposizione di tutti noi? Se li ha. E se non li ha perché non lavora e non ha lavorato, visto che già da un anno e mezzo gestisce questo importante settore, affinché ci fossero? Non si ha la giusta consapevolezza neanche da parte sua, secondo me, dell'esigenza di trasparenza e di conoscenza della situazione reale, e anche di togliere questa sorta di cappa e di opacità che investe questo settore. Serve a tutti i protagonisti della filiera, innanzitutto, conoscere la situazione reale, ma serve specialmente a noi, Consiglio regionale, Giunta, Assessore, per capire e decidere. A me risulta che il pecorino romano non sia prodotto nei quantitativi di cui tutti parlano. Può darsi che mi sbagli, o che sbagli chi mi dice questo, ma lo dicono dei tecnici. Noi non possiamo però ragionare sulle ipotesi, dobbiamo avere maggiore certezza per dare maggiore garanzia a chi è destinatario dei nostri provvedimenti e della nostra politica.
In questo settore, in questo quadro, i pastori, che sono i protagonisti principali dell'anello principale, sono anche, occupando circa 20 mila addetti o poco più, una parte importantissima del tessuto economico dell'isola, la parte più in difficoltà ma socialmente più importante, perché rappresentano l'ossatura delle nostre comunità della Sardegna, e rappresentano un presidio del territorio assolutamente irrinunciabile. Altro protagonista principale sono le cooperative di trasformazione, che erano un grande competitore, e che in questo momento stanno rischiando di assurgere a un ruolo di comprimario, e questo non possiamo accettarlo, così come non possiamo accettare che l'industria di trasformazione faccia il bello e il cattivo tempo, anzi, faccia anche il pessimo tempo, visto le ultime notizie che ci arrivano dalla Romania dove, di fatto, abbiamo i principali industriali sardi che fanno concorrenza al nostro sistema economico, con la benedizione del Governo italiano. Non possiamo accettarlo e non lo possono accettare i pastori, e non lo possono accettare tutti coloro che lavorano in questo importante settore.
Di protagonisti, però, ce ne sono stati diversi in questi anni: il Consorzio di tutela del pecorino romano e degli altri formaggi DOP, il Consorzio del latte e le organizzazioni dei produttori; alcuni, pur non avendo conseguito alcun risultato e avendo operato da lunghi anni, li si intende promuovere senza alcuna riflessione sui risultati ottenuti, altri, per i quali sarebbe stato opportuna un'azione di sostegno e di incoraggiamento, come l'organizzazione dei produttori, sono stati abbandonati a se stessi e hanno subito un gravissimo lavorio di demolizione che ha portato a una loro inattività.
La domanda che voglio farle, Assessore, è: ma è pensabile che noi oggi deleghiamo al consorzio latte, che è stato comunque responsabile, insieme ad altri protagonisti, in tutti questi anni, una strategia importantissima di rilancio del settore? E' pensabile che noi non lavoriamo per mettere in piedi, insieme, in Sardegna, quello che a livello europeo viene normalmente messo in piedi e incoraggiato, cioè le organizzazioni dei produttori? E' pensabile che noi paventiamo una proposta di legge, la numero 186, dove di fatto si scambia il ruolo delle organizzazioni dei produttori con quelle delle organizzazioni sindacali? Sono svarioni troppo pesanti per non essere messi in evidenza e per essere sottaciuti.
Ora, noi abbiamo necessità che la Regione svolga un ruolo importante, con le sue strutture tecniche, con la sua grossa fetta di assistenti tecnici che aiutano i pastori ad andare avanti, ma la Regione ha un'importanza fondamentale con l'azione dell'Assessore, della Giunta e del Consiglio e, in questo periodo, la politica dell'Assessore, per quanto nella sua dichiarazione abbia dato l'idea di essere stata di grande richiamo all'unità, di fatto è stata una politica che ha portato a dividere e non a coinvolgere davvero l'intero mondo dell'agricoltura.
Io ho assistito ad alcune discussioni dove di fatto si diceva: "come, non c'è qua il mondo della cooperazione?" Di fatto si è capito che il mondo della cooperazione non è quasi mai stato rappresentato nelle riunioni con gli Assessori. Eppure si è detto: "Siamo arrivati a condividere tutte le scelte che abbiamo messo in piedi". Non si può accettare che lei se la prenda col mondo intero, senza aver costruito davvero, in maniera condivisa, anche col Consiglio regionale, una politica che consentisse di affrontare questo problema. E quella che emerge in questo periodo è una situazione gravissima, e noi non possiamo contrapporci a chi ha voluto porre, all'attenzione dell'intera Regione, un problema di grandissima portata economica e sociale.
E' assolutamente necessario che ai pastori sardi e al loro movimento (e a tutti coloro che lo rappresentano) arrivi una decisione chiara, equilibrata, senza infingimenti, decisione che dimostri che la Regione sta dalla parte della produzione del latte, sta dalla parte dei pastori, sta dalla parte di chi lavora nelle campagne, sta dalla parte delle imprese agro-pastorali. E Non bastano le parole, ci vogliono fatti, ci vogliono fatti che vanno messi in campo con forza e con convinzione.
Le voglio solo fare un esempio e chiudo. Lei ha parlato tantissimo di energie rinnovabili in Sardegna, bene, lei ha deciso di dare importanza, e l'ha detto chiaramente, alle poche imprese serricole che possono fare 100, 150 investimenti, e ha ignorato 20.000 aziende che avrebbero potuto invece essere utilizzate…
PRESIDENTE. Onorevole Lotto, il tempo a sua disposizione è terminato.
E' iscritto a parlare il consigliere Mariano Contu. Ne ha facoltà.
CONTU MARIANO (P.d.L.). Signor Presidente, signori della Giunta, colleghi del Consiglio, credo che l'opportunità che abbiamo in questa mattinata sia troppo importante rispetto ai problemi del comparto del ovicaprino e del complesso della crisi che purtroppo oggi marginalizza ancora di più il mondo delle campagne sarde. Noi dovremmo trovare in questo appuntamento le energie necessarie affinché sul tema si riprenda a ragionare per la ricerca di quei momenti di incontro tra le istituzioni e il mondo delle campagne sempre più difficili, e le contingenze internazionali, la crisi del comparto, le contrapposizioni di un mondo abbastanza complesso e articolato, ha portato, spesso e volentieri, negli anni, a trovare più divergenze che convergenze.
Signor Presidente, nei giorni scorsi la Commissione agricoltura ha incontrato tutti gli attori più importanti di questo comparto; ha incontrato anche le rappresentanze del mondo dell'imprenditoria agricola con cui si è confrontati e da cui abbiamo ricevuto tutta una serie di sollecitazioni per trovare di nuovo il filo conduttore di un programma che deve farsi programmazione, deve farsi attenta riflessione, attento confronto, per trovare, tutti quanti assieme, quella spinta necessaria perché a Roma e in Europa, finalmente, comincino ad ascoltarci. Non mi pare che questa volontà si sia ancora palesata agli operatori delle campagne; ai nostre imprenditori agricoli dovremo dare più certezze.
17 mila 518 aziende che operano nel settore, con la cura di circa 3 milioni di capi: questo è un tema da affrontare seriamente. Occorre avere la certezza di quanti siano realmente gli operatori e a quanto ammonti il patrimonio ovicaprino altrimenti ci vengono a mancare i più elementari punti di riferimento. Siamo certi della volontà di questi nostri imprenditori di continuare a investire nelle loro aziende, investire con il proprio lavoro, investire con le proprie risorse, ma sappiamo benissimo che le risorse a disposizione sono sempre meno, e come di una crisi che non è iniziata oggi, o nel 2009, ma che noi abbiamo conosciuto anche nel passato.
Anche la Commissione agricoltura, nella tredicesima legislatura, ha avuto l'occasione di affrontare il problema percorrendo più o meno la stessa strada. Mi sembra però che noi siamo ancora al punto di partenza, e non di certo a un punto d'arrivo. E allora opportuno riconoscere che le misure dell'emergenza spesso non risolvono i problemi. Al ritiro dal mercato di 70.000 quintali di pecorino romano non si può semplicemente rispondere con la collocazione dello stesso prodotto nelle mense, perché in molti casi questo prodotto non è un commestibile (perché a questo assurdo potremmo arrivare), per cui dovrebbe essere collocato sul mercato in maniera diversa, indirizzato a un uso industriale, piuttosto che al consumo diretto umano.
Noi sappiamo tra i nostri prodotti qualificati come DOP, per buona parte troviamo il pecorino romano e per minima parte il pecorino sardo e il fiore sardo. Bene, la differenziazione delle produzioni forse tra le prime questioni di cui dovremmo occuparci, consapevoli che è la commercializzazione di questi prodotti passa attraverso dei capestri dovuti soprattutto alla carente cultura del marketing, non solo in questo comparto ma in tutti quelli del mondo agricolo sardo. Noi sappiamo che la più grossa difficoltà non è la produzione, ma principalmente la presentazione e la collocazione sui mercati di prodotti, per quanto siano di qualità.
Io credo che noi non possiamo ignorare il fatto che manchiamo di una programmazione sulle produzioni, manchiamo di una programmazione sulle trasformazioni, manchiamo di una programmazione sulla commercializzazione. Ecco, questi sono i punti che sono stati evidenziati nelle discussioni dei giorni scorsi, e credo che questi tre siano i punti di partenza da cui dovrebbe prendere il via la nuova azione della Regione verso questo comparto. Lo diceva poc'anzi anche l'assessore Prato: il grosso difetto che abbiamo nel comparto è un'insufficienza delle infrastrutture delle aziende, la prevalenza di aziende piccole o di ridottissime dimensioni, la frammentazione e la distribuzione nel territorio, e se è vero che questo mondo vive nelle zone marginali del territorio regionale, è altrettanto vero che a questo si accompagna un grosso deficit, ossia la scarsa disponibilità non solo di risorse finanziarie, ma soprattutto di risorse idriche sufficienti e a un costo accettabile.
Un tema, anche questo, sul quale stiamo discutendo e apriremo la discussione anche in Commissione perché, oltre all'insularità, noi paghiamo anche l'isolamento (e questo è un problema che non devo portare all'attenzione io) e all'isolamento si accompagna una carenza di risorse finanziarie che vengono meno anche per il costo dell'acqua. Allora, il costo della produzione diventa altissimo, a partire da un ricavo irrisorio rispetto alle risorse che sarebbero necessarie a mantenere vivo e vitale il processo produttivo. Infatti, problema urgentissimo - ricordo che il tema è stato portato all'attenzione del Consiglio anche nella legislatura scorsa - è ad esempio quello del costo del latte che essendo troppo basso non riesce a dare ristoro alle aziende. Questo è un altro punto critico di cui dobbiamo occuparci, ma per risolverlo dobbiamo renderci conto che occorre mettere a disposizione risorse più consistenti rispetto a quelle fino a oggi reperite per rivitalizzare le imprese, o integrare le economie aziendali con il pagamento del prezzo del latte che non trova sul mercato l'adeguato riconoscimento del suo valore. Ci è stato detto nei giorni scorsi che in Toscana e nel Lazio il prezzo riconosciuto per il latte ovino è decisamente superiore rispetto a quello che si riesce ad avere qui in Sardegna. Bene, molto probabilmente...
PRESIDENTE. Onorevole Contu, il tempo a sua disposizione è terminato.
E' iscritto a parlare il consigliere Daniele Cocco. Ne ha facoltà.
COCCO DANIELE (I.d.V.). Presidente, onorevoli colleghi, signori della Giunta, la riunione del Consiglio di oggi riveste una grandissima importanza, perché si va a discutere non di una qualsiasi crisi di settore, ma della crisi del comparto agropastorale, in particolar modo del comparto ovicaprino, e il mestiere del pastore, lo sappiamo, non è un mestiere qualsiasi: è il mestiere che da sempre ha dato connotazione e identità alla vita del popolo sardo e, soprattutto nelle zone interne, rappresenta la figura sociale preminente dentro quelle comunità. I territori ove i pastori operano e vivono versano in condizioni estremamente critiche, dietro l'angolo non si intravede più neanche la speranza.
Gli scenari sono sempre più drammatici e la crisi profonda non è stata percepita, finché il mondo delle campagne in maniera clamorosa non ha fatto sentire la sua voce insieme alla sua disperazione. Non sono state sufficienti le diverse rimostranze, i ripetuti allarmi che tramite interpellanze e mozioni sono stati presentati da questi banchi a rappresentare una situazione che non aveva bisogno di primogeniture e padrini politici, ma estrema necessità di risposte serie e concrete, al di fuori delle appartenenze politiche, degli slogan, dei luoghi comuni e della propaganda.
Oggi i pastori non hanno bisogno e non vogliono la solidarietà di nessuno, tanto meno della politica che non risolverebbe i loro problemi, ma la politica deve cogliere l'opportunità e deve fare proprio il dovere di dare soluzioni concrete e reali su delle piattaforme serie, presentate dal movimento dei pastori sardi e dalle associazioni di categoria. Oggi, e non domani, dobbiamo calendarizzare gli interventi, e la Giunta deve poter dire quello che si può fare subito e quello che si dovrà costruire in un percorso sapiente e realista. Il Presidente e la Giunta hanno dei compiti e degli obblighi istituzionali, il Consiglio anche, la maggioranza ha un ruolo e l'opposizione un altro.
La straordinarietà della crisi, che per noi è situazione ordinaria, obbliga tutti a dimenticare appartenenze e gioco delle parti. Da questi banchi ci sarà il massimo sforzo, con grandissimo senso di responsabilità, alla collaborazione per il conseguimento di un obiettivo che deve essere comune. Vogliamo che il latte non sia essere la tomba dei nostri pastori, ma la culla economica e culturale che ridia la vera identità e una nuova sicurezza sociale alle nostre comunità. Siamo grati ai pastori sardi per quello che da sempre rappresentano, ma soprattutto perché con le loro iniziative possono riaprire una grande vertenza e un serio dibattito sulla questione delle zone interne e sul superamento definitivo della divisione tra una Sardegna di serie A e una di serie B.
Chiudo facendo un appello all'Assessore. Assessore, io sono stato molto attento al suo intervento ma devo dire che non ho capito molto. Mi sembra che fra la prima parte e le conclusioni ci sia stata una grossa contraddizione. Si parla di contributi a pioggia e poi si chiede di tornare sull'Obiettivo 1. Io, ripeto, non ho capito molto. Dico e chiedo questo: il movimento dei pastori e tutte le associazioni di categoria, in maniera seria e responsabile ci hanno posto delle domande sulle quali hanno necessità immediata di risposte. Ci sono 12, 13, 14 punti. Io vorrei che dal Consiglio di oggi su questi punti arrivassero delle risposte serie, si dicesse "questo si può fare", il primo punto si può risolvere, il secondo anche, il terzo no, il quarto sì, però diamo risposte, siamo realisti, non illudiamo nessuno perché la disperazione del mondo pastorale ha solo necessità di risposte.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Planetta. Ne ha facoltà.
PLANETTA (P.S.d'Az.). Presidente, Assessore, credo che oggi non bastino dieci minuti per parlare di questo problema. Non basterebbero delle ore per parlare di fatti e di circostanze che vorrei definire grotteschi e irreali, persino vergognosi. Colleghi, credo che non porti a nulla ripetere storie, concetti, proposte che ho avuto modo di sentire miliardi di volte se poi resta tutto come o peggio di prima: la tracciabilità dei prodotti, i marchi di denominazione, le infrastrutture che mancano, i collegamenti, i trasporti, la burocrazia eccessiva, la politica di investimenti che manca! Tante parole che lasciano solo un suono vuoto, un rumore fastidioso che poi passa e a cui non corrispondono necessariamente i fatti, le azioni conseguenti e i risultati.
Allora finalmente possiamo chiamare queste cose col loro nome, proviamo a chiamare in causa le vere responsabilità e ad assumercele, ognuno per la sua parte: politica, sindacati, industriali, agricoltori, pastori. Mi rattrista dirlo ma ci troviamo di fronte a una tragedia le cui vittime, purtroppo, politica e istituzioni, hanno difeso soltanto con parole, con chiacchiere e specchietti per le allodole, dilazionando le soluzioni come fossero miraggi e non, invece, offrendo quelle risposte che con onestà tra le parti e buona volontà si sarebbero potute dare.
Faccio un piccolo esempio, quello della legge numero 44 dell'88, una storia pazzesca, vergognosa, che ha rappresentato e rappresenta una tragedia irreversibile che ha prodotto migliaia di vittime tra gli operatori delle nostre campagne, una storia di persone ridotte sul lastrico che hanno perso l'azienda, hanno perso la casa, si sono imbarcate in improbabili battaglie legali dall'esito scontato e addomesticato, e davanti a queste vittime ancora non appare nessun colpevole, benché a monte di tutto vi fosse la clamorosa inadempienza della Regione, che non notificò preventivamente la sua decisione alla Commissione europea come previsto dal Regolamento CE. Invece incredibilmente, dopo più di vent'anni dall'approvazione di questa legge, a pagare le conseguenze gravissime della sua illegittimità sono state solo ed esclusivamente le aziende agricole sarde.
E' vero che per quanto riguarda la richiesta di ristrutturazione del debito delle aziende agricole, riguardante le aziende coinvolte in questa legge, siamo pervenuti in questa legislatura alla stipula di un apposito protocollo che ha visto i consorzi fidi a fornire garanzie a prima richiesta e poi le banche acconsentire alla ristrutturazione del debito e alla sua proroga e ha permesso di ridurre le garanzie patrimoniali fornite dalle imprese. E' vero anche tanto altro. E' vero che, debbo dire, una parte della proposta proveniente da questo settore agropastorale è condivisibile, le proposte sono suscettibili di un accurato approfondimento ed è vero che è necessario assicurare un regime di piena concorrenza all'interno del mercato del latte e del formaggio e quindi la necessità della valutazione del mercato del latte ovino in Sardegna con un osservatorio regionale sulla concorrenza che non è stato ancora attuato.
E' vero tutto questo, però ci portiamo dietro una crisi piena e totale del settore agropastorale. Migliaia di famiglie disperate sul lastrico, centinaia di aziende e terreni venduti all'asta agli speculatori di turno, mentre alcuni istituti di credito continuano a percepire semestralmente il concorso degli interessi da parte della Regione benché i mutui non siano ancora stati revocati. E le aste continuano ancora oggi mentre Regione e Governi di qualsiasi colore continuavano a dare risposte inconcludenti.
Lo voglio dire con chiarezza, vogliamo che la discussione di oggi abbia un senso, dobbiamo guardare alle effettive responsabilità che hanno consentito agli sciacalli e agli strozzini di lucrare indebitamente alle spalle di agricoltori e pastori e di mandare tutta la Sardegna all'asta. Mi riferisco anche a chi, nell'ambito della pubblica amministrazione e del pubblico servizio, ha negligentemente operato determinando di fatto questo disastro e non ha - a vari livelli e con tutta evidenza - adempiuto al proprio dovere. Ecco, già da gennaio di quest'anno, noi come Gruppo, abbiamo proposto un'interrogazione in tal senso. Vorrei approfittare di questa occasione per sollecitare una risposta.
Ma poi oggi, sempre entro questi dieci minuti dati dal Regolamento, dobbiamo parlare anche di come agire sul prezzo del latte, che per alcuni pare essere la diretta conseguenza di errori esclusivi dei pastori (e qualche possibilità l'ho accennata poc'anzi), ma di chi sono le responsabilità vere di non aver saputo dare delle strategie, di non avere avuto le capacità di leggere il mercato, di adattarsi alla soluzione più facile contando in caso di crisi solo sulla protesta dei pastori? Io credo che il problema sia nato negli anni '80-'90 con i contributi FEOGA, che hanno spinto quasi tutta la produzione verso il pecorino romano, e perciò credo che anche gli industriali debbano fare il loro mestiere, che consiste anche nel marketing, nella ricerca e nello sviluppo, senza addormentarsi su successi effimeri e rendite di posizione.
L'attuale crisi del pecorino romano - e non credo di sbagliarmi - non è più da annoverare tra le crisi cicliche conosciute. Purtroppo, a me pare, ha tutte le caratteristiche di una crisi strutturale: è a questa crisi che bisogna porre rimedio, ognuno per la sua parte. Ma insomma, io chiedo agli industriali se essi ritengano, in coscienza, che 60 centesimi offerti per litro di latte siano il prezzo giusto da pagare ai pastori, il prezzo massimo che in questo particolare momento essi possano offrire senza rischiare il fallimento, e chiedo agli allevatori se davvero ritengono percorribile e strutturalmente risolutiva la proposta di farsi erogare 40 milioni di euro di cui 20 a perdere per risolvere la crisi disponendo un aiuto all'export dei nostri formaggi.
Chiedo ancora a tutti noi - e in particolare a lei, Assessore - cosa impedisce al Governo nazionale (in cui i suonatori cambiano ma la musica per la Sardegna è sempre e continua a essere da secoli la stessa) di trovare i soldi anche per nostri pastori, come ha già fatto in maniera quasi rocambolesca per gli "splafonatori" di mestiere del latte vaccino, e come pure ha fatto l'Unione Europea, questa volta legittimamente, che è riuscita a trovare risorse straordinarie per tutti gli allevatori di bovini da latte approvando deroghe e correggendo regolamenti? Ebbene, Assessore, cosa ci vuole? Cosa ci vuole perché si faccia altrettanto con gli allevatori di ovini rileggendo, per esempio, la risoluzione approvata dal Parlamento europeo il 19 giugno del 2008?
Io credo che sia a tutti ormai evidente che il vero e grosso problema della filiera sia determinato per una parte significativa dalle lacune manageriali sia dei pastori sia dei trasformatori del latte. Dico questo con grande convinzione e con spirito costruttivo richiamando per prime, come ho già detto, le responsabilità della politica e della pubblica amministrazione. Sarà dunque necessario lavorare ad una nuova classe manageriale che, appunto, strutturi queste fondamentali realtà economiche secondo logiche e funzioni aziendali, con la creazione di unità (siano esse di pastori o industriali caseari) che operino su marketing e comunicazione, su ricerca e sviluppo.
Sarà anche necessario, se non indispensabile, lavorare e ricostruire un rapporto di lavoro e di confronto con il settore, mediato però da una rinnovata rappresentanza sindacale che oggi molto spesso, fatta salva qualche eccezione, non si pone quale controparte reale del Governo regionale e con il quale pare invece essere, soprattutto di questi tempi, più impegnata ad andare d'accordo, a prendersi persino la briga, come c'è capitato di assistere molte volte, di soccorrere l'Assessore dell'agricoltura magari in cambio di piccole e ristrette rendite di posizione...
PRESIDENTE. Onorevole Planetta, il tempo a sua disposizione è terminato.
E' iscritto a parlare il consigliere Cuccu. Ne ha facoltà.
CUCCU (P.D.). Presidente, signor Presidente della Giunta, colleghi, Assessori, la vertenza del latte ovino e la mobilitazione dei pastori, delle associazioni, non è che la punta dell'iceberg di uno stato di crisi molto più ampio che riguarda l'intero comparto agricolo. Questa Giunta, questo Assessore, questa maggioranza sono incapaci di affrontare la realtà, di aggredire la crisi. Non si avverte nessuna sensibilità sua Assessore né della Giunta rispetto al grido d'allarme che arriva dalle campagne.
La crisi che attanaglia il comparto ovino è comune a tutti gli altri comparti dell'agricoltura isolana, se pensiamo a cosa sta avvenendo con i cereali: 13 euro per un quintale di grano; e poi il comparto orticolo, il vitivinicolo (si prospetta una vendemmia disastrosa almeno nella quantità). Ma è una crisi che riguarda l'intero settore primario in tutto il mondo; c'è una perdita di competitività e di qualsiasi requisito che rende settore economico il settore primario. Negli anni la ricchezza è passata dal settore primario al settore secondario e terziario.
Quanto costava 10 anni fa un quintale di concime e uno di mangime e quanto costano oggi? E quanto viene pagato oggi un litro di latte o un quintale di grano? Quando il grano si portava al forno, per ogni quintale veniva corrisposto un quintale di pane; stiamo parlando di 30-40 anni fa. Se oggi i rapporti sono invertiti vuol dire che i margini di guadagno sono passati dalle campagne alla trasformazione e al commercio. E il nostro Assessore che cosa fa? Fa spallucce, inizia dicendo che nessuno può sentirsi innocente, attacca il Consiglio su un emendamento di una proposta risibile rispetto a quello che si aspetta il mondo delle campagne e fa un'autodifesa: tutti colpevoli eccetto l'assessore Prato. Un'autodifesa allucinante, colleghi, di fronte alla drammaticità della crisi.
Capisco il momento politico che vive la Giunta, che vive anche l'assessore Prato, ma la Sardegna non merita questo. Bisogna dire basta alle ipocrisie, Assessore. Lei, a proposito dei francesi, dice che si difendono i furbi, ma cosa dice l'Assessore della Lega al quale pare lei sia molto vicino e che difende invece gli splafonatori di professione, come li ha definiti Planetta? Planetta l'ha richiamata in quella direzione. Basta con l'ipocrisia Assessore! Il mondo delle campagne non merita la sua relazione burocratica e scolastica; sono necessari interventi decisi signor Assessore, interventi per aggredire la crisi che affrontino la contingenza, interventi strategici e di prospettiva, il mondo delle campagne chiede a lei delle risposte, delle proposte.
Quali idee mette in campo per favorire il miglioramento delle condizioni per l'accesso al credito, per esempio? Quali interventi legati alla comunicazione, alla promozione delle vendite e all'informazione dei consumatori sulla peculiarità dei formaggi pecorini Dop della nostra Isola, aldilà delle proposte suggestive da piazzista degli agenti che girano con le valigie piene di formaggio? Ci vogliono proposte concrete, Assessore, i sardi vogliono che lei dia attuazione alle leggi che ci sono. Per esempio, che si dia attuazione, finalmente, a quella sulla promozione dei prodotti agricoli, approvata quest'anno. Che fine ha fatto quella legge, dove l'ha accantonata? Quella è una legge che promuove i prodotti agricoli, e lei se n'è fatto padrone: è stata approvata da questo Consiglio, ma non viene attuata. Oppure quella sui consorzi di bonifica, che garantisce un prezzo equo dell'acqua. Perché nemmeno questa viene attuata? Allo stesso tempo c'è una delibera "oscurata".
Non sappiamo, infatti, cosa voglia fare in merito all'indizione delle elezioni o alla sostituzione dei commissari. Perché è oscurata questa delibera? Dia attuazione alle leggi Assessore, il mondo delle campagne, e i pastori in particolare, si aspettano da lei una posizione chiara e non reticente nei confronti della trasformazione, nei confronti degli industriali. Ci dica chiaramente se è d'accordo con noi sul fatto che il rischio d'impresa debba essere ripartito tra gli industriali e gli allevatori. Oggi non è così, il prezzo del latte è determinato dal prezzo del formaggio che gli industriali riescono a spuntare sul mercato con dinamiche che sono ribaltate rispetto a tutti gli altri settor,i come se il prezzo del petrolio fosse determinato dal prezzo della benzina, tutti quanti noi che andiamo a fare il pieno sappiamo che non è così, è il prezzo del petrolio che detta il prezzo della benzina, e non il contrario.
I pastori vogliono che lei dica parole chiare agli industriali, il prezzo del latte deve essere determinato sulla base dei prezzi di mercato di tutti i formaggi, del latte ovino e non solo del pecorino romano ma anche da un sistema di calcolo che tenga conto dei costi di produzione. Cosa che oggi non avviene. Deve dire chiaramente da che parte si schiera. E' necessario che la Giunta intervenga con misure che supportino la presenza del formaggio sul mercato ma anche qui con misure serie, non con proclami. E' necessario, in buona sostanza, ascoltare il grido d'allarme che arriva dalle campagne, non basta invocare ascolto a Roma o in Europa come invoca l'onorevole Contu, è necessario anche che a Cagliari ci sia qualcuno che ascolti e non si autodifenda.
Assessore Prato, lei in questi 18 mesi ha fallito nel suo mandato, non può andare a cercare responsabili, lei c'è 18 mesi qua, non abbiamo traccia di una politica, di un'idea, di un progetto per il mondo delle campagne. La sua stessa maggioranza la sta richiamando, la sua stessa maggioranza sta dicendo che lei non può stare lì, lo sta dicendo il presidente Cappellacci, lo stanno dicendo tutti i Gruppi di questo Consiglio regionale. Lei ha fallito nel suo mandato, per il bene dell'agricoltura sarda lasci questo ingrato compito ad altri.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Rassu. Ne ha facoltà.
RASSU (P.d.L.). Concordo con il collega Planetta quando dice che è impossibile condensare in 10 minuti un intervento su una problematica complessa come quella che stiamo affrontando oggi. Io sono nel Consiglio regionale da 12 anni, ed è la prima volta che in quest'Aula si dedica una sessione ai problemi dell'agricoltura e dell'allevamento, sarebbe opportuno farlo anche per la politica sul credito, e anche per l'industria. Ad ogni modo ben venga questo momento, che è arrivato grazie ai movimenti e agli scioperi che le associazioni di categoria e il movimento pastori sardi hanno portato sino a Cagliari e sino a Roma.
Continuate, non dovete e non dobbiamo fermarci, per essere chiari. L'obiettivo da raggiungere è uno: individuare un prezzo equilibrato per il latte. E' inutile girarci intorno:ad oggi ancora non esiste una strategia che consenta di far questo, e io spero che ora si possa trovare. Un litro di latte oggi costa in Sardegna 0,70-0,72 centesimi, il prezzo di vendita è 0,56-0,60 centesimi. Per ogni litro di latte, praticamente, il pastore perde 0,15 centesimi. Io dico pastore nel senso nobile della parola, per essere chiari. Il costo di produzione in Sardegna è del 30 per cento superiore al costo di produzione che affronta lo stesso pastore sardo nel Lazio o in Toscana.
Il prezzo del latte conferito al pastore sardo nel Lazio e in Toscana è pari a un euro, spuntano anche 1,10. Ecco dove è il vulnus: a fronte di un costo di produzione che in Sardegna è il 30 per cento superiore a quello che affronta il pastore sardo nel Lazio e in Toscana il prezzo del latte è di circa la metà. Tutto ciò è dovuto alla mancanza di infrastrutture e continuità territoriale, alla condizione di insularità, al costo del danaro, al costo dell'energia e quant'altro. E allora, questo è proprio un discorso spicciolo: in questo momento dobbiamo accertare se esista o meno in Sardegna un cartello fatto dagli industriali che condizioni il prezzo del latte perché, ha detto bene Cuccu, è impossibile, il prezzo della materia prima è determinato dall'incontro tra la domanda e l'offerta, non può essere determinato dal prezzo del prodotto finito: così si è ribaltata una regola importantissima del mercato. Su questo dobbiamo misurarci e bisogna approfondire il problema, trovare le cause e intervenire.
E' necessario quindi intervenire sui fattori della produzione, sui fattori che concorrono alla formazione del prezzo - l'ho detto varie volte in quest'Aula - affinché venga equilibrato il costo di produzione. Se l'allevatore continentale per fare 100 metri parte da questo traguardo, e l'allevatore sardo parte 30 metri dopo, non potrà arrivare mai al traguardo dei 100 metri assieme al suo collega del continente. E' indispensabile intervenire anche con l'Unione Europea e con il Governo italiano, soprattutto pensare a trovare la formula da presentare, quindi la strategia, affinché venga in qualche maniera abbattuto questo gap negativo, che condiziona pesantemente tutta l'economia isolana. E non illudiamoci, guardate che sull'economia agropastorale, agricola in genere, si basa la sopravvivenza economica dell'Isola.
Sappiamo in che difficoltà si trovi l'industria in questo momento, e tutto l'indotto. La cultura agropastorale, l'economia agropastorale è un'economia identitaria. I nostri centri dell'interno, se vanno via i pastori, non possono assolutamente sopravvivere. E allora è necessario, come diceva qualcuno, pensare seriamente a questo problema, è necessario intervenire. Quali possono essere gli interventi? Innanzitutto occorre trovare uno strumento che possa intervenire sulla ristrutturazione finanziaria e sul consolidamento dei debiti che pastori e agricoltori hanno con le banche. E i metodi ci sono, il modo c'è! Il modo, senza turbare il mercato, esiste.
Io ho presentato una legge, all'inizio della legislatura, che ancora dorme. Questa legge non è stata mai sta discussa, possono essere presentate altre leggi, e comunque sia è necessario intervenire su questo, perché oggi le nostre aziende sono in mano alle banche, tutto il sistema agropastorale sardo è in mano alle banche. E non vado a indagare sugli anni scorsi, per scoprire se ci sia stato anatocismo, che sicuramente c'è stato. E' indispensabile ricontrattare il rapporto con l'Unione Europea, sono rapporti stabiliti cinquant'anni fa, quando si stabilirono determinate linee di sviluppo che niente avevano a che fare con la nostra economia. Oggi sono cambiati i tempi, noi non possiamo permettere che l'economia sarda venga affossata, perché di questo stiamo parlando, della sopravvivenza dell'intera economia isolana.
Ma bisogna pur presentare delle soluzioni, è necessario da subito rivedere alcuni interventi nel PSR regionale, su determinati assi, parlo in pratica dell'asse 3 specificamente, equilibrando gli sforzi, andando a investire, a dare incentivi non a pioggia, bensì identificando dei veri e propri distretti di intervento agricolo: laddove è necessario intervenire sull'agricoltura intensiva si dovrà incentivare l'agricoltura intensiva, laddove è necessario intervenire sul mondo pastorale si dovrà incentivare l'economia pastorale, e così via. Quindi promuovere una vera e propria strategia, una strategia che per il futuro possa, nel medio termine, dare uno sbocco all'economia agropastorale.
Io, come al solito, ho preparato sempre degli appunti che poi non riesco mai a leggere. Faccio un esempio per tutti. Noi consumiamo in Sardegna qualcosa come 3 milioni di quintali di mangime, importiamo 100 mila quintali di formaggio fresco, produciamo una quantità di formaggio e derivati tali che non soddisfano il 50 percento del nostro fabbisogno. Di questo non ha mai parlato nessuno. E allora, dico io, vuol dire che la domanda latente è fortissima, quindi come mai non riusciamo a spuntare un prezzo di una materia prima che riesca a sopperire più del il 50 percento della domanda che c'è in Sardegna?
Noi importiamo il 50 percento di quello di cui abbiamo bisogno: importiamo oltre 100 quintali di olio, importiamo il 75 percento della frutta, della carne che ci serve, dei cereali. In questi anni abbiamo perso il 25-30 percento delle aziende agricole. Il prezzo del grano in Sardegna è 13 euro, in continente è 24-25 euro. Vogliamo analizzare questi fenomeni? Vogliamo vedere quali sono le cause? Vogliamo scoprire quali possono essere le soluzioni possibili, i progetti da studiare, da mandare avanti, tutti assieme nella filiera, a partire dal produttore, per arrivare all'industriale, alle cooperative, alla Regione e alle istituzioni?
E' il momento di essere uniti e non di dividersi, è il momento di essere tutti uniti, affinché ognuno possa dare il proprio contributo, dalla politica al più piccolo allevatore. Non stiamo salvando un settore, stiamo salvando l'intera economia sarda. E' necessario soffermarci su questo, senza voltarci dall'altra parte. Le responsabilità le conosciamo tutti, abbiamo tutti responsabilità, tutti, ma è urgente intervenire in questo momento, per far sì che il nostro allevatore possa avere una retribuzione sul prezzo del latte, se non altro pari a quella che ha in continente lo stesso pastore che ha 300 pecore.
Con 300 pecore prima si mandavano a studiare i figli all'università, oggi 300 pecore non riescono a sfamare l'allevatore, perché il reddito di 300 pecore non basta a pagare le spese aziendali. I costi di 300 pecore sono 25 mila euro, i ricavi sono pari a 31 mila euro, senza contare la retribuzione del pastore, gli interessi bancari, e quant'altro. Come si fa a sopravvivere? Ecco dove bisogna studiare, senza perderci in chiacchiere, senza perderci in spot pubblicitari è necessario sbattere…
PRESIDENTE. Il tempo a sua disposizione è terminato. E' iscritto a parlare il consigliere Sabatini. Ne ha facoltà.
SABATINI (P.D.). Presidente, nell'ultima seduta di Consiglio, ci siamo occupati della vertenza sulle entrate, un tema importante e, abbiamo visto, non di facile soluzione. Credo che il tema di oggi, la crisi del settore ovino-caprino, sia un problema di altrettanta difficoltà, di altrettanta complessità, in cui si intrecciano diverse questioni, e senz'altro non è facile trovare le soluzioni, perché da tempo ci occupiamo di questo tema.
Lei, Assessore, ci dice: "E'necessario affrontare il tema con ponderatezza, non cavalcando la protesta". Io credo però che la protesta non possa essere snobbata, non possa non essere tenuta in considerazione, ed è per questo che mi indigno innanzitutto davanti a documenti ufficiali della Regione autonoma della Sardegna, che ho stampato dal sito, e che chiunque può stampare, in cui lei esprime la posizione della Regione sugli argomenti sollevati dal Movimento pastori sardi, e usa una terminologia che non ritengo adeguata, che offende tutti noi, offende l'istituzione che lei rappresenta: "senza che Felice il demagogo muovesse un dito", "quando Felice il demagogo non era ancora in letargo", "Felice il demagogo dormiva". Queste non sono espressioni di chi ascolta, io so che non è vero quanto lei afferma. Molte associazioni di categoria non sono state coinvolte, non sono state ascoltate.
Allora bisogna incominciare ad ascoltare, perché c'è un merito delle associazioni di categoria, del movimento pastori, quello di aver sollevato la questione, anche attraverso l'opinione pubblica, a livello nazionale, e aver posto un problema, la difficoltà delle aziende agricole, la difficoltà delle famiglie in questo momento. Io sabato ho preso la macchina e sono andato in giro per il mio territorio, in Ogliastra, e ho incontrato diversi pastori, ho concluso un incontro al caseificio di Tertenia, e le assicuro che in questi ultimi mesi la situazione è drammatica, per i pastori e per le loro famiglie. Dunque, a loro innanzitutto dobbiamo dare una risposta.
Io credo che dobbiamo scindere le tipologie degli interventi: ci sono degli interventi da attuare nell'immediato e ci sono degli interventi che sono strutturali, che vanno affrontati e che sono stati affrontati. Allora vorrei partire da quelli strutturali. Il primo punto: l'opacità del mercato, oggi non abbiamo a disposizione dei dati chiari. Io nella scorsa legislatura ho seguito con molta attenzione, questo problema e mi ero illuso che si fosse arrivati a un punto importante, si fosse fatto un passo avanti. Si firmò un accordo, fu un accordo storico che portava le firme dei produttori, dei trasformatori e anche di chi commercializzava il latte.
In quell'accordo vi era un punto fondamentale con cui finalmente si monitorava il mercato, si monitoravano le produzioni, si monitoravano i costi di produzione, i costi di trasformazione, i costi di commercializzazione. Si aveva la possibilità di avere dei dati certi sulle giacenze e sulle vendite, cosa che oggi non c'è. Quell'accordo purtroppo fu tradito da una parte della filiera, e sappiamo bene da chi fu tradito! Allora, c'è uno studio dell'Università di Sassari - che ho letto qualche giorno fa - in cui si afferma chiaramente che scompaiono, a un certo punto nella filiera, importanti risorse tra la trasformazione e la commercializzazione, sono delle risorse che dovrebbero andare ai produttori e che invece intascano altre parti della filiera. Vuol dire che la parte più debole si vede scippare delle risorse che potrebbero invece andare ad aumentare quei 60 centesimi per cui viene valutato e pagato il latte nelle campagne.
E' chiaro che esiste quindi la necessità di organizzare, non attraverso il Consorzio del pecorino romano, che non ha certamente garantito quel lavoro di monitoraggio della filiera, ma attraverso un organismo nuovo. E' stato ricordato da chi mi ha preceduto che esiste una legge, approvata in questa legislatura, che prevede un monitoraggio, un'entità che svolga questo compito. Si tratterebbe solo di attualizzarla, non credo che il Consorzio del pecorino romano possa garantire il monitoraggio e la trasparenza del mercato.
Il secondo punto: l'organizzazione del mercato. E' vero, noi non abbiamo - diceva Rassu - saturato, importiamo altri formaggi senza consumare il prodotto sardo ma è anche vero - lo sappiamo tutti - che anche se riuscissimo a saturare il mercato in Sardegna con tutto il prodotto sardo potremo consumare solo un terzo di quello prodotto. Due terzi dobbiamo esportarli per forza di cose, a meno che non decidiamo di far chiudere alcune aziende agricole, un terzo circa. Quindi, dobbiamo impegnarci a commercializzare e a esportare, dato che esportiamo soprattutto pecorino romano, che costituisce il 44 per cento del volume della produzione, e siccome non esiste nel mercato una crisi del pecorino sardo è il pecorino romano a essere in crisi, crisi causata dal raddoppio delle produzioni da parte della Grecia e della Spagna, da una diminuzione della richiesta di questo prodotto da parte degli Stati Uniti d'America, della crisi economica. E' chiaro allora che è necessario rafforzare la commercializzazione. E come si rafforza la commercializzazione? C'è un percorso avviato, importante, su cui si è studiato, si è messo a punto un percorso il cui punto d'arrivo erano le O.P., le organizzazione dei produttori, che lei oggi richiama, ma che in 18 mesi sono state totalmente ignorate. Non s'è lavorato per l'organizzazione dei produttori, per la costituzione dell'organizzazione dei produttori, per la valorizzazione e per il finanziamento. Non riesco a spiegarmi, ad esempio, come mai non siano stati fatti bandi come in altre regioni sui progetti integrati di filiera, che erano uno strumento per finanziare quegli organismi che sono fondamentali per avviare e rafforzare la commercializzazione, perché noi certo dobbiamo imparare a vendere il nostro prodotto, perché è un prodotto di valore, apprezzato ma venduto male. Questo è l'unico strumento che abbiamo, che conosciamo e che è stato appurato anche da studi scientifici: le organizzazioni dei produttori.
Ci sono poi degli interventi nell'immediato, come dicevo prima. Bisogna aprire anche a proposito di questo una vertenza con lo Stato, sperando che anche questa non vada a finire come altre che questa Giunta ha affrontato. Bisogna chiedere lo stato di crisi perché attraverso lo stato di crisi il Ministero, attraverso la Gea, acquisti le giacenze che sono presenti nei nostri caseifici. Questo è il primo tema. Bisognava liberarci da una giacenza che sta opprimendo il nostro mercato.
Il secondo: si intervenga sul credito, è stato già detto. Esiste un fondo costituito presso la Sfirs, un fondo di garanzia - mi pare di ricordare di 238 milioni di euro - lo si utilizzi! Ma lo si utilizzi in modo efficace, in modo accessibile, semplice, celere! Si attivino strumenti che siano utilizzabili dalle aziende, fino ad ora quel fondo è rimasto perlopiù inutilizzato, fermo, un fondo bloccato.
Il terzo punto sta nel valutare l'ipotesi di una moratoria per i contributi previdenziali. E' stato fatto in altri tempi, può essere fatto anche oggi e non si capisce perché non ci si attivi in questo senso. Insomma il problema è serio, riguarda l'intera comunità sarda, è un tema fondamentale per l'economia della nostra Sardegna, non serve l'ironia, è controproducente sottovalutare una contestazione che mette in luce una difficoltà reale a cui bisogna, Assessore, dare risposte serie e concrete che lei in questo momento non sta dando.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Maninchedda. Ne ha facoltà.
MANINCHEDDA (P.S.d'Az.). Presidente, Onorevoli colleghi, io credo che oggi noi dobbiamo aver chiaro qual è il compito cui siamo chiamati. Secondo me questo compito è capire come aumentare rapidamente il reddito di chi sta in campagna con misure non assistenziali e farlo modificando strutturalmente il nostro settore agro-pastorale. Si tratta di fare veramente riforme, perché chi è riformista non fa pagare i costi delle riforme alle persone più svantaggiate. E credo anche che lo stile con cui dovremmo parlare di questi argomenti debba essere quello di chi sente propria la responsabilità di queste scelte, cioè noi consiglieri regionali non possiamo parlare in terza persona, "si dovrebbe", quasi dovesse farlo qualcun altro, perché chi ci sta dietro dice: "Voi dovete!".
Quindi il tema di oggi è: che cosa facciamo per il reddito di chi sta in campagna. Questo impone a me di lasciar perdere gli appelli ad ardimentose guerre contro la Francia e contro le multinazionali e anche di lasciar perdere le pagelle date al Consiglio regionale rispetto ad altri organi istituzionali, Consiglio regionale che è stato l'unico, dopo 48 anni di autonomia, a varare, con l'articolo 8 della legge numero 1, l'osservatorio della concorrenza che non è stato attivato. Siccome dobbiamo parlare di cose concrete io non parlo di questo, ma di cosa si dovrebbe fare subito.
Primo punto: noi pensiamo che i vantaggi oggettivi che potrebbero venire dalla gestione delle energie rinnovabili debbano essere socializzati e vogliamo che le imprese agricole possano farsi impianti da 200 kilowatt semplicemente con la Dichiarazione di inizio attività. Lo vogliamo, lo pretendiamo, faremo una battaglia in tutte le sedi perché questo si realizzi. Aggiungeremo nella prossima finanziaria la possibilità di strumenti finanziari perché gli investimenti siano in questo senso agevolati.
Secondo: noi pensiamo che oggi, come tutti sapete, abbiamo troppo latte in circolazione. Bene, come possiamo ridurre la produzione di latte e aumentare il reddito delle campagne? Questo è il problema. Come fare? L'energia è certamente una prima integrazione. Possiamo incidere sui costi, tra i costi c'è l'indebitamento: questo Consiglio regionale ha già affrontato un tema di questo tipo con le cooperative ex legge numero 28 del 1984 e abbiamo vinto la battaglia con le banche. La stessa cosa possiamo fare con le imprese agricole, a patto che si abbia la pazienza che si è avuta con le imprese ex legge 28, la pazienza di stare giorni a lavorare su questi temi, giorni e giorni perché c'è bisogno di scendere nel dettaglio.
Ancora, possiamo lavorare anche sugli aspetti previdenziali, in questo senso, non vi è alcuna difficoltà. Ma ci sono cose che vengono dette in questi giorni che non incidono minimamente sul vantaggio alle imprese, perché, guardate, so quello che dico, l'acquisto di formaggio pecorino da destinare agli indigenti, l'acquisto di formaggio pecorino da destinare ai Paesi in via di sviluppo, le restituzioni all'export, ammasso privato e premi di stagionatura, tutte queste misure forse sono ristori temporanei, che abbiamo già visto, però non porteranno un centesimo ai produttori. Se diciamo "questo serve nella contingenza", che lo si dica, ma dirlo e poi prendersela con gli industriali equivale a prendere per scemi chi ci ascolta! Queste misure sono urgenti perché è la congiuntura? Però si sappia che sono per la congiuntura, non sono per i produttori! Per cui, se si chiede il consenso a noi su questi temi, si deve sapere che noi sappiamo che cosa si vuol fare, e che quelle sono risorse che risolvono un problema del mercato ma non è una soluzione che porta!
E ancora, sulle soluzioni che vengono messe in campo, leggo che si vuol fare l'anticipazione dei pagamenti comunitari del primo pilastro della PAC (purtroppo uno va a vedersele nel dettaglio le cose): le domande scadevano il 15 di maggio, si arriva ad agosto e alcuni Centri di assistenza agricola hanno validato le domande, ma la verità è che ancora ci stanno lavorando. I tempi di legge dei pagamenti sarebbero dal 1° gennaio a maggio: anticipare? Diciamolo chiaro, sarebbe già molto se pagassero in tempo!
Ancora, ripristino della fiscalizzazione degli oneri previdenziali per le zone montane: d'accordo, scadeva il primo agosto, lo chiedono tutti, chiediamo la proroga, facciamolo, ma non è decisivo, non è uno strumento decisivo!
Garanzie alle imprese per consentire l'accesso al credito. Questa è una misura interessante, perché se noi nella finanziaria 2011 mettessimo, non molto, 1 milione e mezzo, 2 milioni di euro, sul 2010 e sul 2011, gli agricoltori che hanno già ottenuto l'approvazione della domanda di finanziamento potrebbero attivare la fideiussione a carico della Regione in modo da avere a disposizione in tempi brevi le risorse. Quindi, la finanziaria sta per arrivare e questa è una misura che noi potremmo mettere in campo e potrebbe sortire anche qualche risultato.
Vado veloce, e vado veloce su questa questione degli incrementi degli aiuti dell'articolo 68 del regolamento 73/2009. Tralascio un fatto, che forse non si è considerato bene, si è fatto riferimento a una misura che riguarda il latte bovino e non il latte ovino, ma lasciamo da parte questa che potrebbe essere una grande svista. La norma prevedeva che le osservazioni a questo regolamento scadessero il 1° agosto del 2010: noi ci stiamo accorgendo che non possiamo intervenire su questo regolamento a settembre. Cosa fare in questo regolamento? Facciamo in modo di fare delle cose che non incentivino la produzione di latte ma aumentino il reddito dei lavoratori: aumentiamo le misure dei pagamenti accoppiati in zone vulnerabili; aumentiamo il valore dei titoli per evitare l'abbandono; le assicurazioni sui pagamenti annuali, sono le lettere b), c), d) ed e) di questo regolamento. Lavoriamo su questo piuttosto che su altro.
E ancora, noi abbiamo uno strumento che è la lettera c) dell'articolo 4 del decreto 29 luglio 2009, "sostegno specifico per il miglioramento della qualità della carni ovicaprine", ove si prevede un premio di un certo tipo. Allora, proviamo a mettere risorse sul 3 e sul 4, cioè sul sostegno alla produzione e commercializzazione di agnelli e capretti che aderiscono ai sistemi di qualità, e li portiamo da 15 a 20 euro (è possibile farlo); aumentiamo il premio per capi allevati in sistemi a bassa intensità, cioè le zone da cui provengo io, attualmente è 10 euro, se lo portassimo 15 euro avremmo un risultato.
Queste misure non sono assistenziali. Se leghiamo l'energia ad una rimodulazione dei nostri interventi che portino ad un aumento del reddito, e poi lavoriamo bene per ridurre il numero degli animali e la quantità del latte prodotto, aumentando il reddito dei pastori, noi facciamo una riforma senza farla pagare ai deboli, se invece oggi noi parliamo dell'universo mondo, ma poi il risultato sarà che svuotiamo i magazzini, il prossimo Presidente della Regione si ritroverà nuovamente qui a parlare di prezzo del latte, e noi faremo il convegno, non da legislatori ma da professori universitari, sulla situazione del mercato, fotografandolo benissimo ma non risolvendo il problema.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Antonio Solinas. Ne ha facoltà.
SOLINAS ANTONIO (P.D.). Presidente, sette mesi fa, il 24 di febbraio di quest'anno, mi lamentavo all'inizio del mio intervento perché trascorsero sette mesi per poter discutere una mozione presentata da tutto il centrosinistra, e iniziavo e il mio intervento dicendo - leggo testualmente - "mi auguro solo di non dover ridiscutere di un settore così importante dell'economia sarda fra sette mesi".
Purtroppo sono passati esattamente sette mesi da quel momento, e purtroppo questi sette mesi sono passati con una situazione che è venuta progressivamente aggravandosi, e in un settore come quello agropastorale che è sempre più diviso, sempre più complicato, sempre più difficile da gestire; mai però come in questo momento le divisioni sono state così profonde. Alla politica da sempre compete il compito di fare sintesi, di cercare di avvicinare il più possibile posizioni spesso anche contrastanti, ma in questi 18 mesi il ruolo politico svolto dall'Assessore dell'agricoltura è stato quello di acuire le divisioni, schierandosi apertamente più con gli industriali che non con il mondo agricolo.
E' vero, assessore Prato, nessuno è innocente in questa situazione, ma lei è sicuramente quello che porta addosso le responsabilità maggiori: la crisi andava e va gestita in modo completamente diverso; politicamente, me lo consenta, è stato un totale fallimento. La manifestazione organizzata a Roma per discutere con il ministro Galan è stata completamente ignorata, sia dal Ministro sia dagli altri componenti del Governo nazionale. E i successivi incontri sono stati, per sua ammissione, altrettanto fallimentari; l'unico incontro che siete riusciti ad avere con il Ministro è al meeting di Rimini dove avete partecipato non so in che forma.
L'atteggiamento avuto da parte sua nei confronti del Movimento dei pastori sardi ne è un'ulteriore conferma: lei oggi parla di unità, parla di richiesta di manifestazioni di piazza del popolo sardo, quando l'unica cosa che ha saputo dire al movimento nato dalla situazione drammatica che vive oggi il mondo agropastorale in Sardegna, è che si trattava di una manifestazione strumentalizzata perché tutti i sindaci che avevano partecipato a quella manifestazione erano sindaci di sinistra. Io ho visto molti sindaci della sua parte politica, tutti sindaci eletti e chiamati dalle proprie popolazioni a rappresentarle in quella funzione, non nominati dall'amico di turno.
La crisi che attraversa oggi il comparto agricolo sardo sta mettendo a rischio l'esistenza stessa della stragrande maggioranza delle aziende sarde: nel mio territorio, nella Provincia di Oristano, ben mille aziende agricole sono scomparse dall'albo della Camera di commercio. Vedo che il presidente Cappellacci non è molto interessato alla situazione del settore agricolo, ma mi rivolgo a lui per dirgli che credo che sia arrivato il tempo non più rinviabile che il Presidente della Regione assuma a se una vertenza così importante per l'economia sarda.
Una preoccupante congiuntura che viene addebitata alla crisi di mercato che attraversa il pecorino romano, con enormi giacenze di invenduto per il 2009, intorno a 60 mila quintali e per il 2010 le previsioni non sono molto più rosee. Questo come dicono le leggi di mercato: nel momento in cui aumenta l'offerta il prezzo diminuisce e come conseguenza tutto il sistema ne ha risentito pesantemente, il prezzo del latte in primis. Mi chiedo dove era lei, Assessore, quando il suo amico Zaira finanziava 50 milioni di euro per l'invenduto, per lo stoccaggio del grana padano e del parmigiano reggiano. La soluzione però non può essere assolutamente, come già detto da chi mi ha preceduto, la diminuzione delle produzioni, questo per la Sardegna sarebbe un danno mortale. La soluzione a mio avviso è nella produzione di qualità anche di altri formaggi DOP come il pecorino sardo e il fiore sardo che oggi sono prodotti in quantità non significative.
A mio avviso è urgente chiedere la dichiarazione di crisi del comparto, ma chiederlo convintamente e seguirla in tutto il suo iter burocratico, perché dalla dichiarazione di crisi di comparto possano arrivare alcune agevolazioni che già sono state qui annunciate. Ma credo che la continuità delle merci, le agevolazioni dei contributi previdenziali e la proroga delle scadenze delle rate siano delle misure che potrebbero in qualche modo far fronte alle emergenze.
Un'emergenza - Assessore, mi consenta ancora una volta di dirle - che non può essere affrontata col disegno di legge che lei ha fatto approvare dalla Giunta regionale e che in queste settimane è in discussione in Commissione agricoltura. E' un provvedimento che prevede 4 centesimi al litro di latte per l'azienda che firma la delega alla contrattazione del latte alle associazioni di categoria. La lettura che noi diamo di questo disegno di legge, di questo articolo in modo particolare è che con questo articolo lei e la sua Giunta vogliate depotenziare quel movimento spontaneo che è stato quello dei pastori sardi, che ha riportato di grande attualità il problema della pastorizia sarda e rischia di essere anche un colpo mortale per la cooperazione in Sardegna perché, Assessore, mi corregga se sbaglio, se dovesse essere approvato un articolato come quello che lei ha proposto, il socio di cooperativa, per accedere ai 4 centesimi al litro, dovrebbe andare da una associazione di categoria e firmare la delega perché possa trattare il prezzo del latte col suo presidente di cooperativa.
Noi proponiamo che invece di dare, per quanto irrisorio, un contributo di 4 centesimi al litro per un massimo di 1000 euro all'anno, a chi delega alle associazioni chiediamo che questi 4 centesimi vengano concessi a quelle aziende agricole che si costituiscono in organizzazioni di produttori. Considerato che oggi il mercato sardo opera in regime di monopolio, crediamo che le organizzazioni dei produttori possano essere la soluzione ideale concedendo anche agevolazioni di accesso al credito e contributi in conto interessi ai beneficiari delle aggregazioni di produttori giuridicamente riconosciute.
Un altro intervento che può in qualche modo liberare le mani delle aziende agricole dalle famose caparre, credo che possa essere la concessione di prestiti di conduzione per le aziende. Si è parlato tanto di energie rinnovabili; questo Consiglio e le due Commissioni interessate, agricoltura e industria, hanno lavorato per mesi su questo progetto di legge: bene, siamo arrivati a un punto dall'approvazione poi questa maggioranza lo ha rinviato in Commissione. Noi riteniamo che finanziare impianti non grandi che possono essere da 15 a 20 kilowatt possa consentire innanzitutto un ammodernamento alle aziende agricole sarde, dando priorità magari a quelle aziende allocate in territori non forniti dalla elettrificazione rurale.
Capisco che la risposta della Giunta possa essere: non ci sono risorse, però credo che se, come noi abbiamo voluto dirvi anche la settimana scorsa, la battaglia sulle entrate potesse essere gestita in modo diverso per arrivare a una soluzione positiva, sarebbe una risposta importante.
A conclusione del mio intervento credo di poterle dire, signor Presidente, che lei ha continuato nella sua opera distruttrice di un settore già in crisi, portandolo in uno stato comatoso che solo con un suo allontanamento immediato può ancora sperare in un futuro migliore. Lei ha parlato di ultimi minuti di una per partita importante: no Assessore, siamo ai tempi supplementari, e chi durante la partita non ha partecipato al gioco, è stato fermo e non ha corso, va sostituito. Onorevole Cappellacci, leggiamo sulla stampa che sta lavorando ad una nuova squadra, non ci costringa ad inaugurare la nuova Giunta con una mozione di sfiducia. Grazie.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Dedoni. Ne ha facoltà.
DEDONI (Riformatori Sardi). Presidente, signori della Giunta, colleghe e colleghi, seguendo il suggerimento dell'onorevole Maninchedda non vorrei fare passerella in questa mattinata mentre si parla dei problemi dell'agricoltura e della pastorizia, ma è indubbio che bisogna andare alla radice e cogliere gli aspetti che hanno consentito un decadimento complessivo del comparto dell'agricoltura. Occorre capire il perché della ciclicità di un abbassamento del valore del prodotto dell'agricoltura, capire qual è l'attività della Regione sarda, nelle sue articolazioni istituzionali, che ha consentito al mondo delle campagne di passare a un'attività diversa da quella conosciuta.
Ho letto - parlando di cultura e di tradizioni popolari, di quelli che sono i problemi forti della Sardegna - il resoconto di un dibattito avvenuto tra Mazzini, e dico Mazzini, e Giorgio Asproni, un deputato sardo del 1800. E se io raffronto quello che ho letto in quei resoconti e quello che vive il mondo delle campagne oggi, vedo che non vi è nessuna differenza. Allora, assessore Prato, lei ha ragione di dire che per molto, molto tempo, si è continuato in quella politica che ha toccato i vari gangli vitali della nostra agricoltura. Ma guarda caso nessuno si assume con coscienza la propria responsabilità e dice: ho fatto qualcosa o non ho fatto niente, ho continuato in su connottu nella peggiore delle tradizioni.
Voglio dire che quando i denari sono arrivati direttamente alle aziende agricole, ho visto che questi denari sono stati ben utilizzati. Si diceva che 3 milioni, 3 milioni e mezzo di ovi - caprini in Sardegna fossero un danno anni fa: si è ridotto abbondantemente il numero delle aziende, si sono ridotti i numeri dei capi di bestiame e nonostante ciò si è scesi sempre più in giù. Sono stati concessi contributi alle aziende per ammodernarle, per portarle alle pari con gli altri produttori di altre Regioni; guarda caso le nostre aziende li hanno utilizzati e quasi non c'è più un ovile che non abbia la mungitrice. Però, a fronte di questo vi è ancora il problema della bolletta energetica, per il quale non riusciamo a trovare soluzione.
Altri contributi che sono finiti nel settore hanno portato ancora una volta alla costruzione di cattedrali nel deserto. Mi riferisco alla realizzazione delle aziende di trasformazione del latte, che non hanno funzionato o hanno funzionato male, e hanno drenato risorse vive che potevano essere destinate a chi vive nelle campagne e a chi ha bisogno di un ristoro vero. Non si può non tenere conto del fatto che la produzione di un litro di latte oggi vari da 0,75 allo 0,78 euro. Tutti hanno riconosciuto che 0,60 è il massimo che viene pagato al pastore. Nessuna azienda può essere mantenuta in piedi con questi prezzi. E' necessario assistere il comparto, e assisterlo in maniera adeguata, e non mi vergogno a pronunciare la parola assistenza.
Negli Stati Uniti d'America, dove l'agricoltura rappresenta il 4 per cento dell'intero sistema produttivo, questa viene assistita forse di più di quanto non venga assistito nell'Unione Europea. Non mi vergogno quindi di dire che c'è bisogno di dare sostegno, in un momento di trasformazione, al comparto agricolo-pastorale. Occorre capire che cosa fare. Certo, ci sono delle situazioni contingenti che vanno affrontate, e al nostro Governo amico di turno, qualunque esso sia - e voi sapete che lo dico con ironia - va chiesto che quando si esporta nel Bangladesh, quando si esporta in Africa, quando si esporta qualche altra cosa, qualche pezzo di formaggio sardo potrebbe essere piazzato lì, anche per chi non mangia carne, per un certo tipo di produzione. Non sono possibilità da scartare. E' il momento di risanare un sistema economico e fare riavviare il sistema produttivo.
Certo che ci vuole qualche attività sostanziale che modifichi in maniera strutturale, e questo significa incentivare soprattutto l'innovazione, consentire ai nostri trasformatori di avere produzioni come in Francia, col latte sia ovino che caprino che vaccino, che venga trasformato in modo tale da differenziare l'offerta di mercato, dal molle all'erborinato, a quelli misti, la ricotta eccetera.
Perché si continua a incentivare un sistema che ci ha portato a questa situazione? Il pecorino romano già nella terminologia combatte la Sardegna perché non si riferisce alla Sardegna, ma alla romanità, quasi non fosse prodotto nei nostri territori. Ma, vedete, l'economia identitaria ha valore se noi ci riconosciamo in tutto cio che la pastoralità va a ricordare, e non utilizzandola in termini demagogici, come qualcuno e qualche forza politica fa, ma nella sua essenza vera. Se non vi è questa pastoralità, che ha mantenuto integro un sistema sociale all'interno delle zone della Sardegna che non vedono altro tipo di economia, allora credo che sia importante un sacrificio da parte dell'istituzione regionale.
Io, in tutte le occasioni, quando mi capita di parlare in pubblico, dico che la Sardegna ha avuto uno sviluppo "a ciambella": la ciambella ha un buco in mezzo, ossia il Centro Sardegna. E dico anche facciamo sì che diventi interamente un prodotto genuino, morbido, soffice e dolce. Richiamavo l'amaretto, che è un altro prodotto della nostra Sardegna. Se però per risolvere questi problemi noi non ci impegnamo realmente e con continuità per trovare risposte a questo sistema in crisi, noi non avremo fatto niente.
A che ci giova fare una programmazione, diceva qualche collega, se si parla ancora di anagrafe ovina o anagrafe caprina? Ma ancora non sappiamo quelle siano state le attività che le AA.SS.LL. hanno imposto nel fare un certo tipo di prevenzione, non conosciamo il numero degli animali che ci sono, il che mi pare quantomeno ridicolo.
Allora, il problema è nel credito, nel fatto che un pastore non è libero, perché deve prendersi la caparra per poter iniziare a lavorare i terreni, per poter avere il pascolo. Se queste cose le si continua a lasciare così, non può esistere cooperazione, né alcun tipo di iniziativa che possa risolvere un grosso problema, quello cioè di affrancare queste persone dall'essere debitori di quel creditore, produttore e trasformatore del latte ovino o caprino, o quello che sia, e lasciarle libere di scegliere nel mercato. Probabilmente, se si risolvesse questo problema, ci sarebbero meno conflittualità.
Allora, il discorso del credito ha ragion d'essere, ma soprattutto se, una volta finanziata, l'innovazione è poi portata a compimento. Non ho più bisogno di fare stanze di compensazione per richiamare mille e una articolazione più o meno privata all'interno di questo sistema, ho necessità di spendere bene, presto e subito, e di dare risposte concrete al mondo delle campagne.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Soru. Ne ha facoltà.
SORU (P.D.). Signor Presidente, signor Assessore, cari colleghi, credo anche io che sia molto importante questo dibattito, e va riconosciuto il merito a chi ci ha costretto finalmente a discutere in questo Consiglio regionale di temi così rilevanti, che interessano in maniera così importante non un comparto, come è stato detto, ma l'intera economia regionale. Questo tema è un tema, è stato detto, che ricorre, ricorre spesso. Quando ho avuto la responsabilità di presiedere la Giunta nella passata legislatura, si presentò immediatamente. Mi ricordo che nei primi mesi ci fu subito l'occupazione, una manifestazione importante, simile a quella che abbiamo visto in questi mesi presso l'aeroporto di Cagliari. Da allora non ho smesso di occuparmi di questo tema, che mi ha appassionato, come credo a tutti noi, che cerchiamo di svolgere responsabilmente questo ruolo.
Non la sostituzione dell'agricoltura, non la sostituzione del comparto ovino e caprino, ma la possibilità finalmente di portarlo nella modernità, in maniera che si garantisca un lavoro meno faticoso e più remunerativo a buona parte della società sarda, a coloro che di lavoro nelle campagne l'hanno fatto nel passato e che devono continuare a farlo nel futuro. Questo è il tema dei temi, è uno dei temi dei temi della politica regionale.
Dobbiamo essere consapevoli del fatto che non ci sarà un futuro per la Sardegna senza agricoltura e senza questo comparto che rappresenta la metà dell'agricoltura della Sardegna, non ci sarà un futuro, e quindi abbiamo il dovere di portare, di accompagnare finalmente questo settore nel futuro, anche se a quanto pare non ci siamo riusciti, nonostante abbiamo cercato di farlo in tutti i modi.
Per quanto riguarda la modernizzazione del comparto, se andiamo a vedere i singoli elementi, un caseificio gestito da privati di oggi, non è uguale a un caseificio di trent'anni fa. Le tecnologie oggi ci sono e di ogni tipo, da quelle gestionali, contabili, a quelle chimiche, a quelle produttive. Se andiamo a vedere le tecnologie dentro i nostri caseifici cooperativi sono diverse, se andiamo a vedere le tecnologie dentro un ovile sono totalmente diverse, un ovile di oggi è una cosa incomparabilmente diversa rispetto a un ovile di trent'anni fa: ci sono mungitrici, c'è refrigerazione, ci sono processi legati alla tutela della qualità, della carica batterica e così via.
Mentre singoli elementi sono cambiati, purtroppo non è cambiata l'organizzazione, la struttura, il sistema, i metodi. I metodi sono quelli di cent'anni fa, pochi caseifici che costituiscono un cartello, e lo dico chiaramente (qualcuno ha alluso alla questione) pochi caseifici che costituiscono un cartello, 17 mila aziende divise, e dentro la divisione qualcuno impera. Si è fatto l'esempio della benzina, che vorrei riprendere. Non è il prezzo della benzina, ovvero il prezzo del formaggio, che determina il prezzo del petrolio, ovvero il prezzo del latte, non è dal prezzo della benzina che si parte per stabilire il prezzo del petrolio, ma è esattamente il contrario, con una differenza: che non c'è il cartello dei raffinatori di benzina, c'è il cartello dei produttori di petrolio. E' esattamente questa la differenza. Qui c'è l'equivalente di un cartello dei raffinatori di benzina, che dice all'equivalente dei produttori di petrolio a che prezzo sono disposti a ritirare il loro petrolio. In pratica fanno finta di dire: "Guardate, non mi serve, anzi quest'anno non stabilisco neanche un prezzo, non mi serve, facendo finta che possa esistere una raffineria senza il petrolio" cioè del formaggio senza il latte.
Bisogna creare il cartello dei produttori di latte, bisogna finalmente che si mettano assieme i pastori, che quelle 17.000 imprese siano una sola cosa quando si tratta di discutere il prezzo del latte, non lo deve discutere l'Assessore, lo devono discutere le 17.000 aziende insieme. Questa cosa può essere risolta in maniera diversa, Assessore, in Francia l'hanno risolta col modello Roquefort che è stato citato stamattina, è quello che abbiamo cercato di fare: purtroppo era troppo bello perché potesse funzionare, anche in Sardegna, un sistema civile capace di dire che dal latte fino al formaggio venduto dobbiamo vivere bene tutti, sempre che ci sia qualcuno che ingrassi alle spese degli altri. Non ci devono essere imprenditori che guadagnino sempre e produttori di latte che invece devono essere strizzati al ribasso, lo stesso prezzo deve accontentare tutti.
Nonostante siano state poste le firme, è venuto il Presidente nazionale dell'Assolatte per ribaltare quell'accordo. C'è un modo diverso però di arrivare allo stesso scopo, e questo è rappresentato dalle organizzazioni dei produttori. Per questo si è lavorato alle OP, e per questo avreste dovuto continuare; e non sabotare le OP, ma migliorarle. Le OP di latte tal quale, così come le OP dei produttori di formaggio.
Attraverso le OP del latte tal quale, io credo debba passare ogni litro di latte che viene venduto in Sardegna, così che finalmente ci sia il cartello dei produttori del latte che parli con l'altro cartello, e che consenta di conseguire un prezzo ragionevole, altrimenti non lavora nessuno. Le OP dei produttori di formaggio si rendono necessarie, invece, affinché non ci sia qualcuno che giochi al ribasso e prende per la gola i singoli caseifici. Infine ci vorrebbe il cartello, ovvero l'OC, l'organizzazione dei comuni delle diverse OP che si erano attivate in Sardegna, affinché ci fosse un unico prezzo di vendita del formaggio. E' semplice, è semplice eppure difficilissimo in questa Sardegna divisa e che si deve mettere assieme.
Oggi, comunque, c'è un fatto nuovo che non c'è tempo di discutere, la globalizzazione peggiore è arrivata in modo nuovo anche in Sardegna e in questo comparto. Ci sono degli industriali che hanno la responsabilità della gestione del Consorzio di tutela del pecorino romano, che poi prendono l'aereo e in Romania fanno esattamente il contrario di quello che dovrebbero fare, prendono a pedate il lavoro che fanno a Macomer e fanno concorrenza sleale, dalla Romania, ai prodotti che dovrebbero tutelare in Sardegna. E allora non è da queste organizzazioni che dobbiamo partire, non è dal consorzio latte che dobbiamo partire, dobbiamo partire da chi sta in campagna, da quei 17.000, nella OP del latte tal quale, nella OP della produzione, e li dobbiamo organizzare, non col consorzio latte, lo lasci perdere, ma con le OC, con loro stessi che si mettono d'accordo.
E ancora; qui siamo in Consiglio regionale, non siamo in Giunta, non possiamo entrare nel dettaglio delle cose: "Cosa fa lei, 5 euro, 10 euro, 15…", qui dobbiamo tracciare in maniera chiara cosa vogliamo fare, ed è quello che ho cercato di dirvi, per aiutarvi, per trovare un modo per far sì che finalmente si superino queste divisioni e si raggiunga un'unità, per cui troviamo il modo di utilizzare l'opportunità di oggi. Oggi questo mondo ha bisogno di aiuto, subito, senza troppe discussioni. L'aiuto, sia chiaro, ai produttori, alle aziende agricole, non all'industria, non ai trasformatori, l'aiuto deve andare direttamente lì, a chi sta in campagna, a chi produce il latte.
E' legato quest'incentivo alla necessità che tutti partecipino alle OP, che finalmente tutto il latte sia organizzato dentro una OP o 2 OP, come sono in questo momento, e che ci sia un unico punto di discussione, che sia un punto di discussione forte, unito finalmente, un cartello dei produttori capace di parlare con il cartello dei trasformatori.
Termino con questo: questa notizia nuova mi dice una cosa della spola Macomer-Timisoara mi dice che qui si vuole portare la peggiore globalizzazione, cioè: diminuiamo la quantità di latte, andiamo a farla in Romania o, peggio, trasformiamo i pastori sardi in pastori rumeni, trasformiamo i lavoratori delle campagne sarde in lavoratori rumeni, con quella qualità di diritti, con quella qualità di redditi; noi vogliamo fare esattamente il contrario.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Ladu. Ne ha facoltà.
LADU (P.d.L.). Signor Presidente, Assessori e colleghi, ci sono pochi minuti a disposizione per dare un contributo al dibattito, però io credo che in questo tempo noi dovremmo dire come uscire da questa grave crisi che sta attraversando il mondo agropastorale, che colpisce 17.000, forse 20.000 aziende, la peggiore crisi della sua storia. Di anno in anno il numero delle aziende sta diminuendo, circa il 30 per cento delle aziende hanno abbandonato il mondo delle campagne. Però, Assessore e Presidente, se ci fossero state delle opportunità di lavoro, sicuramente il numero delle persone che abbandona le campagne sarebbe stato di gran lunga più alto. Quindi, questo dimostra effettivamente quale sia la situazione, e quanto il Consiglio regionale dovrebbe preoccuparsi, considerato che effettivamente c'è un settore portante della nostra economia che sta praticamente morendo.
E bisogna anche essere corretti quando facciamo le valutazioni; questa crisi non è nata oggi, questa crisi è nata tanti anni fa, è la responsabilità se la devono accollare tutti, ce la dobbiamo accollare tutti. Però, dico che noi oggi, come Consiglio regionale, come Giunta, come associazioni di categoria, credo che dovremmo dare comunque risposte, perché la gente che nelle campagne sta vivendo questo momento drammatico, da noi aspetta risposte, non è interessata a vedere quali siano i livelli di responsabilità passate, ma vuole capire come noi ora possiamo e vogliamo uscire da questa situazione di crisi.
Allora io credo che, nella situazione di emergenza attuale, in cui decine di migliaia di quintali di formaggio restano invenduti in Sardegna, anche qualora dovessimo trovare una soluzione per svuotare le cantine, noi non avremmo risolto il problema, perché l'anno prossimo, probabilmente, il problema si ripresenterà tale e quale. Io credo che noi dovremmo iniziare ad affrontare assieme all'emergenza, anche il problema in modo strutturale, in modo che poi domani non nascano gli stessi problemi che sono sorti oggi.
Credo che, vista la mole, la quantità di persone, l'importanza del settore che stiamo trattando, sia tempo di mettere mano a una vera riforma agricola, a una vera riforma agro-pastorale, perché noi dobbiamo dare prospettive di sviluppo a quel mondo che oggi popola le campagne, ai giovani che potrebbero ancora essere interessati ad andare nelle campagne. Noi quindi dovremmo pensare a un sistema diverso, di aumento di reddito, di possibilità di vivere all'interno della campagna.
Credo che noi dovremmo già partire dalle risorse che abbiamo a disposizione. Assessore, io ho già detto altre volte che ho l'impressione, l'idea, che quando avremo finito i finanziamenti dei fondi strutturali, che scadranno nel 2013, noi non avremo risolto minimamente il problema del mondo delle campagne. Così come sono impostate queste risorse non servono a superare questa situazione di crisi, ma soprattutto non servono a preparare il mondo delle campagne per domani.
Allora, vogliamo fare una riflessione, capire se è giusto questo sistema di spendita delle risorse o se non invece non sia opportuno pensare veramente di spendere in modo diverso per preparare, per far crescere il settore agropastorale? Questa è una grande preoccupazione che ho e io credo che nel 2013 probabilmente noi saremo ancora al punto di partenza. Noi dobbiamo partire dalla grave emergenza del mondo agropastorale di oggi, che è il prezzo del latte, perché, guardate, è inutile che mi si venga a dire: "Se c'è un incentivo qua, un incentivo là, il mondo agropastorale si salva". Non si salverà! Con questo prezzo del latte, a 60 centesimi al litro, il mondo agropastorale non può salvarsi perché è impossibile che si paghino le spese di produzione con questi prezzi!
Bisogna partire da una politica che sia in grado di uscire da questa situazione. Assessore, se è in crisi il settore del pecorino romano si può pensare di diversificare, fare altri tipi di produzioni, fare prodotti che entrino meglio nel mercato, che ci facciano uscire da questa situazione di crisi. Ma la domanda, Assessore, è: se le associazioni di categoria, se gli imprenditori, se il mondo delle campagne oggi non sono in grado di gestire questa fase, io credo che debba scendere in campo la politica; la politica deve individuare strategie, deve fare in modo che si superi questa situazione di emergenza.
Il percorso va guidato, poi sicuramente alcune soluzioni si possono anche trovare, perché altrimenti così facendo non si vede via di uscita. Io dico una cosa che può sembrare una bestemmia per i tempi che stiamo vivendo, però lo dico perché credo che anche questo sia compito della politica. Il mondo delle campagne è entrato in crisi dal momento in cui l'Unione Europea ha sospeso le restituzioni per l'esportazione del pecorino romano.
E' chiaro che dicendo questo non mi pongo in linea con quello che dice l'Unione Europea, però mi chiedo anche: quando mesi fa, affrontando i problemi dell'Alcoa, per far rimanere gli americani in Sardegna, che volevano andare via perché il costo dell'energia era troppo alto, la politica regionale e quella nazionale poi alla fine sono riuscite a imporre all'Unione Europea l'energia a costi più bassi, per quanto riguardasse poche centinaia di posti di lavoro; allora, è possibile che qui, di fronte a 17 mila, 20 mila posti di lavoro interessati, noi non possiamo fare una battaglia vera, prima a livello nazionale e poi a livello europeo, per fare in modo che ci sia la possibilità di introdurre un sistema di incentivazione?
Perché, guardate, l'Unione Europea non ha interesse che muoia il mondo agropastorale in Sardegna, non ha interesse che muoia la Sardegna, perché quando va in crisi un Paese pagano tutti. La crisi della Grecia la stiamo pagando tutti noi, non la stanno pagando solo loro. Allora io credo che occorre fare una politica nuova, diversa, di rivisitazione anche di quegli interventi che venivano fatti nel passato non lontanissimo e che comunque hanno tenuto in piedi il mondo agropastorale.
Ecco, io credo che sia necessaria una politica diversa dal punto di vista strutturale, della infrastrutturazione vera e propria, della riduzione dei costi di produzione, perché, guardate, se n'è parlato poco, ma effettivamente oggi produrre in Sardegna costa molto di più che nelle altre regioni d'Italia e d'Europa perché costa di più l'energia, costano di più i trasporti, costa di più tutto. Anche su questo io credo che, partendo dalle risorse che noi abbiamo a disposizione, si debba fare una politica che ci metta al sicuro per il futuro per quanto riguarda l'intero comparto.
Così come, per quanto riguarda il sistema del credito, noi abbiamo individuato per alcuni settori i fondi di garanzia, ma credo che noi dovremmo andare più a fondo, questo Consiglio regionale deve impegnarsi più a fondo, con più risorse, dovremmo impegnarci a salvare le aziende agricole in crisi da un sistema che oggi è determinato dalle banche, in cui si mettono sotto sequestro aziende anche per poche risorse: con una politica più attenta, anche per quanto riguarda i fondi di garanzia, credo che si sarebbero salvate molte aziende, e un'azienda salvata oggi probabilmente domani potrebbe anche camminare da sola. Ecco, se noi individuassimo tutta una serie di interventi che sono sì orientati verso la soluzione dell'emergenza (ma devono guardare soprattutto a quello che deve succedere domani nel mondo agricolo e noi questo lo possiamo fare) questo Consiglio regionale potrebbe dare un indirizzo, assieme alla Giunta regionale...
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE COSSA
PRESIDENTE. Onorevole Ladu, il tempo a sua disposizione è terminato.
E' iscritto a parlare il consigliere Sechi. Ne ha facoltà.
SECHI (Comunisti-Sinistra Sarda-Rosso Mori). E' questo un dibattito doveroso sulla crisi del comparto agropastorale che è esplosa e abbiamo iniziato questa seduta oggi con un problema che i pastori e il mondo agropastorale ci hanno posto, che equivale a un'affermazione categorica: "Abbiamo bisogno di risposte immediate", cioè il tempo è passato e aggiungono anche: "Non andremo via da Cagliari senza aver avuto risultati". Tra i risultati che il mondo agropastorale e i pastori si aspettano, vi sono sostegni e impegni precisi sul prezzo del latte, che quantificano anche, indicando in 750 milioni le cifre necessarie per dare una risposta a questo comparto terribilmente in crisi. Ma io credo che dalle proposte che la Giunta ha avanzato non siano arrivate risposte al mondo agropastorale sottolinea ed evidenza lo stato di crisi al dramma che questa parte della società sarda sta vivendo. La rivendicazione dei pastori è forte e chiedono una risposta seria alla crisi del latte, della produzione del latte, del costo del latte.
Avete fatto appello alla collaborazione, avete invitato il Consiglio regionale, e tutto il mondo sardo, all'unità. Ebbene, l'unità si raggiunge attraverso una mediazione delle proposte. Ne abbiamo oggi sentite alcune, a iniziare per esempio dalla proposta del collega Renato Soru che con lucidità e chiarezza estrema ha indicato una strada per una soluzione a quello che è il problema vero e contingente. Si è parlato di una protesta eccessiva, la protesta probabilmente la vedremo in forma più accentuata domani quando arriverà la delegazione dei pastori. Le proteste possono essere differenti, spesso anche forti quando le provocazioni sono lunghe e non ottengono risposte. Le provocazioni sono quelle che poi portano alla reazione e a volte anche all'esasperazione.
La protesta poi può essere tinta da toni e da sapori diversi. E' un po' come il formaggio: ci sono proteste che assumono un atteggiamento a pasta molle, altre semi stagionata, e c'è la protesta dura, quella del pecorino stagionato, che credo non accetterà mezzi termini se non riusciremo a trovare una soluzione concreta. Qua bisogna operare seriamente per dare una risposta ormai non più rinviabile a questa richiesta per garantire un reddito - perché di questo si tratta - garantire un reddito a tutti coloro che lavorano nella pastorizia, nell'agricoltura, nella produzione degli ortaggi. Dobbiamo garantire un reddito certo e sicuro, non solo di sopravvivenza e di assistenza, a migliaia di pastori, di contadini, di ortolani, di agricoltori, di massai che hanno rappresentato la parte forte e importante della nostra terra.
Quando si dice che in Sardegna ci sono 20 mila aziende, alcune più grandi, alcune più piccole, mi viene in mente quando un certo Antonio diceva: "Io e mio compare Giovanni abbiamo più di cento vacche". Lui ne aveva una, compare Giovanni ne aveva cento, ma in effetti diceva la verità. Ed è così, ci sono tante piccole, piccolissime aziende in Sardegna che hanno altrettanto diritto di rivendicare un reddito, perché fra l'altro dimostrano un attaccamento a quella che è la storia del nostro popolo, la storia della nostra terra. Io credo che dovremmo finalmente entrare nel merito di quelle che devono essere le scelte politiche, io credo che le 20 mila aziende, inclusa quella di Antonio e di compare Giovanni, dalle più grandi alle più piccole aspettassero risposte diverse da Roma, che non fossero il finanziamento ai vitelli francesi e altre amenità.
La verità è che non esiste una politica mediterranea e soprattutto non abbiamo una politica, come ho detto altre volte, per contrastare l'egoismo della politica e delle scelte dell'Europa continentale a danno dell'area mediterranea, un'area mediterranea che ha bisogno di cooperazione vera. L'assessore Prato ci ha detto: "Occorre un accordo tra le nove regioni". Io credo che occorra una politica e un accordo con l'intero arco del Mediterraneo, con Stati e con realtà che stanno emergendo, pur attraversando momenti di crisi nell'arco della crisi globale, come la Spagna, la Grecia, la Turchia, il Nord Africa, per organizzare tutti insieme un'azione comune in difesa delle nostre potenzialità e delle nostre risorse. Dobbiamo quindi, attraverso una forma di cooperazione, dare risposte autentiche a chi è produttore autentico e meno attenzione invece alla politica che faranno gli industriali, i commercianti.
Io credo che oggi occorra soprattutto, nel dramma in cui viviamo, dare risposte a coloro che pongono drammaticamente questa situazione alla nostra attenzione. In cinquant'anni siamo riusciti a trasformare la Sardegna. Guardate, a cominciare dagli anni '60, quando è comiciato il boom turistico in Sardegna, ha avuto luogo un graduale smantellamento di una realtà produttiva, una realtà che rappresentava il vero animo della Sardegna, che l'ha trasformata inseguendo il miraggio del turismo. Una Sardegna, devo dire, precipitosamente trasformata dal luogo di pena e di punizione, com'era individuata dallo Stato centralista, in terra di svago e di vacanze.
Io credo però che questo criterio non risponda alla ciambella qui richiamata, perché lo zoccolo duro di quella che è la realtà produttiva della Sardegna doveva essere il buco, quello che garantiva l'immagine autentica della Sardegna, così come abbiamo sentito dire durante le manifestazioni dei pastori e degli operatori del comparto zootecnico in Sardegna, la Sardegna è prima di tutto dei pastori e poi dei turisti! E a loro va rivolta la nostra prima attenzione, prima di pensare a tutte le altre cose che possono seguire.
Troppi giovani, troppi nostri giovani hanno abbandonato i campi e le greggi per fare altre scelte, scegliendo lavoro in settori come quelli del turismo, che ha aperto la via a una tragedia, quella della stagionalità del lavoro, con la difficoltà di trovare occupazione nell'arco di larga parte dell'anno. Allora, io credo che su questo vada fatta con serietà un'analisi. Chi ha proposte da avanzare le avanzi, ma oggi non è pensabile che non si dia una risposta seria all'intero comparto agricolo e zootecnico. Badate, la crisi oggi, gridata in forma drammatica, è la crisi della produzione del latte e del reparto ovicaprino, però in crisi sono anche l'olivicoltura, la produzione ortiva, la frutticoltura, la produzione dei cereali, la stessa viticoltura a cui abbiamo inferto un colpo mortale quando è stato fatto il censimento dei vigneti; questa Regione ha rinunziato almeno a più del 30 per cento della superficie vitata che era nella disponibilità della Sardegna, con un accertamento ridicolo ed eccessivamente severo, a di altre regioni d'Italia e d'Europa.
Io credo che, quindi, di fronte alla situazione attuale, dobbiamo occuparci prima di tutto del drammatico problema dell'indebitamento: come rispondere all'indebitamento che le aziende agropastorali ci segnalano come una situazione arrivata al capolinea, come dare una risposta per quanto riguarda il prezzo del latte? Questo è quello che ci viene chiesto. Il prezzo del latte è, com'è stato detto più volte qui, 65 centesimi al litro. Produrre un litro di latte costa 80 centesimi! Io credo che di fronte a una situazione del genere o si chiude per fallimento, come di solito si chiude in situazioni come queste, o si trovano delle soluzioni e delle risposte, perché direi che vada evitato nel modo più assoluto il rischio che il comparto zootecnico e agropastorale possa subire un ulteriore colpo.
C'è il problema dell'energia, abbiamo individuato alcune risposte e alcune soluzioni, mettiamole in campo, perché ci troviamo di fronte a una situazione di emergenza. Come uscirne? Noi stiamo provando a darvi dei consigli e dei suggerimenti però a voi che siete al il governo e gestite la cosa pubblica spetta avanzare le proposte concrete.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Pittalis. Ne ha facoltà.
PITTALIS (P.d.L.). Il rischio di questi dibattiti è che ci si possa far trascinare, anche tenuto conto della presenza delle organizzazioni di categoria, del movimento dei pastori, da quello che è un vizio endemico della politica, e cioè quello di parlare senza capire fino in fondo quella che può e deve essere la soluzione da indicare. Il rischio è che anche questo sia uno di quei dibattiti in cui ha luogo una utile esercitazione oratoria e anche retorica, lasciando poi irrisolti i problemi. Perché vedete, è facile cavalcare il malessere che c'è, e non altrettanto facile (ho visto anche nello sforzo che è stato fatto fino a questo momento) quello di indicare le soluzioni.
Si prende a pretesto l'Assessore di turno per "cantargliele", qualcuno ne deve rispondere ed è giusto che sia così, in politica ci si rivolge a chi oggi ha la responsabilità di governare, ma se tutto dipendesse dall'assessore Prato, vedete, saremmo stati e saremmo noi per primi a chiedere conto del suo operato, e anche invitarlo a dimettersi. Badate, qui stiamo parlando di un problema che riguarda un comparto, ma soprattutto stiamo parlando di un problema che riguarda le persone di quel comparto, che riguarda le famiglie di quel comparto e rispetto ai disastri che avrebbe potuto commettere il responsabile attuale del governo di quel comparto non avremmo esitato noi stessi a chiedere all'assessore Prato le dimissioni.
Ma se per voi il problema si risolve in questo modo, se i problemi dell'agricoltura passano attraverso una richiesta, come ho sentito stamattina, di dimissioni dell'assessore Prato, mi pare allora che questo dibattito contenga in se già un vizio, un vizio che è quello di voler fare presenza, anche in una occasione come questa, una sorta di muro contro muro, creare il casus belli, lo scontro a ogni costo.
Allora, io penso che il modo per cercare, come Consiglio regionale, di indicare all'Esecutivo una qualche soluzione sia appunto quello di richiamare tutti quanti noi al senso di responsabilità, pur consapevoli che forse è una delle parole più difficili del vocabolario politico. Bisognerebbe guardare agli atti e non alle chiacchiere. Io, per esempio, lo dico senza infingimenti, ho ascoltato anche con interesse l'intervento dell'onorevole Soru, condivisibile; onorevole Soru, lei non potrà non convenire con me che però il problema non è di questa maggioranza o di questo governo regionale né dell'assessore Prato, così come probabilmente non lo era dell'assessore Foddis, a suo tempo, e della sua Giunta, anche se avevamo avuto modo di obiettare che forse era una politica agricola troppo spostata su una realtà che il mondo agropastorale ben conosce.
E allora vediamo insieme, semmai, se è possibile mettere le appartenenze politiche, maggioranza e opposizione, e cercare, anche col supporto delle indicazioni che sono venute dalle legittime proteste del mondo dei pastori, dalle organizzazioni sindacali, dalle organizzazioni di categoria, vediamo se possiamo anche cercare di indicare al governo regionale cosa si può fare nell'immediato e cosa possiamo fare tutti insieme nella prospettiva futura. Questo perché? Perché siamo assolutamente convinti come lei, onorevole Soru, che l'agricoltura è e deve rimanere una risorsa fondamentale, il settore agropastorale nel suo complesso è e deve rimanere strategico nella nostra economia: noi ci crediamo.
Allora, siccome non è un problema di risorse, perché di queste ne abbiamo e ce ne sono tantissime (se è vero che ogni anno ci portiamo a residui passivi una quantità enorme) il problema sarà semmai come mettere in condizione le strutture di poterle spendere perché arrivino subito agli interessati. Si tratta quindi di fare uno sforzo, di individuare gli eventuali punti deboli di una impostazione regionale, di capire cosa si può e si deve fare a Roma, di capire cosa si può e si deve fare tutti insieme a Bruxelles, ma non creando divisioni, non creando necessariamente la controparte perché questo già è un segnale di debolezza che non ci porta da nessuna parte.
Vedete, come ci ricorda lo stesso documento del movimento, questo non è un problema di responsabilità del governo attuale o del governo precedente, è un problema di sistema rispetto al quale oggi dobbiamo ragionare per fare, tutti insieme, qualche passo avanti. Assessore, ricordo che circa 10 anni fa quando ci trovammo ad affrontare il problema di una legge importante come la "nuova legge 28 (la legge numero 1 del 2002)", una legge da 1.000 miliardi delle vecchie lire, quella legge passò non perché fosse stata presentata dalla Giunta di allora (la Giunta Floris, nella quale io ricoprivo la carica di Assessore della programmazione), perché era una legge che aveva altri padri, che siedono oggi nei banchi dell'opposizione, ma perché era nostro dovere portarla avanti perché si era creata una grande aspettativa. In una serie di precontenzioso con l'Unione Europea intavolammo infatti una trattativa, al limite dello scontro istituzionale, con l'allora commissario Monti che fu da noi sollecitato, con determinazione, perché si trattava di rappresentare un'economia e un sistema, quello sardo, e ottenemmo la chiusura di quella partita di 1.000 miliardi.
Ora, il comparto agropastorale non chiede la luna, chiede la possibilità di adeguare lo stato reddituale dei suoi componenti, di far sì che possa diventare competitivo, di far sì che possa sentire la voce autorevole delle nostre istituzioni al suo fianco. E allora, se è necessario fare una battaglia di questa natura a Bruxelles come a Roma, ecco, lei, Assessore, deve assumere a nome del governo regionale questo impegno, perché non deve essere tralasciato nulla, e se venisse tralasciato qualcosa allora sì sarebbe sua responsabilità, sarebbe responsabilità di questo governo regionale, di questa maggioranza e di questa assemblea. Allora sì che veramente si porrebbe il problema.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Ben Amara. Ne ha facoltà.
BEN AMARA (Comunisti-Sinistra Sarda-Rosso Mori). Aveva ragione il collega Carlo quando diceva che la soluzione della crisi dovrebbe venire non da Roma o da Milano ma dovrebbe essere trovata all'interno del bacino mediterraneo, perché qui non dovrebbe trattarsi di competizione, ma di cooperazione. Noi sappiamo bene che il paesaggio, l'agricoltura e la pastorizia sono valori per cui battersi, ma oggi vengono impunemente calpestati in nome di un mercatismo straccione. Questa protesta agropastorale si trascina dagli anni '90, e sappiamo bene che la Comunità europea poi impose al settore importanti investimenti strutturali che impegnarono il mondo agropastorale a un cospicuo onere di carattere economico con un conseguente indebitamento del comparto.
I sacrifici fatti dagli allevatori sardi erano volti ad un miglioramento che purtroppo ha tradito le loro aspettative, dando luogo a una nuova e più agguerrita protesta. A me pare che le politiche del governo centrale e quello regionale si pongano come se i pastori e gli agricoltori fossero anch'essi dei prodotti che vengono ideati, realizzati e rinnovati nel più breve tempo possibile. L'attuale Giunta regionale, l'Assessore dell'agricoltura e il presidente Cappellacci sono chiamati in causa e devono farsi carico di questi problemi che affliggono l'intera Regione perché la lentezza preannuncia di solito la morte sociale, e se tutti avanzano altrove chi resta immobile sarà inevitabilmente separato dagli altri da un divario crescente.
Cari colleghi, la scelta è nostra, la scelta deve essere nostra ma ricordate che bisogna fare una scelta, non si può negoziare il rinvio, non si può declassare la durata in favore della transitorietà. Oggi è il principio di realtà a trovarsi sul banco degli imputati, questo principio di realtà non deve in nessun caso essere sotto pressione, non deve scendere a compromessi, un governo è sociale quando promuove il principio dell'assicurazione collettiva avallata collettivamente contro le disgrazie e le loro conseguenze.
Noi non dobbiamo interagire oggi mediante procedure parcellizzate e parole d'ordine prefissate, sappiamo anche che vi è una distanza incolmabile tra la sfera del logico e quella del reale. Ciò che proponiamo per questa crisi è un approccio antropolitico, una politica orientata verso una certa umanità, una politica di giustizia, una politica per costruire, salvaguardare e controllare i beni dell'isola. L'economia sotto tutte le sue forme non soltanto deve essere regolata ma deve diventare plurale implicando mutuazione, associazione, cooperative e scambi di servizi.
Non dovrebbe esserci nessun conflitto tra creazione e produzione, non si può costruire un mondo agropastorale nobile con mezzi ignobili, non si può non ribellarsi e manifestare, spesso bisogna essere un deviante minoritario per essere nel reale. La lucidità scatena anche la rivolta, la rivolta come capitale per comprendere e far capire la realtà stessa, l'importante è non accettare il fatto compiuto. La protesta dei pastori ci fa capire che occorre anche mettere l'incertezza nella realtà, per avere un buon principio di realtà. Ciò che è ovvio è che questa realtà avanza di traverso, tramite deviazioni governative assolutamente bizzarre, anormali e folli.
Cari colleghi, la situazione è gravissima, siamo di fronte ad una lotta fra le forze di associazione e le forze di disgiunzione, moriremo forse per mancanza di solidarietà, moriremo forse per mancanza di una riforma del settore agropastorale. Le proteste per cause nobili sono anche momenti d'innamoramento e di amore. Questa lotta è solo una lotta iniziale. Eraclito direbbe: "Se non ti aspetti l'inaspettato non lo troverai". Ciò che chiediamo subito, e delle proposte sono state avanzate dai colleghi, è: l'intervento immediato nel mercato del formaggio pecorino per arginare il crollo dei prezzi; l'individuazione di forme d'incentivazione che consentano all'impresa agropastorale di affrontare la stretta creditizia, che stringe in una morsa mortale i loro bilanci; l'attivazione delle procedure per il pagamento in tempi strettissimi di quanto dovuto agli operatori del settore nell'ambito dell'agevolazione comunitaria.
La crisi che subisce il prezzo del latte, che viene sottopagato ai produttori, ha raggiunto dei minimi storici, c'è il problema del trasporto e dell'energia che rappresenta una grossa e gravosa discriminante, in quanto genera costi di produzione elevati e insostenibili. Bisognerebbe rilanciare un piano di rimodulazione rurale, che consenta agli operatori del comparto agro-zootecnico di non subire il tracollo, che si ripercuoterebbe sul tessuto sociale e sull'intero territorio regionale, e cercare di accattivarsi l'interesse dei giovani per questo tipo di attività, adeguandole alle trasformazioni in essere del nostro tempo, senza per questo perdere le proprie caratteristiche e unicità.
La crisi del comparto agropastorale c'è e si fa sentire sempre più forte, soprattutto nel momento in cui si devono fare i conti con il pagamento di bollette di acqua, energia elettrica, e quando si devono contare anche i centesimi per l'acquisto di qualsiasi cosa. Una situazione, questa, figlia di scelte politiche sbagliate nel tempo, che hanno condotto un'intera classe sociale alla disperazione (un settore che occupa circa 25 mila persone, con 3 milioni di capi di allevamento ovino, portando la Sardegna ad essere la prima produttrice di latte ovino in Italia). Se non cambierà qualcosa per i pastori sarà difficile continuare a mantenere in piedi le aziende.
Occorre dunque rompere il monopolio degli industriali - in Sardegna sono tre gli industriali che gestiscono e fanno cartello mantenendo bassissimo il prezzo del latte - e favorire l'ingresso di altri industriali nel mercato isolano, che vantino una reale esperienza di diversificazione dell'offerta, che sappiano cioè andare al di là del mercato americano. E' importante quindi abbattere il costo del trasporto, affinché il ritiro del prodotto non subisca ulteriori limitazioni dovute alla sfavorevole posizione geografica e possa essere garantita una sana concorrenza a favore dell'allevatore. Sarebbe opportuna la costituzione di basi di stoccaggio, o l'utilizzo di forme cooperative per la raccolta del prodotto. E' giustamente impensabile ipotizzare la crescita del turismo in Sardegna senza l'agricoltura e la pastorizia, che indirettamente svolgono proprio questa funzione che nessuno riconosce, e che viene comunque garantita pur con tutti i suoi drammi. Il Governo nazionale e tutti coloro che sono coinvolti dovrebbero adoperarsi. La soluzione, come dicevo, non si trova nella competitività, ma nella cooperazione. Se tutto cambia, come sono sicuro dopo questa discussione, ciò significa che tutto forse rimarrà com'era prima.
PRESIDENTE. I lavori della mattinata si concludono qui, riprenderanno alle ore 17.
La seduta è tolta alle ore 13 e 55.