Seduta n.249 del 20/09/2011
CCXLIX SEDUTA
Martedì 20 settembre 2011
Presidenza della Presidente LOMBARDO
indi
del Vicepresidente COSSA
indi
della Presidente LOMBARDO
La seduta è aperta alle ore 16 e 05.
MARIANI, Segretario, dà lettura del processo verbale della seduta antimeridiana del 31 agosto 2011 (242), che è approvato.
PRESIDENTE. Comunico che i consiglieri regionali Salvatore Amadu, Gianfranco Bardanzellu, Gabriella Greco e Silvestro Ladu hanno chiesto congedo per la seduta del 20 settembre 2011.
Poiché non vi sono opposizioni, questi congedi si intendono accordati.
PRESIDENTE. Si dia annunzio delle interrogazioni pervenute alla Presidenza.
MARIANI, Segretario:
"Interrogazione AGUS, con richiesta di risposta scritta, sulla gestione e criticità dei servizi erogati da Abbanoa nel Medio Campidano". (676)
"Interrogazione AGUS, con richiesta di risposta scritta, sulla nascita di un giornale dell'Azienda sanitaria n. 6 di Sanluri". (677)
"Interrogazione AGUS, con richiesta di risposta scritta, sul passaggio di dipendenti per effetto di trasferimento di attività del Centro di riabilitazione ad alta intensità S. Maria Assunta di Guspini alla Azienda sanitaria locale n. 6 di Sanluri". (678)
"Interrogazione COCCO Daniele Secondo - SALIS - MARIANI, con richiesta di risposta scritta, sul gravissimo danno ambientale causato dalla lavorazione dell'amianto nei siti industriali del centro Sardegna". (679)
"Interrogazione PIRAS, con richiesta di risposta scritta, sui disagi denunciati dagli utenti provocati dal servizio trasporti gestito da Trenitalia Spa, e sulla mancata stipula del contratto di servizio fra la Regione e Trenitalia Spa". (680)
"Interrogazione SABATINI, con richiesta di risposta scritta, sulla ritardata apertura del nuovo poliambulatorio di Tortolì e del Centro per la cura delle dipendenze". (681)
"Interrogazione BARRACCIU - MELONI Marco - BRUNO - ESPA - SABATINI, con richiesta di risposta scritta, sul grave provvedimento adottato dall'Università degli studi di Cagliari che stabilisce la decadenza degli studenti fuori corso". (682)
"Interrogazione ESPA - BARRACCIU - BRUNO, con richiesta di risposta scritta, sugli interventi adottati per i residenti in Sardegna reclusi in ospedale psichiatrico giudiziario". (683)
PRESIDENTE. Si dia annunzio delle interpellanze pervenute alla Presidenza.
MARIANI, Segretario:
"Interpellanza CUCCUREDDU sulle problematiche relative al servizio di elisoccorso in Sardegna". (263)
"Interpellanza PLANETTA sull'opportunità dell'individuazione da parte della conferenza dei servizi attivata presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, dell'impresa Syndial Spa, del gruppo ENI, quale unico interlocutore tecnico per l'esecuzione delle bonifiche dell'inquinamento nell'area industriale di Porto Torres". (264)
"Interpellanza SABATINI - BRUNO - CUCCU - MELONI Valerio - MORICONI - CUCCA - SANNA Gian Valerio sul programma di infrastrutturazione dell'area industriale e del Porto di Arbatax". (265)
PRESIDENTE. Si dia annunzio della mozione pervenuta alla Presidenza.
MARIANI, Segretario:
"Mozione CUCCUREDDU - SALIS - URAS - VARGIU - BRUNO - SANNA Giacomo - FOIS - TOCCO - LOCCI - RODIN - PITEA - MULAS - AGUS - SOLINAS Antonio - SANNA Gian Valerio - CONTU Felice - OBINU - CAPPAI - BEN AMARA - COSSA - MULA - SANJUST - MURGIONI - STOCHINO - ZUNCHEDDU - CUCCA - COCCO Pietro - CUGUSI - SECHI - COCCO Daniele Secondo - MARIANI - MORICONI - MELONI Valerio - CAMPUS - DIANA Giampaolo - MANCA - LADU - BARRACCIU - PORCU - CORDA sul sostegno della Regione per il riconoscimento dello Stato palestinese, con richiesta di convocazione straordinaria del Consiglio ai sensi dei commi 2 e 3 dell'articolo 54 del Regolamento". (146)
PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Steri. Ne ha facoltà.
STERI (U.D.C.-FLI). Chiedo la convocazione della Conferenza dei Presidenti di Gruppo.
PRESIDENTE. Onorevole Steri, sono d'accordo, però vedo che alcuni Presidenti di Gruppo mancano.
STERI (U.D.C.-FLI). Sospendiamo la seduta, allora.
PRESIDENTE. Nessuno opponendosi, sospendo la seduta e convoco la Conferenza dei Presidenti di Gruppo.
(La seduta, sospesa alle ore 16 e 10, viene ripresa alle ore 17 e 34.)
PRESIDENTE. Riprendiamo i lavori, prego i colleghi di prendere posto.
L'ordine del giorno reca la discussione del testo unificato numero 1-7/NAZ/A.
Dichiaro aperta la discussione generale.
Ha facoltà di parlare il consigliere Pittalis, relatore.
Scusate colleghi, vi prego di prendere posto.
(Interruzioni)
MANCA (P.D.). Presidente, chiedo la parola.
Onorevole Manca, ho già dato la parola al relatore. Prego, onorevole Pittalis
PITTALIS (P.d.L.), relatore. Presidente, la prima Commissione, all'esito di un dibattito che ha visto impegnate tutte le forze politiche di maggioranza e di opposizione…
PRESIDENTE. Scusi, onorevole Pittalis. Colleghi, prendiamo posto! Grazie. Onorevole Pittalis, aspetti, grazie. Colleghi, se prendete posto, possiamo procedere.
MANCA (P.D.). Avevo chiesto la parola.
PRESIDENTE. Onorevole Manca, lei sa che la richiesta doveva essere precedente. Ho già dato la parola al relatore. Onorevoli colleghi! Prendete posto, grazie. Prego, onorevole Pittalis.
PITTALIS (P.d.L.), relatore. Presidente, dicevo che la prima Commissione, all'esito di un dibattito al quale hanno partecipato tutte le forze politiche presenti in Aula, di maggioranza e di opposizione, ha fatto sintesi di due proposte di legge nazionali la numero 1 e la numero 7…
PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Pittalis. Colleghi, non si può procedere in questo modo! Onorevoli colleghi! Grazie.
PITTALIS (P.d.L.), relatore. Dicevo di due proposte di legge, una presentata dal Gruppo SEL e l'altra presentata dal Gruppo dei Riformatori, che prevedevano la riduzione del numero dei consiglieri regionali da 80 a 60. Per la verità è sopraggiunto anche un altro testo di legge che, nella sostanza, prevedeva la stessa riduzione del numero dei consiglieri da 80 a 60, ma che, per un problema formale, non è stato esaminato contestualmente nel corso della discussione tenutasi in prima Commissione. Per completezza di informazione, devo dire che era stata originariamente abbinata anche la proposta di legge a firma degli onorevoli Meloni e Barracciu che, per la verità, si occupava di altri aspetti, non tanto della riduzione del numero quanto del problema della pari opportunità tra generi; per questione legata soprattutto all'oggetto in trattazione, si è ritenuto di stralciare questa ultima proposta di legge e di affrontare in separata sede gli argomenti in essa contenuti, concentrando l'attenzione sul tema della riduzione del numero dei componenti il Consiglio regionale.
In Commissione, per la verità, vi è stata un'ampia convergenza, segnalo soltanto l'astensione del rappresentante del Gruppo misto. Come dicevo, la Commissione, all'esito di un dibattito, svolto pur con posizioni diversificate e sfumature anche di sostanza e non solo di forma, ha convenuto su una proposta di riduzione di numero di consiglieri da 80 a 50. Questo in forza, non tanto dei moti di piazza, per la verità, che non hanno assolutamente influenzato i lavori della Commissione (io ritengo che non debbano assolutamente influenzare), quanto di quel dibattito che si è sviluppato in questo periodo, questo "sì", perché se ne parla a livello nazionale, relativo al taglio dei costi della politica; se n'è parlato tante volte anche in questa Aula e si è ritenuto che, se il Consiglio regionale dovrà affrontare anche altre riforme di sistema, riguardanti il sistema dell'ordinamento degli enti locali, delle agenzie, degli enti, dei manager pubblici sovra pagati, bisognava dare un segnale forte da parte dell'Assemblea regionale, perché per un'assemblea che non ha la capacità di guardare in casa propria, poi è difficile giustificare le riforme che si devono affrontare e che riguardano anche altri livelli elettivi.
Quindi non potendo farci promuovere una riforma dall'alto, perché riteniamo astrusa anche l'ipotesi che è circolata a livello nazionale di una riduzione delle assemblee elettive dei Consigli regionali al numero di 30, questa Assemblea penso che abbia l'occasione per sviluppare una proposta autonoma tenuto conto, come più volte è stato anche ricordato, della propria specialità e anche della realtà di altre Regioni italiane, ben più popolose della Sardegna, e delle dimensioni dei loro organi legislativi, pensiamo al Lazio che attualmente ha 70 consiglieri regionali, alla Toscana che ne ha 65, alla Campania e al Veneto che ne hanno 60, all'Emilia Romagna che ha addirittura 50 consiglieri regionali.
Ecco, rispetto a questo quadro di riferimento che riguarda le altre Regioni, penso che noi non saremmo dovuti rimanere inermi, soprattutto se si considera che, già nel 1977, era stata istituita una Commissione speciale per riformare lo Statuto senza alcun apprezzabile risultato allora. Così come si ritentò, nel 1993, una riduzione dei consiglieri da 80 a 60, che il Consiglio esitò mandando questa legge in Parlamento ma con un nulla di fatto. Mi pare che oggi le condizioni siano diverse, c'è forse maggiore attenzione da parte di tutte le forze politiche, ed è forse l'occasione per una seria riforma.
Beninteso, non ci nascondiamo che non si può ipotizzare soltanto, come la riforma delle riforme, la riduzione del numero dei consiglieri regionali, questo è un aspetto che va accompagnato da altre riforme, quella dello Statuto innanzitutto, ma attendere una riforma complessiva dello Statuto, colleghi, diciamocelo, significa non fare nulla, come finora non si è fatto nulla, purtroppo. Allora bisogna pur che ci intendiamo sulle cose fattibili, sulle cose che è possibile fare, e una di quelle che è possibile fare è, appunto, questa riduzione del numero dei consiglieri. Mi auguro che, per quanto riguarda i lavori sulla riforma dello Statuto, per la quale è stata istituita anche una sottocommissione di lavoro all'interno della prima Commissione, presieduta dall'onorevole Agus, si possa dare un'accelerazione. E' chiaro che la riduzione del numero dei consiglieri, non accompagnata anche da una riforma del sistema elettorale, dalla nascita ex novo di una nuova legge statutaria, sarebbe una riforma monca. Quindi, la riforma elettorale (che è già all'ordine del giorno dei lavori della prima Commissione), con l'ipotesi di un dibattito (e qui dovremmo aprirlo) sulla forma di governo, sul mantenimento del presidenzialismo, oppure sulla restaurazione del sistema assembleare, come molti auspicano, sono i temi all'ordine del giorno in discussione.
Io penso che alcune cose si possano fare in questa legislatura. Ho registrato, per esempio, per quanto riguarda la legge elettorale, che vi è una significativa convergenza sulla necessità dell'eliminazione del listino regionale; o sulla necessità di dare una forte tutela ai territori, e quindi un mantenimento della rappresentanza territoriale, anche in un'ottica della riduzione del numero dei consiglieri regionali. Ecco, tutte queste questioni potevano essere affrontate prima della riduzione, ma possono essere affrontate anche nel contesto di questa sessione di riforme - io mi auguro - vere e proprie, e ci auguriamo che anche le prossime settimane possano essere improntate con lo spirito che io ho rilevato in Commissione, spirito costruttivo tra maggioranza e opposizione sulla necessità di dare davvero anche un forte segnale di cambiamento e di riforme. Questo mi pare possa essere l'avvio per un processo riformatore che coinvolga in pieno questa Assemblea.
Ecco perché, pur attenti al dibattito, agli emendamenti, che potranno arricchire o modificare parti di questa legge, siamo del parere che la stessa vada esitata, soprattutto perché dobbiamo evitare che sia il livello nazionale a imporci una riforma che, così come è fatta, a chi vi parla, ma è l'impressione anche espressa da molti colleghi consiglieri, davvero non piace. Gliela lasciamo a Calderoli! Noi preferiamo farci una riforma tutta sarda. Questa Assemblea ha tutte le capacità e le potenzialità per esitare una legge che possa anche dare il senso della nostra specialità e della nostra autonomia.
PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Bruno. Ne ha facoltà.
BRUNO (P.D.). Chiedo una breve sospensione in Aula, Presidente.
PRESIDENTE. Sospendo la seduta.
(La seduta, sospesa alle ore 17 e 49, viene ripresa alle ore 18 e 04.)
PRESIDENTE. Riprendiamo i lavori, prego i colleghi di prendere posto.
Ricordo ai colleghi che intendono parlare che devono iscriversi non oltre la conclusione del primo intervento. E' iscritto a parlare il consigliere Capelli. Ne ha facoltà.
Ricordo all'onorevole Capelli che ha a disposizione venti minuti.
CAPELLI (Gruppo Misto). Presidente, vorrei partire da quanto è stato deciso, circa un anno fa, da quest'Aula che, a onor del vero, sulla spinta dei colleghi Sardisti, ha votato un ordine del giorno che apriva la stagione delle riforme, delle riforme istituzionali in modo particolare. Un anno fa non eravamo ancora sotto quella deflagrante spinta che ha portato il Parlamento italiano a proporre le sue riforme istituzionali per le regioni, le province e i comuni. Un anno fa avevamo piena coscienza che quella via, tracciata dal Consiglio regionale, con quell'ordine del giorno, fosse la priorità per la Sardegna. Oggi ci ritroviamo a esaminare una situazione calda, legata indirettamente e direttamente ai costi della politica, con una prima vera proposta di riforma, che incide anche sui costi della politica, che è quella della riduzione del numero dei consiglieri regionali.
Ora, la prima domanda, che mi viene da fare alla Commissione proponente questo testo, è: perché cinquanta consiglieri regionali? Perché una riduzione a cinquanta e non a quaranta? E, con fare populistico e demagogico, potrei dire perché non trenta? Poi mi sostituirà e mi completerà qualche altro collega proponendone venti, fino ad arrivare al governatore unico! Io non vorrei seguire questa via.
Voglio premettere anche un'altra cosa, credo di aver dato buona testimonianza, insieme ad altri colleghi, del fatto che uno degli elementi che doveva muovere le riforme era anche, se non prioritario, il numero dei consiglieri regionali, per certi versi eccessivo per le rappresentanze in quest'aula del popolo sardo. Tanto è vero questo che, con il collega Giorgio Oppi dell'U.D.C., e con il Gruppo U.D.C., abbiamo proposto da tempo, fin dalla passata legislatura, una riduzione del numero dei consiglieri regionali da ottanta a sessanta, con allegata legge elettorale. Forse nel metodo bisognava separare le due cose, ma nella sostanza della proposta l'intenzione dei proponenti di quella proposta di legge, che mi vedeva primo firmatario, era di sentire come un problema la necessità di ridurre il numero dei consiglieri regionali, facendo anche un ragionamento per arrivare a sessanta, quindi arrivando alla conclusione che bisognava ridurre il numero dei consiglieri rispettando dei principi cardine per la corretta rappresentanza democratica, per arrivare poi alla conclusione di un giusto numero di rappresentanti in Consiglio regionale.
Ecco perché mi trovo oggi un po' a disagio, devo dire, nell'esaminare questa proposta, la quale non dà una motivazione costruita, seria, che venga da un ragionamento che rispetti le rappresentanze territoriali, per esempio, (non delle nostre otto province, ma dei nostri otto territori), cioè che siano garantite quelle rappresentanze territoriali. Io non mi vorrei ritrovare (perdonatemi se faccio questo esempio, ma lo faccio per semplificare il ragionamento) domani con un Consiglio regionale nel quale, su cinquanta rappresentanti, trentacinque siano di Cagliari e i rimanenti divisi tra gli altri territori. Oppure non vorrei che, nel momento in cui sono fortemente convinto che vada rivisitato, cancellato, questo bipolarismo, con una legge di questo tipo mi ritrovi con un puro bipartitismo, in cui le forze politiche cosiddette minori (per il momento) non abbiano neanche il diritto di tribuna. Badate bene, capita a tutti, è capitato a tutti, nell'arco della storia della nostra autonomia e della nostra Repubblica, di essere forze minori. E' capitato a tutti, anzi, siamo arrivati all'eccesso che alcune forze politiche, rappresentative del pensiero politico nazionale, non siano rappresentate in quest'Aula, non possiamo certo dire, per esempio, che il Partito Socialista Italiano sia un'entità assente nella storia e nel quadro politico della nostra Nazione.
Ecco perché mi chiedo se stiamo facendo una cosa corretta individuando questo come primo e unico passo (perché di fatto siamo al primo e unico passo, sottolineo "unico") in risposta, non alla sollecitazione di quell'ordine del giorno che ho ricordato in apertura, ma su sollecitazione di un intervento nazionale, da cui noi sempre di più vogliamo prendere le distanze. Ne subiamo invece le iniziative e, in fretta e furia, interveniamo dando una risposta (continuo a dire demagogica e populista, spinti dalla piazza) con la riduzione dei consiglieri regionali da 80 a 50. Premetto, sottoscrivo che sia necessario, utile e urgente, ma l'urgenza di dare risposte all'esterno, non deve portarci a non ragionare. Se dovessimo votare ora, voteremmo tutti, per non avere poi rimproveri di piazza del genere: "Ecco, non volete iniziare, volete rimandare, non volete ridurre!". Io sono pronto a sottoscrivere una risoluzione, un ordine del giorno che impegni il Consiglio a che, entro dieci giorni, quindici giorni, si facciano queste modifiche, questa e altre, ma che ci sia una ratio nelle riforme che dobbiamo fare.
Noi modifichiamo la legge numero 2 del 2001 (che a sua volta modifica la legge numero 3 del '48) e, praticamente, stiamo conformando il resto della legge numero 2, quindi il presidenzialismo; io sono contrario al presidenzialismo, io sono perché il Presidente della Giunta venga eletto dall'Aula, sono contrario a quella legge nazionale, elettorale, che noi abbiamo subito e non siamo stati in grado, in due legislature, di modificare. A onor del vero, c'è stata una Statutaria, bocciata poi dal popolo sardo con il referendum, ma anche in quella Statutaria non ci siamo assunti la responsabilità di modificare la legge elettorale. Non l'abbiamo voluto fare!
Allora io mi chiedo se è responsabilità iniziare una stagione di riforme, un serio e costante confronto in Commissione e in Aula, per addivenire a un quadro completo delle riforme. Un collega mi diceva oggi: "Stiamo iniziando da una piccola parte della cornice, senza avere il quadro", è vero! Noi stiamo cercando di dare quelle risposte suggerite, sollecitate, giustamente, dalla piazza, ma lo stiamo facendo (nel modo e, permettetemi, anche nel merito), sbagliando.
Allora, perché non dobbiamo avere il coraggio di dire (credo che molti di noi siano coscienti e condividano questa posizione): "Signori miei, noi non vogliamo trasferire o evitare le riforme utili e necessarie in cui crediamo, le vogliamo fare seriamente, nel modo dovuto". Una modifica come questa richiede una riforma della legge elettorale, necessariamente! Badate bene che, in quest'Aula, abbiamo ripetuto sempre che, prima di modificare gli altri enti sottordinati (province, comuni e quant'altro), dobbiamo avere il coraggio di fare le riforme che interessano direttamente noi. Perciò partiamo dalle riforme che interessano direttamente il sistema "Consiglio regionale", il sistema "Regione Sardegna", dopo avremo la forza, l'autorevolezza, la libertà di poter modificare anche le altre istituzioni.
Ecco perché, ribadisco, devo essere onesto e corretto, e voglio esserlo, insieme ai colleghi, sempre dell'U.D.C., avevamo proposto un percorso, quello della Costituente che abbiamo sottoscritto, sostenuto e votato. Abbiamo continuato nel dire che, dopo le modifiche del numero dei consiglieri regionali, delle metodologie elettive, quindi legge elettorale, bisognava intervenire anche nelle modifiche utili, necessarie, razionali dell'organizzazione del Consiglio regionale che ci ha visto, più volte, sottoscrittori e presentatori dell'emendamento che tendeva a ridurre, se non ad abolire integralmente, le indennità aggiuntive delle cariche istituzionali consiliari; l'abbiamo ripetutamente proposto alla vostra attenzione.
Ma credo che vada aggiunta un'analisi sul numero delle Commissioni consiliari: è giusto averne otto o sono riducibili a sei ? Abbiamo fatto anche presente che, probabilmente, è più corretto avere, invece degli undici segretari d'Aula che abbiamo oggi, dieci o undici, perdonatemi se di qualche unità posso sbagliare, per difetto o per eccesso, forse avere due rappresentanti della coalizione di maggioranza e uno delle altre coalizioni che hanno eletto almeno tre consiglieri, riducendo così la corsa agli sprechi anche sotto quel punto di vista.
Abbiamo chiesto, sottoscritto e presentato la legge elettorale che, come ho detto in precedenza, garantisce le rappresentanze territoriali. Abbiamo scritto e sosteniamo l'abrogazione del listino senza preferenze. Tutte cose che non possono essere messe sotto il tappeto provvisoriamente, e ci laviamo la coscienza con i 50 consiglieri regionali! Certo, noi abbiamo un rapporto di rappresentanza eccessivo, ma lo stesso rapporto, ancor più eccessivo, l'abbiamo, per esempio, nel numero delle ASL. Se noi seguiamo il principio della rappresentanza in base alla popolazione residente, abbiamo un indice di enti di gestione della sanità esorbitante! Quindi forse dovremmo ragionare sul fatto, ribadisco per l'ennesima volta in quest'Aula, (sempre che qualcuno alle spalle non sorrida, come spesso succede), che forse tre ASL sono più che sufficienti e che l'abolizione delle altre cinque ASL avrà un costo superiore all'abrogazione delle province, perlomeno delle quattro province che noi abbiamo istituito con legge regionale.
Quindi, come vedete, un quadro di riforme collegate razionalmente, che noi siamo in grado di fare nel giro di un mese. Le Commissioni competenti si riuniscano dal lunedì al venerdì, dal martedì al venerdì, costantemente! Confrontiamoci in quella sede, facciamo un buon progetto di studio e di programmazione interna alla Commissione, per arrivare quindi al dibattito che sarà aperto in Aula; è necessario anche confrontarsi con le altre istituzioni, confrontarsi con gli enti locali, confrontarsi con la cosiddetta società civile delle varie e innumerevoli rappresentanze. Abbiamo necessità di fare questo: che cosa osta? Si dice sempre: "Non ce la faremo"; se mai iniziamo, mai ce la faremo, tutto sta nell'iniziare.
Abbiamo continuato nelle nostre proposte, uso il noi (nonostante io sia l'unico rappresentante di Alleanza per l'Italia in quest'Aula) perché, per il rispetto e per l'onestà, il "noi" è riferito agli altri colleghi con cui ho condiviso un lungo percorso in quest'Aula, perciò siccome è scritto, mi permetto di rappresentarlo, poi ognuno potrà confermarlo o non confermarlo. Dicevo che mi chiedo se stiamo facendo una cosa giusta nello sbrigare la pratica del numero dei consiglieri regionali con una legge di un articoletto che cambia un numero. E' serio cambiare quel numero (ribadisco, sottoscrivo, riconfermo che è necessario cambiare quel numero riducendolo) in questo modo? Raggiungiamo davvero il risultato che tutti insieme ci stiamo ponendo, destra, sinistra, centro, davanti, dietro e quant'altro, o non è più corretto aprire un serio confronto, interno alle forze politiche ed esterno? O credete che sia un argomento da liquidare con emendamenti, pochi o molti che siano, o addirittura con un emendamento? La forma elettorale, il diritto alla rappresentanza, il diritto alla rappresentanza dei generi sono tutte cose collegate tra di loro e quindi collegate anche al numero e alle modalità di elezione di quei consiglieri che devono rappresentare un popolo e una regione che è vasta, dalle mille culture, dalle mille sfaccettature, dai mille problemi, tutti diversi fra di loro, e quindi con rappresentanze diverse perché questo è il Parlamento dei sardi!
E' chiaro che non c'è contrarietà, c'è piena convinzione che sia necessario agire e agire subito, ma c'è anche una variabile, bisogna agire bene e nei tempi dovuti. Perché, quando c'è la possibilità di iniziare un confronto su un argomento e, civilmente e con tempi accettabili, europei, queste problematiche si possono risolvere con una discussione continua e aperta di dieci giorni, di quindici giorni, di venti giorni, noi invece partiamo sempre dal presupposto che ci vogliono anni? Il mondo non cammina più così! Il mondo si pone un problema, lo affronta, lo risolve e poi passa al secondo step. Noi possiamo farlo!
Possiamo farlo con i nostri rappresentanti in Commissione, possiamo farlo con l'apporto di tutti noi in Consiglio regionale, possiamo superare le barriere ideologiche che ci hanno diviso per troppi, tanti, anni, perché siamo davanti a una situazione drammatica, a un mondo che cambia e che speriamo possa cambiare in meglio, non necessariamente in peggio. Noi potremmo dare allora prova e visione della faccia migliore della politica che tutti voi sapete dare, quella faccia di serietà e di senso di responsabilità, perchè non pensi, nel momento in cui proponi queste leggi: "Dove sarò io in quel quadro che sto disegnando?", ma pensi dove sarà la democrazia, il diritto della rappresentanza, la giustizia!. Questo dobbiamo pensare sempre, ma in particolare quando si fanno riforme istituzionali e costituzionali di questa levatura.
Ecco perché io credo che bene abbiano fatto i componenti della prima Commissione a porre il problema, a riaprire la fase di confronto sulle riforme istituzionali; ma, nel metodo, colleghi, fermiamoci un attimo. Il voto su questa legge è garantito, è assolutamente garantito, almeno per la spinta popolare, guardate, se non fosse per convinzione di alcuni, allora fermiamoci un attimo, ragioniamo. Siamo in grado e possiamo fare di meglio!
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Ben Amara. Ne ha facoltà.
BEN AMARA (SEL-Comunisti-Indipendentistas). Io credo che, prima di parlare di riduzione del numero dei consiglieri, bisogna che la nuova composizione dell'Assemblea tenga conto di tutte le realtà territoriali. Non confondiamo l'immagine con l'immaginazione ed evitiamo l'improvvisazione tout court. Una riduzione drastica del numero dei consiglieri non solo penalizza i collegi provinciali minori, sempre a vantaggio dei due poli principali, Cagliari e Sassari, ma soprattutto i partiti minori, penalizza le aree meno abitate e consoliderebbe il bipolarismo "veltronizzando" i partiti minori. A questo punto, il coinvolgimento dei sindacati è essenziale qui.
(Brusio in Aula)
Posso anche rinunciare…
E' vero che ottanta consiglieri sono un po' troppi, ma è altrettanto vero che il numero dei parlamentari italiani è esorbitante da tutti i punti di vista. Affrontiamo prima la legge elettorale, indichiamo i collegi distribuendo la rappresentanza in modo uniforme. Ogni nuovo processo politico, cari colleghi, si illumina solo attraverso le differenze che si costruiscono in esso, in particolare attraverso la differenza, in primo luogo, fra una verità e un'opinione. In politica, l'uguaglianza è un principio sacrosanto della democrazia, ma l'uguaglianza istituita fra l'inuguale e l'uguale è semplicemente, per me, il principio umanitario, l'equivalenza generale che sbarra ogni accesso a differenze reali, all'eterogeneo in quanto tale, il cui paradigma è lo scarto fra una procedura di verità e la libertà delle opinioni.
Non è sufficiente dire o scrivere nella relazione che accompagna il provvedimento - cito - "la posizione assunta dalla Commissione… intende contemperare l'esigenza di contenere i costi della politica con l'esigenza di non compromettere la rappresentatività dei differenti territori regionali". Il costo della politica non è sempre spreco. Il costo della politica è anche costo della democrazia, ma deve essere gestito con trasparenza e limpidezza. Nel ceto politico si trova anche gente onesta e capace che, per dare ascolto alla propria coscienza, non sempre viene valutata per quello che è. Il bivio tra il bene e il male si presenta a ognuno di noi; scegliere il primo ha sempre un costo, spesso pesante. E' bene, dunque, tagliare i costi della politica ma senza punire la democrazia rappresentativa.
La riduzione dei costi della politica viene molto spesso svolta da parecchi ambienti con metodi tendenziosi e finalità spesso ben poco nobili. Sappiamo che ci sono anche i costi delle amministrazioni provinciali, comunali, i costi dei big della finanza che, fra stipendi, bonus e liquidazione, arrivano a cifre prive di riscontro nella vita normale. Io non credo che le campagne di stampa sui costi della politica siano fatte tutte con pensieri innocenti. Prima di fare il consigliere, per esempio, io avevo il mio discreto stipendio da docente, i miei assegni di ricerca, le mie traduzioni di libri in diverse lingue. Dunque questa "ebollizione" sul costo della politica potrebbe anche essere un pretesto per screditare il sistema politico per sostituirlo con un andazzo in cui i governanti non sono scelti fra i politici ma fra i tecnocratici, gruppi di interessi che controllano i media, i cosiddetti indipendenti. E gli stipendi dei managers, dei dirigenti delle banche e degli altri operatori finanziari? Occorre anche eliminare il doppio politico con la sua burocrazia, la sua fiscalità, i sui dirigismi e le sue clientele.
Bisogna dunque ripensare a una strategia istituzionale adeguata che possa garantire la rappresentanza nei territori e rafforzare il sistema democratico. Anche il termine "democrazia" è solo emblema, nostalgia e sappiamo che ogni nostalgia è nostalgia di qualcosa che non è mai stata. Divertitevi dunque con la parola "democrazia" e imponete i divertimenti come legge sociale, così la politica in se stessa, in quanto pluralità conflittuali, scomparirà completamente dal mondo a favore di una gestione prosaica delle cose e degli esseri.
Perché non ci confrontiamo subito con le parti sociali ed economiche per arrivare a un adeguato modello di democrazia e rappresentanza? Noi non possiamo vivere solo nel pure presente elevando la legge a legge desiderio del momento. Oggi si fa una grossa abbuffata innaffiata di vino, di pecorino e salsiccia, domani ci sarà posto solo per le lobbies, per l'acqua limpida, i campi da golf e lo sviluppo sostenibile, espressione molto abusata in questi nostri giorni. Dunque né ordine né idee, questa proposta riduzionista può anche essere gradevole, tanto libera quanto insignificante, se non è paritaria e ben concepita o ponderata. Ma si può pagare la libertà a costo dell'assenza del significato?
Il nostro lavoro politico è ridotto, a questo punto, a una costruzione iconica. Il numero dei consiglieri regionali, che sia 8, 50, 60 o 80, non sarà mai una prova di verità o di giustizia. Il diritto sarà sempre ridotto in permanenza alla forza e il pluralismo sarà alla mercé dell'arbitrio di ciascuno. Nulla si può fare senza disciplina ma la disciplina ha sempre bisogno di sorveglianza per essere credibile. Noi parliamo sempre di democrazia, di trasparenza, di etica, senza renderci conto che le classi sociali sono praticamente scomparse dal lessico, come se la loro cancellazione fosse una fatalità sociologica irreversibile e non il risultato di un lavoro politico della promozione ideologica legislativa, dell'individualismo concorrenziale sul sociale.
Come fare allora affinché una politica senza classi non sia una politica senza politica? Lontano da ogni gauchismo o estremismo speculativo, dico che bisogna pensare innanzitutto la politica come produzione di un certo effetto, come affermazione di una capacità e riconfigurazione del territorio e del visibile, del pensabile e anche del possibile. Non si tratta dunque di screditare il principio dell'organizzazione a favore di una valorizzazione esclusiva delle scene esplosive in un Paese dove il diritto alla miseria prevale sul diritto di proprietà, un Paese di evasori, 160 miliardi, di corruzione, 90 miliardi, ed è per questo che non mi considero un politico ma neanche un pensatore dell'evento, dell'apparizione improvvisa ma dell'emancipazione come qualcosa che ha una tradizione, una storia che non è fatta di grandi azioni eclatanti ma di una ricerca per creare forme comuni che siano quelle del consenso. So anche che il consenso non è più adeguato a descrivere ciò che, a tutti gli effetti, è un modo di socializzare delle persone nel silenzio, nel silenzio come consenso dunque.
Perfino il voto può, nel nostro caso, diventare un esempio della democrazia in fuga; come dovrebbe funzionare allora la democrazia e quel controverso rapporto tra poteri e governo del popolo?
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Planetta. Ne ha facoltà.
PLANETTA (P.S.d'Az.). Presidente, Assessori, colleghe e colleghi, voglio essere brevissimo. Fra l'altro, molte delle cose che avrei dovuto dire le ha dette in parte il collega Capelli, qualche altra di carattere anche sociologico il collega Ben Amara, però mi preme brevissimamente fare alcune considerazioni.
Questo testo, è stato già detto, nasce male, veramente male, in una normale Commissione si discute e poi si porta in Aula. Poca riflessione! Nasce, per essere più preciso, scusatemi la metafora, da un genitore biologico che non siede in questo Consiglio e che concepisce questa proposta facendo credere che il vero padre di questa proposta sarà colui che poi correrà all'ufficio dell'anagrafe a registrare il nascituro come proprio. Noi tutti sappiamo che non è così; intanto lo sappiamo perché i proponenti (tutti, a esclusione di uno, e a me risulta con qualche altro assente) hanno personalmente sottoscritto che la posizione assunta dalla Commissione era e doveva essere assolutamente in linea con le politiche di riduzione delle spese pubbliche dettate dalle istituzioni - guardate - internazionali, comunitarie e nazionali.
Secondo questo testo, il Consiglio regionale (tutti insieme) dovrebbe alzarsi rispettosamente in piedi oppure genuflettersi e omaggiare le istituzioni internazionali, comunitarie e nazionali. Secondo questo testo, si partorisce una legge nata soprattutto - a mio giudizio - per inseguire esclusivamente la benevolenza e l'approvazione della pubblica opinione. Ricordate voi tutti quando avevamo annunciato riforme con una nuova stagione costituente e perfino il varo del nuovo Statuto speciale!
Ora, sarebbe fin troppo facile infierire sulle risultanze di questo Consiglio, sui suoi prodotti di questa metà di legislatura che, a parer mio, sembra trascorsa soprattutto fra inutili mozioni, anche troppe, e troppi ordini del giorno, che tutti sapevamo che come al solito non avrebbero portato a nulla. Mozioni e ordini del giorno che invece sono serviti a qualcuno per alimentare una vacua speranza di guadagnare a buon mercato quella credibilità politica e quell'autorevolezza che dovrebbe venire solo da un lavoro duro e costante, da un impegno serio e lontano dal clamore e da quello che realmente ciascuno di noi riesce effettivamente a produrre.
Desidero poi a questo punto sottolineare, senza alcuna volontà credetemi di provocazione, un'altra palese contraddizione, se non altro nei termini, cioè la stessa denominazione, oltre che la funzione, della Commissione Autonomia. Ma quale "autonomia", mi domando! Il Governo di turno chiama a raccolta per rimediare a una bancarotta di cui la Sardegna non ha responsabilità! Alcuni di noi puntualmente si affannano a rispondere senza indugio, ma badate bene - secondo me - con finta e ipocrita diligenza, con pavidità, a volte perfino con servilismo! Allora gridiamo: "Viva l'Italia!", Italia che impone tagli per i suoi debiti, mentre paradossalmente anche chi dovrebbe chiedere i danni finge di non capire e addirittura si fa complice delle vessazioni.
Io avrei preferito discutere di tutt'altro, invece che discutere di questo miserevole articolo, che è solo un sacrificio autolesionista e compiacente, soprattutto (lo ripetiamo sempre noi Sardisti) verso lo Stato italiano. Si tagliano le quantità dei delegati, si taglia il numero dei rappresentanti che, in qualsiasi società democratica, dovrebbe essere dato dal rapporto fra territorio e popolazione. Un rapporto che qui, in Sardegna, con gli attuali 80 consiglieri, è già appena sufficientemente rappresentativo, anzi, voglio dirlo, è ben al di sotto della media di altre realtà statuali europee (andatevele a vedere, studiatevele!), se non per l'ammontare degli emolumenti per le attività istituzionali delle rappresentanze elette con democrazia, emolumenti che contemplano pure alcuni privilegi, che devono e sono legati esclusivamente alla produttività del singolo consigliere.
Ma, Presidente della Commissione, voi, che siete della Commissione, avete preso in considerazione questo testo? Lo avete affrontato nella discussione? Ma che cosa avete fatto in quella camera quel giorno? Eppure noi, in Sardegna, per affrontare questa crisi, stiamo ancora aspettando tutti quei soldi che ancora ci devono dare e che ancora illegalmente questa Italia si ostina a trattenere, malgrado tutte le vertenze che facciamo sulle entrate.
Allora, brevissimamente, cari colleghi, in questo caso, si tratta di una decisione che davvero dobbiamo prendere in perfetta autonomia, non possiamo accettare un'imposizione che, di fatto, ancora una volta, è calata dall'alto, che ha il solo effetto di tagliare l'offerta democratica e la rappresentanza plurale dei territori. Per nostra consolazione, la storia ci insegna che i tempi in cui le colonie rispondono, attraverso la propria classe dirigente, con provvedimenti demagogici e inutili, solo sull'onda emotiva e sulla spinta della piazza, ebbene questi tempi sono anche quelli in cui quella stessa classe dirigente si appresta e si appresterà a soccombere e con essa anche l'intero sistema statuale che la ispira e di cui è emanazione.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Gian Valerio Sanna. Ne ha facoltà.
SANNA GIAN VALERIO (P.D.). Ho sentito la relazione del Presidente della Commissione, è tollerabile tutto, anche un po' di esagerazione, ma non l'ipocrisia! Questo Consiglio regionale (e questa opposizione) ha dato la sua disponibilità mesi fa a percorrere assieme un contesto di riforme condiviso; l'abbiamo fatto con responsabilità e abbiamo detto parole nitide, con atteggiamenti conseguenti nelle sedi decisive, l'abbiamo fatto col precedente Presidente della Commissione e l'abbiamo ripetuto coerentemente col nuovo Presidente.
Abbiamo detto che le nostre riforme dovevano camminare, per la delicatezza oggettiva della materia e per l'abissale ritardo della Regione Sardegna, rispetto a queste riforme, con assoluta coesione come valore principale dell'azione riformista, consapevolezza comune e coesione.
Abbiamo detto: "Bene, cominciamo!", da che cosa? Abbiamo deciso insieme di iniziare dalla Statutaria, perché c'era una traccia, ma non abbiamo negato la possibilità di intervenire anche sullo Statuto e, per accelerare l'elaborazione e l'istruzione di queste pratiche, ci siamo anche divisi in due Sottocommissioni; non abbiamo mai negato la presenza, la costruttiva partecipazione con proposte, con suggerimenti e con convergenze, al di là delle nostre posizioni di partenza. Ma quell'ordine del giorno rappresentava per noi, per la solennità con la quale era stato assunto in quest'Aula, il punto di riferimento unico e indiscutibile del processo riformatore sul quale eravamo disposti persino a regalarvi la possibilità di sfoggiare qualche cosa di serio in questa disastrata legislatura. Regalarvi qualcosa di serio! Lo ripeto.
Però, in una di queste ultime riunioni, c'è stata un'accelerazione incomprensibile, è stata presentata una proposta nata la mattina, ed è stata posta la condizione che doveva essere esitata entro la giornata; in quei termini, prima nasce con la messa insieme delle proposte a "60" consiglieri, la proposta che riguardava anche la tutela della presenza di genere, e poi la rincorsa ai "50". E meno male ci siamo fermati! Anche in quel caso abbiamo detto: "Va bene". Ma il Presidente sa, perché è agli atti, perché io dissi queste cose! Siccome noi siamo impegnati sulla base di un ordine del giorno a fare un complessivo di riforme che abbia un senso costruttivo, serio, comprensibile e privo di ipocrisia (perché non vi regaliamo le cose tanto per regalarle, ma le regaliamo anche perché siamo noi consapevoli di dover fare, per noi stessi e per la nostra responsabilità, alcune riforme), vi abbiamo detto: "Venga consegnata questa legge nella disponibilità della Conferenza dei Presidenti di Gruppo, perché decida qual è e quale dovrà essere il pacchetto più complesso e articolato delle riforme, per dare loro senso compiuto, costruttività e operatività".
Ora, io vi dico che ci sono diversi sentimenti in quest'Aula. E' inutile negarlo, Presidente, c'è il sentimento di chi, in via di uscita, sa di aver fatto un certo numero di legislature, va via e usa quel famoso detto romano "va a morì ammazzato" verso gli altri, come dire: gli altri si occupino delle loro cose, a me non interessa più. Non è un indice di senso di responsabilità. Poi ci sono quelli che invece sono alla prima legislatura che sono combattuti e dicono: "Ma come? Ci si scaglia contro di noi, contro il diritto, anche non banale, di garantire, ciascuno per la propria sensibilità politica, una crescita che esprima solidità nel gruppo dirigente di questa Regione, non improvvisazione, non pressappochismo e soprattutto non ipocrisia".
Poi c'è chi pensa che noi siamo sotto le piazze; un tempo, quest'Aula, il Consiglio regionale, governava le piazze, la politica governava le piazze, oggi qualcuno tra di noi è preso dall'idea di essere sotto le piazze! Affari di chi lo pensa, colleghi, affari di chi lo pensa! Nei confronti di chi pensa una cosa del genere, io sono autorizzato a ritenere che queste persone hanno quasi quasi rubato il posto in Consiglio regionale, che non se lo siano guadagnato, perché chi se lo guadagna con un consenso vero non ha bisogno di sentirsi sotto le piazze ma si colloca nel luogo dove le istituzioni democratiche lo collocano! Non a caso una persona (che io politicamente amo straordinariamente) ha detto che la più grande conquista della politica è la capacità di prendere un uomo e restituirlo cittadino: pensate al significato che ha questa frase e l'impegno che colloca nel campo delle istituzioni, altro che farsi governare dalle piazze!
E poi infine c'è un'altra categoria che è un po' il frutto di un'epidemia, come la mucca pazza: c'è il populismo. L'era berlusconiana ha disseminato questa epidemia del populismo per il quale, guarda caso, nel momento in cui sconta il suo fallimento più radicale in un contesto sociale che si sta dilaniando e che ha fallito anche sul piano del modello economico, del modello sociale, di tutto, noi quasi quasi intercediamo.
Ebbene, questo complesso di sentimenti si intreccia in una confusione che pone questa proposta come misura della nostra complessiva inadeguatezza. Ve lo dico subito. Noi dovremmo avere il coraggio di dire, a quelli che stanno fuori, che qualcuno sta pensando o di correre a portare la bandiera issata di un raggiungimento… tra l'altro si confonde sempre, la stampa confonde le leggi fatte in Commissione con le leggi fatte, le leggi fatte in Consiglio regionale che devono avere la doppia lettura in Parlamento, con conquiste fatte, non è così, bisogna avere il coraggio di dire come stanno le cose, e anche che cosa sottende questo dal punto di vista della sincerità di chi propone riforme.
Allora bisogna avere il coraggio di dire che, se noi oggi approviamo questa legge, il Consiglio regionale della Sardegna non è vero che sarà a "50", perché può essere a "55" e a "60"; dobbiamo poterlo dire? Sì, benissimo! Potremmo dire che ci saranno 10 nominati e 40 eletti? Sì, lo possiamo dire, perché è così, bisogna dirlo! Questa mostruosa riforma, che per qualcuno è il lavacro della propria coscienza, quasi macchiata da chi sa che cosa, è essere andato a cercarsi il consenso e esserselo preso per sedere qui dentro! Vuol dire questo: 10 nominati, ancora, e 40 eletti; forse qualche territorio fuori gioco (sicuramente qualche territorio fuori gioco) e soprattutto, colleghi, nessun conflitto di interessi regolato. Il che vuol dire che, a 40 eletti, qualcuno che si gioca sul terreno del conflitto di interessi i propri interessi si può portare a casa il 20 per cento della quota elettiva di questo Consiglio regionale, per piegarlo a che cosa? All'interesse generale, secondo voi? E' improbabile che, a "80", i poteri forti possano governare tutto, è per quello infatti che in questa legislatura qualcosa sfugge di mano, non si può controllare tutto. In 40 eletti e 10 nominati, i 10 nominati non li conto neanche perché sono già a libro paga. Questa è, secondo voi, la democrazia? Questo è quello che bisogna dire!
Ecco perché noi abbiamo detto che per costruire i tre lati fondamentali del processo riformatore: legge statutaria, che regola i conflitti di interesse e le forme di governo… dovete sapere che ancora noi saremo spaccati, forse con una maggioranza che tenderà ad approvare la riforma della Regione nel senso di tornare alle "giunte del bigliettino", cioè a quelle parlamentari, c'è una maggioranza larghissima qui dentro, non si è mica risolto questo problema e se non si risolve il problema della forma di governo (perché non lo dite ai giornalisti che magari stanno aspettando i vostri comunicati stampa?), se non si raggiunge un accordo sulla forma di governo, la legge elettorale non si può fare e, se non si può fare, probabilmente andiamo con questa e quindi con "10" nominati.
Legge statutaria il primo lato, legge elettorale il secondo lato del triangolo e il terzo anche la riduzione dei consiglieri: ecco perché questa norma misura il tasso della nostra incapacità riformatrice. Le parole, quando vengono dette, non sono mai dette a caso e io ho detto che bisognava costruire una proposta convincente basata non sui colpi di mano ma sulla coesione, perché le istituzioni troveranno la loro difesa dagli attacchi, che comunque ci saranno, foss'anche se ci ridurranno l'indennità a 5 centesimi, ci attaccheranno perché ci devono distruggere, perché quello che è sotto scacco non è il nostro stato fisico qui dentro, è il nostro stato di inutilità rispetto alla difficoltà che ha la società, che non ha un prezzo; è un fatto, la capacità di governare o la capacità di non governare. Questo è il fatto! Poi, dentro questa proposta, messa così, c'è semplicemente la certificazione di una volontà di derubricare la nostra specialità in ordinarietà; sotto il pericolo di uno Stato idiota che, in preda a una sincope da incapacità propria, minaccia trenta consiglieri, perché non sa che dire, e dalla mattina alla sera cambia opinione, noi, autonomia di specialità, ci facciamo intimorire da questo, ben sapendo che il nostro stato demografico, Presidente, che purtroppo è quello che è, rischia con questa norma di cristallizzare lo stato di desertificazione di molti territori.
Questa disciplina lasciata a se stessa, così, cristallizzerà il destino alla desertificazione di molti territori. Perché lo dico? Perché una regione, non la nostra ma isola come noi, poco popolata come noi e che sta vicino a noi, la Corsica, ha 51 consiglieri regionali con 300 mila abitanti; in proporzione noi ne dovremo avere 272! Voi mi direte che poi c'è un altro esempio da un'altra parte, però, attenzione, bisogna anche rendere simili i paragoni, e nella similitudine del paragone c'è anche la responsabilità che la cittadinanza non è una questione sulla quale si può scherzare, perché laddove noi lasceremo senza cittadinanza parte dei nostri conterranei, lì si annideranno le sacche della ulteriore ribellione alla statualità regionale, perché è il segno della dimenticanza, dell'abbandono, della marginalità. Questo è quello che vi volevo dire, per dire che nessuno di noi mette in discussione il fatto che debbano essere ridotti i consiglieri regionali, per carità!
Un'autonomia per essere autorevole deve avere la capacità di capire qual è il momento nel quale ciascuno di noi deve fare la propria parte. Per carità, non discuto su questo. Discuto la non credibilità di questo processo e il fatto che noi non siamo idonei a fare riforme, non siamo propri idonei! Siamo dei populisti ammalati, siamo delle persone che sottovalutano l'altezza delle istituzioni, la grandezza delle istituzioni rispetto alle piccolezze di un mondo che cerca di minimizzare, potrei usare una parola, le nostre "comodità", diciamo così. Questo è il punto. Ecco perché quel blitz che c'è stato, Presidente, il mancato accoglimento di quella raccomandazione (lo vorrei dire sommessamente, senza nessun profilo, diciamo, di giudizio), e l'idea che, intorno alle riforme, esisterebbe una Conferenza dei Presidenti di Gruppo che quasi quasi non rifletta esattamente la percezione dell'Aula, è una cosa che va rimessa a coerenza.
In questa Aula, io avverto e "respiro" l'idea che, su questa questione, ci sono molte opinioni differenti. Allora mi domando perché noi dobbiamo essere così ipocriti da pensare o da sperare che una legge costituzionale non possa fare tutto il suo percorso, facendo finta di portarla avanti senza avere il coraggio di dire agli elettori, di questa Sardegna, che noi siamo in grado di essere all'altezza del compito, cominciando a dire e a confrontarci e a cercare la coesione nelle cose vere.
Tra l'altro, da alcuni giorni, io sono in una crisi di coscienza enorme, non lo so, non riesco ad andare d'accordo con voi, non perché siete cattive persone, ma perché vorreste voi costringere me a convergere su di voi su queste cose e poi non cercate voi di trovare la convergenza con noi sull'attacco al territorio che state portando avanti, con questa cosa ignobile della propaganda, delle riunioni tra di voi. Ma è materia che dovete parteggiare tra di voi? Ma stiamo scherzando? Nelle segrete stanze! Ma non vi vergognate? Anche quella non è una riforma? Quali sono le riforme di cui potete parlare con noi e quelle di cui non volete parlare? Noi siamo questi, queste persone siamo noi, allora andate, correte, portate i comunicati stampa, fatevi belli! Non molto tempo fa, qualcuno è "passato" in quest'Aula, portando avanti proposte di legge per la riduzione delle indennità, per questo, per quest'altro, qualcuno di questi non è stato rieletto. Per ricordarvi che questo populismo d'accatto non porta risultato, la gente ha bisogno di vedere una classe dirigente con la schiena dritta, con la capacità di affrontare, nella solidarietà tra di noi, eletti per vie diverse, le soluzioni migliori nei momenti di difficoltà, perché quella è l'autonomia, la capacità di non seguire come pecore l'andamento degli altri, saper distinguere, saper leggere la nostra realtà.
Ecco perché non capisco questa accelerazione, che non è un rinnegare la validità di quella norma, perché quella norma ci porterà un sacco di guai. Ci porterà un sacco di guai così com'è. Attenzione, se vogliamo fare i belli, portando a 50 i consiglieri regionali, che poi ripeto sono 50 ma possono essere anche 60 allo stato attuale, bisogna poterlo dire, ci mancherà poco che magari passa qualche emendamento che ci riporterà ai tempi del parlamentarismo, allora ascolterete la gente, come vi farà gli applausi e vi dirà che siamo tutti una massa di persone indegne, probabilmente li sentiremo qui ancora più forti con i fischietti e con i forconi a mandarci via.
Ecco perché non è senso di rinuncia, è senso di responsabilità affrontare con coesione, con decenza e con senso costruttivo le riforme che non bastano una per una, ma si reggono assieme perché ci sono tasselli diversi che le fanno funzionare in armonia e con significato. Correte pure, adesso io ho finito, potete andare a consegnare i comunicati stampa.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Campus. Ne ha facoltà.
CAMPUS (P.d.L.). Presidente, pur riconoscendo, per la verità, in tutti gli interventi che mi hanno preceduto, dei passaggi sicuramente giusti e giustificati, farò un intervento in controtendenza. A questo punto, credo di essere il primo che difenderà questo tentativo di riforma. Riforma che certamente, sono d'accordo anch'io, ci mancherebbe altro, a parte che l'ho vissuta in prima Commissione, è certamente totalmente insufficiente, è incompiuta e incompleta, però tutti voi, nel criticare questo passaggio, avete detto comunque che è necessaria. Quindi anche io la ritengo insufficiente, incompiuta e incompleta ma necessaria.
Se tutti concordiamo sul fatto, più o meno, poi magari ci sarà anche qualche diversità di opinione, che non sarà forse estrinsecata al microfono, perché non la si vuol far conoscere in giro alla gente, però diciamo che quelli che affronteranno il microfono difficilmente diranno che il numero dei consiglieri, che rappresentano il popolo sardo, non è indubbiamente sproporzionato rispetto al mondo che ci circonda. E non lo diranno per populismo, qualcuno forse ha cavalcato e ha tentato di cavalcare un'ondata populistica su questo, però io credo che, in questo caso, non si tratti di populismo, ma semplicemente di valutazione e, nelle valutazioni, è indubbio che il nostro numero sia sproporzionato rispetto alle realtà che ci circondano, poi lo affronteremo. Allora, io sono favorevole alla riduzione, non per un senso di omologazione agli altri che sono di meno, ma per un senso di autocritica perché ritengo che siamo troppi. Sono due meccanismi mentali diversi che cercherò comunque di difendere.
Un discorso indubbiamente importante è, come ho detto prima, il fatto che si tratta di un passaggio insufficiente, c'è bisogno di altri passaggi, di altre riforme, in primis, in assoluto, la legge elettorale. Sono assolutamente d'accordo, tant'è che, per mettermi in pace con la mia coscienza, ho anche presentato una proposta di riforma elettorale che possa adattarsi a qualsiasi numero, ma che soprattutto possa modificare il tipo di governo all'interno della nostra struttura normativa. Una legge elettorale che garantisca la rappresentatività in termini politici, cioè di tutte le forze politiche presenti tra la gente, perché questo che noi dobbiamo fare, non è populismo, è il nostro mandato, cioè rappresentare le persone che ci mandano a esprimere il loro parere, le loro volontà, i loro bisogni, le loro richieste, a rappresentarle qua in questo Parlamento, posto che tutti, 1 milione e 600 mila, non ci stiamo. Quindi una legge elettorale che garantisca una rappresentanza adeguata in termini politici come anche in termini territoriali; una spiegazione del perché, ad esempio, il numero 50, cercherò di darla.
Certamente, con la riduzione del numero, ci sarà una riduzione di rappresentanza, questo è indubbio, mi auguro in termini numerici e non in termini qualitativi, ma non un annullamento della rappresentanza o della rappresentatività sia di tutti territori sia di tutte le componenti politiche che hanno o che avranno, alle prossime elezioni, quel diritto di essere presenti in quanto rappresentano un numero sufficiente di sardi tale da dover essere rappresentato; altrimenti, se inseguiamo, se non avremo una maniera di decidere e di trovare quello che si chiama - può anche non piacere il termine - sbarramento, noi non solo non dovremmo essere ottanta, ma dovremmo essere molti di più per rappresentare tutte le forze politiche che, di fatto, agiscono nella nostra Isola. Ma sappiamo che questo non è possibile, non è coerente con la possibilità di fare di questo Consiglio un vero organo legislativo e non una riunione assembleare, come si usava negli anni '70.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE COSSA
(Segue CAMPUS.) Allora, siamo tutti d'accordo che si deve fare una revisione del nostro numero, poi arriveremo alla quantificazione di questo numero, siamo tutti d'accordo che si deve fare una legge elettorale. Ribadisco che io ho presentato un progetto compiuto che può essere approvato con quel percorso che prevede il nostro Statuto. Invece, per la riduzione del numero, dobbiamo seguire un percorso che ci deriva dallo stare all'interno di una Costituzione, che ci dice quali sono i passaggi parlamentari per modificare le leggi costituzionali della Repubblica italiana. Quindi, come possiamo dire che dobbiamo fare le cose insieme, se non iniziamo lo step più lungo, il passaggio più lungo, non lo iniziamo? Non arriveremo mai a vederlo concluso. Allora ci vogliamo accontentare di una legge elettorale? Per la verità, una legge statutaria fu approvata anche nella passata consiliatura o legislatura regionale, ma quella legge statutaria non affrontava il problema della legge elettorale.
Bene, sull'onda di questa spinta, di questo primum movens, di una vera capacità e stagione di riforme, è possibile che, dovendo adeguare la legge elettorale alla riduzione del numero, magari troviamo in quest'Aula e in questo Consiglio la capacità di approvare una legge elettorale che sia più adeguata "al mondo che viviamo", agli eventi che si sono susseguiti in questi anni, alle esperienze che abbiamo fatto con l'attuale sistema elettorale; esperienze che, per la verità, né da una parte né dall'altra, sono state soddisfacenti. Forse va rivisto il sistema elettorale, anzi, senza forse, io l'ho presentato, l'ho messo nero su bianco. Però sono anche conscio che, se non faremo qualcosa, o se facciamo solo la legge elettorale, non avremo risolto il problema.
Non si deve, l'ho detto all'inizio, ridurre il numero dei consiglieri perché la gente lo vuole; la gente vuole vedere scorrere sangue! Io sono davvero convinto che si debba ridurre il numero dei consiglieri per rendere il lavoro più snello, purché venga garantita, come ho detto prima, la rappresentatività di tutti i territori, perché questo Consiglio possa essere più svelto, più capace, più efficace. Per ridurre il costo della politica, non abbiamo bisogno di riforme costituzionali, non abbiamo bisogno di letture di Parlamenti, né di Camera né di Senato, ci potremmo tagliare del 50 per cento le indennità, serenamente, tutte le indennità, coperte e scoperte, ma non otterremmo lo stesso risultato; sarebbe solo rispondere semplicemente all'ondata di sdegno, giustificata e giusta, sui guadagni dei politici, che non sono però il costo della politica, diciamo sono il guadagno dei politici, che possono essere rivisti, ma questo non significa che, nel costo della politica, non entri il numero.
Con che credibilità noi possiamo affrontare una stagione di riforme che riguarda gli enti locali, se prima non siamo capaci di riformare noi stessi, anche in termini di numero, non solo di emolumenti? Dobbiamo farlo, dobbiamo dimostrarlo, dobbiamo riuscire a liberarci del concetto, come è stato detto: "Sto legiferando per la Sardegna, però sotto sotto sto pensando a me stesso". Mentre ascoltavo, in questi giorni, la discussione su questo argomento, in queste settimane, mi addiveniva sempre in testa un film di Blasetti, che probabilmente quelli che hanno una certa età come me hanno visto, "Io, io, io e gli altri", dove, tra i tanti, c'era un bellissimo episodio in cui uno dei protagonisti, mi pare fosse De Sica o Manfredi, non me lo ricordo, partecipava al funerale di un amico e piangeva a dirotto, si strappava i capelli, urlava quando chiudevano la bara, ma lui, e si vedeva nel film, non vedeva l'amico nella bara, vedeva se stesso. Noi dobbiamo non vedere noi stessi quando parliamo del Parlamento dei sardi, dobbiamo vedere un numero X di consiglieri che devono rappresentare i sardi, non la nostra sistemazione, anche da un punto di vista economico futuro, posto che questa è garantita e assicurata almeno sino alla fine della legislatura.
Allora, se riusciamo davvero a spogliarci del concetto che i tacchini non vogliono festeggiare il Ringraziamento, io credo che, se siamo d'accordo (chi non è d'accordo realmente e compiutamente lo può dimostrare) che si debba ridurre il nostro numero, possiamo affrontare il percorso, che è più lungo degli altri percorsi; la legge elettorale spetta solo a noi, spetta solo alla nostra capacità di saperla fare e di volerla fare; mentre questo non spetta a noi, non basta la nostra volontà, non servono né campagne pubblicitarie né conferenze stampa per ottenere questo risultato, ci vuole un percorso serio su una legge approvata che venga inviata in Parlamento, nella speranza che il Parlamento magari regga sino a che riesce a fare la doppia lettura a distanza di sei mesi. Non lo dico in termini politici, la speranza è che si riesca a completare l'iter di questa legge, se noi la approveremo. La mia assoluta convinzione è che, comunque, questo step vada iniziato.
Voglio rapidamente, nell'ambito del tempo che mi è concesso, dire perché in Commissione si è arrivati al numero di 50. Si è arrivati in un accordo, che non è stato un blitz, se ne è parlato, se ne è parlato tra consiglieri. Io, che avevo elaborato il problema, ho valutato matematicamente, quindi non è una valutazione opinabile, che, con cinquanta consiglieri, noi garantiamo una rappresentatività adeguata a tutte le circoscrizioni elettorali; badate bene non uso il termine "province", uso "circoscrizioni elettorali", perché mi auguro che una delle prossime riforme sia anche quella di mantenere le circoscrizioni elettorali così come sono, perché sono effettivamente rappresentative di tutta l'isola, ma magari mi piacerebbe veder ridurre le province.
Ebbene, con "50", avendo un quoziente per abitante per poter dare un seggio di consigliere alla circoscrizione che è di 33 mila abitanti, noi garantiamo la rappresentatività a tutte le attuali circoscrizioni. L'Ogliastra, che è la più piccola, con due consiglieri, per arrivare a Cagliari, che è la più grande, con diciassette consiglieri. E' esattamente la stessa identica proporzione.
Certo, su questo calcolo, non lo nascondo, è assolutamente necessario far saltare il listino, perché è chiaramente un'anomalia, è un'anomalia sia per come si entra qua dentro, senza consenso personale, sia per come viene composto. Non sto qui a ricordarvi che l'ultimo listino vedeva la parte preponderante di rappresentanza nel sud dell'isola, e qui mi fermo!
Quindi, maggiore stimolo ancora nell'approvazione della riduzione del numero, nel fare una legge elettorale che faccia scomparire questa anomalia, questa aberrazione della politica, che è quella di avere anche i nominati, sia in Parlamento sia in Consiglio regionale. Il numero di 50 è un numero che ci dà la possibilità di garantire rappresentanza. Qualcuno si è divertito a fare i raffronti, non sto qui a ricordarvi (però lo faccio rapidamente) che, ad esempio, la Calabria, con 2 milioni di abitanti, ha 50 rappresentanti; la Liguria, con 1 milione e 600 mila abitanti come noi, ne ha 40; le Marche, con 1 milione e 500 di abitanti, ne hanno 40; l'Abruzzo ne ha 42; il Friuli, Regione a Statuto speciale, ne ha 60, più o meno con lo stesso numero di abitanti.
Come la Baviera, perché vogliamo guardare all'estero e non perché ci vogliamo omologare a quello che dice uno Stato che ci vuole imporre la riduzione, ma perché riteniamo che sia giusto. A me non interessa quello che decide Brunetta, io legifero su quello che sento, e mi sembra strano che noi abbiamo lo stesso numero di rappresentanti della Camera dei rappresentanti della California, 80, in California ci sono 38 milioni e mezzo di abitanti; mi sembra strano che in Baviera, ci siano ben 180 membri nel suo Parlamento, quindi sono tanti, se noi dovessimo fare il raffronto abitanti-rappresentanti, noi dovremmo averne 24, sto parlando della Baviera, sto parlando della Germania, però 24 sarebbero pochini, sono d'accordo, per cui, volendo andare in una normalità numerica, non in un'omologazione, non inseguendo la folla inferocita, ma ragionando, credo che si possa sostenere ragionevolmente il numero di 50.
Al di là di questi ragionamenti, davvero io non ho difficoltà a sostenere questa proposta di legge nazionale perché inizi il suo iter, mentre noi potremmo portare avanti la nostra riforma, ribadisco "riforma", della legge elettorale, riforma degli enti locali, come ci compete, da Parlamento o da Consiglio, chiamiamolo come vogliamo, assolutamente maturo, soprattutto, in maniera tale da poter essere sereni nel confrontarci con la gente fuori, che non vuole vedere sangue, ma fa gli stessi identici ragionamenti che vi ho fatto adesso, perché è troppo facile dimostrare che siamo troppi (basta confrontarci con tutto quello che ci circonda) e che costiamo troppo.
Allora, posto che noi non siamo stati colpiti da scienza infusa solo perché la gente ci ha eletto, ribadisco - e con questo chiudo - che ci ha mandato qui per rappresentarla! Forse sarò l'unico, non credo, ma quelli che mi hanno mandato qui a rappresentarli, mi hanno detto: "Battiti, perché il vostro numero è eccessivo e vogliamo non essere, noi sardi, la maglia nera in Italia quanto a spese della politica, quanto a proporzione di rappresentanti", quella maglia nera non è dei sardi, l'ho già detto in Commissione, quella maglia nera è la nostra, che non sappiamo ascoltare quello che i sardi realmente vogliono, lo volevano anche prima, l'avete ricordato, non si è fatto, sempre perché il "tacchino" non festeggia il Ringraziamento; proviamo, per una volta, a non fare i tacchini o i capponi, e tiriamo fuori quello che ai capponi manca.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Agus. Ne ha facoltà.
AGUS (P.D.). Presidente, onorevoli Assessori, onorevoli colleghi e colleghe, questo che stiamo discutendo è un tema sicuramente attuale, un tema per certi versi anche scottante, questo nostro lavoro avviene in un momento difficile, l'opinione pubblica ci richiama a un'attenzione più saggia del nostro ruolo, compreso il costo del ruolo delle istituzioni e quindi dei politici. Su quest'onda, anche la Commissione ha cercato di dare una risposta, e bene ha fatto; c'era la necessità di dare un segnale perché mi pare evidente, almeno dagli interventi fatti, che ci sia questa volontà di ridurre il numero dei consiglieri, però nel rispetto della democrazia, perché non è possibile pensare che la diminuzione dei consiglieri equivalga a un risparmio economico; però, per raggiungere questo obiettivo, noi sacrifichiamo sull'altare la democrazia, perché di questo abbiamo bisogno, di questo ha bisogno il popolo, la comunità, che spesso ci richiama ai nostri doveri.
Mentre ascoltavo gli interventi mi veniva da pensare, lo dicevo ad alcuni colleghi, che questo Consiglio è un po' come Ponzio Pilato che, di fronte al popolo, che aizzava, sottopose al giudizio Cristo o Barabba: il popolo scelse Barabba e quindi Ponzio Pilato condannò Cristo. Insomma, non vorrei che ci trovassimo in questa brutta situazione, proprio perché non riusciamo a prendere atto e consapevolezza che questo passaggio è importante e deve essere fatto, ma va fatto all'interno di un contesto più generale, di cui i miei colleghi precedentemente hanno parlato. Forse è giusto ribadire che, se prendessimo questo momento come giusto segno di risposta all'opinione pubblica (e mi sembra che su questo, ribadisco, ci sia intesa e volontà per farlo), potremmo coglierlo per aprire davvero una sessione riformatrice, come qualche mio collega ha detto.
Allora entriamo nel merito della legge elettorale e, partendo da questo spunto importante, avviamo, in quest'Aula, una sessione riformatrice. Ragioniamo sulla legge elettorale, ragioniamo sulla Statutaria; la Statutaria che c'è stata, probabilmente, non ha visto il consenso unanime, ma è una traccia, è un elemento che potrebbe essere, a mio avviso, riportato così com'è e discusso in Aula con una sessione continuativa.
E così, ripeto, la legge elettorale; con la legge elettorale, ci sono le forme di governo, anche in questo caso mi sembra che le opinioni siano diverse e che quindi ci sia il bisogno, la necessità, di confrontarsi. Sicuramente l'elezione diretta del Presidente è stata una conquista importante e la gestione di queste due esperienze legislative probabilmente ha portato a mettere in discussione, oppure a rivalutare, questa procedura importante che, a mio avviso, impegna il popolo nell'elezione diretta, responsabilizzando il Presidente. Si parla anche di elementi di equilibrio in questa forma; così come ci dovrebbe essere, a mio avviso, la possibilità che il Presidente si presenti al cospetto dell'Aula presentando il suo programma già con la relativa copertura finanziaria.
Questo eviterebbe al Consiglio, ogni volta che ci sono atti di bilancio, le cosiddette partite (che noi in questo periodo pregresso abbiamo affrontato), i cosiddetti collegati alla finanziaria; si eviterebbero sicuramente, se ci fosse l'approvazione di un programma con tutta la sua copertura finanziaria, si supererebbero così le difficoltà o, perlomeno, si supererebbero i tentativi, che spesso hanno attuazione, cioè le cosiddette "marchette". Sarebbe un Consiglio più serio, un Consiglio che forse potrebbe richiamare il Presidente e la sua Giunta a verifiche politiche e sullo stato dell'attuazione delle leggi. Noi invece abbiamo dovuto ricorrere a una Commissione speciale per capire come mai questo Consiglio vara delle leggi, e poi non si sa se esse vengono applicate.
Probabilmente c'è la necessità anche di un Consiglio che diventi più snello, un Consiglio che si occupi solo della pianificazione, della programmazione e della legislazione, curando tutta quella parte attuativa, costituendo o dotandosi, questo Consiglio, di un organismo amministrativo contabile, che sia in grado di illustrare i processi legislativi, sin dove arrivano, se vengono messi in atto e quanto ci costano, evitandoci forse anche una nuova produzione legislativa; spesso produciamo leggi al buio, perché non sappiamo esattamente che percorso ha avuto la legge precedente, se un percorso virtuoso o invece difficoltoso, e quali sono le ragioni per le quali quel percorso legislativo non è andato a compimento anzi ha prodotto effetti negativi.
Ci sono argomenti interessanti da affrontare se davvero vogliamo ribadire ancora una volta che questa Assemblea è un'Assemblea di una Regione autonoma, di una Regione che si candida a mantenere la sua identità, la sua autonomia, una Regione, nel cospetto del disegno nazionale, che ha la volontà di autodeterminarsi al punto tale da arrivare quasi a lambire l'indipendenza, paura che ci assale per certi versi ma tentativi spesso anche di avvicinamento a questi estremi di Regione Sardegna.
Allora io mi chiedo se non sia opportuno che questo momento possa essere il momento di avvio di una sessione davvero riformista. Credo che la popolazione capirebbe che non stiamo tornando indietro sull'impegno preso perché quell'impegno è un impegno assunto, è un impegno che la Commissione ha votato all'unanimità, il Consiglio si è espresso e si sta esprimendo comunque per una riduzione. Entriamo nel merito delle procedure appunto perché è stato detto che bisogna fare attenzione, perché, se si affronta questo tema in maniera superficiale, non è vero che si elimina il listino, ma si rischia di tenerlo; oggi si fa una battaglia e si raccolgono le firme per annullare la legge nazionale in vigore che stabilisce chi sono i rappresentanti governativi prima dell'elezione, cioè i cosiddetti "nominati". Mi sembra che ci siano elementi di riflessione ulteriore ma mi piacerebbe andare anche oltre, affrontare il tema, qualcuno qui vi ha accennato, perchè rischiamo, se non decidiamo noi quale organizzazione darci all'interno di questa Regione, di subirla.
Lo Stato nella sua grande volontà di essere sempre più populista, forse per mascherare anche le difficili decisioni della manovra finanziaria, dà in pasto alla popolazione la riduzione dei consiglieri, l'eliminazione delle province, l'eliminazione dei parlamentari, che peraltro poi non affronta, tutti atti che sono puramente populisti per cercare di addolcire la pillola della manovra finanziaria, importante, necessaria, però il Governo avrebbe potuto fare a meno di inserirli in questa discussione e quindi dare la possibilità perché quella manovra potesse essere una manovra più adeguata alle rispondenze e ai bisogni della nostra nazione anche nel cospetto europeo.
Allora il problema qual è? Ci sono elementi significativi, anche questi, su cui credo valga la pena di ragionare in una sessione riformista importante, che tutti abbiamo declarato e per la quale abbiamo anche dato disponibilità ad affrontarla, lo diceva precedentemente Gian Valerio Sanna. La nostra disponibilità è totale perché crediamo che le riforme istituzionali non siano riforme per una parte politica ma siano riforme importanti per la Regione Sardegna e per la Nazione sarda, dicevo, posso ancora mantenerla, non offendo nessuno, non mi dispiace essere anche quasi estremista, a volte l'aprire nuove piste comporta osare sino ad arrivare a punti estremi. L'importante è mantenere la consapevolezza che vogliamo, per la nostra Regione, il massimo dell'autonomia e il massimo dell'efficienza.
Allora, dicevo che, anche questa parte della sessione riformatrice potrebbe calarsi nel ragionare sul federalismo interno, quel federalismo di cui tanto parliamo e che tanto rivendichiamo anche nei confronti dello Stato nazionale, noi in Sardegna potremmo attuarlo; allora, perché no, visto e considerato che comunque lo Stato e il Governo intenderà spazzar via le province, comprese anche quelle nelle regioni autonome a quanto pare. Perché no? Facciamo un federalismo pieno, coinvolgiamo e impegniamo i comuni nel trasferimento dei servizi al cittadino e quindi trasferiamo parte delle competenze regionali nei comuni perchè i comuni diventino lo sportello dei cittadini per ogni problema di loro interesse, vuotando la Regione, costituendo anche in Regione quegli ambiti territoriali, perché senza province resterebbe un vuoto tra comuni e Regione. La Regione potrebbe demandare, con un atto davvero federale, a distretti regionali all'interno dei quali completare lo svolgimento delle azioni amministrative della Regione, in definitiva la Regione si vuoterebbe completamente e gli ambiti sarebbero governati e controllati dagli enti locali, quindi dai comuni.
Ci sono articolazioni che consentono questa esperienza, così come, anche in Sardegna, si potrebbe parlare,, come previsto dal Titolo V, delle città metropolitane. Le città metropolitane sono centri di grande importanza, sono i motori trainanti dell'economia di una regione; nelle città metropolitane ci sono le infrastrutture principali per lo sviluppo economico (aeroporti, porti), cioè quelle infrastrutture di rilevanza regionale che determinano il volano dell'economia dell'intera regione. Allora, perché non pensare a due ambiti metropolitani, uno nel Sud e uno nel Nord, Sassari e Cagliari, e costituire, nel resto della regione, distretti amministrativi per l'attuazione delle leggi regionali e per la soluzione di tutte le problematicità sovra comunali; sicuramente andrebbero mantenute e incentivate anche quelle unioni dei comuni che attuano le buone pratiche per i servizi condivisi.
C'è una problematica aperta che meriterebbe davvero una sessione straordinaria partendo proprio dal punto odierno, evitando che il punto odierno si chiuda con un'approvazione nuda e cruda che può dare al momento una risposta all'opinione pubblica con la diminuzione del numero dei parlamentari, ma poi bisogna vedere quanto tempo ci vorrà, visto e considerato che ci sarà la doppia lettura in Parlamento, perchè questa azione sia messa in campo. Io credo che questo momento possa e debba essere colto da questa Assemblea per avviare davvero una sessione riformatrice importante.
Parallelamente, come già la Commissione ha fatto, io chiederò in questi giorni, tramite gli uffici, di preparare una serie di audizioni delle parti sociali, dell'università, delle forze produttrici, cioè convocare tutta la società sarda in audizione in Commissione per capire che cosa può e deve essere accolto in questo nuovo statuto; si è parlato anche dell'Assemblea costituente, quindi valutare la possibilità di questo organismo, che lavori in stretta simbiosi con il Consiglio, magari inizialmente con la Commissione, sino alla conclusione di un iter importante, che in questa sede può essere legiferato insieme con l'Assemblea costituente in un unico momento senza dover demandare all'Assemblea costituente, come peraltro è stato detto, e quindi togliere al Consiglio il suo ruolo principale che è quello appunto di legiferare sulle necessità dell'isola di Sardegna.
Quindi ribadisco questo importante momento, spero che il Consiglio non chiuda questo punto all'ordine del giorno, ripeto, con una mera approvazione di quanto proposto, ma utilizzi questo momento, invece, per allargare il ragionamento e per avviare una sessione riformatrice che (condivido quanto detto da chi mi ha preceduto) può essere conclusa, mettendosi al lavoro tutti quanti in Commissione, coinvolgendo le parti sociali e le forze politiche rappresentative in Sardegna, in tempi anche rapidissimi ma con un disegno compiuto e non con una mera azione che può, ripeto, dare ragione, come si è detto alla piazza, ma che di fatto rischia di delegittimare quest'Assemblea chiamata appunto a legiferare per il bene della Sardegna pur tenendo conto del momento difficile che stiamo attraversando e dei bisogni che giustamente la popolazione ha, la quale ci richiama ad assumerci la responsabilità (com'è stato detto) di essere organismo importante per l'isola perché massimo organismo istituzionale. Io credo che dovremmo avviare immediatamente una sezione di riforma che affronti almeno questi temi sottolineati da tutti coloro che sono intervenuti prima di me e che altri colleghi continueranno a sottolineare anche nei prossimi interventi.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Maninchedda. Ne ha facoltà.
MANINCHEDDA (P.S.d'Az.). Colleghi, guardiamoci oggi, così come siamo in Aula, chiediamoci se gli scozzesi (qualora la regina della Gran Bretagna avesse loro imposto il numero dei consiglieri del loro Parlamento) o i baschi (qualora il re di Spagna avesse loro imposto il numero del loro Parlamento) o i catalani (qualora il re di Spagna avesse loro imposto il numero dei loro parlamentari), avrebbero avuto un atteggiamento scanzonato, distratto, assolutamente rituale qual è quello che si sta tenendo in quest'Aula.
Non me ne voglia il relatore, ma io considero questa legge un gravissimo errore politico e, così com'è, non la voterò. Lo dico con chiarezza perché, quando parliamo, alla fine non sempre si capisce come voteremo; allora ripeto che, così com'è, io non voterò questa legge - mi giro verso il relatore ma ovviamente non lo sto dicendo alla persona - perché la considero un errore politico nel metodo e nel merito. Mi pare una testimonianza di minorità culturale; è inutile che noi neghiamo che la legge nasce dalla minaccia dello Stato italiano di determinare con le sue procedure (che attualmente gli consentono di determinarlo) il nostro numero di consiglieri regionali. Dinanzi a questa minaccia, il Consiglio regionale della Sardegna, non percorso da un senso di appartenenza alla storia e direi forse di più alle ambizioni di questa terra, ha una reazione timida, prepara un testo di legge in Commissione. Altri avrebbero fatto ben altro! Altri avrebbero fatto ben altro! Questo è il primo segno di minorità.
Il secondo segno di minorità è questo: "Al di là degli schieramenti, chiediamoci perchè lo Stato italiano ha inserito quel genere di riforme istituzionali nella manovra che sta predisponendo". E' necessario alla gravità della crisi che stiamo attraversando? No! No, perché le riforme strutturali, che non sono state fatte e che rendono già insufficiente questa manovra, erano di ben altra natura, erano di natura finanziaria, di natura sociale, di natura amministrativa. Non sono state fatte e si è detto: "Semplifichiamo i sistemi della rappresentanza perché questo è un modo per mettere a posto le finanze pubbliche".
In realtà, possiamo dirlo costruendo una manipolazione dell'elettorato perché ciò che c'è nella società italiana è l'ostilità non alla rappresentanza ma al numero dei rappresentanti, onorevole Campus. E' un'ostilità all'indifferenza del privilegio di chi fa politica rispetto all'andamento generale dei redditi e del lavoro. In sostanza il Governo italiano, sollecitato a ridurre la ricchezza dei rappresentanti, ha spostato l'obiettivo sul numero e noi, di buon grado, facciamo la stessa cosa.
Guardate, in Sardegna, ciò che è inviso non è il numero dei consiglieri, è l'indifferenza della retribuzione dei consiglieri rispetto all'andamento dell'economia. La società sarda ci pone un problema: "Per essere credibili nel chiedere un percorso di salvaguardia della società, accettate la difficoltà della società e date un segnale di concreta coesione"; noi, anziché parlare della nostra ricchezza, parliamo del nostro numero, secondo una buona scuola italiana. E' un esercizio di minorità!
Guardate, avrebbe molto più effetto nella Sardegna attuale se noi oggi sospendessimo la discussione generale e uscissimo fra due giorni con una riduzione degli emolumenti del 38 o 40 per cento. Avrebbe un effetto significativo se destinassimo queste risorse a ciò che è vera emergenza in Sardegna. Ma così no, perché anche gli organi di stampa, come dire, inseguono ciò che si offre loro. Allora il grande numero significa riduciamo il numero, riduciamo i privilegiati, cioè rendiamo ancora più privilegiata una ristretta aristocrazia, ma non tocchiamo ciò che invece oggi è sotto gli occhi di tutti, cioè la ricchezza, per chi se la gode; per chi la distribuisce, è un altro paio di maniche.
E' significativo, lo dico alla prima Commissione, che noi non abbiamo discusso di chi ha architettato la grande aggressione al sistema della rappresentatività in Italia, che si chiama Corriere della Sera, il quale ha spostato il dibattito intelligente nelle ultime pagine, dove Valerio Onida e Sergio Romano hanno detto la verità. Onida ha detto: "Badate che la rappresentanza non incide sullo sbilancio dello Stato, come state dicendo, per cui, se lo state dicendo, lo state dicendo per un altro motivo, perché siete presidenzialisti!".
Sartori ha detto esattamente la stessa cosa: "Vi serve ridimensionare le assemblee parlamentari perché siete ostili al potere della mediazione e invece volete rafforzare il potere della decisione". Poi arriverà il Presidente della Repubblica italiana, eletto a furor di popolo, e questa volta sarà coerente col sistema Corriere della Sera, Banca Intesa e compagnia, e si chiamerà Monti, Profumo, Montezemolo, quello che vogliamo. Allora tutto il coro che ha costruito dirà: "Ecco, questa è una soluzione". Questo disegno è stato annunciato qui a Cagliari da due parlamentari, Quagliariello e Violante, che hanno detto al T-Hotel di Cagliari che i Parlamenti ormai hanno esaurito la loro funzione perché le leggi sono fatte dai governi mentre i parlamenti devono fare semplicemente sindacato e controllo, quindi possono essere ridotti a poche persone. Questo è quello che c'è dietro! E' un episodio di "minorità" perché noi non abbiamo discusso dell'input di questo percorso.
Bene, noi siamo contrari, perché dietro c'è un vecchio disegno: riducendo la rappresentanza, si semplifica la decisione e si rende più efficiente lo Stato. Questo stiamo ripetendo da tempo! Non funziona invece, non funziona! Non funziona perché, semplificare la decisione, ridurre la rappresentanza, ha portato alla moltiplicazione della conflittualità sociale, questa è la verità! Oggi c'è un darwinismo sociale che è derivato dalla cultura scientifica insegnata nelle scuole, per cui, siccome la specie che sopravvive è la più forte, la debolezza è malattia, e sta diventando malattia sociale.
PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE LOMBARDO
(Segue MANINCHEDDA.) Questa è la cultura a cui noi non stiamo ponendo nessun contrappeso. Quindi sono contrario nel metodo, perché è un episodio di minorità.
Il Consiglio regionale, dinanzi all'annuncio del Governo, avrebbe dovuto riunirsi e fare un esercizio di sovranità, come dovrebbe farlo sul patto di stabilità! Non possiamo essere tenuti alla canna del gas da un Governo che, ad agosto, su un certo numero di miliardi di residui, ha fatto accertamenti di entrata per 180 milioni! Il Consiglio regionale dovrebbe riunirsi e decidere di violare il patto di stabilità! Queste sono le cose che fa un Parlamento! Ecco perché - secondo me - abbiamo una condizione di minorità.
Sono contrario anche nel merito, perché, onorevole Campus, non per obiettare, perché a me non piace, io non sono un giocatore di rimessa, cerco di costruire il mio gioco, ma la legge, così come la state proponendo, è una legge che riduce la rappresentanza (e ne parlerò), presidenzialista e con premio di maggioranza, per cui ciò che lei ha detto prima rispetto a un determinato territorio è vero in valore assoluto, ma non è vero nella certezza che tutte le forze politiche di quel territorio riescano ad arrivare in Consiglio regionale.
Non è vero, perché il premio di maggioranza agisce e noi stiamo facendo una legge che dice: "Presidenzialismo con premio di maggioranza, con assemblea ridotta e con una naturale tendenza" - signori, ditelo chiaro! - "al trasformarsi della Sardegna in un sistema bipartitico", è naturale perché metterete lo sbarramento. Può darsi che a voi piaccia, noi possiamo dire che non siamo d'accordo, perché la rappresentatività non è un rapporto tra numero di abitante e numero di seggi, la rappresentatività è un fatto di storia. Chiedetevi perché la Chiesa ha sempre creato molte diocesi nei territori poco popolati, se non per creare un meccanismo di rappresentanza di quei territori; e chiedetevi perché, nell'ottocento, hanno iniziato a istituire due prefetture, poi tre, poi quattro, poi cinque. Perché? Perché la rappresentanza veicola civiltà e le modalità della rappresentanza non sono legate solo a fatti quantitativi; lei ha citato degli esempi, certo, posso citarne uno io? Malta: 316 chilometri quadrati, 410 mila abitanti, 65 deputati, 5 europarlamentari, e non è uno spreco, non è uno spreco! Vogliamo dirne un'altra che è molto più simile a noi? L'Estonia, che è grande il doppio della Sardegna, ha la nostra stessa popolazione e un Parlamento di 101 deputati, e si capisce perché, perché quel territorio e quella popolazione, per tante ragioni, è distribuita in un determinato modo. Non possiamo usare solo il peso demografico per confrontarci.
Inoltre, abituiamoci a non cadere nel tranello della globalizzazione! A Hong Kong si producono i palloni a 5 centesimi. Certo, ma il costo del lavoro è 1 dollaro, qui è 800; qui, dietro 800, ci sono i diritti, mentre lì, dietro 1 dollaro, c'è un disastro! Non a Hong Kong ovviamente! Non tutto è paragonabile in termini quantitativi, la rappresentatività è un fatto storico, se ne vogliamo parlare.
Allora il problema diventa un altro. E' vero che ridurre il rapporto tra rappresentanti e rappresentati garantisce una maggiore efficienza? Prendiamo l'esempio del Senato italiano, nel quale i rappresentanti sono di meno, eppure è la camera più in crisi, perché tutti ne hanno parlato come di una camera che deve essere trasformata, deve diventare il Senato delle Regioni. Come mai? Come mai una rappresentanza ridotta non ha prodotto l'effetto sostenuto da alcuni nostri colleghi?
E perché non ricordare che cosa ha determinato, nella selezione della classe dirigente sarda, la rappresentanza ridotta su territori estesi, nel secolo passato? Perché non lo ricordiamo? Un notabilato! Quanto più si restringe, tanto più si creano minori condizioni di dialettica in quei territori. Molti di voi non sarebbero consiglieri regionali, badate, perché erano cariche che passavano di famiglia in famiglia! Ragionate! La Sardegna è ancora una realtà cantonale e, in larga misura, feudale! Ragionateci!
C'è ancora un altro elemento, un esempio per tutti, che sottopongo all'attenzione dell'onorevole Campus. Nella scelta politica, incide o non incide la sperequazione del rapporto tra la popolazione del territorio? Ne abbiamo avuto un esempio in questa legislatura. Noi abbiamo mancato gravemente un appuntamento: nel marzo 2009, il PAR, il Piano attuativo regionale, elaborato dalla precedente Giunta era all'attenzione del CIPE, c'erano dentro le opere del G8, il G8 era andato via e bisognava toglierle, era necessario un minimo di revisione, bastava dire: "Fuori il G8"; la Giunta lo richiama, nel frattempo si approva il PAR in tutte le altre Regioni d'Italia, fuorché altre tre o quattro, e lo si ripresenta con una sola novità. Lei pensa alla metropolitana di Sassari? Oppure vogliamo dire la Scuola forestale di Nuoro? Oppure vogliamo dire l'Università a Oristano? No, noi abbiamo mancato l'appuntamento (che ci è costato, lo dico, lo sto pubblicando, 1 miliardo e 400 milioni in meno) per il tunnel sotto via Roma, un'opera che non si farà mai! Questo è uno degli effetti della mancata contemperazione tra popolazione e territorio, un fraintendimento della rappresentatività solo come fatto quantitativo.
E potrei continuare, ma voglio concludere con un altro esempio. Chiedo ai colleghi: trasferiamoci reciprocamente un sentimento nazionale di Sardi. Pensate a come avrebbero reagito gli Scozzesi o i Baschi. Pensateci ogni qualvolta c'è una suggestione, tra l'altro molto equivoca, come quella che viene dalla penisola italiana, che dovrebbe rifare riforme strutturali e sociali e indica invece una cosa diversa, che sono i consigli comunali; abbiamo il problema dell'INPS, e ci fanno decidere sui consigli comunali, sull'unione dei comuni. Allora dicevo, ogniqualvolta succede questo, ricordiamoci di non farci prendere da questa esterofilia, che ci porta a sentirci minori rispetto a ciò che matura nella penisola italiana e che a noi è già costato tanto.
Vi ricordo un episodio. Quando abbiamo rinunciato, nel 1848, alle nostre istituzioni, per quanto vetuste, molti intellettuali erano in buona fede, bisognava unirsi a Torino perché era il progresso, perché la gente lo chiedeva e la classe dirigente diceva: "Dobbiamo andare verso il progresso". Sapete che cos'è successo in Sardegna? Che subito dopo hanno applicato il sistema di tassazione piemontese ed è iniziata una crisi paurosa da cui non siamo usciti per cinquant'anni! Quanto è il numero dei rappresentanti dei Sardi, lo decidono i Sardi in base alla storia della loro società! Dobbiamo ridurre questo numero perché 80 sono troppi? Ma non riduciamolo! Dobbiamo fare una cosa migliore, prima riduciamo la nostra ricchezza, poi ragionando con gli altri, con tutto il sistema Sardegna, ragioniamo su qual è il numero migliore, forse 60, ma ragioniamo anche sul presidenzialismo, se lo vogliamo ancora. Scusate, io non ho vergogna, non sono presidenzialista, non lo sono mai stato! Io ho fatto una lotta civile contro la Statutaria presentata dalla precedente Giunta perché non sono presidenzialista, e non ho vergogna di dirlo!
Penso che il parlamentarismo abbia avuto tutte le sue patologie e possa essere corretto, però vi voglio fare delle domande. "Presidenzialismo e premio di maggioranza": vogliamo ricordare (e volete essere sinceri, rispetto ai vostri imbarazzi, anche in questa legislatura) quanto vi costa dire la verità sullo squilibrio di potere che avete voi rispetto al Presidente della Giunta? Perché avete paura di un potere che può sciogliere il Parlamento! In che cosa consiste la sovranità popolare se è una delega in bianco per cinque anni? Oppure mi dite: "Ma noi lo vogliamo contemperare", ma perché allora promuoviamo la legge della rappresentanza prima ancora di aver disciplinato il maggiore dei poteri?
Certamente io sono per fare qualcosa, ma questo no! Questo è un pasticcio di minorità, senza cultura, senza riflessione, senza storia. Se vogliamo fermarci a ragionare e fare cose migliori, noi siamo disponibili, ma a inseguire le mode, senza tener conto di una Nazione, noi non siamo disponibili.
PRESIDENTE. I lavori si concludono a questo punto. Il Consiglio è riconvocato domani mercoledì 21 settembre, alle ore 12. Alle ore 10 è convocata la Commissione d'inchiesta sull'applicazione delle leggi regionali.
La seduta è tolta alle ore 20 e 02.
Allegati seduta
CCXLIX SEDUTA
Martedì 20 settembre 2011
Presidenza della Presidente LOMBARDO
indi
del Vicepresidente COSSA
indi
della Presidente LOMBARDO
La seduta è aperta alle ore 16 e 05.
MARIANI, Segretario, dà lettura del processo verbale della seduta antimeridiana del 31 agosto 2011 (242), che è approvato.
PRESIDENTE. Comunico che i consiglieri regionali Salvatore Amadu, Gianfranco Bardanzellu, Gabriella Greco e Silvestro Ladu hanno chiesto congedo per la seduta del 20 settembre 2011.
Poiché non vi sono opposizioni, questi congedi si intendono accordati.
PRESIDENTE. Si dia annunzio delle interrogazioni pervenute alla Presidenza.
MARIANI, Segretario:
"Interrogazione AGUS, con richiesta di risposta scritta, sulla gestione e criticità dei servizi erogati da Abbanoa nel Medio Campidano". (676)
"Interrogazione AGUS, con richiesta di risposta scritta, sulla nascita di un giornale dell'Azienda sanitaria n. 6 di Sanluri". (677)
"Interrogazione AGUS, con richiesta di risposta scritta, sul passaggio di dipendenti per effetto di trasferimento di attività del Centro di riabilitazione ad alta intensità S. Maria Assunta di Guspini alla Azienda sanitaria locale n. 6 di Sanluri". (678)
"Interrogazione COCCO Daniele Secondo - SALIS - MARIANI, con richiesta di risposta scritta, sul gravissimo danno ambientale causato dalla lavorazione dell'amianto nei siti industriali del centro Sardegna". (679)
"Interrogazione PIRAS, con richiesta di risposta scritta, sui disagi denunciati dagli utenti provocati dal servizio trasporti gestito da Trenitalia Spa, e sulla mancata stipula del contratto di servizio fra la Regione e Trenitalia Spa". (680)
"Interrogazione SABATINI, con richiesta di risposta scritta, sulla ritardata apertura del nuovo poliambulatorio di Tortolì e del Centro per la cura delle dipendenze". (681)
"Interrogazione BARRACCIU - MELONI Marco - BRUNO - ESPA - SABATINI, con richiesta di risposta scritta, sul grave provvedimento adottato dall'Università degli studi di Cagliari che stabilisce la decadenza degli studenti fuori corso". (682)
"Interrogazione ESPA - BARRACCIU - BRUNO, con richiesta di risposta scritta, sugli interventi adottati per i residenti in Sardegna reclusi in ospedale psichiatrico giudiziario". (683)
PRESIDENTE. Si dia annunzio delle interpellanze pervenute alla Presidenza.
MARIANI, Segretario:
"Interpellanza CUCCUREDDU sulle problematiche relative al servizio di elisoccorso in Sardegna". (263)
"Interpellanza PLANETTA sull'opportunità dell'individuazione da parte della conferenza dei servizi attivata presso il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, dell'impresa Syndial Spa, del gruppo ENI, quale unico interlocutore tecnico per l'esecuzione delle bonifiche dell'inquinamento nell'area industriale di Porto Torres". (264)
"Interpellanza SABATINI - BRUNO - CUCCU - MELONI Valerio - MORICONI - CUCCA - SANNA Gian Valerio sul programma di infrastrutturazione dell'area industriale e del Porto di Arbatax". (265)
PRESIDENTE. Si dia annunzio della mozione pervenuta alla Presidenza.
MARIANI, Segretario:
"Mozione CUCCUREDDU - SALIS - URAS - VARGIU - BRUNO - SANNA Giacomo - FOIS - TOCCO - LOCCI - RODIN - PITEA - MULAS - AGUS - SOLINAS Antonio - SANNA Gian Valerio - CONTU Felice - OBINU - CAPPAI - BEN AMARA - COSSA - MULA - SANJUST - MURGIONI - STOCHINO - ZUNCHEDDU - CUCCA - COCCO Pietro - CUGUSI - SECHI - COCCO Daniele Secondo - MARIANI - MORICONI - MELONI Valerio - CAMPUS - DIANA Giampaolo - MANCA - LADU - BARRACCIU - PORCU - CORDA sul sostegno della Regione per il riconoscimento dello Stato palestinese, con richiesta di convocazione straordinaria del Consiglio ai sensi dei commi 2 e 3 dell'articolo 54 del Regolamento". (146)
PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Steri. Ne ha facoltà.
STERI (U.D.C.-FLI). Chiedo la convocazione della Conferenza dei Presidenti di Gruppo.
PRESIDENTE. Onorevole Steri, sono d'accordo, però vedo che alcuni Presidenti di Gruppo mancano.
STERI (U.D.C.-FLI). Sospendiamo la seduta, allora.
PRESIDENTE. Nessuno opponendosi, sospendo la seduta e convoco la Conferenza dei Presidenti di Gruppo.
(La seduta, sospesa alle ore 16 e 10, viene ripresa alle ore 17 e 34.)
PRESIDENTE. Riprendiamo i lavori, prego i colleghi di prendere posto.
L'ordine del giorno reca la discussione del testo unificato numero 1-7/NAZ/A.
Dichiaro aperta la discussione generale.
Ha facoltà di parlare il consigliere Pittalis, relatore.
Scusate colleghi, vi prego di prendere posto.
(Interruzioni)
MANCA (P.D.). Presidente, chiedo la parola.
Onorevole Manca, ho già dato la parola al relatore. Prego, onorevole Pittalis
PITTALIS (P.d.L.), relatore. Presidente, la prima Commissione, all'esito di un dibattito che ha visto impegnate tutte le forze politiche di maggioranza e di opposizione…
PRESIDENTE. Scusi, onorevole Pittalis. Colleghi, prendiamo posto! Grazie. Onorevole Pittalis, aspetti, grazie. Colleghi, se prendete posto, possiamo procedere.
MANCA (P.D.). Avevo chiesto la parola.
PRESIDENTE. Onorevole Manca, lei sa che la richiesta doveva essere precedente. Ho già dato la parola al relatore. Onorevoli colleghi! Prendete posto, grazie. Prego, onorevole Pittalis.
PITTALIS (P.d.L.), relatore. Presidente, dicevo che la prima Commissione, all'esito di un dibattito al quale hanno partecipato tutte le forze politiche presenti in Aula, di maggioranza e di opposizione, ha fatto sintesi di due proposte di legge nazionali la numero 1 e la numero 7…
PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Pittalis. Colleghi, non si può procedere in questo modo! Onorevoli colleghi! Grazie.
PITTALIS (P.d.L.), relatore. Dicevo di due proposte di legge, una presentata dal Gruppo SEL e l'altra presentata dal Gruppo dei Riformatori, che prevedevano la riduzione del numero dei consiglieri regionali da 80 a 60. Per la verità è sopraggiunto anche un altro testo di legge che, nella sostanza, prevedeva la stessa riduzione del numero dei consiglieri da 80 a 60, ma che, per un problema formale, non è stato esaminato contestualmente nel corso della discussione tenutasi in prima Commissione. Per completezza di informazione, devo dire che era stata originariamente abbinata anche la proposta di legge a firma degli onorevoli Meloni e Barracciu che, per la verità, si occupava di altri aspetti, non tanto della riduzione del numero quanto del problema della pari opportunità tra generi; per questione legata soprattutto all'oggetto in trattazione, si è ritenuto di stralciare questa ultima proposta di legge e di affrontare in separata sede gli argomenti in essa contenuti, concentrando l'attenzione sul tema della riduzione del numero dei componenti il Consiglio regionale.
In Commissione, per la verità, vi è stata un'ampia convergenza, segnalo soltanto l'astensione del rappresentante del Gruppo misto. Come dicevo, la Commissione, all'esito di un dibattito, svolto pur con posizioni diversificate e sfumature anche di sostanza e non solo di forma, ha convenuto su una proposta di riduzione di numero di consiglieri da 80 a 50. Questo in forza, non tanto dei moti di piazza, per la verità, che non hanno assolutamente influenzato i lavori della Commissione (io ritengo che non debbano assolutamente influenzare), quanto di quel dibattito che si è sviluppato in questo periodo, questo "sì", perché se ne parla a livello nazionale, relativo al taglio dei costi della politica; se n'è parlato tante volte anche in questa Aula e si è ritenuto che, se il Consiglio regionale dovrà affrontare anche altre riforme di sistema, riguardanti il sistema dell'ordinamento degli enti locali, delle agenzie, degli enti, dei manager pubblici sovra pagati, bisognava dare un segnale forte da parte dell'Assemblea regionale, perché per un'assemblea che non ha la capacità di guardare in casa propria, poi è difficile giustificare le riforme che si devono affrontare e che riguardano anche altri livelli elettivi.
Quindi non potendo farci promuovere una riforma dall'alto, perché riteniamo astrusa anche l'ipotesi che è circolata a livello nazionale di una riduzione delle assemblee elettive dei Consigli regionali al numero di 30, questa Assemblea penso che abbia l'occasione per sviluppare una proposta autonoma tenuto conto, come più volte è stato anche ricordato, della propria specialità e anche della realtà di altre Regioni italiane, ben più popolose della Sardegna, e delle dimensioni dei loro organi legislativi, pensiamo al Lazio che attualmente ha 70 consiglieri regionali, alla Toscana che ne ha 65, alla Campania e al Veneto che ne hanno 60, all'Emilia Romagna che ha addirittura 50 consiglieri regionali.
Ecco, rispetto a questo quadro di riferimento che riguarda le altre Regioni, penso che noi non saremmo dovuti rimanere inermi, soprattutto se si considera che, già nel 1977, era stata istituita una Commissione speciale per riformare lo Statuto senza alcun apprezzabile risultato allora. Così come si ritentò, nel 1993, una riduzione dei consiglieri da 80 a 60, che il Consiglio esitò mandando questa legge in Parlamento ma con un nulla di fatto. Mi pare che oggi le condizioni siano diverse, c'è forse maggiore attenzione da parte di tutte le forze politiche, ed è forse l'occasione per una seria riforma.
Beninteso, non ci nascondiamo che non si può ipotizzare soltanto, come la riforma delle riforme, la riduzione del numero dei consiglieri regionali, questo è un aspetto che va accompagnato da altre riforme, quella dello Statuto innanzitutto, ma attendere una riforma complessiva dello Statuto, colleghi, diciamocelo, significa non fare nulla, come finora non si è fatto nulla, purtroppo. Allora bisogna pur che ci intendiamo sulle cose fattibili, sulle cose che è possibile fare, e una di quelle che è possibile fare è, appunto, questa riduzione del numero dei consiglieri. Mi auguro che, per quanto riguarda i lavori sulla riforma dello Statuto, per la quale è stata istituita anche una sottocommissione di lavoro all'interno della prima Commissione, presieduta dall'onorevole Agus, si possa dare un'accelerazione. E' chiaro che la riduzione del numero dei consiglieri, non accompagnata anche da una riforma del sistema elettorale, dalla nascita ex novo di una nuova legge statutaria, sarebbe una riforma monca. Quindi, la riforma elettorale (che è già all'ordine del giorno dei lavori della prima Commissione), con l'ipotesi di un dibattito (e qui dovremmo aprirlo) sulla forma di governo, sul mantenimento del presidenzialismo, oppure sulla restaurazione del sistema assembleare, come molti auspicano, sono i temi all'ordine del giorno in discussione.
Io penso che alcune cose si possano fare in questa legislatura. Ho registrato, per esempio, per quanto riguarda la legge elettorale, che vi è una significativa convergenza sulla necessità dell'eliminazione del listino regionale; o sulla necessità di dare una forte tutela ai territori, e quindi un mantenimento della rappresentanza territoriale, anche in un'ottica della riduzione del numero dei consiglieri regionali. Ecco, tutte queste questioni potevano essere affrontate prima della riduzione, ma possono essere affrontate anche nel contesto di questa sessione di riforme - io mi auguro - vere e proprie, e ci auguriamo che anche le prossime settimane possano essere improntate con lo spirito che io ho rilevato in Commissione, spirito costruttivo tra maggioranza e opposizione sulla necessità di dare davvero anche un forte segnale di cambiamento e di riforme. Questo mi pare possa essere l'avvio per un processo riformatore che coinvolga in pieno questa Assemblea.
Ecco perché, pur attenti al dibattito, agli emendamenti, che potranno arricchire o modificare parti di questa legge, siamo del parere che la stessa vada esitata, soprattutto perché dobbiamo evitare che sia il livello nazionale a imporci una riforma che, così come è fatta, a chi vi parla, ma è l'impressione anche espressa da molti colleghi consiglieri, davvero non piace. Gliela lasciamo a Calderoli! Noi preferiamo farci una riforma tutta sarda. Questa Assemblea ha tutte le capacità e le potenzialità per esitare una legge che possa anche dare il senso della nostra specialità e della nostra autonomia.
PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Bruno. Ne ha facoltà.
BRUNO (P.D.). Chiedo una breve sospensione in Aula, Presidente.
PRESIDENTE. Sospendo la seduta.
(La seduta, sospesa alle ore 17 e 49, viene ripresa alle ore 18 e 04.)
PRESIDENTE. Riprendiamo i lavori, prego i colleghi di prendere posto.
Ricordo ai colleghi che intendono parlare che devono iscriversi non oltre la conclusione del primo intervento. E' iscritto a parlare il consigliere Capelli. Ne ha facoltà.
Ricordo all'onorevole Capelli che ha a disposizione venti minuti.
CAPELLI (Gruppo Misto). Presidente, vorrei partire da quanto è stato deciso, circa un anno fa, da quest'Aula che, a onor del vero, sulla spinta dei colleghi Sardisti, ha votato un ordine del giorno che apriva la stagione delle riforme, delle riforme istituzionali in modo particolare. Un anno fa non eravamo ancora sotto quella deflagrante spinta che ha portato il Parlamento italiano a proporre le sue riforme istituzionali per le regioni, le province e i comuni. Un anno fa avevamo piena coscienza che quella via, tracciata dal Consiglio regionale, con quell'ordine del giorno, fosse la priorità per la Sardegna. Oggi ci ritroviamo a esaminare una situazione calda, legata indirettamente e direttamente ai costi della politica, con una prima vera proposta di riforma, che incide anche sui costi della politica, che è quella della riduzione del numero dei consiglieri regionali.
Ora, la prima domanda, che mi viene da fare alla Commissione proponente questo testo, è: perché cinquanta consiglieri regionali? Perché una riduzione a cinquanta e non a quaranta? E, con fare populistico e demagogico, potrei dire perché non trenta? Poi mi sostituirà e mi completerà qualche altro collega proponendone venti, fino ad arrivare al governatore unico! Io non vorrei seguire questa via.
Voglio premettere anche un'altra cosa, credo di aver dato buona testimonianza, insieme ad altri colleghi, del fatto che uno degli elementi che doveva muovere le riforme era anche, se non prioritario, il numero dei consiglieri regionali, per certi versi eccessivo per le rappresentanze in quest'aula del popolo sardo. Tanto è vero questo che, con il collega Giorgio Oppi dell'U.D.C., e con il Gruppo U.D.C., abbiamo proposto da tempo, fin dalla passata legislatura, una riduzione del numero dei consiglieri regionali da ottanta a sessanta, con allegata legge elettorale. Forse nel metodo bisognava separare le due cose, ma nella sostanza della proposta l'intenzione dei proponenti di quella proposta di legge, che mi vedeva primo firmatario, era di sentire come un problema la necessità di ridurre il numero dei consiglieri regionali, facendo anche un ragionamento per arrivare a sessanta, quindi arrivando alla conclusione che bisognava ridurre il numero dei consiglieri rispettando dei principi cardine per la corretta rappresentanza democratica, per arrivare poi alla conclusione di un giusto numero di rappresentanti in Consiglio regionale.
Ecco perché mi trovo oggi un po' a disagio, devo dire, nell'esaminare questa proposta, la quale non dà una motivazione costruita, seria, che venga da un ragionamento che rispetti le rappresentanze territoriali, per esempio, (non delle nostre otto province, ma dei nostri otto territori), cioè che siano garantite quelle rappresentanze territoriali. Io non mi vorrei ritrovare (perdonatemi se faccio questo esempio, ma lo faccio per semplificare il ragionamento) domani con un Consiglio regionale nel quale, su cinquanta rappresentanti, trentacinque siano di Cagliari e i rimanenti divisi tra gli altri territori. Oppure non vorrei che, nel momento in cui sono fortemente convinto che vada rivisitato, cancellato, questo bipolarismo, con una legge di questo tipo mi ritrovi con un puro bipartitismo, in cui le forze politiche cosiddette minori (per il momento) non abbiano neanche il diritto di tribuna. Badate bene, capita a tutti, è capitato a tutti, nell'arco della storia della nostra autonomia e della nostra Repubblica, di essere forze minori. E' capitato a tutti, anzi, siamo arrivati all'eccesso che alcune forze politiche, rappresentative del pensiero politico nazionale, non siano rappresentate in quest'Aula, non possiamo certo dire, per esempio, che il Partito Socialista Italiano sia un'entità assente nella storia e nel quadro politico della nostra Nazione.
Ecco perché mi chiedo se stiamo facendo una cosa corretta individuando questo come primo e unico passo (perché di fatto siamo al primo e unico passo, sottolineo "unico") in risposta, non alla sollecitazione di quell'ordine del giorno che ho ricordato in apertura, ma su sollecitazione di un intervento nazionale, da cui noi sempre di più vogliamo prendere le distanze. Ne subiamo invece le iniziative e, in fretta e furia, interveniamo dando una risposta (continuo a dire demagogica e populista, spinti dalla piazza) con la riduzione dei consiglieri regionali da 80 a 50. Premetto, sottoscrivo che sia necessario, utile e urgente, ma l'urgenza di dare risposte all'esterno, non deve portarci a non ragionare. Se dovessimo votare ora, voteremmo tutti, per non avere poi rimproveri di piazza del genere: "Ecco, non volete iniziare, volete rimandare, non volete ridurre!". Io sono pronto a sottoscrivere una risoluzione, un ordine del giorno che impegni il Consiglio a che, entro dieci giorni, quindici giorni, si facciano queste modifiche, questa e altre, ma che ci sia una ratio nelle riforme che dobbiamo fare.
Noi modifichiamo la legge numero 2 del 2001 (che a sua volta modifica la legge numero 3 del '48) e, praticamente, stiamo conformando il resto della legge numero 2, quindi il presidenzialismo; io sono contrario al presidenzialismo, io sono perché il Presidente della Giunta venga eletto dall'Aula, sono contrario a quella legge nazionale, elettorale, che noi abbiamo subito e non siamo stati in grado, in due legislature, di modificare. A onor del vero, c'è stata una Statutaria, bocciata poi dal popolo sardo con il referendum, ma anche in quella Statutaria non ci siamo assunti la responsabilità di modificare la legge elettorale. Non l'abbiamo voluto fare!
Allora io mi chiedo se è responsabilità iniziare una stagione di riforme, un serio e costante confronto in Commissione e in Aula, per addivenire a un quadro completo delle riforme. Un collega mi diceva oggi: "Stiamo iniziando da una piccola parte della cornice, senza avere il quadro", è vero! Noi stiamo cercando di dare quelle risposte suggerite, sollecitate, giustamente, dalla piazza, ma lo stiamo facendo (nel modo e, permettetemi, anche nel merito), sbagliando.
Allora, perché non dobbiamo avere il coraggio di dire (credo che molti di noi siano coscienti e condividano questa posizione): "Signori miei, noi non vogliamo trasferire o evitare le riforme utili e necessarie in cui crediamo, le vogliamo fare seriamente, nel modo dovuto". Una modifica come questa richiede una riforma della legge elettorale, necessariamente! Badate bene che, in quest'Aula, abbiamo ripetuto sempre che, prima di modificare gli altri enti sottordinati (province, comuni e quant'altro), dobbiamo avere il coraggio di fare le riforme che interessano direttamente noi. Perciò partiamo dalle riforme che interessano direttamente il sistema "Consiglio regionale", il sistema "Regione Sardegna", dopo avremo la forza, l'autorevolezza, la libertà di poter modificare anche le altre istituzioni.
Ecco perché, ribadisco, devo essere onesto e corretto, e voglio esserlo, insieme ai colleghi, sempre dell'U.D.C., avevamo proposto un percorso, quello della Costituente che abbiamo sottoscritto, sostenuto e votato. Abbiamo continuato nel dire che, dopo le modifiche del numero dei consiglieri regionali, delle metodologie elettive, quindi legge elettorale, bisognava intervenire anche nelle modifiche utili, necessarie, razionali dell'organizzazione del Consiglio regionale che ci ha visto, più volte, sottoscrittori e presentatori dell'emendamento che tendeva a ridurre, se non ad abolire integralmente, le indennità aggiuntive delle cariche istituzionali consiliari; l'abbiamo ripetutamente proposto alla vostra attenzione.
Ma credo che vada aggiunta un'analisi sul numero delle Commissioni consiliari: è giusto averne otto o sono riducibili a sei ? Abbiamo fatto anche presente che, probabilmente, è più corretto avere, invece degli undici segretari d'Aula che abbiamo oggi, dieci o undici, perdonatemi se di qualche unità posso sbagliare, per difetto o per eccesso, forse avere due rappresentanti della coalizione di maggioranza e uno delle altre coalizioni che hanno eletto almeno tre consiglieri, riducendo così la corsa agli sprechi anche sotto quel punto di vista.
Abbiamo chiesto, sottoscritto e presentato la legge elettorale che, come ho detto in precedenza, garantisce le rappresentanze territoriali. Abbiamo scritto e sosteniamo l'abrogazione del listino senza preferenze. Tutte cose che non possono essere messe sotto il tappeto provvisoriamente, e ci laviamo la coscienza con i 50 consiglieri regionali! Certo, noi abbiamo un rapporto di rappresentanza eccessivo, ma lo stesso rapporto, ancor più eccessivo, l'abbiamo, per esempio, nel numero delle ASL. Se noi seguiamo il principio della rappresentanza in base alla popolazione residente, abbiamo un indice di enti di gestione della sanità esorbitante! Quindi forse dovremmo ragionare sul fatto, ribadisco per l'ennesima volta in quest'Aula, (sempre che qualcuno alle spalle non sorrida, come spesso succede), che forse tre ASL sono più che sufficienti e che l'abolizione delle altre cinque ASL avrà un costo superiore all'abrogazione delle province, perlomeno delle quattro province che noi abbiamo istituito con legge regionale.
Quindi, come vedete, un quadro di riforme collegate razionalmente, che noi siamo in grado di fare nel giro di un mese. Le Commissioni competenti si riuniscano dal lunedì al venerdì, dal martedì al venerdì, costantemente! Confrontiamoci in quella sede, facciamo un buon progetto di studio e di programmazione interna alla Commissione, per arrivare quindi al dibattito che sarà aperto in Aula; è necessario anche confrontarsi con le altre istituzioni, confrontarsi con gli enti locali, confrontarsi con la cosiddetta società civile delle varie e innumerevoli rappresentanze. Abbiamo necessità di fare questo: che cosa osta? Si dice sempre: "Non ce la faremo"; se mai iniziamo, mai ce la faremo, tutto sta nell'iniziare.
Abbiamo continuato nelle nostre proposte, uso il noi (nonostante io sia l'unico rappresentante di Alleanza per l'Italia in quest'Aula) perché, per il rispetto e per l'onestà, il "noi" è riferito agli altri colleghi con cui ho condiviso un lungo percorso in quest'Aula, perciò siccome è scritto, mi permetto di rappresentarlo, poi ognuno potrà confermarlo o non confermarlo. Dicevo che mi chiedo se stiamo facendo una cosa giusta nello sbrigare la pratica del numero dei consiglieri regionali con una legge di un articoletto che cambia un numero. E' serio cambiare quel numero (ribadisco, sottoscrivo, riconfermo che è necessario cambiare quel numero riducendolo) in questo modo? Raggiungiamo davvero il risultato che tutti insieme ci stiamo ponendo, destra, sinistra, centro, davanti, dietro e quant'altro, o non è più corretto aprire un serio confronto, interno alle forze politiche ed esterno? O credete che sia un argomento da liquidare con emendamenti, pochi o molti che siano, o addirittura con un emendamento? La forma elettorale, il diritto alla rappresentanza, il diritto alla rappresentanza dei generi sono tutte cose collegate tra di loro e quindi collegate anche al numero e alle modalità di elezione di quei consiglieri che devono rappresentare un popolo e una regione che è vasta, dalle mille culture, dalle mille sfaccettature, dai mille problemi, tutti diversi fra di loro, e quindi con rappresentanze diverse perché questo è il Parlamento dei sardi!
E' chiaro che non c'è contrarietà, c'è piena convinzione che sia necessario agire e agire subito, ma c'è anche una variabile, bisogna agire bene e nei tempi dovuti. Perché, quando c'è la possibilità di iniziare un confronto su un argomento e, civilmente e con tempi accettabili, europei, queste problematiche si possono risolvere con una discussione continua e aperta di dieci giorni, di quindici giorni, di venti giorni, noi invece partiamo sempre dal presupposto che ci vogliono anni? Il mondo non cammina più così! Il mondo si pone un problema, lo affronta, lo risolve e poi passa al secondo step. Noi possiamo farlo!
Possiamo farlo con i nostri rappresentanti in Commissione, possiamo farlo con l'apporto di tutti noi in Consiglio regionale, possiamo superare le barriere ideologiche che ci hanno diviso per troppi, tanti, anni, perché siamo davanti a una situazione drammatica, a un mondo che cambia e che speriamo possa cambiare in meglio, non necessariamente in peggio. Noi potremmo dare allora prova e visione della faccia migliore della politica che tutti voi sapete dare, quella faccia di serietà e di senso di responsabilità, perchè non pensi, nel momento in cui proponi queste leggi: "Dove sarò io in quel quadro che sto disegnando?", ma pensi dove sarà la democrazia, il diritto della rappresentanza, la giustizia!. Questo dobbiamo pensare sempre, ma in particolare quando si fanno riforme istituzionali e costituzionali di questa levatura.
Ecco perché io credo che bene abbiano fatto i componenti della prima Commissione a porre il problema, a riaprire la fase di confronto sulle riforme istituzionali; ma, nel metodo, colleghi, fermiamoci un attimo. Il voto su questa legge è garantito, è assolutamente garantito, almeno per la spinta popolare, guardate, se non fosse per convinzione di alcuni, allora fermiamoci un attimo, ragioniamo. Siamo in grado e possiamo fare di meglio!
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Ben Amara. Ne ha facoltà.
BEN AMARA (SEL-Comunisti-Indipendentistas). Io credo che, prima di parlare di riduzione del numero dei consiglieri, bisogna che la nuova composizione dell'Assemblea tenga conto di tutte le realtà territoriali. Non confondiamo l'immagine con l'immaginazione ed evitiamo l'improvvisazione tout court. Una riduzione drastica del numero dei consiglieri non solo penalizza i collegi provinciali minori, sempre a vantaggio dei due poli principali, Cagliari e Sassari, ma soprattutto i partiti minori, penalizza le aree meno abitate e consoliderebbe il bipolarismo "veltronizzando" i partiti minori. A questo punto, il coinvolgimento dei sindacati è essenziale qui.
(Brusio in Aula)
Posso anche rinunciare…
E' vero che ottanta consiglieri sono un po' troppi, ma è altrettanto vero che il numero dei parlamentari italiani è esorbitante da tutti i punti di vista. Affrontiamo prima la legge elettorale, indichiamo i collegi distribuendo la rappresentanza in modo uniforme. Ogni nuovo processo politico, cari colleghi, si illumina solo attraverso le differenze che si costruiscono in esso, in particolare attraverso la differenza, in primo luogo, fra una verità e un'opinione. In politica, l'uguaglianza è un principio sacrosanto della democrazia, ma l'uguaglianza istituita fra l'inuguale e l'uguale è semplicemente, per me, il principio umanitario, l'equivalenza generale che sbarra ogni accesso a differenze reali, all'eterogeneo in quanto tale, il cui paradigma è lo scarto fra una procedura di verità e la libertà delle opinioni.
Non è sufficiente dire o scrivere nella relazione che accompagna il provvedimento - cito - "la posizione assunta dalla Commissione… intende contemperare l'esigenza di contenere i costi della politica con l'esigenza di non compromettere la rappresentatività dei differenti territori regionali". Il costo della politica non è sempre spreco. Il costo della politica è anche costo della democrazia, ma deve essere gestito con trasparenza e limpidezza. Nel ceto politico si trova anche gente onesta e capace che, per dare ascolto alla propria coscienza, non sempre viene valutata per quello che è. Il bivio tra il bene e il male si presenta a ognuno di noi; scegliere il primo ha sempre un costo, spesso pesante. E' bene, dunque, tagliare i costi della politica ma senza punire la democrazia rappresentativa.
La riduzione dei costi della politica viene molto spesso svolta da parecchi ambienti con metodi tendenziosi e finalità spesso ben poco nobili. Sappiamo che ci sono anche i costi delle amministrazioni provinciali, comunali, i costi dei big della finanza che, fra stipendi, bonus e liquidazione, arrivano a cifre prive di riscontro nella vita normale. Io non credo che le campagne di stampa sui costi della politica siano fatte tutte con pensieri innocenti. Prima di fare il consigliere, per esempio, io avevo il mio discreto stipendio da docente, i miei assegni di ricerca, le mie traduzioni di libri in diverse lingue. Dunque questa "ebollizione" sul costo della politica potrebbe anche essere un pretesto per screditare il sistema politico per sostituirlo con un andazzo in cui i governanti non sono scelti fra i politici ma fra i tecnocratici, gruppi di interessi che controllano i media, i cosiddetti indipendenti. E gli stipendi dei managers, dei dirigenti delle banche e degli altri operatori finanziari? Occorre anche eliminare il doppio politico con la sua burocrazia, la sua fiscalità, i sui dirigismi e le sue clientele.
Bisogna dunque ripensare a una strategia istituzionale adeguata che possa garantire la rappresentanza nei territori e rafforzare il sistema democratico. Anche il termine "democrazia" è solo emblema, nostalgia e sappiamo che ogni nostalgia è nostalgia di qualcosa che non è mai stata. Divertitevi dunque con la parola "democrazia" e imponete i divertimenti come legge sociale, così la politica in se stessa, in quanto pluralità conflittuali, scomparirà completamente dal mondo a favore di una gestione prosaica delle cose e degli esseri.
Perché non ci confrontiamo subito con le parti sociali ed economiche per arrivare a un adeguato modello di democrazia e rappresentanza? Noi non possiamo vivere solo nel pure presente elevando la legge a legge desiderio del momento. Oggi si fa una grossa abbuffata innaffiata di vino, di pecorino e salsiccia, domani ci sarà posto solo per le lobbies, per l'acqua limpida, i campi da golf e lo sviluppo sostenibile, espressione molto abusata in questi nostri giorni. Dunque né ordine né idee, questa proposta riduzionista può anche essere gradevole, tanto libera quanto insignificante, se non è paritaria e ben concepita o ponderata. Ma si può pagare la libertà a costo dell'assenza del significato?
Il nostro lavoro politico è ridotto, a questo punto, a una costruzione iconica. Il numero dei consiglieri regionali, che sia 8, 50, 60 o 80, non sarà mai una prova di verità o di giustizia. Il diritto sarà sempre ridotto in permanenza alla forza e il pluralismo sarà alla mercé dell'arbitrio di ciascuno. Nulla si può fare senza disciplina ma la disciplina ha sempre bisogno di sorveglianza per essere credibile. Noi parliamo sempre di democrazia, di trasparenza, di etica, senza renderci conto che le classi sociali sono praticamente scomparse dal lessico, come se la loro cancellazione fosse una fatalità sociologica irreversibile e non il risultato di un lavoro politico della promozione ideologica legislativa, dell'individualismo concorrenziale sul sociale.
Come fare allora affinché una politica senza classi non sia una politica senza politica? Lontano da ogni gauchismo o estremismo speculativo, dico che bisogna pensare innanzitutto la politica come produzione di un certo effetto, come affermazione di una capacità e riconfigurazione del territorio e del visibile, del pensabile e anche del possibile. Non si tratta dunque di screditare il principio dell'organizzazione a favore di una valorizzazione esclusiva delle scene esplosive in un Paese dove il diritto alla miseria prevale sul diritto di proprietà, un Paese di evasori, 160 miliardi, di corruzione, 90 miliardi, ed è per questo che non mi considero un politico ma neanche un pensatore dell'evento, dell'apparizione improvvisa ma dell'emancipazione come qualcosa che ha una tradizione, una storia che non è fatta di grandi azioni eclatanti ma di una ricerca per creare forme comuni che siano quelle del consenso. So anche che il consenso non è più adeguato a descrivere ciò che, a tutti gli effetti, è un modo di socializzare delle persone nel silenzio, nel silenzio come consenso dunque.
Perfino il voto può, nel nostro caso, diventare un esempio della democrazia in fuga; come dovrebbe funzionare allora la democrazia e quel controverso rapporto tra poteri e governo del popolo?
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Planetta. Ne ha facoltà.
PLANETTA (P.S.d'Az.). Presidente, Assessori, colleghe e colleghi, voglio essere brevissimo. Fra l'altro, molte delle cose che avrei dovuto dire le ha dette in parte il collega Capelli, qualche altra di carattere anche sociologico il collega Ben Amara, però mi preme brevissimamente fare alcune considerazioni.
Questo testo, è stato già detto, nasce male, veramente male, in una normale Commissione si discute e poi si porta in Aula. Poca riflessione! Nasce, per essere più preciso, scusatemi la metafora, da un genitore biologico che non siede in questo Consiglio e che concepisce questa proposta facendo credere che il vero padre di questa proposta sarà colui che poi correrà all'ufficio dell'anagrafe a registrare il nascituro come proprio. Noi tutti sappiamo che non è così; intanto lo sappiamo perché i proponenti (tutti, a esclusione di uno, e a me risulta con qualche altro assente) hanno personalmente sottoscritto che la posizione assunta dalla Commissione era e doveva essere assolutamente in linea con le politiche di riduzione delle spese pubbliche dettate dalle istituzioni - guardate - internazionali, comunitarie e nazionali.
Secondo questo testo, il Consiglio regionale (tutti insieme) dovrebbe alzarsi rispettosamente in piedi oppure genuflettersi e omaggiare le istituzioni internazionali, comunitarie e nazionali. Secondo questo testo, si partorisce una legge nata soprattutto - a mio giudizio - per inseguire esclusivamente la benevolenza e l'approvazione della pubblica opinione. Ricordate voi tutti quando avevamo annunciato riforme con una nuova stagione costituente e perfino il varo del nuovo Statuto speciale!
Ora, sarebbe fin troppo facile infierire sulle risultanze di questo Consiglio, sui suoi prodotti di questa metà di legislatura che, a parer mio, sembra trascorsa soprattutto fra inutili mozioni, anche troppe, e troppi ordini del giorno, che tutti sapevamo che come al solito non avrebbero portato a nulla. Mozioni e ordini del giorno che invece sono serviti a qualcuno per alimentare una vacua speranza di guadagnare a buon mercato quella credibilità politica e quell'autorevolezza che dovrebbe venire solo da un lavoro duro e costante, da un impegno serio e lontano dal clamore e da quello che realmente ciascuno di noi riesce effettivamente a produrre.
Desidero poi a questo punto sottolineare, senza alcuna volontà credetemi di provocazione, un'altra palese contraddizione, se non altro nei termini, cioè la stessa denominazione, oltre che la funzione, della Commissione Autonomia. Ma quale "autonomia", mi domando! Il Governo di turno chiama a raccolta per rimediare a una bancarotta di cui la Sardegna non ha responsabilità! Alcuni di noi puntualmente si affannano a rispondere senza indugio, ma badate bene - secondo me - con finta e ipocrita diligenza, con pavidità, a volte perfino con servilismo! Allora gridiamo: "Viva l'Italia!", Italia che impone tagli per i suoi debiti, mentre paradossalmente anche chi dovrebbe chiedere i danni finge di non capire e addirittura si fa complice delle vessazioni.
Io avrei preferito discutere di tutt'altro, invece che discutere di questo miserevole articolo, che è solo un sacrificio autolesionista e compiacente, soprattutto (lo ripetiamo sempre noi Sardisti) verso lo Stato italiano. Si tagliano le quantità dei delegati, si taglia il numero dei rappresentanti che, in qualsiasi società democratica, dovrebbe essere dato dal rapporto fra territorio e popolazione. Un rapporto che qui, in Sardegna, con gli attuali 80 consiglieri, è già appena sufficientemente rappresentativo, anzi, voglio dirlo, è ben al di sotto della media di altre realtà statuali europee (andatevele a vedere, studiatevele!), se non per l'ammontare degli emolumenti per le attività istituzionali delle rappresentanze elette con democrazia, emolumenti che contemplano pure alcuni privilegi, che devono e sono legati esclusivamente alla produttività del singolo consigliere.
Ma, Presidente della Commissione, voi, che siete della Commissione, avete preso in considerazione questo testo? Lo avete affrontato nella discussione? Ma che cosa avete fatto in quella camera quel giorno? Eppure noi, in Sardegna, per affrontare questa crisi, stiamo ancora aspettando tutti quei soldi che ancora ci devono dare e che ancora illegalmente questa Italia si ostina a trattenere, malgrado tutte le vertenze che facciamo sulle entrate.
Allora, brevissimamente, cari colleghi, in questo caso, si tratta di una decisione che davvero dobbiamo prendere in perfetta autonomia, non possiamo accettare un'imposizione che, di fatto, ancora una volta, è calata dall'alto, che ha il solo effetto di tagliare l'offerta democratica e la rappresentanza plurale dei territori. Per nostra consolazione, la storia ci insegna che i tempi in cui le colonie rispondono, attraverso la propria classe dirigente, con provvedimenti demagogici e inutili, solo sull'onda emotiva e sulla spinta della piazza, ebbene questi tempi sono anche quelli in cui quella stessa classe dirigente si appresta e si appresterà a soccombere e con essa anche l'intero sistema statuale che la ispira e di cui è emanazione.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Gian Valerio Sanna. Ne ha facoltà.
SANNA GIAN VALERIO (P.D.). Ho sentito la relazione del Presidente della Commissione, è tollerabile tutto, anche un po' di esagerazione, ma non l'ipocrisia! Questo Consiglio regionale (e questa opposizione) ha dato la sua disponibilità mesi fa a percorrere assieme un contesto di riforme condiviso; l'abbiamo fatto con responsabilità e abbiamo detto parole nitide, con atteggiamenti conseguenti nelle sedi decisive, l'abbiamo fatto col precedente Presidente della Commissione e l'abbiamo ripetuto coerentemente col nuovo Presidente.
Abbiamo detto che le nostre riforme dovevano camminare, per la delicatezza oggettiva della materia e per l'abissale ritardo della Regione Sardegna, rispetto a queste riforme, con assoluta coesione come valore principale dell'azione riformista, consapevolezza comune e coesione.
Abbiamo detto: "Bene, cominciamo!", da che cosa? Abbiamo deciso insieme di iniziare dalla Statutaria, perché c'era una traccia, ma non abbiamo negato la possibilità di intervenire anche sullo Statuto e, per accelerare l'elaborazione e l'istruzione di queste pratiche, ci siamo anche divisi in due Sottocommissioni; non abbiamo mai negato la presenza, la costruttiva partecipazione con proposte, con suggerimenti e con convergenze, al di là delle nostre posizioni di partenza. Ma quell'ordine del giorno rappresentava per noi, per la solennità con la quale era stato assunto in quest'Aula, il punto di riferimento unico e indiscutibile del processo riformatore sul quale eravamo disposti persino a regalarvi la possibilità di sfoggiare qualche cosa di serio in questa disastrata legislatura. Regalarvi qualcosa di serio! Lo ripeto.
Però, in una di queste ultime riunioni, c'è stata un'accelerazione incomprensibile, è stata presentata una proposta nata la mattina, ed è stata posta la condizione che doveva essere esitata entro la giornata; in quei termini, prima nasce con la messa insieme delle proposte a "60" consiglieri, la proposta che riguardava anche la tutela della presenza di genere, e poi la rincorsa ai "50". E meno male ci siamo fermati! Anche in quel caso abbiamo detto: "Va bene". Ma il Presidente sa, perché è agli atti, perché io dissi queste cose! Siccome noi siamo impegnati sulla base di un ordine del giorno a fare un complessivo di riforme che abbia un senso costruttivo, serio, comprensibile e privo di ipocrisia (perché non vi regaliamo le cose tanto per regalarle, ma le regaliamo anche perché siamo noi consapevoli di dover fare, per noi stessi e per la nostra responsabilità, alcune riforme), vi abbiamo detto: "Venga consegnata questa legge nella disponibilità della Conferenza dei Presidenti di Gruppo, perché decida qual è e quale dovrà essere il pacchetto più complesso e articolato delle riforme, per dare loro senso compiuto, costruttività e operatività".
Ora, io vi dico che ci sono diversi sentimenti in quest'Aula. E' inutile negarlo, Presidente, c'è il sentimento di chi, in via di uscita, sa di aver fatto un certo numero di legislature, va via e usa quel famoso detto romano "va a morì ammazzato" verso gli altri, come dire: gli altri si occupino delle loro cose, a me non interessa più. Non è un indice di senso di responsabilità. Poi ci sono quelli che invece sono alla prima legislatura che sono combattuti e dicono: "Ma come? Ci si scaglia contro di noi, contro il diritto, anche non banale, di garantire, ciascuno per la propria sensibilità politica, una crescita che esprima solidità nel gruppo dirigente di questa Regione, non improvvisazione, non pressappochismo e soprattutto non ipocrisia".
Poi c'è chi pensa che noi siamo sotto le piazze; un tempo, quest'Aula, il Consiglio regionale, governava le piazze, la politica governava le piazze, oggi qualcuno tra di noi è preso dall'idea di essere sotto le piazze! Affari di chi lo pensa, colleghi, affari di chi lo pensa! Nei confronti di chi pensa una cosa del genere, io sono autorizzato a ritenere che queste persone hanno quasi quasi rubato il posto in Consiglio regionale, che non se lo siano guadagnato, perché chi se lo guadagna con un consenso vero non ha bisogno di sentirsi sotto le piazze ma si colloca nel luogo dove le istituzioni democratiche lo collocano! Non a caso una persona (che io politicamente amo straordinariamente) ha detto che la più grande conquista della politica è la capacità di prendere un uomo e restituirlo cittadino: pensate al significato che ha questa frase e l'impegno che colloca nel campo delle istituzioni, altro che farsi governare dalle piazze!
E poi infine c'è un'altra categoria che è un po' il frutto di un'epidemia, come la mucca pazza: c'è il populismo. L'era berlusconiana ha disseminato questa epidemia del populismo per il quale, guarda caso, nel momento in cui sconta il suo fallimento più radicale in un contesto sociale che si sta dilaniando e che ha fallito anche sul piano del modello economico, del modello sociale, di tutto, noi quasi quasi intercediamo.
Ebbene, questo complesso di sentimenti si intreccia in una confusione che pone questa proposta come misura della nostra complessiva inadeguatezza. Ve lo dico subito. Noi dovremmo avere il coraggio di dire, a quelli che stanno fuori, che qualcuno sta pensando o di correre a portare la bandiera issata di un raggiungimento… tra l'altro si confonde sempre, la stampa confonde le leggi fatte in Commissione con le leggi fatte, le leggi fatte in Consiglio regionale che devono avere la doppia lettura in Parlamento, con conquiste fatte, non è così, bisogna avere il coraggio di dire come stanno le cose, e anche che cosa sottende questo dal punto di vista della sincerità di chi propone riforme.
Allora bisogna avere il coraggio di dire che, se noi oggi approviamo questa legge, il Consiglio regionale della Sardegna non è vero che sarà a "50", perché può essere a "55" e a "60"; dobbiamo poterlo dire? Sì, benissimo! Potremmo dire che ci saranno 10 nominati e 40 eletti? Sì, lo possiamo dire, perché è così, bisogna dirlo! Questa mostruosa riforma, che per qualcuno è il lavacro della propria coscienza, quasi macchiata da chi sa che cosa, è essere andato a cercarsi il consenso e esserselo preso per sedere qui dentro! Vuol dire questo: 10 nominati, ancora, e 40 eletti; forse qualche territorio fuori gioco (sicuramente qualche territorio fuori gioco) e soprattutto, colleghi, nessun conflitto di interessi regolato. Il che vuol dire che, a 40 eletti, qualcuno che si gioca sul terreno del conflitto di interessi i propri interessi si può portare a casa il 20 per cento della quota elettiva di questo Consiglio regionale, per piegarlo a che cosa? All'interesse generale, secondo voi? E' improbabile che, a "80", i poteri forti possano governare tutto, è per quello infatti che in questa legislatura qualcosa sfugge di mano, non si può controllare tutto. In 40 eletti e 10 nominati, i 10 nominati non li conto neanche perché sono già a libro paga. Questa è, secondo voi, la democrazia? Questo è quello che bisogna dire!
Ecco perché noi abbiamo detto che per costruire i tre lati fondamentali del processo riformatore: legge statutaria, che regola i conflitti di interesse e le forme di governo… dovete sapere che ancora noi saremo spaccati, forse con una maggioranza che tenderà ad approvare la riforma della Regione nel senso di tornare alle "giunte del bigliettino", cioè a quelle parlamentari, c'è una maggioranza larghissima qui dentro, non si è mica risolto questo problema e se non si risolve il problema della forma di governo (perché non lo dite ai giornalisti che magari stanno aspettando i vostri comunicati stampa?), se non si raggiunge un accordo sulla forma di governo, la legge elettorale non si può fare e, se non si può fare, probabilmente andiamo con questa e quindi con "10" nominati.
Legge statutaria il primo lato, legge elettorale il secondo lato del triangolo e il terzo anche la riduzione dei consiglieri: ecco perché questa norma misura il tasso della nostra incapacità riformatrice. Le parole, quando vengono dette, non sono mai dette a caso e io ho detto che bisognava costruire una proposta convincente basata non sui colpi di mano ma sulla coesione, perché le istituzioni troveranno la loro difesa dagli attacchi, che comunque ci saranno, foss'anche se ci ridurranno l'indennità a 5 centesimi, ci attaccheranno perché ci devono distruggere, perché quello che è sotto scacco non è il nostro stato fisico qui dentro, è il nostro stato di inutilità rispetto alla difficoltà che ha la società, che non ha un prezzo; è un fatto, la capacità di governare o la capacità di non governare. Questo è il fatto! Poi, dentro questa proposta, messa così, c'è semplicemente la certificazione di una volontà di derubricare la nostra specialità in ordinarietà; sotto il pericolo di uno Stato idiota che, in preda a una sincope da incapacità propria, minaccia trenta consiglieri, perché non sa che dire, e dalla mattina alla sera cambia opinione, noi, autonomia di specialità, ci facciamo intimorire da questo, ben sapendo che il nostro stato demografico, Presidente, che purtroppo è quello che è, rischia con questa norma di cristallizzare lo stato di desertificazione di molti territori.
Questa disciplina lasciata a se stessa, così, cristallizzerà il destino alla desertificazione di molti territori. Perché lo dico? Perché una regione, non la nostra ma isola come noi, poco popolata come noi e che sta vicino a noi, la Corsica, ha 51 consiglieri regionali con 300 mila abitanti; in proporzione noi ne dovremo avere 272! Voi mi direte che poi c'è un altro esempio da un'altra parte, però, attenzione, bisogna anche rendere simili i paragoni, e nella similitudine del paragone c'è anche la responsabilità che la cittadinanza non è una questione sulla quale si può scherzare, perché laddove noi lasceremo senza cittadinanza parte dei nostri conterranei, lì si annideranno le sacche della ulteriore ribellione alla statualità regionale, perché è il segno della dimenticanza, dell'abbandono, della marginalità. Questo è quello che vi volevo dire, per dire che nessuno di noi mette in discussione il fatto che debbano essere ridotti i consiglieri regionali, per carità!
Un'autonomia per essere autorevole deve avere la capacità di capire qual è il momento nel quale ciascuno di noi deve fare la propria parte. Per carità, non discuto su questo. Discuto la non credibilità di questo processo e il fatto che noi non siamo idonei a fare riforme, non siamo propri idonei! Siamo dei populisti ammalati, siamo delle persone che sottovalutano l'altezza delle istituzioni, la grandezza delle istituzioni rispetto alle piccolezze di un mondo che cerca di minimizzare, potrei usare una parola, le nostre "comodità", diciamo così. Questo è il punto. Ecco perché quel blitz che c'è stato, Presidente, il mancato accoglimento di quella raccomandazione (lo vorrei dire sommessamente, senza nessun profilo, diciamo, di giudizio), e l'idea che, intorno alle riforme, esisterebbe una Conferenza dei Presidenti di Gruppo che quasi quasi non rifletta esattamente la percezione dell'Aula, è una cosa che va rimessa a coerenza.
In questa Aula, io avverto e "respiro" l'idea che, su questa questione, ci sono molte opinioni differenti. Allora mi domando perché noi dobbiamo essere così ipocriti da pensare o da sperare che una legge costituzionale non possa fare tutto il suo percorso, facendo finta di portarla avanti senza avere il coraggio di dire agli elettori, di questa Sardegna, che noi siamo in grado di essere all'altezza del compito, cominciando a dire e a confrontarci e a cercare la coesione nelle cose vere.
Tra l'altro, da alcuni giorni, io sono in una crisi di coscienza enorme, non lo so, non riesco ad andare d'accordo con voi, non perché siete cattive persone, ma perché vorreste voi costringere me a convergere su di voi su queste cose e poi non cercate voi di trovare la convergenza con noi sull'attacco al territorio che state portando avanti, con questa cosa ignobile della propaganda, delle riunioni tra di voi. Ma è materia che dovete parteggiare tra di voi? Ma stiamo scherzando? Nelle segrete stanze! Ma non vi vergognate? Anche quella non è una riforma? Quali sono le riforme di cui potete parlare con noi e quelle di cui non volete parlare? Noi siamo questi, queste persone siamo noi, allora andate, correte, portate i comunicati stampa, fatevi belli! Non molto tempo fa, qualcuno è "passato" in quest'Aula, portando avanti proposte di legge per la riduzione delle indennità, per questo, per quest'altro, qualcuno di questi non è stato rieletto. Per ricordarvi che questo populismo d'accatto non porta risultato, la gente ha bisogno di vedere una classe dirigente con la schiena dritta, con la capacità di affrontare, nella solidarietà tra di noi, eletti per vie diverse, le soluzioni migliori nei momenti di difficoltà, perché quella è l'autonomia, la capacità di non seguire come pecore l'andamento degli altri, saper distinguere, saper leggere la nostra realtà.
Ecco perché non capisco questa accelerazione, che non è un rinnegare la validità di quella norma, perché quella norma ci porterà un sacco di guai. Ci porterà un sacco di guai così com'è. Attenzione, se vogliamo fare i belli, portando a 50 i consiglieri regionali, che poi ripeto sono 50 ma possono essere anche 60 allo stato attuale, bisogna poterlo dire, ci mancherà poco che magari passa qualche emendamento che ci riporterà ai tempi del parlamentarismo, allora ascolterete la gente, come vi farà gli applausi e vi dirà che siamo tutti una massa di persone indegne, probabilmente li sentiremo qui ancora più forti con i fischietti e con i forconi a mandarci via.
Ecco perché non è senso di rinuncia, è senso di responsabilità affrontare con coesione, con decenza e con senso costruttivo le riforme che non bastano una per una, ma si reggono assieme perché ci sono tasselli diversi che le fanno funzionare in armonia e con significato. Correte pure, adesso io ho finito, potete andare a consegnare i comunicati stampa.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Campus. Ne ha facoltà.
CAMPUS (P.d.L.). Presidente, pur riconoscendo, per la verità, in tutti gli interventi che mi hanno preceduto, dei passaggi sicuramente giusti e giustificati, farò un intervento in controtendenza. A questo punto, credo di essere il primo che difenderà questo tentativo di riforma. Riforma che certamente, sono d'accordo anch'io, ci mancherebbe altro, a parte che l'ho vissuta in prima Commissione, è certamente totalmente insufficiente, è incompiuta e incompleta, però tutti voi, nel criticare questo passaggio, avete detto comunque che è necessaria. Quindi anche io la ritengo insufficiente, incompiuta e incompleta ma necessaria.
Se tutti concordiamo sul fatto, più o meno, poi magari ci sarà anche qualche diversità di opinione, che non sarà forse estrinsecata al microfono, perché non la si vuol far conoscere in giro alla gente, però diciamo che quelli che affronteranno il microfono difficilmente diranno che il numero dei consiglieri, che rappresentano il popolo sardo, non è indubbiamente sproporzionato rispetto al mondo che ci circonda. E non lo diranno per populismo, qualcuno forse ha cavalcato e ha tentato di cavalcare un'ondata populistica su questo, però io credo che, in questo caso, non si tratti di populismo, ma semplicemente di valutazione e, nelle valutazioni, è indubbio che il nostro numero sia sproporzionato rispetto alle realtà che ci circondano, poi lo affronteremo. Allora, io sono favorevole alla riduzione, non per un senso di omologazione agli altri che sono di meno, ma per un senso di autocritica perché ritengo che siamo troppi. Sono due meccanismi mentali diversi che cercherò comunque di difendere.
Un discorso indubbiamente importante è, come ho detto prima, il fatto che si tratta di un passaggio insufficiente, c'è bisogno di altri passaggi, di altre riforme, in primis, in assoluto, la legge elettorale. Sono assolutamente d'accordo, tant'è che, per mettermi in pace con la mia coscienza, ho anche presentato una proposta di riforma elettorale che possa adattarsi a qualsiasi numero, ma che soprattutto possa modificare il tipo di governo all'interno della nostra struttura normativa. Una legge elettorale che garantisca la rappresentatività in termini politici, cioè di tutte le forze politiche presenti tra la gente, perché questo che noi dobbiamo fare, non è populismo, è il nostro mandato, cioè rappresentare le persone che ci mandano a esprimere il loro parere, le loro volontà, i loro bisogni, le loro richieste, a rappresentarle qua in questo Parlamento, posto che tutti, 1 milione e 600 mila, non ci stiamo. Quindi una legge elettorale che garantisca una rappresentanza adeguata in termini politici come anche in termini territoriali; una spiegazione del perché, ad esempio, il numero 50, cercherò di darla.
Certamente, con la riduzione del numero, ci sarà una riduzione di rappresentanza, questo è indubbio, mi auguro in termini numerici e non in termini qualitativi, ma non un annullamento della rappresentanza o della rappresentatività sia di tutti territori sia di tutte le componenti politiche che hanno o che avranno, alle prossime elezioni, quel diritto di essere presenti in quanto rappresentano un numero sufficiente di sardi tale da dover essere rappresentato; altrimenti, se inseguiamo, se non avremo una maniera di decidere e di trovare quello che si chiama - può anche non piacere il termine - sbarramento, noi non solo non dovremmo essere ottanta, ma dovremmo essere molti di più per rappresentare tutte le forze politiche che, di fatto, agiscono nella nostra Isola. Ma sappiamo che questo non è possibile, non è coerente con la possibilità di fare di questo Consiglio un vero organo legislativo e non una riunione assembleare, come si usava negli anni '70.
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE COSSA
(Segue CAMPUS.) Allora, siamo tutti d'accordo che si deve fare una revisione del nostro numero, poi arriveremo alla quantificazione di questo numero, siamo tutti d'accordo che si deve fare una legge elettorale. Ribadisco che io ho presentato un progetto compiuto che può essere approvato con quel percorso che prevede il nostro Statuto. Invece, per la riduzione del numero, dobbiamo seguire un percorso che ci deriva dallo stare all'interno di una Costituzione, che ci dice quali sono i passaggi parlamentari per modificare le leggi costituzionali della Repubblica italiana. Quindi, come possiamo dire che dobbiamo fare le cose insieme, se non iniziamo lo step più lungo, il passaggio più lungo, non lo iniziamo? Non arriveremo mai a vederlo concluso. Allora ci vogliamo accontentare di una legge elettorale? Per la verità, una legge statutaria fu approvata anche nella passata consiliatura o legislatura regionale, ma quella legge statutaria non affrontava il problema della legge elettorale.
Bene, sull'onda di questa spinta, di questo primum movens, di una vera capacità e stagione di riforme, è possibile che, dovendo adeguare la legge elettorale alla riduzione del numero, magari troviamo in quest'Aula e in questo Consiglio la capacità di approvare una legge elettorale che sia più adeguata "al mondo che viviamo", agli eventi che si sono susseguiti in questi anni, alle esperienze che abbiamo fatto con l'attuale sistema elettorale; esperienze che, per la verità, né da una parte né dall'altra, sono state soddisfacenti. Forse va rivisto il sistema elettorale, anzi, senza forse, io l'ho presentato, l'ho messo nero su bianco. Però sono anche conscio che, se non faremo qualcosa, o se facciamo solo la legge elettorale, non avremo risolto il problema.
Non si deve, l'ho detto all'inizio, ridurre il numero dei consiglieri perché la gente lo vuole; la gente vuole vedere scorrere sangue! Io sono davvero convinto che si debba ridurre il numero dei consiglieri per rendere il lavoro più snello, purché venga garantita, come ho detto prima, la rappresentatività di tutti i territori, perché questo Consiglio possa essere più svelto, più capace, più efficace. Per ridurre il costo della politica, non abbiamo bisogno di riforme costituzionali, non abbiamo bisogno di letture di Parlamenti, né di Camera né di Senato, ci potremmo tagliare del 50 per cento le indennità, serenamente, tutte le indennità, coperte e scoperte, ma non otterremmo lo stesso risultato; sarebbe solo rispondere semplicemente all'ondata di sdegno, giustificata e giusta, sui guadagni dei politici, che non sono però il costo della politica, diciamo sono il guadagno dei politici, che possono essere rivisti, ma questo non significa che, nel costo della politica, non entri il numero.
Con che credibilità noi possiamo affrontare una stagione di riforme che riguarda gli enti locali, se prima non siamo capaci di riformare noi stessi, anche in termini di numero, non solo di emolumenti? Dobbiamo farlo, dobbiamo dimostrarlo, dobbiamo riuscire a liberarci del concetto, come è stato detto: "Sto legiferando per la Sardegna, però sotto sotto sto pensando a me stesso". Mentre ascoltavo, in questi giorni, la discussione su questo argomento, in queste settimane, mi addiveniva sempre in testa un film di Blasetti, che probabilmente quelli che hanno una certa età come me hanno visto, "Io, io, io e gli altri", dove, tra i tanti, c'era un bellissimo episodio in cui uno dei protagonisti, mi pare fosse De Sica o Manfredi, non me lo ricordo, partecipava al funerale di un amico e piangeva a dirotto, si strappava i capelli, urlava quando chiudevano la bara, ma lui, e si vedeva nel film, non vedeva l'amico nella bara, vedeva se stesso. Noi dobbiamo non vedere noi stessi quando parliamo del Parlamento dei sardi, dobbiamo vedere un numero X di consiglieri che devono rappresentare i sardi, non la nostra sistemazione, anche da un punto di vista economico futuro, posto che questa è garantita e assicurata almeno sino alla fine della legislatura.
Allora, se riusciamo davvero a spogliarci del concetto che i tacchini non vogliono festeggiare il Ringraziamento, io credo che, se siamo d'accordo (chi non è d'accordo realmente e compiutamente lo può dimostrare) che si debba ridurre il nostro numero, possiamo affrontare il percorso, che è più lungo degli altri percorsi; la legge elettorale spetta solo a noi, spetta solo alla nostra capacità di saperla fare e di volerla fare; mentre questo non spetta a noi, non basta la nostra volontà, non servono né campagne pubblicitarie né conferenze stampa per ottenere questo risultato, ci vuole un percorso serio su una legge approvata che venga inviata in Parlamento, nella speranza che il Parlamento magari regga sino a che riesce a fare la doppia lettura a distanza di sei mesi. Non lo dico in termini politici, la speranza è che si riesca a completare l'iter di questa legge, se noi la approveremo. La mia assoluta convinzione è che, comunque, questo step vada iniziato.
Voglio rapidamente, nell'ambito del tempo che mi è concesso, dire perché in Commissione si è arrivati al numero di 50. Si è arrivati in un accordo, che non è stato un blitz, se ne è parlato, se ne è parlato tra consiglieri. Io, che avevo elaborato il problema, ho valutato matematicamente, quindi non è una valutazione opinabile, che, con cinquanta consiglieri, noi garantiamo una rappresentatività adeguata a tutte le circoscrizioni elettorali; badate bene non uso il termine "province", uso "circoscrizioni elettorali", perché mi auguro che una delle prossime riforme sia anche quella di mantenere le circoscrizioni elettorali così come sono, perché sono effettivamente rappresentative di tutta l'isola, ma magari mi piacerebbe veder ridurre le province.
Ebbene, con "50", avendo un quoziente per abitante per poter dare un seggio di consigliere alla circoscrizione che è di 33 mila abitanti, noi garantiamo la rappresentatività a tutte le attuali circoscrizioni. L'Ogliastra, che è la più piccola, con due consiglieri, per arrivare a Cagliari, che è la più grande, con diciassette consiglieri. E' esattamente la stessa identica proporzione.
Certo, su questo calcolo, non lo nascondo, è assolutamente necessario far saltare il listino, perché è chiaramente un'anomalia, è un'anomalia sia per come si entra qua dentro, senza consenso personale, sia per come viene composto. Non sto qui a ricordarvi che l'ultimo listino vedeva la parte preponderante di rappresentanza nel sud dell'isola, e qui mi fermo!
Quindi, maggiore stimolo ancora nell'approvazione della riduzione del numero, nel fare una legge elettorale che faccia scomparire questa anomalia, questa aberrazione della politica, che è quella di avere anche i nominati, sia in Parlamento sia in Consiglio regionale. Il numero di 50 è un numero che ci dà la possibilità di garantire rappresentanza. Qualcuno si è divertito a fare i raffronti, non sto qui a ricordarvi (però lo faccio rapidamente) che, ad esempio, la Calabria, con 2 milioni di abitanti, ha 50 rappresentanti; la Liguria, con 1 milione e 600 mila abitanti come noi, ne ha 40; le Marche, con 1 milione e 500 di abitanti, ne hanno 40; l'Abruzzo ne ha 42; il Friuli, Regione a Statuto speciale, ne ha 60, più o meno con lo stesso numero di abitanti.
Come la Baviera, perché vogliamo guardare all'estero e non perché ci vogliamo omologare a quello che dice uno Stato che ci vuole imporre la riduzione, ma perché riteniamo che sia giusto. A me non interessa quello che decide Brunetta, io legifero su quello che sento, e mi sembra strano che noi abbiamo lo stesso numero di rappresentanti della Camera dei rappresentanti della California, 80, in California ci sono 38 milioni e mezzo di abitanti; mi sembra strano che in Baviera, ci siano ben 180 membri nel suo Parlamento, quindi sono tanti, se noi dovessimo fare il raffronto abitanti-rappresentanti, noi dovremmo averne 24, sto parlando della Baviera, sto parlando della Germania, però 24 sarebbero pochini, sono d'accordo, per cui, volendo andare in una normalità numerica, non in un'omologazione, non inseguendo la folla inferocita, ma ragionando, credo che si possa sostenere ragionevolmente il numero di 50.
Al di là di questi ragionamenti, davvero io non ho difficoltà a sostenere questa proposta di legge nazionale perché inizi il suo iter, mentre noi potremmo portare avanti la nostra riforma, ribadisco "riforma", della legge elettorale, riforma degli enti locali, come ci compete, da Parlamento o da Consiglio, chiamiamolo come vogliamo, assolutamente maturo, soprattutto, in maniera tale da poter essere sereni nel confrontarci con la gente fuori, che non vuole vedere sangue, ma fa gli stessi identici ragionamenti che vi ho fatto adesso, perché è troppo facile dimostrare che siamo troppi (basta confrontarci con tutto quello che ci circonda) e che costiamo troppo.
Allora, posto che noi non siamo stati colpiti da scienza infusa solo perché la gente ci ha eletto, ribadisco - e con questo chiudo - che ci ha mandato qui per rappresentarla! Forse sarò l'unico, non credo, ma quelli che mi hanno mandato qui a rappresentarli, mi hanno detto: "Battiti, perché il vostro numero è eccessivo e vogliamo non essere, noi sardi, la maglia nera in Italia quanto a spese della politica, quanto a proporzione di rappresentanti", quella maglia nera non è dei sardi, l'ho già detto in Commissione, quella maglia nera è la nostra, che non sappiamo ascoltare quello che i sardi realmente vogliono, lo volevano anche prima, l'avete ricordato, non si è fatto, sempre perché il "tacchino" non festeggia il Ringraziamento; proviamo, per una volta, a non fare i tacchini o i capponi, e tiriamo fuori quello che ai capponi manca.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Agus. Ne ha facoltà.
AGUS (P.D.). Presidente, onorevoli Assessori, onorevoli colleghi e colleghe, questo che stiamo discutendo è un tema sicuramente attuale, un tema per certi versi anche scottante, questo nostro lavoro avviene in un momento difficile, l'opinione pubblica ci richiama a un'attenzione più saggia del nostro ruolo, compreso il costo del ruolo delle istituzioni e quindi dei politici. Su quest'onda, anche la Commissione ha cercato di dare una risposta, e bene ha fatto; c'era la necessità di dare un segnale perché mi pare evidente, almeno dagli interventi fatti, che ci sia questa volontà di ridurre il numero dei consiglieri, però nel rispetto della democrazia, perché non è possibile pensare che la diminuzione dei consiglieri equivalga a un risparmio economico; però, per raggiungere questo obiettivo, noi sacrifichiamo sull'altare la democrazia, perché di questo abbiamo bisogno, di questo ha bisogno il popolo, la comunità, che spesso ci richiama ai nostri doveri.
Mentre ascoltavo gli interventi mi veniva da pensare, lo dicevo ad alcuni colleghi, che questo Consiglio è un po' come Ponzio Pilato che, di fronte al popolo, che aizzava, sottopose al giudizio Cristo o Barabba: il popolo scelse Barabba e quindi Ponzio Pilato condannò Cristo. Insomma, non vorrei che ci trovassimo in questa brutta situazione, proprio perché non riusciamo a prendere atto e consapevolezza che questo passaggio è importante e deve essere fatto, ma va fatto all'interno di un contesto più generale, di cui i miei colleghi precedentemente hanno parlato. Forse è giusto ribadire che, se prendessimo questo momento come giusto segno di risposta all'opinione pubblica (e mi sembra che su questo, ribadisco, ci sia intesa e volontà per farlo), potremmo coglierlo per aprire davvero una sessione riformatrice, come qualche mio collega ha detto.
Allora entriamo nel merito della legge elettorale e, partendo da questo spunto importante, avviamo, in quest'Aula, una sessione riformatrice. Ragioniamo sulla legge elettorale, ragioniamo sulla Statutaria; la Statutaria che c'è stata, probabilmente, non ha visto il consenso unanime, ma è una traccia, è un elemento che potrebbe essere, a mio avviso, riportato così com'è e discusso in Aula con una sessione continuativa.
E così, ripeto, la legge elettorale; con la legge elettorale, ci sono le forme di governo, anche in questo caso mi sembra che le opinioni siano diverse e che quindi ci sia il bisogno, la necessità, di confrontarsi. Sicuramente l'elezione diretta del Presidente è stata una conquista importante e la gestione di queste due esperienze legislative probabilmente ha portato a mettere in discussione, oppure a rivalutare, questa procedura importante che, a mio avviso, impegna il popolo nell'elezione diretta, responsabilizzando il Presidente. Si parla anche di elementi di equilibrio in questa forma; così come ci dovrebbe essere, a mio avviso, la possibilità che il Presidente si presenti al cospetto dell'Aula presentando il suo programma già con la relativa copertura finanziaria.
Questo eviterebbe al Consiglio, ogni volta che ci sono atti di bilancio, le cosiddette partite (che noi in questo periodo pregresso abbiamo affrontato), i cosiddetti collegati alla finanziaria; si eviterebbero sicuramente, se ci fosse l'approvazione di un programma con tutta la sua copertura finanziaria, si supererebbero così le difficoltà o, perlomeno, si supererebbero i tentativi, che spesso hanno attuazione, cioè le cosiddette "marchette". Sarebbe un Consiglio più serio, un Consiglio che forse potrebbe richiamare il Presidente e la sua Giunta a verifiche politiche e sullo stato dell'attuazione delle leggi. Noi invece abbiamo dovuto ricorrere a una Commissione speciale per capire come mai questo Consiglio vara delle leggi, e poi non si sa se esse vengono applicate.
Probabilmente c'è la necessità anche di un Consiglio che diventi più snello, un Consiglio che si occupi solo della pianificazione, della programmazione e della legislazione, curando tutta quella parte attuativa, costituendo o dotandosi, questo Consiglio, di un organismo amministrativo contabile, che sia in grado di illustrare i processi legislativi, sin dove arrivano, se vengono messi in atto e quanto ci costano, evitandoci forse anche una nuova produzione legislativa; spesso produciamo leggi al buio, perché non sappiamo esattamente che percorso ha avuto la legge precedente, se un percorso virtuoso o invece difficoltoso, e quali sono le ragioni per le quali quel percorso legislativo non è andato a compimento anzi ha prodotto effetti negativi.
Ci sono argomenti interessanti da affrontare se davvero vogliamo ribadire ancora una volta che questa Assemblea è un'Assemblea di una Regione autonoma, di una Regione che si candida a mantenere la sua identità, la sua autonomia, una Regione, nel cospetto del disegno nazionale, che ha la volontà di autodeterminarsi al punto tale da arrivare quasi a lambire l'indipendenza, paura che ci assale per certi versi ma tentativi spesso anche di avvicinamento a questi estremi di Regione Sardegna.
Allora io mi chiedo se non sia opportuno che questo momento possa essere il momento di avvio di una sessione davvero riformista. Credo che la popolazione capirebbe che non stiamo tornando indietro sull'impegno preso perché quell'impegno è un impegno assunto, è un impegno che la Commissione ha votato all'unanimità, il Consiglio si è espresso e si sta esprimendo comunque per una riduzione. Entriamo nel merito delle procedure appunto perché è stato detto che bisogna fare attenzione, perché, se si affronta questo tema in maniera superficiale, non è vero che si elimina il listino, ma si rischia di tenerlo; oggi si fa una battaglia e si raccolgono le firme per annullare la legge nazionale in vigore che stabilisce chi sono i rappresentanti governativi prima dell'elezione, cioè i cosiddetti "nominati". Mi sembra che ci siano elementi di riflessione ulteriore ma mi piacerebbe andare anche oltre, affrontare il tema, qualcuno qui vi ha accennato, perchè rischiamo, se non decidiamo noi quale organizzazione darci all'interno di questa Regione, di subirla.
Lo Stato nella sua grande volontà di essere sempre più populista, forse per mascherare anche le difficili decisioni della manovra finanziaria, dà in pasto alla popolazione la riduzione dei consiglieri, l'eliminazione delle province, l'eliminazione dei parlamentari, che peraltro poi non affronta, tutti atti che sono puramente populisti per cercare di addolcire la pillola della manovra finanziaria, importante, necessaria, però il Governo avrebbe potuto fare a meno di inserirli in questa discussione e quindi dare la possibilità perché quella manovra potesse essere una manovra più adeguata alle rispondenze e ai bisogni della nostra nazione anche nel cospetto europeo.
Allora il problema qual è? Ci sono elementi significativi, anche questi, su cui credo valga la pena di ragionare in una sessione riformista importante, che tutti abbiamo declarato e per la quale abbiamo anche dato disponibilità ad affrontarla, lo diceva precedentemente Gian Valerio Sanna. La nostra disponibilità è totale perché crediamo che le riforme istituzionali non siano riforme per una parte politica ma siano riforme importanti per la Regione Sardegna e per la Nazione sarda, dicevo, posso ancora mantenerla, non offendo nessuno, non mi dispiace essere anche quasi estremista, a volte l'aprire nuove piste comporta osare sino ad arrivare a punti estremi. L'importante è mantenere la consapevolezza che vogliamo, per la nostra Regione, il massimo dell'autonomia e il massimo dell'efficienza.
Allora, dicevo che, anche questa parte della sessione riformatrice potrebbe calarsi nel ragionare sul federalismo interno, quel federalismo di cui tanto parliamo e che tanto rivendichiamo anche nei confronti dello Stato nazionale, noi in Sardegna potremmo attuarlo; allora, perché no, visto e considerato che comunque lo Stato e il Governo intenderà spazzar via le province, comprese anche quelle nelle regioni autonome a quanto pare. Perché no? Facciamo un federalismo pieno, coinvolgiamo e impegniamo i comuni nel trasferimento dei servizi al cittadino e quindi trasferiamo parte delle competenze regionali nei comuni perchè i comuni diventino lo sportello dei cittadini per ogni problema di loro interesse, vuotando la Regione, costituendo anche in Regione quegli ambiti territoriali, perché senza province resterebbe un vuoto tra comuni e Regione. La Regione potrebbe demandare, con un atto davvero federale, a distretti regionali all'interno dei quali completare lo svolgimento delle azioni amministrative della Regione, in definitiva la Regione si vuoterebbe completamente e gli ambiti sarebbero governati e controllati dagli enti locali, quindi dai comuni.
Ci sono articolazioni che consentono questa esperienza, così come, anche in Sardegna, si potrebbe parlare,, come previsto dal Titolo V, delle città metropolitane. Le città metropolitane sono centri di grande importanza, sono i motori trainanti dell'economia di una regione; nelle città metropolitane ci sono le infrastrutture principali per lo sviluppo economico (aeroporti, porti), cioè quelle infrastrutture di rilevanza regionale che determinano il volano dell'economia dell'intera regione. Allora, perché non pensare a due ambiti metropolitani, uno nel Sud e uno nel Nord, Sassari e Cagliari, e costituire, nel resto della regione, distretti amministrativi per l'attuazione delle leggi regionali e per la soluzione di tutte le problematicità sovra comunali; sicuramente andrebbero mantenute e incentivate anche quelle unioni dei comuni che attuano le buone pratiche per i servizi condivisi.
C'è una problematica aperta che meriterebbe davvero una sessione straordinaria partendo proprio dal punto odierno, evitando che il punto odierno si chiuda con un'approvazione nuda e cruda che può dare al momento una risposta all'opinione pubblica con la diminuzione del numero dei parlamentari, ma poi bisogna vedere quanto tempo ci vorrà, visto e considerato che ci sarà la doppia lettura in Parlamento, perchè questa azione sia messa in campo. Io credo che questo momento possa e debba essere colto da questa Assemblea per avviare davvero una sessione riformatrice importante.
Parallelamente, come già la Commissione ha fatto, io chiederò in questi giorni, tramite gli uffici, di preparare una serie di audizioni delle parti sociali, dell'università, delle forze produttrici, cioè convocare tutta la società sarda in audizione in Commissione per capire che cosa può e deve essere accolto in questo nuovo statuto; si è parlato anche dell'Assemblea costituente, quindi valutare la possibilità di questo organismo, che lavori in stretta simbiosi con il Consiglio, magari inizialmente con la Commissione, sino alla conclusione di un iter importante, che in questa sede può essere legiferato insieme con l'Assemblea costituente in un unico momento senza dover demandare all'Assemblea costituente, come peraltro è stato detto, e quindi togliere al Consiglio il suo ruolo principale che è quello appunto di legiferare sulle necessità dell'isola di Sardegna.
Quindi ribadisco questo importante momento, spero che il Consiglio non chiuda questo punto all'ordine del giorno, ripeto, con una mera approvazione di quanto proposto, ma utilizzi questo momento, invece, per allargare il ragionamento e per avviare una sessione riformatrice che (condivido quanto detto da chi mi ha preceduto) può essere conclusa, mettendosi al lavoro tutti quanti in Commissione, coinvolgendo le parti sociali e le forze politiche rappresentative in Sardegna, in tempi anche rapidissimi ma con un disegno compiuto e non con una mera azione che può, ripeto, dare ragione, come si è detto alla piazza, ma che di fatto rischia di delegittimare quest'Assemblea chiamata appunto a legiferare per il bene della Sardegna pur tenendo conto del momento difficile che stiamo attraversando e dei bisogni che giustamente la popolazione ha, la quale ci richiama ad assumerci la responsabilità (com'è stato detto) di essere organismo importante per l'isola perché massimo organismo istituzionale. Io credo che dovremmo avviare immediatamente una sezione di riforma che affronti almeno questi temi sottolineati da tutti coloro che sono intervenuti prima di me e che altri colleghi continueranno a sottolineare anche nei prossimi interventi.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Maninchedda. Ne ha facoltà.
MANINCHEDDA (P.S.d'Az.). Colleghi, guardiamoci oggi, così come siamo in Aula, chiediamoci se gli scozzesi (qualora la regina della Gran Bretagna avesse loro imposto il numero dei consiglieri del loro Parlamento) o i baschi (qualora il re di Spagna avesse loro imposto il numero del loro Parlamento) o i catalani (qualora il re di Spagna avesse loro imposto il numero dei loro parlamentari), avrebbero avuto un atteggiamento scanzonato, distratto, assolutamente rituale qual è quello che si sta tenendo in quest'Aula.
Non me ne voglia il relatore, ma io considero questa legge un gravissimo errore politico e, così com'è, non la voterò. Lo dico con chiarezza perché, quando parliamo, alla fine non sempre si capisce come voteremo; allora ripeto che, così com'è, io non voterò questa legge - mi giro verso il relatore ma ovviamente non lo sto dicendo alla persona - perché la considero un errore politico nel metodo e nel merito. Mi pare una testimonianza di minorità culturale; è inutile che noi neghiamo che la legge nasce dalla minaccia dello Stato italiano di determinare con le sue procedure (che attualmente gli consentono di determinarlo) il nostro numero di consiglieri regionali. Dinanzi a questa minaccia, il Consiglio regionale della Sardegna, non percorso da un senso di appartenenza alla storia e direi forse di più alle ambizioni di questa terra, ha una reazione timida, prepara un testo di legge in Commissione. Altri avrebbero fatto ben altro! Altri avrebbero fatto ben altro! Questo è il primo segno di minorità.
Il secondo segno di minorità è questo: "Al di là degli schieramenti, chiediamoci perchè lo Stato italiano ha inserito quel genere di riforme istituzionali nella manovra che sta predisponendo". E' necessario alla gravità della crisi che stiamo attraversando? No! No, perché le riforme strutturali, che non sono state fatte e che rendono già insufficiente questa manovra, erano di ben altra natura, erano di natura finanziaria, di natura sociale, di natura amministrativa. Non sono state fatte e si è detto: "Semplifichiamo i sistemi della rappresentanza perché questo è un modo per mettere a posto le finanze pubbliche".
In realtà, possiamo dirlo costruendo una manipolazione dell'elettorato perché ciò che c'è nella società italiana è l'ostilità non alla rappresentanza ma al numero dei rappresentanti, onorevole Campus. E' un'ostilità all'indifferenza del privilegio di chi fa politica rispetto all'andamento generale dei redditi e del lavoro. In sostanza il Governo italiano, sollecitato a ridurre la ricchezza dei rappresentanti, ha spostato l'obiettivo sul numero e noi, di buon grado, facciamo la stessa cosa.
Guardate, in Sardegna, ciò che è inviso non è il numero dei consiglieri, è l'indifferenza della retribuzione dei consiglieri rispetto all'andamento dell'economia. La società sarda ci pone un problema: "Per essere credibili nel chiedere un percorso di salvaguardia della società, accettate la difficoltà della società e date un segnale di concreta coesione"; noi, anziché parlare della nostra ricchezza, parliamo del nostro numero, secondo una buona scuola italiana. E' un esercizio di minorità!
Guardate, avrebbe molto più effetto nella Sardegna attuale se noi oggi sospendessimo la discussione generale e uscissimo fra due giorni con una riduzione degli emolumenti del 38 o 40 per cento. Avrebbe un effetto significativo se destinassimo queste risorse a ciò che è vera emergenza in Sardegna. Ma così no, perché anche gli organi di stampa, come dire, inseguono ciò che si offre loro. Allora il grande numero significa riduciamo il numero, riduciamo i privilegiati, cioè rendiamo ancora più privilegiata una ristretta aristocrazia, ma non tocchiamo ciò che invece oggi è sotto gli occhi di tutti, cioè la ricchezza, per chi se la gode; per chi la distribuisce, è un altro paio di maniche.
E' significativo, lo dico alla prima Commissione, che noi non abbiamo discusso di chi ha architettato la grande aggressione al sistema della rappresentatività in Italia, che si chiama Corriere della Sera, il quale ha spostato il dibattito intelligente nelle ultime pagine, dove Valerio Onida e Sergio Romano hanno detto la verità. Onida ha detto: "Badate che la rappresentanza non incide sullo sbilancio dello Stato, come state dicendo, per cui, se lo state dicendo, lo state dicendo per un altro motivo, perché siete presidenzialisti!".
Sartori ha detto esattamente la stessa cosa: "Vi serve ridimensionare le assemblee parlamentari perché siete ostili al potere della mediazione e invece volete rafforzare il potere della decisione". Poi arriverà il Presidente della Repubblica italiana, eletto a furor di popolo, e questa volta sarà coerente col sistema Corriere della Sera, Banca Intesa e compagnia, e si chiamerà Monti, Profumo, Montezemolo, quello che vogliamo. Allora tutto il coro che ha costruito dirà: "Ecco, questa è una soluzione". Questo disegno è stato annunciato qui a Cagliari da due parlamentari, Quagliariello e Violante, che hanno detto al T-Hotel di Cagliari che i Parlamenti ormai hanno esaurito la loro funzione perché le leggi sono fatte dai governi mentre i parlamenti devono fare semplicemente sindacato e controllo, quindi possono essere ridotti a poche persone. Questo è quello che c'è dietro! E' un episodio di "minorità" perché noi non abbiamo discusso dell'input di questo percorso.
Bene, noi siamo contrari, perché dietro c'è un vecchio disegno: riducendo la rappresentanza, si semplifica la decisione e si rende più efficiente lo Stato. Questo stiamo ripetendo da tempo! Non funziona invece, non funziona! Non funziona perché, semplificare la decisione, ridurre la rappresentanza, ha portato alla moltiplicazione della conflittualità sociale, questa è la verità! Oggi c'è un darwinismo sociale che è derivato dalla cultura scientifica insegnata nelle scuole, per cui, siccome la specie che sopravvive è la più forte, la debolezza è malattia, e sta diventando malattia sociale.
PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE LOMBARDO
(Segue MANINCHEDDA.) Questa è la cultura a cui noi non stiamo ponendo nessun contrappeso. Quindi sono contrario nel metodo, perché è un episodio di minorità.
Il Consiglio regionale, dinanzi all'annuncio del Governo, avrebbe dovuto riunirsi e fare un esercizio di sovranità, come dovrebbe farlo sul patto di stabilità! Non possiamo essere tenuti alla canna del gas da un Governo che, ad agosto, su un certo numero di miliardi di residui, ha fatto accertamenti di entrata per 180 milioni! Il Consiglio regionale dovrebbe riunirsi e decidere di violare il patto di stabilità! Queste sono le cose che fa un Parlamento! Ecco perché - secondo me - abbiamo una condizione di minorità.
Sono contrario anche nel merito, perché, onorevole Campus, non per obiettare, perché a me non piace, io non sono un giocatore di rimessa, cerco di costruire il mio gioco, ma la legge, così come la state proponendo, è una legge che riduce la rappresentanza (e ne parlerò), presidenzialista e con premio di maggioranza, per cui ciò che lei ha detto prima rispetto a un determinato territorio è vero in valore assoluto, ma non è vero nella certezza che tutte le forze politiche di quel territorio riescano ad arrivare in Consiglio regionale.
Non è vero, perché il premio di maggioranza agisce e noi stiamo facendo una legge che dice: "Presidenzialismo con premio di maggioranza, con assemblea ridotta e con una naturale tendenza" - signori, ditelo chiaro! - "al trasformarsi della Sardegna in un sistema bipartitico", è naturale perché metterete lo sbarramento. Può darsi che a voi piaccia, noi possiamo dire che non siamo d'accordo, perché la rappresentatività non è un rapporto tra numero di abitante e numero di seggi, la rappresentatività è un fatto di storia. Chiedetevi perché la Chiesa ha sempre creato molte diocesi nei territori poco popolati, se non per creare un meccanismo di rappresentanza di quei territori; e chiedetevi perché, nell'ottocento, hanno iniziato a istituire due prefetture, poi tre, poi quattro, poi cinque. Perché? Perché la rappresentanza veicola civiltà e le modalità della rappresentanza non sono legate solo a fatti quantitativi; lei ha citato degli esempi, certo, posso citarne uno io? Malta: 316 chilometri quadrati, 410 mila abitanti, 65 deputati, 5 europarlamentari, e non è uno spreco, non è uno spreco! Vogliamo dirne un'altra che è molto più simile a noi? L'Estonia, che è grande il doppio della Sardegna, ha la nostra stessa popolazione e un Parlamento di 101 deputati, e si capisce perché, perché quel territorio e quella popolazione, per tante ragioni, è distribuita in un determinato modo. Non possiamo usare solo il peso demografico per confrontarci.
Inoltre, abituiamoci a non cadere nel tranello della globalizzazione! A Hong Kong si producono i palloni a 5 centesimi. Certo, ma il costo del lavoro è 1 dollaro, qui è 800; qui, dietro 800, ci sono i diritti, mentre lì, dietro 1 dollaro, c'è un disastro! Non a Hong Kong ovviamente! Non tutto è paragonabile in termini quantitativi, la rappresentatività è un fatto storico, se ne vogliamo parlare.
Allora il problema diventa un altro. E' vero che ridurre il rapporto tra rappresentanti e rappresentati garantisce una maggiore efficienza? Prendiamo l'esempio del Senato italiano, nel quale i rappresentanti sono di meno, eppure è la camera più in crisi, perché tutti ne hanno parlato come di una camera che deve essere trasformata, deve diventare il Senato delle Regioni. Come mai? Come mai una rappresentanza ridotta non ha prodotto l'effetto sostenuto da alcuni nostri colleghi?
E perché non ricordare che cosa ha determinato, nella selezione della classe dirigente sarda, la rappresentanza ridotta su territori estesi, nel secolo passato? Perché non lo ricordiamo? Un notabilato! Quanto più si restringe, tanto più si creano minori condizioni di dialettica in quei territori. Molti di voi non sarebbero consiglieri regionali, badate, perché erano cariche che passavano di famiglia in famiglia! Ragionate! La Sardegna è ancora una realtà cantonale e, in larga misura, feudale! Ragionateci!
C'è ancora un altro elemento, un esempio per tutti, che sottopongo all'attenzione dell'onorevole Campus. Nella scelta politica, incide o non incide la sperequazione del rapporto tra la popolazione del territorio? Ne abbiamo avuto un esempio in questa legislatura. Noi abbiamo mancato gravemente un appuntamento: nel marzo 2009, il PAR, il Piano attuativo regionale, elaborato dalla precedente Giunta era all'attenzione del CIPE, c'erano dentro le opere del G8, il G8 era andato via e bisognava toglierle, era necessario un minimo di revisione, bastava dire: "Fuori il G8"; la Giunta lo richiama, nel frattempo si approva il PAR in tutte le altre Regioni d'Italia, fuorché altre tre o quattro, e lo si ripresenta con una sola novità. Lei pensa alla metropolitana di Sassari? Oppure vogliamo dire la Scuola forestale di Nuoro? Oppure vogliamo dire l'Università a Oristano? No, noi abbiamo mancato l'appuntamento (che ci è costato, lo dico, lo sto pubblicando, 1 miliardo e 400 milioni in meno) per il tunnel sotto via Roma, un'opera che non si farà mai! Questo è uno degli effetti della mancata contemperazione tra popolazione e territorio, un fraintendimento della rappresentatività solo come fatto quantitativo.
E potrei continuare, ma voglio concludere con un altro esempio. Chiedo ai colleghi: trasferiamoci reciprocamente un sentimento nazionale di Sardi. Pensate a come avrebbero reagito gli Scozzesi o i Baschi. Pensateci ogni qualvolta c'è una suggestione, tra l'altro molto equivoca, come quella che viene dalla penisola italiana, che dovrebbe rifare riforme strutturali e sociali e indica invece una cosa diversa, che sono i consigli comunali; abbiamo il problema dell'INPS, e ci fanno decidere sui consigli comunali, sull'unione dei comuni. Allora dicevo, ogniqualvolta succede questo, ricordiamoci di non farci prendere da questa esterofilia, che ci porta a sentirci minori rispetto a ciò che matura nella penisola italiana e che a noi è già costato tanto.
Vi ricordo un episodio. Quando abbiamo rinunciato, nel 1848, alle nostre istituzioni, per quanto vetuste, molti intellettuali erano in buona fede, bisognava unirsi a Torino perché era il progresso, perché la gente lo chiedeva e la classe dirigente diceva: "Dobbiamo andare verso il progresso". Sapete che cos'è successo in Sardegna? Che subito dopo hanno applicato il sistema di tassazione piemontese ed è iniziata una crisi paurosa da cui non siamo usciti per cinquant'anni! Quanto è il numero dei rappresentanti dei Sardi, lo decidono i Sardi in base alla storia della loro società! Dobbiamo ridurre questo numero perché 80 sono troppi? Ma non riduciamolo! Dobbiamo fare una cosa migliore, prima riduciamo la nostra ricchezza, poi ragionando con gli altri, con tutto il sistema Sardegna, ragioniamo su qual è il numero migliore, forse 60, ma ragioniamo anche sul presidenzialismo, se lo vogliamo ancora. Scusate, io non ho vergogna, non sono presidenzialista, non lo sono mai stato! Io ho fatto una lotta civile contro la Statutaria presentata dalla precedente Giunta perché non sono presidenzialista, e non ho vergogna di dirlo!
Penso che il parlamentarismo abbia avuto tutte le sue patologie e possa essere corretto, però vi voglio fare delle domande. "Presidenzialismo e premio di maggioranza": vogliamo ricordare (e volete essere sinceri, rispetto ai vostri imbarazzi, anche in questa legislatura) quanto vi costa dire la verità sullo squilibrio di potere che avete voi rispetto al Presidente della Giunta? Perché avete paura di un potere che può sciogliere il Parlamento! In che cosa consiste la sovranità popolare se è una delega in bianco per cinque anni? Oppure mi dite: "Ma noi lo vogliamo contemperare", ma perché allora promuoviamo la legge della rappresentanza prima ancora di aver disciplinato il maggiore dei poteri?
Certamente io sono per fare qualcosa, ma questo no! Questo è un pasticcio di minorità, senza cultura, senza riflessione, senza storia. Se vogliamo fermarci a ragionare e fare cose migliori, noi siamo disponibili, ma a inseguire le mode, senza tener conto di una Nazione, noi non siamo disponibili.
PRESIDENTE. I lavori si concludono a questo punto. Il Consiglio è riconvocato domani mercoledì 21 settembre, alle ore 12. Alle ore 10 è convocata la Commissione d'inchiesta sull'applicazione delle leggi regionali.
La seduta è tolta alle ore 20 e 02.