Seduta n.324 del 17/05/2012 

CCCXXIV SEDUTA

(ANTIMERIDIANA)

GIOVEDI' 17 MAGGIO 2012

Presidenza della Presidente LOMBARDO

indi

del Vicepresidente COSSA

indi

della Presidente LOMBARDO

La seduta è aperta alle ore 10 e 05.

DESSI', Segretario, dà lettura del processo verbale della seduta del 13 aprile 2012 (316), che è approvato.

Congedi

PRESIDENTE. Comunico che i consiglieri regionali Rosanna Floris, Marco Meloni, Pietro Pittalis, Antioco Porcu e Claudia Zuncheddu hanno chiesto congedo per la seduta antimeridiana del 17 maggio 2012.

Poiché non vi sono opposizioni, i congedi si intendono accordati.

Considerate le numerose assenze, compresa quella della Giunta, sospendo i lavori sino alle ore 10 e 15.

(La seduta, sospesa alle ore 10 e 06, viene ripresa alle ore 10 e 35.)

Discussione della mozione Diana Mario - Amadu - Campus - Peru - Pittalis - Sanjust - Lunesu - Stochino - Bardanzellu - Locci - Piras - Tocco - Sanna Paolo Terzo - Murgioni - Rodin - Lai - Pitea - Greco - Floris Rosanna - Randazzo - Petrini - Contu Mariano Ignazio - Gallus sulla realizzazione del quinto gruppo a carbone in sostituzione delle due unità ad olio combustibile nella centrale termoelettrica di Fiume Santo con richiesta di convocazione straordinaria del Consiglio ai sensi dei commi 2 e 3 dell'articolo 54 del Regolamento (181) abbinata all'interpellanza Diana Mario - Amadu - Campus - Peru sulla realizzazione del quinto gruppo a carbone in sostituzione delle due unità ad olio combustibile nella centrale termoelettrica di Fiume Santo (332)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione congiunta della mozione numero 181 e della interpellanza numero 332.

(Si riporta di seguito il testo della mozione e della interpellanza:

Mozione Diana Mario - Amadu - Campus - Peru - Pittalis - Sanjust - Lunesu - Stochino - Bardanzellu - Locci - Piras - Tocco - Sanna Paolo Terzo - Murgioni - Rodin - Lai - Pitea - Greco - Floris Rosanna - Randazzo - Petrini - Contu Mariano Ignazio - Gallus sulla realizzazione del quinto gruppo a carbone in sostituzione delle due unità ad olio combustibile nella centrale termoelettrica di Fiume Santo con richiesta di convocazione straordinaria del Consiglio ai sensi dei commi 2 e 3 dell'articolo 54 del Regolamento.

IL CONSIGLIO REGIONALE

PREMESSO che il Presidente del Consiglio dei ministri e altri membri del Governo in carica hanno effettuato un "pellegrinaggio" nei paesi asiatici al fine di convincere governi, fondi di investimento e imprese locali ad investire nel nostro Paese per realizzare opere in grado di consentire il rilancio dell'economia nazionale e la creazione di nuova occupazione;

CONSIDERATO che la multinazionale tedesca E.ON Spa, proprietaria della centrale termoelettrica di Fiume Santo, è in possesso da tempo delle autorizzazioni per la realizzazione nel sito di un nuovo gruppo di produzione alimentato a carbone;

VALUTATO che la realizzazione del nuovo gruppo, che prevede un investimento di circa 700 milioni di euro, può consentire l'impiego di mille lavoratori nei cinque anni necessari alla sua costruzione e, una volta entrato a pieno regime, di oltre 150 dipendenti diretti e 250 nell'indotto;

PRESO ATTO che il nuovo gruppo a carbone, situato accanto all'elettrodotto SAPEI che collega la Sardegna alla Penisola, è un'opera strategica per il sistema energetico nazionale e regionale, e necessaria per il miglior impiego dello stesso SAPEI, costato oltre 700 milioni di euro al nostro Paese;

RAMMENTATO che la realizzazione del nuovo gruppo a carbone consentirebbe di limitare i gravi danni ambientali causati dai gruppi ad olio combustibile tuttora attivi, sebbene obsoleti e altamente inquinanti, nella centrale di Fiume Santo;

SOTTOLINEATO che E.ON ha manifestato l'intenzione di non procedere alla realizzazione del nuovo gruppo a carbone, che gode del consenso della Regione e degli enti locali oltre che di ricchi incentivi pubblici, dirottando in altri paesi, come il Brasile, i propri investimenti alimentati anche dai profitti fatti in Sardegna;

ACCLARATO quanto le scelte di politica economica della Germania mettano a rischio lo sviluppo di paesi, come il nostro, che vengono peraltro richiamati alla necessità di rispettare gli accordi internazionali sottoscritti (si veda la presa di posizione del presidente della Bundesbank, Jens Weidmann, contro la richiesta della Francia di individuare urgenti misure per lo sviluppo, così come riportata dalla stampa nazionale: "... è buona consuetudine europea che ci si attenga agli accordi che sono stati firmati");

EVIDENZIATO che i mancati interventi per l'ammodernamento della centrale, oltre alla perdita delle opportunità predette, determineranno l'esubero di 100 dipendenti interni ed altrettanti indiretti in un'area industriale, quale quella di Porto Torres, già gravata da una gravissima crisi produttiva ed occupazionale;

VERIFICATO che E.ON non ha ancora provveduto ad eseguire la bonifica del sito, cui è tenuta da precisi obblighi di legge, rinviando così sine die la costruzione del nuovo impianto;

CONSIDERATO altresì che la stampa locale ha riportato dell'interesse che la multinazionale thailandese Indorama Corporation, attiva nel settore della chimica industriale, insieme alla Clivati Impianti Elettrici Srl (il cui impegno congiunto ha già consentito la ripresa produttiva ed occupazionale del polo chimico di Ottana), avrebbe manifestato ad E.ON in merito alla realizzazione in sua vece del nuovo gruppo a carbone,

impegna la Giunta regionale

affinché:

1) investa i massimi livelli istituzionali perché intervengano presso i vertici aziendali di E.ON per scongiurare il disimpegno dall'investimento già autorizzato per il sito di Fiume Santo o, in alternativa, perché siano prese in considerazione le eventuali offerte di soggetti interessati a realizzare l'impianto al posto dell'azienda tedesca;

2) solleciti al Governo italiano una presa di posizione nei confronti del Governo federale tedesco, che non perde occasione per mostrarsi attento al rispetto delle regole e degli accordi in essere, volta ad assicurare che E.ON rispetti le intese liberamente sottoscritte con la Regione autonoma della Sardegna;

3) riferisca se risponda al vero che l'offerta avanzata dal gruppo Indorama-Clivati sarebbe stata respinta da E.ON e, in caso affermativo, se tale rifiuto abbia indotto le due aziende a desistere definitivamente dall'iniziativa, determinando con ciò un gravissimo danno al territorio, sia in termini occupazionali che ambientali;

4) riferisca se risponda al vero che il Ministero dello sviluppo economico, come riferito alle organizzazioni sindacali dalla stessa E.ON, avrebbe condiviso l'intenzione dell'azienda di non costruire il nuovo gruppo a carbone, avallando di fatto il mantenimento in attività dei vecchi gruppi a olio combustibile, anziché stigmatizzare il comportamento di un'azienda che non investe in un'opera così importante per l'occupazione e lo sviluppo del nostro Paese e che non avrebbe consentito di farlo ad uno dei soggetti che il Governo, con la sua missione in Asia, ha cercato di interessare;

5) accerti l'adeguatezza della decisione assunta da Terna Spa, società del gruppo Enel Spa, di inserire la centrale di Fiume Santo tra i cosiddetti "impianti essenziali" per il sistema energetico nazionale, corrispondendo così un compenso ad E.ON indipendentemente dall'effettivo funzionamento della centrale e disincentivando di fatto gli investimenti previsti per l'ammodernamento del sito produttivo;

6) adotti ogni atto necessario al fine di contrastare il comportamento dilatorio di E.ON riguardo all'esecuzione delle bonifiche ambientali nel sito della centrale. (181)

Interpellanza Diana Mario - Amadu - Campus - Peru sulla realizzazione del quinto gruppo a carbone in sostituzione delle due unità ad olio combustibile nella centrale termoelettrica di Fiume Santo.

I sottoscritti,

PREMESSO che il Presidente del Consiglio dei ministri e altri membri del Governo in carica hanno effettuato un "pellegrinaggio" nei paesi asiatici al fine di convincere governi, fondi di investimento e imprese locali ad investire nel nostro Paese per realizzare opere in grado di consentire il rilancio dell'economia nazionale e la creazione di nuova occupazione;

CONSIDERATO che la multinazionale tedesca E.ON Spa, proprietaria della centrale termoelettrica di Fiume Santo, è in possesso da tempo delle autorizzazioni per la realizzazione nel sito di un nuovo gruppo di produzione alimentato a carbone;

VALUTATO che la realizzazione del nuovo gruppo, che prevede un investimento di circa 700 milioni di euro, può consentire l'impiego di mille lavoratori nei cinque anni necessari alla sua costruzione e, una volta entrato a pieno regime, di oltre 150 dipendenti diretti e 250 nell'indotto;

PRESO ATTO che il nuovo gruppo a carbone, situato accanto all'elettrodotto SAPEI che collega la Sardegna alla Penisola, è un'opera strategica per il sistema energetico nazionale e regionale, e necessaria per il miglior impiego dello stesso SAPEI, costato oltre 700 milioni di euro al nostro Paese;

RAMMENTATO che la realizzazione del nuovo gruppo a carbone consentirebbe di limitare i gravi danni ambientali causati dai gruppi ad olio combustibile tuttora attivi, sebbene obsoleti e altamente inquinanti, nella centrale di Fiume Santo;

SOTTOLINEATO che E.ON ha manifestato l'intenzione di non procedere alla realizzazione del nuovo gruppo a carbone, che gode del consenso della Regione e degli enti locali oltre che di ricchi incentivi pubblici, dirottando in altri paesi, come il Brasile, i propri investimenti alimentati anche dai profitti fatti in Sardegna;

ACCLARATO quanto le scelte di politica economica della Germania mettano a rischio lo sviluppo di paesi, come il nostro, che vengono peraltro richiamati alla necessità di rispettare gli accordi internazionali sottoscritti (si veda la presa di posizione del presidente della Bundesbank, Jens Weidmann, contro la richiesta della Francia di individuare urgenti misure per lo sviluppo, così come riportata dalla stampa nazionale: "... è buona consuetudine europea che ci si attenga agli accordi che sono stati firmati");

EVIDENZIATO che i mancati interventi per l'ammodernamento della centrale, oltre alla perdita delle opportunità predette, determineranno l'esubero di 100 dipendenti interni ed altrettanti indiretti in un'area industriale, quale quella di Porto Torres, già gravata da una gravissima crisi produttiva ed occupazionale;

VERIFICATO che E.ON non ha ancora provveduto ad eseguire la bonifica del sito, cui è tenuta da precisi obblighi di legge, rinviando così sine die la costruzione del nuovo impianto;

CONSIDERATO altresì che la stampa locale ha riportato dell'interesse che la multinazionale thailandese Indorama Corporation, attiva nel settore della chimica industriale, insieme alla Clivati Impianti Elettrici Srl (il cui impegno congiunto ha già consentito la ripresa produttiva ed occupazionale del polo chimico di Ottana), avrebbe manifestato ad E.ON in merito alla realizzazione in sua vece del nuovo gruppo a carbone,

chiedono di interpellare il Presidente della Regione e l'Assessore regionale dell'industria affinché riferiscano:

1) quali misure la Giunta regionale intenda adottare al fine di investire i massimi livelli istituzionali perché intervengano presso i vertici aziendali di E.ON per scongiurare il disimpegno dall'investimento già autorizzato per il sito di Fiume Santo o, in alternativa, affinché siano prese in considerazione le eventuali offerte di soggetti interessati a realizzare l'impianto al posto dell'azienda tedesca;

2) quali misure la Giunta regionale intenda adottare per sollecitare al Governo italiano una presa di posizione nei confronti del Governo federale tedesco, che non perde occasione per mostrarsi attento al rispetto delle regole e degli accordi in essere, volta ad assicurare che E.ON rispetti le intese liberamente sottoscritte con la Regione autonoma della Sardegna;

3) se risponda al vero che l'offerta avanzata dal gruppo Indorama-Clivati sarebbe stata respinta da E.ON e, in caso affermativo, se tale rifiuto abbia indotto le due aziende a desistere definitivamente dall'iniziativa, determinando con ciò un gravissimo danno al territorio, sia in termini occupazionali che ambientali;

4) se risponda al vero che il Ministero dello sviluppo economico, come riferito alle organizzazioni sindacali dalla stessa E.ON, avrebbe condiviso l'intenzione dell'azienda di non costruire il nuovo gruppo a carbone, avallando di fatto il mantenimento in attività dei vecchi gruppi a olio combustibile, anziché stigmatizzare il comportamento di un'azienda che non investe in un'opera così importante per l'occupazione e lo sviluppo del nostro Paese e che non avrebbe consentito di farlo ad uno dei soggetti che il Governo, con la sua missione in Asia, ha cercato di interessare;

5) quali misure la Giunta regionale intende adottare per accertare l'adeguatezza della decisione assunta da Terna Spa, società del gruppo Enel Spa, di inserire la centrale di Fiume Santo tra i cosiddetti "impianti essenziali" per il sistema energetico nazionale, corrispondendo così un compenso ad E.ON indipendentemente dall'effettivo funzionamento della centrale e disincentivando di fatto gli investimenti previsti per l'ammodernamento del sito produttivo;

6) quali misure la Giunta regionale intende adottare al fine di contrastare il comportamento dilatorio di E.ON riguardo all'esecuzione delle bonifiche ambientali nel sito della centrale. (332).)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione. Uno dei presentatori della mozione ha facoltà di illustrarla. Ricordo che sono concessi venti minuti.

DIANA MARIO (P.d.L.). Chiederei la massima attenzione su questa mozione, ma credo che ai colleghi non sfugga l'importanza di affrontare questo problema anche a seguito del dibattito che c'è stato ieri relativamente alla vertenza Sardegna. Credo che nessun altro argomento abbia la portata soprattutto economica che può avere la vertenza che riguarda la centrale termoelettrica di Fiume Santo e la realizzazione del quinto gruppo di produzione alimentato a carbone. E' un qualcosa che può definitivamente, dico io, dare risposte immediate a un territorio, ma anche a tutta la Sardegna.

Stiamo parlando di una vicenda ormai datata, perché l'iter autorizzativo richiesto dalla multinazionale E.ON risale ormai al 2007. Una volta ottenute tutte le autorizzazioni ci si aspettava che la costruzione del nuovo impianto venisse avviata da parte di questo colosso tedesco dell'energia; sottolineo tedesco, e non a caso ieri ho fatto riferimento a rapporti che purtroppo non sono quelli che qualsiasi europeo dovrebbe augurarsi, perché questa Europa è stritolata in una morsa che, come è stato descritto domenica in un articolo di fondo di Ernesto Galli della Loggia, prefigura addirittura uno scenario che assomiglia molto a quello del '15-'18 e al successivo evento bellico. Questo è ciò che avverrebbe in termini economici e finanziari e potrebbe essere veramente la rottura dell'Unione europea.

Questo lo dico perché è fondamentale il rapporto che il Governo italiano deve avere nei confronti del Governo tedesco e della più grossa multinazionale tedesca. I signori di E.ON hanno ripetutamente caldeggiato qualsiasi iniziativa che potesse portare a ottenere tutte le autorizzazioni; hanno ottenuto tutto e di più e nonostante questo oggi veniamo a sapere che E.ON non è più interessata alla costruzione del quinto gruppo a carbone. Ricordo che questo nuovo impianto dovrebbe sostituire i due gruppi a olio combustibile tuttora attivi e altamente inquinanti, che hanno una vita ormai di oltre trent'anni e sono in proroga fino al 31 dicembre 2013, data entro la quale dovrebbero smettere di funzionare. Scopriamo, poi, che sono stati definiti impianti essenziali, ma tornerò dopo sul significato di questa definizione. La realtà è che i gruppi a carbone esistenti sono obsoleti e i due gruppi a olio combustibile sono definitivamente fuorilegge perché altamente inquinanti. Una nuova centrale a carbone di circa 400 megawatt, autorizzata a tutti i livelli, potrebbe entrare a regime nell'arco di sette anni, perché ci vogliono circa cinque anni, dicono gli esperti, per la costruzione e altri due per avviarla definitivamente. Abbiamo quindi uno scenario futuro di sette anni prima che questa centrale entri in funzione.

Se ci fosse veramente la volontà da parte di E.ON di non costruire la nuova centrale, questo fatto non può indurre a pensare - e su questo vi deve essere la denuncia forte da parte di questo Consiglio regionale, ma io credo dell'intera Sardegna - che altri non la vogliano costruire. Ci risulta che E.ON abbia rifiutato una manifestazione di interesse, se ne conoscono ormai anche i dettagli: uno dei colossi mondiali della chimica, che è già presente in Sardegna, parlo del gruppo thailandese Indorama, ha manifestato la volontà di costruire questa centrale. Il fatto che sia interessata una multinazionale asiatica e che il presidente Monti, assieme ad alcuni esponenti del Governo, abbia effettuato un "pellegrinaggio", come l'ho definito io, nei paesi asiatici alla ricerca di investitori (fondi di investimento o gruppi industriali) ci aveva fatto pensare che ci fosse comunque la volontà di questo Governo di far sì che questa centrale venga costruita immediatamente. Ho già detto cosa significa "immediatamente": tempi necessari per la costruzione circa cinque anni, 700 milioni di euro di investimento, 1.000 persone impegnate per cinque anni e 250, per la gestione complessiva dell'impianto, negli anni successivi. Questo vantaggio si trasformerebbe anche nel disimpegno di E.ON e quindi nel licenziamento di circa 100 persone nei due impianti a olio combustibile che, come ho detto, sono stati definiti impianti essenziali. Andate a vedere cosa significa oggi che questi impianti siano qualificati essenziali: vuol dire che E.ON prenderebbe comunque i soldi dal Governo italiano, avrebbe comunque degli incentivi.

Di fronte a questa situazione è facile immaginare che qualche accordo ci deve essere stato. Il Governo non ha fatto mistero - è scritto nella mozione - di caldeggiare un disimpegno da parte di E.ON nella costruzione della nuova centrale. Questo potrebbe essere un aspetto secondario se il Governo caldeggiasse, invece, la costruzione di questa centrale da parte di altri gruppi. Non mi pare che sia così, mi pare che E.ON non voglia costruire la centrale, ma ciò che è più grave è che non vuole che la costruiscano altri. Di fronte a questo interrogativo io spero che il Presidente della Regione e l'Assessore dell'industria vogliano prendere a cuore - ma non ho dubbi che lo faranno - questo argomento, perché nel momento in cui noi ci spendiamo tanto per avere ottenere dallo Stato, per avere ciò che ci è dovuto, per limitare i vincoli del patto di stabilità, non possiamo perdere l'opportunità di 700 milioni di euro da investire completamente in Sardegna. Sapete quanto valgono 700 milioni di euro praticamente trasformati per una buona parte in manodopera, in occupazione, che è l'obiettivo per il quale il Governo Monti sembrerebbe avere l'attenzione primaria? Inoltre il ministro Passera, il quale ha già dichiarato di non avere la bacchetta magica, deve essere chiamato immediatamente in causa, lo dico all'Assessore che non avrà certamente problemi a riferirlo al Presidente della Regione. Il ministro Passera deve essere sentito quantomeno per capire se corrispondono al vero le voci secondo cui ci sarebbe un'intesa tra il Governo nazionale ed E.ON per non costruire la centrale. Questo è un fatto gravissimo, perché stiamo parlando della più grossa infrastruttura immediatamente cantierabile presente oggi in Italia e forse in Europa. Un investimento di 700 milioni di euro oggi non lo si trova per strada; è frutto certamente di grandi investimenti, c'è stato un impegno di due amministrazioni regionali, perché ricordo che questo iter autorizzativo è iniziato con la Giunta precedente ed è continuato con quella in carica, sono stati firmati protocolli d'intesa, sono state concesse a E.ON delle autorizzazioni anche per fare altro e non dobbiamo dimenticarcene, perché i gruppi fotovoltaici che sono stati autorizzati sulla carta dovevano servire per dare avviamento al quinto gruppo a carbone. Quindi c'è tutto un iter organizzativo che è fatto di atti, di ragionamenti, di incontri e di tutta una serie di passaggi che oggi non possono essere assolutamente ignorati.

Nel dispositivo della mozione, che può essere votato così com'è, ma che può anche essere trasformato in ordine del giorno, chiedo al Presidente della Regione e all'assessore di intervenire immediatamente presso il Governo nazionale e tutti i livelli istituzionali. Sarebbe opportuno coinvolgere le popolazioni e i sindacati per spendere in una battaglia forte questo argomento. Non possiamo fare altro a questi livelli, è un tentativo che dobbiamo fare e sono sicuro che, per gli utili che derivano dalle centrali di questo genere, potrebbero essere diversi i gruppi di investitori interessati, non solo quello che ha manifestato la propria adesione, ovvero Indorama. Qualcuno vi ha fatto cenno, ma io mi fermerei a un gruppo che ha già manifestato grande interesse per la Sardegna e che dove ha messo le mani ha speso e risolto se non totalmente, almeno parzialmente i problemi.

Di fronte a questa situazione, senza voler utilizzare tutti i venti minuti concessi, perché credo che i concetti così come sono stati esposti siano estremamente chiari, aspetto che il Consiglio dia un ulteriore contributo che ritengo fondamentale. E' una battaglia per la Sardegna ed è una battaglia, lo voglio ricordare, per l'Italia, perché l'impianto di cui trattasi nascerebbe in un sito da dove parte il cavo SAPEI che, guarda caso, è stato costruito proprio per dare la possibilità alla Sardegna di trasferire energia nella penisola; è l'unico modo che abbiamo per trasferire energia. Mi chiedo quale sia la valutazione dei tecnici dei ministeri o degli stessi ministri, dal momento che l'Italia ha speso 700 milioni di euro per costruire quel cavidotto. A cosa servirebbe quel cavidotto senza produzione di energia? Se non si costruiscono i 400 megawatt del quinto gruppo a carbone e si smantellano i due gruppi a olio combustibile, posto che gli altri impianti esistenti sono obsoleti, non dico quello che sto pensando, ma credo che sia nell'immaginazione e nella fantasia di ciascuno di noi. Ci deve essere qualcuno che a quel cavo è molto affezionato e siccome quel cavo ha un nome e un cognome, una paternità, non è il caso di affrontare questo aspetto adesso, perlomeno io non lo voglio affrontare. Io sono fortemente interessato solo ed esclusivamente a che il nuovo impianto di Fiume Santo venga costruito, ed E.ON una volta per tutte la smetta di continuare a dire che non è in grado di costruirlo, visto che le proprie risorse, lucrate in Sardegna, le va a spendere in Brasile, perché questo è il suo intendimento. Quanto meno non metta dei freni e non blocchi lo sviluppo non concedendo ad altri la possibilità di realizzare questo impianto.

Ho terminato, Presidente. Credo di aver adeguatamente illustrato la mozione, spero che il Consiglio regionale ne voglia tenere conto e soprattutto che il Presidente della Regione, l'Assessore e tutta la Giunta possano interessarsi di questa questione almeno con la stessa determinazione con cui stanno affrontando gli altri problemi. Grazie.

PRESIDENTE. Ricordo che i consiglieri che intendono prendere la parola devono iscriversi a parlare non oltre la conclusione del primo intervento. Sono concessi dieci minuti per ciascun intervento.

E' iscritto a parlare il consigliere Maninchedda. Ne ha facoltà.

MANINCHEDDA (P.S.d'Az.). Presidente, dividerò in due parti il mio intervento, la prima sarà di natura politica, la seconda di natura tecnica. Noi salutiamo con piacere la presentazione della mozione da parte del Capogruppo del P.d.L. su temi su cui in un'altra circostanza avevamo espresso valutazioni differenti. Il P.d.L. in quella circostanza aveva avuto parole più attente nei confronti del gruppo E.ON, chiaramente attendendosi che esso rispettasse gli impegni presi. Tali impegni invece non sono stati rispettati e oggi l'onorevole Mario Diana sollecita il Consiglio regionale a occuparsi di un argomento che, però, ha una precisa filiera politica che passa per il Presidente della Regione, che è espressione del P.d.L., per il Governo nazionale, che è sostenuto dal P.d.L., e per un ministro, il ministro Passera, che è il terminale di un sistema di interessi italiano - lo dico all'onorevole Diana perché è presentatore della mozione, non per altro - che è contrapposto alla Sardegna.

Al di là delle sceneggiate fatte anche ieri in quest'aula, il problema politico consiste nell'avere consapevolezza, oppure no, che esiste un conflitto di interessi tra lo Stato italiano e la Sardegna, di cui la questione energetica è semplicemente una delle parti, ma non quella con minore rilevanza. Nella fattispecie il ministro Passera ha ricevuto E.ON, ma non ha mai ricevuto - mai! - i sardi su questo specifico argomento; ha ricevuto E.ON per parlare dei certificati verdi di E.ON a Terni, ma non della questione sarda. Non solo, nella mozione presentata dall'onorevole Diana si fa riferimento a un soggetto: Terna Spa. La società Terna, che dovrebbe essere l'arbitro, è il player dell'energia in Sardegna e ha fatto un'operazione anodina, ovvero ha tolto dal mercato elettrico l'87 per cento della produzione elettrica della Sardegna, che è fornita dai due impianti essenziali di Enel a Portovesme e di E.ON a Porto Torres. A questi dovete aggiungere la Saras, che è fuori dal mercato elettrico perché riceve i certificati verdi in quanto produce energia bruciando determinate sostanze legate alla raffinazione del petrolio. L'87 per cento della produzione elettrica della Sardegna è fuori mercato per la scelta di una società di Stato. Terna quando decide che un impianto è essenziale non dà giustificazioni. Questo è l'arbitro italiano della vostra Italia!

Io, onorevole Diana, continuo a dire che questa legislatura non deve finire sui temi cialtroni che talvolta vengono iscritti dalla politica alla nostra attenzione. Questa legislatura deve finire sulla sovranità della Sardegna, che non è interpretata attualmente, e deve finirvi rapidamente perché o si interpreta la sovranità oppure si va in rovina, come sta accadendo sull'onda di interessi italiani. Nella fattispecie il comportamento sleale dello Stato si registra su E.ON., la quale eredita Endesa; eredita nel senso di "compra". Sentite come esordiva Endesa nel protocollo d'intesa firmato dall'onorevole Soru, leggo le prime righe: "Endesa Italia, in considerazione del fatto che dal 1° gennaio 2008 i gruppi 1 e 2 della centrale di Fiume Santo supereranno i limiti delle emissioni in atmosfera, ha richiesto l'autorizzazione per costruire, in sostituzione dei suddetti impianti, un gruppo alimentato a carbone, da 410 megawatt, con la nuova tecnologia ultrasupercritica che consente un importante miglioramento ambientale". E.ON compra, dunque, un impianto che funziona in deroga in virtù di una promessa di costruzione di un impianto sostenibile dal punto di vista ambientale. E.ON è questo. Che cosa fa il Governo italiano? Prima le proroga i tempi per l'inizio dei lavori, nonostante sappia che E.ON non sta progettando nulla, e quindi la proroga è stata concessa di grazia, come avviene tra un banchiere e una grande multinazionale. Un banchiere che si chiama Passera - è un ministro vostro, non nostro - fa il padre della Patria e va a dire in giro in Italia che il nostro Paese è gonfio di petrolio. Voi lo sapevate? Questo signore, che non ha il senso della responsabilità, va un giorno di fronte alle imprese a dire: "Siamo gonfi di petrolio" - io non lo sapevo - "siamo gonfi di gas, il nostro futuro è questo". Di fronte alle associazioni sociali invece dice che c'è un rischio sociale in Sardegna: la mancanza di lavoro. Quindi dice ai suoi interlocutori esattamente quello che si vogliono sentir dire, secondo la migliore tradizione della commedia dell'arte italiana. Per cui oggi i politici interpretano il loro ruolo copiando le tecniche degli attori. E il ministro Passera lo è in maniera superba in quanto dà sempre al suo pubblico quello che esso si attende: agli imprenditori dice "siamo gonfi di petrolio" e a chi soffre "stiamo soffrendo molto". Questo è il ministro Passera.

Nel frattempo cosa accade? Sempre lui concede la proroga per l'edificazione della centrale a carbone, per cui i due gruppi che funzionano in deroga e che inquinano (per i quali attraccano le petroliere in quelle zone sensibili) continuano a operare. Però il ministro in questione capisce che c'è qualcosa che non va, che non può continuare ad andare in deroga con una promessa, e allora che fa? Dichiara l'impianto inquinante dei gruppi 1 e 2 un "impianto essenziale", cioè dice che per tenere in equilibrio la rete in Sardegna quell'impianto, che è una stufa vecchia, che inquina, che viene alimentato male, è essenziale. Non è questo un grande favore da parte del Governo italiano a una grande multinazionale, contro i sardi? Da parte del Governo italiano! Ma questo non basta, perché il malavventurato gruppo Indorama, di cui ha parlato il collega Diana, che io conosco benissimo perché insieme al gruppo Clivati ha creato 400 posti di lavoro a Ottana, senza chiedere un euro alla Regione (Indorama ha dimostrato di essere un partner affidabile per la Regione e infatti do atto all'assessore Zedda di averlo interpellato e di aver ottenuto la disponibilità a parlare anche di Eurallumina), fa le cose per bene e dice: "Sono pronto ad acquistare Fiume Santo". Lo dice a E.ON per iscritto, e che cosa succede? Succede che, di punto in bianco, la centrale elettrica di Ottana non viene più richiesta come fornitrice di energia elettrica da Terna. Fine, stop. "Non compriamo più energia elettrica da voi, non siete utili al sistema sardo. Il sistema si regge su altri livelli." Poi ogni tanto si fa fornire un po' di energia, per dire che non li ha ammazzati, ma i rubinetti sono in realtà chiusi.

Signori, questo gioco di Terna costa 400 posti di lavoro a Ottana, sappiatelo. Questa è l'Italia! Il Governo regionale non sa queste cose; non mi riferisco all'onorevole Zedda, parlo di un altro, maschio. L'onorevole Zedda le sa e si sta adoperando; qualcun altro non le sa. Non sa che sono 400 i posti di lavoro "uccisi" dall'interesse contrastante dell'Italia con quello della Sardegna. Come possiamo reagire? Dobbiamo chiedere la revoca dell'autorizzazione integrata ambientale che è stata concessa perché c'era la promessa di fare la centrale a carbone. Non dobbiamo più riunirci per gli auspici, dobbiamo chiedere la revoca perché è l'unico modo per costringere E.ON a compiere il suo dovere.

Quindi noi accogliamo l'onorevole Diana nell'opposizione sovranista, che è un'opposizione agli interessi dell'Italia schierati contro i nostri interessi. Non siamo una compagnia di uomini potenti, ma di uomini onesti.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Lotto. Ne ha facoltà.

LOTTO (P.D.). Signora Presidente, il tema che si sta discutendo oggi, messo al centro dell'attenzione dalla mozione illustrata dall'onorevole Mario Diana, tocca il cuore dell'economia del territorio sassarese. La centrale di Fiume Santo per anni ha svolto un ruolo fondamentale in quel territorio. Ahimè, ho la sensazione che ci si stia avviando, nell'arco dei prossimi due o tre lustri, a eliminare questo ruolo, perché il primo e il secondo gruppo da 160 megawatt ciascuno dovrebbero essere chiusi tra un anno, ed erano stati prorogati, come ricordavano i colleghi poco fa, in vista della realizzazione del quinto gruppo. Se non dovessimo consentire - e non lo si dovrà consentire - che si vada oltre il 2013, rimarrebbero in funzione solo il terzo e il quarto gruppo, i quali hanno anch'essi una certa età, non essendo stati realizzati avantieri. A me risulta che già da oggi questi due gruppi non siano perfettamente a norma quanto ad adeguamento alle nuove norme sulle emissioni, ma fra dieci anni saranno nelle stesse condizioni in cui sono adesso il primo e il secondo gruppo?

E.ON ha detto di fatto ufficialmente di non voler più realizzare l'investimento, ma anche solo avanzare l'ipotesi che il quinto gruppo non venga costruito significa dire: "Il polo energetico del nord Sardegna sta per chiudere". Questo noi non possiamo consentirlo, e non può consentirlo soprattutto chi rappresenta più di tutti noi il popolo sardo, cioè il Presidente della Regione. Io non so di che natura siano state le interlocuzioni tra lui e il Governo - ovviamente non lo so e non lo posso sapere - però nel mondo sindacale e nel mondo dell'impresa circola il sospetto che ci sia stata troppa attenzione alle cosiddette esigenze liberali di un grande gruppo industriale che, in questa situazione di fabbisogno energetico dell'Isola, non trovava più economico realizzare a Fiume Santo il quinto gruppo a carbone. Non voglio andare dietro ai pettegolezzi, mi auguro che questo non sia vero, ma l'unico modo per dimostrarlo è quello di imporre a E.ON, con un'azione forte, decisa e convinta da parte del Presidente dalla Regione e di questo Consiglio, di realizzare il nuovo impianto o di lasciare ad altri la possibilità di realizzarlo. Non possiamo ripetere l'errore che pure è stato commesso dalla Regione e dalle amministrazioni locali del Sassarese due anni fa, quando a Sassari venne presentato il progetto per la realizzazione del parco fotovoltaico, stimato allora in 100 megawatt, due step da 50 megawatt. Ci fu, a mio parere, e lo dissi anche allora, un'eccessiva sopravvalutazione degli aspetti positivi che quell'investimento avrebbe potuto avere per il territorio e una sottovalutazione dei vantaggi economici per chi avrebbe realizzato l'opera. Purtroppo non si ebbe il coraggio, in quell'occasione, di legare in maniera stretta e indissolubile il destino del parco fotovoltaico alla realizzazione del quinto gruppo a carbone; si è autorizzato e lasciato che si iniziasse a realizzare (una parte è già stata messa in funzione) l'impianto di produzione di energia rinnovabile senza che nel contempo si iniziassero i lavori, pure questi autorizzati, del quinto gruppo a carbone. Anzi oggi l'intendimento è quello di disattendere gli impegni presi.

Si parla di un investimento di 700 milioni di euro, ma vi ricordate quando si parlava della vertenza Fiat e un investimento di 700 milioni veniva presentato in Italia come un qualcosa che avrebbe salvato l'economia nazionale? Oggi, chissà perché, siccome riguarda la Sardegna, di un investimento di pari entità non se ne occupa e preoccupa nessuno. Noi non possiamo consentirlo e serve per questo un pronunciamento chiaro da parte di chi non ha avuto negli anni passati - parlo di tutti coloro che hanno avuto un ruolo in quella occasione - la forza di agire con chiarezza e fermezza. Oggi ci vuole una svolta, e questa svolta deve partire dal Presidente della Regione e da questo Consiglio, che deve condividere, così come lo condivido io, il contenuto di questa mozione.

Non mi convince il ragionamento per cui dobbiamo considerare i nostri interlocutori istituzionali, in questo caso il Governo, come degli avversari pregiudiziali. Io sono convinto che bisogna anche avere la capacità di interloquire, di intravedere i propri obiettivi e di fare le mosse giuste per poterli conseguire. Noi non possiamo accettare che Enel e Terna, che sono i veri concorrenti di E.ON, lavorino condizionando l'operato del Governo affinché la centrale di Fiume Santo non si salvi, salvaguardando così gli interessi della nostra multinazionale. Noi questo non possiamo accettarlo e dobbiamo portare il Governo a costruire un percorso tale per cui la centrale di Fiume Santo possa continuare a funzionare, possa sopravvivere. Realizzare il quinto gruppo a Fiume Santo significa infatti decidere che la centrale di produzione elettrica in quel territorio continuerà a esistere nei prossimi anni; non realizzarlo significa decretare con dieci anni di anticipo la fine di quella centrale. Soltanto se si iniziano adesso i lavori avremo il quinto gruppo funzionante tra sette, otto o dieci anni, e solo in questo caso riusciremo ad avere una continuità di gestione di quella partita.

Ecco perché ritengo giusto che tutto il Consiglio regionale si pronunci favorevolmente su questa mozione ed eserciti una pressione molto forte sul Presidente della Regione affinché nel confronto con il Governo abbia la forza e il coraggio di imporre, per la Sardegna, scelte che interessano ai sardi. Diversamente prenderemo da questa partita un colpo molto più duro di quanto non sia già capitato in altre realtà dell'Isola.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Planetta. Ne ha facoltà.

PLANETTA (P.S.d'Az.). Dico subito che questa mozione mi ricorda un percorso ormai classico che viviamo in questa nostra isola: il conflitto Stato-Regione, la mancanza di sovranità, l'energia che ci viene sottratta, quella stessa energia che non serve a noi ma ad altri e arricchisce chi la produce, il fatto che chi investe in Sardegna non dà niente o quasi alla nostra gente, cioè non c'è una contropartita a vantaggio dei sardi.

Dico subito che le ragioni di questa mozione e ciò che essa presuppone nella finalità di impegno in qualche modo si discostano da quanto io penso e ho dichiarato pubblicamente in altre sedi. Mi sono sempre dichiarato contrario a quelle che si annunciavano come pure e semplici forme di speculazione, ma che venivano invece contrabbandate come la panacea di tutti i mali, la soluzione dei problemi occupazionali del territorio, una sorta di quadratura del cerchio sotto l'aspetto della salvaguardia e della tutela ambientale.

Ebbene, oggi assistiamo a un fatto gravissimo che svela inequivocabilmente la malafede di E.ON, di questa multinazionale che addirittura ha importato solo qualche settimana fa maestranze dall'estero per effettuare i normali lavori di manutenzione. Parlo di una multinazionale che malgrado tutto, malgrado i tanti impegni assunti, malgrado la strada spianata e i tanti traguardi che il territorio e la Regione Sardegna le hanno riservato ha deciso di non mantenere nessun patto e addirittura ha lanciato una sfida senza precedenti alla nostra dignità, al nostro amor proprio, alla nostra intelligenza. Mi riferisco alle tante reticenze e ambiguità che non chiarivano le sue reali intenzioni, alla palese strategia dilatoria sulle bonifiche, alle reiterate manifestazioni di voler salvaguardare l'occupazione, ma solo per temperare gli animi, per sopire le proteste e arrivare poi, attraverso un documento di sole due paginette, a dire alla provincia e ai comuni del Sassarese che il quinto gruppo a carbone non lo si può fare perché non ci sono le condizioni.

Credo che sia arrivata l'ora, cari colleghi, di smettere di credere a queste favole. E di favole, permettetemi di dirlo, ne ha raccontato anche in questo caso il Governo italiano, che si prepara a scrivere l'epitaffio di Fiume Santo, facendola morire con E.ON, ma pagando E.ON anziché pagare la Sardegna. Infatti, proprio il ministro Passera ha dichiarato che il Governo non punta sul low carbon, ma sul gas e sul petrolio che, guarda caso, daranno nuovi posti di lavoro e nuovo gettito fiscale non qua, ma in Italia.

Credo che le chiacchiere fatte di promesse - sottolineo promesse - di posti di lavoro non debbano automaticamente e obbligatoriamente farci sentire a disagio. I modelli di sviluppo e d'impresa che ci vengono sottoposti ci convincono poco, o addirittura non ci convincono affatto, ma sentiamo di doverli accettare in nome dei presenti posti di lavoro, in nome di promesse di posti di lavoro che, come in questo caso, si rivelano semplici e indecorosi specchietti per le allodole.

Penso invece che la salute dei cittadini e la salvaguardia dell'ambiente siano valori e diritti assolutamente equiparabili al diritto al lavoro e perciò necessitano delle medesime attenzioni e tutele. Se poi l'interlocutore si rivela, come in questo caso, spregiudicato e bugiardo, allora anche gli spazi per le trattative e le deroghe devono ridursi drasticamente e anzi scomparire proprio in nome della tutela di questi diritti sacrosanti.

Ora E.ON, forte di questa specie di sindrome di Stoccolma che assale spesso le istituzioni e la politica nella ricerca spasmodica del mantenimento dei posti di lavoro, ha disinvoltamente superato il limite della decenza sostenendo a ragione del suo disimpegno una palese falsità, e cioè che nessuno è interessato a questo progetto del quinto gruppo, mentre sappiamo bene che esistono diverse manifestazioni d'interesse, come hanno già avuto modo di sottolineare il collega Diana e altri.

Insomma, cosa andiamo a chiedere a questi signori, che magari pensano esclusivamente di non fare le bonifiche e fingono di interloquire solo per perdere tempo prezioso, proprio mentre nel contempo annunciano esuberi e tagli anche nell'indotto, scegliendo di investire in Brasile - è già stato detto - gli utili realizzati in Sardegna e sostenendo, però, che continueranno a impegnarsi sul fronte delle fonti energetiche rinnovabili? Come dire: "Della Sardegna non ci interessa nulla eccetto gli utili provenienti dagli impianti delle energie rinnovabili", i certificati verdi insomma, ottenuti attraverso concessioni e via libera che si sono rivelati palesemente discriminatori nei confronti di tutti quei proprietari della Nurra, i cui terreni sono contigui agli impianti di E.ON, che hanno visto i propri progetti inspiegabilmente bloccati dalla burocrazia e da una politica regionale distratta o peggio miope e asservita.

Allora la conclusione è ovvia: per rispondere a una strategia di disimpegno industriale che non si cura minimamente delle intese sottoscritte e delle possibili conseguenze occorre estrema fermezza nel pretendere innanzitutto il risanamento ambientale e le bonifiche integrali del territorio. Senza di queste non si può andare avanti. Questo non solo perché la trasformazione del sito di Fiume Santo è un passaggio obbligato, dettato soprattutto dalle normative e dalle direttive per la tutela ambientale, ma perché all'orizzonte non si intravedono alternative e, a mio parere, il tempo trascorso tra autorizzazioni e procedure di valutazioni tecniche e ambientali si è rivelato funzionale solamente agli interessi di questa multinazionale.

Se può sembrare inaccettabile, ora che tutto è pronto per l'investimento da 700 milioni di euro, il passo indietro di E.ON, sono convinto che ancora più inaccettabile sia consentirle e consentire a chiunque di continuare con i ricatti e le promesse di posti di lavoro in cambio di nulla se non di inquinamenti e malattie per noi, e in cambio di affari per sé. E allora credo che si debba bonificare subito e anche fare qualche controllo sugli investimenti del fotovoltaico, che a mio parere sono stati concessi con troppa fretta e forse anche con discutibili e curiose procedure che credo sia opportuno rivedere. Grazie.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Pietro Cocco. Ne ha facoltà.

COCCO PIETRO (P.D.). Presidente del Consiglio, Assessori, colleghi, credo che la vertenza per la realizzazione della centrale di Fiume Santo, che dovrebbe portare alla sostituzione dei due gruppi a olio combustibile con una centrale di nuova tecnologia (USC, che è l'acronimo di ultrasupercritica), ad alto rendimento e zero emissioni, dovrebbe rientrare nel più vasto tema dell'approvvigionamento energetico e della stabilità strutturale del sistema di produzione e distribuzione per la nostra Isola e per l'intero Paese, verso la necessaria evoluzione e sostenibilità ambientale e verso l'autosufficienza e la sovranità sulla materia. Tutte cose che sono state dette da chi mi ha preceduto, che però vanno sviscerate, dicendo anche come si dovrebbe procedere.

E' del 4 ottobre 2010 il decreto del Ministero dello sviluppo economico con cui è stata autorizzata la costruzione del quinto gruppo a carbone da 410 megawatt e la dismissione del primo e del secondo gruppo a olio combustibile. La riduzione dei costi di produzione e dei prezzi dell'energia sono i temi principali su cui occorre lavorare con competenza e tempestività, materie dalle quali dipende tutto o quasi il sistema industriale della Sardegna, dal nord al sud dell'isola. Va quindi bene il richiamo fatto in premessa dai presentatori della mozione nei confronti del Presidente del Consiglio dei Ministri e di altri membri del Governo, come il ministro Passera, per ovvie ragioni che non sto qui a ripetere, come il fatto che sono in ballo 700 milioni di euro da investire in Sardegna, per buona parte in manodopera, che si tratta della più grossa struttura immediatamente cantierabile, insomma per un sacco di ragioni.

Ma come dimenticare - mi rivolgo all'Assessore dell'industria, in questo caso, perché il Presidente non c'è - di richiamare alla sua responsabilità il Presidente della Regione? Va bene richiamare il ministro, il ministero e tutti coloro che hanno responsabilità di governo a livello nazionale, però non possiamo tralasciare il fatto che una delle principali responsabilità è ovviamente in capo alla Giunta regionale e al suo Presidente. Va sottolineato con forza il fatto che, nonostante questo Consiglio regionale abbia dato mandato, due anni fa, al Presidente della Regione di predisporre un piano energetico regionale, nulla è stato fatto. Questo va evidenziato con forza così come va richiamato alle sue responsabilità un Esecutivo regionale completamente latitante in questa materia, nonostante i continui richiami e nonostante la questione energetica sia uno dei temi principali su cui lavorare per dare una speranza al sistema produttivo industriale della Sardegna.

In questo senso, per dare una prospettiva e per non perdere l'indipendenza energetica della Sardegna - a proposito delle parole che vengono utilizzate spesso in quest'Aula - è assolutamente necessario fare in modo che i gruppi vecchi e obsoleti siano rimpiazzati da tecnologia avanzata e pulita per poter partecipare in maniera competitiva nei due mercati principali: il Mercato del giorno prima (MGP) e il Mercato per il servizio di dispacciamento (MSD). Noi tutti sappiamo, per quanto riguarda i prezzi del Mercato del giorno prima, che la Sardegna paga un prezzo dell'energia superiore di almeno il 15 per cento alla media nazionale. Sappiamo bene che in determinati momenti il prezzo dell'energia in Sardegna costa anche il 30 per cento in più rispetto al prezzo medio che si paga nel resto d'Italia, con punte più alte o più basse, ma questa è la media alla quale noi dobbiamo fare riferimento, ovvero, per tradurla in euro, in Sardegna paghiamo 74 euro a megawattora contro i 64 della media nazionale, in taluni casi abbiamo pagato e paghiamo tuttora 82 o 83 euro a megawattora contro i 63 euro che si pagano nel resto d'Italia. Questo per quanto riguarda il Mercato del giorno prima. Ma anche per quanto riguarda il dispacciamento paghiamo prezzi esagerati rispetto al resto d'Italia per la fornitura e l'emissione dalla centrale alla rete in cui deve arrivare la corrente elettrica.

Assessore, ci sono oggi nella nostra Isola due progetti, la cui realizzazione potrebbe segnare un'inversione di tendenza nella competitività del sistema termoelettrico isolano, ovvero il progetto carbone Sulcis e il progetto di riconversione dei gruppi a olio combustibile di Fiume Santo. L'uno potrebbe e dovrebbe, a mio avviso, essere legato all'altro. Il bacino carbonifero del Sulcis rappresenta una vasta fonte disponibile, quantificata in 1 miliardo e 500 milioni di tonnellate di carbone commerciale. Lo sfruttamento del giacimento è a carico della Carbosulcis Spa, società controllata dalla Regione, a totale partecipazione regionale, che costa alle nostre casse circa 25 milioni di euro all'anno e su cui occorre fare riflessioni approfondite per decidere anche sul suo utilizzo. Al momento l'impiego del carbone Sulcis è limitato esclusivamente alla sola centrale Sulcis di Portovesme, che lo utilizza miscelandolo per circa il 20 per cento con carboni esteri. L'attuale contratto con Enel prevede una fornitura annua di 300 mila tonnellate di carbone commerciale. E' chiaro che una miniera in queste condizioni non può stare in piedi perché il limite consentito per stare in piedi è la fornitura di 1 milione o 1 milione e 100 mila tonnellate di carbone commerciale. Per incrementarne l'impiego, Carbosulcis ha depositato un brevetto internazionale che permetterebbe l'utilizzo con un abbassamento del tenore di zolfo di circa il 30 per cento e un miglioramento del potere calorifico attraverso un processo che si chiama lisciviazione. Inoltre, la sua compatibilità ambientale nel cosiddetto progetto integrato "Carbone Sulcis" viene garantita attraverso un'integrazione col progetto di cattura e stoccaggio dell'anidride carbonica, che potrebbe avere nel bacino del Sulcis la sua sede naturale. Purtroppo, però, a oggi, Assessore, risulta evidente - abbiamo avuto modo di discuterne anche in altre occasioni -, al di là dei proclami, che l'utilizzo del carbone Sulcis non è tra le priorità di sviluppo del sistema energetico nazionale. Diversi elementi lo dimostrano, in primo luogo la mancata partecipazione della Carbosulcis al bando europeo per i progetti sulle centrali per il recupero dell'anidride carbonica e la conseguente assenza tra i competitori delle dodici centrali previste in Europa. La scelta già effettuata di conseguenza dal Governo nazionale è quella di realizzare a Brindisi il nuovo impianto pilota per lo stoccaggio e la cattura della CO2 che, una volta liquefatta, viene caricata su autocisterne e trasportata su strada fino a Cortemaggiore, in provincia di Piacenza. In questo senso, il Governo ha fatto le sue scelte in materia energetica e il peso della nostra Regione è stato totalmente assente o irrilevante, nonostante sia proprietaria della miniera e della concessione mineraria.

Per queste ragioni, Assessore, credo che il presidente Cappellacci, anziché mettere all'ordine del giorno della Giunta la nomina di nuovi consigli di amministrazione all'interno degli enti (fra questi la Carbosulcis e altre società partecipate interamente dalla Regione) e nominare persone che nulla hanno a che vedere con la gestione delle miniere e con la possibilità che queste possano essere rese competitive, che nulla sanno di carbone e della sua collocazione nel mercato o che hanno fatto la storia e dovrebbero essere collocate in pensione piuttosto che essere chiamate a condurre le miniere, dovrebbe preoccuparsi di scegliere per questo compito persone che hanno competenza in materia di miniere e di energia e sanno che cosa si deve fare. Da qui la responsabilità oggettiva della Regione, che non può tradursi anche nella questione che riguarda Porto Torres.

Il Presidente della Regione non è presente, ma credo che lei, assessore Zedda, che ritengo persona intellettualmente onesta, saprà trasferire il messaggio che io personalmente mando (l'ho fatto anche attraverso un'interrogazione presentata insieme alla collega Barracciu) per chiedere conto delle probabili nomine che dovrebbero essere fatte all'interno degli enti, e fra questi la Carbosulcis. E' assolutamente indecente quello che sta venendo fuori dai giornali e i nomi che circolano sono quelli di persone che di miniera non sanno assolutamente niente. Così è purtroppo la storia di Fiume Santo, dove conta poco l'attenzione della Regione, e poca attenzione c'è stata certamente da parte del Governo nazionale.

Sono tutte vere le cose di cui parlava il collega Maninchedda; molte delle cose che sono state sostenute le condivido, però il fatto è che siamo ancora una volta di fronte a una multinazionale, in questo caso a un gruppo tedesco che ha sottoscritto anche con la Regione sarda degli accordi. I due gruppi obsoleti a olio combustibile devono essere sostituiti con un nuovo impianto e bisogna fare in modo che questo sia fatto. Inoltre sarebbe utile approfondire, io credo, una discussione sul cosiddetto progetto Matrica, a Porto Torres, sull'utilizzo delle biomasse vegetali, sulla chimica verde, un grande e interessante progetto del quale ora non posso parlare perché il tempo a mia disposizione sta per terminare, però tutta la questione sulla produzione di bioplastiche e biolubrificanti e sulla costruzione di una centrale da 40 megawatt alimentata da biomasse è interessantissima e occorrerebbe discuterne. Al momento non posso fare altro che rilevare che la Giunta anche su questo è soltanto ai proclami: una centrale che dovrebbe fare gli studi, una raffineria che dovrebbe fare gli studi, un centro pilota del quale certamente gli anni di lavoro non sembrano essere lì perché le cose possano essere realizzate.

Concludo dicendo che oggi il Consiglio è chiamato a discutere questa mozione su Fiume Santo. Fiume Santo deve sostituire il primo e il secondo gruppo a olio combustibile con la centrale a carbone, e lo deve fare rapidamente. Le responsabilità sono del Governo, che va richiamato, ma se questa Giunta regionale non ha un piano energetico, non sa qual è la strada che deve seguire, non sa quali sono gli obiettivi, dove vogliamo andare?

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Giampaolo Diana. Ne ha facoltà.

DIANA GIAMPAOLO (P.D.). Assessore Zedda, il 21 marzo di quest'anno il Consiglio regionale ha approvato all'unanimità una mozione sottoscritta da tutti i Capigruppo e di cui era primo firmatario l'onorevole Giacomo Sanna. Voglio leggerne il dispositivo finale perché le chiederei la cortesia di dirci che cosa ha fatto al riguardo il Governo regionale dal 21 marzo a oggi relativamente: "Il Consiglio regionale (…) impegna il Presidente della Regione: 1) a una verifica puntuale sullo stato dell'arte dell'attuazione dell'intesa stipulata con E.ON nell'agosto del 2010; 2) a chiedere a E.ON che proceda alla demolizione dei gruppi 1 e 2 a olio combustibile, in quanto dichiarati fuori norma, e ad attivare immediatamente la costruzione del quinto gruppo e vincolare a esso le restanti concessioni del fotovoltaico; 3) a intervenire nei confronti della società tedesca nel chiedere una tempistica accerta nel porre rimedio alle inadempienze segnalate; 4) a procedere alla revoca dell'intesa sottoscritta e a tutti gli atti conseguenti a essa qualora venissero riscontrati gravi e irrimediabili danni alla collettività sarda; 5) a verificare se il vero obiettivo di E.ON sia quello di vendere l'intero impianto, come già divulgato da diversi giornali". Sono trascorsi due mesi e credo sia utile, Assessore, che lei ci dica qualcosa relativamente agli impegni che il Consiglio all'unanimità chiese, in quella occasione, al Presidente della Regione e all'intera Giunta.

Ho voluto non a caso richiamare il fatto che due mesi fa questo Consiglio si è impegnato in una discussione importante, così come sta facendo oggi sulla mozione del collega Diana. Noi dobbiamo interrogarci su che cosa, rispetto a questa vicenda, possiamo fare come sistema istituzionale sardo. Siamo di fronte ad autorizzazioni - ricorda la mozione illustrata da Mario Diana - che partono dalle autorizzazioni rilasciate nel 2007 e che conosciamo tutti. Sono trascorsi cinque anni ed è inaccettabile che non ci sia ancora il pieno rispetto di tutte le condizioni che erano a latere delle autorizzazioni del 2007. Io però vorrei dire questo, assessore Zedda, la pregherei di seguirmi per pochi minuti: nel 2007 quelle autorizzazioni non vennero rilasciate semplicemente per quella che sembrava essere la bontà del progetto, ma perché facevano parte - stiamo parlando, ripeto, del 2007 - di una programmazione e di una pianificazione del nostro sistema energetico regionale per rispondere, nella fattispecie, al fabbisogno di energia elettrica. Quando si fa una programmazione energetica e si pianifica il da farsi, lo si fa in una prospettiva di almeno venticinque anni, perché tra l'altro venticinque anni sono l'età media di una centrale convenzionale. Quindi è doveroso che chi ha il compito, come il Governo regionale, di fare programmazione energetica abbia di fronte questa scansione temporale. Quelle autorizzazioni erano un pezzo di una programmazione energetica esitata dalla Giunta regionale di allora e se non ricordo male - chiedo supporto ai colleghi presenti nella passata legislatura - anche dalla Commissione competente; non è arrivata in Consiglio regionale, ma è comunque uno strumento di pianificazione energetica e di programmazione. In quello strumento di programmazione, onorevole Diana, si faceva riferimento, ovviamente, al fabbisogno di energia elettrica per i prossimi venticinque anni in Sardegna e si diceva anche che era un fabbisogno di un certo tipo, soprattutto del cliente industriale che ha caratteristiche energivore, come si verifica certamente a Portovesme, ma anche nel segmento chimico, almeno in quello del clorosoda. In quella programmazione si individuava la riqualificazione di alcuni impianti e la costruzione di nuovi impianti convenzionali, ma c'era anche la parte relativa alle fonti energetiche rinnovabili.

Dico questo per significare, assessore Zedda, che il fabbisogno verificato allora oggi non è sensibilmente diverso. Noi abbiamo bisogno come l'aria che quella programmazione venga rispettata; abbiamo bisogno che il gruppo da 400 megawatt alimentato a carbone e realizzato con la tecnologia di cui si è detto, che ha un ottimo rendimento, venga realizzato. Tra l'altro, il sito di Fiume Santo sotto l'aspetto infrastrutturale è il sito meglio dotato in Sardegna e tra i migliori in Italia e consente, proprio per questa ragione, di rendere più efficace e maggiormente economico quell'impianto a carbone, perché il costo del chilowattora al morsetto è inferiore rispetto a qualsiasi altro impianto alimentato a carbone nel resto del Paese. E' anche tra i siti migliori in Europa, questo vorrei sottolinearlo per evitare, nella distrazione a cui spesso ci obblighiamo, di sottovalutare aspetti di vitale importanza sotto il profilo economico e quindi della competitività del nostro sistema economico.

Noi stiamo discutendo di questo, e allora sono vere le cose che dice la mozione presentata dal collega Diana. Credo che dobbiamo evitare esercizi di partigianeria per questo o quell'imprenditore, per questa o quell'impresa. Dobbiamo sviluppare un'altra funzione, che è quella di verificare l'affidabilità dei soggetti industriali a cui il Governo regionale e la Sardegna concedono autorizzazioni che comunque consumano valore del territorio. E proprio perché è inevitabile che consumino valore del territorio non possiamo permetterci il lusso di fare scelte sbagliate e tanto meno condizionate da partigianeria, quale che sia la bandiera. Noi abbiamo il dovere, entro trenta giorni, e sono anche troppi, assessore Zedda, di coinvolgere i massimi livelli del Governo nazionale, e le dico questo: non trattate con E.ON Italia, perché è un Gruppo dirigente che non ha nessuna credibilità, con il quale non si può trattare, significa perdere tempo. Bisogna verificare immediatamente, con il coinvolgimento dei due governi nazionali, quali sono le reali intenzioni di E.ON rispetto agli impegni assunti su Fiume Santo. Se E.ON rivede quegli impegni, assessore Zedda, lei si deve assumere la responsabilità di revocare anche quanto avete già autorizzato per quanto riguarda il fotovoltaico, e cioè non soltanto i 30 megawatt che restano. Cancellate tutto, non sarete soli, in quel caso, le assicuro, la Giunta non sarà sola. Non si può concedere nemmeno un chilowatt, non solo un megawatt, a chi non rispetta gli impegni di questa natura. Quindi noi dobbiamo fare questo immediatamente, assessore Zedda, e le chiedo un impeegno in questa direzione. Altre cose, non offendetevi, sono fantasie e voli pindarici. Io non ho nulla contro Clivati, non ho nulla contro nessuno, ma voglio giudicare la bontà dei progetti. Intanto c'è un impegno di E.ON e voglio portarlo a termine e se E.ON non lo rispetta chiedo che paghi. Non voglio liberarmi di chi non rispetta gli impegni, chiedo che paghi e parecchio, e soprattutto cancello anche quanto già autorizzato.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Campus. Ne ha facoltà.

CAMPUS (P.d.L.). Forse andrò un pochino fuori tema su alcuni aspetti, però credo sia importante, anche se ne hanno già parlato molti colleghi, partire dall'anamnesi della situazione, da quando i grandi gruppi di potere italiani, per la verità insieme a quelli che venivano allora considerati i padri nobili di quest'Isola (non so se con la loro complicità oppure a seguito di loro pressioni), scelsero di optare per quel sogno della grande industria di base nella nostra isola che poi si è dimostrato - ma già allora molti lo dicevano, troppo pochi forse per poterlo contrastare - erroneo, fallace, direi quasi criminale. Ed ecco che si scelse di sacrificare un'area naturalistica e ambientale di enormi potenzialità turistiche, e quindi di crescita, come il Golfo di Marinella, per inseguire questo sogno sbagliato. In questo crescendo wagneriano di autolesionismo spunta la centrale elettrica dell'Enel. Per chi ha la memoria corta ricordo che una volta costruito il primo gruppo ci furono gli scioperi, le mobilitazioni sindacali, perché non era possibile mandare a casa gli operai che avevano costruito il primo gruppo. Quindi si costruì il secondo gruppo e poi il terzo e il quarto. Quando il sogno si era già dimostrato fallace e aveva iniziato a mietere vittime in quel territorio, sotto forma di centinaia di licenziamenti, l'Enel decise - anche questa è memoria che dobbiamo tenere - di trasformare quei gruppi in impianti che potessero bruciare il peggiore combustibile esistente al mondo. Vi ricordate l'Orimulsion, ovvero il fango dell'Orinoco? Ebbene, l'Enel portò questo in quei gruppi.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE COSSA

(Segue CAMPUS.) Il sogno industriale era fallito, però con il ricatto occupazionale ci dissero: "Bisogna bruciare questo combustibile o chiudiamo". Accettammo. La Sardegna, la politica sarda, qualcuno protestò, qualcun altro invece supinamente accettò. Bruciare un combustibile che, vi ricordo, era talmente inquinante da richiedere un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri per innalzare la soglia di inquinamento ambientale dell'aria e del suolo, altrimenti non lo si sarebbe potuto bruciare. Questo fece l'Enel, ci regalò l'Orimulsion, e quando questo combustibile iniziò a corrodere sia gli impianti che i serbatoi, l'Enel capì che doveva iniziare a investire in qualcosa. Allora si iniziò a parlare di carbone, però erano necessari degli investimenti e l'Enel cominciò a valutare la possibilità di andarsene, di non investire in un territorio che noi gli avevamo consentito di distruggere e di avviare le procedure di dismissione. Quando finalmente si attivò la possibilità per i gruppi 3 e 4 di bruciare il carbone che, a conti fatti, nonostante una maggiore sensibilità ambientalista che in quegli anni finalmente aveva iniziato a manifestarsi anche nel nostro territorio, si era dimostrato comunque il danno minore e forse l'unica scelta intelligente in questa lunga teoria suicida da parte dei sardi per il proprio territorio, arrivarono i nuovi proprietari, gli spagnoli dell'Endesa. Però anche l'Endesa dopo un po' si accorse che era necessario investire e, forse per necessità aziendali, per un quadro di gestione che una multinazionale deve certamente avere, di fronte alla necessità di intervenire in particolare sui gruppi 1 e 2, perché era chiaro che bisognava chiuderli in quanto non solo necessitavano di un innalzamento, come era successo per l'Orimulsion, delle soglie di tollerabilità ambientale (il che non significa, badate bene, innalzare le soglie della capacità della terra, dell'aria, dell'organismo di sopportare quell'inquinamento, si tratta solo di mettere un bollo che anche se fa male è legale, ed è ciò che fu fatto in quei territori), ma c'era il rischio che crollassero, decise di vendere. Ed ecco che arrivarono i tedeschi dell'E.ON. Vi ricordate? Grandi mobilitazioni della politica, della Giunta, della Presidenza della Regione: "Dobbiamo far avere loro i visti perché bisogna intervenire, costruire subito il quinto gruppo, per poter chiudere i gruppi 1 e 2". Però ci chiesero di mettere una ciliegina su questo supporto politico offerto con così tanto entusiasmo ancora una volta da una Sardegna sempre pronta a mostrare le terga, ci chiesero anche un cadeau, ovvero poter realizzare anche un parco fotovoltaico. Per carità, che sarà mai! Diamo loro un altro pezzo di terra tanto l'abbiamo già inquinata, distrutta, mortificata, facciamo fare a E.ON anche un "parchetto" fotovoltaico! Stranamente, però, il parco fotovoltaico, investendo poco sia in termini finanziari sia in termini di occupazione, è già realizzato, quello che manca è tutto il resto. E allora, dopo aver preso questo gentile regalo, non solo non si investe, ma si riduce, si chiude e si parla di licenziamenti.

Io personalmente non ho né il tempo né forse la preparazione per parlare di autonomia energetica e di che cosa dovrebbe fare la Sardegna, mi domando, però, questo sì, perché ho memoria di quello che è successo in questi anni, se come Regione ne abbiamo l'autorità sia tecnica che morale, posto che ci siamo svenduti tanti anni fa e oggi siamo così deboli da dover essere costretti a difendere quei pochi posti di lavoro che ci sono costati interi pezzi del nostro territorio senza peraltro, in questo caso specifico, averne neppure il minimo vantaggio sui costi energetici. Allora è giusto che oggi da questo Consiglio si alzi una voce di protesta, l'ennesima; è giusto chiedere a E.ON il rispetto degli accordi, il rispetto della nostra dignità; è giusto pretendere la doverosa, sostanziale tutela da parte del Governo. Non parlo dello Stato, che è un'altra cosa, lo Stato ha la "S" maiuscola, l'ho già detto in questo Consiglio, ma parlo del Governo, dei suoi uomini, dei suoi ministri, di chi ha il dovere di guidare il Paese e che per quanto sia un tecnico, scelto al di fuori dei normali canali della democrazia, per quanto sia un professore - non ho niente poi, voi capite, contro i professori -, non può sentirsi svincolato dai doveri di una dignitosa rappresentanza di tutto il territorio nazionale e quindi anche di quest'Isola. Però chiediamoci innanzitutto se siamo capaci, anzi credo che la voce verbale più corretta, visto il pregresso, sia se saremo capaci d'ora in poi di fare davvero scelte lungimiranti pensando ai sardi, alla Sardegna, al territorio e non semplicemente alla facilità di apparire su una pagina di giornale, al plauso magari dei sindacati per qualche posto di lavoro salvato o che addirittura potrebbe crearsi. Dobbiamo fare scelte lungimiranti che puntino davvero a salvare la terra, la gente, la dignità di quest'Isola e mostrare finalmente che siamo capaci non solo di chiedere, ma anche di autogovernarci.

PRESIDENTE. Come già peraltro era stato detto in sede di Conferenza dei Capigruppo, l'Assessore dell'industria mi chiede di ricordare ai colleghi che aveva già fissato alcuni importanti incontri a partire dalle ore 12. Siamo sul piano della cortesia e quindi solo per questo lo faccio presente all'Aula.

E' iscritto a parlare il consigliere Daniele Cocco. Ne ha facoltà.

COCCO DANIELE (I.d.V.). Presidente, cercherò di essere più breve del solito. Il dottor Campus ha fatto anche questa volta un'ottima anamnesi, una buona diagnosi, ma manca sempre la terapia, purtroppo. Berlusconi prometteva, ahimè, Monti neanche quello. Al peggio davvero non c'è limite!

Diceva prima il collega Maninchedda che il ministro Passera rappresenta un sistema di interessi che agisce esclusivamente contro la Sardegna, e come dargli torto! Come è stato giustamente detto, nel lontano 10 gennaio 2007 si siglava a Roma un importante protocollo d'intesa tra la Regione ed Endesa per la riconversione della centrale di Fiume Santo. Quell'accordo prevedeva la demolizione dei gruppi di produzione 1 e 2 da 360 megawatt marcianti a olio combustibile a basso tenore di zolfo entro il 1° gennaio del 2008. Siamo a maggio del 2012. Tra gli impegni assunti da E.ON Italia nell'acquisizione di Endesa rientrava prioritariamente la realizzazione dei progetti previsti nel protocollo d'intesa con la Regione per la centrale di Fiume Santo.

Allora, in oltre quattro anni E.ON non solo non ha onorato alcuno degli impegni assunti, in particolare la realizzazione del nuovo impianto a ciclo supercritico da 450 megawatt alimentato a carbone, ma ha posto in essere una politica industriale parassitaria e predatrice, tesa a realizzare il massimo utile sfruttando all'estremo l'esistente, trascurando persino fondamentali processi di manutenzione e revisione degli impianti, con prevedibili rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori. Ne abbiamo avuto degli esempi clamorosi nell'immediato passato. Emblematici, infatti, sono stati in questo senso due episodi: il disastro ambientale della "marea nera" riversatasi (proprio da uno dei due stabilimenti a olio combustibile, che avrebbero dovuto essere smantellati e che invece tuttora operano in regime di deroga) sulle coste sarde nel gennaio del 2011 e, sei mesi dopo, nel luglio del 2011, e il grave incidente sul lavoro che ha causato l'intossicazione di quattro operai a seguito di una gigantesca fuoruscita di cenere da un serbatoio. Nonostante la società si sia sempre trincerata dietro l'errore umano, risultano invece palesi il progressivo abbassamento della soglia di sicurezza degli impianti e parimenti le condizioni di crescente stress psicofisico in cui sono costretti a operare i suoi dipendenti con conseguente incremento del rischio di incidenti sul lavoro, di danni per l'ambiente e per la stessa incolumità dei lavoratori.

Ho letto parte di una mia interrogazione di alcuni mesi or sono e su questo vorrei dire alla Giunta che se si prestasse più attenzione a questo strumento probabilmente alla soluzione di qualche problema si potrebbe arrivare un pochino prima. Non ripeto tutto quello che è stato detto, ringrazio l'onorevole Diana che ha posto all'attenzione del Consiglio questo gravissimo problema, sul quale vedo che non c'è grande interesse neanche da parte della Giunta. Se a tutti gli interventi che si sono succeduti in quest'Aula conseguissero atti e fatti concreti potremmo dire di aver fatto un bel passo avanti. Purtroppo credo che ancora una volta non sarà così per alcune situazioni che hanno ben rappresentato i colleghi, tra cui il mio omonimo Pietro Cocco.

Ringrazio, ripeto, l'onorevole Diana che come Capogruppo del P.d.L. ha messo la firma su questa mozione che io condivido appieno e che credo tutto il Consiglio debba sostenere perché dia alla Giunta, all'Assessore dell'industria e al Presidente della Regione quello stimolo necessario affinché davvero - ma lo stiamo dicendo da troppo tempo - si alzi la voce su un tavolo che, secondo me, va rovesciato perché, come dicevo poc'anzi, credo che con l'avvento dei tecnocrati la situazione non sia migliorata. Non è migliorata né in Italia né in Sardegna e forse ci stiamo incanalando in un tunnel rispetto al quale non si intravedono vie d'uscita. Credo, quindi, che su quel concetto di sovranità, tanto caro agli amici sardisti, dovremmo riflettere attentamente tutti.

PRESIDENTE. Comunico all'Aula che l'onorevole Zuncheddu è rientrata dal congedo.

E' iscritto a parlare il consigliere Bruno. Ne ha facoltà.

BRUNO (P.D.). Intervengo brevemente, Presidente, anche per i motivi che ci ha poc'anzi indicato. Mi pare che siamo comunque nell'alveo del conflitto Stato-Regione, quindi di fatto nel proseguimento della discussione che abbiamo avviato ieri e anche nella ricerca, onorevole Campus, di un modello di sviluppo alternativo, fatte le premesse che in parte condivido. Mi dispiace che non ci sia il Presidente della Regione, il quale ha preferito anche oggi adempiere ai suoi doveri di rappresentanza: è a Sassari per incontrare i "sassarini". A volte bisogna anche capire che ci sono delle priorità; va bene la rappresentanza, ma c'è anche la rappresentanza degli interessi della Sardegna che in alcuni momenti bisogna davvero prendere a cuore, e stiamo parlando di un problema serio, serissimo.

Io credo che siamo di fronte a una situazione paradossale. Da tempo E.ON ha le autorizzazioni per la realizzazione del nuovo impianto di Fiume Santo e oggi con un no deciso di fatto mette in discussione una prospettiva di sviluppo. Sono le cose scritte nella premessa della mozione che ha come primo firmatario Mario Diana; premessa che mi pare corretta in quanto rispecchia una condizione reale. Avrei delle perplessità sull'apertura così marcata al gruppo Clivati-Indorama, credo che si possa anche cogliere qualche timido accenno da parte di altri gruppi, però, al di là di questa piccola considerazione, possiamo sintetizzare la mozione di oggi semplicemente dicendo che se il quinto gruppo a carbone non è più nei suoi piani strategici, E.ON deve sgomberare il campo, deve essere costretta a bonificare e a lasciare spazio a chi invece è interessato a investire sul nostro territorio. Restano in marcia i gruppi 1 e 2, attivi in deroga a tutte le norme sulla tutela ambientale - ci sono stati interessanti interventi anche da questo punto di vista, tra cui quello dell'onorevole Planetta -, mentre per i gruppi 3 e 4 si prevede una vita industriale al massimo di cinque o sette anni, cioè nel giro di cinque o sette anni anche i gruppi 3 e 4 dovranno essere chiusi perché avranno raggiunto i trent'anni d'esercizio e mancherà alla Sardegna la produzione di circa 600 megawatt che avevano giustificato il cavo SAPEI.

La Regione, assessore Zedda, è inesistente, il Governo nazionale è latitante. Di fronte a questa situazione abbiamo un territorio compatto che, al di là delle premesse, chiede in maniera unitaria il rispetto degli impegni. Serve però una politica industriale, serve un piano energetico regionale, serve una presa di posizione autorevole da parte del Governo regionale. Assessore, in merito al punto 1) del dispositivo della mozione io direi che si debba porre una condizione nel favorire l'apertura a soggetti di comprovata solidità economica operanti nel settore affinché vi siano rassicurazioni ampie sia per l'investimento sia per il prosieguo dell'esercizio della centrale, evitando altri possibili effetti catastrofici sull'occupazione. Sul punto 2) sono d'accordo perché ci sia una sollecitazione autorevole del Governo italiano. Aggiungerei, assessore Zedda, ed è stato già detto dal capogruppo Giampaolo Diana, che in attesa che gli impegni sottoscritti da E.ON trovino una realizzazione in solido si rende necessario bloccare qualsiasi autorizzazione richiesta da questa società, comprese quelle in attesa di rilascio. Oserei dire che se ci sono cavilli - li cerchi, Assessore - da poter utilizzare per sospendere le autorizzazioni in essere (vedi parco fotovoltaico) bisogna utilizzarli tutti e mettere in mora E.ON. Sul punto 3) ho già detto, personalmente non sono molto fiducioso, però mi sembra comunque un'ipotesi da esplorare quella di lasciare spazio ad altri possibili investitori. Sul punto 4) anche noi abbiamo avuto di fatto le stesse notizie, onorevole Mario Diana, del resto trovo veramente difficile che il Governo italiano possa scontrarsi con la cancelliera Merkel, figuriamoci se creerà un incidente diplomatico su questa partita, però credo che l'autorevolezza della Regione debba spingere fino a questo punto. Sulla richiesta di accertamento dell'adeguatezza delle decisioni assunte da Terna Spa, credo che ci sia poco da accertare. I gruppi 1 e 2 a olio combustibile sono la cosiddetta riserva rotante, che regola la frequenza di tutta la rete nazionale. Quindi il forte sbilanciamento che il fotovoltaico sta immettendo in rete viene regolato grazie a questi impianti. Oggi non esiste, Assessore, un piano energetico regionale, né tanto meno ne esiste uno nazionale. In questa situazione il gestore della rete, se gli necessita, farà esercire quei gruppi inquinanti, mantenendoli in deroga prolungata, facendo pagare ogni megawattora circa 400 euro, contro i 40-60 euro normali. Una bella convenienza per l'azienda: non spende più un euro in ammodernamento tecnologico e guadagna dieci volte di più sul megawattora prodotto!

Sul sesto punto sono totalmente d'accordo, bisogna sancire l'obbligo della bonifica, che del resto mi pare possa costare a E.ON quasi quanto fare il gruppo nuovo. Dobbiamo mettere in mora E.ON, esercitando tutta la pressione, tutta l'autorevolezza politica di cui siamo capaci.

PRESIDENTE. Per i motivi che ho già esposto, siamo costretti a sospendere la seduta. I lavori del Consiglio riprenderanno questo pomeriggio alle ore 16.

(Interruzione del consigliere Steri)

PRESIDENTE. Onorevole Steri, la Presidente mi ha informato che si è deciso di non discutere quella mozione. Poi, naturalmente, l'Aula è sovrana.

Sull'ordine dei lavori

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Felice Contu. Ne ha facoltà.

CONTU FELICE (U.D.C.-FLI). Presidente, le Commissioni sono state convocate alle ore 16, quindi si intendono rinviate?

PRESIDENTE. Certo, se i lavori continuano le Commissioni si intendono rinviate. Sospendo la seduta per cinque minuti e convoco la Conferenza dei Capigruppo per concordare il prosieguo dei lavori.

(La seduta, sospesa alle ore 12 e 02, viene ripresa alle ore 12 e 08.)

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE LOMBARDO

PRESIDENTE. La Conferenza dei Capigruppo ha deciso di riprendere i lavori questo pomeriggio, alle ore 15. Le Commissioni che erano già state convocate possono proseguire i loro lavori sia adesso sia dopo le 18, ora entro la quale il Consiglio concluderà i propri lavori.

La seduta è tolta alle ore 12 e 09.