Seduta n.8 del 01/04/2009
VIII Seduta
Mercoledì 1° aprile 2009
(POMERIDIANA)
Presidenza della Presidente LOMBARDO
La seduta è aperta alle ore 16 e 55.
CAPPAI, Segretario, dà lettura del processo verbale della seduta del 25 marzo 2009 (2), che è approvato.
PRESIDENTE. Comunico che i consiglieri regionali Paolo Dessì, Giampaolo Diana, Gavino Manca, Efisio Planetta e Pierpaolo Vargiu hanno chiesto congedo per la seduta pomeridiana del 1° aprile 2009.
Poiché non vi sono opposizioni, i congedi si intendono accordati.
Annunzio di presentazione di proposta di legge
PRESIDENTE. Comunico che è stata presentata la seguente proposta di legge:
Rassu: "Istituto sardo per il cavallo". (4)
(Pervenuta il 31 marzo 2009 e assegnata alla quinta Commissione.)
Continuazione della discussione sul programma di legislatura del Presidente della Regione
PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la continuazione della discussione sul programma di legislatura del Presidente della Regione.
Poiché non vi sono altri iscritti a parlare, ha facoltà di replicare il Presidente della Regione.
CAPPELLACCI (P.d.L.), Presidente della Regione.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, voglio innanzitutto rivolgere un ringraziamento sentito a tutti, consiglieri di maggioranza e di opposizione, per il contributo dato al dibattito. Ho riscontrato apprezzamenti ma anche forti critiche che, però, nel complesso non hanno mai oltrepassato il confine del rispetto e nelle quali ho cercato di cogliere, sempre, suggerimenti e aspetti costruttivi. Mi spiace tuttavia constatare come, in pochissimi casi, quel limite sia stato oltrepassato e alla critica costruttiva siano state preferite falsità, talvolta offese gratuite e inaccettabili provocazioni.
Su queste provocazioni consentitemi di fare una sola considerazione; la farò oggi e per me varrà come principio generale per tutta la legislatura. Chi pensa ancora che la politica sia rissa e provocazione è ovviamente libero di pensarlo, non spetta a me giudicare o valutare, lo hanno già fatto i sardi, lo hanno fatto in modo netto e senza lasciare dubbi; forse sarebbe più utile per la Sardegna che qualcuno ne prendesse atto, che facesse autocritica, se ne facesse una ragione, sarebbe un buon momento per riflettere sui molti errori commessi e da quelli ripartire per dare contributi costruttivi ai problemi che dobbiamo affrontare.
Molti consiglieri di opposizione, con spirito costruttivo, hanno voluto rimarcare con preoccupazione che hanno trovato il programma di governo un insieme di buone enunciazioni ma con poca attenzione alle modalità di attuazione, agli strumenti, ai fatti concreti. Mi pare evidente che non potesse che essere così, e che le basi del programma di legislatura altro non possano essere se non le linee guida, le opzioni metodologiche, gli assunti di base e i principi ispiratori intorno ai quali sarà poi costruito il programma di governo.
Come è noto, infatti, ai sensi della nuova normativa regionale in tema di programmazione, bilancio e contabilità (la legge numero 11 del 2006), la Giunta regionale entro sei mesi dal suo insediamento dovrà provvedere a predisporre il nuovo Programma regionale di sviluppo che definirà, in maniera univoca, le strategie, gli obiettivi, i progetti e i risultati attesi dell'azione di governo per tutta la legislatura. Sarà quello il banco di prova per valutare compiutamente la nostra proposta. Per questo motivo dedicherò alcune considerazioni sul metodo che intendiamo utilizzare per la elaborazione del Programma regionale di sviluppo.
Sulle critiche per la mancanza di fatti concreti, consentitemi di rimarcare, anche per sottolineare un approccio molto pragmatico (l'approccio che intendiamo dare alla nostra azione di governo), come in tempi molto ristretti la Giunta regionale abbia già dato prova, grande prova, di tempestività e di concretezza. I problemi che abbiamo di fronte sono complessi e le stesse soluzioni non possono essere improvvisate, ma su alcune emergenze che stanno colpendo la nostra isola alcune risposte sono state date e le soluzioni, anche grazie alla proficua collaborazione con il Governo, sono state correttamente impostate.
Sto pensando alla grave crisi del comparto metallurgico del Sulcis per il quale, in questi giorni, è stata siglata una delicata intesa che riguarda il presente e il futuro di Eurallumina; sono state inoltre poste le basi per affrontare in modo costruttivo la difesa dei livelli produttivi per il rilancio di Alcoa e Portovesme. Non dobbiamo inoltre dimenticare che, con riferimento al contenimento dei costi energetici, per le nostre imprese energivore è in via di definizione l'entrata in vigore delle nuove disposizioni legate al riconoscimento per la Sardegna della possibilità di acquisto e cessione di capacità produttiva virtuale, che consentirà la riduzione tariffaria e il conseguente abbattimento dei costi di produzione delle nostre imprese.
Nel contempo, data la grave crisi di molti comparti produttivi, con una celerità, salutata con grande apprezzamento dalle stesse parti sindacali e datoriali, sono state avviate tutte le procedure per l'attivazione degli ammortizzatori sociali, ordinari ed in deroga. E' stata inoltre scongiurata la chiusura dello stabilimento Queen di Macomer, con un programma di graduale reinserimento lavorativo di oltre 150 dipendenti, e per i prossimi giorni sono stati già programmati gli incontri con i principali attori del settore tessile della Sardegna centrale per le opportune valutazioni e per la individuazione delle possibili soluzioni alla questione della Legler. E il mio ritardo in Aula è legato proprio ad uno di questi incontri che ho appena tenuto.
Ma mi voglio riferire ancora alla firma di una fondamentale intesa per le sorti della chimica in Sardegna. Siamo convinti che la chimica sia ancora fondamentale per lo sviluppo economico della Sardegna e che rappresenti un settore strategico per l'intero sistema industriale del Paese; ed è proprio grazie all'impegno convinto del Governo nazionale, del Presidente del Consiglio, del Ministro per le attività produttive, che nei giorni scorsi è stato firmato l'accordo con il nuovo soggetto industriale, la Safi del Gruppo Sartor, che subentra alla multinazionale Ineos. E'un accordo che scongiura una crisi irreversibile del settore e pone le basi per un reale rilancio della chimica con la ripresa dei contenuti di quell'Accordo di programma firmato a Roma il 14 luglio del 2003; un Accordo fortemente voluto da tutto il territorio della nostra regione, con il coinvolgimento convinto della parti sociali e datoriali, ma rimasto clamorosamente fermo al palo.
Sono convinto che la firma tra Ineos e il Gruppo Sartor sia solo l'inizio di una nuova stagione della chimica nel nostro Paese, ma sono anche convinto che si sia perso tempo prezioso e che vi siano ancora questioni rilevanti da risolvere; per questo abbiamo già chiesto al Governo che attivi al più presto il tavolo nazionale sulla chimica, dove sia possibile affrontare in modo integrato e funzionale tutte le partite aperte. Intendiamo in particolare vigilare sul ruolo dell'Eni in questa delicata materia.
Il Governo nazionale deve formulare indirizzi di politica industriale più chiari e perentori alla sua controllata; dal nostro punto di vista la posizione di Eni di disimpegnarsi dall'industria chimica non è più attuale né accettabile, il settore produttivo nazionale e regionale ne risulterebbe devastato. Non è accettabile che il deficit della bilancia dei pagamenti della chimica di base in Italia abbia raggiunto il livello insostenibile di 12 miliardi di euro all'anno.
Due sono pertanto le questioni prioritarie che intendiamo portare all'attenzione del Governo. La prima, a seguito dell'accordo Ineos-Sartor, di questi giorni, è necessario dare immediata attuazione al consolidamento della filiera Cloro-PVC a livello regionale e nazionale, considerando i Piani sardo e veneto complementari e indispensabili l'uno all'altro in base a quanto già previsto dall'accordo del dicembre 2003. Procedere da subito, con il pieno coinvolgimento di Eni, ad un'analisi delle criticità delle produzioni di Polimeri Europa a Porto Torres, individuando le azioni e gli investimenti capaci di dare sostenibilità industriale alle attività esistenti ed eventualmente ad attività aggiuntive e complementari.
Le positive interlocuzioni avviate con il Governo, inoltre, hanno già consentito di ribadire, in modo chiaro e inequivocabile, che alcune fondamentali infrastrutture per la nostra Isola non sono in discussione. Mi riferisco in particolare alla Sassari-Olbia, sulla quale non può esistere alcun dubbio sulla sua realizzazione. Ancora, in agricoltura sono stati sbloccati dalla Giunta gli aiuti alle aziende agricole e gli indennizzi alle imprese ittiche. Non va inoltre dimenticato che la Giunta regionale, in una delle sue prime sedute, ha già varato alcuni importanti provvedimenti per spendere al meglio i fondi POR, la cui scadenza dei termini è fissata al prossimo 30 giugno, e scongiurare quindi il disimpegno automatico di queste risorse e la loro restituzione.
È stato, a tal fine, introdotto un principio di flessibilità tra misure in grado di garantire non solo il completo utilizzo delle risorse assegnate, ma anche la capacità di assorbirne ulteriori. Verrà, di fatto, attuata un'automatica forma di compensazione tra le misure virtuose e quelle su cui si sono registrate maggiori difficoltà di spendita. E a proposito di rischio disimpegno, restituzione di risorse, consentitemi di correggere alcune imprecisioni che ho sentito nel corso del dibattito, con riferimento in particolare ai FAS.
Si è sostenuto, con leggerezza preoccupante e per certi versi falso allarmismo, che alla Sardegna sarebbero stati sottratti dal Governo nazionale oltre 4 miliardi di fondi FAS. Chi fa queste critiche dovrebbe sapere che vi è una distinzione sostanziale tra fondi FAS regionali, che assorbono la gran parte di quei 4 miliardi richiamati, che non sono mai stati messi in discussione da nessuno e sono pertanto nella piena disponibilità della Sardegna, e fondi FAS nazionali, da programmare di concerto con le Regioni. Fondi che il Governo ha destinato, per una parte, alla copertura degli interventi (fra i quali il potenziamento delle misure riguardanti l'estensione degli ammortizzatori sociali) per fronteggiare la grave crisi del nostro Paese, e per una parte ha creato un fondo, pari a circa 9 miliardi, che comunque potrà essere negoziato con le Regioni per gli interventi strategici e per il rilancio della competitività.
Peraltro, mi corre l'obbligo di ricordare a questo Consiglio come, in pochi mesi di governo, la Giunta regionale, proprio sulle risorse del FAS, abbia preso atto delle gravi penalizzazioni e conseguenti disimpegni di risorse, per incapacità di spesa, riguardanti molti programmi mai avviati o completati dalla precedente Giunta. Stiamo parlando di oltre 200 milioni di euro che, fortunatamente, per la gran parte, sono stati riassegnati dal Governo nazionale per la copertura delle spese del G8. Voglio inoltre ricordare che la manovra finanziaria per il 2009, data la complessità degli interventi per le emergenze e la delicatezza dei temi da affrontare, ha previsto la costituzione di un ufficio speciale, di natura interassessoriale, una sorta di unità di crisi, presso la Presidenza della Giunta.
E' solo uno dei principali interventi che qualificano questa manovra finanziaria che, esitata dalla Giunta in pochissimo tempo, è già all'attenzione di questo Consiglio regionale, dopo aver ricevuto l'assenso delle parti sociali e datoriali. Una manovra che, come preannunciato, introduce un pacchetto di interventi per contrastare le emergenze e le povertà, con azioni di difesa dei redditi delle famiglie e del lavoro, del tessuto produttivo, e interventi di più facile accesso al credito per le imprese in questa difficile congiuntura economica. Ma è una manovra che, in linea con un nostro fondamentale asse strategico, dedica una particolare attenzione al rilancio e alla riqualificazione della formazione professionale. Entro sei mesi la Giunta è impegnata a predisporre un piano straordinario di interventi per la valorizzazione e lo sviluppo delle risorse umane, con una dotazione di circa 100 milioni di euro derivante da fondi regionali ed europei.
Sono fatti concreti, certamente ancora pochi e perfettibili rispetto alle criticità che dobbiamo affrontare, ma segnano anche una chiara impostazione operativa e pragmatica che fa già parte integrante e sostanziale del nostro stile di governo. Pragmatismo e operatività che mi auguro possano caratterizzare l'azione di tutti noi, di fronte ai gravi problemi della nostra Regione.
Ho voluto dedicare la premessa del mio intervento ai fatti concreti, proprio per rispondere a coloro che in quest'Aula hanno espresso preoccupazione sulla nostra capacità di far seguire alle enunciazioni i fatti, lo stiamo già facendo, tanto a casa nostra, che con una già avviata collaborazione costruttiva con il Governo nazionale, senza ammiccamenti o timori reverenziali, ma solo con serietà, responsabilità e determinazione.
A proposito di rapporti con il Governo nazionale e il Parlamento, e per tranquillizzare coloro che hanno preoccupazioni sul nostro atteggiamento, voglio anticipare in quest'Aula la mia intenzione di promuovere, a breve, un incontro con tutti i parlamentari della Sardegna, di maggioranza e di opposizione, per verificare in modo condiviso le azioni sulle partite prioritarie da portare alla contrattazione con lo stesso Governo. Contrattazione che potrà essere ricca di forti significati per la nostra Isola, se sapremo riempire di importanti contenuti e proposte, per interventi materiali ed immateriali, quel principio dell'insularità che è stato riconosciuto nel quadro della legge in discussione sul federalismo fiscale.
Non ritengo meritevoli di risposta le critiche di chi, ancora inspiegabilmente, continua a considerare quella dell'insularità non una straordinaria occasione, ma una conquista di poco conto o, peggio, continua a confonderla con l'attribuzione di qualche risorsa aggiuntiva per compensare i maggiori costi per la mobilità delle persone e il trasporto delle merci. Credo inoltre che proprio su questo tema dell'insularità tutto il Consiglio regionale debba dare grande prova di capacità e di responsabilità, se vogliamo davvero inaugurare una stagione costituente, che possa culminare con la riscrittura del nostro Statuto di autonomia.
Sarebbe per me difficile rispondere alle molte considerazioni, ai diversi temi, meritevoli di attenzione, che sono stati sollevati nel corso del dibattito; peraltro, come detto, molte richieste di approfondimento potranno trovare la loro più puntuale e naturale definizione nel prossimo Piano regionale di sviluppo. In questa replica, tuttavia, credo sia molto più utile riprendere alcune considerazioni di metodo, che direttamente e indirettamente sono state fatte da molti dei consiglieri intervenuti.
Per quanto riguarda il metodo, molti consiglieri hanno riconosciuto l'importanza che il nostro programma di governo assegna all'ascolto e all'ampia partecipazione alle scelte e alle conseguenti azioni di attuazione delle forme di democrazia partecipata. Anche da più parti dell'opposizione è stato condiviso come non si possa che essere d'accordo su questa impostazione di metodo. Trovo allora fuori luogo le critiche sulla considerazione, contenuta nelle dichiarazioni programmatiche, che oggi la Sardegna, di fronte alla complessità dei temi e dei problemi posti dalla nuova realtà globale, di fronte alle emergenze, non abbia bisogno di una grande idea, ma di uno sforzo convinto per la valorizzazione delle idee migliori. Delle idee migliori dei protagonisti del governo locale, delle idee migliori dei nostri giovani laureati che si affacciano al mondo del lavoro, delle professioni, delle migliori idee d'impresa del nostro sistema di piccole e medie realtà imprenditoriali che, quotidianamente, accettano la sfida del mercato.
Per chi ha realmente colto i principi della democrazia partecipata non può che essere questa la vera grande idea, ovvero creare le condizioni per agevolare e facilitare la produzione di idee, attraverso nuove forme di governo allargato e di interazione tra i soggetti istituzionali e quelli del mondo economico, sociale, culturale e associativo. Per chi ha realmente colto i principi della democrazia partecipata non vi possono essere preoccupazioni su quali debbano essere i criteri delle scelte entro questi ampi processi di partecipazione. Spiace molto constatare che queste preoccupazioni le abbia espresse proprio chi ha avuto importanti responsabilità di governo nella passata legislatura. A questo proposito è necessaria una ulteriore e fondamentale considerazione, un chiarimento che, in larga parte, attiene anche alla competenza della classe dirigente.
Una classe dirigente matura e consapevole non può esprimere alcuna preoccupazione per le logiche della democrazia partecipata. Sono logiche che si sono ormai largamente affermate e che hanno sviluppato strumenti attuativi ben definiti e oramai consolidati, proprio in materia di programmazione territoriale e sviluppo locale. Mi riferisco ai processi della pianificazione strategica. La pianificazione strategica costituisce una delle più rilevanti innovazioni nella governance territoriale. Si tratta dello strumento, oggi, più avanzato a disposizione delle politiche dello sviluppo territoriale locale, che come molti sanno esalta proprio il momento della partecipazione, della condivisione, nella costruzione delle strategie di sviluppo.
Con la pianificazione strategica si definisce e si governa il processo del confronto fra gli attori locali per la definizione delle politiche e degli interventi chiave, necessari per affrontare le sfide della crescita economica e sociale dei territori. A differenza dei Piani gerarchici di struttura degli anni '60, '70, calati dall'alto, nei Piani strategici di terza generazione, affermatisi a partire dai primi anni '90, la visione del Piano si configura come l'esito di un processo pluralistico e partecipato, aperto cioè alla concertazione fra istituzioni ed enti pubblici, alla negoziazione degli interessi in gioco, attento all'ascolto dei cittadini.
E' una cornice di riferimento essenziale che richiede un lungo processo di cambiamento culturale e politico, di crescita di coscienza civica e di identificazione e accettazione di nuove forme organizzative e decisionali. È proprio questa la nostra sfida per i prossimi anni, sono questi i concetti chiave delle mie dichiarazioni programmatiche, non quindi un'enunciazione di buoni propositi, ma la consapevolezza su metodologie precise e strumenti attuativi rigorosi. Metodologie e strumenti ampiamente conosciuti nella natura. economica e delle scienze sociali e regionali, strumenti attuativi diffusi e utilizzati nelle Regioni più moderne e nei contesti più dinamici e aperti all'innovazione e alla crescente sfida competitiva fra i territori.
E'questo il metodo e il percorso operativo che intendiamo utilizzare per la costruzione del nuovo Piano regionale di sviluppo che, come è detto, e come prevede la nuova normativa regionale, verrà predisposto e portato all'attenzione di quest'Aula entro i prossimi sei mesi. Non un Piano calato dall'alto, quindi, ma un Piano che sarà il frutto di un ampio processo partecipativo dei territori. Per la sua elaborazione intendiamo avviare da subito l'apertura della fase di ascolto e di partecipazione dei principali attori locali del nostro territorio, che si articolerà con un riferimento a tre momenti significativi: la formale istituzione della conferenza permanente delle principali rappresentanze delle autonomie locali e funzionali, che accompagnerà l'intero processo con compiti di indirizzo e verifica della coerenza; l'organizzazione di otto conferenze strategiche, una per provincia, per l'approfondimento e la condivisione dei possibili scenari dello sviluppo degli otto ambiti provinciali della nostra Regione; infine, l'organizzazione di una conferenza strategica regionale con il compito di fare sintesi e portare a coerenza i risultati delle otto conferenze territoriali e porre le basi per la stesura del Programma regionale di sviluppo.
Mi preme tuttavia ancora sottolineare come le forme di democrazia partecipata non possano, in alcun modo, sottrarre ruolo e responsabilità a chi ha ricevuto dai cittadini un formale mandato di governo della nostra Regione. Ho già detto chiaramente, nelle mie dichiarazioni, che la sintesi finale è della politica; spetterà sempre alla politica, soprattutto a chi ha responsabilità di governo, il compito di arrivare a formulare le sintesi, le mediazioni, le scelte di governo che devono guidare lo sviluppo. Se da un lato le forme di democrazia partecipata rappresentano quanto di più avanzato si possa prevedere per la formulazione e la condivisione delle proposte, dall'altro lato è bene rimarcare che restano in capo alla maggioranza le responsabilità del governo della Regione.
Entro questo quadro si inserisce l'importanza del Consiglio regionale della Sardegna, la sua indiscutibile centralità per quanto riguarda le prerogative legislative, gli indirizzi di governo e il controllo sull'operato della Giunta. Il Consiglio regionale resta l'interlocutore principale del Presidente e della Giunta. Ho apprezzato le parole dei consiglieri che hanno sottolineato, nel rispetto dei ruoli, l'importanza di un orientamento delle forze di minoranza verso forme di opposizione costruttiva senza pregiudizi. Condivido questa riflessione, così come quella di molti consiglieri di maggioranza che hanno rivendicato giustamente la piena responsabilità di governo che deve assumersi chi ha vinto le elezioni secondo il programma votato dalla maggioranza degli elettori, nel pieno rispetto dei ruoli istituzionali assegnati al Presidente, alla Giunta e al Consiglio.
Non condivido, invece, le riflessioni di chi mi attribuisce una scarsa attenzione ai territori, solo perché non vi sarebbe una equa ripartizione territoriale delle posizioni della Giunta; non con la ripartizione delle poltrone, ma solo con il raggiungimento degli obiettivi, tramite azioni serie e continuative, può essere valutata la capacità della Giunta di riservare attenzione ai territori.
Un'altra questione che molti consiglieri hanno sottolineato nel corso del dibattito, attiene ai rapporti della Regione con il sistema delle autonomie locali; è una questione di grande rilevanza perché, in particolare oggi, è direttamente connessa alle possibilità di successo o di insuccesso del nostro programma di governo. E' innegabile che nel recente passato si siano verificate delle oggettive difficoltà di rapporto e di collaborazione istituzionale fra enti locali e Regione, in particolare su temi centrali come quelli del territorio, del paesaggio, della programmazione, delle politiche urbane per lo sviluppo locale.
A questo proposito mi hanno molto colpito le riflessioni critiche sul passaggio delle mie dichiarazioni programmatiche in materia di politiche urbane e ruolo delle città nei processi di sviluppo; è stata mossa addirittura un'accusa gratuita di non conoscere le realtà della nostra Regione, rivoltami da chi, evidentemente, non ha colto la grande attenzione che il nostro programma attribuisce, entro logiche di piena integrazione e di sistema, al rapporto, purtroppo in larga parte ancora da costruire, tra le aree urbane e le aree interne.
Ribadisco l'importanza di quei passaggi e, in particolare, di come la questione urbana, nella nostra visione strategica, può e deve avere un ruolo centrale per il rilancio delle nostre zone interne grazie ad adeguati sistemi di mobilità e a nuove forme di relazioni interpersonali ed imprenditoriali sulla base di un modello territoriale di sviluppo policentrico che dovrà coinvolgere tutto il territorio regionale. Mi preme ricordare ai consiglieri più zelanti nel criticare la centralità delle politiche urbane, come siano proprio i nuovi indirizzi della programmazione europea 2007-2013, e più di recente quanto sancito dalla Carta di Lipsia sulle città europee sostenibili, che confermano e rafforzano il principio che attribuisce alle città, e in particolare alle città di media e piccola dimensione, un ruolo trainante nella costruzione della competitività e della coesione.
Per la prima volta i regolamenti comunitari definiscono la dimensione urbana come priorità strategica e programmatica. Sono proprio le città, le reti urbane, al centro di strategie e progetti per la competitività, l'equilibrio territoriale e la lotta all'esclusione sociale. Lo sviluppo delle aree urbane è quindi una scelta necessaria e imprescindibile per rafforzare la competitività dei territori regionali e per aumentare la stessa efficacia degli aiuti e delle azioni di sostegno allo sviluppo delle zone interne e rurali. Non si può non comprendere come il rafforzamento delle nostre aree urbane sia una condizione, essenziale e necessaria, per l'attivazione di ricadute ed effetti moltiplicativi che riguarderanno tutto il territorio regionale.
E' evidente, ma lo sottolineo ancora una volta, che stiamo pensando a politiche di sistema, a interventi specifici di integrazione e raccordo stretto delle aree urbane nel nostro territorio con quelle interne, che ancora oggi soffrono i pesanti disagi delle passate politiche e dell'intervento pubblico che non è stato in grado di generare sviluppo e occupazione. L'importanza delle città nelle politiche di competitività e di coesione è quindi, oggi, un fatto ormai acquisito e non in discussione. Spiace, quindi, che molti consiglieri di opposizione abbiano dimostrato rigidità e pregiudizi su questa fondamentale materia.
Resta il fatto che condivido l'esigenza che su molte questioni legate alla razionalizzazione dei servizi pubblici essenziali, in primo luogo quelli socio-sanitari e assistenziali, quelli scolastici, nonché quelli collegati al trasporto pubblico locale, la nostra Isola e in particolare i piccoli comuni non possano essere assoggettati alle medesime regole e ai conseguenti parametri dimensionali validi per il resto del territorio regionale. E' anche questa una questione, che attiene alla pratica attuazione del principio dell'insularità, che intendiamo portare al tavolo della contrattazione con il Governo nazionale. Non vi potrà essere alcuna valida contrattazione a livello nazionale, se a livello locale la Regione non sarà in grado di assicurare il pieno rispetto di quell'imprescindibile principio della pari dignità istituzionale e costituzionale nei confronti delle autonomie locali, che rappresenta il vero caposaldo di qualsiasi costruzione autonomistica.
Intendiamo rilanciare con forza l'esigenza di una nuova e immediata ipotesi operativa di organizzazione dei rapporti istituzionali fra la Regione e l'ordinamento degli enti locali, che vada oltre la pur importante conquista del fondo unico introdotta nella precedente legislatura. La nostra proposta è quella di ridefinire, su basi completamente differenti, il rapporto con i territori attraverso la stipula di intese istituzionali di programma per lo sviluppo dei territori coinvolti quale strumento ordinario di lavoro con cui stabilire, congiuntamente, tra la Giunta regionale e gli enti locali e funzionali, gli obiettivi da conseguire, i settori nei quali è indispensabile e prioritaria un'azione congiunta, gli impegni reciproci e le risorse finanziarie per la copertura degli interventi.
Intendiamo mutuare le stesse regole delle Intese istituzionali che oggi disciplinano gli articolati rapporti tra il Governo nazionale e le Regioni per utilizzarle, a livello regionale, per disciplinare i rapporti tra la Regione e le autonomie locali. E' proprio all'interno delle intese istituzionali, e dei collegati accordi di programma quadro con i territori, che potranno trovare opportuna soluzione molte delle questioni sollevate dai consiglieri in questa Aula nel corso del dibattito e riguardanti, in particolare, lo sviluppo delle aree interne, le nuove destinazioni per le aree militari dismesse, lo sviluppo della portualità, la viabilità primaria di interconnessione dei sistemi urbani ed extraurbani di collegamento alle direttrici della viabilità regionale delle rotte nazionali ed internazionali, la diffusione dei servizi nelle aree metropolitane di Cagliari, Sassari e Olbia, il rilancio della ricerca e del sistema dell'istruzione e formazione professionale, gli interventi per l'agricoltura e gli altri settori produttivi, la valorizzazione ambientale e turistica delle nostre aree protette, le politiche giovanili, la promozione dell'imprenditorialità, il potenzialmente della ricerca e delle attività culturali e sociali. Sono questi, come appare evidente, i temi che più direttamente hanno a che fare con il nuovo modello di sviluppo della nostra Regione …
PRESIDENTE. Presidente, il tempo a sua disposizione è terminato. Se i colleghi sono d'accordo, le consentiamo di concludere.
CAPPELLACCI (P.d.L.), Presidente della Regione. Grazie signor Presidente, grazie signori consiglieri, , sto veramente concludendo. Quanto ho detto deriva dal fatto che ho notato come molti interventi dei consiglieri, sia di opposizione che di maggioranza, abbiano privilegiato visioni territoriali e settoriali ed elencazioni puntuali di problemi irrisolti, in particolare sul fronte della lotta alla disoccupazione, perdendo di vista lo sforzo di integrazione che invece, a nostro avviso, deve caratterizzare il programma di governo che stiamo portando avanti. Sono questioni che non possono in alcun modo essere affrontate dalla Regione con soluzioni calate dall'alto o, peggio, imposte. Su questi principi basilari di rispetto della pari dignità istituzionale sono certo che la Giunta potrà contare sull'apporto convinto di tutto il Consiglio regionale.
Anche la discussione svoltasi in quest'Aula è stata, di fatto, un importante momento di partecipazione collegiale alla definizione dei temi e alla indicazione delle priorità per la formazione delle scelte. Vi ringrazio tutti per il dibattito che davvero mi è sembrato molto proficuo e costruttivo, ma non si chiude oggi il dibattito sul programma; questo momento è invece il punto di partenza del percorso che oggi si apre verso tutta la comunità dei sardi che sarà coinvolta nella costruzione del nuovo programma. Per le importanti sfide che ci attendono sono certo di poter contare sull'impegno, la lealtà e la piena collaborazione della Giunta, che condivide con me la responsabilità del governo, della coalizione di maggioranza che mi sostiene. Sono altresì convinto che non mancherà il prezioso contributo che arriverà da ciascuno di voi consiglieri.
Per questo auspico che i consiglieri di maggioranza e di opposizione sappiano concentrare le proprie energie sul confronto alto, sui progetti e sui grandi temi dello sviluppo della nostra Regione. Vi ringrazio tutti infine per i molti auguri ricevuti, dalla maggioranza e dall'opposizione. Li ho sentiti in modo chiaro e forte come auguri sinceri, perché rivolti non solo al Presidente ma a tutti i sardi per un futuro meno preoccupante e più sereno, contraccambio con altrettanta sincerità. Auguri a tutto il Consiglio, auguri sinceri alla nostra Sardegna.
(Applausi)
PRESIDENTE.. Dichiaro chiusa la discussione generale. I lavori sono terminati. Il Consiglio è convocato alle ore 18 sempre in data odierna con, all'ordine del giorno, il giuramento degli Assessori.
La seduta è tolta alle ore 17 e 29.