Seduta n.345 del 12/09/2012 

CCCXLV SEDUTA

Mercoledì 12 settembre 2012

(ANTIMERIDIANA)

Presidenza della Presidente LOMBARDO

indi

del Vicepresidente COSSA

La seduta è aperta alle ore 11 e 02.

COCCO DANIELE SECONDO, Segretario, dà lettura del processo verbale della seduta antimeridiana del 25 luglio 2012 (337), che è approvato.

Congedi

PRESIDENTE. Comunico che i consiglieri regionali Radhouan Ben Amara, Gavino Manca, Franco Meloni, Antonello Peru, Onorio Petrini, Efisio Planetta, Matteo Sanna e Paolo Terzo Sanna hanno chiesto congedo per la seduta antimeridiana del 12 settembre 2012.

Poiché non vi sono opposizioni, i congedi si intendono accordati.

Considerata l'assenza della Giunta sospendo la seduta sino alle ore 11 e 15.

(La seduta, sospesa alle ore 11 e 03, viene ripresa alle ore 11 e 18.)

Continuazione della discussione unificata sulle comunicazioni del Presidente della Regione sulla vertenza Alcoa e delle mozioni Uras - Diana Giampaolo - Salis - Capelli - Barracciu - Sabatini - Cocco Daniele Secondo - Porcu - Sanna Gian Valerio - Agus - Bruno - Cocco Pietro - Corda - Cuccu - Cugusi - Espa - Lotto - Manca - Mariani - Meloni Marco - Meloni Valerio - Moriconi - Sechi - Solinas Antonio - Zuncheddu sullo stato della vertenza Sardegna, con riferimento particolare alla situazione di grave crisi dell'apparato industriale sardo e in generale dell'intero sistema economico-produttivo isolano, con richiesta di convocazione straordinaria del Consiglio ai sensi dei commi 2 e 3 dell'articolo 54 del Regolamento (206), Cucca - Capelli - Barracciu - Lunesu - Mariani - Mula - Pittalis - Diana Giampaolo - Cuccu - Sabatini - Sanna Gian Valerio - Manca - Meloni Valerio - Moriconi - Meloni Marco - Porcu - Corda - Bruno - Agus - Lotto - Solinas Antonio - Cocco Pietro - Uras - Sechi - Espa - Cugusi - Ben Amara - Salis - Cocco Daniele Secondo sullo stato d'attuazione degli impegni assunti a seguito della sottoscrizione del protocollo d'intesa denominato Patto per il territorio, con richiesta di convocazione straordinaria del Consiglio ai sensi dei commi 2 e 3 dell'articolo 54 del Regolamento (175), Cucca - Capelli - Barracciu - Lunesu - Mariani - Mula - Pittalis - Diana Giampaolo - Cuccu - Sabatini - Sanna Gian Valerio - Manca - Meloni Valerio - Moriconi - Meloni Marco - Porcu - Corda - Bruno - Agus - Lotto - Solinas Antonio - Cocco Pietro - Uras - Sechi - Espa - Cugusi - Ben Amara - Salis - Cocco Daniele Secondo sulle condizioni che si sono verificate nell'area industriale di Ottana a seguito del disimpegno della società Terna nei confronti della Ottana Energia e sul suo declassamento, nonché sulle gravi ripercussioni sulle aree industriali sarde a seguito di tale declassamento, con richiesta di convocazione straordinaria del Consiglio ai sensi dei commi 2 e 3 dell'articolo 54 del Regolamento (190), Bruno - Diana Giampaolo - Uras - Salis - Ben Amara - Agus - Barracciu - Capelli - Cocco Daniele Secondo - Cocco Pietro - Corda - Cucca - Cuccu - Cugusi - Espa - Lotto - Manca - Mariani - Meloni Marco - Meloni Valerio - Moriconi - Mulas - Porcu - Sabatini - Sanna Gian Valerio - Sechi - Solinas Antonio - Soru - Zuncheddu sulla drammatica situazione dei lavoratori della Vinyls di Porto Torres e sull'intervento delle istituzioni regionali a sostegno della trattativa in corso col Ministero e con l'ENI, con richiesta di convocazione straordinaria del Consiglio ai sensi dei commi 2 e 3 dell'articolo 54 del Regolamento (202) abbinate alle interpellanze Diana Giampaolo - Bruno - Cocco Pietro - Meloni Marco sulla trattativa di cessione dei comparti industriali di Assemini e Porto Torres alla società Ramco (83/A) e Bruno sui più recenti sviluppi della vertenza Vinyls e in particolare sul progetto di impiego dei lavoratori in CIGS per attività di pubblica utilità per la sicurezza (228/A)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la continuazione della discussione unificata sulle comunicazioni del Presidente della Regione sulla vertenza ALCOA, delle mozioni numero 206, 175, 190, 202, 204, 199 e delle interpellanze numero 83 e 228.

Ieri abbiamo interrotto la seduta dopo l'apertura della discussione generale che ha seguito l'illustrazione delle mozioni.

Ha domandato di parlare il consigliere Uras. Ne ha facoltà.

URAS (Gruppo Misto). Chiedo la verifica del numero legale.

(Appoggia la richiesta il consigliere Giacomo Sanna.)

CAMPUS (Sardegna è già Domani). Presidente, domando di parlare.

PRESIDENTE. Non ne ha facoltà. Siamo in fase di verifica del numero legale

CAMPUS (Sardegna è già Domani). Volevo parlare sul merito della verifica del numero legale.

PRESIDENTE. Non c'è una questione sul merito della verifica del numero legale.

CAMPUS (Sardegna è già Domani). Voglio intervenire sul conteggio o meno delle presenze in aula o, in alternativa, sul Regolamento!

PRESIDENTE. E' stata chiesta la verifica del numero legale, onorevole Campus; non sono ammessi interventi.

Verifica del numero legale

PRESIDENTE. Dispongo la verifica del numero legale con procedimento elettronico.

(Segue la verifica)

PRESIDENTE. Prendo atto che i consiglieri Dessì e Uras sono presenti.

Risultato della verifica

PRESIDENTE. Sono presenti 29 consiglieri.

Risultano presenti i consiglieri: Amadu - Campus - Cocco Daniele - Contu Felice - Contu Mariano - Cuccureddu - Dedoni - Dessì - Floris Rosanna - Fois - Greco - Lai - Locci - Lombardo - Lunesu - Maninchedda - Mula - Obinu - Pitea - Pittalis - Randazzo - Rodin - Sanjust - Sanna Giacomo - Steri - Stochino - Uras - Vargiu - Zedda Alessandra.

Poiché il Consiglio non è in numero legale sospendo la seduta sino alle ore 11 e 50.

(La seduta, sospesa alle ore 11 e 19, viene ripresa alle ore 12 e 05.)

Continuazione della discussione unificata sulle comunicazioni del Presidente della Regione sulla vertenza ALCOA e delle mozioni Uras - Diana Giampaolo - Salis - Capelli - Barracciu - Sabatini - Cocco Daniele Secondo - Porcu - Sanna Gian Valerio - Agus - Bruno - Cocco Pietro - Corda - Cuccu - Cugusi - Espa - Lotto - Manca - Mariani - Meloni Marco - Meloni Valerio - Moriconi - Sechi - Solinas Antonio - Zuncheddu sullo stato della vertenza Sardegna, con riferimento particolare alla situazione di grave crisi dell'apparato industriale sardo e in generale dell'intero sistema economico-produttivo isolano, con richiesta di convocazione straordinaria del Consiglio ai sensi dei commi 2 e 3 dell'articolo 54 del Regolamento (206), Cucca - Capelli - Barracciu - Lunesu - Mariani - Mula - Pittalis - Diana Giampaolo - Cuccu - Sabatini - Sanna Gian Valerio - Manca - Meloni Valerio - Moriconi - Meloni Marco - Porcu - Corda - Bruno - Agus - Lotto - Solinas Antonio - Cocco Pietro - Uras - Sechi - Espa - Cugusi - Ben Amara - Salis - Cocco Daniele Secondo sullo stato d'attuazione degli impegni assunti a seguito della sottoscrizione del protocollo d'intesa denominato Patto per il territorio, con richiesta di convocazione straordinaria del Consiglio ai sensi dei commi 2 e 3 dell'articolo 54 del Regolamento (175), Cucca - Capelli - Barracciu - Lunesu - Mariani - Mula - Pittalis - Diana Giampaolo - Cuccu - Sabatini - Sanna Gian Valerio - Manca - Meloni Valerio - Moriconi - Meloni Marco - Porcu - Corda - Bruno - Agus - Lotto - Solinas Antonio - Cocco Pietro - Uras - Sechi - Espa - Cugusi - Ben Amara - Salis - Cocco Daniele Secondo sulle condizioni che si sono verificate nell'area industriale di Ottana a seguito del disimpegno della società Terna nei confronti della Ottana Energia e sul suo declassamento, nonché sulle gravi ripercussioni sulle aree industriali sarde a seguito di tale declassamento, con richiesta di convocazione straordinaria del Consiglio ai sensi dei commi 2 e 3 dell'articolo 54 del Regolamento (190), Bruno - Diana Giampaolo - Uras - Salis - Ben Amara - Agus - Barracciu - Capelli - Cocco Daniele Secondo - Cocco Pietro - Corda - Cucca - Cuccu - Cugusi - Espa - Lotto - Manca - Mariani - Meloni Marco - Meloni Valerio - Moriconi - Mulas - Porcu - Sabatini - Sanna Gian Valerio - Sechi - Solinas Antonio - Soru - Zuncheddu sulla drammatica situazione dei lavoratori della Vinyls di Porto Torres e sull'intervento delle istituzioni regionali a sostegno della trattativa in corso col Ministero e con l'ENI, con richiesta di convocazione straordinaria del Consiglio ai sensi dei commi 2 e 3 dell'articolo 54 del Regolamento (202) abbinate alle interpellanze Diana Giampaolo - Bruno - Cocco Pietro - Meloni Marco sulla trattativa di cessione dei comparti industriali di Assemini e Porto Torres alla società Ramco (83/A) e Bruno sui più recenti sviluppi della vertenza Vinyls e in particolare sul progetto di impiego dei lavoratori in CIGS per attività di pubblica utilità per la sicurezza (228/A)

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Maninchedda. Ne ha facoltà.

MANINCHEDDA (P.S.d'Az.). Signor Presidente, colleghi, io credo che sia ormai chiaro a tutti che in questi giorni gli attori in campo, rispetto alle crisi industriali della Sardegna (quelli registrati dai media nazionali e quelli registrati anche dell'opinione pubblica) siano lo Stato e gli operai. La Regione Sardegna oggi appare assumere un ruolo di comparsa, di soggetto che ogni tanto appare sulla scena a seconda delle circostanze che la scena propone; e allora bisogna chiedersi perché.

Io avrei gradito che fosse qui ad ascoltare anche il Presidente della Regione; capisco che sia impegnato nell'incontro per l'Alcoa, però questo quesito riguarda principalmente lui.

Io sono rimasto un po' imbarazzato ieri nel sentire un resoconto tecnico degli incontri e non una visione. Vorrei rispondere io alla domanda: perché la Regione è una comparsa? Perché, secondo me, la Regione ha commesso un errore politico grave, e l'ha commesso da tempo, cioè l'errore di ritenere che lo Stato e il Governo italiani rappresentino la soluzione dei problemi delle crisi industriali della Sardegna, mentre lo Stato e il Governo italiani sono il problema. Se non si ha chiaro questo non si può competere con lo Stato nella misura opportuna.

Lo Stato non è la soluzione, il Governo italiano non è la soluzione del problema; il Governo e lo Stato italiani sono il problema. Provo a dimostrarlo ai colleghi con alcuni esempi che sono sotto gli occhi di tutti. Quando voi parlate del Sulcis con i dirigenti dell'Enel, questi (come ha fatto il responsabile delle relazioni esterne, precipitatosi in Sardegna in questi giorni) evitano accuratamente che si parli di Enel e di Sardegna e limitano l'analisi del processo alla tariffa elettrica praticata nel Sulcis: è un atteggiamento che va rifiutato.

Io voglio parlare con Enel tenendo conto che gli impianti Enel del Sulcis sono stati dichiarati impianti essenziali. L'Assessore sa cosa significa? Significa che i costi di produzione dell'energia elettrica venduta al gestore da Enel sono interamente coperti dalle bollette degli italiani. Quando io parlo con Enel devo parlare sapendo che Enel ha i costi del produzione dell'energia elettrica nel Sulcis pagati! Quando parlo con Enel devo ricordare a Enel che io voglio sapere qual è il "bilancio Sardegna".

Il "bilancio Sardegna" di Enel annovera profitti altissimi sull'eolico e sull' idroelettrico e quindi Enel nel fare i conti sulla vertenza Sardegna deve procedere ad un'analisi costi benefici non limitata al solo impianto del Sulcis. Bisogna parlare di tutto, e invece si limita a parlare solo del Sulcis.

Caso Ottana. E' ancora più grave il tradimento dello Stato su Ottana. Ottana Energia - perché sia chiaro a tutti voi - non chiede un euro di finanziamenti pubblici, niente, ed è il terzo polo energetico della Sardegna. Da sempre Terna compra l'energia elettrica da Ottana Energia. L'Authority per l'energia - lo dico ad alcuni colleghi che ieri mi hanno chiesto informazioni in proposito - ha certificato che da settembre 2011 Ottana Energia pratica il prezzo più basso dell'energia nel mercato sardo. Bene, da quando Ottana Energia ha fatto l'offerta per il quinto gruppo a carbone di E.ON a Porto Torres (quinto gruppo che E.ON avrebbe dovuto costruire in base all'autorizzazione integrata ambientale e che aveva ottenuto dall'accordo di programma) TERNA non ha più comprato l'energia elettrica da Ottana Energia e, cosa più grave, perché lo sappiate tutti, sul mercato elettrico il 29 agosto (questo lo dico perché l'ho verificato personalmente e lo potete verificare anche voi) TERNA ha acquistato a 390 euro-megawatt ciò che Ottana Energia offre a 195 euro-megawatt, ma non ha comprato da Ottana Energia. Questo fa una società di Stato! Questo è lo Stato in Sardegna!

TERNA riconosce essenziali gli impianti di E.ON a Porto Torres, il che vuol dire che paga i costi di produzione per l'energia prodotta da E.ON e da lei stessa acquistata. E.ON è quella stessa società a cui noi, sbagliando, abbiamo regalato il fotovoltaico a Porto Torres.

In questo quadro TERNA emette un comunicato, al quale molte forze politiche hanno dato credito, dove afferma che Ottana Energia è fuori mercato perché è entrato in vigore il SAPEI. A sua volta l'authority per l'energia replica: "L'entrata in vigore del SAPEI non ha avuto effetti sul mercato sardo" e registra che il prezzo più basso praticato per l'energia è quello di Ottana Energia.

Ancora sui tradimenti di Stato. Voi (perché io non lo riconosco come tale) avete un sottosegretario che si chiama De Vincenti che, dinanzi al senatore Cabras, che lo interpella e gli chiede che cosa succeda a Porto Torres, risponde: "A Porto Torres non ci sono offerte per l'acquisto del quinto gruppo". E pronuncia una clamorosa bugia.

Poi aggiunge che il SAPEI ha liberato il mercato sardo, ma se andate sul sito di TERNA troverete che i costi praticati nel mercato sardo sono differenti da quelli praticati altrove. E questo è inevitabile, sapete perché? Perché non c'è il gas. Ma lo Stato mistifica, lo Stato sta mistificando, lo Stato collabora con E.ON ma non collabora con la Sardegna, lo Stato è il problema.

E allora, per farla breve io credo, Presidente della Regione, ma soprattutto Assessore, che il problema non si affronti con questo approccio vertenziale, consulenziale, il problema si affronta così com'è stato posto dall'ordine del giorno numero 79, quando noi abbiamo detto che va sottoposta a verifica la lealtà di Stato. E' lì il nodo, perché o la Sardegna fa diventare il suo problema con l'Italia un problema internazionale o pone la questione politica di una Regione uccisa dallo Stato.

Noi siamo infeudati (nell'aria, nell'acqua, nei trasporti) dallo Stato, da uno Stato che tradisce. La strada è quella di operare affinché questo Consiglio regionale si riprenda la sua sovranità, si pronunci e dica "io sono il regolatore di un mercato" e contesti, a uno Stato che non lo sa regolare, che lo intossica e ci uccide, questa potestà. Occorre fare in modo che diventi un caso nazionale. Occorre fare, Assessore, come hanno fatto i catalani, che ieri sono scesi in strada in un milione e hanno detto: "la colpa è tua, io ho una sovranità che so esercitare, tu la eserciti contro di me!" E se il Governo non interpreta il suo ruolo in questo modo, viene declassato a comparsa.

Certo, questo non basterebbe, bisogna avere anche un'idea diversa di Sardegna. Però, se posso dirvi, colleghi, io non credo che questo Governo regionale abbia la legittimazione per inventare ricette o per proporle. Noi dobbiamo restituire sulle diverse proposte che abbiamo in testa (perché ne abbiamo diverse) la potestà al popolo. Noi dobbiamo andare alle elezioni anticipate non perché le elezioni anticipate siano la panacea, ma perché la situazione è così grave che il popolo deve poter scegliere tra le opzioni che le forze politiche immaginano siano risolutive di questa situazione.

Il mandato ricevuto nel 2009 è maturato in un contesto totalmente diverso e ormai distrutto; aggiornarlo è sbagliato. Oltre alla contestazione dello Stato, alla sua messa in mora (e mi auguro che questo Consiglio regionale concluda questa discussione con una decisione di questo tipo) occorre restituire al popolo il potere di scelta sulle proposte. E tra le proposte non c'è un atteggiamento consulenziale, non c'è un atteggiamento subordinato ai grandi gruppi di Stato, che noi registriamo e contestiamo vivamente.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Sechi. Ne ha facoltà.

SECHI (Gruppo Misto). Presidente, colleghi, di fronte a questa crisi terribile è evidente a tutti, oggi - non che non lo fosse anche prima - che manchi una visione generale dei problemi della Sardegna e, quindi, una strategia per affrontarli. Questa terribile crisi che investe tutta la nostra Isola è diversa dalla crisi mondiale, dalla crisi europea, dalla crisi in cui versano gli Stati deboli dell'Unione europea. E' una crisi dell'intera Sardegna alla quale però non si riesce a dare una risposta.

Ricordava il collega Maninchedda che ieri 11 settembre, Diada de Catalunya, il popolo catalano è sceso in piazza, è sceso in piazza anche per altre circostanze, ma l'11 settembre i catalani ricordano la caduta di Barcellona, l'11 settembre del 1714, quando la resistenza catalana a Barcellona, al fossar de las moreras, capitola sotto la schiacciante supremazia delle truppe di Filippo Quinto che mettono fine all'indipendenza dei catalani. E' una pagina tragica del popolo catalano, ma di un popolo catalano che continua a battersi e a lottare per la sua sovranità. Una sovranità che in parte gli è stata concessa con lo Statuto d'autonomia ma che continua a essere rivendicata in forme più o meno forti nei confronti di uno Stato non attento al rispetto dei principi di autodeterminazione di ogni popolo, e tanto più di un popolo oppresso come il popolo catalano.

Per quanto riguarda la nostra vicenda è sicuramente da evidenziare e sottolineare la responsabilità del Governo nazionale, ma anche la responsabilità della Giunta regionale, del Governo regionale. Io credo che sia arrivato il momento più che per una manifestazione, per una ribellione autentica di un popolo che deve dimostrare di essere totalmente insoddisfatto della conduzione della cosa pubblica e dell' incapacità complessiva di un Esecutivo e di una Presidenza che si sono rivelati non in grado di affrontare nei giusti termini il confronto con lo Stato.

Questo può essere dimostrato anche dal modo, dall'approccio con cui si portano avanti le vertenze: vertenze "spezzatino" di un'unica vertenza che è la vertenza Sardegna, che così appare sgonfiata di quella carica complessiva che le deriva dal malessere di un intero popolo e di un intero territorio. E' una strategia che serve a sminuire il peso del confronto che noi invece vogliamo ricondurre alla più generale vertenza Sardegna, perché tutti i territori, anche quelli che non sono direttamente interessati a vertenze industriali, comunque versano in una situazione di sofferenza.

Migliaia di posti persi che il Governo nazionale e questa Giunta cercano di sminuire individuando i numeri di Ottana, i numeri del Sulcis, i numeri dell'area di Porto Torres, che sono però parte di un monte di numeri che riguarda l'intera disoccupazione in Sardegna, che tocca anche altri settori, non solo quelli dell'industria.

I sardi sono un popolo che ha subito scelte che andavano contro le sue naturali vocazioni e ha subito soprattutto politiche di rapina: rapina di vocazioni naturali, rapina di suolo e di territorio, rapina di paesaggi e rapina di orizzonti, rapina di sogni, rapina di beni e di risorse e insieme rapina di competenze, di conoscenze, di valori, di mestieri e di maestrie. Siamo stati espropriati del nostro sapere, del nostro essere, delle nostre competenze, delle nostre qualità. Siamo un popolo povero, impoverito da scelte politiche nefaste e da amministrazioni inadeguate.

Le vertenze Alcoa, Carbosulcis, Villacidro, Ottana, Macchiareddu, Porto Torres, Assemini eccetera rappresentano tasselli di un'unica maxi vertenza che è la vertenza Sardegna. Una vertenza Sardegna che ancora oggi individua, a torto o a ragione, nell'alto costo energetico una delle cause della crisi industriale. E ci risparmiamo almeno per oggi la bufala del GALSI, di quella vicenda che doveva portare (e sappiamo come sta andando) alla metanizzazione della Sardegna. Una terra e un popolo prigionieri di trasporti cari ed inadeguati, che ci rendono "isola" ancora di più; una mobilità interna mutilata dall'arretratezza di un secolo, ma un'arretratezza che emerge anche in ambiti come la scuola (che è altro argomento di attualità) i beni culturali, l'artigianato, l'agricoltura, la pesca.

A questo punto ci dobbiamo chiedere quali siano le responsabilità dei sardi. Forse la principale è consistita finora nell'incapacità di alzare la testa. Adesso però è arrivato il momento di rivendicare una piena sovranità per un progetto di autodeterminazione e di emancipazione, pena la desertificazione di questa terra.

Concludo facendo richiamo agli argomenti, alle mozioni, ai documenti che abbiamo in discussione in quest'Aula, che terminano tutti con un appello, rivolto alla Giunta e al Presidente della Giunta, affinché si facciano carico, siano interpreti dei problemi dei sardi. Ma siete sicuri che questa Giunta e questo Presidente siano in grado di farsi carico e di essere interpreti? Io credo proprio di no.

PRESIDENTE. E' iscritta a parlare la consigliera Lunesu. Ne ha facoltà.

LUNESU (P.d.L.). Presidente, Assessore, consiglieri, intervengo a sostegno delle due mozioni, la numero 175 e la numero 190, che interessano in particolar modo il mio territorio, attualmente gravemente colpito dalla crisi industriale. Ciò non mi distrae naturalmente dall'essere solidale con tutti i lavoratori che stanno lottando con grande preoccupazione per il loro lavoro messo a rischio (e mi riferisco agli operai dell'Alcoa e della Carbosulcis, ai lavoratori della Vinyls di Porto Torres) e affianco ai quali mi schiererò per sostenere tutte le istanze che vorranno portar avanti al fine di risolvere il loro grande problema lavorativo.

Lo scenario di oggi presenta alcune analogie con quello della fine degli anni sessanta, quando vennero avviati i processi d'industrializzazione per porre fine ad una situazione di grave crisi economica e sociale e metter mano al riordino delle zone interne. Allora ai grandi gruppi chimici italiani faceva da contraltare una classe politica regionale, forse incapace di intravedere nel nostro territorio una vocazione agricola e pastorale e, allo stesso tempo, troppo preoccupata di compiacere i nuovi padroni . Il risultato degli accordi di spartizione fra i potenti, che allora detenevano il monopolio della chimica in Sardegna, sono state le tristemente famose "cattedrali nel deserto".

Questo è potuto succedere perché si è attuata una politica di privatizzazione senza controllo: allora c'era Rovelli, oggi abbiamo Clivati-Indorama. La nostra Isola, e soprattutto la zona industriale di Ottana, è quella che ha pagato più duramente questo tipo di politica. Ma oggi c'è anche il Governo centrale ed il ministero con i suoi impegni presi. Che tipo di politica, mi chiedo, vogliamo fare? Dopo svariati decenni la situazione non è cambiata, non vi è alcuna garanzia da parte del ministero dello sviluppo economico, non vi è alcuna strategia da parte del Governo nazionale. Ma siamo sicuri che il terzo polo energetico sardo, di cui parliamo, sia riconosciuto dal Governo centrale? E perché Terna non riconosce il regime di essenzialità?

Il 3 agosto al Ministero c'è stato un incontro con i sindacati e gli amministratori (una quarantina di persone); Terna non era presente, ma aveva promesso di rifornirsi da Ottana energia sino a fine anno. Oggi ci sarà l'incontro tra Clivati, Terna e Ministero: speriamo bene!

Mi domando come sia possibile che un grande operatore di reti per la trasmissione di energia come Terna possa decidere la tragica fine della nostra area industriale: Ottana energia e Ottana polimeri. Era stato garantito, a detta di Clivati, un servizio di sei anni, invece il servizio è stato sospeso da parte di Terna senza preavviso. Le sorti delle due aziende, Ottana energia e Ottana polimeri, sono strettamente legate. La centrale elettrica produce vapore necessario per produrre polimeri, la chimica senza il vapore sappiamo si spegne, e se la centrale non vende energia non produce il vapore. La conseguenza è la chiusura di Ottana polimeri e di tutta l'area industriale. Sono 230 i dipendenti che fanno capo allo stesso gruppo industriale Clivati, se Terna decide di non rifornirsi più da Ottana energie viola gli accordi firmati. Per Clivati ed Indorama è la fine.

Del resto Clivati chiede non un finanziamento al Ministero, ma soltanto il rispetto degli impegni presi, cioè che gli venga concesso un periodo di tempo di sei-sette mesi per riconvertire gli impianti. Se non gli venisse concesso i 230 lavoratori di energia e polimeri, le 30 imprese, i 500 posti di lavoro dell'indotto e tutte le aziende insediate nel sito industriale di Ottana, con tutte le imprese appaltatrici, perderebbero il lavoro e chiuderebbero. Quindi se non vogliamo che si celebri il funerale di un sito industriale dobbiamo creare una forte sinergia tra i lavoratori (che sono tanto arrabbiati quanto delusi) i sindacati (che sono sempre invece presenti sul territorio con grande senso di responsabilità) e noi politici, per una iniziativa unitaria e compatta, indispensabile per incidere sul Governo centrale, affinché quel regime di essenzialità venga riconosciuto oltre che da Terna, anche dal Ministero stesso. Soltanto così la nostra area industriale, ottenuto il riconoscimento, potrà riprendere a produrre.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Bruno. Ne ha facoltà.

BRUNO (P.D.). Presidente, il dibattito procede abbastanza stancamente in questa'Aula, eppure stiamo parlando della vertenza Sardegna. Poco fa il collega Maninchedda si chiedeva i motivi per cui la Regione svolge un ruolo di mera comparsa in questa trattativa, in questa vicenda essenziale, in un momento di disperazione come non mai. Io credo che più che di Regione comparsa debba parlarsi di Regione "scomparsa", di una Regione scomparsa dalla politica nazionale in questi anni. Scomparsa perché non ha una proposta, perché non ha un progetto complessivo.

Anche le forze politiche, i partiti, i Gruppi che parlano in Aula, ma che fanno parte ancora di quella maggioranza e che non riescono a sganciarsi dai posti di sottogoverno, dalla Giunta, e che ne condividono ogni passo, non riescono a dire con i fatti, al di là delle parole, che c'è bisogno di mantenere nuovamente la schiena dritta, di alzare la testa, di garantire - lo dico al Presidente della commissione autonomia - il rispetto dello Statuto.

Mi riferisco all'articolo 8 dello Statuto, ma anche all'articolo 14, cioè a quello relativo beni connessi a servizi statali, che quando non vengono più utilizzati dallo Stato per quei servizi devono essere trasferiti alla Regione. Si tratta di risorse che ci spettano e che sono indispensabili per portare avanti politiche di sviluppo per i sardi.

Lo Statuto non viene rispettato, lo Statuto - lo dico al Presidente della prima commissione - non viene rivisto, non viene affrontato il problema del rapporto pattizio con lo Stato. C'è stata l'occasione della modifica in senso federale dello Stato e la Regione Sardegna, la vostra Regione a guida Cappellacci, alla quale avete dato tutto, anche i quattro mori, quella Regione non ha detto niente, non si è inserita, è scomparsa. Altro che comparsa: è scomparsa!

Statuto non rispettato, patto costituzionale non riscritto: non ci siamo !Ogni tanto ci dicono che viene "convocato un tavolo" e ci accontentiamo dei tavoli, poi quegli stessi tavoli non vengono neanche onorati e rispettati. C'è un'assenza di politica in questa Regione e c'è un disegno preciso. Noi andremo probabilmente a chiudere questa legislatura con questo clima, con il clima che respiriamo qua dentro, sapendo che non abbiamo nessun ruolo, sapendo che andremo alla deriva navigando a vista, sapendo che anche il ruolo dei nostri parlamentari è un ruolo sicuramente inadeguato.

Qual è la rappresentanza degli interessi della Sardegna che fanno i nostri parlamentari? Anche quando hanno avuto un'occasione storica, come nella parte finale del Governo Berlusconi (mi riferisco ai parlamentari del centrodestra) di poter essere determinanti, di poter garantire almeno la fiducia, anche allora hanno pensato più alla loro ricandidatura, alla ricerca semplicemente dei propri interessi, piuttosto che degli interessi della Sardegna.

Non c'è quindi un progetto, non solo per l'industria, ma nemmeno per il turismo (leggete le cronache di oggi: è una stagione disastrosa, senza prospettiva). Mi chiedo dove sia l'assessore Crisponi, cosa stia facendo, al di là dell' "isola che danza"!Cosa si sta facendo per l'agricoltura, la pastorizia, l'energia e per ogni settore produttivo? Non c'è un progetto, non c'era nel 2009 - lo sapevate - non c'è stato in questi anni, non ci potrà essere. E qui sono d'accordo con Maninchedda: dobbiamo confrontarci su progetti alternativi di Sardegna, su programmi alternativi che vadano magari anche oltre le scelte che abbiamo effettuato nel passato, ma che tengano conto sicuramente di una necessità d'innovazione.

Allora il problema è lo Stato o lo Stato è la soluzione? Io credo che il problema siamo noi, è questo Consiglio regionale che artificialmente rimane in vita, è questo Governo della Regione che artificialmente viene mantenuto in vita. Come possiamo pretendere di riprenderci la sovranità se non siamo capaci di affrontare in commissione le riforme elementari, essenziali? Insomma, anche un Presidente della Commissione dovrebbe interrogarsi su questo. Se no che cosa ci sta a fare? Credo che dovremmo restituire certamente la potestà al popolo, scegliere fra diverse opzioni, ma intanto, finché ci siamo, dobbiamo fare la nostra parte.

Io mi riferisco in particolare a Porto Torres e alla Vinyls, non tralasciando le altre vertenze, tutte facenti parte di un'unica vertenza Sardegna. Io non so se ci sarà l'incontro il 17, non so quante offerte ci siano, quello che chiedo è che la Regione autorevolmente assuma un ruolo istituzionale e politico, che non si accontenti di incontri e tavoli tecnici, che assuma fino in fondo la guida in un percorso che ci deve vedere coprotagonisti insieme allo Stato, anche se - è vero - gli unici protagonisti in un momento di disperazione sono i lavoratori, che non sanno più cosa inventarsi per poter ottenere almeno un po' di attenzione.

Assessore, io la invito a recarsi a Porto Torres, la invito a visitare quegli impianti in abbandono, la invito a verificare - se possibile con qualche tecnico - se sussistono almeno le condizioni minime di sicurezza in quell'impianto. La invito a farsi carico del problema insieme al Presidente Cappellacci, così forse vi renderete conto che c'è uno Stato lontano, ma c'è anche una Regione lontana che, volente o no, non riesce ad occuparsi con la stessa attenzione, con la stessa sensibilità, con le stesse risorse di tutti gli angoli e di tutte le aree della Sardegna.

Avremo modo di parlare di fondi FAS, di come sono stati utilizzati, di come sono stati "scippati" da una parte all'altra; mi piacerebbe entrare nel dettaglio per dimostrare che ci sono, nella nostra Sardegna, anche territori dimenticati, abbandonati. Credo che, così come noi - lo diceva Maninchedda - dobbiamo porre in essere verso lo Stato una politica contestativa, anche le autonomie locali, che hanno un ruolo importante e strategico, debbano porre in essere una analoga politica nei confronti della Regione.

Non siamo infatti riusciti (o, meglio, non siete riusciti) in questi anni ad interpretare il protagonismo degli enti locali, non l'avete fatto garantendo le risorse necessarie, non l'avete fatto garantendo quell'attenzione a quelle politiche che rendono veramente ciascun territorio della Sardegna, in un'ottica di federalismo interno, capace di auto promuoversi e di avere almeno le condizioni minime per auto promuoversi. Quindi credo che nella replica l'Assessore, se non ci sarà il Presidente Cappellacci, dovrà darci delle risposte, dovrà dirci qual è l'orizzonte (a breve termine, perché non avrete una vita lunga dal punto di vista politico) dovrà dirci quali sono le prospettive che ci volete e che volete, soprattutto ai lavoratori, rendere chiare, per dare una risposta, per dare una speranza in un momento drammatico come questo.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Sanna Gian Valerio. Ne ha facoltà.

SANNA GIAN VALERIO (P.D.). Colleghi, io cercherò di esprimere alcune considerazioni divagando un po' rispetto all'impostazione di questa sessione liturgica che stiamo tenendo di fronte all'ennesima difficoltà. Questa infatti è una liturgia, non è una cosa seria; se io devo essere richiamato alla compattezza intorno ad un obiettivo vorrei che questo non avvenisse delegando il Presidente a metterci la faccia, perché della sua faccia non ce ne facciamo niente. Purtroppo è anche poco gradevole, secondo qualche punto di vista.

Lui sarebbe dovuto essere qui ad ascoltare se avevamo delle idee che avrebbe potuto far proprie, perché non deve esserci solo la sua faccia impotente di fronte a questa crisi ma ci devono essere delle idee, idee capaci di suscitare dei movimenti politici diversi da quelli inoperosi ed inconcludenti. Perché, badate colleghi, Assessore, il problema è politico non è industriale! Cerco di spiegarlo.

Intanto vorrei iniziare il mio intervento portando la solidarietà a quella moltitudine di disperati che risiedono in bacini territoriali che non hanno mai visto né industrie, né miniere, né sovvenzioni pubbliche come quelle sono state concesse in questi anni. Quei cittadini sono come gli altri e hanno diritto alla nostra solidarietà perché sono disperati quanto gli altri! Dobbiamo finirla di operare distinzioni tra questo e quell'altro, tra un territorio e un altro territorio, perché la Sardegna sta morendo tutta, non sta morendo solo un territorio. E' ignobile che un Consiglio regionale non abbia un pensiero unificatore rispetto alla difficoltà del popolo che deve rappresentare. C'è invece un pensiero disgregatore, corporativo, localistico, questo sì, con qualche eccezione, ovviamente.

L'altra cosa, Assessore, che non capisco è che cosa si pretende di fare. Vi faccio questo esempio per farvi capire che è sbagliata l'impostazione: Alcoa non sta chiudendo perché dismette l'attività, sta chiudendo perché sta delocalizzando in luoghi dove può conseguire maggiori profitti. Che interesse avrebbe Alcoa di trattare il passaggio della sua azienda ad un'altra azienda per generarsi un concorrente? Me lo spiegate? Che interesse avrebbe?

Se il fallimento delle iniziative che avete registrato, che ci ha ricordato il Presidente anche l'altro giorno, ci porta oggi ad inseguire i problemi e non a prevenirli e a correggerli, è perché probabilmente non abbiamo tenuto conto che l'Alcoa sta facendo il suo gioco. E siccome è in conflitto di interesse rispetto alla libertà del mercato, bisognava trovare qualche condizione diversa quando sono stati stipulati gli accordi per dargli l'interrompibilità e tutte quelle altre sovvenzioni.

Colleghi, in Italia, negli ultimi 15 anni, a questi signori abbiamo dato energia sovvenzionata che è costata alla collettività più di 1 miliardo di euro! Considerato ciò non credete che il regime privatistico di questi signori possa essere un attimo messo da parte per attribuire un qualche peso all'interesse pubblico in una trattativa che è prevalentemente pubblica? Invece no, aspettiamo che il Ministero, che noi li riceviamo, eccetera.

Vorrei sapere in che condizioni noi riceviamo colossi imprenditoriali di quel genere: se solo vedessero, Assessore, lo stato della spesa di questa Regione al primo di settembre, se avessimo il coraggio di fargliela vedere, se ne andrebbero con l'aereo successivo a quello con il quale sono arrivati, perché sarebbe la prova della nostra incapacità.

E allora, quando trattiamo questi argomenti, quando la collettività paga direttamente quote che tengono in piedi queste aziende, è anche possibile che siano redatti dei concordati che abilitino il potere pubblico, in queste condizioni, ad assumere direttamente la trattativa delle dismissioni? O vogliamo chiederlo al Governo? Chiediamo al Governo che presentino una norma.

Altro problema, Assessore. Noi abbiamo dei consumi in Sardegna da anni stabilizzati intorno agli 11-12.000 gigawattora. Di questo consumo 6500 gigawattora sono localizzati nella provincia di Cagliari e nel Sulcis: siamo al 60 percento dell'intero consumo. Esiste in questi ultimi tre anni e mezzo un documento strategico della Regione in materia di politiche energetiche che dica che si deve costruire una prospettiva dove questo peso energetico viene affrontato in maniera diversa, per evitare che quel costo gravi sulle forze lavoro, sugli occupati, sul mantenimento delle aziende? Esiste qualche atto? Fatecelo vedere!

Io anche da poco ho visto la predisposizione del Piano energetico ambientale regionale: ignoriamo la gravità della condizione e dell'anomalia nella quale ci troviamo, e voi volete la compattezza? Io uso il binocolo e mi allontano dall'obiettivo, e guardo che cosa avete fatto in questi tre anni e mezzo: nulla, nulla, solo nulla. Da oggi sono pronto a registrare la vostra disponibilità personale a dare le dimissioni (ci servono le dimissioni di almeno 13 consiglieri della maggioranza da sommare alle 27 nostre) perché è necessario che Cappellacci e questa Giunta se ne vadano via, perché abbiamo bisogno di un momento di discontinuità rivelatrice di un desiderio diverso di impostare le idee del nostro territorio, non quest'idea di seguire le crisi quando ci scoppiano in mano, quando purtroppo non abbiamo neanche la faccia per essere credibili.

Dica al Presidente che bisogna avere una bussola e che bisogna non avere più la sindrome dei tavoli tecnici, che lui evidentemente ha inchiodati nel cervello. Si dice che i cittadini e i lavoratori se la prendano con la politica, ma vorrei dire sommessamente ai lavoratori, che hanno tutta la nostra solidarietà, che la politica non esiste, ma esistono forze politiche che compongono maggioranze e minoranze, e a queste maggioranze compete il dovere di agire, scegliere e operare: non siamo tutti uguali, non è così. Affermare questo è offendere la realtà di una dinamica democratica.

E voi in questi tre anni e mezzo cosa avete fatto? Avete agito, avete scelto, avete operato, o avete subito? Ma vi sembra logico che il nostro popolo debba recarsi di fronte ai portoni del Ministero, e che il "codazzo" dell'apparato regionale, forse dotato di autorevoli consulenti ma è un codazzo di Uffici (anche questo dà l'immagine di quello che siamo) si presenti a mani vuote, disponibile a fare le infrastrutture che avremmo già dovuto concludere?

No, io credo che sia necessario la compattezza per radunarci attorno all'esigenza di raccogliere le vostre disponibilità, colleghi, perché occorre voltare pagina. Serve un segnale, serve un segnale anche all'economia di questa regione, e purtroppo un ostacolo vero al rilancio di questa nostra regione è questo Presidente, questa Giunta inesistente e anche questa maggioranza che non c'è più.

Io sono d'accordo con Maninchedda, però, per essere conseguente, il Gruppo sardista dovrebbe iscriversi immediatamente insieme a noi tra coloro che sono pronti a rassegnare le dimissioni per far cessare questa legislatura. Beh, allora la musica cambierebbe, ma finché si parla restando in Giunta non serve a niente.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Capelli. Ne ha facoltà.

CAPELLI (Sardegna è già Domani). Onorevole Gian Valerio Sanna, se sono aperte le iscrizioni aggiunga pure altre firme perché ha sbagliato i conti: non ne servono 13 ma ne servono 9, visto che già altri 5 si sono iscritti; ed è un'iscrizione che non è soggetta a valutazione di accettazione ma è un'iscrizione maturata nel tempo, è un'iscrizione libera alla quale spero che, conseguentemente e coerentemente, altre seguano quanto prima. Ma non per un gioco tra le parti, non per un gioco tra i partiti ma semplicemente per fare giustizia.

Vedete, io credo che questo stanco dibattito sia segnato soprattutto dal silenzio della piazza, perché nessuno crede più in questo Consiglio regionale e in questa maggioranza, tant'è che, come vedete, la via Roma è sgombra, nessuno viene neanche più a protestare, nessuno viene più a manifestare. Perché? Perché ormai la gente ha capito l'inutilità, ma non l'inutilità della protesta, l'inutilità del Consiglio regionale. Siamo qui oggi a discutere delle responsabilità del Governo e sottacciamo le responsabilità della politica sarda degli ultimi trent'anni.

Badate bene, l'ho già detto nello corso dibattito: non possiamo ancora stare fermi ad ascoltare le proposte, a livello regionale e a livello nazionale, che provengono dai governanti che abbiamo ereditato fin da allora. E' ridicolo che chi ha creato il problema oggi si erga a propositore della soluzione. Anche perché non c'è niente di nuovo.

Stavo rileggendo le cronache del 2001, di quando io da Presidente dell'ottava Commissione mi recai presso la sede della Carbosulcis (ennesima occupazione, ennesimo blocco, perché è la storia di ieri che si ripete oggi) e arrivai ad una conclusione semplice, semplicistica anzi (la stessa alla quale arrivano oggi i grandi e dotti rappresentanti della politica nazionale) e cioè che con quanto abbiamo speso nella Carbosulcis avremmo potuto dare centinaia di migliaia di euro ad ogni lavoratore e avremmo risolto il problema. Una conclusione semplicistica, certo, come semplicistica è la proposta di rottamazione senza idee.

Tutti ci sentiamo dire, a livello nazionale: si è speso così tanto che se avessimo distribuito quei soldi tra i lavoratori ne avremmo reso ricchi centinaia. E' una nostra responsabilità, lo dissi nel 2001: dal conteggio fatto nel 2001 da Presidente dell'ottava Commissione con i sindacati risultava che fino a quella data, per salvare delle aziende decotte che non stavano più sul mercato, avevamo speso 500 mila euro ad operaio. E lo stesso discorso vale oggi per ALCOA e per le aziende energivore, perché non c'è un problema Sulcis, c'è un problema Sardegna. Ed è un problema di carenza progettuale, un problema di carenza di prospettive.

Si dice che se si considera che lo Stato interviene con un minimo di 90 milioni annui per abbattere i costi energetici tra le varie aziende energivore, dividendo 90 milioni annui per 2.500 (che sono ben di più dei posti di lavoro che sono in discussione oggi) si otterrebbero più di 120 mila euro per lavoratore. In pratica in pratica si risparmierebbe. In questo modo garantiremmo la sopravvivenza dignitosa al mondo operaio e potremmo cercare di impostare la riconversione (non di quelle aziende, perché non è riconvertibile un'azienda di produzione di alluminio) ma della capacità produttiva di quel territorio, perché dobbiamo capire come stare sul mercato.

E allora, lo dico anche a voi, ma anche ai nostri politici, massimi esponenti nazionali: è vero, oggi state dicendo che abbiamo speso tanto e che considerata la spesa pro capite per ogni operaio avremmo potuto fare diversamente, ma questo discorso è stato fatto anche per la FIAT che sta delocalizzando la produzione? Perché non lo fate anche con il buon amministratore delegato della FIAT che sta rilanciando la Chrysler e che sta investendo in apparati produttivi fuori dei confini italiani, perché deve stare sul mercato? E noi, come interveniamo per salvare Melfi, per salvare l'azienda produttiva più grande d'Italia? Con la rottamazione. Non quella dei politici, ma delle auto, con gli incentivi, e li paghiamo tutti, così come paghiamo la bolletta energivora della Sardegna.

Allora mi chiedo: cosa si aspetta la gente da noi ? Salto quanto devo dire sulla Giunta, l'ho ripetuto per mesi, per anni ormai: noi non abbiamo un autorevole rappresentanza, e l'autorevolezza non è data soltanto dalla rappresentanza politica ma anche dalla capacità progettuale.

In due righe ho suggerito anche poc'anzi una via, che può essere discussa, accettata, rigettata, però è un'idea, è un'idea. Da parte vostra, invece, non trovo idee da discutere, proposte reali e quindi è giusto iscriversi e raggiungere le 41 firme per porre fine a questa agonia politica. Ha ragione il collega Sanna: non voglio essere omologato, perché non sono al Governo della Regione, non siedo su quei tavoli, anzi ribalterei quei tavoli. Ma dobbiamo assumerci una responsabilità chiara, concreta, dobbiamo fare qualcosa, dobbiamo trovare un altro strumento di confronto con lo Stato nazionale, con il Governo nazionale.

Sottoscrivo le note portate all'attenzione dell'Aula dal collega Maninchedda: il problema unico Sardegna (pur nella diversità dei casi) e la sovranità che dobbiamo esercitare e che dobbiamo essere capaci di esercitare. Però non abbiamo strumenti per fare pressione sul Governo centrale, non abbiamo strumenti democratici. Allora cosa possiamo inventare per far sentire la voce della Sardegna? Come possiamo essere vicini a quei lavoratori che fanno sentire la loro voce nelle strade di Roma?

Non semplici annotazioni di solidarietà, non con semplici discese in campo temporanee per dire che siamo con loro. Io propongo e pongo all'attenzione dei segretari regionali dei partiti, di tutti i partiti e di tutti i movimenti, una iniziativa forte, provocatoria: sottoscriviamo e teniamo fede tutti all'impegno d'onore che nessun partito e nessun movimento presenti liste alle prossime competizioni elettorali nazionali. Tutti insieme noi (non gli elettori) prendiamo l'impegno di disertare la politica, prendiamo l'impegno di non presentare liste e candidati al Parlamento nazionale, tutti insieme.

Allora sì che ci porremmo all'attenzione del Governo nazionale e dei nostri concittadini, degli operai! Così facendo ci metteremmo in gioco e rischieremmo con loro. Perché è facile dare solidarietà e poi non essere conseguenti!

Io apro questa vertenza con il Governo e ne apro anche un'altra: Presidente, non so se questo può comportare delle conseguenze, ma io sospendo il mio giuramento effettuato in quest' Aula come consigliere regionale nei confronti della Costituzione e della Repubblica italiana, perché non faccio parte della Repubblica italiana se quella repubblica non mi darà prova di essere anch'essa attenta alle esigenze della mia Regione; non faccio parte di quella istituzione.

PRESIDENTE. Onorevole Capelli, prendo questa sua ultima dichiarazione finale come una considerazione di carattere politico, perché non si può ovviamente sospendere il giuramento prestato al momento in cui si sono assunte le funzioni di consigliere regionale.

E' iscritto a parlare il consigliere Dessì. Poiché non è presente in aula decade.

E' iscritta a parlare la consigliera Zuncheddu. Ne ha facoltà.

ZUNCHEDDU (Gruppo Misto). Presidente, colleghi, la crisi che attraversa oggi la nostra Isola non è quella dell'industria che, come era prevedibile, chiude il suo ciclo in Sardegna (dopo aver raschiato tutte le pentole possibili e dopo aver ridotto l'ambiente nelle condizioni che tutti conosciamo) delocalizzando gli impianti verso nuovi paradisi dove conseguire profitti migliori. La crisi che attraversa oggi la Sardegna è quella degli operai restati senza lavoro e dei nostri territori. La crisi oggi, in senso più ampio, coinvolge tutta la Sardegna.

Mi ha colpito una dichiarazione pronunciato da una ragazza sarda avantieri in una manifestazione a Roma: "non abbiamo nient'altro, se no questi posti di lavoro non meriterebbero di essere difesi". Io un po' ho riflettuto e mi sono chiesta se davvero la persistenza di ALCOA e delle altre multinazionali industriali nel nostro territorio rappresenti la soluzione dei nostri problemi. Io credo proprio di no; credo proprio che sia il caso di compiere delle azioni coraggiose, e questo è compito della classe politica.

E' come quando un medico si trova di fronte ad un paziente che ha una gamba in cancrena. Il paziente non rinuncerebbe mai alla sua gamba però il medico, per salvare la vita del paziente, deve necessariamente decidere di amputargliela. Voglio dire che dobbiamo essere coraggiosi e effettuare scelte che possano essere anche impopolari. Dobbiamo decidere un nuovo modello di economia che sia assolutamente condivisibile in Sardegna. Tutto ciò che è stato importato, imposto - e mi riferisco ai modelli industriali - era votato al fallimento e il fallimento noi lo stiamo vivendo. Noi vogliamo dei modelli di sviluppo economico che nascano in Sardegna e che siano assolutamente condivisi dai sardi.

Riallacciandomi alle dichiarazioni del collega Maninchedda, sul ruolo di "comparsa" della Regione autonoma della Sardegna, devo ammettere che mi trovano assolutamente d'accordo. Noi abbiamo un Presidente della Regione autonoma che si è auto delegittimato, per cui mentre è comprensibile che la disperazione porti i nostri operai a Roma in cerca dell'ultima speranza, resta incomprensibile l'immobilismo e l'incapacità di chi amministra la Sardegna, di prendere decisioni a Cagliari e di farle valere a Roma. Come è incomprensibile al tavolo delle trattative con ALCOA la mollezza che il ministro Passera e il sottosegretario hanno manifestato nei confronti della multinazionale, come se non fossero interessati alla soluzione di questa vertenza. Le uniche risposte dello Stato italiano agli operai sono stati i manganelli!

Ancora una volta si tratta un problema sociale ed economico declassandolo a problema di ordine pubblico: lo hanno fatto recentemente a Roma con i pastori, oggi lo fanno con i nostri operai. Anche a Cagliari, ieri pomeriggio, in piazza Palazzo, nonostante la manifestazione fosse assolutamente composta, si è risposto con un massiccio schieramento di polizia. Mi chiedo se noi possiamo ancora accettare tutto questo in silenzio. E' proprio vero che il Governo Monti è il Governo dei banchieri e delle multinazionali, e non degli operai e di chi produce, e ancor meno della Sardegna.

Mi domando ancora: dov'è la Regione autonoma della Sardegna. La classe politica sarda deve essere più coraggiosa e prendere atto che non è più tempo di scelte, di rattoppi e di soluzioni parziali e provvisorie per il dramma occupazionale, non è più tempo per mendicare, per implorare che le multinazionali, bontà loro, restino ancora un po' a rapinare e a distruggere il nostro territorio in cambio di pane avvelenato, sempre rigorosamente a scadenza.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE COSSA

(Segue ZUNCHEDDU.) Nella dichiarazione della giovane manifestante a Roma era palese la richiesta di un'alternativa di lavoro possibile. E io dico che l' alternativa c'è, una alternativa immediata e concreta, che si chiama "bonifiche". E' un argomento di cui poco si parla. Non si parla di bonifiche, e quindi di riconversione della nostra economia. Invece dobbiamo ripartire prendendo atto del crollo del polo industriale del Sulcis, di Ottana, di Porto Torres, non per ricostruirlo (io non sono per ricostruire questi imperi) ma per uscire da questa crisi epocale dovuta a un modello di sviluppo che assolutamente ha fallito e non può avere futuro.

E' chiaro che noi non possiamo perdere un solo posto di lavoro, anzi, dobbiamo trovare delle soluzioni alla disoccupazione già cronica, e questo è possibile anche imponendo ai signori dell'industria di saldare i conti. Questo è un altro argomento che è tabù in quest' Aula. Questi signori devono pagare, e se vanno via devono rimborsarci i finanziamenti e devono pagare per aver avvelenato il nostro territorio, quindi devono pagare per le bonifiche. E invece no, si rischia che vadano via alla chetichella nella totale indifferenza della Regione.

Occorre dare avvio a un progetto di riconversione dell'economia industriale in economia ecocompatibile secondo le vocazioni dei nostri territori, e ciò oggi è possibile solamente attraverso il progetto di cui parlavo, con bonifiche efficaci, concrete e che tengano conto dei valori di criticità ambientale e quindi dell'inquinamento, che ormai è ben conosciuto e studiato. Ma la classe politica non ne parla. Ne parlano invece i medici dell'ambiente, per esempio, che sono organizzati non solo qui in Sardegna ma a livello internazionale, i medici dell'ISDE.

Il rilancio della nostra economia deve ripartire subito dalle bonifiche tese a rivitalizzare l'ambiente e il territorio e a renderlo idoneo ad un nuovo uso. Tale intervento - necessario in vaste fasce della Sardegna - sarebbe talmente ampio da garantire occupazione per tutti, quindi a giovani disoccupati, operai, tecnici, studiosi, e anche alle future generazioni. L'inganno perpetuato con il G8 a La Maddalena, nel processo di riconversione economica da militare a turistica, che tutti noi abbiamo auspicato, deve essere di insegnamento, perché anche quello è stato un grande tradimento, onorevole Maninchedda, un grande tradimento dello Stato.

I signori del G8, volendo evitare le bonifiche - fra l'altro pagate a caro prezzo pur non essendo state eseguite - hanno fatto sì che le stesse strutture turistiche affacciate sui siti inquinati non decollassero (vedi la struttura turistica pressoché regalata ad Emma Marcegaglia, con la quale la Regione autonoma della Sardegna oggi rischia anche un contenzioso). Sull'operazione del G8, la RAS, in nome e per conto dei sardi, deve recuperare 100 milioni di euro, oggi più che mai utili per aiutare la nostra gente in crisi (si tratta di fondi FAS, spesi per bonifiche mai eseguite) e questo si può fare costituendosi parte civile nel processo penale. L'udienza per il processo di Perugia è stata fissata per il 25 di settembre, ma nonostante io continui a sollecitare il nostro Presidente perché si costituisca parte civile, lui continua a non dare risposte. Cosa aspettiamo? Quei fondi devono essere recuperati e spesi in Sardegna nelle aree in crisi.

Lo stesso dicasi per i 150 milioni stanziati in modo irrazionale per il passaggio in Sardegna del gasdotto GALSI, che dovrebbe portare il metano dall'Algeria all'Italia del Nord. Visto che il Governo algerino ha già dichiarato che non è disponibile a concedere il metano a prezzi di realizzo, io chiedo che i 150 milioni vengano stornati dal bilancio e destinati a emergenze sociali-occupazionali, a partire dal Sulcis.

Sarebbe inoltre utile sapere se Alcoa e tutte le multinazionali presenti nel nostro territorio, nel conto economico con la Regione autonoma Sardegna, debbano dare o avere ancora danari, e a quanto ammontano, per evitare che possano andar via senza saldare i conti. Sarebbe utile la costituzione di una Commissione d'inchiesta sui finanziamenti regionali all'industria in tutta la Sardegna, e che indaghi anche sugli sperperi…

PRESIDENTE. Il tempo a sua disposizione è terminato.

ESPA (P.D.). Chiedo la verifica del numero legale.

(Appoggiano la richiesta i consiglieri Salis e Uras.)

Verifica del numero legale

PRESIDENTE. Dispongo la verifica del numero legale con procedimento elettronico.

(Segue la verifica)

Risultato della verifica

PRESIDENTE. Sono presenti 55 consiglieri.

Risultano presenti i consiglieri: Agus - Amadu - Bardanzellu - Biancareddu - Bruno - Campus - Capelli - Cocco Daniele - Cocco Pietro - Contu Felice - Corda - Cossa - Cucca - Cuccu - Cuccureddu - Cugusi - Dedoni - Diana Giampaolo - Diana Mario - Espa - Floris Rosanna - Fois - Greco - Lai - Locci - Lotto - Lunesu - Maninchedda - Mariani - Meloni Valerio - Moriconi - Mula - Mulas - Murgioni - Obinu - Oppi - Piras - Pittalis - Porcu - Randazzo - Rodin - Salis - Sanjust - Sanna Giacomo - Sanna Gian Valerio - Sechi - Solinas Antonio - Solinas Christian - Steri - Stochino - Tocco - Uras - Vargiu - Zedda Alessandra - Zuncheddu.

Poiché il Consiglio è in numero legale la seduta prosegue.

Ha domandato di parlare il consigliere Lotto. Ne ha facoltà.

LOTTO (P.D.). Oggi, con la discussione di queste mozioni, di fatto stiamo affrontando il problema dei tre principali poli industriali della nostra Isola, sui quali si concentra anche l'attenzione dell'opinione pubblica nazionale. Le vertenze della Carbosulcis e dell'Alcoa, infatti, stanno ormai riempiendo le pagine dei giornali nazionali. Però si è voluto mettere al centro dell'attenzione di quest'Aula la difficilissima situazione in cui versa il polo industriale di Ottana, e con altrettanta puntualità si è cercato di mettere sotto lente di ingrandimento il difficilissimo momento che vive il polo industriale di Porto Torres, con la vendita che non va in porto della Vinyls, con E.ON che, dopo aver realizzato gli impianti fotovoltaici, non si decide a realizzare il quinto gruppo della propria centrale, e con un quadro relativo alla chimica verde che è abbastanza nebuloso.

Sulla questione E.ON, di cui non si è parlato molto in questi giorni, io vorrei mettere in evidenza che se davvero E.On non realizzasse quello che deve realizzare, in base agli accordi di programma, e impedisse anche ad altri di realizzarlo, di fatto starebbe decretando, nell'arco dei prossimi 5-10 anni, la chiusura della Centrale di Fiume Santo. I gruppi 1 e 2 sono infatti già fuori regola e operano solo in forza di proroga; gli altri, nell'arco dei prossimi 5-6 anni, raggiungeranno la loro età di dismissione, e se allora non entrerà in funzione il quinto gruppo quella Centrale di produzione non potrà che essere chiusa, assestando così un colpo assolutamente mortale al Polo industriale di Porto Torres.

Parliamo di questi poli industriali, ma più di uno ha messo in evidenza - e giustamente, secondo me - che stiamo parlando di una crisi economica generalizzata, parliamo dell'industria, ma non si può non tenere presente che abbiamo una situazione drammatica su tutti i fronti nella nostra Isola: trasporti, infrastrutture, turismo, agricoltura. Tutti temi intimamente legati fra di loro, e che stanno vivendo una crisi drammatica che non avevo mai avuto possibilità di vedere prima.

Noi siamo responsabilmente consapevoli delle difficoltà; non è un quadro facile quello che il Governo regionale è chiamato ad affrontare. Però, quando il gruppo dirigente di una società, quale quella a cui noi facciamo riferimento, la società sarda, è adeguato, le difficoltà, anche le più gravose, si superano; se così non è, se questa adeguatezza è inesistente, non è facile risolvere neanche i problemi più semplici, e noi di problemi semplici da risolvere, in Sardegna, non ne abbiamo, ne abbiamo tanti, uno più difficile dall'altro.

E se non esistono problemi facili, se la società, la nostra economia non cammina, se procediamo di arretramento in arretramento, non ci possiamo permettere una inadeguatezza del governo della massima Istituzione regionale. Non se la può permettere la nostra Isola, il nostro Popolo, non ci possiamo permettere che problemi molto difficili non vengano affrontati in modo adeguato.

Relativamente alla questione del polo di Porto Torres ha preso piede e si sta facendo largo nella coscienza della gente (o la gente fa di tutto perché si faccia largo) la speranza che la scelta di Eni di promuovere il polo della chimica verde possa diventare una realtà davvero interessante, non solo dal punto di vista industriale, ma anche dal punto di vista dello sviluppo del mondo agricolo. Serve un atteggiamento positivo nei confronti di questa iniziativa; è nata sulla scia della vertenza Vinyls, sulla scia della decisione di Eni di chiudere anche l'ultimo stabilimento, e c'è stato un atteggiamento, della Regione in primis, ma anche degli enti locali, di grande fiducia nel momento in cui sono stati firmati accordi che prevedevano che prima si sarebbero chiusi gli stabilimenti esistenti e poi ci si sarebbe affidati alla realizzazione di ciò che dovrà essere realizzato.

E' una manifestazione di fiducia che ha creato tante perplessità, anche tante contrapposizioni nel territorio, però è rimasta la speranza che, comunque, chi aveva il bandolo della matassa cercasse di sbrogliare i problemi nel migliore dei modi possibile. Quando si firma una cambiale in bianco si spera sempre che chi la deve onorare la onori davvero. Io sto iniziando ad avere qualche preoccupazione di troppo rispetto a questo problema. Del resto, che cosa ne è seguito da quegli accordi che hanno promosso la creazione del polo della chimica verde? Ne è seguita una gestione di quella partita che ha portato sì, con un anno di ritardo circa, all'inizio della pratica di realizzazione dello stabilimento, però, sul tema delicatissimo dei rapporti con il mondo agricolo, siamo ancora all'anno zero.

La cosa che più mi preoccupa è che se si parla con i tecnici che si interessano della materia, se si parla con chi si occupa della materia, per esempio con docenti dell'Università di Sassari, ci si rende conto dei gravissimi problemi e, comunque, dei tantissimi dubbi che circondano questa materia. Ce li possiamo permettere? Ci possiamo permettere che una partita così delicata venga prima messa in mano a persone esterne alla materia e alla stessa Regione, o a protagonisti anche di polemiche con la stessa Regione, assolutamente fuori luogo? E comunque, ci possiamo permettere che il problema non venga affrontato in maniera adeguata?

Così è stato, e la preoccupazione che ho io è che se così continuerà ad essere, quello che poteva essere un grande progetto, potrà diventare una probabile grande presa in giro. Non ce la possiamo permettere! E abbiamo l'obbligo e l'onere di lavorare affinché così non succeda, perché se no la responsabilità del fallimento, in questo caso sì, ricadrebbe su questa Istituzione, sulla Giunta e sul Consiglio regionale. Credo che dobbiamo esserne tutti consapevoli, in particolare la Giunta regionale.

PRESIDENTE. E' iscritta a parlare la consigliera Barracciu. Ne ha facoltà.

BARRACCIU (P.D.). L'onorevole Maninchedda parlava, a proposito del Presidente della Regione, di ruolo di comparsa svolto nel rappresentare le istanze della Sardegna, ma credo che l'appellativo utilizzato dall'onorevole Maninchedda sia troppo generoso, perché fa compiere al Presidente Cappellacci un salto di qualità rispetto al ruolo che ha rivestito fin qui (quello, cioè, di mera controfigura di Berlusconi) quasi a intendere che il Presidente avrebbe compiuto un passo in avanti nella consapevolezza del suo ruolo istituzionale. Invece sono più d'accordo con l'onorevole Bruno quando afferma che, anziché di comparsa, si debba parlare di scomparsa del Presidente della Regione e della sua capacità di rappresentare le istanze dell'Isola.

Un'Isola, la nostra Regione, che attraversa, come sappiamo, una delle fasi più difficili della sua storia autonomistica, forse la più difficile, quella che ha fatto emergere tutti i nodi istituzionali, economici e sociali aggrovigliati dallo scorrere del tempo. Questi nodi rendono davvero arduo davvero guardare a delle vie d'uscita senza dover pagare lo scotto di scelte anche severe e dolorose, senza assumersi finalmente le responsabilità di dire anche la verità ai cittadini, ai lavoratori, agli operai.

Personalmente - non lo nego - avverto un disagio (credo che ciascuno di noi in quest'Aula lo avverta) il disagio di chi sa, quando parla, che può essergli anche rimproverato (in quanto parte dell'Istituzione rappresentativa dell'autonomia) ciò che sottolineava anche ieri l'onorevole Cucca, che mentre voi discutete Sagunto brucia.

Sagunto, infatti, è ogni realtà industriale di quest'Isola, ogni realtà produttiva in crisi, ognuna delle 1170 stazioni di crisi presenti lungo tutta la Sardegna, piccole e grandi realtà produttive (non soltanto industriali) appartenenti a tutti i settori dell'economia, che rivelano, anche soltanto parzialmente, l'esistenza di una crisi davvero profonda. Una crisi che conosce in questo momento la sua fase più critica, che esprime il malessere in forme e in modi che non hanno riscontro nella tradizione delle lotte operaie, quelle forme e quei modi a cui abbiamo assistito anche nelle ultime settimane, conseguenza dell'esasperazione di problemi che nel tempo si sono aggravati.

I principali indicatori economici non li ripeto, perché ciascuno di noi ce li ha ben presenti, in quest'Aula sono stati richiamati all'infinito. Io sono d'accordo con chi ha detto (l'onorevole Sanna se non sbaglio) che bisogna comunicare ai cittadini che c'è una differenza fra chi fa la maggioranza e chi fa l'opposizione, che le responsabilità dell'ufficio che si ricopre quando si rappresentano i cittadini sono diverse a seconda che si stia in maggioranza o all'opposizione. Sono d'accordo su questo, ma la condizione della Sardegna chiama alla responsabilità di tutti, pur con le dovute differenze.

Avverto pienamente che la condizione di minoranza e di opposizione seppure può attenuare, certo non cancella un giudizio che coinvolge tutti: di questo dobbiamo essere assolutamente consapevoli. L'angoscia degli operai del Sulcis, del nuorese, del sassarese, di ogni territorio dell'Isola, e l'aspettativa che sentono fallita di un futuro migliore e più sicuro per sé e per le loro famiglie, accomuna in un giudizio di responsabilità collettiva tutta l'istituzione dell'autonomia regionale. Che ci piaccia o no è così.

Proprio per questo motivo, anche per il danno gravissimo alla credibilità dell'istituzione autonomistica sarda che l'inerzia e l'incapacità di questo Presidente della Regione ha prodotto, anche per aver creato, rispetto alla politica, una indefinitezza dei ruoli e delle responsabilità, accrescendo il senso dell'antipolitica anche in quest'Isola (che pure ha le sue ragioni per esistere) la severità del mio giudizio sulla responsabilità di questo Presidente della Regione, il giudizio di inadeguatezza, di fallimento dell'azione sua e della sua Giunta, è ancora più fermo e deciso.

E' un'azione, quella di questo Presidente, che ha creato danni enormi a quest'Isola sotto il profilo sociale ed economico, ma allo stesso tempo ha aggravato veramente la caduta di credibilità delle istituzioni rappresentative, dell'Istituzione autonomistica, una credibilità che sarà molto difficile recuperare se non ci sarà veramente una volontà da parte di tutti che si concretizzi in azioni serie e concrete rispetto ai problemi che abbiamo di fronte.

E ancora di più riaffiora questa inadeguatezza quando si pensa a quelle illusioni che venivano propagandate al tempo delle elezioni regionali, secondo le quali sarebbe stata sufficiente una telefonata a risolvere i problemi (da quelli di Porto Torres a quelli di Portovesme) con una faciloneria semplificatoria che, per catturare il consenso dei cittadini, ne cancellava ai loro occhi la complessità dicendo bugie, perché di questo si tratta.

La stessa colpevole mistificazione che portava l'allora Presidente del Consiglio dei ministri a negare la crisi dell'economia dei Paesi dell'Occidente e dell'Italia trovava da noi il Presidente della Giunta assolutamente impermeabile ai richiami dell'opposizione e del Consiglio sulla necessità di attrezzarsi per fronteggiare la crisi, quando la crisi ancora non aveva assunto i contorni drammatici che ha adesso.

Noi abbiamo richiamato più volte in quest'Aula, sin dal 2009, con delle mozioni, questa Giunta regionale a quello che sarebbe successo e che poi è accaduto inevitabilmente e drammaticamente. Quindi quella di oggi è la cronaca di una morte annunciata da tempo, a cui non avete voluto prestare la vostra attenzione perché eravate impegnati in altro, a mistificare la realtà.

Per esempio, era il 19 gennaio 2010, c'era Berlusconi, il manovratore non si poteva disturbare, noi dicevamo che era importante confrontarsi con il Governo centrale e rappresentare con forza ai gruppi industriali in Sardegna (ENI e in particolare ENEL) la volontà del sistema sociale, politico ed economico sardo di difendere le produzioni. Era il 2009, ma naturalmente non era la prima volta che si diceva ciò, e l'abbiamo ripetuto successivamente. A ciò ha fatto riscontro una sordità e cecità totale da parte del Presidente e della Giunta regionale.

E se rispetto a questo rapporto con lo Stato noi per il futuro, anche in vista di quello che vorremmo fare della Sardegna nei prossimi anni, possiamo ragionare su come dovrà atteggiarsi, su come noi dovremmo rapportarci diversamente, oggi non è possibile non confrontarci con lo Stato, non richiamare il Governo alle sue responsabilità e pensare fortemente che il Governo centrale, certo può essere un problema, ma ha il dovere, ha la responsabilità di affrontare questi problemi e di risolverli. Noi questo oggi lo dobbiamo chiedere, poi nel futuro si vedrà quello che vorremo fare dell'Isola, come vorremo rappresentarla. Oggi c'è un Governo, noi abbiamo quei rapporti, dobbiamo chiedere al Governo di occuparsi della vertenza Sardegna.

Abbiamo perso anni preziosi per affrontare i nodi critici del nostro sviluppo. E' evidente quindi che quello che dobbiamo fare è recuperare assolutamente il tempo perduto e l'esigenza del confronto con lo Stato centrale non è certo venuta meno. E' venuta meno definitivamente la capacità di rappresentanza di questo Presidente della Regione, ammesso e non concesso che questa capacità l'abbia mai avuta.

Sulla questione di Ottana ha già detto bene il collega Cucca, ne hanno parlato la collega Lunesu e i colleghi che mi hanno preceduto. Io voglio solo ricordare che in questo caso l'interlocutore principale non ha la sede decisionale fuori dal nostro Paese, è una società italiana compartecipata dallo Stato, e per questo motivo il Governo, lo Stato, ha ancora di più il dovere di intervenire pesantemente perché quella situazione venga ripresa in mano e perché Terna ritorni sui suoi passi e consenta alle realtà industriali del centro Sardegna di continuare nella loro faticosissima vita in quei territori…

PRESIDENTE. Onorevole Barracciu, il tempo a sua disposizione è terminato.

E' iscritto a parlare il consigliere Vargiu. Ne ha facoltà.

VARGIU (Riformatori Sardi). Presidente, colleghi del Consiglio, io parto volentieri, nell'intervento che sto per pronunciare, da una considerazione espressa dal collega Maninchedda nell'intervento che ha aperto i lavori della giornata odierna. Il collega Maninchedda ha lanciato una proposta che è risuonata in quest'Aula e ha indotto ciascuno di noi ad una riflessione, una riflessione che poi mi ha convinto valesse la pena svolgere questo intervento.

Maninchedda ha detto sostanzialmente - non so se parlasse a nome del suo partito - che sarebbe meglio che questo Consiglio regionale venisse sciolto e si andasse a elezioni anticipate. Non ha precisato se le elezioni anticipate debbano essere domani, a ottobre, a dicembre, a febbraio dell'anno venturo, però ha detto: è finita l'esperienza di questa legislatura, tenetene conto.

Siccome Maninchedda è apprezzato da tutti noi consiglieri come fine testa pensante, che coglie elementi che spesso sono quasi preveggenti rispetto al contesto, io ho cercato di capire quale fosse l' argomentazione con cui Paolo sosteneva la sua tesi, e sostanzialmente mi pare che l' argomentazione fosse la seguente: il contesto attuale è totalmente differente rispetto a quello in cui si è votato nel 2009, ed essendo completamente modificato il contesto, e quindi verosimilmente anche le necessità di risposte che questo Palazzo deve dare rispetto a chi sta fuori, è indispensabile che noi restituiamo la parola agli elettori.

Bene, io voglio provare a sviluppare il concetto che Paolo Maninchedda ha proposto per capire dove porta e per dire, per quanto riguarda noi Riformatori, dove ci fa pensare che si vada. Allora, sostanzialmente, se il contesto è completamente diverso dal 2009, noi abbiamo la necessità di dare risposte diverse da quelle che si pensava di dare nel 2009; pensiamo che se oggi noi tornassimo alle urne, gli elettori ci darebbero delle indicazioni diverse rispetto a quelle che ci hanno dato nel 2009.

Cosa significa? Dal nostro punto di vista significa che sino al 2009 e anche oltre questa Regione si è retta con un sistema che, in maniera schematica, io definirei (poi se qualcuno me lo vuole contestare nel dettaglio sono a disposizione) un sistema assistenzialistico burocratico clientelare. Un sistema che ha avuto nell'industria pesante uno snodo, un bastione fondamentale, perché ha partecipato, alla presenza dell'industria pesante in Sardegna, a una trasformazione di contesto, una trasformazione culturale enorme che si è svolta all'interno della nostra Isola.

E' facile, con i parametri di oggi, esprimere una condanna rispetto a quel modello di sviluppo basato sull'industria pesante. Devo però anche dire che, trent'anni fa, chi rappresentava il pensiero liberale in quest'Aula quando si discuteva di industria pesante in Sardegna, espresse molte delle perplessità che oggi abbiamo tutti. Però questo è un altro discorso.

Quindi oggi probabilmente se noi ci appellassimo agli elettori otterremo delle risposte, degli inpu,t delle indicazioni diverse rispetto a quelle del 2009, in particolar modo su quegli interventi che sono state per sessant'anni il cliché del modello di sviluppo della nostra Regione. Se questo è vero significa che noi pensiamo che gli elettori ci dicano, dicano al "Palazzo", che il "Palazzo" deve cambiare modello di sviluppo, deve cambiare logica di risposta, quindi ci aspettiamo che da fuori ci dicano che una Regione come la nostra deve cambiare il modo di porsi nei confronti del mondo. Nel senso che noi abbiamo adottato il modello clientelare assistenzialistico burocratico di una Regione povera che aspetta trasferimenti riparativi, nel contesto del quadro perequativo nazionale, provenienti da regioni più ricche. Cioè ogni anno noi ci prendiamo dal Nord (che oggi non ce li vorrebbe più dare perché è in crisi anche lui) dai 4 ai 6 miliardi di euro che ci servono per far marciare il nostro sistema di caritas regionale.

Bene, se noi rinunciamo a questo modello non possiamo più ragionare vedendo in Roma il nemico perché non ci dà quanto noi vorremmo in più rispetto a quello che noi produciamo. Dobbiamo pensare a cambiare il nostro modello di sviluppo, cioè dobbiamo pensare ad avere una produzione in Sardegna, dobbiamo pensare ad avere una ricchezza in Sardegna, dobbiamo pensare ad essere autosufficienti. Dobbiamo pensare anche che finalmente diventeremo artifici del nostro destino. E quindi non andiamo a dire a Roma: "ci avevate promesso quattro miliardi in più, ce ne state dando soltanto tre, manca un miliardo" così che i sardi si convincano che Roma ci deve qualcosa. No, Roma ci sta passando un po' di meno della "carità" che ci passava prima, perché si sono ristretti i cordoni delle borse generali e di quelle del Nord modo particolare, pertanto è più difficile fare arrivare quelle sovvenzioni a cui noi siamo abituati per sostenere il nostro sistema economico burocratico assistenzialistico clientelare.

E allora io penso che prima o poi ci saranno le elezioni (e forse il Gruppo sardista e altri gruppi penseranno che bisogna farle in fretta) però la sostanza, a quel punto, è che ci dobbiamo chiedere quale classe dirigente, quale modello di sviluppo deve arrivare qui dentro. Perché se l'unica cosa che riusciamo a fare è cambiare quattro di noi con quattro segretari o quattro sindaci nostri amici che sono fuori e vogliono entrare qui dentro, cambia poco, sia come classe dirigente sia come modello di sviluppo.

Quindi non possiamo continuare a pensare che sarà questo che cambierà la Sardegna; il rito invece di officiarlo i sacerdoti a cui siamo abituati oggi lo officeranno altri ministri di fede ma sarà uguale e sarà sempre un rito e alla fine non cambierà niente.

Allora alcune cose diciamocele con chiarezza e noi Riformatori le vogliamo dire con chiarezza. La prima. Noi Riformatori siamo convinti - e l'abbiamo detto anche a suo tempo in presenza del ministro Romani - che l'industria pesante non è più il modello di sviluppo della Sardegna e non rappresenta il futuro della Sardegna, e questo noi lo diciamo con chiarezza. Ora siccome c'è qualcuno che ancora oggi sostiene che invece sia un modello di sviluppo praticabile è bene che ci si divida nel campo: secondo noi non è un modello di sviluppo sul quale si possa scommettere e si possa investire.

Poi siccome siamo consapevoli che quello che succede nel Sulcis, a Ottana, a Porto Torres non è una commedia ma è un dramma, non siamo in grado di sfilarci da quella specie di solidarietà pelosa che però ormai - qualcuno lo ha ricordato - non porta più neanche la gente fuori dal Palazzo (perché ormai la gente si è resa conto che questo Palazzo è inerme, neutro e non efficace rispetto a ciò che serve) però diciamo con chiarezza che il modello di sviluppo va cambiato. E aggiungiamo con chiarezza che non si può pretendere (non a "iso risorse" ma a risorse in calo) di mantenere in piedi il sistema clientelare assistenzialistico come qualcuno pensa. Noi non siamo d'accordo: la pensiamo diversamente e lo diciamo con chiarezza in modo che almeno rimanga agli atti.

Siamo altresì convinti - ed è l'ultimo punto - che il sistema burocratico che questa Regione ha messo in piedi e che sembra costruito contro il cittadino sia un sistema burocratico da smantellare, da bombardare, da trasformare in modo virtuoso perché ci sia nuovamente spazio per competitività e merito, che sono quegli elementi che fanno crescere una società e che riportano in Sardegna quelle opportunità che stanno scomparendo e che, se continueranno a scomparire, segneranno il declino, sino al tracollo, della nostra società, che diventerà un cimitero di cui i politici saranno i guardiani ben pagati.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Salis. Ne ha facoltà.

SALIS (I.d.V.). Io in premessa chiedo all'assessore Zedda che nella sua replica voglia riferire dell'esito dell'incontro che si sta prolungando con la Glencore e il presidente Cappellacci, visto che sembra che, per quel che riguarda l'ALCOA, questo tentativo di accordo sia forse l'ultima speranza di riuscire a chiudere positivamente questa vertenza. Una vertenza per cui si può tranquillamente affermare che il partito della chiusura di ALCOA è forte, è fortissimo.

Ieri mi è capitato di sentire, in una seguitissima trasmissione televisiva, il ministro Fornero che, a una domanda precisa su ALCOA, rispondeva con nettezza che bisogna smetterla di sovvenzionare con fondi pubblici attività che non hanno un mercato garantito, e l'ha detto con estrema nettezza. Un'espressione e una frase che di per sé è assolutamente condivisibile, sembrerebbe (anzi è per certi aspetti) un'espressione di buon senso, ma calata nella realtà del meridione italiano e della Sardegna è una dichiarazione di intenti devastante. E' devastante!

Perché io sono tra coloro, insieme al collega Vargiu, che hanno sempre definito un errore il modello di sviluppo della Sardegna fondato su risorse non proprie, importate. Importiamo l'alluminio, importiamo lo zinco, importiamo il ferro, importiamo tutto quello che possiamo lavorare, lo lavoriamo qua con costi ambientali notevolissimi e rimandiamo indietro il prodotto semilavorato. Non abbiamo attività di ultima lavorazione, che sono quelle che creano maggiore valore aggiunto, per cui, dal punto di vista della programmazione dello sviluppo della Regione, si tratta di un modello assolutamente sbagliato, e ne stiamo pagando i costi in termini economici, ambientali, e ora anche sociali.

Però io mi spingo un po' più in là, avendo visto e toccato con mano la difficoltà e i tempi necessari alla definizione di un nuovo modello di sviluppo. Mi spingo a dire che è necessario che ora il Governo della Regione, le forze politiche, tentino in quest'Aula di trovare una soluzione, definiscano un percorso parallelo alla necessità di prevedere un nuovo modello di sviluppo indispensabile per la Sardegna, che tenga conto della necessità di difendere quello che abbiamo, che è indispensabile per centinaia e migliaia di famiglie in tutta la Sardegna, non solo nel Sulcis.

Noi siamo di fronte, assessore Zedda, al crollo dell'intero sistema industriale sardo. Badate bene, io provengo da un territorio dove non ci sono mai state né miniere né ciminiere, dove cioè l'industrializzazione e anche i benefici dell'industrializzazione non si sono mai propagati, ma sento, pur essendo parte di un territorio che non è mai stato industrializzato, la necessità di difendere, per quel che vale, per tutto il territorio regionale, un tessuto industriale che è indispensabile e che deve essere mantenuto, perché è probabilmente anche parte integrante e fondamentale di un nuovo processo di sviluppo legato alle risorse locali, all'agricoltura, all'allevamento, all'industria di trasformazione di questi prodotti, al turismo o ai tanti turismi possibili e rafforzabili nella nostra Isola.

Ecco perché sono preoccupato della debolezza del Governo regionale: perché il Governo nazionale esprime questa titubanza e questo atteggiamento quasi di contrasto alla ripresa delle attività produttive in Sardegna. Il Ministro Fornero esprime una linea chiaramente ostile alla ripresa delle attività della nostra Isola, e dell'Alcoa in particolare; il Ministro Passera un giorno dice una cosa, un giorno ne dice un'altra opposta, il giorno dopo sta zitto perché magari non vuole scoprire le carte. Abbiamo un Governo che non ha una strategia chiara di difesa del tessuto produttivo esistente in Italia, che non ha una politica industriale che sia degna di questo nome.

Io sono preoccupato perché poi i segnali già dai mesi scorsi annunciano il peggio. Il collega Capelli ha ricordato l'amministratore delegato della Fiat; bene, lo stesso Ministro Fornero, alcuni mesi fa, rispondendo ad una domanda formulata da un giornalista circa il fatto che Marchionne stesse investendo in America sulla Chrysler, e non sulla Fiat, ebbe a dire testualmente: "Un buon imprenditore ha diritto di investire dove ritiene più opportuno per la sua azienda".

Badate, che se questo vale per Marchionne, non può non valere anche per l'Alcoa, non può non valere per la Vinyls, vale per tutti. E un assunto del genere nella nostra realtà è un disastro! Noi dobbiamo dire al Governo nazionale che rifiutiamo questa logica di concessione di un'assoluta libertà di manovra alle tante imprese che hanno fatto guadagni, che hanno lucrato sull'attività svolta in Sardegna. Ricordiamoci che l'Alcoa ha ricevuto ingenti finanziamenti da tutti i cittadini italiani, pagati con le bollete dell'Enel come contributo per i costi della energia.

E che dire dei tanti disastri ambientali che sono stati perpetrati negli anni sui territori? Peraltro (apro una parentesi) io sostengo con forza la richiesta, che è stata avanzata anche oggi in alcuni degli interventi su questo tema, che vengano prontamente sbloccati gli ingenti finanziamenti destinati alle bonifiche delle zone industriali. Questo è un settore dove bisogna intervenire. E voglio sottolineare e denunciare il fatto che i ritardi nell'avvio del processo di bonifica dei siti industriali dismessi o no sono assolutamente incomprensibili ed inaccettabili. Incomprensibili ed inaccettabili anche perché su questo versante delle bonifiche si può pensare di recuperare parte dell'occupazione che si perde nelle attività che stanno chiudendo, e il recupero ambientale è fondamentale e va fatto pagare alle imprese che tali bonifiche hanno reso necessarie.

Non è più accettabile che le imprese sfruttino le lavorazioni, investano, guadagnino, se ne vadano, e lascino ai sardi il peso e l'onere della bonifica di territori compromessi. Ecco perché noi abbiamo necessità di avere un Governo regionale, assessore Zedda, che sia più determinato nei confronti del Governo nazionale, più determinato per l'oggi.

Io ho sentito il presidente Cappellacci, nell'intervento pronunciato al MISE due giorni fa, parlare di piano Sulcis. E' giusto parlare di piano Sulcis, assessore Zedda, è un intervento di prospettiva importante, discusso con i territori, con le forze imprenditoriali, con le forze sociali, con gli enti locali, ma il piano Sulcis è un piano per i figli dei lavoratori dell'Alcoa e del Sulcis e della Sardegna, non per i padri, perché è un progetto di medio e lungo periodo. Noi abbiamo necessità…

PRESIDENTE .Il tempo a sua disposizione è terminato. I lavori del Consiglio riprenderanno questo pomeriggio alle ore 16 e 30.

La seduta è tolta alle ore 13 e 48.