Seduta n.21 del 13/05/2009 

XXI Seduta

Mercoledì 13 maggio 2009

Presidenza della Presidente LOMBARDO

La seduta è aperta alle ore 17 e 17.

CAPPAI, Segretario, dà lettura del processo verbale della seduta pomeridiana del 29 aprile 2009 (15), che è approvato.

Congedi

PRESIDENTE. Comunico che i consiglieri regionali Marco Meloni, Onorio Petrini, Antioco Porcu, Matteo Sanna, Carlo Sanjust, Carlo Sechi e Christian Solinas hanno chiesto congedo per la seduta del 13 maggio 2009.

Poiché non vi sono opposizioni, i congedi si intendono accordati.

Comunicazioni del Presidente

PRESIDENTE. Comunico che in data 6 maggio 2009 il Gruppo consiliare Misto ha nominato Presidente l'onorevole Angelo Francesco Cuccureddu.

Annunzio di presentazione di proposte di legge

PRESIDENTE. Comunico che sono state presentate le seguenti proposte di legge:

CAPELLI - OPPI - BIANCAREDDU - CONTU FELICE - CAPPAI - MILIA - OBINU - STERI:"Tutela e valorizzazione delle superfici, del paesaggio e delle attività economiche agro-silvo-pastorali". (16)

(Pervenuta il 7 maggio 2009 e assegnata alla quinta Commissione)

VARGIU - COSSA - DEDONI - FOIS - MELONI FRANCESCO - MULA: "Disposizioni per l'immediato pagamento dei debiti ai fornitori da parte della pubblica amministrazione nella Regione Sardegna". (17)

(Pervenuta l'8 maggio 2009 e assegnata alla terza Commissione)

Annunzio di presentazione di proposta di legge statutaria

PRESIDENTE. Comunico che è stata presentata la seguente proposta di legge statutaria:

VARGIU - COSSA - MELONI FRANCESCO - FOIS - MULA:"Incompatibilità tra le cariche di Assessore e Consigliere regionale". (1/STAT)

(Pervenuta il 12 maggio 2009 e assegnata alla prima Commissione)

Discussione della mozione Cocco Pietro - Agus - Manca - Caria - Porcu - Diana Giampaolo - Cuccu - Sabatini - Cucca - Bruno - Lotto - Meloni Marco - Zedda Massimo - Uras - Sechi - Cocco Daniele Secondo - Salis - Mariani - Zuncheddu - Solinas Antonio - Espa - Moriconi - Meloni Valerio - Barracciu - Ben Amara - Sanna Gian Valerio - Soru sulla crisi occupazionale e industriale del Sulcis-Iglesiente con particolare riferimento alla annunciata dismissione dello stabilimento Rockwool Italia Spa di Iglesias, con richiesta di convocazione straordinaria del Consiglio ai sensi dei commi 2 e 3 dell'articolo 54 del Regolamento. (4)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della mozione numero 4.

(Si riporta di seguito il testo della mozione:

Mozione Cocco Pietro - Agus - Manca - Caria - Porcu - Diana Giampaolo - Cuccu - Sabatini - Cucca - Bruno - Lotto - Meloni Marco - Zedda Massimo - Uras - Sechi - Cocco Daniele Secondo - Salis - Mariani - Zuncheddu - Solinas Antonio - Espa - Moriconi - Meloni Valerio - Barracciu - Ben Amara - Sanna Gian Valerio - Soru sulla crisi occupazione e industriale del Sulcis-Iglesiente con particolare riferimento alla annunciata dismissione dello stabilimento Rockwool Italia Spa di Iglesias, con richiesta di convocazione straordinaria del Consiglio ai sensi dei commi 2 e 3 dell'articolo 54 del Regolamento.

IL CONSIGLIO REGIONALE

PREMESSO che:

- risulta dai dati diffusi da fonti ufficiali ISTAT e dell'Osservatorio del mercato del lavoro della Regione, e da informazioni provenienti dalle organizzazioni sociali, un progressivo, preoccupante sostanziale crollo della occupazione in Sardegna e il permanere di una forte incidenza di lavoratori precari (oltre il 20 per cento degli occupati) e di lavoro irregolare;

- tale situazione è particolarmente grave in alcuni territori dell'Isola, da oltre 20 anni, ripetutamente colpiti da processi di destrutturazione produttiva e deindustrializzazione, con pesanti e disgreganti conseguenze che si ripercuotono sulle condizioni di vita delle popolazioni;

- in relazione all'aggravarsi dello stato di crisi dell'intera economia del Sulcis-Iglesiente, e soprattutto dell'apparato produttivo industriale: Eurallumina, Otefal Sail, Portovesme Srl, Alcoa, Rockwool, Carbosulcis, è stata promossa, nelle scorse settimane, una grande e significativa azione dell'intero territorio nelle sue rappresentanze sociali, primi fra tutti i sindacati dei lavoratori, le organizzazioni di categoria, gli amministratori locali e regionali, per attivare una forte e convinta difesa delle capacità produttive di quello storico polo energetico-industriale;

considerato l'aggravarsi della situazione e in questi giorni - in modo particolare - quello dello stabilimento Rockwool Italia Spa di Iglesias, a rischio di chiusura, con la conseguente perdita di circa 100 occupati diretti e altrettanti nell'indotto;

considerato, inoltre, che tutto ciò avviene in attesa che:

a) finalmente si dia soluzione al problema energetico, che darebbe una più solida prospettiva alla Carbosulcis, tale da consentire un incremento produttivo e occupazionale;

b) si realizzi un piano operativo adeguato alle esigenze di tutela del territorio, di bonifica delle situazioni compromesse principalmente dalle attività estrattive ex partecipazioni statali;

c) si promuovano investimenti nelle infrastrutture materiali ed immateriali, nel turismo, nell'ambiente, nell'agricoltura e nel settore marittimo (pesca e nautica),

impegna la Giunta regionale

ad assumere le necessarie iniziative finalizzate a:

1) mantenere in attività lo stabilimento Rockwool Italia Spa di Iglesias, a rischio di chiusura per decisione unilaterale dell'azienda, che appare immotivata in relazione alla qualità della produzione e alla redditività dell'impianto;

2) a promuovere le necessarie interlocuzioni con la proprietà della predetta azienda, coinvolgendo non solo l'Assessorato competente in materia di industria, ma anche la SFIRS, al fine di verificare la possibilità di acquisizione dello stabilimento da parte di altro soggetto imprenditoriale ed eventualmente le modalità utili alla diretta partecipazione regionale;

3) avviare ogni intervento funzionale al mantenimento dell'occupazione, assicurando ai lavoratori gli eventuali necessari periodi di cassa integrazione guadagni ordinaria (CIGO) e adeguati percorsi formativi di aggiornamento, qualificazione e riconversione professionale proiettati verso la ripresa produttiva e lavorativa;

4) garantire, comunque, ogni altra necessaria azione che assicuri una occupazione stabile ai lavoratori della Rockwool Italia Spa di Iglesias, nelle diverse attività, anche di natura pubblica, citate in premessa;

5) per attivare con il Governo un confronto - con la partecipazione di tutte le organizzazioni sindacali, sociali, economiche e con le istituzioni dell'autonomia sarda - ormai assolutamente ineludibile, sulla grave pesantissima crisi produttiva della Sardegna, colpita dal negativo andamento della economia italiana e internazionale e con picchi intollerabili di disoccupazione soprattutto nelle aree industriali storiche.)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione. Ricordo ai colleghi che il tempo a disposizione per l'illustrazione della mozione è di venti minuti, .

Uno dei presentatori della mozione ha facoltà di illustrarla.

COCCO PIETRO (P.D.). Presidente, prima di iniziare il mio intervento le chiedo dieci minuti di sospensione per consentire a tutti i consiglieri di raggiungere l'Aula.

PRESIDENTE. Sospendiamo i lavori per dieci minuti. .

(La seduta, sospesa alle ore 17 e 20, viene ripresa alle ore 17 e 31.)

PRESIDENTE. Riprendiamo i lavori. .

Ha facoltà di parlare il consigliere Cocco.

COCCO PIETRO (P.D.). Signora Presidente, Assessori e colleghi consiglieri, abbiamo presentato questa mozione col carattere d'urgenza per discutere della grave crisi industriale e occupazionale del Sulcis-Iglesiente, in particolare della recente comunicazione di chiusura della Rockwool Italia Spa di Iglesias, ultima, in ordine temporale, triste vicenda di serrata in quel territorio. Credo sia opportuno inquadrare lo scenario in cui anche questa vicenda si inserisce.

Il Sulcis-Iglesiente è oramai da parecchi anni teatro di un progressivo e, a quanto pare, inarrestabile processo di smantellamento industriale, come del resto tutta la Sardegna. Il polo metallurgico nacque come risposta alla chiusura delle miniere, in particolare di quelle metallifere, tanto è vero che alla fine degli anni '60 e nei primi anni '70 fu avviato un processo di industrializzazione pesante che diede vita all'agglomerato industriale di Portovesme. Oggi la situazione è drammatica e si sta oltremodo complicando.

Dai dati diffusi da fonti ufficiali come l'ISTAT e l'Osservatorio del lavoro della Regione stiamo assistendo ad un tracollo del numero degli occupati. Il disagio sociale è sempre più preoccupante, gli amministratori locali sono in frontiera con scarsi strumenti, sempre più disarmati di fronte a quanto sta accadendo e in grande difficoltà per poter dare risposte.

L'aggravarsi della situazione ha avuto l'apice con lo sciopero provinciale di ingenti dimensioni del 13 marzo scorso, a cui hanno partecipato tutto il territorio e tutte le categorie del mondo del lavoro, nessuna esclusa, come non si vedeva da moltissimi anni; uno sciopero che meritava risposte non ancora arrivate. A tale proposito segnalo il fatto che il Presidente della Regione non ha sentito il dovere di ricevere a distanza di due mesi esatti i ventitré sindaci della provincia che, immediatamente dopo, avevano chiesto un colloquio per discutere della drammatica questione del Sulcis-Iglesiente. Questo nonostante nelle sue dichiarazioni programmatiche abbia ampiamente manifestato in più di un passaggio come la "regola dell'ascolto" sia alla base del suo agire politico e del suo metodo di governo.

E' vero che la portata della crisi ha dimensioni planetarie, così come è altrettanto vero che le aziende che stanno abbandonando il Sulcis sono quasi tutte straniere per cui sono maggiori le difficoltà di relazione con i gruppi dirigenti e gli azionisti. Mi riferisco alla Rusal, russa, proprietaria di Eurallumina, che ha fermato gli impianti mandando a casa circa settecento lavoratori tra diretti e indotto (quelli diretti sono in cassa integrazione), senza garanzie sulla riapertura fra undici mesi, all'Alcoa, alla Glencore svizzera, proprietaria di Portovesme srl, che ha collocato circa duecentocinquanta lavoratori in cassa integrazione a seguito della crisi del mercato dell'auto che ha messo in difficoltà il comparto del piombo e dello zinco, per arrivare alla Rockwool, danese, oggetto della mozione odierna. A questi lavoratori vanno aggiunti gli oltre duecento lavoratori della Otefal Sail… senza alcuna prospettiva.

Ancora, per uscire dal Sulcis, cito i mille lavoratori della Legler e quelli della Queen, del comparto tessile del centro Sardegna, fuori dagli impianti, e i circa quattro mila lavoratori della chimica di Porto Torres, i cui sviluppi di questi giorni tutti conosciamo. Io credo che per questo, lo dicevo stamattina in Commissione industria, proprio discutendo del petrolchimico, a Porto Torres si respira un'aria di disarmo, simile a quella che affligge il Sulcis e colpisce Ottana.

E' vero, ribadisco che la crisi è mondiale, ma la Sardegna è chiaramente vittima di un organizzato, complessivo e sistematico smantellamento di apparati produttivo-industriali che, se non ci vede reagire con veemenza e con il sostegno di tutti, sarà certamente realizzato. Il tutto senza alternative credibili. Per questo la Giunta regionale, il Presidente, l'Assessore dell'industria devono chiarire rapidamente le posizioni e i programmi di politica industriale ipotizzati per la nostra Isola.

In particolare, Assessore, vorremmo chiarimenti sui percorsi che devono essere seguiti, sulle interlocuzioni con il Governo, se ci sono state, per dire qualcosa ad esempio sulla questione del costo dell'energia per le fabbriche elettro-intensive, sul VPP, ovvero l'operatore virtuale di energia, o sul cavo SAPEI da 1000 MW, che collegherà la Sardegna con la penisola italiana, sul gasdotto Galsi, sulla legge numero 80 del 2005 e sulla centrale che utilizza il carbone Sulcis attraverso l'impiego di nuove tecnologie per lo stoccaggio in sottosuolo del biossido di carbonio, e il conseguente abbattimento dell'inquinamento tale da consentire di superare i parametri imposti dai vari protocolli.

Su questo e altro credo sia opportuno conoscere i programmi di lavoro della Giunta regionale, così come credo sia urgente mettere in agenda una discussione sul piano di tutela ambientale e di bonifica delle aree contaminate compromesse dall'attività estrattiva, in particolare relativamente ai danni causati dai gestori di quelle metallifere chiuse oramai da parecchi anni.

E' proprio in questo contesto che si inserisce la vicenda della Rockwool Italia S.p.A. di Iglesias, fabbrica nata nel 1993 con il nome di "Isolrock Lana di roccia S.p.A.", grazie alla legge numero 221 del 1990 concepita, appunto, per il reinserimento nel mondo del lavoro degli ex minatori. La società nacque con la partecipazione in quota di maggioranza della Regione Sardegna, che la cedette alla Rockwool Italia per dieci miliardi di lire. Nel corso degli anni questa realtà ha dimostrato non solo di poter restare nel mercato, incrementando considerevolmente i volumi di vendita, ma di produrre materiali per l'isolamento termoacustico in lana di roccia di alta qualità, tanto è vero che nel 2007 la fabbrica di Iglesias ha ricevuto il più importante premio interno al Gruppo.

Il problema nasce quando l'azienda decide di delocalizzare e costruisce un nuovo impianto in Croazia, più precisamente in Istria, a pochi chilometri da Trieste; in quella regione sta mandando a regime uno stabilimento nuovo di zecca, molto più grande di quello iglesiente, che arriverà a produrre 150.000 tonnellate all'anno di lana di roccia contro le 30.000 della fabbrica di Sa Stoia ad Iglesias, ed è in grado di soddisfare ampiamente la domanda nazionale che al momento è di circa 55.000 tonnellate l'anno. Oltre a questo trasferisce la sede legale da Iglesias a Milano.

Occorrerà vedere, anche con il Governo, per quanto riguarda le leggi e anche il Piano casa, che cosa fare in maniera diretta per far sì che chi prende i finanziamenti, le agevolazioni sui Piani casa, rimanga nei nostri territori, non vada a delocalizzare fuori dall'Italia gli investimenti, così che le risorse rimangano a beneficio delle nostre aziende.

Ora, nonostante gli apprezzamenti e i riconoscimenti, nonostante sia stato dimostrato dai bilanci degli anni passati che la fabbrica può stare sul mercato, nonostante le aperture a discutere delle istituzioni locali e le aperture sindacali a ragionare su un nuovo piano industriale, lo scorso mese di aprile la dirigenza Rockwool dichiara la cessazione dell'attività produttiva ad Iglesias, la dismissione dello stabilimento e il licenziamento del personale che tra lavoratori diretti, interinali e indotto è di circa 200 unità lavorative. Anche in questo caso, come in altri analoghi casi di chiusura, in Sardegna, di aziende con bilanci non in difficoltà, non in sofferenza, bisogna capire esattamente come intervenire, perché soluzioni per tutelare il nostro comparto industriale devono essere "tirate fuori", e in questo, ovviamente, la Giunta regionale ha molta parte di lavoro da fare.

I punti deboli dello stabilimento isolano sono in gran parte legati agli eccessivi costi per il trasporto delle merci, per l'energia e per lo smaltimento dei rifiuti derivanti dalle lavorazioni che, attualmente, vengono stoccati in una discarica in Toscana, in quanto gli scarti di lavorazione, a differenza di quanto avviene in altre realtà, non possono essere riutilizzati, vanno smaltiti comportando maggiori spese e problemi con i trasporti. Quindi occorrerebbe lavorare per garantire tariffe energetiche più convenienti o, magari, consentire l'installazione di pale eoliche (io credo che la Rockwool avesse già in animo di presentare, o avesse già presentato un progetto per installare pale eoliche per garantirsi l'autosufficienza energetica),oltre a trovare comunque una soluzione per non dover trasportare residui di produzioni in continente, individuando una discarica già attrezzata per trattare analoghi rifiuti speciali.

Questi sono problemi che non riguardano soltanto la sinistra, sono problemi che riguardano ovviamente tutti e, pertanto, poiché credo di rappresentare il sentimento diffuso di voler garantire la possibilità di intervenire per risolvere questo problema, noi consiglieri di minoranza, firmatari di questa mozione chiediamo alla Giunta regionale di assumere impegni (leggo quello che abbiamo scritto sulla mozione) per mantenere in attività lo stabilimento in quanto la chiusura appare immotivata in relazione alla qualità della produzione e alla redditività dell'impianto;per promuovere le necessarie interlocuzioni con la proprietà della predetta Azienda, coinvolgendo non solo l'Assessorato competente in materia di industria ma anche la SFIRS, al fine di verificare la possibilità di acquisizione dello stabilimento da parte di un altro soggetto imprenditoriale, ed eventualmente le modalità utili alla diretta partecipazione regionale.

Non si tratta di una ditta, come si dice "decotta", che sta male, non si chiede l'intervento della SFIRS per tenere in piedi una realtà che non ha futuro, questa è una realtà che ha un futuro; pertanto, o si trovano altri imprenditori, e si chiede a questi di andar via dalla zona, o entra direttamente la SFIRS, quindi la partecipazione regionale, perché si tratta di una Azienda sana che può stare da sola sul mercato.

Si chiede inoltre di avviare un intervento funzionale al mantenimento dell'occupazione, assicurando ai lavoratori gli eventuali necessari periodi di Cassa integrazione guadagni ordinaria, e adeguati percorsi formativi di aggiornamento, qualificazione e riconversione professionale, proiettati verso la ripresa produttiva e lavorativa; di garantire, comunque, ogni altra necessaria azione che assicuri un'occupazione stabile ai lavoratori della Rockwool Italia S.p.A. di Iglesias, nelle diverse attività anche di natura pubblica;di attivare con il Governo un confronto, ormai assolutamente ineludibile, con tutte le organizzazioni sindacali, sociali, economiche e con le Istituzioni dell'autonomia sarda sulla grave e pesantissima crisi produttiva della Sardegna, colpita dal negativo andamento dell'economia italiana, internazionale e con picchi intollerabili di disoccupazione soprattutto nelle aree industriali storiche.

Il polo industriale di Portovesme, da quarant'anni pilastro portante dell'economia sulcitana, non regge più, così come non reggono più tutte le attività produttive di quel territorio; ogni giorno è una pena e le notizie dalle aree industriali assomigliano sempre più ad un bollettino di guerra in cui le vittime sono i lavoratori e le loro famiglie. Occorre intervenire rapidamente; e sulla Rockwool, oggetto specifico della mozione odierna, attendiamo risposte concrete da parte della Giunta regionale.

PRESIDENTE. Ricordo ai colleghi che il tempo a disposizione per gli interventi è di dieci minuti, e che chi intende prendere la parola deve iscriversi a parlare non oltre la conclusione del primo intervento.

E' iscritto a parlare il consigliere Ben Amara. Ne ha facoltà.

BEN AMARA (Comunisti-Sinistra Sarda-Rosso Mori). Signora Presidente, il Gruppo Rockwool, come si sa, è leader mondiale nella produzione di una lana di roccia, ha uffici commerciali e partner in tutto il mondo, oltre ad avere stabilimenti produttivi dislocati in ben quattordici Paesi di tre Continenti; nel 2007 il Gruppo ha raggiunto un turnover di 1.864 milioni di euro con un organico che conta più di 8500 persone. Le parole citate sono l'esordio della presentazione proposta dal Gruppo danese ai potenziali investitori; il prospetto elenca le date importanti nella storia della società, incluso l'acquisto nel 1999 dello stabilimento che produce lana di roccia a Iglesias, ora in procinto di chiudere e di mandare a casa, secondo il "fausto" comunicato diffuso dall'Azienda venerdì 17 aprile, altri 200 lavoratori tra dipendenti e occupati nell'indotto.

Questo nonostante i risultati positivi raggiunti in dieci anni di attività, ci spiegano i lavoratori interessati che descrivono uno stabilimento che produce ancora a pieno regime, ma che secondo la proprietà non è nelle condizioni di operare con produttività e competitività adeguate in futuro.

Tornando al prospetto informativo e all'elenco di tappe importanti, troviamo nel 2007 l'apertura di un nuovo impianto in Croazia, deputato alla produzione dello stesso coibentante per l'edilizia prodotto anche in Sardegna. E se la prospettiva di chiusura dello stabilimento sulcitano ha portato disperazione e proteste in tutta l'area interessata, altrettanto si può dire dell'annuncio della nuova apertura in Croazia. I gruppi di intervento locale hanno segnalato presunti episodi di malversazione e collusione tra soggetti controllori pubblici e controllati privati, concessioni rilasciate con grande, forse troppa, facilità, e rifiuti di considerare le petizioni contrarie all'insediamento.

La percezione che dicono si sia avuta è quella di un tipo di attività industriale, ospite sgradito nei Paesi occidentali, che si è diffuso nei Paesi dell'Est dove evidentemente si trova ancora con relativa facilità quella connivenza strategica, nella Pubblica amministrazione, che consente di mettere la popolazione davanti al fatto compiuto.

Noi abbiamo dell'accaduto una percezione leggermente diversa, figlia di una crisi occupazionale quasi tragica in certe zone della nostra Regione; vediamo 200 lavoratori che rischiano di rimanere a casa, un Gruppo societario che si è arricchito non solo a spese di chi fisicamente prestava lavoro nei suoi impianti, ma anche di chi fuori assumeva, volente o nolente, gli effetti ambientali dell'attività. E se sentiamo i cittadini croati lamentarsi per il potenziale danno alle sorgenti d'acqua nei territori adiacenti alla nuova fabbrica, non possiamo non chiederci se siano questi i fattori che fanno diventare l'impianto sardo non competitivo e non produttivo.

Questi tanti vincoli ambientali, di tutela dei lavoratori e della salute pubblica e privata evidentemente sono visti solo come limiti e il gigante si sposta da una regione all'altra d'Europa come un enorme predatore sociale, teso solo alla logica del profitto e del massimo sfruttamento delle risorse naturali e umane.

La nostra Presidente afferma giustamente che non si può costringere un privato a tenere aperte le sue aziende contro la sua volontà. Benissimo. Si trovi allora un'altra soluzione che salvaguardi, per quanto sia possibile, i livelli occupazionali e la produzione. La differenza tra istituzioni pubbliche funzionanti, in buona salute, e vuote contraffazioni si vede dalle posizioni che sono in grado di assumere a tutela dei propri cittadini e dei loro diritti fondamentali. Non lasciamo che questi predoni partano senza preoccuparsi di restituire anche una minima parte della ricchezza che hanno accumulato sulla pelle dei lavoratori e del territorio della Sardegna.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Locci. Ne ha facoltà.

LOCCI (P.d.L.). Solamente per associarmi a quanto già detto dai colleghi che mi hanno preceduto. E' inutile dire che noi tutti siamo a dir poco solidali con i lavoratori della Rockwool che io ho avuto modo di incontrare, insieme ai colleghi dell'opposizione, in un'interlocuzione la settimana scorsa. I dati che loro ci hanno dato, effettivamente, sono quanto meno "allarmanti"; risulta infatti che questa industria nel 2007 abbia avuto un utile addirittura superiore ai 2 milioni di euro; risulta che nel 2008 la relazione previsionale, che non è stata ancora chiusa, preveda un incremento di bilancio intorno al 10 per cento.

Pertanto i sospetti che sono stati manifestati dai colleghi della sinistra, a mio modo di vedere, sono leciti. Noi tutti, e credo di interpretare il sentimento di tutto il centrodestra, siamo solidali e vicini a questi lavoratori. Io, quando li ho incontrati insieme all'onorevole Cocco, ho promesso di intervenire, nel mio piccolo ovviamente, cercando di coinvolgere la parte di Governo con la quale ho la possibilità di farlo. Ebbene - volevo dirlo pubblicamente qui, in quest'Aula -ieri mattina ho parlato con l'onorevole Urso, viceministro dello sviluppo economico nonché con la delega per il commercio con l'estero per il Governo italiano, il quale mi ha dato la sua disponibilità a incontrare i lavoratori della Rockwool in quanto probabilmente sarà in Sardegna il 23 o il 27 di maggio; se questo non dovesse avvenire è disponibile a incontrarli il 26 a Roma.

Questo per rispondere a qualche collega della sinistra che stava paventando il fatto che il presidente Cappellacci potesse "non ascoltare". Ci sono gli occhi e le orecchie che ascoltano anche da parte di Cappellacci e che fanno giustamente quello che devono fare, cioè il loro dovere, quindi il bene della Sardegna e il bene dei territori da cui provengono. Io provengo dal Sulcis e quindi mi onoro di poterlo rappresentare. Detto questo, io conto nei prossimi giorni di avere la data esatta in cui ci potrà essere l'incontro e penso che Urso sia la persona giusta poiché è il massimo esperto del Governo sulle delocalizzazioni.

Il problema della Rockwool, come hanno accennato i colleghi che mi hanno preceduto, è dato dal fatto che questi signori sono venuti in Sardegna, hanno utilizzato le leggi per poter incamerare i loro profitti (e non ho vergogna a parlare di profitti pur essendo io un uomo di destra, tanto per essere chiari) e, dopo aver fatto questo, stanno cercando di delocalizzare la produzione in un paese, pare la Croazia, dove evidentemente riusciranno ad avere degli altri utili.

Quindi noi abbiamo il dovere politico e il dovere morale, quantomeno, di dire basta a questo modo di agire e io mi farò carico, nel mio piccolo, di essere portavoce dei bisogni e delle sofferenze di questi lavoratori.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Uras. Ne ha facoltà.

URAS (Comunisti-Sinistra Sarda-Rosso Mori). Signora Presidente, questa è una mozione, come si suol dire, non limitata all'argomento che tratta, perché se noi ci soffermassimo solo sul caso della Rockwool non comprenderemmo in pieno la gravità della situazione economica, produttiva, industriale, occupazionale del Sulcis Iglesiente.

Peraltro oggi si parla di Rockwool, l'altro giorno si parlava di Rusal; sono tutti nomi stranieri: una volta scandinavi, una volta russi, qualche volta americani, ogni tanto giapponesi e poi ci sono anche gli italiani. Insieme ai profitti che prendono qualche volta, in cambio, lasciano macerie sociali e ambientali che la comunità sarda, tutta, è chiamata a pagare. Insieme ai profitti qualche volta vanno anche i profittatori, coloro che prendono cioè le provvidenze pubbliche: le prendono per realizzare l'impianto, per acquistare l'impianto già a suo tempo realizzato con soldi pubblici, le prendono per professionalizzare i propri addetti, le prendono come aiuti alla produzione, come aiuti alla commercializzazione del prodotto, e tutto questo senza pagare mai dazio.

C'è una ragione per questo, che è di natura politica. E non basta rivolgersi a questo o a quel Ministro, a questo o a quel Presidente della Regione, a questo o a quell'Assessore della Giunta regionale di turno, bisogna modificare il rapporto che esiste tra l'economia e la società e bisogna avere il coraggio di assumere un ruolo, una posizione, un'idea e farla marciare in contrasto a quella oggi dominante , che è fallimentare! Fallimentare per noi. Che cosa ci vuole ancora per capire che il sistema non funziona? Che cosa ci vuole ancora per capire che la questione centrale non può essere l'impresa, i suoi interessi, i profitti dei suoi azionisti, ma che c'è qualcosa di più: la vita delle persone e delle loro famiglie, dei territori dove quelle imprese insistono?

Io leggevo in queste ore, prima della discussione di questa mozione, un articolo di un settimanale che ci racconta la tragedia del Sulcis. Non è l'organo di stampa comunista, neppure quello socialista, tanto la sinistra è stata cancellata, non serve, funzioniamo bene così, tutti moderati! Non abbiamo più problemi, stiamo bene, non c'è più un disoccupato! Abbiamo vinto! Finalmente è stato cancellato il mostro! E poi non si mangia, però! E di questo se ne accorge non l'organo del Partito comunista, che non c'è più, ma "Famiglia Cristiana" che fa un'indagine su queste situazioni in tutta Italia e dedica, nel suo numero 14 del 5 aprile 2009, cioè di alcune settimane fa, un servizio sulla tragica situazione di quel territorio abbandonato, dimenticato, violentato, calpestato, deriso, imbrogliato! Non si tratta solo di fare le telefonate a Putin! Non arrivano più i salvatori della patria? Quelli che si evocano solo ed esclusivamente nel corso di una campagna elettorale?

Ma io sono contento che qualche Ministro della Repubblica, stranamente, piombi in Sardegna adesso per le "europee", e quante fabbriche si chiuderanno domani, dopo queste visite? Dobbiamo smetterla di ragionare così, almeno in questa sede. Qua dobbiamo ragionare diversamente; dobbiamo cioè capire che bisogna incominciare a studiare una strada che ci consenta di gestire la situazione tragica di questi mesi e di questi anni e che ci consenta di organizzare un rilancio dell'economia di tutti i territori, anche dei più disperati come il Sulcis.

Prima questione. Lo dice la mozione, ma lo dice per la Rockwool, per cominciare a pensare se questo non deve essere un atteggiamento comune che noi adottiamo in ogni situazione di questo tipo. Intanto si rigetta la decisione unilaterale dell'azienda, bisogna trovare un modo per far pagare il prezzo di chi fa questo genere di cose e c'è il modo, bisogna dire quello che sono; profitti? Sì... profittatori! Lo sappia la Croazia, lo sappiano le altre regioni dove loro si insedieranno, lo sappia l'Unione Europea che vengono, prendono, lasciano macerie. Quindi va attivata una vertenza, una relazione, una mediazione tra l'amministrazione pubblica, la Regione, il Governo se c'è, i lavoratori e l'azienda e si faccia sentire il peso dello Stato.

Seconda questione. Perché chiudere lo stabilimento che funziona e dire: "Io vado a fare questa lavorazione da altre parti e qua comunque cancello questo tipo di attività perché non voglio concorrenza sul mercato"? Poniamogli problemi, chiediamogli la disponibilità a cedere l'impianto, vediamo se ci sono forme di autogestione che possono essere praticate.

Terza questione. Chiedere a proposito degli ammortizzatori sociali: per quanto tempo, che tipo di ammortizzatore, come si integra quell'ammortizzatore sociale, come riqualifichiamo i lavoratori, come li professionalizziamo, come costruiamo il loro reinserimento occupazionale.

Quarta questione. Che altro tipo di iniziative dobbiamo mettere in campo? Il Sulcis lo dobbiamo bonificare, l'hanno depredato, si sono portati via i tesori dal ventre di quella terra. L'hanno lasciato bucato, non hanno speso una lira per rimediare al danno fatto, tutto in carico alla pubblica amministrazione, ma si attivi con il Governo finalmente una vertenza decisiva per il rilancio di quel territorio e soprattutto passando attraverso una bonifica radicale dei guasti che imprese industriali così egoiste - e non parlo solo della Rockwool, parlo di tutti a cominciare dalle Partecipazioni statali e dall'ENI - hanno lasciato.

Quindi, si faccia questo e io chiederei, ma proprio perché ci deve essere una disponibilità al di là delle polemiche, che pure sono sane nel confronto tra maggioranza e minoranza, di trovare una formula, anche un ordine del giorno che impegni tutti in questo tipo di ricerca. Noi dobbiamo codificare le modalità di intervento perché avremo sempre di più davanti a noi situazioni di questo genere, non solo nel Sulcis ma in tutto il territorio della Sardegna.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Vargiu. Ne ha facoltà.

VARGIU (Riformatori Sardi). Signora Presidente, colleghi del Consiglio, io credo che questa mozione arrivi molto opportunamente in quest'Aula e devo dire che apprezzo le ultime parole del consigliere Uras, peraltro già espresse in maniera forte anche dal collega Cocco che ha illustrato la mozione. Cioè, parole di invito ad uscire da quest'Aula - ed è l'auspicio anche dei Riformatori - con un ordine del giorno forte che impegni l'intera Aula (che vada al di là di ogni tipo di divisione della politica o degli schieramenti), che ci consenta di dare un messaggio inequivocabile ai lavoratori non solo del Sulcis (ha detto giustamente l'onorevole Uras, io condivido), ma oggi della Rockwool, perché di loro stiamo parlando, che l'intero Consiglio regionale difende insieme a loro la dignità del lavoro, la dignità del loro lavoro, la dignità di qualunque lavoro.

Quindi, io credo che questo sia il ragionamento sul quale ci deve essere una condivisione universale e da cui nasce l'ordine del giorno che io spero, penso e credo che il Consiglio regionale, in maniera inequivocabilmente unitaria, approverà.

Detto questo, io ho apprezzato il ragionamento con cui il primo firmatario ha introdotto la mozione in Aula perché è stato possibile seguirlo anche sedendo in banchi differenti rispetto a quelli dei proponenti. E'stato infatti - non me ne voglia l'onorevole Uras - un ragionamento moderato nel quale, prendendo spunto da una crisi internazionale che è sotto gli occhi di tutti, si arriva gradualmente a dire che in un'area debole, strutturalmente debole come la Sardegna, gli esiti della crisi internazionale sono ancora più pesanti.

Noi abbiamo una situazione del settore industriale sardo, direi dell'intero settore produttivo sardo, che sembra un bollettino di guerra. Ogni giorno ci sono nuove incursioni nemiche, ogni giorno piangiamo nuovi morti, nuovi feriti, nuove distruzioni; una situazione che è ovviamente sempre più difficile da sopportare perché a ogni bollettino di guerra corrispondono lutti nelle famiglie, quindi a ogni bollettino di guerra corrispondono sofferenze che si aggiungono a quelle già pesanti che la Sardegna sta pagando. Però, colleghi, questo è il ragionamento sul quale siamo d'accordo.

Sulla seconda parte del ragionamento, in particolare quella svolta dal collega Uras, è difficile che riusciamo a ragionarci insieme e anche a trovare una condivisione. Se questa mozione arrivasse in Consiglio regionale tra un anno e se alla maggioranza, che oggi governa la Regione, fosse imputabile di non aver dato un'indicazione chiara su una ipotesi di sviluppo atta a cambiare la situazione della Sardegna, io credo che bene farebbero i colleghi della minoranza di centrosinistra a portarci in Aula e sottolineare la inadeguatezza del nostro progetto.

Però, colleghi, noi stiamo discutendo di queste cose a un mese e mezzo di distanza dalle elezioni ed è sin troppo facile per noi dire: "Ma chi ha le responsabilità maggiori di questa assenza di progetto, di questa situazione di stallo, di questo dramma che sta coinvolgendo il sistema produttivo della Sardegna?". "Chi ha governato negli ultimi cinque anni la Sardegna dicendo di avere "destini magnifici e progressivi" da proporre ai sardi e oggi, insieme a noi, conta i morti e i feriti del bollettino di guerra?". Insomma, la risposta è sotto gli occhi di tutti. E se gli elettori, collega Uras, due mesi fa hanno decretato la sconfitta del centrosinistra in Sardegna, significa che un motivo c'è!

Collega Uras, scusi, parlo con lei non tanto perché penso che lei sia l'unico interlocutore, ma semplicemente perché penso di svolgere un ragionamento a voce alta come tante volte ci è capitato di fare in quest'Aula, lei dice: "La Sinistra rischia di essere cancellata in Italia e in Sardegna, ma non deve essere cancellata!". Io la penso come lei. Io sono convinto che sia un fatto negativo che la Sinistra venga cancellata in Italia e in Sardegna, quindi difendo quanto lei la possibilità che ci sia una visibilità e una rappresentanza forte della Sinistra, del centrosinistra in Italia e in Sardegna.

Però, lei provi a porsi anche qualche domanda e cioè se questa cancellazione è solo frutto del fatto che l'elettorato non ci capisce, una delle tesi sostenuta da qualche collega immediatamente dopo la sconfitta del centrosinistra in Sardegna, oppure se in una certa misura non è anche frutto di risposte che ormai rischiano di essere fuori contesto. Nel senso che se io sento ripetere come ipotesi di risposte al problema della Rockwool, o ipotesi di risposte alla crisi del comparto produttivo in Sardegna, parole d'ordine che sembrano datate, che danno la sensazione di essere datate, beh può darsi che stia in questo una risposta al perché la sinistra perde.

Io ho ascoltato con attenzione il suo intervento perché ho pensato che potessero emergere delle proposte interessanti che aggiungessero qualche cosa a quello che io avevo in testa. Lei dice: "Dobbiamo essere dalla parte della famiglia, dalla parte del cittadino". Bene, come? Intanto dicendo alle imprese che non va bene quello che stanno facendo, poi dobbiamo studiare una strada, poi dobbiamo organizzare il rilancio, poi bisogna trovare il modo per far pagare la Rockwool, poi bisogna dire che sono profittatori, poi bisogna chiedere la mediazione dello Stato. Insomma, qual è la risposta? Lei ha una proposta che ci consenta di ipotizzare una strada di uscita dalla crisi del sistema produttivo sardo e di dare una risposta ai lavoratori della Rockwool?

Lei dice che bisogna studiare, che bisogna vedere, che bisogna provare a fare, ma in questi cinque anni che cosa avete studiato e che cosa avete provato a fare e che cosa avete visto? Perché la domanda che viene in mente immediatamente è questa. E allora è possibile che voi abbiate studiato, abbiate provato a vedere, abbiate visto, abbiate tentato di attivare, abbiate fatto tutto ciò che potevate fare compatibilmente con la vostra cultura politica. Ed è possibile che purtroppo questo non sia sufficiente, ed è possibile che uno dei motivi per cui la sinistra soffre oggi in Italia sia questo; cioè che non riesce ad adeguarsi a contesti che sono diversi da quelli del '68, da quelli in cui eravamo nelle università a fare battaglie in cui la sinistra era larghissimamente maggioritaria.

I contesti sono cambiati, la globalizzazione ha cambiato radicalmente le posizioni della politica e voi dovete adeguarvi a questo cambiamento, ma dovete aiutare anche noi perché, forse è vero, lei ha ragione, abbiamo una cultura che per certi versi è troppo aperta al mercato e, quindi, voi fate bene a dirci che dobbiamo introdurre dei correttivi. Ma dovete dirci quali sono i correttivi, dovete aiutarci a crescere, dovete aiutare anche il progetto politico di questa maggioranza a non essere troppo sbilanciato, a non essere troppo squilibrato, qualora lo fosse. Ma ci dovete dire come!

Non potete dirci soltanto che bisogna studiare, bisogna verificare, bisogna chiedere la mediazione dello Stato, perché queste non sono risposte. Non potete dirci che bisogna risolvere il problema del costo dell'energia perché questa non è una risposta, che bisogna dare infrastrutturazione materiale, questi sono slogan e non sono slogan che danno da mangiare alla gente, questo è il problema fondamentale.

Quindi, io credo che noi facciamo bene, colleghi del centrosinistra, ad uscire da questa Aula alla fine di questa discussione con un ordine del giorno che sia condiviso, perché credo che su argomenti del genere sia impossibile dividersi.

Credo però che faremmo bene a fare anche una seconda cosa; noi del centrodestra dovremmo assumerci responsabilità di governo e di progettazione perché queste ci hanno consigliato i sardi, voi del centrosinistra dovreste dare dignità alla vostra esistenza politica, quindi costringerci a cambiare una parte delle nostre idee in base alle proposte, ai progetti, alle idee che voi proporrete in questa Aula e fuori da quest'Aula.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Giampaolo Diana. Ne ha facoltà.

DIANA GIAMPAOLO (P.D.). Signora Presidente, il suo Sulcis, lei ne ha parlato nel suo primo intervento da Presidente del Consiglio e alcuni di noi, senza autocitazioni, hanno apprezzato quel riferimento a un territorio che è lo specchio drammatico dello stato in cui versa l'apparato produttivo della nostra Regione, che presenta alcuni punti maggiormente critici, nella fattispecie, in alcuni territori. Io voglio accogliere anche alcune considerazioni dell'onorevole Vargiu che, solitamente, almeno per quanto ho colto, mi scuso per questo giudizio, in questa mia breve esperienza in quest'Aula è uno di quei colleghi che ha sempre cercato di sollevarsi qualche centimetro anche dalle miserie politiche per tentare di affrontare concretamente le questioni che ci stanno di fronte.

Ebbene, io credo che gli alibi non servano a nessuno, proprio a nessuno, indipendentemente dalle responsabilità che ognuno di noi ha avuto fino ad oggi, anche perché la crisi dei settori produttivi non è databile, certamente e soltanto, all'ultimo lustro, e tanto meno ovviamente agli ultimi due mesi. Credo che un minimo di onestà intellettuale ci debba portare a questa considerazione.

Io colgo l'occasione per richiamare alcune questioni secondo me importanti; ma non ripeterò cose che erano e sono chiare nella mozione illustrata dal collega Cocco. Credo, inoltre, che facciamo bene a lavorare, in questi minuti, alla costruzione di un ordine del giorno finale che possa vedere una convergenza dell'intero Consiglio regionale, noi ce la metteremo tutta. .

Io, per esempio, lo ripeto Presidente, ho registrato con preoccupazione quanto detto in alcuni interventi nel corso del dibattito svolto qualche giorno fa in quest'Aula sulla finanziaria. Dirò quali sono queste preoccupazioni e chiederò qualcosa all'Assessore dell'industria, che è presente, e la cosa non può che farci piacere, e tramite l'Assessore al Presidente della Regione. In quest'Aula, soltanto la scorsa settimana, è echeggiato l'interrogativo se sia giusto mantenere questo modello produttivo, soprattutto in riferimento al Sulcis.

Io ho sentito stigmatizzare in quest'Aula l'uso dei fumi di acciaieria, il che mi ha davvero preoccupato; così come ho sentito realizzare un'equazione che fa accapponare la pelle, cioè che l'attuale industria non può essere compatibile con l'ambiente e quindi che bisogna cambiare registro. Io ovviamente non appartengo assolutamente a questa corrente di pensiero, ma i dieci minuti di tempo a mia disposizione non mi consentono di dire perché., Onorevole Vargiu, io sono convinto che la passata amministrazione regionale, relativamente al comparto industriale, abbia avuto non una sola responsabilità ma tante,. Ma questo, senza strumentalità e indipendentemente dalle responsabilità, non può impedirmi di stare zitto di fronte alla necessità di affrontare un problema e di contribuire (questo credo dovremmo fare un po' tutti) molto modestamente a trovare una qualche soluzione,.

Allora mi chiedo e le chiedo, assessore Farris, certo due mesi o due mesi e mezzo sono pochi (ma rispetto a queste cose rischiano di essere pochi anche cinque anni o anche sufficienti due mesi), qual è l'idea di modello di sviluppo che avete e se c'è spazio per Rockwool. C'è spazio per il metallurgico? C'è spazio per la chimica nell'idea di governo di sviluppo di questa Regione, nell'idea di modello economico? C'è spazio per queste produzioni?

Se c'è spazio vi chiedo attraverso quali azioni politiche intendete sostenere questi settori. Ricordo che il settore industriale ha un contributo modestissimo di valore aggiunto: 13 per cento rispetto al 16 del Mezzogiorno e al 25 del resto d'Italia; gli addetti in Sardegna sono poco più del 10 per cento rispetto ad una media nazionale del 23 per cento. Questo dimostra che in quest'Isola non è vero che c'è troppa industria, è vero l'esatto contrario. Rispetto a questo chiedo al Presidente, se è lecito, di riferire in Aula, non altrove, sulle trattative in corso relative a questo settore.

Chiedo alla Presidente del Consiglio se è possibile dedicare una seduta straordinaria di questo Consesso alla discussione dei problemi che attanagliano il nostro sistema produttivo. I problemi, lo sa bene la Presidente del Consiglio, sono tanti e bisogna aggredire i fattori alla produzione. C'è un problema relativamente al costo dell'energia, ma c'è un problema anche del sistema portuale, in particolare a Portovesme. E' un vituperio, direbbe il Sommo Poeta, avere una banchina che serve gli scali industriali e gli scali civili; credo sia l'unica al mondo, neanche nella zona più povera dell'Africa c'è una promiscuità di questo tipo. C'è un problema di discariche, c'è un problema di viabilità. Io non vi do nessuna responsabilità, fermando l'orologio oggi, vi chiedo semplicemente che idea avete da domani mattina. Questo chiedo, non sto puntando il dito addosso a nessuno. Questo vale per Portovesme, per Portovesme S.r.l., per Eurallumina, Alcoa, eccetera.

A me pare sia in atto un'azione da parte del Governo, delle grandi imprese, che prescinde dalla nostra volontà. Io chiedo, oggi, qual è il merito del confronto tra la Giunta e il Governo su questa materia, qual è il merito? Il merito forse produce gli articoli 14, 15, 16 e 17 del disegno di legge licenziato ieri dal Senato? Io davvero non capisco. Io spero che il presidente Cappellacci non sia costretto a incatenarsi, mi dispiacerebbe veramente, però è singolare che il Senato licenzi un testo sulle centrali nucleari, e individui in Sardegna tre siti, come siti ottimali per costruire centrali nucleari. Questo è quanto riportato nelle note stampa di oggi, spero che non risponda al vero, però chiedo alla Regione che cosa intende fare.

Io ho l'impressione - anche qui spero di sbagliarmi - che, nel confronto duale tra noi e il Governo, il Governo ci consideri, più o meno, come uno zerbino, perché non ci può scippare, il G8, la Sassari-Olbia, i fondi FAS necessari anche per riqualificare quei territori e, poi, senza dirci nulla - a meno che il presidente Cappellacci sapesse qualcosa - il Senato licenzia un disegno di legge su questa materia. Io credo davvero che ci debba essere, come qualcuno di noi ama dire, un minimo di etica e anche di orgoglio, Presidente.

Non vedo l'onorevole La Spisa il quale, rispondendo al sottoscritto, diceva: "L'autonomia non si misura soltanto sulla capacità impositiva, ma sulla capacità di mettere in piedi una politica fiscale". Io dico che l'autonomia si misura anche pretendendo rispetto e qualche bugia in meno da parte del Governo nazionale. L'onorevole Cuccureddu per altre questioni, ma anche in tema di tassa di soggiorno, la famosa tassa "sul lusso", diceva all'opposizione: "Attenzione, badate bene che basta un articolo su un qualcosa, che magari neanche si concretizza, per condizionare in negativo i tour operator che evitano di scegliere la Sardegna per i propri clienti.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Giacomo Sanna. Ne ha facoltà.

SANNA GIACOMO (P.S.d'Az.). Innanzitutto chiarisco la nostra posizione politica su un tema che il collega Diana ha voluto portare all'attenzione: per quanto ci riguarda sulle centrali nucleari non c'è storia. C'è un accordo che ci vede partecipi in questa esperienza di governo; uno dei punti fondamentali di quell'accordo prevede l'impossibilità che in Sardegna arrivino scorie o, addirittura, che si costruisca una centrale nucleare. Una posizione diversa significherebbe per noi la fine di questa esperienza di governo. Credo che questa precisazione sia più che sufficiente!

Il tema cui faceva riferimento Luciano Uras sono le elezioni europee. Onorevole Uras, noi siamo forse l'unico partito in questo Consiglio che non è coinvolto, perché siamo per il non voto. Di conseguenza, non verrà nessuno a fare propaganda e nessuna propaganda dovremo fare noi. Quindi, quello che diremo e continueremo a dire lo faremo in piena libertà e senza coinvolgimento elettorale alcuno.

Nell'ultima tornata elettorale (a proposito di telefonate), io ricordo che qualcuno sosteneva che il numero dei disoccupati era in netta diminuzione, che si erano trovate le soluzioni per sanare il problema della disoccupazione in Sardegna, che i numeri erano diversi da quelli che da altra parte venivano portati all'attenzione dell'elettorato sardo. La realtà invece è diversa, il numero dei disoccupati è, purtroppo, nettamente in aumento: c'è un tracollo occupazionale impressionante.

Credo che a nessuno di noi possa venire in mente stasera di dire che un ordine del giorno non si nega a nessuno, se questo solleva le coscienze. Se così fosse non ne saremmo certamente partecipi, anche perché non condividiamo il fatto che il fronte sia periferico, territoriale, per ogni realtà che in questo momento, nella più assoluta disperazione, sta vivendo esperienze impensabili a causa di una crisi tremenda. Non è concepibile che oggi sia il Sulcis a coinvolgere quest'Aula, domani Porto Torres, dopodomani Ottana, e così via.

A mio giudizio, per ciò che rappresentiamo in quest'Aula a prescindere che si sia maggioranza o opposizione di governo, politicamente abbiamo un obbligo: capire che questa crisi mondiale che ha toccato l'Europa, l'Italia, e in principale modo la nostra Isola, non può assolutamente essere un discorso di maggioranza e di opposizione. Perché se è vero che quaranta giorni non sono niente, è pur vero che cinque anni sono qualcosa in più, in termini di responsabilità; e per quanto riguarda il Partito Sardo d'Azione che dal '97 non era al governo della Regione, sono passati ben 12 anni. Ma, questo nulla toglie alle responsabilità che ognuno di noi si porta dietro.

Allora, se è vero che la crisi ha questo livello, e tutti lo riconosciamo, se è vero che sta diventando impensabile combatterla in pochi, che sia solo la maggioranza a poterla combattere e che non riguardi i partiti dell'ex maggioranza, che da quaranta giorni siedono sui banchi dell'opposizione, io credo che siamo coinvolti tutti quasi allo stesso modo, con livelli di responsabilità diversi certamente, ma coinvolti pienamente soprattutto se questo Stato italiano continua a non capire, a prescindere che sia governato dalla destra o dalla sinistra, che la realtà sarda ha necessità di più concretezza, ha necessità di un rispetto degli impegni presi, ha necessità di quantificare per poter realizzare quello che lo stesso Diana citava poc'anzi, un'idea di modello di sviluppo.

Ma le idee sono facili da proporre, il problema è come realizzarle. Il problema è come passare, domani mattina, da uno stato di crisi, come quello che stiamo vivendo, a uno stato di sviluppo completamente differente. Io credo che questo sia impensabile per ognuno di noi. E non credo che Diana abbia voluto rappresentare questo. La verità vera è che si può passare da uno stato all'altro, ma c'è un passaggio intermedio importante.

L'altro giorno l'onorevole Planetta ha posto un problema di livello dell'inquinamento, un problema di salute, un problema di vivibilità, un problema di occupazione; occupazione che sta calando in modo sempre più drastico. Negli anni, in tutte le parti dell'Isola - io voglio parlare di Porto Torres così qualcuno non fraintende -l'inquinamento è nato dal far finta di non vedere da parte di chi era preposto invece a vedere, controllare e far rispettare le norme, perché la parte forte era chi dava il lavoro non chi lo riceveva!

La parte forte non erano le istituzioni ma chi dava il lavoro inquinando, non rispettando e calpestando anche atti ufficiali che le AA.SS.LL., in quegli anni, hanno prodotto sul livello di inquinamento e che le istituzioni hanno fatto finta di non vedere. Adesso quella parte forte non è più così forte, quella parte che dava lavoro non ha più la forza di una volta. Oggi siamo in una situazione di parità, anzi, oggi la situazione è capovolta: oggi siamo noi a dover pretendere da chi intanto ha voluto quel tipo di sviluppo.

Guardate, la problematica è la stessa in tutte le realtà, tutte le realtà sono similari, e domani mattina riprenderemo in modo preciso questo discorso anche su La Maddalena. Pertanto, se stiamo gestendo la disperazione non ho più un problema, di chi è disperato, di individuare sinistra o destra, centrosinistra o centrodestra, come responsabile della situazione. Chi è disperato vuole risposte alla sua disperazione, vuole soluzioni ai problemi, e se la politica non ha la capacità di dare soluzioni ai problemi non è "fare politica".

Ecco perché, è un richiamo che faccio a me stesso, ma lo faccio all'Aula intera, a tutte le forze politiche, , se apriamo un fronte, un fronte serio, contro lo Stato (ma lo dobbiamo fare tutti assieme), dobbiamo accelerare perché questo accada in uno spazio di tempo piuttosto breve; allora sì che saremo in condizioni di sottoscrivere accordi, di vedere la concretezza di ciò che noi stessi per primi condividiamo nella realizzazione delle infrastrutture, delle opere, di quello che da tanto tempo ci stiamo dicendo. Altrimenti la parità è uguale per tutti, non ce n'è!

Se pensiamo che difendere singolarmente territori ci dia più forza abbiamo già sbagliato e abbiamo già perso in partenza. Non dividiamo, non facciamo una guerra fra poveri; noi dobbiamo avere la capacità di unire i territori, di concretizzare le proposte, di affrontare lo Stato italiano perché arrivi ad una conclusione che sia quella che tutti condividiamo e cioè la soluzione dei problemi, le risposte alla gente, l'uscita da una crisi come quella che stiamo vivendo. Se pensate di fare le battaglie contro questa maggioranza, ve lo dico da adesso, avete già perso ma ha perso anche la Sardegna, per il semplice motivo che io sarei il primo a dirvi che io, in quaranta giorni, tutto questo danno non l'ho prodotto; forse l'ha prodotto qualcuno prima di me che è andato in giro per l'Isola a sottoscrivere accordi di programma nei diversi territori, con tanta enfasi, con firme e televisioni che riprendevano tutto, ma non rispettandone neanche uno.

Allora noi quegli accordi di programma non li vogliamo, noi vogliamo una intesa seria, reale, forte, con l'interlocutore principale che resta comunque lo Stato italiano perché dallo Stato dobbiamo andare, non ci sono altre soluzioni. Le guerre all'interno di quest'Aula non produrranno benefici ma debolezza; l'unica cosa che riusciranno a produrre sarà la non risposta alla gente. E la gente che è fuori dal "palazzo" ragiona in modo diverso da noi, ragiona sulla base della difficile realtà che sta vivendo, sul fatto di non riuscire ad avere uno stipendio, la possibilità di continuare a pagare il mutuo, continuare a fare le cose che normalmente un padre di famiglia fa quando è sereno, tranquillo e sta lavorando. Ripeto, quindi, che un ordine del giorno non ci risolleva la coscienza: proviamo a fare altro.

PRESIDENTE. E' iscritta a parlare la consigliera Zuncheddu . Ne ha facoltà.

ZUNCHEDDU (Comunisti-Sinistra Sarda-Rosso Mori). Presidente, questa mozione su un problema così drammatico oggi non deve indurci solo a riflettere, io credo che abbiamo riflettuto sin troppo a lungo e che ormai sia tempo di trovare delle soluzioni immediate. Io immagino che in quest'Aula si siano svolti numerosi, direi forse centinaia, di incontri e di dibattiti sui processi di industrializzazione o di deindustrializzazione dei vari territori della Sardegna; ma io non voglio entrare in merito in questa sede al fatto se questo modello di sviluppo sia stato equo per il nostro territorio e per la nostra economia. Io dico che non è in armonia con l'ambiente, non è in armonia con la nostra tradizione, questo modello industriale di sviluppo, assolutamente imposto a fronte di una effimera occupazione, ha contribuito alla distruzione non solo di un tessuto economico produttivo tradizionale ma anche di un tessuto culturale sul quale si poteva, a mio avviso, costruire realmente un'alternativa economica.

Ma, ciononostante, ritengo che in questo momento non si possa perdere nessun posto di lavoro in nessun settore economico, dall'industria alla pastorizia, all'agricoltura, al terziario, alla cultura, stiamo vivendo una situazione veramente drammatica, di emergenza, ed è importante davvero che questo governo della Sardegna si impegni per trovare soluzioni. Chiaramente noi scontiamo un rapporto rispetto allo Stato italiano di assoluta dipendenza che ci ha creato solo dei problemi; problemi gravi, perché non ci si è mai preoccupati delle piaghe ormai drammatiche che durano da 100 anni, è da 100 anni che noi ci trasciniamo il problema occupazionale…

(Brusio in Aula)

Presidente, il brusio mi dà fastidio.

PRESIDENTE. Ha ragione, onorevole Zuncheddu. Colleghi, per cortesia.

ZUNCHEDDU (Comunisti-Sinistra Sarda-Rosso Mori). L'unica certezza è che in questa fase i processi economici di deindustrializzazione sono legati sicuramente ad un processo globale di delocalizzazione delle attività produttive che vede come unico interesse il profitto ed è assolutamente noncurante dei danni che vengono prodotti a carico delle popolazioni e del nostro ambiente; mi riferisco anche alle patologie, perché purtroppo l'industria ci abbandona lasciandoci in una situazione drammatica anche sotto l'aspetto dell'inquinamento.

Questo è anche cinismo, in ogni caso con ciò riproponendo, in maniera sempre più violenta, il processo neocoloniale a cui ci hanno abituato ormai da decenni come in altre aree depresse del mondo. Credo che la situazione del Sulcis Iglesiente complessa e drammatica, cui fa riferimento questa mozione, richiederebbe un'analisi dettagliata di questa crisi industriale e occupazionale. Noi siamo di fronte ad aziende che, pur produttive, vengono delocalizzate per aumentare i profitti. È qui che bisogna intervenire; la regione Sardegna deve intervenire per effettuare i controlli anche sui fiumi di danaro pubblico che è stato indirizzato a questo tipo di sviluppo.

Quindi ci troviamo di fronte ad aziende che stentano a stare in piedi perché il costo dell'energia, ad esempio, nel Sulcis e in tutta la Sardegna è paradossalmente superiore, fortemente sproporzionato rispetto ai costi medi dell'energia in Italia; quindi si crea con ciò non solo una non competitività ma un'impossibilità a produrre a prezzi di mercato condannando alla chiusura le industrie e le stesse imprese.

Non voglio entrare in merito alla salute dei lavoratori e dell'ambiente, in altre occasioni vi ho fatto cenno e questo sarà un problema che dovremo affrontare come tema generale. Ritengo comunque doveroso e necessario, da parte del Governo dei sardi, un controllo teso a verificare che tutti i contributi pubblici, quindi le agevolazioni, i finanziamenti, spesso anche a fondo perduto di cui questi soggetti industriali hanno goduto in tutti questi anni, siano stati assolutamente onorati, secondo gli accordi. Quindi, in questa fase la Regione Sardegna deve intervenire per assistere, aiutare od opporsi a questo processo di deindustrializzazione, garantendo l'occupazione, senza creare carrozzoni assistenzialistici; questi carrozzoni sono stati alimentati per sessant'anni di autonomia e, obiettivamente, è tempo di finirla per creare qualche cosa di concreto e di stabile. Quindi, quale piano industriale questa Giunta intende portare avanti?

Così come ritengo ugualmente importante che eventuali sostegni economici e supporti fiscali per aiutare le imprese non siano diretti soltanto alla grande industria ma siano aperti e garantiti anche alla piccola impresa e agli artigiani, perché il tessuto economico sardo è prevalentemente basato su questi soggetti economici.

Ritengo urgente il piano energetico (bisogna affrontarlo una volta per tutte) che garantisca a tutti i soggetti produttivi energia a basso costo e uguale a quello italiano, se non addirittura inferiore.

Dobbiamo riflettere sui drammi che la Sardegna subisce e sulle ingiustizie, e il Governo dei sardi può fare molto in questa direzione. Ribadisco che in questa fase, così drammatica per la nostra economia, ogni posto di lavoro deve essere rigorosamente salvato in tutte le direzioni: noi rischiamo di avere, non solo migliaia e migliaia di nuovi disoccupati, ma anche decine di migliaia di famiglie che smetteranno davvero di mangiare.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Capelli. Ne ha facoltà.

CAPELLI (U.D.C.). Presidente, anch'io vorrei intervenire sul suo, mio Sulcis, così come interverrei sulla mia Porto Torres, sulla mia Ottana, sulla mia Macchiareddu, e domani interverrò sulla mia La Maddalena, perché ritengo che rappresentino un problema della Sardegna, perché noi siamo qua per rappresentare e tutelare gli interessi dei sardi. Credo perciò che il problema, che raggiunge il suo apice in questi giorni con la crisi della Rockwool, interessi tutti, non fosse altro perché le soluzioni dettate sono le solite, vecchie, stantie, quelle dell'intervento assistenziale, della cassa integrazione, del mantenimento dei livelli occupazionali (li dobbiamo garantire), ma, ahimè, niente di nuovo sotto il sole.

Nessuno credo sia venuto ad ascoltarci in quest'Aula pensando che dobbiamo rimbalzare da questa alla passata legislatura, e dalla passata all'altra ancora, le responsabilità di un fallimento industriale in Sardegna; le colpe rimbalzate verso il centrosinistra, verso il centrodestra, verso il centro, verso la Democrazia Cristiana, rimbalzando magari arriviamo alla storia del mondo. Si dice che la politica deve dare soluzioni, ma la politica non va più in là dell'enunciare che dobbiamo dare soluzioni; che la gente attende risposte a chi lo stiamo dicendo? A noi stessi. A chi dobbiamo dire che la politica deve dare risposte? La politica in Sardegna siamo noi, è quest'Aula, perciò io non posso chiedere all'Aula di dare risposte. Interroghiamoci su quali risposte dare in una contingenza internazionale che non può essere estranea alle soluzioni che dobbiamo trovare.

Allora, per non ricadere nella sterile polemica, dico: discutiamo della nuova economia perché è indubbio che, se ragioniamo secondo i vecchi schemi economici, non ne usciremo. Si sta formando una nuova economia, dobbiamo abbattere i costi energetici; ma, scusate, di quale energia stiamo parlando? Di quale energia, che noi produciamo, stiamo parlando? Di nessuna, se non, fortunatamente per certi versi, con un dovuto investimento nella ricerca, del carbone: è l'unica fonte energetica al momento utilizzabile.

Possiamo parlare dell'eolico, possiamo parlare del fotovoltaico per abbattere i costi dell'energia, o dobbiamo parlare del nucleare? Noi possiamo chiedere allo Stato di abbattere i costi energetici, però non produciamo mai nulla, o pochissimo, rispetto a quello che consumiamo.

L'industria un tempo veniva localizzata dove c'erano materie prime, lì nasceva l'industria, perché l'unicità del territorio consentiva la creazione di un modello industriale; poi arrivò la nuova tecnologia - la cosiddetta rivoluzione industriale - e allora l'industria è diventata mobile, la tecnologia si è evoluta, si è trasformata, si è trasferita, e perciò poteva nascere la FIAT a Torino, pur non avendo acciaierie e rivolgendosi alla Germania, poteva nascere la chimica nel centro della Sardegna.

Oggi sarebbe ridicolo pensare tutto questo. Infatti, come potete verificare, l'unica industria realmente produttiva in Sardegna, nonostante alcuni danni che procura, è la Saras, perché sfrutta a suo favore la posizione logistica ottimale che ha nel Mediterraneo e che le consente di essere un punto di riferimento. Lo stesso potrebbe essere per il Sulcis. Il Sulcis è la storia dell'industria in Sardegna, perciò noi dobbiamo tutelare quella storia che è fatta anche di piccole e medie aziende, quelle piccole e medie aziende a cui noi diamo fiducia, come la Rockwool.

Rockwool che, ovviamente, trova condizioni migliori in Croazia e abbandona i siti che ritiene non più interessanti; ma noi, nel contempo, siamo riusciti a costruire un tessuto imprenditoriale che si potesse sostituire alla Rockwool? O dobbiamo sempre andare in giro per il mondo a fare accattonaggio, cercando gli imprenditori? E molto spesso sono disponibili quegli imprenditori che non sono riusciti a radicare la loro azienda in altri territori storici. Dobbiamo andare a ricercarli, quindi, offrendogli chissà che cosa; non dobbiamo più offrire nulla, se non quei vantaggi che si possono ricavare dalla fiscalità di vantaggio, appunto.

Storicamente noi siamo qui, tutti, a turno, a chiedere le cosiddette zone franche: l'unica cosa che siamo riusciti ad ottenere - e scusate se di questo ve ne faccio totale carico - sono le zone franche urbane, dove? A Cagliari e Alghero; mi viene da ridere, mi viene da ridere! Non siamo riusciti a concretizzare una disposizione statutaria che la Sardegna chiede da sessant'anni: la zona franca, già riconosciuta a livello europeo per la Sardegna; oggi discutiamo di insularità, perché ne discutiamo? Perché dobbiamo creare le condizioni affinchè la piccola e media industria possa radicarsi in Sardegna e possa sfruttare la miriade di materie prime, lavorate e trasformate, che possiamo portare oltre Tirreno con il giusto equilibrio di produzione energetica.

Oggi, però, noi siamo qui per parlare della crisi di un settore, in modo particolare di una società, la Rockwool, e per trovare soluzioni; e quali sono le soluzioni che può trovare la politica in questo momento? Mantenere i livelli occupativi, ottenere la cassa integrazione, convincere la società a rimanere, magari promettendo qualcosa che possa essere utile per aumentarne gli introiti. Fesserie!

Io ho avuto l'onore di presiedere la Commissione ottava per il lavoro; allora - ormai nove anni fa - si parlava dell'intervento per il mantenimento dei posti di lavoro nella Carbosulcis; ho fatto un rapido calcolo di quanto, nove anni fa, fu dato alla Carbosulcis, così come negli anni a tante altre aziende: era una montagna di denaro tale che non mi bastava più il foglio per scrivere gli zeri; tant'è che se quella cifra fosse stata divisa tra gli operai che lavoravano lì, al fine di crearsi un futuro autonomamente, oggi quei lavoratori sarebbero stati miliardari. Invece noi abbiamo tenuto ben fermo il cordone della dipendenza dall'assistenzialismo politico regionale.

Io credo pertanto che sull'industria non possiamo limitarci (lavandoci la coscienza) alla presentazione di una mozione condivisibile (fuorché il punto 1, pleonastico, che è uno di quei punti che normalmente si copiano dalle mozioni precedenti), tra l'altro, anche nella parte in cui si impegna la Giunta ad assumere determinate iniziative. Possiamo certamente chiedere allo Stato il mantenimento dei livelli occupazionali, l'interlocuzione con la proprietà affinchè ripensi la propria strategia aziendale: è l'ordine del giorno che non si nega a nessuno, ma che non serve a nessuno!

Noi dobbiamo ragionare, una volta per tutte, sulle soluzioni tecnologiche, sulla ricerca, sulla formazione dei nostri imprenditori affinchè possano sostituirsi a questi che noi andiamo a ricercare in tutti gli angoli della terra perché ci possono far vedere un barlume di speranza di sviluppo industriale. In caso contrario ripeteremmo gli errori del passato. Noi vogliamo un nuovo piano industriale per la Sardegna; ve lo abbiamo chiesto per cinque anni e, non mi nascondo dietro un dito, lo stiamo chiedendo anche adesso. Stiamo chiedendo un piano industriale; e lo chiederemo sicuramente a chi ha delle responsabilità, nel passato, di aver sempre gridato "al lupo al lupo" e non aver mai proposto niente altro se non il mantenimento dei livelli occupazionali. Livelli occupazioni che permettevano il pagamento delle tessere, mi riferisco alle tessere di partito e di sindacato.

Il nostro interesse per l'industria deve essere un interesse relativo alla produzione e allo sviluppo; ne abbiamo parlato anche nella finanziaria. Noi stiamo stanziando denari per l'integrazione della Cassa integrazione, per l'emergenza, per la solidarietà, per le famiglie in difficoltà eccetera, ma in finanziaria è stata posta una domanda che è rimasta senza risposta e cioè quando ci decideremo a parlare di produzione, perché se non produciamo reddito non avremo più denari per rispondere alle emergenze, il pozzo non è senza fondo.

Parliamo allora seriamente in quest'Aula di un confronto tecnico e di merito sulla tecnologia, sulla logistica, sulla nuova economia, sul credito che possa consentire ai nostri pseudo piccoli industriali di rimanere piccoli ma produttivi perché piccolo è bello nell'industria, nella nostra realtà, piccolo è bello, grande è pericoloso. E' pericoloso perché il sistema internazionale non ci consente di entrare in quel circuito, ma ci consente di abbattere le importazioni con le dovute produzioni, perché noi importiamo tutto.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Agus. Ne ha facoltà.

AGUS (P.D.). Signora Presidente, Assessori, onorevoli colleghe e colleghi, intervengo prima di tutto per esprimere la mia solidarietà ai lavoratori della Rockwool che mi sembra siano gli ultimi, in ordine di tempo, a subire le conseguenze della grave crisi del Sulcis Iglesiente. Rivedo la storia che si ripete. Io provengo, infatti, dall'area del guspinese e conosco perfettamente la questione; anzi, a dire il vero ho anche tentato di partecipare alla nascita della Rockwool che era stata inizialmente localizzata nel nostro territorio e poi, sulla base degli incentivi della legge numero 221, spostata a Iglesias. Sono meccanismi che conosco avendoli vissuti in prima persona da amministratore.

Debbo dire, onestamente, che non vedo grandi possibilità di una soluzione positiva, non fosse altro perché questi industriali sono cittadini del mondo, non sono interessati alla salute o alle prospettive dei lavoratori ma rincorrono il guadagno, rincorrono l'utile. Questo genere di imprenditori non è assimilabile all'imprenditore di vecchia data (credo ce ne siano ancora), che riusciva a condividere la vita dell'impresa anche con gli operai, perché convinto e cosciente che senza le maestranze di base non si fa impresa; gli imprenditori di cui stiamo parlando non si spostano perché meccanizzano l'impresa, ma perché trovano manodopera a minor costo e, quindi, hanno maggiori utili.

In quest'ottica non mi straccerei le vesti per trattenere l'imprenditore, che potrà anche rimanere a condizione che la Regione Sardegna lo foraggi ulteriormente per il mantenimento delle maestranze e dell'attività in Sardegna.

Io sono d'accordo con chi mi ha preceduto che occorre (certo anche sottoscrivere un ordine del giorno, io sono disponibile, credo che lo siamo tutti) cominciare a ripensare il nostro tessuto industriale che, di fatto, è cresciuto utilizzando solo incentivi, non ha prodotto sviluppo economico ma ha provocato un disastro ambientale.

L'ultimo episodio, è cronaca di questi giorni, riguarda la Gold Mining, le cui lavorazioni hanno prodotto un inquinamento che rischia di travolgere anche le economie dei territori vicini, se non si mette immediatamente mano al risanamento delle aree.

Su questo problema, se si è d'accordo in quest'Aula, dobbiamo decidere che cosa fare. Sicuramente io dico che, prima di tutto, occorre pensare ai lavoratori, utilizzando tutti gli strumenti, gli ammortizzatori sociali, che abbiamo a disposizione, per fare in modo che la riprogrammazione industriale non sia vissuta sulle loro spalle.

Bisogna inchiodare le industrie se creano problemi di natura ambientale: bisogna inchiodarle. Anche la sinistra ha in materia responsabilità gravi, non ha fatto questo a suo tempo, pur avendo chiuso l'importante accordo sul Parco geominerario storico ambientale della Sardegna (un Parco nazionale a intero carico dello Stato), parco che non siamo ancora riusciti ad utilizzare pienamente.

Se le industrie creano problemi all'ambiente dobbiamo prendere esempio dalla Regione Toscana che, quando l'ENI ha abbandonato le miniere, non gli ha consentito di andare via se non dopo aver messo il sito in sicurezza e averlo consegnato pronto per una nuova attività economica. La messa in sicurezza è stata effettuata dai lavoratori che rischiavano di essere licenziati e che, terminata questa operazione, erano pronti per essere riutilizzati nella nuova attività imprenditoriale. Questo è ciò che dobbiamo fare anche noi.

La prima cosa che dobbiamo fare è pensare a tutte le maestranze in difficoltà, dare loro sostegno, ma cominciamo ad inchiodare le imprese perché non scappino via, perché mettano in sicurezza il territorio dopo di che possiamo lasciarle andar via perché abbiamo verificato che pur imponendo clausole di garanzia non le rispettano, scappano via, costruiscono scatole cinesi e cambiano pelle per non essere rintracciate.

Quindi queste sono le prime due cose che dobbiamo fare, poi sicuramente dobbiamo ripensare un tessuto industriale che parta dalla nostra realtà. A questo riguardo potrei citare oltre che l'esperienza della Rockwool, quella della Ceramica Mediterranea; questa è un'industria che costruisce piastrelle e che usa interamente materia prima sarda; . La materia prima, il tuvenant, viene estratta con i bulldozer che smontano le nostre montagne, caricata sui camion da quattro operai, pagata quattro lire e inviata a Sassuolo dove viene trasformata producendo utili e creando occupazione; in Sardegna si distruggono le montagne e si svendono i prodotti naturali. Bisogna mettere un argine.

Io non dico che si debba diventare una zona chiusa e non si debba vendere la materia prima, ma buona parte deve essere lavorata in Sardegna, perché è la verticalizzazione della produzione che dà l'utile, che dà la ricchezza, non è il tuvenant che rientra in Sardegna sotto forma di piastrelle vendute a 60 euro il metro quadrato. Un camion di tuvenant costa forse 2000 euro, ma ne fa guadagnare centinaia e centinaia di migliaia.

Bisogna pertanto produrre in Sardegna; sono d'accordo quindi con Capelli quando dice che dobbiamo lavorare per istituire la zona franca nell'Isola così da consentire la localizzazione di industrie non inquinanti; ma, poiché la nostra regione è una piattaforma nel Mediterraneo, dotata di collegamenti internazionali, si possono creare le condizioni per l'insediamento di industrie di assemblaggio.

Ci sono società, di grande livello, che non hanno fabbriche proprie masi servono di piccole fabbriche che in rete fanno una grande industria. Faccio l'esempio della Benetton che distribuisce la creazione dei suoi capi tra diverse piccole fabbriche. Non possiamo adottare questo tipo di attività anche in Sardegna, insediando industrie che assemblino pezzi lavorati magari in fabbriche inquinanti da altra parte?

Lavoriamo per rendere l'Isola porto franco (adesso abbiamo un "fazzolettino" a Cagliari), abbiamo un'infrastruttura interessante: il Porto canale, utilizziamola! Chissà che fra un anno, quando si apriranno i mercati commerciali - ne abbiamo parlato altre volte - del Mediterraneo la Sardegna non diventi il centro di scambi internazionali per cui le imprese trovino più conveniente insediarsi sul nostro territorio purché, , ripeto, siano imprese non inquinanti; di conseguenza anche l'energia, che è elemento basilare per queste industrie, va rapportata al costo dell'energia nazionale perché non è possibile che si debba acquistare dalla nostra SARAS, essendo l'unico produttore, il GPL che costa tre volte il metano. Io non so come si possa stare sul mercato con queste condizioni.

E' chiaro che una fabbrica, a lungo andare, rischia di chiudere perché è condizionata anche da questi costi. Un'azione politica, probabilmente sarebbe quella di chiedere alla SARAS, visto che è nel nostro territorio, perlomeno di venire incontro alle attività imprenditoriali energivore, che hanno necessità di energia a basso costo.

Io sono disponibile, pertanto, credo che tutta l'Aula debba esserlo ad affrontare un nuovo progetto di industrializzazione per la Sardegna, al fine di non rivivere più, domani, situazioni come quelle di cui parliamo oggi.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Mulas. Ne ha facoltà.

MULAS (Gruppo Misto). Presidente, per me è imbarazzante e assai difficile intervenire perchè devo ancora decidere se farlo nella veste di metalmeccanico o in quella di consigliere regionale. Ringrazio il Gruppo dell'opposizione che ha presentato questa mozione, che tratta delle difficoltà che ha, non da oggi, un territorio come il Sulcis-Iglesiente e, nello specifico, quelle della Rockwool; debbo dire che ai dipendenti della società non va certamente la mia solidarietà, perché della solidarietà del sottoscritto, e probabilmente di quella di tanti altri, i miei colleghi della Rockwool sicuramente non sanno più che farsene dato che , sono convinto, avranno cassetti e armadi pieni della solidarietà ricevuta negli ultimi trent'anni.

Io penso sia arrivato un punto di non ritorno che ci coinvolge tutti al fine di trovare unità di intenti per dare risposte ai lavoratori della Rockwool e a tutti gli operatori del settore industriale e chimico (quello che più mi appartiene) in difficoltà. Io ritengo, però, che ci debba essere una discontinuità rispetto al passato; non possiamo qui, oggi, perseverare nell'errore compiuto per tanti anni, cioè quello di rimpallarci la responsabilità di chi ha portato a questa situazione l'economia in Sardegna.

Non possiamo più permetterci questo rimpallo di responsabilità, dobbiamo partire invece dall'unico punto certo che tutti ben conosciamo, ovvero che la responsabilità appartiene a tutti noi, perché tutti noi ci siamo succeduti negli ultimi trent'anni nei governi della Regione e delle istituzioni presenti in Sardegna.

Questo deve essere il nostro punto di partenza se vogliamo davvero elevare la politica e dare discontinuità rispetto a tutte le pratiche e a tutti gli esercizi dialettici che amiamo fare qui e all'interno delle varie Commissioni. Questo lo dico perché negli ultimi giorni sto vivendo direttamente (da questo il mio apprezzamento per la mozione) un disagio dovuto al mio essere portotorrese, al mio essere ancor più, oltre che portotorrese, espressione del nord della Sardegna, ma soprattutto figlio dell'industria. Io ho lavorato sempre e soltanto, infatti, all'interno dell'industria, dunque sento il disagio di una classe operaia che non ha più necessità di buone parole e di buoni intenti, ma vuole che vengano confermate le buone intenzioni e realizzati i buoni programmi che in tanti anni, per tutti quelli che si sono succeduti, sono stati formulati.

Qualcuno parlava di proposte: le proposte ci sono già. Noi dobbiamo cercare di dar gambe ad accordi di programma che risalgono al 2003. Queste sono le cose che noi dobbiamo fare, questi sono i richiami che dobbiamo fare allo Stato, questo è il problema di cui ogni volta evitiamo di prendere coscienza. Le nuove proposte arriveranno e ognuno di noi avrà anche il tempo di apportare dei miglioramenti a tali proposte, potremo costruirle insieme. Avremo del tempo per fare questo. Ma intanto cerchiamo di prendere quello che è già a disposizione.

Ci sono prese di posizione precise da parte del ministro Scajola che vanno nella direzione di un recupero della chimica in Italia. E questa è una cosa importante sulla quale noi dobbiamo continuare a batterci dandole tutto il nostro appoggio. Invece che cosa succede? Succede che mentre Scajola lavora in un modo, una parte importante dello Stato, una partecipata dello Stato lavora in un altro modo. Pertanto chiedo alla Presidenza, lo chiederò a Cappellacci, di capire una volta per tutte (e levare non solo noi sardi ma la Nazione tutta da questa impasse) se è lo Stato che partecipa con una quota del 30 per cento a ENI e alle sue partecipate, o è ENI, viceversa, che partecipa indirizzando le politiche industriali (compito che spetterebbe a noi) allo Stato. Questa è una delle maggiori perplessità che ha il sottoscritto, ma penso anche chiunque abbia operato negli anni all'interno dei poli industriali. Questa è una domanda che ci dobbiamo davvero porre.

I lavoratori non hanno più bisogno di sentirsi dire quale sarà la nuova economia. In questo momento, parecchie di quelle persone in tutta la Sardegna, chi più e chi meno - qui sono presenti alcuni rappresentanti della Rockwool - perché molti hanno difficoltà logistiche a spostarsi in massa, si stanno chiedendo se noi siamo in grado di far rispettare queste cose, se siamo in grado di far rispettare i patti siglati dallo Stato e dalle sue partecipate, anche in tema di energia. Mi riferisco, per esempio, alla centrale di Fiume Santo che è stata venduta da ENEL a ENDESA e, successivamente, a E.On., società con le quali erano stati siglati degli accordi. Noi dobbiamo dare gambe a questi accordi, perché in quelli sottoscritti con ENDESA, e che E.On si è impegnata a portare avanti (e se è necessario si andrà o di nuovo ad apporre le firme), era previsto che si aiutassero nuove intraprese. E questa è la cosa importante che dà visibilità e possibilità ad altre imprese di venire in Sardegna a investire.

Come possiamo invogliare la Rockwool a rimanere, a continuare a investire in Sardegna quando non riusciamo a fare altrettanto neanche con noi stessi, dato che non siamo riusciti a farlo con le partecipate statali nel corso degli anni. Non siamo nella migliore condizione per chiedere questo per cui viene meno l'assunto principale. Abbiamo detto che le proposte però esistono già, le nuove le faremo e le faremo insieme perchè non è il tempo di discutere chi ha maggiori responsabilità, non è il tempo di cercare di capire se è giusto o no che permanga l'apporto della sinistra o della destra o delle aree moderate. Non è un argomento che interessa i cittadini sardi.

I cittadini sardi in questo caso vogliono capire, a mio avviso, e non credo di essere io portatore di verità, ma è quello che ho sicuramente percepito da parte almeno della categoria degli operai, di cui parliamo stasera in questa mozione, se noi siamo in grado di dare dignità a queste persone, non solo tramite la "233" che offre la possibilità di metterli in mobilità più o meno lunghe.

Questo è un altro capitolo da aprire, perché negli ultimi venti mesi si sono giocate certe partite;per esempio, alcune grosse aziende appaltano dei lavori, operai che lavoravano all'interno degli stabilimenti da vent'anni sono transitati giustamente nella nuova impresa che ha vinto la gara d' appalto al ribasso (anche su questo si dovrebbe riflettere); sono ribassi da far paura che, di fatto, non consentono di mantenere il lavoro perché antieconomico.

A questo punto che cosa succede? Si licenziano operai che da vent'anni operavano all'interno degli impianti perché la "233" all'articolo 7, comma 4, se non sbaglio, dice che l'indennità di mobilità non può comunque essere corrisposta per un periodo superiore all'anzianità maturata dai lavoratori alle dipendenze dell'impresa che abbia attivato le procedure di cui all'articolo 4. Questi operai appartengono all'indotto, quell'indotto che spesso dimentichiamo, e vivono situazioni completamente diverse rispetto a quelle vissute dai dipendenti di intraprese più forti, magari di multinazionali. Questi operai ricevono gli stipendi in modo parziale, sotto forma di acconti continui, a questi operai non possiamo togliere anche la dignità! Questo è il discorso!

Qualcuno mi chiedeva in questi giorni il perché del silenzio della politica. Io, invece, ho apprezzato molto questo silenzio perché il silenzio trasversale della politica è, secondo me, il segno evidente che si vuole davvero la discontinuità con il passato; il silenzio manifesta esattamente l'alto senso di responsabilità di questa classe politica, perché nessuno ha voluto approfittare di questo momento per fare dello stupido e sciocco sciacallaggio politico. Questo è importante! E' da qui che dobbiamo partire perché le difficoltà ci hanno unito, e non possiamo permettere a nessuno, tantomeno ai partiti di disunirci. Noi in questa sede rappresentiamo anche persone che si riconoscono in idee politiche, però noi ai sardi dobbiamo far capire che su questa questione andremo fino in fondo! E non andremo noi a protestare a Roma, ma chiederemo l'esatto contrario; questo chiedo a Cappellacci: che sia lo Stato a venire qui, in Sardegna. Ci siamo stancati di andare noi, di portare con mille spese gli operai in trasferta, a mangiare panini, a star lì a campeggiare fuori da Palazzo Chigi. Devono essere loro a venir qua, la presenza dello Stato deve essere manifesta, come lo è stata dove la terra trema e dove la immondezza invece di averla sotto terra, come l'abbiamo noi per i problemi ambientali, l'hanno avuta per le strade. Questo è il discorso che dobbiamo fare, la discontinuità sta in questo: far approvare e far dare gambe agli accordi di programma che giacciono inattuati da troppo tempo, ormai. Molte proposte ci sono già, tempo per nuove proposte ne abbiamo quanto ne vogliamo, però non è questo il momento, non è questo il momento.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Maninchedda. Ne ha facoltà.

MANINCHEDDA (P.S.d'Az.). Onorevoli colleghi e signora Presidente, credo che all'esterno di questo Palazzo quanto all'interno si abbia una netta consapevolezza di un fatto che noi facciamo finta di ignorare, e cioè la totale e tragica inutilità della nostra discussione. Noi, oggi, non abbiamo una reale capacità, con la riunione del Consiglio del regionale, di rappresentare una forte mobilitazione del popolo sardo che possa essere registrata da chi governa l'economia mondiale, o da chi vi partecipa, e, tantomeno, da chi governa lo Stato; una riunione del Consiglio regionale non equivale a una mobilitazione di popolo, una riunione del Consiglio regionale è un fatto rituale, che non sposta nulla, però questa inutilità ha un versante interno e uno esterno su cui vorrei richiamare l'attenzione dei colleghi.

La causa interna; per esplicitarla faccio un riferimento storico. Nella Sardegna spagnola, nella Sardegna dei Re, dei Baroni, dei feudi, nella Sardegna del particolarismo giuridico, quando Sassari aveva le sue regole e Cagliari ne aveva delle altre, il feudo di Canales aveva una diversità rispetto al marchesato di Castelvì, prima dei grandi Stati nazionali, della certezza del diritto uguale per tutti e a tutte le latitudini, eravamo nel particolarismo giuridico. La Patria era il paese, la città; il più potente uomo politico di quel tempo fu Francisco de Vico che era un sassarese e che avvertiva come suo dovere quello di "tener gloriosa la Patria", cioè di esaltare la sua Patria, ma la sua Patria era Sassari! Rappresentava solo Sassari!

Io credo che oggi noi stiamo facendo lo stesso errore, lo dico ai presentatori della mozione. Nei giorni in cui c'è una crisi industriale diffusa, nei giorni in cui nel nuorese una sola fabbrica che chiude produce l'insieme dei disoccupati prodotti da tutte le fabbriche del Sulcis che chiudono, da tutte, per non parlare di quello che sta succedendo nelle campagne, per non parlare di quello che sta accadendo a Porto Torres, il Consiglio regionale, anziché riunirsi per fare un ordine del giorno sull'emergenza industriale della Sardegna, si riunisce per fare un ordine del giorno sul Sulcis: " tener gloriosa la Patria".

Ma sapete dove andiamo a finire se continuiamo così? Che al prossimo bilancio tutti i consiglieri regionali che stanno a Nord del meridiano di Oristano si coalizzeranno per dividere a metà il bilancio, perché quanto sta divorando il cagliaritano dalle risorse della Sardegna lo sanno solo quelli che abitano sopra; lo sanno solo loro! Vogliamo arrivare a una competizione tra territori per cui noi facciamo "i baronetti" dei nostri feudi? Vogliamo fare questo? Oppure siamo capaci di tirare fuori qualche indirizzo di politica industriale che ci riguardi tutti?

Noi sardisti, oggi, non votiamo un ordine del giorno sul Sulcis, non lo votiamo! O riguarda la crisi industriale della Sardegna o noi non lo votiamo! E non lo votiamo perché abbiamo più a cuore il tenere unita la Sardegna, e dirò perché, che non portare vantaggio alla Patria di origine che straordinariamente per noi, consiglieri regionali, anche pateticamente coincide col collegio elettorale.

C'è anche un motivo esterno che ci porta a rendere inutili queste nostre discussioni; e, badate, quanto più la gente percepisce che noi siamo inutili, tanto più ci odia! Il motivo esterno è questo. In questo Consiglio regionale il 90 per cento dei rappresentanti fa parte dei partiti nazionali, e i partiti nazionali in Sardegna decidono di essere durissimi o molli con lo Stato a seconda del "Governo amico"; questa corrente alternata, badate, fa male alla Sardegna, non esiste un Governo italiano amico della Sardegna, non esiste! Non è mai esistito!

Il collega intervenuto precedentemente ha detto che abbiamo gli accordi di programma, se andiamo indietro abbiamo anche l'Intesa di programma firmata da Palomba, ne abbiamo una valanga, mai rispettate dallo Stato, mai! Questo Consiglio però ha sempre avuto una maggioranza che ha o giustificato o si è opposta, ma mai ha trovato l'unità per dire allo Stato: "Non ti crediamo più!" E' lo stesso Stato che ha consegnato le rotte della Sardegna alla Tirrenia e che si sta preparando a consegnarle a Onorato, che già controlla tutti i porti. È lo stesso Stato che ha dato alla SARAS i certificati verdi e niente alla Sardegna per il CO2 emesso nell'atmosfera.

I partiti nazionali devono decidere se c'è prima la Sardegna o il partito nazionale, però quanto più decidono che è il partito nazionale che prevale, tanto più queste discussioni, quelle che facciamo qua, diventano inutili. Allora, perché sulle politiche industriali non cominciamo a dire (so la rilevanza di quel che sto per dire e ci ho pensato bene prima di dirlo) che noi non possiamo avere un'industria se a guidare le regole dello sviluppo economico sono le regole italiane; non possiamo! Non possiamo! Lo Stato ha un potere regolatore del sistema; se da noi alcune cose costano di più non è dato soltanto dal fatto che siamo qui, ma anche dal fatto che il sistema regolatore non l'abbiamo voluto noi, non è adeguato a un percorso che abbiamo fatto noi, non è legato a uno stato, a uno spazio che è il nostro!

Pensate cosa vorrebbe dire semplicemente se a decidere la pressione fiscale fossimo noi, se a decidere quante imposte pesano sulla bolletta energetica fossimo noi, e se quelle imposte non dovessero finanziare uno Stato. Uno Stato badate, non dimentichiamolo, che ha dato negli ultimi vent'anni tre volte di più in sanità e istruzione al Nord di quanto abbia dato al Centro-Sud e alle isole; se quelle tasse non andassero a finanziare quello Stato e fossero tasse calibrate sul nostro Stato sarebbero di portata inferiore. La politica industriale ha un nesso con l'indipendenza. Noi stiamo ripetendo che per noi l'unità d'Italia è un limite allo sviluppo, questo è il nostro approccio. Voi ci considerate dei sognatori, però noi siamo sicuri che vinceremo.

Mettiamoci pure nei panni del vostro approccio: l'Italia è l'orizzonte del futuro della Sardegna. Ma, se ci mettiamo in questa prospettiva, onestamente, voi potete mai pensare che l'Italia si occupi di noi se abbiamo reazioni così blande; se, faccio un esempio, lo dico all'opposizione, c'è un Presidente della Regione che accetta di rappresentare una vertenza Sardegna, ma io non vi ho sentito dire che siete pronti ad andargli dietro.

DIANA GIAMPAOLO (P.D.). Siamo pronti!

MANINCHEDDA (P.S.d'Az.). Bene. Allora il problema è aprire una vertenza Sardegna. Se apriamo una vertenza Sardegna, riusciamo a dire allo Stato: "Dacci i soldi per bonificare, per occupare tutti quelli che l'industria espelle perché poi il modello di sviluppo è quello che pensiamo noi, un modello che qui in Sardegna tutela aria, acqua, cibo, sapere e tecnologia. Impegnami per vent'anni la gente in maniera tale che, mentre io mi trasformo, non muoio di fame. Poi il modello me lo faccio io! Non ho bisogno di piatire da te, Governo, il modello di sviluppo". Noi una vertenza Sardegna di questo tipo la sappiamo fare, per cui diciamo che ci interessano le persone a spasso, non ci interessa quella o quell'altra fabbrica perché le fabbriche ce le faremo come vogliamo noi, con gli imprenditori nostri, credibili? Sappiamo aprire una vertenza di questo tipo, scendendo tutti in piazza, dimenticando le appartenenze e stando sulla Sardegna, tenendo "gloriosa la patria" tutti insieme? Io penso che la strada da seguire sia questa, non quella dei tatticismi di partito.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Massimo Zedda. Ne ha facoltà.

ZEDDA MASSIMO (Comunisti-Sinistra Sarda-RossoMori). Signora Presidente, Assessori, colleghi, nell'esprimere la solidarietà ai lavoratori della Rockwool e nel ringraziare l'onorevole Cocco per aver presentato questa mozione, a firma di tutti i consiglieri dell'opposizione, rimarco che le accuse mosse dall'onorevole Maninchedda - lo dico avendo ascoltato con attenzione il suo intervento e condividendone diversi aspetti - a mio parere sono ingiuste. Se io facessi l'esempio di scuola del suo intervento, l'onorevole Cocco se fosse presente in Parlamento e fosse cittadino de L'Aquila non avrebbe mai potuto presentare una mozione sui problemi del disastro dovuto al sisma a L'Aquila perché ovviamente avrebbe dovuto, invece, parlare in termini più generali del problema dei terremoti, dei terremotati e dell'edilizia in zone a rischio sisma dell'intero Paese o pianeta. E' un argomento che non regge.

Così come non regge, onorevole Maninchedda, l'aspetto riguardante il Governo amico. Io l'ho sentito dire dall'onorevole presidente Cappellacci che il Governo era amico; poi, di giorno in giorno, ci stiamo accorgendo che questo Governo amico, insomma, un po' ha tradito e non è molto amico. E se lei promuove una vertenza Regione-Stato sulla crisi industriale in Sardegna, noi saremo al fianco di tutti coloro che porranno e incalzeranno con temi, questioni e anche con manifestazioni pubbliche il Governo nazionale. Il problema è che ancora non si è levata neanche una voce nei confronti del Governo nazionale per la risoluzione di alcuni aspetti, anzi, si dice sempre: "Non vi preoccupate, sentirò Berlusconi dopodomani e probabilmente risolveremo i problemi". Non funziona così! Se si decide di incalzare il Governo nazionale, perché giustamente lei ha detto che il rapporto è tra istituzioni a prescindere dal colore politico, siamo d'accordo e condividiamo questa scelta, però lo si faccia.

La mozione dell'onorevole Cocco tratta la questione della Rockwool, ma questa società è un esempio (certo il tema è più generale), purtroppo, di tante imprese di questo tipo che razziano e depredano la nostra isola e poi partono portandosi via persino i macchinari. Allora la mozione dell'onorevole Cocco e dei colleghi dell'opposizione deve servire come goccia che fa traboccare il vaso, a meno che non si voglia avere un vaso stracolmo e la casa, la Regione, allagata.

La crisi, è il tema di oggi, colpisce il mondo intero, è vero, il nostro Paese, la nostra Regione e alcune zone della nostra Regione sono più colpite rispetto ad altre, in particolar modo per la crisi del settore industriale; però, come dicevo in premessa, la Rockwool è un esempio. Vi sono cento occupati, nel caso specifico, direttamente, cento nell'indotto, gli occupati hanno professionalità alte ed è una vicenda purtroppo simile a tante altre.

L'impresa viene allocata in Sardegna, la proprietà è privata, proprietà che però risiede all'estero, è ovviamente una multinazionale, opera in Sardegna, utilizza risorse pubbliche per costruire i propri impianti in Sardegna, opera quindi utilizzando risorse pubbliche per la formazione dei propri dipendenti; a un certo punto la proprietà sposta gli impianti, non li vende, non accetta neanche di poter cedere ad altri l'impresa collocata in Sardegna, invece sposta gli impianti. Oggi l'esempio è quello della Rockwool, pochi mesi fa è stato quello dell'Algida. Sono stati portati via gli impianti, l'impresa non vende e se vende, per paura di concorrenza, dice all'acquirente: "Però tu non ci puoi mettere una fabbrica di gelati". Stessa cosa capiterà alla Rockwool. Se la Rockwool vende, chi acquista dovrà creare altro, noccioline magari; però la Rockwool creava lana di roccia e se io acquisto un'impresa che produceva e lavorava la lana di roccia io spero di poter operare nell'ambito della lavorazione e vendita della lana di roccia, non dei gelati o delle noccioline.

Insomma, che cosa resta in Sardegna? La perdita di posti di lavoro, la disoccupazione, un territorio depredato e sfruttato, e con risorse pubbliche bisognerà intervenire per risolvere i problemi ambientali. Non ci rimane nulla, perché a noi non rimangono neanche gli impianti e i capannoni delle imprese che vanno via, e con risorse pubbliche dovremo intervenire anche per dare soluzione al problema dei problemi: quello dei posti di lavoro e dei lavoratori che rischiano la disoccupazione.

Con la legge numero 222 si finanzia con risorse pubblici la Rockwool, industria sana, badate, perché il mercato c'è, perché il mercato è quello del risparmio energetico nell'edilizia, per cui si danno incentivi a queste imprese perché altri possano acquistare i prodotti di queste imprese e quindi, anche indirettamente le risorse, pubbliche sempre, arrivano all'impresa privata. Il bilancio della Rockwool è unico ed è difficile scorporare e individuare i costi dell'azienda, però nel bilancio la Rockwool prevede, come bilancio preventivo 2008, utili, quindi è un'azienda sana, non è neanche un'azienda in stato di crisi, di fallimento, che porta i libri in tribunale. No, è sana! E allora perché nell'incontro con l'assessore Farris non viene posta nessuna richiesta? Perché hanno già deciso di andar via il 4 luglio! Questa che negli Stati Uniti è una data di festa, il 4 luglio è la festa più importante degli Stati Uniti, per noi sarà l'ennesimo giorno nero da segnare nel calendario.

Onorevole Vargiu, io ascolto sempre con piacere i suoi interventi perché probabilmente la sua collocazione politica, centrale e moderata, consente libertà di ascolto maggiore rispetto ai problemi posti dagli schieramenti più lontani tra loro, però io non so come aiutarla a cambiare quel che lei diceva, il suo approccio ai problemi con uno sguardo nuovo e quali risposte dare. Le risposte sono contenute nella mozione stessa, nei punti dall'1 al 5; alcune risposte. Come diceva l'onorevole Maninchedda, la si potrà integrare nell'affrontare il tema più in generale, potranno essere presentate nuove mozioni o, nella risoluzione di problemi, trovare nuove risposte.

Io le consiglio però di guardare quel che accade negli Stati Uniti (gli Stati Uniti, appunto, del 4 luglio) dove si sta adottando quello che noi abbiamo abbandonato negli anni passati: la partecipazione statale! Perché il Governo Obama dice agli imprenditori: "Se oggi utilizzate risorse pubbliche per risolvere i vostri problemi di perdite, gli utili quando ci saranno, saranno pubblici!". A noi con il sistema delle Partecipazioni statali, che stiamo rimpiangendo, almeno rimanevano le imprese, almeno rimanevano i capannoni e gli impianti. Oggi non ci rimane nulla. Dagli anni '80 e '90 fino a oggi vigeva il principio del no regole, no Stato, no pubblico, perchè il mercato e le aziende si regolano da sé. Non è così! Abbiamo potuto constatare a seguito di questa crisi economica internazionale come il capitalismo, il più sfrenato, non si autoregolamenti, anzi crei danni ingenti alle popolazioni. Bisogna rivolgersi pertanto agli imprenditori seri che vanno aiutati, mentre vanno allontanati gli imprenditori "prenditori" di risorse pubbliche. Bisogna guardare ai lavoratori, all'ambiente, all'isola depredata per dare risposte ai bisogni. Proposte in tal senso sono, appunto, contenute nel dispositivo della mozione e a quelle rimandiamo.

Tralascio il passaggio dell'onorevole Capelli che non mi ha convinto circa i nuovi investimenti. Investimenti giusti, giustissimi nella ricerca, nell'università, nella formazione, nella scuola, visto che il Governo nazionale taglia anche in questi settori. E taglia anche in Sardegna come è stato detto anche ieri in Commissione cultura. E qual sviluppo può passare attraverso la non conoscenza, la non innovazione, la non ricerca scientifica se, addirittura, mettiamo in discussione emendamenti che tagliano gli assegni di merito per i giovani che si iscrivono nelle facoltà scientifiche, facoltà di cui abbiamo bisogno? Chi potrà andare a lavorare nel futuro alla Rockwool, che richiederà magari maestranze e professionalità sarde, un laureato in lettere o in psicologia? Loro lavoreranno altrove, ma vi sono imprese che hanno bisogno di altre figure professionali.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Oppi. Ne ha facoltà.

OPPI (U.D.C.). Stasera non dirò che i miei colleghi sono in stato confusionale, stasera lo sono io. Articolerò l'intervento su tre punti. In primo luogo parliamo della Rockwool. Io ho avuto l'opportunità di guidare (ho sostituito un amico che non stava bene), sfigato per eccellenza, lo ZIR di Iglesias, perché la Rockwool è a Iglesias e mai nulla è andato bene, se è vero, come è vero, che non c'è ancora un impianto di depurazione, non c'è la luce non c'era acqua e adesso ci sono anche le voragini.

Si sa che anche quando c'era la SFIRS, la struttura pubblica, per esempio, la famosa Sigma, era stato impiantato un calzaturificio che e' andato male. Con il contratto d'area era stata finanziata la CardNet, con oltre 20 miliardi, una previsione di 250 posti di lavoro, con connivenze anche interne o esterne a questo Consiglio, ma non è mai partita .

Io ho avuto l'opportunità di conoscere i rappresentanti della Rockwool, secondo il mio punto di vista: avventurieri. Infatti, nel corso della mia presidenza dello ZIR di Iglesias (questo dice tutto), venni a conoscenza che a quel povero cristo, al quale in questi giorni hanno mandato due pallottole (cioè salumi italiani), avevano costruito una strada che richiedeva le rampe perché l'avevano fatta sotto il livello di tre metri. Ebbene, in quella circostanza mi chiesero, per lavorare gli scarti di lavorazione, di poter avere una piattaforma più larga. Gliela demmo in tre giorni, ma la sensazione era che volessero andare via. I lavoratori sono meno di cento, la maggior parte sono miei concittadini, una città che mi onoro di rappresentare e che ho sempre rappresentato.

Devo dire la verità, anche in questo caso sono stati utilizzati degli strumenti;. la "221" è servita a taluni per fare residenze sanitarie assistenziali (RSA), non essendoci quelle figure professionali, perché infermieri non ce n'erano più nelle miniere, alla fine prendevano i contributi. Nel caso specifico è servito ad attirare ulteriori risorse finanziarie prendendo gli amici della "San Lorenzo", dei giovani affetti da tossicodipendenza, per poter guadagnare. Se ne vanno, se ne vogliono andare, hanno preso a piene mani e se ne vanno.

Ma il problema ce lo dobbiamo porre e allora io voglio fare un po' di storia perché nel Sulcis abbiamo fatto certe cose. Mi dispiace doverlo ripetere. E' chiaro che noi dobbiamo dare risposte a questi lavoratori, come le abbiamo date a tanti altri lavoratori di tutte quelle aree. Negli anni '70 chiusero le miniere di carbone e si decise in quegli anni, con lungimiranza da parte di alcuni ingegneri, casualmente di Iglesias, i fratelli Carta, in particolare l'ingegner Carta, di fare il polo di Portovesme dove per tanti anni non c'è stato un impianto di depurazione, le celle elettrolitiche sapete benissimo che non erano coperte.

Dopo anni, io ero presidente del consorzio (sono stato il più longevo anche in questa carica, l'ho ricoperta per dodici anni),dovevamo scegliere se dare la garanzia del lavoro a 6 mila lavoratori oppure creare il dissesto generale in quel territorio. Ricordo che già Carbonia da 40, 45 mila abitanti era scesa sotto i 20 mila, eppure prima si diceva: "Vieni a Carbonia che ti daremo una casa per mille lire". Bene, a questo punto che cosa è successo? Sono entrate le Partecipazioni statali. Ecco la salvezza! Operai che lavoravano sotto le viscere della terra, operai di 65 anni, con la silicosi, andarono a fare gli operai metallurgici. Vennero creati tre poli, sempre con l'Efim dentro, però, inutile girare intorno; l'ALSAR totalmente dell'Efim, l'Eurallumina formata da tre società (la Metallgesellschaft tedesca, l'Alcoa che portava la materia prima e l'Efim), l'ENI,. Si chiamava anche Nuova Samin, eccetera. Allora facevamo le grandi battaglie per mantenere i livelli occupativi che venivano garantiti dallo Stato se era in atto una crisi; perché agli inizi si produceva poco o niente, la produzione si aggirava intorno alle 50 mila, 60 mila tonnellate (non si arrivava a 200 mila) e venivano coperte le défaillance. Noi abbiamo lavorato in modo diverso e alla fine questi se ne sono andati via con responsabilità di tutti quanti, abbiamo consentito che andassero via.

Un altro grande errore negli anni '89-'90, allora presidente l'onorevole Melis, fu quello dello scorporo fra l'estrattivo e il metallurgico. Noi lasciammo l'estrattivo per fare le manutenzioni, poi vennero chiuse le miniere del settore. E' chiaro che non avevamo più i metalli, perché le percentuali erano veramente basse; abbiamo creato delle aziende e la responsabilità di chi è?Oltretutto la Comunità europea non consente di abbattere i costi energetici perché di volta in volta trova giustificazioni e, quindi, è chiaro che se il mercato mondiale, il mercato di Londra stabilisce che il prezzo del metallo è "tot", 12 kilowatt per produrre magari un chilo di alluminio costano molto di più rispetto al prezzo del mercato e quindi la produzione non è conveniente.

Di conseguenza, al posto dell'Efim è arrivata l'Alcoa che è una multinazionale americana per il settore dell'alluminio; al posto dell'Euroallumina, che era una famosa società, sono arrivati i russi e prima c'era la Glencore che ha spostato i suoi interessi nel settore metallurgico del piombo e dello zinco. Ecco la crisi. Vi pregherei, però, di evitare di parlare di problemi legati all'inquinamento. Certo, noi dobbiamo dire che l'inquinamento che c'è in quelle aree non c'è mai stato da nessuna parte e, quindi, chiedere i rimborsi perché il fluoro uccideva gli animali, soprattutto i bovini, eccetera. Leggete l'ultimo studio (peraltro finanziato dall'Assessorato della sanità nel 2003-2004)effettuato da un luminare che si chiama Francesco Sanna Randaccio, che ci dice tutto.,.

Bene, è chiaro che dobbiamo stare molto attenti nel fare le valutazioni e dobbiamo dire che quelle aree vanno sostenute con forza, ma tutte le aree perché è vero che ci sono dei protocolli, ha detto bene Maninchedda. Infatti c'è il CREA che ha ottenuto 65 miliardi, adesso sto parlando della chimica di Assemini e di Porto Torres. Ma abbiamo anche il CREO che corrisponde invece agli stessi problemi relativamente a Nuoro; è vero che c'è un accordo però i soldi sono spariti. Quindi bisogna che tutti quanti ci impegniamo con forza perché ci sia il mantenimento degli accordi.

Caro Assessore, noi che cosa dobbiamo fare? Esisteva una volta, era il cavallo di battaglia di molti amici, una famosa legge, la legge di rinascita, la "267", che all'articolo 13 (lo citava sempre l'onorevole Congiu), prevedeva la creazione di una base minero-metallurgica manifatturiera, cioè seconde e terze lavorazioni. In tema di seconde lavorazioni, anche la CONSAL, che oggi si chiama OTEFAL, era dell'ENI e per chi non lo sapesse, il direttore generale era Emilio Simeone. Ebbene, tra queste società che trattano laminati e profilati di alluminio, di fatto l'unica che sta andando bene, pensate, è la ALI, la più scarsa di tutte ma che non ha chiesto una lira a nessuno e forse farà una terza linea; dopo tutti gli imbroglioni che hanno tanti nomi diversi, , stanno andando anche benino.

Quindi la responsabilità è nostra. Noi abbiamo avviato una serie di iniziative ma, troppo spesso, abbiamo fallito per colpa nostra. In Sardegna per esempio era nata l'Industria sarda graniti, l'ISGRA, ed è fallita, come è fallita l'industria legata alla lavorazione del vetro; tutte erano a carico della Regione.

Così come va detto che abbiamo voluto sbagliare tutto; ma forse ci siamo dimenticati che il contratto d'area quando partì era focalizzato su tre aree industriali: Marghera, Napoli e Porto Torres, e poi venne spostato su Ottana. E mai fosse andato a Ottana. Voglio ricordare, l'ho detto troppe volte e lo ribadisco, quell'operatore che aveva impiantato a Bolotana un'attività per la produzione di 100 mila tonnellate di carta patinata. Il consumo di questo prodotto in Sardegna è pari a 10 mila tonnellate, per cui dopo aver preso i soldi l'imprenditore voleva vendere l'attività a metà prezzo . La verità è che non abbiamo infrastrutture, perchè insorgono sempre "inghippi" che non ci consentono di farle. Concludo, Presidente, dichiarando che noi voteremo l'ordine del giorno.

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Mario Diana. Ne ha facoltà.

DIANA MARIO (P.d.L.). Presidente, prima della replica dell'Assessore, riterrei opportuno sospendere brevemente i lavori.

PRESIDENTE. Sospendiamo i lavori per dieci minuti.

(La seduta, sospesa alle ore 19 e 41, viene ripresa alle ore 20 e 17.)

PRESIDENTE.

Ha facoltà di parlare, per la Giunta, l'Assessore dell'industria.

FARRIS, Assessore dell'industria.Onorevoli consiglieri, grazie soprattutto per l'opportunità che questa mozione ci offre di rappresentare l'azione che la Giunta ha portato avanti in questo brevissimo tempo. E' vero, la mozione sembrerebbe riguardare solo ed esclusivamente la problematica del Sulcis, non è così. La questione è più complessa e ringrazio a questo proposito il consigliere Cocco che ha illustrato nei dettagli l'attuale situazione. La quantità delle presenze o il numero degli incontri sicuramente non sono indicativi però della considerazione che questo Esecutivo ha nei riguardi dei problemi relativi all'intera Sardegna.

La parola "ascolto"è una delle più usate dal presidente Cappellacci, perché l'ascolto è il primo momento della comunicazione, chi non ascolta e non sa ascoltare non sa comunicare. Si è detto che a Porto Torres si respira aria di disarmo, mi dispiace contraddirvi. Io rientro da Porto Torres, dove sono stata stamattina con il presidente Cappellacci, e nello spirito non si respira quest'aria di disarmo perché a Porto Torres continuano a sostenere fortemente che alla chimica non si può rinunciare, non intendono assolutamente rinunciare all'industria.

Noi sappiamo che questa è una considerazione di carattere generale dalla quale non possiamo assolutamente prescindere, perché se non teniamo fermo questo quadro non possiamo capire tutto quello che si sviluppa dopo. Nonostante le forti azioni di ristrutturazione industriale (questo è emerso oggi a Porto Torres) negli ultimi trent'anni l'industria chimica in Sardegna costituisce ancora un sistema fortemente integrato: la raffineria SARAS di Sarroch, le produzioni di Assemini, Sarroch, Porto Torres e Ottana e l'utilizzo di soda della metallurgia del Sulcis.

L'attuale livello di integrazione delle produzioni in Sardegna ha raggiunto una tale interdipendenza che il venire a mancare di un solo impianto produttivo mette fatalmente e irreversibilmente in discussione tutti gli altri impianti determinando un disastroso effetto domino di chiusure in un contesto industriale desertificato, dove tutti i tentativi ventennali di riconversione industriale e produttiva hanno miseramente fallito.

Questo sistema integrato forse è l'unica forza che ha ancora l'industria chimica , e sulla necessità, sull'esigenza che la chimica abbia tutta la considerazione, tutta l'attenzione del Governo nazionale si è espresso più volte il ministro Scajola che considera la chimica di base essenziale per un paese industrializzato come l'Italia,.

Prima di affrontare il problema specifico della Rockwool, voglio dire che i lavoratori, non solo quelli della Rockwool, ricevono sicuramente il mio pensiero perché la dignità del lavoratore sardo è presente a tutti quanti noi, i lavoratori sardi meritano sincerità per cui non possiamo tacere quello che sappiamo: devono sapere che cosa li aspetta. Per quanto riguarda la Rockwool, io ritengo che qualche elemento integrativo su questa fabbrica debba essere dato, tornando anche molto indietro nel tempo, perché altrimenti non abbiamo ben chiaro il quadro.

Il gruppo Rockwool è stato fondato nel 1909, è danese, ha 23 stabilimenti, conta più di 8500 dipendenti, e l'impianto di Iglesias cominciò a produrre lana di roccia nel 1996. Cominciò non già con il nome "Rockwool", ma come "Lana di Roccia S.p.A.", società partecipata al 70 per cento da Progemisa S.p.A., al 10 per cento da Sigma Invest S.p.A., e per il 20 per cento dal gruppo svedese Partek. Rockwool Italia S.p.A. acquistò Lana di Roccia nel maggio del 1999, Presidente della Giunta, Palomba, assessore dell'industria, Pinna, pagandola 9,5 miliardi di lire.

In questa Intesa e mi è già capitato di dire che le intese devono essere fatte bene, era previsto un solo obbligo a carico dell'acquirente, ed era quello di mantenere i livelli occupazionali per 73 dipendenti per cinque anni. Ora si dice che noi non possiamo sottostare alla libera volontà degli imprenditori che decidono di venire, prendono i nostri soldi, aprono e poi chiudono perché non conviene più stare in Sardegna, perché fanno un'altra politica commerciale. Ma le istituzioni non possono entrare nelle politiche imprenditoriali, nelle scelte degli imprenditori,. Le istituzioni possono solo ed esclusivamente verificare se le intese e gli accordi stipulati con gli imprenditori vengono rispettati. Ecco perché le intese e gli accordi devono essere fatti bene.

La crisi dell'economia sarda, e quella sulcitana nello specifico, la sua perdita di competitività, sappiamo che è dovuta anche ai mutamenti internazionali che ci sono stati, è dovuta anche all'affermazione di alcuni grandi paesi in via di sviluppo, quali la Cina e l'India in primo luogo, ed è dovuta ad una fase di sviluppo del capitalismo che, bisogna dirlo, ha ripiegato sulla riduzione dei costi agendo essenzialmente, talvolta, sul costo del lavoro, e molto spesso, perché non dirlo (era un modo di fare industria prima), cercando di far ricadere alcuni costi sull'ambiente. E' quello che l'onorevole Uras ha definito "macerie sociali e ambientali".

Noi sappiamo che le macerie ambientali ci sono, ci sono nel Sulcis, ci sono a Furtei, però sappiamo anche che certi progetti di reindustrializzazione prevedono le bonifiche del territorio, prevedono il reimpiego dei lavoratori per bonificare il territorio. E questo è detto dal ministro Scajola in uno di quei sette punti che tutti voi conoscete.

L'onorevole Diana si interroga se questo modello di industria può essere compatibile con l'ambiente. La compatibilità di questo modello di industria con l'ambiente dipende solo ed esclusivamente da come l'uomo decide di gestire il modello in questione. Tutto dipende solo ed esclusivamente dall'attenzione che l'uomo e la politica prestano all'ambiente.

Si è parlato di un'azione del Governo che prescinde dalla nostra volontà. Si è detto anche che il Governo talvolta considera la Sardegna e noi sardi come uno zerbino. Si richiede un minimo di etica, io richiedo un massimo di etica. Non è nella natura del popolo sardo essere uno zerbino. Non è nella natura del presidente Cappellacci essere zerbino, l'ha detto a chiare lettere stamattina a Porto Torres, si è schierato con i lavoratori, è andato a Roma per cercare di trovare delle soluzioni. Perché comunque c'è uno scenario di soluzioni possibili, tutte percorribili, per cui non tutto è precluso.

Si è parlato anche di centrali nucleari. Corre l'obbligo di dichiarare che quanto è apparso sui giornali è falso. La comunicazione deve essere chiara, intelligibile e corretta. Quello che è stato scritto sui giornali non corrisponde al vero. La cartina a cui si faceva riferimento è del 1993, non ha niente a che vedere con la programmazione del Governo nazionale; il ministro Scajola ha confermato quanto già detto nel corso della sua recente visita in Sardegna: "Nessuna centrale nucleare è prevista in territorio sardo". L'onorevole Giacomo Sanna ha chiuso il discorso con due parole: "Non sono previste".

Tornando alla Rockwool, l'Esecutivo regionale è sempre stato molto vicino ai lavoratori in questo periodo, e non è stata una vicinanza di passerella, non rientra nello stile di questo Esecutivo. E' stata una vicinanza per capire quali sono i loro problemi, per cercare di capire veramente come si sono sviluppate certe situazioni e per quale motivo siamo arrivati a questo punto, per cercare anche di porvi rimedio, per cercare di evitare di fare errori analoghi nel futuro.

Rockwool io l'ho conosciuta molto bene. Più volte ho incontrato i lavoratori, i responsabili, il direttore tecnico, il direttore finanziario e il direttore del personale della Rockwool. Il presidente Cappellacci ha già fissato di un incontro con l'amministratore delegato, si chiama Agnoli, e lo riceverà la prossima settimana in quanto rientrerà lunedì prossimo dall'estero.

Rockwool, come ha detto l'onorevole Oppi, che l'aveva capito tanto tempo fa, non ha voglia di continuare la sua attività. Non mi sento di negare che questa è la mia impressione, ma la mia impressione ritengo sia supportata dagli elementi che sono emersi in occasione di diversi incontri, non uno, diversi incontri. Loro hanno deciso di spostare gli impianti. Usiamo il termine "delocalizzazione"? Nonostante l'orgoglio aziendale dei lavoratori che continuano a dire: "Nel 2007 abbiamo ricevuto un premio che ci ha fatto onore", hanno deciso di impiantare una fabbrica in Croazia. Perché? Le argomentazioni sono le più varie. Ad ogni argomentazione che i dirigenti Rockwool prospettavano l'Assessore dell'industria contrapponeva le proposte della Regione, e allora trovavano un'altra scusa.

La realtà è che in Croazia, evidentemente, certi costi sono più bassi, quindi c'è una possibilità di profitto superiore a quello ricavabile in Sardegna. Questa terra sarda, che tutti noi amiamo è un'isola felice, forse perché è un'isola, ma allo stesso tempo paga per la sua insularità per cui una richiesta che viene avanzata dai più, ma lor signori che fanno politica da prima di me ne hanno già sentito parlare, è quella della continuità territoriale per le merci. Rockwool lamenta che l'acquisto e quindi l'importazione delle materie prime, la lavorazione e poi la redistribuzione e l'esportazione delle materie così finite costa troppo perché la lana di roccia è un materiale voluminoso, quindi vengono impiegati dei camion molto grandi e sono richiesti molti camion per poterla trasportare.

Un altro problema sono i costi dell'energia. Sull'energia diciamo che è l'argomento principale e ci stiamo lavorando. Come sapete, la Sardegna non ha un Piano energetico, questo è un altro momento per fare chiarezza perché il Piano sull'energia non è mai stato approvato;è stato adottato e attualmente si trova nella fase della valutazione ambientale strategica (VAS), dopo potrebbe conseguire l'approvazione. Quindi quando si dice che il Piano energetico è stato adottato è vero, ma adottato non significa approvato.

Sulle energie alternative, compreso il VPP, sappiamo che è in corso la procedura legislativa, pertanto dobbiamo aspettare l'esito; si tratta di un insieme di strumenti che il Governo italiano e la Regione Sardegna stanno cercando di darsi per venire incontro, prioritariamente, alle esigenze di mantenere in vita quelle aziende che, allo stato attuale, sono bisognose di ossigeno e, successivamente, per captare possibilmente imprenditori solidi che hanno voglia di fare impresa sana, che hanno voglia di investire in Sardegna.

In Sardegna, oltretutto, sussistono delle condizioni ambientali, e questo va detto, che consentono agli imprenditori di fare impresa sana. Ci sono altri vantaggi nel fare impresa in Sardegna; per esempio, la qualificazione del personale che resterebbe sul nostro territorio (è diverso quando si qualifica del personale che poi dalla Lombardia passa in Piemonte), il personale che viene qualificatto in Sardegna resta in Sardegna, gli interessa stare qui. Quindi, qualsiasi investimento sulla professionalità e sulla qualità del lavoratore è un investimento che costituisce valore aggiunto per la Regione Sardegna, per la nostra terra.

Questa è una delle cose che ovviamente bisognerà fare, e bisognerà farla assieme. Ecco perché apprezzo notevolmente e condivido la relazione dell'onorevole Cocco quando dice che dobbiamo trovare comunque un punto d'intesa che ci consenta di continuare un percorso che abbiamo già cominciato. Questo percorso deve necessariamente essere fatto assieme perché la crisi non ha colore politico. La crisi semmai (mutuo le parole di un'altra persona a me cara) ha nomi, si chiama Giovanni, si chiama come la moglie di Giovanni, come i figli di Giovanni, fermo restando ovviamente che, una volta superata l'emergenza, ma anche nell'intravedere le possibilità di soluzione dell'emergenza che è il contingente, ciascuno di noi può restare sulle proprie posizioni, l'importante è unire le forze. Per quanto riguarda poi le possibilità…

PRESIDENTE. Assessore, il tempo a sua disposizione è terminato. Ha domandato di replicare il consigliere Pietro Cocco. Ne ha facoltà.

COCCO PIETRO (P.D.). Presidente, se è possibile, dia il tempo di concludere all'Assessore, poiché abbiamo concordato di rimandare a domani la discussione sull'argomento.

PRESIDENTE. No, onorevole Cocco, abbiamo rimandato a domani il voto sulla mozione per poter dare la possibilità di predisporre un ordine del giorno.

COCCO PIETRO (P.D.). E' possibile far continuare l'Assessore?

PRESIDENTE. Sì, se l'Aula è d'accordo. Assessore, vuole concludere?

FARRIS, Assessore dell'industria. Vi ringrazio perché volevo chiudere prima di tutto ricordando, ancora una volta, che puntiamo (così togliamo tutti i dubbi) - lo vogliono i lavoratori - a salvaguardare la chimica di base del Paese, a rilanciare le eccellenze della chimica, e sappiamo che questi obiettivi possono essere raggiunti tutelando l'ambiente, il territorio, riqualificando i processi produttivi, bonificando e reindustrializzando i siti inquinati e anche incentivando la ricerca.

Mi interessava soprattutto chiudere, però, con un impegno da parte mia -(se lor signori vogliono ascoltare il mio impegno, perché forse è importante, così se non lo rispetto potrete dire che non l'ho rispettato)- e cioè che, per quanto mi compete, provvederò ad informare costantemente il Consiglio, anche attraverso la Commissione industria, sugli sviluppi sia delle singole situazioni che della situazione dell'intero complesso industriale, nella consapevolezza dei rispettivi ruoli e dei risultati conseguibili dalla collaborazione raggiunta in Consiglio. Questo è un mio preciso dovere che mi impegno a rispettare davanti a quest'Aula alla quale mi inchino.

PRESIDENTE. Ha domandato di replicare il consigliere Pietro Cocco. Ne ha facoltà.

COCCO PIETRO (P.D.). Io ho ascoltato con attenzione le parole dell'Assessore; condivido lo spirito con il quale si propone nei confronti dell'Aula ma, soprattutto, nei confronti dei problemi posti dalla grande crisi che stiamo attraversando. Lo spirito della mozione, è chiaro, non voleva essere quello di puntare l'indice sul Governo della Regione in carica da due mesi, questo è ovvio, ma certamente da parte nostra esiste la pretesa di capire dove questa Giunta regionale voglia andare. Quando si è parlato dell'ascolto da parte del Presidente, dei passaggi ripetuti all'interno delle sue dichiarazioni programmatiche, della possibilità che dall'ascolto poi derivino ovviamente delle conseguenze pratiche nel lavoro di tutti i giorni s'intendeva questo: capire quale piano industriale deve essere adottato in Sardegna, capire dove si vuole andare. Ci sono i problemi dell'area industriale di Portovesme, del Sulcis Iglesiente e della Sardegna complessivamente perché noi siamo consiglieri regionali della Sardegna e della Sardegna vogliamo rappresentare gli interessi, ma ognuno di noi rappresenta anche una parte di territorio, perché da quello proviene e quello conosce meglio, per cui in quest'Aula ovviamente vogliamo portare il grido di dolore che proviene da quell'area fortemente martoriata da una crisi che parte da lontano e su cui occorre mettere mano per forza.

Sappiamo bene che gli imprenditori della Rockwool probabilmente andranno via e pertanto chiediamo impegni precisi, l'abbiamo scritto nella mozione, alla Giunta regionale affinché siano, come dire, perseguite tutte le strade possibili ed immaginabili per far sì, ad esempio, che la SFIRS possa entrare nel merito delle questioni della Rockwool. La Rockwool non è un'azienda decotta (utilizziamo ancora questo termine), che sta fallendo, non è così; evidentemente ci sono strategie imprenditoriali su cui, ovviamente, anche lei non vuole entrare perché riguardano le aziende ma noi abbiamo il dovere e il diritto di impegnarci a fondo per risolvere questi problemi.

La Rockwool è un'impresa che può stare sul mercato in Sardegna; nella relazione illustrativa della mozione ho elencato le soluzioni per superare i disagi principali che la pongono, come dire, al palo sul mercato in questo momento. Sono però delle scuse che gli imprenditori hanno tirato fuori per giustificare lo spostamento dell'attività in Croazia dove ci sarebbero meno costi relativamente allo stoccaggio dei rifiuti e al trasporto, perchè il costo di trasporto delle merci voluminose dalla Sardegna, come lei dice, non consente di stare sul mercato.

Per risolvere questi problemi tutte le soluzioni possono essere trovate perché gli amministratori locali dei territori sono a disposizione, perché i sindacati, in qualche modo, sono a disposizione per rivedere un piano industriale che possa mettere in piedi l'unità produttiva; e noi abbiamo in mano gli strumenti perché questo possa accadere. Noi domani presenteremo questo ordine del giorno, l'impegno che io richiedo alla Giunta regionale è quello di dare soluzioni a questi lavoratori di Iglesias.

Sono consapevole (l'abbiamo verificato anche durante la riunione svolta con i Capigruppo per elaborare un documento unitario), che la dimensione della crisi riguarda tutta la Sardegna, ma oggi vogliamo affrontare questo problema specifico. Questo è un problema che dobbiamo affrontare perché è insorto adesso e lo vogliamo risolvere rapidamente, perché ci sono le condizioni per farlo pur sapendo che non dobbiamo tornare ad ogni piè sospinto ad affrontare ogni singolo problema della Sardegna.

L'impegno che chiediamo è questo e vogliamo che lei lo porti avanti sino in fondo, pur continuando a mantenere anche gli altri impegni di cui ha parlato nel suo intervento.

PRESIDENTE. Sospendiamo l'esame della mozione che riprenderemo, così come concordato con i Presidenti di Gruppo,domani. Procediamo con gli altri punti all'ordine del giorno.

Ha domandato di parlare il consigliere Salis. Ne ha facoltà.

SALIS (I.d.V.). Vorrei chiedere all'Assessore - non voglio entrare nel merito dell'ordine del giorno che voteremo domani - di leggere con attenzione la legge relativa ai siti nucleari, ed esattamente l'articolo 14, commi e), f) e g), dove sembra che sia proprio…

PRESIDENTE. Onorevole Salis, questo è un argomento che tratterà domani durante la dichiarazione di voto.

SALIS (I.d.V.). No, è una richiesta all'Assessore di prestare attenzione perché sembrerebbe che sia previsto come sito la Sardegna.

Svolgimento di interpellanze

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze.

Per prima viene svolta l'interpellanza numero 1/A.

(Si riporta di seguito il testo dell'interpellanza:

Interpellanza Oppi - Steri - Capelli - Biancareddu - Cappai - Contu Felice - Milia - Obinu sulla delibera del direttore generale della ASL n. 8 di Cagliari n. 228 del 9 febbraio 2009.

I sottoscritti,

premesso che, con delibera n. 228 del 9 febbraio 2009, il direttore generale della ASL n. 8 ha autorizzato "l'attivazione del contratto di collaborazione coordinata e continuativa con la dott.ssa Giovanna Del Giudice";

considerato che nelle premesse di detto atto si fa riferimento, quale presupposto essenziale, all'Atto aziendale;

rilevato che:

- il TAR Sardegna (sent. n. 2201/2008) ha annullato il Piano regionale dei servizi sanitari nella parte in cui disciplinava la rete ospedaliera;

- è di tutta evidenza che detto annullamento non può che ripercuotersi sull'Atto aziendale che ha per l'appunto, quale suo necessario presupposto, il citato Piano, annullato in parte qua;

osservato che il contenuto dei compiti affidati alla dott.ssa Del Giudice induce a ritenere che, in effetti, ci si trovi in presenza di un contratto ad alto contenuto professionale non qualificabile quale contratto di collaborazione continuata e coordinata, al di là della dizione utilizzata nell'atto stesso (si richiama al riguardo la circolare del Dipartimento della funzione della funzione pubblica del 15 marzo 2005, n. 3);

preso atto che la delibera n. 228 del 9 febbraio 2009 fa seguito ad altra delibera (la n. 85 del 15
febbraio 2006) con la quale alla stessa dott.ssa Del Giudice era stato conferito l'incarico di direttore del Distretto di Cagliari con delega alla strutturazione ed avvio del Dipartimento di salute mentale;

constatato che, in ogni caso ed a tutto volere ritenere, il presupposto del ricorso ad un contratto di collaborazione coordinata e continuativa è l'assenza nell'organico delle professionalità ritenute necessarie allo scopo;

ravvisato che la delibera prevede l'erogazione di un compenso di euro 38.000 lordi,

chiedono di interpellare il Presidente della Regione e l'Assessore regionale dell'igiene e sanità e dell'assistenza sociale per sapere se sono a conoscenza della delibera n. 228 del 9 febbraio 2009 del direttore generale dell'ASL n. 8 di Cagliari e per conoscere:

1) quali direttive siano state emanate successivamente alla pubblicazione della citata sentenza al fine di dare attuazione alla stessa e, in particolare, al fine di evitare che vengano portati a ulteriore attuazione gli atti emanati (Atto aziendale e successivi atti applicativi) sul presupposto dell'adozione del Piano regionale dei servizi sanitari;

2) se sia stato accertato il rispetto dei limiti posti dal decreto legislativo 3 dicembre 1992, n. 502, e sue modifiche ed integrazioni per simili incarichi nonché dalla legge finanziaria per il tetto di spesa dei rapporti di consulenza;

3) quali iniziative ritengano opportuno che siano poste in essere al fine di scongiurare che in effetti il contratto si possa tradurre in una mascherata proroga del precedente incarico di direttore di distretto;

4) se sia stato effettivamente accertato che nell'organico dell'ASL n. 8 non esistano in atto idonee professionalità e che non si tratti di funzioni rientranti nelle competenze degli organi di vertice e delle figure apicali dell'ASL stessa;

5) se ritengano condivisibile che venga erogata la somma di cui sopra per lo svolgimento di funzioni che ben avrebbero dovuto e potuto essere svolte dagli organi dell'ASL e dal personale dipendente e si chiede di conoscere quali iniziative intendano assumere per evitare che in futuro possano ripetersi analoghi episodi(1/A).)

PRESIDENTE. Uno dei presentatori dell'interpellanza ha facoltà di illustrarla Ricordo che il tempo a disposizione per l'illustrazione è di cinque minuti.

OPPI (U.D.C.). Cercherò, stante l'ora, di limitarli ulteriormente.

Questa nostra interpellanza nasce dall'esigenza di sapere perché con la delibera numero 228 del 9 febbraio 2009 il Direttore generale della ASL 8 ha autorizzato l'attivazione del contratto di collaborazione coordinata e continuativa con la dottoressa Giovanna Del Giudice. Ora, poiché nelle premesse di detto atto, tra l'altro, si legge: "vista la deliberazione del direttore generale in data 20.3.2008 di approvazione dell'Atto aziendale", e ancora, "considerato che nell'ambito della riorganizzazione conseguente all'approvazione dell'Atto aziendale, risulta opportuno fornire un supporto al Direttore sanitario", si deduce che uno dei presupposti che giustificano l'adozione dell'atto di cui trattasi è l'intervenuta approvazione dell'Atto aziendale.

Come lei sa bene, però, il TAR ha annullato il Piano regionale dei servizi sanitari nella parte in cui disciplinava la rete ospedaliera. E' di tutta evidenza pertanto che detto annullamento non può che ripercuotersi sull'Atto aziendale che ha quale suo necessario presupposto il citato Piano.

Ora, detto questo, è chiaro che non sfugge a nessuno che il contenuto dei compiti affidati alla dottoressa Del Giudice induce a ritenere che, in effetti, ci si trovi in presenza di un contratto ad alto contenuto professionale, non qualificabile quale contratto di collaborazione continuata e coordinata, cioè un CO.CO.CO., al di là della dizione utilizzata; si tratta di una cosa ben diversa, viene applicato in effetti un "15 septies", che vuol significare che l'attività della predetta professionista è caratterizzata da elevata professionalità e specializzazione, motivo per il quale risulta fondamentale un'esperienza specifica e prolungata.

Allora, Assessore, noi vorremmo sapere se esiste ancora la certezza del diritto e se, come nel caso specifico, chi aspira a diventare primario ospedaliero (quindi figure apicali ad alta specializzazione) -debba ancora fare i concorsi oppure venga promosso sul campo per benemerenze nel cui merito non voglio entrare.

Noi pertanto vogliamo sapere in modo puntuale quali direttive siano state emanate successivamente alla pubblicazione della citata sentenza al fine di dare attuazione alla stessa e, in particolare, al fine di evitare che vengano portati ad ulteriore attuazione gli atti emanati; se sia stato accertato il rispetto dei limiti posti dal decreto legislativo numero 502 del 3 dicembre 1992 (per queste figure specifiche, sulla base del 15 septies, è previsto un limite del 2 per cento della dotazione organica) e sue eventuali modifiche e integrazioni per simili incarichi, nonché dalla legge finanziaria per il tetto di spesa dei rapporti di consulenza; quali iniziative ritengano opportuno che siano poste in essere al fine di scongiurare che in effetti il contratto si possa tradurre in una mascherata proroga del precedente incarico che la stessa Del Giudice aveva avuto, magari svolgendo le stesse funzioni e soltanto per dare la possibilità di stare più che altro a disturbare gli equilibri anche delle persone normali in questo arco di tempo e per altri mesi; se sia stato effettivamente accertato che nell'organico della ASL 8 non esistano in atto idonee professionalità e che non si tratti di funzioni rientranti nelle competenze degli organi di vertice.

Assessore, per essere chiari, sappiamo perfettamente, perché me lo ha confermato l'attuale Direttore generale della ASL numero 8, che nel momento stesso in cui l'onorevole Barranu diventava Direttore generale della ASL 8, il suo predecessore, quindi nello stesso periodo di tempo, attivava ventisette "15 septies": questa è una vergogna e io penso che lei abbia il dovere di intervenire per evitare che lo sconquasso in atto, che mortifica le intelligenze e le professionalità dei sardi, continui.

Questo è quello che noi le chiediamo perché riteniamo che sia fondamentale, altrimenti si finirà per avere un eccesso di primari, cresceranno le figure apicali e i costi, ma certamente non renderemo giustizia ai nostri professionisti più qualificati perché prevarrà non la meritocrazia ma l'intrallazzo, il gioco di prestigio di alcuni personaggi, peraltro quasi tutti quanti "import/export" in quanto importati da altre realtà territoriali.

PRESIDENTE. Ha facoltà di rispondere l'Assessoredell'igiene e sanità e dell'assistenza sociale.

LIORI, Assessore dell'igiene e sanità e dell'assistenza sociale. Presidente, colleghi Assessori, consiglieri, e in particolare interpellanti, io ho una lettera del Direttore generale che risponde all'interpellanza, primo firmatario l'onorevole Oppi, e cita la data del 9 febbraio nella quale è stato stipulato l'atto in questione; atto che ha una durata di sei mesi.

Questo incarico è stato giustificato con la necessità di monitorare la ristrutturazione dei Centri di salute mentale di Assemini (e del suo passaggio al turno di 24 ore), di viale Bonaria a Cagliari, di Selargius nel quale dovrebbe essere ugualmente garantita un'attività per 24 ore, nonché di aiutare la Direzione sanitaria nell'attività di reinserimento lavorativo dei malati di mente, con la creazione di un programma che porti avanti degli interventi riabilitativi, nella cura in modo particolare dei rapporti con le associazioni dei familiari dei pazienti, con le associazioni di volontariato, con l'attività di cooperazione, naturalmente sempre a sostegno delle persone che hanno bisogno e che si rivolgono a questi servizi.

Diciamo che la Direzione generale nega decisamente che ci sia un nesso di continuità con il precedente incarico della dottoressa Del Giudice (alla quale tra l'altro riconosce professionalità che nessuno mette in discussione) che, comunque, avrebbe avuto un nuovo incarico. In realtà io ho provveduto, tramite le strutture della Regione, a chiedere ai direttori generali quale sia lo stato della situazione, ASL per ASL, di questo abuso, che obiettivamente si è portato avanti, di incarichi attribuiti col "15 septies", la cui portata è stata bene illustrata dall'onorevole Oppi.

Si tratta di nuovi primariati che si sono moltiplicati a dismisura, e a mio parere anche contro legge perchè sono stati attribuiti a dipendenti, disposizione che non è prevista dalla legge perché si deve ricorrere ad altissime professionalità che non sono presenti nelle AA.SS.LL.; in tanti casi, le altissime professionalità non sono assolutamente giustificabili, a mio parere.

Comunque ho chiesto ai direttori generali di esprimere un giudizio - dopo aver fatto essi stessi una revisione di questi tipi di contratto presenti nelle AA.SS.LL. -anche sul pregresso, cioè su ciò che è stato fatto dai direttori generali in passato per, naturalmente è implicito, trarne le conseguenti valutazioni e considerazioni. E quindi va da sé che si va incontro ad una riduzione di questi tipo di contratto, è naturale che questo contratto, che ha una durata di sei mesi, per ovvi motivi anche di carattere giudiziario, per evitare contenziosi, vada in scadenza. Il direttore generale può anche decidere di interromperlo qualora lo giudichi illegittimo, però deve esprimere un giudizio di merito. Questo è l'intendimento dell'Assessorato.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il consigliere Oppi per dichiarare se è soddisfatto.

OPPI (U.D.C.). Io sono parzialmente soddisfatto. A noi interessa il giudizio dell'Assessore, perchè a seguito di questa sentenza del TAR di fatto la delibera decade e, pertanto, c'è qualcuno che si deve assumere le responsabilità dato che sta perdurando questo sistema. È chiaro comunque che nelle strutture di Selargius e di Assemini la dottoressa Del Giudice farà poco perché le strutture non sono operative; questo per amore della verità.

Detto questo è chiaro che c'è una sentenza e va rispettata perché è in atto un abuso. I direttori generali devono prendere impegni formali su questo; noi infatti chiederemo, magari attraverso la Commissione consiliare competente, di avere un quadro sistematico (se questo monitoraggio è possibile e nei tempi che lei riterrà opportuno) per verificare noi stessi sulla base dei numeri gli abusi che sono stati compiuti. Questo credo che sia fondamentale, perché è un problema di carattere generale, non ci interessa il particolare di una persona che occupa due stanze, non soltanto una, con suppellettili particolari in quel della ASL numero 8, un favoritismo smaccato fatto su commissione. È stato chiesto espressamente al direttore generale, per sua stessa ammissione, di dare l'opportunità a questa donna di continuare questa opera nefasta nei confronti della psichiatria in Sardegna.

PRESIDENTE. Per seconda viene svolta l'interpellanza numero 2/A.

(Si riporta di seguito il testo dell'interpellanza:

Interpellanza Oppi - Steri - Capelli - Biancareddu - Cappai - Contu Felice - Milia - Obinu sui concorsi per la dirigenza regionale.

I sottoscritti,

rilevato che, con lettera prot. n. 128/2009 in data 16 marzo 2009, la CISL-FPS, il SADiRS e la FEDRO hanno presentato istanza al Presidente della Regione, all'Assessore degli affari generali, personale e riforma della Regione nonché agli uffici del citato Assessorato, chiedendo l'annullamento del concorso in atto per l'accesso alla dirigenza regionale;

considerato che le ragioni poste a fondamento di detta richiesta appaiono del tutto condivisibili e constatato che la situazione di profondo disagio in cui è venuta a trovarsi la dirigenza regionale a seguito delle traversie subite nell'ultima legislatura richiedono un intervento legislativo di ridisciplina della materia,

chiedono di interpellare l'Assessore degli affari generali, personale e riforma della Regione:

per conoscere se l'Amministrazione intenda ritirare in sede di autotutela gli atti del bando di concorso per l'accesso alla dirigenza di cui trattasi;

affinché si provveda al più presto all'annullamento dei concorsi per la dirigenza in svolgimento.)

PRESIDENTE. Uno dei presentatori dell'interpellanza ha facoltà di illustrarla.

STERI (U.D.C.). L'interpellanza ha uno scopo più che altro provocatorio per conoscere gli intendimenti della Giunta regionale in materia di disciplina del personale. Abbiamo preso lo spunto da un esposto molto analitico, che avevano presentato i sindacati, contro la delibera con la quale erano stati banditi i concorsi per 12 posti nella dirigenza. Questa delibera della Giunta regionale del 2006 è palesemente illegittima in quanto in contrasto con la disciplina della legge numero 31. Chiediamo quindi di conoscere dalla Giunta regionale, partendo dal presupposto dell'esistenza di tutta questa serie di illegittimità che sono state enunciate dai sindacati, i suoi intendimenti per la disciplina del personale regionale; è un argomento particolarmente importante perché, come tutti sappiamo, nella scorsa legislatura il personale regionale ha lamentato in maniera pesante e pressante la situazione in cui si è trovato a vivere e a lavorare.

Ecco perché riteniamo che conoscere le intenzioni della Giunta, e dare un segnale a tutto il personale della Regione che si intende cambiare sistema, sia molto importante.

PRESIDENTE. Ha facoltà di rispondere l'Assessore degli affari generali, personale e riforma della Regione.

CORONA, Assessore degli affari generali, personale e riforma della Regione. Onorevole Presidente, onorevoli consiglieri, noi condividiamo molti punti della nota delle organizzazioni sindacali, in particolare perché questi concorsi individuano una figura di dirigente che deve avere un'ottima conoscenza della lingua inglese, un'ottima preparazione sul versante tecnico specialistico in specifiche aree individuate dai bandi, mentre è molto marginale invece la richiesta di attitudini manageriali.

Queste caratteristiche non ci sembrano in linea con l'esigenza di dotarsi di una dirigenza moderna ed efficiente, coerente con le necessità dell'amministrazione. Il dirigente regionale, secondo noi, deve possedere innanzitutto attitudini e capacità di organizzazione e gestione delle risorse umane, di pianificazione, progettazione e valutazione, deve essere disponibile all'assunzione di responsabilità, deve fare scelte in tempi certi e con modalità corrette, deve possedere conoscenze tecnico giuridiche di base di buon livello. Deve anche conoscere la lingua inglese e l'informatica tenendo però presente il contesto in cui dovrà usarle.

Il dirigente non è quindi un tecnico che conosce molto bene l'inglese, ma un professionista capace di gestire risorse umane e finanziarie, un dirigente unico in grado di ruotare nelle diverse direzioni con flessibilità, adeguatamente accompagnato e formato per il suo specifico ruolo.

La Giunta regionale sulla base di queste considerazioni intende revocare i concorsi in svolgimento. Questa scelta è suffragata dalla volontà di dare attuazione alle considerazioni condivise con il sindacato e di selezionare una diversa figura di dirigente. Come intendiamo operare? Intanto con un concorso unico e non con concorsi per aree. La legge regionale numero 31, come ricordava l'onorevole Steri, regola l'accesso alla dirigenza con procedure uniche per l'amministrazione e per gli enti, non prevede concorsi per aree, che sono stati introdotti infatti con una delibera di Giunta nel 2006.

Superato il concorso, i vincitori seguiranno un percorso formativo specifico in vista dell'avvio dell'attività dirigenziale, in linea con quanto previsto dal DPR dello Stato riguardante il regolamento di disciplina in materia di accesso alla qualifica di dirigente; inoltre intendiamo introdurre nuovi criteri di selezione. Le prove nel loro complesso dovranno consentire di valutare il candidato nella sua totalità senza che vi siano sbarramenti iniziali come l'attuale prova di inglese. Le prove scritte dovranno permettere di misurare la capacità di organizzazione e soluzione dei problemi da parte dei candidati piuttosto che le loro conoscenze teoriche; dovrà essere obbligatoria, oggi è soltanto facoltativa e non ben definita, un'apposita prova volta, con l'ausilio di esperti, a valutare le attitudini dei candidati al ruolo di dirigente. La prova della conoscenza della lingua inglese non avrà più un peso determinante rispetto alla idoneità del candidato, ma sarà valutata tramite l'attribuzione di un punteggio allo stesso modo e sullo stesso piano della prova di informatica. Nella prova orale inoltre verranno valutate le conoscenze teoriche dei candidati che complessivamente dovranno raggiungere un ottimo livello.

In conclusione: bandire un concorso unico farebbe diminuire i costi rispetto all'attivazione di concorsi suddivisi per singola area. Pensate che nel 2006 sono stati banditi tre concorsi per un totale di 10 posti, non ci sono stati idonei oltre ai vincitori e infatti nel 2008 sono stati banditi altri cinque concorsi per un totale di 11 posti , quelli di cui parliamo oggi. La graduatoria unica permetterebbe, per i tre anni successivi, di coprire i vuoti di organico senza indire ulteriori concorsi, infine il concorso unico permetterebbe di rispettare e applicare correttamente la percentuale di posti a disposizione dei dipendenti dell'amministrazione e degli enti, attualmente prevista al 20 per cento, che noi vorremmo riportare al 40 per cento, così come previsto dalla legge numero 31.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il consigliere Steri per dichiarare se è soddisfatto.

STERI (U.D.C.). Ringrazio l'Assessore per la risposta, prendiamo atto che l'orientamento della Giunta è, al momento opportuno, di annullare i concorsi di cui trattasi e siamo soddisfatti di questa decisione che è un primo segnale forte che viene dato a tutto il personale regionale. PRESIDENTE. Per terza viene svolta l'interpellanza numero 4/A.

(Si riporta di seguito il testo dell'interpellanza:

Interpellanza Lai - Diana Mario - Sanna Matteo sullo stato di attuazione del piano di intervento fitosanitario per la lotta microbiologica ai lepidotteri defogliatori che stanno compromettendo l'integrità del patrimonio boschivo della Sardegna.

I sottoscritti,

premesso che:

- il patrimonio boschivo rappresentato dalle formazioni forestali a sughera ha un ruolo fondamentale per l'economia della Sardegna;

- le sempre più frequenti infestazioni di lepidotteri defogliatori, rappresentati soprattutto dalla Lymantria dispar e dal Malacosoma neustrium, stanno compromettendo l'integrità delle sugherete;

- la presenza di questi bruchi può raggiungere, in assenza di trattamenti preventivi, quantità impressionanti nei boschi, totalmente defoliati, nelle aree adiacenti alle sugherete ed ai centri abitati rendendo impossibile in alcuni tratti persino il transito dei treni;

- attualmente l'unica possibilità di contrastare le infestazioni dei lepidotteri defogliatori da sughera è rappresentata dal ricorso a trattamenti insetticidi a base di Bacillus thuringensis, da utilizzare su vasta scala con mezzo aereo;

- la pianificazione e l'esecuzione dei trattamenti fitosanitari a tutela del patrimonio forestale sono poste sotto il coordinamento della Regione;

considerato che:

- nell'anno 2008 il trattamento fitosanitario di lotta alla Lymantria dispar e al Malacosoma neustrium non è stato attuato per il divieto posto dal Ministero della salute all'utilizzo del prodotto FORAY 48B, precedentemente impiegato, per paventati rischi di ordine sanitario, risultati all'esame di indagini più approfondite del tutto infondati;

- la Regione Sardegna ha provveduto a presentare al Ministero della salute la richiesta del farmaco FORAY 48B, in tempi utili per averne disponibilità adeguata all'impiego su vasta scala;

preso atto che le conseguenze del mancato intervento fitosanitario mediante trattamenti insetticidi ha prodotto nel 2008 la defogliazione totale di interi comprensori forestali con danni incalcolabili legati alla compromissione dello stato di salute delle piante di sughera, con impossibilità di decorticare le sugherete arrivate alla fine del ciclo di produzione e conseguente perdita, come materia prima, di sughero,

chiedono di interpellare l'Assessore regionale della difesa dell'ambiente e l'Assessore regionale dell'agricoltura e riforma agro-pastorale affinché riferiscano:

1) sullo stato di attuazione del piano di intervento per la lotta alla Lymantria dispar e al Malacosoma neustrium;

2) sulle risposte che il Ministero della salute ha dato alla Regione Sardegna in merito alla richiesta di registrazione del farmaco FORAY 48B, affinché possa essere impiegato adeguatamente su vasta scala con mezzo aereo;

3) sulle risorse a disposizione;

4) sui tempi e sulle modalità di attuazione dell'intervento;

5) sulle dimensioni delle aree da trattare che, in attinenza al piano triennale regionale di lotta relativo al 2007-2009, non dovrebbero essere inferiori a 20.000 ettari.)

PRESIDENTE. Uno dei presentatori dell'interpellanza ha facoltà di illustrarla.

LAI (P.d.L.). Presidente, Assessori e colleghi, l'interpellanza si è sovrapposta ad un'interrogazione presentata dagli onorevoli Matteo Sanna e Mario Diana in quanto insieme a loro, che hanno firmato l'interpellanza, si è ritenuto opportuno avere non tanto risposte più esaustive, ma più attinenti e contestuali alla situazione attuale in merito alla campagna di lotta ai lepidotteri defogliatori, i bruchi delle sugherete, che sono rappresentati fondamentalmente non solo, lo ricordo, dalla Lymantria dispar, ma anche dal Malacosoma neustrium, e quindi richiedono azioni intense e strutturate.

Gli interpellanti chiedono pertanto agli Assessori competenti di riferire sullo stato di attuazione del piano di intervento per la lotta a questi parassiti, che compromettono un patrimonio boschivo che ha un ruolo fondamentale per l'economia della Sardegna; sulle risposte che il Ministero della salute ha dato alla Regione in merito alla richiesta di registrazione del farmaco FORAY 48B, che viene reperito in quantità sufficienti soltanto se le procedure burocratiche avvengono in tempi tali da consentirne l'utilizzo per le aree cui è destinato; sulle risorse a disposizione; sui tempi e sulle modalità di attuazione dell'intervento; sulle dimensioni delle aree da trattare che, riferendoci alla situazione attuale, risultano inadeguate. I monitoraggi attuati durante il periodo invernale dal Corpo forestale hanno messo in evidenza che l'area da trattare dovrebbe interessare circa 40.000 ettari di boschi di querce, mentre le risorse disponibili, costituite dai residui del finanziamento destinato all'intervento del 2008 e dai dodicesimi dell'esercizio provvisorio del 2009 consentono purtroppo di intervenire solo su 20.000 ettari.

Anche se i criteri di attuazione hanno privilegiato il trattamento di aree omogenee contigue, piuttosto che intervenire diffusamente a macchia di leopardo (quest'ultimo trattamento risulterebbe di scarsa efficacia, se si riferisce alla biologia del parassita che non verrebbe danneggiato da un trattamento di questo genere), si comprende certamente che si sia prodotto malcontento nelle comunità di Buddusò e di Alà dei Sardi, in particolare Padru, Sant'Antonio di Gallura, in tutti i comuni interessati, ma in tutta la Sardegna, in tutte le altre province alle quali sono stati destinati interventi esigui. Questo si capisce, ma occorre dire con assoluta chiarezza che i punti di debolezza di questo sistema di prevenzione e di trattamento non sono imputabili all'attuale Governo regionale, bensì sono stati ereditati.

Il punto centrale è che è stata davvero dannosa e non razionale l'improvvida decisione di impedire l'utilizzo nel 2005 del farmaco FORAY 48B da parte del Ministero della sanità per una presunta nocività sull'uomo, sugli animali e sull'ambiente che non è stata assolutamente dimostrata, perché il farmaco è risultato assolutamente innocuo alla luce di approfonditi studi nazionali e internazionali.

Proprio all'impossibilità di avere a disposizione il farmaco in tempi utili, è dovuto il mancato trattamento dello scorso anno, che ha prodotto una situazione per cui gli ettari suscettibili di defogliazione non sono più 20.000 ma 40.000, perché il mancato trattamento ha favorito la diffusione dell'infestazione su vasti territori. Il piano triennale ereditato risulta quindi…

PRESIDENTE. Onorevole Lai, il tempo a sua disposizione è terminato. Ha facoltà di rispondere l'Assessore della difesa dell'ambiente.

SIMEONE, Assessore della difesa dell'ambiente.Signor Presidente, signori consiglieri, io ho affrontato questa problematica recentemente. E' sicuramente una problematica importante per quanto riguarda il comparto sardo, soprattutto perché la Sardegna, con la quantità di foresta di cui dispone, circa 1.200.000 ettari, e la quantità di sughero di cui è dotata, ha sicuramente l'esigenza che questi procedimenti possano essere adottati continuamente e nel miglior modo possibile.

Ho preso alcuni appunti relativamente a ciò che è successo nel tempo. L'Amministrazione regionale, a suo tempo, in accordo con province e con la collaborazione del Dipartimento di protezione delle piante dell'Università di Sassari, ha varato nel 2006 un piano organico triennale finalizzato al controllo e al contrasto dei lepidotteri fitofagi, che rappresentano un pericolo endemico per le foreste di latifoglie autoctone e in particolar modo per la quercia da sughero. L'attacco di questi parassiti, analoghi a quelli della più nota Processionaria, determina la totale defogliazione degli alberi colpiti con mali analoghi a quelli determinati da un incendio, con la conseguente perdita di capacità vitale delle piante.

Almeno da un decennio, sempre in collaborazione con il Dipartimento sopra citato, sono stati finanziati e realizzati interventi sperimentali di lotta con l'utilizzo di metodi biologici che, date le dimensioni fisiche delle aree da trattare, sono stati veicolati con il mezzo aereo. Le sperimentazioni effettuate si sono sempre svolte con l'autorizzazione del Ministero della salute e sotto la direzione tecnico-scientifica del Dipartimento; i dati da questi raccolti hanno confortato sulla bontà della strada intrapresa e hanno determinato le condizioni per varare il piano triennale sopra richiamato.

Nel corso dell'anno 2007, con uno stanziamento di 1 milione e 200 mila euro di fondi regionali, si è proceduto a trattare con mezzo aereo, previo monitoraggio di 400 punti campione, oltre 20.000 ettari di foreste di latifoglie, col risultato di aver salvato gli alberi da un attacco che, dati i presupposti, si preannunciava drammatico. Anche per il 2008, i dati del monitoraggio suggerivano l'effettuazione di un intervento analogo in aree differenti rispetto all'anno precedente e, segnatamente, per la Gallura.

In relazione a ciò, la direzione generale di questo Assessorato, con nota numero 7888 del 25 marzo 2008, chiese all'allora Direzione generale del Ministero della sanità l'autorizzazione straordinaria e provvisoria per l'utilizzo del prodotto fitosanitario a base del Bacillus Thuringensis Kustaki, cosiddetto BTK, con distribuzione a mezzo aereo. A questa richiesta non venne mai dato seguito, e ci fu il problema di poter registrare e autorizzare un solo prodotto differente da quello testato negli anni precedenti.

Io non voglio entrare in questo momento nel merito delle scelte che sono state operate, ma una cosa è certa: i risultati dell'anno 2007 sono stati catastrofici e noi siamo partiti da questa situazione per studiare il piano che è stato adottato per l'anno 2008. E' evidente quindi che noi dovremmo studiare un processo triennale, partendo da una valutazione dei risultati che conseguiremo quest'anno. Cioè noi quest'anno stiamo trattando circa 20.000 ettari, che sono così distribuiti: circa 2.000 ettari in Provincia di Cagliari, 4.000 ettari in Provincia di Nuoro, 3.000 ettari nella Provincia di Oristano, 9.000 ettari nella Provincia di Olbia-Tempio, 2.000 ettari nella Provincia di Sassari. Tutto questo è stato organizzato con la collaborazione fra le province, il corpo forestale, il Dipartimento, eccetera. E' evidente che non credo che questo possa essere assolutamente sufficiente.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il consigliere Lai per dichiarare se è soddisfatto.

LAI (P.d.L.). Mi dichiaro soddisfatto e ringrazio l'Assessore per le risposte che lasciano intravedere la volontà di predisporre un piano che estenda il trattamento alle aree interessate in tutta la Sardegna. Mi permetto così di raccomandare severità nel monitoraggio, come mi è parso di intendere dal suo intervento, per individuare i focolai che sono alla base delle strategie di prevenzione.

PRESIDENTE. I lavori del Consiglio riprenderanno domani, giovedì 14 maggio, alle ore 10.

La seduta è tolta alle ore 21 e 13.



Allegati seduta

XXI Seduta

Mercoledì 13 maggio 2009

Presidenza della Presidente LOMBARDO

La seduta è aperta alle ore 17 e 17.

CAPPAI, Segretario, dà lettura del processo verbale della seduta pomeridiana del 29 aprile 2009 (15), che è approvato.

Congedi

PRESIDENTE. Comunico che i consiglieri regionali Marco Meloni, Onorio Petrini, Antioco Porcu, Matteo Sanna, Carlo Sanjust, Carlo Sechi e Christian Solinas hanno chiesto congedo per la seduta del 13 maggio 2009.

Poiché non vi sono opposizioni, i congedi si intendono accordati.

Comunicazioni del Presidente

PRESIDENTE. Comunico che in data 6 maggio 2009 il Gruppo consiliare Misto ha nominato Presidente l'onorevole Angelo Francesco Cuccureddu.

Annunzio di presentazione di proposte di legge

PRESIDENTE. Comunico che sono state presentate le seguenti proposte di legge:

CAPELLI - OPPI - BIANCAREDDU - CONTU FELICE - CAPPAI - MILIA - OBINU - STERI:"Tutela e valorizzazione delle superfici, del paesaggio e delle attività economiche agro-silvo-pastorali". (16)

(Pervenuta il 7 maggio 2009 e assegnata alla quinta Commissione)

VARGIU - COSSA - DEDONI - FOIS - MELONI FRANCESCO - MULA: "Disposizioni per l'immediato pagamento dei debiti ai fornitori da parte della pubblica amministrazione nella Regione Sardegna". (17)

(Pervenuta l'8 maggio 2009 e assegnata alla terza Commissione)

Annunzio di presentazione di proposta di legge statutaria

PRESIDENTE. Comunico che è stata presentata la seguente proposta di legge statutaria:

VARGIU - COSSA - MELONI FRANCESCO - FOIS - MULA:"Incompatibilità tra le cariche di Assessore e Consigliere regionale". (1/STAT)

(Pervenuta il 12 maggio 2009 e assegnata alla prima Commissione)

Discussione della mozione Cocco Pietro - Agus - Manca - Caria - Porcu - Diana Giampaolo - Cuccu - Sabatini - Cucca - Bruno - Lotto - Meloni Marco - Zedda Massimo - Uras - Sechi - Cocco Daniele Secondo - Salis - Mariani - Zuncheddu - Solinas Antonio - Espa - Moriconi - Meloni Valerio - Barracciu - Ben Amara - Sanna Gian Valerio - Soru sulla crisi occupazionale e industriale del Sulcis-Iglesiente con particolare riferimento alla annunciata dismissione dello stabilimento Rockwool Italia Spa di Iglesias, con richiesta di convocazione straordinaria del Consiglio ai sensi dei commi 2 e 3 dell'articolo 54 del Regolamento. (4)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione della mozione numero 4.

(Si riporta di seguito il testo della mozione:

Mozione Cocco Pietro - Agus - Manca - Caria - Porcu - Diana Giampaolo - Cuccu - Sabatini - Cucca - Bruno - Lotto - Meloni Marco - Zedda Massimo - Uras - Sechi - Cocco Daniele Secondo - Salis - Mariani - Zuncheddu - Solinas Antonio - Espa - Moriconi - Meloni Valerio - Barracciu - Ben Amara - Sanna Gian Valerio - Soru sulla crisi occupazione e industriale del Sulcis-Iglesiente con particolare riferimento alla annunciata dismissione dello stabilimento Rockwool Italia Spa di Iglesias, con richiesta di convocazione straordinaria del Consiglio ai sensi dei commi 2 e 3 dell'articolo 54 del Regolamento.

IL CONSIGLIO REGIONALE

PREMESSO che:

- risulta dai dati diffusi da fonti ufficiali ISTAT e dell'Osservatorio del mercato del lavoro della Regione, e da informazioni provenienti dalle organizzazioni sociali, un progressivo, preoccupante sostanziale crollo della occupazione in Sardegna e il permanere di una forte incidenza di lavoratori precari (oltre il 20 per cento degli occupati) e di lavoro irregolare;

- tale situazione è particolarmente grave in alcuni territori dell'Isola, da oltre 20 anni, ripetutamente colpiti da processi di destrutturazione produttiva e deindustrializzazione, con pesanti e disgreganti conseguenze che si ripercuotono sulle condizioni di vita delle popolazioni;

- in relazione all'aggravarsi dello stato di crisi dell'intera economia del Sulcis-Iglesiente, e soprattutto dell'apparato produttivo industriale: Eurallumina, Otefal Sail, Portovesme Srl, Alcoa, Rockwool, Carbosulcis, è stata promossa, nelle scorse settimane, una grande e significativa azione dell'intero territorio nelle sue rappresentanze sociali, primi fra tutti i sindacati dei lavoratori, le organizzazioni di categoria, gli amministratori locali e regionali, per attivare una forte e convinta difesa delle capacità produttive di quello storico polo energetico-industriale;

considerato l'aggravarsi della situazione e in questi giorni - in modo particolare - quello dello stabilimento Rockwool Italia Spa di Iglesias, a rischio di chiusura, con la conseguente perdita di circa 100 occupati diretti e altrettanti nell'indotto;

considerato, inoltre, che tutto ciò avviene in attesa che:

a) finalmente si dia soluzione al problema energetico, che darebbe una più solida prospettiva alla Carbosulcis, tale da consentire un incremento produttivo e occupazionale;

b) si realizzi un piano operativo adeguato alle esigenze di tutela del territorio, di bonifica delle situazioni compromesse principalmente dalle attività estrattive ex partecipazioni statali;

c) si promuovano investimenti nelle infrastrutture materiali ed immateriali, nel turismo, nell'ambiente, nell'agricoltura e nel settore marittimo (pesca e nautica),

impegna la Giunta regionale

ad assumere le necessarie iniziative finalizzate a:

1) mantenere in attività lo stabilimento Rockwool Italia Spa di Iglesias, a rischio di chiusura per decisione unilaterale dell'azienda, che appare immotivata in relazione alla qualità della produzione e alla redditività dell'impianto;

2) a promuovere le necessarie interlocuzioni con la proprietà della predetta azienda, coinvolgendo non solo l'Assessorato competente in materia di industria, ma anche la SFIRS, al fine di verificare la possibilità di acquisizione dello stabilimento da parte di altro soggetto imprenditoriale ed eventualmente le modalità utili alla diretta partecipazione regionale;

3) avviare ogni intervento funzionale al mantenimento dell'occupazione, assicurando ai lavoratori gli eventuali necessari periodi di cassa integrazione guadagni ordinaria (CIGO) e adeguati percorsi formativi di aggiornamento, qualificazione e riconversione professionale proiettati verso la ripresa produttiva e lavorativa;

4) garantire, comunque, ogni altra necessaria azione che assicuri una occupazione stabile ai lavoratori della Rockwool Italia Spa di Iglesias, nelle diverse attività, anche di natura pubblica, citate in premessa;

5) per attivare con il Governo un confronto - con la partecipazione di tutte le organizzazioni sindacali, sociali, economiche e con le istituzioni dell'autonomia sarda - ormai assolutamente ineludibile, sulla grave pesantissima crisi produttiva della Sardegna, colpita dal negativo andamento della economia italiana e internazionale e con picchi intollerabili di disoccupazione soprattutto nelle aree industriali storiche.)

PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione. Ricordo ai colleghi che il tempo a disposizione per l'illustrazione della mozione è di venti minuti, .

Uno dei presentatori della mozione ha facoltà di illustrarla.

COCCO PIETRO (P.D.). Presidente, prima di iniziare il mio intervento le chiedo dieci minuti di sospensione per consentire a tutti i consiglieri di raggiungere l'Aula.

PRESIDENTE. Sospendiamo i lavori per dieci minuti. .

(La seduta, sospesa alle ore 17 e 20, viene ripresa alle ore 17 e 31.)

PRESIDENTE. Riprendiamo i lavori. .

Ha facoltà di parlare il consigliere Cocco.

COCCO PIETRO (P.D.). Signora Presidente, Assessori e colleghi consiglieri, abbiamo presentato questa mozione col carattere d'urgenza per discutere della grave crisi industriale e occupazionale del Sulcis-Iglesiente, in particolare della recente comunicazione di chiusura della Rockwool Italia Spa di Iglesias, ultima, in ordine temporale, triste vicenda di serrata in quel territorio. Credo sia opportuno inquadrare lo scenario in cui anche questa vicenda si inserisce.

Il Sulcis-Iglesiente è oramai da parecchi anni teatro di un progressivo e, a quanto pare, inarrestabile processo di smantellamento industriale, come del resto tutta la Sardegna. Il polo metallurgico nacque come risposta alla chiusura delle miniere, in particolare di quelle metallifere, tanto è vero che alla fine degli anni '60 e nei primi anni '70 fu avviato un processo di industrializzazione pesante che diede vita all'agglomerato industriale di Portovesme. Oggi la situazione è drammatica e si sta oltremodo complicando.

Dai dati diffusi da fonti ufficiali come l'ISTAT e l'Osservatorio del lavoro della Regione stiamo assistendo ad un tracollo del numero degli occupati. Il disagio sociale è sempre più preoccupante, gli amministratori locali sono in frontiera con scarsi strumenti, sempre più disarmati di fronte a quanto sta accadendo e in grande difficoltà per poter dare risposte.

L'aggravarsi della situazione ha avuto l'apice con lo sciopero provinciale di ingenti dimensioni del 13 marzo scorso, a cui hanno partecipato tutto il territorio e tutte le categorie del mondo del lavoro, nessuna esclusa, come non si vedeva da moltissimi anni; uno sciopero che meritava risposte non ancora arrivate. A tale proposito segnalo il fatto che il Presidente della Regione non ha sentito il dovere di ricevere a distanza di due mesi esatti i ventitré sindaci della provincia che, immediatamente dopo, avevano chiesto un colloquio per discutere della drammatica questione del Sulcis-Iglesiente. Questo nonostante nelle sue dichiarazioni programmatiche abbia ampiamente manifestato in più di un passaggio come la "regola dell'ascolto" sia alla base del suo agire politico e del suo metodo di governo.

E' vero che la portata della crisi ha dimensioni planetarie, così come è altrettanto vero che le aziende che stanno abbandonando il Sulcis sono quasi tutte straniere per cui sono maggiori le difficoltà di relazione con i gruppi dirigenti e gli azionisti. Mi riferisco alla Rusal, russa, proprietaria di Eurallumina, che ha fermato gli impianti mandando a casa circa settecento lavoratori tra diretti e indotto (quelli diretti sono in cassa integrazione), senza garanzie sulla riapertura fra undici mesi, all'Alcoa, alla Glencore svizzera, proprietaria di Portovesme srl, che ha collocato circa duecentocinquanta lavoratori in cassa integrazione a seguito della crisi del mercato dell'auto che ha messo in difficoltà il comparto del piombo e dello zinco, per arrivare alla Rockwool, danese, oggetto della mozione odierna. A questi lavoratori vanno aggiunti gli oltre duecento lavoratori della Otefal Sail… senza alcuna prospettiva.

Ancora, per uscire dal Sulcis, cito i mille lavoratori della Legler e quelli della Queen, del comparto tessile del centro Sardegna, fuori dagli impianti, e i circa quattro mila lavoratori della chimica di Porto Torres, i cui sviluppi di questi giorni tutti conosciamo. Io credo che per questo, lo dicevo stamattina in Commissione industria, proprio discutendo del petrolchimico, a Porto Torres si respira un'aria di disarmo, simile a quella che affligge il Sulcis e colpisce Ottana.

E' vero, ribadisco che la crisi è mondiale, ma la Sardegna è chiaramente vittima di un organizzato, complessivo e sistematico smantellamento di apparati produttivo-industriali che, se non ci vede reagire con veemenza e con il sostegno di tutti, sarà certamente realizzato. Il tutto senza alternative credibili. Per questo la Giunta regionale, il Presidente, l'Assessore dell'industria devono chiarire rapidamente le posizioni e i programmi di politica industriale ipotizzati per la nostra Isola.

In particolare, Assessore, vorremmo chiarimenti sui percorsi che devono essere seguiti, sulle interlocuzioni con il Governo, se ci sono state, per dire qualcosa ad esempio sulla questione del costo dell'energia per le fabbriche elettro-intensive, sul VPP, ovvero l'operatore virtuale di energia, o sul cavo SAPEI da 1000 MW, che collegherà la Sardegna con la penisola italiana, sul gasdotto Galsi, sulla legge numero 80 del 2005 e sulla centrale che utilizza il carbone Sulcis attraverso l'impiego di nuove tecnologie per lo stoccaggio in sottosuolo del biossido di carbonio, e il conseguente abbattimento dell'inquinamento tale da consentire di superare i parametri imposti dai vari protocolli.

Su questo e altro credo sia opportuno conoscere i programmi di lavoro della Giunta regionale, così come credo sia urgente mettere in agenda una discussione sul piano di tutela ambientale e di bonifica delle aree contaminate compromesse dall'attività estrattiva, in particolare relativamente ai danni causati dai gestori di quelle metallifere chiuse oramai da parecchi anni.

E' proprio in questo contesto che si inserisce la vicenda della Rockwool Italia S.p.A. di Iglesias, fabbrica nata nel 1993 con il nome di "Isolrock Lana di roccia S.p.A.", grazie alla legge numero 221 del 1990 concepita, appunto, per il reinserimento nel mondo del lavoro degli ex minatori. La società nacque con la partecipazione in quota di maggioranza della Regione Sardegna, che la cedette alla Rockwool Italia per dieci miliardi di lire. Nel corso degli anni questa realtà ha dimostrato non solo di poter restare nel mercato, incrementando considerevolmente i volumi di vendita, ma di produrre materiali per l'isolamento termoacustico in lana di roccia di alta qualità, tanto è vero che nel 2007 la fabbrica di Iglesias ha ricevuto il più importante premio interno al Gruppo.

Il problema nasce quando l'azienda decide di delocalizzare e costruisce un nuovo impianto in Croazia, più precisamente in Istria, a pochi chilometri da Trieste; in quella regione sta mandando a regime uno stabilimento nuovo di zecca, molto più grande di quello iglesiente, che arriverà a produrre 150.000 tonnellate all'anno di lana di roccia contro le 30.000 della fabbrica di Sa Stoia ad Iglesias, ed è in grado di soddisfare ampiamente la domanda nazionale che al momento è di circa 55.000 tonnellate l'anno. Oltre a questo trasferisce la sede legale da Iglesias a Milano.

Occorrerà vedere, anche con il Governo, per quanto riguarda le leggi e anche il Piano casa, che cosa fare in maniera diretta per far sì che chi prende i finanziamenti, le agevolazioni sui Piani casa, rimanga nei nostri territori, non vada a delocalizzare fuori dall'Italia gli investimenti, così che le risorse rimangano a beneficio delle nostre aziende.

Ora, nonostante gli apprezzamenti e i riconoscimenti, nonostante sia stato dimostrato dai bilanci degli anni passati che la fabbrica può stare sul mercato, nonostante le aperture a discutere delle istituzioni locali e le aperture sindacali a ragionare su un nuovo piano industriale, lo scorso mese di aprile la dirigenza Rockwool dichiara la cessazione dell'attività produttiva ad Iglesias, la dismissione dello stabilimento e il licenziamento del personale che tra lavoratori diretti, interinali e indotto è di circa 200 unità lavorative. Anche in questo caso, come in altri analoghi casi di chiusura, in Sardegna, di aziende con bilanci non in difficoltà, non in sofferenza, bisogna capire esattamente come intervenire, perché soluzioni per tutelare il nostro comparto industriale devono essere "tirate fuori", e in questo, ovviamente, la Giunta regionale ha molta parte di lavoro da fare.

I punti deboli dello stabilimento isolano sono in gran parte legati agli eccessivi costi per il trasporto delle merci, per l'energia e per lo smaltimento dei rifiuti derivanti dalle lavorazioni che, attualmente, vengono stoccati in una discarica in Toscana, in quanto gli scarti di lavorazione, a differenza di quanto avviene in altre realtà, non possono essere riutilizzati, vanno smaltiti comportando maggiori spese e problemi con i trasporti. Quindi occorrerebbe lavorare per garantire tariffe energetiche più convenienti o, magari, consentire l'installazione di pale eoliche (io credo che la Rockwool avesse già in animo di presentare, o avesse già presentato un progetto per installare pale eoliche per garantirsi l'autosufficienza energetica),oltre a trovare comunque una soluzione per non dover trasportare residui di produzioni in continente, individuando una discarica già attrezzata per trattare analoghi rifiuti speciali.

Questi sono problemi che non riguardano soltanto la sinistra, sono problemi che riguardano ovviamente tutti e, pertanto, poiché credo di rappresentare il sentimento diffuso di voler garantire la possibilità di intervenire per risolvere questo problema, noi consiglieri di minoranza, firmatari di questa mozione chiediamo alla Giunta regionale di assumere impegni (leggo quello che abbiamo scritto sulla mozione) per mantenere in attività lo stabilimento in quanto la chiusura appare immotivata in relazione alla qualità della produzione e alla redditività dell'impianto;per promuovere le necessarie interlocuzioni con la proprietà della predetta Azienda, coinvolgendo non solo l'Assessorato competente in materia di industria ma anche la SFIRS, al fine di verificare la possibilità di acquisizione dello stabilimento da parte di un altro soggetto imprenditoriale, ed eventualmente le modalità utili alla diretta partecipazione regionale.

Non si tratta di una ditta, come si dice "decotta", che sta male, non si chiede l'intervento della SFIRS per tenere in piedi una realtà che non ha futuro, questa è una realtà che ha un futuro; pertanto, o si trovano altri imprenditori, e si chiede a questi di andar via dalla zona, o entra direttamente la SFIRS, quindi la partecipazione regionale, perché si tratta di una Azienda sana che può stare da sola sul mercato.

Si chiede inoltre di avviare un intervento funzionale al mantenimento dell'occupazione, assicurando ai lavoratori gli eventuali necessari periodi di Cassa integrazione guadagni ordinaria, e adeguati percorsi formativi di aggiornamento, qualificazione e riconversione professionale, proiettati verso la ripresa produttiva e lavorativa; di garantire, comunque, ogni altra necessaria azione che assicuri un'occupazione stabile ai lavoratori della Rockwool Italia S.p.A. di Iglesias, nelle diverse attività anche di natura pubblica;di attivare con il Governo un confronto, ormai assolutamente ineludibile, con tutte le organizzazioni sindacali, sociali, economiche e con le Istituzioni dell'autonomia sarda sulla grave e pesantissima crisi produttiva della Sardegna, colpita dal negativo andamento dell'economia italiana, internazionale e con picchi intollerabili di disoccupazione soprattutto nelle aree industriali storiche.

Il polo industriale di Portovesme, da quarant'anni pilastro portante dell'economia sulcitana, non regge più, così come non reggono più tutte le attività produttive di quel territorio; ogni giorno è una pena e le notizie dalle aree industriali assomigliano sempre più ad un bollettino di guerra in cui le vittime sono i lavoratori e le loro famiglie. Occorre intervenire rapidamente; e sulla Rockwool, oggetto specifico della mozione odierna, attendiamo risposte concrete da parte della Giunta regionale.

PRESIDENTE. Ricordo ai colleghi che il tempo a disposizione per gli interventi è di dieci minuti, e che chi intende prendere la parola deve iscriversi a parlare non oltre la conclusione del primo intervento.

E' iscritto a parlare il consigliere Ben Amara. Ne ha facoltà.

BEN AMARA (Comunisti-Sinistra Sarda-Rosso Mori). Signora Presidente, il Gruppo Rockwool, come si sa, è leader mondiale nella produzione di una lana di roccia, ha uffici commerciali e partner in tutto il mondo, oltre ad avere stabilimenti produttivi dislocati in ben quattordici Paesi di tre Continenti; nel 2007 il Gruppo ha raggiunto un turnover di 1.864 milioni di euro con un organico che conta più di 8500 persone. Le parole citate sono l'esordio della presentazione proposta dal Gruppo danese ai potenziali investitori; il prospetto elenca le date importanti nella storia della società, incluso l'acquisto nel 1999 dello stabilimento che produce lana di roccia a Iglesias, ora in procinto di chiudere e di mandare a casa, secondo il "fausto" comunicato diffuso dall'Azienda venerdì 17 aprile, altri 200 lavoratori tra dipendenti e occupati nell'indotto.

Questo nonostante i risultati positivi raggiunti in dieci anni di attività, ci spiegano i lavoratori interessati che descrivono uno stabilimento che produce ancora a pieno regime, ma che secondo la proprietà non è nelle condizioni di operare con produttività e competitività adeguate in futuro.

Tornando al prospetto informativo e all'elenco di tappe importanti, troviamo nel 2007 l'apertura di un nuovo impianto in Croazia, deputato alla produzione dello stesso coibentante per l'edilizia prodotto anche in Sardegna. E se la prospettiva di chiusura dello stabilimento sulcitano ha portato disperazione e proteste in tutta l'area interessata, altrettanto si può dire dell'annuncio della nuova apertura in Croazia. I gruppi di intervento locale hanno segnalato presunti episodi di malversazione e collusione tra soggetti controllori pubblici e controllati privati, concessioni rilasciate con grande, forse troppa, facilità, e rifiuti di considerare le petizioni contrarie all'insediamento.

La percezione che dicono si sia avuta è quella di un tipo di attività industriale, ospite sgradito nei Paesi occidentali, che si è diffuso nei Paesi dell'Est dove evidentemente si trova ancora con relativa facilità quella connivenza strategica, nella Pubblica amministrazione, che consente di mettere la popolazione davanti al fatto compiuto.

Noi abbiamo dell'accaduto una percezione leggermente diversa, figlia di una crisi occupazionale quasi tragica in certe zone della nostra Regione; vediamo 200 lavoratori che rischiano di rimanere a casa, un Gruppo societario che si è arricchito non solo a spese di chi fisicamente prestava lavoro nei suoi impianti, ma anche di chi fuori assumeva, volente o nolente, gli effetti ambientali dell'attività. E se sentiamo i cittadini croati lamentarsi per il potenziale danno alle sorgenti d'acqua nei territori adiacenti alla nuova fabbrica, non possiamo non chiederci se siano questi i fattori che fanno diventare l'impianto sardo non competitivo e non produttivo.

Questi tanti vincoli ambientali, di tutela dei lavoratori e della salute pubblica e privata evidentemente sono visti solo come limiti e il gigante si sposta da una regione all'altra d'Europa come un enorme predatore sociale, teso solo alla logica del profitto e del massimo sfruttamento delle risorse naturali e umane.

La nostra Presidente afferma giustamente che non si può costringere un privato a tenere aperte le sue aziende contro la sua volontà. Benissimo. Si trovi allora un'altra soluzione che salvaguardi, per quanto sia possibile, i livelli occupazionali e la produzione. La differenza tra istituzioni pubbliche funzionanti, in buona salute, e vuote contraffazioni si vede dalle posizioni che sono in grado di assumere a tutela dei propri cittadini e dei loro diritti fondamentali. Non lasciamo che questi predoni partano senza preoccuparsi di restituire anche una minima parte della ricchezza che hanno accumulato sulla pelle dei lavoratori e del territorio della Sardegna.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Locci. Ne ha facoltà.

LOCCI (P.d.L.). Solamente per associarmi a quanto già detto dai colleghi che mi hanno preceduto. E' inutile dire che noi tutti siamo a dir poco solidali con i lavoratori della Rockwool che io ho avuto modo di incontrare, insieme ai colleghi dell'opposizione, in un'interlocuzione la settimana scorsa. I dati che loro ci hanno dato, effettivamente, sono quanto meno "allarmanti"; risulta infatti che questa industria nel 2007 abbia avuto un utile addirittura superiore ai 2 milioni di euro; risulta che nel 2008 la relazione previsionale, che non è stata ancora chiusa, preveda un incremento di bilancio intorno al 10 per cento.

Pertanto i sospetti che sono stati manifestati dai colleghi della sinistra, a mio modo di vedere, sono leciti. Noi tutti, e credo di interpretare il sentimento di tutto il centrodestra, siamo solidali e vicini a questi lavoratori. Io, quando li ho incontrati insieme all'onorevole Cocco, ho promesso di intervenire, nel mio piccolo ovviamente, cercando di coinvolgere la parte di Governo con la quale ho la possibilità di farlo. Ebbene - volevo dirlo pubblicamente qui, in quest'Aula -ieri mattina ho parlato con l'onorevole Urso, viceministro dello sviluppo economico nonché con la delega per il commercio con l'estero per il Governo italiano, il quale mi ha dato la sua disponibilità a incontrare i lavoratori della Rockwool in quanto probabilmente sarà in Sardegna il 23 o il 27 di maggio; se questo non dovesse avvenire è disponibile a incontrarli il 26 a Roma.

Questo per rispondere a qualche collega della sinistra che stava paventando il fatto che il presidente Cappellacci potesse "non ascoltare". Ci sono gli occhi e le orecchie che ascoltano anche da parte di Cappellacci e che fanno giustamente quello che devono fare, cioè il loro dovere, quindi il bene della Sardegna e il bene dei territori da cui provengono. Io provengo dal Sulcis e quindi mi onoro di poterlo rappresentare. Detto questo, io conto nei prossimi giorni di avere la data esatta in cui ci potrà essere l'incontro e penso che Urso sia la persona giusta poiché è il massimo esperto del Governo sulle delocalizzazioni.

Il problema della Rockwool, come hanno accennato i colleghi che mi hanno preceduto, è dato dal fatto che questi signori sono venuti in Sardegna, hanno utilizzato le leggi per poter incamerare i loro profitti (e non ho vergogna a parlare di profitti pur essendo io un uomo di destra, tanto per essere chiari) e, dopo aver fatto questo, stanno cercando di delocalizzare la produzione in un paese, pare la Croazia, dove evidentemente riusciranno ad avere degli altri utili.

Quindi noi abbiamo il dovere politico e il dovere morale, quantomeno, di dire basta a questo modo di agire e io mi farò carico, nel mio piccolo, di essere portavoce dei bisogni e delle sofferenze di questi lavoratori.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Uras. Ne ha facoltà.

URAS (Comunisti-Sinistra Sarda-Rosso Mori). Signora Presidente, questa è una mozione, come si suol dire, non limitata all'argomento che tratta, perché se noi ci soffermassimo solo sul caso della Rockwool non comprenderemmo in pieno la gravità della situazione economica, produttiva, industriale, occupazionale del Sulcis Iglesiente.

Peraltro oggi si parla di Rockwool, l'altro giorno si parlava di Rusal; sono tutti nomi stranieri: una volta scandinavi, una volta russi, qualche volta americani, ogni tanto giapponesi e poi ci sono anche gli italiani. Insieme ai profitti che prendono qualche volta, in cambio, lasciano macerie sociali e ambientali che la comunità sarda, tutta, è chiamata a pagare. Insieme ai profitti qualche volta vanno anche i profittatori, coloro che prendono cioè le provvidenze pubbliche: le prendono per realizzare l'impianto, per acquistare l'impianto già a suo tempo realizzato con soldi pubblici, le prendono per professionalizzare i propri addetti, le prendono come aiuti alla produzione, come aiuti alla commercializzazione del prodotto, e tutto questo senza pagare mai dazio.

C'è una ragione per questo, che è di natura politica. E non basta rivolgersi a questo o a quel Ministro, a questo o a quel Presidente della Regione, a questo o a quell'Assessore della Giunta regionale di turno, bisogna modificare il rapporto che esiste tra l'economia e la società e bisogna avere il coraggio di assumere un ruolo, una posizione, un'idea e farla marciare in contrasto a quella oggi dominante , che è fallimentare! Fallimentare per noi. Che cosa ci vuole ancora per capire che il sistema non funziona? Che cosa ci vuole ancora per capire che la questione centrale non può essere l'impresa, i suoi interessi, i profitti dei suoi azionisti, ma che c'è qualcosa di più: la vita delle persone e delle loro famiglie, dei territori dove quelle imprese insistono?

Io leggevo in queste ore, prima della discussione di questa mozione, un articolo di un settimanale che ci racconta la tragedia del Sulcis. Non è l'organo di stampa comunista, neppure quello socialista, tanto la sinistra è stata cancellata, non serve, funzioniamo bene così, tutti moderati! Non abbiamo più problemi, stiamo bene, non c'è più un disoccupato! Abbiamo vinto! Finalmente è stato cancellato il mostro! E poi non si mangia, però! E di questo se ne accorge non l'organo del Partito comunista, che non c'è più, ma "Famiglia Cristiana" che fa un'indagine su queste situazioni in tutta Italia e dedica, nel suo numero 14 del 5 aprile 2009, cioè di alcune settimane fa, un servizio sulla tragica situazione di quel territorio abbandonato, dimenticato, violentato, calpestato, deriso, imbrogliato! Non si tratta solo di fare le telefonate a Putin! Non arrivano più i salvatori della patria? Quelli che si evocano solo ed esclusivamente nel corso di una campagna elettorale?

Ma io sono contento che qualche Ministro della Repubblica, stranamente, piombi in Sardegna adesso per le "europee", e quante fabbriche si chiuderanno domani, dopo queste visite? Dobbiamo smetterla di ragionare così, almeno in questa sede. Qua dobbiamo ragionare diversamente; dobbiamo cioè capire che bisogna incominciare a studiare una strada che ci consenta di gestire la situazione tragica di questi mesi e di questi anni e che ci consenta di organizzare un rilancio dell'economia di tutti i territori, anche dei più disperati come il Sulcis.

Prima questione. Lo dice la mozione, ma lo dice per la Rockwool, per cominciare a pensare se questo non deve essere un atteggiamento comune che noi adottiamo in ogni situazione di questo tipo. Intanto si rigetta la decisione unilaterale dell'azienda, bisogna trovare un modo per far pagare il prezzo di chi fa questo genere di cose e c'è il modo, bisogna dire quello che sono; profitti? Sì... profittatori! Lo sappia la Croazia, lo sappiano le altre regioni dove loro si insedieranno, lo sappia l'Unione Europea che vengono, prendono, lasciano macerie. Quindi va attivata una vertenza, una relazione, una mediazione tra l'amministrazione pubblica, la Regione, il Governo se c'è, i lavoratori e l'azienda e si faccia sentire il peso dello Stato.

Seconda questione. Perché chiudere lo stabilimento che funziona e dire: "Io vado a fare questa lavorazione da altre parti e qua comunque cancello questo tipo di attività perché non voglio concorrenza sul mercato"? Poniamogli problemi, chiediamogli la disponibilità a cedere l'impianto, vediamo se ci sono forme di autogestione che possono essere praticate.

Terza questione. Chiedere a proposito degli ammortizzatori sociali: per quanto tempo, che tipo di ammortizzatore, come si integra quell'ammortizzatore sociale, come riqualifichiamo i lavoratori, come li professionalizziamo, come costruiamo il loro reinserimento occupazionale.

Quarta questione. Che altro tipo di iniziative dobbiamo mettere in campo? Il Sulcis lo dobbiamo bonificare, l'hanno depredato, si sono portati via i tesori dal ventre di quella terra. L'hanno lasciato bucato, non hanno speso una lira per rimediare al danno fatto, tutto in carico alla pubblica amministrazione, ma si attivi con il Governo finalmente una vertenza decisiva per il rilancio di quel territorio e soprattutto passando attraverso una bonifica radicale dei guasti che imprese industriali così egoiste - e non parlo solo della Rockwool, parlo di tutti a cominciare dalle Partecipazioni statali e dall'ENI - hanno lasciato.

Quindi, si faccia questo e io chiederei, ma proprio perché ci deve essere una disponibilità al di là delle polemiche, che pure sono sane nel confronto tra maggioranza e minoranza, di trovare una formula, anche un ordine del giorno che impegni tutti in questo tipo di ricerca. Noi dobbiamo codificare le modalità di intervento perché avremo sempre di più davanti a noi situazioni di questo genere, non solo nel Sulcis ma in tutto il territorio della Sardegna.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Vargiu. Ne ha facoltà.

VARGIU (Riformatori Sardi). Signora Presidente, colleghi del Consiglio, io credo che questa mozione arrivi molto opportunamente in quest'Aula e devo dire che apprezzo le ultime parole del consigliere Uras, peraltro già espresse in maniera forte anche dal collega Cocco che ha illustrato la mozione. Cioè, parole di invito ad uscire da quest'Aula - ed è l'auspicio anche dei Riformatori - con un ordine del giorno forte che impegni l'intera Aula (che vada al di là di ogni tipo di divisione della politica o degli schieramenti), che ci consenta di dare un messaggio inequivocabile ai lavoratori non solo del Sulcis (ha detto giustamente l'onorevole Uras, io condivido), ma oggi della Rockwool, perché di loro stiamo parlando, che l'intero Consiglio regionale difende insieme a loro la dignità del lavoro, la dignità del loro lavoro, la dignità di qualunque lavoro.

Quindi, io credo che questo sia il ragionamento sul quale ci deve essere una condivisione universale e da cui nasce l'ordine del giorno che io spero, penso e credo che il Consiglio regionale, in maniera inequivocabilmente unitaria, approverà.

Detto questo, io ho apprezzato il ragionamento con cui il primo firmatario ha introdotto la mozione in Aula perché è stato possibile seguirlo anche sedendo in banchi differenti rispetto a quelli dei proponenti. E'stato infatti - non me ne voglia l'onorevole Uras - un ragionamento moderato nel quale, prendendo spunto da una crisi internazionale che è sotto gli occhi di tutti, si arriva gradualmente a dire che in un'area debole, strutturalmente debole come la Sardegna, gli esiti della crisi internazionale sono ancora più pesanti.

Noi abbiamo una situazione del settore industriale sardo, direi dell'intero settore produttivo sardo, che sembra un bollettino di guerra. Ogni giorno ci sono nuove incursioni nemiche, ogni giorno piangiamo nuovi morti, nuovi feriti, nuove distruzioni; una situazione che è ovviamente sempre più difficile da sopportare perché a ogni bollettino di guerra corrispondono lutti nelle famiglie, quindi a ogni bollettino di guerra corrispondono sofferenze che si aggiungono a quelle già pesanti che la Sardegna sta pagando. Però, colleghi, questo è il ragionamento sul quale siamo d'accordo.

Sulla seconda parte del ragionamento, in particolare quella svolta dal collega Uras, è difficile che riusciamo a ragionarci insieme e anche a trovare una condivisione. Se questa mozione arrivasse in Consiglio regionale tra un anno e se alla maggioranza, che oggi governa la Regione, fosse imputabile di non aver dato un'indicazione chiara su una ipotesi di sviluppo atta a cambiare la situazione della Sardegna, io credo che bene farebbero i colleghi della minoranza di centrosinistra a portarci in Aula e sottolineare la inadeguatezza del nostro progetto.

Però, colleghi, noi stiamo discutendo di queste cose a un mese e mezzo di distanza dalle elezioni ed è sin troppo facile per noi dire: "Ma chi ha le responsabilità maggiori di questa assenza di progetto, di questa situazione di stallo, di questo dramma che sta coinvolgendo il sistema produttivo della Sardegna?". "Chi ha governato negli ultimi cinque anni la Sardegna dicendo di avere "destini magnifici e progressivi" da proporre ai sardi e oggi, insieme a noi, conta i morti e i feriti del bollettino di guerra?". Insomma, la risposta è sotto gli occhi di tutti. E se gli elettori, collega Uras, due mesi fa hanno decretato la sconfitta del centrosinistra in Sardegna, significa che un motivo c'è!

Collega Uras, scusi, parlo con lei non tanto perché penso che lei sia l'unico interlocutore, ma semplicemente perché penso di svolgere un ragionamento a voce alta come tante volte ci è capitato di fare in quest'Aula, lei dice: "La Sinistra rischia di essere cancellata in Italia e in Sardegna, ma non deve essere cancellata!". Io la penso come lei. Io sono convinto che sia un fatto negativo che la Sinistra venga cancellata in Italia e in Sardegna, quindi difendo quanto lei la possibilità che ci sia una visibilità e una rappresentanza forte della Sinistra, del centrosinistra in Italia e in Sardegna.

Però, lei provi a porsi anche qualche domanda e cioè se questa cancellazione è solo frutto del fatto che l'elettorato non ci capisce, una delle tesi sostenuta da qualche collega immediatamente dopo la sconfitta del centrosinistra in Sardegna, oppure se in una certa misura non è anche frutto di risposte che ormai rischiano di essere fuori contesto. Nel senso che se io sento ripetere come ipotesi di risposte al problema della Rockwool, o ipotesi di risposte alla crisi del comparto produttivo in Sardegna, parole d'ordine che sembrano datate, che danno la sensazione di essere datate, beh può darsi che stia in questo una risposta al perché la sinistra perde.

Io ho ascoltato con attenzione il suo intervento perché ho pensato che potessero emergere delle proposte interessanti che aggiungessero qualche cosa a quello che io avevo in testa. Lei dice: "Dobbiamo essere dalla parte della famiglia, dalla parte del cittadino". Bene, come? Intanto dicendo alle imprese che non va bene quello che stanno facendo, poi dobbiamo studiare una strada, poi dobbiamo organizzare il rilancio, poi bisogna trovare il modo per far pagare la Rockwool, poi bisogna dire che sono profittatori, poi bisogna chiedere la mediazione dello Stato. Insomma, qual è la risposta? Lei ha una proposta che ci consenta di ipotizzare una strada di uscita dalla crisi del sistema produttivo sardo e di dare una risposta ai lavoratori della Rockwool?

Lei dice che bisogna studiare, che bisogna vedere, che bisogna provare a fare, ma in questi cinque anni che cosa avete studiato e che cosa avete provato a fare e che cosa avete visto? Perché la domanda che viene in mente immediatamente è questa. E allora è possibile che voi abbiate studiato, abbiate provato a vedere, abbiate visto, abbiate tentato di attivare, abbiate fatto tutto ciò che potevate fare compatibilmente con la vostra cultura politica. Ed è possibile che purtroppo questo non sia sufficiente, ed è possibile che uno dei motivi per cui la sinistra soffre oggi in Italia sia questo; cioè che non riesce ad adeguarsi a contesti che sono diversi da quelli del '68, da quelli in cui eravamo nelle università a fare battaglie in cui la sinistra era larghissimamente maggioritaria.

I contesti sono cambiati, la globalizzazione ha cambiato radicalmente le posizioni della politica e voi dovete adeguarvi a questo cambiamento, ma dovete aiutare anche noi perché, forse è vero, lei ha ragione, abbiamo una cultura che per certi versi è troppo aperta al mercato e, quindi, voi fate bene a dirci che dobbiamo introdurre dei correttivi. Ma dovete dirci quali sono i correttivi, dovete aiutarci a crescere, dovete aiutare anche il progetto politico di questa maggioranza a non essere troppo sbilanciato, a non essere troppo squilibrato, qualora lo fosse. Ma ci dovete dire come!

Non potete dirci soltanto che bisogna studiare, bisogna verificare, bisogna chiedere la mediazione dello Stato, perché queste non sono risposte. Non potete dirci che bisogna risolvere il problema del costo dell'energia perché questa non è una risposta, che bisogna dare infrastrutturazione materiale, questi sono slogan e non sono slogan che danno da mangiare alla gente, questo è il problema fondamentale.

Quindi, io credo che noi facciamo bene, colleghi del centrosinistra, ad uscire da questa Aula alla fine di questa discussione con un ordine del giorno che sia condiviso, perché credo che su argomenti del genere sia impossibile dividersi.

Credo però che faremmo bene a fare anche una seconda cosa; noi del centrodestra dovremmo assumerci responsabilità di governo e di progettazione perché queste ci hanno consigliato i sardi, voi del centrosinistra dovreste dare dignità alla vostra esistenza politica, quindi costringerci a cambiare una parte delle nostre idee in base alle proposte, ai progetti, alle idee che voi proporrete in questa Aula e fuori da quest'Aula.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Giampaolo Diana. Ne ha facoltà.

DIANA GIAMPAOLO (P.D.). Signora Presidente, il suo Sulcis, lei ne ha parlato nel suo primo intervento da Presidente del Consiglio e alcuni di noi, senza autocitazioni, hanno apprezzato quel riferimento a un territorio che è lo specchio drammatico dello stato in cui versa l'apparato produttivo della nostra Regione, che presenta alcuni punti maggiormente critici, nella fattispecie, in alcuni territori. Io voglio accogliere anche alcune considerazioni dell'onorevole Vargiu che, solitamente, almeno per quanto ho colto, mi scuso per questo giudizio, in questa mia breve esperienza in quest'Aula è uno di quei colleghi che ha sempre cercato di sollevarsi qualche centimetro anche dalle miserie politiche per tentare di affrontare concretamente le questioni che ci stanno di fronte.

Ebbene, io credo che gli alibi non servano a nessuno, proprio a nessuno, indipendentemente dalle responsabilità che ognuno di noi ha avuto fino ad oggi, anche perché la crisi dei settori produttivi non è databile, certamente e soltanto, all'ultimo lustro, e tanto meno ovviamente agli ultimi due mesi. Credo che un minimo di onestà intellettuale ci debba portare a questa considerazione.

Io colgo l'occasione per richiamare alcune questioni secondo me importanti; ma non ripeterò cose che erano e sono chiare nella mozione illustrata dal collega Cocco. Credo, inoltre, che facciamo bene a lavorare, in questi minuti, alla costruzione di un ordine del giorno finale che possa vedere una convergenza dell'intero Consiglio regionale, noi ce la metteremo tutta. .

Io, per esempio, lo ripeto Presidente, ho registrato con preoccupazione quanto detto in alcuni interventi nel corso del dibattito svolto qualche giorno fa in quest'Aula sulla finanziaria. Dirò quali sono queste preoccupazioni e chiederò qualcosa all'Assessore dell'industria, che è presente, e la cosa non può che farci piacere, e tramite l'Assessore al Presidente della Regione. In quest'Aula, soltanto la scorsa settimana, è echeggiato l'interrogativo se sia giusto mantenere questo modello produttivo, soprattutto in riferimento al Sulcis.

Io ho sentito stigmatizzare in quest'Aula l'uso dei fumi di acciaieria, il che mi ha davvero preoccupato; così come ho sentito realizzare un'equazione che fa accapponare la pelle, cioè che l'attuale industria non può essere compatibile con l'ambiente e quindi che bisogna cambiare registro. Io ovviamente non appartengo assolutamente a questa corrente di pensiero, ma i dieci minuti di tempo a mia disposizione non mi consentono di dire perché., Onorevole Vargiu, io sono convinto che la passata amministrazione regionale, relativamente al comparto industriale, abbia avuto non una sola responsabilità ma tante,. Ma questo, senza strumentalità e indipendentemente dalle responsabilità, non può impedirmi di stare zitto di fronte alla necessità di affrontare un problema e di contribuire (questo credo dovremmo fare un po' tutti) molto modestamente a trovare una qualche soluzione,.

Allora mi chiedo e le chiedo, assessore Farris, certo due mesi o due mesi e mezzo sono pochi (ma rispetto a queste cose rischiano di essere pochi anche cinque anni o anche sufficienti due mesi), qual è l'idea di modello di sviluppo che avete e se c'è spazio per Rockwool. C'è spazio per il metallurgico? C'è spazio per la chimica nell'idea di governo di sviluppo di questa Regione, nell'idea di modello economico? C'è spazio per queste produzioni?

Se c'è spazio vi chiedo attraverso quali azioni politiche intendete sostenere questi settori. Ricordo che il settore industriale ha un contributo modestissimo di valore aggiunto: 13 per cento rispetto al 16 del Mezzogiorno e al 25 del resto d'Italia; gli addetti in Sardegna sono poco più del 10 per cento rispetto ad una media nazionale del 23 per cento. Questo dimostra che in quest'Isola non è vero che c'è troppa industria, è vero l'esatto contrario. Rispetto a questo chiedo al Presidente, se è lecito, di riferire in Aula, non altrove, sulle trattative in corso relative a questo settore.

Chiedo alla Presidente del Consiglio se è possibile dedicare una seduta straordinaria di questo Consesso alla discussione dei problemi che attanagliano il nostro sistema produttivo. I problemi, lo sa bene la Presidente del Consiglio, sono tanti e bisogna aggredire i fattori alla produzione. C'è un problema relativamente al costo dell'energia, ma c'è un problema anche del sistema portuale, in particolare a Portovesme. E' un vituperio, direbbe il Sommo Poeta, avere una banchina che serve gli scali industriali e gli scali civili; credo sia l'unica al mondo, neanche nella zona più povera dell'Africa c'è una promiscuità di questo tipo. C'è un problema di discariche, c'è un problema di viabilità. Io non vi do nessuna responsabilità, fermando l'orologio oggi, vi chiedo semplicemente che idea avete da domani mattina. Questo chiedo, non sto puntando il dito addosso a nessuno. Questo vale per Portovesme, per Portovesme S.r.l., per Eurallumina, Alcoa, eccetera.

A me pare sia in atto un'azione da parte del Governo, delle grandi imprese, che prescinde dalla nostra volontà. Io chiedo, oggi, qual è il merito del confronto tra la Giunta e il Governo su questa materia, qual è il merito? Il merito forse produce gli articoli 14, 15, 16 e 17 del disegno di legge licenziato ieri dal Senato? Io davvero non capisco. Io spero che il presidente Cappellacci non sia costretto a incatenarsi, mi dispiacerebbe veramente, però è singolare che il Senato licenzi un testo sulle centrali nucleari, e individui in Sardegna tre siti, come siti ottimali per costruire centrali nucleari. Questo è quanto riportato nelle note stampa di oggi, spero che non risponda al vero, però chiedo alla Regione che cosa intende fare.

Io ho l'impressione - anche qui spero di sbagliarmi - che, nel confronto duale tra noi e il Governo, il Governo ci consideri, più o meno, come uno zerbino, perché non ci può scippare, il G8, la Sassari-Olbia, i fondi FAS necessari anche per riqualificare quei territori e, poi, senza dirci nulla - a meno che il presidente Cappellacci sapesse qualcosa - il Senato licenzia un disegno di legge su questa materia. Io credo davvero che ci debba essere, come qualcuno di noi ama dire, un minimo di etica e anche di orgoglio, Presidente.

Non vedo l'onorevole La Spisa il quale, rispondendo al sottoscritto, diceva: "L'autonomia non si misura soltanto sulla capacità impositiva, ma sulla capacità di mettere in piedi una politica fiscale". Io dico che l'autonomia si misura anche pretendendo rispetto e qualche bugia in meno da parte del Governo nazionale. L'onorevole Cuccureddu per altre questioni, ma anche in tema di tassa di soggiorno, la famosa tassa "sul lusso", diceva all'opposizione: "Attenzione, badate bene che basta un articolo su un qualcosa, che magari neanche si concretizza, per condizionare in negativo i tour operator che evitano di scegliere la Sardegna per i propri clienti.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Giacomo Sanna. Ne ha facoltà.

SANNA GIACOMO (P.S.d'Az.). Innanzitutto chiarisco la nostra posizione politica su un tema che il collega Diana ha voluto portare all'attenzione: per quanto ci riguarda sulle centrali nucleari non c'è storia. C'è un accordo che ci vede partecipi in questa esperienza di governo; uno dei punti fondamentali di quell'accordo prevede l'impossibilità che in Sardegna arrivino scorie o, addirittura, che si costruisca una centrale nucleare. Una posizione diversa significherebbe per noi la fine di questa esperienza di governo. Credo che questa precisazione sia più che sufficiente!

Il tema cui faceva riferimento Luciano Uras sono le elezioni europee. Onorevole Uras, noi siamo forse l'unico partito in questo Consiglio che non è coinvolto, perché siamo per il non voto. Di conseguenza, non verrà nessuno a fare propaganda e nessuna propaganda dovremo fare noi. Quindi, quello che diremo e continueremo a dire lo faremo in piena libertà e senza coinvolgimento elettorale alcuno.

Nell'ultima tornata elettorale (a proposito di telefonate), io ricordo che qualcuno sosteneva che il numero dei disoccupati era in netta diminuzione, che si erano trovate le soluzioni per sanare il problema della disoccupazione in Sardegna, che i numeri erano diversi da quelli che da altra parte venivano portati all'attenzione dell'elettorato sardo. La realtà invece è diversa, il numero dei disoccupati è, purtroppo, nettamente in aumento: c'è un tracollo occupazionale impressionante.

Credo che a nessuno di noi possa venire in mente stasera di dire che un ordine del giorno non si nega a nessuno, se questo solleva le coscienze. Se così fosse non ne saremmo certamente partecipi, anche perché non condividiamo il fatto che il fronte sia periferico, territoriale, per ogni realtà che in questo momento, nella più assoluta disperazione, sta vivendo esperienze impensabili a causa di una crisi tremenda. Non è concepibile che oggi sia il Sulcis a coinvolgere quest'Aula, domani Porto Torres, dopodomani Ottana, e così via.

A mio giudizio, per ciò che rappresentiamo in quest'Aula a prescindere che si sia maggioranza o opposizione di governo, politicamente abbiamo un obbligo: capire che questa crisi mondiale che ha toccato l'Europa, l'Italia, e in principale modo la nostra Isola, non può assolutamente essere un discorso di maggioranza e di opposizione. Perché se è vero che quaranta giorni non sono niente, è pur vero che cinque anni sono qualcosa in più, in termini di responsabilità; e per quanto riguarda il Partito Sardo d'Azione che dal '97 non era al governo della Regione, sono passati ben 12 anni. Ma, questo nulla toglie alle responsabilità che ognuno di noi si porta dietro.

Allora, se è vero che la crisi ha questo livello, e tutti lo riconosciamo, se è vero che sta diventando impensabile combatterla in pochi, che sia solo la maggioranza a poterla combattere e che non riguardi i partiti dell'ex maggioranza, che da quaranta giorni siedono sui banchi dell'opposizione, io credo che siamo coinvolti tutti quasi allo stesso modo, con livelli di responsabilità diversi certamente, ma coinvolti pienamente soprattutto se questo Stato italiano continua a non capire, a prescindere che sia governato dalla destra o dalla sinistra, che la realtà sarda ha necessità di più concretezza, ha necessità di un rispetto degli impegni presi, ha necessità di quantificare per poter realizzare quello che lo stesso Diana citava poc'anzi, un'idea di modello di sviluppo.

Ma le idee sono facili da proporre, il problema è come realizzarle. Il problema è come passare, domani mattina, da uno stato di crisi, come quello che stiamo vivendo, a uno stato di sviluppo completamente differente. Io credo che questo sia impensabile per ognuno di noi. E non credo che Diana abbia voluto rappresentare questo. La verità vera è che si può passare da uno stato all'altro, ma c'è un passaggio intermedio importante.

L'altro giorno l'onorevole Planetta ha posto un problema di livello dell'inquinamento, un problema di salute, un problema di vivibilità, un problema di occupazione; occupazione che sta calando in modo sempre più drastico. Negli anni, in tutte le parti dell'Isola - io voglio parlare di Porto Torres così qualcuno non fraintende -l'inquinamento è nato dal far finta di non vedere da parte di chi era preposto invece a vedere, controllare e far rispettare le norme, perché la parte forte era chi dava il lavoro non chi lo riceveva!

La parte forte non erano le istituzioni ma chi dava il lavoro inquinando, non rispettando e calpestando anche atti ufficiali che le AA.SS.LL., in quegli anni, hanno prodotto sul livello di inquinamento e che le istituzioni hanno fatto finta di non vedere. Adesso quella parte forte non è più così forte, quella parte che dava lavoro non ha più la forza di una volta. Oggi siamo in una situazione di parità, anzi, oggi la situazione è capovolta: oggi siamo noi a dover pretendere da chi intanto ha voluto quel tipo di sviluppo.

Guardate, la problematica è la stessa in tutte le realtà, tutte le realtà sono similari, e domani mattina riprenderemo in modo preciso questo discorso anche su La Maddalena. Pertanto, se stiamo gestendo la disperazione non ho più un problema, di chi è disperato, di individuare sinistra o destra, centrosinistra o centrodestra, come responsabile della situazione. Chi è disperato vuole risposte alla sua disperazione, vuole soluzioni ai problemi, e se la politica non ha la capacità di dare soluzioni ai problemi non è "fare politica".

Ecco perché, è un richiamo che faccio a me stesso, ma lo faccio all'Aula intera, a tutte le forze politiche, , se apriamo un fronte, un fronte serio, contro lo Stato (ma lo dobbiamo fare tutti assieme), dobbiamo accelerare perché questo accada in uno spazio di tempo piuttosto breve; allora sì che saremo in condizioni di sottoscrivere accordi, di vedere la concretezza di ciò che noi stessi per primi condividiamo nella realizzazione delle infrastrutture, delle opere, di quello che da tanto tempo ci stiamo dicendo. Altrimenti la parità è uguale per tutti, non ce n'è!

Se pensiamo che difendere singolarmente territori ci dia più forza abbiamo già sbagliato e abbiamo già perso in partenza. Non dividiamo, non facciamo una guerra fra poveri; noi dobbiamo avere la capacità di unire i territori, di concretizzare le proposte, di affrontare lo Stato italiano perché arrivi ad una conclusione che sia quella che tutti condividiamo e cioè la soluzione dei problemi, le risposte alla gente, l'uscita da una crisi come quella che stiamo vivendo. Se pensate di fare le battaglie contro questa maggioranza, ve lo dico da adesso, avete già perso ma ha perso anche la Sardegna, per il semplice motivo che io sarei il primo a dirvi che io, in quaranta giorni, tutto questo danno non l'ho prodotto; forse l'ha prodotto qualcuno prima di me che è andato in giro per l'Isola a sottoscrivere accordi di programma nei diversi territori, con tanta enfasi, con firme e televisioni che riprendevano tutto, ma non rispettandone neanche uno.

Allora noi quegli accordi di programma non li vogliamo, noi vogliamo una intesa seria, reale, forte, con l'interlocutore principale che resta comunque lo Stato italiano perché dallo Stato dobbiamo andare, non ci sono altre soluzioni. Le guerre all'interno di quest'Aula non produrranno benefici ma debolezza; l'unica cosa che riusciranno a produrre sarà la non risposta alla gente. E la gente che è fuori dal "palazzo" ragiona in modo diverso da noi, ragiona sulla base della difficile realtà che sta vivendo, sul fatto di non riuscire ad avere uno stipendio, la possibilità di continuare a pagare il mutuo, continuare a fare le cose che normalmente un padre di famiglia fa quando è sereno, tranquillo e sta lavorando. Ripeto, quindi, che un ordine del giorno non ci risolleva la coscienza: proviamo a fare altro.

PRESIDENTE. E' iscritta a parlare la consigliera Zuncheddu . Ne ha facoltà.

ZUNCHEDDU (Comunisti-Sinistra Sarda-Rosso Mori). Presidente, questa mozione su un problema così drammatico oggi non deve indurci solo a riflettere, io credo che abbiamo riflettuto sin troppo a lungo e che ormai sia tempo di trovare delle soluzioni immediate. Io immagino che in quest'Aula si siano svolti numerosi, direi forse centinaia, di incontri e di dibattiti sui processi di industrializzazione o di deindustrializzazione dei vari territori della Sardegna; ma io non voglio entrare in merito in questa sede al fatto se questo modello di sviluppo sia stato equo per il nostro territorio e per la nostra economia. Io dico che non è in armonia con l'ambiente, non è in armonia con la nostra tradizione, questo modello industriale di sviluppo, assolutamente imposto a fronte di una effimera occupazione, ha contribuito alla distruzione non solo di un tessuto economico produttivo tradizionale ma anche di un tessuto culturale sul quale si poteva, a mio avviso, costruire realmente un'alternativa economica.

Ma, ciononostante, ritengo che in questo momento non si possa perdere nessun posto di lavoro in nessun settore economico, dall'industria alla pastorizia, all'agricoltura, al terziario, alla cultura, stiamo vivendo una situazione veramente drammatica, di emergenza, ed è importante davvero che questo governo della Sardegna si impegni per trovare soluzioni. Chiaramente noi scontiamo un rapporto rispetto allo Stato italiano di assoluta dipendenza che ci ha creato solo dei problemi; problemi gravi, perché non ci si è mai preoccupati delle piaghe ormai drammatiche che durano da 100 anni, è da 100 anni che noi ci trasciniamo il problema occupazionale…

(Brusio in Aula)

Presidente, il brusio mi dà fastidio.

PRESIDENTE. Ha ragione, onorevole Zuncheddu. Colleghi, per cortesia.

ZUNCHEDDU (Comunisti-Sinistra Sarda-Rosso Mori). L'unica certezza è che in questa fase i processi economici di deindustrializzazione sono legati sicuramente ad un processo globale di delocalizzazione delle attività produttive che vede come unico interesse il profitto ed è assolutamente noncurante dei danni che vengono prodotti a carico delle popolazioni e del nostro ambiente; mi riferisco anche alle patologie, perché purtroppo l'industria ci abbandona lasciandoci in una situazione drammatica anche sotto l'aspetto dell'inquinamento.

Questo è anche cinismo, in ogni caso con ciò riproponendo, in maniera sempre più violenta, il processo neocoloniale a cui ci hanno abituato ormai da decenni come in altre aree depresse del mondo. Credo che la situazione del Sulcis Iglesiente complessa e drammatica, cui fa riferimento questa mozione, richiederebbe un'analisi dettagliata di questa crisi industriale e occupazionale. Noi siamo di fronte ad aziende che, pur produttive, vengono delocalizzate per aumentare i profitti. È qui che bisogna intervenire; la regione Sardegna deve intervenire per effettuare i controlli anche sui fiumi di danaro pubblico che è stato indirizzato a questo tipo di sviluppo.

Quindi ci troviamo di fronte ad aziende che stentano a stare in piedi perché il costo dell'energia, ad esempio, nel Sulcis e in tutta la Sardegna è paradossalmente superiore, fortemente sproporzionato rispetto ai costi medi dell'energia in Italia; quindi si crea con ciò non solo una non competitività ma un'impossibilità a produrre a prezzi di mercato condannando alla chiusura le industrie e le stesse imprese.

Non voglio entrare in merito alla salute dei lavoratori e dell'ambiente, in altre occasioni vi ho fatto cenno e questo sarà un problema che dovremo affrontare come tema generale. Ritengo comunque doveroso e necessario, da parte del Governo dei sardi, un controllo teso a verificare che tutti i contributi pubblici, quindi le agevolazioni, i finanziamenti, spesso anche a fondo perduto di cui questi soggetti industriali hanno goduto in tutti questi anni, siano stati assolutamente onorati, secondo gli accordi. Quindi, in questa fase la Regione Sardegna deve intervenire per assistere, aiutare od opporsi a questo processo di deindustrializzazione, garantendo l'occupazione, senza creare carrozzoni assistenzialistici; questi carrozzoni sono stati alimentati per sessant'anni di autonomia e, obiettivamente, è tempo di finirla per creare qualche cosa di concreto e di stabile. Quindi, quale piano industriale questa Giunta intende portare avanti?

Così come ritengo ugualmente importante che eventuali sostegni economici e supporti fiscali per aiutare le imprese non siano diretti soltanto alla grande industria ma siano aperti e garantiti anche alla piccola impresa e agli artigiani, perché il tessuto economico sardo è prevalentemente basato su questi soggetti economici.

Ritengo urgente il piano energetico (bisogna affrontarlo una volta per tutte) che garantisca a tutti i soggetti produttivi energia a basso costo e uguale a quello italiano, se non addirittura inferiore.

Dobbiamo riflettere sui drammi che la Sardegna subisce e sulle ingiustizie, e il Governo dei sardi può fare molto in questa direzione. Ribadisco che in questa fase, così drammatica per la nostra economia, ogni posto di lavoro deve essere rigorosamente salvato in tutte le direzioni: noi rischiamo di avere, non solo migliaia e migliaia di nuovi disoccupati, ma anche decine di migliaia di famiglie che smetteranno davvero di mangiare.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Capelli. Ne ha facoltà.

CAPELLI (U.D.C.). Presidente, anch'io vorrei intervenire sul suo, mio Sulcis, così come interverrei sulla mia Porto Torres, sulla mia Ottana, sulla mia Macchiareddu, e domani interverrò sulla mia La Maddalena, perché ritengo che rappresentino un problema della Sardegna, perché noi siamo qua per rappresentare e tutelare gli interessi dei sardi. Credo perciò che il problema, che raggiunge il suo apice in questi giorni con la crisi della Rockwool, interessi tutti, non fosse altro perché le soluzioni dettate sono le solite, vecchie, stantie, quelle dell'intervento assistenziale, della cassa integrazione, del mantenimento dei livelli occupazionali (li dobbiamo garantire), ma, ahimè, niente di nuovo sotto il sole.

Nessuno credo sia venuto ad ascoltarci in quest'Aula pensando che dobbiamo rimbalzare da questa alla passata legislatura, e dalla passata all'altra ancora, le responsabilità di un fallimento industriale in Sardegna; le colpe rimbalzate verso il centrosinistra, verso il centrodestra, verso il centro, verso la Democrazia Cristiana, rimbalzando magari arriviamo alla storia del mondo. Si dice che la politica deve dare soluzioni, ma la politica non va più in là dell'enunciare che dobbiamo dare soluzioni; che la gente attende risposte a chi lo stiamo dicendo? A noi stessi. A chi dobbiamo dire che la politica deve dare risposte? La politica in Sardegna siamo noi, è quest'Aula, perciò io non posso chiedere all'Aula di dare risposte. Interroghiamoci su quali risposte dare in una contingenza internazionale che non può essere estranea alle soluzioni che dobbiamo trovare.

Allora, per non ricadere nella sterile polemica, dico: discutiamo della nuova economia perché è indubbio che, se ragioniamo secondo i vecchi schemi economici, non ne usciremo. Si sta formando una nuova economia, dobbiamo abbattere i costi energetici; ma, scusate, di quale energia stiamo parlando? Di quale energia, che noi produciamo, stiamo parlando? Di nessuna, se non, fortunatamente per certi versi, con un dovuto investimento nella ricerca, del carbone: è l'unica fonte energetica al momento utilizzabile.

Possiamo parlare dell'eolico, possiamo parlare del fotovoltaico per abbattere i costi dell'energia, o dobbiamo parlare del nucleare? Noi possiamo chiedere allo Stato di abbattere i costi energetici, però non produciamo mai nulla, o pochissimo, rispetto a quello che consumiamo.

L'industria un tempo veniva localizzata dove c'erano materie prime, lì nasceva l'industria, perché l'unicità del territorio consentiva la creazione di un modello industriale; poi arrivò la nuova tecnologia - la cosiddetta rivoluzione industriale - e allora l'industria è diventata mobile, la tecnologia si è evoluta, si è trasformata, si è trasferita, e perciò poteva nascere la FIAT a Torino, pur non avendo acciaierie e rivolgendosi alla Germania, poteva nascere la chimica nel centro della Sardegna.

Oggi sarebbe ridicolo pensare tutto questo. Infatti, come potete verificare, l'unica industria realmente produttiva in Sardegna, nonostante alcuni danni che procura, è la Saras, perché sfrutta a suo favore la posizione logistica ottimale che ha nel Mediterraneo e che le consente di essere un punto di riferimento. Lo stesso potrebbe essere per il Sulcis. Il Sulcis è la storia dell'industria in Sardegna, perciò noi dobbiamo tutelare quella storia che è fatta anche di piccole e medie aziende, quelle piccole e medie aziende a cui noi diamo fiducia, come la Rockwool.

Rockwool che, ovviamente, trova condizioni migliori in Croazia e abbandona i siti che ritiene non più interessanti; ma noi, nel contempo, siamo riusciti a costruire un tessuto imprenditoriale che si potesse sostituire alla Rockwool? O dobbiamo sempre andare in giro per il mondo a fare accattonaggio, cercando gli imprenditori? E molto spesso sono disponibili quegli imprenditori che non sono riusciti a radicare la loro azienda in altri territori storici. Dobbiamo andare a ricercarli, quindi, offrendogli chissà che cosa; non dobbiamo più offrire nulla, se non quei vantaggi che si possono ricavare dalla fiscalità di vantaggio, appunto.

Storicamente noi siamo qui, tutti, a turno, a chiedere le cosiddette zone franche: l'unica cosa che siamo riusciti ad ottenere - e scusate se di questo ve ne faccio totale carico - sono le zone franche urbane, dove? A Cagliari e Alghero; mi viene da ridere, mi viene da ridere! Non siamo riusciti a concretizzare una disposizione statutaria che la Sardegna chiede da sessant'anni: la zona franca, già riconosciuta a livello europeo per la Sardegna; oggi discutiamo di insularità, perché ne discutiamo? Perché dobbiamo creare le condizioni affinchè la piccola e media industria possa radicarsi in Sardegna e possa sfruttare la miriade di materie prime, lavorate e trasformate, che possiamo portare oltre Tirreno con il giusto equilibrio di produzione energetica.

Oggi, però, noi siamo qui per parlare della crisi di un settore, in modo particolare di una società, la Rockwool, e per trovare soluzioni; e quali sono le soluzioni che può trovare la politica in questo momento? Mantenere i livelli occupativi, ottenere la cassa integrazione, convincere la società a rimanere, magari promettendo qualcosa che possa essere utile per aumentarne gli introiti. Fesserie!

Io ho avuto l'onore di presiedere la Commissione ottava per il lavoro; allora - ormai nove anni fa - si parlava dell'intervento per il mantenimento dei posti di lavoro nella Carbosulcis; ho fatto un rapido calcolo di quanto, nove anni fa, fu dato alla Carbosulcis, così come negli anni a tante altre aziende: era una montagna di denaro tale che non mi bastava più il foglio per scrivere gli zeri; tant'è che se quella cifra fosse stata divisa tra gli operai che lavoravano lì, al fine di crearsi un futuro autonomamente, oggi quei lavoratori sarebbero stati miliardari. Invece noi abbiamo tenuto ben fermo il cordone della dipendenza dall'assistenzialismo politico regionale.

Io credo pertanto che sull'industria non possiamo limitarci (lavandoci la coscienza) alla presentazione di una mozione condivisibile (fuorché il punto 1, pleonastico, che è uno di quei punti che normalmente si copiano dalle mozioni precedenti), tra l'altro, anche nella parte in cui si impegna la Giunta ad assumere determinate iniziative. Possiamo certamente chiedere allo Stato il mantenimento dei livelli occupazionali, l'interlocuzione con la proprietà affinchè ripensi la propria strategia aziendale: è l'ordine del giorno che non si nega a nessuno, ma che non serve a nessuno!

Noi dobbiamo ragionare, una volta per tutte, sulle soluzioni tecnologiche, sulla ricerca, sulla formazione dei nostri imprenditori affinchè possano sostituirsi a questi che noi andiamo a ricercare in tutti gli angoli della terra perché ci possono far vedere un barlume di speranza di sviluppo industriale. In caso contrario ripeteremmo gli errori del passato. Noi vogliamo un nuovo piano industriale per la Sardegna; ve lo abbiamo chiesto per cinque anni e, non mi nascondo dietro un dito, lo stiamo chiedendo anche adesso. Stiamo chiedendo un piano industriale; e lo chiederemo sicuramente a chi ha delle responsabilità, nel passato, di aver sempre gridato "al lupo al lupo" e non aver mai proposto niente altro se non il mantenimento dei livelli occupazionali. Livelli occupazioni che permettevano il pagamento delle tessere, mi riferisco alle tessere di partito e di sindacato.

Il nostro interesse per l'industria deve essere un interesse relativo alla produzione e allo sviluppo; ne abbiamo parlato anche nella finanziaria. Noi stiamo stanziando denari per l'integrazione della Cassa integrazione, per l'emergenza, per la solidarietà, per le famiglie in difficoltà eccetera, ma in finanziaria è stata posta una domanda che è rimasta senza risposta e cioè quando ci decideremo a parlare di produzione, perché se non produciamo reddito non avremo più denari per rispondere alle emergenze, il pozzo non è senza fondo.

Parliamo allora seriamente in quest'Aula di un confronto tecnico e di merito sulla tecnologia, sulla logistica, sulla nuova economia, sul credito che possa consentire ai nostri pseudo piccoli industriali di rimanere piccoli ma produttivi perché piccolo è bello nell'industria, nella nostra realtà, piccolo è bello, grande è pericoloso. E' pericoloso perché il sistema internazionale non ci consente di entrare in quel circuito, ma ci consente di abbattere le importazioni con le dovute produzioni, perché noi importiamo tutto.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Agus. Ne ha facoltà.

AGUS (P.D.). Signora Presidente, Assessori, onorevoli colleghe e colleghi, intervengo prima di tutto per esprimere la mia solidarietà ai lavoratori della Rockwool che mi sembra siano gli ultimi, in ordine di tempo, a subire le conseguenze della grave crisi del Sulcis Iglesiente. Rivedo la storia che si ripete. Io provengo, infatti, dall'area del guspinese e conosco perfettamente la questione; anzi, a dire il vero ho anche tentato di partecipare alla nascita della Rockwool che era stata inizialmente localizzata nel nostro territorio e poi, sulla base degli incentivi della legge numero 221, spostata a Iglesias. Sono meccanismi che conosco avendoli vissuti in prima persona da amministratore.

Debbo dire, onestamente, che non vedo grandi possibilità di una soluzione positiva, non fosse altro perché questi industriali sono cittadini del mondo, non sono interessati alla salute o alle prospettive dei lavoratori ma rincorrono il guadagno, rincorrono l'utile. Questo genere di imprenditori non è assimilabile all'imprenditore di vecchia data (credo ce ne siano ancora), che riusciva a condividere la vita dell'impresa anche con gli operai, perché convinto e cosciente che senza le maestranze di base non si fa impresa; gli imprenditori di cui stiamo parlando non si spostano perché meccanizzano l'impresa, ma perché trovano manodopera a minor costo e, quindi, hanno maggiori utili.

In quest'ottica non mi straccerei le vesti per trattenere l'imprenditore, che potrà anche rimanere a condizione che la Regione Sardegna lo foraggi ulteriormente per il mantenimento delle maestranze e dell'attività in Sardegna.

Io sono d'accordo con chi mi ha preceduto che occorre (certo anche sottoscrivere un ordine del giorno, io sono disponibile, credo che lo siamo tutti) cominciare a ripensare il nostro tessuto industriale che, di fatto, è cresciuto utilizzando solo incentivi, non ha prodotto sviluppo economico ma ha provocato un disastro ambientale.

L'ultimo episodio, è cronaca di questi giorni, riguarda la Gold Mining, le cui lavorazioni hanno prodotto un inquinamento che rischia di travolgere anche le economie dei territori vicini, se non si mette immediatamente mano al risanamento delle aree.

Su questo problema, se si è d'accordo in quest'Aula, dobbiamo decidere che cosa fare. Sicuramente io dico che, prima di tutto, occorre pensare ai lavoratori, utilizzando tutti gli strumenti, gli ammortizzatori sociali, che abbiamo a disposizione, per fare in modo che la riprogrammazione industriale non sia vissuta sulle loro spalle.

Bisogna inchiodare le industrie se creano problemi di natura ambientale: bisogna inchiodarle. Anche la sinistra ha in materia responsabilità gravi, non ha fatto questo a suo tempo, pur avendo chiuso l'importante accordo sul Parco geominerario storico ambientale della Sardegna (un Parco nazionale a intero carico dello Stato), parco che non siamo ancora riusciti ad utilizzare pienamente.

Se le industrie creano problemi all'ambiente dobbiamo prendere esempio dalla Regione Toscana che, quando l'ENI ha abbandonato le miniere, non gli ha consentito di andare via se non dopo aver messo il sito in sicurezza e averlo consegnato pronto per una nuova attività economica. La messa in sicurezza è stata effettuata dai lavoratori che rischiavano di essere licenziati e che, terminata questa operazione, erano pronti per essere riutilizzati nella nuova attività imprenditoriale. Questo è ciò che dobbiamo fare anche noi.

La prima cosa che dobbiamo fare è pensare a tutte le maestranze in difficoltà, dare loro sostegno, ma cominciamo ad inchiodare le imprese perché non scappino via, perché mettano in sicurezza il territorio dopo di che possiamo lasciarle andar via perché abbiamo verificato che pur imponendo clausole di garanzia non le rispettano, scappano via, costruiscono scatole cinesi e cambiano pelle per non essere rintracciate.

Quindi queste sono le prime due cose che dobbiamo fare, poi sicuramente dobbiamo ripensare un tessuto industriale che parta dalla nostra realtà. A questo riguardo potrei citare oltre che l'esperienza della Rockwool, quella della Ceramica Mediterranea; questa è un'industria che costruisce piastrelle e che usa interamente materia prima sarda; . La materia prima, il tuvenant, viene estratta con i bulldozer che smontano le nostre montagne, caricata sui camion da quattro operai, pagata quattro lire e inviata a Sassuolo dove viene trasformata producendo utili e creando occupazione; in Sardegna si distruggono le montagne e si svendono i prodotti naturali. Bisogna mettere un argine.

Io non dico che si debba diventare una zona chiusa e non si debba vendere la materia prima, ma buona parte deve essere lavorata in Sardegna, perché è la verticalizzazione della produzione che dà l'utile, che dà la ricchezza, non è il tuvenant che rientra in Sardegna sotto forma di piastrelle vendute a 60 euro il metro quadrato. Un camion di tuvenant costa forse 2000 euro, ma ne fa guadagnare centinaia e centinaia di migliaia.

Bisogna pertanto produrre in Sardegna; sono d'accordo quindi con Capelli quando dice che dobbiamo lavorare per istituire la zona franca nell'Isola così da consentire la localizzazione di industrie non inquinanti; ma, poiché la nostra regione è una piattaforma nel Mediterraneo, dotata di collegamenti internazionali, si possono creare le condizioni per l'insediamento di industrie di assemblaggio.

Ci sono società, di grande livello, che non hanno fabbriche proprie masi servono di piccole fabbriche che in rete fanno una grande industria. Faccio l'esempio della Benetton che distribuisce la creazione dei suoi capi tra diverse piccole fabbriche. Non possiamo adottare questo tipo di attività anche in Sardegna, insediando industrie che assemblino pezzi lavorati magari in fabbriche inquinanti da altra parte?

Lavoriamo per rendere l'Isola porto franco (adesso abbiamo un "fazzolettino" a Cagliari), abbiamo un'infrastruttura interessante: il Porto canale, utilizziamola! Chissà che fra un anno, quando si apriranno i mercati commerciali - ne abbiamo parlato altre volte - del Mediterraneo la Sardegna non diventi il centro di scambi internazionali per cui le imprese trovino più conveniente insediarsi sul nostro territorio purché, , ripeto, siano imprese non inquinanti; di conseguenza anche l'energia, che è elemento basilare per queste industrie, va rapportata al costo dell'energia nazionale perché non è possibile che si debba acquistare dalla nostra SARAS, essendo l'unico produttore, il GPL che costa tre volte il metano. Io non so come si possa stare sul mercato con queste condizioni.

E' chiaro che una fabbrica, a lungo andare, rischia di chiudere perché è condizionata anche da questi costi. Un'azione politica, probabilmente sarebbe quella di chiedere alla SARAS, visto che è nel nostro territorio, perlomeno di venire incontro alle attività imprenditoriali energivore, che hanno necessità di energia a basso costo.

Io sono disponibile, pertanto, credo che tutta l'Aula debba esserlo ad affrontare un nuovo progetto di industrializzazione per la Sardegna, al fine di non rivivere più, domani, situazioni come quelle di cui parliamo oggi.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Mulas. Ne ha facoltà.

MULAS (Gruppo Misto). Presidente, per me è imbarazzante e assai difficile intervenire perchè devo ancora decidere se farlo nella veste di metalmeccanico o in quella di consigliere regionale. Ringrazio il Gruppo dell'opposizione che ha presentato questa mozione, che tratta delle difficoltà che ha, non da oggi, un territorio come il Sulcis-Iglesiente e, nello specifico, quelle della Rockwool; debbo dire che ai dipendenti della società non va certamente la mia solidarietà, perché della solidarietà del sottoscritto, e probabilmente di quella di tanti altri, i miei colleghi della Rockwool sicuramente non sanno più che farsene dato che , sono convinto, avranno cassetti e armadi pieni della solidarietà ricevuta negli ultimi trent'anni.

Io penso sia arrivato un punto di non ritorno che ci coinvolge tutti al fine di trovare unità di intenti per dare risposte ai lavoratori della Rockwool e a tutti gli operatori del settore industriale e chimico (quello che più mi appartiene) in difficoltà. Io ritengo, però, che ci debba essere una discontinuità rispetto al passato; non possiamo qui, oggi, perseverare nell'errore compiuto per tanti anni, cioè quello di rimpallarci la responsabilità di chi ha portato a questa situazione l'economia in Sardegna.

Non possiamo più permetterci questo rimpallo di responsabilità, dobbiamo partire invece dall'unico punto certo che tutti ben conosciamo, ovvero che la responsabilità appartiene a tutti noi, perché tutti noi ci siamo succeduti negli ultimi trent'anni nei governi della Regione e delle istituzioni presenti in Sardegna.

Questo deve essere il nostro punto di partenza se vogliamo davvero elevare la politica e dare discontinuità rispetto a tutte le pratiche e a tutti gli esercizi dialettici che amiamo fare qui e all'interno delle varie Commissioni. Questo lo dico perché negli ultimi giorni sto vivendo direttamente (da questo il mio apprezzamento per la mozione) un disagio dovuto al mio essere portotorrese, al mio essere ancor più, oltre che portotorrese, espressione del nord della Sardegna, ma soprattutto figlio dell'industria. Io ho lavorato sempre e soltanto, infatti, all'interno dell'industria, dunque sento il disagio di una classe operaia che non ha più necessità di buone parole e di buoni intenti, ma vuole che vengano confermate le buone intenzioni e realizzati i buoni programmi che in tanti anni, per tutti quelli che si sono succeduti, sono stati formulati.

Qualcuno parlava di proposte: le proposte ci sono già. Noi dobbiamo cercare di dar gambe ad accordi di programma che risalgono al 2003. Queste sono le cose che noi dobbiamo fare, questi sono i richiami che dobbiamo fare allo Stato, questo è il problema di cui ogni volta evitiamo di prendere coscienza. Le nuove proposte arriveranno e ognuno di noi avrà anche il tempo di apportare dei miglioramenti a tali proposte, potremo costruirle insieme. Avremo del tempo per fare questo. Ma intanto cerchiamo di prendere quello che è già a disposizione.

Ci sono prese di posizione precise da parte del ministro Scajola che vanno nella direzione di un recupero della chimica in Italia. E questa è una cosa importante sulla quale noi dobbiamo continuare a batterci dandole tutto il nostro appoggio. Invece che cosa succede? Succede che mentre Scajola lavora in un modo, una parte importante dello Stato, una partecipata dello Stato lavora in un altro modo. Pertanto chiedo alla Presidenza, lo chiederò a Cappellacci, di capire una volta per tutte (e levare non solo noi sardi ma la Nazione tutta da questa impasse) se è lo Stato che partecipa con una quota del 30 per cento a ENI e alle sue partecipate, o è ENI, viceversa, che partecipa indirizzando le politiche industriali (compito che spetterebbe a noi) allo Stato. Questa è una delle maggiori perplessità che ha il sottoscritto, ma penso anche chiunque abbia operato negli anni all'interno dei poli industriali. Questa è una domanda che ci dobbiamo davvero porre.

I lavoratori non hanno più bisogno di sentirsi dire quale sarà la nuova economia. In questo momento, parecchie di quelle persone in tutta la Sardegna, chi più e chi meno - qui sono presenti alcuni rappresentanti della Rockwool - perché molti hanno difficoltà logistiche a spostarsi in massa, si stanno chiedendo se noi siamo in grado di far rispettare queste cose, se siamo in grado di far rispettare i patti siglati dallo Stato e dalle sue partecipate, anche in tema di energia. Mi riferisco, per esempio, alla centrale di Fiume Santo che è stata venduta da ENEL a ENDESA e, successivamente, a E.On., società con le quali erano stati siglati degli accordi. Noi dobbiamo dare gambe a questi accordi, perché in quelli sottoscritti con ENDESA, e che E.On si è impegnata a portare avanti (e se è necessario si andrà o di nuovo ad apporre le firme), era previsto che si aiutassero nuove intraprese. E questa è la cosa importante che dà visibilità e possibilità ad altre imprese di venire in Sardegna a investire.

Come possiamo invogliare la Rockwool a rimanere, a continuare a investire in Sardegna quando non riusciamo a fare altrettanto neanche con noi stessi, dato che non siamo riusciti a farlo con le partecipate statali nel corso degli anni. Non siamo nella migliore condizione per chiedere questo per cui viene meno l'assunto principale. Abbiamo detto che le proposte però esistono già, le nuove le faremo e le faremo insieme perchè non è il tempo di discutere chi ha maggiori responsabilità, non è il tempo di cercare di capire se è giusto o no che permanga l'apporto della sinistra o della destra o delle aree moderate. Non è un argomento che interessa i cittadini sardi.

I cittadini sardi in questo caso vogliono capire, a mio avviso, e non credo di essere io portatore di verità, ma è quello che ho sicuramente percepito da parte almeno della categoria degli operai, di cui parliamo stasera in questa mozione, se noi siamo in grado di dare dignità a queste persone, non solo tramite la "233" che offre la possibilità di metterli in mobilità più o meno lunghe.

Questo è un altro capitolo da aprire, perché negli ultimi venti mesi si sono giocate certe partite;per esempio, alcune grosse aziende appaltano dei lavori, operai che lavoravano all'interno degli stabilimenti da vent'anni sono transitati giustamente nella nuova impresa che ha vinto la gara d' appalto al ribasso (anche su questo si dovrebbe riflettere); sono ribassi da far paura che, di fatto, non consentono di mantenere il lavoro perché antieconomico.

A questo punto che cosa succede? Si licenziano operai che da vent'anni operavano all'interno degli impianti perché la "233" all'articolo 7, comma 4, se non sbaglio, dice che l'indennità di mobilità non può comunque essere corrisposta per un periodo superiore all'anzianità maturata dai lavoratori alle dipendenze dell'impresa che abbia attivato le procedure di cui all'articolo 4. Questi operai appartengono all'indotto, quell'indotto che spesso dimentichiamo, e vivono situazioni completamente diverse rispetto a quelle vissute dai dipendenti di intraprese più forti, magari di multinazionali. Questi operai ricevono gli stipendi in modo parziale, sotto forma di acconti continui, a questi operai non possiamo togliere anche la dignità! Questo è il discorso!

Qualcuno mi chiedeva in questi giorni il perché del silenzio della politica. Io, invece, ho apprezzato molto questo silenzio perché il silenzio trasversale della politica è, secondo me, il segno evidente che si vuole davvero la discontinuità con il passato; il silenzio manifesta esattamente l'alto senso di responsabilità di questa classe politica, perché nessuno ha voluto approfittare di questo momento per fare dello stupido e sciocco sciacallaggio politico. Questo è importante! E' da qui che dobbiamo partire perché le difficoltà ci hanno unito, e non possiamo permettere a nessuno, tantomeno ai partiti di disunirci. Noi in questa sede rappresentiamo anche persone che si riconoscono in idee politiche, però noi ai sardi dobbiamo far capire che su questa questione andremo fino in fondo! E non andremo noi a protestare a Roma, ma chiederemo l'esatto contrario; questo chiedo a Cappellacci: che sia lo Stato a venire qui, in Sardegna. Ci siamo stancati di andare noi, di portare con mille spese gli operai in trasferta, a mangiare panini, a star lì a campeggiare fuori da Palazzo Chigi. Devono essere loro a venir qua, la presenza dello Stato deve essere manifesta, come lo è stata dove la terra trema e dove la immondezza invece di averla sotto terra, come l'abbiamo noi per i problemi ambientali, l'hanno avuta per le strade. Questo è il discorso che dobbiamo fare, la discontinuità sta in questo: far approvare e far dare gambe agli accordi di programma che giacciono inattuati da troppo tempo, ormai. Molte proposte ci sono già, tempo per nuove proposte ne abbiamo quanto ne vogliamo, però non è questo il momento, non è questo il momento.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Maninchedda. Ne ha facoltà.

MANINCHEDDA (P.S.d'Az.). Onorevoli colleghi e signora Presidente, credo che all'esterno di questo Palazzo quanto all'interno si abbia una netta consapevolezza di un fatto che noi facciamo finta di ignorare, e cioè la totale e tragica inutilità della nostra discussione. Noi, oggi, non abbiamo una reale capacità, con la riunione del Consiglio del regionale, di rappresentare una forte mobilitazione del popolo sardo che possa essere registrata da chi governa l'economia mondiale, o da chi vi partecipa, e, tantomeno, da chi governa lo Stato; una riunione del Consiglio regionale non equivale a una mobilitazione di popolo, una riunione del Consiglio regionale è un fatto rituale, che non sposta nulla, però questa inutilità ha un versante interno e uno esterno su cui vorrei richiamare l'attenzione dei colleghi.

La causa interna; per esplicitarla faccio un riferimento storico. Nella Sardegna spagnola, nella Sardegna dei Re, dei Baroni, dei feudi, nella Sardegna del particolarismo giuridico, quando Sassari aveva le sue regole e Cagliari ne aveva delle altre, il feudo di Canales aveva una diversità rispetto al marchesato di Castelvì, prima dei grandi Stati nazionali, della certezza del diritto uguale per tutti e a tutte le latitudini, eravamo nel particolarismo giuridico. La Patria era il paese, la città; il più potente uomo politico di quel tempo fu Francisco de Vico che era un sassarese e che avvertiva come suo dovere quello di "tener gloriosa la Patria", cioè di esaltare la sua Patria, ma la sua Patria era Sassari! Rappresentava solo Sassari!

Io credo che oggi noi stiamo facendo lo stesso errore, lo dico ai presentatori della mozione. Nei giorni in cui c'è una crisi industriale diffusa, nei giorni in cui nel nuorese una sola fabbrica che chiude produce l'insieme dei disoccupati prodotti da tutte le fabbriche del Sulcis che chiudono, da tutte, per non parlare di quello che sta succedendo nelle campagne, per non parlare di quello che sta accadendo a Porto Torres, il Consiglio regionale, anziché riunirsi per fare un ordine del giorno sull'emergenza industriale della Sardegna, si riunisce per fare un ordine del giorno sul Sulcis: " tener gloriosa la Patria".

Ma sapete dove andiamo a finire se continuiamo così? Che al prossimo bilancio tutti i consiglieri regionali che stanno a Nord del meridiano di Oristano si coalizzeranno per dividere a metà il bilancio, perché quanto sta divorando il cagliaritano dalle risorse della Sardegna lo sanno solo quelli che abitano sopra; lo sanno solo loro! Vogliamo arrivare a una competizione tra territori per cui noi facciamo "i baronetti" dei nostri feudi? Vogliamo fare questo? Oppure siamo capaci di tirare fuori qualche indirizzo di politica industriale che ci riguardi tutti?

Noi sardisti, oggi, non votiamo un ordine del giorno sul Sulcis, non lo votiamo! O riguarda la crisi industriale della Sardegna o noi non lo votiamo! E non lo votiamo perché abbiamo più a cuore il tenere unita la Sardegna, e dirò perché, che non portare vantaggio alla Patria di origine che straordinariamente per noi, consiglieri regionali, anche pateticamente coincide col collegio elettorale.

C'è anche un motivo esterno che ci porta a rendere inutili queste nostre discussioni; e, badate, quanto più la gente percepisce che noi siamo inutili, tanto più ci odia! Il motivo esterno è questo. In questo Consiglio regionale il 90 per cento dei rappresentanti fa parte dei partiti nazionali, e i partiti nazionali in Sardegna decidono di essere durissimi o molli con lo Stato a seconda del "Governo amico"; questa corrente alternata, badate, fa male alla Sardegna, non esiste un Governo italiano amico della Sardegna, non esiste! Non è mai esistito!

Il collega intervenuto precedentemente ha detto che abbiamo gli accordi di programma, se andiamo indietro abbiamo anche l'Intesa di programma firmata da Palomba, ne abbiamo una valanga, mai rispettate dallo Stato, mai! Questo Consiglio però ha sempre avuto una maggioranza che ha o giustificato o si è opposta, ma mai ha trovato l'unità per dire allo Stato: "Non ti crediamo più!" E' lo stesso Stato che ha consegnato le rotte della Sardegna alla Tirrenia e che si sta preparando a consegnarle a Onorato, che già controlla tutti i porti. È lo stesso Stato che ha dato alla SARAS i certificati verdi e niente alla Sardegna per il CO2 emesso nell'atmosfera.

I partiti nazionali devono decidere se c'è prima la Sardegna o il partito nazionale, però quanto più decidono che è il partito nazionale che prevale, tanto più queste discussioni, quelle che facciamo qua, diventano inutili. Allora, perché sulle politiche industriali non cominciamo a dire (so la rilevanza di quel che sto per dire e ci ho pensato bene prima di dirlo) che noi non possiamo avere un'industria se a guidare le regole dello sviluppo economico sono le regole italiane; non possiamo! Non possiamo! Lo Stato ha un potere regolatore del sistema; se da noi alcune cose costano di più non è dato soltanto dal fatto che siamo qui, ma anche dal fatto che il sistema regolatore non l'abbiamo voluto noi, non è adeguato a un percorso che abbiamo fatto noi, non è legato a uno stato, a uno spazio che è il nostro!

Pensate cosa vorrebbe dire semplicemente se a decidere la pressione fiscale fossimo noi, se a decidere quante imposte pesano sulla bolletta energetica fossimo noi, e se quelle imposte non dovessero finanziare uno Stato. Uno Stato badate, non dimentichiamolo, che ha dato negli ultimi vent'anni tre volte di più in sanità e istruzione al Nord di quanto abbia dato al Centro-Sud e alle isole; se quelle tasse non andassero a finanziare quello Stato e fossero tasse calibrate sul nostro Stato sarebbero di portata inferiore. La politica industriale ha un nesso con l'indipendenza. Noi stiamo ripetendo che per noi l'unità d'Italia è un limite allo sviluppo, questo è il nostro approccio. Voi ci considerate dei sognatori, però noi siamo sicuri che vinceremo.

Mettiamoci pure nei panni del vostro approccio: l'Italia è l'orizzonte del futuro della Sardegna. Ma, se ci mettiamo in questa prospettiva, onestamente, voi potete mai pensare che l'Italia si occupi di noi se abbiamo reazioni così blande; se, faccio un esempio, lo dico all'opposizione, c'è un Presidente della Regione che accetta di rappresentare una vertenza Sardegna, ma io non vi ho sentito dire che siete pronti ad andargli dietro.

DIANA GIAMPAOLO (P.D.). Siamo pronti!

MANINCHEDDA (P.S.d'Az.). Bene. Allora il problema è aprire una vertenza Sardegna. Se apriamo una vertenza Sardegna, riusciamo a dire allo Stato: "Dacci i soldi per bonificare, per occupare tutti quelli che l'industria espelle perché poi il modello di sviluppo è quello che pensiamo noi, un modello che qui in Sardegna tutela aria, acqua, cibo, sapere e tecnologia. Impegnami per vent'anni la gente in maniera tale che, mentre io mi trasformo, non muoio di fame. Poi il modello me lo faccio io! Non ho bisogno di piatire da te, Governo, il modello di sviluppo". Noi una vertenza Sardegna di questo tipo la sappiamo fare, per cui diciamo che ci interessano le persone a spasso, non ci interessa quella o quell'altra fabbrica perché le fabbriche ce le faremo come vogliamo noi, con gli imprenditori nostri, credibili? Sappiamo aprire una vertenza di questo tipo, scendendo tutti in piazza, dimenticando le appartenenze e stando sulla Sardegna, tenendo "gloriosa la patria" tutti insieme? Io penso che la strada da seguire sia questa, non quella dei tatticismi di partito.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Massimo Zedda. Ne ha facoltà.

ZEDDA MASSIMO (Comunisti-Sinistra Sarda-RossoMori). Signora Presidente, Assessori, colleghi, nell'esprimere la solidarietà ai lavoratori della Rockwool e nel ringraziare l'onorevole Cocco per aver presentato questa mozione, a firma di tutti i consiglieri dell'opposizione, rimarco che le accuse mosse dall'onorevole Maninchedda - lo dico avendo ascoltato con attenzione il suo intervento e condividendone diversi aspetti - a mio parere sono ingiuste. Se io facessi l'esempio di scuola del suo intervento, l'onorevole Cocco se fosse presente in Parlamento e fosse cittadino de L'Aquila non avrebbe mai potuto presentare una mozione sui problemi del disastro dovuto al sisma a L'Aquila perché ovviamente avrebbe dovuto, invece, parlare in termini più generali del problema dei terremoti, dei terremotati e dell'edilizia in zone a rischio sisma dell'intero Paese o pianeta. E' un argomento che non regge.

Così come non regge, onorevole Maninchedda, l'aspetto riguardante il Governo amico. Io l'ho sentito dire dall'onorevole presidente Cappellacci che il Governo era amico; poi, di giorno in giorno, ci stiamo accorgendo che questo Governo amico, insomma, un po' ha tradito e non è molto amico. E se lei promuove una vertenza Regione-Stato sulla crisi industriale in Sardegna, noi saremo al fianco di tutti coloro che porranno e incalzeranno con temi, questioni e anche con manifestazioni pubbliche il Governo nazionale. Il problema è che ancora non si è levata neanche una voce nei confronti del Governo nazionale per la risoluzione di alcuni aspetti, anzi, si dice sempre: "Non vi preoccupate, sentirò Berlusconi dopodomani e probabilmente risolveremo i problemi". Non funziona così! Se si decide di incalzare il Governo nazionale, perché giustamente lei ha detto che il rapporto è tra istituzioni a prescindere dal colore politico, siamo d'accordo e condividiamo questa scelta, però lo si faccia.

La mozione dell'onorevole Cocco tratta la questione della Rockwool, ma questa società è un esempio (certo il tema è più generale), purtroppo, di tante imprese di questo tipo che razziano e depredano la nostra isola e poi partono portandosi via persino i macchinari. Allora la mozione dell'onorevole Cocco e dei colleghi dell'opposizione deve servire come goccia che fa traboccare il vaso, a meno che non si voglia avere un vaso stracolmo e la casa, la Regione, allagata.

La crisi, è il tema di oggi, colpisce il mondo intero, è vero, il nostro Paese, la nostra Regione e alcune zone della nostra Regione sono più colpite rispetto ad altre, in particolar modo per la crisi del settore industriale; però, come dicevo in premessa, la Rockwool è un esempio. Vi sono cento occupati, nel caso specifico, direttamente, cento nell'indotto, gli occupati hanno professionalità alte ed è una vicenda purtroppo simile a tante altre.

L'impresa viene allocata in Sardegna, la proprietà è privata, proprietà che però risiede all'estero, è ovviamente una multinazionale, opera in Sardegna, utilizza risorse pubbliche per costruire i propri impianti in Sardegna, opera quindi utilizzando risorse pubbliche per la formazione dei propri dipendenti; a un certo punto la proprietà sposta gli impianti, non li vende, non accetta neanche di poter cedere ad altri l'impresa collocata in Sardegna, invece sposta gli impianti. Oggi l'esempio è quello della Rockwool, pochi mesi fa è stato quello dell'Algida. Sono stati portati via gli impianti, l'impresa non vende e se vende, per paura di concorrenza, dice all'acquirente: "Però tu non ci puoi mettere una fabbrica di gelati". Stessa cosa capiterà alla Rockwool. Se la Rockwool vende, chi acquista dovrà creare altro, noccioline magari; però la Rockwool creava lana di roccia e se io acquisto un'impresa che produceva e lavorava la lana di roccia io spero di poter operare nell'ambito della lavorazione e vendita della lana di roccia, non dei gelati o delle noccioline.

Insomma, che cosa resta in Sardegna? La perdita di posti di lavoro, la disoccupazione, un territorio depredato e sfruttato, e con risorse pubbliche bisognerà intervenire per risolvere i problemi ambientali. Non ci rimane nulla, perché a noi non rimangono neanche gli impianti e i capannoni delle imprese che vanno via, e con risorse pubbliche dovremo intervenire anche per dare soluzione al problema dei problemi: quello dei posti di lavoro e dei lavoratori che rischiano la disoccupazione.

Con la legge numero 222 si finanzia con risorse pubblici la Rockwool, industria sana, badate, perché il mercato c'è, perché il mercato è quello del risparmio energetico nell'edilizia, per cui si danno incentivi a queste imprese perché altri possano acquistare i prodotti di queste imprese e quindi, anche indirettamente le risorse, pubbliche sempre, arrivano all'impresa privata. Il bilancio della Rockwool è unico ed è difficile scorporare e individuare i costi dell'azienda, però nel bilancio la Rockwool prevede, come bilancio preventivo 2008, utili, quindi è un'azienda sana, non è neanche un'azienda in stato di crisi, di fallimento, che porta i libri in tribunale. No, è sana! E allora perché nell'incontro con l'assessore Farris non viene posta nessuna richiesta? Perché hanno già deciso di andar via il 4 luglio! Questa che negli Stati Uniti è una data di festa, il 4 luglio è la festa più importante degli Stati Uniti, per noi sarà l'ennesimo giorno nero da segnare nel calendario.

Onorevole Vargiu, io ascolto sempre con piacere i suoi interventi perché probabilmente la sua collocazione politica, centrale e moderata, consente libertà di ascolto maggiore rispetto ai problemi posti dagli schieramenti più lontani tra loro, però io non so come aiutarla a cambiare quel che lei diceva, il suo approccio ai problemi con uno sguardo nuovo e quali risposte dare. Le risposte sono contenute nella mozione stessa, nei punti dall'1 al 5; alcune risposte. Come diceva l'onorevole Maninchedda, la si potrà integrare nell'affrontare il tema più in generale, potranno essere presentate nuove mozioni o, nella risoluzione di problemi, trovare nuove risposte.

Io le consiglio però di guardare quel che accade negli Stati Uniti (gli Stati Uniti, appunto, del 4 luglio) dove si sta adottando quello che noi abbiamo abbandonato negli anni passati: la partecipazione statale! Perché il Governo Obama dice agli imprenditori: "Se oggi utilizzate risorse pubbliche per risolvere i vostri problemi di perdite, gli utili quando ci saranno, saranno pubblici!". A noi con il sistema delle Partecipazioni statali, che stiamo rimpiangendo, almeno rimanevano le imprese, almeno rimanevano i capannoni e gli impianti. Oggi non ci rimane nulla. Dagli anni '80 e '90 fino a oggi vigeva il principio del no regole, no Stato, no pubblico, perchè il mercato e le aziende si regolano da sé. Non è così! Abbiamo potuto constatare a seguito di questa crisi economica internazionale come il capitalismo, il più sfrenato, non si autoregolamenti, anzi crei danni ingenti alle popolazioni. Bisogna rivolgersi pertanto agli imprenditori seri che vanno aiutati, mentre vanno allontanati gli imprenditori "prenditori" di risorse pubbliche. Bisogna guardare ai lavoratori, all'ambiente, all'isola depredata per dare risposte ai bisogni. Proposte in tal senso sono, appunto, contenute nel dispositivo della mozione e a quelle rimandiamo.

Tralascio il passaggio dell'onorevole Capelli che non mi ha convinto circa i nuovi investimenti. Investimenti giusti, giustissimi nella ricerca, nell'università, nella formazione, nella scuola, visto che il Governo nazionale taglia anche in questi settori. E taglia anche in Sardegna come è stato detto anche ieri in Commissione cultura. E qual sviluppo può passare attraverso la non conoscenza, la non innovazione, la non ricerca scientifica se, addirittura, mettiamo in discussione emendamenti che tagliano gli assegni di merito per i giovani che si iscrivono nelle facoltà scientifiche, facoltà di cui abbiamo bisogno? Chi potrà andare a lavorare nel futuro alla Rockwool, che richiederà magari maestranze e professionalità sarde, un laureato in lettere o in psicologia? Loro lavoreranno altrove, ma vi sono imprese che hanno bisogno di altre figure professionali.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Oppi. Ne ha facoltà.

OPPI (U.D.C.). Stasera non dirò che i miei colleghi sono in stato confusionale, stasera lo sono io. Articolerò l'intervento su tre punti. In primo luogo parliamo della Rockwool. Io ho avuto l'opportunità di guidare (ho sostituito un amico che non stava bene), sfigato per eccellenza, lo ZIR di Iglesias, perché la Rockwool è a Iglesias e mai nulla è andato bene, se è vero, come è vero, che non c'è ancora un impianto di depurazione, non c'è la luce non c'era acqua e adesso ci sono anche le voragini.

Si sa che anche quando c'era la SFIRS, la struttura pubblica, per esempio, la famosa Sigma, era stato impiantato un calzaturificio che e' andato male. Con il contratto d'area era stata finanziata la CardNet, con oltre 20 miliardi, una previsione di 250 posti di lavoro, con connivenze anche interne o esterne a questo Consiglio, ma non è mai partita .

Io ho avuto l'opportunità di conoscere i rappresentanti della Rockwool, secondo il mio punto di vista: avventurieri. Infatti, nel corso della mia presidenza dello ZIR di Iglesias (questo dice tutto), venni a conoscenza che a quel povero cristo, al quale in questi giorni hanno mandato due pallottole (cioè salumi italiani), avevano costruito una strada che richiedeva le rampe perché l'avevano fatta sotto il livello di tre metri. Ebbene, in quella circostanza mi chiesero, per lavorare gli scarti di lavorazione, di poter avere una piattaforma più larga. Gliela demmo in tre giorni, ma la sensazione era che volessero andare via. I lavoratori sono meno di cento, la maggior parte sono miei concittadini, una città che mi onoro di rappresentare e che ho sempre rappresentato.

Devo dire la verità, anche in questo caso sono stati utilizzati degli strumenti;. la "221" è servita a taluni per fare residenze sanitarie assistenziali (RSA), non essendoci quelle figure professionali, perché infermieri non ce n'erano più nelle miniere, alla fine prendevano i contributi. Nel caso specifico è servito ad attirare ulteriori risorse finanziarie prendendo gli amici della "San Lorenzo", dei giovani affetti da tossicodipendenza, per poter guadagnare. Se ne vanno, se ne vogliono andare, hanno preso a piene mani e se ne vanno.

Ma il problema ce lo dobbiamo porre e allora io voglio fare un po' di storia perché nel Sulcis abbiamo fatto certe cose. Mi dispiace doverlo ripetere. E' chiaro che noi dobbiamo dare risposte a questi lavoratori, come le abbiamo date a tanti altri lavoratori di tutte quelle aree. Negli anni '70 chiusero le miniere di carbone e si decise in quegli anni, con lungimiranza da parte di alcuni ingegneri, casualmente di Iglesias, i fratelli Carta, in particolare l'ingegner Carta, di fare il polo di Portovesme dove per tanti anni non c'è stato un impianto di depurazione, le celle elettrolitiche sapete benissimo che non erano coperte.

Dopo anni, io ero presidente del consorzio (sono stato il più longevo anche in questa carica, l'ho ricoperta per dodici anni),dovevamo scegliere se dare la garanzia del lavoro a 6 mila lavoratori oppure creare il dissesto generale in quel territorio. Ricordo che già Carbonia da 40, 45 mila abitanti era scesa sotto i 20 mila, eppure prima si diceva: "Vieni a Carbonia che ti daremo una casa per mille lire". Bene, a questo punto che cosa è successo? Sono entrate le Partecipazioni statali. Ecco la salvezza! Operai che lavoravano sotto le viscere della terra, operai di 65 anni, con la silicosi, andarono a fare gli operai metallurgici. Vennero creati tre poli, sempre con l'Efim dentro, però, inutile girare intorno; l'ALSAR totalmente dell'Efim, l'Eurallumina formata da tre società (la Metallgesellschaft tedesca, l'Alcoa che portava la materia prima e l'Efim), l'ENI,. Si chiamava anche Nuova Samin, eccetera. Allora facevamo le grandi battaglie per mantenere i livelli occupativi che venivano garantiti dallo Stato se era in atto una crisi; perché agli inizi si produceva poco o niente, la produzione si aggirava intorno alle 50 mila, 60 mila tonnellate (non si arrivava a 200 mila) e venivano coperte le défaillance. Noi abbiamo lavorato in modo diverso e alla fine questi se ne sono andati via con responsabilità di tutti quanti, abbiamo consentito che andassero via.

Un altro grande errore negli anni '89-'90, allora presidente l'onorevole Melis, fu quello dello scorporo fra l'estrattivo e il metallurgico. Noi lasciammo l'estrattivo per fare le manutenzioni, poi vennero chiuse le miniere del settore. E' chiaro che non avevamo più i metalli, perché le percentuali erano veramente basse; abbiamo creato delle aziende e la responsabilità di chi è?Oltretutto la Comunità europea non consente di abbattere i costi energetici perché di volta in volta trova giustificazioni e, quindi, è chiaro che se il mercato mondiale, il mercato di Londra stabilisce che il prezzo del metallo è "tot", 12 kilowatt per produrre magari un chilo di alluminio costano molto di più rispetto al prezzo del mercato e quindi la produzione non è conveniente.

Di conseguenza, al posto dell'Efim è arrivata l'Alcoa che è una multinazionale americana per il settore dell'alluminio; al posto dell'Euroallumina, che era una famosa società, sono arrivati i russi e prima c'era la Glencore che ha spostato i suoi interessi nel settore metallurgico del piombo e dello zinco. Ecco la crisi. Vi pregherei, però, di evitare di parlare di problemi legati all'inquinamento. Certo, noi dobbiamo dire che l'inquinamento che c'è in quelle aree non c'è mai stato da nessuna parte e, quindi, chiedere i rimborsi perché il fluoro uccideva gli animali, soprattutto i bovini, eccetera. Leggete l'ultimo studio (peraltro finanziato dall'Assessorato della sanità nel 2003-2004)effettuato da un luminare che si chiama Francesco Sanna Randaccio, che ci dice tutto.,.

Bene, è chiaro che dobbiamo stare molto attenti nel fare le valutazioni e dobbiamo dire che quelle aree vanno sostenute con forza, ma tutte le aree perché è vero che ci sono dei protocolli, ha detto bene Maninchedda. Infatti c'è il CREA che ha ottenuto 65 miliardi, adesso sto parlando della chimica di Assemini e di Porto Torres. Ma abbiamo anche il CREO che corrisponde invece agli stessi problemi relativamente a Nuoro; è vero che c'è un accordo però i soldi sono spariti. Quindi bisogna che tutti quanti ci impegniamo con forza perché ci sia il mantenimento degli accordi.

Caro Assessore, noi che cosa dobbiamo fare? Esisteva una volta, era il cavallo di battaglia di molti amici, una famosa legge, la legge di rinascita, la "267", che all'articolo 13 (lo citava sempre l'onorevole Congiu), prevedeva la creazione di una base minero-metallurgica manifatturiera, cioè seconde e terze lavorazioni. In tema di seconde lavorazioni, anche la CONSAL, che oggi si chiama OTEFAL, era dell'ENI e per chi non lo sapesse, il direttore generale era Emilio Simeone. Ebbene, tra queste società che trattano laminati e profilati di alluminio, di fatto l'unica che sta andando bene, pensate, è la ALI, la più scarsa di tutte ma che non ha chiesto una lira a nessuno e forse farà una terza linea; dopo tutti gli imbroglioni che hanno tanti nomi diversi, , stanno andando anche benino.

Quindi la responsabilità è nostra. Noi abbiamo avviato una serie di iniziative ma, troppo spesso, abbiamo fallito per colpa nostra. In Sardegna per esempio era nata l'Industria sarda graniti, l'ISGRA, ed è fallita, come è fallita l'industria legata alla lavorazione del vetro; tutte erano a carico della Regione.

Così come va detto che abbiamo voluto sbagliare tutto; ma forse ci siamo dimenticati che il contratto d'area quando partì era focalizzato su tre aree industriali: Marghera, Napoli e Porto Torres, e poi venne spostato su Ottana. E mai fosse andato a Ottana. Voglio ricordare, l'ho detto troppe volte e lo ribadisco, quell'operatore che aveva impiantato a Bolotana un'attività per la produzione di 100 mila tonnellate di carta patinata. Il consumo di questo prodotto in Sardegna è pari a 10 mila tonnellate, per cui dopo aver preso i soldi l'imprenditore voleva vendere l'attività a metà prezzo . La verità è che non abbiamo infrastrutture, perchè insorgono sempre "inghippi" che non ci consentono di farle. Concludo, Presidente, dichiarando che noi voteremo l'ordine del giorno.

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Mario Diana. Ne ha facoltà.

DIANA MARIO (P.d.L.). Presidente, prima della replica dell'Assessore, riterrei opportuno sospendere brevemente i lavori.

PRESIDENTE. Sospendiamo i lavori per dieci minuti.

(La seduta, sospesa alle ore 19 e 41, viene ripresa alle ore 20 e 17.)

PRESIDENTE.

Ha facoltà di parlare, per la Giunta, l'Assessore dell'industria.

FARRIS, Assessore dell'industria.Onorevoli consiglieri, grazie soprattutto per l'opportunità che questa mozione ci offre di rappresentare l'azione che la Giunta ha portato avanti in questo brevissimo tempo. E' vero, la mozione sembrerebbe riguardare solo ed esclusivamente la problematica del Sulcis, non è così. La questione è più complessa e ringrazio a questo proposito il consigliere Cocco che ha illustrato nei dettagli l'attuale situazione. La quantità delle presenze o il numero degli incontri sicuramente non sono indicativi però della considerazione che questo Esecutivo ha nei riguardi dei problemi relativi all'intera Sardegna.

La parola "ascolto"è una delle più usate dal presidente Cappellacci, perché l'ascolto è il primo momento della comunicazione, chi non ascolta e non sa ascoltare non sa comunicare. Si è detto che a Porto Torres si respira aria di disarmo, mi dispiace contraddirvi. Io rientro da Porto Torres, dove sono stata stamattina con il presidente Cappellacci, e nello spirito non si respira quest'aria di disarmo perché a Porto Torres continuano a sostenere fortemente che alla chimica non si può rinunciare, non intendono assolutamente rinunciare all'industria.

Noi sappiamo che questa è una considerazione di carattere generale dalla quale non possiamo assolutamente prescindere, perché se non teniamo fermo questo quadro non possiamo capire tutto quello che si sviluppa dopo. Nonostante le forti azioni di ristrutturazione industriale (questo è emerso oggi a Porto Torres) negli ultimi trent'anni l'industria chimica in Sardegna costituisce ancora un sistema fortemente integrato: la raffineria SARAS di Sarroch, le produzioni di Assemini, Sarroch, Porto Torres e Ottana e l'utilizzo di soda della metallurgia del Sulcis.

L'attuale livello di integrazione delle produzioni in Sardegna ha raggiunto una tale interdipendenza che il venire a mancare di un solo impianto produttivo mette fatalmente e irreversibilmente in discussione tutti gli altri impianti determinando un disastroso effetto domino di chiusure in un contesto industriale desertificato, dove tutti i tentativi ventennali di riconversione industriale e produttiva hanno miseramente fallito.

Questo sistema integrato forse è l'unica forza che ha ancora l'industria chimica , e sulla necessità, sull'esigenza che la chimica abbia tutta la considerazione, tutta l'attenzione del Governo nazionale si è espresso più volte il ministro Scajola che considera la chimica di base essenziale per un paese industrializzato come l'Italia,.

Prima di affrontare il problema specifico della Rockwool, voglio dire che i lavoratori, non solo quelli della Rockwool, ricevono sicuramente il mio pensiero perché la dignità del lavoratore sardo è presente a tutti quanti noi, i lavoratori sardi meritano sincerità per cui non possiamo tacere quello che sappiamo: devono sapere che cosa li aspetta. Per quanto riguarda la Rockwool, io ritengo che qualche elemento integrativo su questa fabbrica debba essere dato, tornando anche molto indietro nel tempo, perché altrimenti non abbiamo ben chiaro il quadro.

Il gruppo Rockwool è stato fondato nel 1909, è danese, ha 23 stabilimenti, conta più di 8500 dipendenti, e l'impianto di Iglesias cominciò a produrre lana di roccia nel 1996. Cominciò non già con il nome "Rockwool", ma come "Lana di Roccia S.p.A.", società partecipata al 70 per cento da Progemisa S.p.A., al 10 per cento da Sigma Invest S.p.A., e per il 20 per cento dal gruppo svedese Partek. Rockwool Italia S.p.A. acquistò Lana di Roccia nel maggio del 1999, Presidente della Giunta, Palomba, assessore dell'industria, Pinna, pagandola 9,5 miliardi di lire.

In questa Intesa e mi è già capitato di dire che le intese devono essere fatte bene, era previsto un solo obbligo a carico dell'acquirente, ed era quello di mantenere i livelli occupazionali per 73 dipendenti per cinque anni. Ora si dice che noi non possiamo sottostare alla libera volontà degli imprenditori che decidono di venire, prendono i nostri soldi, aprono e poi chiudono perché non conviene più stare in Sardegna, perché fanno un'altra politica commerciale. Ma le istituzioni non possono entrare nelle politiche imprenditoriali, nelle scelte degli imprenditori,. Le istituzioni possono solo ed esclusivamente verificare se le intese e gli accordi stipulati con gli imprenditori vengono rispettati. Ecco perché le intese e gli accordi devono essere fatti bene.

La crisi dell'economia sarda, e quella sulcitana nello specifico, la sua perdita di competitività, sappiamo che è dovuta anche ai mutamenti internazionali che ci sono stati, è dovuta anche all'affermazione di alcuni grandi paesi in via di sviluppo, quali la Cina e l'India in primo luogo, ed è dovuta ad una fase di sviluppo del capitalismo che, bisogna dirlo, ha ripiegato sulla riduzione dei costi agendo essenzialmente, talvolta, sul costo del lavoro, e molto spesso, perché non dirlo (era un modo di fare industria prima), cercando di far ricadere alcuni costi sull'ambiente. E' quello che l'onorevole Uras ha definito "macerie sociali e ambientali".

Noi sappiamo che le macerie ambientali ci sono, ci sono nel Sulcis, ci sono a Furtei, però sappiamo anche che certi progetti di reindustrializzazione prevedono le bonifiche del territorio, prevedono il reimpiego dei lavoratori per bonificare il territorio. E questo è detto dal ministro Scajola in uno di quei sette punti che tutti voi conoscete.

L'onorevole Diana si interroga se questo modello di industria può essere compatibile con l'ambiente. La compatibilità di questo modello di industria con l'ambiente dipende solo ed esclusivamente da come l'uomo decide di gestire il modello in questione. Tutto dipende solo ed esclusivamente dall'attenzione che l'uomo e la politica prestano all'ambiente.

Si è parlato di un'azione del Governo che prescinde dalla nostra volontà. Si è detto anche che il Governo talvolta considera la Sardegna e noi sardi come uno zerbino. Si richiede un minimo di etica, io richiedo un massimo di etica. Non è nella natura del popolo sardo essere uno zerbino. Non è nella natura del presidente Cappellacci essere zerbino, l'ha detto a chiare lettere stamattina a Porto Torres, si è schierato con i lavoratori, è andato a Roma per cercare di trovare delle soluzioni. Perché comunque c'è uno scenario di soluzioni possibili, tutte percorribili, per cui non tutto è precluso.

Si è parlato anche di centrali nucleari. Corre l'obbligo di dichiarare che quanto è apparso sui giornali è falso. La comunicazione deve essere chiara, intelligibile e corretta. Quello che è stato scritto sui giornali non corrisponde al vero. La cartina a cui si faceva riferimento è del 1993, non ha niente a che vedere con la programmazione del Governo nazionale; il ministro Scajola ha confermato quanto già detto nel corso della sua recente visita in Sardegna: "Nessuna centrale nucleare è prevista in territorio sardo". L'onorevole Giacomo Sanna ha chiuso il discorso con due parole: "Non sono previste".

Tornando alla Rockwool, l'Esecutivo regionale è sempre stato molto vicino ai lavoratori in questo periodo, e non è stata una vicinanza di passerella, non rientra nello stile di questo Esecutivo. E' stata una vicinanza per capire quali sono i loro problemi, per cercare di capire veramente come si sono sviluppate certe situazioni e per quale motivo siamo arrivati a questo punto, per cercare anche di porvi rimedio, per cercare di evitare di fare errori analoghi nel futuro.

Rockwool io l'ho conosciuta molto bene. Più volte ho incontrato i lavoratori, i responsabili, il direttore tecnico, il direttore finanziario e il direttore del personale della Rockwool. Il presidente Cappellacci ha già fissato di un incontro con l'amministratore delegato, si chiama Agnoli, e lo riceverà la prossima settimana in quanto rientrerà lunedì prossimo dall'estero.

Rockwool, come ha detto l'onorevole Oppi, che l'aveva capito tanto tempo fa, non ha voglia di continuare la sua attività. Non mi sento di negare che questa è la mia impressione, ma la mia impressione ritengo sia supportata dagli elementi che sono emersi in occasione di diversi incontri, non uno, diversi incontri. Loro hanno deciso di spostare gli impianti. Usiamo il termine "delocalizzazione"? Nonostante l'orgoglio aziendale dei lavoratori che continuano a dire: "Nel 2007 abbiamo ricevuto un premio che ci ha fatto onore", hanno deciso di impiantare una fabbrica in Croazia. Perché? Le argomentazioni sono le più varie. Ad ogni argomentazione che i dirigenti Rockwool prospettavano l'Assessore dell'industria contrapponeva le proposte della Regione, e allora trovavano un'altra scusa.

La realtà è che in Croazia, evidentemente, certi costi sono più bassi, quindi c'è una possibilità di profitto superiore a quello ricavabile in Sardegna. Questa terra sarda, che tutti noi amiamo è un'isola felice, forse perché è un'isola, ma allo stesso tempo paga per la sua insularità per cui una richiesta che viene avanzata dai più, ma lor signori che fanno politica da prima di me ne hanno già sentito parlare, è quella della continuità territoriale per le merci. Rockwool lamenta che l'acquisto e quindi l'importazione delle materie prime, la lavorazione e poi la redistribuzione e l'esportazione delle materie così finite costa troppo perché la lana di roccia è un materiale voluminoso, quindi vengono impiegati dei camion molto grandi e sono richiesti molti camion per poterla trasportare.

Un altro problema sono i costi dell'energia. Sull'energia diciamo che è l'argomento principale e ci stiamo lavorando. Come sapete, la Sardegna non ha un Piano energetico, questo è un altro momento per fare chiarezza perché il Piano sull'energia non è mai stato approvato;è stato adottato e attualmente si trova nella fase della valutazione ambientale strategica (VAS), dopo potrebbe conseguire l'approvazione. Quindi quando si dice che il Piano energetico è stato adottato è vero, ma adottato non significa approvato.

Sulle energie alternative, compreso il VPP, sappiamo che è in corso la procedura legislativa, pertanto dobbiamo aspettare l'esito; si tratta di un insieme di strumenti che il Governo italiano e la Regione Sardegna stanno cercando di darsi per venire incontro, prioritariamente, alle esigenze di mantenere in vita quelle aziende che, allo stato attuale, sono bisognose di ossigeno e, successivamente, per captare possibilmente imprenditori solidi che hanno voglia di fare impresa sana, che hanno voglia di investire in Sardegna.

In Sardegna, oltretutto, sussistono delle condizioni ambientali, e questo va detto, che consentono agli imprenditori di fare impresa sana. Ci sono altri vantaggi nel fare impresa in Sardegna; per esempio, la qualificazione del personale che resterebbe sul nostro territorio (è diverso quando si qualifica del personale che poi dalla Lombardia passa in Piemonte), il personale che viene qualificatto in Sardegna resta in Sardegna, gli interessa stare qui. Quindi, qualsiasi investimento sulla professionalità e sulla qualità del lavoratore è un investimento che costituisce valore aggiunto per la Regione Sardegna, per la nostra terra.

Questa è una delle cose che ovviamente bisognerà fare, e bisognerà farla assieme. Ecco perché apprezzo notevolmente e condivido la relazione dell'onorevole Cocco quando dice che dobbiamo trovare comunque un punto d'intesa che ci consenta di continuare un percorso che abbiamo già cominciato. Questo percorso deve necessariamente essere fatto assieme perché la crisi non ha colore politico. La crisi semmai (mutuo le parole di un'altra persona a me cara) ha nomi, si chiama Giovanni, si chiama come la moglie di Giovanni, come i figli di Giovanni, fermo restando ovviamente che, una volta superata l'emergenza, ma anche nell'intravedere le possibilità di soluzione dell'emergenza che è il contingente, ciascuno di noi può restare sulle proprie posizioni, l'importante è unire le forze. Per quanto riguarda poi le possibilità…

PRESIDENTE. Assessore, il tempo a sua disposizione è terminato. Ha domandato di replicare il consigliere Pietro Cocco. Ne ha facoltà.

COCCO PIETRO (P.D.). Presidente, se è possibile, dia il tempo di concludere all'Assessore, poiché abbiamo concordato di rimandare a domani la discussione sull'argomento.

PRESIDENTE. No, onorevole Cocco, abbiamo rimandato a domani il voto sulla mozione per poter dare la possibilità di predisporre un ordine del giorno.

COCCO PIETRO (P.D.). E' possibile far continuare l'Assessore?

PRESIDENTE. Sì, se l'Aula è d'accordo. Assessore, vuole concludere?

FARRIS, Assessore dell'industria. Vi ringrazio perché volevo chiudere prima di tutto ricordando, ancora una volta, che puntiamo (così togliamo tutti i dubbi) - lo vogliono i lavoratori - a salvaguardare la chimica di base del Paese, a rilanciare le eccellenze della chimica, e sappiamo che questi obiettivi possono essere raggiunti tutelando l'ambiente, il territorio, riqualificando i processi produttivi, bonificando e reindustrializzando i siti inquinati e anche incentivando la ricerca.

Mi interessava soprattutto chiudere, però, con un impegno da parte mia -(se lor signori vogliono ascoltare il mio impegno, perché forse è importante, così se non lo rispetto potrete dire che non l'ho rispettato)- e cioè che, per quanto mi compete, provvederò ad informare costantemente il Consiglio, anche attraverso la Commissione industria, sugli sviluppi sia delle singole situazioni che della situazione dell'intero complesso industriale, nella consapevolezza dei rispettivi ruoli e dei risultati conseguibili dalla collaborazione raggiunta in Consiglio. Questo è un mio preciso dovere che mi impegno a rispettare davanti a quest'Aula alla quale mi inchino.

PRESIDENTE. Ha domandato di replicare il consigliere Pietro Cocco. Ne ha facoltà.

COCCO PIETRO (P.D.). Io ho ascoltato con attenzione le parole dell'Assessore; condivido lo spirito con il quale si propone nei confronti dell'Aula ma, soprattutto, nei confronti dei problemi posti dalla grande crisi che stiamo attraversando. Lo spirito della mozione, è chiaro, non voleva essere quello di puntare l'indice sul Governo della Regione in carica da due mesi, questo è ovvio, ma certamente da parte nostra esiste la pretesa di capire dove questa Giunta regionale voglia andare. Quando si è parlato dell'ascolto da parte del Presidente, dei passaggi ripetuti all'interno delle sue dichiarazioni programmatiche, della possibilità che dall'ascolto poi derivino ovviamente delle conseguenze pratiche nel lavoro di tutti i giorni s'intendeva questo: capire quale piano industriale deve essere adottato in Sardegna, capire dove si vuole andare. Ci sono i problemi dell'area industriale di Portovesme, del Sulcis Iglesiente e della Sardegna complessivamente perché noi siamo consiglieri regionali della Sardegna e della Sardegna vogliamo rappresentare gli interessi, ma ognuno di noi rappresenta anche una parte di territorio, perché da quello proviene e quello conosce meglio, per cui in quest'Aula ovviamente vogliamo portare il grido di dolore che proviene da quell'area fortemente martoriata da una crisi che parte da lontano e su cui occorre mettere mano per forza.

Sappiamo bene che gli imprenditori della Rockwool probabilmente andranno via e pertanto chiediamo impegni precisi, l'abbiamo scritto nella mozione, alla Giunta regionale affinché siano, come dire, perseguite tutte le strade possibili ed immaginabili per far sì, ad esempio, che la SFIRS possa entrare nel merito delle questioni della Rockwool. La Rockwool non è un'azienda decotta (utilizziamo ancora questo termine), che sta fallendo, non è così; evidentemente ci sono strategie imprenditoriali su cui, ovviamente, anche lei non vuole entrare perché riguardano le aziende ma noi abbiamo il dovere e il diritto di impegnarci a fondo per risolvere questi problemi.

La Rockwool è un'impresa che può stare sul mercato in Sardegna; nella relazione illustrativa della mozione ho elencato le soluzioni per superare i disagi principali che la pongono, come dire, al palo sul mercato in questo momento. Sono però delle scuse che gli imprenditori hanno tirato fuori per giustificare lo spostamento dell'attività in Croazia dove ci sarebbero meno costi relativamente allo stoccaggio dei rifiuti e al trasporto, perchè il costo di trasporto delle merci voluminose dalla Sardegna, come lei dice, non consente di stare sul mercato.

Per risolvere questi problemi tutte le soluzioni possono essere trovate perché gli amministratori locali dei territori sono a disposizione, perché i sindacati, in qualche modo, sono a disposizione per rivedere un piano industriale che possa mettere in piedi l'unità produttiva; e noi abbiamo in mano gli strumenti perché questo possa accadere. Noi domani presenteremo questo ordine del giorno, l'impegno che io richiedo alla Giunta regionale è quello di dare soluzioni a questi lavoratori di Iglesias.

Sono consapevole (l'abbiamo verificato anche durante la riunione svolta con i Capigruppo per elaborare un documento unitario), che la dimensione della crisi riguarda tutta la Sardegna, ma oggi vogliamo affrontare questo problema specifico. Questo è un problema che dobbiamo affrontare perché è insorto adesso e lo vogliamo risolvere rapidamente, perché ci sono le condizioni per farlo pur sapendo che non dobbiamo tornare ad ogni piè sospinto ad affrontare ogni singolo problema della Sardegna.

L'impegno che chiediamo è questo e vogliamo che lei lo porti avanti sino in fondo, pur continuando a mantenere anche gli altri impegni di cui ha parlato nel suo intervento.

PRESIDENTE. Sospendiamo l'esame della mozione che riprenderemo, così come concordato con i Presidenti di Gruppo,domani. Procediamo con gli altri punti all'ordine del giorno.

Ha domandato di parlare il consigliere Salis. Ne ha facoltà.

SALIS (I.d.V.). Vorrei chiedere all'Assessore - non voglio entrare nel merito dell'ordine del giorno che voteremo domani - di leggere con attenzione la legge relativa ai siti nucleari, ed esattamente l'articolo 14, commi e), f) e g), dove sembra che sia proprio…

PRESIDENTE. Onorevole Salis, questo è un argomento che tratterà domani durante la dichiarazione di voto.

SALIS (I.d.V.). No, è una richiesta all'Assessore di prestare attenzione perché sembrerebbe che sia previsto come sito la Sardegna.

Svolgimento di interpellanze

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze.

Per prima viene svolta l'interpellanza numero 1/A.

(Si riporta di seguito il testo dell'interpellanza:

Interpellanza Oppi - Steri - Capelli - Biancareddu - Cappai - Contu Felice - Milia - Obinu sulla delibera del direttore generale della ASL n. 8 di Cagliari n. 228 del 9 febbraio 2009.

I sottoscritti,

premesso che, con delibera n. 228 del 9 febbraio 2009, il direttore generale della ASL n. 8 ha autorizzato "l'attivazione del contratto di collaborazione coordinata e continuativa con la dott.ssa Giovanna Del Giudice";

considerato che nelle premesse di detto atto si fa riferimento, quale presupposto essenziale, all'Atto aziendale;

rilevato che:

- il TAR Sardegna (sent. n. 2201/2008) ha annullato il Piano regionale dei servizi sanitari nella parte in cui disciplinava la rete ospedaliera;

- è di tutta evidenza che detto annullamento non può che ripercuotersi sull'Atto aziendale che ha per l'appunto, quale suo necessario presupposto, il citato Piano, annullato in parte qua;

osservato che il contenuto dei compiti affidati alla dott.ssa Del Giudice induce a ritenere che, in effetti, ci si trovi in presenza di un contratto ad alto contenuto professionale non qualificabile quale contratto di collaborazione continuata e coordinata, al di là della dizione utilizzata nell'atto stesso (si richiama al riguardo la circolare del Dipartimento della funzione della funzione pubblica del 15 marzo 2005, n. 3);

preso atto che la delibera n. 228 del 9 febbraio 2009 fa seguito ad altra delibera (la n. 85 del 15
febbraio 2006) con la quale alla stessa dott.ssa Del Giudice era stato conferito l'incarico di direttore del Distretto di Cagliari con delega alla strutturazione ed avvio del Dipartimento di salute mentale;

constatato che, in ogni caso ed a tutto volere ritenere, il presupposto del ricorso ad un contratto di collaborazione coordinata e continuativa è l'assenza nell'organico delle professionalità ritenute necessarie allo scopo;

ravvisato che la delibera prevede l'erogazione di un compenso di euro 38.000 lordi,

chiedono di interpellare il Presidente della Regione e l'Assessore regionale dell'igiene e sanità e dell'assistenza sociale per sapere se sono a conoscenza della delibera n. 228 del 9 febbraio 2009 del direttore generale dell'ASL n. 8 di Cagliari e per conoscere:

1) quali direttive siano state emanate successivamente alla pubblicazione della citata sentenza al fine di dare attuazione alla stessa e, in particolare, al fine di evitare che vengano portati a ulteriore attuazione gli atti emanati (Atto aziendale e successivi atti applicativi) sul presupposto dell'adozione del Piano regionale dei servizi sanitari;

2) se sia stato accertato il rispetto dei limiti posti dal decreto legislativo 3 dicembre 1992, n. 502, e sue modifiche ed integrazioni per simili incarichi nonché dalla legge finanziaria per il tetto di spesa dei rapporti di consulenza;

3) quali iniziative ritengano opportuno che siano poste in essere al fine di scongiurare che in effetti il contratto si possa tradurre in una mascherata proroga del precedente incarico di direttore di distretto;

4) se sia stato effettivamente accertato che nell'organico dell'ASL n. 8 non esistano in atto idonee professionalità e che non si tratti di funzioni rientranti nelle competenze degli organi di vertice e delle figure apicali dell'ASL stessa;

5) se ritengano condivisibile che venga erogata la somma di cui sopra per lo svolgimento di funzioni che ben avrebbero dovuto e potuto essere svolte dagli organi dell'ASL e dal personale dipendente e si chiede di conoscere quali iniziative intendano assumere per evitare che in futuro possano ripetersi analoghi episodi(1/A).)

PRESIDENTE. Uno dei presentatori dell'interpellanza ha facoltà di illustrarla Ricordo che il tempo a disposizione per l'illustrazione è di cinque minuti.

OPPI (U.D.C.). Cercherò, stante l'ora, di limitarli ulteriormente.

Questa nostra interpellanza nasce dall'esigenza di sapere perché con la delibera numero 228 del 9 febbraio 2009 il Direttore generale della ASL 8 ha autorizzato l'attivazione del contratto di collaborazione coordinata e continuativa con la dottoressa Giovanna Del Giudice. Ora, poiché nelle premesse di detto atto, tra l'altro, si legge: "vista la deliberazione del direttore generale in data 20.3.2008 di approvazione dell'Atto aziendale", e ancora, "considerato che nell'ambito della riorganizzazione conseguente all'approvazione dell'Atto aziendale, risulta opportuno fornire un supporto al Direttore sanitario", si deduce che uno dei presupposti che giustificano l'adozione dell'atto di cui trattasi è l'intervenuta approvazione dell'Atto aziendale.

Come lei sa bene, però, il TAR ha annullato il Piano regionale dei servizi sanitari nella parte in cui disciplinava la rete ospedaliera. E' di tutta evidenza pertanto che detto annullamento non può che ripercuotersi sull'Atto aziendale che ha quale suo necessario presupposto il citato Piano.

Ora, detto questo, è chiaro che non sfugge a nessuno che il contenuto dei compiti affidati alla dottoressa Del Giudice induce a ritenere che, in effetti, ci si trovi in presenza di un contratto ad alto contenuto professionale, non qualificabile quale contratto di collaborazione continuata e coordinata, cioè un CO.CO.CO., al di là della dizione utilizzata; si tratta di una cosa ben diversa, viene applicato in effetti un "15 septies", che vuol significare che l'attività della predetta professionista è caratterizzata da elevata professionalità e specializzazione, motivo per il quale risulta fondamentale un'esperienza specifica e prolungata.

Allora, Assessore, noi vorremmo sapere se esiste ancora la certezza del diritto e se, come nel caso specifico, chi aspira a diventare primario ospedaliero (quindi figure apicali ad alta specializzazione) -debba ancora fare i concorsi oppure venga promosso sul campo per benemerenze nel cui merito non voglio entrare.

Noi pertanto vogliamo sapere in modo puntuale quali direttive siano state emanate successivamente alla pubblicazione della citata sentenza al fine di dare attuazione alla stessa e, in particolare, al fine di evitare che vengano portati ad ulteriore attuazione gli atti emanati; se sia stato accertato il rispetto dei limiti posti dal decreto legislativo numero 502 del 3 dicembre 1992 (per queste figure specifiche, sulla base del 15 septies, è previsto un limite del 2 per cento della dotazione organica) e sue eventuali modifiche e integrazioni per simili incarichi, nonché dalla legge finanziaria per il tetto di spesa dei rapporti di consulenza; quali iniziative ritengano opportuno che siano poste in essere al fine di scongiurare che in effetti il contratto si possa tradurre in una mascherata proroga del precedente incarico che la stessa Del Giudice aveva avuto, magari svolgendo le stesse funzioni e soltanto per dare la possibilità di stare più che altro a disturbare gli equilibri anche delle persone normali in questo arco di tempo e per altri mesi; se sia stato effettivamente accertato che nell'organico della ASL 8 non esistano in atto idonee professionalità e che non si tratti di funzioni rientranti nelle competenze degli organi di vertice.

Assessore, per essere chiari, sappiamo perfettamente, perché me lo ha confermato l'attuale Direttore generale della ASL numero 8, che nel momento stesso in cui l'onorevole Barranu diventava Direttore generale della ASL 8, il suo predecessore, quindi nello stesso periodo di tempo, attivava ventisette "15 septies": questa è una vergogna e io penso che lei abbia il dovere di intervenire per evitare che lo sconquasso in atto, che mortifica le intelligenze e le professionalità dei sardi, continui.

Questo è quello che noi le chiediamo perché riteniamo che sia fondamentale, altrimenti si finirà per avere un eccesso di primari, cresceranno le figure apicali e i costi, ma certamente non renderemo giustizia ai nostri professionisti più qualificati perché prevarrà non la meritocrazia ma l'intrallazzo, il gioco di prestigio di alcuni personaggi, peraltro quasi tutti quanti "import/export" in quanto importati da altre realtà territoriali.

PRESIDENTE. Ha facoltà di rispondere l'Assessoredell'igiene e sanità e dell'assistenza sociale.

LIORI, Assessore dell'igiene e sanità e dell'assistenza sociale. Presidente, colleghi Assessori, consiglieri, e in particolare interpellanti, io ho una lettera del Direttore generale che risponde all'interpellanza, primo firmatario l'onorevole Oppi, e cita la data del 9 febbraio nella quale è stato stipulato l'atto in questione; atto che ha una durata di sei mesi.

Questo incarico è stato giustificato con la necessità di monitorare la ristrutturazione dei Centri di salute mentale di Assemini (e del suo passaggio al turno di 24 ore), di viale Bonaria a Cagliari, di Selargius nel quale dovrebbe essere ugualmente garantita un'attività per 24 ore, nonché di aiutare la Direzione sanitaria nell'attività di reinserimento lavorativo dei malati di mente, con la creazione di un programma che porti avanti degli interventi riabilitativi, nella cura in modo particolare dei rapporti con le associazioni dei familiari dei pazienti, con le associazioni di volontariato, con l'attività di cooperazione, naturalmente sempre a sostegno delle persone che hanno bisogno e che si rivolgono a questi servizi.

Diciamo che la Direzione generale nega decisamente che ci sia un nesso di continuità con il precedente incarico della dottoressa Del Giudice (alla quale tra l'altro riconosce professionalità che nessuno mette in discussione) che, comunque, avrebbe avuto un nuovo incarico. In realtà io ho provveduto, tramite le strutture della Regione, a chiedere ai direttori generali quale sia lo stato della situazione, ASL per ASL, di questo abuso, che obiettivamente si è portato avanti, di incarichi attribuiti col "15 septies", la cui portata è stata bene illustrata dall'onorevole Oppi.

Si tratta di nuovi primariati che si sono moltiplicati a dismisura, e a mio parere anche contro legge perchè sono stati attribuiti a dipendenti, disposizione che non è prevista dalla legge perché si deve ricorrere ad altissime professionalità che non sono presenti nelle AA.SS.LL.; in tanti casi, le altissime professionalità non sono assolutamente giustificabili, a mio parere.

Comunque ho chiesto ai direttori generali di esprimere un giudizio - dopo aver fatto essi stessi una revisione di questi tipi di contratto presenti nelle AA.SS.LL. -anche sul pregresso, cioè su ciò che è stato fatto dai direttori generali in passato per, naturalmente è implicito, trarne le conseguenti valutazioni e considerazioni. E quindi va da sé che si va incontro ad una riduzione di questi tipo di contratto, è naturale che questo contratto, che ha una durata di sei mesi, per ovvi motivi anche di carattere giudiziario, per evitare contenziosi, vada in scadenza. Il direttore generale può anche decidere di interromperlo qualora lo giudichi illegittimo, però deve esprimere un giudizio di merito. Questo è l'intendimento dell'Assessorato.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il consigliere Oppi per dichiarare se è soddisfatto.

OPPI (U.D.C.). Io sono parzialmente soddisfatto. A noi interessa il giudizio dell'Assessore, perchè a seguito di questa sentenza del TAR di fatto la delibera decade e, pertanto, c'è qualcuno che si deve assumere le responsabilità dato che sta perdurando questo sistema. È chiaro comunque che nelle strutture di Selargius e di Assemini la dottoressa Del Giudice farà poco perché le strutture non sono operative; questo per amore della verità.

Detto questo è chiaro che c'è una sentenza e va rispettata perché è in atto un abuso. I direttori generali devono prendere impegni formali su questo; noi infatti chiederemo, magari attraverso la Commissione consiliare competente, di avere un quadro sistematico (se questo monitoraggio è possibile e nei tempi che lei riterrà opportuno) per verificare noi stessi sulla base dei numeri gli abusi che sono stati compiuti. Questo credo che sia fondamentale, perché è un problema di carattere generale, non ci interessa il particolare di una persona che occupa due stanze, non soltanto una, con suppellettili particolari in quel della ASL numero 8, un favoritismo smaccato fatto su commissione. È stato chiesto espressamente al direttore generale, per sua stessa ammissione, di dare l'opportunità a questa donna di continuare questa opera nefasta nei confronti della psichiatria in Sardegna.

PRESIDENTE. Per seconda viene svolta l'interpellanza numero 2/A.

(Si riporta di seguito il testo dell'interpellanza:

Interpellanza Oppi - Steri - Capelli - Biancareddu - Cappai - Contu Felice - Milia - Obinu sui concorsi per la dirigenza regionale.

I sottoscritti,

rilevato che, con lettera prot. n. 128/2009 in data 16 marzo 2009, la CISL-FPS, il SADiRS e la FEDRO hanno presentato istanza al Presidente della Regione, all'Assessore degli affari generali, personale e riforma della Regione nonché agli uffici del citato Assessorato, chiedendo l'annullamento del concorso in atto per l'accesso alla dirigenza regionale;

considerato che le ragioni poste a fondamento di detta richiesta appaiono del tutto condivisibili e constatato che la situazione di profondo disagio in cui è venuta a trovarsi la dirigenza regionale a seguito delle traversie subite nell'ultima legislatura richiedono un intervento legislativo di ridisciplina della materia,

chiedono di interpellare l'Assessore degli affari generali, personale e riforma della Regione:

per conoscere se l'Amministrazione intenda ritirare in sede di autotutela gli atti del bando di concorso per l'accesso alla dirigenza di cui trattasi;

affinché si provveda al più presto all'annullamento dei concorsi per la dirigenza in svolgimento.)

PRESIDENTE. Uno dei presentatori dell'interpellanza ha facoltà di illustrarla.

STERI (U.D.C.). L'interpellanza ha uno scopo più che altro provocatorio per conoscere gli intendimenti della Giunta regionale in materia di disciplina del personale. Abbiamo preso lo spunto da un esposto molto analitico, che avevano presentato i sindacati, contro la delibera con la quale erano stati banditi i concorsi per 12 posti nella dirigenza. Questa delibera della Giunta regionale del 2006 è palesemente illegittima in quanto in contrasto con la disciplina della legge numero 31. Chiediamo quindi di conoscere dalla Giunta regionale, partendo dal presupposto dell'esistenza di tutta questa serie di illegittimità che sono state enunciate dai sindacati, i suoi intendimenti per la disciplina del personale regionale; è un argomento particolarmente importante perché, come tutti sappiamo, nella scorsa legislatura il personale regionale ha lamentato in maniera pesante e pressante la situazione in cui si è trovato a vivere e a lavorare.

Ecco perché riteniamo che conoscere le intenzioni della Giunta, e dare un segnale a tutto il personale della Regione che si intende cambiare sistema, sia molto importante.

PRESIDENTE. Ha facoltà di rispondere l'Assessore degli affari generali, personale e riforma della Regione.

CORONA, Assessore degli affari generali, personale e riforma della Regione. Onorevole Presidente, onorevoli consiglieri, noi condividiamo molti punti della nota delle organizzazioni sindacali, in particolare perché questi concorsi individuano una figura di dirigente che deve avere un'ottima conoscenza della lingua inglese, un'ottima preparazione sul versante tecnico specialistico in specifiche aree individuate dai bandi, mentre è molto marginale invece la richiesta di attitudini manageriali.

Queste caratteristiche non ci sembrano in linea con l'esigenza di dotarsi di una dirigenza moderna ed efficiente, coerente con le necessità dell'amministrazione. Il dirigente regionale, secondo noi, deve possedere innanzitutto attitudini e capacità di organizzazione e gestione delle risorse umane, di pianificazione, progettazione e valutazione, deve essere disponibile all'assunzione di responsabilità, deve fare scelte in tempi certi e con modalità corrette, deve possedere conoscenze tecnico giuridiche di base di buon livello. Deve anche conoscere la lingua inglese e l'informatica tenendo però presente il contesto in cui dovrà usarle.

Il dirigente non è quindi un tecnico che conosce molto bene l'inglese, ma un professionista capace di gestire risorse umane e finanziarie, un dirigente unico in grado di ruotare nelle diverse direzioni con flessibilità, adeguatamente accompagnato e formato per il suo specifico ruolo.

La Giunta regionale sulla base di queste considerazioni intende revocare i concorsi in svolgimento. Questa scelta è suffragata dalla volontà di dare attuazione alle considerazioni condivise con il sindacato e di selezionare una diversa figura di dirigente. Come intendiamo operare? Intanto con un concorso unico e non con concorsi per aree. La legge regionale numero 31, come ricordava l'onorevole Steri, regola l'accesso alla dirigenza con procedure uniche per l'amministrazione e per gli enti, non prevede concorsi per aree, che sono stati introdotti infatti con una delibera di Giunta nel 2006.

Superato il concorso, i vincitori seguiranno un percorso formativo specifico in vista dell'avvio dell'attività dirigenziale, in linea con quanto previsto dal DPR dello Stato riguardante il regolamento di disciplina in materia di accesso alla qualifica di dirigente; inoltre intendiamo introdurre nuovi criteri di selezione. Le prove nel loro complesso dovranno consentire di valutare il candidato nella sua totalità senza che vi siano sbarramenti iniziali come l'attuale prova di inglese. Le prove scritte dovranno permettere di misurare la capacità di organizzazione e soluzione dei problemi da parte dei candidati piuttosto che le loro conoscenze teoriche; dovrà essere obbligatoria, oggi è soltanto facoltativa e non ben definita, un'apposita prova volta, con l'ausilio di esperti, a valutare le attitudini dei candidati al ruolo di dirigente. La prova della conoscenza della lingua inglese non avrà più un peso determinante rispetto alla idoneità del candidato, ma sarà valutata tramite l'attribuzione di un punteggio allo stesso modo e sullo stesso piano della prova di informatica. Nella prova orale inoltre verranno valutate le conoscenze teoriche dei candidati che complessivamente dovranno raggiungere un ottimo livello.

In conclusione: bandire un concorso unico farebbe diminuire i costi rispetto all'attivazione di concorsi suddivisi per singola area. Pensate che nel 2006 sono stati banditi tre concorsi per un totale di 10 posti, non ci sono stati idonei oltre ai vincitori e infatti nel 2008 sono stati banditi altri cinque concorsi per un totale di 11 posti , quelli di cui parliamo oggi. La graduatoria unica permetterebbe, per i tre anni successivi, di coprire i vuoti di organico senza indire ulteriori concorsi, infine il concorso unico permetterebbe di rispettare e applicare correttamente la percentuale di posti a disposizione dei dipendenti dell'amministrazione e degli enti, attualmente prevista al 20 per cento, che noi vorremmo riportare al 40 per cento, così come previsto dalla legge numero 31.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il consigliere Steri per dichiarare se è soddisfatto.

STERI (U.D.C.). Ringrazio l'Assessore per la risposta, prendiamo atto che l'orientamento della Giunta è, al momento opportuno, di annullare i concorsi di cui trattasi e siamo soddisfatti di questa decisione che è un primo segnale forte che viene dato a tutto il personale regionale. PRESIDENTE. Per terza viene svolta l'interpellanza numero 4/A.

(Si riporta di seguito il testo dell'interpellanza:

Interpellanza Lai - Diana Mario - Sanna Matteo sullo stato di attuazione del piano di intervento fitosanitario per la lotta microbiologica ai lepidotteri defogliatori che stanno compromettendo l'integrità del patrimonio boschivo della Sardegna.

I sottoscritti,

premesso che:

- il patrimonio boschivo rappresentato dalle formazioni forestali a sughera ha un ruolo fondamentale per l'economia della Sardegna;

- le sempre più frequenti infestazioni di lepidotteri defogliatori, rappresentati soprattutto dalla Lymantria dispar e dal Malacosoma neustrium, stanno compromettendo l'integrità delle sugherete;

- la presenza di questi bruchi può raggiungere, in assenza di trattamenti preventivi, quantità impressionanti nei boschi, totalmente defoliati, nelle aree adiacenti alle sugherete ed ai centri abitati rendendo impossibile in alcuni tratti persino il transito dei treni;

- attualmente l'unica possibilità di contrastare le infestazioni dei lepidotteri defogliatori da sughera è rappresentata dal ricorso a trattamenti insetticidi a base di Bacillus thuringensis, da utilizzare su vasta scala con mezzo aereo;

- la pianificazione e l'esecuzione dei trattamenti fitosanitari a tutela del patrimonio forestale sono poste sotto il coordinamento della Regione;

considerato che:

- nell'anno 2008 il trattamento fitosanitario di lotta alla Lymantria dispar e al Malacosoma neustrium non è stato attuato per il divieto posto dal Ministero della salute all'utilizzo del prodotto FORAY 48B, precedentemente impiegato, per paventati rischi di ordine sanitario, risultati all'esame di indagini più approfondite del tutto infondati;

- la Regione Sardegna ha provveduto a presentare al Ministero della salute la richiesta del farmaco FORAY 48B, in tempi utili per averne disponibilità adeguata all'impiego su vasta scala;

preso atto che le conseguenze del mancato intervento fitosanitario mediante trattamenti insetticidi ha prodotto nel 2008 la defogliazione totale di interi comprensori forestali con danni incalcolabili legati alla compromissione dello stato di salute delle piante di sughera, con impossibilità di decorticare le sugherete arrivate alla fine del ciclo di produzione e conseguente perdita, come materia prima, di sughero,

chiedono di interpellare l'Assessore regionale della difesa dell'ambiente e l'Assessore regionale dell'agricoltura e riforma agro-pastorale affinché riferiscano:

1) sullo stato di attuazione del piano di intervento per la lotta alla Lymantria dispar e al Malacosoma neustrium;

2) sulle risposte che il Ministero della salute ha dato alla Regione Sardegna in merito alla richiesta di registrazione del farmaco FORAY 48B, affinché possa essere impiegato adeguatamente su vasta scala con mezzo aereo;

3) sulle risorse a disposizione;

4) sui tempi e sulle modalità di attuazione dell'intervento;

5) sulle dimensioni delle aree da trattare che, in attinenza al piano triennale regionale di lotta relativo al 2007-2009, non dovrebbero essere inferiori a 20.000 ettari.)

PRESIDENTE. Uno dei presentatori dell'interpellanza ha facoltà di illustrarla.

LAI (P.d.L.). Presidente, Assessori e colleghi, l'interpellanza si è sovrapposta ad un'interrogazione presentata dagli onorevoli Matteo Sanna e Mario Diana in quanto insieme a loro, che hanno firmato l'interpellanza, si è ritenuto opportuno avere non tanto risposte più esaustive, ma più attinenti e contestuali alla situazione attuale in merito alla campagna di lotta ai lepidotteri defogliatori, i bruchi delle sugherete, che sono rappresentati fondamentalmente non solo, lo ricordo, dalla Lymantria dispar, ma anche dal Malacosoma neustrium, e quindi richiedono azioni intense e strutturate.

Gli interpellanti chiedono pertanto agli Assessori competenti di riferire sullo stato di attuazione del piano di intervento per la lotta a questi parassiti, che compromettono un patrimonio boschivo che ha un ruolo fondamentale per l'economia della Sardegna; sulle risposte che il Ministero della salute ha dato alla Regione in merito alla richiesta di registrazione del farmaco FORAY 48B, che viene reperito in quantità sufficienti soltanto se le procedure burocratiche avvengono in tempi tali da consentirne l'utilizzo per le aree cui è destinato; sulle risorse a disposizione; sui tempi e sulle modalità di attuazione dell'intervento; sulle dimensioni delle aree da trattare che, riferendoci alla situazione attuale, risultano inadeguate. I monitoraggi attuati durante il periodo invernale dal Corpo forestale hanno messo in evidenza che l'area da trattare dovrebbe interessare circa 40.000 ettari di boschi di querce, mentre le risorse disponibili, costituite dai residui del finanziamento destinato all'intervento del 2008 e dai dodicesimi dell'esercizio provvisorio del 2009 consentono purtroppo di intervenire solo su 20.000 ettari.

Anche se i criteri di attuazione hanno privilegiato il trattamento di aree omogenee contigue, piuttosto che intervenire diffusamente a macchia di leopardo (quest'ultimo trattamento risulterebbe di scarsa efficacia, se si riferisce alla biologia del parassita che non verrebbe danneggiato da un trattamento di questo genere), si comprende certamente che si sia prodotto malcontento nelle comunità di Buddusò e di Alà dei Sardi, in particolare Padru, Sant'Antonio di Gallura, in tutti i comuni interessati, ma in tutta la Sardegna, in tutte le altre province alle quali sono stati destinati interventi esigui. Questo si capisce, ma occorre dire con assoluta chiarezza che i punti di debolezza di questo sistema di prevenzione e di trattamento non sono imputabili all'attuale Governo regionale, bensì sono stati ereditati.

Il punto centrale è che è stata davvero dannosa e non razionale l'improvvida decisione di impedire l'utilizzo nel 2005 del farmaco FORAY 48B da parte del Ministero della sanità per una presunta nocività sull'uomo, sugli animali e sull'ambiente che non è stata assolutamente dimostrata, perché il farmaco è risultato assolutamente innocuo alla luce di approfonditi studi nazionali e internazionali.

Proprio all'impossibilità di avere a disposizione il farmaco in tempi utili, è dovuto il mancato trattamento dello scorso anno, che ha prodotto una situazione per cui gli ettari suscettibili di defogliazione non sono più 20.000 ma 40.000, perché il mancato trattamento ha favorito la diffusione dell'infestazione su vasti territori. Il piano triennale ereditato risulta quindi…

PRESIDENTE. Onorevole Lai, il tempo a sua disposizione è terminato. Ha facoltà di rispondere l'Assessore della difesa dell'ambiente.

SIMEONE, Assessore della difesa dell'ambiente.Signor Presidente, signori consiglieri, io ho affrontato questa problematica recentemente. E' sicuramente una problematica importante per quanto riguarda il comparto sardo, soprattutto perché la Sardegna, con la quantità di foresta di cui dispone, circa 1.200.000 ettari, e la quantità di sughero di cui è dotata, ha sicuramente l'esigenza che questi procedimenti possano essere adottati continuamente e nel miglior modo possibile.

Ho preso alcuni appunti relativamente a ciò che è successo nel tempo. L'Amministrazione regionale, a suo tempo, in accordo con province e con la collaborazione del Dipartimento di protezione delle piante dell'Università di Sassari, ha varato nel 2006 un piano organico triennale finalizzato al controllo e al contrasto dei lepidotteri fitofagi, che rappresentano un pericolo endemico per le foreste di latifoglie autoctone e in particolar modo per la quercia da sughero. L'attacco di questi parassiti, analoghi a quelli della più nota Processionaria, determina la totale defogliazione degli alberi colpiti con mali analoghi a quelli determinati da un incendio, con la conseguente perdita di capacità vitale delle piante.

Almeno da un decennio, sempre in collaborazione con il Dipartimento sopra citato, sono stati finanziati e realizzati interventi sperimentali di lotta con l'utilizzo di metodi biologici che, date le dimensioni fisiche delle aree da trattare, sono stati veicolati con il mezzo aereo. Le sperimentazioni effettuate si sono sempre svolte con l'autorizzazione del Ministero della salute e sotto la direzione tecnico-scientifica del Dipartimento; i dati da questi raccolti hanno confortato sulla bontà della strada intrapresa e hanno determinato le condizioni per varare il piano triennale sopra richiamato.

Nel corso dell'anno 2007, con uno stanziamento di 1 milione e 200 mila euro di fondi regionali, si è proceduto a trattare con mezzo aereo, previo monitoraggio di 400 punti campione, oltre 20.000 ettari di foreste di latifoglie, col risultato di aver salvato gli alberi da un attacco che, dati i presupposti, si preannunciava drammatico. Anche per il 2008, i dati del monitoraggio suggerivano l'effettuazione di un intervento analogo in aree differenti rispetto all'anno precedente e, segnatamente, per la Gallura.

In relazione a ciò, la direzione generale di questo Assessorato, con nota numero 7888 del 25 marzo 2008, chiese all'allora Direzione generale del Ministero della sanità l'autorizzazione straordinaria e provvisoria per l'utilizzo del prodotto fitosanitario a base del Bacillus Thuringensis Kustaki, cosiddetto BTK, con distribuzione a mezzo aereo. A questa richiesta non venne mai dato seguito, e ci fu il problema di poter registrare e autorizzare un solo prodotto differente da quello testato negli anni precedenti.

Io non voglio entrare in questo momento nel merito delle scelte che sono state operate, ma una cosa è certa: i risultati dell'anno 2007 sono stati catastrofici e noi siamo partiti da questa situazione per studiare il piano che è stato adottato per l'anno 2008. E' evidente quindi che noi dovremmo studiare un processo triennale, partendo da una valutazione dei risultati che conseguiremo quest'anno. Cioè noi quest'anno stiamo trattando circa 20.000 ettari, che sono così distribuiti: circa 2.000 ettari in Provincia di Cagliari, 4.000 ettari in Provincia di Nuoro, 3.000 ettari nella Provincia di Oristano, 9.000 ettari nella Provincia di Olbia-Tempio, 2.000 ettari nella Provincia di Sassari. Tutto questo è stato organizzato con la collaborazione fra le province, il corpo forestale, il Dipartimento, eccetera. E' evidente che non credo che questo possa essere assolutamente sufficiente.

PRESIDENTE. Ha facoltà di parlare il consigliere Lai per dichiarare se è soddisfatto.

LAI (P.d.L.). Mi dichiaro soddisfatto e ringrazio l'Assessore per le risposte che lasciano intravedere la volontà di predisporre un piano che estenda il trattamento alle aree interessate in tutta la Sardegna. Mi permetto così di raccomandare severità nel monitoraggio, come mi è parso di intendere dal suo intervento, per individuare i focolai che sono alla base delle strategie di prevenzione.

PRESIDENTE. I lavori del Consiglio riprenderanno domani, giovedì 14 maggio, alle ore 10.

La seduta è tolta alle ore 21 e 13.