Seduta n.52 del 12/11/2014 

LII SEDUTA

(POMERIDIANA)

MERCOLEDÌ 12 NOVEMBRE 2014

Presidenza del Presidente Gianfranco GANAU

La seduta è aperta alle ore 16 e 26.

FORMA DANIELA, Segretaria, dà lettura del processo verbale della seduta antimeridiana del 5 novembre 2014 (49), che è approvato.

Congedi

PRESIDENTE. Comunico che i consiglieri regionali Efisio Arbau, Giampietro Comandini, Gavino Manca e Gavino Sale hanno chiesto congedo per la seduta pomeridiana del 12 novembre 2014.

Poiché non vi sono opposizioni, i congedi si intendono accordati.

PRESIDENTE. Sospendo la seduta fino alle ore 17.

(La seduta, sospesa alle ore 16 e 26, viene ripresa alle ore 17 e 10.)

Commemorazione dei caduti della strage di Nassiriya

PRESIDENTE. Com'è noto oggi ricorre l'undicesimo anniversario della strage di una Nassiriya, una delle pagine sicuramente più tristi della nostra storia recente. Il 12 novembre 2003 a Nassiriya, città a sud dell'Iraq, un camion bomba esplose dentro il recinto della Maestrale, una delle basi del contingente italiano, a cui era demandato il controllo su una delle regioni irachene. Un vero attacco kamikaze contro la base "Maestrale". Un camion forzò il posto di blocco all'entrata della base, proseguì la sua corsa sino alla palazzina che ospitava il Dipartimento logistico italiano provocando una sparatoria. Dietro al camion fece irruzione anche un'autobomba, finendo la sua corsa con una violenta e devastante esplosione che portò, a fine giornata, a un bilancio tragico. Furono 28 le persone che morirono: 12 carabinieri, 5 soldati dell'Esercito italiano, 2 civili italiani, 9 civili iracheni, circa venti italiani, tra militari e civili, rimasero feriti.

Sono tante le iniziative e le celebrazioni che oggi ricordano quella triste giornata e in coincidenza dell'anniversario della strage viene, come sappiamo, celebrata la giornata del ricordo dei caduti, civili e militari, delle missioni internazionali per la pace, istituita con legge numero 162 del 12 novembre 2009. L'Italia è tra i sette Paesi maggiormente impegnati nelle operazioni di pace dell'Onu. La nostra partecipazione alle missioni è sempre stata particolarmente apprezzata, rappresenta un vero e proprio modello, soprattutto grazie alla capacità di dialogo dei nostri contingenti con le popolazioni locali e all'impegno dimostrato in campo sia civile che militare nelle operazioni di stabilizzazione e mantenimento della pace. Il nostro Paese è attualmente impegnato nel sud del Libano e in Medioriente e partecipa attivamente alle missioni Onu in Asia, in Africa e in Europa.

Il tragico attentato di Nassiriya fu il più grave attacco alle truppe italiani militari dalla fine della seconda guerra mondiale. Come spesso viene ricordato, quel giorno la guerra entrò nelle case degli italiani alle 8 e 45 del mattino, a Nassiriya erano le 10 e 45, e oggi sono ancora tanti i conflitti nel mondo e il percorso di pace è lontano dall'essere raggiunto.

Come è doveroso fare, invito questo Consiglio a osservare un minuto di silenzio, ricordando che la pace è un obiettivo che l'Italia e l'Europa devono perseguire sempre, costruendo insieme alle popolazioni vittime del conflitto condizioni economiche e sociali che consentano il raggiungimento di una piena democrazia.

(Segue un minuto di silenzio)

Sull'ordine dei lavori

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge numero 72: "Disposizioni urgenti in materia di riorganizzazione della Regione".

Ha domandato di parlare sull'ordine dei lavori il consigliere Marco Tedde. Ne ha facoltà.

TEDDE MARCO (FI). Prendo la parola con sincero imbarazzo, perché quello che è accaduto oggi avremmo voluto che mai accadesse. Siamo perfettamente convinti, signor Presidente, della sua buona fede, della sua correttezza nella conduzione dei lavori, ma siamo altrettanto convinti che tutto ciò che è accaduto è l'esito, il frutto di tutta una serie di artifizi e raggiri che hanno snaturato, violentato e svilito il testo che è stato portato in quest'Aula, fino a renderlo completamente difforme dall'originale.

Detto questo, devo sottolineare, signor Presidente, che il disegno di legge numero 72 ha completato l'iter procedimentale in Commissione soltanto stamattina. Questo non ci ha ovviamente consentito di predisporre gli emendamenti, anzi, per la verità io avevo preparato degli emendamenti al vecchio testo, sperando che non venisse snaturato dal nuovo. Ma il nuovo testo deve essere da noi letto e approfondito, deve essere emendato, cosa che non ci è consentita.

L'articolo 102 del Regolamento consente di non rispettare il termine di cinque giorni previsto dall'articolo 54 per la convocazione del Consiglio e la comunicazione dell'ordine del giorno qualora vi sia il parere unanime della Conferenza dei Capigruppo, ma non è il caso del disegno di legge numero 72, che è stato esitato oggi in Commissione, per cui chiediamo del tempo per approfondirlo. Non ci pare un caso da articolo 102, ci pare un caso ordinario ai sensi dell'articolo 54. Noi non vogliamo essere dei figuranti in quest'Aula, vogliamo bensì dare il nostro contributo, vogliamo dire la nostra e apportare i miglioramenti che quel testo di legge merita.

Signor Presidente, noi confidiamo nella sua serenità di giudizio e anche nella sua capacità di condurre i lavori dell'Aula dando la possibilità a tutti di contribuire in modo utile e fattivo. Grazie.

PRESIDENTE. Onorevole Tedde, debbo ribadire che la programmazione dei lavori è stata concordata in Conferenza dei Capigruppo e che oggi non è stata apportata nessuna modifica sostanziale al testo, semplicemente sono stati fatti degli adeguamenti per quanto riguarda la copertura finanziaria.

Si possono presentare emendamenti, se non si decide diversamente, purché ciò avvenga, come da Regolamento, prima della votazione del passaggio all'esame degli articoli. Questi sono i termini, dopodiché l'esigenza di disporre di più tempo può essere valutata dalla Conferenza dei Capigruppo, ma in questo momento non ci sono accordi di questo tipo. Anzi, l'accordo preesistente prevedeva di dare massima celerità a questa legge. Stamani è stato chiesto di chiudere i lavori entro la giornata di domani per esigenze che stavano ponendo proprio i Gruppi della minoranza. Quindi credo che non ci sia nessun motivo per spostare questi termini, salvo che in Conferenza dei Capigruppo non si concordi, per l'esigenza di disporre di ulteriore tempo, di spostare la chiusura della discussione a domani e a quel punto gli emendamenti potranno essere presentati anche domani.

Ha domandato di parlare il consigliere Stefano Tunis. Ne ha facoltà.

TUNIS STEFANO (FI). Non è questo il clima nel quale stamattina ho acconsentito a che questo provvedimento arrivasse in Aula questo pomeriggio. Temo che la modalità con cui si sono chiusi i lavori questa mattina non consenta di affrontare questo testo con la serenità che occorrerebbe, perché è un testo che per la serietà, la signorilità e il senso di responsabilità che lo ha accompagnato durante tutto l'iter in Commissione da parte degli esponenti della Giunta e della maggioranza, e credo di poter dire anche dell'opposizione, merita di essere affrontato con la stessa serenità e lo stesso clima anche in quest'Aula.

Presidente, le pongo una domanda di carattere esclusivamente tecnico: essendo stato concluso questa mattina l'iter in Commissione, con l'acquisizione dei pareri e il voto finale sul testo, il disegno di legge numero 72 poteva essere iscritto nei giorni scorsi all'ordine del giorno della convocazione odierna?

PRESIDENTE. La risposta evidentemente è sì, come si è sempre fatto, tanto che nella convocazione era scritto: "salvo perfezionamento della Commissione". Era previsto dall'accordo in Conferenza dei Capigruppo che il disegno di legge numero 72 fosse iscritto all'ordine del giorno di questa seduta, come è successo in altre circostanze per tante altre leggi.

Non capisco perché lei stia sollevando oggi questo problema, dal momento che è consuetudine del Consiglio fare questo tipo di operazione. Ripeto, non è stata apportata nessuna modifica sostanziale al testo che giustifichi la richiesta che è stata fatta. D'altronde se c'è un'esigenza del genere la si ponga in termini chiari, chiedendo uno spostamento, come è stato fatto altre volte, del termine per la presentazione degli emendamenti, altrimenti non c'è nessun atto formale che impedisca di discutere oggi la legge.

Ha domandato di parlare il consigliere Attilio Dedoni. Ne ha facoltà.

DEDONI ATTILIO (Riformatori Sardi). Una chiosa soltanto. Credo che l'onorevole Tunis si riferisse alla mancata richiesta dei termini per la presentazione della relazione di minoranza, quindi alla possibilità di differimento dei termini per la discussione. È un atto di disponibilità politica, credo che volesse evidenziare solo questo il collega Tunis.

Io invece vorrei ancora rimarcare il fatto, Presidente, che era inserita nella programmazione una certa proposta di legge, peraltro non presentata da me. Siccome i Presidenti delle Commissioni non ne sanno niente, inviterei il Presidente a convocare all'uopo la Commissione competente affinché la proposta di legge in questione, che è di interesse generale, e non particolare, venga esitata.

PRESIDENTE. Onorevole Dedoni, ho già detto che quella proposta fa parte della programmazione e non c'è nessun motivo che ne impedisca la discussione. La Commissione competente per materia la deve prendere in considerazione. Le Commissioni si potranno riunire nei prossimi quindici giorni, lavoreranno prevalentemente rispetto all'Aula e ci sarà il tempo per mantenere gli impegni che sono stati presi riguardo alla programmazione che abbiamo concordato. Non credo ci sia niente in contrario, non ci può essere, perché questi sono gli impegni che sono stati presi e di cui sono, tra l'altro, garante.

Ha domandato di parlare il consigliere Mario Floris. Ne ha facoltà.

FLORIS MARIO (Sardegna). Presidente, vorrei segnalarle la difficoltà e il disagio che affronteremo con il disegno di legge oggi in discussione, che non è urgente, non interviene sulla legge numero 31, ma su una miriade di leggi regionali, e necessita di un approfondimento. Io l'ho letta diverse volte e, pur essendo stato Assessore prima dell'Assessore attuale, le dico che questa è una legge che merita particolare attenzione. Non è vero che prevede un'integrazione e una modifica della "31", basta leggere i titoli degli articoli.

Presidente, per quanto riguarda il bilancio, lei ha il potere di stabilire quali sono le norme intruse. Queste sono norme che spaziano dalle province a tanti altri argomenti, la prego di tenere in considerazione questo fatto.

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Gianluigi Rubiu. Ne ha facoltà.

RUBIU GIANLUIGI (UDC). Presidente, il clima di stasera sicuramente non è adatto per discutere serenamente questa proposta di legge. Peraltro voglio porre una domanda all'Assessore. Nel testo leggo: "presentato dalla Giunta l'11 luglio 2014". È corretta questa data, Assessore?

DEMURO GIANMARIO, Assessore tecnico degli affari generali, personale e riforma della Regione. Sì.

RUBIU GIANLUIGI (UDC). Non vorrei che anche qui si trattasse di un errore, considerato che il testo di legge è stato esitato dalla Commissione il 12 novembre. Pensavo si intendesse l'11 novembre, anziché l'11 luglio.

In ogni caso, visto che il testo è stato stravolto dalla Commissione ritengo che poche ore non siano sufficienti per poter leggere questo documento e dare un giudizio equilibrato e sensato su una riforma così importante per la Regione.

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Pietro Cocco. Ne ha facoltà.

COCCO PIETRO (PD). Presidente, con tutta la buona volontà leggiamo ciò che accade: "non c'è il clima", "non ci sono le condizioni", "bisogna leggere il testo". Siamo persone che per lavoro devono studiare le cose delle quali si occupa. Questo testo è a disposizione dei consiglieri da diverso tempo, è stato esitato dalla Commissione, vi è stata in mezzo una riunione della Conferenza dei Capigruppo, nella quale abbiamo concordato il percorso che questa legge deve seguire, ovvero che da questa sera sarebbe stata inserita all'ordine del giorno dei lavori dell'Aula e sarebbero state presentate le relazioni di maggioranza e minoranza. Io non credo che siano sufficienti giustificazioni del tipo: "non c'è il clima adatto". Ma cosa si intende per clima adatto?

Noi abbiamo il dovere di intervenire sulla materia, lo dobbiamo fare da stasera, così come concordato, non perché lo dico io, ma perché tutti assieme abbiamo concordato che il percorso dovesse essere questo. Non ci sono condizioni differenti che oggi possano essere tirate in ballo per rinviare la discussione.

Si dice che occorre tempo per approfondire il testo, che però era disponibile da diverso tempo e credo che fosse un dovere di tutti esaminarlo con attenzione. Poi uno può essere d'accordo oppure no, però in mezzo a tutto questo c'è stata una discussione in Commissione, durante la quale sono intervenuti consiglieri di maggioranza e di minoranza. Oltretutto mi pare che si sia arrivati a predisporre un testo condiviso. Il testo presentato dalla Giunta è stato discusso e approvato nella gran parte della sua articolazione da parte dei commissari sia di maggioranza sia di opposizione. Non mi pare che siano cambiate le condizioni per affrontare la discussione di questo disegno di legge.

Quello di cui si è discusso stamattina è un'altra cosa, ha avuto un esito conclusivo, che è il voto finale della legge sulla sanità, ma è un'altra partita. Adesso dobbiamo discutere di altro e dobbiamo concentrarci su questo. Gli effetti di quello che è accaduto stamattina riguardo ad altri provvedimenti normativi non si devono ripercuotere su questo disegno di legge. Non credo che sia questo il senso col quale un consigliere deve svolgere il suo mandato, che sia in maggioranza o all'opposizione. Per cui invito i colleghi consiglieri dell'opposizione a essere ligi al proprio dovere e ad affrontare la discussione su questo tema, così come concordato.

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Pietro Pittalis. Ne ha facoltà.

PITTALIS PIETRO (FI). Presidente, io penso che questa questione possa essere risolta in una velocissima Conferenza dei Capigruppo, perché ritengo che non si debbano sovrapporre questioni di disponibilità politica, come ricordava il collega Stefano Tunis. Noi stamattina avremmo potuto chiedere i cinque giorni per la presentazione della relazione di minoranza, non li abbiamo chiesti per mantenere fede a un impegno che riconosco, e cioè una volta esitato il provvedimento sulla sanità si sarebbe dovuto affrontare il disegno di legge numero 72.

Il problema però, colleghi, è che abbiamo intanto tutti sottovalutato, anche in Conferenza dei Capigruppo, la questione che non tutte le forze politiche, non tutti i consiglieri regionali sono rappresentati in prima Commissione. Mi dicono che l'onorevole Mario Floris, per esempio, e tanti altri colleghi (non so se i colleghi Riformatori siano rappresentati in prima Commissione ) hanno ricevuto in questi giorni il testo che è stato approvato nella stesura definitiva questa mattina. È un testo complesso e io pongo un problema di merito: se si vuole evitare di mettere nel nulla il lavoro sicuramente egregio che può aver fatto l'Assessore nel coordinare gli emendamenti e quant'altro ed evitare scivoloni, come quelli che si sono verificati durante l'esame della legge sulla sanità, la proposta che formulo e che formulerei in Conferenza dei Capigruppo è questa: facciamo pure la discussione generale, ma fermiamoci e diamo tempo a chi deve esaminare il provvedimento di preparare e presentare degli emendamenti. Non è un provvedimento qualunque, è un provvedimento che investe istituti dell'organizzazione regionale, la legge numero 31, aspetti correlati anche al sistema delle autonomie locali e a tutta una serie di istituti, ed è bene che qualche riflessione si possa fare comunemente.

Si dia pertanto la possibilità, soprattutto a chi non è rappresentato nella prima Commissione, di disporre di un tempo congruo per fare le proprie valutazioni e presentare eventuali emendamenti. Questo è il senso, al di là della questione regolamentare, della richiesta di chi ha visto il testo per la prima volta in questo momento, perché solo alle 9 e 30 di oggi la prima Commissione lo ha esitato con votazione definitiva, dopo aver acquisito il parere finanziario della Commissione bilancio.

PRESIDENTE. Credo che il dialogo sia sempre utile, quindi faremo una breve riunione della Conferenza dei Capigruppo adesso, anche se da un punto di vista procedurale tutto ciò che abbiamo fatto è assolutamente ineccepibile, perché ciò che succede in Consiglio su un argomento non può essere motivo per mettere in discussione gli impegni presi mezz'ora prima su un altro argomento, altrimenti non si può più lavorare.

Se c'è l'esigenza di spostare i termini di presentazione degli emendamenti, come altre volte è stato fatto, possiamo trovare un accordo. Convoco pertanto la Conferenza dei Capigruppo. La seduta è sospesa.

(La seduta, sospesa alle ore 17 e 31, viene ripresa alle ore 17 e 52.)

PRESIDENTE. Comunico la decisione della Conferenza dei Capigruppo: si apre la discussione generale del disegno di legge numero 72, che proseguirà eventualmente domani, mentre il termine ultimo per la presentazione degli emendamenti è martedì 18, alle ore 10. Alle ore 16 e 30 è convocata la Commissione per l'esame degli emendamenti. Mercoledì 19, mattina e pomeriggio, e in prosecuzione giovedì, mattina e pomeriggio, se necessario, si riunirà il Consiglio per entrare nel merito della legge e discutere i singoli articoli.

Cominciamo quindi la discussione generale del disegno di legge numero 72, che se del caso proseguirà domani mattina. Il termine ultimo per la presentazione degli emendamenti, lo ripeto, è fissato alle ore 10 di martedì 18 p.v.

Discussione generale del disegno di legge: "Disposizioni urgenti in materia di organizzazione della Regione". (72/A)

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la discussione del disegno di legge numero 72. Dichiaro aperta la discussione generale.

Ha facoltà di parlare il consigliere Salvatore Demontis, relatore di maggioranza.

DEMONTIS SALVATORE (PD), relatore di maggioranza. Il testo di legge esitato, sentiti l'Assessore competente, le organizzazioni sindacali e il Consiglio delle autonomie locali, si caratterizza anche per le innovazioni rispetto alla proposta originaria della Giunta, che lo hanno reso, secondo la prima Commissione consiliare, ancora più incisivo, coerente e completo relativamente agli obiettivi che si propone di realizzare.

Il disegno di legge numero 72 interviene in particolare su diversi articoli della legge numero 31 del 1998 (Norme in materia di organizzazione e personale della Regione autonoma della Sardegna), che da sedici anni è il testo normativo principale in materia di organizzazione e personale in Sardegna. Questo disegno di legge rappresenta di fatto il primo tassello di una riforma più ampia del "Sistema Regione", finalizzata a modificare l'attuale impostazione burocratica della Regione, in cui prevale l'approccio formale, verso un'impostazione cosiddetta manageriale della Regione. Impostazione manageriale non significa, evidentemente, impostazione di destra, come spesso si intende, ma invece che l'aspetto sostanziale prevale su quello formale. Ci prepariamo o per lo meno vorremmo transitare da un'amministrazione basata sulla produzione di atti, secondo il modello tipico degli anni '90, che è il modello attuale in Regione, a un'amministrazione incentrata sulla misurazione dei risultati. Questo significa sostanzialmente il termine "manageriale"; non stiamo inventando nulla evidentemente, vogliamo semplicemente applicare i numerosi studi a disposizione sulle moderne forme di amministrazione e le tendenze europee, per cercare di arrivare a un'amministrazione il più possibile rispondente ai principi di efficienza, efficacia ed economicità, ma anche trasparenza.

La riforma della pubblica amministrazione (intendendo quindi questo disegno di legge, ma anche l'armonizzazione dei bilanci contabili, la legge sulla valutazione delle policy, la modifica della legge numero 1 del 1977, che stabilisce l'attuale macrostruttura suddivisa in Assessorati e, voglio sperare, una nuova legge statutaria) è uno dei pilastri portanti dei grandi interventi strutturali ai quali siamo chiamati in questo mandato, perché una pubblica amministrazione legata a un'impostazione burocratica risalente agli anni '90 non solo non è più al servizio del cittadino, anzi direi esattamente il contrario, ma scoraggia anche gli investimenti privati, e la ripresa economica non può che passare anche dagli investimenti privati. La pubblica amministrazione non potrà più essere un polmone occupazionale, e di questo siamo consapevoli tutti. In altri termini, la Regione così com'è oggi funziona male; ne funziona male l'impostazione, a prescindere dalla maggioranza politica che la governa. Siamo anche convinti che la causa principale della mancata attuazione delle linee di mandato, del programma di mandato per ogni pubblica amministrazione risieda nel fatto che gli obiettivi ritenuti prioritari dalla classe politica non coincidono spesso con le priorità della classe gestionale, la dirigenza appunto, e questo per responsabilità di entrambi. Spesso, infatti, la classe politica non traduce le linee di mandato in obiettivi strategici chiari; questi non vengono declinati in obiettivi operativi, quindi in azioni, non vengono individuati indicatori di risultato, cosiddetti SMART, non viene attuato il ciclo di programmazione, gestione e controllo, quello che viene oggi comunemente definito "ciclo delle performance". Oppure accade che, sì, vi sia il principio della programmazione, gestione e controllo, ma le strutture, gli Assessorati non sono poi in grado di raggiungere gli obiettivi. Da qui l'esigenza importante della modifica della legge numero 1, quindi di una macrostruttura sul "modello per missione", ovvero le strutture nascono attorno agli obiettivi strategici, e non viceversa, cioè non sono gli obiettivi strategici che si adeguano alle attuali strutture, perché altrimenti, ripeto, è difficile portare a compimento un programma di mandato.

Le colonne portanti dell'intervento che si propone all'Assemblea per l'attuazione dei principi della visione politica illustrata sono essenzialmente le seguenti: la creazione del cosiddetto "sistema Regione" che, ai fini della mobilità volontaria e d'ufficio, nonché della valutazione del personale, dirigente e non, integra sia l'amministrazione regionale che quella degli enti, agenzie e istituti regionali (non è quindi riferibile attualmente all'intero sistema dell'amministrazione pubblica in Sardegna); l'attuazione del principio della valutazione delle performance, del quale ho già detto, già vigente a livello nazionale dal 2009 e purtroppo non ancora attuato nella nostra Regione. Oltre a quanto già detto in precedenza, si tratta anche di un dovere nei confronti dei cittadini, perché attiene a una questione di trasparenza: ogni cittadino dovrebbe poter accedere on line al Piano triennale della performance e alla Valutazione delle performance, questo per i dirigenti ma anche per i risultati dell'organo politico, perché non siamo evidentemente esenti da valutazione. La valutazione non passerà più al solo vaglio interno dell'Amministrazione, come avviene oggi, con il controllo di gestione; il controllo di gestione è solo una parte più piccola ricompresa nel Piano della performance, ma attraverso un organismo indipendente di valutazione, cioè l'OIV. Solo a seguito di una valutazione positiva dei risultati raggiunti da parte dell'organo indipendente sarà possibile erogare ai dirigenti la parte accessoria della retribuzione, quella di risultato, e assegnare incarichi dirigenziali. In estrema sintesi: valorizzazione obbligata del merito, a beneficio di imprese e cittadini.

La facilitazione della mobilità del personale all'interno del "sistema Regione", prevista dagli articoli 1 e 12, oltre all'ovvio risparmio di risorse finanziarie, porrà le basi per una più efficace allocazione delle competenze professionali nell'ambito della Regione, perché si potranno colmare più facilmente vacanze di organico, anche grazie alla banca dati dei curricula. Questo istituto, introdotto dall'articolo 2 del presente disegno di legge, consentirà tra l'altro una più efficiente gestione e valorizzazione del personale e una più trasparente assegnazione degli incarichi.

È importante anche la delegificazione operata dall'articolo 2 della materia relativa all'istituzione, modifica e soppressione delle direzioni generali nell'ambito di un numero massimo stabilito in 24 (perché 24 sono le attuali direzioni generali), in attesa della modifica della macrostruttura, per poi essere diminuite. Ad oggi non vi è un numero massimo stabilito per legge, sarà il Presidente della Regione a stabilire, nell'ambito delle competenze di ciascun Assessorato, quali direzioni generali istituire, proprio per una migliore attuazione del programma di governo, e sarà sempre la Giunta regionale, quale organo esecutivo, a stabilire il contingente dei dirigenti regionali e dei dipendenti e a vigilare sul contingente delle piante organiche degli enti e delle agenzie regionali. Sia la mobilità all'interno del "sistema Regione" che la delegificazione sulle direzioni generali, ancora oggi disciplinate per legge, sono propedeutiche alla modifica della legge numero 1 e quindi della macrostruttura. Questo è l'obiettivo politico che si intende raggiungere. Vogliamo poter modificare più agevolmente la legge numero 1 e quindi, ripeto, la macrostruttura.

I servizi sono invece istituiti, modificati o soppressi dal direttore generale, che però dovrà rispondere dei risultati raggiunti. E allora il punto è completa autonomia gestionale certamente, anche per consentire una valutazione che non ammetterà giustificazioni nell'inadeguatezza dei servizi diretti dai direttori generali, così come nell'istituzione delle direzioni generali da parte della Giunta. Spetterà al Presidente della Regione, o a un suo delegato, presiedere il Comitato di coordinamento delle direzioni generali, istituito dall'articolo 3 al fine del raggiungimento degli obiettivi strategici trasversali. Gli obiettivi strategici trasversali sono spesso i più qualificanti e i più sfidanti in un programma di mandato e non vengono raggiunti in genere per mancanza di coordinamento tra le direzioni generali. Evidentemente non ce lo possiamo permettere e quindi il coordinamento delle direzioni generali ritengo che sia quanto mai opportuno.

L'articolo 6 bis elimina le posizioni funzionali dirigenziali con compiti di studio, ricerca e consulenza che possono essere svolti da funzionari del "sistema Regione". Non occorre essere dirigenti, questo non significa che un dirigente non li possa svolgere evidentemente, ma non occorre essere dirigenti per svolgere questi compiti. Vengono poi introdotte particolari misure volte a garantire la continuità amministrativa e attinenti alla sostituzione dei direttori generali e dei direttori di servizio, non più per automatismo, però, cioè sulla base della maggiore anzianità, ma per designazione. Ovviamente il direttore generale sarà designato dall'organo politico e il direttore di servizio dal direttore generale. Anche qui il principio è che chi ha la responsabilità del raggiungimento degli obiettivi deve avere autonomia gestionale anche per poter essere valutato oggettivamente.

L'articolo 8, comma d), si riferisce al conferimento di incarichi dirigenziali a funzionari non in possesso della qualifica dirigenziale, i cosiddetti "facenti funzioni"...

PRESIDENTE. Onorevole Demontis, il tempo a sua disposizione è terminato.

È iscritto a parlare il consigliere Stefano Tunis. Ne ha facoltà.

Ricordo che i consiglieri che intendono prendere la parola devono iscriversi non oltre la conclusione dell'intervento del consigliere Tunis.

TUNIS STEFANO (FI). Signor Presidente, debbo dire che abbiamo svolto un lavoro difficile all'interno della prima Commissione, dove ci siamo confrontati e abbiamo cercato di intervenire articolo per articolo su un corpo di norme che, soprattutto nelle fasi iniziali, sfuggiva a un'analisi di sistema. Sistema che poi abbiamo stabilito essere il senso stesso della riforma, perché nel momento in cui abbiamo avuto notizia dalla stampa della presentazione di questo importante disegno di legge e la Giunta Pigliaru ci ha annunciato che esso sarebbe stato uno dei punti principali, più qualificanti, più importanti della propria azione di governo, abbiamo realmente creduto che ci fosse, nell'agenda di questo Governo regionale, la necessità di inserire dei meccanismi tecnici che consentissero di intervenire sulle funzioni dell'apparato amministrativo in modo da dare finalmente ruolo alla politica e liberarla dal giogo della burocrazia. Nell'agenda della politica c'è infatti la necessità di individuare un sistema attraverso il quale essa, in quanto portatrice del consenso, in quanto luogo più alto della democrazia, possa riaffermare il suo ruolo a dispetto di una classe burocratica che, a partire dalla fine degli anni '90, ha di fatto inglobato la gran parte del processo decisionale del nostro sistema istituzionale.

Questa era l'attesa che la vostra comunicazione aveva suscitato in noi prima ancora che arrivasse il testo e capirete la difficoltà di trovare tutto questo all'interno del disegno di legge che è stato proposto. Con onestà l'Assessore ci ha spiegato, in Commissione, che l'intendimento suo e della Giunta era esattamente l'opposto, perché se si parte dall'analisi del "sistema Regione" e della modalità con cui questo si dovrebbe applicare e proiettare nella vita di questa Regione ci si rende conto che non soltanto non si sta cercando di riaffermare il ruolo alto della politica e dei suoi luoghi di decisione, ma si sta cercando di dare vita al corpo morto dell'amministrazione. Si sta cioè cercando quasi una soluzione biomeccanica per dire che il sistema amministrativo e burocratico deve e può vivere da solo a dispetto della politica. E lo si fa con onestà.

Io ho discusso di questo con l'Assessore in Commissione, e lui questo l'ha detto, noi cioè dobbiamo privilegiare l'efficienza della decisione rispetto a ciò che dà vita alla decisione, e quindi il momento democratico. Addirittura si prova a inserire una specie di condominio amministrativo per il quale una conferenza di direttori generali, quindi di figure apicali, è in grado di vivere autonomamente. Fortunatamente almeno questo la Commissione è riuscita ad avere lo slancio per impedirlo e per dire che un luogo come quello, cioè un luogo di decisione con tutte quelle figure apicali può essere presieduto solamente dalla parte politica. Ecco, credo che su questo si evidenzi in maniera totale qual era l'intendimento del disegno di legge che è arrivato in Commissione. E infatti era un disegno non ricevibile da parte di chi ha preso l'impegno con i cittadini di amministrare, da parte di chi ha visto all'interno di quest'Aula affidare le più importanti cariche politiche e amministrative a persone al di fuori della politica; persino tutto ciò che era rimasto di competenza della politica passava alle dipendenze della funzione pubblica. Abbiamo visto un testo che, seppure pervenuto snello, asciutto, è diventato anche verbalmente ipertrofico ed è stato quindi corretto nelle parti in cui avrebbe fatalmente dato il colpo di grazia alla politica della Regione.

E allora dove sbaglia ancora la politica e soprattutto dove sbaglia questa maggioranza? Sbaglia - non rendendosene conto - nell'andare avanti ostinatamente su un disegno di legge che, a questo punto, è completamente snaturato. Mi domando: quale visione moderna c'è nel continuare a pensare all'amministrazione regionale come a un sistema che eroga servizi? Non è questo, da più di un decennio, il dibattito in atto sull'amministrazione pubblica. L'amministrazione pubblica deve trovare il modo per cedere lo spazio che ha acquisito la burocrazia al sistema dei portatori di interesse; la pubblica amministrazione deve trovare il modo di coinvolgere, di fare in modo che la decisione politica sia partecipativa, non chiusa cioè nelle stanze di alcuni alti dirigenti della Regione.

Colleghi, abbiamo avuto modo - lo avremo spero ancora in quest'Aula, perché possiamo rimediare se vogliamo - di trovare il momento per dare a questo provvedimento un senso che non sia quello del solito cavallo di Troia che porta all'ennesimo commissariamento, addirittura in questo caso al commissariamento di commissari. Sarebbe grottesco se, alla fine, l'unico effetto amministrativo prodotto da questa annunciata grande riforma fosse quello di mettere le mani su un altro spazio di potere al quale si ritiene di dover dedicare il proprio interesse. Non sarà il clima, come ha detto il collega Cocco, a influenzare i nostri sforzi all'interno di quest'Aula, ma sicuramente ci deve essere rispetto reciproco nel dire qual è il nostro l'obiettivo, qual è l'obiettivo di quest'Assemblea nei confronti di quel milione e mezzo di persone che stanno là fuori. E così come avremmo dovuto battezzare quella che è appena stata licenziata come la legge dei commissariamenti delle ASL, esattamente come recitava l'articolo che siete riusciti clamorosamente a sbagliare, ora dobbiamo dire cosa vogliamo fare, se cioè vogliamo riaffermare il ruolo della politica, candidarci come classe dirigente in grado di guidare questi processi o se intendiamo abdicare. Io chiederei alla maggioranza il grande sforzo d'umiltà di fare un passo indietro e prendersi un periodo di riflessione. Non confido in un gesto così coraggioso, però spero, nel momento in cui passeremo all'esame degli articoli, di trovare da parte vostra, colleghi, la collaborazione che occorre per migliorare in profondità questo testo.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il consigliere Marcello Orrù. Ne ha facoltà.

ORRU' MARCELLO (PSd'Az). Signor Presidente, signor Assessore, onorevoli colleghi, intervenendo su questo disegno di legge, pur apprezzando lo spirito che ha mosso la Giunta regionale nel sottoporre al voto del Consiglio l'organizzazione del sistema regionale per evitare abusi e azzerare i processi di mobilità, non posso non esprimere le perplessità che il titolo della legge ha sollevato. Parlando a titolo personale, a me che provengo dall'esperienza di consigliere del Comune di Sassari ha stupito che solo nell'anno 2014 la Giunta si sia accorta della necessità di introdurre in legge la valutazione della dirigenza, un principio che esiste nella legislazione nazionale sin dai primi anni 2000, con la cosiddetta legge Bassanini e il testo unico sull'ordinamento degli enti locali. Ho accennato alla mia esperienza presso il Comune di Sassari perché questo strumento esiste nel mio comune di provenienza proprio dal momento dell'entrata in vigore della legge Bassanini, e vi posso assicurare che il Nucleo di valutazione, cioè l'organismo che valuta i dirigenti, ha prodotto notevoli risultati nel campo sia economico che giuridico in cui operano i dirigenti. Mi stupisce che solo oggi il "sistema Regione" istituisca il Comitato di coordinamento delle direzioni generali. Anche questo è un organismo già funzionante nel Comune di Sassari fin dai primi anni 2000 e ha dato notevoli risultati di buon funzionamento, anche per quanto riguarda tutta la macchina amministrativa.

Certo, mi si può obiettare che il nostro Statuto è legge costituzionale, superiore nella gerarchia delle fonti del diritto alle leggi ordinarie, e che quindi la Regione non era obbligata a uniformarsi alla legge Bassanini, ma se qualcosa funziona credo sia un obbligo morale, se non giuridico, uniformarsi ad esso. Comunque, detto ciò, apprezzo che questo disegno di legge abbia posto un tetto alle direzioni generali, se non erro 24, ciò che però non trovo giusto è che la Giunta abbia accentrato il 30 per cento di queste 24 direzioni generali nelle proprie mani, quasi a voler dare il segnale che chi decide è la Presidenza e non i rami operativi degli Assessorati, come pure non trovo giusto che sugli accorpamenti e le soppressioni debba decidere solo la Giunta, senza passare per il voto del Consiglio regionale. Stiamo attenti, perché da quando ci siamo insediati stiamo dando troppi poteri alla Giunta e di questo passo, cari colleghi della maggioranza, ci avviamo verso una dittatura del Presidente della Regione, cioè il Consiglio regionale di questo passo non avrà più il potere di decidere niente, perché il potere decisionale lo stiamo accentrando tutto sulla Giunta. In quest'Aula noi consiglieri ci limiteremo, come sta già avvenendo da tempo, a discutere mozioni, a chiacchierare, a perdere tempo. Il Consiglio regionale di questo passo non conterà più nulla e sarà soltanto un fastidioso impegno al quale dovranno sottoporsi gli Assessori.

Altro punto che suscita in me forti dubbi è il fatto che il disegno di legge in discussione sia nato dalla volontà di favorire singole carriere. L'articolo 8 prevede la nomina del direttore generale del Corpo forestale anche al di fuori del personale appartenente al Corpo stesso. Posso invece esprimere valutazioni positive ad esempio sull'eliminazione delle consulenze, con la nomina dei cosiddetti direttori generali di studio, consulenze oramai anacronistiche, perché il personale interno è in grado certamente di esprimere le predette consulenze che sono comunque lautamente retribuite. È la mobilità interna del "sistema Regione" che dovrebbe tendere, appunto, alla razionalizzazione dei servizi carenti di personale della Regione, degli enti e delle agenzie collegate.

Detto ciò comunque esprimo una valutazione negativa sul complesso del disegno di legge in discussione perché, così come è stato per la sanità, non è questa la riforma rivoluzionaria che mi sarei aspettato. Comunque il tempo è galantuomo e i fatti ci daranno ragione. Grazie.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il consigliere Mario Floris. Ne ha facoltà.

FLORIS MARIO (Sardegna). Signor Presidente, colleghi del Consiglio, dobbiamo convenire insieme che parlare in quest'Aula non diventa sempre più difficile, diventa invero inutile. Spero di poter tornare un giorno su questo ragionamento, che dovremo fare tutti insieme.

Il disegno di legge che stiamo esaminando non sembra essere, sia nella versione licenziata dalla Giunta regionale, che in quella della prima Commissione, ciò di cui ha realmente bisogno la Regione per rispondere alle istanze e alle esigenze dei cittadini. L'argomento comune a tutte le forze politiche in questi decenni è stato la burocrazia regionale e la sua organizzazione, per come si è sviluppata e consolidata nel corso degli anni. Ricordo che la prima legge organica sull'ordinamento dello stato giuridico è del 1962, la legge numero 31 è del 1998 e la numero 1 è del 1977. È stato un argomento comune quello della qualità, quantità e distribuzione del personale che condizionano negativamente l'efficienza dell'azione amministrativa. È una lamentela datata questa, Assessore. Proprio nella mia responsabilità di Assessore del personale e delle riforme io ho cercato, a suo tempo, di dare una risposta adeguata attraverso un disegno di legge che affrontava in maniera sistematica e organica tutte le problematiche di cui la Regione e i suoi organismi dipendenti hanno bisogno per stare al passo con la società. Purtroppo quel disegno di legge si è perso nei meandri del Consiglio regionale.

Il disegno di legge al nostro esame, al di là dei titoli a effetto di alcuni quotidiani ("è in arrivo la riforma Demuro", "gli uffici rivoluzionati"), non ha purtroppo un afflato riformistico. Un tale obiettivo è un obiettivo de minimis, seppure destinato ai vertici dell'amministrazione regionale. Si parla tanto di autonomia e di specialità, ma tutto ciò che si è riusciti a partorire e a proporci è la mera riproposizione del decreto legislativo Brunetta, sino all'adozione di una legge regionale - questa sì sarebbe una novità - in materia di valutazione delle performance. Sarebbe stato più dignitoso, in attesa appunto di una legge di riforma organica del personale della Regione, limitarci ad affermare che in Sardegna trova applicazione il decreto legislativo numero 150 del 2009, avremmo fatto prima.

Il testo, oltre a proporre un palese e inaccettabile svuotamento dei poteri del Consiglio regionale nella specifica materia, si caratterizza in sede verticistica: 13 dei 16 articoli riguardano le direzioni generali; dalla Regione presidenziale si passa alla Regione dirigenziale; si mantengono ben 24 direzioni generali, tornano in auge i tanto vituperati "facenti funzioni", non si parla per niente della base dell'intero personale, il nerbo vero dell'amministrazione regionale, e delle reali esigenze dell'amministrazione centrale e periferica. Non si comprende il motivo ispiratore di questo disegno di legge, o meglio lo si può intendere soltanto se tratta di rimodulare la dirigenza e non creare le opportunità di disporre, com'è necessario, di una dirigenza competente, non secondaria in questo contesto. È una riflessione sull'eccessivo riferimento, secondo il nostro punto di vista, che si fa alla legge per quanto riguarda le indennità di posizione. Gli incarichi non dovrebbero essere correlati solo a incentivi economici, che creano disparità evidenti di trattamento e insoddisfazione tra i dipendenti, minando all'interno la serenità del lavoro, fondamentale per il conseguimento degli obiettivi. Avremmo preferito e auspicato, invece, il ricorso a premi di carattere morale e culturale.

Ma io vi chiedo: cui prodest un tale disegno politico e organizzativo? Dove sta l'urgenza di questo provvedimento? Molti dei provvedimenti proposti possono essere adottati a legislazione vigente, e chi vi parla lo ha già fatto, aveva incominciato a ridurre incarichi e prebende, accorpando o eliminando servizi (nel mio Assessorato ne ho eliminato due) ed eliminando i "facenti funzioni", secondo una visione organica e strategica della Giunta. Ma per dirvi come si agisce in quest'Aula, andate a leggere l'articolo 16, che riguarda le competenze in materia di società dell'informazione. Quelli che sono qui oggi ed erano presenti anche nella scorsa legislatura hanno trasferito queste competenze alla Presidenza della Regione. Adesso voi state approvando che queste stesse competenze vengano ritrasferite dalla Presidenza della Regione all'Assessorato dell'informazione. In questo andirivieni è compreso sia il centrodestra che il centrosinistra. Ora, invece, con questo disegno di legge in materia di personale si vuole svuotare di competenze non solo l'organo legislativo, ma anche la Giunta regionale, attribuendo - mi rivolgo al Presidente del Gruppo maggioritario - ai singoli direttori generali il potere di istituire o sopprimere i servizi, di attivare anche fuori del comparto i comandi, i quali comportano spese considerevoli. Ma è follia, è pazzia, è la negazione!

Pur tuttavia non posso non riconoscere che ci sono anche alcune previsioni, per esempio per quanto riguarda le posizioni dirigenziali degli enti e delle agenzie, l'attribuzione di competenze dalla Presidenza ad alcuni Assessorati, la modifica della legge numero 1, che costituiscono piccoli aggiustamenti, ma certamente non risolvono la situazione complessiva. La domanda è: quale Regione vogliamo, quale Regione risponde alle esigenze culturali, sociali, economiche e politiche della Sardegna, alla luce anche dei suoi trascorsi storici? Non è stata mai posta questa domanda ed è arrivato il momento di domandarci che modello di Regione vogliamo. Non vogliamo certamente quella concepita da Renzi, e con la riforma costituzionale in fieri diventa ancora più impellente per noi approntare un argine alla più nascosta tentazione di cancellare dal nostro ordinamento la specialità e le Regioni speciali. A questo si aggiunge la nuova riforma del Titolo V. La prima riforma, quella di fine secolo e dei primi anni 2000, andava verso le autonomie e rafforzava le specialità; quella di oggi invece ha una vocazione centralistica che si aggiunge a un liberalismo spinto e veloce. La Regione autonoma della Sardegna vuole percorrere anch'essa la strada del centralismo burocratico prima e di quello istituzionale poi? È la domanda che io pongo a tutti voi e anche a me stesso. La Giunta regionale, unitamente alla sua maggioranza, sta percorrendo questa strada? Se è così lo sta facendo, o meglio tenta di farlo, percorrendo non la strada maestra, ma vicoli secondari e bui, attraverso la burocrazia che sottrae spazi alle istituzioni.

Signor Assessore, il problema che ci siamo sempre posti noi, dopo la legge numero 31, è quello di stabilire che cosa deve fare la politica, che cosa deve fare l'amministrazione e che cosa devono fare i tecnici. Le critiche che mi sono state mosse quando sedevo in quei banchi dicevano che l'Assessore non era in condizioni di determinare le scelte, di indicare e raggiungere gli obiettivi, mettendo a disposizione le risorse finanziarie e umane. Questo è il problema. Quindi l'obiettivo che ci dovevamo porre era quello di rivedere il rapporto tra la politica e l'amministrazione, non quello di affidare tutto all'amministrazione, perché in questo modo non si fa più niente. Guardate, colleghi, se è così, noi, e non lo dico a mo' di battuta, facciamo quello che ha fatto Renzi per il Senato: trasformiamo questo Consiglio regionale in un organismo che non viene pagato né spreca denaro, perché tanto è inutile. Noi siamo inutili qua dentro, ogni legge che facciamo, dalla sanità a quant'altro, non fa altro che aumentare i poteri del Presidente della Regione. In questo caso si aumentano i poteri dei funzionari, cosa sulla quale noi non possiamo mettere becco. È meglio chiudere il Consiglio regionale e creare un organismo tipo quello del nuovo Senato, che forse dà un parere e lascia a chi deve rispondere tutta la responsabilità di quello che fa.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il consigliere Francesco Agus. Ne ha facoltà.

AGUS FRANCESCO (SEL). Signor Presidente, colleghi consiglieri, Assessore, le differenze tra i programmi che sono stati presentati alle elezioni di febbraio e la dialettica che ne consegue sono il sale della democrazia. Ci sono differenze di opinioni nella società sarda ed è bene che esse abbiano rappresentanza piena in quest'Aula. Il terreno delle riforme, però, deve essere altra cosa. Non si parla in questo caso di un problema di parte, qui si parla del primo problema di cui quest'Aula è tenuta a occuparsi, il problema, cioè, della credibilità dell'Istituzione, che trova origine, principalmente, nel rapporto deteriorato tra cittadini e amministrazione regionale. Questa è l'unica ottica con la quale possiamo affrontare il tema delle riforme per scongiurare l'ennesimo e imperdonabile buco nell'acqua. Ci si può dividere sul modo per risolvere il problema, anche con legittime asprezze, non su quale sia il primo problema da risolvere, quello sul quale è necessaria una sintesi più ampia di quella politica data dalla sola maggioranza di governo.

In questo senso credo sia doveroso, in questa sede, sottolineare l'atteggiamento dell'opposizione, che durante i lavori in Commissione, e in generale durante le discussioni in materia, ha tenuto un atteggiamento propositivo e produttivo, riconoscendo, pur nelle differenze, al tema un terreno diverso rispetto a quello della normale dialettica politica. Questo perché oggi, in un momento in cui la nostra autonomia è messa in discussione, siamo chiamati a migliorare il sistema poiché gli errori, le inefficienze, le norme obsolete che lo caratterizzano, le rendite di posizione, che permangono nonostante il mondo sia profondamente cambiato, sono l'alibi che arma la mano di chi, a Roma, vorrebbe buttare via il bambino dell'autonomia regionale insieme all'acqua sporca dell'inefficienza delle Regioni. Il contesto è drammatico; lo è per me, sinceramente e profondamente autonomista, lo è per tutti noi. A livello nazionale assistiamo all'inizio infinito - mi viene da dire infinito visto che ancora non si vede concretezza, ma si è sempre sul terreno degli annunci - di una stagione di riforme istituzionali, economiche e sociali. Non ne condivido il taglio, la ratio, le soluzioni che sono in questi mesi al vaglio delle Camere, ma non penso assolutamente che tutto possa rimanere fermo così com'è ora.

La risposta alle spinte centraliste non può limitarsi alla semplice reazione; solo l'autoriforma può essere l'argine. Poi, ovviamente, in questo campo non si contano gli estremismi. Ieri ho letto, sui quotidiani nazionali, della nascita di un movimento politico guidato da un ex ministro, il quale propone, come primo punto per salvare l'Italia, l'abolizione delle Regioni. Questo si inserisce nel filone di una campagna continua e martellante che vede nell'accentramento delle funzioni verso lo Stato e nel neomunicipalismo la soluzione dei problemi. Magari fosse così semplice! Io sono favorevole alla difesa, al mantenimento, anzi all'ampliamento delle funzioni delle Regioni, e a maggior ragione della nostra, ma l'unico modo per difendere l'autonomia sarda sta nel miglioramento della qualità delle istituzioni, della rappresentanza della comunità, della qualità dei servizi e della spesa pubblica, nel miglioramento, quindi, del rapporto tra il cittadino e la burocrazia regionale; rapporto oggi profondamente in crisi che, insieme alla grande crisi di credibilità della politica, a cui tutti noi siamo qua chiamati a porre rimedio, è uno dei motivi per cui l'ansia riformatrice ha trovato sfogo nel taglio sistematico degli spazi di sovranità locale.

Il fatto che non tutte queste spinte siano in buona fede - sicuramente non lo sono - non deve essere per noi assolutorio per gli errori che negli anni sono stati perpetrati, sia con le opere sia, soprattutto, con le omissioni. Oggi è ancora più importante rendere le cose migliori, superare gli ostacoli, migliorare il sistema per difendere la sua stessa esistenza, e bisogna farlo subito, un pezzo alla volta, ma subito. Non è una difesa fine a se stessa, noi difendiamo l'Istituzione per difendere i sardi. Una terra come la nostra, povera, in difficoltà strutturali, che concepisce il presente come residuo del passato e non come anticipo del futuro, le cui paure dell'oggi impediscono la creazione di un progetto serio e possibile di domani, avrebbe col centralismo statale il colpo di grazia. Le periferie del nostro territorio non avrebbero possibilità di ascolto.

Come dicevo prima, il processo di riforma della Regione deve ricostruire il rapporto tra cittadino e istituzione. La Regione deve diventare l'ente che risolve i problemi, non quello che contribuisce a crearli, l'ente che fa la sintesi dei bisogni dei sardi e nel limite del possibile li soddisfa. Gli uffici regionali devono essere i servizi che semplificano la vita già resa complicata dalla crisi economica e non devono essere percepiti come un'ulteriore complicanza. L'Istituzione non deve lasciare nessuno indietro e in un momento di difficoltà come questo deve fare la sua parte per superare la crisi, per attutirne i colpi e non, come purtroppo qualche volta accade, per acuirne gli effetti.

Non si faccia però l'errore - ha detto bene il collega Demontis - di considerare il testo che discutiamo oggi come una riforma a sé stante; non è la fine di un processo, è solo l'inizio, non è una riforma. Ciò che andremo a votare nei prossimi giorni non potrà stare in piedi per molto se non inserito in un quadro più ampio. Il disegno di legge numero 72 è la prima parte di un'unica grande, necessaria e non più rimandabile riforma della macchina amministrativa regionale, che dovrà intervenire per risolvere i problemi aperti dalla Regione. Questa riforma viene posta all'attenzione dei consiglieri regionali per parti: oltre alle modifiche della legge numero 31 del 1998 e della legge numero 1 del 1977, sono previste la legge di riordino degli enti locali e una legge organica sul personale della Regione, tutto nel quadro di un contesto unitario. Oggi discutiamo il primo tassello di un mosaico complicato. L'amministrazione che abbiamo di fronte risponde a esigenze che non esistono più e non è in grado di fare quello che è invece urgente realizzare. Ha tempi, rituali, regole figlie del passato; è costruita, perdonatemi l'espressione, sulle pezze, sui rattoppi, sulle soluzioni temporanee che il tempo, non il ragionamento, ha reso definitive e che a ogni passo mostrano le carenze date dalla loro provvisorietà e per gestire gli errori del passato sprecano tempo e risorse sottraendole alla programmazione del futuro. Occorre per questo intervenire subito. Per farlo non si deve cedere a microscopiche rendite di posizione, che per troppo tempo hanno ingessato la macchina, non si deve cedere alla logica dei veti incrociati, non si deve pensare che alcune cose solo perché hanno funzionato in un certo modo per decenni debbano restare così in eterno. Solo così potremo recuperare quel rapporto che si è gradualmente, ma inesorabilmente logorato. La chiave di tutto è la fiducia tra il cittadino e la Regione, per cui o riempiamo di significato l'appartenenza alla nostra comunità o ne verranno meno le basi.

L'appartenenza a una comunità la statuiscono danno le leggi, i diritti che riconosciamo a ogni componente, anche gli ultimi, anche i più sfortunati. La comunità è sancita e garantita dal sistema pubblico, dai servizi per tutti. Quella è la comunità, non le bandiere sventolate a ogni concerto e a ogni manifestazione, non solo questo quantomeno. Per questo il processo di riforma della Regione non deve essere la copia sbiadita di quello inefficace che da tre anni è in atto nel Paese. Quello è un processo che ha tolto democrazia, diritti, rappresentanza popolare, ma che non ha dato frutti: non si è creata economia reale, non si sono creati posti di lavoro, non si è creato reddito, non sono rinati l'amore e la fiducia tra il cittadino e lo Stato.

Avremo modo di approfondire la discussione sul disegno di legge numero 72 durante l'esame degli articoli. Per ora posso solo esprimere la mia soddisfazione riguardo a un testo che certamente non risolve tutti i problemi in campo, ma crea le condizioni affinché si possano risolvere in futuro. Oggi creiamo un binario e indichiamo una direzione, creiamo il "sistema Regione", semplifichiamo le procedure per la mobilità all'interno di questo, introduciamo norme che omogeneizzano la valutazione della dirigenza regionale, dell'amministrazione centrale degli enti con ciò che avviene nel resto del Paese, ampliamo le responsabilità gestionali organizzative della Giunta regionale e sostituiamo il meccanismo dei veti tra i diversi organi politici con quello delle diverse responsabilità. Sostituiamo gli alibi, i troppi "vorrei ma non posso", "avrei fatto questo, ma non ho avuto il potere di farlo", con la responsabilità, con una ripartizione tra il potere legislativo regionale, un potere a rischio, nel mirino, spesso messo in discussione dall'impugnazione sistematica delle nostre decisioni, e il potere esecutivo, che deve avere una delega, certo non in bianco, per scegliere gli strumenti più idonei a portare avanti il programma elettorale e a dare risposte ai sardi, non deve avere alibi e deve confrontarsi con i fatti, con i problemi, con le soluzioni dotandosi dei mezzi compatibilmente alla finanza a disposizione. Grazie.

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il consigliere Attilio Dedoni. Ne ha facoltà.

DEDONI ATTILIO (Riformatori Sardi). Signor Presidente, non per voler tornare su argomentazioni vecchie, ma lei capisce bene che avendo ricevuto il testo del disegno di legge numero 72 alle ore 15 e 14, nel mio ufficio al Gruppo, e non avendo partecipato ai lavori della prima Commissione, nella quale i Riformatori non sono rappresentati, se non saltuariamente, mi trovo in salita a fare un intervento articolato.

Pur tuttavia credo di poter significativamente porre alcune tematiche a partire dal titolo della norma: "Disposizioni urgenti in materia di organizzazione della Regione". Se mi permettete, questo dovrebbe determinare una rivoluzione copernicana, così come l'ha enucleata poco fa il Presidente della Commissione, Francesco Agus, di cui stimo la disponibilità e capacità, ma tutto quello che egli ha detto, pur essendo vero, non risponde alla norma che abbiamo davanti. Anzi, direi proprio che la norma non ha la caratteristica di potersi inserire nel contesto di un humus particolare, che è quello di una riforma seria, concreta, calata nel reale, che trae origine da quelli che sono gli spunti veri, cioè che cosa è oggi la Regione, che cosa deve e può fare e come lo deve fare.

Ora, al di là delle posizioni personali di ciascun consigliere, dall'indipendentismo al sovranismo e all'autonomismo, al di là di chi vorrebbe negare la presa di posizione di una Regione che ha una specialità, è innegabile che la specialità della nostra isola è tutta nella sua posizione geografica, che ne fa la vera unica isola italiana del Mar Mediterraneo, anche perché è l'unica isola che abbia una certa dimensione. Sì, la Sicilia è un'isola altrettanto grande, ma a chi sta in Sicilia bastano quindici minuti col traghetto per raggiungere la Penisola. Si vuole persino costruire un ponte sullo stretto di Messina! Al di là, guarda caso, delle posizioni di destra e di sinistra, pare infatti che sia tuttora programmato il ponte sullo stretto di Messina, ed è il centrosinistra che governa.

Allora io dico: siamo un'isola, abbiamo la specialità, abbiamo ragione di trovare delle risorse all'interno del nostro territorio per poter offrire al popolo sardo risposte concrete, che sono certamente diverse da quelle che si davano negli anni '90, frutto anche quelle certamente di una burocrazia borbonica sotto alcuni aspetti, che ha modificato sé stessa solo in alcune direzioni, senza favorire il rapporto con il pubblico e offrire un migliore servizio al cittadino-utente, ma questo non vuol dire che io debba tenere questa cosiddetta riforma avulsa da un sistema più complesso e dalla volontà di offrire servizi adeguati a quelle che sono le aspettative della gente. Ciò significa che devo entrare nel tessuto vero, nel sangue, nella carne di questa istituzione autonomistica per vedere quali sono i risultati. Se io non ho ben chiaro qual è il panorama, cosa voglio realizzare, se voglio o no mantenere le aggregazioni di comuni, fare valutazioni anche economiche sui servizi che sono necessari e individuare le zone in cui istituirli, non faccio niente di costruttivo né di buono, semplicemente mantengo la burocrazia all'interno di un sistema conosciuto, lascio che siano alcuni dirigenti a decidere sui servizi, cosa buona, se vogliamo, per porre un tetto alle dirigenze generali, per far sì che ci sia un po' di mobilità, ma occorre tener presente la grande mobilità di cui vi è necessità nella nostra istituzione regionale.

Vede, Assessore, io parto dall'assunto che l'autonomia non è la Regione; l'autonomia è la Regione più gli enti locali. Il complesso delle autonomie locali è il sistema regionalistico e se a questo non do una caratterizzazione peculiare per quelle che sono le esigenze necessitate del territorio, io non costruisco niente di nuovo, non ho l'innovazione davanti a me. Avrei ovviamente preferito che si fosse parlato prima dello Statuto di autonomia, che è la base, il tessuto connettivo delle nostre istituzioni, la legge fondamentale di questa Regione, e poi del rapporto fra gli enti, della capacità di interloquire con le altre autonomie locali, degli enti da individuare in sostituzione delle province, degli argomenti veri che dovrebbero toccare un sistema così importante, così nevralgico per poter far fronte a un momento di crisi, un sistema che certamente non si chiude con una semplice passerella, ma va ad articolarsi sulle istituzioni, tocca le varie economie, i vari sistemi produttivi, con l'obiettivo di creare sviluppo e occupazione.

Se non ho questo tessuto non faccio nessuna rivoluzione, non faccio nessuna innovazione, non trovo argomentazioni per dire qual è il futuro di quest'Isola. Stiamo parlando di quattro personaggi che gestiscono in modo esclusivo alcuni Assessorati. Io sono anche d'accordo, sarebbe ora che si "calmierasse" il potere oggettivamente forte della burocrazia nei confronti del potere politico. Sono certamente obbligato a dire che la gente è scontenta di come vanno le cose, che la gente non solo non è soddisfatta, ma è lontana dalla politica. Allora questa piccola cosa rappresentata da questo disegno di legge, dove sono state tra l'altro inserite abusivamente certe norme, come il commissariamento dei commissari delle province, avrebbe significato se servisse a dire alla gente: "ti do servizi", "rispondo correttamente".

Vada a interpellare la gente sui motivi per cui non comprende quelle "cose" che si chiamano bandi, che spesso vengono stravolti con continue modifiche; vada a leggere i rapporti relativi al carico di contenziosi che affliggono le pubbliche amministrazioni e che veramente aggravano la situazione di calamità che attraversa quest'Isola. Forse avremmo fatto meglio a fare un'analisi più approfondita, anziché fare una prima verifica di base. Allora forse ha ragione il presidente Agus, il suo ragionamento parte dalla base, ma non arriva a conclusione con quello che è scritto qui dentro…

PRESIDENTE. È iscritto a parlare il consigliere Gianluigi Rubiu. Ne ha facoltà.

RUBIU GIANLUIGI (UDC). Il disegno di legge numero 72, "Disposizioni urgenti in materia di organizzazione della Regione" - in realtà non mi sembrano così urgenti se le discutiamo quattro mesi dopo la presentazione - rappresenta un documento che mira in maniera inequivocabile e decisa alla centralizzazione del potere decisionale su tutti gli enti e gli Assessorati regionali da parte della Giunta, tramite nomina e gestione diretta dei dirigenti, di ciò che viene definito "sistema Regione", che io ribattezzerei "regime Regione". Uno degli aspetti che maggiormente ha richiamato la mia attenzione è l'articolo 1, in cui vengono codificati i principi della valutazione dirigenziale. È prevista, ai commi 3 e 6, la consultazione delle Commissioni consiliari competenti, mentre in tutti i successivi 16 articoli il Consiglio e le Commissioni sono totalmente assenti, Assessore, lasciando di conseguenza all'Esecutivo il pieno potere decisionale. Questo si chiama commissariamento della politica, commissariamento del Consiglio. Come diceva l'onorevole Floris, in questo modo si sancisce l'inutilità del Consiglio regionale.

Gli obiettivi che questo testo si pone di raggiungere trovano, in linea di principio, il nostro favore, perché la misurazione delle performance amministrative degli enti, in vista del raggiungimento di nuovi livelli di efficienza e di efficacia è senza dubbio un'azione che la Regione sarda deve ancora attuare. Ho però alcuni dubbi, perché negli articoli 12 e 13 del testo appare evidente che il personale degli enti locali, nonché i dirigenti, possono essere trasferiti in un'ottica di migliore allocazione delle risorse. Questo dubbio è condiviso anche dal Consiglio delle autonomie locali, il quale afferma che tutti i dipendenti degli enti locali sono impegnati nello svolgimento di qualche funzione o nell'erogazione di qualche servizio, e pertanto un loro trasferimento, tenuto conto dei vincoli che limitano la possibilità della loro sostituzione mediante nuove assunzioni, non può che creare gravi problemi. A mio parere, questo articolo considera il capitale umano e dirigenziale come pedine di una scacchiera, che possono essere liberamente spostate per migliorare la strategia di gioco. In linea teorica, non è un concetto così astratto e negativo, ma nella pratica lo spostamento delle risorse umane può provocare gravi danni, dovuti ai tempi tecnici di trasferimento delle conoscenze, delle competenze e delle attitudini individuali, che dovete assolutamente tenere in considerazione per evitare ritardi e rallentamenti della produttività. Inoltre, la riforma delle pensioni e il blocco delle nuove assunzioni provoca un inevitabile invecchiamento delle risorse umane impiegate nelle amministrazioni regionali e il loro trasferimento diviene ancora più complesso.

Per tutti questi motivi, mi trovo a pensare che il disegno di legge numero 72 sia sicuramente molto ambizioso, ma allo stesso tempo molto complesso nella sua attuazione e che pertanto produca inevitabilmente grandi inefficienze nell'erogazione dei servizi e nell'organizzazione del nuovo "regime Regione".

PRESIDENTE. Onorevole Zedda, interviene in sostituzione del Capogruppo?

ZEDDA ALESSANDRA (FI). Sì.

PRESIDENTE. È iscritta a parlare la consigliera Alessandra Zedda. Ne ha facoltà.

ZEDDA ALESSANDRA (FI). Non vi nascondo, colleghi, che ho un certo dispiacere sia come legislatore sia per l'affetto che nutro verso l'ente dove per dieci anni ho avuto l'onore di lavorare, perché oggi sinceramente, con queste norme, con questo avvio di riforma, con questi principi, noi di fatto non stiamo assolutamente facendo nessuna riforma dell'organizzazione della Regione. Avremmo potuto e dovuto cominciare, secondo il mio punto di vista, da un'analisi della legge numero 1 del 1977, per poi procedere alla sua revisione. La nostra struttura organizzativa è obsoleta, e uso un eufemismo. Noi abbiamo la necessità di ricostruire la nostra casa in maniera completamente differente; non si tratta di una piccola manutenzione, qui occorre una sonora ristrutturazione.

Purtroppo non siamo al passo con i tempi e oggi ha poco senso dire che valutiamo i dirigenti o che modifichiamo il numero delle direzioni generali, poi magari facciamo qualche favore a qualche amico, perché, guardate, colleghi, ci sono articoli che sembrano quasi delle fotografie e quando entreremo nello specifico avremo modo di fare delle considerazioni, spero insieme, però, sinceramente, come diceva l'onorevole Floris, stiamo perdendo l'occasione per fare una riforma compiuta, che deve passare per la modifica della legge numero 1, una riforma vera però! Mi dovete spiegare che senso ha oggi che gli Assessorati che si occupano di attività produttive siano divisi. Che senso ha, Assessore? Credo nessuno, non siamo assolutamente competitivi, neanche a livello di struttura.

L'onorevole Agus ha correttamente citato le leggi che dovevano essere assolutamente combinate, anche sotto forma appunto di combinato disposto in termini giuridici, e sono la legge numero 1 e la numero 31. E vorrei sottolineare che la legge numero 1 è del '77, ma la 31 è del '98 e non è mai stata riformata in modo organico e incisivo nel corso di questi anni, forse perché è difficile mettervi mano. Probabilmente non era e non è facile mettere mano a un ente complesso come il nostro, al quale fanno capo numerosi enti e agenzie regionali e che intrattiene rapporti piuttosto complessi con gli enti locali, però lo sforzo andava fatto, anche perché, sinceramente, di così urgente non c'è nulla, nulla che non ci potesse concedere di spendere il tempo necessario per fare una riforma compiuta. Tra l'altro non sono solo osservazioni mie, perché anche le pochissime osservazioni fatte dal Consiglio delle autonomie locali sono di segno sfavorevole, tuttavia è curioso che proprio il CAL non abbia espresso nessun parere sull'articolo che prevede i commissariamenti delle province. Diciamo che questo fatto mi lascia perplessa, però non vorrei che anche in questo caso, così come è avvenuto per la legge appena approvata in materia sanitaria, ci fosse semplicemente ciò che "punge vaghezza", cioè il commissariamento delle province. Io spero davvero che non vogliate banalizzare il ruolo di questo Consiglio, ma anche il vostro ruolo, semplicemente riducendolo al cambio di qualche commissario. Ditelo apertamente se è così, perché non si può continuare a fare le leggi in questo modo. Mi auguro che non ci siano - mi augurerei il contrario, se potessimo intervenire in maniera seria e incisiva - emendamenti che vanno in direzione di uno stravolgimento o che creano confusione, come è avvenuto per la legge sulla sanità.

Colleghi, veramente, c'è la possibilità di intervenire, anche perché lo si deve fare e tra l'altro alcuni punti sono stati modificati in maniera seria. Cioè in questa legge c'è l'intento di chiarire qual è l'apparato regionale e in che rapporti si deve porre con gli enti locali, e io dico che questo è un elemento positivo. Ci sono anche altre indicazioni positive, su cui probabilmente troverete il nostro consenso, però l'impianto di questa legge lascia assolutamente a desiderare, perché è carente proprio di quelle integrazioni e modifiche che ne avrebbero cambiato il volto.

L'onorevole Floris parlava di una cosa molto importante, che tra l'altro non nasce di certo da noi, ma dalle norme vigenti, e cioè la separazione netta dei poteri di indirizzo e controllo da quelli di gestione. Ecco, in questo senso io non mi scandalizzo se sono previsti trasferimenti di competenze dal Consiglio alla Giunta, proprio perché quando si amministra un ente bisogna avere delle regole smart, veloci, incisive in tempi rapidi, però su alcune procedure ho qualcosa da ridire, proprio perché non c'è chiarezza e non c'è un legame con la modifica della legge numero 31. E allora, da questo punto di vista voi avete parlato, e mi riferisco anche alle osservazioni dell'onorevole Agus, un po' come se aveste un compitino da svolgere, cioè: "L'abbiamo detto nelle nostre dichiarazioni programmatiche, e allora lo dobbiamo fare". Fare però non significa necessariamente fare in fretta, e in questo caso avevamo l'opportunità di riscrivere delle regole chiare, proprio perché io credo che siamo ancora il Consiglio regionale.

Io la penso diversamente dall'onorevole Floris, io non voglio assolutamente commissariare il Consiglio regionale, anzi voglio che il Consiglio regionale continui ad avere i poteri che ha e li possa esercitare al meglio, facendo soprattutto leggi buone e utili. Credo però che questa riforma, o questo inizio di riforma, questa enunciazione di principi non possa riavvicinare i cittadini né alla politica né alla nostra Amministrazione. Troppo spesso essi si lamentano dei tempi lunghi, della confusione, del fatto che si devono recare presso diversi uffici. Faccio un esempio su tutti: la Conferenza di servizi, che doveva essere la risoluzione di tutti i mali, sta incancrenendo il sistema, proprio perché, purtroppo, non si riesce veramente a far sì che le funzioni possano essere svolte da quei pochi enti che devono analizzare attentamente le pratiche dei cittadini.

Qualcuno prima citava i bandi. Signori Assessori, voglio dirvi che ci sono bandi che contraddicono pesantemente le leggi o addirittura le interpretano ad personam. Ma dico di più: probabilmente servirebbero delle linee di indirizzo per la stesura dei bandi, in modo tale che non ci sia un Assessorato che segue una strada e un altro Assessorato che segue una strada diversa, sempre però per gli stessi argomenti. Questo è capitato anche recentissimamente con un bando dell'Assessorato del lavoro, in cui sostanzialmente si facevano delle differenze e, soprattutto, si impediva a chi aveva la patente di guidare. Questa ovviamente è una metafora, ma in pratica è ciò che è avvenuto. Allora, l'invito è invece a perseguire lo snellimento delle procedure attraverso regole precise, che lascino poco spazio, per certi aspetti, alle interpretazioni di chi poi deve concretamente stendere il bando. Spesso e volentieri sfuggono tante cose anche al controllo diretto di chi ha la responsabilità amministrativa oppure di governo, come appunto la Giunta regionale. Ecco perché credo che man mano che analizzeremo gli articoli di questa legge ci renderemo conto che stiamo davvero procedendo a pezzi e bocconi.

PRESIDENTE. Poiché nessun altro è iscritto a parlare, per la Giunta, ha facoltà di parlare l'Assessore degli affari generali, personale e riforma della Regione.

DEMURO GIANMARIO, Assessore tecnico degli affari generali, personale e riforma della Regione. La prima cosa che mi viene da dire è che il programma delle riforme è assolutamente già noto, nel senso che è nelle schede del Programma regionale di sviluppo (PRS) e quindi è già nella disponibilità di tutti coloro che lo vogliano leggere o analizzare. Molte delle cose che ho sentito in quest'Aula verranno riferite serenamente a questi temi, perché della riforma della legge numero 1 del '77, della numero 31 del '98 e di tutte le altre leggi che ingessano questa organizzazione si dà conto nel PRS e nel programma di legislatura.

Il disegno di legge in discussione interviene su alcuni elementi di fondo che bloccano l'attività dell'amministrazione e il titolo "Disposizioni urgenti in materia di organizzazione della Regione" ha proprio questo significato, quello cioè di intervenire su alcuni profili per poter far funzionare l'organizzazione, la macchina amministrativa mentre la si riforma. Troppo spesso l'annuncio di riforme ha bloccato l'attività amministrativa, mentre con questo provvedimento quello che si vuole fare è intervenire sul sistema nei tempi e secondo le modalità previste dall'ordinamento in modo tale da farlo funzionare.

Vediamo quali sono gli elementi di fondo della prospettiva. Innanzitutto il tema della mobilità. Io voglio rassicurare tutti sul fatto che la mobilità ha il significato di dare la possibilità ai dipendenti di spostarsi nei luoghi e di occuparsi delle attività che meglio possono esercitare sotto il profilo della loro capacità, ma anche delle necessità organizzative, perché per come è costruito attualmente il sistema è piuttosto complesso ed è molto difficile ammettere la possibilità che le persone si possano spostare. Cito un caso su tutti, semplicemente perché l'ho visto in funzione nel mese di marzo, quando per legge è stata disposta una mobilità straordinaria per la Protezione civile. Se si arriva a disporre una mobilità straordinaria per la Protezione civile evidentemente c'è un problema di sistema. Allora, la complessità del "sistema Regione" è rappresentata dai numeri, cito semplicemente quelli più recenti: ci sono 23 società controllate dalla Regione, 57 enti vigilati, 198 posizioni dirigenziali, 136 servizi, 26 direzioni generali. Sono numeri talmente complessi da far tremare i polsi a chiunque in una realtà come questa. Allora, a proposito della mobilità, mi verrebbe da citare la "Colonizzazione dei mondi", un film di fantascienza del passato: spostandosi le persone possono migliorare la propria capacità e professionalità e dare valore all'attività dell'amministrazione. Una cosa che non dobbiamo mai dimenticare è che i deputati sono al servizio della Nazione, così come lo sono i consiglieri regionali, ma anche i dipendenti pubblici sono al servizio della Nazione, quindi tutte le regole che servono per espletare la funzione pubblica devono poter garantire questo tipo di attività. Questo è collegato alla Banca dati delle competenze di tutto il personale regionale, un intervento disposto in Commissione e assolutamente condivisibile, anche perché uno degli obiettivi che la Giunta vuole raggiungere è quello di sapere dove sono dislocati i dipendenti, cosa fanno e cosa potrebbero fare di meglio per la loro attività. Io pensavo di poter avere una banca dati a marzo, quando ho iniziato il mio mandato, per sapere esattamente cosa accade e che cosa può essere fatto, in realtà questa informazione in Regione ancora non c'è.

Terzo riferimento: la valutazione delle performance. È vero, molte leggi sono state approvate, c'è una legislazione regionale e c'è una legislazione nazionale, ma, come giustamente diceva qualcuno, mentre negli enti locali la valutazione delle performance avviene da anni, in Regione, non si sa perché, quasi fosse in una sorta di bolla di protezione, questo non è accaduto, tant'è che si sono verificati - non lo devo certo ricordare io a voi - dei casi clamorosi che sono persino assurti all'onore delle cronache nazionali. Quindi probabilmente si inizia tardi a fare valutazioni, ad assegnare dei coefficienti di difficoltà, a fare un'analisi dell'uso delle risorse pubbliche, perché rientra nell'uso delle risorse pubbliche il fatto che i dipendenti siano al servizio della Nazione, svolgano cioè una funzione pubblica. Poter verificare l'azione dei dirigenti è dunque un elemento per restituire al cittadino ciò che egli dà attraverso la leva fiscale, attraverso le tasse che paga.

Il quarto elemento è quello della riorganizzazione. Badate, questa è una Regione interamente legificata. Qualunque cosa attenga a questa Regione ha una norma che la riguarda. Io ho un profondissimo rispetto del Consiglio, penso di averlo dimostrato tutte le volte che sono intervenuto, però chiedo a questa Assemblea, o meglio non lo chiedo io, lo chiede il momento storico, di riappropriarsi della sua grande competenza, che è quella di fare leggi, ma leggi di grande legislazione, di grande programmazione, di grande riferimento alla riorganizzazione e al futuro di questo Paese. Parlo della legge statutaria, dello Statuto, ma anche di tutto ciò che riguarda la prospettiva. Mi è capitato di difendere la Regione autonoma della Sardegna nella Conferenza Stato-Regioni, in Commissione affari costituzionali, dove sono intervenuto il 23 ottobre (se vi interessa, il mio intervento in Commissione affari costituzionali è disponibile) a difesa della democrazia regionale e della rappresentanza, che penso sia uno degli elementi fondanti della democrazia italiana, non soltanto di quella regionale.

Tornando alla riorganizzazione, questa deve essere fatta con gli strumenti più semplici e più vicini al motore dell'organizzazione, perché non stiamo parlando di diritti individuali dei cittadini, che devono essere disciplinati con legge dai consigli regionali e dal Parlamento; qui stiamo parlando dell'organizzazione regionale, del numero delle direzioni, del numero dei servizi, di tutto ciò che serve per far funzionare questa macchina amministrativa. Io condivido l'idea che bisogna intervenire sulla legge numero 1 del '77, ma partiamo dalla riforma delle direzioni proprio per intervenire là dove si annidano poteri che spesso si nascondono dietro la legge, dietro decisioni che non favoriscono le capacità e l'interfaccia delle relazioni all'interno dell'organizzazione regionale. Quindi la riorganizzazione tende a un risparmio delle risorse, ma anche a rendere efficace l'azione amministrativa.

Nel disegno di legge troverete la previsione dell'istituzione di un Comitato di coordinamento dei direttori generali. Mi verrebbe da dire non c'è bisogno di una legge perché i direttori generali si riuniscano in un comitato di coordinamento, ma questo riferimento è necessario perché l'attività attualmente è così frammentata che i direttori generali si devono confrontare costantemente e devono poterlo fare per riuscire a realizzare un'amministrazione di tipo orizzontale. I problemi non sono più riferiti soltanto a un'unica materia, le materie sono trasversali, il mondo è complesso, l'interdisciplinarità è assolutamente necessaria.

Vado a concludere su questi temi. Nel disegno di legge troverete anche il primo intervento che indica una linea rispetto a quello che si vuole fare: la Presidenza della Regione si spoglia di tutti i compiti in materia gestionale. Lo fa per una scelta di legislatura, per cui in capo alla Presidenza devono esserci i poteri di programmazione, di controllo e di coordinamento, ma non quelli di gestione. Questo è il significato di moltissime delle norme che, lo ribadisco, possono sembrare degli arcana imperii perché sono costruite in questo modo, ma la legge è talmente penetrata in ogni singolo livello dell'organizzazione che bisogna intervenire con la legge per poter ripartire con l'organizzazione.

PRESIDENTE. Dichiaro chiusa la discussione generale.

Metto in votazione il passaggio all'esame degli articoli.

Ha domandato di parlare il consigliere Mario Floris per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.

FLORIS MARIO (Sardegna). Presidente, io mi aspettavo dall'Assessore alcune delucidazioni. Condivido lo schema di carattere generale che l'Assessore ha proposto, il fatto che bisogna delegiferare e che il Consiglio regionale si deve occupare di grandi temi e di grandi riforme, però in questo testo ci sono articoli che sono stati "riempiti" dalla Commissione, per cui non si capisce quale sia il giudizio della Giunta. La Giunta ha espresso parere favorevole o contrario? Mi sembra strano che abbia dato parere favorevole, per esempio, all'articolo 15 quater, che riguarda il personale che noi abbiamo cercato di stabilizzare. Ne avevamo stabilizzato una parte e avevamo detto che entro due anni, assicurando il posto di lavoro, sarebbe stata stabilizzata anche la parte restante. Adesso si sta spostando questa data al 31 dicembre 2016, con tutto quello che questo comporta. È già irragionevole il numero di coloro che devono essere stabilizzati, immaginiamoci se siamo in condizioni di cacciar via, eventualmente, le persone al 31 dicembre del 2016 o al 1° gennaio del 2017. Queste sono responsabilità reali, effettive, come altre che non sto qui a elencare, quindi il mio voto è contrario.

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Pietro Pittalis. Ne ha facoltà.

PITTALIS PIETRO (FI). Chiedo la votazione nominale.

Votazione nominale

PRESIDENTE. Indico la votazione nominale, con procedimento elettronico, del passaggio all'esame degli articoli.

(Segue la votazione)

Rispondono sì i consiglieri: Agus - Anedda - Azara - Busia - Carta - Cherchi Augusto - Cocco Daniele - Cocco Pietro - Collu - Cozzolino - Demontis - Deriu - Forma - Lai - Ledda - Lotto - Meloni - Moriconi - Perra - Pinna Rossella - Pizzuto - Ruggeri - Solinas Antonio - Tendas - Unali - Zedda Paolo.

Rispondono no i consiglieri: Cherchi Oscar - Cossa - Crisponi - Dedoni - Fasolino - Floris - Locci - Peru - Pinna Giuseppino - Pittalis - Rubiu - Solinas Christian - Tedde - Tocco - Truzzu - Tunis - Zedda Alessandra.

Si è astenuto il Presidente Ganau.

Risultato della votazione

PRESIDENTE. Proclamo il risultato della votazione:

Presenti 44

Votanti 43

Astenuti 1

Maggioranza 22

Favorevoli 26

Contrari 17

(Il Consiglio approva).

Ricordo che il termine ultimo per la presentazione degli emendamenti è fissato alle ore 10 di martedì 18 e che la Commissione si riunirà nella stessa giornata, alle ore 16 e 30. Il Consiglio è riconvocato per mercoledì 19, alle ore 10, per l'esame degli articoli, che proseguirà sino alla conclusione dei lavori.

La seduta è tolta alle ore 19 e 13.