Seduta n.261 del 12/10/2011
CCLXI SEDUTA
MERCOLEDI' 12 OTTOBRE 2011
Presidenza della Presidente LOMBARDO
indi
del Vicepresidente COSSA
La seduta è aperta alle ore 17 e 02.
BIANCAREDDU, Segretario, dà lettura del processo verbale della seduta pomeridiana del 28 settembre 2011 (254), che è approvato.
PRESIDENTE. Comunico che i consiglieri regionali Felice Contu e Franco Mula hanno chiesto congedo per la seduta pomeridiana del 12 ottobre 2011.
Poiché non vi sono opposizioni, i congedi si intendono accordati.
Comunicazioni del Presidente
PRESIDENTE. Comunico che in data 7 ottobre 2011 ho nominato componente della Commissione d'inchiesta sulla mancata applicazione delle leggi regionali il consigliere Felice Contu, in sostituzione del consigliere Sergio Obinu.
Annunzio di presentazione di proposte di legge
PRESIDENTE. Comunico che sono state presentate la seguenti proposte di legge:
Capelli - Steri - Artizzu - Cuccureddu - Mulas:
"Determinazione delle indennità di carica spettanti al Presidente del Consiglio regionale, ai componenti dell'Ufficio di Presidenza, al Presidente della Regione e agli Assessori regionali. Razionalizzazione enti, agenzie e società regionali". (315)
(Pervenuta il 6 ottobre 2011 e assegnata alla prima Commissione.)
Sanna Gian Valerio - Diana Giampaolo - Lotto - Moriconi - Manca:
"Disciplina per il governo del territorio regionale (Legge urbanistica regionale)". (316)
(Pervenuta il 10 ottobre 2011 e assegnata alla quarta Commissione.)
PRESIDENTE. Si dia annunzio delle interrogazioni pervenute alla Presidenza.
BIANCAREDDU, Segretario:
"Interrogazione Tocco, con richiesta di risposta scritta, sulla chiusura, da parte dell'Anas e senza provvedere ad una adeguata alternativa, dell'accesso dalla statale n. 131 alle attività imprenditoriali preesistenti, fra cui quella dell'Acentro". (692)
"Interrogazione Cocco Daniele Secondo - Corda, con richiesta di risposta scritta, sul mancato completamento del tratto di strada a scorrimento veloce Abbasanta-Olbia". (693)
"Interrogazione Cucca - Cuccu - Sabatini - Barracciu, con richiesta di risposta scritta, sull'utilizzo dei fondi destinati alla Evidentia Communication Srl di Rimini per la partecipazione al Meeting di Rimini 2011". (694)
"Interrogazione Diana Mario, con richiesta di risposta scritta, sull'ordinanza del Presidente della Regione per la bonifica delle aree interessate dal virus del West Nile disease". (695)
"Interrogazione Barracciu, con richiesta di risposta scritta, sul video-spot di sensibilizzazione ai trapianti realizzato dal Dipartimento di patologia renale e struttura complessa di urologia dell'Azienda ospedaliera Brotzu di Cagliari con l'evidente assenso del direttore generale Garau". (696)
PRESIDENTE. Si dia annunzio delle interpellanze pervenute alla Presidenza.
BIANCAREDDU, Segretario:
"Interpellanza Capelli sulla realizzazione e istituzione della scuola di formazione del Corpo forestale e di vigilanza ambientale della Sardegna". (270/C-4)
"Interpellanza Uras per conoscere lo stato di avanzamento dell'iter dei concorsi banditi dall'AREA". (271)
"Interpellanza Planetta sul procedimento di valutazione di impatto ambientale relativo al "Progetto Polo Verde - Fase I. Impianti per la produzione di monomeri ed oli lubrificanti, biodegradabili, da oli vegetali naturali" da parte della Matrica Spa, in Comune di Porto Torres (SS)". (272/C-5)
"Interpellanza Solinas Antonio - Cocco Pietro - Lotto - Agus - Corda sulla mancata nomina del nuovo presidente dell'Ente foreste e sulla stabilizzazione del personale precario". (273)
PRESIDENTE. Comunico che la Conferenza dei Presidenti di Gruppo ha deciso, ai sensi dell'articolo 102 del Regolamento, di inserire al primo punto all'ordine del giorno della seduta odierna la proposta di legge nazionale numero 12, a firma Diana Giampaolo, Diana Mario, Uras, Vargiu, Salis e Sanna Giacomo.
Sospendo la seduta per cinque minuti per consentire la distribuzione del testo che è stato appena presentato. I lavori riprenderanno alle ore 17 e 15.
(La seduta, sospesa alle ore 17 e 07, viene ripresa alle ore 17 e 16.)
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione generale.
Ha facoltà di parlare il consigliere Steri, relatore.
STERI (U.D.C.-FLI), relatore. Signora Presidente, la proposta di legge nazionale approvata negli scorsi giorni non è stata ben intesa, cioè non si è capito che è volontà di questo Consiglio giungere a una riduzione del numero dei consiglieri regionali accompagnata da una rapida approvazione della legge statutaria e della legge elettorale. Con la proposta di legge in esame, che è stata concordata tra tutte le forze politiche qui presenti, si è voluto dare un segnale per rendere chiara a tutti l'effettiva intenzione del Consiglio regionale, che è appunto quella di giungere a una riduzione del numero dei suoi componenti.
Pur avendo sottoscritto come primo firmatario il precedente provvedimento sullo stesso argomento, che ritengo corretto, a fronte di una richiesta unanime di questo Consiglio il passo indietro era dovuto, pertanto sono il primo firmatario anche di questa proposta di legge nazionale che prevede una riduzione secca del numero dei consiglieri regionali. L'auspicio è che il Parlamento possa giungere a una rapida approvazione di questa norma di legge. Resta fermo che da parte nostra dovremo subito dopo procedere con tempestività all'approvazione sia della legge statutaria sia della legge elettorale, continuando a dare segni effettivi della volontà riformatrice di questo Consiglio regionale. Grazie.
PRESIDENTE. Ricordo che i consiglieri che intendono prendere la parola devono iscriversi non oltre la conclusione del primo intervento.
E' iscritto a parlare il consigliere Sabatini. Ne ha facoltà.
SABATINI (P.D.). Signora Presidente, credo che tutti, sia i consiglieri di opposizione sia quelli di maggioranza, abbiano consapevolezza del fatto che questa legislatura si sta rivelando del tutto insignificante, priva di qualsiasi risultato riguardo alle possibilità di riscatto della nostra regione: si sono aggravati i problemi esistenti e ne sono stati creati di nuovi. Se poi si guarda a questa legislatura in termini di produzione legislativa il giudizio non cambia: poche le leggi approvate, molte delle quali riguardano di tematiche del tutto marginali rispetto ai problemi effettivi e importanti per lo sviluppo della nostra Isola.
Come opposizione, prendendo atto della difficile situazione, ci siamo più volte resi disponibili a collaborare attivamente con la maggioranza, in modo particolare per quanto riguarda i temi finanziari, il confronto con lo Stato e in ultimo le riforme che ritenevamo e riteniamo tuttora molto urgenti per la nostra regione. La nostra disponibilità non è mai venuta meno; è venuta meno quella della maggioranza. Quanti ordini del giorno votati all'unanimità sono stati disattesi dal Presidente e dalla sua Giunta? La risposta la conoscete benissimo. So che questo discorso a tanti di voi può dare fastidio, ma so anche che queste sono le cose che tanti di voi, colleghi della maggioranza, raccontano fuori di quest'Aula. Credo, quindi, di non essere distante dalla realtà e da quello che effettivamente accade in quest'Aula.
Ritengo che la politica - e questa volta parlo in termini generali - contribuisca in questo modo ad allontanare i cittadini; un fenomeno questo, come sappiamo, pericolosissimo per la nostra democrazia. E' una politica in cui prevale troppo spesso lo scontro tra fazioni, che scade nell'attacco personale e confeziona il tutto con il populismo e la strumentalizzazione. Viene a mancare così una sana e necessaria riflessione che parta da una profonda analisi e da un'attenta lettura dei dati socioeconomici al fine di capire la realtà che ci circonda in modo da poter individuare le scelte politiche migliori. I partiti e la politica hanno proprio questa funzione, oggi purtroppo del tutto disattesa.
Nonostante tutto io credo e spero che questo Consiglio regionale possa ancora oggi lasciare alla nostra storia qualcosa di positivo. Oggi approviamo - perché non voglio nemmeno pensare che questo non avvenga - la riduzione del numero dei consiglieri regionali, tra qualche giorno provvederemo a rivedere i cosiddetti costi della politica. Sono sicuramente due decisioni da assumere nell'immediato, ma vorrei chiarire un aspetto per me importante: gli elettori vogliono sapere quanto percepiamo, ma prima ancora ci domandano a cosa serviamo, io però vorrei fosse chiaro che con questi due provvedimenti non riusciremo a dissolvere la distanza tra la politica e i cittadini. Chi pensa il contrario si illude. Seppure importanti questi provvedimenti non sono sufficienti in modo assoluto a ristabilire il rapporto di fiducia tra elettori e classe politica. Il percorso in questo senso è ancora molto lungo, il solco è molto più profondo di quanto si pensi e necessita di profondi cambiamenti, soprattutto negli stili comportamentali della classe politica.
Il punto cruciale mi pare sia il rinnovamento profondo tra partecipazione politica, partiti e istituzioni. Non basta tagliare le indennità, non basta neppure riformare la politica. E' necessario ripensare le nostre istituzioni, la nostra Regione. Spesso si dice che le istituzioni sono lontane dai cittadini. Al contrario esse sono molto vicine alle imprese, alle associazioni e ai cittadini, ma non per agevolarli, bensì per complicare loro la vita, rendendogliela più difficile e dispendiosa. Sono vittime di una burocrazia assurda che rappresenta oggi il principale motivo del mancato sviluppo della nostra isola, di cui la politica, ovvero noi non sembriamo renderci conto.
L'altro tema fondamentale è il rapporto con lo Stato, che va ripensato. Tempo fa iniziammo una riflessione su questa tematica per la nostra isola così importante; riflessione che con l'andare del tempo è andata incomprensibilmente affievolendosi. Da qui la mia convinzione che questa Assemblea debba dare dei segnali e lo debba fare partendo proprio dalle riforme. E' necessario discutere la nuova legge elettorale e la legge statutaria, i tempi sono maturi. In questi anni si è svolto un dibattito importante su questi temi. Sulla legge elettorale ci sono ampie convergenze: siamo d'accordo sull'eliminazione del listino, sull'esigenza di garantire la rappresentanza di genere e dei territori. Per quanto riguarda la legge statutaria non si parte da zero: nella scorsa legislatura era stato approvato un testo dal quale si può ora ripartire apportando tutte le modifiche e le correzioni che si riterranno necessarie.
Si dice sempre che le riforme, quelle vere, non si fanno a colpi di maggioranza. Non so quanto ciascuno di noi ne sia consapevole, personalmente ne sono fermamente convinto, così come vado sempre più convincendomi che un processo di riforme, per piccolo che sia, debba coinvolgere tutta la società sarda. E' un percorso obbligato se vogliamo riconnettere i cittadini alla politica e ridare fiducia e dignità alla partecipazione democratica.
Il percorso politico che il Presidente della Regione sta seguendo è francamente incomprensibile e allo stesso tempo irresponsabile. Per mancanza di tempo lo sintetizzo in due parole: eletto per mano dell'attuale Presidente del Consiglio - speriamo ancora per poco -, non vedendosi confermare nulla delle cose promesse, compie una svolta contrapponendosi a lui e consegnando la tessera del partito che lo ha eletto; compie una virata e si schiera tra i cosiddetti ribelli, sotto il patrocinio del senatore Beppe Pisanu. Data l'incapacità di rapportarsi con lo Stato con autorevolezza e di chiedere con forza il rispetto dei diritti del popolo sardo, il nostro Presidente della Regione è alla continua ricerca di un padre putativo che possa prendere le sue e le nostre difese. Credo che così facendo non si possa andare molto lontano e i fatti lo stanno dimostrando. Questa Assemblea ha però la possibilità di sollevare le sorti di questa legislatura; questo sta alla responsabilità dei Gruppi consiliari, di maggioranza e di opposizione, ma soprattutto alla responsabilità di ciascuno di noi.
In ultimo, Presidente, vorrei per un attimo richiamare la sua attenzione. E' successo in questi giorni un fatto molto grave: io e il mio collega Cuccu siamo stati accusati, tramite gli organi di stampa e persino in assemblee pubbliche, di avere contribuito attraverso il voto segreto ad affossare la legge sulla riduzione del numero dei consiglieri. Lei mi farà osservare che tutto ciò non riguarda l'attività di questo Consiglio regionale, e le do ragione, infatti tutto ciò attiene alle miserie umane e alla mancanza di cultura politica, ma anche alla mancata conoscenza dei valori fondamentali, come il rispetto della dignità di ogni persona.
Ma il tema che voglio porre alla sua attenzione è un altro. Vede, io oggi voterò a favore di questo provvedimento e contro ogni emendamento che tenterà di sminuirne l'efficacia, ma lo farò solo ed esclusivamente attraverso il voto palese. Se dovesse essere chiesto il voto segreto annuncio sin d'ora che non parteciperò alle votazioni. Presidente, mi sento obbligato ad assumere questa decisione al fine di tutelare la mia dignità e di difendermi da chi usa in modo spregiudicato il voto segreto per poter screditare i propri colleghi.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Antonio Solinas. Ne ha facoltà.
SOLINAS ANTONIO (P.D.). Signora Presidente, onorevoli colleghi, noi oggi siamo chiamati in quest'Aula a porre rimedio non dico a una figuraccia, ma comunque a una presunzione che ancora una volta la maggioranza che governa la Regione Sardegna ha circa il sistema di governo. Siete o eravate convinti che così come governate la Regione, cioè a colpi di maggioranza, si sarebbero potute fare le riforme. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: avete approvato, per giunta a voto segreto, una legge che è risultata…
CAPPAI (U.D.C.-FLI). L'avete votata anche voi!
SOLINAS ANTONIO (P.D.). Io, caro collega Cappai, non l'ho votata e siccome sono abituato a parlare per me…
CAPPAI (U.D.C.-FLI). Undici voti erano vostri!
SOLINAS ANTONIO (P.D.). Caro collega Cappai, la prossima volta eviti di chiedere il voto segreto e saprà benissimo chi avrà votato a favore e chi contro.
PRESIDENTE. Onorevole Solinas, non si rivolga all'onorevole Cappai.
SOLINAS ANTONIO (P.D.). Però, Presidente…
PRESIDENTE. Ha ragione, lei è stato interrotto, però si deve rivolgere alla Presidenza.
SOLINAS ANTONIO (P.D.). Allora non consenta all'onorevole Cappai di interrompermi, altrimenti dovrò rispondergli.
PRESIDENTE. Onorevole Solinas, la prego.
(Interruzione)
SOLINAS ANTONIO (P.D.). Non mi sto scaricando, non ho niente da scaricare. Non so chi stia usando questa parola, il mio vuole essere un intervento… Eh già, l'onorevole Tocco, dall'alto della sua lungimiranza!
(Interruzione)
Posso, Presidente?
PRESIDENTE. Sì, onorevole Solinas. Colleghi vi invito, per cortesia, a mantenere la calma. Chi intendeva intervenire aveva la possibilità di iscriversi entro i termini, ma non si ha il diritto di interrompere chi interviene. Grazie.
SOLINAS ANTONIO (P.D.). Capisco che ai colleghi del centrodestra la verità faccia male, però se io stessi dicendo cose non vere molto probabilmente oggi non saremmo qui a porre rimedio a una legge inapplicabile, che prevedeva di delegare a una legge ordinaria una materia di rango costituzionale. E' il metodo che avete inaugurato due anni e mezzo fa e che, come diceva il collega Sabatini, ha portato i risultati che sono sotto gli occhi dei cittadini sardi e di questo stesso Consiglio. Una regione che dovevate portare al sorriso l'avete portata non al pianto, ma alla disperazione! Non c'è oggi in Sardegna nessun settore economico e sociale che stia vivendo un momento felice o abbia almeno la speranza di riprendere il proprio cammino. Avete operato molto probabilmente tornando indietro anche nel tempo, siete infatti tornati al tempo in cui per governare la regione, per dare risposte - quelle poche che riuscite a dare - valeva il metodo del favore all'amico di turno.
Oggi ci chiedete di votare una legge blindata perché volete evitare che i consiglieri possano esprimere le proprie opinioni sia intervenendo nel dibattito sia presentando emendamenti, come è giusto che in un contesto come questo sia concesso a ciascun consigliere regionale per svolgere il proprio ruolo. E' una legge che riduce il numero dei consiglieri da ottanta a sessanta, facendo finta che in queste settimane, in questi mesi, non sia successo nulla. Ricordo solo che il Parlamento italiano ha approvato una legge che fissa in trenta il numero dei consiglieri sia per le Regioni a statuto ordinario sia per quelle a statuto speciale e che ci sono, comunque, in Parlamento diverse proposte di legge presentate da parlamentari di centrodestra e di centrosinistra delle Regioni a statuto speciale che prevedono, per garantire un po' di più queste Regioni, che il numero dei consiglieri sia cinquanta.
Tra l'altro sappiamo che quella che ci accingiamo ad approvare è comunque solo ed esclusivamente una nostra proposta di legge nazionale, che verrà discussa dai due rami del Parlamento (in doppia lettura, per giunta), il quale le sue scelte le ha già fatte e se ci va bene in Sardegna saranno cinquanta i consiglieri regionali. Il risultato di tutto questo lavoro è che rischiamo di esporre l'Assemblea più importante della nostra Regione al rischio che vengano meno anche quelli che sono i principi autonomistici e di indipendenza dallo Stato, subendo decisioni che vengono prese altrove. Inoltre stiamo discutendo una pura e semplice riduzione del numero dei consiglieri regionali, da ottanta a sessanta, senza tener conto, come invece avevamo chiesto nel dibattito sulla precedente proposta di legge sulla modifica della composizione del Consiglio regionale, dell'esigenza di discutere preliminarmente della legge elettorale. Credo che sia fondamentale se non approvare prima una legge elettorale, quanto meno chiarirci le idee al nostro interno su quale riforma vogliamo fare per quanto riguarda il sistema elettorale della Sardegna, perché dal tipo di riforma elettorale che il Consiglio approverà dipenderà la rappresentanza di tutti i territori della regione.
Per quanto mi riguarda, credo che sia fondamentale che nella nuova legge elettorale venga confermato il sistema maggioritario, nonché l'ottima scelta che è stata fatta negli anni scorsi dell'elezione diretta del Presidente della Regione che, se pure qualche problema ha creato, certamente non è paragonabile all'elezione parlamentare. Se oggi fossimo in vigenza della vecchia legge elettorale in questo Consiglio, dove abbiamo visto passare più di trenta Assessori regionali nel corso di questa legislatura, probabilmente avremmo visto moltiplicarsi anche il numero dei Presidenti della Regione.
Un altro punto fondamentale credo sia la cancellazione del listino regionale, perché non voglio neanche immaginare che si possa ridurre il numero dei consiglieri e mantenere in piedi il listino dei nominati, riducendo così la rappresentanza dei territori, ai quali con la riforma elettorale va data garanzia di rappresentatività. La nuova legge elettorale dovrà anche garantire pari rappresentanza di genere all'interno del Consiglio regionale. Ecco perché sono favorevole alla proposta di riduzione del numero dei consiglieri regionali da ottanta a cinquanta, come proposto dal Gruppo del Partito Democratico, e non a sessanta. Credo che vista la situazione che sta vivendo l'Italia, compresa quindi la Sardegna, sotto tutti i punti di vista, un segnale forte, oltre alla riduzione degli emolumenti, sia opportuno darlo con la riduzione anche del numero dei consiglieri regionali.
In ultimo, Presidente, voglio collegarmi anch'io a quello che diceva il collega Sabatini. Credo che la stragrande maggioranza di noi sia stata eletta dai cittadini sardi per rappresentarli in questo Consiglio e ciascuno di noi debba rispondere delle proprie azioni nei loro confronti e soprattutto nei confronti di chi lo ha eletto. Ecco perché credo sia opportuno, Presidente, procedere a una modifica del Regolamento interno che consenta il voto segreto solo su argomenti di carattere personale.
PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Cuccureddu. Ne ha facoltà.
CUCCUREDDU (Gruppo Misto). Presidente, intervengo sull'ordine dei lavori perché evidentemente, sentito il tenore degli interventi, mi sfugge qualcosa. Vorrei cioè avere dei chiarimenti circa le procedure. Qualcuno dice che qualche giorno fa abbiamo fatto una brutta figura approvando una legge, e in particolare un emendamento del collega Steri, che restituiva alla legge statutaria la competenza sulla definizione del numero dei consiglieri. Io credo che oggi faremmo una figura pessima se comprimessimo con un escamotage, con espedienti dilatori, il diritto di quest'Aula di esprimersi e non inviassimo la proposta di legge al Parlamento, magari attribuendone la responsabilità ai funzionari (anziché assumercela noi) sostenendo che non hanno preparato le relazioni, creando cioè tutta una serie di elementi che porterebbero a delegittimare questa Presidenza e tutto il Consiglio regionale. Scaricare su funzionari e dirigenti, comunque su altri responsabilità proprie credo non sia assolutamente opportuno.
Ribadisco la domanda, Presidente: la proposta di legge nazionale che questo Consiglio ha approvato quasi all'unanimità l'altra settimana è stata spedita al Parlamento? Lei mi dirà di no, mi dirà che è una responsabilità degli Uffici, però preferisco che lo dica in maniera esplicita.
Vorrei capire, inoltre, come procederanno i lavori oggi. Io vorrei presentare degli emendamenti, ma vorrei al contempo seguire i lavori. Non vorrei, cioè, che tra due minuti si passasse alla votazione del passaggio all'esame degli articoli e questo Consiglio comunale non fosse posto nelle condizioni di andare...
(Interruzione)
Consiglio regionale, scusate. Ho assistito a sedute di consigli comunali in cui lo spessore del dibattito era di livello superiore a quello del dibattito in corso in quest'Aula!
I consiglieri regionali devono essere posti nelle condizioni di potersi recare nei propri uffici per predisporre eventuali emendamenti tendenti ad arricchire la discussione e arrivare all'approvazione di una disciplina che non sia proposta da cinque, sei o sette persone, non so quanti siano i firmatari della proposta di legge in esame, ma sia condivisa dall'intero Consiglio. Quindi chiedo che prima di passare alla votazione del passaggio all'esame degli articoli tutti noi siamo posti nelle condizioni di prendere visione del testo della proposta di legge e della relazione che lo accompagna e di presentare emendamenti. Chiederei pertanto di aggiornare i lavori a domani, affinché la Commissione possa esaminare gli eventuali emendamenti che saranno presentati.
Ribadisco la posizione che ho espresso già in precedenti discussioni: in un momento così drammatico per la Sardegna e per l'Italia non vorrei utilizzare termini forti, ma credo che sia immorale, diciamo così, occuparci di numero dei consiglieri, sistemi elettorali, listini, quozienti e quant'altro. Abbiamo problemi gravissimi, a cominciare dal patto di stabilità e dalla continuità territoriale, che quest'anno ha determinato un drammatico calo di presenze nel turismo, unico settore che reggeva la devastante crisi che attraversano l'industria, l'agricoltura, il commercio e l'edilizia. E' stato penalizzato anche il turismo, perché? Perché non riusciamo ad approvare la modifica di una parola e a prevedere nello Statuto la competenza sulla continuità territoriale e la facoltà per la Regione sarda di trattare essa stessa con l'Europa il patto di stabilità, come possono fare invece altre Regioni o Stati come Malta, che ha solamente 400 mila abitanti, ma avendo il titolo di Stato membro riesce a disciplinare essa stessa il patto di stabilità. Credo che siano queste le riforme importanti, certo assieme alla riduzione del numero dei consiglieri, ma siccome tale riduzione la chiede il Governo nazionale, che ha proposto la riduzione a trenta, proponiamola anche noi, unitamente però a qualcosa di sostanzioso e di importante per tutti i sardi, quindi non soltanto per le mille persone che probabilmente si candideranno, ma anche per tutti gli altri, cioè per un milione e 599 mila persone che non sono interessate a candidarsi per essere elette al Consiglio regionale, ma sono fortemente interessate a capire se in questo Consiglio si produce qualcosa di utile, se soprattutto vengono rispettate le regole, se non si utilizzano escamotage e tutti i consiglieri sono posti nelle condizioni di poter operare.
PRESIDENTE. Onorevole Cuccureddu, intanto la voglio rassicurare che non c'è nessun tentativo di scaricare responsabilità sui funzionari. Come ho già avuto modo di dirle la settimana scorsa, la proposta di legge nazionale da lei richiamata non è stata ancora spedita perché non è pronta la relativa relazione.
(Interruzione del consigliere Cuccureddu)
PRESIDENTE. Onorevole Cuccureddu io l'ho ascoltata e lei adesso deve stare zitto. Onorevole Cuccureddu, lei deve ascoltare il Presidente così come il Presidente ha ascoltato lei! Le sto dicendo che la relazione non è pronta e per questo motivo la proposta di legge in questione non è stata ancora inviata a Roma.
Né questa Presidenza né il Consiglio regionale sono delegittimati, tanto meno dalle sue parole. La proposta di legge in discussione segue l'iter di tutte le altre leggi, mi sembra che ci sia tutto il tempo per presentare emendamenti, visto che è una legge composta da un articolo di quattro righe, dove si sostituisce una parola...
(Interruzione del consigliere Cuccureddu)
PRESIDENTE. Onorevole Cuccureddu, per cortesia! E' inutile che faccia quei sorrisetti e del sarcasmo del tutto gratuito. La situazione è questa, per cui se nella giornata odierna non riusciremo a finire la discussione generale si andrà a domani mattina. Se riusciremo a concludere l'iter stasera lo concluderemo così come avviene per tutte le altre leggi.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Dedoni. Ne ha facoltà.
DEDONI (Riformatori Sardi). Non ruberò molto tempo all'attenzione dell'Aula, ma mi preme ricordare che oggi chiudiamo un capitolo non certamente positivo nei confronti dell'opinione pubblica e mi auguro che sia dal centrodestra sia dal centrosinistra questo sia colto in maniera giusta e positiva, come deve essere nella riflessione del buon legislatore. Non si può recriminare né colpevolizzare l'una parte o l'altra. E' vero che le riforme si fanno insieme perché si tratta delle regole del gioco, ma proprio perché si tratta delle regole del gioco non è lecito né ammissibile che qualcuno possa giocare al rialzo o al ribasso sui numeri senza capire. Bene ha fatto l'onorevole Sabatini a ricordare quali attenzioni dovrebbe avere quest'Aula verso il popolo sardo, a iniziare dal dibattito sulla Costituente, e quindi sullo Statuto di nuova autonomia della nostra Regione, fino ad assumere una posizione di conflittualità nei confronti dello Stato per richiamare quelle attenzioni che alla Sardegna, maltrattata ormai da più di un secolo, sono dovute.
Vorrei anche ricordare, se la Presidente me lo permette, che io ho scritto una lettera aperta alla Presidenza chiedendo che fosse posta in discussione una proposta di legge che è altrettanto fondamentale, se è vero che crediamo in quello che andiamo dicendo, ed è la proposta di legge presentata dal Gruppo dei Riformatori che riguarda le accise e tutte le imposizioni sul petrolio in Sardegna. Non dimenticandoci che 6 miliardi - dico 6 miliardi! - di euro all'anno solo di accise vanno a beneficio dello Stato italiano, senza che la Sardegna ne abbia niente in cambio. Capite bene che è una cifra che equivale a una finanziaria della Regione sarda!
Come si fa a non discutere di tematiche simili visto che non abbiamo la capacità di chiudere un bilancio che veda il rilancio di quest'Isola nello sviluppo e nelle occasioni di occupazione? Ecco cosa ci chiede il popolo sardo: maggiore attenzione, maggiore capacità di penetrare in quelli che sono i problemi delle famiglie, nelle difficoltà delle famiglie di portare a chiusura un mese, se c'è il salario di un mese. E ove il salario di un mese non c'è, ove c'è la cassa integrazione quali sono le risultanze? Siccome tutti conosciamo bene questi problemi, credo sia ora che non si parli più di mozioni qui dentro, ma si portino a compimento le leggi per lo sviluppo, se veramente si ha a cuore lo sviluppo e se si vuole che ci siano opportunità per la nostra Isola. Se non si vogliono queste cose si continuerà a discutere di mozioni e ordini del giorno che lasceranno così com'è l'economia della nostra regione. Credo che sia il momento giusto per dimostrare tutta la nostra capacità lavorativa, perché questo intendono i sardi quando ci chiedono di diminuire ciò che percepiamo. Il nostro lavoro invece non lo facciamo quando non approviamo leggi per lo sviluppo e per l'occupazione. E' su questi temi che dobbiamo confrontarci. La mozione sterile e l'ordine del giorno altrettanto sterile non risolvono i problemi della nostra Isola.
Su questo mi accanisco perché la perdita di tempo in quest'Aula avviene quando si discutono leggi che non risolvono i problemi, quando non si affronta la realtà dicendo pane al pane e vino al vino, dicendo alla gente se abbiamo idee sulle quali confrontarci per un futuro diverso, per uno sviluppo alternativo, se sappiamo confrontarci con lo Stato e con l'Unione europea per un nuovo patto di una Regione-Stato che si confronta in una federazione nuova, diversa dal federalismo impietoso che dobbiamo subire senza ricevere alcuna solidarietà.
Credo che non ci sia molto da aggiungere, ma ci sia solo da votare. Se sono necessari degli emendamenti li si presenti, perché ciascuno è libero di presentarne, ricordando che sessanta consiglieri consentono di rappresentare tutti i territori dell'Isola. Certamente, ma questa è materia più da legge statutaria, dovremo iniziare a parlare di Statuto, di confronto tra lo Stato, la Regione e l'Europa; su questi temi dovremo confrontarci, anziché fare dichiarazioni che possono tornare utili a qualcuno, come dire che con l'Europa siamo riusciti a sanare il problema della legge numero 44, quando c'è chi ha già pagato e ci sono condizioni che certamente vanno approfondite meglio.
Ci si deve confrontare sulle cose concrete. Sui temi dello sviluppo sarà la vera sfida per dimostrare chi ha capacità di dibattito, di proposta e di risoluzione dei problemi della Sardegna; capacità che certamente non sembrano avere un'asfittica sinistra e un centrodestra che può darsi non sia all'altezza del compito che oggi ha.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Ben Amara. Ne ha facoltà.
BEN AMARA (Gruppo Misto). Signora Presidente, cercherò di parlare sottovoce per non convincere l'Assemblea! C'è poco da dire oggi e mi ritengo una voce discordante, che forse rappresenta la garanzia del ritmo, dell'armonia musicale del "chi se ne frega"!
Siamo di nuovo riuniti oggi per discutere della riduzione dei consiglieri regionali, come se fossimo nel mercato della casbah di Tunisi. La Sardegna attraversa una crisi spaventosa e per noi l'unico farmaco da proporre è la riduzione del numero dei consiglieri, senza discutere parallelamente di Statuto, legge elettorale, listino, privilegi, veri sprechi della politica, consulenze esterne, contratti a progetto, extra indennità di presidenti e vicepresidenti delle Commissioni, eccetera. Tutto questo lo si fa in un modo ipocrita per far vedere che siamo persone serie e ci teniamo agli impegni.
Abbiamo già ribadito il fatto che ridurre gli sprechi della politica non significa ridurre la rappresentatività territoriale, cancellare i partiti di minoranza o incoraggiare il bipartitismo. La gestione del sociale e dell'economia sostituisce a questo punto l'utopia. I sardi hanno bisogno di riforme, di concretezza e di una vera politica umanizzante. Lo sbarramento è un altro modo per discriminare soprattutto i partiti locali e la loro rappresentatività, dimenticando che la Sardegna non è solo una regione, ma è anche un continente che non ha neppure una rappresentatività effettiva a livello europeo. Lo sbarramento incoraggia anche coloro che non appartengono ai partiti maggioritari ad astenersi dal voto ed è anche sloggiamento politico delle minoranze, che sono le spezie della democrazia. L'uguaglianza istituita tra l'uguale e l'inuguale è semplicemente per noi un principio umanitario, l'equivalenza generale che sbarra ogni accesso alle differenze reali; un'uguaglianza stretta asservita alla quantità numerica che vieta la consistenza di un universo politico e impone il regno di ciò che Platone chiamava anarchia, un vero regime dell'apparire. Così la politica in se stessa in quanto pluralità conflittuale scompare completamente a favore di una gestione prosaica, duale, delle cose e degli esseri umani.
Questa proposta di riduzione del numero dei consiglieri ricorda, giustamente, che una maggioranza numerica non è mai una prova di verità o di giustizia; è come il suffragio universale, puro politicismo democratico. Cosa si farà, per esempio, per quanto riguarda il premio di maggioranza, i collegi territoriali, la forma di governo e l'elezione diretta del Presidente della Regione? Come mai i due partiti maggioritari si trovano sulla stessa linea per la difesa del presidenzialismo, che per noi è un'esperienza fallimentare? Può la riduzione dei consiglieri passare senza un'acuta revisione del sistema elettorale e dello Statuto? Diminuire il numero dei consiglieri non è un indebolimento della democrazia? Non sarà più razionale abbattere i costi della politica, i privilegi, e lasciare inalterata la composizione del Consiglio? Qual è la visione dei sindacati a questo proposito? Ormai i partiti, che attraversano una crisi senza precedenti nella storia politica italiana, dettano le leggi, mostrando di fatto che non esiste più un sistema politico che goda di un certo credito e che abbia il potere di suscitare consensi.
Ancora una volta suonano forse profetiche le parole di Tocqueville: "Se il passato non illumina l'avvenire, lo spirito procede nelle tenebre". Ed è questo che sta succedendo oggi: al posto della vera riforma di un ordine trasparente che porti chiarezza e razionalità, assistiamo oggi alla crescita del caos politico e intellettuale, dell'insicurezza psicologica, delle credenze esoteriche, della confusione e del disorientamento generalizzati. E dico chiaramente: se voi pensate che ridurre il numero dei consiglieri porterà più democrazia, più trasparenza e più rappresentatività politica fate pure, il Consiglio è sovrano, ma ricordatevi che il territorio non è uno spazio-tribù, ma è il luogo dell'esperienza, della libertà e della condivisione delle scelte, soprattutto quelle delle minoranze politiche e linguistiche. L'aspirazione o la decisione di ridurre il numero dei consiglieri potrebbe rivelarsi pericolosa, discriminante e repressiva. Da un lato l'oscurità, dall'altro la luce; da un lato rumori sordi, dall'altro rumori chiari. I fantasmi dall'alto e i fantasmi dal basso non hanno né le stesse voci né le stesse ombre. I soggiorni non hanno la stessa tonalità dell'angoscia. Quanto più la nostra attenzione politica si concentra sull'autenticità del sentire, e non sul contenuto sentito, quanto più la soggettività diventa un fine in sé, tanto più diminuisce la riuscita espressiva della persona. Dopo due anni e mezzo l'unico exploit che ha prodotto questo Consiglio è la proposta di ridurre il numero dei consiglieri regionali, così abbiamo bucato lo schermo! Grazie.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Capelli. Ne ha facoltà.
CAPELLI (Gruppo Misto). Signora Presidente, io confermo quanto ho detto in fase di discussione della precedente proposta di legge nazionale presentata in quest'Aula sulla composizione del Consiglio regionale, ribadendo di essere totalmente d'accordo sulla necessità di ridurre il numero delle rappresentanze. Non ho condiviso la proposta di riduzione a cinquanta, ho votato a favore, e non rinnego il mio voto, lo ribadisco, dell'emendamento Steri che rimandava l'argomento a una più compiuta e articolata riforma che preveda la riscrittura dello Statuto (da farsi, a mio avviso, attraverso la Costituente) e la modifica del sistema elettorale. Voterò a favore della riduzione a sessanta, che per ragionamento mi sembra sicuramente più congrua rispetto alla proposta di riduzione a cinquanta, ma sto rispondendo in questo modo a una pressione. Vedete, si nomina spesso a sproposito il popolo, la pressione del popolo. Vuole una testa in questo momento il cosiddetto popolo, e vuole una delle teste della politica, cioè il numero delle rappresentanze. Le rappresentanze degne di questo nome dovrebbero essere più razionali, dovrebbero ascoltare e trarre poi delle conclusioni che guardino avanti e non indietro e perciò garantiscano il rispetto delle rappresentanze territoriali della nostra regione, il rispetto delle rappresentanze di genere, il rispetto delle forze politiche, e quindi la tutela anche delle forze politiche minori, la cancellazione, come è già stato sottolineato, di quella forma elettiva, il listino regionale, che non prevede la preferenza da parte del popolo qui richiamato.
Ebbene, su tutto questo non si sta facendo niente; si cambia un numero, portandolo da ottanta a sessanta, tenendo però in piedi una legge elettorale che sicuramente allo stato delle cose (succederebbe anche con la riduzione a cinquanta) modificherà ulteriormente, aumentandolo, il numero delle rappresentanze. Perciò è giusto che la gente questo lo sappia, o meglio è giusto che rimanga agli atti perché non è detto che poi la gente lo saprà, in quanto non tutto quello che viene detto in quest'Aula viene riportato fedelmente all'esterno, anzi molto spesso viene omesso totalmente da quella stampa libera che di libero ha solo il nome, ma che invece è strumentale e funzionale al potere del momento, del quale molto spesso è anche a busta paga. E di questi tempi ne abbiamo esempi eclatanti, lo abbiamo visto per quanto riguarda la pubblicità istituzionale. Tutti noi siamo però convinti che queste cose non vadano dette perché se no non abbiamo la foto sul giornale, non abbiamo il richiamo, non abbiamo la pubblicità del nostro affare politico che si deve tramutare in consenso. Bene, io sono cosciente di questo, non posso usare il termine appropriato perché sarebbe poco educato, dico che non mi interessa, mi interessano di più la coscienza di rappresentante di una piccola parte del popolo sardo e la responsabilità di legislatore.
Vorrei ricordare che sulla base di spinte di questo genere, non opportunamente valutate, è stata rovinata l'Italia ed è stata rovinata la Sardegna. Ricorderete - so che questa può essere intesa come una provocazione, ebbene la lancio - il momento in cui fu cancellata, per esempio, l'immunità parlamentare in corso di mandato: oggi si sta pensando che forse quello fu un errore e comprendiamo il perché, lo stiamo vivendo in questi anni. Vi fu poi la spinta referendaria per il maggioritario e il presidenzialismo, che io stesso ho vissuto con grande ardore, appassionato all'idea: orbene, le interpretazioni sul maggioritario e sul presidenzialismo oggi stanno facendo rimpiangere tempi passati.
Non c'è inoltre una corretta informazione, per tanti versi. Per esempio, giusto ieri, nell'ennesimo talk show politico, si sentiva dire che il Capo del Governo è stato eletto direttamente dagli italiani, il che è falso, tant'è che se il Presidente del Consiglio viene sfiduciato e si dimette può essere sostituito, su indicazione del Presidente della Repubblica, con un altro Capo del Governo, come è successo nelle passate legislature.
Questo per dire che il Governo centrale assume determinate iniziative, anche sul sistema elettorale (il presidenzialismo che noi abbiamo è figlio di una legge nazionale) non badando però a regolamentare se stesso, perché il presidenzialismo è imposto nelle Regioni, ma non esiste a livello nazionale, in quanto esiste un'indicazione per il Capo del Governo, ma non l'elezione diretta. Anche in questo caso il Governo nazionale legifera sulla riduzione del numero dei consiglieri regionali (lo può fare, è legittimo, va benissimo, ma noi dobbiamo fare coscientemente questo passaggio, al di là di quello che è stato deciso a Roma), ma non è ancora intervenuto in maniera seria ed efficace sulla riduzione del numero dei parlamentari. Anzi, se noi dovessimo votare, come si pensa e come è auspicabile, nella prossima primavera, perché si va verso elezioni anticipate, eleggeremmo un Parlamento che sarebbe lo specchio numerico del Parlamento attuale. E probabilmente, auspicando che a seguito di quelle elezioni anticipate ce ne siano altre a livello regionale, in Sardegna verrebbero eletti di nuovo ottanta consiglieri, perché la doppia lettura in Parlamento non potrebbe avvenire per tempo. Purtroppo quest'Aula dovrà fare a meno del presidente Cappellacci - ma si è abituata alla sua assenza -, che sicuramente non tornerà alle prossime elezioni.
Questo è giusto che la gente sappia, però vanno valutate le prese di posizione politica, perciò adesso si torna indietro (chi ha votato, chi non ha votato) in maniera maldestra e a volte anche poco educata, continuando a gettare fango addosso all'istituzione. Poi si scrive: "Basta con la delegittimazione dell'avversario!". E intanto idee non ce ne sono, non se ne presentano. Ma dovendo delegittimare il collega Sabatini dirò: è stato lui che, a voto segreto, ha votato contro, o meglio lo farò capire perché se lo dico esplicitamente il collega mi denuncia! Ma non c'è cosa più orrenda del non cercare di ridare dignità al collega Sabatini, cioè di dare dignità a quest'Aula.
Mi diceva un collega che fra pochi giorni qualcuno verrà a manifestare qua sotto con ottanta asini, a ognuno dei quali sarà attribuito il nome di un consigliere regionale. Se succederà qualcuno mi dovrà fermare, perché non accetterò minimamente questo insulto! E guai a chi lo dovesse accettare, perché noi dobbiamo invece recuperare, ponendoci in modo corretto nei confronti della gente, dignità e autorevolezza per il ruolo che svolgiamo. Come possiamo fare? Continuiamo per davvero sulla via delle riforme. Vedete, colleghi, i politici non sono tutti marci, esistono anche in quest'Aula persone serie che non accettano di essere omologate nella comune idea che si persegue sulla politica, cioè non accettano di essere ritenute la feccia della società, di essere bersaglio di continui attacchi, maldicenze e offese. Io non ci sto e combatterò perché si recuperi dignità a un ruolo che è in ogni caso fondamentale per un'organizzazione sociale e democratica. E' chiaro che dobbiamo rendere conto del nostro operato, è chiaro che ci dobbiamo impegnare, è chiaro che la gente, perlomeno quella che io sento, poi qualcuno sentirà altra gente, non recrimina e non ci accusa fondamentalmente - è un'estremizzazione, perché al momento proprio di questo ci si accusa - per l'entità dell'indennità che prendiamo (alta, a dire il vero, ma sta a noi ridimensionarla, e quando parlo di indennità non mi riferisco all'indennità vera e propria, ma a quello che c'è a contorno e che aumenta il monte stipendio del consigliere regionale), ma ci dice: "Io vi pagherei anche di più, ma rendeteci un servizio, lavorate, fate qualcosa per noi". E' questa la distanza che sente la gente, non quella economica, pure importante e fondamentale in questo momento. I cittadini ci chiedono di lavorare seriamente, di impegnarci per loro, perché è inutile ridurre questo monte finanziario o numerico se poi le Commissioni non lavorano e non si producono leggi utili per regolamentare i rapporti economici e sociali della nostra isola e per garantirne lo sviluppo. Possono essere trenta o anche venti e offrire la loro prestazione gratuitamente, la gente premerà in ogni caso sui cancelli di questo palazzo se non ci sarà il ritorno del servizio che i consiglieri regionali sono stati chiamati a svolgere.
Non vuole essere retorica questa, ma espressione di un sincero e convinto pensiero su quello che dalla più piccola alla più grande istituzione deve essere il ruolo del rappresentante che si propone alla gente dicendo: "Io voglio partecipare amministrando il bene comune". Questo è quello che vuole la gente, non nascondiamoci dietro il fatto che diminuendo il numero dei consiglieri ci laviamo la coscienza. Non è così! Noi dobbiamo recuperare senso istituzionale e capacità. Oggi diventare un politico, a livello regionale o nazionale, è come partecipare a un concorso: a un concorso di bellezza per certi punti di vista e a un concorso per la magistratura per altri; l'uno ti dà notorietà, l'altro denaro. Fare il politico non è più una missione - senza voler enfatizzare questo termine - utile alla società, come quella del medico (se ne parlava ieri sempre nel talk show di cui dicevo) che deve curare le patologie della società, che ne deve migliorare le condizioni di vita. Il politico è diventato il virus, la patologia!
La gente ci chiede di rappresentarla degnamente, professionalmente, con capacità, con senso di responsabilità, con sobrietà in questo momento. E allora su questo dobbiamo intervenire oggi. Io speravo che ci sarebbe stato un intervento per Gruppo - anche quella è sobrietà - in cui si dicesse legittimamente se si è a favore o contro, in cui si giustificasse l'assunzione di una posizione. Sarebbe bastato questo perché, badate, non saremo citati tutti sui giornali domani, i giornalisti non ce la fanno a riportare il pensiero di tutti, perciò anche l'ottimizzazione del tempo e del pensiero è sobrietà.
Voglio chiudere, e risparmiare tempo se ci riesco, dicendo questo: voterò questa legge, spero che non ci siano emendamenti, spero che si faccia in fretta, passiamo alla fase successiva che deve essere garantita da un ordine del giorno, che spero che i Capigruppo stiano approntando. Dopodiché, Presidente, lo chiedo adesso per non interrompere dopo, i Capigruppo si esprimano sull'inserimento immediato, ai sensi dell'articolo 102 del Regolamento, della proposta di legge numero 315, depositata nei giorni scorsi da parte del Gruppo del terzo polo presente in Sardegna, questo perché a nostro avviso è importante che prima del rinnovo delle Commissioni si cancellino le indennità aggiuntive di carica e le indennità aggiuntive della Giunta, in modo tale che domani il Presidente non si svegli dicendo: "Domani rinuncio anche al caffè, perché io posso, perché io ho i denari, perché posso così demagogicamente continuare a perseguire un consenso". Consenso che, ahimè, non gli rifà la verginità.
Siccome la politica è anche questo e devono essere garantite pari condizioni per tutti, richiamo in Aula quella proposta di legge, ai sensi dell'articolo 102 del Regolamento, se i Capigruppo saranno d'accordo. Esamineremo gli articoli su cui siamo tutti d'accordo, gli altri potranno essere soppressi, ma insisto sulla necessità di procedere immediatamente alla cancellazione delle indennità di carica aggiuntiva del Consiglio e della Giunta. E' un atto pratico di risparmio immediato, mentre quello che stiamo facendo adesso porterà risparmi nella quindicesima legislatura e non nella quattordicesima, qualora il Parlamento possa approvare in doppia lettura questa proposta di legge nazionale.
Chiedo che i Capigruppo si esprimano sulla parte della proposta di legge numero 315 (non vogliamo approvare tutto il testo) riguardante il vitalizio e la riduzione dei consigli di amministrazione. Come presentatore sottoscrivo, se i miei colleghi sono d'accordo, gli emendamenti abrogativi di quelle parti che per il momento non volete prendere in discussione. Non osto su questo, ma sui primi articoli che richiamano quello che ho detto, chiedo che ci sia un pronunciamento da parte dei Capigruppo e se non fosse consentito per Regolamento che si possano esprimere i Capigruppo chiedo che nei loro interventi comunque si dicano: "Vogliamo portare, con corsia preferenziale anche questa legge in Consiglio e nell'immediato intervenire". Spero che i Capigruppo vogliano esprimersi e come semplice atto di cortesia mi degnino…
(Interruzione del consigliere Pittalis.)
CAPELLI (Gruppo Misto). L'articolo 102, per chi non lo sapesse, richiede il consenso dei Capigruppo. Sulla sostanza, per carità, è opportuno che si esprimano a favore o contro, legittimamente. Qui siamo nell'espressione dell'educato e libero pensiero, perciò ognuno giustificherà le sue scelte. Io chiedo legittimamente, secondo il Regolamento e secondo la libertà di pensiero, che se qualcuno vorrà esprimersi o degnarmi di una risposta dica il suo pensiero, cioè se è d'accordo o se non lo è, se vuole proporre modifiche o quant'altro. Io sto ponendo un atto, a mio avviso, concreto.
Presidente, lei mi dirà se l'articolo 102 può essere richiamato o meno in questo caso, a mio avviso sì, ma mi atterrò a quella che sarà la decisione della Presidenza nell'applicazione del Regolamento. E' per questo che ho aggiunto la seconda ipotesi, cioè che comunque l'Aula si esprima, pardon, i Capigruppo si esprimano, secondo l'articolo 102. L'Aula se vorrà pronunciarsi potrà farlo, ovviamente non c'è costrizione per nessuno.
Credo che, conclusa questa importante fase, saremo tutti legittimati a pensare alle riforme seguenti. Potremo modificare la macchina regionale, la dirigenza regionale, potremo tornare sui costi. Nessuno, per esempio, ha parlato (se no domani qualcuno ci metterà sulla gogna) dei costi che la Regione sostiene per tenere in piedi le macchine della rappresentanza democratica sindacale, le fondazioni, le associazioni. Si tratta di milioni di euro. E io, consigliere regionale, mi devo far prendere a pappine da quei sindacati che campano sulla contribuzione regionale e che ci accusano di incrementare giorno dopo giorno le nostre retribuzioni e quant'altro? Soldi ben spesi, per carità, perché i denari pubblici utilizzati per favorire la concertazione, la democrazia, la trasparenza sono tutti ben spesi, ma in questo momento occorre sobrietà; sobrietà per la politica e sobrietà per tutti i gradi e i livelli di rappresentanza delle libere istituzioni democratiche. Noi spendiamo molto, anzi chiedo che quanto prima questi costi siano resi pubblici, così come sono resi pubblici i nostri stipendi, le nostre indennità e quanto spendiamo in pubblicità istituzionale. Tutti i costi siano resi pubblici e trasparenti, come le nostre dichiarazioni dei redditi. Sia tutto trasparente, sia questo un palazzo di vetro per tutti quelli che utilizzano correttamente, democraticamente i fondi pubblici per sostenere la loro idea, la loro organizzazione, la loro democratica rappresentanza.
PRESIDENTE. Onorevole Capelli, l'articolo 102 che lei ha richiamato dice che vengono iscritti all'ordine del giorno e discussi sul testo del proponente i progetti di legge e gli altri documenti non ancora esitati dalle Commissioni nel caso in cui la Conferenza dei Capigruppo accolga all'unanimità la proposta formulata in tal senso da uno dei suoi componenti o dal rappresentante della Giunta regionale. Quindi lei non ha la facoltà di richiamare in Aula l'articolo 102.
CAPELLI (Gruppo Misto). In sede politica sì. Comunque farà la proposta il mio Capogruppo.
URAS (Gruppo Misto). Il Presidente del Gruppo Misto farà la proposta insieme al Presidente del Gruppo dell'Italia dei Valori.
PRESIDENTE. Il suo Capogruppo potrà avanzare la proposta nella sede opportuna, che è la Conferenza dei Presidenti di Gruppo, la quale definisce l'ordine del giorno dei lavori del Consiglio. L'articolo 102 non può essere richiamato in Aula, per cui se un Capogruppo vorrà avanzare la proposta in sede di Conferenza dei Presidenti di Gruppo gli altri Capigruppo la valuteranno e dovranno eventualmente accoglierla all'unanimità. Politicamente il discorso è diverso, però ripeto che l'articolo 102 non può essere richiamato in Aula.
E' iscritto a parlare il consigliere Agus. Ne ha facoltà.
AGUS (P.D.). Signora Presidente, signori Assessori, onorevoli colleghe e colleghi, cercherò anch'io di non utilizzare tutto il tempo a mia disposizione, non foss'altro perché in quest'Aula abbiamo richiamato la necessità di intervenire con rapidità vista la situazione economica, finanziaria e sociale dell'intera Isola. Sicuramente ci sono delle priorità assolute da affrontare, come dare risposte al grande numero di disoccupati, aiutare le famiglie che versano in stato di disagio sociale e far ripartire l'economia.
Nel contempo, richiamati dall'attenzione dell'opinione pubblica, abbiamo tentato in quest'Aula di dare per lo meno un segnale di condivisione di questo stato di malessere, che chiaramente non può esimerci da una riflessione collettiva anche in questa sede. E bene fece la prima Commissione a elaborare un documento da portare in Aula, che mi dispiace non sia approdato a granché perché la votazione a scrutinio segreto ha inficiato quella volontà. E dunque io lo ripropongo all'attenzione dell'Aula, non foss'altro per fare un ragionamento serio, dal momento che abbiamo parlato non solo di costi della politica, ma anche di rappresentanza della politica. Essendo il Consiglio regionale il massimo organo nel quale viene rappresentato il popolo sardo, e quindi l'intera collettività, l'accesso alla politica deve essere consentito a tutte le frange della popolazione, quindi a tutti i ceti sociali, ciascuno dei quali ha un suo bisogno, una sua esigenza, ma anche una proposta per la propria comunità da portare nell'Aula del parlamento sardo.
Sollecito quindi un'ulteriore riflessione anche per essere coerente rispetto a quella votazione. Ripropongo pertanto, con un emendamento, la riduzione del numero dei consiglieri regionali a cinquanta, con l'auspicio che comunque serva, ripeto, per una ulteriore riflessione. Mi rendo conto che non possiamo affrontare la riduzione del numero dei consiglieri solo ed esclusivamente dal punto di vista numerico, ma dobbiamo valutarne le conseguenze, come dicevo prima, sulla rappresentatività del popolo sardo, e quindi sulla funzionalità del Consiglio regionale. In effetti il Consiglio regionale, a mio avviso, si deve riappropriare di un ruolo importante, che comprende la funzione legislativa, ma anche quella di controllo. Purtroppo noi, lo ribadisco ancora una volta, effettuiamo il controllo attraverso le solite mozioni e interrogazioni, che lasciano il tempo che trovano; probabilmente bisogna impostare un nuovo metodo di gestione del Consiglio. Forse è bene tornare ai bilanci chiari, perché il Consiglio deve conoscere esattamente il bilancio, deve poter approvare un bilancio certo. Se dobbiamo investire sulla viabilità, dobbiamo conoscere esattamente l'entità della relativa partita di bilancio, in modo da poter fare un controllo, sperando che il Consiglio, reso magari snello dalla riduzione dei suoi componenti, sulla quale credo tutti concordiamo, abbia un adeguato staff tecnico e sia in grado di affiancarci e di dirci a che punto è l'attuazione delle leggi che approviamo. Spesso infatti non ne conosciamo l'esito, ma proponiamo ulteriori modifiche, snaturandone l'essenza.
Credo che ci sia bisogno di un Consiglio snello, dinamico, ma che controlli realmente la spesa. Il Consiglio non è in grado, a mio avviso, di conoscere con esattezza come si realizza la spesa, perché approva un bilancio preventivo composto da un articolo e un paio di commi, mentre è lasciata alla Giunta, cioè all'organo esecutivo, la gestione quasi totale delle risorse. Poi, però, a ogni variazione di bilancio noi ci ritroviamo a dover "infilare" quelle che volgarmente vengono chiamate marchette.
Questo provvedimento credo vada approvato velocemente per dare un segnale di sobrietà e responsabilità anche all'opinione pubblica. Personalmente ritengo che in un momento difficile per la nostra Nazione, e quindi anche per la Sardegna, dove giustamente il popolo ci richiama alla sobrietà, con questo provvedimento interveniamo anche sui costi della politica nei termini che in quest'Aula sono stati richiamati. Noi abbiamo presentato anche una proposta di legge, di cui è primo firmatario il collega Giuseppe Cuccu, sulle indennità da sopprimere e spero che si possa ragionare anche su queste cose, mettendoci quindi in sintonia con l'opinione pubblica, che ci chiede comunque un segno, ci chiede di condividere con lei il momento difficile che stiamo attraversando. Ci chiede anche, e ne abbiamo l'obbligo, non solo perché ce lo chiede l'opinione pubblica, di occuparci di quelle priorità che spesso abbiamo sfiorato senza mai dare risposte esaustive. Si è parlato, per esempio, di aiutare i comuni sbloccando il patto di stabilità, perché possano rimettere in circolo i denari che oggi tengono fermi nei cassetti, cosa che mette in crisi le imprese. Queste sono responsabilità che ci appartengono interamente e delle quali non possiamo non tenere conto se vogliamo trovare soluzioni e dare risposte.
Analizzando gli angoli di un bilancio pur fumoso (non abbiamo infatti certezze sulle partite di bilancio) potremmo recuperare risorse da immettere nel mercato per tentare di abbattere il grave dramma della disoccupazione e ridare fiato alle imprese. Il nostro Gruppo sta tentando di andare in questa direzione, cogliendo anche l'occasione del cosiddetto "piano casa 3". Noi ribadiamo la proposta che presentammo a suo tempo per fare in modo che chi non ha risorse proprie possa disporre di risorse pubbliche, non solo per la prima casa ma anche per gli interventi; quindi chiediamo l'estensione di una norma per ora riservata solo a chi ha risorse. Chi non ha risorse non può usufruirne, ma noi sappiamo che anche quelle piccole risorse, messe nel mercato locale, attivano un meccanismo virtuoso perché mettono in moto il piccolo artigianato, il piccolo commercio, le piccole imprese, e questo nell'attesa di un rilancio dello sviluppo economico della Sardegna.
Dare risposte all'opinione pubblica, anche se tirati per la giacchetta, è nostro dovere e dobbiamo fare in fretta proprio perché si tratta di proseguire il difficile percorso avviato in prima Commissione sullo Statuto, dove ci apprestavamo a fare delle consultazioni. Io spero che si possa provvedere immediatamente al rinnovo della prima Commissione, per far ripartire quel percorso che avevamo già iniziato sia sullo Statuto sia sulla legge statutaria. Se non ci fossimo interrotti probabilmente avremmo esitato nei termini previsti almeno alcune proposte da portare in discussione in Aula. Questo Consiglio si era caratterizzato proprio per la volontà di affrontare in maniera unanime, quindi al di là degli schieramenti, questi atti fondamentali per la Regione e per l'isola di Sardegna nel contesto di un federalismo nazionale che andava pian piano formandosi. Noi dovevamo in qualche maniera usare la nostra autonomia affinché nessuno ci imponesse scelte altrui, ma fossimo noi stessi ad autodeterminarci, così come lo Statuto prevede. E noi abbiamo il dovere di farlo se davvero vogliamo mantenere la nostra autonomia, la nostra identità nel rapporto con lo Stato e con l'Europa in maniera positiva e proficua. Per cui spero che in questa sede si possa addivenire comunque alla definizione della riduzione del numero dei consiglieri regionali, più che altro per dare un segnale di equilibrio, di sintonia con l'opinione pubblica, per poi affrontare i bisogni reali dell'isola di Sardegna.
Ho fatto cenno ai disoccupati, alle famiglie in grave difficoltà, ma potrei parlare anche dei problemi del mondo agricolo. Si è detto: "Ma il mondo agricolo può essere uno degli elementi caratterizzanti lo sviluppo futuro dell'Isola? Può essere considerato settore primario in Sardegna, visto e considerato che spesso ci siamo lamentati del fatto che i famosi interventi massicci di capitali per la realizzazione di parchi eolici e di impianti fotovoltaici forse stanno andando oltre i limiti e possono inficiare le capacità produttive che la Sardegna possiede?
Abbiamo detto che ci sono temi importanti da affrontare, per cui spero che oggi comunque riusciamo a dare una prima risposta, se tutti siamo d'accordo sull'abbattimento del numero dei consiglieri. Ribadisco che la proposta che ho sottoscritto per coerenza in prima Commissione va discussa e valutata perché non venga mortificato l'organo legislativo della Regione Sardegna. Occorre dare la possibilità a chiunque di potersi sedere in questi banchi, anche all'operaio e al disoccupato, come succedeva una volta, perché portino la loro esperienza di vita, l'esperienza del loro territorio, e tutti insieme si possa davvero trovare le soluzioni più importanti per la nostra Isola e per le nostre comunità.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Maninchedda. Ne ha facoltà.
MANINCHEDDA (P.S.d'Az.). Signora Presidente, nel corso del dibattito precedente che riguardava lo stesso argomento il Partito Sardo d'Azione è stato accusato di "benaltrismo", cioè di questo vizio che abbiamo in Italia di non parlare mai del merito per non fare le scelte che sono richieste sul momento. Sicuramente ci siamo spiegati male e allora ci rispieghiamo, cercando di farlo in modo semplice, cioè non equivocabile. Noi eravamo contrari alla proposta di riduzione a cinquanta del numero dei consiglieri; siamo favorevoli alla misura di sessanta, che riteniamo adeguata alla rappresentanza della sovranità della Sardegna. Continuiamo ad essere contrari a che a determinare il numero dei componenti il Consiglio regionale della Sardegna sia il Parlamento italiano e senza nessuna vergogna dichiariamo che la norma che diceva che il numero dei consiglieri doveva essere stabilito dalla legge statutaria era assolutamente dignitosa.
Tuttavia, per accedere a una richiesta che è stata fatta, quella cioè di non dichiarare semplicemente i principi, ma di dimostrare che sono efficienti, svolgerò un ragionamento alla luce della proposta oggi in discussione. La proposta oggi in discussione è una modifica dello Statuto della Sardegna che decide il passaggio da ottanta a sessanta del numero dei consiglieri regionali e sarà discussa dal Parlamento. Il Consiglio regionale della Sardegna propone come unica modifica del suo Statuto, in vigore dal 1948, la riduzione del numero dei suoi consiglieri e chiede al Parlamento, a entrambe le Camere (quasi mille parlamentari tra deputati e senatori della Repubblica italiana) di prenderlo sul serio, di riunirsi e di votare su una sola modifica dello Statuto della Sardegna. Voi ritenete che questa posizione possa essere considerata seria? Cioè ritenete seriamente che il Consiglio regionale della Sardegna possa essere preso sul serio dal Parlamento italiano là dove chiede, dal '48 a oggi, solo questa modifica? Credo che sappiamo perfettamente a quale ridicola considerazione ci stiamo esponendo!
I colleghi potranno dire: "Abbiamo il tempo di approvare altre modifiche dello Statuto". In effetti, onorevole Agus, per modificare la legge statutaria e la legge elettorale e meglio adeguarle al cambiamento dei tempi dovremmo modificare, oggi o domani, quanto durerebbe la discussione non lo so, almeno altri diciassette articoli. Quella sarebbe una posizione seria, non questa. Quello che stiamo facendo oggi è un espediente!
Ma mettiamo pure - così ci chiariamo bene le idee - che la proposta di legge nazionale che stiamo esaminando arrivi in Parlamento e venga iscritta all'ordine del giorno. Ovviamente il Parlamento direbbe: "Ma come, ci occupiamo della riforma dello Statuto della Sardegna e modifichiamo solo questo? Mettiamoci mano!". E allora le procedure saranno quelle dell'articolo 54, cioè ci sarà una riforma complessiva dello Statuto della Sardegna elaborata dai mille parlamentari italiani - di cui poi vi dirò qual è l'affidabilità - che arriverà qui per un parere consultivo. E noi a chi affidiamo questo luminoso percorso contraddistinto dalla debolezza del Consiglio regionale, dalla debolezza della Sardegna? Lo affidiamo allo Stato, vorrei ricordarlo a quanti in questo momento continuano a dire che il percorso di modifica e di determinazione delle istituzioni della Sardegna è giusto che sia affidato al Parlamento italiano. Chi è il nostro Parlamento? E' il Parlamento, onorevole Solinas, che su proposta di un senatore sardo - lo dico ai senatori che in questo momento anziché venire a discutere con noi delle riforme istituzionali le propongono autonomamente a Roma - ha fornito alla Regione Sardegna il gettito sull'IVA, negli anni precedenti il 2004, non in base allo Statuto vigente, ma in base a un ordine del giorno e al tasso di inflazione programmato. Ci hanno fregato 500 miliardi e ce li hanno restituiti non come Equitalia pretende che vengano restituiti i debiti verso lo Stato, ovvero con more e interessi, ma in comode rate di 25 milioni in vent'anni!
Questo è lo Stato a cui voi ritenete legittimamente di affidare le riforme della Sardegna, perché non accettate ciò che noi diciamo sulla questione della sovranità. Voi dite che questo è benaltrismo. Andiamo allora avanti su chi è questo Stato. Lo Stato, in questa legislatura, ha fatto cose vergognose! Perché? Ha impegnato la Regione Sardegna nella discussione delle norme di attuazione, ha portato queste norme fino alla porta del Consiglio dei Ministri e non le ha approvate. E la verità l'ha detta l'Assessore del bilancio di questa Regione non qui, ma alla Corte dei conti, quando ha dichiarato che quelle norme non vengono approvate perché lo Stato pretende che noi ci carichiamo di altre funzioni. Cioè lo Stato dice: "Se vuoi i soldi che abbiamo previsto nell'articolo 8, ti devi caricare di altri costi". Questo è lo Stato a cui voi volete affidare la riforma dello Statuto, quello stesso Stato che, siccome noi non proponiamo nessuna modifica dello Statuto per la zona franca, ha garantito la fiscalità di vantaggio alle tre Regioni più ricche d'Italia e quando ha negoziato con la Regione Sardegna l'IVA ha indicato una formula generica legata ai bisogni! Leggete come viene calcolata l'IVA per il Trentino, per il Friuli e per la Valle d'Aosta! Lo Stato ha consentito, con l'articolo 5 bis dell'ultima finanziaria, ad alcune Regioni del sud di superare il patto di stabilità, sapete a discapito di chi? Anche della Sardegna! Questo è lo Stato a cui voi volete affidare la riforma dello Statuto e a cui vi presentate con un solo articolo dello Statuto modificato.
Allora è possibile chiedere, senza che nessuno si offenda, se questo è un percorso serio? All'onorevole Sabatini, che dice che è un momento in cui dobbiamo stringerci e fare riforme serie, io rispondo: siamo prontissimi! Però, diciamocela tutta, a oggi, cioè dopo due anni e mezzo di legislatura, non abbiamo ancora riformato lo Statuto. Vogliamo fare la legge statutaria e la legge elettorale? Si fanno a Statuto vigente, perché non potete pensare che il Parlamento ci approvi una frettolosa modifica dello Statuto che noi variamo in Aula, ce la restituisca e noi abbiamo poi il tempo di fare legge statutaria e legge elettorale prima delle prossime elezioni. La legge elettorale e la legge statutaria, se le vogliamo fare, le facciamo a Statuto vigente, con mille limiti! Io direi: facciamole lo stesso, ma sappiamo cosa stiamo facendo.
E allora il problema che noi abbiamo posto e che continuiamo a porre è che non si possono fare le riforme istituzionali se questo Consiglio non capisce che tali riforme devono essere accompagnate da una politica della sovranità. Voi parlate di sovranità della Sardegna, ne parlate a destra e a sinistra, ma la Corte costituzionale nel 2007 ha inibito l'uso della parola sovranità a questo Consiglio regionale, perché ha impugnato una legge che l'aveva nel titolo e ha detto che gli enti territoriali non sono soggetti di sovranità, sono bensì soggetti che esercitano funzioni delegate dalla sovranità del popolo italiano. Parlare di sovranità è un'astrazione. Su che cosa la vogliamo convocare, alla luce dell'ordine del giorno che abbiamo a suo tempo approvato, la Costituente? Il dibattito istituzionale è tutto sulla sovranità del popolo sardo, convochiamo una Costituente che non può usare la parola sovranità? Questo non è chiaro ai sardi. Nel P.D. si registrano posizioni interessanti: Massimo Dadea dice addirittura che ci spingeremo fino all'indipendentismo, Cabras parla di sovranità, ma la Costituzione italiana vigente lo impedisce. Su che cosa la convochiamo la Costituente? Perché ne parliamo?
Il percorso che il Consiglio regionale ha di fronte è un percorso quasi amministrativo. Possiamo ottimizzare le nostre istituzioni, questo è certo, ma il tema centrale che dobbiamo porre allo Stato è che noi siamo titolari di una sovranità originaria. Se non poniamo questo problema, colleghi, non potremo mai porre la questione della fiscalità di vantaggio, cioè dire allo Stato quali tasse pagano le sue funzioni e quali pagano le nostre. Se mai dovessimo convocare una Costituente sarebbe sulla modifica della Costituzione italiana. Questo dobbiamo fare, questi sono i percorsi seri. Oggi stiamo facendo uno scherzo!
Voglio dire questo, e concludo: la proposta di legge in discussione può iniziare un percorso serio, ma bisogna riprendere a parlare di sovranità. Questo Consiglio inibito, che non ha voluto votare la mozione sull'indipendenza, faccia un ordine del giorno sulla sovranità che dica che la Sardegna è titolare di una sovranità originaria, abbia questo coraggio. Posizioniamoci politicamente rispetto alle nostre rivendicazioni, altrimenti queste non sono le leggi del coraggio, ma sono le leggi della vergogna, di un modo di fraintendere la protesta che c'è fuori e di tentare di cavalcarla dando ragione anche a chi può non averla. Non sono leggi del coraggio, sono leggi della vergogna!
Io non credo che con il rossore si migliori la Sardegna. Io credo che ci voglia dignità e allora se vogliamo essere coerenti fino in fondo cominciamo, per esempio, per il potere che abbiamo noi, a sfoltire il ceto politico sardo. Li aboliamo i consorzi di bonifica? Noi siamo la Regione che ha il maggior numero di unioni di comuni. Le semplifichiamo? Aboliamo le province? Questo è nella nostra disponibilità, ma poi non diciamo che questo è per lo sviluppo della Sardegna. Non confondiamo le cose. In America hanno messo nel mirino gli obiettivi giusti, che sono i finanzieri, le banche, la globalizzazione dei mercati e, in misura minore, la rappresentanza. Qui no, qui si è fatto il contrario, però non diciamo che queste leggi fanno lo sviluppo. Sapete da dove parte lo sviluppo? Dalla verità. E la verità è che noi non possiamo avere un bilancio - lo dico ai colleghi che hanno parlato prima di bilancio - con le entrate del 2012 in aumento rispetto al 2011 quando il nostro PIL è precipitato dal 2 allo 0,2 per cento! Com'è possibile? Come possiamo iscrivere ancora 800 milioni di euro in entrata che ci dovrebbe dare il Governo? Sapete di quanto è diminuita in cinque anni la capacità di spesa reale della Regione a causa del patto di stabilità? E' passata da 3 miliardi e 400 milioni di euro a 2 miliardi e 700 milioni, cioè 700 milioni di euro in meno! Come si possono fare le politiche di sviluppo quando si ha da una parte una montagna di promesse e dall'altra un colino che deve rateizzare tutto? Un colino! Questa è la situazione della Sardegna. E quando si diceva che il fondo unico doveva diminuire parallelamente alla diminuzione del gettito si diceva una cosa sacrosanta, ma si dovrebbe dire che anche la spesa sanitaria diminuisce rispetto alla flessione del gettito e invece si dice che è naturale che aumenti del 2 per cento. Col cavolo che è naturale!
Questi sono i temi della dignità del Consiglio regionale. Se invece vogliamo affrontare la capacità di dare una risposta veloce a un po' di propaganda e di demagogia, facciamo una cosa obiettivamente ridicola: modifichiamo in un solo punto un articolo di uno Statuto che è vigente dal 1948. Non parliamo di fisco, non parliamo di zone franche, non parliamo di niente, però mandiamo al Parlamento questo segnale della nostra dignità: modifichiamo un articolo dopo sessant'anni!
PRESIDENTE. E' iscritta a parlare la consigliera Zuncheddu. Ne ha facoltà.
ZUNCHEDDU (Gruppo Misto). Mi ha fatto molto piacere sentire l'intervento del collega Maninchedda e quindi mi aspetto che voti contro questa proposta di legge nazionale dopo questa bella dichiarazione.
Io non potrò mai condividere una legge che di fatto mortifica la democrazia. Fra l'altro è come se la democrazia, in questo momento di grande crisi e sofferenza popolare, facesse paura. Questa classe politica sarda appare impaurita, così impaurita da arrivare a proporre, in modo goffo, delle leggi assolutamente repressive, ma a questa provocazione io credo che i sardi sapranno rispondere in modo pacifico e democratico, così come è sempre avvenuto nella storia.
Mi ha colpito anche la dichiarazione del consigliere del M.P.A., e cioè se chiede la riduzione numerica il Governo italiano facciamolo anche noi. Mi è parso di aver capito questo.
(Interruzione)
Non è così? Allora correggo il tiro, non per altro, ma perché il coraggio di stare dietro al Governo italiano io sinceramente non ce l'ho, non è mai stata una mia vocazione.
Comunque vorrei riportare l'attenzione dell'Aula sul fatto che oggi la costituzione delle Commissioni viene rinviata per l'ennesima volta. E' come se fra i consiglieri del centrodestra non ci fossero persone autorevoli per coprire le presidenze, quindi il problema è che in tempi di moralizzazione e di riduzione degli sprechi della politica dobbiamo prendere atto che le presidenze sono legate alle spartizioni e alle relative indennità. Vorrei pertanto rinnovare l'invito alla presidente Lombardo, se mi ascolta un attimo, a procedere ai tagli delle indennità di carica. Credo che questa misura risolverebbe i problemi e consentirebbe sicuramente la ripresa dei lavori delle Commissioni.
A tutt'oggi la Commissione autonomia - altra nota - non ha risposto alla mia richiesta di spiegazioni sull'esclusione della mia proposta di legge sull'abbattimento dei costi della politica. Vorrei avere una risposta scritta, insisto su questo e continuerò a farlo. Collega Pittalis, sarà registrato, prenda atto che dovrà darmi una risposta scritta.
La classe politica sarda continua a perpetuare la sua storica sudditanza e sta permettendo che in Sardegna passi ciò che i padroni del vapore, quelli della globalizzazione mondiale, vogliono che avvenga, e cioè uscire dalla crisi limitando la democrazia e facendo pagare la crisi agli strati sociali e alle economie più deboli, non di certo alle banche e alle multinazionali. La gestione della crisi economica mondiale secondo gli stessi analisti internazionali non può prescindere da una diminuzione sostanziale dei livelli di democrazia all'interno dei singoli Paesi. Questo è il diktat che il governo della finanza mondiale vuole imporre in Europa a tutti gli Stati sull'orlo del fallimento; fallimento generato dalle stesse logiche della globalizzazione, come la delocalizzazione delle imprese, quindi delle industrie - qui in Sardegna poi abbiamo una lunga storia -, la rapina delle risorse economiche e ambientali, la distruzione dei territori e delle loro economie nonché l'uso scellerato del debito pubblico dei singoli Stati all'interno delle turbolenze e delle speculazioni finanziarie mondiali.
(Brusio in aula)
Eh sì, c'è una profonda non dico disattenzione… I colleghi che non intendono ascoltare potrebbero uscire oppure usciamo io e lei, Presidente, e parlo con lei, veda un po'!
PRESIDENTE. Ha ragione, onorevole Zuncheddu. Prego i colleghi di consentire all'oratore di svolgere il suo intervento nel silenzio. Onorevole Ben Amara, per cortesia! Grazie.
ZUNCHEDDU (Gruppo Misto). La Sardegna, colonia interna italiana e non solo italiana, oggi più che mai è al centro di queste dinamiche.
Cosa faccio, Presidente, intervengo domani? Mi rinvii l'intervento a domani, la prego.
PRESIDENTE. No, onorevole Zuncheddu, lei è iscritta a parlare oggi, per cortesia continui. Prego i colleghi di avere rispetto. Chi vuole chiacchierare lo faccia fuori dell'aula. Onorevole Ben Amara, proprio lei! Capita anche a lei di lamentarsi del brusio in aula.
ZUNCHEDDU (Gruppo Misto). Mi dispiace perché il collega Ben Amara io lo ascolto con molta attenzione, come faccio normalmente.
Comunque, affinché tutto vada secondo le logiche previste da ristrette oligarchie internazionali, è necessario che i livelli di democrazia partecipata vengano drasticamente tagliati in modo da far sì che all'eventuale reazione popolare venga messo un bavaglio democratico. Tutto questo in nome di una demagogica riduzione numerica degli eletti nelle istituzioni, ovvero una riduzione sostanziale della partecipazione popolare alle scelte politiche, economiche e sociali dei territori, delle Regioni e degli Stati. Si è arrivati anche a teorizzare in Sardegna, vedi i discorsi bipartisan fatti in quest'Aula e in Commissione autonomia, che il numero inferiore dei consiglieri regionali è esso stesso sinonimo di efficienza, come se la produttività di ogni singolo consigliere fosse legata al numero degli eletti nelle istituzioni e non al proprio impegno. Presidente, sarebbe interessante che lei, fra l'altro, facesse una verifica oltre che sulle presenze anche sulla produttività politica di ogni consigliere. Credo che la storia a questo punto ce lo chiederebbe. In nessuna struttura, e ancor meno in quelle partecipative, si è rilevato che la riduzione del numero sia direttamente proporzionale alla produttività.
La logica del taglio numerico, perfettamente in linea con l'esclusione dalla partecipazione alla vita democratica e alle istituzioni della stragrande maggioranza delle collettività, è sposata indifferentemente e congiuntamente, seppure con variazioni di lessico, dalla stragrande maggioranza di questa classe politica. Una classe politica allineata perfettamente a quella italiana e io dico anche degna nipote di quei sardi che il 29 novembre del 1847 fecero la fusione perfetta, rinunciarono cioè alla propria sovranità istituzionale e chiesero a Carlo Alberto di essere considerati a tutti gli effetti piemontesi, sancendo con ciò giuridicamente e istituzionalmente la fine della sovranità del Regno di Sardegna. Anche oggi si sancisce l'esclusione violenta, ma legalizzata, delle minoranze politiche, che stranamente sono da sempre una peculiarità della storia e della cultura politica del popolo sardo. Non mi stupirebbe che stando così le cose quest'Aula, sotto ordine delle segreterie dei partiti italiani, arrivasse essa stessa, per non essere costretta, ad abrogare lo Statuto speciale e quindi la stessa autonomia regionale.
Voglio ricordare a tutte le forze politiche presenti in Aula che si sono espresse sulla sovranità come popolo e come nazione che qui, visti i pronunciamenti, si dovrebbe legiferare per agevolare il percorso di un popolo che deve liberarsi dall'oppressione economico-coloniale e che ha il diritto inalienabile di esercitare la propria sovranità, ovvero l'autogoverno, e costruire il proprio cammino di indipendenza. Invece, ancora una volta, su un tema così importante della democrazia, e quindi della rappresentanza, si importano i diktat, si importano i modelli e gli strumenti scelti dall'Italia e accettati passivamente e benevolmente dalla classe politica sarda, con ciò dimostrando la propria sudditanza e la mancanza di qualsiasi forma di autonomia storica, culturale e politica.
Quindi il taglio alla democrazia è indispensabile soprattutto in Sardegna in quanto colonia; i conflitti in una colonia assumono risvolti più aspri e gli inquilini del palazzo non devono essere disturbati, un po' come sta succedendo adesso. Intanto la disperazione serpeggia tra la nostra gente depredata da Equitalia, a cui lo Stato italiano in questi ultimi giorni ha affidato ancor più poteri per aggredire con maggiore violenza il nostro mondo agropastorale, che fra l'altro è vittima delle stesse leggi regionali sballate e di un sistema di credito usuraio.
L'entità della crisi economica in Sardegna e l'acuirsi del livello di scontro tra lo Stato italiano e il popolo sardo può portare inevitabili rivolte popolari per il pane, e noi questo dobbiamo metterlo in conto. Ecco perché la prima azione di controllo è l'abbattimento del livello di democrazia, con l'avvio di un sistema sempre più oligarchico, autoreferenziale e incontrollabile, specialmente sulle prebende, sugli sprechi e sulle ruberie (vorrei ricordare l'evento di ieri con i pastori, a Macomer, a proposito del consorzio del latte); un sistema dove il conflitto sociale viene trattato come un problema di ordine pubblico, ovvero la repressione militare (vedi la manifestazione dei pastori a Cagliari, a Civitavecchia, alla Borsa di Milano, per non parlare poi dello sfratto forzato a "Sa Terra Segada").
Parlare quindi di riduzione dei costi della politica, ovvero dei privilegi della cosiddetta casta e della complessa macchina regionale fatta di enti, di agenzie, di strutture parassitarie incontrollabili, significa entrare nel merito, oltre che dei privilegi, degli sprechi, degli abusi e dell'inefficienza delle varie amministrazioni pubbliche che ricadono pesantemente sulle povere finanze della collettività, sostenuta dalle imprese e dalle famiglie sempre più prostrate, questa è la nostra realtà. Perciò la riduzione drastica del 50 per cento degli emolumenti dei consiglieri regionali deve essere il primo atto di un processo globale di democrazia e di moralizzazione della politica. La restituzione alla politica della gestione del bene comune non può prescindere da questi processi. Questo è l'unico percorso per la restituzione della dignità a una classe politica sempre più screditata, autodelegittimata e autoreferenziale. Mi scuso se ho disturbato l'Aula.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Campus. Ne ha facoltà.
CAMPUS (P.d.L.). Presidente, cercherò di ricambiare la cortesia nell'essere breve. Intanto vorrei fare due brevissime sottolineature, non per accendere una qualche polemica, ma semplicemente per una questione di corretta e compiuta informazione. L'onorevole Sabatini nel suo intervento ha giustamente richiamato la sua onorabilità, che nessuno mette minimamente in dubbio, e ha detto: "Se sarà chiesto il voto segreto non parteciperò alla votazione". Correttissimo atteggiamento, onorevole Sabatini, ma vorrei ricordarle che nella discussione generale del precedente testo legislativo il Presidente del Gruppo del P.D. disse esattamente le stesse parole: "Se ci sarà la richiesta di voto segreto il Gruppo del Partito Democratico non parteciperà alla votazione", dopo di che tutti sappiamo com'è invece andata. Questo non lo dico certamente perché ritenga di poter scagliare qualche pietra senza avere nessun peccato, lo dico solo per correttezza. Io apprezzo la sua onestà morale e intellettuale, onorevole Sabatini, lei lo sa, indubbiamente però nel suo Gruppo qualcosa non ha funzionato, a cominciare dalle dichiarazioni dell'allora Presidente del Gruppo.
Che il voto segreto sia stata una scelta che io ho apertamente criticato è agli atti e che sia stata una scelta che infelicemente è nata dai banchi di questa maggioranza è altrettanto assodato. Ebbene, credo che non fosse nemmeno la scelta migliore quella di modificare quel testo e lo vediamo in maniera eclatante, lampante, palese oggi col nuovo testo che reca la firma di tutti i Capigruppo. Ciò vuol dire che indubbiamente in quella scelta c'era qualcosa di sbagliato. Io penso che se lo spirito di voler davvero rappresentare al meglio le istanze che esistono fuori del Palazzo l'avessimo applicato già allora oggi non ci troveremmo in questa situazione, comunque facciamo di necessità virtù e prendiamo i lati positivi. Indubbiamente quello che è stato scatenato da quella scelta è comunque, almeno a giudicare dalle firme apposte e dagli accordi che sono stati presi, uno spirito di ideale e trasparente collaborazione tra i Gruppi, di reciproca correttezza (al di là delle dichiarazioni più o meno fatte al solo scopo di apparire sulla stampa) che è un viatico sicuramente interessante e importante per affrontare davvero quel ciclo di riforme che abbiamo promesso e che possiamo con questo spirito portare in porto, a partire, è stato detto a più voci, da una nuova legge elettorale regionale scelta da noi rappresentanti dei sardi, onorevole Maninchedda, non espressione di una sovranità, ma espressione di una rappresentanza; una legge elettorale fatta dai rappresentanti dei sardi per i sardi.
Questa è una nostra prerogativa che possiamo usare e mi auguro davvero che subito dopo, con questo clima di trasparenza e reciproca correttezza, possiamo affrontare una legge elettorale che personalmente auspico possa fare tesoro di quanto di negativo e di positivo abbiamo sperimentato e i sardi hanno sperimentato in queste ultime legislature, compresa quella in corso, su una legge che noi non abbiamo né scelto né voluto, ma che ci è stata imposta, e non perché ci sia uno Stato sovrano che ci impone qualcosa, ma semplicemente perché i sardi rappresentanti dei sardi, chi c'era prima di noi e noi stessi non siamo capaci di darci la nostra legge elettorale. Vediamo di farlo adesso sulla base dell'esperienza e nella maniera migliore, così come attraverso una nuova stesura di legge statutaria potremo darci, noi rappresentanti dei sardi per i sardi, delle regole su incompatibilità, ineleggibilità e conflitto di interessi. Sta a noi rappresentanti dei sardi rispondere alla volontà dei sardi, dare risposte in termini di costi della politica, dalle indennità ai privilegi e, perché no, agli sprechi, come è stato detto. Anche questo dipende solo da noi. Società, enti, compartecipate, compari o se preferite cumparielli di borbonica memoria o tradizione sta solo a noi limitarli, ridurli.
Non ultimo occorre un nuovo Regolamento di questo Consiglio che possa dare più efficacia, più snellezza, più trasparenza e più chiarezza ai nostri lavori. E sul tema dello Statuto non mi nego: nessuno può certamente sostenere che lo Statuto non debba essere aggiornato, però al di là dei temi che ha evocato l'onorevole Maninchedda, tutti rispettabilissimi nella tradizione del partito che lui rappresenta in questo Consiglio, molte delle cose che il collega Maninchedda ci chiede di affrontare le potremo rappresentare solo dopo che avremo risolto il problema della nostra secessione, posto che la sovranità, come giustamente ricordava qualcuno, ai tempi d'oggi non sappiamo nemmeno se ce l'abbia il popolo italiano dal momento che deve raffrontarsi con una collettività ancora più ampia. Non sto qui a ricordare la nota lettera della BCE e il modo in cui - da più parti è stato sottolineato - ci viene imposta una rivisitazione della nostra finanziaria, ci vengono imposte regole finanziarie che dobbiamo rispettare. Certamente noi abbiamo voluto entrare in quella collettività, abbiamo scelto di entrarvi usando la nostra sovranità, cioè il volere del popolo che attraverso libere elezioni esprime i suoi rappresentanti. Abbiamo deciso di entrare a far parte di una collettività e a quel punto dobbiamo rispettare anche i limiti che dal punto di vista finanziario e della trasparenza dei bilanci ci vengono imposti. E allora credo che non ci sia bisogno di ricordare dei modi di dire quali: il troppo è nemico del buono, il troppo stroppia, nessuna legge è perfetta, tutto è perfettibile. Siamo tutti d'accordo, lo Statuto andrebbe rivisto, però almeno questo passaggio che comunque, come abbiamo sentito, tocca in maniera diretta la nostra credibilità possiamo farlo. Siamo tutti d'accordo che è un passaggio che deve essere vagliato dal Parlamento nazionale, ma, vivaddio, sino a che esisterà l'Italia come nazione noi saremo una delle venti Regioni di questa nazione. Potremo fare la secessione, se il popolo sardo lo vorrà, premiando quei partiti o quei gruppi che vogliono la secessione, ma sino a che esso continuerà a eleggere rappresentanti che si riconoscono anche in un'unità nazionale è chiaro che dobbiamo rispettare le leggi della nostra Nazione, e la modifica del nostro Statuto passa per quello che prevede la Costituzione italiana, che è anche la Costituzione dei sardi in quanto italiani.
E allora francamente non arrossisco, non ho vergogna nel rispettare i dettati della Costituzione italiana, però, ripeto, noi possiamo davvero fare qualcosa di più lasciando perdere la demagogia. Si potrebbe dire che ci limitiamo a prendere l'uovo oggi? Benissimo, ma sta sempre a noi saper prendere la gallina domani! Noi abbiamo sprecato da questo punto di vista due anni e mezzo di legislatura, vediamo se adesso con questo clima di concretezza, con questo clima di maggiore sensibilità nei confronti di quello che accade fuori sapremo portare ai sardi la gallina, se sapremo cioè dimostrare di avere l'onestà intellettuale per realizzare tutte quelle modifiche che devono e possono essere fatte in vigenza dell'attuale Costituzione e anche dell'attuale Statuto.
Nonostante io avessi sostenuto a ragion veduta, secondo me, e con dimostrazioni fatte in Commissione, che cinquanta consiglieri fossero sufficienti a rappresentare al meglio in questo Consiglio la nostra regione e tutti i suoi territori e che tale numero esprimeva non solo un risparmio, ma anche maggiore snellezza, maggiore capacità di lavorare, maggiore sobrietà e anche funzionalità del Consiglio regionale, nonostante avessi osteggiato l'emendamento che, a voto segreto, ha modificato il testo esitato dalla Commissione, nel voto finale sulla proposta di legge in Aula ho votato a favore, perché era un piccolo passo, peggiore di quello che era stato delineato in Commissione, ma comunque un piccolo passo. Allo stesso modo oggi voterò a favore di questa proposta di legge che da cinquanta porta a sessanta il numero dei consiglieri regionali sulla base di un ragionamento molto banale: sessanta è meno di ottanta ed è il segno che questa riduzione, che viene fatta sì - dobbiamo riconoscerlo - a furor di popolo, comunque la stiamo attuando. Badate bene, legiferare a furor di popolo può essere interpretato come indice di incapacità, ma sentire il popolo e legiferare su quello che esso ci chiede credo sia comunque una vittoria (così io la voglio intendere, nonostante, ripeto, l'uovo ottenuto sia più piccolo di quello che volevo portare a casa); una vittoria della volontà collettiva e a conti fatti una vittoria della democrazia.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Bruno. Ne ha facoltà.
BRUNO (P.D.). Cercherò, non so se vi riuscirò, di stare nei "tempi europei" indicati dall'assessore Floris. Credo che oggi sia il giorno dei fatti più che delle parole, nel senso che dobbiamo affermare con un voto la volontà del Consiglio regionale e dobbiamo farlo cercando di fare in modo che non sia soltanto un momento puntuale di questa legislatura, ma il tentativo di una svolta della legislatura stessa, come diceva poco fa nel suo intervento il collega Sabatini.
Credo che dopo la brutta pagina scritta nei giorni scorsi vadano date necessariamente delle risposte che siano concrete e qualificate. Ebbene stiamo provando a farlo con la riduzione del numero dei consiglieri regionali, cioè con una misura equilibrata che non riguarda solo i costi della politica, e contestualmente, spero al più presto, con la riduzione dell'indennità di carica e del vitalizio. Insomma diamo una risposta complessiva, così come la Presidenza del Consiglio regionale ci ha chiesto di fare e credo sia questa, o almeno così mi pare, la volontà unanime dei Gruppi consiliari.
Il tema oggi in discussione non riguarda soltanto la sovranità della Sardegna, pure importantissima. Credo che la sovranità diffusa sia nei fatti, ma la sovranità dei cittadini è proprio un valore fondante della Costituzione italiana; cittadini che noi dobbiamo ascoltare, che ci presentano istanze continue e sistematiche e che hanno bisogno di risposte. A mio avviso cinquanta è un numero equilibrato. Il rapporto 1 consigliere ogni 35 mila abitanti è sostenibile e probabilmente anche doveroso se guardiamo alla tendenza delle altre Regioni. La proposta del Partito Democratico in Sicilia, primo firmatario il collega e amico Giovanni Barbagallo, porta a settanta il numero dei consiglieri regionali, e parliamo di 6 milioni di abitanti; la Puglia va verso i sessanta consiglieri e ha 4 milioni di abitanti; la Liguria, 1 milione e 600 mila abitanti, passa a quaranta; l'Abruzzo, 1 milione e 300 mila abitanti, passa a quarantacinque e le Marche, 1 milione mezzo di abitanti, passano a quarantadue. Insomma credo ci sia un riequilibrio che va verso la tendenza che, in modo anomalo, quest'estate il Governo ha voluto indicare con la manovra finanziaria. La risposta che stiamo dando noi va, a mio avviso, nella direzione dell'autonomia della Regione Sardegna, ma è improntata al senso di responsabilità di noi consiglieri regionali. Anche se approviamo adesso questa legge, dovremo necessariamente fare la legge elettorale e la legge statutaria, insomma partire dal tetto nella nostra situazione, visto che abbiamo avuto un anno di tempo per fare le riforme e non le abbiamo fatte, credo sia la condizione che ci spinge, che ci stimola ad approvare anche le altre riforme.
Io penso però che il problema sia un altro; il problema riguarda fondamentalmente il nostro rapporto con gli elettori e il concetto di rappresentanza, che in qualche modo va rivalutato. Concetto di rappresentanza che sicuramente, lo hanno detto altri prima di me, non si esaurisce semplicemente nel numero dei consiglieri regionali o nell'affidare - passatemi il termine - più cittadini a un singolo consigliere regionale. Probabilmente deve cambiare anche il nostro atteggiamento nel rapporto sistematico con i cittadini, ai quali dobbiamo rendere costantemente conto della nostra azione; i cittadini vanno coinvolti, perché se c'è un distacco tra la classe politica e gli elettori questo è probabilmente dovuto al fatto che non coinvolgiamo abbastanza i cittadini, che non facciamo in modo che attraverso le loro proposte, le loro critiche, la loro azione doverosa e principale di controllo del nostro operato siano messi nelle condizioni di agire. Forse tutti noi a volte diventiamo un po' autoreferenziali.
Insomma dobbiamo offrire occasioni, anche come Consiglio regionale, di apertura alla società per un rapporto di tipo programmatico perché su base programmatica siamo stati eletti, di tipo democratico perché il nostro lavoro deve essere accompagnato da un sistema di reciprocità nel territorio, che deve tenere conto naturalmente dell'azione che svolgiamo e dell'apporto che i cittadini devono dare alla nostra azione, e di tipo etico-morale perché dobbiamo far sì che anche il nostro modo di stare all'interno del Consiglio regionale sia regolato da un lato dalla trasparenza, dall'altro dall'idea che il rapporto con i cittadini non può esaurirsi semplicemente con la soddisfazione di quelli che si chiamano favori, clientele, interessi personali. Credo che ci voglia una svolta nel cercare di dare risposte complessivamente come Consiglio regionale ai cittadini.
Mi hanno sorpreso alcuni interventi, lo dico con onestà, in particolare l'intervento dell'onorevole Dedoni e quello dell'onorevole Maninchedda. L'onorevole Dedoni dice: "Si fanno troppe mozioni, questo Consiglio regionale fa solo mozioni e ordini del giorno, non fa leggi". Mi chiedo di chi sia la responsabilità, mi chiedo se ci sia una maggioranza che fa proposte di legge, che orienta il Consiglio regionale, che cerca di dargli un indirizzo, oppure se voi colleghi della maggioranza non ne facciate parte. Mi chiedo, insomma, se qualche volta possiamo scindere le responsabilità. Onorevole Maninchedda, nell'ordine del giorno che anche noi abbiamo proposto sulla revisione dello Statuto, ovvero del patto costituzionale con lo Stato, per tentare di intervenire immediatamente nella fase di riforma dello Stato e della Repubblica in senso federale, chiedevamo semplicemente di modificare la Costituzione italiana, di cui lo Statuto sardo è parte, anche con un solo articolo. Ma dov'è l'autorevolezza? Dov'è la forza di questa maggioranza e del presidente Cappellacci? E' mai possibile che non riusciate a capire, voi che siete in maggioranza, che ci sono delle responsabilità che appartengono a voi e non alla minoranza e hanno segnato il cammino di questi due anni e mezzo? Lo hanno capito tutti, possibile che non riusciate a distinguerlo nei vostri interventi? Non ce la si può prendere sempre con il mondo! Qualche volta bisogna fare autocritica e capire che un partito non può essere all'opposizione e in maggioranza contemporaneamente, ma deve scegliere da che parte stare.
Dovremo predisporre un ordine del giorno che stabilisca delle regole, fissi dei paletti per quanto riguarda la rappresentanza dei territori, la rappresentanza di genere, la rappresentanza delle forze minori, l'eliminazione immediata del listino, e quindi dei nominati, anche dalla nostra legge elettorale. Fare una legge elettorale tutta nostra che in qualche modo sia in linea con la volontà degli elettori credo sia un dovere. Così come è un dovere, presidente Lombardo, fare in modo che le nuove Commissioni siano immediatamente insediate. Capisco che non si blocca l'attività del Consiglio regionale, perché le Commissioni possono comunque riunirsi, però lei mi insegna che c'è un articolo del Regolamento, mi pare il numero 29, comma 2 - mi corregga se sbaglio -, che dice che le nuove Commissioni devono essere rinnovate trenta mesi dopo l'insediamento del Consiglio. Trenta mesi sono già trascorsi e credo che bisognerà fare in modo che la prossima volta che si convocano le Commissioni per insediarle, le stesse vengano effettivamente insediate, al di là dei problemi della maggioranza. C'è un Consiglio regionale che attende, c'è una Sardegna che attende e non possiamo bloccarli perché la maggioranza litiga. La Sardegna non aspetta, così come non aspetta il presidente Cappellacci, anche oggi assente dall'Aula.
Concludo dicendo che oggi è il giorno dei fatti e credo che la riduzione del numero dei consiglieri regionali, accompagnata dalla riduzione delle nostre indennità e da una nuova interpretazione del ruolo di ciascun consigliere e del Consiglio regionale nella sua interezza, sia un dovere da adempiere il prima possibile.
PRESIDENTE. Onorevole Bruno, lei ha già detto nel suo intervento che nonostante siano scaduti i trenta mesi, l'operatività delle Commissioni non viene meno perché non sono decadute, quindi sarebbe opportuno non parlare di blocco del Consiglio e della Sardegna che non può aspettare. Vediamo tutte le cose nella giusta misura. Guardando ai precedenti, non si è mai rispettato il termine dei trenta mesi; ci sono stati a volte anche più di due mesi di ritardo, quindi siamo pienamente in linea, l'importante è che l'operatività delle Commissioni sia garantita.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Pittalis. Ne ha facoltà.
PITTALIS (P.d.L.). Avevo qualche perplessità se intervenire, perché mi pare un esercizio ripetitivo rispetto alle cose che sono state già dette nel corso del dibattito che aveva a oggetto un analogo provvedimento che prevedeva, nella sostanza, la riduzione da ottanta a cinquanta del numero dei consiglieri regionali. Quel numero è stato corretto in sessanta. Differisce la forma perché di questo argomento se n'era occupata prima la Commissione autonomia, con un voto all'unanimità dei presenti, oggi si è ritenuto, con un accordo che valuto in termini positivi tra i Capigruppo di maggioranza e di opposizione, di adottare una procedura abbreviata e di portare la questione direttamente in Consiglio.
Una cosa è certa: fuori di questo palazzo i sardi forse capiscono poco di quello che stiamo facendo e che abbiamo fatto. Se questo è un modo per recuperare credibilità all'esterno direi che è un passo avanti sicuramente, ma nell'ottica di chi aveva portato quella originaria proposta in Aula discuterla significava aprire una fase di riforme nella quale era ben coinvolta anche tutta l'opposizione. E non è un caso se si reputò, d'accordo tutti, di indicare nel Vicepresidente della Commissione addirittura colui che doveva coordinare il processo per la riscrittura dello Statuto. E' chiaro che con la regola che questo Consiglio si è dato sul lavoro delle Commissioni, che viene limitato a due giorni alla settimana, in termini non solo quantitativi ma anche qualitativi ne va veramente della produzione legislativa. Questo in termini generali, immaginiamoci se ci si deve occupare di legge statutaria, di riforma dell'ordinamento degli enti locali o di riforma dello Statuto quanto sia assolutamente restrittiva e per certi versi, sotto il profilo della funzionalità, inadeguata la possibilità di lavorare da parte della Commissione. Lo dico veramente in termini costruttivi e non polemici, per la prospettiva futura, raccogliendo qualche proposta che è già venuta, ora non ricordo esattamente da chi, ma forse su questi temi è bene che una deroga venga accordata per consentire alla prima Commissione di poter lavorare in materia di riforme senza soluzione di continuità fino a che non si esauriscano gli argomenti, ovvero, per fare alcuni esempi, la legge statutaria, la legge elettorale, la legge sull'ordinamento degli enti locali, provvedimento anch'esso atteso.
Questo provvedimento è sicuramente un passo avanti, pur nella generale ipocrisia, direi, che contraddistingue anche questo dibattito, perché ricordo che nella tornata precedente era difficile - si leggano gli interventi svolti in quest'Aula - trovare qualcuno che si facesse paladino dell'ipotesi formulata dalla Commissione. Se il problema era quello di portare il numero dei consiglieri da cinquanta a sessanta sarebbe bastato fare un piccolo emendamento, come in effetti era stato fatto. Il fatto è che si è voluto scaricare su chi, in maggioranza così come nell'opposizione, ha lavorato per fare sintesi politica delle diverse posizioni. Badate, io sono convinto assertore della necessità di ridurre il numero dei consiglieri, quindi non devo chiedere la patente a nessuno, ma sono ulteriormente convinto che il provvedimento approvato da quest'Aula che demanda alla legge statutaria la possibilità che sia il Consiglio regionale stesso a decidere su questa materia, e dunque evitando passaggi costituzionali che ci obbligano a rivolgerci sempre a Roma, sia improntato a uno spirito autenticamente autonomistico.
Io non mi scandalizzo, anzi ritengo che quella sia da questo punto di vista una soluzione assolutamente accettabile che deve fare il suo percorso, perché non riguarda la riduzione del numero dei consiglieri. Mi auguro, e sono d'accordo con l'onorevole Cuccureddu, che quella legge venga spedita a Roma, perché è un deliberato del Consiglio e non si porrà in contrasto con il provvedimento che ci accingiamo ad approvare, che riguarda soltanto l'aspetto della riduzione del numero dei consiglieri, cioè non impedisce, secondo lo Statuto attuale e il meccanismo di revisione costituzionale, nella previsione che questo Consiglio regionale si è dato, che sia l'Assemblea sarda stessa ad assumere una determinazione in questo senso. Questo mi pare un esercizio di autentica sovranità che non toglie assolutamente nulla alla questione della riduzione del numero dei consiglieri regionali che oggi si dibatte, sulla quale vivaddio (come dice un antico brocardo, meglio tardi che mai!) questo Consiglio ha la possibilità di tornare sui propri passi.
E' stato detto però in maniera convincente, e io sono assolutamente d'accordo, che oggi probabilmente dobbiamo porci il problema di ragionare con assoluta serenità e di capire le cose che effettivamente possiamo fare in questa legislatura. E' stata un fallimento la scorsa legislatura dal punto di vista delle riforme, perché non se n'è fatta alcuna (l'unica che è stata fatta è stata bocciata). Mi pare che se non vogliamo perdere un'opportunità questa seconda parte della legislatura dovremo utilizzarla al meglio, ma consapevoli di poter fare alcune cose e non altre, perché è inutile nasconderci dietro un dito: esistono problemi all'interno di ogni schieramento, non c'è una convinzione diffusa né sulla necessità di promuovere un processo riformatore né soprattutto sul merito delle riforme, perché quando si affronta questo tema emergono i distinguo, le diversità, le naturali distanze, com'è giusto che sia e come capita tra i partiti della maggioranza e dell'opposizione. Qualche volta sarebbe meglio far cadere lo steccato pregiudiziale e ideologico che spesso si frappone nel confronto tra maggioranza e opposizione.
Negli anni passati, e qui parlo a titolo personale, io ero convinto assertore della scelta dell'Assemblea costituente. Ho poi rivisto questa mia posizione non perché mi abbia convinto qualcuno, ma perché ritenevo che un processo riformatore probabilmente poteva essere portato avanti dal Consiglio in questa legislatura. Mi devo ricredere da questo punto di vista, lo dico senza retorica, sottolineando che probabilmente un organismo esterno a questo Consiglio (chiamatelo come volete, magari lasciando perdere il nome altisonante e pomposo di Costituente) sarebbe più indicato. Il senso è che questo Consiglio ha dimostrato eccesso di referenzialità e allora su questo forse dovremmo tutti meditare, perché ha ragione qualcuno quando dice che dello Statuto noi stiamo semplicemente affrontando un aspetto importantissimo, ma molto limitato, che è quello della riduzione del numero dei consiglieri, lasciando invariato tutto il resto, compreso il tema di una rivisitazione della nostra specialità e della nostra autonomia che vanno sicuramente rimeditate. C'è chi pensa a una sovranità, come abbiamo sentito stasera, chi a un senso forte, marcato, dico io, di autorevolezza, quell'autorevolezza che una Regione autonoma come la nostra deve recuperare. Ecco perché ritengo che sia davvero troppo angusto l'emiciclo di quest'Aula, e ancor più quello della prima Commissione, per poter andare avanti nell'ottica di una riscrittura dello Statuto.
Quindi, ripeto, lo dico a titolo personale, mi convinco sempre di più che l'incapacità riformatrice che questo Consiglio ha dimostrato per certi versi induca almeno sulla questione della riscrittura dello Statuto a rivedere l'ipotesi di un organismo esterno. Lo dico anche perché il fatto che questo Consiglio regionale non sia stato capace, in questi due anni e mezzo, neppure di ipotizzare una riforma del proprio Regolamento interno la dice tutta. Noi non abbiamo assolutamente ipotizzato neppure un percorso riformatore del nostro Regolamento interno! L'onorevole Antonio Solinas invocava l'abolizione del voto segreto; questa è una delle questioni, ma noi siamo ancora vincolati da un Regolamento tanto vecchio quanto obsoleto che probabilmente andava bene in altri contesti e che oggi, appunto, non tiene assolutamente conto dell'evoluzione che c'è stata. Dunque non so se siamo ancora in grado di mettere mano alla riforma del Regolamento, almeno perché entri in vigore nella prossima legislatura.
Ritengo inoltre che sia assolutamente indispensabile, a Statuto vigente, completare il lavoro che è stato già fatto in prima Commissione sulla legge statutaria e ipotizzare una legge elettorale che si limiti, perché è inutile fare tante acrobazie, a eliminare la stortura rappresentata dal listino regionale, assegnando lo stesso numero di rappresentanti del listino ai territori, in modo da irrobustire le espressioni territoriali e dunque dare loro maggiore rappresentanza, non perché chi è eletto oggi nel listino non ne abbia, per carità, ma molti degli stessi colleghi eletti nel listino sono convinti di questo ragionamento, che sicuramente crea anche per loro la possibilità di un più attinente riferimento al territorio.
Sono stati richiamati, nel corso del dibattito, anche alcuni profili che attengono ai costi della politica. Io penso che se noi ipotizzassimo la riduzione del numero dei consiglieri soltanto nell'ottica del contenimento dei costi della politica commetteremmo un grandissimo errore, perché allora avrebbe ragione chi chiede a gran voce che con la riduzione del numero dei consiglieri si ipotizzi anche la riduzione di tutta quella pletora di personaggi che ruotano ai margini, vicini o comunque collateralmente alla politica e che, guarda caso, molte volte fanno da cassa di risonanza. Sono quelli che prendono il microfono per puntare il dito appunto contro la classe politica!
E allora io penso che l'occasione sarà rappresentata dalle prossime leggi finanziaria e di bilancio, perché inizieremo davvero a non fare più sconti a nessuno, né a chi si ammanta di rappresentare categorie sociali né a chi ancora fuori di questo palazzo usufruisce di privilegi ben più gravosi per le tasche dei contribuenti di quelli di cui usufruiscono i consiglieri regionali. Ecco perché sui costi della politica ritengo che il P.d.L. abbia le carte in regola per confrontarsi in un dibattito leale, sereno, senza fughe in avanti, senza demagogia. Oggi c'è bisogno certamente di risanare i bilanci, ma anche di ridare autorevolezza alla rappresentanza politica e a questa Assemblea nel suo complesso. Noi saremo molto attenti e rigorosi perché quando si pone il problema di tagliare le indennità intanto bisognerebbe iniziare, per essere molto chiari, dal taglio di tutto ciò che è in più rispetto a quello che ordinariamente si dovrebbe percepire. Solo in questo senso assumerebbe credibilità qualunque tipo di proposta che noi attendiamo anche dall'Ufficio di Presidenza, perché se c'è la capacità seria e congrua, e non semplicemente di facciata, di autoridursi le indennità supplementari, allora si può ipotizzare di toccare anche le indennità dei consiglieri. Altrimenti tutto rimane avulso dalla demagogia che mi pare davvero in questo dibattito ancora aleggi.
PRESIDENTE. Onorevole Pittalis, sono convinta che non sia né corretto né onesto cercare alibi per giustificare la scarsa produttività delle Commissioni…
PITTALIS (P.d.L.). Io non ho nessuna intenzione di sentire la lezione, me ne vado!
PRESIDENTE. Onorevole Pittalis, lei è libero di non ascoltare, vada pure.
Dicevo che non è né serio né onesto cercare alibi per giustificare la scarsa produttività delle Commissioni, compresa la Commissione autonomia, perché per garantire una maggiore funzionalità, visto e considerato che numerosi consiglieri regionali fanno parte di due Commissioni e non possono assicurare la contemporanea presenza in entrambe, si è deciso di suddividere il lavoro in due giornate lavorative alla settimana. Non si può invocare la possibilità di lavorare tutta la settimana se poi non si utilizzano interamente neanche quelle due giornate, tant'è che quando una di queste giornate ricade di venerdì sovente le Commissioni non vengono convocate. Per cui bando alle ipocrisie!
Peraltro l'Ufficio di Presidenza ha fatto una proposta congrua che è all'attenzione dei Gruppi dal 12 settembre e che riguarda tutte le indennità. Se qualcuno pensa di scaricarsi la coscienza facendo ricadere il taglio ai costi della politica esclusivamente sulle indennità di carica sappia che questo problema è all'attenzione di tutti e sarà l'Ufficio di Presidenza a dare per primo un segnale in questo senso, come ha sempre fatto. Abbiamo parlato anche con i fatti nella scorsa legislatura.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Gian Valerio Sanna. Ne ha facoltà.
SANNA GIAN VALERIO (P.D.). Mi capita sempre di dover parlare in un momento un po' strano. Sinceramente, Presidente, ho accolto la sollecitazione del Capogruppo a intervenire, in quanto questo non è un argomento che mi affascina particolarmente. Sembriamo in una condizione di sproporzionata cerimoniosità; molti di noi hanno introdotto questo argomento con le parole "dopo la brutta pagina che abbiamo scritto". Perché, le altre pagine non erano brutte? E' solo questa la pagina brutta di questa Regione? C'è forse qualcuno che non aveva avvertito - è da due anni a questa parte che noi lo diciamo - che non si poteva onorare la funzione legislativa con attività che non tenessero conto del principio di precauzione e di lungimiranza?
Adesso è per me complicato dire che dobbiamo rispondere alle esigenze della gente. Da un certo punto di vista mi sono un po' consolato, perché rileggendo l'altro giorno il terzo canto dell'Inferno ho pensato: con i miei colleghi ci rivedremo tutti all'inferno, tra gli ignavi. Ci rivedremo, sarà un brevissimo distacco, ci ritroveremo lì perché tutti hanno capito che noi non stiamo realizzando ciò che è all'altezza della nostra funzione. Sono convinto che si tratti di problemi di adeguatezza delle istituzioni - che riguardano anche l'onorevole Porcu, così come riguardano me - e non delle istituzioni regionali in quanto tali, ma di tutto il sistema delle istituzioni, nel contesto di una crisi assai più cronica e grave anche di quella che si verificò negli anni '20 negli Stati Uniti d'America, che avevano però una capacità diversa di sapersi rialzare e rimettere in cammino. Cioè nella condizione di gravità del nostro sistema istituzionale non credo ci voglia un'intelligenza superiore alla media per capire che anche noi dobbiamo, nel nostro insieme, rimettere a posto e riportare a coerenza la macchina della rappresentanza istituzionale, che ovviamente si è allargata per dei vezzi sbagliati e perché la politica è andata via via perdendo la sua funzione di interpretazione e decisione tramutandola in gran parte - e di questo siamo tutti responsabili e corresponsabili - in una riproduzione di posti di potere messi a disposizione come compensazione per la mancata legittimazione elettiva. Questo è avvenuto. Io avrei preferito molto di più che in questi casi, in silenzio e consapevolezza, un gruppo di saggi - che è presente in tutti gli organi collegiali, l'Ufficio di Presidenza magari - si fosse fatto carico di assumere, anche con la mia delega, le decisioni che sono da prendere, ma senza aprire discussioni.
Che noi ci dobbiamo ridimensionare lo capiscono tutti, ma basta questo? Fra qualche giorno discuteremo di una cosa inutile, come il piano casa di cui state parlando voi o come tutte le altre leggi che abbiamo approvato fino a oggi, portando con le inutilità e le clientele il potenziale attuativo del bilancio regionale pressoché a zero, quindi incapace di essere utile. Possiamo però consentire che ci sia gente fuori di qui che beneficia dei contributi della Regione per le proprie attività di rappresentanza generale e poi sui giornali ci faccia le pulci sui costi della politica? Nessuno dice niente?
Io credo che ci sia un difetto di programma. Che cosa vuol dire, collega Zuncheddu? Proviamo a moralizzare dimezzando i nostri stipendi? Può essere, ma se qui dentro, dimezzando i nostri stipendi, rimangono in maggioranza coloro che tra noi riscaldano la sedia abbiamo moralizzato? Purtroppo il riscaldamento della sedia è una pratica diffusa, non solo qua, ma ovunque! Ecco perché ci ritroveremo in mezzo agli ignavi, cioè perché oltre alla colpa di non essere all'altezza della nostra funzione abbiamo anche la colpa di divulgare sulla Rete, di inculcare nell'opinione pubblica l'idea che qui dentro stiamo gareggiando per prenderci il Nobel consiliare! E sì, facciamo a gara a chi la spara più grossa, più nobile, più altezzosa. Andate a vedere che cosa c'è sulla Rete, che cosa è stato scritto in questi ultimi due o tre mesi, la corsa allo scoop, a chi spara più in alto. Ecco perché siamo qui con la paura di rimetterci tutti sulla stessa linea, con la paura che qualcuno scavalchi gli altri alla partenza. Volete vincere? Andate avanti di dieci chilometri, non ci interessa, perché tanto vi raggiungeremo. Vi raggiungeremo noi che vi stiamo dicendo da tempo che non basta fare queste sceneggiate, che bisogna rimettere in linea la funzione della politica con i bisogni della gente e liberarsi di piani e leggi che anche i più diretti interessati giudicano inutili. Noi stiamo pagando la nostra inutilità, e l'inutilità varrà sia che siamo ottanta sia che siamo sessanta o persino quaranta.
Vorrei dire una cosa al collega Pittalis: molte volte ci si domanda perché proprio in questo momento è scoppiata questa polemica, perché la gente, la pancia della gente chiede adesso soddisfacimento? Non lo poteva chiedere nella scorsa legislatura? Qualche spiegazione c'è: nella scorsa legislatura, collega Pittalis - lei che ha detto che il centrosinistra non ha fatto praticamente nessuna riforma - noi eravamo impegnati a fare la legge statutaria (e l'abbiamo fatta), la riforma della legge numero 25 sugli enti locali, la legge numero 9 sul trasferimento delle competenze agli enti locali, la riforma delle comunità montane e delle unioni di comuni, il Piano paesaggistico regionale, la legge urbanistica, la riforma degli enti in agricoltura e nell'industria, la riforma delle agenzie dell'edilizia pubblica popolare, il Piano per il turismo sostenibile, la riforma degli enti che gestiscono le dighe, la riforma dei consorzi di bonifica, la riforma dell'ARST e del trasporto pubblico locale. Quando il Consiglio regionale è occupato prevalentemente da questo insieme di cose credo che nessun cittadino si possa permettere con dovizia di riscontri di affermare che qui dentro si scaldano le sedie. Mi pare evidente. Ciò che è cambiato dalla scorsa legislatura è questo. So che vi dispiace sentirlo dire, ma io non lo dico perché ho partecipato alla scorsa legislatura, bensì perché cerco di distaccarmi dai fatti e di vedere che cosa è successo in questo lasso di tempo. Ci sono certamente errori, difetti e imperfezioni dentro i processi di comunicazione con la società, però quando la politica si esprime in maniera visibile e anche impopolare, quando la capacità direttiva della politica, la capacità di fare, di proporre e di andare avanti esiste che motivo ha la gente per attaccare la politica? Può attaccare il merito delle questioni, non condividere i passaggi delle norme di salvaguardia, ma non può attaccare la politica, perché la politica sta facendo esattamente quello che deve fare, cioè cercare soluzioni nell'interesse generale e astratto. Con tutti i limiti, certo.
Noi nella scorsa legislatura, credo tutti insieme, compresa la minoranza di allora, abbiamo collaborato a questo obiettivo, non abbiamo dato il tempo a che nella società crescesse il germe della ripulsa della politica. Quel germe è nato perché ha trovato un terreno fertile, questa è la verità, e se dopo questo passaggio non cambiamo il terreno di coltivazione della politica saremo punto e a capo. Ecco perché per me la cosa più intelligente che può fare un'assemblea parlamentare è delegare un gruppo di saggi, che normalmente sono quelli che assumono le loro responsabilità nei Gruppi, nella rappresentanza consiliare, a compiere silenziosamente e adeguatamente il dovere di commisurare questa istituzione alle esigenze del tempo. Noi invece dobbiamo provvedere a eliminare le difficoltà dei comuni a svolgere le loro funzioni, dare loro le risorse che servono per sostenere i servizi, tenere alti la spesa e i consumi, cercare le vie d'uscita, tutte nostre, di un programma che possa indicare una direzione di ripresa per quest'Isola. Ecco perché dietro questo ragionamento c'è anche, perdonatemi, un atteggiamento di svendita troppo al ribasso del valore della nostra autonomia. Si potrebbe obiettare: sono i costi della politica, della funzione della politica. Vi potrei domandare: pensate che nel 1948 fossero tutti così cretini da non pensare che la conformazione del parlamento della Sardegna doveva rispettare i criteri del buon gusto, della proporzione e dell'adeguatezza? Sapete che allora, piuttosto che parlare delle idiozie di cui sentiamo parlare oggi, soprattutto nei siti Internet, si diceva che il numero dei parlamentari doveva corrispondere alla garanzia che tutti i ceti sociali, indipendentemente dal censo e dalla capacità di reddito, potessero indistintamente accedere alla funzione di governo della cosa pubblica? Oggi queste operazioni al ribasso fatte sulla base dei costi creeranno la condizione per cui tanto più si restringerà questo spazio numerico tanto più crescerà il godimento delle oligarchie finanziarie ed economiche della nostra società, al punto che se quella proposta nefasta, sciagurata, improvvida e incalcolabilmente non rubricabile del Governo nazionale di portare a trenta il numero dei consiglieri regionali della Sardegna si realizzerà sarà sufficiente che le dieci persone più ricche della Sardegna si mettano d'accordo ed eleggeranno da sole l'intero Consiglio regionale. Pensate davvero che lo eleggerebbero per il bene di tutti? Nel 1948, quando si decise il numero dei consiglieri si pensò a scongiurare le oligarchie di potere e a garantire che tutti i cittadini di tutti i territori, dei luoghi più impervi e lontani, avessero l'opportunità di partecipare al governo straordinario di questa nostra Isola. E fissarono le indennità secondo un meccanismo che non pretendeva di autodeterminarle per dimostrare la statura del parlamentare regionale, ma semplicemente dicendo che sul piano costituzionale c'era un legame indissolubile fra il riconoscimento dell'indennità del parlamentare nazionale e quello dell'indennità del parlamentare regionale, e la proporzione era ritenuta giusta. Ma sapete perché l'avevano stabilito in questo modo? Esemplificando si potrebbe dire che in Italia ci sono ancora due categorie che godono del privilegio di stare al vertice della piramide retributiva della nostra società: i manager, che devono rispondere del risultato e prendono tanto perché devono dare un risultato di livello adeguato ai compensi che ricevono, e i parlamentari perché a loro deve essere garantita la libertà di coscienza. Voi mi direte che oggi non è così perché ci sono larghissimi fenomeni di corruzione. E' vero, ma non perché c'è qualche fenomeno di corruzione buttiamo via anche il principio, al punto che eliminando il problema ci allineiamo tutti verso il basso e così può accadere che la corruzione dilaghi in maniera corale. Pensate davvero che sia questa la strada? Non è anche importante che la funzione politica, l'autonomia nel gestire i rapporti con il proprio elettorato, nel fare attività di divulgazione e di partecipazione della politica rappresentino un costo che deve essere legittimamente pagato e non compensato in maniera illegale, nascosta o frutto di corruzione? Dobbiamo stare attenti perché certi fenomeni innescano altri fenomeni, ma la ratio di quei pensieri erano proprio queste idee, non le azioni sbrigative di chi scrive su Internet: "Mi farò promotore di una rivoluzione". La faccia, si salverà la coscienza, ma non salverà il diritto di questa istituzione di avere una visione più collettiva e globale.
Inoltre, collega Pittalis, noi dovremmo ritrovare la sobrietà della nostra funzione, come per esempio evitare - lo dico perché è davanti a me adesso l'assessore Cherchi - di continuare a raccontare balle alla gente pensando di rinviare i problemi da un mese all'altro. Dobbiamo dire la verità e se la verità è brutta diciamo che è brutta e che non ci sono risorse. La gente ci capirà di più e ci incoraggerà a ritrovare assieme le ragioni delle possibili soluzioni.
CHERCHI (P.d.L.), Assessore dell'agricoltura e riforma agro-pastorale. Che balle ho detto io?
SANNA GIAN VALERIO (P.D.). Sono abbastanza numerose, adesso non mi sovvengono tutte, però insomma lei va…
CHERCHI (P.d.L.), Assessore dell'agricoltura e riforma agro-pastorale. Non è che pensi che siccome le racconti tu le balle le raccontano anche gli altri?
SANNA GIAN VALERIO (P.D.). Tutti, tutti, anche noi!
CHERCHI (P.d.L.), Assessore dell'agricoltura e riforma agro-pastorale. Impari a essere gentile con i colleghi!
SANNA GIAN VALERIO (P.D.). Certo, ma era per fare un esempio. Siccome adesso sono arrabbiatissimi gli agricoltori…
(Interruzione dell'assessore Cherchi)
SANNA GIAN VALERIO (P.D.). No, non ti preoccupare!
Io penso inoltre che vada disinnescata la proporzione un po' ragionieristica che si propone: numero di eletti rispetto al numero di abitanti. E' una cosa che andrebbe bene per le Regioni a statuto ordinario, io pretenderei una visione leggermente diversa, però è anche quello un criterio. Quando c'è povertà di idee può darsi che venga in mente solo quello, però io avrei analizzato, per esempio, in che modo il meccanismo elettorale è in grado di garantire una partecipazione corale al governo e come interviene il fattore di garanzia della parità di genere, perché non sarà facile poi realizzarla. Tra l'altro, siccome io ho partecipato alla redazione della scorsa legge elettorale, che ha avuto un effetto disastroso in Aula, fu infatti bocciata, penso sinceramente di astenermi dal collaborare alla stesura della prossima legge elettorale, per una questione di scaramanzia, però vi segnalo che ci sono dei meccanismi che sembrano automatici, ma che sul piano dell'applicazione generano un'interferenza l'uno con l'altro e non sempre la legge elettorale è in grado di tenerli in equilibrio. Io penso, per esempio, che dobbiamo introdurre il sistema della doppia preferenza che garantisca la parità di genere e stimoli il ruolo fattivo dell'elettore nell'indicare una scelta precisa nei confronti del genere femminile o maschile, però il problema è un altro. E' stato detto: adesso facciamo la legge elettorale e poi la legge statutaria. Peccato - l'assessore Floris lo sa - che la statistica sia tutta contro di noi! In due anni e mezzo infatti non abbiamo fatto praticamente niente; per aver approvato poche leggine di un articolo ci è venuto il mondo addosso e abbiamo dovuto correggerle. Per la verità il presidente Floris sin dall'inizio, dai primi mesi della legislatura, pose il problema delle riforme. La maggioranza allora ci disse: "Noi dobbiamo sentire le nostre segreterie di partito". Noi - l'Assessore lo può confermare - rispondemmo semplicemente: noi non abbiamo da interpellare nessuno. Siamo qui per fare le riforme, perché per questo ci hanno dato il mandato gli elettori, che altra autorizzazione dobbiamo avere? E lì si perse un po' di tempo.
Adesso che cosa pensate di fare? Siete stati miracolati? Pensate che Padre Pio possa fare qualcosa? Fateci sapere che cosa è intervenuto nel frattempo, perché sarà molto complicato con questo clima trovare una soluzione. La statistica, ripeto, ci è contro. Serve un cambiamento di rotta, ecco perché la legge in esame ci salverà in parte, ma non ci salverà dall'incontrarci probabilmente all'inferno. Memori di questo provate a pensare che anche se avete eletto Cappellacci voi potete esistere a prescindere da lui e che la vostra coscienza potrà essere in pace con se stessa se riuscirete a prescindere da lui.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Cuccu. Ne ha facoltà.
CUCCU (P.D.). Presidente, Assessori, colleghi, sembra che siamo tutti d'accordo sulla necessità di ridurre il numero dei consiglieri regionali. Sicuramente quasi tutti, se non tutti, riteniamo che il numero dei consiglieri regionali sia eccessivo, ma bisogna, secondo me, che ragioniamo anche sul parametro da prendere in considerazione per definire l'eccesso. Dire che ottanta consiglieri sono eccessivi senza stabilire un parametro forse non ci fa capire dove dobbiamo arrivare.
L'onorevole Sanna ha citato sicuramente meglio di me il ragionamento fatto a suo tempo dai componenti dell'Assemblea costituente, che si basava su un criterio demografico, ovvero un consigliere regionale ogni 20 mila abitanti. Questo è il ragionamento che si fece allora per cercare di rappresentare tutti i ceti sociali, tutte le zone della Sardegna, e infatti il primo Consiglio regionale era composto da sessanta consiglieri. Poi il boom demografico degli anni '60-'70 ha progressivamente aumentato il numero dei consiglieri, che nel 1984 erano addirittura 81. Nel 1986 si sterilizzò il dato demografico bloccando il numero dei consiglieri agli ottanta attuali.
Oggi, come ho detto all'inizio, siamo tutti o quasi tutti d'accordo sulla riduzione del numero dei consiglieri, quello su cui però dobbiamo ragionare è il numero che si ritiene congruo. Congruo rispetto a che cosa? In questi ultimi mesi, secondo me, in maniera anche distorta, se n'è parlato nell'ambito delle misure di contenimento della spesa pubblica. Ecco, la congruità è determinata dalla spesa, senza che poi si definisca, ovviamente, qual è la spesa congrua, quindi il solo obiettivo è quello di risparmiare. Io penso invece che il ragionamento debba essere spostato su un altro livello, che non deve essere solo ed esclusivamente quello del risparmio. Nel merito del risparmio, ovvero del contenimento dei costi della politica, e non dei costi della democrazia, che sono ben altra cosa, ci entreremo e dovremo farlo in maniera ragionata.
Io penso che la definizione esatta o perlomeno la definizione che riteniamo più congrua del numero dei consiglieri debba essere fatta declinando in chiave moderna e più aggiornata la rappresentanza politica, in rapporto anche alla demografia della nostra Isola; declinazione che però non deve essere statistica, ma deve essere attualizzata sulla base della funzione del consigliere regionale. Se facessimo un ragionamento meramente statistico avremmo che la rappresentanza attuale non è dissimile dal rapporto preso a base dall'Assemblea costituente. L'Assemblea costituente aveva previsto un consigliere in ragione di 20 mila abitanti, oggi con 1 milione e 600 mila abitanti saremmo perfettamente in linea con quel dato demografico e statistico. Se invece teniamo conto delle mutate condizioni in cui si svolge il mandato del consigliere regionale possiamo fare altri ragionamenti. Oggi cioè gli strumenti a disposizione ci consentono di interloquire con un maggior numero di cittadini; strade e mezzi di trasporto, pure inadeguati, consentono sicuramente spostamenti più agevoli rispetto a sessant'anni fa; gli strumenti di informazione, ovvero la radio, la TV, i mass media, la rete telematica consentono contatti in contemporanea con un crescente numero di persone. C'è poi un altro strumento che deve tener conto del ruolo che stiamo esercitando, ed è il controllo dei cittadini che unitamente all'accresciuta coscienza civica ha reso possibile una maggiore interazione tra gli eletti e gli elettori. In ragione di queste considerazioni oggi un numero elevato di consiglieri regionali non è più indispensabile, cioè non sono più indispensabili ottanta consiglieri regionali. Pertanto penso che bene abbia fatto lei, Presidente, a fare appello al senso di responsabilità di tutti noi e bene abbiano fatto i Capigruppo a trovare un'intesa sulla riduzione del numero dei consiglieri regionali. Il senso di responsabilità lo si misura però non solo con questi appelli, ma anche con il nostro atteggiamento, perché se sul ragionamento prevalgono le scorribande, se col voto segreto si cerca di nascondere le responsabilità, se addirittura si usa il sospetto per regolare conti interni ai Gruppi o ai partiti allora si perde il vero senso di questa legge e si utilizzano quegli strumenti per fare altro.
Io penso che una legge come questa un senso ce l'abbia, che è quello di contribuire a rimettere in sintonia eletti ed elettori. Il ruolo del Consiglio regionale, il ruolo dei consiglieri regionali va cioè attualizzato. Oggi c'è questa esigenza. Se così non fosse allora l'insofferenza dei cittadini non sarebbe più giustificata con il numero dei consiglieri. Se noi non facessimo questo l'insoddisfazione dei cittadini non sarebbe motivata dall'elevato numero dei consiglieri, ma sarebbe motivata da altro, sarebbe cioè motivata dalla nostra insufficienza. Allora io dico con chiarezza intanto che sono favorevole alla riduzione del numero dei consiglieri regionali, ma per fare questo, onorevole Maninchedda, ci vuole un passaggio parlamentare, è la nostra Costituzione che ce lo dice. Posso anche seguirla nel suo ragionamento, ma fino a un certo punto, perché è vero che non ci viene riconosciuta una deroga, una rinegoziazione del patto di stabilità, ma è anche vero che il patto di stabilità andava rinegoziato. Altre Regioni l'hanno fatto, perché noi no? Noi abbiamo accettato di subordinare il rispetto del patto sulle entrate alle norme di attuazione; l'ha accettato il Consiglio regionale, mentre noi dell'opposizione sostenevamo che tali norme non erano necessarie. E' stato fatto questo passaggio, ma sapevamo dove saremmo andati a finire: le norme di attuazione non sarebbero state approvate.
Allora ristabiliamo un ordine nelle responsabilità perché approvando leggi di questa natura, parlando per tre settimane di questi argomenti rischiamo di nascondere le vere responsabilità. Parlando per tre settimane di riforme e di una leggina di un articolo, che avremmo potuto approvare in un quarto d'ora, facciamo una cortesia alla Giunta, nascondiamo il suo fallimento. Ecco perché dico: facciamo in fretta, perché abbiamo altro da fare. E' sufficiente, come ha proposto l'onorevole Gian Valerio Sanna, confrontare le leggi che abbiamo approvato in questi due anni e mezzo (leggi a favore di fondazioni, leggine del piffero e leggi finanziarie): dove sono le leggi di iniziativa della Giunta? Sarà forse vero che nella passata legislatura a volte la Giunta - e l'abbiamo denunciato - ha invaso le competenze del Consiglio, ma ha comunque interpretato il mandato elettorale, ha tradotto in disegni di legge quello che era il programma elettorale, li ha portati in Consiglio e quei disegni di legge sono diventati leggi. Se si raffronta quello che ha fatto il Consiglio (non la Giunta) nella passata legislatura con quello che ha fatto sino a oggi in questa legislatura si vede la differenza. E se si guarda anche a quello che si è fatto in questa legislatura su iniziativa della Giunta si capisce che comparire per tre settimane sulla stampa con provvedimento di questo genere serve solo a coprire i fallimenti della Giunta. Quindi, onorevole Maninchedda - non è in aula -, bisogna ristabilire l'ordine delle responsabilità.
E' chiaro che c'è un percorso da fare, non si può dire che stiamo affidando a Roma la modifica dello Statuto. Questo è il percorso che oggi abbiamo di fronte, perché è vero, possiamo anche affermare la nostra sovranità, ma nel frattempo dobbiamo fare quello che è possibile fare, quello che l'ordinamento attuale ci consente di fare. Ecco i confini della Costituzione ci consentono, con questa procedura, di approvare una proposta di modifica statutaria da trasmettere al Parlamento. Certo non basterà, lo sappiamo già, l'abbiamo detto e ripetuto, lo ripetiamo ancora oggi, perché la riduzione del numero dei consiglieri regionali va accompagnata dalla legge elettorale. Possiamo fare da subito, se lo vogliamo, perché l'articolo 15 dello Statuto ce lo consente, una legge elettorale che riconfermi il presidenzialismo, cioè l'elezione diretta del Presidente della Regione, una legge elettorale in senso maggioritario, che dia un premio di maggioranza a chi viene premiato dagli elettori, una legge elettorale che consenta la rappresentanza territoriale e abolisca il listino dei nominati, che non è più attuale, non è più in sintonia con la gente. Abbiamo appena raccolto 1 milione e 200 mila firme per abolire la legge "porcellum" che consente i nominati in Parlamento, non è pensabile che oggi noi manteniamo una legge elettorale che consente i nominati in Consiglio regionale. Possiamo fare una legge elettorale che non consenta di superare il numero massimo di consiglieri stabilito dallo Statuto, perché non è pensabile che si ripeta quello che è successo nella passata legislatura, quando il premio di maggioranza ha consentito di eleggere ottantacinque consiglieri, ma si potrebbe arrivare anche a novanta o a cento.
Ecco che una riduzione del numero dei consiglieri non è sufficiente, dobbiamo fare anche altro. Con chiarezza dico quindi che, oltre alla riduzione del numero dei consiglieri, che possiamo approvare anche adesso, i nostri comportamenti devono essere trasparenti. A tal proposito mi permetto, signora Presidente, e le chiedo eventualmente di investire della questione la Giunta per il Regolamento, di suggerire l'individuazione di una forma di revisione del voto segreto, che così come è consentito in questo Consiglio regionale non esiste in nessun'altra assemblea legislativa. Penso, ripeto, che se ne possa occupare la Giunta per il Regolamento. Il voto segreto va rivisto; non dico che debba essere completamente eliminato, perché va consentito per alcune tipologie di votazioni, però penso che per come viene utilizzato in questa Assemblea non sia più attuale. Comprendo bene la ragione per la quale è stato pensato sessant'anni fa, oggi i tempi sono diversi e non consentono più un uso spregiudicato del voto segreto. Per cui, qualora il voto segreto venisse chiesto - mi ha anticipato il collega Sabatini - nell'ambito delle votazioni di questa legge, mi vedrò costretto, mio malgrado, a sottrarmi ai miei doveri di rappresentante dei sardi e non esprimerò il mio voto. Sono condizionato, devo dirlo in quest'Aula, dagli insulti che ho ricevuto gratuitamente la settimana scorsa, dai sospetti che sono stati adombrati, e sarò costretto a non votare per non essere confuso con chi predica in un modo e poi pratica altri modi di agire. Sono dispiaciuto di dover dire queste cose, però purtroppo c'è chi utilizza, come dicevo prima, gli strumenti più nobili e anche gli argomenti più nobili, che sono quelli che consentono di entrare in sintonia con la gente, per fini che non sono sicuramente nobili.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Ladu. Ne ha facoltà.
LADU (P.d.L.). Signora Presidente, Assessori, colleghi, anch'io tenterò di dare un contributo all'approvazione di questa proposta di legge nazionale che modifica l'articolo 16 dello Statuto sardo. Devo dire subito che valuto positivamente questa proposta perché nel cammino delle riforme la ritengo un importante passo avanti, seppure tardivo. La valuto positivamente anche perché fa uscire questo Consiglio regionale da una situazione strana in cui si è trovato dopo la votazione della precedente proposta di legge sullo stesso argomento, con esito determinato dal voto segreto. Alla fine tutti i consiglieri regionali, sia chi aveva votato a favore sia chi aveva votato contro, hanno disconosciuto quella legge figlia di un voto segreto che è diventata figlia di nessuno. Non vorrei che quella situazione si ripetesse, spero che questa volta nessuno chieda il voto segreto, però se qualcuno dovesse chiederlo io non me ne andrò e dico subito che essendo d'accordo su questa legge il mio voto sarà quindi favorevole, perché ritengo che dobbiamo fare qualcosa di concreto che vada nella direzione di una vera riforma.
Poc'anzi il collega Gian Valerio Sanna diceva: "Ma che cosa è successo, questo Consiglio regionale in pochi giorni ha cambiato idea e vuole avviare una riforma?"
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE COSSA
(Segue LADU.) Collega Sanna, secondo me è prevalso il buonsenso, è prevalso il senso di responsabilità da parte non solo della maggioranza, ma anche di tutti i consiglieri e i Capigruppo, che alla fine hanno avanzato una proposta che rappresenta un punto di partenza, come dicevo prima. Questo provvedimento va approvato perché la richiesta di riduzione del numero dei consiglieri regionali va stralciata dal contesto della legge statutaria o della riscrittura dello Statuto, perché occorreranno tempi lunghi, lo sappiamo bene, per approvare quelle riforme. Sappiamo già che per l'approvazione della modifica prevista in questa proposta di legge nazionale i tempi sono ristretti, perché l'iter sarà lungo, occorrendo anche una doppia lettura in Parlamento. Non c'è abbastanza tempo, quindi, per fare cose più complete e interessanti; ci dobbiamo basare soprattutto sui tempi che abbiamo a disposizione e su ciò che possiamo fare.
Dico subito che non sono d'accordo con chi dice che siccome il Governo nazionale è claudicante, è in difficoltà, e probabilmente si andrà a nuove elezioni, non facciamo nulla perché tanto il Parlamento non potrà approvare nulla. Non sono assolutamente d'accordo! Sono convinto che i tempi ci siano e comunque se non ci sarà questo Parlamento, ce ne sarà un altro, però sicuramente prima di arrivare alla scadenza elettorale del 2014 ci sarà la possibilità di andare alle elezioni regionali con una nuova legge.
La riduzione da ottanta a sessanta del numero dei consiglieri regionali può essere una misura giusta. Io mi sono espresso a favore della riduzione a cinquanta, perché ritengo che anche cinquanta consiglieri regionali siano congrui, se però la sintesi che si è raggiunta tra i vari Capigruppo prevede la riduzione a sessanta sono ugualmente favorevole. Condividevo la proposta di riduzione a cinquanta perché consultando i dati sui consigli regionali delle altre Regioni vi posso assicurare che in base al numero degli abitanti sicuramente tutte le altre Regioni d'Italia hanno un numero di consiglieri regionali inferiore a quello della Sardegna, quindi non ci sarebbe nulla di scandaloso se questo Consiglio fosse composto da cinquanta consiglieri. Tuttavia, se questo serve per chiudere il cerchio, dico che vanno bene anche sessanta consiglieri regionali.
Credo che si debba partire dalle difficoltà che ci sono state nella discussione sia della precedente proposta di legge che di quella in esame, perché il Consiglio si è praticamente incartato sull'ipotesi di non approvare contestualmente la legge statutaria e la legge elettorale, che io ritengo invece una cosa giusta, sarebbe cioè effettivamente più giusto che questa proposta fosse approvata assieme alla legge statutaria e alla legge elettorale, però siccome i tempi sono quelli che sono e siamo già a metà legislatura, bisogna fare una valutazione seria per capire cosa siamo in grado di fare e cosa no. Ritengo che stralciare la modifica del numero dei consiglieri regionali da tutto il contesto della legge statutaria e della legge elettorale regionale sia giusto, sperando naturalmente che questo Consiglio regionale sia in grado poi di approvare entro il termine della legislatura sia la legge statutaria sia la nuova legge elettorale sarda.
Anche per quanto riguarda la riscrittura dello Statuto, di cui si è parlato stasera, ci rendiamo conto dei tempi che ci vorranno? Anche perché a oggi non c'è un accordo neanche sulle procedure che bisognerà seguire! Anche stasera ho sentito in tanti interventi evocare la Costituente, ciò significa che ci rendiamo conto dei tempi e adesso, a metà legislatura, stiamo praticamente dicendo che questo Consiglio regionale non è in grado di approvare una modifica dello Statuto, non è in grado di approvare uno strumento di straordinaria importanza, che è ormai vecchio, superato, essendo stato scritto sessant'anni fa quando la situazione regionale, nazionale ed europea era completamente diversa. Per approvare questo strumento non credo si debba chiamare nessuno. La responsabilità legislativa è del Consiglio regionale, che è stato votato per approvare leggi e decidere su tutto ciò che è di sua competenza, e non certamente per consultare esperti o meno esperti, anche se gli esperti possono essere sempre consultati.
Bisogna fare però anche altre considerazioni. Spesso si dice che la situazione attuale è colpa del fatto che lo Statuto è vecchio, è superato, non serve. Possiamo ammettere che molte parti dello Statuto non le abbiamo mai applicate veramente? Se noi avessimo applicato alla lettera i contenuti dello Statuto per la Regione autonoma della Sardegna sono convinto che avremmo dato molte risposte in più. Allora credo che rivedere la struttura dello Statuto sia assolutamente indispensabile, anche perché bisogna ripensare il rapporto della Regione con lo Stato, il rapporto della Giunta con il Consiglio, la situazione all'interno del Consiglio stesso (alcuni colleghi hanno parlato della necessità di rivedere il Regolamento interno). Lo Statuto, inoltre, va aggiornato in seguito la riforma del Titolo V della Costituzione e al nuovo rapporto che andrà instaurato tra la Regione sarda e l'Unione Europea. Come sappiamo l'Unione europea e la riforma del Titolo V della Costituzione sono venute molto dopo l'approvazione del nostro Statuto.
Voglio fare qualche considerazione proprio su questo punto, perché il disegno di legge europea regionale, che si sarebbe dovuto approvare nel mese di aprile, è arrivato in Commissione soltanto alla fine del mese di agosto, e questo è stato un grave danno perché quella legge avrebbe permesso di coinvolgere il Consiglio regionale in quella che è la programmazione delle risorse comunitarie, nei rapporti con l'Unione Europea e in tutto ciò che riguarda il modo in cui ci sta muovendo all'interno dell'Unione europea. Questo Consiglio regionale, lo voglio ripetere, è stato spesso escluso dalla programmazione e da tutto quello che riguarda la spendita delle risorse comunitarie. E guardate che anche per quanto riguarda i rapporti con l'Europa, i bandi, per esempio, il Consiglio regionale della Sardegna non sa come vengono spesi i soldi dell'Unione europea, non sa dei ritardi che vengono accumulati e dei fondi che la Regione spesso perde perché non è in grado di spenderli a causa di leggi e regolamenti che si dà il Consiglio stesso o che stabiliscono gli Assessorati di competenza. Questi regolamenti, che non vengono discussi in Consiglio regionale, sono talmente complicati e burocratizzati che alla fine è difficile spendere le risorse. Voglio dire che se avviassimo un processo di riforma vera, anche di semplificazione di queste leggi che siamo costretti ad applicare, spenderemmo molto meglio le risorse e saremmo in grado effettivamente di dare risposte più rapide e importanti al popolo sardo. Questo lo dico anche perché c'è un altro luogo comune: quando non si riesce a spendere le risorse e le cose si complicano è colpa del patto di stabilità che non ci permette di spendere nulla. E' vero che c'è il vincolo del patto di stabilità, ma non è tutta colpa del patto di stabilità; molte volte le responsabilità sono nostre, sono del Governo della Regione, sono dei comuni e degli enti che utilizzano le risorse, comprese quelle comunitarie. Quindi non scarichiamo tutto sul patto di stabilità, che è comunque un problema che questo Consiglio e questo Governo regionale devono affrontare. Il patto di stabilità va ricontrattato con lo Stato, sono perfettamente d'accordo, però noi dobbiamo essere consapevoli del fatto che non è solo il patto di stabilità la causa dei ritardi; molte volte, ripeto, le responsabilità sono nostre.
Possiamo ridurre a sessanta il numero dei consiglieri regionali; non sono pochi, anche perché non l'ho sentito dire da nessuno stasera che dal 1° gennaio 2012 prende avvio la riforma degli enti locali. Il numero dei consiglieri comunali e degli assessori comunali sarà ridotto, ci sarà praticamente una riforma complessiva e il Consiglio regionale cosa farà, discuterà ancora? Io credo che anche noi dobbiamo fare qualcosa a livello regionale in linea con quello che sta succedendo a livello locale, soprattutto per quanto riguarda gli enti locali. Dobbiamo autoriformarci insomma, è assolutamente indispensabile dare un segnale in tal senso, altrimenti non saremo più credibili. Semmai, nella fase di approvazione della legge statutaria e soprattutto della legge elettorale sarda, dovremo fare in modo che siano tutelate le realtà territoriali, perché non vorrei che la nuova legge valorizzasse soltanto alcune aree, i cosiddetti poli forti della Sardegna. Vanno garantite tutte le realtà territoriali, vanno garantiti i piccoli partiti, vanno garantiti i generi. Anche se devo dire, a questo proposito, che vanno anche rispettati gli elettori. Sono d'accordo sull'eliminazione del listino regionale, che ritengo assolutamente ingiusto, però sono anche del parere che non si debba garantire l'elezione di nessuno. Le elezioni le garantiscono i cittadini, gli elettori, quindi noi dobbiamo mettere tutti nelle stesse condizioni di essere eletti. Credo che solo in questo modo potremo garantire una vera democrazia all'interno di questo Consiglio regionale.
Io sono favorevole al presidenzialismo, al sistema bipolare e al premio di maggioranza, cioè a un sistema di governo che garantisca la governabilità e il pluralismo, anche se nella proposta di legge regionale che presenteremo alcune cose all'interno del sistema presidenziale andranno riviste, perché credo che l'eccessivo sbilanciamento a favore della Giunta vada ridimensionato. E' un discorso che va fatto, perché in questo momento il Consiglio regionale rispetto alla Giunta di fatto è in una posizione di assoluto svantaggio, e comunque le prerogative del Consiglio regionale in questo momento non sono valorizzate. Credo che non ci possa essere una Giunta che funziona bene se non c'è un Consiglio che sia responsabilmente coinvolto nella gestione della cosa pubblica. Nell'interesse della Giunta stessa ci deve essere un Consiglio regionale capace di dare il suo importante contributo alla gestione dell'Amministrazione regionale. La riduzione del numero dei consiglieri regionali non deve servire per poter dire che abbiamo fatto il nostro dovere e siccome i consiglieri regionali saranno di meno le cose andranno bene. Non è così, anche se riduciamo certi privilegi della politica, che ci sono ma che non sono soltanto della politica, sono anche della burocrazia, della macchina regionale, insomma tutta questa situazione non riguarda solo il Consiglio regionale, ma ci sono livelli di spendita… Presidente!
PRESIDENTE. Segnalo ai colleghi che la seduta è ancora in corso e che l'onorevole Ladu non ha concluso il suo intervento. Grazie.
LADU (P.d.L.). Credo che il compito di questo Consiglio regionale sia un altro, perché è vero che la gente ci chiede di ridurre il numero dei consiglieri regionali e di eliminare i privilegi, ma ci chiede soprattutto di essere governata e amministrata bene. Si chiede un impegno diverso da parte di questo Consiglio e della Giunta e sono anche convinto che ci siano le condizioni per dare una svolta in questa seconda parte di legislatura. Non sono d'accordo con chi dice che ormai siamo in ritardo, che la metà della legislatura è passata e quindi questo Consiglio regionale è destinato al fallimento e non sarà in grado di fare la benché minima riforma. Premesso che la validità delle riforme non la si stabilisce dal numero delle stesse (ci sono anche riforme che non sono sicuramente in linea con gli interessi dei cittadini), bisogna fare riforme vere, quelle che servono per risolvere i problemi della gente.
Collega Gian Valerio Sanna, la riforma dei consorzi industriali non ha certo risolto i problemi dei consorzi industriali; la riforma dei consorzi di bonifica non ha certo risolto i problemi dei consorzi di bonifica; la riforma degli enti regionali in agricoltura non ha assolutamente risolto i problemi di quegli enti, quindi non è il numero delle riforme che conta, ma il tipo, cioè il fatto che esse siano in grado di rispondere alle esigenze dei cittadini, alle esigenze delle categorie che vogliono essere tutelate dalle leggi che noi approviamo. Se anziché contare il numero delle riforme, baderemo a che le stesse siano in linea con la crescita e lo sviluppo di questa regione, sono convinto che faremo per intero il nostro dovere di consiglieri regionali.
Devo anche dire, però, che non è vero che a fine legislatura non si approvano leggi importanti: ricordo che la legge numero 31 sui parchi e sulle riserve naturali in Sardegna è stata approvata negli ultimi giorni della legislatura, eppure è stata una delle leggi più importanti approvate da questo Consiglio regionale. Quindi noi saremo qui fino alla fine della legislatura, se questo Consiglio durerà, e fino all'ultimo giorno saremo in grado di fare riforme e di approvare leggi, perché la legislatura finisce l'ultimo giorno del quinquennio e non sei mesi, un anno o due anni prima! Grazie.
PRESIDENTE. Quello dell'onorevole Ladu era l'ultimo intervento. I lavori del Consiglio riprenderanno domani, alle ore 10. La prima iscritta a parlare è l'onorevole Francesca Barracciu.
La seduta è tolta alle ore 20 e 34.
Allegati seduta
CCLXI SEDUTA
MERCOLEDI' 12 OTTOBRE 2011
Presidenza della Presidente LOMBARDO
indi
del Vicepresidente COSSA
La seduta è aperta alle ore 17 e 02.
BIANCAREDDU, Segretario, dà lettura del processo verbale della seduta pomeridiana del 28 settembre 2011 (254), che è approvato.
PRESIDENTE. Comunico che i consiglieri regionali Felice Contu e Franco Mula hanno chiesto congedo per la seduta pomeridiana del 12 ottobre 2011.
Poiché non vi sono opposizioni, i congedi si intendono accordati.
Comunicazioni del Presidente
PRESIDENTE. Comunico che in data 7 ottobre 2011 ho nominato componente della Commissione d'inchiesta sulla mancata applicazione delle leggi regionali il consigliere Felice Contu, in sostituzione del consigliere Sergio Obinu.
Annunzio di presentazione di proposte di legge
PRESIDENTE. Comunico che sono state presentate la seguenti proposte di legge:
Capelli - Steri - Artizzu - Cuccureddu - Mulas:
"Determinazione delle indennità di carica spettanti al Presidente del Consiglio regionale, ai componenti dell'Ufficio di Presidenza, al Presidente della Regione e agli Assessori regionali. Razionalizzazione enti, agenzie e società regionali". (315)
(Pervenuta il 6 ottobre 2011 e assegnata alla prima Commissione.)
Sanna Gian Valerio - Diana Giampaolo - Lotto - Moriconi - Manca:
"Disciplina per il governo del territorio regionale (Legge urbanistica regionale)". (316)
(Pervenuta il 10 ottobre 2011 e assegnata alla quarta Commissione.)
PRESIDENTE. Si dia annunzio delle interrogazioni pervenute alla Presidenza.
BIANCAREDDU, Segretario:
"Interrogazione Tocco, con richiesta di risposta scritta, sulla chiusura, da parte dell'Anas e senza provvedere ad una adeguata alternativa, dell'accesso dalla statale n. 131 alle attività imprenditoriali preesistenti, fra cui quella dell'Acentro". (692)
"Interrogazione Cocco Daniele Secondo - Corda, con richiesta di risposta scritta, sul mancato completamento del tratto di strada a scorrimento veloce Abbasanta-Olbia". (693)
"Interrogazione Cucca - Cuccu - Sabatini - Barracciu, con richiesta di risposta scritta, sull'utilizzo dei fondi destinati alla Evidentia Communication Srl di Rimini per la partecipazione al Meeting di Rimini 2011". (694)
"Interrogazione Diana Mario, con richiesta di risposta scritta, sull'ordinanza del Presidente della Regione per la bonifica delle aree interessate dal virus del West Nile disease". (695)
"Interrogazione Barracciu, con richiesta di risposta scritta, sul video-spot di sensibilizzazione ai trapianti realizzato dal Dipartimento di patologia renale e struttura complessa di urologia dell'Azienda ospedaliera Brotzu di Cagliari con l'evidente assenso del direttore generale Garau". (696)
PRESIDENTE. Si dia annunzio delle interpellanze pervenute alla Presidenza.
BIANCAREDDU, Segretario:
"Interpellanza Capelli sulla realizzazione e istituzione della scuola di formazione del Corpo forestale e di vigilanza ambientale della Sardegna". (270/C-4)
"Interpellanza Uras per conoscere lo stato di avanzamento dell'iter dei concorsi banditi dall'AREA". (271)
"Interpellanza Planetta sul procedimento di valutazione di impatto ambientale relativo al "Progetto Polo Verde - Fase I. Impianti per la produzione di monomeri ed oli lubrificanti, biodegradabili, da oli vegetali naturali" da parte della Matrica Spa, in Comune di Porto Torres (SS)". (272/C-5)
"Interpellanza Solinas Antonio - Cocco Pietro - Lotto - Agus - Corda sulla mancata nomina del nuovo presidente dell'Ente foreste e sulla stabilizzazione del personale precario". (273)
PRESIDENTE. Comunico che la Conferenza dei Presidenti di Gruppo ha deciso, ai sensi dell'articolo 102 del Regolamento, di inserire al primo punto all'ordine del giorno della seduta odierna la proposta di legge nazionale numero 12, a firma Diana Giampaolo, Diana Mario, Uras, Vargiu, Salis e Sanna Giacomo.
Sospendo la seduta per cinque minuti per consentire la distribuzione del testo che è stato appena presentato. I lavori riprenderanno alle ore 17 e 15.
(La seduta, sospesa alle ore 17 e 07, viene ripresa alle ore 17 e 16.)
PRESIDENTE. Dichiaro aperta la discussione generale.
Ha facoltà di parlare il consigliere Steri, relatore.
STERI (U.D.C.-FLI), relatore. Signora Presidente, la proposta di legge nazionale approvata negli scorsi giorni non è stata ben intesa, cioè non si è capito che è volontà di questo Consiglio giungere a una riduzione del numero dei consiglieri regionali accompagnata da una rapida approvazione della legge statutaria e della legge elettorale. Con la proposta di legge in esame, che è stata concordata tra tutte le forze politiche qui presenti, si è voluto dare un segnale per rendere chiara a tutti l'effettiva intenzione del Consiglio regionale, che è appunto quella di giungere a una riduzione del numero dei suoi componenti.
Pur avendo sottoscritto come primo firmatario il precedente provvedimento sullo stesso argomento, che ritengo corretto, a fronte di una richiesta unanime di questo Consiglio il passo indietro era dovuto, pertanto sono il primo firmatario anche di questa proposta di legge nazionale che prevede una riduzione secca del numero dei consiglieri regionali. L'auspicio è che il Parlamento possa giungere a una rapida approvazione di questa norma di legge. Resta fermo che da parte nostra dovremo subito dopo procedere con tempestività all'approvazione sia della legge statutaria sia della legge elettorale, continuando a dare segni effettivi della volontà riformatrice di questo Consiglio regionale. Grazie.
PRESIDENTE. Ricordo che i consiglieri che intendono prendere la parola devono iscriversi non oltre la conclusione del primo intervento.
E' iscritto a parlare il consigliere Sabatini. Ne ha facoltà.
SABATINI (P.D.). Signora Presidente, credo che tutti, sia i consiglieri di opposizione sia quelli di maggioranza, abbiano consapevolezza del fatto che questa legislatura si sta rivelando del tutto insignificante, priva di qualsiasi risultato riguardo alle possibilità di riscatto della nostra regione: si sono aggravati i problemi esistenti e ne sono stati creati di nuovi. Se poi si guarda a questa legislatura in termini di produzione legislativa il giudizio non cambia: poche le leggi approvate, molte delle quali riguardano di tematiche del tutto marginali rispetto ai problemi effettivi e importanti per lo sviluppo della nostra Isola.
Come opposizione, prendendo atto della difficile situazione, ci siamo più volte resi disponibili a collaborare attivamente con la maggioranza, in modo particolare per quanto riguarda i temi finanziari, il confronto con lo Stato e in ultimo le riforme che ritenevamo e riteniamo tuttora molto urgenti per la nostra regione. La nostra disponibilità non è mai venuta meno; è venuta meno quella della maggioranza. Quanti ordini del giorno votati all'unanimità sono stati disattesi dal Presidente e dalla sua Giunta? La risposta la conoscete benissimo. So che questo discorso a tanti di voi può dare fastidio, ma so anche che queste sono le cose che tanti di voi, colleghi della maggioranza, raccontano fuori di quest'Aula. Credo, quindi, di non essere distante dalla realtà e da quello che effettivamente accade in quest'Aula.
Ritengo che la politica - e questa volta parlo in termini generali - contribuisca in questo modo ad allontanare i cittadini; un fenomeno questo, come sappiamo, pericolosissimo per la nostra democrazia. E' una politica in cui prevale troppo spesso lo scontro tra fazioni, che scade nell'attacco personale e confeziona il tutto con il populismo e la strumentalizzazione. Viene a mancare così una sana e necessaria riflessione che parta da una profonda analisi e da un'attenta lettura dei dati socioeconomici al fine di capire la realtà che ci circonda in modo da poter individuare le scelte politiche migliori. I partiti e la politica hanno proprio questa funzione, oggi purtroppo del tutto disattesa.
Nonostante tutto io credo e spero che questo Consiglio regionale possa ancora oggi lasciare alla nostra storia qualcosa di positivo. Oggi approviamo - perché non voglio nemmeno pensare che questo non avvenga - la riduzione del numero dei consiglieri regionali, tra qualche giorno provvederemo a rivedere i cosiddetti costi della politica. Sono sicuramente due decisioni da assumere nell'immediato, ma vorrei chiarire un aspetto per me importante: gli elettori vogliono sapere quanto percepiamo, ma prima ancora ci domandano a cosa serviamo, io però vorrei fosse chiaro che con questi due provvedimenti non riusciremo a dissolvere la distanza tra la politica e i cittadini. Chi pensa il contrario si illude. Seppure importanti questi provvedimenti non sono sufficienti in modo assoluto a ristabilire il rapporto di fiducia tra elettori e classe politica. Il percorso in questo senso è ancora molto lungo, il solco è molto più profondo di quanto si pensi e necessita di profondi cambiamenti, soprattutto negli stili comportamentali della classe politica.
Il punto cruciale mi pare sia il rinnovamento profondo tra partecipazione politica, partiti e istituzioni. Non basta tagliare le indennità, non basta neppure riformare la politica. E' necessario ripensare le nostre istituzioni, la nostra Regione. Spesso si dice che le istituzioni sono lontane dai cittadini. Al contrario esse sono molto vicine alle imprese, alle associazioni e ai cittadini, ma non per agevolarli, bensì per complicare loro la vita, rendendogliela più difficile e dispendiosa. Sono vittime di una burocrazia assurda che rappresenta oggi il principale motivo del mancato sviluppo della nostra isola, di cui la politica, ovvero noi non sembriamo renderci conto.
L'altro tema fondamentale è il rapporto con lo Stato, che va ripensato. Tempo fa iniziammo una riflessione su questa tematica per la nostra isola così importante; riflessione che con l'andare del tempo è andata incomprensibilmente affievolendosi. Da qui la mia convinzione che questa Assemblea debba dare dei segnali e lo debba fare partendo proprio dalle riforme. E' necessario discutere la nuova legge elettorale e la legge statutaria, i tempi sono maturi. In questi anni si è svolto un dibattito importante su questi temi. Sulla legge elettorale ci sono ampie convergenze: siamo d'accordo sull'eliminazione del listino, sull'esigenza di garantire la rappresentanza di genere e dei territori. Per quanto riguarda la legge statutaria non si parte da zero: nella scorsa legislatura era stato approvato un testo dal quale si può ora ripartire apportando tutte le modifiche e le correzioni che si riterranno necessarie.
Si dice sempre che le riforme, quelle vere, non si fanno a colpi di maggioranza. Non so quanto ciascuno di noi ne sia consapevole, personalmente ne sono fermamente convinto, così come vado sempre più convincendomi che un processo di riforme, per piccolo che sia, debba coinvolgere tutta la società sarda. E' un percorso obbligato se vogliamo riconnettere i cittadini alla politica e ridare fiducia e dignità alla partecipazione democratica.
Il percorso politico che il Presidente della Regione sta seguendo è francamente incomprensibile e allo stesso tempo irresponsabile. Per mancanza di tempo lo sintetizzo in due parole: eletto per mano dell'attuale Presidente del Consiglio - speriamo ancora per poco -, non vedendosi confermare nulla delle cose promesse, compie una svolta contrapponendosi a lui e consegnando la tessera del partito che lo ha eletto; compie una virata e si schiera tra i cosiddetti ribelli, sotto il patrocinio del senatore Beppe Pisanu. Data l'incapacità di rapportarsi con lo Stato con autorevolezza e di chiedere con forza il rispetto dei diritti del popolo sardo, il nostro Presidente della Regione è alla continua ricerca di un padre putativo che possa prendere le sue e le nostre difese. Credo che così facendo non si possa andare molto lontano e i fatti lo stanno dimostrando. Questa Assemblea ha però la possibilità di sollevare le sorti di questa legislatura; questo sta alla responsabilità dei Gruppi consiliari, di maggioranza e di opposizione, ma soprattutto alla responsabilità di ciascuno di noi.
In ultimo, Presidente, vorrei per un attimo richiamare la sua attenzione. E' successo in questi giorni un fatto molto grave: io e il mio collega Cuccu siamo stati accusati, tramite gli organi di stampa e persino in assemblee pubbliche, di avere contribuito attraverso il voto segreto ad affossare la legge sulla riduzione del numero dei consiglieri. Lei mi farà osservare che tutto ciò non riguarda l'attività di questo Consiglio regionale, e le do ragione, infatti tutto ciò attiene alle miserie umane e alla mancanza di cultura politica, ma anche alla mancata conoscenza dei valori fondamentali, come il rispetto della dignità di ogni persona.
Ma il tema che voglio porre alla sua attenzione è un altro. Vede, io oggi voterò a favore di questo provvedimento e contro ogni emendamento che tenterà di sminuirne l'efficacia, ma lo farò solo ed esclusivamente attraverso il voto palese. Se dovesse essere chiesto il voto segreto annuncio sin d'ora che non parteciperò alle votazioni. Presidente, mi sento obbligato ad assumere questa decisione al fine di tutelare la mia dignità e di difendermi da chi usa in modo spregiudicato il voto segreto per poter screditare i propri colleghi.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Antonio Solinas. Ne ha facoltà.
SOLINAS ANTONIO (P.D.). Signora Presidente, onorevoli colleghi, noi oggi siamo chiamati in quest'Aula a porre rimedio non dico a una figuraccia, ma comunque a una presunzione che ancora una volta la maggioranza che governa la Regione Sardegna ha circa il sistema di governo. Siete o eravate convinti che così come governate la Regione, cioè a colpi di maggioranza, si sarebbero potute fare le riforme. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: avete approvato, per giunta a voto segreto, una legge che è risultata…
CAPPAI (U.D.C.-FLI). L'avete votata anche voi!
SOLINAS ANTONIO (P.D.). Io, caro collega Cappai, non l'ho votata e siccome sono abituato a parlare per me…
CAPPAI (U.D.C.-FLI). Undici voti erano vostri!
SOLINAS ANTONIO (P.D.). Caro collega Cappai, la prossima volta eviti di chiedere il voto segreto e saprà benissimo chi avrà votato a favore e chi contro.
PRESIDENTE. Onorevole Solinas, non si rivolga all'onorevole Cappai.
SOLINAS ANTONIO (P.D.). Però, Presidente…
PRESIDENTE. Ha ragione, lei è stato interrotto, però si deve rivolgere alla Presidenza.
SOLINAS ANTONIO (P.D.). Allora non consenta all'onorevole Cappai di interrompermi, altrimenti dovrò rispondergli.
PRESIDENTE. Onorevole Solinas, la prego.
(Interruzione)
SOLINAS ANTONIO (P.D.). Non mi sto scaricando, non ho niente da scaricare. Non so chi stia usando questa parola, il mio vuole essere un intervento… Eh già, l'onorevole Tocco, dall'alto della sua lungimiranza!
(Interruzione)
Posso, Presidente?
PRESIDENTE. Sì, onorevole Solinas. Colleghi vi invito, per cortesia, a mantenere la calma. Chi intendeva intervenire aveva la possibilità di iscriversi entro i termini, ma non si ha il diritto di interrompere chi interviene. Grazie.
SOLINAS ANTONIO (P.D.). Capisco che ai colleghi del centrodestra la verità faccia male, però se io stessi dicendo cose non vere molto probabilmente oggi non saremmo qui a porre rimedio a una legge inapplicabile, che prevedeva di delegare a una legge ordinaria una materia di rango costituzionale. E' il metodo che avete inaugurato due anni e mezzo fa e che, come diceva il collega Sabatini, ha portato i risultati che sono sotto gli occhi dei cittadini sardi e di questo stesso Consiglio. Una regione che dovevate portare al sorriso l'avete portata non al pianto, ma alla disperazione! Non c'è oggi in Sardegna nessun settore economico e sociale che stia vivendo un momento felice o abbia almeno la speranza di riprendere il proprio cammino. Avete operato molto probabilmente tornando indietro anche nel tempo, siete infatti tornati al tempo in cui per governare la regione, per dare risposte - quelle poche che riuscite a dare - valeva il metodo del favore all'amico di turno.
Oggi ci chiedete di votare una legge blindata perché volete evitare che i consiglieri possano esprimere le proprie opinioni sia intervenendo nel dibattito sia presentando emendamenti, come è giusto che in un contesto come questo sia concesso a ciascun consigliere regionale per svolgere il proprio ruolo. E' una legge che riduce il numero dei consiglieri da ottanta a sessanta, facendo finta che in queste settimane, in questi mesi, non sia successo nulla. Ricordo solo che il Parlamento italiano ha approvato una legge che fissa in trenta il numero dei consiglieri sia per le Regioni a statuto ordinario sia per quelle a statuto speciale e che ci sono, comunque, in Parlamento diverse proposte di legge presentate da parlamentari di centrodestra e di centrosinistra delle Regioni a statuto speciale che prevedono, per garantire un po' di più queste Regioni, che il numero dei consiglieri sia cinquanta.
Tra l'altro sappiamo che quella che ci accingiamo ad approvare è comunque solo ed esclusivamente una nostra proposta di legge nazionale, che verrà discussa dai due rami del Parlamento (in doppia lettura, per giunta), il quale le sue scelte le ha già fatte e se ci va bene in Sardegna saranno cinquanta i consiglieri regionali. Il risultato di tutto questo lavoro è che rischiamo di esporre l'Assemblea più importante della nostra Regione al rischio che vengano meno anche quelli che sono i principi autonomistici e di indipendenza dallo Stato, subendo decisioni che vengono prese altrove. Inoltre stiamo discutendo una pura e semplice riduzione del numero dei consiglieri regionali, da ottanta a sessanta, senza tener conto, come invece avevamo chiesto nel dibattito sulla precedente proposta di legge sulla modifica della composizione del Consiglio regionale, dell'esigenza di discutere preliminarmente della legge elettorale. Credo che sia fondamentale se non approvare prima una legge elettorale, quanto meno chiarirci le idee al nostro interno su quale riforma vogliamo fare per quanto riguarda il sistema elettorale della Sardegna, perché dal tipo di riforma elettorale che il Consiglio approverà dipenderà la rappresentanza di tutti i territori della regione.
Per quanto mi riguarda, credo che sia fondamentale che nella nuova legge elettorale venga confermato il sistema maggioritario, nonché l'ottima scelta che è stata fatta negli anni scorsi dell'elezione diretta del Presidente della Regione che, se pure qualche problema ha creato, certamente non è paragonabile all'elezione parlamentare. Se oggi fossimo in vigenza della vecchia legge elettorale in questo Consiglio, dove abbiamo visto passare più di trenta Assessori regionali nel corso di questa legislatura, probabilmente avremmo visto moltiplicarsi anche il numero dei Presidenti della Regione.
Un altro punto fondamentale credo sia la cancellazione del listino regionale, perché non voglio neanche immaginare che si possa ridurre il numero dei consiglieri e mantenere in piedi il listino dei nominati, riducendo così la rappresentanza dei territori, ai quali con la riforma elettorale va data garanzia di rappresentatività. La nuova legge elettorale dovrà anche garantire pari rappresentanza di genere all'interno del Consiglio regionale. Ecco perché sono favorevole alla proposta di riduzione del numero dei consiglieri regionali da ottanta a cinquanta, come proposto dal Gruppo del Partito Democratico, e non a sessanta. Credo che vista la situazione che sta vivendo l'Italia, compresa quindi la Sardegna, sotto tutti i punti di vista, un segnale forte, oltre alla riduzione degli emolumenti, sia opportuno darlo con la riduzione anche del numero dei consiglieri regionali.
In ultimo, Presidente, voglio collegarmi anch'io a quello che diceva il collega Sabatini. Credo che la stragrande maggioranza di noi sia stata eletta dai cittadini sardi per rappresentarli in questo Consiglio e ciascuno di noi debba rispondere delle proprie azioni nei loro confronti e soprattutto nei confronti di chi lo ha eletto. Ecco perché credo sia opportuno, Presidente, procedere a una modifica del Regolamento interno che consenta il voto segreto solo su argomenti di carattere personale.
PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Cuccureddu. Ne ha facoltà.
CUCCUREDDU (Gruppo Misto). Presidente, intervengo sull'ordine dei lavori perché evidentemente, sentito il tenore degli interventi, mi sfugge qualcosa. Vorrei cioè avere dei chiarimenti circa le procedure. Qualcuno dice che qualche giorno fa abbiamo fatto una brutta figura approvando una legge, e in particolare un emendamento del collega Steri, che restituiva alla legge statutaria la competenza sulla definizione del numero dei consiglieri. Io credo che oggi faremmo una figura pessima se comprimessimo con un escamotage, con espedienti dilatori, il diritto di quest'Aula di esprimersi e non inviassimo la proposta di legge al Parlamento, magari attribuendone la responsabilità ai funzionari (anziché assumercela noi) sostenendo che non hanno preparato le relazioni, creando cioè tutta una serie di elementi che porterebbero a delegittimare questa Presidenza e tutto il Consiglio regionale. Scaricare su funzionari e dirigenti, comunque su altri responsabilità proprie credo non sia assolutamente opportuno.
Ribadisco la domanda, Presidente: la proposta di legge nazionale che questo Consiglio ha approvato quasi all'unanimità l'altra settimana è stata spedita al Parlamento? Lei mi dirà di no, mi dirà che è una responsabilità degli Uffici, però preferisco che lo dica in maniera esplicita.
Vorrei capire, inoltre, come procederanno i lavori oggi. Io vorrei presentare degli emendamenti, ma vorrei al contempo seguire i lavori. Non vorrei, cioè, che tra due minuti si passasse alla votazione del passaggio all'esame degli articoli e questo Consiglio comunale non fosse posto nelle condizioni di andare...
(Interruzione)
Consiglio regionale, scusate. Ho assistito a sedute di consigli comunali in cui lo spessore del dibattito era di livello superiore a quello del dibattito in corso in quest'Aula!
I consiglieri regionali devono essere posti nelle condizioni di potersi recare nei propri uffici per predisporre eventuali emendamenti tendenti ad arricchire la discussione e arrivare all'approvazione di una disciplina che non sia proposta da cinque, sei o sette persone, non so quanti siano i firmatari della proposta di legge in esame, ma sia condivisa dall'intero Consiglio. Quindi chiedo che prima di passare alla votazione del passaggio all'esame degli articoli tutti noi siamo posti nelle condizioni di prendere visione del testo della proposta di legge e della relazione che lo accompagna e di presentare emendamenti. Chiederei pertanto di aggiornare i lavori a domani, affinché la Commissione possa esaminare gli eventuali emendamenti che saranno presentati.
Ribadisco la posizione che ho espresso già in precedenti discussioni: in un momento così drammatico per la Sardegna e per l'Italia non vorrei utilizzare termini forti, ma credo che sia immorale, diciamo così, occuparci di numero dei consiglieri, sistemi elettorali, listini, quozienti e quant'altro. Abbiamo problemi gravissimi, a cominciare dal patto di stabilità e dalla continuità territoriale, che quest'anno ha determinato un drammatico calo di presenze nel turismo, unico settore che reggeva la devastante crisi che attraversano l'industria, l'agricoltura, il commercio e l'edilizia. E' stato penalizzato anche il turismo, perché? Perché non riusciamo ad approvare la modifica di una parola e a prevedere nello Statuto la competenza sulla continuità territoriale e la facoltà per la Regione sarda di trattare essa stessa con l'Europa il patto di stabilità, come possono fare invece altre Regioni o Stati come Malta, che ha solamente 400 mila abitanti, ma avendo il titolo di Stato membro riesce a disciplinare essa stessa il patto di stabilità. Credo che siano queste le riforme importanti, certo assieme alla riduzione del numero dei consiglieri, ma siccome tale riduzione la chiede il Governo nazionale, che ha proposto la riduzione a trenta, proponiamola anche noi, unitamente però a qualcosa di sostanzioso e di importante per tutti i sardi, quindi non soltanto per le mille persone che probabilmente si candideranno, ma anche per tutti gli altri, cioè per un milione e 599 mila persone che non sono interessate a candidarsi per essere elette al Consiglio regionale, ma sono fortemente interessate a capire se in questo Consiglio si produce qualcosa di utile, se soprattutto vengono rispettate le regole, se non si utilizzano escamotage e tutti i consiglieri sono posti nelle condizioni di poter operare.
PRESIDENTE. Onorevole Cuccureddu, intanto la voglio rassicurare che non c'è nessun tentativo di scaricare responsabilità sui funzionari. Come ho già avuto modo di dirle la settimana scorsa, la proposta di legge nazionale da lei richiamata non è stata ancora spedita perché non è pronta la relativa relazione.
(Interruzione del consigliere Cuccureddu)
PRESIDENTE. Onorevole Cuccureddu io l'ho ascoltata e lei adesso deve stare zitto. Onorevole Cuccureddu, lei deve ascoltare il Presidente così come il Presidente ha ascoltato lei! Le sto dicendo che la relazione non è pronta e per questo motivo la proposta di legge in questione non è stata ancora inviata a Roma.
Né questa Presidenza né il Consiglio regionale sono delegittimati, tanto meno dalle sue parole. La proposta di legge in discussione segue l'iter di tutte le altre leggi, mi sembra che ci sia tutto il tempo per presentare emendamenti, visto che è una legge composta da un articolo di quattro righe, dove si sostituisce una parola...
(Interruzione del consigliere Cuccureddu)
PRESIDENTE. Onorevole Cuccureddu, per cortesia! E' inutile che faccia quei sorrisetti e del sarcasmo del tutto gratuito. La situazione è questa, per cui se nella giornata odierna non riusciremo a finire la discussione generale si andrà a domani mattina. Se riusciremo a concludere l'iter stasera lo concluderemo così come avviene per tutte le altre leggi.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Dedoni. Ne ha facoltà.
DEDONI (Riformatori Sardi). Non ruberò molto tempo all'attenzione dell'Aula, ma mi preme ricordare che oggi chiudiamo un capitolo non certamente positivo nei confronti dell'opinione pubblica e mi auguro che sia dal centrodestra sia dal centrosinistra questo sia colto in maniera giusta e positiva, come deve essere nella riflessione del buon legislatore. Non si può recriminare né colpevolizzare l'una parte o l'altra. E' vero che le riforme si fanno insieme perché si tratta delle regole del gioco, ma proprio perché si tratta delle regole del gioco non è lecito né ammissibile che qualcuno possa giocare al rialzo o al ribasso sui numeri senza capire. Bene ha fatto l'onorevole Sabatini a ricordare quali attenzioni dovrebbe avere quest'Aula verso il popolo sardo, a iniziare dal dibattito sulla Costituente, e quindi sullo Statuto di nuova autonomia della nostra Regione, fino ad assumere una posizione di conflittualità nei confronti dello Stato per richiamare quelle attenzioni che alla Sardegna, maltrattata ormai da più di un secolo, sono dovute.
Vorrei anche ricordare, se la Presidente me lo permette, che io ho scritto una lettera aperta alla Presidenza chiedendo che fosse posta in discussione una proposta di legge che è altrettanto fondamentale, se è vero che crediamo in quello che andiamo dicendo, ed è la proposta di legge presentata dal Gruppo dei Riformatori che riguarda le accise e tutte le imposizioni sul petrolio in Sardegna. Non dimenticandoci che 6 miliardi - dico 6 miliardi! - di euro all'anno solo di accise vanno a beneficio dello Stato italiano, senza che la Sardegna ne abbia niente in cambio. Capite bene che è una cifra che equivale a una finanziaria della Regione sarda!
Come si fa a non discutere di tematiche simili visto che non abbiamo la capacità di chiudere un bilancio che veda il rilancio di quest'Isola nello sviluppo e nelle occasioni di occupazione? Ecco cosa ci chiede il popolo sardo: maggiore attenzione, maggiore capacità di penetrare in quelli che sono i problemi delle famiglie, nelle difficoltà delle famiglie di portare a chiusura un mese, se c'è il salario di un mese. E ove il salario di un mese non c'è, ove c'è la cassa integrazione quali sono le risultanze? Siccome tutti conosciamo bene questi problemi, credo sia ora che non si parli più di mozioni qui dentro, ma si portino a compimento le leggi per lo sviluppo, se veramente si ha a cuore lo sviluppo e se si vuole che ci siano opportunità per la nostra Isola. Se non si vogliono queste cose si continuerà a discutere di mozioni e ordini del giorno che lasceranno così com'è l'economia della nostra regione. Credo che sia il momento giusto per dimostrare tutta la nostra capacità lavorativa, perché questo intendono i sardi quando ci chiedono di diminuire ciò che percepiamo. Il nostro lavoro invece non lo facciamo quando non approviamo leggi per lo sviluppo e per l'occupazione. E' su questi temi che dobbiamo confrontarci. La mozione sterile e l'ordine del giorno altrettanto sterile non risolvono i problemi della nostra Isola.
Su questo mi accanisco perché la perdita di tempo in quest'Aula avviene quando si discutono leggi che non risolvono i problemi, quando non si affronta la realtà dicendo pane al pane e vino al vino, dicendo alla gente se abbiamo idee sulle quali confrontarci per un futuro diverso, per uno sviluppo alternativo, se sappiamo confrontarci con lo Stato e con l'Unione europea per un nuovo patto di una Regione-Stato che si confronta in una federazione nuova, diversa dal federalismo impietoso che dobbiamo subire senza ricevere alcuna solidarietà.
Credo che non ci sia molto da aggiungere, ma ci sia solo da votare. Se sono necessari degli emendamenti li si presenti, perché ciascuno è libero di presentarne, ricordando che sessanta consiglieri consentono di rappresentare tutti i territori dell'Isola. Certamente, ma questa è materia più da legge statutaria, dovremo iniziare a parlare di Statuto, di confronto tra lo Stato, la Regione e l'Europa; su questi temi dovremo confrontarci, anziché fare dichiarazioni che possono tornare utili a qualcuno, come dire che con l'Europa siamo riusciti a sanare il problema della legge numero 44, quando c'è chi ha già pagato e ci sono condizioni che certamente vanno approfondite meglio.
Ci si deve confrontare sulle cose concrete. Sui temi dello sviluppo sarà la vera sfida per dimostrare chi ha capacità di dibattito, di proposta e di risoluzione dei problemi della Sardegna; capacità che certamente non sembrano avere un'asfittica sinistra e un centrodestra che può darsi non sia all'altezza del compito che oggi ha.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Ben Amara. Ne ha facoltà.
BEN AMARA (Gruppo Misto). Signora Presidente, cercherò di parlare sottovoce per non convincere l'Assemblea! C'è poco da dire oggi e mi ritengo una voce discordante, che forse rappresenta la garanzia del ritmo, dell'armonia musicale del "chi se ne frega"!
Siamo di nuovo riuniti oggi per discutere della riduzione dei consiglieri regionali, come se fossimo nel mercato della casbah di Tunisi. La Sardegna attraversa una crisi spaventosa e per noi l'unico farmaco da proporre è la riduzione del numero dei consiglieri, senza discutere parallelamente di Statuto, legge elettorale, listino, privilegi, veri sprechi della politica, consulenze esterne, contratti a progetto, extra indennità di presidenti e vicepresidenti delle Commissioni, eccetera. Tutto questo lo si fa in un modo ipocrita per far vedere che siamo persone serie e ci teniamo agli impegni.
Abbiamo già ribadito il fatto che ridurre gli sprechi della politica non significa ridurre la rappresentatività territoriale, cancellare i partiti di minoranza o incoraggiare il bipartitismo. La gestione del sociale e dell'economia sostituisce a questo punto l'utopia. I sardi hanno bisogno di riforme, di concretezza e di una vera politica umanizzante. Lo sbarramento è un altro modo per discriminare soprattutto i partiti locali e la loro rappresentatività, dimenticando che la Sardegna non è solo una regione, ma è anche un continente che non ha neppure una rappresentatività effettiva a livello europeo. Lo sbarramento incoraggia anche coloro che non appartengono ai partiti maggioritari ad astenersi dal voto ed è anche sloggiamento politico delle minoranze, che sono le spezie della democrazia. L'uguaglianza istituita tra l'uguale e l'inuguale è semplicemente per noi un principio umanitario, l'equivalenza generale che sbarra ogni accesso alle differenze reali; un'uguaglianza stretta asservita alla quantità numerica che vieta la consistenza di un universo politico e impone il regno di ciò che Platone chiamava anarchia, un vero regime dell'apparire. Così la politica in se stessa in quanto pluralità conflittuale scompare completamente a favore di una gestione prosaica, duale, delle cose e degli esseri umani.
Questa proposta di riduzione del numero dei consiglieri ricorda, giustamente, che una maggioranza numerica non è mai una prova di verità o di giustizia; è come il suffragio universale, puro politicismo democratico. Cosa si farà, per esempio, per quanto riguarda il premio di maggioranza, i collegi territoriali, la forma di governo e l'elezione diretta del Presidente della Regione? Come mai i due partiti maggioritari si trovano sulla stessa linea per la difesa del presidenzialismo, che per noi è un'esperienza fallimentare? Può la riduzione dei consiglieri passare senza un'acuta revisione del sistema elettorale e dello Statuto? Diminuire il numero dei consiglieri non è un indebolimento della democrazia? Non sarà più razionale abbattere i costi della politica, i privilegi, e lasciare inalterata la composizione del Consiglio? Qual è la visione dei sindacati a questo proposito? Ormai i partiti, che attraversano una crisi senza precedenti nella storia politica italiana, dettano le leggi, mostrando di fatto che non esiste più un sistema politico che goda di un certo credito e che abbia il potere di suscitare consensi.
Ancora una volta suonano forse profetiche le parole di Tocqueville: "Se il passato non illumina l'avvenire, lo spirito procede nelle tenebre". Ed è questo che sta succedendo oggi: al posto della vera riforma di un ordine trasparente che porti chiarezza e razionalità, assistiamo oggi alla crescita del caos politico e intellettuale, dell'insicurezza psicologica, delle credenze esoteriche, della confusione e del disorientamento generalizzati. E dico chiaramente: se voi pensate che ridurre il numero dei consiglieri porterà più democrazia, più trasparenza e più rappresentatività politica fate pure, il Consiglio è sovrano, ma ricordatevi che il territorio non è uno spazio-tribù, ma è il luogo dell'esperienza, della libertà e della condivisione delle scelte, soprattutto quelle delle minoranze politiche e linguistiche. L'aspirazione o la decisione di ridurre il numero dei consiglieri potrebbe rivelarsi pericolosa, discriminante e repressiva. Da un lato l'oscurità, dall'altro la luce; da un lato rumori sordi, dall'altro rumori chiari. I fantasmi dall'alto e i fantasmi dal basso non hanno né le stesse voci né le stesse ombre. I soggiorni non hanno la stessa tonalità dell'angoscia. Quanto più la nostra attenzione politica si concentra sull'autenticità del sentire, e non sul contenuto sentito, quanto più la soggettività diventa un fine in sé, tanto più diminuisce la riuscita espressiva della persona. Dopo due anni e mezzo l'unico exploit che ha prodotto questo Consiglio è la proposta di ridurre il numero dei consiglieri regionali, così abbiamo bucato lo schermo! Grazie.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Capelli. Ne ha facoltà.
CAPELLI (Gruppo Misto). Signora Presidente, io confermo quanto ho detto in fase di discussione della precedente proposta di legge nazionale presentata in quest'Aula sulla composizione del Consiglio regionale, ribadendo di essere totalmente d'accordo sulla necessità di ridurre il numero delle rappresentanze. Non ho condiviso la proposta di riduzione a cinquanta, ho votato a favore, e non rinnego il mio voto, lo ribadisco, dell'emendamento Steri che rimandava l'argomento a una più compiuta e articolata riforma che preveda la riscrittura dello Statuto (da farsi, a mio avviso, attraverso la Costituente) e la modifica del sistema elettorale. Voterò a favore della riduzione a sessanta, che per ragionamento mi sembra sicuramente più congrua rispetto alla proposta di riduzione a cinquanta, ma sto rispondendo in questo modo a una pressione. Vedete, si nomina spesso a sproposito il popolo, la pressione del popolo. Vuole una testa in questo momento il cosiddetto popolo, e vuole una delle teste della politica, cioè il numero delle rappresentanze. Le rappresentanze degne di questo nome dovrebbero essere più razionali, dovrebbero ascoltare e trarre poi delle conclusioni che guardino avanti e non indietro e perciò garantiscano il rispetto delle rappresentanze territoriali della nostra regione, il rispetto delle rappresentanze di genere, il rispetto delle forze politiche, e quindi la tutela anche delle forze politiche minori, la cancellazione, come è già stato sottolineato, di quella forma elettiva, il listino regionale, che non prevede la preferenza da parte del popolo qui richiamato.
Ebbene, su tutto questo non si sta facendo niente; si cambia un numero, portandolo da ottanta a sessanta, tenendo però in piedi una legge elettorale che sicuramente allo stato delle cose (succederebbe anche con la riduzione a cinquanta) modificherà ulteriormente, aumentandolo, il numero delle rappresentanze. Perciò è giusto che la gente questo lo sappia, o meglio è giusto che rimanga agli atti perché non è detto che poi la gente lo saprà, in quanto non tutto quello che viene detto in quest'Aula viene riportato fedelmente all'esterno, anzi molto spesso viene omesso totalmente da quella stampa libera che di libero ha solo il nome, ma che invece è strumentale e funzionale al potere del momento, del quale molto spesso è anche a busta paga. E di questi tempi ne abbiamo esempi eclatanti, lo abbiamo visto per quanto riguarda la pubblicità istituzionale. Tutti noi siamo però convinti che queste cose non vadano dette perché se no non abbiamo la foto sul giornale, non abbiamo il richiamo, non abbiamo la pubblicità del nostro affare politico che si deve tramutare in consenso. Bene, io sono cosciente di questo, non posso usare il termine appropriato perché sarebbe poco educato, dico che non mi interessa, mi interessano di più la coscienza di rappresentante di una piccola parte del popolo sardo e la responsabilità di legislatore.
Vorrei ricordare che sulla base di spinte di questo genere, non opportunamente valutate, è stata rovinata l'Italia ed è stata rovinata la Sardegna. Ricorderete - so che questa può essere intesa come una provocazione, ebbene la lancio - il momento in cui fu cancellata, per esempio, l'immunità parlamentare in corso di mandato: oggi si sta pensando che forse quello fu un errore e comprendiamo il perché, lo stiamo vivendo in questi anni. Vi fu poi la spinta referendaria per il maggioritario e il presidenzialismo, che io stesso ho vissuto con grande ardore, appassionato all'idea: orbene, le interpretazioni sul maggioritario e sul presidenzialismo oggi stanno facendo rimpiangere tempi passati.
Non c'è inoltre una corretta informazione, per tanti versi. Per esempio, giusto ieri, nell'ennesimo talk show politico, si sentiva dire che il Capo del Governo è stato eletto direttamente dagli italiani, il che è falso, tant'è che se il Presidente del Consiglio viene sfiduciato e si dimette può essere sostituito, su indicazione del Presidente della Repubblica, con un altro Capo del Governo, come è successo nelle passate legislature.
Questo per dire che il Governo centrale assume determinate iniziative, anche sul sistema elettorale (il presidenzialismo che noi abbiamo è figlio di una legge nazionale) non badando però a regolamentare se stesso, perché il presidenzialismo è imposto nelle Regioni, ma non esiste a livello nazionale, in quanto esiste un'indicazione per il Capo del Governo, ma non l'elezione diretta. Anche in questo caso il Governo nazionale legifera sulla riduzione del numero dei consiglieri regionali (lo può fare, è legittimo, va benissimo, ma noi dobbiamo fare coscientemente questo passaggio, al di là di quello che è stato deciso a Roma), ma non è ancora intervenuto in maniera seria ed efficace sulla riduzione del numero dei parlamentari. Anzi, se noi dovessimo votare, come si pensa e come è auspicabile, nella prossima primavera, perché si va verso elezioni anticipate, eleggeremmo un Parlamento che sarebbe lo specchio numerico del Parlamento attuale. E probabilmente, auspicando che a seguito di quelle elezioni anticipate ce ne siano altre a livello regionale, in Sardegna verrebbero eletti di nuovo ottanta consiglieri, perché la doppia lettura in Parlamento non potrebbe avvenire per tempo. Purtroppo quest'Aula dovrà fare a meno del presidente Cappellacci - ma si è abituata alla sua assenza -, che sicuramente non tornerà alle prossime elezioni.
Questo è giusto che la gente sappia, però vanno valutate le prese di posizione politica, perciò adesso si torna indietro (chi ha votato, chi non ha votato) in maniera maldestra e a volte anche poco educata, continuando a gettare fango addosso all'istituzione. Poi si scrive: "Basta con la delegittimazione dell'avversario!". E intanto idee non ce ne sono, non se ne presentano. Ma dovendo delegittimare il collega Sabatini dirò: è stato lui che, a voto segreto, ha votato contro, o meglio lo farò capire perché se lo dico esplicitamente il collega mi denuncia! Ma non c'è cosa più orrenda del non cercare di ridare dignità al collega Sabatini, cioè di dare dignità a quest'Aula.
Mi diceva un collega che fra pochi giorni qualcuno verrà a manifestare qua sotto con ottanta asini, a ognuno dei quali sarà attribuito il nome di un consigliere regionale. Se succederà qualcuno mi dovrà fermare, perché non accetterò minimamente questo insulto! E guai a chi lo dovesse accettare, perché noi dobbiamo invece recuperare, ponendoci in modo corretto nei confronti della gente, dignità e autorevolezza per il ruolo che svolgiamo. Come possiamo fare? Continuiamo per davvero sulla via delle riforme. Vedete, colleghi, i politici non sono tutti marci, esistono anche in quest'Aula persone serie che non accettano di essere omologate nella comune idea che si persegue sulla politica, cioè non accettano di essere ritenute la feccia della società, di essere bersaglio di continui attacchi, maldicenze e offese. Io non ci sto e combatterò perché si recuperi dignità a un ruolo che è in ogni caso fondamentale per un'organizzazione sociale e democratica. E' chiaro che dobbiamo rendere conto del nostro operato, è chiaro che ci dobbiamo impegnare, è chiaro che la gente, perlomeno quella che io sento, poi qualcuno sentirà altra gente, non recrimina e non ci accusa fondamentalmente - è un'estremizzazione, perché al momento proprio di questo ci si accusa - per l'entità dell'indennità che prendiamo (alta, a dire il vero, ma sta a noi ridimensionarla, e quando parlo di indennità non mi riferisco all'indennità vera e propria, ma a quello che c'è a contorno e che aumenta il monte stipendio del consigliere regionale), ma ci dice: "Io vi pagherei anche di più, ma rendeteci un servizio, lavorate, fate qualcosa per noi". E' questa la distanza che sente la gente, non quella economica, pure importante e fondamentale in questo momento. I cittadini ci chiedono di lavorare seriamente, di impegnarci per loro, perché è inutile ridurre questo monte finanziario o numerico se poi le Commissioni non lavorano e non si producono leggi utili per regolamentare i rapporti economici e sociali della nostra isola e per garantirne lo sviluppo. Possono essere trenta o anche venti e offrire la loro prestazione gratuitamente, la gente premerà in ogni caso sui cancelli di questo palazzo se non ci sarà il ritorno del servizio che i consiglieri regionali sono stati chiamati a svolgere.
Non vuole essere retorica questa, ma espressione di un sincero e convinto pensiero su quello che dalla più piccola alla più grande istituzione deve essere il ruolo del rappresentante che si propone alla gente dicendo: "Io voglio partecipare amministrando il bene comune". Questo è quello che vuole la gente, non nascondiamoci dietro il fatto che diminuendo il numero dei consiglieri ci laviamo la coscienza. Non è così! Noi dobbiamo recuperare senso istituzionale e capacità. Oggi diventare un politico, a livello regionale o nazionale, è come partecipare a un concorso: a un concorso di bellezza per certi punti di vista e a un concorso per la magistratura per altri; l'uno ti dà notorietà, l'altro denaro. Fare il politico non è più una missione - senza voler enfatizzare questo termine - utile alla società, come quella del medico (se ne parlava ieri sempre nel talk show di cui dicevo) che deve curare le patologie della società, che ne deve migliorare le condizioni di vita. Il politico è diventato il virus, la patologia!
La gente ci chiede di rappresentarla degnamente, professionalmente, con capacità, con senso di responsabilità, con sobrietà in questo momento. E allora su questo dobbiamo intervenire oggi. Io speravo che ci sarebbe stato un intervento per Gruppo - anche quella è sobrietà - in cui si dicesse legittimamente se si è a favore o contro, in cui si giustificasse l'assunzione di una posizione. Sarebbe bastato questo perché, badate, non saremo citati tutti sui giornali domani, i giornalisti non ce la fanno a riportare il pensiero di tutti, perciò anche l'ottimizzazione del tempo e del pensiero è sobrietà.
Voglio chiudere, e risparmiare tempo se ci riesco, dicendo questo: voterò questa legge, spero che non ci siano emendamenti, spero che si faccia in fretta, passiamo alla fase successiva che deve essere garantita da un ordine del giorno, che spero che i Capigruppo stiano approntando. Dopodiché, Presidente, lo chiedo adesso per non interrompere dopo, i Capigruppo si esprimano sull'inserimento immediato, ai sensi dell'articolo 102 del Regolamento, della proposta di legge numero 315, depositata nei giorni scorsi da parte del Gruppo del terzo polo presente in Sardegna, questo perché a nostro avviso è importante che prima del rinnovo delle Commissioni si cancellino le indennità aggiuntive di carica e le indennità aggiuntive della Giunta, in modo tale che domani il Presidente non si svegli dicendo: "Domani rinuncio anche al caffè, perché io posso, perché io ho i denari, perché posso così demagogicamente continuare a perseguire un consenso". Consenso che, ahimè, non gli rifà la verginità.
Siccome la politica è anche questo e devono essere garantite pari condizioni per tutti, richiamo in Aula quella proposta di legge, ai sensi dell'articolo 102 del Regolamento, se i Capigruppo saranno d'accordo. Esamineremo gli articoli su cui siamo tutti d'accordo, gli altri potranno essere soppressi, ma insisto sulla necessità di procedere immediatamente alla cancellazione delle indennità di carica aggiuntiva del Consiglio e della Giunta. E' un atto pratico di risparmio immediato, mentre quello che stiamo facendo adesso porterà risparmi nella quindicesima legislatura e non nella quattordicesima, qualora il Parlamento possa approvare in doppia lettura questa proposta di legge nazionale.
Chiedo che i Capigruppo si esprimano sulla parte della proposta di legge numero 315 (non vogliamo approvare tutto il testo) riguardante il vitalizio e la riduzione dei consigli di amministrazione. Come presentatore sottoscrivo, se i miei colleghi sono d'accordo, gli emendamenti abrogativi di quelle parti che per il momento non volete prendere in discussione. Non osto su questo, ma sui primi articoli che richiamano quello che ho detto, chiedo che ci sia un pronunciamento da parte dei Capigruppo e se non fosse consentito per Regolamento che si possano esprimere i Capigruppo chiedo che nei loro interventi comunque si dicano: "Vogliamo portare, con corsia preferenziale anche questa legge in Consiglio e nell'immediato intervenire". Spero che i Capigruppo vogliano esprimersi e come semplice atto di cortesia mi degnino…
(Interruzione del consigliere Pittalis.)
CAPELLI (Gruppo Misto). L'articolo 102, per chi non lo sapesse, richiede il consenso dei Capigruppo. Sulla sostanza, per carità, è opportuno che si esprimano a favore o contro, legittimamente. Qui siamo nell'espressione dell'educato e libero pensiero, perciò ognuno giustificherà le sue scelte. Io chiedo legittimamente, secondo il Regolamento e secondo la libertà di pensiero, che se qualcuno vorrà esprimersi o degnarmi di una risposta dica il suo pensiero, cioè se è d'accordo o se non lo è, se vuole proporre modifiche o quant'altro. Io sto ponendo un atto, a mio avviso, concreto.
Presidente, lei mi dirà se l'articolo 102 può essere richiamato o meno in questo caso, a mio avviso sì, ma mi atterrò a quella che sarà la decisione della Presidenza nell'applicazione del Regolamento. E' per questo che ho aggiunto la seconda ipotesi, cioè che comunque l'Aula si esprima, pardon, i Capigruppo si esprimano, secondo l'articolo 102. L'Aula se vorrà pronunciarsi potrà farlo, ovviamente non c'è costrizione per nessuno.
Credo che, conclusa questa importante fase, saremo tutti legittimati a pensare alle riforme seguenti. Potremo modificare la macchina regionale, la dirigenza regionale, potremo tornare sui costi. Nessuno, per esempio, ha parlato (se no domani qualcuno ci metterà sulla gogna) dei costi che la Regione sostiene per tenere in piedi le macchine della rappresentanza democratica sindacale, le fondazioni, le associazioni. Si tratta di milioni di euro. E io, consigliere regionale, mi devo far prendere a pappine da quei sindacati che campano sulla contribuzione regionale e che ci accusano di incrementare giorno dopo giorno le nostre retribuzioni e quant'altro? Soldi ben spesi, per carità, perché i denari pubblici utilizzati per favorire la concertazione, la democrazia, la trasparenza sono tutti ben spesi, ma in questo momento occorre sobrietà; sobrietà per la politica e sobrietà per tutti i gradi e i livelli di rappresentanza delle libere istituzioni democratiche. Noi spendiamo molto, anzi chiedo che quanto prima questi costi siano resi pubblici, così come sono resi pubblici i nostri stipendi, le nostre indennità e quanto spendiamo in pubblicità istituzionale. Tutti i costi siano resi pubblici e trasparenti, come le nostre dichiarazioni dei redditi. Sia tutto trasparente, sia questo un palazzo di vetro per tutti quelli che utilizzano correttamente, democraticamente i fondi pubblici per sostenere la loro idea, la loro organizzazione, la loro democratica rappresentanza.
PRESIDENTE. Onorevole Capelli, l'articolo 102 che lei ha richiamato dice che vengono iscritti all'ordine del giorno e discussi sul testo del proponente i progetti di legge e gli altri documenti non ancora esitati dalle Commissioni nel caso in cui la Conferenza dei Capigruppo accolga all'unanimità la proposta formulata in tal senso da uno dei suoi componenti o dal rappresentante della Giunta regionale. Quindi lei non ha la facoltà di richiamare in Aula l'articolo 102.
CAPELLI (Gruppo Misto). In sede politica sì. Comunque farà la proposta il mio Capogruppo.
URAS (Gruppo Misto). Il Presidente del Gruppo Misto farà la proposta insieme al Presidente del Gruppo dell'Italia dei Valori.
PRESIDENTE. Il suo Capogruppo potrà avanzare la proposta nella sede opportuna, che è la Conferenza dei Presidenti di Gruppo, la quale definisce l'ordine del giorno dei lavori del Consiglio. L'articolo 102 non può essere richiamato in Aula, per cui se un Capogruppo vorrà avanzare la proposta in sede di Conferenza dei Presidenti di Gruppo gli altri Capigruppo la valuteranno e dovranno eventualmente accoglierla all'unanimità. Politicamente il discorso è diverso, però ripeto che l'articolo 102 non può essere richiamato in Aula.
E' iscritto a parlare il consigliere Agus. Ne ha facoltà.
AGUS (P.D.). Signora Presidente, signori Assessori, onorevoli colleghe e colleghi, cercherò anch'io di non utilizzare tutto il tempo a mia disposizione, non foss'altro perché in quest'Aula abbiamo richiamato la necessità di intervenire con rapidità vista la situazione economica, finanziaria e sociale dell'intera Isola. Sicuramente ci sono delle priorità assolute da affrontare, come dare risposte al grande numero di disoccupati, aiutare le famiglie che versano in stato di disagio sociale e far ripartire l'economia.
Nel contempo, richiamati dall'attenzione dell'opinione pubblica, abbiamo tentato in quest'Aula di dare per lo meno un segnale di condivisione di questo stato di malessere, che chiaramente non può esimerci da una riflessione collettiva anche in questa sede. E bene fece la prima Commissione a elaborare un documento da portare in Aula, che mi dispiace non sia approdato a granché perché la votazione a scrutinio segreto ha inficiato quella volontà. E dunque io lo ripropongo all'attenzione dell'Aula, non foss'altro per fare un ragionamento serio, dal momento che abbiamo parlato non solo di costi della politica, ma anche di rappresentanza della politica. Essendo il Consiglio regionale il massimo organo nel quale viene rappresentato il popolo sardo, e quindi l'intera collettività, l'accesso alla politica deve essere consentito a tutte le frange della popolazione, quindi a tutti i ceti sociali, ciascuno dei quali ha un suo bisogno, una sua esigenza, ma anche una proposta per la propria comunità da portare nell'Aula del parlamento sardo.
Sollecito quindi un'ulteriore riflessione anche per essere coerente rispetto a quella votazione. Ripropongo pertanto, con un emendamento, la riduzione del numero dei consiglieri regionali a cinquanta, con l'auspicio che comunque serva, ripeto, per una ulteriore riflessione. Mi rendo conto che non possiamo affrontare la riduzione del numero dei consiglieri solo ed esclusivamente dal punto di vista numerico, ma dobbiamo valutarne le conseguenze, come dicevo prima, sulla rappresentatività del popolo sardo, e quindi sulla funzionalità del Consiglio regionale. In effetti il Consiglio regionale, a mio avviso, si deve riappropriare di un ruolo importante, che comprende la funzione legislativa, ma anche quella di controllo. Purtroppo noi, lo ribadisco ancora una volta, effettuiamo il controllo attraverso le solite mozioni e interrogazioni, che lasciano il tempo che trovano; probabilmente bisogna impostare un nuovo metodo di gestione del Consiglio. Forse è bene tornare ai bilanci chiari, perché il Consiglio deve conoscere esattamente il bilancio, deve poter approvare un bilancio certo. Se dobbiamo investire sulla viabilità, dobbiamo conoscere esattamente l'entità della relativa partita di bilancio, in modo da poter fare un controllo, sperando che il Consiglio, reso magari snello dalla riduzione dei suoi componenti, sulla quale credo tutti concordiamo, abbia un adeguato staff tecnico e sia in grado di affiancarci e di dirci a che punto è l'attuazione delle leggi che approviamo. Spesso infatti non ne conosciamo l'esito, ma proponiamo ulteriori modifiche, snaturandone l'essenza.
Credo che ci sia bisogno di un Consiglio snello, dinamico, ma che controlli realmente la spesa. Il Consiglio non è in grado, a mio avviso, di conoscere con esattezza come si realizza la spesa, perché approva un bilancio preventivo composto da un articolo e un paio di commi, mentre è lasciata alla Giunta, cioè all'organo esecutivo, la gestione quasi totale delle risorse. Poi, però, a ogni variazione di bilancio noi ci ritroviamo a dover "infilare" quelle che volgarmente vengono chiamate marchette.
Questo provvedimento credo vada approvato velocemente per dare un segnale di sobrietà e responsabilità anche all'opinione pubblica. Personalmente ritengo che in un momento difficile per la nostra Nazione, e quindi anche per la Sardegna, dove giustamente il popolo ci richiama alla sobrietà, con questo provvedimento interveniamo anche sui costi della politica nei termini che in quest'Aula sono stati richiamati. Noi abbiamo presentato anche una proposta di legge, di cui è primo firmatario il collega Giuseppe Cuccu, sulle indennità da sopprimere e spero che si possa ragionare anche su queste cose, mettendoci quindi in sintonia con l'opinione pubblica, che ci chiede comunque un segno, ci chiede di condividere con lei il momento difficile che stiamo attraversando. Ci chiede anche, e ne abbiamo l'obbligo, non solo perché ce lo chiede l'opinione pubblica, di occuparci di quelle priorità che spesso abbiamo sfiorato senza mai dare risposte esaustive. Si è parlato, per esempio, di aiutare i comuni sbloccando il patto di stabilità, perché possano rimettere in circolo i denari che oggi tengono fermi nei cassetti, cosa che mette in crisi le imprese. Queste sono responsabilità che ci appartengono interamente e delle quali non possiamo non tenere conto se vogliamo trovare soluzioni e dare risposte.
Analizzando gli angoli di un bilancio pur fumoso (non abbiamo infatti certezze sulle partite di bilancio) potremmo recuperare risorse da immettere nel mercato per tentare di abbattere il grave dramma della disoccupazione e ridare fiato alle imprese. Il nostro Gruppo sta tentando di andare in questa direzione, cogliendo anche l'occasione del cosiddetto "piano casa 3". Noi ribadiamo la proposta che presentammo a suo tempo per fare in modo che chi non ha risorse proprie possa disporre di risorse pubbliche, non solo per la prima casa ma anche per gli interventi; quindi chiediamo l'estensione di una norma per ora riservata solo a chi ha risorse. Chi non ha risorse non può usufruirne, ma noi sappiamo che anche quelle piccole risorse, messe nel mercato locale, attivano un meccanismo virtuoso perché mettono in moto il piccolo artigianato, il piccolo commercio, le piccole imprese, e questo nell'attesa di un rilancio dello sviluppo economico della Sardegna.
Dare risposte all'opinione pubblica, anche se tirati per la giacchetta, è nostro dovere e dobbiamo fare in fretta proprio perché si tratta di proseguire il difficile percorso avviato in prima Commissione sullo Statuto, dove ci apprestavamo a fare delle consultazioni. Io spero che si possa provvedere immediatamente al rinnovo della prima Commissione, per far ripartire quel percorso che avevamo già iniziato sia sullo Statuto sia sulla legge statutaria. Se non ci fossimo interrotti probabilmente avremmo esitato nei termini previsti almeno alcune proposte da portare in discussione in Aula. Questo Consiglio si era caratterizzato proprio per la volontà di affrontare in maniera unanime, quindi al di là degli schieramenti, questi atti fondamentali per la Regione e per l'isola di Sardegna nel contesto di un federalismo nazionale che andava pian piano formandosi. Noi dovevamo in qualche maniera usare la nostra autonomia affinché nessuno ci imponesse scelte altrui, ma fossimo noi stessi ad autodeterminarci, così come lo Statuto prevede. E noi abbiamo il dovere di farlo se davvero vogliamo mantenere la nostra autonomia, la nostra identità nel rapporto con lo Stato e con l'Europa in maniera positiva e proficua. Per cui spero che in questa sede si possa addivenire comunque alla definizione della riduzione del numero dei consiglieri regionali, più che altro per dare un segnale di equilibrio, di sintonia con l'opinione pubblica, per poi affrontare i bisogni reali dell'isola di Sardegna.
Ho fatto cenno ai disoccupati, alle famiglie in grave difficoltà, ma potrei parlare anche dei problemi del mondo agricolo. Si è detto: "Ma il mondo agricolo può essere uno degli elementi caratterizzanti lo sviluppo futuro dell'Isola? Può essere considerato settore primario in Sardegna, visto e considerato che spesso ci siamo lamentati del fatto che i famosi interventi massicci di capitali per la realizzazione di parchi eolici e di impianti fotovoltaici forse stanno andando oltre i limiti e possono inficiare le capacità produttive che la Sardegna possiede?
Abbiamo detto che ci sono temi importanti da affrontare, per cui spero che oggi comunque riusciamo a dare una prima risposta, se tutti siamo d'accordo sull'abbattimento del numero dei consiglieri. Ribadisco che la proposta che ho sottoscritto per coerenza in prima Commissione va discussa e valutata perché non venga mortificato l'organo legislativo della Regione Sardegna. Occorre dare la possibilità a chiunque di potersi sedere in questi banchi, anche all'operaio e al disoccupato, come succedeva una volta, perché portino la loro esperienza di vita, l'esperienza del loro territorio, e tutti insieme si possa davvero trovare le soluzioni più importanti per la nostra Isola e per le nostre comunità.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Maninchedda. Ne ha facoltà.
MANINCHEDDA (P.S.d'Az.). Signora Presidente, nel corso del dibattito precedente che riguardava lo stesso argomento il Partito Sardo d'Azione è stato accusato di "benaltrismo", cioè di questo vizio che abbiamo in Italia di non parlare mai del merito per non fare le scelte che sono richieste sul momento. Sicuramente ci siamo spiegati male e allora ci rispieghiamo, cercando di farlo in modo semplice, cioè non equivocabile. Noi eravamo contrari alla proposta di riduzione a cinquanta del numero dei consiglieri; siamo favorevoli alla misura di sessanta, che riteniamo adeguata alla rappresentanza della sovranità della Sardegna. Continuiamo ad essere contrari a che a determinare il numero dei componenti il Consiglio regionale della Sardegna sia il Parlamento italiano e senza nessuna vergogna dichiariamo che la norma che diceva che il numero dei consiglieri doveva essere stabilito dalla legge statutaria era assolutamente dignitosa.
Tuttavia, per accedere a una richiesta che è stata fatta, quella cioè di non dichiarare semplicemente i principi, ma di dimostrare che sono efficienti, svolgerò un ragionamento alla luce della proposta oggi in discussione. La proposta oggi in discussione è una modifica dello Statuto della Sardegna che decide il passaggio da ottanta a sessanta del numero dei consiglieri regionali e sarà discussa dal Parlamento. Il Consiglio regionale della Sardegna propone come unica modifica del suo Statuto, in vigore dal 1948, la riduzione del numero dei suoi consiglieri e chiede al Parlamento, a entrambe le Camere (quasi mille parlamentari tra deputati e senatori della Repubblica italiana) di prenderlo sul serio, di riunirsi e di votare su una sola modifica dello Statuto della Sardegna. Voi ritenete che questa posizione possa essere considerata seria? Cioè ritenete seriamente che il Consiglio regionale della Sardegna possa essere preso sul serio dal Parlamento italiano là dove chiede, dal '48 a oggi, solo questa modifica? Credo che sappiamo perfettamente a quale ridicola considerazione ci stiamo esponendo!
I colleghi potranno dire: "Abbiamo il tempo di approvare altre modifiche dello Statuto". In effetti, onorevole Agus, per modificare la legge statutaria e la legge elettorale e meglio adeguarle al cambiamento dei tempi dovremmo modificare, oggi o domani, quanto durerebbe la discussione non lo so, almeno altri diciassette articoli. Quella sarebbe una posizione seria, non questa. Quello che stiamo facendo oggi è un espediente!
Ma mettiamo pure - così ci chiariamo bene le idee - che la proposta di legge nazionale che stiamo esaminando arrivi in Parlamento e venga iscritta all'ordine del giorno. Ovviamente il Parlamento direbbe: "Ma come, ci occupiamo della riforma dello Statuto della Sardegna e modifichiamo solo questo? Mettiamoci mano!". E allora le procedure saranno quelle dell'articolo 54, cioè ci sarà una riforma complessiva dello Statuto della Sardegna elaborata dai mille parlamentari italiani - di cui poi vi dirò qual è l'affidabilità - che arriverà qui per un parere consultivo. E noi a chi affidiamo questo luminoso percorso contraddistinto dalla debolezza del Consiglio regionale, dalla debolezza della Sardegna? Lo affidiamo allo Stato, vorrei ricordarlo a quanti in questo momento continuano a dire che il percorso di modifica e di determinazione delle istituzioni della Sardegna è giusto che sia affidato al Parlamento italiano. Chi è il nostro Parlamento? E' il Parlamento, onorevole Solinas, che su proposta di un senatore sardo - lo dico ai senatori che in questo momento anziché venire a discutere con noi delle riforme istituzionali le propongono autonomamente a Roma - ha fornito alla Regione Sardegna il gettito sull'IVA, negli anni precedenti il 2004, non in base allo Statuto vigente, ma in base a un ordine del giorno e al tasso di inflazione programmato. Ci hanno fregato 500 miliardi e ce li hanno restituiti non come Equitalia pretende che vengano restituiti i debiti verso lo Stato, ovvero con more e interessi, ma in comode rate di 25 milioni in vent'anni!
Questo è lo Stato a cui voi ritenete legittimamente di affidare le riforme della Sardegna, perché non accettate ciò che noi diciamo sulla questione della sovranità. Voi dite che questo è benaltrismo. Andiamo allora avanti su chi è questo Stato. Lo Stato, in questa legislatura, ha fatto cose vergognose! Perché? Ha impegnato la Regione Sardegna nella discussione delle norme di attuazione, ha portato queste norme fino alla porta del Consiglio dei Ministri e non le ha approvate. E la verità l'ha detta l'Assessore del bilancio di questa Regione non qui, ma alla Corte dei conti, quando ha dichiarato che quelle norme non vengono approvate perché lo Stato pretende che noi ci carichiamo di altre funzioni. Cioè lo Stato dice: "Se vuoi i soldi che abbiamo previsto nell'articolo 8, ti devi caricare di altri costi". Questo è lo Stato a cui voi volete affidare la riforma dello Statuto, quello stesso Stato che, siccome noi non proponiamo nessuna modifica dello Statuto per la zona franca, ha garantito la fiscalità di vantaggio alle tre Regioni più ricche d'Italia e quando ha negoziato con la Regione Sardegna l'IVA ha indicato una formula generica legata ai bisogni! Leggete come viene calcolata l'IVA per il Trentino, per il Friuli e per la Valle d'Aosta! Lo Stato ha consentito, con l'articolo 5 bis dell'ultima finanziaria, ad alcune Regioni del sud di superare il patto di stabilità, sapete a discapito di chi? Anche della Sardegna! Questo è lo Stato a cui voi volete affidare la riforma dello Statuto e a cui vi presentate con un solo articolo dello Statuto modificato.
Allora è possibile chiedere, senza che nessuno si offenda, se questo è un percorso serio? All'onorevole Sabatini, che dice che è un momento in cui dobbiamo stringerci e fare riforme serie, io rispondo: siamo prontissimi! Però, diciamocela tutta, a oggi, cioè dopo due anni e mezzo di legislatura, non abbiamo ancora riformato lo Statuto. Vogliamo fare la legge statutaria e la legge elettorale? Si fanno a Statuto vigente, perché non potete pensare che il Parlamento ci approvi una frettolosa modifica dello Statuto che noi variamo in Aula, ce la restituisca e noi abbiamo poi il tempo di fare legge statutaria e legge elettorale prima delle prossime elezioni. La legge elettorale e la legge statutaria, se le vogliamo fare, le facciamo a Statuto vigente, con mille limiti! Io direi: facciamole lo stesso, ma sappiamo cosa stiamo facendo.
E allora il problema che noi abbiamo posto e che continuiamo a porre è che non si possono fare le riforme istituzionali se questo Consiglio non capisce che tali riforme devono essere accompagnate da una politica della sovranità. Voi parlate di sovranità della Sardegna, ne parlate a destra e a sinistra, ma la Corte costituzionale nel 2007 ha inibito l'uso della parola sovranità a questo Consiglio regionale, perché ha impugnato una legge che l'aveva nel titolo e ha detto che gli enti territoriali non sono soggetti di sovranità, sono bensì soggetti che esercitano funzioni delegate dalla sovranità del popolo italiano. Parlare di sovranità è un'astrazione. Su che cosa la vogliamo convocare, alla luce dell'ordine del giorno che abbiamo a suo tempo approvato, la Costituente? Il dibattito istituzionale è tutto sulla sovranità del popolo sardo, convochiamo una Costituente che non può usare la parola sovranità? Questo non è chiaro ai sardi. Nel P.D. si registrano posizioni interessanti: Massimo Dadea dice addirittura che ci spingeremo fino all'indipendentismo, Cabras parla di sovranità, ma la Costituzione italiana vigente lo impedisce. Su che cosa la convochiamo la Costituente? Perché ne parliamo?
Il percorso che il Consiglio regionale ha di fronte è un percorso quasi amministrativo. Possiamo ottimizzare le nostre istituzioni, questo è certo, ma il tema centrale che dobbiamo porre allo Stato è che noi siamo titolari di una sovranità originaria. Se non poniamo questo problema, colleghi, non potremo mai porre la questione della fiscalità di vantaggio, cioè dire allo Stato quali tasse pagano le sue funzioni e quali pagano le nostre. Se mai dovessimo convocare una Costituente sarebbe sulla modifica della Costituzione italiana. Questo dobbiamo fare, questi sono i percorsi seri. Oggi stiamo facendo uno scherzo!
Voglio dire questo, e concludo: la proposta di legge in discussione può iniziare un percorso serio, ma bisogna riprendere a parlare di sovranità. Questo Consiglio inibito, che non ha voluto votare la mozione sull'indipendenza, faccia un ordine del giorno sulla sovranità che dica che la Sardegna è titolare di una sovranità originaria, abbia questo coraggio. Posizioniamoci politicamente rispetto alle nostre rivendicazioni, altrimenti queste non sono le leggi del coraggio, ma sono le leggi della vergogna, di un modo di fraintendere la protesta che c'è fuori e di tentare di cavalcarla dando ragione anche a chi può non averla. Non sono leggi del coraggio, sono leggi della vergogna!
Io non credo che con il rossore si migliori la Sardegna. Io credo che ci voglia dignità e allora se vogliamo essere coerenti fino in fondo cominciamo, per esempio, per il potere che abbiamo noi, a sfoltire il ceto politico sardo. Li aboliamo i consorzi di bonifica? Noi siamo la Regione che ha il maggior numero di unioni di comuni. Le semplifichiamo? Aboliamo le province? Questo è nella nostra disponibilità, ma poi non diciamo che questo è per lo sviluppo della Sardegna. Non confondiamo le cose. In America hanno messo nel mirino gli obiettivi giusti, che sono i finanzieri, le banche, la globalizzazione dei mercati e, in misura minore, la rappresentanza. Qui no, qui si è fatto il contrario, però non diciamo che queste leggi fanno lo sviluppo. Sapete da dove parte lo sviluppo? Dalla verità. E la verità è che noi non possiamo avere un bilancio - lo dico ai colleghi che hanno parlato prima di bilancio - con le entrate del 2012 in aumento rispetto al 2011 quando il nostro PIL è precipitato dal 2 allo 0,2 per cento! Com'è possibile? Come possiamo iscrivere ancora 800 milioni di euro in entrata che ci dovrebbe dare il Governo? Sapete di quanto è diminuita in cinque anni la capacità di spesa reale della Regione a causa del patto di stabilità? E' passata da 3 miliardi e 400 milioni di euro a 2 miliardi e 700 milioni, cioè 700 milioni di euro in meno! Come si possono fare le politiche di sviluppo quando si ha da una parte una montagna di promesse e dall'altra un colino che deve rateizzare tutto? Un colino! Questa è la situazione della Sardegna. E quando si diceva che il fondo unico doveva diminuire parallelamente alla diminuzione del gettito si diceva una cosa sacrosanta, ma si dovrebbe dire che anche la spesa sanitaria diminuisce rispetto alla flessione del gettito e invece si dice che è naturale che aumenti del 2 per cento. Col cavolo che è naturale!
Questi sono i temi della dignità del Consiglio regionale. Se invece vogliamo affrontare la capacità di dare una risposta veloce a un po' di propaganda e di demagogia, facciamo una cosa obiettivamente ridicola: modifichiamo in un solo punto un articolo di uno Statuto che è vigente dal 1948. Non parliamo di fisco, non parliamo di zone franche, non parliamo di niente, però mandiamo al Parlamento questo segnale della nostra dignità: modifichiamo un articolo dopo sessant'anni!
PRESIDENTE. E' iscritta a parlare la consigliera Zuncheddu. Ne ha facoltà.
ZUNCHEDDU (Gruppo Misto). Mi ha fatto molto piacere sentire l'intervento del collega Maninchedda e quindi mi aspetto che voti contro questa proposta di legge nazionale dopo questa bella dichiarazione.
Io non potrò mai condividere una legge che di fatto mortifica la democrazia. Fra l'altro è come se la democrazia, in questo momento di grande crisi e sofferenza popolare, facesse paura. Questa classe politica sarda appare impaurita, così impaurita da arrivare a proporre, in modo goffo, delle leggi assolutamente repressive, ma a questa provocazione io credo che i sardi sapranno rispondere in modo pacifico e democratico, così come è sempre avvenuto nella storia.
Mi ha colpito anche la dichiarazione del consigliere del M.P.A., e cioè se chiede la riduzione numerica il Governo italiano facciamolo anche noi. Mi è parso di aver capito questo.
(Interruzione)
Non è così? Allora correggo il tiro, non per altro, ma perché il coraggio di stare dietro al Governo italiano io sinceramente non ce l'ho, non è mai stata una mia vocazione.
Comunque vorrei riportare l'attenzione dell'Aula sul fatto che oggi la costituzione delle Commissioni viene rinviata per l'ennesima volta. E' come se fra i consiglieri del centrodestra non ci fossero persone autorevoli per coprire le presidenze, quindi il problema è che in tempi di moralizzazione e di riduzione degli sprechi della politica dobbiamo prendere atto che le presidenze sono legate alle spartizioni e alle relative indennità. Vorrei pertanto rinnovare l'invito alla presidente Lombardo, se mi ascolta un attimo, a procedere ai tagli delle indennità di carica. Credo che questa misura risolverebbe i problemi e consentirebbe sicuramente la ripresa dei lavori delle Commissioni.
A tutt'oggi la Commissione autonomia - altra nota - non ha risposto alla mia richiesta di spiegazioni sull'esclusione della mia proposta di legge sull'abbattimento dei costi della politica. Vorrei avere una risposta scritta, insisto su questo e continuerò a farlo. Collega Pittalis, sarà registrato, prenda atto che dovrà darmi una risposta scritta.
La classe politica sarda continua a perpetuare la sua storica sudditanza e sta permettendo che in Sardegna passi ciò che i padroni del vapore, quelli della globalizzazione mondiale, vogliono che avvenga, e cioè uscire dalla crisi limitando la democrazia e facendo pagare la crisi agli strati sociali e alle economie più deboli, non di certo alle banche e alle multinazionali. La gestione della crisi economica mondiale secondo gli stessi analisti internazionali non può prescindere da una diminuzione sostanziale dei livelli di democrazia all'interno dei singoli Paesi. Questo è il diktat che il governo della finanza mondiale vuole imporre in Europa a tutti gli Stati sull'orlo del fallimento; fallimento generato dalle stesse logiche della globalizzazione, come la delocalizzazione delle imprese, quindi delle industrie - qui in Sardegna poi abbiamo una lunga storia -, la rapina delle risorse economiche e ambientali, la distruzione dei territori e delle loro economie nonché l'uso scellerato del debito pubblico dei singoli Stati all'interno delle turbolenze e delle speculazioni finanziarie mondiali.
(Brusio in aula)
Eh sì, c'è una profonda non dico disattenzione… I colleghi che non intendono ascoltare potrebbero uscire oppure usciamo io e lei, Presidente, e parlo con lei, veda un po'!
PRESIDENTE. Ha ragione, onorevole Zuncheddu. Prego i colleghi di consentire all'oratore di svolgere il suo intervento nel silenzio. Onorevole Ben Amara, per cortesia! Grazie.
ZUNCHEDDU (Gruppo Misto). La Sardegna, colonia interna italiana e non solo italiana, oggi più che mai è al centro di queste dinamiche.
Cosa faccio, Presidente, intervengo domani? Mi rinvii l'intervento a domani, la prego.
PRESIDENTE. No, onorevole Zuncheddu, lei è iscritta a parlare oggi, per cortesia continui. Prego i colleghi di avere rispetto. Chi vuole chiacchierare lo faccia fuori dell'aula. Onorevole Ben Amara, proprio lei! Capita anche a lei di lamentarsi del brusio in aula.
ZUNCHEDDU (Gruppo Misto). Mi dispiace perché il collega Ben Amara io lo ascolto con molta attenzione, come faccio normalmente.
Comunque, affinché tutto vada secondo le logiche previste da ristrette oligarchie internazionali, è necessario che i livelli di democrazia partecipata vengano drasticamente tagliati in modo da far sì che all'eventuale reazione popolare venga messo un bavaglio democratico. Tutto questo in nome di una demagogica riduzione numerica degli eletti nelle istituzioni, ovvero una riduzione sostanziale della partecipazione popolare alle scelte politiche, economiche e sociali dei territori, delle Regioni e degli Stati. Si è arrivati anche a teorizzare in Sardegna, vedi i discorsi bipartisan fatti in quest'Aula e in Commissione autonomia, che il numero inferiore dei consiglieri regionali è esso stesso sinonimo di efficienza, come se la produttività di ogni singolo consigliere fosse legata al numero degli eletti nelle istituzioni e non al proprio impegno. Presidente, sarebbe interessante che lei, fra l'altro, facesse una verifica oltre che sulle presenze anche sulla produttività politica di ogni consigliere. Credo che la storia a questo punto ce lo chiederebbe. In nessuna struttura, e ancor meno in quelle partecipative, si è rilevato che la riduzione del numero sia direttamente proporzionale alla produttività.
La logica del taglio numerico, perfettamente in linea con l'esclusione dalla partecipazione alla vita democratica e alle istituzioni della stragrande maggioranza delle collettività, è sposata indifferentemente e congiuntamente, seppure con variazioni di lessico, dalla stragrande maggioranza di questa classe politica. Una classe politica allineata perfettamente a quella italiana e io dico anche degna nipote di quei sardi che il 29 novembre del 1847 fecero la fusione perfetta, rinunciarono cioè alla propria sovranità istituzionale e chiesero a Carlo Alberto di essere considerati a tutti gli effetti piemontesi, sancendo con ciò giuridicamente e istituzionalmente la fine della sovranità del Regno di Sardegna. Anche oggi si sancisce l'esclusione violenta, ma legalizzata, delle minoranze politiche, che stranamente sono da sempre una peculiarità della storia e della cultura politica del popolo sardo. Non mi stupirebbe che stando così le cose quest'Aula, sotto ordine delle segreterie dei partiti italiani, arrivasse essa stessa, per non essere costretta, ad abrogare lo Statuto speciale e quindi la stessa autonomia regionale.
Voglio ricordare a tutte le forze politiche presenti in Aula che si sono espresse sulla sovranità come popolo e come nazione che qui, visti i pronunciamenti, si dovrebbe legiferare per agevolare il percorso di un popolo che deve liberarsi dall'oppressione economico-coloniale e che ha il diritto inalienabile di esercitare la propria sovranità, ovvero l'autogoverno, e costruire il proprio cammino di indipendenza. Invece, ancora una volta, su un tema così importante della democrazia, e quindi della rappresentanza, si importano i diktat, si importano i modelli e gli strumenti scelti dall'Italia e accettati passivamente e benevolmente dalla classe politica sarda, con ciò dimostrando la propria sudditanza e la mancanza di qualsiasi forma di autonomia storica, culturale e politica.
Quindi il taglio alla democrazia è indispensabile soprattutto in Sardegna in quanto colonia; i conflitti in una colonia assumono risvolti più aspri e gli inquilini del palazzo non devono essere disturbati, un po' come sta succedendo adesso. Intanto la disperazione serpeggia tra la nostra gente depredata da Equitalia, a cui lo Stato italiano in questi ultimi giorni ha affidato ancor più poteri per aggredire con maggiore violenza il nostro mondo agropastorale, che fra l'altro è vittima delle stesse leggi regionali sballate e di un sistema di credito usuraio.
L'entità della crisi economica in Sardegna e l'acuirsi del livello di scontro tra lo Stato italiano e il popolo sardo può portare inevitabili rivolte popolari per il pane, e noi questo dobbiamo metterlo in conto. Ecco perché la prima azione di controllo è l'abbattimento del livello di democrazia, con l'avvio di un sistema sempre più oligarchico, autoreferenziale e incontrollabile, specialmente sulle prebende, sugli sprechi e sulle ruberie (vorrei ricordare l'evento di ieri con i pastori, a Macomer, a proposito del consorzio del latte); un sistema dove il conflitto sociale viene trattato come un problema di ordine pubblico, ovvero la repressione militare (vedi la manifestazione dei pastori a Cagliari, a Civitavecchia, alla Borsa di Milano, per non parlare poi dello sfratto forzato a "Sa Terra Segada").
Parlare quindi di riduzione dei costi della politica, ovvero dei privilegi della cosiddetta casta e della complessa macchina regionale fatta di enti, di agenzie, di strutture parassitarie incontrollabili, significa entrare nel merito, oltre che dei privilegi, degli sprechi, degli abusi e dell'inefficienza delle varie amministrazioni pubbliche che ricadono pesantemente sulle povere finanze della collettività, sostenuta dalle imprese e dalle famiglie sempre più prostrate, questa è la nostra realtà. Perciò la riduzione drastica del 50 per cento degli emolumenti dei consiglieri regionali deve essere il primo atto di un processo globale di democrazia e di moralizzazione della politica. La restituzione alla politica della gestione del bene comune non può prescindere da questi processi. Questo è l'unico percorso per la restituzione della dignità a una classe politica sempre più screditata, autodelegittimata e autoreferenziale. Mi scuso se ho disturbato l'Aula.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Campus. Ne ha facoltà.
CAMPUS (P.d.L.). Presidente, cercherò di ricambiare la cortesia nell'essere breve. Intanto vorrei fare due brevissime sottolineature, non per accendere una qualche polemica, ma semplicemente per una questione di corretta e compiuta informazione. L'onorevole Sabatini nel suo intervento ha giustamente richiamato la sua onorabilità, che nessuno mette minimamente in dubbio, e ha detto: "Se sarà chiesto il voto segreto non parteciperò alla votazione". Correttissimo atteggiamento, onorevole Sabatini, ma vorrei ricordarle che nella discussione generale del precedente testo legislativo il Presidente del Gruppo del P.D. disse esattamente le stesse parole: "Se ci sarà la richiesta di voto segreto il Gruppo del Partito Democratico non parteciperà alla votazione", dopo di che tutti sappiamo com'è invece andata. Questo non lo dico certamente perché ritenga di poter scagliare qualche pietra senza avere nessun peccato, lo dico solo per correttezza. Io apprezzo la sua onestà morale e intellettuale, onorevole Sabatini, lei lo sa, indubbiamente però nel suo Gruppo qualcosa non ha funzionato, a cominciare dalle dichiarazioni dell'allora Presidente del Gruppo.
Che il voto segreto sia stata una scelta che io ho apertamente criticato è agli atti e che sia stata una scelta che infelicemente è nata dai banchi di questa maggioranza è altrettanto assodato. Ebbene, credo che non fosse nemmeno la scelta migliore quella di modificare quel testo e lo vediamo in maniera eclatante, lampante, palese oggi col nuovo testo che reca la firma di tutti i Capigruppo. Ciò vuol dire che indubbiamente in quella scelta c'era qualcosa di sbagliato. Io penso che se lo spirito di voler davvero rappresentare al meglio le istanze che esistono fuori del Palazzo l'avessimo applicato già allora oggi non ci troveremmo in questa situazione, comunque facciamo di necessità virtù e prendiamo i lati positivi. Indubbiamente quello che è stato scatenato da quella scelta è comunque, almeno a giudicare dalle firme apposte e dagli accordi che sono stati presi, uno spirito di ideale e trasparente collaborazione tra i Gruppi, di reciproca correttezza (al di là delle dichiarazioni più o meno fatte al solo scopo di apparire sulla stampa) che è un viatico sicuramente interessante e importante per affrontare davvero quel ciclo di riforme che abbiamo promesso e che possiamo con questo spirito portare in porto, a partire, è stato detto a più voci, da una nuova legge elettorale regionale scelta da noi rappresentanti dei sardi, onorevole Maninchedda, non espressione di una sovranità, ma espressione di una rappresentanza; una legge elettorale fatta dai rappresentanti dei sardi per i sardi.
Questa è una nostra prerogativa che possiamo usare e mi auguro davvero che subito dopo, con questo clima di trasparenza e reciproca correttezza, possiamo affrontare una legge elettorale che personalmente auspico possa fare tesoro di quanto di negativo e di positivo abbiamo sperimentato e i sardi hanno sperimentato in queste ultime legislature, compresa quella in corso, su una legge che noi non abbiamo né scelto né voluto, ma che ci è stata imposta, e non perché ci sia uno Stato sovrano che ci impone qualcosa, ma semplicemente perché i sardi rappresentanti dei sardi, chi c'era prima di noi e noi stessi non siamo capaci di darci la nostra legge elettorale. Vediamo di farlo adesso sulla base dell'esperienza e nella maniera migliore, così come attraverso una nuova stesura di legge statutaria potremo darci, noi rappresentanti dei sardi per i sardi, delle regole su incompatibilità, ineleggibilità e conflitto di interessi. Sta a noi rappresentanti dei sardi rispondere alla volontà dei sardi, dare risposte in termini di costi della politica, dalle indennità ai privilegi e, perché no, agli sprechi, come è stato detto. Anche questo dipende solo da noi. Società, enti, compartecipate, compari o se preferite cumparielli di borbonica memoria o tradizione sta solo a noi limitarli, ridurli.
Non ultimo occorre un nuovo Regolamento di questo Consiglio che possa dare più efficacia, più snellezza, più trasparenza e più chiarezza ai nostri lavori. E sul tema dello Statuto non mi nego: nessuno può certamente sostenere che lo Statuto non debba essere aggiornato, però al di là dei temi che ha evocato l'onorevole Maninchedda, tutti rispettabilissimi nella tradizione del partito che lui rappresenta in questo Consiglio, molte delle cose che il collega Maninchedda ci chiede di affrontare le potremo rappresentare solo dopo che avremo risolto il problema della nostra secessione, posto che la sovranità, come giustamente ricordava qualcuno, ai tempi d'oggi non sappiamo nemmeno se ce l'abbia il popolo italiano dal momento che deve raffrontarsi con una collettività ancora più ampia. Non sto qui a ricordare la nota lettera della BCE e il modo in cui - da più parti è stato sottolineato - ci viene imposta una rivisitazione della nostra finanziaria, ci vengono imposte regole finanziarie che dobbiamo rispettare. Certamente noi abbiamo voluto entrare in quella collettività, abbiamo scelto di entrarvi usando la nostra sovranità, cioè il volere del popolo che attraverso libere elezioni esprime i suoi rappresentanti. Abbiamo deciso di entrare a far parte di una collettività e a quel punto dobbiamo rispettare anche i limiti che dal punto di vista finanziario e della trasparenza dei bilanci ci vengono imposti. E allora credo che non ci sia bisogno di ricordare dei modi di dire quali: il troppo è nemico del buono, il troppo stroppia, nessuna legge è perfetta, tutto è perfettibile. Siamo tutti d'accordo, lo Statuto andrebbe rivisto, però almeno questo passaggio che comunque, come abbiamo sentito, tocca in maniera diretta la nostra credibilità possiamo farlo. Siamo tutti d'accordo che è un passaggio che deve essere vagliato dal Parlamento nazionale, ma, vivaddio, sino a che esisterà l'Italia come nazione noi saremo una delle venti Regioni di questa nazione. Potremo fare la secessione, se il popolo sardo lo vorrà, premiando quei partiti o quei gruppi che vogliono la secessione, ma sino a che esso continuerà a eleggere rappresentanti che si riconoscono anche in un'unità nazionale è chiaro che dobbiamo rispettare le leggi della nostra Nazione, e la modifica del nostro Statuto passa per quello che prevede la Costituzione italiana, che è anche la Costituzione dei sardi in quanto italiani.
E allora francamente non arrossisco, non ho vergogna nel rispettare i dettati della Costituzione italiana, però, ripeto, noi possiamo davvero fare qualcosa di più lasciando perdere la demagogia. Si potrebbe dire che ci limitiamo a prendere l'uovo oggi? Benissimo, ma sta sempre a noi saper prendere la gallina domani! Noi abbiamo sprecato da questo punto di vista due anni e mezzo di legislatura, vediamo se adesso con questo clima di concretezza, con questo clima di maggiore sensibilità nei confronti di quello che accade fuori sapremo portare ai sardi la gallina, se sapremo cioè dimostrare di avere l'onestà intellettuale per realizzare tutte quelle modifiche che devono e possono essere fatte in vigenza dell'attuale Costituzione e anche dell'attuale Statuto.
Nonostante io avessi sostenuto a ragion veduta, secondo me, e con dimostrazioni fatte in Commissione, che cinquanta consiglieri fossero sufficienti a rappresentare al meglio in questo Consiglio la nostra regione e tutti i suoi territori e che tale numero esprimeva non solo un risparmio, ma anche maggiore snellezza, maggiore capacità di lavorare, maggiore sobrietà e anche funzionalità del Consiglio regionale, nonostante avessi osteggiato l'emendamento che, a voto segreto, ha modificato il testo esitato dalla Commissione, nel voto finale sulla proposta di legge in Aula ho votato a favore, perché era un piccolo passo, peggiore di quello che era stato delineato in Commissione, ma comunque un piccolo passo. Allo stesso modo oggi voterò a favore di questa proposta di legge che da cinquanta porta a sessanta il numero dei consiglieri regionali sulla base di un ragionamento molto banale: sessanta è meno di ottanta ed è il segno che questa riduzione, che viene fatta sì - dobbiamo riconoscerlo - a furor di popolo, comunque la stiamo attuando. Badate bene, legiferare a furor di popolo può essere interpretato come indice di incapacità, ma sentire il popolo e legiferare su quello che esso ci chiede credo sia comunque una vittoria (così io la voglio intendere, nonostante, ripeto, l'uovo ottenuto sia più piccolo di quello che volevo portare a casa); una vittoria della volontà collettiva e a conti fatti una vittoria della democrazia.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Bruno. Ne ha facoltà.
BRUNO (P.D.). Cercherò, non so se vi riuscirò, di stare nei "tempi europei" indicati dall'assessore Floris. Credo che oggi sia il giorno dei fatti più che delle parole, nel senso che dobbiamo affermare con un voto la volontà del Consiglio regionale e dobbiamo farlo cercando di fare in modo che non sia soltanto un momento puntuale di questa legislatura, ma il tentativo di una svolta della legislatura stessa, come diceva poco fa nel suo intervento il collega Sabatini.
Credo che dopo la brutta pagina scritta nei giorni scorsi vadano date necessariamente delle risposte che siano concrete e qualificate. Ebbene stiamo provando a farlo con la riduzione del numero dei consiglieri regionali, cioè con una misura equilibrata che non riguarda solo i costi della politica, e contestualmente, spero al più presto, con la riduzione dell'indennità di carica e del vitalizio. Insomma diamo una risposta complessiva, così come la Presidenza del Consiglio regionale ci ha chiesto di fare e credo sia questa, o almeno così mi pare, la volontà unanime dei Gruppi consiliari.
Il tema oggi in discussione non riguarda soltanto la sovranità della Sardegna, pure importantissima. Credo che la sovranità diffusa sia nei fatti, ma la sovranità dei cittadini è proprio un valore fondante della Costituzione italiana; cittadini che noi dobbiamo ascoltare, che ci presentano istanze continue e sistematiche e che hanno bisogno di risposte. A mio avviso cinquanta è un numero equilibrato. Il rapporto 1 consigliere ogni 35 mila abitanti è sostenibile e probabilmente anche doveroso se guardiamo alla tendenza delle altre Regioni. La proposta del Partito Democratico in Sicilia, primo firmatario il collega e amico Giovanni Barbagallo, porta a settanta il numero dei consiglieri regionali, e parliamo di 6 milioni di abitanti; la Puglia va verso i sessanta consiglieri e ha 4 milioni di abitanti; la Liguria, 1 milione e 600 mila abitanti, passa a quaranta; l'Abruzzo, 1 milione e 300 mila abitanti, passa a quarantacinque e le Marche, 1 milione mezzo di abitanti, passano a quarantadue. Insomma credo ci sia un riequilibrio che va verso la tendenza che, in modo anomalo, quest'estate il Governo ha voluto indicare con la manovra finanziaria. La risposta che stiamo dando noi va, a mio avviso, nella direzione dell'autonomia della Regione Sardegna, ma è improntata al senso di responsabilità di noi consiglieri regionali. Anche se approviamo adesso questa legge, dovremo necessariamente fare la legge elettorale e la legge statutaria, insomma partire dal tetto nella nostra situazione, visto che abbiamo avuto un anno di tempo per fare le riforme e non le abbiamo fatte, credo sia la condizione che ci spinge, che ci stimola ad approvare anche le altre riforme.
Io penso però che il problema sia un altro; il problema riguarda fondamentalmente il nostro rapporto con gli elettori e il concetto di rappresentanza, che in qualche modo va rivalutato. Concetto di rappresentanza che sicuramente, lo hanno detto altri prima di me, non si esaurisce semplicemente nel numero dei consiglieri regionali o nell'affidare - passatemi il termine - più cittadini a un singolo consigliere regionale. Probabilmente deve cambiare anche il nostro atteggiamento nel rapporto sistematico con i cittadini, ai quali dobbiamo rendere costantemente conto della nostra azione; i cittadini vanno coinvolti, perché se c'è un distacco tra la classe politica e gli elettori questo è probabilmente dovuto al fatto che non coinvolgiamo abbastanza i cittadini, che non facciamo in modo che attraverso le loro proposte, le loro critiche, la loro azione doverosa e principale di controllo del nostro operato siano messi nelle condizioni di agire. Forse tutti noi a volte diventiamo un po' autoreferenziali.
Insomma dobbiamo offrire occasioni, anche come Consiglio regionale, di apertura alla società per un rapporto di tipo programmatico perché su base programmatica siamo stati eletti, di tipo democratico perché il nostro lavoro deve essere accompagnato da un sistema di reciprocità nel territorio, che deve tenere conto naturalmente dell'azione che svolgiamo e dell'apporto che i cittadini devono dare alla nostra azione, e di tipo etico-morale perché dobbiamo far sì che anche il nostro modo di stare all'interno del Consiglio regionale sia regolato da un lato dalla trasparenza, dall'altro dall'idea che il rapporto con i cittadini non può esaurirsi semplicemente con la soddisfazione di quelli che si chiamano favori, clientele, interessi personali. Credo che ci voglia una svolta nel cercare di dare risposte complessivamente come Consiglio regionale ai cittadini.
Mi hanno sorpreso alcuni interventi, lo dico con onestà, in particolare l'intervento dell'onorevole Dedoni e quello dell'onorevole Maninchedda. L'onorevole Dedoni dice: "Si fanno troppe mozioni, questo Consiglio regionale fa solo mozioni e ordini del giorno, non fa leggi". Mi chiedo di chi sia la responsabilità, mi chiedo se ci sia una maggioranza che fa proposte di legge, che orienta il Consiglio regionale, che cerca di dargli un indirizzo, oppure se voi colleghi della maggioranza non ne facciate parte. Mi chiedo, insomma, se qualche volta possiamo scindere le responsabilità. Onorevole Maninchedda, nell'ordine del giorno che anche noi abbiamo proposto sulla revisione dello Statuto, ovvero del patto costituzionale con lo Stato, per tentare di intervenire immediatamente nella fase di riforma dello Stato e della Repubblica in senso federale, chiedevamo semplicemente di modificare la Costituzione italiana, di cui lo Statuto sardo è parte, anche con un solo articolo. Ma dov'è l'autorevolezza? Dov'è la forza di questa maggioranza e del presidente Cappellacci? E' mai possibile che non riusciate a capire, voi che siete in maggioranza, che ci sono delle responsabilità che appartengono a voi e non alla minoranza e hanno segnato il cammino di questi due anni e mezzo? Lo hanno capito tutti, possibile che non riusciate a distinguerlo nei vostri interventi? Non ce la si può prendere sempre con il mondo! Qualche volta bisogna fare autocritica e capire che un partito non può essere all'opposizione e in maggioranza contemporaneamente, ma deve scegliere da che parte stare.
Dovremo predisporre un ordine del giorno che stabilisca delle regole, fissi dei paletti per quanto riguarda la rappresentanza dei territori, la rappresentanza di genere, la rappresentanza delle forze minori, l'eliminazione immediata del listino, e quindi dei nominati, anche dalla nostra legge elettorale. Fare una legge elettorale tutta nostra che in qualche modo sia in linea con la volontà degli elettori credo sia un dovere. Così come è un dovere, presidente Lombardo, fare in modo che le nuove Commissioni siano immediatamente insediate. Capisco che non si blocca l'attività del Consiglio regionale, perché le Commissioni possono comunque riunirsi, però lei mi insegna che c'è un articolo del Regolamento, mi pare il numero 29, comma 2 - mi corregga se sbaglio -, che dice che le nuove Commissioni devono essere rinnovate trenta mesi dopo l'insediamento del Consiglio. Trenta mesi sono già trascorsi e credo che bisognerà fare in modo che la prossima volta che si convocano le Commissioni per insediarle, le stesse vengano effettivamente insediate, al di là dei problemi della maggioranza. C'è un Consiglio regionale che attende, c'è una Sardegna che attende e non possiamo bloccarli perché la maggioranza litiga. La Sardegna non aspetta, così come non aspetta il presidente Cappellacci, anche oggi assente dall'Aula.
Concludo dicendo che oggi è il giorno dei fatti e credo che la riduzione del numero dei consiglieri regionali, accompagnata dalla riduzione delle nostre indennità e da una nuova interpretazione del ruolo di ciascun consigliere e del Consiglio regionale nella sua interezza, sia un dovere da adempiere il prima possibile.
PRESIDENTE. Onorevole Bruno, lei ha già detto nel suo intervento che nonostante siano scaduti i trenta mesi, l'operatività delle Commissioni non viene meno perché non sono decadute, quindi sarebbe opportuno non parlare di blocco del Consiglio e della Sardegna che non può aspettare. Vediamo tutte le cose nella giusta misura. Guardando ai precedenti, non si è mai rispettato il termine dei trenta mesi; ci sono stati a volte anche più di due mesi di ritardo, quindi siamo pienamente in linea, l'importante è che l'operatività delle Commissioni sia garantita.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Pittalis. Ne ha facoltà.
PITTALIS (P.d.L.). Avevo qualche perplessità se intervenire, perché mi pare un esercizio ripetitivo rispetto alle cose che sono state già dette nel corso del dibattito che aveva a oggetto un analogo provvedimento che prevedeva, nella sostanza, la riduzione da ottanta a cinquanta del numero dei consiglieri regionali. Quel numero è stato corretto in sessanta. Differisce la forma perché di questo argomento se n'era occupata prima la Commissione autonomia, con un voto all'unanimità dei presenti, oggi si è ritenuto, con un accordo che valuto in termini positivi tra i Capigruppo di maggioranza e di opposizione, di adottare una procedura abbreviata e di portare la questione direttamente in Consiglio.
Una cosa è certa: fuori di questo palazzo i sardi forse capiscono poco di quello che stiamo facendo e che abbiamo fatto. Se questo è un modo per recuperare credibilità all'esterno direi che è un passo avanti sicuramente, ma nell'ottica di chi aveva portato quella originaria proposta in Aula discuterla significava aprire una fase di riforme nella quale era ben coinvolta anche tutta l'opposizione. E non è un caso se si reputò, d'accordo tutti, di indicare nel Vicepresidente della Commissione addirittura colui che doveva coordinare il processo per la riscrittura dello Statuto. E' chiaro che con la regola che questo Consiglio si è dato sul lavoro delle Commissioni, che viene limitato a due giorni alla settimana, in termini non solo quantitativi ma anche qualitativi ne va veramente della produzione legislativa. Questo in termini generali, immaginiamoci se ci si deve occupare di legge statutaria, di riforma dell'ordinamento degli enti locali o di riforma dello Statuto quanto sia assolutamente restrittiva e per certi versi, sotto il profilo della funzionalità, inadeguata la possibilità di lavorare da parte della Commissione. Lo dico veramente in termini costruttivi e non polemici, per la prospettiva futura, raccogliendo qualche proposta che è già venuta, ora non ricordo esattamente da chi, ma forse su questi temi è bene che una deroga venga accordata per consentire alla prima Commissione di poter lavorare in materia di riforme senza soluzione di continuità fino a che non si esauriscano gli argomenti, ovvero, per fare alcuni esempi, la legge statutaria, la legge elettorale, la legge sull'ordinamento degli enti locali, provvedimento anch'esso atteso.
Questo provvedimento è sicuramente un passo avanti, pur nella generale ipocrisia, direi, che contraddistingue anche questo dibattito, perché ricordo che nella tornata precedente era difficile - si leggano gli interventi svolti in quest'Aula - trovare qualcuno che si facesse paladino dell'ipotesi formulata dalla Commissione. Se il problema era quello di portare il numero dei consiglieri da cinquanta a sessanta sarebbe bastato fare un piccolo emendamento, come in effetti era stato fatto. Il fatto è che si è voluto scaricare su chi, in maggioranza così come nell'opposizione, ha lavorato per fare sintesi politica delle diverse posizioni. Badate, io sono convinto assertore della necessità di ridurre il numero dei consiglieri, quindi non devo chiedere la patente a nessuno, ma sono ulteriormente convinto che il provvedimento approvato da quest'Aula che demanda alla legge statutaria la possibilità che sia il Consiglio regionale stesso a decidere su questa materia, e dunque evitando passaggi costituzionali che ci obbligano a rivolgerci sempre a Roma, sia improntato a uno spirito autenticamente autonomistico.
Io non mi scandalizzo, anzi ritengo che quella sia da questo punto di vista una soluzione assolutamente accettabile che deve fare il suo percorso, perché non riguarda la riduzione del numero dei consiglieri. Mi auguro, e sono d'accordo con l'onorevole Cuccureddu, che quella legge venga spedita a Roma, perché è un deliberato del Consiglio e non si porrà in contrasto con il provvedimento che ci accingiamo ad approvare, che riguarda soltanto l'aspetto della riduzione del numero dei consiglieri, cioè non impedisce, secondo lo Statuto attuale e il meccanismo di revisione costituzionale, nella previsione che questo Consiglio regionale si è dato, che sia l'Assemblea sarda stessa ad assumere una determinazione in questo senso. Questo mi pare un esercizio di autentica sovranità che non toglie assolutamente nulla alla questione della riduzione del numero dei consiglieri regionali che oggi si dibatte, sulla quale vivaddio (come dice un antico brocardo, meglio tardi che mai!) questo Consiglio ha la possibilità di tornare sui propri passi.
E' stato detto però in maniera convincente, e io sono assolutamente d'accordo, che oggi probabilmente dobbiamo porci il problema di ragionare con assoluta serenità e di capire le cose che effettivamente possiamo fare in questa legislatura. E' stata un fallimento la scorsa legislatura dal punto di vista delle riforme, perché non se n'è fatta alcuna (l'unica che è stata fatta è stata bocciata). Mi pare che se non vogliamo perdere un'opportunità questa seconda parte della legislatura dovremo utilizzarla al meglio, ma consapevoli di poter fare alcune cose e non altre, perché è inutile nasconderci dietro un dito: esistono problemi all'interno di ogni schieramento, non c'è una convinzione diffusa né sulla necessità di promuovere un processo riformatore né soprattutto sul merito delle riforme, perché quando si affronta questo tema emergono i distinguo, le diversità, le naturali distanze, com'è giusto che sia e come capita tra i partiti della maggioranza e dell'opposizione. Qualche volta sarebbe meglio far cadere lo steccato pregiudiziale e ideologico che spesso si frappone nel confronto tra maggioranza e opposizione.
Negli anni passati, e qui parlo a titolo personale, io ero convinto assertore della scelta dell'Assemblea costituente. Ho poi rivisto questa mia posizione non perché mi abbia convinto qualcuno, ma perché ritenevo che un processo riformatore probabilmente poteva essere portato avanti dal Consiglio in questa legislatura. Mi devo ricredere da questo punto di vista, lo dico senza retorica, sottolineando che probabilmente un organismo esterno a questo Consiglio (chiamatelo come volete, magari lasciando perdere il nome altisonante e pomposo di Costituente) sarebbe più indicato. Il senso è che questo Consiglio ha dimostrato eccesso di referenzialità e allora su questo forse dovremmo tutti meditare, perché ha ragione qualcuno quando dice che dello Statuto noi stiamo semplicemente affrontando un aspetto importantissimo, ma molto limitato, che è quello della riduzione del numero dei consiglieri, lasciando invariato tutto il resto, compreso il tema di una rivisitazione della nostra specialità e della nostra autonomia che vanno sicuramente rimeditate. C'è chi pensa a una sovranità, come abbiamo sentito stasera, chi a un senso forte, marcato, dico io, di autorevolezza, quell'autorevolezza che una Regione autonoma come la nostra deve recuperare. Ecco perché ritengo che sia davvero troppo angusto l'emiciclo di quest'Aula, e ancor più quello della prima Commissione, per poter andare avanti nell'ottica di una riscrittura dello Statuto.
Quindi, ripeto, lo dico a titolo personale, mi convinco sempre di più che l'incapacità riformatrice che questo Consiglio ha dimostrato per certi versi induca almeno sulla questione della riscrittura dello Statuto a rivedere l'ipotesi di un organismo esterno. Lo dico anche perché il fatto che questo Consiglio regionale non sia stato capace, in questi due anni e mezzo, neppure di ipotizzare una riforma del proprio Regolamento interno la dice tutta. Noi non abbiamo assolutamente ipotizzato neppure un percorso riformatore del nostro Regolamento interno! L'onorevole Antonio Solinas invocava l'abolizione del voto segreto; questa è una delle questioni, ma noi siamo ancora vincolati da un Regolamento tanto vecchio quanto obsoleto che probabilmente andava bene in altri contesti e che oggi, appunto, non tiene assolutamente conto dell'evoluzione che c'è stata. Dunque non so se siamo ancora in grado di mettere mano alla riforma del Regolamento, almeno perché entri in vigore nella prossima legislatura.
Ritengo inoltre che sia assolutamente indispensabile, a Statuto vigente, completare il lavoro che è stato già fatto in prima Commissione sulla legge statutaria e ipotizzare una legge elettorale che si limiti, perché è inutile fare tante acrobazie, a eliminare la stortura rappresentata dal listino regionale, assegnando lo stesso numero di rappresentanti del listino ai territori, in modo da irrobustire le espressioni territoriali e dunque dare loro maggiore rappresentanza, non perché chi è eletto oggi nel listino non ne abbia, per carità, ma molti degli stessi colleghi eletti nel listino sono convinti di questo ragionamento, che sicuramente crea anche per loro la possibilità di un più attinente riferimento al territorio.
Sono stati richiamati, nel corso del dibattito, anche alcuni profili che attengono ai costi della politica. Io penso che se noi ipotizzassimo la riduzione del numero dei consiglieri soltanto nell'ottica del contenimento dei costi della politica commetteremmo un grandissimo errore, perché allora avrebbe ragione chi chiede a gran voce che con la riduzione del numero dei consiglieri si ipotizzi anche la riduzione di tutta quella pletora di personaggi che ruotano ai margini, vicini o comunque collateralmente alla politica e che, guarda caso, molte volte fanno da cassa di risonanza. Sono quelli che prendono il microfono per puntare il dito appunto contro la classe politica!
E allora io penso che l'occasione sarà rappresentata dalle prossime leggi finanziaria e di bilancio, perché inizieremo davvero a non fare più sconti a nessuno, né a chi si ammanta di rappresentare categorie sociali né a chi ancora fuori di questo palazzo usufruisce di privilegi ben più gravosi per le tasche dei contribuenti di quelli di cui usufruiscono i consiglieri regionali. Ecco perché sui costi della politica ritengo che il P.d.L. abbia le carte in regola per confrontarsi in un dibattito leale, sereno, senza fughe in avanti, senza demagogia. Oggi c'è bisogno certamente di risanare i bilanci, ma anche di ridare autorevolezza alla rappresentanza politica e a questa Assemblea nel suo complesso. Noi saremo molto attenti e rigorosi perché quando si pone il problema di tagliare le indennità intanto bisognerebbe iniziare, per essere molto chiari, dal taglio di tutto ciò che è in più rispetto a quello che ordinariamente si dovrebbe percepire. Solo in questo senso assumerebbe credibilità qualunque tipo di proposta che noi attendiamo anche dall'Ufficio di Presidenza, perché se c'è la capacità seria e congrua, e non semplicemente di facciata, di autoridursi le indennità supplementari, allora si può ipotizzare di toccare anche le indennità dei consiglieri. Altrimenti tutto rimane avulso dalla demagogia che mi pare davvero in questo dibattito ancora aleggi.
PRESIDENTE. Onorevole Pittalis, sono convinta che non sia né corretto né onesto cercare alibi per giustificare la scarsa produttività delle Commissioni…
PITTALIS (P.d.L.). Io non ho nessuna intenzione di sentire la lezione, me ne vado!
PRESIDENTE. Onorevole Pittalis, lei è libero di non ascoltare, vada pure.
Dicevo che non è né serio né onesto cercare alibi per giustificare la scarsa produttività delle Commissioni, compresa la Commissione autonomia, perché per garantire una maggiore funzionalità, visto e considerato che numerosi consiglieri regionali fanno parte di due Commissioni e non possono assicurare la contemporanea presenza in entrambe, si è deciso di suddividere il lavoro in due giornate lavorative alla settimana. Non si può invocare la possibilità di lavorare tutta la settimana se poi non si utilizzano interamente neanche quelle due giornate, tant'è che quando una di queste giornate ricade di venerdì sovente le Commissioni non vengono convocate. Per cui bando alle ipocrisie!
Peraltro l'Ufficio di Presidenza ha fatto una proposta congrua che è all'attenzione dei Gruppi dal 12 settembre e che riguarda tutte le indennità. Se qualcuno pensa di scaricarsi la coscienza facendo ricadere il taglio ai costi della politica esclusivamente sulle indennità di carica sappia che questo problema è all'attenzione di tutti e sarà l'Ufficio di Presidenza a dare per primo un segnale in questo senso, come ha sempre fatto. Abbiamo parlato anche con i fatti nella scorsa legislatura.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Gian Valerio Sanna. Ne ha facoltà.
SANNA GIAN VALERIO (P.D.). Mi capita sempre di dover parlare in un momento un po' strano. Sinceramente, Presidente, ho accolto la sollecitazione del Capogruppo a intervenire, in quanto questo non è un argomento che mi affascina particolarmente. Sembriamo in una condizione di sproporzionata cerimoniosità; molti di noi hanno introdotto questo argomento con le parole "dopo la brutta pagina che abbiamo scritto". Perché, le altre pagine non erano brutte? E' solo questa la pagina brutta di questa Regione? C'è forse qualcuno che non aveva avvertito - è da due anni a questa parte che noi lo diciamo - che non si poteva onorare la funzione legislativa con attività che non tenessero conto del principio di precauzione e di lungimiranza?
Adesso è per me complicato dire che dobbiamo rispondere alle esigenze della gente. Da un certo punto di vista mi sono un po' consolato, perché rileggendo l'altro giorno il terzo canto dell'Inferno ho pensato: con i miei colleghi ci rivedremo tutti all'inferno, tra gli ignavi. Ci rivedremo, sarà un brevissimo distacco, ci ritroveremo lì perché tutti hanno capito che noi non stiamo realizzando ciò che è all'altezza della nostra funzione. Sono convinto che si tratti di problemi di adeguatezza delle istituzioni - che riguardano anche l'onorevole Porcu, così come riguardano me - e non delle istituzioni regionali in quanto tali, ma di tutto il sistema delle istituzioni, nel contesto di una crisi assai più cronica e grave anche di quella che si verificò negli anni '20 negli Stati Uniti d'America, che avevano però una capacità diversa di sapersi rialzare e rimettere in cammino. Cioè nella condizione di gravità del nostro sistema istituzionale non credo ci voglia un'intelligenza superiore alla media per capire che anche noi dobbiamo, nel nostro insieme, rimettere a posto e riportare a coerenza la macchina della rappresentanza istituzionale, che ovviamente si è allargata per dei vezzi sbagliati e perché la politica è andata via via perdendo la sua funzione di interpretazione e decisione tramutandola in gran parte - e di questo siamo tutti responsabili e corresponsabili - in una riproduzione di posti di potere messi a disposizione come compensazione per la mancata legittimazione elettiva. Questo è avvenuto. Io avrei preferito molto di più che in questi casi, in silenzio e consapevolezza, un gruppo di saggi - che è presente in tutti gli organi collegiali, l'Ufficio di Presidenza magari - si fosse fatto carico di assumere, anche con la mia delega, le decisioni che sono da prendere, ma senza aprire discussioni.
Che noi ci dobbiamo ridimensionare lo capiscono tutti, ma basta questo? Fra qualche giorno discuteremo di una cosa inutile, come il piano casa di cui state parlando voi o come tutte le altre leggi che abbiamo approvato fino a oggi, portando con le inutilità e le clientele il potenziale attuativo del bilancio regionale pressoché a zero, quindi incapace di essere utile. Possiamo però consentire che ci sia gente fuori di qui che beneficia dei contributi della Regione per le proprie attività di rappresentanza generale e poi sui giornali ci faccia le pulci sui costi della politica? Nessuno dice niente?
Io credo che ci sia un difetto di programma. Che cosa vuol dire, collega Zuncheddu? Proviamo a moralizzare dimezzando i nostri stipendi? Può essere, ma se qui dentro, dimezzando i nostri stipendi, rimangono in maggioranza coloro che tra noi riscaldano la sedia abbiamo moralizzato? Purtroppo il riscaldamento della sedia è una pratica diffusa, non solo qua, ma ovunque! Ecco perché ci ritroveremo in mezzo agli ignavi, cioè perché oltre alla colpa di non essere all'altezza della nostra funzione abbiamo anche la colpa di divulgare sulla Rete, di inculcare nell'opinione pubblica l'idea che qui dentro stiamo gareggiando per prenderci il Nobel consiliare! E sì, facciamo a gara a chi la spara più grossa, più nobile, più altezzosa. Andate a vedere che cosa c'è sulla Rete, che cosa è stato scritto in questi ultimi due o tre mesi, la corsa allo scoop, a chi spara più in alto. Ecco perché siamo qui con la paura di rimetterci tutti sulla stessa linea, con la paura che qualcuno scavalchi gli altri alla partenza. Volete vincere? Andate avanti di dieci chilometri, non ci interessa, perché tanto vi raggiungeremo. Vi raggiungeremo noi che vi stiamo dicendo da tempo che non basta fare queste sceneggiate, che bisogna rimettere in linea la funzione della politica con i bisogni della gente e liberarsi di piani e leggi che anche i più diretti interessati giudicano inutili. Noi stiamo pagando la nostra inutilità, e l'inutilità varrà sia che siamo ottanta sia che siamo sessanta o persino quaranta.
Vorrei dire una cosa al collega Pittalis: molte volte ci si domanda perché proprio in questo momento è scoppiata questa polemica, perché la gente, la pancia della gente chiede adesso soddisfacimento? Non lo poteva chiedere nella scorsa legislatura? Qualche spiegazione c'è: nella scorsa legislatura, collega Pittalis - lei che ha detto che il centrosinistra non ha fatto praticamente nessuna riforma - noi eravamo impegnati a fare la legge statutaria (e l'abbiamo fatta), la riforma della legge numero 25 sugli enti locali, la legge numero 9 sul trasferimento delle competenze agli enti locali, la riforma delle comunità montane e delle unioni di comuni, il Piano paesaggistico regionale, la legge urbanistica, la riforma degli enti in agricoltura e nell'industria, la riforma delle agenzie dell'edilizia pubblica popolare, il Piano per il turismo sostenibile, la riforma degli enti che gestiscono le dighe, la riforma dei consorzi di bonifica, la riforma dell'ARST e del trasporto pubblico locale. Quando il Consiglio regionale è occupato prevalentemente da questo insieme di cose credo che nessun cittadino si possa permettere con dovizia di riscontri di affermare che qui dentro si scaldano le sedie. Mi pare evidente. Ciò che è cambiato dalla scorsa legislatura è questo. So che vi dispiace sentirlo dire, ma io non lo dico perché ho partecipato alla scorsa legislatura, bensì perché cerco di distaccarmi dai fatti e di vedere che cosa è successo in questo lasso di tempo. Ci sono certamente errori, difetti e imperfezioni dentro i processi di comunicazione con la società, però quando la politica si esprime in maniera visibile e anche impopolare, quando la capacità direttiva della politica, la capacità di fare, di proporre e di andare avanti esiste che motivo ha la gente per attaccare la politica? Può attaccare il merito delle questioni, non condividere i passaggi delle norme di salvaguardia, ma non può attaccare la politica, perché la politica sta facendo esattamente quello che deve fare, cioè cercare soluzioni nell'interesse generale e astratto. Con tutti i limiti, certo.
Noi nella scorsa legislatura, credo tutti insieme, compresa la minoranza di allora, abbiamo collaborato a questo obiettivo, non abbiamo dato il tempo a che nella società crescesse il germe della ripulsa della politica. Quel germe è nato perché ha trovato un terreno fertile, questa è la verità, e se dopo questo passaggio non cambiamo il terreno di coltivazione della politica saremo punto e a capo. Ecco perché per me la cosa più intelligente che può fare un'assemblea parlamentare è delegare un gruppo di saggi, che normalmente sono quelli che assumono le loro responsabilità nei Gruppi, nella rappresentanza consiliare, a compiere silenziosamente e adeguatamente il dovere di commisurare questa istituzione alle esigenze del tempo. Noi invece dobbiamo provvedere a eliminare le difficoltà dei comuni a svolgere le loro funzioni, dare loro le risorse che servono per sostenere i servizi, tenere alti la spesa e i consumi, cercare le vie d'uscita, tutte nostre, di un programma che possa indicare una direzione di ripresa per quest'Isola. Ecco perché dietro questo ragionamento c'è anche, perdonatemi, un atteggiamento di svendita troppo al ribasso del valore della nostra autonomia. Si potrebbe obiettare: sono i costi della politica, della funzione della politica. Vi potrei domandare: pensate che nel 1948 fossero tutti così cretini da non pensare che la conformazione del parlamento della Sardegna doveva rispettare i criteri del buon gusto, della proporzione e dell'adeguatezza? Sapete che allora, piuttosto che parlare delle idiozie di cui sentiamo parlare oggi, soprattutto nei siti Internet, si diceva che il numero dei parlamentari doveva corrispondere alla garanzia che tutti i ceti sociali, indipendentemente dal censo e dalla capacità di reddito, potessero indistintamente accedere alla funzione di governo della cosa pubblica? Oggi queste operazioni al ribasso fatte sulla base dei costi creeranno la condizione per cui tanto più si restringerà questo spazio numerico tanto più crescerà il godimento delle oligarchie finanziarie ed economiche della nostra società, al punto che se quella proposta nefasta, sciagurata, improvvida e incalcolabilmente non rubricabile del Governo nazionale di portare a trenta il numero dei consiglieri regionali della Sardegna si realizzerà sarà sufficiente che le dieci persone più ricche della Sardegna si mettano d'accordo ed eleggeranno da sole l'intero Consiglio regionale. Pensate davvero che lo eleggerebbero per il bene di tutti? Nel 1948, quando si decise il numero dei consiglieri si pensò a scongiurare le oligarchie di potere e a garantire che tutti i cittadini di tutti i territori, dei luoghi più impervi e lontani, avessero l'opportunità di partecipare al governo straordinario di questa nostra Isola. E fissarono le indennità secondo un meccanismo che non pretendeva di autodeterminarle per dimostrare la statura del parlamentare regionale, ma semplicemente dicendo che sul piano costituzionale c'era un legame indissolubile fra il riconoscimento dell'indennità del parlamentare nazionale e quello dell'indennità del parlamentare regionale, e la proporzione era ritenuta giusta. Ma sapete perché l'avevano stabilito in questo modo? Esemplificando si potrebbe dire che in Italia ci sono ancora due categorie che godono del privilegio di stare al vertice della piramide retributiva della nostra società: i manager, che devono rispondere del risultato e prendono tanto perché devono dare un risultato di livello adeguato ai compensi che ricevono, e i parlamentari perché a loro deve essere garantita la libertà di coscienza. Voi mi direte che oggi non è così perché ci sono larghissimi fenomeni di corruzione. E' vero, ma non perché c'è qualche fenomeno di corruzione buttiamo via anche il principio, al punto che eliminando il problema ci allineiamo tutti verso il basso e così può accadere che la corruzione dilaghi in maniera corale. Pensate davvero che sia questa la strada? Non è anche importante che la funzione politica, l'autonomia nel gestire i rapporti con il proprio elettorato, nel fare attività di divulgazione e di partecipazione della politica rappresentino un costo che deve essere legittimamente pagato e non compensato in maniera illegale, nascosta o frutto di corruzione? Dobbiamo stare attenti perché certi fenomeni innescano altri fenomeni, ma la ratio di quei pensieri erano proprio queste idee, non le azioni sbrigative di chi scrive su Internet: "Mi farò promotore di una rivoluzione". La faccia, si salverà la coscienza, ma non salverà il diritto di questa istituzione di avere una visione più collettiva e globale.
Inoltre, collega Pittalis, noi dovremmo ritrovare la sobrietà della nostra funzione, come per esempio evitare - lo dico perché è davanti a me adesso l'assessore Cherchi - di continuare a raccontare balle alla gente pensando di rinviare i problemi da un mese all'altro. Dobbiamo dire la verità e se la verità è brutta diciamo che è brutta e che non ci sono risorse. La gente ci capirà di più e ci incoraggerà a ritrovare assieme le ragioni delle possibili soluzioni.
CHERCHI (P.d.L.), Assessore dell'agricoltura e riforma agro-pastorale. Che balle ho detto io?
SANNA GIAN VALERIO (P.D.). Sono abbastanza numerose, adesso non mi sovvengono tutte, però insomma lei va…
CHERCHI (P.d.L.), Assessore dell'agricoltura e riforma agro-pastorale. Non è che pensi che siccome le racconti tu le balle le raccontano anche gli altri?
SANNA GIAN VALERIO (P.D.). Tutti, tutti, anche noi!
CHERCHI (P.d.L.), Assessore dell'agricoltura e riforma agro-pastorale. Impari a essere gentile con i colleghi!
SANNA GIAN VALERIO (P.D.). Certo, ma era per fare un esempio. Siccome adesso sono arrabbiatissimi gli agricoltori…
(Interruzione dell'assessore Cherchi)
SANNA GIAN VALERIO (P.D.). No, non ti preoccupare!
Io penso inoltre che vada disinnescata la proporzione un po' ragionieristica che si propone: numero di eletti rispetto al numero di abitanti. E' una cosa che andrebbe bene per le Regioni a statuto ordinario, io pretenderei una visione leggermente diversa, però è anche quello un criterio. Quando c'è povertà di idee può darsi che venga in mente solo quello, però io avrei analizzato, per esempio, in che modo il meccanismo elettorale è in grado di garantire una partecipazione corale al governo e come interviene il fattore di garanzia della parità di genere, perché non sarà facile poi realizzarla. Tra l'altro, siccome io ho partecipato alla redazione della scorsa legge elettorale, che ha avuto un effetto disastroso in Aula, fu infatti bocciata, penso sinceramente di astenermi dal collaborare alla stesura della prossima legge elettorale, per una questione di scaramanzia, però vi segnalo che ci sono dei meccanismi che sembrano automatici, ma che sul piano dell'applicazione generano un'interferenza l'uno con l'altro e non sempre la legge elettorale è in grado di tenerli in equilibrio. Io penso, per esempio, che dobbiamo introdurre il sistema della doppia preferenza che garantisca la parità di genere e stimoli il ruolo fattivo dell'elettore nell'indicare una scelta precisa nei confronti del genere femminile o maschile, però il problema è un altro. E' stato detto: adesso facciamo la legge elettorale e poi la legge statutaria. Peccato - l'assessore Floris lo sa - che la statistica sia tutta contro di noi! In due anni e mezzo infatti non abbiamo fatto praticamente niente; per aver approvato poche leggine di un articolo ci è venuto il mondo addosso e abbiamo dovuto correggerle. Per la verità il presidente Floris sin dall'inizio, dai primi mesi della legislatura, pose il problema delle riforme. La maggioranza allora ci disse: "Noi dobbiamo sentire le nostre segreterie di partito". Noi - l'Assessore lo può confermare - rispondemmo semplicemente: noi non abbiamo da interpellare nessuno. Siamo qui per fare le riforme, perché per questo ci hanno dato il mandato gli elettori, che altra autorizzazione dobbiamo avere? E lì si perse un po' di tempo.
Adesso che cosa pensate di fare? Siete stati miracolati? Pensate che Padre Pio possa fare qualcosa? Fateci sapere che cosa è intervenuto nel frattempo, perché sarà molto complicato con questo clima trovare una soluzione. La statistica, ripeto, ci è contro. Serve un cambiamento di rotta, ecco perché la legge in esame ci salverà in parte, ma non ci salverà dall'incontrarci probabilmente all'inferno. Memori di questo provate a pensare che anche se avete eletto Cappellacci voi potete esistere a prescindere da lui e che la vostra coscienza potrà essere in pace con se stessa se riuscirete a prescindere da lui.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Cuccu. Ne ha facoltà.
CUCCU (P.D.). Presidente, Assessori, colleghi, sembra che siamo tutti d'accordo sulla necessità di ridurre il numero dei consiglieri regionali. Sicuramente quasi tutti, se non tutti, riteniamo che il numero dei consiglieri regionali sia eccessivo, ma bisogna, secondo me, che ragioniamo anche sul parametro da prendere in considerazione per definire l'eccesso. Dire che ottanta consiglieri sono eccessivi senza stabilire un parametro forse non ci fa capire dove dobbiamo arrivare.
L'onorevole Sanna ha citato sicuramente meglio di me il ragionamento fatto a suo tempo dai componenti dell'Assemblea costituente, che si basava su un criterio demografico, ovvero un consigliere regionale ogni 20 mila abitanti. Questo è il ragionamento che si fece allora per cercare di rappresentare tutti i ceti sociali, tutte le zone della Sardegna, e infatti il primo Consiglio regionale era composto da sessanta consiglieri. Poi il boom demografico degli anni '60-'70 ha progressivamente aumentato il numero dei consiglieri, che nel 1984 erano addirittura 81. Nel 1986 si sterilizzò il dato demografico bloccando il numero dei consiglieri agli ottanta attuali.
Oggi, come ho detto all'inizio, siamo tutti o quasi tutti d'accordo sulla riduzione del numero dei consiglieri, quello su cui però dobbiamo ragionare è il numero che si ritiene congruo. Congruo rispetto a che cosa? In questi ultimi mesi, secondo me, in maniera anche distorta, se n'è parlato nell'ambito delle misure di contenimento della spesa pubblica. Ecco, la congruità è determinata dalla spesa, senza che poi si definisca, ovviamente, qual è la spesa congrua, quindi il solo obiettivo è quello di risparmiare. Io penso invece che il ragionamento debba essere spostato su un altro livello, che non deve essere solo ed esclusivamente quello del risparmio. Nel merito del risparmio, ovvero del contenimento dei costi della politica, e non dei costi della democrazia, che sono ben altra cosa, ci entreremo e dovremo farlo in maniera ragionata.
Io penso che la definizione esatta o perlomeno la definizione che riteniamo più congrua del numero dei consiglieri debba essere fatta declinando in chiave moderna e più aggiornata la rappresentanza politica, in rapporto anche alla demografia della nostra Isola; declinazione che però non deve essere statistica, ma deve essere attualizzata sulla base della funzione del consigliere regionale. Se facessimo un ragionamento meramente statistico avremmo che la rappresentanza attuale non è dissimile dal rapporto preso a base dall'Assemblea costituente. L'Assemblea costituente aveva previsto un consigliere in ragione di 20 mila abitanti, oggi con 1 milione e 600 mila abitanti saremmo perfettamente in linea con quel dato demografico e statistico. Se invece teniamo conto delle mutate condizioni in cui si svolge il mandato del consigliere regionale possiamo fare altri ragionamenti. Oggi cioè gli strumenti a disposizione ci consentono di interloquire con un maggior numero di cittadini; strade e mezzi di trasporto, pure inadeguati, consentono sicuramente spostamenti più agevoli rispetto a sessant'anni fa; gli strumenti di informazione, ovvero la radio, la TV, i mass media, la rete telematica consentono contatti in contemporanea con un crescente numero di persone. C'è poi un altro strumento che deve tener conto del ruolo che stiamo esercitando, ed è il controllo dei cittadini che unitamente all'accresciuta coscienza civica ha reso possibile una maggiore interazione tra gli eletti e gli elettori. In ragione di queste considerazioni oggi un numero elevato di consiglieri regionali non è più indispensabile, cioè non sono più indispensabili ottanta consiglieri regionali. Pertanto penso che bene abbia fatto lei, Presidente, a fare appello al senso di responsabilità di tutti noi e bene abbiano fatto i Capigruppo a trovare un'intesa sulla riduzione del numero dei consiglieri regionali. Il senso di responsabilità lo si misura però non solo con questi appelli, ma anche con il nostro atteggiamento, perché se sul ragionamento prevalgono le scorribande, se col voto segreto si cerca di nascondere le responsabilità, se addirittura si usa il sospetto per regolare conti interni ai Gruppi o ai partiti allora si perde il vero senso di questa legge e si utilizzano quegli strumenti per fare altro.
Io penso che una legge come questa un senso ce l'abbia, che è quello di contribuire a rimettere in sintonia eletti ed elettori. Il ruolo del Consiglio regionale, il ruolo dei consiglieri regionali va cioè attualizzato. Oggi c'è questa esigenza. Se così non fosse allora l'insofferenza dei cittadini non sarebbe più giustificata con il numero dei consiglieri. Se noi non facessimo questo l'insoddisfazione dei cittadini non sarebbe motivata dall'elevato numero dei consiglieri, ma sarebbe motivata da altro, sarebbe cioè motivata dalla nostra insufficienza. Allora io dico con chiarezza intanto che sono favorevole alla riduzione del numero dei consiglieri regionali, ma per fare questo, onorevole Maninchedda, ci vuole un passaggio parlamentare, è la nostra Costituzione che ce lo dice. Posso anche seguirla nel suo ragionamento, ma fino a un certo punto, perché è vero che non ci viene riconosciuta una deroga, una rinegoziazione del patto di stabilità, ma è anche vero che il patto di stabilità andava rinegoziato. Altre Regioni l'hanno fatto, perché noi no? Noi abbiamo accettato di subordinare il rispetto del patto sulle entrate alle norme di attuazione; l'ha accettato il Consiglio regionale, mentre noi dell'opposizione sostenevamo che tali norme non erano necessarie. E' stato fatto questo passaggio, ma sapevamo dove saremmo andati a finire: le norme di attuazione non sarebbero state approvate.
Allora ristabiliamo un ordine nelle responsabilità perché approvando leggi di questa natura, parlando per tre settimane di questi argomenti rischiamo di nascondere le vere responsabilità. Parlando per tre settimane di riforme e di una leggina di un articolo, che avremmo potuto approvare in un quarto d'ora, facciamo una cortesia alla Giunta, nascondiamo il suo fallimento. Ecco perché dico: facciamo in fretta, perché abbiamo altro da fare. E' sufficiente, come ha proposto l'onorevole Gian Valerio Sanna, confrontare le leggi che abbiamo approvato in questi due anni e mezzo (leggi a favore di fondazioni, leggine del piffero e leggi finanziarie): dove sono le leggi di iniziativa della Giunta? Sarà forse vero che nella passata legislatura a volte la Giunta - e l'abbiamo denunciato - ha invaso le competenze del Consiglio, ma ha comunque interpretato il mandato elettorale, ha tradotto in disegni di legge quello che era il programma elettorale, li ha portati in Consiglio e quei disegni di legge sono diventati leggi. Se si raffronta quello che ha fatto il Consiglio (non la Giunta) nella passata legislatura con quello che ha fatto sino a oggi in questa legislatura si vede la differenza. E se si guarda anche a quello che si è fatto in questa legislatura su iniziativa della Giunta si capisce che comparire per tre settimane sulla stampa con provvedimento di questo genere serve solo a coprire i fallimenti della Giunta. Quindi, onorevole Maninchedda - non è in aula -, bisogna ristabilire l'ordine delle responsabilità.
E' chiaro che c'è un percorso da fare, non si può dire che stiamo affidando a Roma la modifica dello Statuto. Questo è il percorso che oggi abbiamo di fronte, perché è vero, possiamo anche affermare la nostra sovranità, ma nel frattempo dobbiamo fare quello che è possibile fare, quello che l'ordinamento attuale ci consente di fare. Ecco i confini della Costituzione ci consentono, con questa procedura, di approvare una proposta di modifica statutaria da trasmettere al Parlamento. Certo non basterà, lo sappiamo già, l'abbiamo detto e ripetuto, lo ripetiamo ancora oggi, perché la riduzione del numero dei consiglieri regionali va accompagnata dalla legge elettorale. Possiamo fare da subito, se lo vogliamo, perché l'articolo 15 dello Statuto ce lo consente, una legge elettorale che riconfermi il presidenzialismo, cioè l'elezione diretta del Presidente della Regione, una legge elettorale in senso maggioritario, che dia un premio di maggioranza a chi viene premiato dagli elettori, una legge elettorale che consenta la rappresentanza territoriale e abolisca il listino dei nominati, che non è più attuale, non è più in sintonia con la gente. Abbiamo appena raccolto 1 milione e 200 mila firme per abolire la legge "porcellum" che consente i nominati in Parlamento, non è pensabile che oggi noi manteniamo una legge elettorale che consente i nominati in Consiglio regionale. Possiamo fare una legge elettorale che non consenta di superare il numero massimo di consiglieri stabilito dallo Statuto, perché non è pensabile che si ripeta quello che è successo nella passata legislatura, quando il premio di maggioranza ha consentito di eleggere ottantacinque consiglieri, ma si potrebbe arrivare anche a novanta o a cento.
Ecco che una riduzione del numero dei consiglieri non è sufficiente, dobbiamo fare anche altro. Con chiarezza dico quindi che, oltre alla riduzione del numero dei consiglieri, che possiamo approvare anche adesso, i nostri comportamenti devono essere trasparenti. A tal proposito mi permetto, signora Presidente, e le chiedo eventualmente di investire della questione la Giunta per il Regolamento, di suggerire l'individuazione di una forma di revisione del voto segreto, che così come è consentito in questo Consiglio regionale non esiste in nessun'altra assemblea legislativa. Penso, ripeto, che se ne possa occupare la Giunta per il Regolamento. Il voto segreto va rivisto; non dico che debba essere completamente eliminato, perché va consentito per alcune tipologie di votazioni, però penso che per come viene utilizzato in questa Assemblea non sia più attuale. Comprendo bene la ragione per la quale è stato pensato sessant'anni fa, oggi i tempi sono diversi e non consentono più un uso spregiudicato del voto segreto. Per cui, qualora il voto segreto venisse chiesto - mi ha anticipato il collega Sabatini - nell'ambito delle votazioni di questa legge, mi vedrò costretto, mio malgrado, a sottrarmi ai miei doveri di rappresentante dei sardi e non esprimerò il mio voto. Sono condizionato, devo dirlo in quest'Aula, dagli insulti che ho ricevuto gratuitamente la settimana scorsa, dai sospetti che sono stati adombrati, e sarò costretto a non votare per non essere confuso con chi predica in un modo e poi pratica altri modi di agire. Sono dispiaciuto di dover dire queste cose, però purtroppo c'è chi utilizza, come dicevo prima, gli strumenti più nobili e anche gli argomenti più nobili, che sono quelli che consentono di entrare in sintonia con la gente, per fini che non sono sicuramente nobili.
PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Ladu. Ne ha facoltà.
LADU (P.d.L.). Signora Presidente, Assessori, colleghi, anch'io tenterò di dare un contributo all'approvazione di questa proposta di legge nazionale che modifica l'articolo 16 dello Statuto sardo. Devo dire subito che valuto positivamente questa proposta perché nel cammino delle riforme la ritengo un importante passo avanti, seppure tardivo. La valuto positivamente anche perché fa uscire questo Consiglio regionale da una situazione strana in cui si è trovato dopo la votazione della precedente proposta di legge sullo stesso argomento, con esito determinato dal voto segreto. Alla fine tutti i consiglieri regionali, sia chi aveva votato a favore sia chi aveva votato contro, hanno disconosciuto quella legge figlia di un voto segreto che è diventata figlia di nessuno. Non vorrei che quella situazione si ripetesse, spero che questa volta nessuno chieda il voto segreto, però se qualcuno dovesse chiederlo io non me ne andrò e dico subito che essendo d'accordo su questa legge il mio voto sarà quindi favorevole, perché ritengo che dobbiamo fare qualcosa di concreto che vada nella direzione di una vera riforma.
Poc'anzi il collega Gian Valerio Sanna diceva: "Ma che cosa è successo, questo Consiglio regionale in pochi giorni ha cambiato idea e vuole avviare una riforma?"
PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE COSSA
(Segue LADU.) Collega Sanna, secondo me è prevalso il buonsenso, è prevalso il senso di responsabilità da parte non solo della maggioranza, ma anche di tutti i consiglieri e i Capigruppo, che alla fine hanno avanzato una proposta che rappresenta un punto di partenza, come dicevo prima. Questo provvedimento va approvato perché la richiesta di riduzione del numero dei consiglieri regionali va stralciata dal contesto della legge statutaria o della riscrittura dello Statuto, perché occorreranno tempi lunghi, lo sappiamo bene, per approvare quelle riforme. Sappiamo già che per l'approvazione della modifica prevista in questa proposta di legge nazionale i tempi sono ristretti, perché l'iter sarà lungo, occorrendo anche una doppia lettura in Parlamento. Non c'è abbastanza tempo, quindi, per fare cose più complete e interessanti; ci dobbiamo basare soprattutto sui tempi che abbiamo a disposizione e su ciò che possiamo fare.
Dico subito che non sono d'accordo con chi dice che siccome il Governo nazionale è claudicante, è in difficoltà, e probabilmente si andrà a nuove elezioni, non facciamo nulla perché tanto il Parlamento non potrà approvare nulla. Non sono assolutamente d'accordo! Sono convinto che i tempi ci siano e comunque se non ci sarà questo Parlamento, ce ne sarà un altro, però sicuramente prima di arrivare alla scadenza elettorale del 2014 ci sarà la possibilità di andare alle elezioni regionali con una nuova legge.
La riduzione da ottanta a sessanta del numero dei consiglieri regionali può essere una misura giusta. Io mi sono espresso a favore della riduzione a cinquanta, perché ritengo che anche cinquanta consiglieri regionali siano congrui, se però la sintesi che si è raggiunta tra i vari Capigruppo prevede la riduzione a sessanta sono ugualmente favorevole. Condividevo la proposta di riduzione a cinquanta perché consultando i dati sui consigli regionali delle altre Regioni vi posso assicurare che in base al numero degli abitanti sicuramente tutte le altre Regioni d'Italia hanno un numero di consiglieri regionali inferiore a quello della Sardegna, quindi non ci sarebbe nulla di scandaloso se questo Consiglio fosse composto da cinquanta consiglieri. Tuttavia, se questo serve per chiudere il cerchio, dico che vanno bene anche sessanta consiglieri regionali.
Credo che si debba partire dalle difficoltà che ci sono state nella discussione sia della precedente proposta di legge che di quella in esame, perché il Consiglio si è praticamente incartato sull'ipotesi di non approvare contestualmente la legge statutaria e la legge elettorale, che io ritengo invece una cosa giusta, sarebbe cioè effettivamente più giusto che questa proposta fosse approvata assieme alla legge statutaria e alla legge elettorale, però siccome i tempi sono quelli che sono e siamo già a metà legislatura, bisogna fare una valutazione seria per capire cosa siamo in grado di fare e cosa no. Ritengo che stralciare la modifica del numero dei consiglieri regionali da tutto il contesto della legge statutaria e della legge elettorale regionale sia giusto, sperando naturalmente che questo Consiglio regionale sia in grado poi di approvare entro il termine della legislatura sia la legge statutaria sia la nuova legge elettorale sarda.
Anche per quanto riguarda la riscrittura dello Statuto, di cui si è parlato stasera, ci rendiamo conto dei tempi che ci vorranno? Anche perché a oggi non c'è un accordo neanche sulle procedure che bisognerà seguire! Anche stasera ho sentito in tanti interventi evocare la Costituente, ciò significa che ci rendiamo conto dei tempi e adesso, a metà legislatura, stiamo praticamente dicendo che questo Consiglio regionale non è in grado di approvare una modifica dello Statuto, non è in grado di approvare uno strumento di straordinaria importanza, che è ormai vecchio, superato, essendo stato scritto sessant'anni fa quando la situazione regionale, nazionale ed europea era completamente diversa. Per approvare questo strumento non credo si debba chiamare nessuno. La responsabilità legislativa è del Consiglio regionale, che è stato votato per approvare leggi e decidere su tutto ciò che è di sua competenza, e non certamente per consultare esperti o meno esperti, anche se gli esperti possono essere sempre consultati.
Bisogna fare però anche altre considerazioni. Spesso si dice che la situazione attuale è colpa del fatto che lo Statuto è vecchio, è superato, non serve. Possiamo ammettere che molte parti dello Statuto non le abbiamo mai applicate veramente? Se noi avessimo applicato alla lettera i contenuti dello Statuto per la Regione autonoma della Sardegna sono convinto che avremmo dato molte risposte in più. Allora credo che rivedere la struttura dello Statuto sia assolutamente indispensabile, anche perché bisogna ripensare il rapporto della Regione con lo Stato, il rapporto della Giunta con il Consiglio, la situazione all'interno del Consiglio stesso (alcuni colleghi hanno parlato della necessità di rivedere il Regolamento interno). Lo Statuto, inoltre, va aggiornato in seguito la riforma del Titolo V della Costituzione e al nuovo rapporto che andrà instaurato tra la Regione sarda e l'Unione Europea. Come sappiamo l'Unione europea e la riforma del Titolo V della Costituzione sono venute molto dopo l'approvazione del nostro Statuto.
Voglio fare qualche considerazione proprio su questo punto, perché il disegno di legge europea regionale, che si sarebbe dovuto approvare nel mese di aprile, è arrivato in Commissione soltanto alla fine del mese di agosto, e questo è stato un grave danno perché quella legge avrebbe permesso di coinvolgere il Consiglio regionale in quella che è la programmazione delle risorse comunitarie, nei rapporti con l'Unione Europea e in tutto ciò che riguarda il modo in cui ci sta muovendo all'interno dell'Unione europea. Questo Consiglio regionale, lo voglio ripetere, è stato spesso escluso dalla programmazione e da tutto quello che riguarda la spendita delle risorse comunitarie. E guardate che anche per quanto riguarda i rapporti con l'Europa, i bandi, per esempio, il Consiglio regionale della Sardegna non sa come vengono spesi i soldi dell'Unione europea, non sa dei ritardi che vengono accumulati e dei fondi che la Regione spesso perde perché non è in grado di spenderli a causa di leggi e regolamenti che si dà il Consiglio stesso o che stabiliscono gli Assessorati di competenza. Questi regolamenti, che non vengono discussi in Consiglio regionale, sono talmente complicati e burocratizzati che alla fine è difficile spendere le risorse. Voglio dire che se avviassimo un processo di riforma vera, anche di semplificazione di queste leggi che siamo costretti ad applicare, spenderemmo molto meglio le risorse e saremmo in grado effettivamente di dare risposte più rapide e importanti al popolo sardo. Questo lo dico anche perché c'è un altro luogo comune: quando non si riesce a spendere le risorse e le cose si complicano è colpa del patto di stabilità che non ci permette di spendere nulla. E' vero che c'è il vincolo del patto di stabilità, ma non è tutta colpa del patto di stabilità; molte volte le responsabilità sono nostre, sono del Governo della Regione, sono dei comuni e degli enti che utilizzano le risorse, comprese quelle comunitarie. Quindi non scarichiamo tutto sul patto di stabilità, che è comunque un problema che questo Consiglio e questo Governo regionale devono affrontare. Il patto di stabilità va ricontrattato con lo Stato, sono perfettamente d'accordo, però noi dobbiamo essere consapevoli del fatto che non è solo il patto di stabilità la causa dei ritardi; molte volte, ripeto, le responsabilità sono nostre.
Possiamo ridurre a sessanta il numero dei consiglieri regionali; non sono pochi, anche perché non l'ho sentito dire da nessuno stasera che dal 1° gennaio 2012 prende avvio la riforma degli enti locali. Il numero dei consiglieri comunali e degli assessori comunali sarà ridotto, ci sarà praticamente una riforma complessiva e il Consiglio regionale cosa farà, discuterà ancora? Io credo che anche noi dobbiamo fare qualcosa a livello regionale in linea con quello che sta succedendo a livello locale, soprattutto per quanto riguarda gli enti locali. Dobbiamo autoriformarci insomma, è assolutamente indispensabile dare un segnale in tal senso, altrimenti non saremo più credibili. Semmai, nella fase di approvazione della legge statutaria e soprattutto della legge elettorale sarda, dovremo fare in modo che siano tutelate le realtà territoriali, perché non vorrei che la nuova legge valorizzasse soltanto alcune aree, i cosiddetti poli forti della Sardegna. Vanno garantite tutte le realtà territoriali, vanno garantiti i piccoli partiti, vanno garantiti i generi. Anche se devo dire, a questo proposito, che vanno anche rispettati gli elettori. Sono d'accordo sull'eliminazione del listino regionale, che ritengo assolutamente ingiusto, però sono anche del parere che non si debba garantire l'elezione di nessuno. Le elezioni le garantiscono i cittadini, gli elettori, quindi noi dobbiamo mettere tutti nelle stesse condizioni di essere eletti. Credo che solo in questo modo potremo garantire una vera democrazia all'interno di questo Consiglio regionale.
Io sono favorevole al presidenzialismo, al sistema bipolare e al premio di maggioranza, cioè a un sistema di governo che garantisca la governabilità e il pluralismo, anche se nella proposta di legge regionale che presenteremo alcune cose all'interno del sistema presidenziale andranno riviste, perché credo che l'eccessivo sbilanciamento a favore della Giunta vada ridimensionato. E' un discorso che va fatto, perché in questo momento il Consiglio regionale rispetto alla Giunta di fatto è in una posizione di assoluto svantaggio, e comunque le prerogative del Consiglio regionale in questo momento non sono valorizzate. Credo che non ci possa essere una Giunta che funziona bene se non c'è un Consiglio che sia responsabilmente coinvolto nella gestione della cosa pubblica. Nell'interesse della Giunta stessa ci deve essere un Consiglio regionale capace di dare il suo importante contributo alla gestione dell'Amministrazione regionale. La riduzione del numero dei consiglieri regionali non deve servire per poter dire che abbiamo fatto il nostro dovere e siccome i consiglieri regionali saranno di meno le cose andranno bene. Non è così, anche se riduciamo certi privilegi della politica, che ci sono ma che non sono soltanto della politica, sono anche della burocrazia, della macchina regionale, insomma tutta questa situazione non riguarda solo il Consiglio regionale, ma ci sono livelli di spendita… Presidente!
PRESIDENTE. Segnalo ai colleghi che la seduta è ancora in corso e che l'onorevole Ladu non ha concluso il suo intervento. Grazie.
LADU (P.d.L.). Credo che il compito di questo Consiglio regionale sia un altro, perché è vero che la gente ci chiede di ridurre il numero dei consiglieri regionali e di eliminare i privilegi, ma ci chiede soprattutto di essere governata e amministrata bene. Si chiede un impegno diverso da parte di questo Consiglio e della Giunta e sono anche convinto che ci siano le condizioni per dare una svolta in questa seconda parte di legislatura. Non sono d'accordo con chi dice che ormai siamo in ritardo, che la metà della legislatura è passata e quindi questo Consiglio regionale è destinato al fallimento e non sarà in grado di fare la benché minima riforma. Premesso che la validità delle riforme non la si stabilisce dal numero delle stesse (ci sono anche riforme che non sono sicuramente in linea con gli interessi dei cittadini), bisogna fare riforme vere, quelle che servono per risolvere i problemi della gente.
Collega Gian Valerio Sanna, la riforma dei consorzi industriali non ha certo risolto i problemi dei consorzi industriali; la riforma dei consorzi di bonifica non ha certo risolto i problemi dei consorzi di bonifica; la riforma degli enti regionali in agricoltura non ha assolutamente risolto i problemi di quegli enti, quindi non è il numero delle riforme che conta, ma il tipo, cioè il fatto che esse siano in grado di rispondere alle esigenze dei cittadini, alle esigenze delle categorie che vogliono essere tutelate dalle leggi che noi approviamo. Se anziché contare il numero delle riforme, baderemo a che le stesse siano in linea con la crescita e lo sviluppo di questa regione, sono convinto che faremo per intero il nostro dovere di consiglieri regionali.
Devo anche dire, però, che non è vero che a fine legislatura non si approvano leggi importanti: ricordo che la legge numero 31 sui parchi e sulle riserve naturali in Sardegna è stata approvata negli ultimi giorni della legislatura, eppure è stata una delle leggi più importanti approvate da questo Consiglio regionale. Quindi noi saremo qui fino alla fine della legislatura, se questo Consiglio durerà, e fino all'ultimo giorno saremo in grado di fare riforme e di approvare leggi, perché la legislatura finisce l'ultimo giorno del quinquennio e non sei mesi, un anno o due anni prima! Grazie.
PRESIDENTE. Quello dell'onorevole Ladu era l'ultimo intervento. I lavori del Consiglio riprenderanno domani, alle ore 10. La prima iscritta a parlare è l'onorevole Francesca Barracciu.
La seduta è tolta alle ore 20 e 34.