Seduta n.98 del 09/02/2010 

XCVIII Seduta

Martedì 9 febbraio 2010

Presidenza della Presidente LOMBARDO

indi

del Vicepresidente COSSA

indi

della Presidente LOMBARDO

La seduta è aperta alle ore 17 e 02.

MARIANI, Segretario, dà lettura del processo verbale della seduta pomeridiana del 26 gennaio 2010 (91), che è approvato.

Congedi

PRESIDENTE. Comunico che i consiglieri regionali Nicolò Rassu e Adriano Salis hanno chiesto congedo per la seduta del 9 febbraio 2010.

Poiché non vi sono opposizioni, i congedi si intendono accordati.

Comunicazioni del Presidente

PRESIDENTE. Comunico che in data 5 febbraio 2010 è stata presentata, primo firmatario Stochino, la richiesta di istituzione di una Commissione di inchiesta relativamente ai finanziamenti erogati dalla Regione sarda all'Università di Sassari ai sensi dell'articolo 125 del Regolamento interno.

Ai sensi del comma 4 dell'articolo 125 del Regolamento entro trenta giorni dalla data di presentazione la richiesta è iscritta all'ordine del giorno del Consiglio, che deve provvedere alla nomina o all'eventuale delega della stessa al Presidente del Consiglio.

Annunzio di presentazione di proposte di legge

PRESIDENTE. Comunico che sono state presentate le seguenti proposte di legge:

Lai - Diana Mario - Sanna Matteo - Bardanzellu - Pittalis - Gallus - Murgioni - Contu Mariano Ignazio - De Francisci - Locci - Piras - Stochino - Zedda Alessandra - Cherchi - Peru: "Disciplina delle concessioni di aree demaniali per l'esercizio e lo sviluppo delle attività di molluschicoltura, arsellicoltura, raccolta e pesca di frutti di mare e maricoltura nel mare territoriale della Sardegna". (107)

(Pervenuta il 3 febbraio 2010 e assegnata alla quinta Commissione.)

Solinas Antonio - Zedda Massimo - Cuccu - Meloni Valerio - Sanna Gian Valerio - Sechi - Bruno - Uras: "Interventi per la promozione culturale e artistica del pensiero gramsciano". (108)

(Pervenuta il 4 febbraio 2010 e assegnata alla ottava Commissione.)

Diana Giampaolo - Bruno - Uras - Salis - Agus - Barracciu - Ben Amara - Caria - Cocco Daniele Secondo - Cocco Pietro - Cucca - Cuccu - Espa - Lotto - Manca - Mariani - Meloni Marco - Meloni Valerio - Moriconi - Porcu - Sabatini - Sanna Gian Valerio - Sechi - Solinas Antonio Soru - Zedda Massimo - Zuncheddu: "Norme sulla dichiarazione del territorio della Sardegna 'denuclearizzato'". (109) (Pervenuta il 4 febbraio 2010 e assegnata alla quinta Commissione.)

Rassu - Petrini - Floris Rosanna - Pitea - Sanjust - Randazzo - Campus - Bardanzellu - Ladu - Sanna Paolo Terzo - Artizzu - Rodin - Locci - Greco: "Compiti associativi di rappresentanza e tutela dei disabili". (110)

(Pervenuta il 4 febbraio 2010 e assegnata alla settima Commissione.)

Floris Rosanna - Rassu - Sanna Paolo Terzo - Petrini - Randazzo - Pitea - Sanjust - Bardanzellu - Ladu - Artizzu - Campus: "Norme per la defiscalizzazione dei carburanti per autotrazione in Sardegna". (111)

(Pervenuta il 4 febbraio 2010 e assegnata alla sesta Commissione.)

Meloni Francesco - Fois - Cossa - Vargiu - Dedoni - Mula: "Provvidenze per lo sviluppo del turismo nautico in Sardegna". (112)

(Pervenuta il 3 febbraio 2010 e assegnata alla sesta Commissione.)

Risposta scritta a interrogazioni

PRESIDENTE. Comunico che è stata data risposta scritta alle seguenti interrogazioni:

"Interrogazione Sanjust su presunti abusi edilizi di grave impatto ambientale che si starebbero perpetrando nelle spiagge di Chia". (135)

(Risposta scritta in data 8 febbraio 2010.)

"Interrogazione Contu Felice sulle problematiche derivanti dall'erogazione di contributi di legge a favore della scuola materna". (149)

(Risposta scritta in data 8 febbraio 2010.)

"Interrogazione Zedda Alessandra - Contu Mariano Ignazio - Piras - Stochino - Randazzo - Tocco sull'avviso pubblico per la stabilizzazione dei lavoratori precari ai sensi della legge regionale 7 agosto 2009, n. 3". (154)

(Risposta scritta in data 8 febbraio 2010.)

"Interrogazione Ben Amara - Uras - Zuncheddu - Sechi - Zedda Massimo sullo stato di conservazione degli edifici scolastici della Sardegna e sull'applicazione delle misure di sicurezza e prevenzione all'interno delle scuole". (166)

(Risposta scritta in data 8 febbraio 2010.)

Annunzio di interrogazioni

PRESIDENTE. Si dia annunzio delle interrogazioni pervenute alla Presidenza.

MARIANI, Segretario:

"Interrogazione Milia - Biancareddu - Capelli - Cappai - Contu Felice - Obinu - Oppi - Steri, con richiesta di risposta scritta, sulla mancata attivazione del Piano PET-PAC presso l'Azienda ospedaliera di Sassari". (227)

"Interrogazione Amadu, con richiesta di risposta scritta, sulle gravissime conseguenze dovute all'interruzione del servizio di radioterapia presso le cliniche universitarie di Sassari". (228)

"Interrogazione Solinas Antonio - Sanna Gian Valerio, con richiesta di risposta scritta, sulla chiusura dell'ambulatorio di ginecologia dell'Ospedale di Ghilarza". (229)

"Interrogazione Lotto - Bruno - Manca - Meloni Valerio, con richiesta di risposta scritta, sul collegamento ferroviario Sassari - Chilivani". (230)

Annunzio di interpellanza

PRESIDENTE. Si dia annunzio dell'interpellanza pervenuta alla Presidenza.

MARIANI, Segretario:

"Interpellanza Tocco - Zedda Alessandra - Sanjust - Artizzu - Pitea - Piras - Locci - De Francisci - Rodin, sulla situazione verificatasi nel sito fra via Peschiera e via Castelfidardo, relativamente allo stato di pericolo a persone e cose dovuto al cedimento del fondo stradale, causato da vuoto carsico nel sottosuolo". (69)

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Bruno. Ne ha facoltà.

BRUNO (P.D.). Chiedo la verifica del numero legale.

PRESIDENTE. Chi è l'altro Capogruppo che appoggia la richiesta?

(Appoggia la richiesta il consigliere Uras)

Verifica del numero legale

PRESIDENTE. Dispongo la verifica del numero legale con procedimento elettronico.

(Segue la verifica)

Prendo atto che i consiglieri Bruno, Campus, Mariani e Rodin sono presenti.

Risultato della verifica

PRESIDENTE. Sono presenti 44 consiglieri.

Risultano presenti i consiglieri: Amadu - Ben Amara - Biancareddu - Bruno - Campus - Cherchi - Contu Felice - Cossa - De Francisci - Dedoni - Dessì - Diana Mario - Floris Mario - Fois - Gallus - Greco - Ladu - Locci - Lombardo - Maninchedda - Mariani - Meloni Francesco - Mula - Mulas - Murgioni - Obinu - Oppi - Peru - Piras - Pitea - Pittalis - Planetta - Randazzo - Rodin - Sanjust - Sanna Giacomo - Solinas Christian - Steri - Stochino - Tocco - Uras - Vargiu - Zedda Alessandra - Zuncheddu.

Poiché il Consiglio è in numero legale, possiamo proseguire.

Continuazione della discussione sulle dichiarazioni del Presidente della Regione, ai sensi dell'articolo 120 del Regolamento, sulla grave crisi industriale

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca la continuazione della discussione sulle dichiarazioni del Presidente della Regione.

E' iscritto a parlare il consigliere Sechi. Ne ha facoltà.

SECHI (Comunisti-Sinistra Sarda-Rosso Mori). Riprendiamo, come dire, "il prima" e "il dopo" rispetto alla data dello sciopero generale. Credo che tutti abbiamo potuto constatare come, a distanza di anni, uno sciopero generale sia stato in grado di dimostrare qual è complessivamente il forte disagio nel mondo del lavoro e occupazionale. Questo è forse il momento più drammatico per la Sardegna, che di fronte alla drammaticità della crisi che sta attraversando anche il mondo del lavoro prende atto di quella che complessivamente è l'incapacità di affrontare e risolvere una situazione come quella che tutti abbiamo verificato e conosciamo. La Sardegna doveva tornare a sorridere e invece non solo non è tornata a sorridere, ma si è mortalmente intristita.

Io credo che in un'analisi come questa occorra ribadire, e non perché qualcuno in quest'Aula, nei giorni scorsi, ha sottolineato che come controparte vengono individuati la Giunta regionale e il Governo nazionale, che qui, più che una Sardegna unita e coesa, occorre un Governo regionale unito e coeso, in grado di affrontare i problemi e la drammaticità della situazione che stiamo vivendo. Noi dobbiamo mettere in campo tutte le energie e non ci tireremo indietro nel momento in cui verremo sollecitati ad avanzare proposte, così come abbiamo responsabilmente fatto finora, ma sia chiaro per tutti che la responsabilità primaria è nelle mani di chi, vincendo le elezioni, si propone con un proprio governo per amministrare una regione che, giorno dopo giorno, vediamo in affanno nell'affrontare la drammaticità della situazione.

Abbiamo avuto modo di sottolinearlo in altre occasioni, però questa è forse l'occasione più opportuna, il momento più opportuno, per evidenziare l'inconsistenza, l'incapacità, la mancanza di proposte da parte del Governo regionale per far fronte a una situazione che, per quanto drammatica, deve trovare soluzioni e risposte. Stiamo inseguendo, così come abbiamo visto in questi giorni…

PRESIDENTE. Mi scusi, onorevole Sechi. Colleghi, non si può continuare in questo modo. Prego tutti i colleghi di prendere posto. Chi deve conversare lo faccia fuori dall'aula.

SECHI (Comunisti-Sinistra Sarda-Rosso Mori). Noi non siamo desiderosi di creare problemi, di indebolire il Governo regionale o di metterne in evidenza le pecche, i limiti e le false promesse. Noi vorremmo realmente che il Governo regionale fosse in grado di dare risposte ai problemi del lavoro e dell'occupazione, alla crisi dell'industria, allo smantellamento dell'industria. Vorremmo che il Governo nazionale fosse in grado di far fronte al dramma, così come una delle aree più compromesse sul piano dell'occupazione a gran voce rivendica non solo con lo sciopero di venerdì scorso, ma attraverso tutte le manifestazioni che hanno preceduto quello sciopero e che lo seguiranno, perché la situazione continua a essere drammatica. Vorremmo che il Governo regionale fosse in grado di affrontare questo dramma, ma così non è! Lo abbiamo evidenziato quando abbiamo discusso le vostre due leggi finanziarie e anche quando abbiamo analizzato, discusso e criticato il Programma regionale di sviluppo per questa regione. Vi abbiamo incalzato quando avete proposto leggi che dovevano servire per rilanciare l'occupazione. Infatti in tutte le leggi, o meglio in quelle poche leggi che il Consiglio ha liquidato, la premessa era sempre riferita al rilancio dell'economia e dell'occupazione. Abbiamo preso atto del fallimento di queste leggi, a iniziare da quella che più di ogni altra doveva servire per dare risposte all'occupazione, il cosiddetto piano casa, anche se a livello nazionale il Presidente del Consiglio continua a dire che lì sono riposte le potenzialità di rilancio dell'economia.

In Sardegna, nell'incontro presieduto dall'assessore La Spisa presso l'Assessorato, in occasione della protesta degli operai del cementificio di Scala di Giocca, l'Italcementi ha detto: "Noi Scala di Giocca lo chiudiamo perché non abbiamo commesse". In una situazione drammatica, come quella che colpisce l'Italia nel settore dell'edilizia, la Sardegna percentualmente rappresenta la punta più elevata del crollo delle iniziative in questo settore. C'è poi il fallimento dell'agricoltura, l'abbandono, devo dire, del settore dell'agricoltura, e non c'è un'idea-progetto per il settore del turismo.

E' chiaro che chi ha attirato su di sé l'attenzione sono le vicende dell'Alcoa[s1] di Portovesme, della Vinyls di Porto Torres e dell'industria in generale, però non mi pare che in una situazione come questa il Governo regionale e il Governo nazionale siano stati in grado di dare risposte, né abbiano prestato un minimo di attenzione, come invece, mi piace ricordarlo in questa sede, sta tentando di fare l'Università di Sassari, che si è messa al servizio per analizzare la situazione, per trovare alternative e per indicare possibili soluzioni nei confronti di un'industria chimica in crisi, ma per la quale si intravedono opportunità e vie d'uscita.

Allora, non la voglio fare più lunga di quel che mi pare sia necessario, perché siamo in una situazione in cui alle parole è opportuno far seguire i fatti. Noi abbiamo, come Gruppo consiliare, avanzato delle proposte puntuali e precise. Ritorniamo intanto a evidenziare un aspetto: tenuto conto di quanto abbiamo a disposizione in termini di risorse per l'occupazione, si faccia tutto il possibile perché venga sostenuta la spesa a favore di questo settore che versa in una situazione così drammatica. Avanziamo anche una proposta di legge di rinascita, che verrà quanto prima in discussione in Aula. E' inutile inseguire situazioni difficili e drammatiche, come quelle che la Sardegna sta vivendo, "pietendo" tre o sei mesi di cassa integrazione e senza avanzare proposte alternative. Su questo terreno noi vorremmo un confronto e invitiamo quindi tutti voi a misurarvi con noi sulle proposte che avanzeremo, proprio perché responsabilmente abbiamo individuato un'ipotesi per uscire da questa situazione e su quella vi chiameremo, così come abbiamo fatto per altre iniziative da voi purtroppo puntualmente respinte, a confrontarvi con noi in Aula. Grazie.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Biancareddu. Ne ha facoltà.

BIANCAREDDU (U.D.C.). Rinuncio.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Gian Valerio Sanna. Ne ha facoltà.

SANNA GIAN VALERIO (P.D.). Colleghi, l'altro giorno vi ho osservato attentamente mentre il vostro Presidente svolgeva le sue dichiarazioni: eravate espressivi, molto eloquenti nelle vostre maschere. E non erano certo quelle di carnevale, intendiamoci! Sarebbe bastato per voi, e anche per noi dell'opposizione, poter leggere su quegli schermi di fronte a noi - sui quali guardiamo noi stessi, ma non i nostri pensieri - qualcuno dei vostri pensieri in quel momento perché la discussione terminasse lì, piena di esaustive conclusioni!

Un discorso, quello del vostro Presidente, inquietante, largamente sufficiente per acclarare, purtroppo, che alla crisi economica che attraversiamo si è sommata l'ulteriore calamità di non avere un Governo regionale degno di questo nome. Il Presidente, la sua Giunta e la maggioranza che, tra dissidenti e serventi, la tiene in piedi sono insufficienti, inadeguati e persino dannosi in questa fase storica e drammatica della Sardegna. Il parlare del Presidente, vuoto, senza punti fermi, senza linea politica, senza decisioni o iniziative, rappresenta il senso di una deriva fatalistica alla quale non potete opporre nulla, né intelligenza, né orgoglio, meno che meno senso politico. Semplicemente per voi il racconto prevale sulla realtà. Ma non poteva essere che così, da quel "vieni qua, Ugo" - vi ricordate? - pronunciato negli atti iniziali di questo gioco teatrale che il vostro padrone vi ha inculcato: teatro, bugie, promesse mai mantenute, supponenza, illusione della buona fede dei cittadini. Berlusconi, come Caligola, ha dimostrato che può eleggere alle più alte responsabilità chi vuole, ma è altrettanto evidente che non può, in queste condizioni, garantire risultati ma solo la prosecuzione infinita di un'illusione, di un inganno. Il quadro è presto fatto: il vostro presidente Berlusconi parla di una telefonata a Putin - mai fatta! - per salvare l'Eurallumina, prende i voti e poi scappa. Il 13 febbraio 2009 diceva ancora: "Il prossimo CIPE stanzierà 722 milioni di euro per l'adeguamento della strada Sassari-Olbia. Nella riunione successiva del 6 marzo nemmeno un centesimo; fino a un mese fa, quando, dopo tutto il caos che è stato sollevato, non è spuntato nemmeno il 20 per cento di quello che aveva promesso! Non è una cosa nuova, il vostro padrone ha fatto la stessa cosa nella campagna per l'elezione di Gianni Chiodi in Abruzzo e per la strada Pescara-Roma: zero euro!

A seguire un'ondata di guai, di offese, di penalizzazioni condite con paroloni, falsità, ancora promesse e prese per i fondelli. Cancella il G8 e lascia La Maddalena nell'abbandono totale, lo vediamo in questi giorni; cancella il finanziamento per la Sassari-Olbia; blocca e distrae i fondi FAS; manda amici e consente la colonizzazione offshore dell'eolico, mentre qui cambiamo le regole per consentire alle aziende amiche l'installazione delle pale eoliche; ci inserisce tra i candidati per custodire l'immondezza nucleare; si disinteressa delle crisi aziendali, come è suo costume, però telefona al presidente Barroso, per far intendere che è sempre lui il superuomo, l'eroe salva uomini. Ma questa volta pare che non gli sia andata bene.

Ma di che parla Berlusconi, di che parlate voi? Non erano lui, Tremonti, Sacconi, Pili, Scajola e molti altri i paladini del libero mercato? Non è questa la conseguenza di un libero mercato e di un capitalismo non mitigato dall'interesse sociale, dall'equilibrio dello sviluppo, dalle rivendicazioni autonomistiche, dall'esigenza di politiche compensative e di transizione, di politiche insomma fatte da attori dello sviluppo e non da comparse e figuranti quali siete voi?

Ma il quadro di un anno di lavoro che ci ha rappresentato l'onorevole Cappellacci è semplice, schematico: 600 imprese in crisi, 11 mila lavoratori con ammortizzatori sociali, 150 mila disoccupati reali, i prossimi 2 mila dell'Alcoa. E prima dell'Alcoa ha fatto la stessa cosa con l'Eurallumina che, nonostante le promesse di Berlusconi, ha annunciato qualche giorno fa la proroga della cassa integrazione per un altro anno. E così è per Portovesme e per la Rockwool. E sostanzialmente che cosa si dice? Fatti che spiegano una sola cosa: "Questa Sardegna e quest'Italia così governate non garantiscono competitività, sono inaffidabili e ce ne andiamo".

Nel suo inquietante intervento, il Presidente ripete per tre volte, e anche più mi pare, questa frase: "Il Governo regionale e nazionale". Li mette insieme, dando la prova di una vera e propria simbiosi che dichiara la morte di qualunque briciola di autonomia e allo stesso tempo spiega come la sua elezione non sia altro che un appalto del Governo sardo alle volontà di quello nazionale. Quando parla rivolto a noi di una necessaria maturità politica chiedetegli per favore di che cosa farfuglia. La maturità politica comporta un fondamentale requisito, ditelo all'onorevole Cappellacci, che è quello di pretenderla innanzitutto per sé stessi, invece di pensarla sempre in capo gli altri.

Nel suo intervento, replica aggiornata e riveduta di dichiarazioni programmatiche già sentite almeno tre volte e già molto vaghe, deludenti e vuote, si cimenta in un ondeggiamento tra un'interpretazione fatalistica delle cause della crisi e l'idea - solo l'idea - di una prospettiva lasciata alle belle parole, con un tono ecumenico che neppure si addice alle attuali drammatiche circostanze.

Se un modello di sviluppo non va, qual è quello che intende realizzare, quello dell'"io"? Non lo spiega. Parla di misure drastiche: dove, quando? Dimostra persino di non conoscere le basi del diritto civile quando minaccia invasioni nella sfera privatistica di qualcuno. E poi, cosa significano queste parole roboanti: "interventi anticiclici"? Da un anno a questa parte, cari colleghi, avete approvato e deliberato tutto quello che avete voluto. Lo avete fatto mettendo il bavaglio al Consiglio e dimenticandovi di metterlo anche al suo Presidente, che nel frattempo oltraggia e immiserisce ogni giorno le funzioni di quest'organo statutario. Il Presidente della Regione, il Consiglio regionale e la Giunta regionale sono gli unici organi della Regione riconosciuti dallo Statuto, quindi è bene che lei, presidente Lombardo, si metta in testa che non è un organo, è solo il coordinatore di un organo statutario.

E' così che intendete l'unità, la solidarietà che ci chiedete quasi per esorcizzare l'assenza cronica di qualunque minima assunzione di responsabilità? Il segretario della CGIL, Epifani, l'altro giorno ha detto: "Per trattare con le multinazionali occorre avere una grande autorevolezza". Non lo diceva a caso, sapeva di parlare del caso Alcoa e della Sardegna. Infatti, dove sta l'autorevolezza di questo Governo regionale? Nella continua prostrazione al volere dei governanti dell'impero, alle bufale spaziali che ci dispensa ogni giorno il Presidente del Consiglio o nel silenzio imposto alle coscienze di molti di voi?

Oramai qualcuno della vostra stessa maggioranza grida qui persino di vivere una crisi morale. La crisi morale vera, se permettete, la viviamo noi, purtroppo, ed è per questo che io, sinceramente, non ho nessuna intenzione di affidarvi più il mio consenso, né il mio contributo all'unità, né la mia solidarietà. La solidarietà è una cosa seria, va spesa bene, ed è per chi soffre, per i lavoratori, per i precari della scuola, per tutti coloro che patiscono l'ingiustizia in questa terra da sempre maledetta, e non può essere confusa con la solidarietà di chi sfrutta la buona fede della gente per illudere e per non risolvere nulla, salvo mettere al sicuro i propri affari.

A cosa serve questa liturgia dell'unità a tutti i costi? Forse per poter dire che le colpe di chi ha le vere responsabilità sono di meno e un po' si intende dividere il fardello con chi non ha avuto la legittimazione popolare? Fatevi spiegare da Berlusconi, quando enfatizza, che cosa vuol dire legittimazione popolare per lui che non può neanche essere processato! Troppo comodo, non è così. Io penso che non sia più utile credere in un mondo dove tutto sia indistinto, non identificabile. Noi la pensiamo assai diversamente da voi su molte cose e tuttavia avete sempre avuto il nostro sostegno per tutte le battaglie che contavano, ma non avete avuto la forza di essere all'altezza e dunque credo che sia venuto il momento di finirla con questa pagliacciata.

L'onorevole Vargiu l'altro giorno ci ha chiesto tensione morale. Onorevole Vargiu, no, grazie, come ricevuto! Noi abbiamo le nostre tensioni morali e non sono paragonabili alle vostre. Noi, infatti, per sentire una tensione morale non abbiamo da aspettare la definizione delle poltrone che sono ancora in ballo, che vi hanno promesso e che molte volte consentono involontariamente anche di mandare il cervello all'ammasso. No, grazie! Ma se anche lei è così convinto che l'industria pesante non debba essere più in Sardegna e che ciò basti a mettere a posto la coscienza del suo partito, provi ad andarlo a raccontare a quelle famiglie che per quella scelta, a suo dire sbagliata, ora non hanno più una prospettiva di vita, di sicurezza e di avvenire. La realtà dice, e posso scommetterci, che basterebbero pochi secondi perché nella migliore delle ipotesi fossimo insieme mandati a quel paese!

Vorrei dire ai tanti silenziatori e normalizzatori della maggioranza: sinceramente, ma non vi hanno mai spiegato che gli specchi sono difficili da scalare? C'è un limite a tutto! O pensate davvero che siamo stupidi del tutto da non capire? Abbiamo capito molto bene, invece, in questi mesi: per voi, per quello che avete dimostrato, gli interessi e gli affari rappresentano il massimo dell'orizzonte desiderabile dalla politica, perché siete assenti su tutto il resto. La vostra è la coalizione grigia che nel nome degli affari mette insieme tutto e tutti. I fatti riportati dai giornali in questi giorni lo spiegano anche agli indomabili normalizzatori, a cui vorrei dire sommessamente, usando le parole di Cartesio: chi cerca davvero la verità deve almeno una volta nella vita dubitare di tutto. In questo, assieme al finto piano casa, di cui abbiamo discusso, vi è la prova di quell'intreccio che unisce la politica, che ha legami radicati con gli imprenditori, che stringe alleanze con gli editori, con in cima il mattone collante di tutto. Davvero pensate che possiamo confonderci in un "indistinto" oppure non credere che l'unità falsa e millantatrice che ci viene chiesta non sia altro che la copertura degli interessi degli affari rispetto al bene pubblico, al bisogno e ai doveri verso i cittadini sardi, i lavoratori, i disoccupati e i precari? Io non faccio patti falsi con nessuno e non intendo più farmi indicare la strada dai miopi, siano essi di destra o di sinistra. Spero tanto che i sindacati almeno su questo punto aprano gli occhi ed escano dall'equivoco.

Se avessimo avuto i fondi FAS a disposizione, se avessimo deciso un uso diverso e più serio delle maggiori entrate, se invece di mandarci a quel paese aveste ascoltato e seguito l'idea di un programma generale per le politiche industriali in Sardegna, da finanziare e cofinanziare con il Governo, per governare una transizione ineludibile nell'apparato produttivo regionale, la nostra condizione oggi sarebbe diversa. Se avessimo acceduto all'avvio di accordi bilaterali con le aziende, per innescare processi di transizione, in attesa di superare una fase che si chiude per l'industria sarda, ma attivando gradualmente azioni e scenari diversi, forse oggi non saremmo qui a piangerci addosso. Se non avessimo perso oltre due mesi raccontando panzane su un piano casa che tale non era e che per quello che si è dimostrato è stato un fallimento ed è un colossale fallimento sul fronte delle risposte economiche, avremmo potuto dedicare quel tempo a cose più serie e più urgenti. Se avessimo curato l'efficienza dell'amministrazione pubblica, invece di riabilitare gli incompetenti e i poltroni, avessimo aumentato la domanda pubblica con le risorse di cui potevamo disporre, altro sarebbe stato lo scenario.

Ma per estirpare l'angoscia delle famiglie e delle migliaia di persone oggi senza futuro non serve dire, colleghi, che i problemi sono frutto di un'opera collettiva, della serie: le grane sono opera di tutti, i meriti quando ci sono, i vostri. Se è lecito che i cittadini attendano risposte da parte della politica, noi dobbiamo pensare che è necessario destoricizzare il nostro quotidiano, perché qualcuno in questo Paese deve pur assumersi delle responsabilità.

Nella scorsa legislatura non ci sono stati scioperi generali. L'ultimo è stato nel 2002, e casualmente anche allora governavate voi. Sarà un caso? Chissà. Ma se i sindacati arrivano, a meno di un anno dal vostro operare, a organizzare uno sciopero generale contro di voi, qualcosa, se non tutto, vorrà dire. Questo sciopero, al di là di tutto, perché bisogna ascoltare tutte le parole...

PITTALIS (P.d.L.). Primo dicembre 2006, Gian Valerio!

SANNA GIAN VALERIO (P.D.). Quello era di categoria. Quest'ultimo sciopero invece era per voi, solo per voi e contro di voi!

Infine ai cittadini sardi, soprattutto a quelli oggi maggiormente in difficoltà vorrei dire sommessamente... Prego?

STOCHINO (P.d.L.). E' stato lasciato da voi, dai vostri precedenti cinque anni di governo!

SANNA GIAN VALERIO (P.D.). Quando intervieni tu lo dici. Fammi concludere tranquillamente. Questo è il mio pensiero, può non essere gradito, ma è il mio pensiero.

Ai cittadini sardi, lo dico anche al posto tuo, collega Stochino, soprattutto a quelli maggiormente in difficoltà, vorrei dire con prudenza, anche per il futuro, che votare a cuor leggero spesso comporta anche queste conseguenze. Dare in mano le responsabilità più grandi a degli incapaci ha anche questi risvolti, aggravati dal fatto che chi sgoverna sugli interessi più importanti della Sardegna non è detto che nel frattempo non sia occupato in altro genere di affari o di interessi, legati, come abbiamo visto, a un gruppo di potere che vi ha eletto, ormai è chiaro anche dai fatti, e che vi governa.

Poiché non siete in grado neppure di avere coscienza dell'inadeguatezza della vostra condizione, non vale neppure la pena chiedervi di dimettervi o che si dimetta il Presidente. Non ha senso. Ha senso, invece, non confondere più le acque da oggi in poi, finirla di adulterare la coscienza collettiva dei sardi con liturgie unitarie e parossistiche, con mediazioni che nascondono convenienze, e invece divaricare e distinguere i giudizi quanto basta per trasmettere una diversa coscienza critica ai sardi per il proprio futuro.

Di fronte al nulla che state rappresentando è questo, secondo me, l'unico orizzonte possibile per un'opposizione reale in Sardegna: denunciare, informare, rompere le compiacenze editoriali di chi è in affari con chi governa, mostrare le omissioni e i danni perpetrati al corpo sociale, in attesa che l'epocale pazienza dei sardi restituisca la legittimazione a chi la sua terra la ama per davvero e non a chi, invece, la ama solo per poterne succhiare dalle vene il sangue.

Datevi pure, come ho sentito l'altro giorno, reciproci incoraggiamenti: suvvia, un colpo di reni, c'è bisogno di un sostegno. Stimolate pure il vostro Presidente e la vostra Giunta perché abbiano un colpo di reni tanto, si sa, per poter dare un colpo di reni bisognerebbe almeno averli i reni prima di tutto. E poi chissà se l'imperatore romano, nel mare infinito di idiozie che dispensa ogni giorno alla Nazione, troverà il tempo anche per darvi il permesso di fare una cosa del genere!

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Obinu. Ne ha facoltà.

OBINU (U.D.C.). Rinuncio.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Steri. Ne ha facoltà.

STERI (U.D.C.). Rinuncio.

PRESIDENTE. E' iscritta a parlare la consigliera Zuncheddu. Ne ha facoltà.

ZUNCHEDDU (Comunisti-Sinistra Sarda-Rosso Mori). Signora Presidente, la straordinaria manifestazione sindacale di venerdì scorso ha avuto la certificazione da parte del responsabile per l'ordine pubblico della Questura di Cagliari come la più imponente degli ultimi trent'anni. I sindacati si aspettavano 30 mila partecipanti, ne sono scesi in piazza oltre il doppio a ricordare alla politica sarda e a quella italiana che non se ne può più di vedere irrisolti i soliti problemi che fanno accrescere la condizione di dipendenza della nostra nazione sarda. Giova ricordare che quei lavoratori hanno anche rinunciato a un pezzo del proprio magro salario per poter scendere in piazza. La piattaforma sindacale alla base dello sciopero generale è stata fatta propria da tutte le forze politiche che siedono in quest'Aula, molte delle quali adesso preferiscono non ascoltare. Già, c'è un po' di disinteresse sull'argomento. A queste si sono aggiunte la Confederazione Sindacale Sarda (CSS) e Sardigna Natzione. Un grande momento di unità del popolo sardo, c'è da chiedersi, o forse un gattopardesco rimescolamento delle posizioni per nascondere precise responsabilità, di ieri e di oggi, della classe politica che in questi ultimi vent'anni si è avvicendata nei ruoli di governo e di opposizione in Consiglio regionale?

Già alla fine degli anni '70, la Sardegna fu travolta dalle prime macerie di un modello di sviluppo basato sulla grande industria. Le lotte operaie di quegli anni e la vertenza per rivendicare un nuovo modello di sviluppo indicarono con forza l'urgenza di superare quegli elementi fattoriali che condizionavano sin da allora l'intera economia isolana, quali i costi dei trasporti, del credito, dell'energia. Ma quelli erano anni in cui ancora esistevano le partecipazioni statali dell'ENI, dell'EFIM e dell'IRI, e verso quelle controparti si indirizzavano le rivendicazioni dei sardi per ottenere condizioni di pari dignità e opportunità di sviluppo economico e sociale dell'Isola. La stessa ENEL era ancora un ente di Stato. Ma lo Stato e il Governo della politica italiana non seppero e non vollero ascoltare le proteste e le proposte delle lotte sindacali di quegli anni. A raccogliere le ragioni di quelle lotte sociali e a farle diventare progetto politico fu un partito che seppe intercettare le speranze di riscatto economico, sociale, politico e culturale del popolo sardo, della nazione sarda. Erano anni in cui a parlare di nazione sarda erano i gruppi politici del post e neosardismo e il Partito Sardo d'Azione, che venivano tacciati di terrorismo o, peggio, accusati di complotti separatisti. Oggi il concetto di nazione sarda è accettato un po' da tutti, almeno apparentemente, ma i neofiti patrioti della causa sarda farebbero bene a rivisitare la storia politica di quegli anni: scoprirebbero la straordinaria attualità delle proposte politiche di quel periodo, gli obiettivi di un nuovo sardismo, che l'elettorato sardo premiò portando Mario Melis al governo della Regione. Un ripasso che potrebbe tornare utile anche a chi non è proprio neofita della nazione sarda.

Noi Rosso-Mori siamo gli eredi di quella straordinaria stagione, in cui il Partito Sardo d'Azione fu davvero grande, perché seppe unire tutto il sardismo che fu di segno indipendentista e progressista; stagione oggi rinnegata dallo stesso P.S.d'Az., divenuto guardiano di forze conservatrici e certamente più attento ad altro. A chi pensa di fuggire dalle proprie responsabilità di appoggio al Governo regionale in carica, proponendo il superamento dell'attuale modello industriale, da sostituire con un non meglio precisato nuovo modello di sviluppo, come ha fatto l'altro giorno l'onorevole Planetta, suggerisco la rilettura delle posizioni del presidente Melis sulle partecipazioni statali, alle quali chiedeva le contropartite per quelle vere e proprie servitù industriali a cui si offriva la Sardegna con le industrie di base, con richieste che andavano ben oltre la mera difesa dell'esistente, ma non rinunciava alla difesa dell'apparato industriale esistente, così come non rinunciava e non derogava sulla difesa dell'ambiente. In quella fase, l'area di Portovesme fu dichiarata ad alto rischio ambientale e furono stanziate le risorse finanziarie per la bonifica ambientale, che tuttora attende di essere realizzata.

Ma quella strategia e quel progetto politico fu sconfitto e la Giunta a guida sardista durò solo una legislatura. Quella stagione di speranza sardista fu interrotta da veti delle succursali sarde dei partiti italiani. Diversi responsabili di quella sconfitta calcano ancora la scena politica isolana senza aver pagato il dazio a destra, al centro e a sinistra. Intanto finiva l'era delle partecipazioni statali, la Sardegna passava dalla fase dello sfruttamento a quella dell'abbandono. L'EFIM regalava agli americani dell'Alcoa gli impianti di produzione dell'alluminio primario del Sulcis. L'ENI regalava alla multinazionale svizzera Glencore gli impianti metallurgici del piombo-zinco della Portovesme Srl del Sulcis e di San Gavino. Sempre l'ENI scappava dalla chimica e scaricava le miniere della Carbosulcis alla Regione sarda. L'onorevole La Spisa può dirci con precisione quanto grava sul bilancio regionale ogni anno la Carbosulcis? Forse 30 o 40 milioni di euro? Non so. Tale disimpegno ha poi provocato la chiusura della Comsal e della Sardal, le uniche aziende di verticalizzazione delle produzioni di alluminio primario, così come la chiusura della Scaini di Villacidro e della stessa fonderia di San Gavino. L'Eurallumina, invece, dopo vari passaggi di proprietà, è passata nelle mani dei russi della Rusal. Ora è desolatamente ferma da un anno nonostante le rassicuranti promesse - io direi inganni - elettorali di Berlusconi, che confida nell'amico Putin e che in cambio delle promesse di lavoro si è preso nientemeno che il governo della Sardegna. Promesse berlusconiane che hanno consentito, comunque, al presidente Cappellacci di sedersi là. Oggi non è presente, però siede là.

Negli anni '90, le aziende di Stato sono scappate da Porto Torres, da Ottana, dal Sulcis, da Macchiareddu e dal Medio Campidano, senza neanche bonificare le aree industriali che avevano ampiamente inquinato, compromettendo la salute delle popolazioni e dell'ambiente. La privatizzazione dell'ENEL e la liberalizzazione del mercato dell'energia ha provocato in Sardegna un aumento delle tariffe per tutti e mentre in Italia il metano "dava una mano", così come si dice, ai sardi spezzava le gambe. L'elenco delle aziende manifatturiere messe fuori mercato dalle tariffe ineguali delle energie, dei trasporti e del credito è infinito, scandito dalla cronaca delle lotte sindacali degli ultimi vent'anni. Tutto questo ha provocato la perdita di decine di migliaia di posti di lavoro, ai quali vanno sommati quelli persi nell'artigianato, ignorati anche dalla cronaca, e senza ammortizzatori sociali.

Da oltre dieci anni ai più attenti è chiaro che il prezzo dell'energia è la mamma di tutte le vertenze di tutti i comparti produttivi, non solo di quelli energivori. La vertenza Alcoa è solo la punta di un iceberg che sta travolgendo da anni l'economia isolana. Di fatto siamo di fronte non già ad aiuti di Stato, ma a un vero e proprio furto di Stato. La dimensione di tale rapina ci è stata fornita a novembre dello scorso anno, in occasione del convegno congiunto organizzato da Regione e Governo italiano sul Galsi, dove è stato annunciato che la prossima metanizzazione della Sardegna produrrà un risparmio di 500 milioni di euro all'anno, vale a dire che in tutti questi anni in cui è stata, e lo è tuttora, l'unica regione d'Italia esclusa dalla metanizzazione, la Sardegna ha pagato una tassa impropria di 500 milioni all'anno. Questo è un furto di Stato!

Negli anni '60 la nazionalizzazione dell'energia elettrica assorbì anche l'Ente regionale per l'energia, fortemente voluto dai sardisti già nella prima Giunta regionale del 1950, attraverso il quale la Sardegna rompeva il monopolio elettrico, esercitato allora dalla Società elettrica sarda della Bastogi. Quella decisione determinò precise scelte di politica energetica, realizzando centrali e reti elettriche che contribuirono a modernizzare la Sardegna. Quindi stiamo scontando la mancanza di coraggio nel riprenderci la sovranità in materia energetica, allorquando, ben undici anni fa, in Italia fu fatta la scelta di privatizzare l'ENEL. La liberalizzazione del mercato elettrico ha visto nascere in Italia duemila società di intermediazione, commercializzazione e distribuzione dell'energia. Qualche comune italiano si è persino dotato di soggettività in materia energetica, potendosi così regalare, magari, la centrale elettrica di Ottana. E la Giunta regionale della Sardegna? E' chiaro, è muta, continua a dipendere da decisioni assunte fuori dall'Isola, e su un tema come quello dell'energia, su cui si giocano gli equilibri geopolitici del pianeta!

Il piano energetico sardo, elaborato dalle varie Giunte delle ultime due legislature, è certamente un utile e preciso inventario degli impianti di generazione elettrica e della rete di trasmissione, ma lascia inalterato lo stato di dipendenza della Sardegna sulle decisioni strategiche. Come spiegare, altrimenti, le scorribande dei pirati del vento contro cui si sono sollevate le popolazioni dell'Oristanese, e non solo? Negli interventi di giovedì, qualcuno ha ricordato che diverse Regioni italiane hanno costituito la loro agenzia per l'energia, sollecitando la Regione a muoversi in questa direzione. Io penso che la Sardegna debba riprendersi ciò che l'Italia ci tolse quasi cinquant'anni fa, debba ricostruire l'ente sardo attraverso cui esercitare la piena sovranità in materia di energia, magari rivendicando allo Stato e all'Unione Europea un regime speciale nelle accise, almeno finché non si completi la metanizzazione dell'Isola. Ma a questo nessuno ci pensa.

L'emergenza industriale portata nelle strade di Cagliari dai 50 mila manifestanti ci dice che senza sovranità cresce la dipendenza. Un operaio di Ottana con ottimismo dichiarava alla stampa: "Abbassando i costi dei trasporti e dell'energia, vedrete che la crisi passerà". In quelle parole si scorge l'ottimismo della volontà del popolo sardo, che non vuole rassegnarsi. Anche stavolta la manifestazione è stata ricca di proteste e sta alla politica, a tutti noi, saperle cogliere e interpretare. Il giorno precedente la manifestazione di venerdì scorso, la Fondazione Sardinia - credo che ne siate tutti a conoscenza - presentava al Presidente del Consiglio regionale, ai Capigruppo e a tutti i consiglieri regionali la proposta di un ordine del giorno che auspico venga esaminato il più presto possibile. Il tema della sovranità è davvero all'ordine del giorno, è nella coscienza e nelle speranze dei sardi di buona volontà, e spero anche di questo Consiglio regionale, che ha dichiarato di condividere i contenuti della piattaforma sindacale.

Per concludere, noi attendiamo notizie dall'Alcoa. Speriamo in buone nuove, anche se questa Giunta ha dimostrato di non avere alcuna autorevolezza per contrattare con il Governo italiano amico, chiaramente loro. Tutto ciò alla luce delle dichiarazioni recentissime del presidente Barroso, che invitava il Governo italiano a porre con urgenza il problema in sede europea, per poterne discutere in tempi utili per gli operai. Questo, chiaramente, sconfessava le dichiarazioni del Governo italiano amico, che era tanto preoccupato da non informare neppure la Commissione europea. La sopravvivenza dell'impianto di Portovesme, però, non chiude la vertenza sull'energia, né quella sulle servitù industriali. La conquista di un prezzo europeo dell'energia elettrica può rilanciare le attività manifatturiere e la verticalizzazione delle produzioni della metallurgia dei non ferrosi, come l'alluminio, il piombo e lo zinco, perché in Sardegna resti anche il valore aggiunto dei prodotti finiti, con lavorazioni che ovviamente rispettino l'ambiente. Il prezzo equo dell'energia, come dei trasporti e del credito, per l'insieme dei comparti produttivi, dall'artigianato all'agroindustria, metterebbe il sistema Sardegna in grado di poter competere alla pari almeno nel mercato europeo. Grazie.

Sull'ordine dei lavori

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Bruno. Ne ha facoltà.

BRUNO (P.D.). Lei, Presidente, questo pomeriggio ha iniziato i lavori e non ci ha comunicato i motivi dell'assenza del Presidente della Regione, che ha reso le dichiarazioni su cui stiamo discutendo nella giornata di giovedì, ai sensi dell'articolo 120 del Regolamento. Le chiediamo quali sono i motivi, naturalmente se il Presidente li ha comunicati, che ostacolano la sua presenza in Consiglio regionale e se c'è un componente della Giunta delegato, magari l'Assessore dell'industria, quello della programmazione o quello del lavoro, che sono qui presenti; se non ritiene e non condivide con noi che l'assenza del Presidente della Regione in un dibattito importante, dopo uno sciopero generale che ha visto 50 mila sardi scendere in piazza, sia un atto grave anche nei confronti del Consiglio regionale, che è un organo di questa Regione, che è la massima Assemblea legislativa di questa Regione. Le chiediamo, insomma, quali sono i motivi di tale assenza, dopodiché l'opposizione valuterà come proseguire la sua presenza in quest'Aula stasera.

PRESIDENTE. Onorevole Bruno, come ho avuto modo di comunicare anche la settimana scorsa, in sede di Conferenza dei Capigruppo, quando abbiamo definito l'organizzazione dei nostri lavori, nella giornata odierna il Presidente della Regione non è presente a causa della sua partecipazione, a Bruxelles, al Comitato delle Regioni. Il Presidente aveva anche comunicato che sarebbe stato presente all'insediamento della Commissione europea, previsto per il 10 febbraio.

Il Presidente della Regione è assente, quindi, per motivi istituzionali e ha delegato a rappresentarlo l'assessore La Spisa.

E' iscritto a parlare il consigliere Oppi. Ne ha facoltà.

BRUNO (P.D.). Presidente!

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Bruno. Ne ha facoltà.

BRUNO (P.D.). Chiedo dieci minuti di sospensione.

PRESIDENTE. Sospendo la seduta per dieci minuti. I lavori riprenderanno alle ore 18 e 03.

(Interruzione del consigliere Oppi)

PRESIDENTE. Ha ragione, onorevole Oppi. L'onorevole Bruno si era iscritto e io non avevo guardato il monitor. Le richieste a parlare sull'ordine dei lavori hanno la precedenza sulle questioni principali, a norma di Regolamento, però ha ragione lei, in quanto le avevo già dato la parola. Se non ha nessuna difficoltà, sospendo la seduta per dieci minuti.

(La seduta, sospesa alle ore 17 e 54, viene ripresa alle ore 18 e 04.)

Continuazione della discussione sulle dichiarazioni del Presidente della Regione, ai sensi dell'articolo 120 del Regolamento, sulla grave crisi industriale

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Oppi. Ne ha facoltà.

OPPI (U.D.C.). Signor Presidente, onorevoli colleghe e colleghi, il tempo limitato a mia disposizione non mi consente di affrontare in modo esaustivo tutte le problematiche legate al settore industriale, quindi concentrerò l'intervento sull'argomento del giorno, ossia la vertenza dell'Alcoa, nonché del polo industriale di Portovesme, e la posizione dell'ENI, ovvero sulla situazione drammatica che sta attraversando la Sardegna e che richiede il nostro massimo sforzo per trovare soluzioni efficaci che consentano di superare questo terribile periodo di crisi che sta mettendo in ginocchio migliaia di famiglie sarde.

In quest'Aula abbiamo sentito tante parole, interventi fini a sé stessi, ma nessuna proposta concreta per risolvere questa gravissima situazione. Ed è invece nostro dovere, come amministratori, fare chiarezza una volta per tutte, dando - tutti noi - un contributo utile, superando inutili schematismi e non scaricando le responsabilità su questo o quel Governo. Dobbiamo essere uniti e costituire un unico fronte compatto, per dare certezze all'Alcoa ed evitare che chiuda lo stabilimento di Portovesme o che ridimensioni la sua attività nel Sulcis, con inevitabili disastrose ricadute sul territorio.

Diciamo la verità, colleghe e colleghi, l'impostazione che è stata data in questi trent'anni per quanto riguarda l'alluminio, ossia concentrare l'attività soltanto sulle risorse primarie, non va più bene. Ci sono stati solo timidi tentativi per la determinazione di due modeste iniziative a valle: la Comsal e la Sardal. Dico alla professoressa Zuncheddu che la Sardal è in attività, per essere chiari. L'unico problema qual è stato? Il fatto che la Sardal, che peraltro fa estrusi di alluminio, è andata male perché si sono succeduti operatori non certamente determinati e seri. Solo recentemente un tal Molinari di Latina ha rilevato questa società, che non può ancora dare risultati positivi soltanto perché c'è di mezzo un fallimento, quindi non può per il momento fare investimenti. Questo imprenditore non ha chiesto soldi e nessuno lo sta aiutando.

Comunque noi non abbiamo avviato nuove attività economiche che consentissero di rilanciare l'economia del territorio, ed è su questo che dobbiamo lavorare. Dobbiamo, vedete, costruire una Sardegna nuova, tutti insieme, prescindendo dalle responsabilità di questo o di quel colore politico, perché se proprio lo dobbiamo dire - a mo' di reminiscenza mia personale, perché operavo in quel settore specifico -, ho qui un prospetto che parte dagli anni '80: negli ultimi trent'anni tre Giunte sono durate in carica cinque anni o quasi e sono quelle di Renato Soru, di Federico Palomba e di Mario Melis. Poi ci sono state alcune Giunte di centrosinistra e altre addirittura con alleanze trasversali. La sinistra in passato diede vita alla Giunta autonomistica presieduta da Antonio Cabras; vi furono altre presenze politiche, anche di centrodestra, per diversi anni. Perché ho detto questo, perché bisogna minimizzare? Perché non serve contrapporre un Governo all'altro. Nessuno ha fatto niente, raccontiamo la storia come si è svolta. Ma, ripeto, siamo qui per dare risposte al territorio e per cercare le soluzioni per superare questa situazione. Ed è per questo motivo che mi permetto di dare il mio personale contributo, anche perché ho maturato un minimo di esperienza, essendo stato per tanti anni Presidente della Commissione industria, e perché ho visto sorgere queste iniziative industriali. Per dieci anni, infatti, sono stato il presidente del Consorzio per il Nucleo di industrializzazione del Sulcis-Iglesiente, operavo a Portovesme e quindi ne conosco la storia come nessuno degli intervenuti, molti dei quali hanno detto cose campate in aria.

Diciamolo pure, per capire di cosa stiamo parlando bisogna tornare indietro. All'epoca si costruirono due industrie nel settore dell'alluminio: l'Eurallumina, un consorzio di trasformazione costituito dalla tedesca Metallgesellschaft e dall'australiana Comalco, e l'Alsar (società dell'EFIM), oggi Alcoa. Nel settore metallurgico, invece, con la chiusura delle miniere di piombo e zinco, l'ENI realizzò un impianto di trasformazione a Portovesme. Questi colossi erano tutte e tre fallimentari, perché il personale non era preparato e in funzione di questo i risultati furono pessimi fin dall'inizio: non c'erano le infrastrutture, non c'era un impianto di depurazione, non c'erano le celle elettrolitiche di copertura del fluoro. E così si è andati avanti. E' chiaro, quindi, che si poteva fare di tutto, ma sulla spinta operaia abbiamo dovuto sopperire, in quegli anni, alla crisi del settore carbonifero, che aveva mandato a casa oltre 15 mila persone. Ricordiamocele queste cose, ricordiamoci perché è sorto il polo di Portovesme.

Allora che cosa fu realizzato in quelle industrie? Inizialmente si prevedeva per l'Alcoa una produzione di 125 mila tonnellate di alluminio primario - risultato a cui si è arrivati dopo circa dieci anni -, che oggi è di 150-160 mila tonnellate. L'Alcoa, allora Alsar, aveva una centrale dotata di due gruppi, ciascuno dei quali produceva 180 megawatt. Tale energia, circa 2 miliardi e mezzo di chilowattora, in parte veniva utilizzata per la produzione, in parte veniva venduta all'ENEL. Successivamente la centrale è stata ceduta all'ENEL, dietro l'impegno di non interrompere mai la fornitura necessaria per la produzione.

In quel periodo per produrre un chilo di alluminio occorrevano circa 15 chilowatt, mentre oggi ne bastano 13 o 14, grazie all'evoluzione della tecnologia. Considerando che il prezzo dell'alluminio, trasformato da dollari in euro, perché si opera in dollari, è di circa 1,5-1,7 euro al chilo e che il costo dell'energia è di circa 40 centesimi (lo Stato, però, fa pagare l'energia 30 euro a megawattora), emerge che oggi il costo dell'energia incide per un quarto sul prezzo di mercato, condizione vantaggiosa rispetto al passato, quando invece tale incidenza era pari a un terzo.

Bisogna anche dire che in Sardegna c'è un impianto che oggi produce 150-160 mila tonnellate di alluminio, a cui si aggiungono le circa 200 mila tonnellate prodotte dall'impianto di Fusina; la Francia si attesta su 450 mila tonnellate, la Germania su 650, la Spagna arriva a 400 mila tonnellate. Sono dati che evidenziano come sia fondamentale indirizzarsi verso i settori secondario e terziario, ma soprattutto verso iniziative alternative. L'Alcoa ha acquistato nel 1996 a zero lire ed è evidente che oggi deve fare importanti investimenti, come quelli che riguardano il recupero dei fumi delle sale di elettrolisi, come sa bene l'amministratore delegato Giuseppe Toia, che tutti nominate e che è stato per tanti anni il direttore della centrale di elettrolisi, oltre agli investimenti necessari per le numerose carenze strutturali che è necessario sanare. Ma il 19 novembre scorso il presidente dell'Alcoa - mi sembra si chiami Kleinfeld - ha invece annunciato la chiusura temporanea degli stabilimenti di Portovesme e di Fusina, con un taglio produttivo di 200 mila tonnellate e una perdita di circa duemila posti di lavoro. La chiusura temporanea dell'impianto comporta lo spegnimento controllato delle celle elettrolitiche e la messa in sicurezza in vista di una ripresa della produzione, abbastanza improbabile vista la vetustà degli impianti, la concomitante fermata dell'Eurallumina e il costo dell'energia elettrica. Negli Stati Uniti, dove esistono meno vincoli sociali, è piuttosto frequente che gli impianti vengano messi in stand by e riavviati secondo le esigenze di mercato. In Italia questo non è possibile, la nostra situazione è molto più complicata.

Secondo la mia valutazione, che si basa sull'esperienza degli anni trascorsi a contatto con tutte queste aziende, all'Alcoa non basta la proposta del Governo di riduzione del costo dell'energia per tre anni. L'azienda preme perché per andare avanti - lo dico oggi per giovedì - e poter fare tali investimenti vuole avere la garanzia delle agevolazioni sul costo dell'energia per almeno cinque o dieci anni, ossia poter pagare 30 euro a chilowattora a fronte di una media europea di 23 e una media mondiale di 27. Normalmente negli altri Paesi gli accordi per le agevolazioni energetiche sono stipulati da Alcoa con l'ente produttore di energia elettrica, ma in Italia l'ENEL non è disponibile in tal senso e le garanzie finora offerte dal Governo italiano sono state impugnate dalla Commissione europea, che le considera aiuti di Stato. E visto che tali garanzie possono essere date soltanto con il benestare della Comunità europea è su quest'ultima che dobbiamo fare pressing.

Tutte queste sceneggiate napoletane non servono. Noi tutti per anni, nessuno escluso, abbiamo compiuto delle azioni che non sono servite, e citerò alcuni esempi. Noi dobbiamo riuscire a incidere a Bruxelles, perché è lì che si decide tutto, diversamente rischiamo di perdere quei grossi colossi industriali che andranno a investire altrove, dove l'energia costa oltre il 30 per cento in meno rispetto all'Italia, con una drammatica ricaduta sull'economia sarda. Oggi l'Alcoa non ha alcun interesse ad andare avanti, perché se il costo dell'energia elettrica non è agevolato perde 10 milioni di euro al mese sulla produzione.

Quindi ribadisco che è necessario che ci uniamo per far fronte comune per la Sardegna, per spronare il Governo nazionale affinché utilizzi tutta la sua influenza a Bruxelles per garantire all'Alcoa, per almeno cinque anni, un costo agevolato dell'energia elettrica. Con un atteggiamento positivo da parte della Comunità europea credo che l'incontro di giovedì tra il Governo e i vertici dell'Alcoa potrebbe portare a una soluzione del problema, con l'accettazione da parte dell'azienda di proseguire la produzione in Italia usufruendo del costo agevolato dell'energia. Una delle possibilità per convincere la Comunità europea a dare il via libera a queste agevolazioni potrebbe essere quella di presentare l'intervento come una soluzione a termine, per esempio per i prossimi cinque anni. In questo lasso di tempo ovviamente bisognerà non perdere un istante e definire strategie e nuovi modelli di sviluppo per l'area del Sulcis. Così facendo, se nel 2015 gli impianti saranno fermati non ci sarà quell'impatto sociale devastante che ci sarebbe se dovessimo fermarli ora.

Se così sarà, come mi auguro, noi tutti dovremo sfruttare questo lasso di tempo per organizzare la nostra economia perché, come ho già detto, puntare solo sul primario non va bene. Bisogna promuovere nuove iniziative economiche, soltanto così l'economia sarda potrà essere rilanciata. E noi che amministriamo questa Regione abbiamo precise responsabilità: nell'immediato salvaguardare i livelli occupazionali legati alle grosse industrie, ma nel contempo pensare al domani, progettare e organizzare una società economica che non subisca i ricatti di questo o di quell'altro colosso. Dobbiamo utilizzare tutte le risorse, le nostre disponibilità finanziarie per valorizzare e promuovere settori economici che facciano da volano per la Sardegna di oggi e di domani.

Per rispondere ad alcuni colleghi intervenuti prima di me, ritengo che non sia questo il momento di fare critiche sterili. Abbiamo soltanto il dovere di dare risposte ai sardi. Dico questo, onorevoli colleghi, perché tutti noi dobbiamo assumerci le nostre responsabilità. Voglio fare soltanto un esempio: i contratti d'area. Se dovessi fare una critica dovrei dire che voi sapete tutti che il soggetto propulsore del contratto d'area è la provincia. I contratti d'area in Sardegna sono però falliti; sono falliti perché quando si è firmato un protocollo è stato firmato dal questore, dal prefetto, dai vigili del fuoco, dal comune. Ma c'era una tempistica precisa ed entro un certo lasso di tempo si doveva dare la garanzia che si sarebbero realizzate le opere. Gli investitori sono venuti, ma se poi, come accade nel Sulcis, emerge che bisogna fare la caratterizzazione dei terreni, praticamente dopo che uno ha comprato il terreno perde il contributo ricevuto, perché il comune non può concedere la licenza edilizia se non si esegue prima la caratterizzazione. Non so dove andiamo! E se qualcuno dei presenti in quest'Aula è stato Presidente, sa che l'esempio della Cardinet è il più lampante. Si sono spesi 25 miliardi di lire, qualcuno addirittura è arrivato a dire che andava tutto bene.

Allora, amici cari, ci sono responsabilità della provincia e dello Stato, in particolare del ministro competente, che allora certamente non era un democristiano, però è chiaro che in quel momento storico non si poteva dire che alcune strutture, alcune aree industriali avevano i requisiti infrastrutturali. Questo è falso! Perché nella ZIR di Iglesias non esiste niente: non esiste un impianto elettrico, non esiste un impianto idrico, non esiste un impianto di depurazione. Come si poteva dire che era tutto a posto e siglare un impegno per un finanziamento di 25 miliardi se poi l'azienda non è mai partita? Questa è una vergogna, ognuno si assuma le sue responsabilità, che poi sono di tutti, come ho detto prima.

Ma potrei fare altri esempi: il porto. A Portovesme c'è un porto, dopo quindici anni Pecoraro Scanio si è svegliato e ha detto: "Il porto non può andare avanti". E le industrie come fanno? La Portovesme Srl (ex Samim, società dell'ENI) ha pagato in passato per controstallie valori con cui praticamente si potevano realizzare altre due industrie. Pur non essendoci un vero e proprio porto e pur con un traffico merci di 8 milioni di tonnellate il Sulcis aveva 160 metri di banchina utilizzabili. Cosa abbiamo fatto? Abbiamo forse accelerato le procedure per garantire questo?

Vedete, adesso vorrei prendere in considerazione il caso della Carbosulcis, qualcuno l'ha citata. E' vero, noi abbiamo avuto illuminati presidenti della Carbosulcis, sia di centrodestra che di centrosinistra, è inutile citarli. E' stato sempre un fallimento. Perché Moratti è riuscito a ottenere dei risultati e noi non ci riusciamo? Spendiamo decine di miliardi all'anno, come qualcuno ha detto prima, e tuttavia mentre Moratti c'è riuscito perché è andato a Bruxelles, in questo caso noi non ci siamo riusciti. Dobbiamo attivarci se vogliamo ottenere un risultato, perché tutte le gare internazionali che sono state fatte sono fallite. Le aziende sono scappate via e le banche non hanno dato le garanzie.

Voglio fare un ultimo esempio, quello dell'ENI. Amici cari, qualcuno ha sbagliato nell'esaltazione. Sapete chi ha fatto lo scorporo dell'estrattivo dal metallurgico in Sardegna? Nel 1989 era Presidente della Giunta l'onorevole Mario Melis ed era Assessore un caro amico, mi dispiace dirlo, che si è inventato improvvisamente, con la nostra opposizione molto netta, che potevamo persino sostituire la bauxite dell'australiana Comalco (in Australia la bauxite può essere estratta a cielo aperto) con quella di Olmedo. Una truffa legalizzata, venduta per mille lire. Sapete perché? L'Assessore era l'amico Gabriele Satta. Si sapeva benissimo che la bauxite australiana costava un terzo in meno. Si sapeva già che sarebbe stato un fallimento, ma si è fatto così. Ebbene, cos'è successo? L'ENI è scappato, ha fatto lo scorporo e ha detto: "Io prendo il metallurgico e voi vi tenete l'estrattivo". Dopodiché è scappato e ha dismesso anche il metallurgico, perché voi sapete perfettamente che l'ENI era proprietario della Comsal, che produceva laminati di alluminio, e della Samim, cioè della Portovesme Srl. Non è sembrato vero all'ENI, successivamente, come per tutte le altre sue operazioni, scappare via di fatto e noi, Regione, l'abbiamo lasciato andar via, a zero lire, non abbiamo avuto la forza di respingere la possibilità dello scorporo, che poi ha determinato la crisi generalizzata del settore.

In conclusione voglio dirvi soltanto questo: noi dobbiamo pensare a proposte concrete per risollevare l'economia del territorio, non parlarci addosso lanciando accuse a questo o a quello. Io credo che le scelte strategiche da attuare entro il 2015 possano essere diverse. La prima è la riqualificazione delle aree industriali. Non mancano infatti esempi positivi in Italia, basti pensare a Porto Marghera o alla riqualificazione dell'area del petrolchimico a Ferrara, vero onorevole Giampaolo Diana? Sono riusciti a farlo perché c'era la volontà, la capacità, ed era l'unica possibilità concreta. Quando hanno chiuso le miniere e hanno chiuso il settore dell'alluminio anche a Bolzano, dove l'impianto è stato comprato dall'Alumix, hanno dato, pur di cacciarci via, centinaia di milioni, perché i bolzanesi non vogliono gli italiani. Ebbene, anche allora noi non andavamo bene, pur avendo una produzione che rappresentava una grossa potenzialità a Portovesme, ma non si poteva toccare Bolzano, c'erano problemi di etnia e quindi Bolzano non poteva subire la cassa integrazione. E noi zitti a subire, con responsabilità di tutti quanti.

La seconda scelta strategica è sicuramente quella di puntare sul turismo, con iniziative mirate al territorio. Infine, contestualmente al rilancio del territorio, bisogna chiedere un forte coinvolgimento - l'hanno detto molti colleghi e hanno ragione - delle multinazionali che hanno operato e operano a Portovesme e in altre aree della Sardegna per collaborare al risanamento del territorio, cosa che non hanno mai fatto, mentre in altre aree geografiche d'Italia per questo fine hanno speso centinaia di miliardi.

Voglio fare un ultimo riferimento ad alcune cose che ha detto il collega Gian Valerio Sanna. Io credo che noi, svegliandoci, di fronte a questa azione forte che si sta facendo in Sardegna, al business nel settore eolico e del fotovoltaico, dovremmo avere un sussulto di orgoglio. Ci sono quelli che vengono qui e presentano le pratiche. Ne hanno presentate tante, io ne potrei citare sette della Fri-El. Recentemente un certo Vigorito è stato arrestato, non gli bastava guadagnare tanti soldi, l'equivalente di circa 250-300 megawatt in Sardegna distribuiti in sette impianti, ma soprattutto cosa ha fatto? Ha detto anche che i terreni erano suoi! Allora io credo che fino a quando dobbiamo difendere la Portovesme Srl, comunque gente che in Sardegna investe, che fa le battaglie e gli investimenti necessari a garantire i livelli occupativi, dobbiamo porre in essere nuove norme per sostenere queste iniziative, ma di fronte agli avventurieri dobbiamo essere tutti uniti per cacciarli via, perché vengono qui prevalentemente per speculare, creano soltanto danni e praticamente penalizzano la Sardegna.

PRESIDENTE. E' iscritta a parlare la consigliera Barracciu. Ne ha facoltà.

BARRACCIU (P.D.). Signora Presidente, Assessori, dispiace che come al solito il Presidente della Regione non sia presente in aula oggi. Gli avrei voluto dire, ma glielo dico lo stesso, che le sue dichiarazioni sull'Alcoa e più in generale sulla crisi industriale non mi hanno convinta per niente, per una serie di motivi: intanto perché le dichiarazioni di giovedì scorso sono state la riproposizione delle dichiarazioni programmatiche declamate in quest'Aula un anno fa dallo stesso Presidente; poi perché non c'è stata la benché minima ammissione di responsabilità sua e del Governo regionale in riferimento alla situazione nella quale ci troviamo oggi (almeno una piccolissima ammissione avrebbe reso più credibili le sue dichiarazioni); inoltre perché, nel cercare di blandire, anzi io direi di camuffare anche questo primo aspetto, questa non ammissione di una piccola responsabilità, ha usato quest'Aula per un momento di bassa propaganda, secondo me, e ci ha propinato un racconto delle sue emozioni di fronte alla scena dei lavoratori e delle loro famiglie che protestavano a Roma. Sarà anche per la mia formazione, la mia educazione affettiva da sarda di famiglia sarda, ma le emozioni e i sentimenti di dolore e di compassione, nel senso di "patire insieme", che si provano di fronte alle persone che vivono disagio, grande disagio e anche disperazione non si raccontano in pubblico. Non si raccontano in pubblico e non si raccontano di fronte alle telecamere. Si provano, quelle emozioni, quei sentimenti, e si consegnano all'intimità privata, si conservano con discrezione e, semmai, nel caso di coloro i quali hanno responsabilità politiche forti, si trae forza da quei sentimenti di compassione (patire insieme) per risolvere con serietà, con responsabilità i problemi. Così non è stato. Così invece si rispetta la dignità di quei lavoratori e la dignità dei sardi tutti.

"Chi non è credibile", diceva poco tempo fa il Presidente della Regione, "non può essere un interlocutore gradito. Auspico" - il Presidente diceva - "che vi sia un atteggiamento conseguente da parte di Alcoa". Tra le parole mai pronunciate dal presidente Cappellacci da quando riveste la sua carica, queste senz'altro sono quelle che descrivono in maniera più pregnante la realtà di quanto accade. Ahimè, quell'atteggiamento non c'è stato. Il Governo italiano, la Regione sarda non sono credibili; il Presidente della Regione non è credibile. Questo è ciò che hanno anche denunciato gli americani di Pittsburgh con le loro decisioni. Senza prendere le difese di nessuno, non fa però meraviglia che gli americani siano interessati al business più che al resto; sono apposta per questo qua e in altre parti del mondo. E ci rimangono fino a quando conviene loro rimanere in un territorio, fino a quando sanno di poter guadagnare, di trarre profitto.

Il problema, quindi, non sono gli americani; certo, anche loro per un certo verso. Il problema però è che gli impegni di chi rappresenta il popolo sardo e quello italiano non valgono nulla, sono aria al vento. Ed è una farsa che si ripete a ogni istanza: la telefonata, le rassicurazioni, la minaccia di passare ai fatti, eccetera. La farsa di chi per il momento in realtà non ha coscienza esatta di ciò che si deve fare e, come dire, prende tempo. La Nuova Sardegna del 4 febbraio scrive: "Fonti vicine all'azienda hanno ripetuto che, al di là dell'impegno di Letta, la proposta del Governo consisteva nella dichiarazione di Letta che dichiarava che Berlusconi dichiarava di aver parlato con Barroso, che a sua volta dichiarava che avrebbe esaminato il provvedimento nel corso della prima seduta utile della nuova Commissione, il 10 febbraio". Niente di scritto, dichiarazioni su dichiarazioni. Una farsa appunto! Questo, ripeto, da La Nuova Sardegna del 4 febbraio.

Tanti ministri in questi giorni si sono espressi in favore dell'Alcoa, della situazione sarda; hanno, come dire, provato un sentimento di compassione nei confronti della Sardegna. Eppure sappiamo che il Governo italiano, fino a pochi giorni fa, non aveva fatto un atto concreto molto importante, cioè non aveva notificato formalmente il documento famoso sulle agevolazioni per le tariffe energetiche in Sicilia e in Sardegna. Un fatto gravissimo che denuncia l'inadempienza, quindi le responsabilità delle istituzioni nazionali verso i problemi della Sardegna. E' una notizia ufficiale resa, come hanno detto altri colleghi, dallo stesso presidente Barroso.

Il decreto legge sull'approvvigionamento dell'energia elettrica in Sardegna e in Sicilia sarà presentato solo domani, a Bruxelles, dal Comitato tecnico e il fatto che riguardi anche la Sicilia, questo sì, ci conforta non poco visto che la Sicilia sembra riuscire a ottenere tutto ciò che la Sardegna fino a oggi per le sue vertenze non è riuscita a ottenere. Esiste una sola spiegazione a tutto questo, secondo il mio punto di vista, ma è un punto di vista diffuso nel centrosinistra dagli interventi che abbiamo sentito, e cioè non importa granché delle sorti della Sardegna al Governo italiano e al centrodestra che ci governa; non importa che migliaia di persone rischino il diritto a una vita degna di essere vissuta, basata sul lavoro, sul diritto al lavoro; non importa che l'Italia perda anche la possibilità di produrre una risorsa prima come l'alluminio; non importa che la gente sia nel baratro di una tragedia davvero sociale ed economica.

Ma c'è di peggio: il Ministro dello sviluppo economico, Scajola, ieri, lunedì, ai microfoni di Canale 5 ha detto: "L'Alcoa è l'emblema del costo dell'energia nel nostro Paese". Dicendo questo continuava a strumentalizzare la disperazione del caso Alcoa, del caso Sardegna, per dimostrare la necessità del nucleare in Sardegna. Il ministro Scajola sbaglia: l'Alcoa è l'emblema dell'inoperatività del suo Governo, silente per mesi sul tema dell'energia - è questa la responsabilità che si attribuisce decisamente ai Governi nazionale e regionale - e ancora incapace di fare pressioni sull'ENEL perché conceda tariffe agevolate e competitive come nel resto dell'Europa. Alcoa è l'emblema della falsità di tutte le affermazioni fatte dal Governo di centrodestra sull'industria in Sardegna.

Proprio domani, poi, il Consiglio dei Ministri definirà i criteri per i siti nucleari, dando via libera agli operatori economici di scegliere i luoghi di loro preferenza. Voglio denunciare la perversità di un meccanismo che lascia morire le attività produttive per affermare, poi, il possibile rilancio solo attraverso il ricatto della servitù nucleare. Da questi banchi lo abbiamo detto in tanti, lo voglio ribadire oggi: la Sardegna non è disponibile alle imposizioni di servitù nucleari falsamente spacciate per il volano di uno sviluppo alternativo e più competitivo. E mi rammarico anche del fatto che il presidente Cappellacci non abbia ancora dichiarato la Sardegna Regione denuclearizzata, pur proclamandosi, sempre e naturalmente soltanto a parole, contrario all'ipotesi di centrali nucleari o di depositi per lo stoccaggio delle scorie nucleari sul nostro territorio.

Da oggi c'è una nostra proposta di legge, primo firmatario l'onorevole Giampaolo Diana, proprio su questo tema. Spero che ne discuteremo presto. Evidentemente al presidente Cappellacci importa più che altro, come sempre, come ha già dimostrato, di non dispiacere al premier Berlusconi. Certo è che non avrebbe avuto bisogno di recarsi in Israele per trovare il muro del pianto. Il muro del pianto è in Sardegna adesso; il muro del pianto è cresciuto a causa delle decine di provvedimenti a cui non ha mai dato corso e che ha ignorato o addirittura dirottato altrove. Il Presidente della Regione e tutti voi siete corresponsabili di queste inadempienze, dei ritardi, del furto di risorse, dei posti di lavoro che si traducono appunto nelle grandi difficoltà della Sardegna. Solo in parte abbiamo visto sfilare queste difficoltà venerdì scorso. Solo in parte, perché l'emergenza è maggiore e abbraccia tutti gli aspetti della vita sociale, economica, politica e culturale di questa Regione. E quella di venerdì 5, al di là delle mistificazioni stucchevoli - mistificazioni stucchevoli! - di quella realtà, non era certamente una festa. Io personalmente non mi sono divertita e non mi risulta che qualcuno si sia divertito o si stesse divertendo a sfilare per le strade di Cagliari. Il popolo sardo è ancora più intransigente degli americani di Alcoa, pretende documenti scritti, esattamente come loro, e pretende impegni seri che diano certezze di lavoro, di produttività, di vita.

Se il presidente Cappellacci dovesse decidere di rimanere a presiedere questa Regione, e capisco che sarà una scelta difficile da ponderare dopo le performance di questi mesi, deve davvero impegnarsi per uscire dalla pantomima, per niente buffa, ma fin troppo tragica, a cui è costretto dalla volontà di chi l'ha voluto al più alto gradino del governo di quest'Isola. Siamo nella coda di una crisi economica ancora insidiosa che ha mietuto molte vittime e continua a mieterne poiché non è stata ostacolata, come sarebbe dovuto avvenire, con la previsione di una spesa mirata attraverso provvedimenti capaci di contenerne gli effetti negativi. L'industria, tra gli altri settori, naturalmente ne fa le spese. Non dimentichiamoci che c'è un vizio capitale nella politica industriale della nostra Isola, anche queste cose ce le siamo ripetute tante volte: l'industria in Sardegna è nata da una volontà esterna a quest'Isola e come tale continua a esistere, schiava di decisioni prese oltremare. Oggi tutti inneggiano alla società thailandese Indorama, che sembra in grado di risolvere in maniera adeguata la crisi di Equipolymers e quindi di Ottana. Ma Indorama dice chiaramente - lo ha detto in questi giorni - che se la Giunta regionale non fa atti concreti e non prende decisioni concrete per assicurare la risoluzione della questione dell'energia e dei trasporti, ritirerà la sua offerta. E i tempi sono strettissimi, entro la fine del mese.

Che il nostro destino sia discusso in Svizzera o in Thailandia in fondo non fa grande differenza. L'internazionalizzazione è una realtà ovunque ed è spesso un rimedio auspicabile, diventa però una iattura quando le preposte istituzioni nazionali e regionali si rivelano non in grado di curare gli interessi dei lavoratori e del territorio che essi rappresentano, ovvero, in termini concreti, quando chi governa non si attiva in maniera efficace per salvaguardare il posto di lavoro, per incidere sulle condizioni da cui dipende la possibilità per le aziende di essere competitive e per tutelare la salute pubblica dei cittadini e dell'ambiente.

Tra breve sarà un anno che governate quest'Isola. Ebbene, a dieci mesi dall'insediamento è decisamente arrivato il momento di dare almeno un segnale che vuole e può risollevarsi, presidente Cappellacci, che oggi non è presente. Risollevarsi dalla condizione di sudditanza che la tiene inchiodato rispetto al Governo nazionale; inchiodato e anche muto direi. Libertà significa responsabilità, ed ecco perché, come ben diceva Bernard Shaw, molti, tra cui certamente voi, la temono. Eppure senza l'assunzione di importanti responsabilità e anche l'ammissione di qualche piccola responsabilità, perché siete voi oggi al governo, è molto difficile andare da qualche parte, è molto difficile progredire. E' ora più che mai urgente entrare nel merito di una fase progettuale in cui chi governa si assuma per intero l'onore e l'onere di uno sviluppo praticabile e si dimostri capace di individuare un percorso virtuoso che porti sviluppo e futuro per la nostra Isola.

Pongo allora la questione: l'industria è o no un settore strategico? Poniamocela questa domanda, perché non è detto che nel nostro futuro debba esserci necessariamente l'industria così come l'abbiamo conosciuta. Oggi quella che c'è va difesa con le unghie e con i denti e va difesa da tutti, non certamente come lo state facendo voi. Individuare le nuove opportunità derivanti dai progressi tecnologici è un'esigenza cui ogni Regione deve mirare, specie oggi in cui sono in atto in Europa processi di aggiustamento strutturale e di decrescita che si realizzano incoraggiando gli investimenti nella ricerca, nell'innovazione, nello sviluppo dell'imprenditorialità e di nuove competenze, nelle tecnologie dell'informazione e della comunicazione, nella conoscenza e nella riorganizzazione del lavoro.

Abbiamo sentito affermazioni importanti, a iniziare da quelle fatte dai colleghi dell'U.D.C. la settimana scorsa, in particolare dall'onorevole Capelli, e oggi anche dall'onorevole Oppi. Alcuni cominciano ad ammettere la realtà. Dovremmo sentire tutti quanti dire finalmente che non credete più in questo tipo d'industria, che non ci credete, che occorre cercare strade alternative e investire nella produzione di nuovo lavoro. Saremmo i primi a felicitarci, se non altro per la chiarezza. Fino adesso non l'avete fatto, a parte alcuni di voi, ma se contemporaneamente fate il contrario non siete credibili. Peraltro le affermazioni dell'onorevole Oppi, che ho ascoltato con attenzione, le ho apprezzate proprio perché contenevano una serie di ammissioni importanti anche rispetto al presente, però sarebbero state più apprezzabili se il centrodestra le avesse fatte sue, se il presidente Cappellacci le avesse fatte sue durante la campagna elettorale. Durante la campagna elettorale ai lavoratori dell'industria è stato invece detto esattamente il contrario: è stato detto che l'industria sarebbe stata salvata, che l'Alcoa non avrebbe chiuso, che a Ottana non so cosa sarebbe successo e a Porto Torres idem. Esattamente il contrario! Avete naturalmente mietuto voti che vi hanno fatto vincere le elezioni e oggi, a un anno di distanza, cominciate a fare delle ammissioni, a dire la verità ai lavoratori rispetto ai quali provate compassione, ma che un anno fa avete preso in giro.

Voi quindi dite questo, ma se rispondete che, sì, l'industria è un settore strategico per l'economia non solo sarda, ma addirittura italiana, allora non potete sfuggire a ciò che deve conseguire: mettere in campo le politiche e gli aggiustamenti strutturali capaci di risanare la competitività delle aziende del territorio e di vincere l'inquietudine dei cittadini. Bisogna assumersi appunto le responsabilità. Non è ammissibile che il costo dell'energia delle materie prime sia ancora ai livelli in cui è. Le carenze nei trasporti e nei servizi devono trovare soluzione al più presto. L'ENEL l'ENI e le Ferrovie dello Stato non agiscono scollegate dal Governo di Roma. Ecco dove stanno le responsabilità e anche il tempo perso, visto che i ministeri sono azionisti di riferimento importanti. Non c'è nessun collegamento fra l'ENEL e l'Alcoa del Sulcis? Non c'è nessun collegamento fra l'ENI e Porto Torres? Non c'è nessun collegamento fra Trenitalia e la questione della linea merci Golfo Aranci-Civitavecchia? C'è o non c'è un collegamento? Mi risulta che ci sia un collegamento e che rispetto a queste linee niente sia stato fatto perché si agisse per superare i problemi sul campo. Quindi non è ammissibile che il vostro Governo amico continui a fare a scaricabarile, come se non fosse responsabile della politica industriale nazionale. E tanto meno è ammissibile che la Giunta faccia finta di niente, anzi finga di aver ottemperato a quanto era nelle sue possibilità, tramite proclami dagli effetti esclusivamente mediatici, ma del tutto privi di sostanza. Non è questo ciò di cui la Sardegna ha bisogno.

Certo è che l'industria in Sardegna è ancora dotata di ampie potenzialità, ma a patto che si scommetta su un'industria d'avanguardia, sulle interconnessioni dei settori che devono trainarsi l'uno con l'altro. La cultura industriale ha un ampio potenziale di crescita ancora inespresso, su cui sarebbe possibile scommettere per riavviare interi indotti produttivi, dal Sulcis a Porto Torres, da Assemini a Ottana, dall'Ogliastra al Campidano, cominciando con la bonifica dei siti inquinati e proseguendo con le produzioni d'avanguardia, attraverso l'implementazione delle tecnologie, cose che sono state dette anche forse molto bene dal Presidente della Regione nelle sue dichiarazioni programmatiche, ripetute a tratti nel "tomo psicopedagogico e antropologico" del Programma regionale di sviluppo, ma di cui evidentemente non c'è traccia.

Il sistema industriale del Paese deve riaffermare la sua competitività in ambito internazionale, deve tutelare i posti di lavoro, deve lavorare perché ci sia un'industria che rispetti l'ambiente e l'apparato produttivo industriale sardo. Sono i lavoratori della Sardegna a chiedere che questa Giunta non se ne rimanga al potere senza assumersi le responsabilità. E l'unico modo per liberarsi dalle responsabilità consiste nel farsene carico e assolverle, altrimenti è meglio che chi governa dichiari pubblicamente di non avere le forze necessarie e torni a vita privata. Grazie.

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Cuccureddu. Ne ha facoltà.

CUCCUREDDU (Gruppo Misto). Chiedo la verifica del numero legale.

PRESIDENTE. Chi è l'altro Capogruppo che appoggia la richiesta?

(Appoggia la richiesta il consigliere Giacomo Sanna)

Seconda verifica del numero legale

PRESIDENTE. Dispongo la verifica del numero legale con procedimento elettronico.

(Segue la verifica)

Prendo atto che i consiglieri Mulas e Uras sono presenti.

Risultato della verifica

PRESIDENTE. Sono presenti 65 consiglieri.

Risultano presenti i consiglieri: Agus - Amadu - Artizzu - Bardanzellu - Barracciu - Ben Amara - Bruno - Campus - Capelli - Cappai - Caria - Cherchi - Cocco Daniele - Cocco Pietro - Contu Felice - Contu Mariano - Cossa - Cucca - Cuccureddu - De Francisci - Dedoni - Dessì - Diana Giampaolo - Diana Mario - Espa - Floris Mario - Floris Rosanna - Fois - Greco - Lai - Locci - Lombardo - Lotto - Manca - Maninchedda - Mariani - Meloni Francesco - Meloni Valerio - Moriconi - Mula - Mulas - Murgioni - Obinu - Oppi - Peru - Piras - Pitea - Pittalis - Rodin - Sabatini - Sanjust - Sanna Giacomo - Sanna Gian Valerio - Sanna Paolo - Solinas Antonio - Solinas Christian - Soru - Steri - Stochino - Tocco - Uras - Vargiu - Zedda Alessandra - Zedda Massimo - Zuncheddu.

Poiché il Consiglio è in numero legale, possiamo proseguire con i lavori.

E' iscritto a parlare il consigliere Ladu. Poiché non è presente in aula decade dal diritto alla parola.

E' iscritto a parlare il consigliere Gavino Manca. Ne ha facoltà.

MANCA GAVINO (P.D.). Signora Presidente, colleghi consiglieri, signori Assessori - avevo previsto anche il saluto al Presidente della Regione, mi adatto a salutare gli Assessori presenti in aula -, ho ascoltato con molta attenzione le parole pronunciate dal presidente Cappellacci nella relazione da lui svolta giovedì scorso, in cui non si è limitato a fare un'analisi della situazione dell'industria in Sardegna, ma ha sviluppato un ragionamento di carattere generale, ripercorrendo, come ricordava poco fa la collega Barracciu, né più né meno le linee programmatiche che ci hanno visto cimentarci, dieci mesi fa, in un dibattito molto simile a questo, evidenziando quelli che tendenzialmente dovrebbero essere gli atteggiamenti della classe politica o, per precisare meglio, quelli che lui avrebbe auspicato sarebbero stati gli atteggiamenti della classe politica sarda in questo drammatico momento di difficoltà che la nostra Isola attraversa. Le sue parole chiaramente richiamano a un'azione, a una politica di responsabilità che ricerchi la maggiore coesione possibile tra le forze politiche di qualsiasi colore esse siano, proprio al fine di trovare soluzioni e dare risposte concrete ai sardi.

Ho fatto questa breve premessa, quasi riassuntiva della posizione espressa dal presidente Cappellacci, perché penso che sia importante capire, dai ragionamenti che in quest'Aula si sono fatti giovedì, da quelli che si faranno oggi e forse nei prossimi giorni, quali saranno i nostri rapporti da qui alla fine della legislatura e quale sarà di conseguenza il ruolo che ognuno di noi dovrà svolgere all'interno di questo Consiglio regionale. Prima di continuare mi preme rassicurare subito, al fine di evitare equivoci, chiunque pensi che io abbia dubbi sul ruolo che posso e devo personalmente svolgere nei limiti del mandato datomi dagli elettori e nei limiti delle soggettive capacità di ciascuno all'interno di quest'Aula. Dico questo in assoluta coerenza con quanto da me personalmente sostenuto durante il dibattito sulle dichiarazioni programmatiche del Presidente della Regione, nel corso del quale ho con convinzione sostenuto che il nostro livello di azione politica, sia essa di opposizione o di maggioranza, potrà essere tanto maggiore quanto più nell'interesse dei nostri cittadini riusciremo a mettere da parte le faziosità e le conflittualità sterili e inutili, che spesso limitano le nostre scelte e influenzano negativamente la nostra azione politica.

Nell'ascoltare gli interventi dei colleghi durante la prima seduta dedicata a questo argomento, ho seguito con molta attenzione e interesse l'intervento del collega Vargiu, con cui concordo su un aspetto cardine del suo ragionamento, quello in cui sostiene che non sarà il dibattito odierno a dare una svolta alla crisi, ma sicuramente il dibattito di questi due giorni sarà fondamentale per capire quale strada vorrà percorrere questo Consiglio, quale strada vorrà percorrere questa Regione, quale strada vorrà percorrere quindi questa minoranza e specialmente questa maggioranza. Sono assolutamente veri i limiti e le difficoltà del Consiglio regionale e chiaramente, nell'affermare questo, non mi riferisco al ruolo che ognuno di noi esercita all'interno di quest'Aula, ma al ruolo che il Consiglio regionale esercita in senso generale. Mi permetto di aggiungere che la macchina amministrativa regionale risulta sicuramente inadeguata e bisognosa di importanti interventi.

Questa prima parte del mio ragionamento mi consente di dire che condivido totalmente l'intervento del collega Sabatini, il quale, non sottraendosi al senso di responsabilità richiamato dal presidente Cappellacci, evidenzia però una serie di limiti fondamentali che minano, nel senso più vero e profondo, il termine che così tante volte il Presidente e altri colleghi hanno usato. Perciò, senza dilungarmi, perché penso che i singoli temi, i singoli problemi, di qualunque natura essi siano, e le proposte risolutive debbano essere affrontati e discussi in maniera approfondita nelle Commissioni, preciso in quest'Aula quello che è un elemento importante, ovvero il fatto che questa minoranza continua ripetutamente a garantire il numero legale in Commissione. Questo lo dico anche a memoria della polemica aperta nel dibattito dei giorni scorsi. Farò alcuni esempi per spiegare perché, a mio parere, la macchina della Regione, unitamente alla maggioranza che la guida, in questo momento funziona male, assolutamente male. Il dibattito che ci impegna oggi sulla tragica situazione che vive il nostro tessuto industriale nel suo complesso, esasperata nelle ultime ore in particolare dalla drammatica situazione dell'Alcoa, senza dimenticare la Vinyls di Porto Torres e tutte le altre aziende in grande difficoltà, che non cito perché tutti le conosciamo perfettamente, evidenzia una carenza cronica nei confronti della nostra terra: l'assenza assoluta del Governo nazionale, che negli ultimi vent'anni ha sfornato accordi di programma Stato-Regione-aziende che prospettavano speranze, ma probabilmente, vista la situazione attuale, pochi fatti. Il tutto senza mai impegnarsi in un percorso alternativo serio che, a mio parere, non può essere pensato e attuato senza il contributo fondamentale del Governo nazionale, che deve contribuire con idee e risorse finanziarie. E non diciamo che in questo momento non ci sono risorse finanziarie, visto che le utilizziamo per fare un'opera assolutamente non indispensabile per la nostra Nazione, che è lo stretto sul ponte di Messina. Questo non perché la Sardegna non abbia o non debba avere la propria autonomia sui temi industriali, ma perché è impossibile pensare che da sola la nostra terra possa sopportare e mantenere la struttura dell'industria di base.

Assessore, colleghi, non è del tutto utopistico pensare ad altre esperienze di sviluppo; è nostro obbligo pensare ad alternative di sviluppo che cambino anche radicalmente parte del tessuto economico ormai improduttivo presente nella nostra regione. Pensando, ad esempio, al nord-ovest della Sardegna e a una parte importante come la zona industriale di Porto Torres, dove circa duemila ettari sono stati completamente infrastrutturati in collaborazione con le multinazionali che per anni hanno fatto lì le loro fortune, ritengo che con il contributo dello Stato e della Regione sia possibile pensare a uno sviluppo diverso di quel territorio. Cito un esempio, solo per far capire le opportunità che si costruiscono con le esperienze che nel mondo sono presenti: il porto di Tangeri in Marocco, individuato oramai come zona franca, si appresta a diventare, con scelte fatte negli ultimi quindici anni - quindi non parlo di secoli fa -, il più grande hub di tutto il Mediterraneo per superficie destinata allo stoccaggio di carburanti, liquidi, merci, cereali e container, con lo sviluppo di una forza occupazionale prevista a regime di circa 300 mila persone. Nei primi cinque anni - sono dati inconfutabili - sono state occupate in maniera diretta circa 20 mila persone. Non detto da me, ma sostenuto da importanti esperti del settore, logisticamente la Sardegna posta al centro del Mediterraneo non invidia niente a Tangeri in Marocco, che tra le altre cose ha iniziato questo progetto con circa 600 ettari di territorio a disposizione totalmente da infrastrutturare.

Questo è un esempio per dire a noi stessi che se non pensiamo a un'idea di sviluppo alternativa, non faremo che spostare in avanti il problema e correremo forse il rischio che quello che non accade oggi accada tra due, tre o cinque anni. Questo, a mio parere, significa che al momento va gestito l'immediato; le difficoltà e la disperazione vanno gestite con ogni mezzo e con ogni risorsa, sapendo però che una Regione forte deve chiedere allo Stato impegni precisi e severi.

Nella classifica delle province italiane le nostre otto province sono agli ultimi venti posti per livello infrastrutturale. Questo è inconcepibile, così come è inconcepibile che impegni forti per quanto riguarda infrastrutture fondamentali, come ad esempio la strada Sassari-Olbia, siano disattesi o attesi in parte, senza certezze complessive, mentre opere non fondamentali o quanto meno non prioritarie per il Paese, come il ponte di Messina, vengono finanziate con certezza totale. Lo ricordava nel suo intervento anche l'onorevole Giampaolo Diana: la nostra Regione ha una dotazione infrastrutturale pari al 59,8 per cento rispetto alla dotazione nazionale. Questo per lo sviluppo è un limite forse insormontabile. Questo per dire che quello della strada Sassari-Olbia è un esempio forte, ma non è sufficiente: abbiamo bisogno di risorse per dare infrastrutture alla nostra terra; abbiamo bisogno di chiarezza, ad esempio per quanto riguarda i fondi FAS, che non si capisce bene che fine abbiano fatto; abbiamo bisogno di capire perché non è stato ancora risolto il problema del patto di stabilità che blocca la spesa e cancella l'economia. Problema presente, è vero, anche nella scorsa legislatura, con un Governo regionale diverso, ma con lo stesso Governo nazionale.

Penso che sia fondamentale, lo dicevo in apertura, ristrutturare completamente la macchina amministrativa regionale; penso che sia fondamentale capire quali sono i freni alla spendita delle risorse e come sia possibile che, nelle condizioni in cui ci troviamo, abbiamo una massa finanziaria di residui così imponente che non solo non si riesce a spendere, ma in alcuni casi neanche a programmare. Assessore, abbiamo bisogno di pensare ad alternative serie a quei rami industriali che, in coscienza, abbiamo la certezza che nella nostra terra non hanno futuro, ma abbiamo altresì la necessità, lo sosteneva in maniera accalorata e passionale il collega Giampaolo Diana, di capire in modo chiaro quali sono le idee, le risorse, gli impegni forti che questa Giunta regionale prenderà e quelli che si chiederanno al Governo nazionale per salvaguardare, anzi valorizzare quelle filiere industriali che nella nostra regione possono ancora vivere, così come vivono in tante altre nazioni europee, che non le hanno abbandonate, ma anzi rinforzate.

Faccio un esempio: stamani, in viaggio verso Cagliari, ascoltando il giornale radio ho sentito parlare delle difficoltà di circa 600 lavoratori del Centro ricerche della Glaxo, una multinazionale farmaceutica di livello mondiale che sta per lasciare l'Italia per trasferirsi in Inghilterra, dove il Governo britannico ha messo a disposizione una serie di sgravi fiscali appetibili per le esigenze societarie. E' un esempio per dire che noi parliamo di industria farmaceutica senza probabilmente capire qual è la prospettiva dell'industria farmaceutica nel nostro Paese.

Presidente, Assessore, lo chiedo con serietà, senza alcuna vena polemica, ma con molta amarezza e determinazione: è possibile che il famoso piano casa, provvedimento sbandierato come la panacea di molti mali della nostra Isola e come strumento fondamentale per la ripresa di un settore economico molto importante, si sia rivelato esclusivamente un buco nell'acqua? Dico questo per esortarvi affinché con le proposte di modifica che andranno presto in Commissione e in Aula sia data l'opportunità di stanziare risorse finanziarie come stimolo delle parti buone di quello strumento da voi pensato, e che erano presenti anche in una nostra proposta di legge, e si diano veramente delle opportunità alle piccole e medie imprese artigiane che lavorano nel settore edile. Lo dico a malincuore, purtroppo, perché ai sardi di quella legge finora sono rimaste impresse solo tre cifre, quelle citate dall'assessore Asunis in un'intervista a L'Unione Sarda, che prevedevano un volume d'affari di circa 8 miliardi di euro, 12 mila cantieri e 40 mila occupati. Sono sicuro che non saremmo qua a parlare del problema dell'industria se questo si fosse verificato davvero nella nostra regione.

Avviandomi a concludere vi rubo solo qualche istante per evidenziare una situazione che per me è emblematica e allo stesso tempo inaccettabile e che dimostra come il rapporto tra Stato e Regione non possa e non debba essere né vissuto né accettato in questo modo. Assessore, mi riferisco alla situazione dell'Insar, che lei conosce, gliene ho anche parlato personalmente. L'Insar, per chi non lo sapesse, è una società totalmente a capitale pubblico, detenuto in maggioranza dal Ministero del lavoro e per il 30 o 27 per cento - quello che è - dalla Regione. Noi siamo riusciti, in questi giorni, a mettere in cassa integrazione anche gli operai dell'Insar. Nel momento in cui chiediamo uno sforzo importante a delle multinazionali, chiediamo sacrifici, siamo riusciti - noi, ma specialmente il Governo nazionale - per l'ottusità di un liquidatore che viene qua e annuncia licenziamenti dall'oggi al domani e che nel frattempo, tramite l'amministratore delegato, il dottor Forlani, stipula con la Regione Sardegna un accordo per servizi formativi che ci costano 300 mila euro, a mandare in cassa integrazione forze lavorative importanti. Parlo di 28 persone in tutto, che potevano occuparsi sia dei bandi POR che sono stati elaborati in questi anni, perché ci sono residui in questa società per circa 18 milioni di euro, sia del prestito d'onore che abbiamo affidato alla Sfirs, che probabilmente non sarà in grado di occuparsene in maniera adeguata e soprattutto nei tempi dovuti. Io questo lo dico con rispetto dell'assessore La Spisa, che so essersi impegnato su questo tema, e dell'assessore Manca, però, veramente, questo è l'emblema, secondo me, della situazione esistente nella Regione, è l'emblema di situazioni che purtroppo non funzionano e non possono funzionare.

Signori Assessori, colleghi consiglieri, penso che le prossime settimane debbano essere utilizzate per un confronto su questi temi e sulle grandi emergenze della nostra terra. Penso che il senso di responsabilità, al quale tanto si è fatto riferimento in questo dibattito, non manchi a nessuno di noi e che il bene dei cittadini sardi interessi e coinvolga ognuno di noi, ma penso anche che tutto questo non significhi abdicare alle proprie idee, ai propri ruoli, alle proprie proposte, specialmente quando si pensa di operare per il bene comune. Penso ancora che la nostra terra abbia bisogno di un cambio di passo urgente. Ci vogliono certezze e fatti concreti, che in questi dieci mesi sono certamente mancati.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Christian Solinas. Ne ha facoltà.

SOLINAS CHRISTIAN (P.S.d'Az.). Signora Presidente, signori della Giunta, colleghi consiglieri, discutiamo oggi delle dichiarazioni del Presidente della Regione, che sono poi collegate alla mozione unitaria sulla crisi occupazionale e industriale della Sardegna. Da più parti in quest'Aula si è fatto esercizio della più acuta capacità di analisi e invero il quadro complessivo dello Stato generale di crisi economica, sociale, industriale e produttiva appare piuttosto un punto di vista largamente condiviso. L'ha detto nel suo intervento il presidente Cappellacci: ci sono oltre 30 vertenze aperte nell'industria, che riguardano non solo Alcoa, ma anche Eurallumina, Rockwool, Vinyls, Porto Torres, il Sulcis, Macomer e Ottana. Sono nomi purtroppo conosciuti, ricorrenti, che testimoniano l'inutilità delle politiche tampone della crisi perpetrate negli ultimi anni. Le multinazionali incassano milioni, illudono spesso le classi dirigenti, illudono soprattutto gli operai e di fatto rinviano solo di qualche tempo i funerali dell'industria in Sardegna.

L'esempio di Alcoa è paradigmatico: negli ultimi anni ha incassato aiuti di Stato per 1 miliardo di euro, a fronte dei quali non ha investito un solo euro per creare occupazione stabile che derivasse dalla diversificazione del prodotto, da nuove tecnologie, da ricerca, da sviluppo. Provocatoriamente, anche a rischio di sembrare banale in questa considerazione, potrebbe dirsi che se 1 miliardo di euro fosse stato depositato su un conto corrente ordinario, avrebbe fruttato ogni anno 40 milioni di euro di soli interessi, senza mai intaccare il capitale. Sarebbe stata una rendita di oltre 40 milioni di euro all'anno, ciò significa pagare tranquillamente la transizione verso un modello di sviluppo diverso per tutti gli operai di Alcoa.

Ma la domanda che dobbiamo porci per comprendere a fondo le ragioni delle problematiche che oggi affrontiamo sta, a mio avviso, a monte e s'intreccia necessariamente con i profondi mutamenti globali nel riassetto degli equilibri economici, finanziari e del capitale. A partire dalla metà degli anni '90, e più intensamente nel primo scorcio del nuovo millennio, l'economia mondiale ha subito un processo di profonda trasformazione che ha cambiato la natura dei prodotti, i sistemi di produzione e di distribuzione dei beni e dei servizi, la dimensione e la localizzazione dei mercati di sbocco. La straordinaria crescita della pressione competitiva internazionale in tutti i settori ha spinto i Paesi industrializzati a ricollocare la propria produzione in parte verso il settore del terziario avanzato - informatica, ricerca, servizi finanziari innovativi - e in parte verso i settori ad alto contenuto tecnologico e meno soggetti alla concorrenza.

In questo contesto i Paesi che meglio hanno saputo affrontare le opportunità offerte dai nuovi paradigmi tecnologici hanno acquisito vantaggi competitivi molto ampi e che si sono tradotti in una forte crescita della produttività globale dei fattori di produzione. In particolare per l'Europa l'euro ha profondamente modificato le condizioni di contesto per le imprese, con effetti particolarmente rilevanti per questi Paesi, tra i quali l'Italia e dunque la nostra Sardegna, che avevano usato la svalutazione come fattore di competitività. L'Italia ha affrontato la fase nuova dell'economia mondiale appesantita da una struttura poco permeabile all'innovazione e da condizioni di contesto non sempre troppo favorevoli. Lo si è detto largamente, in Sardegna questo è ancora più amplificato per quanto concerne le infrastrutture, i costi energetici, l'eccesso di regolamentazione.

La crisi di competitività del sistema produttivo riguarda in particolare il settore industriale. Le molte diagnosi realizzate in questi anni convergono nell'individuare nella rigidità del modello di specializzazione settoriale e nella ridotta dimensione aziendale le principali cause delle difficoltà del nostro sistema produttivo a intercettare tutte le possibilità del ciclo tecnologico che è in atto e che è pervasivo e duraturo.

Nel corso degli ultimi dieci anni il sistema industriale italiano ha avuto una dinamica della produttività deludente e comunque inferiore a quella degli altri Paesi; dinamica che ha determinato una preoccupante perdita di quote di mercato a livello internazionale. Ma cosa ha determinato, nel concreto della ristrutturazione industriale, il passaggio da una fase a un'altra del ciclo di produzione e riproduzione? Ovvero, detto in altri termini: che ci hanno fatto gli industriali con i soldi pubblici della ristrutturazione? E in queste industrie metterei dentro non solo le partecipate statali che citava l'onorevole Oppi, ma anche le tante, troppe industrie di avventurieri che hanno internazionalizzato - per usare un eufemismo - anche la nostra Sardegna, portandosi via quote di territorio e quote di mercato.

Cosa hanno fatto gli industriali con questi soldi? Questa è la domanda fondamentale. Mettendo da parte per un attimo la malizia di altre considerazioni, e cioè quelle che vorrebbero il luogo comune dei soldi esportati verso altri investimenti, proviamo a pensare in maniera assolutamente positiva, proviamo a pensare che, tralasciando un'analisi approfondita delle dinamiche e delle implicazioni economiche e politiche, la risposta sia che hanno comprato macchine nuove, tecnologicamente avanzate, che hanno comprato computer, robot industriali, sistemi automatizzati che rispondessero all'esigenza di ridurre il tempo di lavoro necessario a produrre e far circolare le merci. Anche questo, che detto così potrebbe sembrare un dato positivo, in realtà si può risolvere in un dato negativo sotto il profilo dell'occupazione: con l'aumento della velocità di produzione e di distribuzione delle merci, infatti, resa possibile dalla combinazione di meccanica e microelettronica, è possibile ottenere più merci con sempre meno lavoro, ed è esattamente questo che favorisce il verificarsi di periodiche crisi di sovrapproduzione, con conseguente disoccupazione. In altre parole, il tipo di ristrutturazione dell'industria internazionale avvenuta a partire dagli anni '80 è stata trainata da innovazioni di processo piuttosto che di prodotto, nel senso che più che cercare di produrre nuove merci, con metodi più o meno moderni, hanno organizzato la produzione in modo da produrre le solite cose oppure merci solo apparentemente differenziate, ma in modo diverso. E' dunque vero che le imprese si sono ristrutturate secondo la logica dell'automazione flessibile, cercando di venire incontro alle preferenze dei consumatori che cercano merci il più possibile differenziate e al limite personalizzate. Ma il limite di questo processo è rappresentato dal posto assegnato alla nostra Isola e all'intera Italia dalla nuova divisione internazionale del lavoro, caratteristica del nuovo ordine mondiale del post '89.

Di nuovo correndo il rischio della semplificazione, questa nuova ripartizione dei compiti a livello mondiale vede da un lato il tentativo di rapinare i Paesi del Sud del mondo delle risorse fondamentali di questi popoli - le materie prime, le risorse naturali, paesaggistiche e ambientali - e più in generale di rapinare anche la biodiversità, in modo da ridurre il più possibile la dipendenza del Nord del pianeta dai prodotti di base del Sud, sostituiti in modo crescente da prodotti biotecnologici ottenuti con manipolazioni genetiche e tecniche di ricombinazione che lasciano nelle mani delle multinazionali chimiche e farmaceutiche i brevetti su scoperte rese possibili solo dalla ricchezza di specie e varietà dei Paesi del Sud.

Per quanto riguarda il Nord la tendenza generale è quella di far svolgere il più possibile all'estero tutte le fasi di lavorazione a monte dei processi produttivi, lasciate a quei Paesi dove il costo del lavoro è basso, per specializzarsi nelle fasi di rifinitura, a volte semplicemente nel marchio, ossia nelle fasi a valle della catena del valore. E' anche su questo versante quello che accade nella vicenda Alcoa: nessuno può sottacere, a mio avviso, perché è patrimonio di conoscenza comune, che Alcoa stia semplicemente aspettando di ultimare nuovi stabilimenti in altri Paesi, dove poter produrre a prezzi maggiormente competitivi. E la trattativa intrattenuta con noi tutti è solo un palliativo nell'attesa di andare via da questa nostra isola: dobbiamo, secondo me, prenderne atto il più rapidamente possibile.

Il sentiero di crescita di un Paese come il nostro, della Sardegna, di tutta l'Italia, rientra pienamente in questa tendenza. L'automazione flessibile, la terziarizzazione dell'industria e la finanziarizzazione dell'economia sono tutti elementi di uno stesso processo di progressiva delocalizzazione industriale e, in ultima analisi, di deindustrializzazione. L'ammodernamento tecnologico del macchinario e le innovazioni di processo sono serviti e servono intanto a ridurre la composizione numerica della classe operaia e a scompaginarne la composizione tecnica e politica. Le lavoratrici e i lavoratori del terzo millennio saranno sempre meno alle prese con macchinari sempre più complessi, sfruttati sempre meno dal lato della fatica e sempre di più dal lato del lavoro intellettuale, alle prese con manufatti sempre più spesso prodotti all'estero, producendo merci sempre più simili nella sostanza e differenziate solo sul piano dello status symbol, vendute solo da chi riesce a spettacolarizzarne la pubblicità.

Fare questo per le imprese significa esattamente gonfiare a dismisura i costi dei servizi. E difatti la malintesa terziarizzazione dell'economia nel nostro Paese, il postindustriale, il cosiddetto postmoderno, altro non è che la terziarizzazione dell'industria, ossia la crescita di attività di servizi che non dipendono dalla domanda finale, bensì direttamente dall'industria. Ecco perché la crisi di questi mesi, in maniera altrimenti inspiegabile, colpisce e colpirà sempre più fortemente proprio quei settori che erano stati portati ad esempio, in questi anni, di crescita virtuosa e nicchia sicura per l'occupazione eventualmente espulsa dall'industria. Niente affatto, gran parte del terziario privato, in Sardegna come in Italia, lavora per l'industria e se va in crisi quella necessariamente aumenterà la disoccupazione anche in questo.

Il rischio di deindustrializzazione del sistema Italia è concreto? Il rischio di deindustrializzazione della Sardegna lo vediamo quotidianamente. Se sì, è una storia cominciata più di vent'anni fa, lo diceva prima nel suo racconto anche l'onorevole Oppi. Ma è una crisi più ampia; in Italia l'abbiamo cominciata a vedere con la crisi dell'Olivetti e della chimica, tanto per fare due esempi. Se invece fosse un'esagerazione, come qualcuno sostiene, allora proviamo a ragionare a mente fredda. Negli anni '90 il sistema economico-finanziario ha portato a termine una trasformazione che ha cambiato radicalmente gli assetti che resistevano dall'epoca del fascismo. L'ondata delle privatizzazioni, dalle grandi banche alle infrastrutture per la mobilità e la comunicazione e ai settori industriali di base (vediamo la chimica qua in Sardegna), ha portato a un ricambio di poteri che ha sostituito quelli vecchi, fondati sulla produzione industriale, con quelli nuovi in gran parte debitori di un'economia del lusso o di un'economia della rendita: dai pedaggi alle tariffe di concessione, dalla rendita immobiliare agli introiti pubblicitari.

La grande risorsa nazionale, che era costituita dal tessuto delle piccole e medie imprese, da parte di qualcuno è stata citata come unico elemento trainante e possibile per venir fuori dalla crisi. In che senso? Nel senso che si stanno esaurendo quelle condizioni di carattere culturale ed economico-sociale che ne avevano garantito il successo. Un sintomo di questa crisi di deindustrializzazione è dato dal forte rallentamento del settore servizi alle imprese, lo dicevo prima, e dal graduale passaggio da un'economia di servizi alle imprese a un'economia di servizi alle persone, di cui il turismo è il settore più rilevante. Un paese che sempre più dipende da un'economia della rendita o da un'economia del lusso e dove l'incidenza dei lavori servili tende ad aumentare vertiginosamente è un paese che poco per volta perde lo spirito giacobino innovatore che ha caratterizzato la borghesia da due secoli a questa parte e diventa sempre più un paese caratterizzato da conformismo e viltà intellettuale, abitato da una middle class amorfa e teledipendente.

Ma diciamo per un attimo, d'altro verso, che tutta questa storia che ho cercato rapidamente di raccontare a quest'Aula sia soltanto una fola, una leggenda metropolitana diffusa ad arte per instillare allarmismo. Guardiamo allora all'industria che c'è. Secondo i dati riportati da Rodolfo Helg in un recente acuto articolo, intitolato "La specializzazione anomala dell'economia italiana", la struttura dell'occupazione nel nostro Paese assomiglia assai più a quella dei Paesi emergenti che a quella dei Paesi industrializzati. Una forza lavoro con mansioni dequalificate ed esposta alla concorrenza dei Paesi low cost domina la scena. In queste condizioni esportare interi cicli produttivi è un gioco da ragazzi. Reimportare prodotti a cui manca solo il marchio made in Italy è altrettanto facile. Alcoa sta facendo proprio questo, sta esportando un intero ciclo produttivo.

Mi consenta di concludere, Presidente, parafrasando la conclusione di un libro particolarmente interessante di Luciano Gallino: "La scomparsa dell'Italia industriale". Politici e manager senza visione del futuro hanno trasformato la Sardegna in una colonia industriale. Per recuperare terreno occorre una politica economica orientata verso uno sviluppo ad alta intensità di lavoro e soprattutto di conoscenza. Grazie.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Antonio Solinas. Ne ha facoltà.

SOLINAS ANTONIO (P.D.). Signora Presidente, signor Assessore dell'industria, non nascondo la mia totale delusione per l'intervento del Presidente della Regione in quest'Aula in merito alla vicenda Alcoa in particolare, ma anche alla crisi industriale generale che sta attraversando la Sardegna. Ho quasi l'impressione che il Presidente della Regione non si sia ancora reso conto che la campagna elettorale è finita ormai da un anno e lui è il principale responsabile del Governo regionale.

Nel suo intervento della scorsa settimana si è limitato all'esame della situazione attuale: di fatto ne ha accertato la diagnosi, ma non ha detto una parola su quella che può essere la cura. Un merito, però, il suo intervento lo ha avuto ed è quello di aver confermato quello che è il limite più evidente, ma che di fatto è un difetto di origine del Presidente della Regione, della sua Giunta e della sua maggioranza: la subalternità nei confronti del Governo nazionale, che continua a trascurare la nostra Isola, quasi si trattasse di un piccolo scoglio disabitato in mezzo al mar Tirreno.

Qualche settimana fa il direttore di un quotidiano sardo molto vicino alle vostre posizioni ha descritto il rapporto esistente tra il Governo Berlusconi e la Sardegna richiamando una famosa canzone di Mina: parole, parole, parole. Miglior paragone non poteva essere fatto per descrivere l'atteggiamento che il Governo Berlusconi ha nei confronti della Sardegna, che vive una crisi industriale drammatica che coinvolge migliaia di famiglie e getta ombre funeste sul futuro di interi territori dell'Isola. Le aree interne, che non hanno mai visto nemmeno l'ombra di uno sviluppo, registrano una preoccupante ripresa dei flussi migratori. Gli indicatori di povertà mostrano nelle città e nei paesi un aumento delle famiglie con reddito sotto il minimo vitale. La percentuale della disoccupazione in Sardegna è di 3-4 punti più alta della media del resto d'Italia e contemporaneamente diminuiscono gli occupati. Di fronte a tutto questo, di fronte a questo dramma il Governo regionale appare afono, incapace di costringere il Governo nazionale a rispettare le promesse abbondantemente elargite un anno fa in campagna elettorale e a occuparsi seriamente della Sardegna affrontando la crisi in atto e mettendo in campo azioni e risorse capaci di rivitalizzare l'intero sistema economico isolano, a partire dagli investimenti.

Del tutto retorico e poco credibile appare l'appello a evitare le divisioni politiche e far fronte comune in difesa della Sardegna. Per quanto ci riguarda abbiamo mostrato concretamente, e non a parole, di saperlo fare anche nei confronti dei Governi amici, conseguendo nel recente passato risultati straordinari che ora vengono messi in discussione. Lo abbiamo fatto anche in questo inizio di legislatura nei vostri confronti: gli ordini del giorno approvati all'unanimità non si contano più. Quello che manca sono non solo i risultati, ma anche l'impegno, la forza e la capacità di aprire un confronto vero tra un Governo espressione di una Regione autonoma e il Governo nazionale. I fondi FAS, il G8 e il confronto sul sistema scolastico sardo ne sono le testimonianze più evidenti. Tutto ciò avviene nel momento in cui altre Regioni, come la Valle d'Aosta, la Sicilia e persino la Lombardia ottengono risultati addirittura imbarazzanti per la nostra autonomia.

Nel presentarci le dichiarazioni programmatiche quasi un anno fa il Presidente della Regione dichiarò, in quest'Aula, che non avevate un progetto complessivo per la Sardegna. Purtroppo ce ne siamo accorti! L'ultimo intervento da questo punto di vista è stato ancora più grave. Non credo di essere stato l'unico, ma credetemi, ho ascoltato con molta attenzione e non ho sentito una parola, una sola parola su quella che è la vostra strategia per affrontare l'emergenza Alcoa e in particolare su come intendete affrontare il sistema industriale della Sardegna.

Avete voluto approvare la finanziaria 2010 preoccupati più dell'effetto mediatico che avreste ottenuto approvandola entro il 31 dicembre che non di affrontare, in quel momento sì tutti insieme, maggioranza e minoranza, il dramma della Sardegna. Oltre alle due finanziarie e al collegato, avete voluto dare priorità agli oratori parrocchiali, all'apertura dei centri commerciali nelle feste comandate e a una nuova normativa sugli agriturismi. Argomenti certamente importanti, ma in un momento di crisi, di crisi drammatica, avremmo preferito discutere altre priorità.

Noi siamo pronti a fare come sempre la nostra parte. Siamo convinti che in mancanza di alternative certe e credibili dobbiamo concentrare i nostri sforzi per salvare e dare un futuro certo al sistema industriale esistente. Vogliamo provare a discutere per quali motivi un gruppo industriale internazionale dovrebbe continuare a stare in Sardegna e per quali motivi dovrebbe continuare a investire in Sardegna e non in Lombardia, in Romania o nell'Arabia Saudita. Non essendoci più gli incentivi che portarono quel tipo di industria, oggi è necessario inventare nuove condizioni per rendere ancora appetibile la nostra Isola, magari destinando a ciò risorse regionali. Non abbiamo tempo da perdere, diceva l'altro giorno il collega Maninchedda. Certamente nella gestione dell'Assessorato interessato...

(Interruzione del consigliere Maninchedda.)

SOLINAS ANTONIO (P.D.). Non mi sbatte fuori nessuno, siamo troppo democratici, non abbiamo mai sbattuto fuori nessuno, neanche te, Paolo.

Dicevo che non c'è tempo da perdere, però se torniamo indietro di dieci, undici mesi e andiamo a fare la storia dell'Assessorato dell'industria, il più importante, a mio avviso, lo sta dimostrando la crisi che attraversa la nostra Isola, vediamo che abbiamo iniziato la legislatura con l'interim all'assessore La Spisa, poi c'è stata la nomina dell'assessore Farris, poi di nuovo la gestione ad interim del Presidente della Regione e ora finalmente è in carica, mi auguro per quattro anni, l'assessore Angioni. Questo però dimostra la poca importanza che voi avete dato al settore industriale sardo.

Molto probabilmente giovedì, a Roma, si raggiungerà un accordo, si cercherà di arrivare fino al 16 o 31 maggio, giusto in tempo per la conclusione delle elezioni comunali e provinciali. Se ciò avvenisse sarebbe un'ulteriore beffa per tutti gli operai e per tutto il popolo sardo. Noi riteniamo che un accordo quadro con il Governo nazionale, che rilanci le attività produttive in Sardegna, può essere lo strumento per uscire da una situazione drammatica. Un accordo quadro che insieme ai due livelli istituzionali veda protagonisti attori quali il sindacato e il sistema delle imprese. Le vertenze aziendali e le crisi di settore non devono essere affrontate sempre e comunque in un quadro di emergenza. Occorre una nuova fase che consenta a tutti di sviluppare e far emergere nuove politiche per il lavoro e per l'impresa. Ogni nuova politica dovrà guardare, quindi, oltre che alla crisi in atto e alla sua risoluzione in termini di prospettiva, a un vero riequilibrio tra le varie aree della nostra regione.

In un contesto di forte difficoltà, territori storicamente deboli, come l'Oristanese, rischiano di essere tagliati fuori per sempre da qualsiasi modello di sviluppo e di crescita. L'Oristanese soffre, oltre le pesanti ripercussioni dell'attuale crisi, un ritardo di sviluppo non più sopportabile. Gli indicatori sulla disoccupazione raggiungono livelli drammatici e in alcune subaree oscillano tra il 24 e il 36 per cento, con un ricorso agli ammortizzatori sociali del 400 per cento. L'esperienza degli ultimi dieci anni di un tentativo di industrializzazione legata ai benefici della legge numero 488 ha mostrato tutti i suoi limiti. Numerose iniziative imprenditoriali, che hanno visto la luce grazie al sostegno di questa legge, a distanza di pochi anni hanno subito colpevoli cessazioni per calo di consumi, profitti in diminuzione, politiche di mercato, il tutto nel più totale silenzio. Inserire il territorio dell'Oristanese nel contesto più generale di una politica di investimenti e di politiche di settore nel tessuto produttivo sardo ci sembra un modo appropriato per favorire la crescita complessiva e per introdurre nella concreta azione politica del Governo regionale valide azioni di mutualità e riequilibrio. Il territorio dell'Oristanese discute, discute anche animatamente; non si contano più le sedute del tavolo di concertazione e le organizzazioni sindacali hanno costituito il tavolo della crisi, che dal mese di agosto del 2009 ha chiesto un incontro con il Presidente della Regione senza ottenere alcuna risposta, alla faccia del fatto che quando gli venne contestato che non c'era nessun esponente dell'Oristanese in Giunta rispose che lui rappresentava l'Oristanese e tutta la Sardegna. Sarebbe interessante, assessore Angioni, lo dico a lei che ha svolto nel nostro territorio, in questi ultimi anni, la sua principale attività, conoscerne le motivazioni, considerato che altri territori hanno avuto ben diversa attenzione.

Noi siamo pronti a un confronto serio e leale, nel rispetto dei diversi ruoli, per affrontare qui, in quest'Aula e nelle Commissioni, il futuro della Sardegna. Questo significa che è necessario cambiare il metodo di confronto. Il collega Vargiu si chiedeva, l'altro giorno, dove si decide il futuro della Sardegna. Credo che lo sappia molto bene, basta che si ricordi dove è stato ideato e scritto l'emendamento all'emendamento che ha riscritto la sanità sarda e quali sono i soggetti che hanno scritto e dettato il cosiddetto piano casa. E troverà i nomi, quei pochi nomi che, fuori da quest'Aula, decidono non il futuro della Sardegna, ma gli affari di ben pochi. Grazie.

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Porcu. Ne ha facoltà.

PORCU (P.D.). Chiedo la verifica del numero legale.

PRESIDENTE. La richiesta deve essere avanzata da due Capigruppo.

(Appoggiano la richiesta i consiglieri Bruno e Uras.)

Terza verifica del numero legale

PRESIDENTE. Dispongo la verifica del numero legale con procedimento elettronico.

(Segue la verifica)

Prendo atto che i consiglieri Biancareddu, Cappai, Mula, Obinu, Sechi e Tocco sono presenti.

Risultato della verifica

PRESIDENTE. Sono presenti 66 consiglieri.

Risultano presenti i consiglieri: Agus - Artizzu - Barracciu - Ben Amara - Biancareddu - Bruno - Campus - Capelli - Cappai - Caria - Cherchi - Cocco Daniele - Cocco Pietro - Contu Felice - Contu Mariano - Cossa - Cucca - Cuccureddu - De Francisci - Dedoni - Diana Giampaolo - Diana Mario - Espa - Floris Mario - Floris Rosanna - Fois - Greco - Lai - Locci - Lombardo - Lotto - Manca - Maninchedda - Mariani - Meloni Francesco - Meloni Valerio - Milia - Moriconi - Mula - Mulas - Murgioni - Obinu - Oppi - Peru - Piras - Pitea - Pittalis - Planetta - Porcu - Randazzo - Rodin - Sabatini - Sanjust - Sanna Giacomo - Sanna Gian Valerio - Sechi - Solinas Antonio - Soru - Steri - Stochino - Tocco - Uras - Vargiu - Zedda Alessandra - Zedda Massimo - Zuncheddu.

Poiché il Consiglio è in numero legale, possiamo proseguire.

E' iscritto a parlare il consigliere Mario Floris. Ne ha facoltà.

FLORIS MARIO (Gruppo Misto). Signor Presidente, colleghi del Consiglio, l'idem sentire al quale il Presidente della Regione si è appellato a conclusione della sua analisi e prospettazione dello stato dell'economia, del lavoro e dell'occupazione nell'Isola come fattore e strumento primario irrinunciabile per superare la crisi e per progettare un nuovo modello di sviluppo in Sardegna, sollecitando anche, come è stato già detto, una forte coesione dell'intero popolo sardo attraverso una classe dirigente costruttiva e dialogante sui grandi temi dello sviluppo e delle riforme, richiama innanzitutto, a mio giudizio, la funzione alta e nobile della politica. Chi con maggiore e chi con minore enfasi, quanti mi hanno preceduto con i loro interventi hanno nella sostanza fatto appello a questa funzione e a questa esigenza. E' il momento in cui si è avvertito il grande afflato della politica, che deve riappropriarsi dei partiti, dei gruppi, dei singoli consiglieri, per dare quella svolta che è necessaria nelle istituzioni, così come nell'economia. I partiti e i gruppi devono ritrovare il germe della loro funzione originaria, devono ridare dignità al ruolo della politica. E' la politica che fa la sintesi, è la politica che indica i percorsi, è la politica che fa le scelte e assume le decisioni.

Se questo assunto è vero, e per me lo è, mi chiedo qual è il senso, l'obiettivo di questo dibattito così partecipato, così intenso. Se così è, mi chiedo qual è stato il senso della partecipazione attiva di politici, di maggioranza e di minoranza, allo sciopero di venerdì scorso sui temi dello sviluppo, del lavoro e dell'occupazione indetto dalle organizzazioni sindacali. Oggi registriamo con soddisfazione che l'appello alla coesione e al dialogo è un fatto acquisito al confronto democratico, per accompagnare, come auspicava il Presidente della Regione nella sua relazione, in modo non conflittuale i processi di sviluppo.

La manifestazione di venerdì a Cagliari è stata una grande conquista dei lavoratori e delle loro rappresentanze. Dobbiamo darne atto, dobbiamo prenderne atto e a essi dobbiamo lasciare interamente il significato e il merito della protesta civile e della proposta che hanno maturato. A noi, classe politica, compete il dovere dell'ascolto, del dialogo e del confronto, per giungere alle scelte e alle decisioni condivise. Le contaminazioni alle quali abbiamo assistito sono fuorvianti rispetto alle responsabilità che sono conseguenti a errori e a ritardi, responsabilità alle quali nessun partito, nessuna forza politica può sottrarsi.

Il sistema dell'alternanza e del bipolarismo ha attraversato tutta la politica che ha governato la Sardegna, così come il Paese, negli ultimi dieci o quindici anni e quanti con le forze politiche hanno condiviso scelte e decisioni. Nessuno può tirarsi indietro, così come nessuno può non tener conto che il sistema ha reso più deboli le istituzioni, più incerte le scelte, ha affievolito le sintesi, ha reso confusa la progettualità programmatica, ha allontanato la Sardegna dai processi di sviluppo, favorendo la frammentarietà degli interventi, l'estemporaneità delle scelte, spesso contraddittorie e unilaterali, anche all'interno delle coalizioni che si sono alternate nel governo della Regione e all'interno delle stesse singole forze politiche che si sono trovate e si trovano ancora oggi a operare fuori da schemi di scelte di sintesi.

E' sufficiente, a testimonianza di questa mia denuncia, il dibattito che stiamo portando avanti in questi giorni. Tutti stiamo intervenendo su un unico argomento: sviluppo, lavoro, occupazione, crisi dell'industria e delle attività produttive. Assistiamo a interventi con tesi e proposte contraddittorie che si scontrano all'interno delle singole forze politiche; non c'è una strategia di Gruppo, non esiste una strategia di partito e si afferma tutto e il contrario di tutto, anche nei piccoli raggruppamenti. E' evidente che alla fine ne soffre la bontà delle conclusioni, l'efficacia delle decisioni. Il tutto frutto delle precarietà che ci portiamo appresso da troppo tempo sul fronte delle riforme; precarietà che trasmette influssi negativi anche sul piano dei programmi e dei progetti di sviluppo, dando alla politica, signor Presidente, e alle istituzioni, in primo luogo al Consiglio regionale, una connotazione di inadeguatezza, di insufficienza, di debolezza e di incapacità congenita a governare i processi economici e sociali dei mutamenti veloci della società civile e quelli contingenti delle emergenze quotidiane che da essi derivano.

Concordo su quanto il Presidente ha esposto con realismo e con meticolosa puntualità, allargando la visuale dei problemi particolari attuali della crisi dell'industria isolana a quelli più generali dei modelli di sviluppo. L'analisi del Presidente ha avuto il pregio della chiarezza di fronte a una situazione grave e difficile, ha spaziato nell'universo delle criticità delle condizioni isolane, ha raffigurato una situazione sociale che richiama e sollecita l'impegno corale dell'intero popolo sardo. A questo appello dobbiamo rispondere, perché siamo chiamati a costruire i pilastri del futuro della Sardegna. E questi pilastri sono in maniera significativa le risposte al momento contingente sul quale si regge la vita dei nostri lavoratori e delle famiglie sarde: un atto pattizio con lo Stato, un atto pattizio con l'Europa, le riforme dell'apparato pubblico istituzionale. Per fare tutto ciò occorre, come più volte è stato detto, una forte coesione sociale, che abbia alla base una coesione altrettanto forte tra le forze politiche, che devono poter esercitare il ruolo fondamentale e la loro funzione primigenia di mediazione, di sintesi e di proposta nell'intera comunità.

L'idem sentire di una classe politica dirigente e lungimirante che lei ha invocato è necessario per esprimere una politica costruttiva sui grandi temi dello sviluppo e delle riforme. Le riforme, per l'appunto, l'altro pilastro che occorre costruire, robusto e forte, per costruire la Sardegna del domani. Se questo è, e io personalmente, anche da Presidente pro tempore della Commissione autonomia, l'ho avvertito come un'esigenza ineludibile e irrinunciabile, così come lo avvertono tutti i componenti della Commissione a nome delle forze politiche che rappresentano, non dobbiamo e non possiamo perdere altro tempo, perché troppo ne abbiamo perso. Mettiamo mano subito a quei provvedimenti che sono nel calendario delle istanze e delle urgenze della Sardegna che vuole cambiare e crescere.

Io ho preferito, anche se poi dirò qualcosa a proposito della contingenza, fare una riflessione politica sui dettagli delle singole questioni e dei singoli provvedimenti, proprio perché, come ho già rimarcato, avverto gli effetti negativi di un qualunquismo generalizzato, mentre la nostra società e anche la società della politica, dei partiti, delle istituzioni e dei rappresentanti del popolo a tutti i livelli hanno bisogno di una rigenerazione imposta dai mutamenti e dalle domande della modernizzazione e della globalizzazione. Rigenerazione, ovvero riforma dei modelli e delle regole, alla quale è chiamata a livello regionale questa Assemblea nel suo ruolo centrale irrinunciabile di garanzia delle istituzioni democratiche. A questo ruolo, a questa centralità devono essere prioritariamente portate anche le analisi e le proposte che devono supportare i patti con lo Stato e con l'Unione Europea. Se così non si facesse, ci sarebbe una grave lesione delle prerogative di questa Assemblea regionale, con conseguenze deleterie sul piano delle aspettative e dei risultati. E' un appello che rivolgo al Presidente della Regione, in relazione a quanto dichiarato sui tavoli di lavoro che starebbero definendo progetti di accordi politici ed economici.

Abbiamo di fronte a noi una nuova e grande stagione di riforme e rapporti interni, statali ed europei e dobbiamo essere messi tutti nelle condizioni di dare ogni possibile contributo alla causa comune, alla causa del progresso del popolo sardo. Vedete, per fare questo, noi non possiamo affidare le imprese soltanto al mercato. Se non ci sono pari condizioni, si penalizzano quelle che ne hanno meno. Per ricercare condizioni di parità bisogna ridare alle imprese sarde le prerogative dettate dall'insularità. Per creare lo sviluppo occorre che le imprese facciano profitto e reinvestano; bisogna assistere quelle esistenti, valorizzandole e creandone di nuove, favorendo un contesto non ostile, con interventi diretti sui trasporti e sul marketing. L'impresa non può continuare a essere un fatto privato legato ai proprietari, ma deve essere un fatto sociale e ogni potere pubblico deve avere una politica d'impresa. Si tratta di un'entità di valore pubblico. Tutti concordiamo che lo sviluppo economico lo si consegue con l'impresa, ma nessun ente pubblico realizza una politica conseguente e lungi dall'essere un fatto inderogabile è un fatto inesistente. E' necessario rompere questo circolo vizioso, ridurre i tempi di risposta alle richieste delle imprese, semplificare le procedure, attivare percorsi burocratici specifici per le imprese, aumentare il grado di disponibilità, con un orientamento favorevole e di ausilio, creare centri di informazione e collaborazione, provvedere alla formazione manageriale e professionale, fornire servizi e prevedere interventi di sostegno finanziario. Fare impresa oggi è difficile, ma sappiamo che le imprese costituiscono le condizioni essenziali dello sviluppo socioeconomico che vogliamo realizzare, attraverso l'accumulazione dei capitali e il reinvestimento dei profitti. Esistono in Sardegna circa 150 mila imprese che diminuiscono ogni anno. Le più piccole, o micro imprese, i cui profitti sono minimi, riescono a soddisfare soltanto le esigenze di vita di chi opera nell'impresa. Dobbiamo perciò renderle competitive, per eliminare i maggiori costi, per eliminare i minori ricavi derivanti dall'insularità e dall'alto costo dell'energia. In Sardegna il rapporto tra imprese e pubblica amministrazione è di 40 a 60, nel resto d'Italia è di 90 a 10. La Sfirs non è in condizioni di fare una politica per l'impresa. Non possiamo perderci in mille rivoli, dobbiamo creare l'Assessorato della politica delle imprese, appunto senza mille rivoli dispersi tra l'Assessorato della programmazione, del lavoro, dei lavori pubblici e chi più ne ha più ne metta. Si tratta di una priorità assoluta.

La Sardegna ha una scarsa industrializzazione e ha problemi occupazionali rilevanti, oltre che evidenti carenze strutturali. Non è sufficiente la riqualificazione professionale, bisogna trovare alternative con nuovi impianti, perché noi abbiamo bisogno di uno sviluppo industriale. E allora dobbiamo perseguire le due strade: procedere agli esoneri fiscali per le imprese private per un lungo periodo di tempo ed evitare i contributi e i crediti agevolati. Quello che si deve fare è costringere le imprese nate con i fondi pubblici a mettere a disposizione a costo zero gli impianti per le nuove iniziative e a provvedere alle bonifiche dei siti. Sprecare anni e aiuti finanziari per tenere in piedi aziende con l'illusione della loro conservazione e crescita è una tesi di corto respiro.

Mi dispiace, assessore La Spisa, che non sia presente il Presidente, mi dispiace molto, perché voglio terminare con una connotazione politica, ma non ho motivo di ritenere che lei non si farà portavoce, nei confronti del Presidente, di quanto sto per dire. La situazione è grave, tutti sosteniamo che la situazione è grave. Per affrontarla occorrono intuito, tatto, sagacia e avvedutezza. E' difficile affrontare i problemi uno alla volta. Vederli tutti insieme, selezionando e trovando le necessarie mediazioni e compensazioni, è una dote ed è la dote della politica e del politico. Restituire alla politica la formazione degli organi regionali e del loro funzionamento è un imperativo, soprattutto nelle situazioni di emergenza. Quando si chiede ai partiti e ai Gruppi politici una corale assunzione di responsabilità non bisogna essere contraddittori ed entrare in conflitto con la prospettazione di questa esigenza eliminando, di fatto, i presupposti fondamentali che appartengono appunto alla sfera politica, con la sua scienza e la sua arte. Non è sufficiente nella società moderna essere bravi, posto che si sia bravi, posto che si abbia il meglio della bravura, posto che si sia bravi in una singola branca della vita pubblica, ma occorre avere una visione di insieme, capace di coniugare i provvedimenti settoriali con le esigenze generali, col programma di governo e col progetto di sviluppo. Questo vale per la Giunta regionale, vale per i partiti politici, vale per i Gruppi politici.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Cuccureddu. Ne ha facoltà.

CUCCUREDDU (Gruppo Misto). Presidente, io non sarò sicuramente in grado di fare analisi sul ruolo della politica e sul ruolo dei partiti in questo frangente, voglio però approfittare del dibattito che si è aperto in questi giorni, introdotto dalle dichiarazioni del presidente Cappellacci, per capire un po' quale metodo ci dobbiamo dare. In questi anni, non parlo sicuramente solo dell'ultimo anno, non sono state compiute in Sardegna scelte strategiche in grado di incidere sulla realtà economica e sociale. Non siamo stati in grado di darci un nuovo modello di sviluppo ed è per questo che non possiamo fare altro che gestire le varie emergenze che un sistema da tempo superato, che non funziona più, genera quotidianamente.

Si cerca di tamponare le tante falle che una dopo l'altra si aprono. Sono trenta le vertenze industriali di cui ci ha parlato il presidente Cappellacci, ma la cosa che più ci deve preoccupare è che la barca non ha una rotta, non ha un approdo sicuro nelle vicinanze e anzi si trova in mezzo a una tempesta rappresentata dalla più grave crisi economica che ha coinvolto l'intera economia globale dal 1929 a oggi. E' vero che l'oggetto dell'ordine del giorno in discussione oggi è incentrato sulla crisi industriale della Sardegna, però a partire dalla relazione del Presidente nei successivi interventi si è iniziato a parlare, direi finalmente, della necessità di pensare a un nuovo modello di sviluppo per la nostra Isola e del ruolo che devono giocare l'ente regionale e questa Assemblea nel proporre, nello stimolare e nel progettare un sistema economico e sociale sostenibile per la Sardegna del prossimo futuro.

Il mondo è radicalmente cambiato negli ultimi 30-40 anni, così come anche la Sardegna è cambiata. Il modello di sviluppo che perseguiamo è rimasto, però, quello ideato nelle sedi della D.C. sassarese negli anni '60 e successivamente realizzato, con scelte che non mi sento assolutamente di giudicare negativamente, anzi in quel contesto forse erano le scelte più giuste. E comunque sarà la storia a dare una valutazione compiuta sul modello di sviluppo sinora perseguito. Ora, però, è arrivato il tempo di fare delle scelte nuove. Quarant'anni fa si scelse l'insediamento dell'industria di base, della chimica in particolare, distribuendola qua e là, da nord a sud, in alcuni punti della Sardegna, e al contempo però si decise di sostenere il progetto dell'Aga Khan di valorizzazione turistica di una parte della Gallura e della sua infrastrutturazione a fini turistici. Sono state scelte precise e chiare quelle di allora, così come scelte altrettanto precise e chiare devono essere fatte ora.

E' interessante il dibattito che si è sviluppato dopo le dichiarazioni del Presidente - questo lo dico al di là di qualche intervento dettato più dall'astio, dalla bile che da uno spirito costruttivo -, anche perché sono venute alla luce analisi e vedute assai differenti: da quella dell'onorevole Vargiu, che condivido, il quale vede come ineluttabile la chiusura progressiva e l'uscita dalla fase della produzione industriale per la Sardegna, a quella dell'onorevole Giampaolo Diana, che ritiene, al contrario, che ci possa essere un futuro roseo addirittura anche per l'industria di base, chimica e metallurgica, se non ho mal inteso il suo intervento. Ci sono stati poi altri interventi. Voglio fare un richiamo a quello dell'onorevole Gavino Manca, perché spesso si parla del ponte di Messina, che costerà 6 miliardi di euro e che probabilmente è l'opera del regime, l'opera che Berlusconi vuole lasciare ai posteri, un po' come il Betile lo era per qualcun altro, non è che ci sia molta differenza!

(Interruzione)

Non lo vedrà finito, ma lo lascerà ai posteri.

Però stiamo attenti a non farci sempre del male, noi Regioni del sud, di fronte a un Governo che è evidentemente dominato dalla politica e dalle lobby del centro-nord, perché se è vero che il ponte di Messina costerà 6 miliardi di euro c'è un'altra opera che avrà una valenza sociale ed economica sicuramente inferiore, ed è la TAV, che costerà 43 miliardi di euro che andranno tutti al nord, a beneficio delle Regioni del nord Italia. Quindi io credo che se le Regioni del centro-sud pensassero in qualche maniera a coalizzarsi in questo momento forse riuscirebbero a sbloccare i fondi FAS o ad avere qualche beneficio maggiore, anziché procedere in ordine sparso o rivendicare successi o insuccessi reciproci.

Ma voglio tornare allo snodo del dibattito di questi giorni che, a mio avviso, è questo: possiamo continuare a barcamenarci nella gestione delle emergenze, fra vertenze che crescono di giorno in giorno e dove è difficile ottenere successi, o dobbiamo pensare di fare anche qualcos'altro? Io credo che questo dibattito, libero da schemi di appartenenza partitica o di coalizione, possa scuotere il Consiglio, possa fargli assumere quel ruolo propositivo che deve svolgere. Ho apprezzato molto l'intervento dell'onorevole Floris circa la necessità di schematizzare nei dibattiti interni, ma credo che in questa fase sia opportuno e utile che ci siano interventi liberi in qualche maniera, prima di ipotizzare la realizzazione di un modello. Il momento delle scelte è questo; è il momento in cui dobbiamo pensare realmente a un nuovo modello di sviluppo; è il momento in cui bisogna assolutamente avere il coraggio di combattere e vincere il conservatorismo diffuso che si respira sia in quest'Aula sia negli ambienti sindacali e imprenditoriali.

Bisogna prendere atto che le economie occidentali, anche quelle più arretrate, hanno da tempo superato il modello industriale e che la Sardegna, come il resto dell'Occidente, è da decenni entrata in una fase postindustriale dove ogni realtà, ogni territorio deve reinventare il proprio modello di sviluppo. La funzione produttiva, in un mondo dominato sostanzialmente dalla libertà degli scambi commerciali, si sta progressivamente spostando, anzi si è già spostata verso Cina, India e Brasile. Il vecchio sistema economico sardo, basato sull'industria di base e sull'allevamento ovino, sta franando. Non possiamo neppure più pensare a periodi lunghi di transizione verso un nuovo modello. Non ci si può più permettere di tardare, non ci si può permettere di sbagliare. Citerò anch'io un sociologo del lavoro, che non è Luciano Gallino, citato dall'onorevole Solinas. Voglio citare il sociologo del lavoro Mimmo De Masi, tra l'altro consulente del Governo brasiliano proprio per l'elaborazione di un nuovo modello di sviluppo. Egli scrive che i fenomeni come quello della globalizzazione o della rivoluzione tecnologica, basti pensare a quella nel campo della comunicazione, così come si sono sviluppati negli ultimi lustri non consentono più di pensare a modelli di sviluppo utilizzando gli schemi del passato. Chi lo fa parte certamente sconfitto. Bisogna assolutamente cambiare l'ottica.

Mi limito a sviluppare poche riflessioni, cinque se ne avrò il tempo. Primo punto: il ruolo della Regione nelle vertenze industriali. In questo primo anno di legislatura gran parte del tempo e delle energie è stata assorbita dalla gestione delle emergenze, dalla partecipazione alle vertenze. E' necessario, a mio avviso, che Regione e Stato cerchino di evitare le chiusure improvvise degli stabilimenti, cerchino di transitare dal sistema industriale a quello postindustriale senza perdere posti di lavoro - ad esempio, come diceva anche l'onorevole Floris, investendo sulle bonifiche, come è stato fatto a Bagnoli -, ma non possiamo non pensare a cosa faremo nel futuro. Lo sbocco non può essere il rinvio di alcuni mesi o di alcuni anni della chiusura di qualche industria, anche perché al pari di una drammatica crisi industriale se ne vive una non meno drammatica nel comparto agricolo. Così come non ci possiamo consolare con lo stato di salute degli altri settori, dal commercio al turismo, all'artigianato e all'edilizia. Quindi la Regione non può esaurire tutte le energie in battaglie che corrono il rischio, nella migliore delle ipotesi, di rinviare l'insuccesso, non certo di rilanciare il settore produttivo isolano.

Secondo punto: lo sviluppo locale in un modello pluribusiness. Le monoculture hanno certamente fallito, così come hanno fallito i modelli eterodiretti. Bisogna pensare a modelli condivisi, concertati e basati sui saperi locali, cioè su quelle produzioni fortemente radicate nel territorio. Questo è il modello che ormai in tutta l'area mediterranea si sta cercando di perseguire. Per fare questo dobbiamo sostenere le scelte dei territori e delle leadership locali, aiutarli nel processo di autodeterminazione e di individuazione del proprio modello di sviluppo, anche investendo nella formazione di chi riveste ruoli istituzionali, di chi ha responsabilità nelle scelte. Se un sindaco non è in grado di partecipare a un bando comunitario, non è in grado di mettere in campo una strategia di sviluppo, di individuare partner e competitor, lui forse perderà le elezioni, ma saranno sconfitti i cittadini di quel comune, sarà sconfitto un territorio, sarà sconfitta una comunità. La Regione, quindi, non deve più imporre proprie scelte o proprie ricette per lo sviluppo dei territori, ma deve sostenere i territori in una fase di acculturamento, di progettazione, di realizzazione del modello di sviluppo locale o territoriale e di verifica degli effetti.

Terzo punto: pianificazione strategica. Ne ho già parlato in altre occasioni e mi scuso se mi ripeto, ma per me è un punto fondamentale. La Regione Sardegna è stata la prima in Italia a dotarsi di un centro di programmazione, ma ora gli strumenti che utilizziamo, a mio avviso, risultano vecchi, superati, inadeguati a garantire da un lato la partecipazione democratica e dall'altro la stabilità delle scelte strategiche. Il Programma regionale di sviluppo lo dimostra: è lo strumento di più ampio respiro di cui la Regione dispone, eppure si esaurisce nell'arco di soli quattro anni e mezzo. L'Unione Europea, in ogni suo documento ormai, parla di pianificazione strategica. L'impresa privata da decenni la adotta. Diversi Stati, moltissime regioni e comuni in diverse parti del mondo hanno piani strategici, anzi ci sono già piani strategici di seconda e terza generazione. Negli Stati Uniti McNamara teorizzò la pianificazione strategica fin dal 1947. Credo che sia giunto il momento che anche in Sardegna si attivi un processo di pianificazione strategica codificato, dal quale dovranno discendere poi i diversi piani attuativi. Dobbiamo pensare al processo di pianificazione strategica, peraltro portato avanti in questi anni anche da alcune città della Sardegna - credo che siano venticinque le città che hanno adottato i piani -, come lo strumento più adatto e più corretto per ripensare il nostro modello di sviluppo. La metodologia della pianificazione strategica porta a un reale coinvolgimento dei cittadini, porta all'individuazione di obiettivi, appunto, strategici che non sono di una maggioranza o di un'altra, ma sono gli obiettivi di tutti, della comunità, dei sardi, e sono obiettivi di lungo respiro che proprio perché definiscono le strategie dello sviluppo nel lungo periodo sono sottratti alle contrapposizione dettate dalle logiche di schieramento, tipiche delle scelte che invece hanno una valenza immediata, una valenza di legislatura.

La dispersione delle risorse: ne ha parlato l'onorevole Maninchedda in un intervento che ho condiviso in gran parte, poi anche l'onorevole Capelli si è richiamato alla scelta delle persone, oltre che alla dispersione delle risorse. Maninchedda ha detto che siamo specialisti nello sbagliare la scelta delle persone, Capelli ha detto che alcune di queste scelte vengono fatte probabilmente scorrendo l'elenco telefonico. C'è da dire che sinora forse l'unico elenco telefonico che si è avuto sottomano è quello di Cagliari, perché le scelte sulle persone si sono concentrate in quest'area. Ma tornando alla dispersione delle risorse, non c'è dubbio che se vogliamo invertire la rotta e vogliamo contribuire a dare un futuro economicamente, oltreché ambientalmente, sostenibile alla Sardegna dobbiamo liberare risorse, concentrarle in progetti strategici e favorire l'integrazione degli interventi, premiare ed esportare lebest practice.

Queste sono linee di intervento da tempo metabolizzate nelle politiche comunitarie, ma dobbiamo dirci chiaramente che le politiche regionali non sono mai andate in questa direzione. Qui vige il principio dei finanziamenti a pioggia, della distribuzione piuttosto che della concentrazione delle risorse. Si ha timore a fare i piani di razionalizzazione in tutti i settori, anche perché in ogni ambito l'intervento regionale si risolve in mero assistenzialismo e non in un intervento capace di generare autonomamente ricchezza, di risultare produttivo. Tanto per citare qualche esempio, oltre a quelli fatti nella sanità dall'onorevole Maninchedda, si può dire che l'80 per cento dei musei della Sardegna è finanziato per il 90 per cento con risorse del bilancio regionale e ha meno di 10 mila visitatori all'anno, moltissimi musei ne hanno meno di mille, meno di tre al giorno. Abbiamo Aziende sanitarie locali e ospedali - è emerso anche dalle audizioni fatte in Commissione bilancio - che sono frequentati da meno dei due terzi dei pazienti del loro territorio (è il caso del Medio Campidano), i quali scelgono altre strutture, magari di Cagliari. Abbiamo la Sfirs che ha investito in questi anni - ne parlava prima anche l'onorevole Floris - non tanto per insediare attività produttive capaci di generale sviluppo, ma per prolungare l'agonia di imprese decotte che hanno trainato e disperso ingentissime risorse regionali. Credo che il caso Legler sia emblematico in tal senso. Allora, oltre che la politica delle entrate e del federalismo fiscale dovremo pensare di rivedere anche la politica della spesa, limitando i contributi a pioggia, responsabilizzando i centri di spesa, programmando in ogni settore verifiche sia ex ante sui progetti sia ex post sugli effetti prodotti.

Quinto e ultimo punto: cosa fare nell'immediato, cosa fare in questa fase di transizione. Come si può non pensare che sia necessario governare l'emergenza industriale, cercando di minimizzare gli effetti della crisi? Questa era ed evidentemente resta, lo ha detto anche il presidente Cappellacci, la priorità. Poi, però, dobbiamo pensare di contribuire in qualche modo a uscire rapidamente dalla crisi globale. E non c'è dubbio che l'edilizia sia l'unico settore, se si riuscisse realmente ad attivarlo - e qui, dobbiamo dircelo, il piano casa sinora non ha funzionato, forse per ragioni di comunicazione, forse per le difficoltà di accesso al credito -, capace di dare risposte rapide in termini occupazionali e di riprodurre effetti benefici su un vastissimo indotto, ma soprattutto è un settore che non necessita di ingenti investimenti pubblici. Per sua natura, però, è anche un settore che non crea occupazione stabile. Ma per stimolare adeguatamente il settore edile bisogna tener conto di corrette analisi, per esempio sulla demografia, che non sono quelle allegate ai vari PUC. Nell'area mediterranea ancora per i prossimi trent'anni è prevista una concentrazione demografica sulle coste e nei centri urbani. La città del Cairo cresce ogni anno di 200 mila abitanti; Algeri cresce di 70 mila abitanti l'anno, tanto per dare un'idea della pressione che si sta realizzando nella riva sud del Mediterraneo. Stiamo attenti, quindi, a ipotizzare azioni ed incentivi edilizi contro lo spopolamento dei piccoli centri, perché corrono il rischio di risultare oltreché inefficaci assolutamente antistorici.

Si è parlato della necessità di puntare sui tradizionali distretti industriali della Sardegna, ma attraversano tutti una profonda crisi, iniziata assai prima della crisi economica globale: dal sughero al granito, per non parlare del comparto lattiero caseario. Il turismo: certo, il turismo può essere considerato un settore capace di produrre una crescita economica, ma solo se si fanno scelte precise, se si decide di considerarla realmente una risorsa sfruttabile economicamente, se si fa la scelta della professionalità in luogo dell'improvvisazione, se si superano barriere ideologiche, antropologiche e sociologiche, come quelle che oggi hanno frenato il decollo del turismo in Sardegna, perché si è paventato che il turismo potesse rappresentare la mercificazione del valore identitario dell'ospitalità. Ecco, se non superiamo queste barriere, certamente non possiamo pensare al turismo come a una vera industria. Solo se si individuano i nostri competitor, se si mette in campo una strategia di marketing adeguata, una strategia dei trasporti, dei prezzi e dei servizi, il turismo potrà avere un ruolo importante e maggiore rispetto a quell'8 per cento del PIL sardo che oggi rappresenta. Anche in questo settore credo che sia arrivato il momento delle scelte, che non si possono più rinviare e soprattutto bisogna evitare semplificazioni quale quella di vedere nel low cost la soluzione dei problemi del settore turistico. Così non è e avremo modo di dimostrarlo, perché anzi in altre aree d'Europa l'avvento del low cost è stato nefasto. L'insularità, la mobilità e i trasporti meritano un discorso approfondito, pertanto non mi dilungo in merito in questa occasione.

In conclusione, credo si debba evitare che la Regione diventi parte in tutte le vertenze industriali della Sardegna. Credo che la Giunta e il Consiglio debbano concentrarsi ora più che mai sulle politiche per lo sviluppo. Come suggeriscono i sindacati, credo sia utile delegare a un ufficio o a un superesperto il ruolo di mediatore nelle vertenze, un po' come faceva Borghini nella Presidenza del Consiglio dei Ministri o come fa, per certi versi, oggi Gorelli.

Per tornare alla metafora marinara utilizzata all'inizio, credo sia giunto il momento di costruire una nuova e robusta barca, di decidere tutti assieme la rotta e poi, certo, serve anche un comandante abile e coraggioso che sappia motivare e infondere speranza.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Giacomo Sanna. Ne ha facoltà.

SANNA GIACOMO (P.S.d'Az.). Signora Presidente, io credo che la giornata di venerdì sia stata la massima testimonianza della sofferenza, della difficoltà, della disperazione che vivono i lavoratori, ma credo anche che a nessuno sia consentito strumentalizzare la disperazione della gente. Le trenta vertenze che sono aperte sull'industria in Sardegna non sono il frutto di quest'ultimo anno di amministrazione. Devo riconoscere, almeno su questo punto, all'onorevole Giampaolo Diana la testimonianza del fatto che lui per primo condivide questa analisi: la crisi industriale viene da molto lontano e coinvolge certamente una delle parti più difficili in termini di occupazione, che è il Sulcis, ma credo di poter testimoniare che a Porto Torres si è consumato in qualche decennio qualcosa di molto grande. Perdere oltre 10 mila posti di lavoro credo che sia la testimonianza di una difficoltà e perderli lentamente può apparire cosa di poco conto. Credo che comunque la Sardegna la stia vivendo con la difficoltà e soprattutto la consapevolezza di avere poche armi a disposizione. L'arma più importante credo sia quella delle aziende di Stato, quindi dire l'interlocutore ENI, l'ENI-Stato, è già diverso. Quando si parla di multinazionali le difficoltà vengono fuori, emergono.

E' vero, però, che non si può soltanto parlare della crisi, non si può soltanto parlare delle vertenze aperte, non si possono cercare responsabilità, perlomeno di chi è qua dentro, ma è pur vero che abbiamo, come molti hanno detto, l'obbligo di stabilire strategie e modelli di sviluppo. Badate, l'elencazione ultima l'ha fatta il collega Cuccureddu. Credo che su questo tema siano stati spesi fiumi di inchiostro; la programmazione in merito ha riempito libri che ormai sono in possesso di molti di noi. Molti li conservano, molti sanno effettivamente che sono difficili da utilizzare, altri pensano, invece, che la speranza possa nascere da ciò che è contenuto in quelle righe. Io dico che è difficile per tutti, ma quando si tratta di un tema di così vitale importanza le sinergie hanno un valore e l'unità di intenti è ciò che spinge la macchina più velocemente.

Noi in quest'ultimo periodo siamo stati ad ascoltare, molte volte anche con difficoltà, e abbiamo preso una decisione che il 27 di questo mese presenteremo a Porto Torres. Proviamo a portare materialmente all'attenzione della città, di quel territorio, delle imprese e soprattutto della gente, non tanto della classe politica - il che non mi interessa -, ciò che con la ricchezza attuale in quel comparto, in quella realtà si può fare. E apriamo un confronto su un progetto concreto, su uno studio che è stato fatto, e cioè sulla realtà delle cose da fare, non a parole, basandosi sulla fantasia, che per quanto bella è certamente incapace di produrre materialmente nell'immediatezza ciò che è necessario per la gente che è disperata, per i lavoratori, e cioè una nuova speranza, un'occupazione reale, una riconversione, che non è una parola magica in Sardegna, visto e considerato che le riconversioni in altre parti d'Europa e del mondo le hanno fatte e senza vergognarsi. Ma soprattutto noi siamo in piena difficoltà per la debolezza che qualunque Giunta può avere, qualunque maggioranza può avere, per gli strumenti che abbiamo a disposizione, per la debolezza che questi strumenti comportano.

Le stagioni delle grandi riforme in quest'Aula ormai passano e ripassano. Qualcuno pensa che parlare dell'Assemblea costituente sia lo sport preferito di pochi e l'ambizione di qualcuno che riesce ancora a sognare. Ma qualcuno deve, però, capire che per quegli strumenti bisogna passare, perché la testimonianza nelle parole dette è che non abbiamo bisogno di un nuovo Statuto e che bisognerebbe utilizzare bene questo. Ma questo Statuto è nato sessant'anni fa in uno scenario, in una società fuori dall'Europa. Oggi abbiamo una realtà differente. Faccio solo l'esempio, guardate, di uno strumento che è necessario introdurre nel nuovo patto tra la Regione e lo Stato, che è la leva fiscale. Può sembrare un'inezia, l'ultima delle necessità, ma con la leva fiscale noi saremmo in grado di approntare strumenti di pressione, perché saremmo noi gli artefici di quella pressione, saremmo noi quelli che potrebbero portare qua un sistema economico completamente diverso e capitali certamente differenti. Guardate, non è un sogno, è una realtà che in Europa esiste. Lo ripeto ormai da molto tempo e continuerò a ripeterlo: in Spagna questo è realtà! Andate a vedere cosa sono riusciti a fare nei Paesi Baschi con la leva fiscale. Andate a vedere cosa ha comportato la leva fiscale per l'imprenditoria locale. Andate a vedere che cosa la leva fiscale ha comportato per portare investimenti in quelle realtà. Avevano una siderurgia che li aveva massacrati, hanno fatto una riconversione utilizzando la leva fiscale per l'imprenditoria locale, ma anche per quella esterna, e hanno portato la Michelin, la Volkswagen. La leva fiscale più conveniente l'hanno posizionata lì e le grandi multinazionali sono arrivate, sono lì, hanno creato occupazione e benessere, pagano le tasse lì, non si portano via niente. A noi parlare di queste cose ci piace pure, quando visitiamo i posti restiamo entusiasmati, ma poi, tornati nella nostra realtà, riprendiamo il vecchio tran tran, riprendiamo a parlare di cose che ci portano solo a lamentarci. Io mi chiedo di che cosa ci possiamo lamentare. Faccio solo due esempi pratici per quanto riguarda il Sulcis: proviamo a capire quanto denaro abbiamo messo in gioco, quante imprese sono arrivate, hanno saccheggiato e poi se ne sono andate. Proviamo a capire che cosa ha significato in quegli anni la mancata metanizzazione, per la quale ci furono rimborsati 503 miliardi di lire, e quale utilizzo ne fece l'ENI di quei miliardi: le "autostrade" per scendere in miniera! Non è stato sufficiente: abbiamo anche pensato alla gassificazione e abbiamo impegnato anni di studi, di lavoro per capire che il fallimento era la lì dentro, che in America la gassificazione era già stata superata. Abbiamo messo su comitati - pagati -, abbiamo messo a disposizione 2 mila miliardi per creare mille posti di lavoro. Provate a tirare le somme! Se avessimo la capacità di fare la somma di tutto ciò che si è investito in quel territorio oggi non saremmo in questa situazione. Quella gente avrebbe ricchezza, quella gente avrebbe ricchezza! E noi cosa abbiamo fatto, a parte mostrare solidarietà e cercare di difendere quei posti di lavoro? Come si fa a non difenderli, se non c'è un'alternativa immediata?

Noi ci siamo venduti non solo il territorio, ma anche l'anima. Abbiamo lasciato inquinare in modo disumano quella realtà. Il "dio lavoro" era l'obiettivo, e quell'inquinamento non è il frutto di giorni, è il frutto di una vita. E quando abbiamo provato a denunciarlo, quando abbiamo denunciato, ad esempio, che un'indagine della ASL aveva riscontrato che i bambini nella realtà di Portoscuso avevano nel sangue il 50 per cento di piombo in più degli altri bambini siamo stati aggrediti. Abbiamo sollevato questo problema che è stato tenuto nascosto, è stato fatto un referendum senza testimoniare questi dati, referendum naturalmente demonizzato e perso. Pochi giorni dopo l'assessore Tonino Dessì e l'Assessore della sanità si recano in loco. Qualcuno, Tonino Dessì in questo caso, dice: "Questo sistema produttivo non durerà in eterno". La visita è stata fortemente voluta dagli amministratori locali. Guardate, devo riconoscere che in quella circostanza Tonino Dessì, col quale mi ero scontrato in precedenza, ha capito per primo che quell'esperienza stava arrivando alla fine, che quell'esperienza si era consumata. E la cosa più ridicola che avevo letto in quegli anni era che per vendemmiare ci si doveva dotare di lavatrici per l'uva, come prevedeva un'ordinanza del sindaco che non consentiva di vendemmiare diversamente. Eravamo alla follia, come se il terreno non assorbisse piombo più del frutto, come se non fosse il terreno a dare l'elemento essenziale al frutto per crescere. Questo si è fatto!

Qualche giorno dopo il collega Giampaolo Diana, che allora era segretario della Cgil, aveva quindi un ruolo diverso rispetto a oggi - questo serva anche alla collega Francesca Barracciu -, mostrò di non aver gradito le affermazioni dell'assessore dell'Assessore regionale dell'ambiente sul futuro di Portovesme, anzi in realtà disse: "Non piace proprio l'evidente sfiducia dell'Esecutivo verso l'industria sarda. Non si può guardare con satanismo a questa industria". E' certamente un patrimonio, ne siamo tutti convinti, ma ciò non significa immolarsi, perché quando è in gioco la salute della gente, e quindi la vita di ogni persona che in quel territorio vive ancora oggi, mantenere l'industria necessariamente non è il massimo dell'ambizione. L'unica cosa divertente di quella seduta fu il fatto che l'amministratore delegato della Portovesme Srl, un certo Lolliri, che non voleva parlare, si lasciò sfuggire un laconico: "Stiamo soffrendo in silenzio tutti noi imprenditori". Io credo che la sofferenza degli imprenditori sia niente soprattutto se riferita alla sofferenza dei lavoratori e delle loro famiglie.

Verifiche sanitarie e ambientali se ne sarebbero dovute fare tante, invece se ne sono fatte poche e non sono state nemmeno utilizzate, anzi sono state nascoste. Tutto è avvenuto cercando di silenziare la situazione sanitaria, ma non abbiamo migliorato la situazione occupazionale, perché nel momento in cui non hanno più convenienza le multinazionali non hanno l'obbligo di fare discorsi di carattere sociale, se ne vanno e basta. Noi invece abbiamo l'obbligo di non lasciarle andare via impunemente. Il livello di inquinamento è altissimo, per cui oltre a difendere i posti di lavoro bisogna difendere il territorio. Allora è necessario che le bonifiche diventino realtà. Una cosa è bloccare lo Stato o l'ENI alle proprie responsabilità, un'altra cosa è bloccare le multinazionali alle loro responsabilità su questo tema. Questa è la partita che nei prossimi anni ci potrà consentire di riscrivere un sistema economico diverso. Questa è la capacità che dovremo mettere in campo, se ce l'avremo. Le altre forme di discussione utilizzate o gli altri modi portati all'attenzione credo che lascino molti di noi veramente perplessi e non è più il momento di vendere parole.

Un'ultima cosa per quanto riguarda il mio intervento: mi dispiace che non sia qua l'amico Gian Valerio Sanna, al quale intanto vorrei dire che noi Sardisti, io per primo, il mio partito, non abbiamo padroni e l'abbiamo sempre dimostrato. Non so se lui, in un passato molto recente, ne abbia avuti. Di pale eoliche alle aziende amiche farebbe bene a non parlare, perché sennò dovrei ricordargli il parco eolico di Aggius, e non voglio aggiungere altro. Lui capisce benissimo, l'ho già detto in quest'Aula, lo ripeto stasera. I parchi eolici agli amici li ha dati qualcun altro che ben conoscete, che fa l'imprenditore di professione e non il francescano scalzo.

Crisi morale: la crisi morale vera la viviamo noi, dice Gian Valerio. Io di crisi morale non ne parlerei per niente; è un percorso, è una strada tortuosa. Non si può valutare la moralità degli altri, non si possono dare pagelle, se non dandole a sé stessi per primi. Ognuno guardi in casa propria, non metta in campo parole avventate che non servono a nessuno.

Guardate, ognuno ha le proprie compiacenze editoriali. Voglio ricordare, ad esempio, che voi del centrosinistra le compiacenze editoriali le avete concretizzate nei 200 ettari del CASIC, nei 60 ettari di Chilivani, nel fotovoltaico, nel termodinamico concesso a De Benedetti. Nessuno si è scandalizzato, nessuno in quella occasione vi ha accusato di compiacenze editoriali. Se dall'altra parte ci saranno o ci sono compiacenze editoriali che vanno sulla stessa lunghezza d'onda, non vi preoccupate che noi, così come lo stiamo dicendo adesso, lo diremo anche dopo. Su questo non vi è dubbio, però voi per primi, dopo aver compiaciuto qualcuno, non potete accusare gli altri di fare altrettanto.

Gian Valerio, sei arrivato al culmine, perché io ricordo le tue parole. Guarda, a noi gli imprenditori ci cercano, perché quando subiscono persecuzioni da parte del governante di turno cercano giustizia e dunque si rivolgono a qualcuno, in questo caso a noi. Ma nel vostro caso è stato il contrario: siete voi che vi siete rivolti agli imprenditori. E tanto vi siete rivolti a loro che ve li siete portati in elicottero, in giro per il Sulcis, per vedere quanta cubatura c'era, cercando di vendervi i gioielli di famiglia, con la differenza che non erano gioielli di famiglia, ma erano patrimonio della Sardegna, soprattutto di quella parte importante di quel territorio che sta soffrendo. Quindi se evitiamo questo tipo di linguaggio credo che non ci saranno problemi per nessuno. Se il linguaggio invece è questo, allora qualcuno, come sto facendo io in questo caso, sarà obbligato a ricordare un passato molto recente, che forse neanche chi l'ha vissuto oggi ha il piacere di poterlo e volerlo ricordare. Grazie.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Luciano Uras. Ne ha facoltà.

URAS LUCIANO (Comunisti-Sinistra Sarda-Rosso Mori). Vorrei tentare di rimanere sul tema, perché ho sentito svilupparsi delle onde, come se ci fosse una mareggiata in quest'Aula che io disperatamente penso incominci a essere, come qualcuno ha avuto modo in qualche misura di anticipare nel suo pensiero, una strumentazione inutile dell'autonomia. Perché è utile ciò che produce effetti ed è totalmente inutile ciò che costa, come quest'Aula, e non produce effetti. Noi non stabiliamo chi starà al Governo, non stabiliamo chi presiederà il Governo, non stabiliamo il programma di governo, non controlliamo la funzione di governo. Facciamo una produzione legislativa che anche l'ultimo funzionario dell'ultimo ufficio dell'amministrazione regionale si permette di annullare, sospendere, cancellare, rinviare, cioè noi siamo, come qualcuno l'ha definita, una strumentazione inutile e costosa dell'autonomia. Altro che organo! Organo di che cosa? Un organo che non suona, privo di musica! Questo lo dico perché qua ho visto plichi, ho sentito gente cimentarsi in grandi riflessioni di carattere economico. Sembrava quasi di essere all'università, di ricevere ogni minuto una nuova lezione su quali saranno lo scenario, lo sviluppo economico, le condizioni sociali, le responsabilità, le colpe. E' colpa della politica di vent'anni fa, è colpa della politica di trent'anni fa. Abbiamo fatto a gara per scoprire che è colpa del Regno di Savoia! Risaliamo a prima dell'unificazione dello Stato italiano, perché il Regno sardo piemontese è più antico.

Ma perché? Partiamo invece dallo sciopero generale del 5 febbraio, partiamo dalla piattaforma delle organizzazioni sindacali. Cosa dicono? Dicono una cosa che, a mio avviso, è significativa, cioè parlano dell'inadeguatezza della programmazione nazionale e regionale. Inadeguatezza della programmazione nazionale e regionale! La programmazione nazionale la fa il Governo Berlusconi, centrodestra; la programmazione regionale la fa l'assessore La Spisa, centrodestra. Io ho tentato di capire se c'è una critica al modello di sviluppo degli anni '60, quello delle partecipazioni statali. Non c'è! Quello che c'è è una critica alla maggioranza di centrodestra, nazionale e regionale, alla sua inadeguatezza ad affrontare la crisi, all'inadeguatezza della programmazione degli interventi. E poi sono andato a vedere altri atti. Ho beccato una lettera del 7 febbraio, due giorni dopo lo sciopero: "Domani, lunedì 8 febbraio, le segreterie regionali di CGIL, CISL e UIL si riuniranno per valutare i primi risultati dello sciopero generale del 5 febbraio e programmare le iniziative per dare seguito all'importante manifestazione di venerdì scorso". Dalla Giunta regionale non è ancora arrivato alcun segnale o richiesta di riscontro. Poi, sì, c'è un'agenzia delle ore 18 e 15 che dice che la Giunta ha convocato per il giorno 15 i sindacati. Ma quale storia, ma quale movimento operaio in crisi, ma quale situazione dell'apparato industriale, ma quale eredità delle partecipazioni statali! Non ci siamo noi! E che altro interessa ci venga trasferito?

Il collega Cuccureddu ci fornisce ogni volta dati entusiasmanti sul piano casa! Ricordo che in una trasmissione televisiva ha parlato di 40 mila cantieri, 10 addetti per cantiere, 400 mila occupati. Dove sono i 400 mila occupati? L'edilizia ha perso 4 mila occupati, altro che piano casa! Non avete messo una lira! Siete inadeguati anche nel fare previsioni pirotecniche di dati inesistenti, fantasie, imbrogli! La gente muore di fame, c'è una situazione che abbiamo montato colpevolmente e ne siete responsabili voi! Alla manifestazione vi siete messi a fianco dei lavoratori, ma i lavoratori non hanno bisogno di gente che protesti con loro, hanno bisogno di governanti che risolvano i loro problemi, hanno bisogno di risposte, collega Cuccureddu, lo dico anche a te. Altro che 400 mila posti di lavoro! L'hai detto in una trasmissione di Videolina per fare i fuochi d'artificio, e il risultato è che hai illuso la gente! Altro che 400 mila occupati in più, abbiamo 30 mila posti di lavori in meno! E che cosa mangiano questi lavoratori? I dati che fornisci tu?

Siamo in una situazione di crisi, la gente è disperata, le abbiamo promesso mari e monti, requisizione di aziende, di impianti. E quando, scava scava, non caveremo un ragno dal buco?

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE COSSA

(Segue URAS). E quando riusciremo a malapena a far fronte alle spese obbligatorie, quando il bilancio regionale finirà comunque asfissiato, perché il Patto di stabilità non è stato rimosso, perché non c'è un'accelerazione della spesa, perché non c'è una migliore funzionalità dell'amministrazione, perché non c'è nulla di nulla rispetto all'esigenza che è stata posta, dove pensate che andranno? In un Consiglio regionale squalificato a 360 gradi? Una volta siamo fannulloni, poco puntuali, una volta siamo malversatori di fondi pubblici, un'altra volta siamo fiancheggiatori di interessi privati! Ma a chi pensate che si rivolgeranno? Ha ragione l'onorevole Floris: la Sardegna brucia e noi guardiamo i fuochi d'artificio! Ha ragione, nessuna battuta poteva essere più felice per fotografare una situazione tragica.

Io mi sarei aspettato cose diverse, mi sarei aspettato proposte vere, non la storia delle partecipazioni statali o di come è stata trasformata un'azienda, di come sono state chiuse le miniere, di come il petrolchimico di Porto Torres ha inquinato quell'area. Lo sappiamo da sempre! Mi sarei aspettato proposte e lo dico all'Assessore, fuori dalle polemiche, perché mi interessa poco polemizzare! La programmazione regionale, il Programma regionale di sviluppo, la ricerca con il lanternino delle idee degli altri per configurare qualcosa non è una risposta, Assessore, e non bastano quattro corsi di formazione in più e neppure dieci posti nel sistema sanitario, tanto meno da primario! Non bastano, servono per governare il consenso, per raccattare quattro voti, per gestire la disperazione, ma non servono per cambiare il passo, per dare una risposta a chi ha bisogno.

Noi abbiamo perso le elezioni? E' vero, ma il popolo sardo ha votato voi, vi ha votato anche nel Sulcis, vi ha votato perché bastava una telefonata per mantenere il posto di lavoro, vi ha votato perché gli avete promesso di sorridere! Sta piangendo di più! Non ve lo dico io, ve lo dice la gente, perché voi non ve ne accorgete, ma sapete bene che è così, che le cose sono ferme. Sono ferme! Abbiamo 600 imprese che hanno dichiarato lo stato di crisi, 11 mila lavoratori che utilizzano gli ammortizzatori sociali in deroga, 96 mila prestazioni di questo tipo erogate dall'INPS, 150 mila disoccupati, 350 mila persone sotto la soglia di povertà. Non sono dati miei, sono i dati della CISL, di Mario Medde, di una persona anche attenta alle opinioni dello schieramento che rappresentate. Grande sindacalista, che però non ha un atteggiamento pregiudizialmente contrario a nessuno schieramento politico, ma neppure a quello di governo. Ebbene, come rispondiamo, collega Cuccureddu? Nell'ultimo semestre del 2009 si è registrato il 15 per cento in meno di ore lavorate nell'edilizia in Sardegna. Altro che 400 mila occupati, 10 per ciascuno dei 40 mila cantieri ipotizzati! Piano casa: un bluff, un imbroglio, una profezia mancata! Vi consiglio di cambiare mago, sceglietene un altro, che guardi la sfera di cristallo giusta per vedere il futuro, perché quella che ha guardato sinora è sbagliata: 9 per cento di addetti in meno in edilizia nell'ultimo semestre del 2009!

Allora, avete sbagliato la programmazione, avete sbagliato gli interventi. "Rilanciamo l'economia della Sardegna attraverso l'edilizia": non avete rilanciato manco l'edilizia, figuriamoci l'economia della Sardegna! Seicento imprese, 11 mila lavoratori in cassa integrazione, in deroga, perché non contiamo quegli altri che sono in cassa integrazione e basta. E siccome voi avete assunto l'impegno di portare fuori dalla crisi la Sardegna, voi dovete assolvere quell'impegno, perché è questo il significato del voto.

Noi abbiamo provato a disegnare un altro modello di sviluppo e siamo andati a pagare il prezzo. Abbiamo detto: anziché consumare il territorio, anziché dilapidare la nostra ultima vera risorsa, conserviamola. Noi avevamo bloccato lo sviluppo, siete arrivati voi e siamo ancora più indietro, la retrocessione ce l'abbiamo davanti agli occhi!

Queste erano le vostre parole, ecco perché voi scuserete se uno unitario come me, che è attento alle cose che dicono tutti, che tenta anche di lavorare insieme agli altri, oggi incomincia a fare un po' di opposizione. Ma perché? Perché l'inadeguatezza vostra è esplicita, è palese. Noi abbiamo di fronte la Sardegna che brucia e non vogliamo guardare i fuochi d'artificio, vogliamo intervenire per spegnere questo fuoco!

Avete volontà unitaria? Volete risolvere effettivamente i problemi di questa nostra Isola? Allora rivedete le vostre posizioni, non scegliete la strada della demagogia, che è esattamente quella che avete scelto negli anni passati, facendo un'opposizione dura, a volte incomprensibile da parte vostra, che siete il partito dell'amore. Onorevole Mario Diana, voi che siete il partito dell'amore, i sacchetti dell'immondezza ve li ricordate? Le manifestazioni contro ve le ricordate? I toni durissimi verso la persona ve li ricordate? Io ve li devo ricordare per un fatto molto semplice: in parte perché siete diventati il partito dell'amore e quindi è giusto, in ragione di questo, modificare un po' gli atteggiamenti, ma in gran parte perché vi voglio sfidare positivamente, come al solito, sulle cose da fare. Ripeto, noi avevamo un disegno, di cui si può discutere: salviamo il territorio, facciamo una buona politica del paesaggio, facciamo le bonifiche, acquisiamo le risorse finanziarie, non facciamocele portare via, attiviamo nei confronti dello Stato un'autorevole, ragionata, motivata contrapposizione, perché gli interessi non sono uguali, soprattutto oggi sono diversi. In quel Governo ci sta la Lega…

SANNA GIACOMO (P.S.d'Az.). Delle cooperative!

URAS LUCIANO (Comunisti-Sinistra Sarda-Rosso Mori). No, non ci sta la Lega delle cooperative. Magari! Avremmo la casa, avremmo risolto anche il problema di Cuccureddu, avremmo cantieri in più, qualche decina di lavoratori edili in più. Invece no, non abbiamo più neppure la Lega delle cooperative. Abbiamo la Lega, quella di "Roma ladrona", che ha occupato Roma. E da quando ha occupato Roma ha trasferito tutte le risorse che devono arrivare nel Mezzogiorno d'Italia, e anche nella nostra regione, verso gli interessi più rilevanti di un sistema produttivo egoista e rovinoso, per l'Europa prima che per il resto d'Italia e per il Mezzogiorno, nell'idea che tutte le risorse che questo Stato riesce ad accumulare debbano andare a coloro che intelligentemente le sanno spendere: a Milano! E noi non abbiamo più i soldi europei che ci hanno promesso, che erano previsti, che avevamo ottenuto; non possiamo spendere le risorse finanziarie che abbiamo ottenuto con la modifica dell'articolo 8 dello Statuto, perché le nuove entrate di circa un miliardo e mezzo, riconosciute alla Sardegna, debbono essere costrette dentro l'ambito di un Patto di stabilità inaccettabile per una regione in crisi, per una regione con un differenziale di sviluppo elevato, per una regione che soffre l'insularità.

Questi problemi, lo dico all'Assessore, li deve risolvere il Governo, il vostro Governo amico. E non ci deve far digerire i prossimi decreti delegati relativi al federalismo fiscale, perché quella cosa lì è un altro capestro. Altro che opportunità, è una rovina! E lo sapete tutti, lo sa il Presidente della Commissione bilancio, lo sa l'Assessore, lo sanno i componenti della Commissione bilancio che quella è una rovina, che ogni passaggio che si fa lì lo si fa con oneri da parte dello Stato ormai bloccati e che non si prevede nessuna ulteriore risorsa finanziaria in capo ai soggetti che ereditano, invece, funzioni onerose in sostituzione di quelle che attualmente sono esercitate dallo Stato. Nuove funzioni senza nuove risorse e progressivamente, in prospettiva, nuove funzioni onerose senza ulteriori trasferimenti proporzionalmente rapportati all'entità delle spese che abbiamo di fronte. E come facciamo? Ci si dice: "Pensateci da voi." E noi ci abbiamo provato a costruire una cosa pensandoci da noi, ma a voi è venuto bene per vincere le elezioni, per avere la responsabilità di governo, essere irresponsabili nella precedente legislatura, aprire le divisioni qua, fomentare un odio eccessivo non solo in funzione della normale polemica elettorale e politica, ma in funzione delle persone che rappresentavano quel progetto di cambiamento, che era un progetto di rottura con il passato. Ecco perché questa responsabilità è una responsabilità tutta vostra e non nostra.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Milia. Ne ha facoltà.

MILIA (U.D.C.). Signor Presidente, onorevoli consiglieri, assessore La Spisa, assessore Angioni, il dibattito che è seguito alle dichiarazioni del presidente Cappellacci ha portato in quest'Aula, come nel caso del collega Uras che mi ha preceduto, non solo un'analisi del pregresso, di quello che è successo, soluzioni economiche, soluzioni sociali, ma certamente da una parte un modo di vedere la politica sempre di parte e dall'altra un modo di affrontare la politica guardandola dal verso dal quale tutti noi purtroppo oggi la guardiamo.

Siamo a carnevale, colleghi del Consiglio. Gli antichi Greci dicevano che a carnevale si può derogare ai doveri sociali. Credo che questo Consiglio regionale non abbia mai derogato al suo compito, pur tra mille vituperi e, soprattutto in quest'ultimo periodo, mille contumelie. Credo anche che questa volta abbia come non mai il dovere di essere presente in un momento per la Sardegna assolutamente nefasto.

Noi, collega Uras, saremo pronti e siamo certamente pronti a raccogliere la sfida che lei ha lanciato, così come siamo stati pronti, all'indomani di un'altra legislatura di centrosinistra, a recepire un piano del lavoro che invece la maggioranza prossima futura di quella Giunta non recepì mai. Ed era uno dei tanti progetti che voi avevate presentato, reclamizzato, anche con demagogia, ma che noi in qualche maniera avevamo accettato. Quindi non c'è da parte nostra nessun preconcetto rispetto a proposte serie, costruttive, che vadano nella direzione che tutti noi e soprattutto i sardi aspettano.

Noi abbiamo la necessità di capire, all'indomani delle dichiarazioni del presidente Cappellacci, che esiste un progetto. Il progetto deve esistere ed esiste anche nel solco di quanto di buono, lo dico senza tema di smentite, aveva tracciato - non troppo, ma qualcosa di buono aveva tracciato - la precedente Giunta del governatore Soru, e cioè l'idea di Sardegna come territorio inviolabile, non in senso lato, non come santuario, non come riserva naturale a tutto tondo, ma come territorio economicamente fruibile, volano economico per quello che deve essere il futuro dei nostri figli e soprattutto delle prossime generazioni.

E allora, entrando nell'argomento della crisi industriale, fa specie, lo dico sinceramente, la dichiarazione del presidente Cappellacci, che quasi come un moto di ribellione in quest'Aula ha detto: "Faremo controlli pressanti sul problema ambiente", in riferimento all'Alcoa. Mi ha anticipato Giacomo Sanna, ma anch'io credo che in Sardegna ci siano stati troppi santuari inviolabili in materia di ambiente e soprattutto santuari legati all'industria. Parlo di Porto Torres, parlo di Sarroch, parlo del Sulcis, parlo di Ottana. Questi santuari non devono esistere, soprattutto quando in questo Consiglio regionale si discutono mozioni sulla sicurezza in materia di lavoro e quando i dati delle ASL sull'incidenza tumorale sono assolutamente nefasti sia a Porto Torres sia nel Sulcis. Allora non ce lo deve dire il presidente Cappellacci, ma è la politica attraverso i suoi strumenti, attraverso l'ARPAS, attraverso le ASL, attraverso il Corpo forestale, attraverso degli uffici di lavoro, a dover intervenire su queste cose.

Noi dobbiamo occuparci dei soldi che, così come abbiamo stabilito nell'ultimo ordine del giorno sull'industria, devono arrivare per le bonifiche; quei soldi che non ci devono essere sottratti e che non ci devono essere offerti quasi come merce di scambio per un qualche accordo, come quello del superserbatoio di Porto Torres, che fa veramente ridere, considerando l'area del Golfo dell'Asinara come uno dei santuari della nostra Isola sotto il profilo naturalistico.

Il progetto: dieci anni fa il presidente Soddu, che ebbe magna pars nelle scelte della Sardegna industriale degli anni '60, celebrando il cinquantenario del Consiglio regionale, dopo l'intervento di un professore universitario che criticava quelle scelte, come molti oggi le criticano - ma non siamo qua per dire per chi è contro e chi è a favore, noi siamo a favore di alcune di quelle scelte -, urlò che quella era l'unica scelta possibile. Può essere, salvo poi, come tutti gli uomini intelligenti, in un convegno tenutosi all'inizio di questa legislatura fare una parziale marcia indietro dicendo che forse si poteva su un altro binario programmare un altro tipo di sviluppo. E' questo ciò a cui noi volevamo e vogliamo arrivare.

Collega Diana, lei ha fatto battaglie importantissime alla guida del sindacato, però, così come il Consiglio regionale, di cui uno dei consiglieri più anziani ormai sono io, ha giocato sempre in difesa: in difesa di quello che c'era, di quello che si poteva salvare e di quelle poche centinaia o migliaia di posti di lavoro che erano rimasti, anno dopo anno da quel primo intervento industriale dopo la rinascita. Io non voglio mutuare termini calcistici, ma quando si gioca in difesa alla fine si perde sempre. E noi stiamo perdendo tutti assieme per questa scelta di difenderci senza proporre niente di nuovo, niente di alternativo. E' di un progetto che la Sardegna ha necessità, sperando che non arrivi troppo tardi.

Dico questo perché quando negli anni '60 vennero fatte queste scelte, in Inghilterra arrivavano i primi scricchiolii dell'industria metallurgica e siderurgica, con la crisi di Manchester, di Liverpool, con le migliaia di posti di lavoro persi. Scricchiolii che poi, a catena, attraverso la Francia sono arrivati in Italia. Quindi noi abbiamo fatto una scelta sapendo già che gli indicatori per certi versi potevano essere negativi. Poi ci si è rifugiati in quello che, in effetti, poteva essere il futuro, che era il chimico, perché in quel momento tirava l'industria chimica, leggera e non. Però siamo arrivati al saccheggio della Sardegna, siamo arrivati alle macerie, e dopo l'anelito ai grandi imprenditori che hanno sfruttato il Credito industriale sardo e le partecipazioni statali, dividendo in tante società la possibilità di attingere dalle casse della Regione e dello Stato, siamo arrivati alle multinazionali. E ora i nomi Unilever, Rusal, Rockwool, Dow Chemical, Alcoa e Ineos paiono degli acronimi, possono diventare degli acronimi dietro i quali si consuma il dramma di migliaia di lavoratori e delle loro famiglie.

Questo è quello che è successo in Sardegna e io penso che la politica abbia al riguardo grandi colpe. Però non ha colpe solo la politica, perché non è stata lasciata sola in queste scelte. La politica ha avuto degli alleati, come la cultura dominante condivisa dall'università, dai giornali, dai salotti buoni, quella cultura che faceva intendere, in un messaggio, che un operaio valeva più di un pastore, perché aveva più possibilità di far studiare i figli, di dare risposte alla famiglia e soprattutto di far crescere, da un punto di vista economico, nella scala sociale la sua persona. Noi crediamo che anche il sindacato abbia le sue colpe; sindacato che in quel momento era forse più ideologizzato di oggi e che usava megafono e frusta sociale nel periodo storico in cui si sono fatte queste scelte.

PRESIDENZA DELLA PRESIDENTE LOMBARDO

(Segue MILIA.) Quindi l'illusione di ottenere benefici per il sistema economico sardo è durata fino a che il sistema statale ha aiutato questa nostra Isola. Nel '92 si è squagliato questo pensiero, si è squagliata questa illusione e dal '92 a oggi ci dibattiamo in difficoltà sempre più crescenti e senza che la politica, il Consiglio regionale e le Giunte che si sono succedute abbiano avuto il coraggio di fare un'inversione di rotta che potesse parlare di piani energetici, di infrastrutture, di confronto più serrato con lo Stato. Qualcuno mi ha anticipato, ma parleremo durante la discussione della prossima mozione sull'agricoltura della fine dei fondi FAS, perché se i fondi FAS possono essere utilizzati per pagare le quote latte dei valtellinesi, forse potevano dare sollievo anche ai reduci della legge numero 44. Ma di questo ne parleremo in seguito.

Credo, quindi, che la politica e il confronto con lo Stato mai come in questo momento debbano essere elevati ai più alti livelli. Noi abbiamo la necessità di proporre un nuovo sistema di sviluppo, assessore La Spisa, un piano energetico, un piano ambientale, perché sappiamo che le campagne forse possono salvarsi col piano energetico e col piano ambientale, perché in questo momento non pagano i pomodori, non paga il latte, non paga la verdura, ma allo stesso tempo dobbiamo avere la capacità, attraverso un sistema di riconversione, di utilizzare quelle migliaia di lavoratori che hanno maturato esperienze importanti e che oggi vivono al massimo con la speranza di una cassa integrazione da rinnovarsi di anno in anno.

Noi abbiamo il dovere morale e istituzionale, prima come maggioranza poi nel confronto con l'opposizione, di trovare soluzioni serie per questi lavoratori. Non possiamo aspettare che arrivi nessuno da oltremare a indicarci soluzioni, se non siamo noi i primi a proporle. Dobbiamo essere convinti delle nostre idee, dobbiamo essere convinti dell'azione che svolgeremo nei confronti del Governo centrale. I Governi sono tutti uguali: ci sono i burocrati, ci sono gli amici, ci sono i nemici e ci sono le persone indifferenti. Deve essere la forza di questa maggioranza, la forza di questo Consiglio, perché è opportuno e necessario l'aiuto dell'opposizione, di un'opposizione che abbia a cuore, come penso le abbia sempre avute, le sorti di quest'Isola, il collante per poter proporre qualcosa di diverso, per lottare per l'esistente, per proporre, come ha detto il collega Oppi, tavoli autorevoli, affinché chi è in questo momento in Sardegna non scappi. E soprattutto occorre pensare a un futuro diverso, in cui la Sardegna sia proiettata nel Mediterraneo non come una sorta di contenitore di rottami, di macerie, di elementi inquinanti, ma come una regione che può guardare al prossimo millennio conservando le sue caratteristiche e soprattutto riuscendo a contemperare le esigenze ambientali con quelle dello status quo, cioè del sistema industriale, di quello che è rimasto, salvo e possibilmente efficiente.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Mario Diana. Ne ha facoltà.

DIANA MARIO (P.d.L.). Signora Presidente, colleghe e colleghi, inizierò il mio intervento parafrasando una brevissima frase: "Il nostro futuro è legato al futuro delle nostre comunità. Veniamo spinti dalla convinzione che per essere la migliore società del mondo dobbiamo innanzitutto essere la migliore società nelle nostre comunità". E' piaciuta questa frase, poi dirò da dove è stata tratta.

Ero indeciso sul taglio da dare al mio intervento. Se fossi dovuto intervenire successivamente a colui che mi ha preceduto come Presidente della Provincia di Oristano avrei avuto lo stato d'animo giusto per replicare puntualmente, credo non con lo stesso frasario, perché fa parte di un dizionario che non conosco e non l'ho conosciuto neanche nella precedente legislatura. E' un "bestiario" il suo frasario e dovrebbe astenersi dall'adottarlo in quest'Aula. La bile scorreva a fiumi, non risolviamo niente così, collega Gian Valerio Sanna. E' importante però capire, glielo chiedo stasera, se il suo intervento rappresenta la nuova linea politica che il centrosinistra vuole adottare in quest'Aula. Non mi aspetto una risposta adesso, mi affido molto al suo Capogruppo. C'è grande solidarietà tra i Capigruppo in quest'Aula, non sempre, ma quasi sempre. Non voglio, quindi, svilire il mio intervento, per quel poco che potrà essere utile, soffermandomi sulle considerazioni che lei ha fatto.

Ha perso un'occasione, collega Sanna, per essere propositivo in quest'Aula, perché, vede, è sfuggito a tutti ciò che sto per dire adesso, è sfuggito veramente a tutti: perché siamo qui oggi? Siamo qui perché nella seduta pomeridiana del 19 gennaio 2010 abbiamo approvato all'unanimità - non capita quasi mai - un ordine del giorno, corretto anche da me personalmente e persino arricchito in alcuni punti. In quell'ordine del giorno, oltre alle premesse e alle considerazioni varie che sono state fatte su un ordine del giorno che avevate presentato voi e che noi abbiamo in qualche maniera corretto, adeguato, concordato, se preferite, era previsto anche qualcos'altro. E' passato da quel giorno meno di un mese, sono passati venti giorni. Cosa prevedeva quell'ordine del giorno? Bisogna che le cose si dicano, altrimenti sembrerebbe che siamo qui chissà per che cosa.

Io avrei voluto sentire, e anche apprezzare eventualmente, l'intervento dell'onorevole Soru. Ahimè, tempo scaduto e quando scade il tempo, essendo la legge uguale per tutti, non ci si può più iscrivere a parlare. Potrà rimediare in seguito, però mi sarebbe piaciuto sentire dall'onorevole Soru che cosa è stato fatto quando Pierluigi Bersani era Ministro dello sviluppo economico e, guarda caso, in quel momento…

(Interruzione del consigliere Soru)

DIANA MARIO (P.d.L.). Onorevole Soru, le chiedo la cortesia di non interrompermi, perché altrimenti cambio tono.

SORU (P.D.). Non si rivolga a me. Poteva consentirmi di parlare!

DIANA MARIO (P.d.L.). Le sto chiedendo semplicemente le giustificazioni che i suoi colleghi di partito non hanno portato nel momento in cui è iniziata la crisi dell'Alcoa, visto che siamo partiti dall'Alcoa, quando era Ministro dello sviluppo economico l'attuale leader del Partito Democratico e il centrodestra non governava la Sardegna.

Ciò che si chiedeva in quell'ordine del giorno è ben evidente, lo potete leggere tutti. Intanto per un confronto diretto con la Presidenza del Consiglio dei Ministri non abbiamo aspettato l'ordine del giorno, perché c'è un DPCM del 29 luglio 2009 e c'è un tavolo permanente col Governo in cui si affrontano questa e altre materie. Io sono stato a Roma, non sono stato alla manifestazione sindacale. A proposito, il presidente Cappellacci ha convocato i sindacati per il giorno 15, qualcuno magari è in ritardo. Poi la Questura stasera, anche se non c'entra niente con quello di cui stiamo dicendo, ha detto: "Abbiamo rivisto bene tutte le immagini dall'elicottero. Si trattava di 15-20 mila persone". Ho sentito dire che oggi…

(Interruzioni)

Chiedo scusa, non alteratevi, non l'avete organizzata voi la manifestazione, quindi non è merito vostro, è merito solo dei sindacati, i quali hanno dichiarato che erano presenti 50 mila persone. L'onorevole Zuncheddu ha detto oggi che, invece, erano più di 60 mila. Ma è con questo meccanismo che risolviamo i problemi? E' misurandoci su questi ragionamenti che possiamo trovare una soluzione? Ammesso che sia possibile trovare una soluzione, perché qualche volta bisogna anche prendere atto che forse si è davanti a questioni per le quali trovare la soluzione può essere un rimedio dannosissimo. Allora bisogna pensare bene a ciò che stiamo facendo.

Ma puntualmente tutte le cose che erano state chieste in quell'ordine del giorno firmato da voi, proposto da voi, hanno trovato rispondenza negli atti, nei comportamenti e nelle considerazioni del Presidente della Regione. Se si vogliono demolire politicamente le parole, lo si può sempre fare, siamo tutti d'accordo, ognuno di noi, chi più chi meno, ha la capacità di demolire tutto. Qui, poi, c'è una pluralità di avvocati che quando ci si mettono riescono anche a cambiare un po' le carte in tavola, ma credo che anche noi politici riusciamo a farlo con grande capacità.

L'ordine del giorno del 19 gennaio, dunque, impegnava la Giunta: ad affiancare ogni iniziativa democratica (lo abbiamo fatto in tutte le sedi e lo stiamo continuando a fare); a perseguire gli obiettivi indicati nella piattaforma della mobilitazione generale (infatti per il 15 di febbraio è convocato un tavolo con i sindacati); a rappresentare con forza nei confronti del Governo centrale e dei grandi gruppi industriali presenti in Sardegna, come l'ENI, la volontà di difendere le produzioni esistenti (è un punto che abbiamo fatto aggiungere noi e a cui si sta provvedendo); a partecipare ai programmi di investimento pubblico (io sfido chiunque a partecipare ai programmi di investimento pubblico, a dare risposte al Consiglio regionale, a mettere in piedi delle leggi, a discutere con il Governo, a fare tutti i passaggi necessari, obbligatori e indispensabili che tutti noi conosciamo in quindici, venti giorni); a imporre l'adempimento degli obblighi di bonifica e risanamento dei territori occupati (abbiamo chiesto noi di introdurre questo punto; infine, a riferire in Aula, entro sette giorni, sullo stato dell'apparato produttivo (è stato fatto dopo qualche giorno). Io ho riletto due volte ciò che il presidente Cappellacci ha detto, perché non essendo un intervento fatto di pause e silenzi mi è stato consegnato immediatamente e l'ho potuto leggere nel fine settimana. E' un intervento frutto di grande meditazione, di un confronto probabilmente, anzi certamente, ma è un intervento che è agli atti e che si può non condividere, però non si può dire che non dia le risposte, collega Barracciu. Non lo si può assolutamente dire, perché altrimenti o lei non ha ascoltato o forse non ha letto per la seconda volta ciò che il Presidente della Regione ha detto in quest'Aula. E allora su che cosa ci stiamo misurando?

Collega Uras, io e lei spesso e volentieri condividiamo molto di ciò che accade in quest'Aula e per fortuna esiste una sinistra come la sua. Dico per fortuna, perché la sua è una sinistra che si misura sulle idee, è una sinistra che si misura nel merito, è una sinistra che dissente, e giustamente deve dissentire, dalle posizioni del centrodestra, ma con la quale spesso e volentieri ci troviamo d'accordo. E allora domando: come si può pensare di mettere sotto accusa un Presidente in questa circostanza, l'unica circostanza nella quale il Consiglio regionale avrebbe dovuto dare suggerimenti, consigli, intervenire nel dibattito non per offendere, non per criticare ciò che è stato fatto in quindici, o meglio dieci giorni, così come avete fatto per tutta la giornata di oggi e di giovedì scorso? Ne traggo evidentemente la conclusione che è cambiata la linea politica. Ben venga la nuova linea politica! Se questo è, ne prendiamo atto. Qui esiste una maggioranza, di là esiste un'opposizione, i numeri certamente contano…

SANNA GIAN VALERIO (P.D.). Vogliamo sapere la tua linea politica, non la nostra!

DIANA MARIO (P.d.L.). Onorevole Gian Valerio Sanna, è la seconda volta che vengo interrotto. L'ha fatto prima il suo dante causa, adesso lo fa lei. La smetta per favore, non è assolutamente aria!

SANNA GIAN VALERIO (P.D.). Non mi intimorisca!

DIANA MARIO (P.d.L.). No, non la sto assolutamente intimorendo! Lei, peraltro, intimorisce me con il suo blog.

SANNA GIAN VALERIO (P.D.). Non è il mio blog!

DIANA MARIO (P.d.L.). Sì, sì, è il suo!

Quello che volevo dire è che da questo Consiglio regionale non si è alzata una voce da parte del centrosinistra, neanche da parte del collega Giampaolo Diana, che conosce forse meglio di altri le politiche industriali della Sardegna. Ma perché oggi accusate il Presidente che in dieci giorni ha cercato di fare il possibile dell'impossibile con un'azienda come l'Alcoa - perché poi gli interventi si sono concentrati fondamentalmente non sulla politica industriale della Sardegna, ma sul problema Alcoa -, alla quale sono state date tutte le possibilità o comunque si sta facendo di tutto per metterla "in condizioni di…". Poi qualcuno ha cominciato ad avanzare l'idea, e l'abbiamo letto anche sulla stampa nazionale, che Alcoa forse ha deciso veramente di chiudere, al di là del costo dell'energia, al di là di quello che noi possiamo metterle a disposizione. Allora non si può dire che non è credibile il Presidente del Consiglio dei Ministri, che non è credibile il Presidente della Regione, che non è credibile questo Consiglio regionale. Voi lo avete detto sulla vostra pelle, perché a Pittsburgh qualcuno ha detto: "Hanno un'idea diversa della Sardegna". Forse bisognerebbe ricordare a Pittsburgh che quando è nata la Sardegna probabilmente il continente americano non era neanche emerso!

Allora io dico: era l'occasione buona per stendere ancora una volta un ordine del giorno, alla luce delle considerazioni che ha fatto il Presidente, che per una scelta sua, che forse io non avrei condiviso, ha fatto un intervento diverso perché, oltre a fare un'analisi su ciò che noi gli avevamo indicato, ci ha dato tutta una serie di indicazioni utili. Mi fa piacere che il presidente Floris le abbia rimarcate, perché il Presidente ha dato tutta una serie di notizie non esaustive, devo dire, né potevano esserlo, su quello che dev'essere il percorso per cambiare radicalmente la Sardegna. E diciamocelo pure, è inutile che continuiamo per un'intera legislatura ad attribuirci reciprocamente le responsabilità, dall'amministrazione Soddu in poi. Non serve assolutamente a nulla! Bisogna prendere coscienza del fatto che il mondo sta cambiando e se cambia il mondo deve cambiare anche la Sardegna. In questo, guardate, non ci può aiutare il Governo nazionale; può essere un grande sostegno, ma certamente dalle nostre idee può venire lo sviluppo della Sardegna. E se noi non abbiamo idee, vanificare il tutto accusandoci, utilizzando il frasario, il "bestiario" più vario che ci può essere non serve assolutamente a nulla, non è in questo modo che si risolvono i problemi. Vi abbiamo invitato tante volte a sedervi insieme a noi attorno a un tavolo. Noi siamo pronti ad affrontare uno per uno i problemi della Sardegna, ma non può essere questo un motivo di scontro tra i consiglieri regionali, non può assolutamente essere questo il modo per uscire dalle secche del sottosviluppo.

Non sono d'accordo neanche con chi ha fatto grandi considerazioni sul federalismo fiscale. E quando sarà il momento, quando il presidente Maninchedda e i lavori dell'Aula ce ne daranno la possibilità, lavoreremo anche a questo. Noi del P.d.L. non siamo affatto convinti che l'idea di federalismo fiscale debba essere un freno dello sviluppo, anzi una costrizione del popolo sardo. Non ne siamo assolutamente convinti! Noi siamo convinti che vi debba essere un federalismo fiscale adeguato alle nostre esigenze e non a quelle del Meridione. Guardate, usciamo anche da quest'idea, non buttiamoci nella mischia del Meridione. Noi siamo una cosa a parte e di questo dobbiamo farci forza. Non a caso quel tavolo che è stato istituito con DPCM il 29 luglio esiste; esiste per la Sardegna ed è già un gran risultato. I risultati li vedremo e non saranno frutto di decisioni prese altrove, ma delle decisioni che prenderemo noi, se abbiamo testa e se abbiamo idee. Se testa e idee non ne abbiamo e vogliamo continuare con i veleni, facciamolo pure! Noi non siamo di questo parere. Credo che noi incrementeremo di molto la produzione di iniziative legislative e che il centrodestra abbia tutte le potenzialità per presentare proposte di legge ed essere un sostegno, un pungolo. Dobbiamo certamente sostenere la Giunta e il suo Presidente, perché sarebbe troppo facile per noi dire che voi avete impiegato quattro anni e mezzo per distruggere la Sardegna e noi in dieci mesi avremmo dovuto recuperare. Non è questo il ragionamento che faccio, lo dico perché rimanga scritto, non sono convinto di questo perché neanche voi avete trovato una bella Sardegna a suo tempo. E non è che sia cambiata tanto, anzi non è cambiata affatto, perché delle proposte fatte dal collega Uras la vostra maggioranza non ne ha affrontato nemmeno una.

E' vero che siamo in ritardo anche noi, e questa è una presa di coscienza, perché dobbiamo essere coscienti di quello che stiamo facendo e di quello che non stiamo facendo. Siamo in grande ritardo e la responsabilità non è solo del Presidente della Regione e della Giunta, è anche nostra. E allora noi sfidiamo il centrosinistra, l'opposizione, a presentare proposte di legge, a misurarsi con noi sui problemi. Noi lo stiamo facendo, perché le idee le abbiamo, pensiamo di averle, ma vorremmo confrontarle con le vostre, per quelle parti delle nostre posizioni che non sono ideologicamente diverse. Per ciò che ideologicamente ci divide credo che non ci sia speranza, ma per tutto il resto possiamo veramente fare un buon lavoro in quest'Aula.

Termino richiamando la frase che all'inizio ho detto di aver parafrasato, perché quando io dico il nostro futuro penso al futuro di chi fa politica, della parte della società organizzata che è in quest'Aula, della Giunta. Il nostro futuro è legato al futuro delle nostre comunità, dell'Isola intera, del popolo sardo, della gente di Sardegna. Veniamo spinti o dovremmo essere spinti dalla convinzione che per essere la migliore società, noi insieme al popolo sardo, dobbiamo innanzitutto essere la migliore società all'interno delle nostre comunità. Facciamoci un esame di coscienza e chiediamoci se siamo la migliore società all'interno della società sarda. Quando riusciremo a dare una risposta a questa domanda, probabilmente avremo dato una risposta anche a chi ha pensato questa frase, che è scritta nel frontespizio del sito Internet di Alcoa. Immaginate a cosa pensano questi signori! Pensano questo e anche tante altre cose: nel momento in cui hanno deciso che questa società sarda non andava più bene ne hanno trovato un'altra, forse perché è più accondiscendente, perché applica una politica industriale diversa dalla nostra o per centomila altri motivi di un'azienda che è in grado di spendere il prossimo anno 10 miliardi di euro, anzi di dollari. Scrivere frasi come questa è molto semplice, applicarle diventa un grosso problema. L'hanno fatto forse per qualche anno, per i prossimi anni pensiamo a farlo noi e forse renderemo tutti più felici. Grazie.

PRESIDENTE. E' iscritto a parlare il consigliere Bruno. Ne ha facoltà.

BRUNO (P.D.). Signora Presidente, signor Assessore dell'industria, signor Assessore della programmazione, colleghi consiglieri, vorrei ricordare all'onorevole Mario Diana che è passato ormai un anno dal 12 febbraio 2009. Non ci misuriamo sui dieci giorni previsti nell'ordine del giorno numero 19, ma su un tempo un po' più lungo. Da quella data, infatti, misuriamo i vostri risultati.

Anch'io ho ascoltato attentamente e riletto in questi giorni il testo delle dichiarazioni che il presidente Cappellacci ha reso in quest'Aula ai sensi dell'articolo 120 del Regolamento, richiamato a ciò dal dispositivo del citato ordine del giorno sullo stato dell'apparato industriale sardo. E' vero che il Presidente è intervenuto in Aula, sarebbe bastato questo per ottemperare a quell'ordine del giorno, però noi giudichiamo il suo intervento blando, assolutamente insoddisfacente, debole, inadeguato, totalmente inadeguato se rapportato alla crisi in atto, se rapportato al ruolo del Presidente della Regione e del Governo regionale, se rapportato alle aspettative dei sardi e alle promesse della campagna elettorale di un anno fa. E' stato un intervento che giudicherei fuori tema, assolutamente fuori tema, basta rileggerlo.

Non c'è più nessuno che sorrida in Sardegna, onorevole Diana. Nessuno mette in dubbio la difficile congiuntura internazionale - sono state le prime parole del presidente Cappellacci -, la complessità dei problemi ai quali il Presidente si è appellato, quasi per giustificare la sua non azione. Sono mancate ancora una volta le strategie, sono mancate le idee, è mancato il progetto. Non basta annunciare altri interventi sulle emergenze, sui quali mi soffermerò tra poco, né fare, come ha fatto lui, l'elenco della spesa, ovvero delle riforme da attuare. Ne ha elencato quattro: l'istruzione e la formazione (voi siete partiti dalla formazione, quella professionale), la sanità (voi siete partiti mettendo le mani sulla sanità, con i commissari), le politiche della famiglia (solo oggi avete presentato, o meglio una parte di voi, onorevole Diana, ha presentato una proposta di legge sulla famiglia, un anno dopo la nostra), la riscrittura dello Statuto. Non è neppure sufficiente dire che occorre un nuovo modello di sviluppo, se non si ha la capacità di proporlo con coerenza, e io non l'ho sentito proporre né dal Presidente né dal Capogruppo del P.d.L.

Non è possibile richiamare tutti all'unità se il Governo regionale a cui spetta l'onere della proposta, del governo, non ha un progetto, non mette sul tavolo neanche uno straccio di proposta, perché non c'è neanche uno straccio di proposta. Su quali basi il Presidente chiede la concreta partecipazione di tutti i territori, delle forze economiche e sociali e delle forze politiche? Qualcuno ce lo dica chiaramente in sede di replica. Non so se replicherà l'Assessore dell'industria, l'Assessore della programmazione, ovvero il mega assessore La Spisa o il vicepresidente Sannitu, che dovrebbe sostituire il presidente Cappellacci in sua assenza, ma qualcuno ci risponda con chiarezza, altrimenti su che cosa si basa il dialogo? Su che cosa dovremmo confrontarci? Su che cosa ci chiedete l'unità e la solidarietà?

Lo sciopero di venerdì scorso, proclamato da CGIL, CISL e UIL dopo otto anni, è avvenuto davvero in un momento drammatico per la nostra Isola. Nella piattaforma abbiamo potuto leggere nove punti "per" - nel volantino che è stato distribuito sono contrassegnati in verde - e tre punti "contro", quindi ci sono anche dei punti contro. Tra le motivazioni contro vi è la constatazione, assessore La Spisa, che la politica programmatoria finora messa in campo dalla Giunta regionale è insoddisfacente, non ha delineato una strada per lo sviluppo. Certo, il sindacato lo dice in maniera timida, con molto rispetto, non in maniera urlata, come in passato, però lo dice: c'è un'inadeguatezza, una mancanza di autorevolezza nel rapporto tra la Regione e lo Stato.

Dopo il 28 giugno 2002, lo scorso 5 febbraio la Sardegna è scesa nuovamente in piazza, con una presenza massiccia come non mai. Per voi sono probabilmente più legittimi, più veri i dati della Questura, ma al di là di quello, la presenza è stata massiccia come non mai. E non ha partecipato solo in nome di una richiesta di sviluppo generico; non ha partecipato sicuramente su altre basi che non la richiesta forte, urlata di lavoro. Il lavoro è la prima richiesta. Lo ha fatto per sottolineare - tra l'altro io ho sentito i lavoratori, ho sentito i sindaci - un'inadeguatezza di fondo nel confronto con lo Stato, un'inadeguatezza anche del presidente Cappellacci. E non basta marcare la presenza a Roma o, come oggi, a Bruxelles per essere autorevoli. Non basta. Lì si timbra un cartellino, ma occorre un rapporto autorevole, di pari dignità tra lo Stato e la Regione, come è sempre stato in sessant'anni di autonomia. Non basta un tavolo permanente di confronto. E' questa la risposta, è questa la ricetta, onorevole Mario Diana? Un tavolo permanente di confronto?

Non basta neanche un comitato interassessoriale anticrisi. Qualcuno dice che i tavoli e i comitati vengono insediati quando si è incapaci di risolvere un problema. Noi non abbiamo bisogno di tavoli, abbiamo bisogno di maggiore autorevolezza. Mai la Sardegna - lo ha denunciato non un leader della sinistra, ma Beppe Pisanu - ha avuto una voce così flebile a livello nazionale. Ed è così!

Onorevole Diana, noi siamo costretti a ripeterci come un disco rotto perché in un anno non è cambiato niente, non siete stati capaci di aggredire, di affrontare e risolvere un solo problema, anzi siete riusciti a mettervi contro tutti: i comuni, ai quali avete tagliato i trasferimenti del fondo unico; i territori, attuando disparità di trattamento; le associazioni di volontariato, con il recente taglio di 1.000 euro sui progetti personalizzati per le persone con disabilità. Una vergogna, assessore La Spisa, alla quale bisogna rimediare al più presto. Perfino diversi consiglieri della vostra maggioranza hanno sentito il dovere - leggo testualmente - "di rompere ogni indugio, esortare ad assumere un'iniziativa politica all'altezza della gravissima situazione sociale ed economica che attanaglia la Sardegna". E parlano, onorevole Capogruppo del P.d.L., di "gestione indolente e opaca". Undici consiglieri del P.d.L.! La Giunta è una porta scorrevole, dalla quale si entra e si esce senza ritegno, senza dignità, senza più una ragione politica anche delle scelte, perlomeno non ci è stata comunicata.

Noi siamo preoccupati perché i fatti di questi giorni ci dicono che non è normale quello che sta avvenendo in Sardegna. Non siete stati finora in grado neppure di rappresentare al vostro Governo amico una situazione sociale ed economica ormai insostenibile. E oggi, lo abbiamo detto tutti, è in forte pericolo l'economia, già devastata abbondantemente, di interi territori che nel corso degli anni hanno subito il pesante ridimensionamento dell'apparato industriale. E' un'emergenza che non riguarda solo il Sulcis, che non riguarda solo il nord-ovest della Sardegna, ma l'intera regione. E noi dobbiamo aprire con forza, a livello nazionale, una questione sarda che vada anche al di là delle trenta vertenze già aperte. Non è normale che da oltre un mese dei lavoratori stiano sulla torre della città nella quale lavorano per far sentire la loro voce, per porre all'attenzione la loro vertenza, per tentare di avere risposte, per vedere garantiti i loro diritti. Non abituiamoci. A Porto Torres da più di un mese ci sono dei lavoratori su una torre. Non è normale! Così come non è normale la manifestazione che si è tenuta a Elmas con il blocco dell'aeroporto, perché non bisogna arrivare a tanto. Non bisogna dare l'idea, anche dal punto di vista pedagogico ed educativo, che con la violenza si ottengono risultati. Non è normale che sia il Papa, con un appello forte, accorato, appassionato, anche gradito, a prendersi carico della vicenda dei lavoratori sardi. Ci sono una Regione e un Presidente della Regione per questo. Non è normale che solo dopo quell'appello e dopo quei fatti gravissimi, dopo una quasi compromissione dell'ordine pubblico, il Presidente del Consiglio dei Ministri abbia sentito la necessità di scrivere direttamente ai vertici dell'Alcoa. Lo avrebbe dovuto fare prima e voi avreste dovuto incalzarlo su questo. Non lo avete fatto e lui non lo ha fatto, perché la Sardegna non gli interessa, o meglio gli interessa solo per qualche mese all'anno o in campagna elettorale, e voi lo sapete. E non bastano le lettere, non bastano le telefonate, l'ultima quella di Berlusconi al presidente Barroso. Ve le ricordo perché siamo stufi di questo genere di telefonate; ve le ricordo perché è bene fare chiarezza, dirci la verità almeno tra noi, non prenderci in giro.

Ho riletto in questi giorni la rassegna stampa in cui si parlava della telefonata riferita in campagna elettorale in ordine alla vicenda Eurallumina. Era il 12 febbraio, a due giorni dal voto: "Ho chiamato il mio amico Vladimir ed Eurallumina non chiuderà". Lo disse Berlusconi con tanto di comunicato stampa col logo di Palazzo Chigi. E' ancora nel sito, andate a vedere. Proprio in questi giorni Eurallumina, come ha già riferito il presidente Cappellacci in quest'Aula, ha deciso di prorogare di un anno la cassa integrazione.

E' difficile ripartire dopo due anni di fermo, nonostante l'ottimismo dichiarato. Rileggete l'intervento del presidente Cappellacci e notate quante volte dice: "Sono ottimista". Per ogni vertenza: "Sono ottimista". Difficile, è un inganno sistematico. Altra telefonata, quella a Scaroni, amministratore delegato dell'ENI, e altro comunicato di Palazzo Chigi, 16 gennaio 2009: "Il Presidente ha ottenuto precisi impegni". E' su tutti i giornali, andate a leggerlo. Eccoli gli impegni: piena efficienza tecnica e operativa per l'impianto di produzione di fenolo e cumene a Porto Torres; avvio immediato del tavolo nazionale per la chimica per definire tutto il monitoraggio e la strategia della chimica sarda a livello nazionale ed europeo. Altre promesse disattese. Balle, balle!

A noi non incoraggia neanche l'accordo che c'è stato nell'ottobre scorso fra l'ENI, la sua partecipata Polimeri Europa, la Syndial e i sindacati nazionali, mentre la Regione era assente. Non ci incoraggia perché non ha portato nessun risultato concreto, nessun rilancio, solo manutenzione ordinaria. Permangono fermi, in stato di conservazione gli impianti di fenolo e cumene, nonostante le rassicurazioni di Berlusconi e Cappellacci, e una volta concluse le attività, così dice quell'accordo, nella fase transitoria ci sarà una valutazione di mercato fra le parti, con una data: 30 giugno 2010. Una data importante, perché è cronaca di una morte annunciata se non interverrete per tempo.

L'altra chicca della campagna elettorale riguarda l'ex Ineos. Il 27 marzo 2009, un mese dopo le elezioni, su La Nuova Sardegna, a pagina 5, si leggeva: "Ieri tutto il castello costruito intorno al salvatore della chimica italiana è crollato smentendo i trionfanti annunci del premier Silvio Berlusconi, che alla vigilia delle elezioni in Sardegna aveva annunciato, durante una riunione del Consiglio dei Ministri: 'La chimica è salva, il compratore è un valido imprenditore italiano, scongiurerà la crisi degli stabilimenti, si chiama Sartor'". Sappiamo com'è andata a finire, il castello è crollato! Certamente né Berlusconi né Scaroni e nemmeno Scajola sono riusciti a far rimuovere la scelta di abbandono dell'ENI, che anzi indiscutibilmente gode della copertura della politica industriale del Governo nazionale. Indiscutibilmente.

Certamente, per tornare ad Alcoa, non sono incoraggianti, non sono sufficienti, non ci convincono le telefonate del presidente Berlusconi, neppure quelle fatte a Barroso. Vi chiedo se avete un sussulto di dignità, di orgoglio. Si può fare politica in questo modo, ingannando le persone, ingannando i sardi? Il P.D. è convinto che il Governo debba uscire dall'inganno. Lo abbiamo già detto e lo abbiamo già scritto. Se le responsabilità della multinazionale sono palesi, altrettanto evidenti sono quelle di un Governo che chiede alla FIAT di ottemperare alle responsabilità sociali nei confronti di Termini Imerese e non agisce allo stesso modo con l'ENEL e l'ENI, di cui lo Stato è azionista di riferimento.

La Regione chieda con forza al Governo se privilegia i dividendi da azionista allo sviluppo della Sardegna. Esigere questa risposta è compito vostro, è compito del Governo regionale, del suo Presidente, che deve ricordarsi che rappresenta tutti i sardi e non soltanto una parte politica. Il Governo non è arbitro di questa partita, la deve giocare fino in fondo. Noi riteniamo che individuare un colpevole, Alcoa, una multinazionale, nel caso di Portovesme, l'ENI nel caso di Porto Torres, non vi assolva e non assolva né il Governo centrale né quello regionale dalle proprie responsabilità. E per quanto riguarda Alcoa abbiamo pochi giorni. E' vero che la partita è complessa, è vero che il problema rimane quello dello sconto sull'energia, già sanzionato a livello europeo, e l'esigenza di un immediato parere della Commissione europea sul nuovo tardivo decreto, quello del 22 gennaio. Il Governo si è mosso con forte e colpevole ritardo. Il decreto è arrivato dopo anni di inerzia, di stravolgimenti di prospettiva, come nel caso del virtual power plant contenuto nella legge sullo sviluppo, approvata dal Parlamento solo nel luglio scorso, nonostante le continue sollecitazioni del Gruppo parlamentare del P.D.

Il confronto di questi mesi è avvenuto, fino all'appello del Papa, soltanto a livello tecnico e solo subito dopo, negli ultimi giorni, si è spostato a Palazzo Chigi. Permane una totale assenza di credibilità, una perdita di credibilità dell'Italia a livello europeo. E' chiaro che occorre fare in modo che avvengano in questi giorni fatti importanti, concreti, decisivi, immediati, in grado di indurre Alcoa a non chiudere, evitando che la tensione continui a salire. Bisogna fare ogni possibile pressione politica.

Altrettanto forte deve essere l'azione della Regione, del Governo regionale, per le altre vertenze in atto, a cominciare dal petrolchimico di Porto Torres. La Regione è però assente. Il territorio del nord-ovest della Sardegna è parte di una situazione drammatica che si vive in queste ore da Alghero a Sassari a Porto Torres, un altro territorio in eterna crisi occupazionale, dove il lavoro che c'è diventa un baluardo da difendere con tutte le forze disponibili. Occorre per Vinyls una posizione definita e definitiva da parte dell'ENI rispetto all'ipotesi di vendita dello stabilimento a un acquirente affidabile, con logiche diverse da quelle fallimentari che hanno portato alla soluzione Sartor. Occorre far riprendere l'attività prima che la competitività del polo sia definitivamente compromessa ed è indispensabile l'intermediazione della Regione e del Governo affinché ENI consenta la ripartenza degli impianti.

Chiediamo al Presidente di fare propria, con maggiore concretezza, anche questa vertenza, di ottenere dal Governo l'intervento immediato dell'ENI, facendo in modo di mantenere tutti i posti di lavoro, e nel frattempo progettiamo lo sviluppo. L'unità tanto declamata in questo periodo deve trovare sostanza in azioni concrete. Su che cosa ci chiedete l'unità? Il Programma regionale di sviluppo e la finanziaria del 2010 non hanno assolutamente indicato indirizzi strategici, un progetto collettivo per la Sardegna, quello che la Sardegna attende. Non l'hanno visto i sardi, la maggior parte dei quali vi ha dato la fiducia non su un programma, ma sulle promesse finora mancate del premier Berlusconi. Ora quei 50 mila sardi scesi in piazza vi chiedono fatti concreti.

La crisi dell'industria, la crisi della chimica, gli eventi programmati per la Sardegna nella scorsa legislatura e non attuati in questo primo anno, come il G8 a La Maddalena, le opere collaterali di importanza strategica per le infrastrutture dell'Isola, a cominciare dalla strada Sassari-Olbia, e lo scippo dei fondi per le aree sottoutilizzate ci dicono che questa Giunta regionale non è adeguata a garantire lo sviluppo. Non si può venire in Sardegna, come ha fatto qualche giorno fa il sottosegretario Bertolaso, ministro in pectore, a fare altre promesse: "Domani Conferenza di servizi, via via nel tempo faremo i lavori". Sappiamo benissimo di che cosa si tratta in realtà: pochi chilometri di strada per l'aeroporto e il tratto dalla Carlo Felice a Ploaghe.

Insomma, non abbiamo più bisogno di questo tipo di promesse, di questo tipo di prese in giro. Dovremmo essere tutti più orientati verso il bene comune, a cominciare da chi governa. Quando, per esempio, abbiamo proposto la sottoscrizione col Governo di un protocollo per l'attuazione di un piano straordinario per le politiche industriali in Sardegna e di assumere a tal fine una quota delle risorse previste dalla riscrittura dell'articolo 8 dello Statuto, chiedendo al Governo di fare altrettanto e di impegnare l'ENI a non modificare la sua presenza industriale fino a quando il piano non ha esplicato i suoi effetti, chiedevamo alla Giunta regionale in sostanza questo: affrontiamo l'emergenza e progettiamo il futuro, progettiamo la prospettiva, prendiamoci cinque anni di tempo, ma in questi cinque anni cerchiamo di approntare, con una fotografia della situazione, un progetto per il futuro. Sono anche questi, in sostanza, i motivi dello sciopero di venerdì: l'insufficienza della programmazione economica e finanziaria nazionale e regionale sullo sviluppo, il lavoro e la crisi dei settori produttivi. Forse per questi motivi il presidente Cappellacci qualche giorno fa, nel suo intervento, ha cercato di rimediare alla pochezza del Programma regionale di sviluppo e si è avventurato in nuove dichiarazioni programmatiche, lanciando un piano strategico di portata almeno decennale.

Ora il tempo sta scadendo, io credo che la vostra risposta sia insufficiente, ovvero un comitato Governo-Regione per le iniziative di coordinamento dello sviluppo, se non ci dite qual è il nuovo modello di sviluppo, se non ci dite come intendete affrontare lo sviluppo della Sardegna, come immaginate la Sardegna fra dieci anni. Noi abbiamo presentato un ordine del giorno, nel quale elenchiamo in sei punti l'azione che dovrebbe svolgere il Presidente della Regione per tentare di risolvere le vertenze in atto e per ottenere dal Governo, a partire dai fondi FAS, le risorse che spettano alla Sardegna e che rappresentano di per sé un vero e proprio piano di rinascita. Non c'è bisogno di un nuovo piano di rinascita...

PRESIDENTE. Onorevole Bruno, il tempo a sua disposizione è terminato.

Poiché nessun altro è iscritto a parlare, ha facoltà di replicare l'Assessore della programmazione, bilancio, credito e assetto del territorio.

LA SPISA, Assessore tecnico della programmazione, bilancio, credito e assetto del territorio.E' difficile essere originali a distanza di pochi giorni da una discussione già fatta in quest'Aula su questi temi. +++E' anche difficile essere originali di fronte all'assenza di originalità di alcune critiche che io semplicemente non considero. Capisco, perché so cosa vuol dire stare all'opposizione, però a volte occorre anche ricordare - lo dico all'onorevole Uras - che la veemenza e forse anche l'eccessiva animosità di alcune critiche fatte nel corso della passata legislatura non coincidevano certamente con i dibattiti su situazioni di grave crisi come quella di fronte alla quale ci troviamo. La veemenza nasceva anche dalla risposta ad alcune vere e proprie provocazioni.

Detto questo, credo che oggi serva semplicemente, ed è dovere della Giunta, dare il massimo delle indicazioni concrete sulla situazione in cui ci troviamo, senza polemiche, ma cercando di contribuire a una corretta informazione fino agli ultimi dettagli possibili, magari anche delle ultime ore. Innanzitutto voglio dire che condivido parola per parola ciò che il Presidente della Regione ha detto introducendo questo dibattito consiliare, per cui non vorrei ripetere cose dette da lui, a poche ore tra l'altro da una situazione molto difficile vissuta sotto il palazzo del Consiglio dei Ministri, nel tentativo di concludere una difficilissima giornata e una difficilissima nottata senza che nessun lavoratore dell'Alcoa potesse farsi male o fare del male. Siamo stati insieme e vorrei dire, quindi, che le parole del Presidente non erano evidentemente indirizzate a captare la benevolenza degli ascoltatori, ma nascevano da una vera e autentica emozione vissuta in un momento molto difficile, in cui abbiamo davvero temuto per l'incolumità delle persone.

La situazione riguardo al caso più difficile, quello dell'Alcoa: noi oggi ovviamente non sappiamo quale possa essere l'esito di questa vicenda. Siamo ancora portati ad alimentare, ma con prudenza, la fiducia che nell'incontro, speriamo decisivo, di giovedì sera a Palazzo Chigi possa emergere una posizione diversa da parte dei rappresentanti dei massimi livelli di questa grande impresa. Il vertice è stato già annunciato e speriamo possa emergere una posizione più chiara, più netta, quanto meno volta a evitare una conclusione traumatica, drammatica, definitiva della produzione di Portovesme. Il nodo, lo sappiamo bene, ormai non è più quello dell'energia, che è vero è un problema ed è stato affrontato, per riconoscimento unanime anche da parte degli stessi sindacati, perfino della CGIL. Sono le dichiarazioni di Cremaschi e di Camusso - mi sembra si chiami così l'altra rappresentante confederale -, cioè i massimi livelli di un sindacato non certo vicino a questo Governo hanno riconosciuto pubblicamente che il Governo italiano ha fatto davvero il massimo, prima con gli strumenti che si basavano sul meccanismo dell'interconnessione e poi con un decreto legge che raddoppia il premio per l'interrompibilità, assicurando un prezzo di circa 30 euro per megawattora. Un prezzo assolutamente concorrenziale che fa sì che alle produzioni dell'impianto di Alcoa guardino con grande interesse - questo credo di poterlo dire, senza fare nomi - altri gruppi industriali che sarebbero interessati a rilevare questo impianto.

Allora perché Alcoa decide di andar via? Decide di andar via perché ha un'altra strategia aziendale e soprattutto un'altra strategia finanziaria, dato che ormai queste grandi industrie decidono lontano dai luoghi della produzione, semplicemente sulla base di suggerimenti che danno i loro analisti finanziari. Questa è la logica delle multinazionali e questa è purtroppo la realtà delle grandi industrie di base, o almeno delle industrie di base in Italia.

Io non ero presente al dibattito dell'altro giorno, ero fuori sede, ma ho letto alcuni interventi. Ho letto, per esempio, ciò che sostiene il consigliere Giampaolo Diana, cioè che in altri Paesi, anche europei, le grandi industrie rimangono. E' vero, in alcuni Paesi europei ci sono produzioni industriali e sono Paesi che hanno adottato negli anni strategie industriali diverse - questo va sottolineato -, non solo strategie industriali, ma anche strategie di politica energetica, o no? Questo certamente non dipende dal presidente Cappellacci, così come non dipendeva dal presidente Soru, dal presidente Pili o dal presidente Palomba, per non citare gli altri precedenti Presidenti. La strategia energetica in Italia è stata decisa lontano da qui e lontano nel tempo. Noi oggi ereditiamo questa situazione, contemporaneamente ereditando una debolezza strutturale dell'industria italiana, dei vertici dell'industria italiana, anche e soprattutto di quella di Stato, che hanno gestito la chimica per tanti anni, nel sostenere una vera strategia industriale. Non hanno retto, o meglio forse avevano pure alcune linee di strategia industriale, ma non hanno avuto la capacità di creare una struttura imprenditoriale e gestionale capace di reggere quei grandi obiettivi strategici che avevano le partecipazioni statali. L'obiettivo strategico c'era, ma non è stato perseguito, lasciando poi lo spazio alla svendita alle grandi industrie. Una svendita che può continuare perché noi, lo dico con estrema chiarezza, abbiamo fiducia che giovedì ci sarà una qualche buona notizia, speriamo cioè che gli impianti non si fermino, che le celle elettrolitiche non vengano lasciate a marcire, che la produzione di alluminio possa ancora proseguire. Non sappiamo se potrà proseguire ancora con Alcoa, perché tutti i segnali della strategia industriale e finanziaria di questo gruppo dicono che Alcoa vuole andare da altre parti, che ha altri obiettivi. E' possibile che una conclusione non traumatica, una fermata non immediata degli impianti e una gestione della situazione anche occupazionale più intelligente e più umana possano permetterci di gestire una svolta che potrebbe esserci e che né la Regione né il Governo nazionale faranno a meno di seguire con attenzione stando sul problema. Perché noi ci stiamo sui problemi, siamo purtroppo inchiodati a questi problemi, sottraendo molto tempo ad altre politiche che dovremmo affrontare con più tempo e più serenità per realizzare un nuovo modello di sviluppo, così com'è stato detto.

Comunque vada avremo sicuramente un polo metallurgico che può avere ancora una prospettiva, ma non sappiamo davvero per quanto tempo. Non lo sappiamo, perché è difficilissimo fare delle previsioni. Noi diciamo, lo ribadiamo ancora, che in Sardegna e in Italia la grande industria di base non deve essere abbandonata a se stessa. So che non tutti lo condividono, ma io ribadisco questo punto fermo: non possiamo rinunciare all'industria di base, ma non possiamo neanche innalzare una barriera di fronte all'ondata che rischia di arrivare e dobbiamo perciò obiettivamente e con tenacia, e in questo condivido l'indicazione di tantissimi consiglieri di diversi schieramenti, lavorare per un cambiamento del sistema produttivo, per un'evoluzione che permetta di seguire quella linea maestra che è stata indicata in alcuni interventi - se non sbaglio dall'onorevole Mario Floris, ma l'hanno detto in tantissimi -, e cioè che non c'è sviluppo se non c'è impresa. Dobbiamo seguire questa logica, perché non esiste una politica dello sviluppo distante, slegata da una vera politica per l'impresa. Su questo, però, occorre dire che non siamo in assenza totale di un cambiamento. Non possiamo, infatti, non vedere alcuni segnali importanti che si sono manifestati in questi anni nel tessuto produttivo della nostra Isola, perché mentre l'industria chimica e metallurgica vivono una grave crisi, altri comparti produttivi dello stesso apparato industriale crescono. Non possiamo ignorare che la Sardegna è una regione in cui l'information technology ha fatto passi avanti e in cui sono presenti molte imprese di varie dimensioni, piccole e anche grandi, che noi abbiamo cercato di aiutare a svilupparsi e vogliamo continuare a permettere che si sviluppino. Non possiamo ignorare che nella biomedicina, nelle biotecnologie, nelle nanotecnologie esiste qualcosa in Sardegna. Non sono frasi fatte, non sono parole magiche per ingannare qualche ingenuo ascoltatore. In Sardegna esistono centri di ricerca, esistono anche imprese che hanno sviluppato brevetti, hanno sviluppato prodotti della ricerca, in questo grande ambito delle scienze della vita, che hanno dato e possono dare ancora risultati.

Esiste in Sardegna qualcosa di nuovo che può avere uno sviluppo nel settore delle energie rinnovabili. Esiste in Sardegna un apparato produttivo, un sistema di impresa nel settore turistico che può e deve crescere. Esiste, insomma, un sistema anche di imprese capaci di stare sul mercato nel settore più tradizionale, che è quello agroalimentare. Esiste! Persino nel settore tessile esistono imprese sarde che vendono in tutto il mondo. Allora se esiste questo vuol dire che esiste in Sardegna l'impresa, esiste la cultura d'impresa; non è sviluppata, è poco sostenuta, ma il modello di sviluppo che voi, lì a sinistra, dite che manca, l'unico modello di sviluppo possibile è quello di permettere che l'impresa possa vivere e di sostenerla in tutti i modi. Questo noi stiamo cercando di fare, in parte con strumenti nuovi, in parte con altri strumenti che rappresentano la prosecuzione di politiche di sviluppo generate e seguite negli anni qui in Sardegna. Non possiamo non ricordare, cioè, che mentre cerchiamo di difendere l'apparato industriale dell'industria metallurgica e chimica abbiamo stanziato, in questo Consiglio, risorse finanziarie per sostenere le nostre imprese sul versante del credito, costituendo un fondo di garanzia di 238 milioni di euro, costituendo un fondo di microcredito di 50 milioni di euro, dando ai consorzi fidi una bella quantità di risorse per rafforzare i loro fondi rischi. Non possiamo ignorare che stiamo sperimentando forme nuove anche di agevolazione fiscale, come il credito d'imposta previsto quest'anno per le piccole e piccolissime imprese. Vedremo nei prossimi anni se sarà possibile fare diversamente. Non possiamo dimenticare che stiamo continuamente dando incentivi, con vecchi e nuovi strumenti. I pacchetti integrati di agevolazione, che abbiamo tenuto e stiamo cercando di migliorare, hanno dato nel 2009 circa 150 milioni di euro alle piccole e medie imprese della Sardegna. Nel nuovo bando, che partirà nei prossimi mesi, ci saranno altri 100 milioni di euro di incentivi integrati; incentivi per gli investimenti, ma anche per la formazione e l'innovazione.

Non possiamo ignorare, ad esempio, che stiamo sperimentando nuove forme, come i contratti d'investimento, che potrebbero dare la possibilità di realizzare investimenti innovativi proprio nelle aree colpite dalla crisi. Non possiamo ignorare che nel tempo la Regione ha destinato e sta continuando a destinare risorse crescenti alla ricerca e all'innovazione: dai 25 milioni di euro stanziati nel 2009, ai 35 milioni stanziati nel 2010 solo di fondi regionali per la ricerca scientifica, che si aggiungono alle risorse presenti nel fondo europeo di sviluppo regionale (circa 180 milioni di euro per l'innovazione).

Non mancano le risorse. Scusate, colleghi, voi dite che siamo stati sordi a una vostra richiesta di un piano straordinario di sostegno all'industria, ma di quale piano straordinario ha bisogno l'industria in Sardegna? Di quale nuovo piano di rinascita ha bisogno la Sardegna, in termini esclusivamente finanziari? Ma se stiamo per restituire a Bruxelles fondi del POR 1994-1999, perché non siamo riusciti a spenderli e a rendicontarli correttamente! Dico una cosa che non colpisce nessuno di noi in quest'Aula, va bene? Stiamo per restituire quelle risorse finanziarie perché non le abbiamo spese, perché il nostro sistema non è stato in grado di utilizzarle. Non è un problema finanziario quello delle nostre imprese, è un problema di capacità di impresa, di assetto imprenditoriale, di servizi alle imprese, di infrastrutture per le imprese. Certo, è difficile mettere un'impresa innovativa in un'area che non ha i collegamenti telematici, che non ha ancora il metano per alcune produzioni, che non ha le strade, che non ha la risorsa idrica disponibile dappertutto. Certo, l'impresa ha bisogno di infrastrutture e di servizi, ha bisogno di trasferimento tecnologico, oltre che di ricerca. Questo è ciò che lentamente, pian piano, la Regione ha costruito in questi anni e in questi mesi e noi vogliamo accelerarne la realizzazione. Non sono parole, sono fatti concreti che si stanno seguendo quotidianamente e che certamente potrebbero essere seguiti più agevolmente se non fossimo inchiodati alle vertenze industriali di questi giorni.

Per chiudere, perché è stato detto anche questo proprio riguardo alle vertenze, voglio precisare che noi non stiamo seguendo soltanto l'Alcoa. Si è parlato anche della situazione nel settore chimico e della posizione attuale dell'ENI, in particolare di Polimeri Europa e Syndial, per gli impianti di Porto Torres e Macchiareddu. Quello che noi possiamo dire è che l'accordo dell'ottobre 2009 per quanto riguarda Polimeri Europa sta procedendo anche per quanto riguarda la parte degli investimenti finalizzati a potenziare e sostenere l'impianto di cracking di Porto Torres, che credo sia un punto fondamentale e qualificante di quell'accordo. Si può discutere sugli altri investimenti, sui servizi, sui serbatoi, non è certo quello il massimo che potevamo aspettarci dall'ENI, sono totalmente d'accordo, ma è importante che ci sia almeno un segnale di un impegno effettivo di circa 100 milioni di euro di investimenti sul cracking. Contemporaneamente ci sarà un'accelerazione dei procedimenti amministrativi, speriamo, con provvedimenti straordinari. Credo che dobbiamo cogliere l'invito, contenuto anche nel verbale dell'ultimo incontro di Porto Torres, per la nomina di un commissario straordinario per le bonifiche, perché possano essere accelerati tutti i procedimenti amministrativi finalizzati a realizzare finalmente quelle bonifiche. C'è la possibilità di una spesa di circa 500 milioni per le bonifiche e non è possibile che quei soldi rimangano fermi. Questo è il provvedimento che la Regione chiederà o favorirà, appunto la nomina di un commissario straordinario.

Come pure, per quanto riguarda la filiera del cloro, del PVC e del VCM, crediamo possa esserci, in questi giorni, una possibile evoluzione positiva che rassicuri i lavoratori che sono in una situazione di grave difficoltà e preoccupazione. Si tratta della possibile vendita dell'intera filiera a un gruppo che anche in questo caso viene da lontano, dal Qatar, il Gruppo Ramco. Confermo che proprio in queste ultime ore sono stati firmati gli accordi confidenziali che formalizzano l'avvio della trattativa e che speriamo possano dare un esito positivo.

Per quanto riguarda Ottana speriamo che la vicenda di Equipolymers possa risolversi positivamente, anche se con costi altissimi per gli investimenti, a cui la Regione sarà chiamata a contribuire in termini di trasporto o in termini di autorizzazioni per gli investimenti energetici, che sono una condizione essenziale per la ripresa di quell'impianto, affinché la cessione ai thailandesi di Indorama possa essere definitivamente realizzata.

Come vedete è un quadro preoccupante, perché la proprietà di questi impianti è sempre più lontana ed è quindi necessario che noi sempre di più ci avviamo verso un modello di sviluppo che valorizzi, come è stato detto da molti di voi, l'impresa locale.

PRESIDENTE. Comunico che sono pervenuti degli ordini del giorno.

(Si riporta di seguito il testo degli ordini del giorno numero 1 e 2:

Ordine del giorno Bruno - Uras - Salis - Agus - Barracciu - Ben Amara - Caria - Cocco Daniele - Cocco Pietro - Cucca - Cuccu - Diana Giampaolo - Espa - Lotto - Manca - Mariani - Meloni Marco - Meloni Valerio - Moriconi - Porcu - Sabatini - Sanna Gian Valerio - Sechi -Solinas Antonio - Soru - Zedda Massimo - Zuncheddu.

Il Consiglio regionale

PRESO ATTO del dibattito svoltosi sulla dichiarazione del Presidente della Regione ai sensi dell'articolo 120 del Regolamento consiliare, in attuazione dell'ordine del giorno n. 19 (Bruno, Diana Giampaolo - Milia - Vargiu - Sanna Giacomo - Floris Mario - Salis - Uras sulla crisi occupazionale e industriale della Sardegna), sullo stato dell'apparato produttivo industriale sardo e sul suo progressivo indebolimento, sulla natura, intensità e prospettiva delle vertenze in atto, nei diversi poli industriali e nei diversi stabilimenti, nonché sulle necessarie misure di sostegno e sviluppo, comunitario, nazionale e regionale, finalizzate alla difesa della produzione e del lavoro industriale;

RILEVATO lo stato di crisi economica e industriale che sta investendo la nostra Regione, anche in ragione dell'inconcludenza dimostrata sino ad oggi dai governi regionale e nazionale;

CONSIDERATA l'urgenza di assumere decisioni immediate ed avviare iniziative inderogabili per arginare il precipitare di un considerevole numero di crisi aziendali conseguenza di una evidente inadeguatezza delle misure adottate dal Governo regionale;

Impegna il Presidente e la Giunta regionale

1) a richiedere al Governo nazionale immediatamente e senza ulteriori indugi, che siano rese disponibili alla Sardegna le risorse FAS già assegnate, quelle europee e quelle relative alle nuove entrate spettanti alla Regione Sardegna ai sensi del riformato articolo 8 dello Statuto;

2) a voler allo stesso modo richiedere al Governo la percentuale spettante alla Sardegna dei fondi FAS nazionali allo stato dirottate verso regioni e destinazioni differenti;

3) a voler disporre immediatamente un programma operativo straordinario contenente un'azione di incremento della domanda pubblica (infrastrutture, reti, bonifiche, sostegno al reddito, politiche della casa, ecc.), di ammortizzatori sociali e di investimenti nella istruzione, nell'Università e nella ricerca;

4) di proporre immediatamente al Consiglio Regionale una nuova integrale versione del Piano Regionale di sviluppo sostitutivo di quello presentato che risulta totalmente inadeguato a rimuovere le cause e affrontare gli effetti della grave crisi economica e sociale della Sardegna;

5) a portare avanti e valorizzare immediatamente il progetto integrato carbone-centrale con sequestro della CO2 per dare soluzione strutturale al problema dell'approvvigionamento energetico per le aziende cosiddette elettrointensive, nonché a rilanciare con i relativi bandi le azioni di bonifica ambientale e dismissione dei siti inquinati del Sulcis-Iglesiente-Guspinese, Porto Torres, Sardegna Centrale e Cagliari.

Promuovere un piano di interventi straordinari finalizzati alla gestione della necessaria riconversione industriale nelle aree di Portovesme, Porto Torres, Ottana, e degli altri Poli industriali interessati dalla crisi, che assicuri il mantenimento delle produzioni in essere fino alla sostituzione con attività alternative di pari o superiore consistenza;

6) per l'area di crisi di Porto Torres a voler intraprendere gli accordi necessari con l'ENI per il rilancio del Polo industriale turritano andando oltre il velleitario e devastante progetto di liquidazione della chimica (Sartor) impegnando il Governo ad una azione di medio e lungo periodo di stabilizzazione delle attività produttive con l'individuazione di un affidabile acquirente. (1)

Ordine del giorno Diana Mario - Milia - Vargiu - Sanna Giacomo - Cuccureddu sulle dichiarazioni rese dal Presidente della Regione, on. Cappellacci, sulla crisi del comparto industriale sardo.

IL CONSIGLIO REGIONALE

a conclusione del dibattito consiliare e preso atto delle dichiarazioni rese in Aula dal Presidente della Regione sulla situazione di crisi dell'industria sarda;

nel condividere le preoccupazioni sulla gravità senza precedenti di una crisi che sta mettendo a rischio la sopravvivenza dell'intero comparto metallurgico del Sulcis-Iglesiente e quello della chimica che interessa i poli industriali di Porto Torres, di Ottana e di Macchiareddu;

valutati positivamente le azioni e l'impegno straordinario posti in essere dal Governo regionale e dal Governo nazionale per salvaguardare le attività produttive e le migliaia di lavoratori che vi operano,

impegna il Presidente della Regione e la Giunta regionale

a proseguire ed intensificare ogni utile iniziativa presso il tavolo permanente di confronto col Governo nazionale e a proseguire nell'azione di tutela e salvaguardia delle unità produttive esistenti e dei correlativi posti di lavoro. (2).)

PRESIDENTE. Si può intervenire per dichiarazione di voto sull'ordine del giorno numero 1.

Haa domandato di parlare il consigliere Campus. Ne ha facoltà.

CAMPUS (P.d.L.). Presidente, non so gli altri, ma io ho sentito solo i titoli di questi ordini del giorno.

PRESIDENTE. Gli ordini del giorno sono stati distribuiti.

CAMPUS (P.d.L.). Sono stati messi in distribuzione adesso.

PRESIDENTE. Sono stati distribuiti e sono a disposizione.

CAMPUS (P.d.L.). Va bene.

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Cuccureddu per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.

CUCCUREDDU (Gruppo Misto). Dichiaro il mio voto favorevole all'ordine del giorno della maggioranza.

PRESIDENTE. Onorevole Cuccureddu, l'ho specificato, siamo in fase di dichiarazioni di voto sull'ordine del giorno numero 1, a firma Bruno e più.

CUCCUREDDU (Gruppo Misto). Allora dichiaro il mio voto contrario. Faccio due dichiarazioni di voto, così magari replico all'onorevole Uras, dopo che avrà fatto la sua dichiarazione di voto.

Per il momento voglio solo dire all'onorevole Uras che il Presidente della Regione è Ugo Cappellacci. Berlusconi ha scelto Cappellacci e gli interventi di questo dibattito hanno riguardato le dichiarazioni rese da Cappellacci, non da me! Il collega Uras mi ha citato otto volte a proposito del piano casa, che io non ho scritto, al quale non ho collaborato, non faccio nemmeno parte della Commissione competente per materia. Ho manifestato serie perplessità su alcuni aspetti di quel provvedimento, ho fatto un intervento parlando di quell'argomento e ho detto che il piano casa non ha funzionato come volevamo. Mi ha citato otto volte in relazione non a interventi fatti in quest'Aula, ma alla risposta a una domanda rivoltami in collegamento in una trasmissione televisiva in cui mi si chiese, prima ancora che il piano casa venisse presentato: "Secondo lei quanti cantieri attiva, quanti posti di lavoro crea nell'indotto?". Io mi sono richiamato semplicemente alla relazione dei lavori preparatori della Camera dei deputati, in cui si diceva che si puntava a realizzare il 4 per cento degli interventi potenziali. In Sardegna ci sono 1 milione 134 mila unità immobiliari censite con il Piano paesaggistico regionale. Di queste, tolte le case dei centri storici che hanno più di cinquant'anni, mi pare che il piano casa possa intervenire su tutto e mi sono limitato a dire che il 4 per cento di circa un milione fa 40 mila, che nell'indotto possono lavorare 10 persone per cantiere, ma non significa creare 10 posti di lavoro. Ho detto solo questo. Poi, che il piano casa risolva il problema dell'occupazione in Sardegna, figuriamoci, l'ho detto in un intervento, sono l'ultima persona che possa crederlo! Credo semplicemente che l'edilizia sia una risorsa per poter uscire dalla crisi.

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Soru per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.

SORU (P.D.). Signora Presidente, ho chiesto di intervenire per dichiarare il mio voto favorevole a quest'ordine del giorno. Sarei voluto intervenire non per tre minuti, ma per venti minuti, come lei sa, gliel'ho chiesto, non è stato possibile perché, pur avendo partecipato a quasi tutta la discussione, pur avendo ascoltato tutto, non ero presente in aula nel momento in cui ci si prenotava.

Non so se il collega Mario Diana, che mi ha richiamato diverse volte dicendo che avrebbe voluto sentire la mia voce, voleva prendersi gioco di me, perché è esattamente per responsabilità sua che io non ho potuto parlare in quest'Aula. E' vero ci sono le regole, ma c'è anche una prassi nelle aule parlamentari e in questa in modo particolare: laddove i Capigruppo sono favorevoli si può anche invertire o integrare l'ordine dei lavori e dare la possibilità, in questo caso a un candidato dello schieramento di opposizione, di far sentire la sua voce. Non avermi dato la possibilità di parlare credo sia stata la dimostrazione che si è perso il senso del lavoro che si fa in quest'Aula, che non si comprende che cosa ci facciamo qui. Certo mi ha chiarito ancora una volta che cosa ci sia dietro il "partito dell'amore" o degli attacchi alle case private e cosa ci sia dietro questa finta unanimità. Ma di chi? Di chi non ha voluto nemmeno stare a sentire chi forse una sola cosa buona aveva da dire e poteva essere utile?

PITTALIS (P.d.L.). Ce la dica, onorevole Soru!

SORU (P.D.). Se mi dà venti minuti gliela dico anche adesso! Confermo il mio voto favorevole all'ordine del giorno numero 1.

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Luciano Uras per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.

URAS LUCIANO (Comunisti-Sinistra Sarda-Rosso Mori). Volevo ricordare all'onorevole Soru che c'è il copyright sul "partito dell'amore"!

Noi votiamo a favore dell'ordine del giorno numero 1. Colgo l'occasione per dire che ho ascoltato con grande attenzione la replica dell'assessore La Spisa. L'ho ascoltata con attenzione perché, dopo un primo passaggio del tutto ideologico, in cui ha utilizzato la parola impresa sottointendendo però "mercato, cioè "creiamo le condizioni del mercato, creiamo le condizioni perché l'impresa faccia l'economia", ha incominciato a pensare a che tutto debba fare il pubblico, cioè lo Stato, l'istituzione regionale, con le proprie risorse, che sono quelle dei cittadini che pagano le tasse, ovvero i lavoratori dipendenti. Leggete le statistiche!

C'è una contraddizione di fondo: da una parte il libero mercato, il che vuol dire mercato senza regole, che lascia cadaveri, che utilizza i lavoratori là dove li trova, qualche volta li sfrutta, poi li abbandona e così pure i territori e le comunità; dall'altra parte il sostegno al mercato, perché per salvare il lavoratore dobbiamo sostenere colui che quel lavoratore usa e getta. Non sto facendo un ragionamento ideologico, sto rappresentando una realtà, quella dell'Alcoa. La multinazionale viene in Sardegna, realizza gli utili, fa un altro piano d'impresa, riduce le perdite e poi cosa fa? Lascia quel territorio devastato e inquinato e i lavoratori e le loro famiglie alla fame. E' il mercato, è l'impresa!

Io penso che noi non dobbiamo stare più dentro questa sintonia. Penso che abbia ragione anche un certo mondo cattolico, che dice che il mercato non deve gestire tutto, e penso anche che in noi stia la responsabilità della risposta a quei lavoratori che quell'industria lascia per terra. Cosa facciamo? Li mettiamo in cassa integrazione in deroga e aspettiamo che con 300 euro al mese muoiano? Personalmente non ci sto, la mia battaglia da oggi è per questo.

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Giampaolo Diana per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.

DIANA GIAMPAOLO (P.D.). Signora Presidente, anch'io intervengo per annunciare il mio voto favorevole al nostro ordine del giorno. Le ragioni del mio voto favorevole risiedono in alcune affermazioni fatte testé dall'assessore La Spisa.

Lei, Assessore, ha avuto l'accortezza di leggere gli interventi che si sono susseguiti giovedì pomeriggio, e tra questi anche il mio. Mi scuso per questa autocitazione. Allora, lei ha sostenuto una cosa semplicissima: "Noi vogliamo confermare l'industria di base, non ci stiamo impiccando all'industria di base, però certamente è un punto di partenza". Noi abbiamo chiesto a lei e al Presidente - purtroppo non sono intervenute risposte nemmeno da parte sua, assessore La Spisa -come intendete essere conseguenti per rispettare questo impegno.

Nel nostro ordine del giorno noi abbiamo cercato, seppure modestamente, di indicare un minimo di politica industriale. Diciamo che nel nostro ordine del giorno sosteniamo un certo sviluppo, indichiamo quale deve essere il ruolo della parte pubblica, a partire dalla Regione, ma anche quali devono essere gli impegni del Governo e come deve sostenere quelle iniziative; indichiamo gli strumenti e le risorse. Assessore, nemmeno da parte sua, che credo sia uno di quelli che conoscono meglio questa situazione, anche nella sua maggioranza, non c'è stata nessuna indicazione, se non quella di reiterare sino alla fine il concetto che voi volete salvare tutto quello che c'è. Per fare questo è necessario che voi siate conseguenti indicando strumenti e risorse.

Voi presentate un ordine del giorno, come diceva un collega, che vi respingerebbe anche il Santo Padre, perché, tutto sommato, intervenendo sulle questioni della crisi industriale sarda la Chiesa si è resa conto che la politica e le istituzioni dovrebbero fare più di quanto hanno fatto finora. E' mai possibile, dopo un dibattito come questo, che voi vi limitiate a predisporre un ordine del giorno in cui sostanzialmente dite: "Va tutto bene, Cappellacci e la sua Giunta proseguano in questa direzione"? Io davvero non capisco come facciate a dire queste cose e nello stesso tempo a condividere il documento a base dello sciopero generale del 5 febbraio ultimo scorso.

A me pare che se ci fosse da parte vostra un minimo - insisto - di onestà intellettuale, probabilmente avreste un atteggiamento diverso da quello che avete avuto sinora nei confronti di quest'ordine del giorno.

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Maninchedda per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.

MANINCHEDDA (P.S.d'Az.). Signora Presidente, voto contro l'ordine del giorno numero 1 per un ragionamento però diverso da quello che hanno fatto altri colleghi. Voto contro perché vorrei che l'Aula si rendesse conto che il tema centrale sullo sviluppo che noi dobbiamo affrontare è quello della fiscalità. Non possiamo tardare, veniamo quando vogliamo, ma qui ne dobbiamo parlare. Il Trentino Alto Adige ci ha già superato e senza affrontare quel tema non possiamo affrontare nemmeno il tema dello sviluppo.

Avrei voluto che la Commissione bilancio avesse potuto riunirsi domani per affrontare una risoluzione meramente riepilogativa di questo argomento da portare in Aula. Il Capogruppo dell'opposizione mi ha detto che domani non è possibile, per cui faccio appello perché ci si consenta di vederci giovedì, alle ore 9, semplicemente per iscrivere all'ordine del giorno del Consiglio questo argomento.

Utilizzo l'ultimo minuto e mezzo perché sono rimasto molto colpito da alcune affermazioni inattese, per lo stile che lo ha contraddistinto fino adesso, dell'onorevole Sanna. Lei ha fatto riferimento alle vicende emerse oggi sugli organi di stampa. Io sono stato attaccato da un organo di stampa in modo vile e se la sua dichiarazione su una presunta immoralità dei rapporti politici mi riguardava - non so se sia così -, penso che io e lei, che appunto ci conosciamo, non possiamo giudicarci reciprocamente, però possiamo affidarci a un giudice. Il giudice che archivia le accuse nei confronti dell'onorevole Soru e di altri dice che io sono, con la mia proposta, quello che difende il lavoro di tutela fatto dalla precedente Giunta. E non sono sospettabile né di essere amico di Soru né di essere ostile a Cualbu. Leggo: "…e che l'accordo di programma del 2000 fosse effettivamente da ritenere inadeguato alla tutela lo dimostra altresì la volontà recentemente manifestata dal Presidente della Commissione consiliare bilancio di acquisire al patrimonio regionale le aree di Tuvixeddu". Primo punto.

Secondo punto: il giudice dice anche che la mia posizione "è di difesa anche della tutela dalla mia maggioranza", e io l'ho capito quando l'altro giorno sono stato linciato da un giornale di cui mi occuperò nei prossimi giorni.

Io ho stima di lei, onorevole Sanna, però sono una persona pulita e lei mi deve rispettare, perché un giudice ha detto che sono pulito.

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Capelli per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.

CAPELLI (U.D.C.). Anche a me piacerebbe parlare un po', Paolo, delle querele, ma non credo sia questa la sede e penso che sia molto più importante parlare dell'ordine del giorno, sul quale mi asterrò, non tanto perché Ottana è scritto in minuscolo, è un lapsus che provvederete a correggere, ma perché non posso dire di non condividerlo totalmente. Mi asterrò riservandomi di fare una dichiarazione di voto sul prossimo ordine del giorno, perché credo che, al di là di quanti hanno partecipato allo sciopero di venerdì (non so se io ero il trentamillesimo o il decimillesimo partecipante, ma ho partecipato convintamente), non mi sono commosso. Parlo con lei, assessore La Spisa. Non mi ha colpito il cuore vedere gli operai, e non solo dell'Alcoa, che ha catalizzato l'attenzione di quest'Aula, mentre tutta la Sardegna muore. Ha catalizzato l'attenzione sui 30 euro per megawattora e non si parla, per esempio, dei 132 euro che pagano le aziende altrettanto energivore del distretto lapideo di Orosei. Perciò quei 132 euro, valgono i 30? Non lo so, io penso di sì.

Non mi sono commosso per quegli operai perché sono stanco di commuovermi. Mi sono adirato mentre sentivo parlare gli operai, i pensionati, la gente che ha partecipato e a cui non potevo dire che abbiamo, per esempio, tagliato i fondi per la legge numero 162, ma abbiamo speso 1 milione di euro per il Rally d'Italia del 4 febbraio, 1 milione e 400 mila euro per la Louis Vuitton Cup o 6 milioni di euro per il Sistema informativo sanitario integrato regionale (SiSaR), progetto destinato a decadere, e abbiamo già speso 25 milioni di euro. Non mi commuovo più perché non ci sono più lacrime, perché non vedo atteggiamenti conseguenti, diretti, che portino noi tutti a capire quali sono le priorità.

E se non sempre si può mangiare l'aragosta, ci si può accontentare del panino con mortadella, ma per tutti! Tagliando il superfluo forse possiamo stare molto più vicino a chi ha bisogno più di noi e più di altri, in questo momento.

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Stochino per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.

STOCHINO (P.d.L.). Signora Presidente, colleghe e colleghi, anch'io esprimo il mio voto contrario a quest'ordine del giorno, che reputo strumentale e non propositivo per gli interessi della Sardegna. Credo che qualcosa di buono l'avreste e l'avremmo potuta fare assieme, analizzando le carenze della Sardegna che sicuramente non sono state causate da questi undici mesi di governo del presidente Cappellacci e dell'attuale maggioranza, ma che credo debbano essere attribuite anche a voi. In questo momento di grande crisi credo che sarebbe significativo per i sardi e per la Sardegna che ci assumessimo tutti la responsabilità di questa situazione, perché è inutile accusare un Presidente che, secondo me, sta facendo di tutto e di più per portare a casa un risultato che è importante per la Sardegna e per tutti noi.

Ma purtroppo voi questo non l'avete voluto sentire, avete voluto accusare il presidente Cappellacci, il presidente Berlusconi, il ministro Scajola, che io credo abbia dimostrato anche con i fatti un'attenzione particolare per la Sardegna, prorogando la tariffa incentivante dell'energia, che da 60 euro per megawattora è scesa 30 euro. Vi invito anche ad andare a controllare, perché è giusto verificare i fatti, che la durata di questo incentivo è passata da 6 mesi a 3 anni.

Voi, però, volete solamente fare polemiche. E allora io vi dico anche che le polemiche da voi non le accetto, perché ritengo che siate stati negligenti e anche incompetenti. Per quanto riguarda, per esempio, l'ex Cartiera di Arbatax, avete stanziato qualcosa come 18 milioni di euro e dal giugno del 2008 al febbraio del 2009 non siete riusciti a spenderli. Sapete perché? Perché non vi siete resi conto che le aree ex Sarind[s2] erano state attribuite a una società privata e la Regione Sardegna non poteva infrastrutturare un'area privata.

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Massimo Zedda per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.

ZEDDA MASSIMO (Comunisti-Sinistra Sarda-Rosso Mori). Signora Presidente, nel dichiarare il voto favorevole all'ordine del giorno presentato da noi, come centrosinistra, vorrei ricordare all'Assessore che non siamo stati noi a lanciare l'idea dell'Italia e, a caduta, della Sardegna delle "tre I". Ricorda le "tre I"? Inglese, e avete cancellato "Sardegna speaks English", giusto per ricordare quello che uno può fare, cioè potendo distruggere qualcosa l'avete fatto; Internet, e il sito Internet della Regione ormai non contiene neanche più il Programma regionale di sviluppo dei precedenti anni, perché deve essere cancellato tutto, non si può fare neanche un confronto. A questo punto, a ognuno di noi verrebbe da pensare: perché cancellarlo se era così brutto, rispetto al nuovo che parte dall'"io" e che è così bello? Almeno uno col confronto può farsi un'idea, un'opinione circa la bontà dell'uno e dell'altro. E da parte vostra, forti voi della bontà e giustezza del vostro programma!

La terza I era riferita all'impresa. E quando qualcuno di noi diceva che forse affidare tutto solo all'impresa avrebbe causato qualche danno, che l'eliminazione del pubblico, delle regole, delle leggi, delle norme avrebbe causato danni, allora sì qualcuno di voi rideva. Non so se oggi qualcuno di voi torni a sorridere ricordando le "tre I".

Detto questo, mi ha fatto sorridere, visto che siamo in tema di risate, anche se c'è poco da ridere, la considerazione dell'onorevole Stochino secondo cui questo sarebbe un ordine del giorno strumentale. Leggendo l'altro ordine del giorno mi rendo conto che non potrebbe essere strumentale un ordine del giorno che si riduce a tre frasi, l'una appresso all'altra, che pressappoco dicono: "Continua così e cerca di salvare il salvabile". Non disturbiamo il manovratore e speriamo che ci salvi tutti!

Non mi pare, onorevole Stochino, leggendo entrambi gli ordini del giorno, persino pesandoli, che il nostro sia strumentale e il vostro invece sia denso di contenuti capaci di generare sviluppo, sorrisi e futuro!

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Campus per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.

CAMPUS (P.d.L.). Signora Presidente, per la verità io non ho partecipato al dibattito, perché volevo provare ad ascoltare, a capire, a valutare e a confrontare delle proposte politiche rivolte al superamento della crisi, che appare sempre di più definitiva. Non ho imparato molto, per la verità, probabilmente anzi sicuramente è un limite mio, però non ho sentito tesi politiche contrapposte, non ho avuto modo di confrontare proposte diverse sulla base di filosofie, tradizioni, posizioni politiche diverse.

L'opposizione, che continua la sua azione anche con quest'ordine del giorno finale, si è limitata a denunziare, a criticare, a fustigare, o forse pensava di riuscire a fustigare, e sicuramente in preda a un'amnesia recente e remota di fatto non ha proposto nulla. Nemmeno in quest'ordine del giorno, per cui non ho problemi a votare contro.

Per la verità, pur prendendo atto di quanto dichiarato dal mio Capogruppo - ho detto "mio" Capogruppo -, l'onorevole Mario Diana, devo riconoscere che, al di là di qualche intervento di componenti della maggioranza, non si sono sentite proposte nemmeno da questa parte e non credo che sia corretto scaricare sempre tutto sulla Giunta, il poco o il molto che si è fatto, il bene o il male che si è fatto, le emergenze così come le proposte, perché questo sinora è stato fatto da parte della politica e dei partiti della maggioranza.

La Giunta non è un asettico comitato tecnico esecutivo, ma è l'espressione di partiti, di scelte di partiti frutto di una scelta del popolo sardo. Ebbene in quella scelta il popolo sardo ha affidato a un partito, il partito del Popolo della Libertà, l'onore e l'onere di essere guida, indirizzo e anche controllo certamente dell'attività della Giunta, ma anche dell'attività della politica in Sardegna, perché questo è stato l'esito delle consultazioni elettorali. Ebbene, io sono ancora in attesa di sentire il partito di maggioranza relativa battere un colpo, presentare una proposta che sia di supporto, di aiuto e di sostegno all'attività della Giunta. Per cui, comunque, visto che questo colpo non è arrivato nemmeno dall'opposizione, anche questa volta voterò contro quest'ordine del giorno.

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Ben Amara per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.

BEN AMARA (Comunisti-Sinistra Sarda-Rosso Mori). Io penso che questo Consiglio soffra di un'inflazione discorsiva abissale e sia anche prigioniero di alcune trappole epistemologiche e linguistiche. Per esempio l'uso dell'espressione "modello di sviluppo": ma cosa vuol dire modello di sviluppo? Indicatemi un modello di sviluppo che esiste nel mondo! O anche l'uso della parola impresa: l'impresa che crea ricchezza, l'impresa che crea progresso. Fatemi l'esempio di un Paese che si basa soltanto sulle imprese! Noi sappiamo che il più grande imprenditore italiano è il più grande evasore, non investe nulla nella cultura, assolutamente nulla!

Dunque io dichiaro il mio voto a favore dell'ordine del giorno numero 1, pregando il collega Mario Floris, che ha un'esperienza politica molto lunga, di scegliere di sostituire la parola impresa con un'altra, perché l'impresa non crea ricchezza. Io sostituirei la parola impresa con cultura, innovazione, creazione. Questa è la vera impresa. L'impresa, che cos'è l'impresa?

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Daniele Cocco per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.

COCCO DANIELE (I.d.V.). Presidente, dichiaro il mio voto favorevole a quest'ordine del giorno, con ancora maggiore convinzione dopo l'intervento dell'onorevole Campus, che ha detto la verità sull'altro ordine del giorno. Con maggiore convinzione perché credo che da parte della Giunta non ci sia ancora la percezione della devastante crisi, non solo industriale, di tutta l'Isola, perché, come ha detto prima qualcuno, si guardano i fuochi d'artificio mentre la Sardegna brucia, o meglio è già bruciata.

L'OCSE ci ha detto, qualche giorno fa, che i sardi sotto la soglia di povertà sono ormai 380 mila, la percentuale dei disoccupati rapportata alla popolazione attiva sfiora il 28-30 per cento e le trenta vertenze industriali di cui ha parlato il Presidente sembra proprio, dalla replica dell'assessore La Spisa, che la Giunta non le voglia affrontare. Grazie.

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Porcu per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.

PORCU (P.D.). Signora Presidente, colleghi, annuncio il mio voto favorevole all'ordine del giorno numero 1 e poiché non farò un'altra dichiarazione di voto preannuncio anche il voto contrario all'ordine del giorno numero 2.

Io sono sorpreso, mi rivolgo anche all'assessore La Spisa, della contrarietà del centrodestra sul nostro ordine del giorno. Capisco alcuni passaggi, ma le azioni di impegno che proponiamo sono già contenute in molti altri ordini del giorno e vogliono dare sostanza a una vertenza che, come è emerso dalla discussione e anche dalle dichiarazioni del Presidente, a nostro avviso non ha contenuti, non formula proposte e non avvia una vera rivendicazione nei confronti dello Stato.

In quest'ordine del giorno, a partire dalla rinegoziazione con il Governo dei fondi FAS, sia quelli di assegnazione regionale, sia quelli nazionali che sono di spettanza per infrastrutture di carattere regionale, fino alla possibilità di spendere immediatamente le risorse del nuovo regime delle entrate, di fatto noi riproponiamo cose su cui questo Consiglio si è già espresso e vorremmo trovare argomenti, Assessore, per sostenere l'azione della Giunta regionale. Non la consideri una provocazione, ma noi vorremmo trovare argomenti per sostenere la Giunta in qualcosa che non può essere soltanto quello che state facendo, che evidentemente la minoranza ritiene inadeguato e insufficiente.

E qui vi proponiamo di aprire con lo Stato una vertenza, ve lo chiediamo ancora per quanto riguarda l'avvio delle bonifiche e il sostegno alla domanda pubblica. L'abbiamo fatto anche durante la finanziaria. Capisco che per voi la proposta di riscrivere il Programma regionale di sviluppo possa non essere accoglibile, ma potreste almeno prendere in considerazione quelle parti dell'ordine del giorno che ribadiscono cose su cui questo Consiglio si è già pronunciato all'unanimità.

Dateci il senso dell'apertura di una vertenza con lo Stato, fateci capire se questa Regione e questa Giunta regionale hanno un atteggiamento subalterno o se intorno ad alcune grandi questioni che riportano le leve dello sviluppo in mano alla Regione e alla Giunta regionale intendete battere un colpo. Credo che quest'ordine del giorno vi offra l'occasione per ricostruire un'unità di intenti, ma intorno a qualcosa, intorno a una rivendicazione. Per cui leggetelo con attenzione e, se possibile, esprimete parere favorevole almeno su alcune parti per darci l'occasione di sostenere l'azione della Giunta regionale, ma verso una vera rivendicazione nei confronti dello Stato.

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Mario Diana per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.

DIANA MARIO (P.d.L.). Signora Presidente, annuncio il mio voto contrario a un ordine del giorno che, se è di peso, è scritto in pessimo italiano e peraltro contiene molte inesattezze. Capisco che la fretta sia cattiva consigliera, però si fa riferimento all'onorevole Giampaolo Diana che non c'entra proprio per niente. A prescindere da questo, io non mi astengo solo perché il mio nome non è citato correttamente.

Detto questo, non condivido l'appellarsi al peso di quest'ordine del giorno. Ricordo che siamo al termine di una discussione che verteva sulle dichiarazioni del Presidente della Regione, il quale era stato impegnato da un precedente ordine del giorno. Voi ci avete infilato di tutto e questo dimostra la pochezza dei vostri argomenti, perché se aveste portato argomenti forti all'attenzione di quest'Aula ne avreste fatto uno strumento all'interno di quest'ordine del giorno. Siamo tornati ai fondi FAS, una cosa sulla quale quest'Aula si è già espressa con altri ordini del giorno. Ne abbiamo già parlato, sono tutte questioni che sono delegate al Presidente della Regione e alla sua Giunta e di questo si sta discutendo.

Ora, il fatto che noi abbiamo presentato un ordine del giorno come il numero 2 significa che riteniamo che le considerazioni fatte, l'impegno che la Giunta sta ponendo nella questione che ci riguarda più da vicino, che è la crisi industriale, ma non solo, perché non ci vogliamo fermare a quello, siano in questo momento esaustivi e quindi da condividere. Non condividiamo il vostro ordine del giorno perché è certamente strumentale, demagogico, come qualcuno lo ha definito.

Onorevole Soru, non è una classe di spioni questa e qui segreti non ce ne sono. Se mi fosse stato chiesto dal Presidente di pronunciarmi, mi sarei pronunciato. Lei non aveva diritto di intervenire e si ricordi che glielo dice uno che l'ha ascoltata anche nelle virgole e nei punti. E punti fermi ce ne sono stati tanti nei suoi interventi!

Sul Regolamento

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Bruno. Ne ha facoltà.

BRUNO (P.D.). Presidente, intervengo prima sul Regolamento, poi per dichiarazione di voto. Intervengo sul Regolamento perché il collega Maninchedda ha accusato il Capogruppo del P.D. di non aver consentito che si tenesse domani una riunione in Commissione. Noi abbiamo sempre consentito di utilizzare il Regolamento in maniera intelligente ed elastica. Devo dire che anche nella riunione di giovedì abbiamo, per esempio, consentito al presidente Cappellacci di intervenire per oltre mezz'ora. Se rileggete le dichiarazioni del Presidente noterete che la metà del suo intervento è stato fatto fuori tempo massimo, perché l'Aula e anche questa opposizione gli ha consentito, come è giusto, di proseguire. In quest'Aula vige una prassi e credo che sia stato sbagliato non far intervenire oggi l'onorevole Soru. La Presidente del Consiglio regionale mi ha detto: "D'ora in poi l'atteggiamento sarà formale, e lo sarà per tutti". Quindi anche noi ci atterremo al Regolamento, sia nel caso delle Commissioni, che non possono essere convocate quando c'è Aula, sia nel caso degli interventi.

Per cui, onorevole Maninchedda, parli con la sua Presidente del Consiglio e chieda a lei spiegazioni. Noi riteniamo che utilizzare il Regolamento in maniera intelligente, flessibile, sia un bene per l' Aula, che naturalmente è sempre sovrana.

PRESIDENTE. Onorevole Bruno, lei sa perfettamente bene che in più di un'occasione c'è stata da parte del Presidente flessibilità ispirata al buon senso e sa anche che questa flessibilità ha riguardato il presidente Soru che, in più di un'occasione, non ha mancato di accusare la Presidenza di utilizzare le regole in maniera non uguale per tutti e di fare due pesi e due misure.

Allora, se il Presidente è flessibile, questo non si può ritorcere nei suoi confronti. Le regole devono valere sempre e se danno adito a problemi e discussioni allora ci sarà un'applicazione formale delle stesse, come ho detto stamattina, ma non era funzionale esclusivamente a non far parlare l'onorevole Soru, che sa perfettamente bene che in altre occasioni ne ha avuto l'opportunità.

SORU (P.D.). Mi ha sempre tolto la parola!

PRESIDENTE. Come è stata tolta a tutti, onorevole Soru.

SORU (P.D.). Non al Presidente della Regione!

PRESIDENTE. Il Presidente del Consiglio ha tolto la parola al Presidente della Regione ed è stata l'Aula a chiedere al Presidente del Consiglio di consentire al Presidente della Regione di proseguire il suo intervento. Se lei fosse stato in aula l'avrebbe potuto constatare personalmente.

SORU (P.D.). Al trentasettesimo minuto! Ci sono i resoconti!

Continuazione della discussione sulle dichiarazioni del Presidente della Regione, ai sensi dell'articolo 120 del Regolamento, sulla grave crisi industriale

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Bruno per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.

BRUNO (P.D.). E' stato detto che l'ordine del giorno numero 1 è strumentale, che fa riferimento ad argomenti di cui abbiamo già parlato. Certo, ne abbiamo già parlato, però non avete raggiunto nessun risultato. Non credo che sia strumentale chiedere al Governo della Regione di richiedere, così è scritto, al Governo nazionale, immediatamente, senza ulteriori indugi, che siano rese disponibili per la Sardegna le risorse FAS. Credo che sia un diritto ed è lì il vero piano di rinascita, sono lì le strategie. Quindi credo che con forza dobbiamo chiedere che il CIPE, nella prossima riunione, ponga all'ordine del giorno il Programma attuativo regionale, e quindi il FAS della Sardegna.

Credo che non sia strumentale chiedere un Programma operativo straordinario, vista la straordinarietà della crisi che c'è in Sardegna, che non ci sia niente di ideologico, che quindi il primo e il secondo punto siano assolutamente condivisibili e non strumentali. Credo altresì che le dichiarazioni programmatiche che ha fatto qualche giorno fa il presidente Cappellacci impongano all'assessore La Spisa e al Consiglio di rivedere il Programma regionale di sviluppo. Noi lo abbiamo scritto nell'ordine del giorno perché ci sembra che le dichiarazioni del Presidente abbiano in qualche modo innovato lo stesso Programma regionale di sviluppo, abbiano introdotto delle variabili. Individuare delle soluzioni per Alcoa, Porto Torres e Ottana, cercare di individuare insieme, perché è un onere di governo, per esempio per Vinyls, e quindi per l'ex Ineos, un acquirente affidabile che non sia scelto con le stesse logiche che hanno portato Sartor in Sardegna, e non solo in Sardegna, credo sia un obiettivo condivisibile. Quindi mi chiedo se sia più strumentale il nostro ordine del giorno o il vostro voto contrario. Credo che lo sia il vostro voto contrario, quindi vi volete differenziare, volete semplicemente far notare che c'è una maggioranza che ha i numeri, che ha i muscoli e su quella base volete dividere questo Consiglio regionale e in qualche modo anche la Sardegna, però assumetevene tutte le responsabilità. Noi votiamo a favore.

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare la consigliera Zuncheddu per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.

ZUNCHEDDU (Comunisti-Sinistra Sarda-Rosso Mori). Dichiaro il mio voto favorevole per la salvaguardia dell'occupazione, quindi contrario al disinteresse reale e alla subalternità politica del presidente Cappellacci e della sua Giunta al Governo Berlusconi, davvero poco interessato al bene dei sardi. Subalternità del presidente Cappellacci a una missione che Berlusconi gli aveva imposto, altro che posti di lavoro! Era la svendita delle coste, del paesaggio e dell'ambiente della Sardegna…

(Brusio in aula)

Presidente, però io ho diritto ad andare avanti…

PRESIDENTE. Ha ragione, onorevole Zuncheddu. Prego i colleghi di prendere posto. Grazie.

ZUNCHEDDU (Comunisti-Sinistra Sarda-Rosso Mori). La precisa missione era quella della svendita delle coste, del paesaggio e dell'ambiente della Sardegna con il cosiddetto piano casa. D'altra parte non era prevista la casa per chi non l'aveva e per chi non poteva né comprarla né ristrutturarla, ma si trattava di un piano invasivo di cemento per "gli amichetti della parrocchia" - ovviamente "la parrocchia" che ha sostenuto il presidente Cappellacci in campagna elettorale -, promuovendo con ciò una nuova dipendenza coloniale della Sardegna ai soliti voleri d'oltremare e con l'umiliante complicità di certi sardi. Già, di certi sardi! Basta chiedersi chi ha stappato la bottiglia per i festeggiamenti della vittoria elettorale del presidente Cappellacci. E a chi ha la memoria corta in quest'Aula consiglierei di rivedere il filmato di quel brindisi. Probabilmente capirà meglio che cosa è avvenuto a Cagliari, e non solo a Cagliari, ma nel resto della Sardegna.

La missione non era, quindi, quella del salvataggio dei posti di lavoro dell'industria, ma era ben altra. Altro che i centomila posti promessi! Grazie.

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Bruno. Ne ha facoltà.

BRUNO (P.D.). Chiedo la votazione nominale.

Votazione nominale

PRESIDENTE. Indico la votazione nominale, con procedimento elettronico, dell'ordine del giorno numero 1.

(Segue la votazione)

Rispondono sì i consiglieri: Agus - Barracciu - Ben Amara - Bruno - Caria - Cocco Daniele - Cocco Pietro - Cucca - Diana Giampaolo - Espa - Lotto - Manca - Mariani - Meloni Valerio - Moriconi - Porcu - Sabatini - Sanna Gian Valerio - Sechi - Solinas Antonio - Soru - Uras - Zedda Massimo - Zuncheddu.

Rispondono no i consiglieri: Amadu - Artizzu - Bardanzellu - Biancareddu - Campus - Cappai - Cherchi - Contu Felice - Contu Mariano - Cossa - Cuccureddu - De Francisci - Dedoni - Dessì - Diana Mario - Floris Mario - Fois - Greco - Ladu - Lai - Locci - Maninchedda - Meloni Francesco - Milia - Mula - Mulas - Murgioni - Obinu - Peru - Piras - Pittalis - Planetta - Randazzo - Rodin - Sanna Giacomo - Sanna Matteo - Sanna Paolo - Solinas Christian - Stochino - Vargiu - Zedda Alessandra.

Si sono astenuti: la Presidente Lombardo - Capelli - Steri.

Risultato della votazione

PRESIDENTE. Proclamo il risultato della votazione:

presenti 68

votanti 65

astenuti 3

maggioranza 33

favorevoli 24

contrari 41

(Il Consiglio non approva).

Metto in votazione l'ordine del giorno numero 2.

Ha domandato di parlare il consigliere Luciano Uras per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.

URAS LUCIANO (Comunisti-Sinistra Sarda-Rosso Mori). Una dichiarazione di voto la merita anche questo scarno ordine del giorno presentato dalla maggioranza. Io voterò contro per un fatto molto semplice: non è vero che da questa parte non siano arrivate e non ci siano proposte. Basterebbe prendersi il programma elettorale, basterebbe prendersi il Programma regionale di sviluppo del 2007-2009 per sapere che noi abbiamo un'idea. Badate, un'idea che in qualche misura voi ritenete valida, perché i termini "ripensare il modello di sviluppo" sono stati utilizzati dal Presidente della Regione nell'introduzione del dibattito, ma anche dall'assessore La Spisa nella replica. Innovazione, tecnologia, sono tutti termini contenuti in questo ampio e articolato strumento di proposta. Cosa avremmo dovuto leggervi? Il Programma regionale di sviluppo che abbiamo presentato nella precedente legislatura e che ha un respiro di più legislature? Cosa avremmo dovuto fare? Prendere il nostro programma elettorale e recitarvelo? No, abbiamo detto semplicemente una cosa che vi avevamo detto anche quando abbiamo discusso la finanziaria e il collegato e che ripeteremo durante la discussione del collegato, se arriverà, prima o poi, all'ultima finanziaria.

L'articolo 4 della finanziaria che voi avete approvato è scritto materialmente da me, è stato presentato con un emendamento e parla della costruzione di un sistema internazionale di intercettori delle opportunità e degli stati di crisi, parla di modelli di anticipazione e nessuno ci ha riflettuto neppure tanto su quel contenuto. E' stato approvato con l'idea magari di abbandonarlo. Ha una dotazione finanziaria di 2 milioni di euro all'anno, credo per quattro anni, cioè 8 milioni di euro, e ha una funzione!

Noi proposte ne abbiamo fatto e sono in campo. La realtà, badate, è che sarà difficile trovare modalità unitarie per soluzioni solo vostre, peraltro inadeguate a risolvere i problemi della crisi.

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Capelli per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.

CAPELLI (U.D.C.). Collega Uras, confidavo in lei, ma mi dà finalmente in questa legislatura la possibilità di dissentire dal suo pensiero. Quel Programma regionale di sviluppo o quel programma elettorale non è stato bocciato da questa maggioranza, è stato bocciato dai sardi, ecco perché non può costituire una proposta, ma un'eventuale modifica dei termini di quella proposta può essere di nuovo discussa tra noi per prendere ciò che di buono in essa ci può essere, sempre che voi modifichiate alcune posizioni. Perciò io credo che le argomentazioni addotte non siano sicuramente a suo favore, se mi permette di usare questa frase.

Nel contempo dichiaro il mio voto favorevole all'ordine del giorno numero 2, non foss'altro perché ho un comportamento molto rispettoso e istituzionale. E' stato firmato dal mio Capogruppo e perciò voterò a favore di quest'ordine del giorno che non toglie e non aggiunge nulla, ma toglie e aggiunge qualcosa nel giudizio, quello che si è detto in sede di discussione generale. Sono arrivate proposte da questi banchi che il collega e presidente Cappellacci - è l'unico caso che la legge consente - probabilmente non ha voluto cogliere o non ricorda. Sono arrivate come grandi novità proposte già riprese più volte. Ho ricordato le date: 2000 e 2001. In sede di discussione della finanziaria regionale abbiamo parlato di bonifiche, di Bagnoli, di Sesto San Giovanni, della legge numero 121. Ogni tanto si ricordano in quest'Aula e quindi la maggioranza delega la Giunta a portare avanti delle idee, se sulle idee ci si vorrà confrontare. Se invece c'è solo la richiesta di una condivisione della proposta della Giunta, allora su questo se si evita il confronto sarà difficile andare avanti.

Ho detto anche che ci sono quattro mesi per cambiare rotta. In termini molto più istituzionali il collega Mario Floris stasera ha detto che ci vuole autorevolezza, che ci vuole una Giunta autorevole, che ci vuole una Giunta politica, che ci vuole una Giunta che sostenga l'autorevolezza del Presidente per seguire le proposte che abbiamo fatto qui, collega Campus. E lei ha dato merito che sono venute delle proposte da questi banchi, anche da parte della maggioranza. Il problema è che ci sono dieci mesi di silenzio che ci separano; dieci mesi di silenzio sulle proposte fatte e sulle risposte non arrivate, nel merito delle proposte stesse, non nel merito del mercato della politica.

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Massimo Zedda per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.

ZEDDA MASSIMO (Comunisti-Sinistra Sarda-Rosso Mori). Presidente, forse ha ragione l'onorevole Capelli nel dire che il programma da noi presentato, sia il Programma regionale di sviluppo sia il programma elettorale, è stato bocciato dai sardi e la fiducia è stata data a voi.

Nel dichiarare il voto contrario rispetto a un ordine del giorno striminzito, che si limita a dire, onorevole Mario Diana: "Faccia un altro, non noi. Lasciamolo fare", senza dare suggerimenti, senza indicare un percorso, una via, ripercorrendo semplicemente vecchie strade, tornando indietro con un programma che è antistorico. Perfino i Paesi che hanno basato il loro sviluppo sull'impresa, sull'industria, sullo sviluppo, che sono i Paesi dove è nata la rivoluzione industriale, abbandonano le vecchie strade per percorrere strade nuove, pensando a interventi pubblici, alla guida da parte del pubblico per gli interventi sull'impresa, sull'industria e sull'innovazione. E' un Programma regionale di sviluppo, il vostro, fermo agli anni '90.

Ed è inutile riempirsi la bocca citando sempre il Trentino Alto Adige. Io non so quanti colleghi siano stati in Val Venosta, in Val di Tures o ai piedi delle tre cime di Lavaredo. Ci sono forse l'eternit, il blocchetto, la facciata senza intonaco, la distruzione del paesaggio, del patrimonio pubblico ambientale, e il regalo sistematico ad altri per creare seconde case e villette? O forse c'è rispetto persino dei marciapiedi?

Allora, siccome non siete in grado neanche di tenere in stato di decoro le campagne, l'agro dove volete costruire, almeno risparmiateci l'esempio del Trentino Alto Adige. Risparmiatecelo, perché quella è una Regione che va in tutt'altra direzione rispetto a ciò che voi avete votato con legge e scritto nel vostro Programma regionale di sviluppo. Per questo vi chiediamo di rivederlo, di cambiarlo. Il nostro suggerimento va in quella direzione.

Per quanto riguarda le regole, onorevole Mario Diana, non si preoccupi che d'ora in poi non ci saranno deroghe al Regolamento neanche per il presidente Cappellacci, tanto ogni volta che gli viene data mezz'ora in più ci racconta le vicende personali di chi incontra per strada!

PRESIDENTE. Ha domandato di parlare il consigliere Bruno per dichiarazione di voto. Ne ha facoltà.

BRUNO (P.D.). Presidente, io inviterei l'onorevole Campus, l'onorevole Mulas e i colleghi sassaresi del centrodestra a presentarsi davanti alla Torre di Porto Torres e a leggere quest'ordine del giorno, in cui dite: "Proseguiamo nel tavolo permanente, proseguiamo nell'azione di tutela e salvaguardia dei posti di lavoro e con questa ricetta ci presentiamo ai lavoratori". Provateci. Andate il prossimo 15 febbraio all'incontro con i sindacati e leggete loro queste tre righe. E' in questo modo che voi affrontate le ragioni di uno sciopero che ha portato 30 mila o 50 mila sardi in piazza!

D'altronde a uno sciopero che voi dite non era contro nessuno si risponde con un ordine del giorno in cui c'è il nulla. E questo è il nulla, così come ritengo che sia stato vuoto l'intervento del presidente Cappellacci, per cui a un intervento vuoto si risponde con il vuoto. Credo che abbiate qualche problema anche in maggioranza. Oggi l'ho visto, l'ho notato chiaramente e non da oggi. Credo sia bene che vi presentiate in quest'Aula con una proposta un po' più condivisa, ma almeno con una proposta, con un progetto. Noi riteniamo che il progetto che abbiamo presentato nella scorsa legislatura e che abbiamo in parte attuato sia probabilmente da aggiornare, da rivedere, perché i problemi cambiano, però contiene un'idea di Sardegna. Io la vostra idea di Sardegna non l'ho ancora vista e sicuramente non la vedo in queste tre righe. Voterò naturalmente contro.

PRESIDENTE. Procediamo alla votazione dell'ordine del giorno numero 2.

Ha domandato di parlare il consigliere Bruno. Ne ha facoltà.

BRUNO (P.D.). Chiedo la votazione nominale.

Votazione nominale

PRESIDENTE. Indico la votazione nominale, con procedimento elettronico, dell'ordine del giorno 2.

(Segue la votazione)

Rispondono sì i consiglieri: Amadu - Artizzu - Bardanzellu - Biancareddu - Campus - Capelli - Cappai - Cherchi - Contu Felice - Contu Mariano - Cossa - Cuccureddu - De Francisci - Dedoni - Dessì - Diana Mario - Floris Mario - Fois - Greco - Ladu - Lai - Locci - Lotto - Maninchedda - Mariani - Meloni Francesco - Milia - Mula - Mulas - Murgioni - Obinu - Peru - Piras - Pittalis - Planetta - Randazzo - Rodin - Sanna Giacomo - Sanna Matteo - Sanna Paolo - Solinas Christian - Steri - Vargiu - Zedda Alessandra.

Rispondono no i consiglieri: Agus - Barracciu - Ben Amara - Bruno - Caria - Cocco Daniele - Cocco Pietro - Cucca - Diana Giampaolo - Manca - Meloni Valerio - Moriconi - Porcu - Sabatini - Sanna Gian Valerio - Sechi - Solinas Antonio - Uras - Zedda Massimo - Zuncheddu.

Si è astenuta: la Presidente Lombardo.

Risultato della votazione

PRESIDENTE. Proclamo il risultato della votazione:

presenti 65

votanti 64

astenuti 1

maggioranza 33

favorevoli 44

contrari 20

(Il Consiglio approva).

L'ordine del giorno di domani mattina prevede al primo punto la mozione numero 17, Salis e più. A causa della probabile assenza del primo firmatario, questa mozione viene messa in coda, per cui saranno discusse nell'ordine la mozione numero 24, Porcu e più, la mozione numero 34, Mula più, e infine la mozione numero 17.

I lavori del Consiglio riprenderanno domani mattina alle ore 10.

La seduta è tolta alle ore 22 e 45.


[s1]Aluminum Company of America

[s2]Sardegna risanamenti industriali - partecipata della Sfirs



Allegati seduta

Risposta scritta a interrogazioni

Risposta scritta dell'Assessore degli enti locali, finanze ed urbanistica all'interrogazione Sanjust su presunti abusi edilizi di grave impatto ambientale che si starebbero perpetrando nelle spiagge di Chia. (135)

In relazione alla interrogazione di cui all'oggetto, si evidenzia preliminarmente che i rilievi formulati attengono a un provvedimento di valutazione di incidenza ambientale ex DPR 120/03 di competenza dell'Assessorato Difesa Ambiente e alla determinazione n. 10999/294 del 22 aprile 2008, del Direttore del Servizio sostenibile ambientale del medesimo Assessorato.

Per quanto attiene le competenze della Direzione Generale di questo Assessorato, ex art. 146 del D. Lgs. n° 42/04, si comunica che dall'esame degli atti d'ufficio risulta emessa una autorizzazione paesaggistica con Determinazione n° 328 del 29.02.08 per opere pubbliche, consistenti essenzialmente in:

a) un preponderante intervento per la stabilizzazione di dune sabbiose con tecniche di ingegneria naturalistica;

b) un primo accesso al mare regolato con pedane in legno, parcheggi con pavimentazione in ghiaia e servizi pubblici (WC e punto di informazione turistica) in località Bithia - Sa Colonia.

Dai documenti agli atti esso risulta ubicato in zona del PUC H1A di salvaguardia con attrezzature di servizio alla balneazione, in posizione interna ad un tessuto urbanizzato consolidato costituito da residenze turistiche (insediamento turistico dell'assetto insediativo del PPR) e in corrispondenza di un'area già adibita a parcheggio per la fruizione della balneazione;

c) di un secondo accesso al mare regolato con pedane in legno e servizi pubblici (WC e punto di informazione turistica) in località S'Aqua Durci.

Dai documenti agli atti esso risulta ubicato in zona del PUC F1 di edilizia turistico-residenziale esistente, in posizione attigua ad un tessuto urbanizzato consolidato costituito da residenze turistiche (insediamento turistico dell'assetto insediativo del PPR).

I volumi sono progettati col criterio delle opere che a fine lavori risultano di tipo "nascosto", essendo ricavate nell'incavo di una scarpata stradale esistente successivamente ricostituita con rivestimento in pietra locale.

Al riguardo di tali interventi, e con particolare riferimento alle puntualizzazioni contenute nell'interrogazione, si specifica che:

d) il Ministero BB. AA. CC. - Sovrintendenza BAPPSAD Cagliari e Oristano non ha esercitato il suo potere di annullamento ai sensi dell'art. 159 del D. Lgs. n° 42/2004, confermando la legittimità del provvedimento dell'Ufficio Tutela Paesaggistica per le Province di Cagliari e di Carbonia - Iglesias;

e) entrambe le strutture di cui ai punti a) e b) sono ubicate fuori dai campi dunari e dai sistemi di spiaggia individuati dal PPR e la scelta di materiali quali il calcestruzzo per strutture specifiche (servizi, marciapiedi, una struttura a "portale", … ) e in quantità contenute è stata accettata dall'ufficio in considerazione della qualità accurata del progetto, dell'esigenza del comune di garantire la manutenzione non onerosa delle strutture, del contesto insediativo consolidato quantunque prossimo ad aree caratterizzate da pregiata naturalità, delle folte alberature presenti in loco e incrementate in progetto e della scelta di eseguire opere che, a fine lavori, risultassero nascoste in quanto incorporate nella scarpata stradale esistente nella località S'Aqua Durci;

f) le opere autorizzate sono conformi alle destinazioni urbanistiche del PUC e alle disposizioni del PPR.

Infine, si evidenzia che nel mese di luglio scorso è pervenuta una integrazione progettuale seguita, nel successivo mese di ottobre, da una istanza di autorizzazione per variante, di cui gli uffici preposti hanno in corso l'esame.

Risposta scritta dell'Assessore della pubblica istruzione, beni culturali, informazione, spettacolo e sport all'interrogazione Contu Felice sulle problematiche derivanti dall'erogazione di contributi di legge a favore della scuola materna. (149)

Con riferimento all'Interrogazione n. 149/A presentata dal Consigliere On.le Felice Contu, lo scrivente Assessore precisa che, al fine di consentire il superamento delle difficoltà e problemi segnalati e garantire in futuro la puntuale assegnazione ed erogazione alle scuole dell'infanzia non statali dei contributi per spese di gestione, previsti ai sensi dell'art. 3 della L.R. 31/84 e successive modificazioni e/o integrazioni, nella seduta del giorno 8 settembre u.s., con Deliberazione n. 41/8, la Giunta Regionale ha approvato i nuovi criteri e modalità di spendita e rendicontazione di detti contributi.

Tali nuovi criteri, validi anche per le Amministrazioni Provinciali, decorrono a partire dall'anno scolastico in corso.

Risposta scritta dell'Assessore degli enti locali, finanze ed urbanistica all'interrogazione Zedda Alessandra - Contu Mariano Ignazio - Piras - Stochino - Randazzo - Tocco sull'avviso pubblico per la stabilizzazione dei lavoratori precari ai sensi della legge regionale 7 agosto 2009, n. 3. (154)

A seguito della notifica del ricorso promosso dal Presidente del Consiglio dei Ministri per la dichiarazione di illegittimità costituzionale delle disposizioni speciali emanate in materia stabilizzazione del precariato negli Enti locali, di cui all'articolo 3 della legge regionale 7 agosto 2009, n. 3, con nota 50800 del 3.11.2009, al fine di consentire ai suddetti enti di valutare la portata dei rilievi governativi, si è provveduto alla temporanea sospensione del termine del 6 novembre (previsto con nota 42079 del 17.11.2009) per la trasmissione dei programmi di stabilizzazione dei precari.

Con successiva nota del 4.11.2009, anche a chiarimento dei dubbi emersi al riguardo, richiamando l'efficacia dei termini previsti dal comma 4 del suddetto articolo 3 per la predisposizione dei programmi (90 giorni dalla data di entrata in vigore della legge), questa Amministrazione ha precisato che la sospensione di cui alla nota del 3.11.2009 era riferibile non già ai termini di legge ma ad una scadenza posta dall'Amministrazione stessa al fine di rendere più spedita l'applicazione della normativa in argomento.

Relativamente al punto 1 dell'interrogazione, si precisa che i comuni e le province stanno trasmettendo i rispettivi programmi di stabilizzazione, compresa la Provincia di Cagliari, e che tutt'ora è in corso la relativa istruttoria.

Per un opportuno riscontro dei fatti intervenuti successivamente alla data dell'interrogazione, ovvero del 29 ottobre 2009, si allega infine una memoria completa dei provvedimenti concernenti il procedimento in oggetto, già inviata ai Presidenti della Regione e del Consiglio regionale, al Presidente della Terza Commissione consiliare e agli Onorevoli Capigruppo.

MEMORIA

Legge regionale 7 agosto 2009 n. 3 recante "Disposizioni urgenti nei settori economico e sociale". Art. 3 commi 2, 3, 4 e 8. Disposizioni per il superamento del precariato negli enti locali.

L'articolo 3 della legge regionale 7 agosto 2009 n. 3, commi 2, 3, 4 e 8, ha previsto il finanziamento di programmi pluriennali di stabilizzazione dei lavoratori precari di comuni e province, di durata quadriennale, dettando specifiche disposizioni finalizzate al superamento del precariato nelle Amministrazioni locali.

Tali programmi sono indirizzati al personale che entro la data di entrata in vigore della suddetta legge, ovvero il 18 agosto 2009, abbia maturato almeno trenta mesi di servizio nelle pubbliche amministrazioni locali anche non continuativi a far data dal 1° gennaio 2002 fatta eccezione per i lavoratori precari assunti con funzioni dirigenziali e per quelli di nomina fiduciaria degli amministratori.

La dotazione finanziaria prevista nella norma per l'annualità 2009 è di tre milioni di euro mentre la copertura per le annualità successive è rinviata alle relative leggi finanziarie con una spesa "nella misura non inferiore a quella stabilita per l'anno 2009".

Il piano di spesa è finanziato in misura del 50% del fabbisogno finanziario complessivo articolato per anno, ed è integrato da parte degli enti destinatari con una quota di pari importo.

Con nota 42079/I.9.3 del 17 settembre 2009, inviata a tutti gli enti locali interessati si è provveduto a richiedere, entro il sei novembre, gli atti e le informazioni relative ai soggetti interessati alla stabilizzazione, al fine di predisporre il relativo piano di spesa rapportato al fabbisogno indicato dalle singole amministrazioni e all'interno dello stanziamento assegnato.

Con nota 9803 del 22 ottobre 2009 la Direzione Generale dell'Area Legale ha trasmesso copia del ricorso dell'Avvocatura dello Stato per la dichiarazione di illegittimità costituzionale tra gli altri, dell'articolo 3, commi 2 e 3. A tale nota si è dato riscontro con comunicazione del Direttore Generale 51156/I.15.6 del 4 novembre 2009.

Con nota del Direttore del Servizio 50800/VI.1.3 del 3 novembre 2009 è stata comunicata agli enti interessati la temporanea sospensione del termine del 6 novembre, previsto dalla prima circolare, per la trasmissione dei programmi quadriennali di stabilizzazione dei precari.

Ad integrazione delle comunicazioni del Direttore del Servizio degli Enti locali del 17 settembre e 3 novembre 2009, il Direttore Generale con propria nota 51085/I.9.3 del 4 novembre 2009 ha informato le Amministrazioni locali sui contenuti del ricorso, richiamando l'efficacia dei termini di predisposizione del programma previsti dalla legge (90 giorni dalla data di pubblicazione).

L'Assessore degli Enti locali, Finanze e Urbanistica ha inoltrato alla Presidente del Consiglio Regionale comunicazione (1956/Gab/III.5.2) del ricorso e della avvenuta sospensione temporanea dei termini, segnalando la complessità della situazione e la eventualità di un intervento normativo utile a superare i rilievi dell'impugnativa.

Con nota 92077U/Pr del 3 novembre 2009, e successivi solleciti 92093U/Pr, 92112U/Pr, 92317U/Pr, 92463U/Pr, 92488U/Pr e 92488U/Pr del 3 e 4 novembre, indirizzati al Direttore del Servizio degli Enti locali e nota 92575U/Pr e successivi solleciti 92583U/Pr e 92584U/Pr del 4 novembre 2009 indirizzati al Direttore Generale, il Presidente della Provincia di Cagliari ha chiesto chiarimenti in merito alla circolare 50800/VI.1.3 del 3 novembre, ai quali si è data risposta con nota 51361/I.15.6 del 5 novembre. Di tale comunicazione ha dato riscontro il Presidente della Provincia di Cagliari (93170U/Pr in data 6 novembre).

Attualmente sono pervenute circa 40 richieste di stabilizzazione da parte di Comuni e Province che, nella predisposizione degli atti, ne subordinano comunque la definizione sia al finanziamento regionale che agli esiti del ricorso.

Risposta scritta dell'Assessore degli enti locali, finanze ed urbanistica all'interrogazione Ben Amara - Uras - Zuncheddu - Sechi - Zedda Massimo sullo stato di conservazione degli edifici scolastici della Sardegna e sull'applicazione delle misure di sicurezza e prevenzione all'interno delle scuole. (166)

In riscontro all'interrogazione di cui all'oggetto, questo Assessorato non ha competenza in merito.

Testi delle interrogazioni e dell'interpellanza annunziate in apertura di seduta

Interrogazione Milia - Biancareddu - Capelli - Cappai - Contu Felice - Obinu - Oppi - Steri, con richiesta di risposta scritta, sulla mancata attivazione del Piano PET-PAC presso l'Azienda ospedaliera di Sassari. (227)

I sottoscritti,

considerato che il Piano PET della Sardegna, approvato dalla Giunta regionale nella legislatura 1999-2004 e tuttora vigente, ha proposto due tomografi PET/TC a Cagliari e uno a Sassari;

constatato che i due tomografi PET/TC a Cagliari sono già funzionanti, il primo da oltre cinque anni, mentre per quanto riguarda Sassari né la Giunta Soru, né l'attuale Giunta Cappellacci hanno a tutt'oggi dato il benestare assessoriale per il bando di gara, nonostante gli atti siano pronti da un lustro;

evidenziata la spendita in "mobilità passiva" da parte dei cittadini del nord Sardegna a carico delle ASL competenti per territorio;

preso atto della ventilata e probabile apertura della struttura privata S. Raffaele in Olbia,

chiedono di interrogare il Presidente della Regione e l'Assessore regionale dell'igiene e sanità e dell'assistenza sociale per sapere:

1) quali siano le cause che impediscono l'attuazione del Piano PET-PAC nel territorio del nord Sardegna e, nello specifico, nella città di Sassari;

2) se vi siano sempre politiche che ostacolino quanto deliberato dalla Giunta regionale nella legislatura 1999-2004;

3) se le dichiarazioni del Presidente Cappellacci e dell'Assessore Liori in ordine al rilancio del polo sanitario di Sassari siano in contrasto con l'immobilismo relativo all'oggetto dell'interrogazione.

Interrogazione Amadu, con richiesta di risposta scritta, sulle gravissime conseguenze dovute all'interruzione del servizio di radioterapia presso le cliniche universitarie di Sassari. (228)

Il sottoscritto,

premesso che:

senza alcun preavviso e con motivazioni varie, fra cui il fuori uso di alcuni macchinari e le condizioni di precaria sicurezza per la salute dei lavoratori, è stato interrotto il servizio di radioterapia nelle cliniche universitarie dell'Azienda mista di Sassari;

alcuni pazienti, infatti, non ricevendo rassicurazioni sul trattamento da effettuare con urgenza, sarebbero costretti a recarsi negli ospedali di Cagliari, con disagi di vario genere, fra cui l'incremento delle spese dovute alla trasferta e al soggiorno e le conseguenze negative per la salute già precaria, causa il decorso della malattia;

considerato che:

il Piano sanitario regionale prevede un polo di radioterapia a Sassari che, ovviamente, debba essere efficiente per rispondere con celerità alle esigenze dei pazienti del territorio;

quella in oggetto risulta essere l'unica struttura operante nel territorio dell'intero nord Sardegna e che, pertanto, dovrebbero essere previsti i tempi di manutenzione a rotazione così da non interrompere un servizio sanitario essenziale e salvavita,

chiede di interrogare l'Assessore regionale dell'igiene e sanità e dell'assistenza sociale per sapere:

se sia a conoscenza della grave e precaria situazione dell'unico servizio di radioterapia a Sassari che ha dovuto interrompere la sua essenziale attività;

quali iniziative urgenti intenda assumere per far sì che il servizio possa riprendere nel più breve tempo possibile ed evitare disagi ai pazienti e ai loro familiari, già fortemente penalizzati a causa del decorso della malattia che esigerebbe cure certe e tempestive.

Interrogazione Solinas Antonio - Sanna Gian Valerio, con richiesta di risposta scritta, sulla chiusura dell'ambulatorio di ginecologia dell'Ospedale di Ghilarza. (229)

I sottoscritti,

premesso che presso l'Ospedale Delogu di Ghilarza operava, sino alla fine dello scorso mese di gennaio 2010, l'ambulatorio di ginecologia;

considerato che:

- l'ambulatorio di ginecologia serviva un territorio vasto della Provincia di Oristano;

- centinaia di donne dell'alto Oristanese, Barigadu, Montiferru e alto Campidano erano in cura presso l'ambulatorio di ginecologia di Ghilarza;

- il commissario straordinario della ASL n. 5 di Oristano con atto unilaterale, senza un preliminare coinvolgimento della conferenza dei sindaci, ne ha deciso la chiusura da un giorno all'altro senza un congruo preavviso di tempo che potesse consentire alle donne assistite di poter programmare meglio la conclusione della propria gravidanza;

rilevato che le alternative possibili sono le seguenti:

- recarsi al consultorio locale, dove c'è una ginecologa, un'ostetrica, ma niente ecografo;

- recarsi al poliambulatorio locale dove c'è una ginecologa una volta la settimana senza ecografo e senza ostetrica;

- recarsi a Oristano, dove c'è una lista d'attesa di circa 100 giorni per una ecografia (per questo motivo molte donne dell'hinterland di Oristano si recavano a Ghilarza);

- recarsi a Terralba, percorrendo 160/180 Km, dove c'è l'unico ecografo pubblico della provincia;

- recarsi da un privato aumentando notevolmente la spesa sanitaria e così contribuendo a smantellare il servizio sanitario pubblico per favorire i privati,

chiedono di interrogare l'Assessore regionale dell'igiene e sanità e dell'assistenza sociale per conoscere se:

1) la chiusura dell'ambulatorio di ginecologia di Ghilarza sia stata decisa di comune accordo tra l'Assessorato regionale dell'igiene e sanità e dell'assistenza sociale ed il commissario della ASL n. 5 di Oristano;

2) non ritenga opportuno, per le ragioni esposte intervenire presso il commissario della ASL n. 5 di Oristano per ripristinare nel più breve tempo possibile l'ambulatorio di ginecologia presso l'Ospedale di Ghilarza.

Interrogazione Lotto - Bruno - Manca - Meloni Valerio, con richiesta di risposta scritta, sul collegamento ferroviario Sassari - Chilivani. (230)

I sottoscritti,

premesso che:

il giorno 19 dicembre 2009, una frana all'uscita dalla galleria ferroviaria di Scala di Giocca ha coinvolto il treno della linea Sassari - Chilivani, causando la morte di un macchinista e il ferimento di quattro passeggeri;

con l'intervento della Rete ferroviaria italiana (RFI) sono state rimosse le due automotrici e messo in sicurezza quel tratto di ferrovia con la sostituzione dei binari con le relative prove tecniche;

considerato che:

la tratta in questione risulta ancora chiusa al traffico, in quanto il Genio civile, a seguito di una verifica della situazione dello stato del costone roccioso che ha causato la tragedia, non avrebbe ancora fornito un parere favorevole alla riapertura del traffico ferroviario;

i tempi d'attesa dell'inizio dei lavori di contenimento del costone roccioso si stanno dilatando in misura eccessiva, tale da creare notevole disagio sia tra gli utenti del servizio ferroviario sia tra i lavoratori interessati;

vista la preoccupazione che serpeggia tra i lavoratori degli appalti ferroviari e tra gli utenti circa il futuro del servizio e il protrarsi di una situazione di isolamento inaccettabile per il territorio,

chiedono di interrogare il Presidente della Regione e l'Assessore regionale dei trasporti per sapere:

quali azioni intendano intraprendere per porre rimedio alla drammatica situazione di isolamento ferroviario in cui versa il territorio;

quali rimedi provvisori intendano prendere in considerazione per il ripristino immediato dei collegamenti;

quale iniziativa di più lungo respiro si intenda adottare per risolvere definitivamente il problema, viste anche le diverse proposte da più parti avanzate.

Interpellanza Tocco - Zedda Alessandra - Sanjust - Artizzu - Pitea - Piras - Locci - De Francisci - Rodin, sulla situazione verificatasi nel sito fra via Peschiera e via Castelfidardo, relativamente allo stato di pericolo a persone e cose dovuto al cedimento del fondo stradale, causato da vuoto carsico nel sottosuolo.

I sottoscritti,

premesso che:

la zona in questione, in data 8 agosto 2008, è stata oggetto di grave cedimento (che ha comportato una voragine di 4 metri di profondità, inghiottendo con velocità un'auto in sosta), dovuta al vuoto sottostante, ed alle successive piogge copiose cadute nell'ultima stagione invernale le quali hanno dilavato la medesima parte incidendo gravosamente sulla già precaria situazione;

in data 22 ottobre 2008, l'alluvione verificatasi a Cagliari ha provocato nuovamente l'ulteriore cedimento delle parti sottostanti l'intera zona, creando uno stato di pericolo tale che il sindaco, previo sopralluogo degli organismi tecnici e verifiche dei vigili del fuoco, ha emanato, il 15 agosto 2009, un'ordinanza urgente di sgombero;

considerato che un eventuale rifacimento e messa in sicurezza delle palazzine oggetto di danno strutturale comporterebbe rilevanti spese a carico delle famiglie proprietarie degli immobili e che le stesse, a più riprese, hanno rappresentato alle autorità comunali competenti l'impossibilità di sostenerle vista la loro precaria situazione economica (famiglie quasi tutte monoreddito o famiglie che solo da pochi anni hanno affrontato spese ingenti di ristrutturazione), e che i nuclei familiari dovranno affrontare le spese di un eventuale affitto durante il periodo di ristrutturazione a seguito dell'ordinanza in questione;

preso atto che l'amministrazione di Cagliari si trova nella impossibilità di intervenire in quanto, ad oggi, non si conosce l'effettiva responsabilità del danno causato e delle concause che lo hanno provocato,

chiedono di interpellare il Presidente della Regione, vista la situazione oramai drammatica in cui versano i residenti della zona, per sapere quali azioni intenda porre in essere al fine di predisporre eventuali interventi economici a sostegno delle famiglie dei residenti ed eventuali risorse da destinare al ripristino di tali strutture.