CONSIGLIO REGIONALE DELLA SARDEGNA
XVLegislatura
Mozione n. 139
RUBIU - OPPI - TATTI - PINNA Giuseppino - PITTALIS - DEDONI - CARTA - FENU - LOCCI - ZEDDA Alessandra - FASOLINO - TUNIS - PERU - CHERCHI Oscar - CAPELLACCI - TRUZZU - ORRÙ - COSSA - CRISPONI - TEDDE sulla situazione di crisi del sistema industriale in Sardegna, con la chiusura di diverse aziende e la cassa integrazione di molti lavoratori, con richiesta di convocazione straordinaria del Consiglio ai sensi dei commi 2 e 3 dell'articolo 54 del Regolamento.
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IL CONSIGLIO REGIONALE
PREMESSO che negli ultimi anni si è acutizzata la crisi economica, con una miscela che ha prodotto le industrie in fallimento, l'inquinamento in seguito alla dismissione delle fabbriche soprattutto nel Sulcis Iglesiente, la desertificazione e lo spopolamento delle campagne con conseguente declino dell'agricoltura, crisi sociale, disoccupazione e scioperi. La Sardegna appare come un territorio ormai al collasso, lo specchio del fallimento dell'Italia, forse più di ogni altra regione meridionale. Ci ritroviamo quasi intrappolati in un enorme incubo, stretti in una morsa fra la rabbia per la situazione odierna e la paura per la mancanza di futuro. La crisi economica ha infatti mostrato i suoi effetti peggiori proprio sul nostro territorio, con diverse aree che sono diventate ormai dei cimiteri industriali. Secondo gli ultimi dati delle associazioni di categoria, la Sardegna avrebbe perso, dall'inizio della crisi, 5.305 aziende. Solo nell'ultimo anno il saldo negativo registra la cessazione di 1.088 imprese, che corrisponde a 1.584 iscrizioni contro 2.672 cancellazioni; una situazione pesantissima;
CONSIDERATO che:
- il disfacimento del sistema è avvenuto in conseguenza del forte calo della produzione delle multinazionali e piccole-medie imprese presenti sul territorio, che si sono inesorabilmente avviate verso la strada del fallimento. Molte di queste attività sono in mano a imprenditori non sardi, che hanno deciso la serrata mettendo fine all'esperienza occupazionale di migliaia di lavoratori e lasciando nella disperazione le famiglie al seguito. A questi fattori si aggiunge poi il problema inquinamento, specie nell'area del Sulcis, dove tante aziende metallurgiche e siderurgiche hanno lasciato il territorio senza effettuare il risanamento dei terreni né alcuna bonifica;
- da Porto Torres al Sulcis sino a Villacidro e Ottana si assiste ormai ad uno scenario di devastazione industriale, con fabbriche deserte e tanta cassa integrazione. Si presume ci siano i presupposti perché molte filiere possono essere rilanciate. Buona parte della storia dell'industria sarda si rispecchia in quella del settore estrattivo e successivamente in quella della chimica e della metallurgia. Il Sulcis Iglesiente subisce ancora oggi i contraccolpi di una crisi che appare senza via d'uscita, a cominciare dal polo dell'alluminio. Emblematico è il caso della Portovesme Srl, la società ha chiesto certezze sul prezzo dell'energia perché sta usando la "super interrompibile" che scadrà nel 2015. Potrebbe esserci una razionalizzazione sui costi di esercizio. Una situazione di crisi legata dunque alla rete delle infrastrutture dell'area, assolutamente inadeguate. Nel frattempo, la progres¬siva flessione delle attività ha portato all'apertura della vertenza, con l'assegnazione degli ammortizzatori sociali a circa 700 lavoratori diretti;
APPURATO che la via crucis del non lavoro riguarda da vicino una pattuglia di tredici lavoratori della ex Rockwool che sono arrivati a scene di protesta eclatanti, asserragliandosi nella galleria Villamarina della miniera di piombo e zinco di Monteponi a Iglesias. Gli operai sono finiti in cassa integrazione dal 2010, ma si sono ritrovati anche senza l'assegnazione di un minimo sostegno economico. I lavoratori della fabbrica di lana di roccia hanno più volte lanciato il grido d'allarme per il loro mancato inserimento nella società Ati-Ifras della Regione, nella quale invece hanno trovato sistemazione altri 54 lavoratori in base al suddetto accordo firmato il 22 dicembre 2011. Per questo motivo, questi operai sono stati ribattezzati "gli invisibili", proprio perché della loro vicenda - a quanto pare - nessuno si vuole occupare. Il caso degli operai Rockwool rappresenta però un importante precedente nella situazione di crisi attuale. Sono stati gli operai stessi a mettersi in gioco e a rischiare in prima persona pretendendo non la riapertura della fabbrica, ma il reinserimento tramite riqualificazione. Hanno immaginato dunque un'alternativa;
CONSTATATO che la mancanza di prospettiva per il futuro preoccupa non poco gli ormai ex lavoratori Alcoa, con 600 lavoratori interessati nello stabilimento di Portovesme. Otefal (laminati di alluminio) è stata acquistata da un imprenditore locale che ha difficoltà sugli investimenti (pale eoliche) che contribuirebbero ad abbattere i costi energetici. Circa 200 lavoratori sono in forte sofferenza per l'instabilità dell'azienda. È necessario poi non dimenticare le difficoltà della Eurallumina, la società impegnata nella raffinazione della bauxite, che ciclicamente presenta situazione di crisi che si sono tradotte nel taglio dei dipendenti;
OSSERVATO che un discorso a parte meritano le aziende a partecipazione regionale Igea e Carbosulcis. Per Igea (297 dipendenti) è stata sancita la fine e dovrà operare al suo posto l'agenzia regionale nel campo delle bonifiche. Il costo è a carico della Regione. Per Carbosulcis (472 dipendenti), è stato presentato dalla Regione un piano di chiusura graduale (fino al 2027) che è da discutere. I lavoratori attendono soluzioni urgenti a vertenze che appaiono infinite. C'è poi lo stato di disagio dei 1.500 dipendenti tra diretti e indiretti che aspettano le decisioni sulla filiera piombo e zinco;
PRESO ATTO che per la Keller - stabilimento a Villacidro - sono arrivati i titoli di coda a seguito del fallimento decretato per l'azienda di carrozze ferroviarie. La fabbrica ha smesso l'attività produttiva da cinque anni per mancanza di liquidità e pesante deficit di cassa, finendo poi in liquidazione giudiziale. I tentativi del commissario liquidatore di trovare acquirenti non sono andati in porto. Nel Medio Campidano hanno così perso il posto di lavoro 276 lavoratori;
VERIFICATO che molte vertenze su Cagliari riguardano aziende a carattere regionale. Su tutte si se¬gnala il caso Abbanoa, azienda controllata dalla Regione. La società che dovrebbe occuparsi dell'acqua, ma che sarebbe in forte crisi sul piano finanziario, mettendo a rischio i dipendenti. Resta in piedi la vertenza Unilever dopo la chiusura della fabbrica di gelati Algida a Cagliari. C'è attesa per i corsi di riqualificazione del personale per ricollocare i lavoratori presso un'azienda specializzata in ascensori. Tra le vertenze aperte quella della Sardinia Green Island i cui lavoratori (84) sono in attesa di un rinnovo della concessione di cassa integrazione in deroga;
ANALIZZATO che nel Nuorese, infine, c'è la debacle del polo tessile: Queen Macomer chiusa, tutti licenziati da tempo ed in attesa di una risoluzione della crisi; FT calze (60 persone in attesa di cassa integrazione da un anno), mentre Lorica sud Ottana (produzione di pelli sintetiche) dichiarata fallita, sta delocalizzando la produzione dalla Sardegna. Consorzio latte di Macomer: confronto aperto con la Regione, ma è in corso la liquidazione di 14 lavoratori. Una devastazione senza fine. Si evidenziano poi le emergenze di Ottana polimeri: 120 dipendenti per la produzione di plastiche per alimenti (proprietà in joint venture fra la multinazionale tailandese Indorama e l'imprenditore Paolo Olivati. Situazione delicata anche per Ottana energia, per via della conflittualità con Terna. In azienda ci sono 120 operatori; diventano ormai inevitabili molti interventi strutturali per scongiurare un altro disastro sociale;
ESAMINATO che nel Sassarese si certifica l'emergenza della centrale termoelettrica della E.On, con 250 dipendenti diretti e altrettanti indiretti. È stato presentato al Ministero il piano per lo smontaggio dei gruppi in modo da effettuare le bonifiche. Un'operazione propedeutica all'investimento e alla costruzione dei nuovi gruppi. Ora ci si appresta a cancellare dalla pianta organica nuovi posti di lavoro, favorendo un precariato incontrollato. Le forze sociali hanno da poco proclamato lo stato di agitazione. Altre situazioni di crisi sono evidenti nell'area industriale di Porto Torres. È il caso della Vinyls, con 88 dipendenti dello stabilimento ormai licenziati. Per cinque anni hanno atteso che l'im¬pianto potesse riprendere l'attività, invece il disimpegno di Ineos ed Eni ha mandato in frantumi le loro speranze. In Gallura l'emergenza lavorativa si è acuita con la vertenza di Meridiana che riguarda da vicino oltre 1.600 dipendenti in mobilità. Una condizione che ha aggravato la crisi dell'industria delle vacanze;
VAGLIATO che è ormai al tracollo anche il comparto legato all'industria agro-alimentare, visto che in pochi sembrano volersi occupare della terra. Le campagne di svuotano giorno dopo giorno e la politica ignora da anni il problema, piuttosto che escogitare piani concreti di investimento nel settore;
OSSERVATO che, in tutto questo scenario, la Sardegna ha raggiunto livelli altissimi sul tasso di di-soccupazione, una delle percentuali più alte d'Italia. Se poi ci si sofferma sulla disoccupazione giovanile, i dati sono ancor più allarmanti: con un giovane su due senza lavoro. Per tale motivo, sempre più giovani abbandonano la Sardegna, preferendo studiare e lavorare altrove;
CONDIVISE le preoccupazioni per la complessa situazione delle vertenze ancora aperte nei diversi territori della Sardegna e portate avanti dai lavoratori (che restano anche senza i necessari sostegni economici) e per il difficile momento che intere aree del Sulcis Iglesiente e del Nuorese stanno attraversando, con il susseguirsi di eventi di forte protesta e disagio sociale, che nel caso di mancate soluzioni alle vertenze potrebbero sfociare in drammatiche manifestazioni di dissenso generalizzato su tutta l'Isola, viste le difficoltà economiche e sociali di migliaia di famiglie;
VISTO che ad oggi si sono susseguiti rinvii su rinvii e non vi sono stati passi avanti credibili per la risoluzione delle annose vertenze del sistema industriale, da troppo tempo rimaste incancrenite ed aggravate dall'inadeguatezza strutturale della Sardegna, che ancora attende un piano per ridurre i gap strutturali che vanno dal costo dell'energia e del gas. Nel frattempo sono stati persi diversi posti di lavoro, con gli indici riguardanti la disoccupazione che si spingono verso l'alto;
CONSTATATO non sufficiente, a giudicare dai fatti, l'impegno della Regione per rilanciare i settori strategici dell'economia isolana e salvaguardare i posti di lavoro dell'industria,
impegna il Presidente della Regione e l'Assessore regionale dell'industria
1) ad elaborare un piano che preveda di far ripartire l'economia della Sardegna, un programma che passi da una maggiore competitività del settore industriale (mediante la riduzione dei costi per le imprese) e dalla ripresa del lavoro degli operai; è necessario però un drastico cambio di prospettiva e su tutta la questione dello sviluppo industriale in Sardegna;
2) a mettere nelle condizioni di poter proseguire l'attività alle aziende che vogliono ristrutturare, riacquistare competitività o per cui investire in Sardegna non è più conveniente, attraverso una pianificazione mirata per i diversi territori;
3) a convocare immediatamente un tavolo di confronto con il Governo, volto ad identificare le criticità della Sardegna, a porre in essere una riconversione industriale e sviscerare le problematiche che determinano una disoccupazione così galoppante;
4) a predisporre in tempi certi soluzioni alle vertenze ormai annose che vanno dal settore del petrolchimico sino al comparto energivoro, minerario ed agro-alimentare, con il riconoscimento di un sostegno certo al reddito ai lavoratori che restano senza un'occupazione stabile e duratura;
5) ad esprimere la dovuta vicinanza ai lavoratori ed alle loro famiglie, anche mediante la convocazione di un tavolo di confronto con le realtà industriali in forte crisi.
Cagliari, 28 aprile 2015