CONSIGLIO REGIONALE DELLA SARDEGNA
XVLegislatura
Mozione n. 346
DESINI - CONGIU - CHERCHI Augusto - MANCA Pier Mario - UNALI - COCCO Pietro - COCCO Daniele Secondo - ZANCHETTA - COMANDINI - DERIU - FORMA - GAIA - LAI - MANCA Gavino - MELONI - PISCEDDA - PIZZUTO - SABATINI - ZEDDA Paolo Flavio sulla necessità di intervenire presso il Governo e il Parlamento affinché si facciano carico dei problemi del sistema penitenziario sardo e sopperiscano alle gravi carenze di organico del personale della polizia penitenziaria e delle altre figure professionali prescritte dalle regole penitenziarie europee, con richiesta di convocazione straordinaria del Consiglio ai sensi dei commi 2 e 3 dell'articolo 54 del Regolamento.
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IL CONSIGLIO REGIONALE
PREMESSO che:
- con la sentenza del 16 luglio 2009 Sulejmanovic c. Italia, la Corte europea dei diritti dell'uomo ha condannato per la prima volta l'Italia per violazione dell'articolo 3 della Carta europea dei diritti dell'uomo (CEDU) per sovraffollamento carcerario, riconoscendo esplicitamente che l'assenza, durante l'esecuzione della pena detentiva, di un adeguato spazio personale integra gli estremi di un trattamento inumano o degradante;
- la Corte ha, infatti, sentenziato che l'articolo 3 CEDU sancisce uno dei valori fondamentali delle società democratiche nel vietare in termini assoluti la tortura e le pene o trattamenti inumani o degradanti, quali che siano i fatti commessi dalla persona interessata, e impone agli stati firmatari di garantire che le condizioni detentive di ogni recluso siano compatibili con il rispetto della dignità umana, che le modalità di esecuzione della pena non sottopongano l'interessato a un disagio o a una prova d'intensità superiore all'inevitabile livello di sofferenza inerente alla detenzione e che la salute e il benessere del detenuto siano adeguatamente assicurate;
- la Corte ha, inoltre, osservato che, se da un lato un'eccessiva sovrappopolazione carceraria pone di per sé un problema sotto il profilo dell'articolo 3 CEDU, anche nei casi in cui la sovrappopolazione non risulta così eccessiva da integrare da sola gli estremi della violazione dell'articolo 3, ai fini della verifica del rispetto di questa disposizione vanno presi in considerazione altri aspetti delle condizioni detentive, secondo le Regole penitenziarie europee adottate dal Comitato dei ministri con la raccomandazione R (2006)2;
- le regole penitenziarie europee del 2006 raccomandano agli Stati aderenti di garantire delle condizioni di detenzione che non portino pregiudizio alla dignità umana e di offrire ai reclusi occupazioni costruttive e una presa in carico che permettano la preparazione al loro reinserimento sociale;
- più in particolare, tali regole chiariscono che la detenzione deve essere gestita in modo da facilitare il reinserimento nella società libera, offrendo un programma di attività equilibrato che consenta a tutti i detenuti di trascorrere giornalmente fuori dalla cella il tempo necessario per garantire un livello sufficiente di contatti umani e sociali e che preveda il regolare svolgimento di attività fisica, di attività lavorativa e di attività ricreative;
- le regole riconoscono che, ai fini della realizzazione di siffatte condizioni detentive, il personale penitenziario svolge una missione fondamentale di servizio pubblico, sicché il suo reclutamento, la formazione e le condizioni di lavoro devono permettergli di fornire un elevato livello di presa in carico dei detenuti, tenuto conto del fatto che i doveri del personale vanno oltre quelli di semplice sorveglianza e devono tener conto della necessità di facilitare il reinserimento sociale dei detenuti dopo la loro scarcerazione, attraverso un programma positivo di presa in carico e di assistenza;
- infine, le regole raccomandano la presenza, nell'ambito del personale, di un numero sufficiente di specialisti quali psichiatri, psicologi, operatori sociali, insegnanti, istruttori di educazione fisica e sportiva;
- a seguito della sentenza sul caso Sulejmanovic, la Corte, investita di centinaia di ricorsi da parte di detenuti italiani, l'8 gennaio 2013 ha pronunciato all'unanimità contro lo Stato italiano la nota sentenza pilota Torreggiani (CEDU, Sez. II, causa Torreggiani e altri c. Italia, ricorsi nn. 43517/09, 46882/09, 55400/09, 57875/09, 61535/09, 35315/10 e 37818/10), riconoscendo che la situazione del sovraffollamento carcerario rappresenta nel nostro Paese un problema sistematico e strutturale e ingiungendo, pertanto, allo Stato di introdurre idonei rimedi entro il termine di un anno dal momento in cui la sentenza fosse divenuta definitiva e sotto la supervisione del Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa;
- l'esigenza di garantire la funzione di recupero e reinserimento sociale della pena e il rispetto della dignità umana e dei diritti fondamentali dei detenuti riveste, indubbiamente, rilevanza non solo internazionale ma anche costituzionale e, successivamente alla pronuncia Torreggiani, le istituzioni nazionali di garanzia della Costituzione (il Presidente della Repubblica nel messaggio alle Camere del 9 ottobre 2013 e la Consulta con la sentenza n. 279 dello stesso anno) hanno ribadito con forza i principi delineati dalla Corte europea;
PRESO ATTO che la sottoposizione all'enhanced supervision del Comitato dei ministri e il termine assegnato per adempiere alla condanna della Corte hanno spinto il Governo e il Parlamento italiani a intervenire a più riprese e con misure diversificate al fine di ridurre il fenomeno del sovraffollamento carcerario, quali il decreto legge 1° luglio 2013, n. 78 (Disposizioni urgenti in materia di esecuzione della pena), il decreto legge 23 dicembre 2013, n. 146 (Misure urgenti in tema di tutela dei diritti fondamentali dei detenuti e di riduzione controllata della popolazione carceraria), la legge delega 28 aprile 2014, n. 67 (Deleghe al Governo in materia di pene detentive non carcerarie e di riforma del sistema sanzionatorio. Disposizioni in materia di sospensione del procedimento con messa alla prova e nei confronti degli irreperibili) e il decreto legge 26 giugno 2014, n. 92 (Disposizioni urgenti in materia di rimedi risarcitori in favore dei detenuti e degli internati che hanno subito un trattamento in violazione dell'articolo 3 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, nonché di modifiche al codice di procedura penale e alle disposizioni di attuazione, all'ordinamento del Corpo di polizia penitenziaria e all'ordinamento penitenziario, anche minorile);
RILEVATO, tuttavia, che se è vero che gli sforzi normativi delle istituzioni italiane hanno indotto il Comitato dei ministri, dapprima a concedere allo Stato un ulteriore anno di tempo dalla sentenza Torreggiani per consolidare il proprio piano d'azione e, con la risoluzione dell'8 marzo 2016, a chiudere la procedura di esecuzione della pronuncia stessa e il relativo monitoraggio, appare incontestabile che, a tutt'oggi, in Italia il problema del sovraffollamento carcerario e delle condizioni di vita dei detenuti appaia ben lontano dall'essere definitivamente superato;
CONSIDERATO che:
- quanto rilevato appare particolarmente e tristemente evidente nelle carceri sarde, che oggi ospitano complessivamente 2.308 detenuti;
- infatti, nell'ultimo anno le persone recluse nelle strutture detentive della Sardegna sono aumentate almeno di 221 unità mentre i posti letto risultano, per vari motivi, diminuiti;
- negli istituti di Cagliari-Uta si contano circa 620 ristretti per 561 posti letto (tanto che nel carcere di Uta in quasi tutte le sezioni si è reso necessario collocare nelle celle una quarta branda), a Sassari-Bancali 504 ristretti per 454 posti letto, a Lanusei 42 ristretti per 33 posti letto, a Oristano-Massama 273 ristretti per 260 posti letto e a Tempio 171 ristretti per 167 posti letto;
- all'evidente problema della sovrappopolazione carceraria si aggiunge il fatto che negli istituti di Sassari e Nuoro sono presenti numerosi detenuti in regime di 41 bis e di alta sicurezza;
- in particolare, nel carcere di Bancali sono presenti ben novanta detenuti sottoposti al 41 bis e addirittura venticinque detenuti sottoposti al regime particolare di sorveglianza per i presunti legami con le organizzazioni terroristiche di matrice jihadista;
- ciò significa che a Bancali si trova oltre la metà dei detenuti nelle carceri italiane per delitti connessi al terrorismo internazionale, tra i più pericolosi, se si pensa che un detenuto rientra nei primi trenta superjihadisti della black list stilata dal Presidente Obama;
- il carcere di Bancali è monitorato per le attività di proselitismo di alcuni soggetti collegati a organizzazioni islamiche estremiste e il fatto che vengano limitati i contatti tra i detenuti sospettati di attività di proselitismo e gli altri musulmani ivi ristretti costituisce un elemento suscettibile di accrescere la tensione nell'ambiente carcerario;
CONSIDERATO, inoltre, che:
- alla descritta condizione di sovraffollamento carcerario corrisponde una cronica carenza di organico della polizia penitenziaria; infatti, complessivamente, la pianta organica della polizia penitenziaria in Sardegna prevede circa 1.800 unità, mentre oggi la polizia penitenziaria conta soltanto 1.100 unità ed è quindi fortemente sottodimensionata;
- solo all'istituto di Bancali occorrerebbero almeno altri 150 agenti oltre a quelli attualmente in servizio: l'istituto, infatti, dovrebbe avere in servizio 415 poliziotti, ma al 15 dicembre 2016, secondo i dati del Provveditorato della Sardegna, figuravano soltanto 243 poliziotti e risultavano assenti per malattia 38 unità;
- inoltre, come recentemente evidenziato dalla stampa, a Bancali almeno una cinquantina di agenti penitenziari nell'ultimo anno hanno dovuto assentarsi per malattia per motivi variamente imputabili a stress lavoro correlato;
- analoghe carenze si riscontrano, da tempo, nelle altre strutture, dato che nel carcere di Oristano sono presenti circa 140 poliziotti su 210 previsti, a Tempio Pausania circa 90 su 158, a Badu 'e Carros la carenza di organico è approssimativamente del 35 per cento;
ATTESO che:
- in presenza di simili carenze di organico e contestualmente di un grave sovraffollamento carcerario, risulta estremamente difficile poter garantire le attività trattamentali ai detenuti, e perciò la maggior parte di essi trascorre quasi tutto il giorno in camera detentiva, data la limitata possibilità di accedere alle attività sportive, lavorative e ricreative, con negative e pericolose conseguenze soprattutto in presenza di disturbi psichici e dipendenze da alcool o sostanze stupefacenti;
- da un recente studio che ha coinvolto sei regioni italiane sui bisogni di salute di 16.000 detenuti (1/3 della popolazione penitenziaria) è risultato che il problema del disagio mentale è molto rilevante e affligge oltre il 40 per cento dei reclusi e che per assicurare un sistema integrato di prevenzione e promuovere piani di intervento sul disagio e la prevenzione del suicidio negli istituti penitenziari è necessario incrementare le risorse umane ivi operanti e promuovere il coordinamento tra le diverse figure professionali;
- il 4 febbraio 2016 è stata adottata la circolare GDAP 042087 "Misure di prevenzione dei suicidi delle persone detenute" che, tra le altre cose, evidenzia proprio la necessità di un coordinamento tra le figure professionali operanti a contatto con i detenuti;
- nonostante gli studi, i gruppi di lavoro e le circolari più recenti abbiamo riconosciuto l'importanza fondamentale della presenza negli istituti penitenziari di figure professionali specializzate nella gestione dei disagi psichici, oltre alla carenza di organico degli agenti penitenziari si rileva, tuttora, la mancanza di un numero adeguato di educatori e altre figure specialistiche prescritte dalle regole penitenziarie europee;
- tale situazione accresce progressivamente e inesorabilmente la tensione presente nelle carceri sarde e ne mortifica la funzione riabilitativa;
- non è un caso, infatti, che i dati recenti siano estremamente allarmanti, se si considera che solo a Uta nel 2016, secondo quanto riferito dall'Associazione Socialismo, diritti e riforme, si sono verificati ben 61 tentativi di suicidio, di cui due riusciti, 29 risse, 11 feriti e 133 episodi di autolesionismo e che negli ultimi mesi si assista a un'escalation di disordini e violenze all'interno dell'istituto; solo per citare alcuni esempi: il 10 marzo 2017 un recluso ha tentato il suicidio per poi aggredire gli agenti intervenuti per salvarlo; nella stessa giornata, un detenuto ha ingoiato una lametta e tentato di aggredire un agente; pochi giorni dopo è stato aggredito un medico; a maggio un detenuto si è tolto la vita; alla fine di luglio si è verificato un altro tentativo di suicidio; il 18 agosto un recluso ha appiccato un incendio; il 19 agosto è esplosa una rissa tra detenuti, con allagamento di un'intera sezione; il 21 agosto è scoppiata una rivolta sfociata in barricate nel braccio "Cagliari" e uso di idranti per sedarla; inoltre, ad aprile 2017 nel carcere di Badu 'e carros un detenuto appartenente alla criminalità organizzata ha aggredito un agente; nel carcere di Bancali tra maggio e giugno si sono verificati un suicidio e un tentato suicidio;
RILEVATO che:
- tale situazione è stata ripetutamente denunciata dai sindacati della polizia penitenziaria che sono arrivati a rivolgere i loro appelli, rimasti finora inascoltati, anche alla Commissione parlamentare antimafia e, lo scorso luglio, al Presidente della Regione;
- nel 2017 è stato proclamato ripetutamente lo stato di agitazione della polizia penitenziaria, in particolare a marzo e a giugno, allorquando a Sassari e a Isili le direzioni hanno richiesto turni di servizio di otto ore nonostante la gravissima carenza di organico;
- di contro, il Governo non sembra intenzionato a occuparsi seriamente del problema, dato il taglio dell'organico penitenziario imputabile alla cosiddetta legge Madia e il recente piano ministeriale di assunzioni assolutamente inadeguato rispetto alle reali esigenze delle carceri italiane;
RITENUTO urgente e non ulteriormente procrastinabile, alla luce delle argomentazioni esposte, addivenire a una soluzione dei gravissimi problemi che affliggono gli istituti penitenziari sardi, da tempo abbandonati dalle istituzioni nazionali e che tali istituzioni abbiano il dovere di garantire agli istituti sardi le risorse umane necessarie ad assicurare l'ordine e la sicurezza al loro interno e l'effettiva programmazione e realizzazione di idonee attività finalizzate al reinserimento sociale dei reclusi,
impegna il Presidente della Regione e la Giunta regionale
a farsi parte attiva presso il Governo e il Parlamento affinché si facciano seriamente carico dei problemi del sistema penitenziario sardo e, sopperendo alle ormai croniche carenze di organico del personale della polizia penitenziaria e delle altre figure professionali prescritte dalle regole penitenziarie europee, garantiscano agli istituti presenti nel territorio regionale le risorse umane necessarie ad assicurare l'ordine e la sicurezza al loro interno e l'effettiva programmazione e realizzazione di idonee attività finalizzate al reinserimento sociale dei reclusi.
Cagliari, 6 settembre 2017