Mozione n. 69/22

BERRIA - SCANO - MARTEDDU - BALIA - DETTORI Bruno- BONESU sullo spopolamento dei comuni della Sardegna.


Il Consiglio regionale

considerato che:
- lo spopolamento di tanti comuni della Sardegna è un problema di indubbia gravità, non ancora affrontato con sufficiente consapevolezza;

- la questione è stata vista in termini parziali, come se riguardasse solo alcune comunità ritenute senza futuro nella coscienza collettiva;

- su 375 paesi sardi, negli anni che vanno dal 1961 al 1971 ben 150 perdono il 20 per cento della popolazione, 90 il 30 per cento, 50 il 40 per cento, e quindi nella nostra Regione intere comunità sono a rischio di sopravvivenza;

- le province più colpite risultano quelle di Oristano, Nuoro e Sassari e che nella provincia di Cagliari il fenomeno colpisce zone come il Sarrabus-Gerrei, la Marmilla e la Trexenta;

- gli unici agglomerati che fanno registrare una controtendenza sono quelli costieri: infatti aumenta la popolazione nei centri economici e amministrativi, in particolare nei due grandi agglomerati intorno a Sassari, e in quelli intorno all'area metropolitana Cagliari;

rilevato che:
- gli effetti del processo di inurbamento verso le città produce uno spopolamento progressivo delle campagne, e che i comuni della Sardegna sono ulteriormente penalizzati dallo Stato, in particolare per quanto riguarda servizi essenziali quali la sanità e la scuola;

- in città, al contrario, i servizi non sono più in grado di soddisfare la domanda, e si determina un generale scadimento della qualità della vita;

- occorre concretamente negli atti politici e amministrativi dello Stato e della Regione, porsi l'obiettivo di un riequilibrio capace di superare il divario tra città e campagna;

- indicativa può ritenersi l'esperienza di altre regioni dove, anche grazie al sistema telematico, si organizza una condizione di vita che privilegia le piccole comunità collegate tra loro da infrastrutture moderne e avanzate;

- non solo c'è il rischio di lasciare intere zone collinari e montane abbandonate dall'uomo, ma esiste il pericolo di un vero e proprio disastro antropologico;

- possono scomparire decine di dialetti che nei secoli hanno contribuito a rendere ricca e varia la lingua sarda, e ne fanno le spese le piccole culture;

- l'intera vasta e complessa tematica concernente lo spopolamento della campagna non ha trovato nella Amministrazione regionale, e quindi agli effetti legislativi, la necessaria attenzione;

- occorre un'azione collegiale della Regione e del sistema delle autonomie, in quanto anche il destino della città dipende da una soluzione equilibrata del rilancio dei centri interni sotto la minaccia dell'estinzione per lo spopolamento;

- va affrontata in primissima istanza, nei comuni minacciati da disastro antropologico, la questione dei servizi essenziali: sanità, scuola, assistenza, collegamenti;

- un riequilibrio può avere effetti positivi anche nell'occupazione, oggi legata essenzialmente al terziario delle città e a quanto permane della grande industria, mentre rimane lettera morta quella precisa istanza della legge di rinascita, sancita dall'articolo 13 dello Statuto Speciale, relativa alla riforma agraria;

- tra l'altro, la presenza di comunità più caratterizzate avrebbe effetti positivi anche sulla cultura e sulla tutela delle risorse ambientali;

- già si procede in questa direzione, come dimostrano le iniziative in varie zone per individuare risorse territoriali e poter dare risposte utili;

- problemi dello spopolamento non si affrontano solo con strumenti di ingegneria istituzionale, ma con una politica economica, sociale e culturale all'altezza dei tempi;

- il fenomeno dello spopolamento di tanti comuni della Sardegna va studiato nella sua complessità, onde arrivare a soluzioni ritenute idonee, in primo luogo dagli studiosi,

impegna la Giunta regionale
1) alla predisposizione di un rapporto da sottoporre entro sei mesi al Consiglio regionale su squilibrio territoriale, spopolamento e congestione urbana;

2) a rinegoziare con il Governo i parametri di riferimento delle politiche nazionali che prevedono il riordino dello stato sociale e quindi i settori della scuola, della sanità, della assistenza, delle amministrazioni pubbliche;

3) ad elaborare un programma di recupero del patrimonio urbano dei centri in fase di spopolamento;

4) ad avviare la discussione sulla nuova legislazione per la montagna e sul riordino degli Enti Locali e il nuovo assetto delle aree urbane;

5) a inserire questi comuni nei programmi regionali che attengono alle materie legate allo sviluppo economico, sociale, civile e culturale.

Cagliari, 31 gennaio 1996