CONSIGLIO REGIONALE DELLA SARDEGNA
XV LEGISLATURA

Mozione n. 260

MOZIONE SATTA - LEDDA - TATTI - TRUZZU - MANCA Pier Mario - SOLINAS Christian - FLORIS - OPPI - RUBIU - UNALI - GAIA - ZANCHETTA - PERRA - MELONI - PINNA Giuseppino - CHERCHI Augusto - CONGIU - TUNIS - ORRÚ - RANDAZZO - COCCO Daniele Secondo sulla grave situazione che sta attraversando il settore lattiero-caseario e il sistema delle cooperative casearie per la mancata vendita delle giacenze, con richiesta di convocazione straordinaria del Consiglio ai sensi dei commi 2 e 3 dell'articolo 54 del Regolamento.

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IL CONSIGLIO REGIONALE

PREMESSO che:
- l'espressione di generalizzato malcontento è giunta, peraltro, all'apice di un periodo di crisi del comparto lattiero-caseario ovino che, per portata e durata nel tempo, ha pochi precedenti nella storia recente;
- per avere una percezione quanto meno approssimata della reale rilevanza del deterioramento delle condizioni degli allevamenti e del mercato dei prodotti ovini non è sufficiente richiamare alcuni parametri economici, siano pur essi altamente significativi;
- non basta, infatti, ricordare che gli allevamenti di capi ovi-caprini della Sardegna rappresentano più del 40 per cento del patrimonio nazionale, né è sufficiente evidenziare che l'allevamento di questa specie riguarda poco meno di 13mila imprese zootecniche;
- allo stesso modo, non si può dar pieno conto dell'attività pastorale isolana limitandosi a considerarne la diffusa e capillare presenza nel territorio, nelle aree interne di montagna come in comprensori irrigui di pianura, e il contributo, di poco inferiore al 25 per cento, da essa apportato alla formazione del fatturato agricolo regionale;

CONSIDERATO che:
- l'allevamento ovino è per la Sardegna molto di più; il suo profondo radicamento nella società sarda ha origini antiche e deriva dal succedersi di condizioni storiche, istituzionali e di mercato che ne hanno favorito la persistenza, in alcune epoche, e lo sviluppo, in altre, al punto da permettergli di condizionare in maniera determinante i valori identitari del popolo sardo, e di partecipare nel contempo alla definizione dei connotati tipici del paesaggio rurale dell'interno; in altri termini, uno scenario nel quale l'attività pastorale venisse collocata ai margini dell'economia e della società della Sardegna appare quanto meno sconvolgente, proprio per la forte valenza culturale, ambientale ed economica che essa ha da sempre assunto;
- prima ancora di cercare di venire a capo dei fattori che possono collocarsi all'origine della crisi del comparto, occorre soffermarsi brevemente sugli aspetti strutturali che caratterizzano il comparto ovino da latte;
- per quel che riguarda gli allevamenti, occorre rilevare la persistenza di accentuate condizioni di polverizzazione, denunciate dalle dimensioni medie del gregge, accettabili solo per aziende che non ricorrono alla mungitura meccanica, grazie alla quale una sola unità lavorativa è in grado di governare un carico di bestiame decisamente superiore, e dall'elevata incidenza delle imprese con meno di 100 capi, circa 25 per cento;
- tali dimensioni appaiono minime, in considerazione del fatto che, pur essendosi evoluto negli ultimi tempi attraverso il ricorso alla produzione aziendale di risorse foraggere e all'integrazione del piano alimentare degli armenti con consistenti impieghi di mangimi, nonché con la meccanizzazione della mungitura e la refrigerazione del latte prodotto, il sistema di allevamento prevalente continua però a fondarsi essenzialmente sull'apporto delle risorse pascolive secondo i canoni di un regime che può definirsi estensivo o, tutt'al più, semi-estensivo;
- la razza allevata è quella sarda, specializzata nella produzione di latte, per la quale è stata promossa, da parte delle aziende del comparto, una significativa azione di selezione e miglioramento, supportata tra l'altro dalla realizzazione di un libro genealogico;
- gli allevamenti sardi producono circa 350mila tonnellate di latte, destinato integralmente alla caseificazione, e 30mila tonnellate di carne; trascurabile può, invece, ritenersi il valore della lana;
- la carne, prodotta congiuntamente al latte, trova collocazione sul mercato prevalentemente come agnello da latte, macellato a circa un mese di vita;
- tale offerta risulta concentrata in corrispondenza delle festività natalizie e, in misura minore, pasquali, in occasione delle quali il prodotto riesce a spuntare quotazioni accettabili;
- al di fuori di queste finestre stagionali, la carne di agnello non appare sufficientemente apprezzata, nonostante possa fruire dell'IGP "Agnello di Sardegna";
- irrisorio risulta, peraltro, il valore attribuito alla carne di individui adulti;
- la scarsa valorizzazione del prodotto congiunto carne si ripercuote sull'entità dei costi di produzione del latte, prodotto principale che, secondo le anticipazioni degli operatori del settore, ammonterà quest'anno a circa 0,60 euro per litro;
- in simili condizioni gestionali, fortemente condizionate dal recente aumento dei prezzi di alcuni importanti mezzi di produzione correnti, come mangimi, carburanti e fertilizzanti, appare compito arduo per gli allevatori riuscire a coprire tali oneri con la vendita di un prodotto, il latte, che si prevede sarà quotato a 60 centesimi per litro dalle industrie casearie sarde, e ciò nonostante l'importante apporto delle provvidenze comunitarie, quali il pagamento unico aziendale, l'indennità compensativa per le imprese che operano in zone svantaggiate e l'indennità per il benessere animale prevista dal PSR Sardegna, di cui si avvale gran parte degli imprenditori isolani e che, sempre secondo le medesime rilevazioni sul campo in merito all'entità dei costi di produzione del latte, incidono nel complesso mediamente per il 30 per cento alla formazione della produzione vendibile;
- il latte prodotto dalle aziende pastorali viene integralmente destinato alla caseificazione, di cui si occupano in piccolissima parte gli stessi allevatori per promuoverne la vendita diretta, ma che in grande prevalenza è curata da circa 60-70 imprese industriali private e cooperative;
- la struttura del segmento trasformativo del comparto appare fortemente polarizzata: accanto a 5-6 industrie e organizzazioni che controllano una quota consistente dei circa 600mila quintali di prodotti caseari mediamente ottenuti ogni anno, persiste infatti una molteplicità di piccole imprese, le cui scelte sono evidentemente condizionate da quelle dei concorrenti leader, con alcuni dei quali intessono talvolta relazioni di subalternità attraverso la cessione di parte o tutta la propria produzione casearia;
- in Sardegna si producono tre formaggi ovini che si fregiano della Denominazione di origine protetta: si tratta del Pecorino romano, formaggio di antica tradizione la cui produzione venne introdotta in Sardegna agli inizi del '900 a cura di alcuni industriali laziali e che attualmente viene realizzato nell'isola per il 95 per cento del volume complessivo, del Pecorino sardo e del Fiore sardo;
- tenuto conto che buona parte dei formaggi semicotti, la cui produzione si attesta mediamente sui 120-150mila quintali l'anno, e di Fiore sardo, che oscillano ampiamente intorno ai 15mila quintali, non si avvale della marchiatura DOP, a testimonianza di un diffuso scetticismo, non del tutto ingiustificato nei confronti dei concreti benefici prodotti da questo metodo di caratterizzazione dell'offerta casearia;
- il panorama produttivo del sistema caseario ovino è caratterizzato, da un lato, dalla presenza di un formaggio, il Pecorino romano, che risulta omogeneo sul piano merceologico e che viene venduto lungo pochi e consolidati canali commerciali, mentre dall'altro si rileva un'offerta di prodotti relativamente eterogenea sia in termini di qualità sia riguardo alle soluzioni distributive;
- in considerazione di ciò, appare del tutto evidente la rilevanza del ruolo assunto dal Pecorino romano nel determinare gli assetti e le prospettive dell'intero sistema agro-industriale;
- la produzione di Pecorino romano è per il 60 per cento destinata all'esportazione all'estero, in buona parte (70-80 per cento) negli USA, dove viene impiegato in prevalenza per la preparazione di miscele di formaggi grattugiati da impiegare nella preparazione di condimenti, salse e piatti pronti nelle industrie alimentari e nella ristorazione;
- dalle fortune di questo formaggio nei mercati americani dipendono dunque la valutazione della materia prima da trasformare, il latte ovino, e di conseguenza le sorti dei produttori di tale merce, gli allevatori;

RILEVATO che:
- il peso preminente del Pecorino romano (PR) sul resto dell'offerta casearia regionale e le dinamiche del mercato americano di tale formaggio, sono tra le concause della crisi che stanno attraversando le aziende del comparto, la cui origine risiede, per l'appunto, nella prolungata e pesante congiuntura negativa attraversata da questo prodotto sulle piazze USA;
- la manifestazione principale di tale congiuntura è costituita dal drastico calo delle importazioni facenti capo alla categoria merceologica cui appartiene il pecorino romano negli USA;
- all'origine del minor import USA vi è senza dubbio la non buona evoluzione della domanda interna di formaggi, ancor più determinante è stata tuttavia la forte concorrenza esercitata dai prodotti locali americani di origine vaccina; è, infatti, accaduto che le ricorrenti crisi di prezzo registratesi sul mercato americano del latte bovino hanno finito per ridurre la convenienza relativa al suo utilizzo nel canale del latte alimentare;
- molti operatori hanno perciò ritenuto utile non destinare il latte vaccino al tradizionale circuito del fresco, per avviarlo invece verso quello, al momento più remunerativo, della fabbricazione di formaggi;
- ne è risultata una cospicua crescita della produzione casearia che però non è riuscita a trovare piena collocazione sul mercato per via dello scarso dinamismo dei consumi di cui si è detto;

DATO ATTO che:
- la situazione del mercato interno americano ha finito per riflettersi sulle remunerazioni accordate ai prodotti acquistati dall'estero, sia quelli generici che quelli riferibili a tipologie simili al Pecorino romano, hanno evidenziato una repentina e cospicua flessione, ben presto trasferitasi ai prezzi medi del pecorino romano importato dall'Italia;
- le ricadute sulle imprese pastorali e sull'intero computo lattiero-caseario della Sardegna sono state immediate e gravi; in proposito è sufficiente ricordare il drastico calo del prezzo corrisposto per un chilogrammo di Pecorino romano che ha comportato un vertiginoso aumento dei quantitativi di formaggio invenduto; situazione che si ripercuote a sua volta sul prezzo pagato agli allevatori, che come detto quest'anno si prevede che per ogni litro di latte conferito alla trasformazione raggiunga a stento i 60 centesimi di euro, vale a dire una quotazione che non solo risulta più bassa, rispetto alle annate precedenti, ma che appare ragionevolmente inadeguata a garantire una remunerazione appena soddisfacente ai fattori impiegati nel processo produttivo zootecnico;
- a tale ultimo riguardo è bene ricordare che uno studio recente ha quantificato i costi di produzione del latte ovino su livelli non inferiori agli 80 centesimi di euro per litro;

DATO ATTO, inoltre, che nell'ultimo biennio le condizioni favorevoli del mercato hanno innescato un aumento incontrollato della produzione che ha avuto come conseguenza, un eccesso incontrollato dell'offerta che ha portato all'attuale condizione di sofferenza del sistema delle cooperative e delle aziende minori che si trovano nell'impossibilità di mettere sul mercato a prezzi congrui le attuali giacenze;

CONSIDERATO che l'attuale situazione sta mettendo in crisi sopratutto le piccole realtà produttive e il sistema delle cooperative che, non riuscendo a mettere sul mercato a prezzi vantaggiosi il prodotto, si vedono obbligati a mantenere le giacenze con l'imminente spettro del fallimento e conseguenze negative dal punto di vista occupazionale;

RILEVATO che:
- la crisi del settore della trasformazione del prodotto si ripercuote inesorabilmente sul settore primario della produzione del latte ovino, con conseguenze ancora più drammatiche sia occupazionali, ma sopratutto economico-sociali;
- l'importanza che il comparto agro-pastorale assume per l'intera economia della Sardegna, che affonda le proprie radici in tempi lontani e che sono il baluardo dell'identità stessa della Sardegna e del suo popolo;

RILEVATO che da più parti si leva il grido di dolore e di sdegno di un intero comparto produttivo, quello agro-pastorale, ridotto ormai alla canna del gas da una crisi economica senza precedenti e che rischia di mandare in frantumi il lavoro di intere generazioni;

PRESO ATTO della grave situazione che verrebbe a crearsi, anche in termini di tenuta economico-sociale, qualora l'aggravarsi della crisi del settore lattiero-caseario e agro-pastorale portasse al collasso l'intero sistema produttivo;

RILEVATO che la consapevolezza di tale crisi che sta attraversando l'intero comparto produttivo legato anche al mondo agro-pastorale dell'isola deve guidare i decisori politici verso scelte di alto profilo, che dovranno essere adottate tenendo altresì conto che, l'allevamento ovino, in maniera diretta e attraverso le attività (trasformazione, assistenza tecnica, servizi finanziari e commerciali) che tuttora è in grado di attivare, riveste per la Sardegna una valenza non solo economica ma anche sociale, culturale e ambientale;

RITENUTA l'opportunità, da parte della politica, di un intervento volto a scongiurare in anticipo contestazioni e manifestazioni di protesta frutto della tangibile tensione socio-economica che sta interessando tutti gli operatori del comparto e, soprattutto, le popolazioni agro-pastorali della Sardegna;

RITENUTA, pertanto, la necessità e l'urgenza di un intervento da parte della Giunta regionale per contrastare la grave crisi che sta attraversando tutto il settore lattiero-caseario e tutto il comparto ovi-caprino e zootecnico dell'isola,

impegna il Presidente della Regione e la Giunta regionale

1) a riferire in Aula sulle proprie intenzioni in merito alla problematica denunciata;
2) a valutare la necessità di un intervento immediato per scongiurare la crisi e il conseguente fallimento di numerose aziende e cooperative del settore lattiero-caseario e del comparto ovi-caprino e zootecnico dell'isola;
3) ad attuare soluzioni a lungo termine che pongano rimedio alla ormai annosa crisi del comparto ovi-caprino e lattiero-caseario dell'isola.

Cagliari, 28 settembre 2016