CONSIGLIO REGIONALE DELLA SARDEGNA
XV LEGISLATURA

Mozione n. 112/8

MOZIONE BUSIA - DESINI - ARBAU - AZARA - LEDDA - PERRA - CHERCHI Augusto - USULA - ZEDDA Paolo Flavio - COCCO Daniele Secondo - AGUS - SALE - COZZOLINO - DERIU - MORICONI - PINNA Rossella - TENDAS sulla richiesta di adempimento degli obblighi del Governo, sulla necessità di rispettare gli interessi pubblici di cui è portatrice la Regione autonoma della Sardegna e sulla richiesta di immediata assunzione di misure in merito alle questioni irrisolte riguardanti il territorio sardo, con richiesta di convocazione straordinaria del Consiglio ai sensi dei commi 2 e 3 dell'articolo 54 del Regolamento.

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IL CONSIGLIO REGIONALE

PREMESSO che:
- dai dati emersi dalla rilevazione SVIMEZ 2014 (Associazione per lo sviluppo dell'industria nel Mezzogiorno), continua a registrarsi, nella Regione, una tendenza fortemente negativa che si riassume con i seguenti dati: diminuzione del PIL rispetto all'anno 2013 pari al 4,4 per cento, tasso di natalità inferiore di due punti percentuale rispetto al tasso di mortalità, ripresa delle emigrazioni con un saldo migratorio (-1,2 per cento), occupazione diminuita del 7,3 per cento nel biennio 2012- 2013, tasso di disoccupazione ufficiale pari al 17,5 per cento con tasso di disoccupazione giovanile (giovani con meno di 24 anni) pari al 54 per cento, un aumento della percentuale di laureati emigrati (21,6 per cento), percentuale di famiglie povere pari al 24,8 per cento, saldo fortemente negativo nell'immediato, ma con una pesante tendenziale conferma per quel che concerne il numero di cessazioni di imprese, procedure fallimentari e aziende avviate alla liquidazione;
- i dati suindicati, comuni peraltro alle regioni del centro sud dell'Italia, si inseriscono in una realtà già gravemente pregiudicata dalla mancata risoluzione di vertenze aperte da troppo tempo con lo Stato italiano e non ancora risolte;
- la situazione in cui versa la Regione è anche il frutto della mancanza, in passato, di una strategia e di un'idea di Sardegna;
- le responsabilità della classe dirigente sarda non possono però nascondere le colpe dello Stato italiano nella gestione e risoluzione di questioni centrali per l'economia isolana.

CONSIDERATE le seguenti vertenze:
- vertenza entrate: a fronte del riconoscimento statutario di quote di compartecipazione alle entrate erariali spettanti alla Sardegna, persistono tuttora difformità di interpretazione in merito ad alcuni tributi erariali e residua un debito statale da saldare nei confronti della Regione, ancora più insopportabile in un momento di forti tagli alla spesa pubblica e tenuto conto che la Sardegna è l'unica Regione che attuerà il pareggio di bilancio contribuendo al debito dello Stato per oltre 570 milioni di euro - anni 2013-2014. Lo Stato, su questo punto, è inadempiente e sarebbe necessario trovare urgentemente una soluzione condivisa che detti criteri certi di suddivisione delle quote e determini un maggior rafforzamento del ruolo della Regione per risolvere, anche per il futuro, la vertenza;
- vertenza servitù militari: in Sardegna oltre 30.000 ettari di territorio sono di proprietà dello Stato e sono impegnati dal Demanio militare, 13.000 ettari sono gravati da servitù militari, oltre 80 km di costa non sono accessibili ad alcuna attività produttiva, sono dislocati 3 poligoni di tiro (Capo Teulada, Capo Frasca e Salto di Quirra); i poligoni di Capo Teulada e Perdasdefogu sono i più vasti d'Europa, in essi si articola l'attività esercitativa, addestrativa e sperimentale più intensa di tutta Italia. La necessità di una riduzione della presenza militare nell'Isola è ormai stata riconosciuta in tutte le sedi. Il Consiglio regionale, con ordine del giorno n. 9 del 17 giugno 2014, ha impegnato la Giunta regionale a chiedere, tra gli altri punti, un riequilibrio in termini di compensazione economica rispetto ai danni ambientali, sanitari ed economici subiti nel corso degli anni a causa del gravame militare nell'isola e la progressiva diminuzione delle aree soggette a vincoli militari e la dismissione dei poligoni. Tuttavia, anche su questo tema, il Governo appare arroccato sulle sue posizioni, ritenendo prevalenti i supremi interessi nazionali rispetto agli interessi del territorio;
- Isola di Santo Stefano, rinnovo servitù militare: il Ministro della difesa Roberta Pinotti ha imposto, unilateralmente, per altri 5 anni i vincoli su Santo Stefano. Il Presidente Pigliaru ha presentato ricorso contro l'imposizione della servitù militare su Guardia del Moro alla Maddalena e chiesto al Consiglio dei ministri un riesame del decreto impositivo della servitù, ma resta il dato di fatto: nonostante la Regione, attraverso il suo Consiglio regionale e la sua popolazione, siano apertamente contro le servitù militari, nonostante il mancato rinnovo della servitù nei tempi consentiti e nonostante il contenzioso in atto con il Comune di La Maddalena, il Governo è andato avanti unilateralmente, anteponendo ancora una volta i supremi interessi della "difesa nazionale" alle esigenze dei territori. La procedura della reimposizione sarebbe, dal punto di vista amministrativo, improponibile in quanto lesiva dei principi di sussidiarietà e leale collaborazione introdotti dalla modifica del titolo V della Costituzione. Anche il TAR della Sardegna, con una pronuncia del 2012, ha stabilito che l'interesse alla Difesa non è superiore all'interesse della comunità locale, definendo entrambi di massimo rilievo e di natura sensibile e ricordando che " le servitù hanno carattere temporaneo proprio perché legate all'esigenza di valutare e rivalutare le situazioni, tenendo conto dei cambiamenti che vive il territorio su cui sono calate'';
- vertenza ambiente - bonifiche La Maddalena: lo Stato italiano non ha adempiuto ai propri impegni in occasione del G8 della Maddalena, privando dapprima l'Isola della possibilità di una vetrina a livello internazionale trasferendo d'ufficio il meeting in altra Regione e, successivamente, non adempiendo agli obblighi di bonifica del territorio - impedendo conseguentemente la realizzazione dell'accordo del 2009 con imprese private (di recente, a causa di tale inadempimento la Protezione civile è stata condannata a pagare alla società aggiudicatrice circa 36 milioni di euro). Attualmente, pertanto, le acque che dovevano essere bonificate risultano ancora inquinate e le strutture costruite in stato di abbandono. In generale, il tema dell'ambiente è uno di quelli maggiormente colpiti dall'incuria statale in quanto sono diversi i siti inquinati che dovrebbero essere oggetto di attenzione da parte del governo italiano, anche attraverso un serio progetto di grandi bonifiche - si pensi anche alle aree del Sulcis, di Porto Torres e di Ottana;
- costruzione impianti e stoccaggio di scorie nucleari: nonostante il risultato del referendum consultivo del 2011, caratterizzato da un tasso di affluenza altissimo (il 97 per cento dei sardi votanti ha detto no al nucleare in Sardegna), considerati il sacrificio attuale in termini di sfruttamento da parte dello Stato italiano del territorio sardo (questione servitù militari), l'ordine del giorno n. 6 del 28 maggio 2014 del Consiglio regionale e la vocazione turistica dell'isola, il Governo non ha mai preso una posizione netta tale da escludere la Sardegna dal novero delle regioni in cui è possibile lo stoccaggio delle scorie nucleari e anche di recente - la decisione è attesa per gennaio 2015 - si è riparlato della Sardegna come possibile sede del deposito unico nazionale, nell'operazione di selezione delle aree possibili per ospitare il sito unico, portata avanti dalla Sogin (Società gestione impianti nucleari);
- trivellazioni Arborea - decreto sblocca Italia: l'articolo 38 del decreto legge n. 133 del 2014, rubricato "Misure per la valorizzazione delle risorse energetiche nazionali", ha tolto di fatto agli enti locali, non solo sardi, il potere di veto su ricerca di petrolio e trivellazioni, trasferendo la competenza delle valutazioni di impatto ambientale su attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi e di stoccaggio sotterraneo di gas naturale dalla Regione allo Stato. In Sardegna, l'effetto della norma si avrà sulla zona di Arborea, interessata dal cosiddetto Progetto Eleonora, rispetto al quale gran parte della popolazione è contraria. In un'area di eccezionale interesse naturalistico, a forte vocazione agricola, si vorrebbe autorizzare la trivellazione per la ricerca di giacimenti di gas naturale;
- le carceri e il trasferimento dei detenuti sottoposti al regime dell'articolo 41 bis della legge sull'ordinamento penitenziario: la Sardegna, con la difficoltà di visite per i familiari e le vie di fuga limitate dal mare, è sempre stata la destinazione ideale per il trasferimento dei detenuti pericolosi. Tale idea si è rafforzata con il pacchetto sicurezza del 2009 che vede le isole come territorio preferibile per scontare la pena detentiva, con le dichiarazioni dell'ex Ministro della giustizia Severino che confermava gli istituti di Sassari e Cagliari come idonei alla detenzione dei soggetti sottoposti al cosiddetto carcere duro e, infine, con i primi trasferimenti avvenuti nel corso dell'anno. Lo scenario è che la Sardegna sarà caratterizzata dal più alto rapporto tra detenuti e popolazione residente: 2.700 posti detentivi su un milione e seicentomila abitanti (per centomila sardi, a celle piene, ci saranno 168 detenuti, mentre nel resto del Paese post piano carceri la quota si fermerà a 97 (dati tratti da un'inchiesta del quotidiano Repubblica). Tuttavia, per riempire le quattro nuove carceri sarde moltissimi detenuti saranno trasferiti dalla Penisola, in contrasto con il principio della territorializzazione della pena sancita dall'ordinamento penitenziario, e quindi di un'espiazione giusta. Ancora una volta, gli interessi nazionali prevalgono sugli interessi del territorio e ancora una volta un nuovo peso si aggiunge a quelli già presenti sul territorio sardo;
- alluvione del 18 novembre 2013: lo Stato deve rispettare i propri impegni anche su tale versante tenuto conto che, a oggi, si registrano ritardi nei tempi e nelle entità dei risarcimenti dovuti. Spiace, peraltro, constatare una diversità di trattamento rispetto ad altre regioni che purtroppo hanno dovuto affrontare la stessa problematica, ad esempio, in Emilia Romagna lo Stato è intervenuto con il decreto legge n. 74 del 2014 recante disposizioni urgenti per l'Emilia Romagna. A fronte della catastrofe che ha colpito duramente il territorio sardo (19 morti, 2.700 sfollati e circa 700 milioni di danni) lo stesso Presidente della Regione ha pubblicamente ricordato che lo Stato non ha praticamente dato nulla alla causa sarda e che mancherebbero all'appello circa 474 milioni di euro; di recente la Commissione bilancio della Camera non ha approvato un emendamento presentato dall'On. Pili che prevedeva l'esclusione dal patto di stabilità di tutti gli stanziamenti per opere e interventi legati all'evento alluvionale del 18 novembre scorso, compresi i fondi avuti dai comuni in beneficenza, disposizione fondamentale se si considera che, a esempio, il sindaco di Olbia, pur avendo a disposizione 50 milioni, non può far partire alcuna opera per via dei limiti del patto di stabilità;
- concessioni di utilizzo delle centrali idroelettriche: in Sardegna la produzione di energia dall'uso idroelettrico è piuttosto diffusa e si concentra sui bacini dei fiumi principali, con modeste attività in alcune altre piccole centrali periferiche. La Regione, con legge regionale n. 19 del 2006 è subentrata nella titolarità delle concessioni inerenti l'utilizzo dell'acqua, ma la procedura di subentro non è stata completata per gli invasi sfruttati dall'Enel per uso idroelettrico. L'Enel continua a gestire impropriamente le centrali, confidando sull'applicazione del decreto legislativo n. 79 del 1999 che ha prorogato le concessioni fino al 2029. Le parti sembrerebbero vicine a un accordo per la gestione comune delle acque per evitare un contenzioso dovuto, ancora una volta, a una contraddizione, almeno lamentata da una delle parti, tra una legge statale e regionale. Occorre che lo Stato, anche su questo punto riconosca i torti subiti fino a oggi dalla Regione.
- vertenza energia - riconoscimento del regime di essenzialità: la Regione per soddisfare esigenze non proprie sta diventando una grande piattaforma di produzione di energia attraverso la costruzione di enormi impianti fotovoltaici, di enormi impianti eolici, lo scavo di pozzi marini per la ricerca del gas naturale. Ferme restando le responsabilità regionali per la mancanza di un piano energetico, la questione del costo dell'energia resta un problema irrisolto, trascurato che compromette pesantemente lo sviluppo economico dell'Isola. Sul punto spicca la questione del riconoscimento del regime di essenzialità per gli impianti di produzione sardi, in particolare per quello di Ottana: infatti, la Regione è in attesa della proroga anche per il 2015 e del parere dell'Autorità per l'energia e il gas. Il riconoscimento dell'essenzialità è fondamentale per permettere ai gestori delle centrali sarde di vedersi riconosciuti da Terna i costi di produzione dell'energia e garantire pertanto alle imprese sarde di poter fruire di prezzi dell'energia più bassi. Questo avviene in un contesto segnato dalla mancata metanizzazione e da costi per energia altissimi; occorre, infatti, ricordare, che la Sardegna è l'unica regione a non avere il metano (a seguito anche dell'uscita dal progetto Galsi, società sostenuta oltre che dalla Regione anche da Enel ed Edison) e che l'energia ha il costo più elevato d'Italia, 15 per cento in più, Paese peraltro in cui l'energia ha già un costo maggiore rispetto al resto d'Europa;
- vertenza trasporti: la mobilità è un diritto ancora non pienamente riconosciuto alla nostra Regione. Il diritto alla mobilità, riconosciuto dall'articolo 16 della Costituzione, deve essere inteso come garanzia per ogni cittadino di potersi muovere liberamente, indipendentemente dalla realtà geografica nella quale vive; la continuità territoriale deve eliminare gli svantaggi delle aree del Paese dovute a distanze o insularità. L'articolo 53 dello Statuto sardo dispone che la Regione sia rappresentata nella elaborazione delle tariffe ferroviarie e nella regolamentazione dei servizi nazionali di comunicazione e trasporti terrestri, marittimi ed aerei che possano direttamente interessarla. Fino a oggi, invece, anche su questo punto si deve registrare un atteggiamento poco rispettoso delle competenze regionali tanto che la Corte Costituzionale, in materia di trasporto marittimo, ha riconosciuto recentemente fondato il ricorso proposto dalla Regione volto al riconoscimento del diritto a una partecipazione effettiva al procedimento in materia di trasporto marittimo. Occorre, inoltre, vigilare, per evitare, come accaduto in passato, la creazione di pericolosi monopoli nei trasporti marittimi (si deve registrare il caso recente di una pericolosa scalata da parte del gruppo Moby all'interno della società CIN). Si deve, inoltre, ricordare che la Regione, a seguito dell'accordo stipulato con lo Stato, nel 2006 si è accollata interamente le spese sul trasporto pubblico locale che in altre regioni sono finanziate attraverso compartecipazioni a tributi erariali. La Provincia di Nuoro, insieme a quella di Matera, è l'unica provincia italiana non servita dalla linea principale a scartamento ordinario delle Ferrovie di Stato essendo coperta solo da un tratto a scartamento ridotto, gestito attualmente dall'Arst, società pubblica regionale e non rientrando nel novero delle grandi opere infrastrutturali dello Stato;
- vertenza lavoro: in questa materia le responsabilità non sono solo politiche in quanto è evidente che la produzione industriale rientra in un contesto di mercato e di competitività; sul punto, tuttavia, occorre ricordare l'assenza di una strategia nazionale industriale e il fatto che la chiusura di molti stabilimenti è la conseguenza degli alti costi di produzione (per tutti si cita il caso del silo industriale di Portovesme, uno dei più grandi poli di metallurgia non ferrosa, gestito fino a poco tempo fa da società private come Alcoa, leader mondiale nella produzione di alluminio, la quale ha comunicato la chiusura dello stabilimento sardo nel 2012);
- vertenza Meridiana: a oggi la soluzione positiva della vertenza appare ancora lontana e pertanto il rischio del licenziamento per i circa 1600 dipendenti del gruppo Meridiana (di cui fanno parte oltre la compagnia aerea anche Meridiana Maintenance, società di manutenzione, Geasar Spa, società di gestione dell'aeroporto di Olbia) è sempre più alto; anche in questo caso l'atteggiamento del Governo italiano è apparso diverso da quello tenuto in situazioni analoghe; di fronte a un atteggiamento così irresponsabile del management (che ricordiamo continua ad assumere nell'ambito di un'altra controllata, Air Italy), il Governo potrebbe assumere un atteggiamento più duro, ad esempio si è suggerito già in altre sedi di rivedere o almeno minacciare di rivedere le concessioni sulle tratte aeree date a Meridiana o le concessioni sulle gestioni aeroportuali alle società partecipate anche da Meridiana.
- agricoltura, nuovo ciclo di refresh: anche in questo settore non sono state tenute in debita considerazione le specificità sarde, comuni peraltro anche ad altre regioni. AGEA, ente nazionale, incurante delle procedure stabilite e validate precedentemente, con un atteggiamento vessatorio verso le peculiarità della nostra agricoltura ha dato indicazioni operative ai suoi tecnici rilevatori per una riclassificazione che ha comportato per la Sardegna e per le altre regioni interessate dalla "Macchia Mediterranea'', la perdita di migliaia di ettari di superficie, 280.000 ettari circa di superficie coltivabile e finanziabile precedentemente riconosciuti, con la conseguenza che in tantissime domande presentate a valere sul PSR e sulla PAC oggi sono riscontrabili gravi anomalie particellari e, di conseguenza, il rischio reale che centinaia o migliaia di operatori del settore debbano restituire somme già percepite. Si è richiesto già al Governo, sia con mozione parlamentare che con mozione consiliare, un intervento presso l'organismo pagatore AGEA affinché sospenda gli effetti del nuovo ciclo di refresh evitando in particolare iscrizioni massive nella banca dati debitori di aziende che invece presentano titoli e requisiti per l'accesso ai premi comunitari;
- dimensionamento scolastico: il decreto legge n. 98 del 2011 ha fissato l'obbligo di fusione degli istituti comprensivi delle scuole dell'infanzia, elementari e medie con meno di 1.000 alunni, ridotti a 500 per le istituzioni site nelle piccole isole, nei comuni montani, nelle aree geografiche caratterizzate da specificità linguistiche; tale provvedimento ha causato la cancellazione in Italia di oltre 1.700 scuole, è stato dichiarato "costituzionalmente illegittimo" dalla Consulta con la sentenza 147 del 2012 e censurato dai tribunali che si stanno pronunciando in senso negativo contro la legge. Occorre, tuttavia, in questa sede rilevare come la legge non solo contrasta con ogni criterio didattico-pedagogico comportando la creazione di istituti scolastici abnormi, di difficile gestione e governabilità, ma che ha effetti ancora più negativi nel nostro territorio, costringendo a gravosi spostamenti intere famiglie e rappresentando un ulteriore deterrente alla prosecuzione del cammino scolastico degli studenti sardi;
- chiusura di presidi dello Stato: a fronte degli oneri e delle servitù gravanti sul territorio sardo, lo Stato italiano continua a dismettere presidi importanti per il territorio (caserme, uffici dei giudici di pace, Tribunali, uffici della motorizzazione civile, presidi di polizia), proponendo accorpamenti che ancora una volta non tengono conto delle specificità del territorio isolano, costituito da aree con scarsa densità di popolazione e da collegamenti molto spesso difficili.
- "attentato" alla specialità sarda: l'emendamento presentato di recente al disegno di legge di riforma costituzionale in discussione alla Camera con il quale si è chiesta la cancellazione della specialità sarda rappresenta la degna conclusione del comportamento fin qui tenuto dallo Stato italiano nei confronti della Regione, che di fatto non ha mai visto riconosciuta pienamente tale specialità. La riproposizione odierna delle tante vertenze in atto e la presa d'atto della contrapposizione degli interessi dimostra, al contrario, la validità delle ragioni che ieri e ancora oggi giustificano la specialità sarda, della quale comunque i sardi stessi devono essere maggiormente e responsabilmente all'altezza;

RILEVATO che:
- gran parte delle problematiche parzialmente illustrate dimostra la sussistenza di interessi pubblici spesso diversi e contrapposti;
- la persistente prevalenza dell'interesse nazionale rispetto a quello territoriale segna profondamente il modo di essere di una Regione e in taluni casi rischia di decretare la fine della sua vocazione naturale, turistica e culturale;
- sussiste pertanto una ''specificità" Sardegna che deve essere affrontata autonomamente e inserita con urgenza nell'Agenda dei lavori dal Governo italiano in modo tale da risolvere definitivamente problematiche che durano da troppo tempo, anche attraverso un ripensamento delle attuali competenze;

TENUTO CONTO che:
- nelle vertenze richiamate lo Stato non ha mostrato la sensibilità dovuta agli interessi territoriali e non ha contribuito a superare le criticità esistenti, lasciando di fatto irrisolte le grandi questioni in cui è coinvolta la Regione e violando in taluni casi il principio della leale collaborazione tra enti;
- con l'intervento in oggetto non si pretende un'attenzione diversa in termini di maggiore trasferimento di risorse rispetto ad altre regioni (fatte salve quelle legittimamente dovute e quelle collegate intrinsecamente alla condizione di insularità), ma un'attenzione "particolare" in termini di assunzione delle proprie responsabilità e di riconoscimento delle specificità della realtà e delle problematiche della Sardegna;
- la pendenza delle questioni suindicate compromette la possibilità di ripensare un nuovo modello di Regione, valorizzare le vocazioni principali, orientare e programmare conseguentemente la spesa,

impegna il Presidente della Regione

1) a pretendere dal Governo il rispetto dei propri obblighi, il rispetto degli interessi pubblici di cui è portatrice la Regione autonoma della Sardegna e l'immediata assunzione delle proprie responsabilità;
2) a inserire nell'agenda di lavoro del Governo la questione Sardegna, anche attraverso l'istituzione di un tavolo di lavoro congiunto per l'esame urgente delle vertenze ancora aperte e per definire, in particolare, tutte le iniziative utili a garantire la loro risoluzione in tempi certi.

Cagliari, 23 gennaio 2015

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La presente mozione è stata approvata dal Consiglio regionale nella seduta pomeridiana del 16 giugno 2015.