CONSIGLIO REGIONALE DELLA SARDEGNA
XVLegislatura
Mozione n. 303
ZEDDA Paolo Flavio - LAI - PIZZUTO - COCCO Daniele Secondo - GAIA - ZANCHETTA - SOLINAS Christian - CARTA - PERRA - BUSIA sull'immediato avvio delle procedure per la riscrittura organica di una nuova Carta fondamentale per la Sardegna.
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IL CONSIGLIO REGIONALE
RILEVATO che:
- l'opzione sull'ordinamento regionalista italiano scaturito dal dibattito in seno all'Assemblea costituente e poi trasfusa nel titolo V della Costituzione, pur prevedendo le regioni quali organismi in grado di elaborare e attuare un indirizzo politico anche divergente da quello condotto a livello centrale in funzione del pluralismo politico-istituzionale, realizzò una soluzione intermedia di compromesso che mitigò la struttura delle relazioni centro-periferia connaturata agli stati federali rispetto a quella dello stato tipicamente accentrato, creando, in sostanza, un "ibrido regionalista" ben sintetizzato dal principio espresso dall'articolo 5 della Costituzione della "Repubblica una e indivisibile";
- tale opzione fu accompagnata dall'adozione di un regime regionale asimmetrico sorto per note vicende internazionali, storiche, economiche e geografiche in virtù della previsione di cui all'articolo 116 della Costituzione, in forza del quale alla Sardegna, oltre che alle altre 4 regioni differenziate, venivano "(...) attribuite forme e condizioni particolari di autonomia", sottraendo queste al regime delineato dal titolo V e affidandone la relativa disciplina agli Statuti speciali adottati con legge costituzionale;
- inoltre, se da un lato l'istituzione delle regioni ordinarie fu realmente compiuta non senza ulteriori criticità soltanto a partire dagli anni Settanta, il rapporto tra specialità e struttura centrale fu da subito improntato alla contrapposizione istituzionale in conseguenza sia del particolare procedimento previsto per l'adozione delle norme di attuazione degli statuti, che lasciavano all'amministrazione centrale un controllo comunque pervasivo, sia per le note tecniche erosive dell'autonomia speciale operate dalla Corte costituzionale, che tra l'altro avrebbero irrimediabilmente condizionato gli sviluppi successivi;
- d'altra parte, il modello regionalistico si evolse in direzione di una nuova fase dai contorni paradossali caratterizzata da un nuovo protagonismo delle regioni di diritto comune con il conseguente declassamento di quelle a statuto speciale che, da principali artefici del sistema regionale italiano, si videro costrette ad inseguire sul terreno dell'acquisizione di nuove attribuzioni;
- tale fase vide un primo riconoscimento formale con la legge costituzionali 22 novembre 1999, n. 1 (Disposizioni concernenti l'elezione diretta del Presidente della Giunta regionale e l'autonomia statutaria delle Regioni) che attribuiva alla regioni ordinarie una sorta di "potere statuente" per mezzo di una riserva assegnata dal nuovo articolo 123 della Costituzione alla fonte regionale e relativa alla determinazione, tra l'altro, della "forma di governo" e dei "principi fondamentali di organizzazione e funzionamento", disciplina ancora una volta in contrasto con quanto previsto per le regioni a statuto speciale in considerazione del carattere "ottriato" e rigido dei relativi statuti anche nelle parti relativi alle medesime materie (per la Sardegna, articolo 54, quinto comma, dello Statuto speciale allora vigente); tale contrasto sarà superato con legge costituzionale 31 gennaio 2001, n. 2 (Disposizioni concernenti l'elezione diretta dei presidenti delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e di Bolzano) che avrebbe riprodotto con qualche modifica la disciplina prevista dall'articolo 123 anche per le regioni a statuto speciale, decostituzionalizzandone la relativa disciplina;
- in questo quadro di complessivo arretramento delle regioni a statuto speciale, si sarebbe inserita la riforma complessiva del titolo V della Costituzione del 2001 che avrebbe ridisegnato le categorie del diritto regionale, i rapporti tra gli enti costitutivi della Repubblica e rovesciato l'enumerazione delle competenze legislative, con il riconoscimento alle regioni della competenza residuale-generale e attribuzione allo Stato di competenze in ambiti tassativamente enunciati dalla Costituzione, nonché con l'ulteriore possibilità di accesso ad una sorta di timida "specialità diffusa" in virtù della previsione di cui al terzo comma del novellato articolo 116 unita al radicale superamento del sistema dei controlli sugli atti regionali;
- tuttavia, a fronte della conferma di forme e condizioni particolare di autonomia, la Sardegna e le altre regioni differenziate si videro costrette ad una improbabile coesistenza con il nuovo assetto che garantiva una competenza legislativa generale alle regioni ordinarie, diversamente dalla tecnica dell'enumerazione in positivo delineata dai rispettivi statuti, per tacere del superamento del principio di parallelismo tra funzione legislativa e amministrativa fondato dal nuovo articolo 118 sul principio di sussidiarietà, coesistenza assicurata soltanto sul piano formale dalla disciplina transitoria prevista dall'articolo 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001 secondo la quale "Sino all'adeguamento dei rispettivi statuti, le disposizioni della presente legge costituzionale si applicano anche alle regioni a statuto speciale ed alle province autonome di Trento e di Bolzano per le parti in cui prevedono forme di autonomia più ampie rispetto a quelle già attribuite";
- d'altronde, se da un lato alcuni istituti del nuovo titolo V fecero il loro ingresso negli Statuti speciali mediati dall'attivazione di tale clausola, le tecniche interpretative operate della giurisprudenza costituzionale, per esempio quelle relativi al "divieto di disarticolazione delle materie", avrebbe ancora una volta frustrato l'esigenza di differenziazione delle regioni a statuto speciali rispetto a quelle di diritto comune nella ricerca di nuove e più ampie forme di autonomia;
PREMESSO che:
- per quanto riguarda specificamente la Sardegna, la fase inaugurata all'indomani dell'approvazione della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 (Statuto speciale per la Sardegna), la cui approvazione nei principi fondamentali ha indubbiamente risentito delle note vicende riferibili al contesto storico-politico contingente, è considerata storicamente conclusa dalla stragrande maggioranza delle forze politiche e sociali della Sardegna;
- tale fase, pur dotando la Sardegna di istituzioni e governo autonomi, ha fortemente limitato, anche per evidenti responsabilità della classe dirigente locale, nonché per i noti limiti inerenti i rapporti con lo Stato regolati dallo Statuto, uno sviluppo politico, sociale ed economico armonioso e rispettoso delle vocazioni dei sardi e dei singoli territori;
- dopo circa settant'anni di autonomia restano ancora al giorno d'oggi irrisolte molte delle questioni che frustrano in maniera dirompente le aspirazioni a condizioni di vita dignitose per una parte consistente dei sardi e che riguardano aspetti fondamentali per lo sviluppo della vita delle persone e delle comunità, quali quelle relative, in particolare, al diritto al lavoro, alla salvaguardia e allo sviluppo del proprio patrimonio linguistico, storico e culturale, alle grandi scelte sulla destinazione e sull'utilizzo del proprio territorio, gravato ancora da un imponente occupazione di strutture militari e dalle drammatiche eredità della polarizzazione industriale, all'equilibrio nei rapporti tra centri urbani e zone interne e al diritto di ripensare un modello di sviluppo incentrato sul protagonismo delle nuove generazioni, dei territori e delle comunità e non dipendente dall'esterno;
- la conclusione della fase autonomistica coincide con una sempre maggiora coscienza, maturata in seno alla stragrande maggioranza del popolo sardo, relativa all'elaborazione di una nuova concezione della specialità sarda che da un lato superi la visione "economicista" sottesa ad alcune parti dello Statuto e, dall'altro, sappia interpretare e rafforzare la peculiare posizione linguistica, storica, culturale e geografica dell'Isola;
- tale nuova consapevolezza, certamente maturata anche grazie all'esperienza dell'autonomia, si traduce, sia sul piano giuridico-formale che su quello storico-politico, nell'esigenza di un nuovo patto costituzionale con lo Stato e nella conseguente improcrastinabilità di una riscrittura organica della Carta fondamentale della Sardegna che si sostanzi - ferma la riserva a favore della legge regionale statutaria per quello che concerne la successiva specificazione dell'ordinamento - sui seguenti principi fondamentali:
a) nel riconoscimento del carattere nazionale della comunità sarda e della soggettività politico-istituzionale del popolo sardo rispetto a quello italiano e nel suo diritto all'autodeterminazione;
b) nella definizione della posizione costituzionale della Sardegna, sia per quanto riguarda lo stato italiano, sia per quanto riguarda un ruolo diretto della Sardegna nella comunità europea e nei confronti dei popoli del mediterraneo, e nel corrispettivo diritto a ripensare le relazioni interne con soluzioni istituzionali altamente democratiche e rappresentative in grado di declinare adeguatamente le specificità storico-geografiche dell'Isola nella direzione di una accentuazione del federalismo interno a fini di riequilibro territoriale e di garanzia statutaria relativa all'accesso alle prestazioni sociali in condizioni di uguaglianza dei cittadini sardi;
c) nel riconoscimento della grande tradizione politica democratica della Sardegna che sappia interpretare nella contemporaneità i diritti civili, sociali, economici e politici sanciti dal diritto costituzionale e dal diritto internazionale nella direzione della creazione di un ambiente normativo utile al miglioramento delle condizioni concrete della vita delle persone e dei lavoratori, in un contesto di eguaglianza, di coesione e giustizia sociale e che, allo stesso tempo, funga da indirizzo programmatico per il legislatore ordinario sardo;
d) nell'assunzione piena di responsabilità inerente il proprio patrimonio linguistico e culturale e, in particolare, nel riconoscimento della coufficialità della lingua sarda e delle altre lingue proprie della Sardegna rispetto alla lingua italiana e, conseguentemente, nella loro introduzione capillare nel sistema educativo;
e) nel diritto all'elaborazione autonoma di un nuovo modello di sviluppo incentrato sull'espansione delle prerogative statutarie in materia di relazioni internazionali e immigrazione, finanza e mobilità, ambiente, paesaggio e beni culturali, energia, sistema educativo e universitario e in grado di guidare il dinamismo delle nuove generazioni e delle forze sociali ed economiche verso una crescita sostenibile, diffusa e rispettosa delle grandi vocazioni delle comunità e dei territori;
CONSIDERATO che:
- il dibattito sulla riscrittura dello statuto e su una nuova concezione della specialità sarda è in corso da anni con esiti maturi e confortanti sia per quanto concerne il profilo politico-culturale che quello strettamente giuridico;
- il Consiglio regionale della Sardegna ha dato nel corso del tempo il proprio contributo al dibattito in corso, anche con numerose iniziative di carattere istituzionale tra le quali occorre richiamare, a titolo non esaustivo, la dichiarazione di sovranità del popolo sulla Sardegna approvata il 24 febbraio 1999, la proposta di legge nazionale 31 luglio 2001, n. 5 (Procedure di adozione del nuovo Statuto speciale per la Sardegna mediante istituzione dell'Assemblea Costituente sarda) e la legge regionale 23 maggio 2006, n. 7 (Istituzione, attribuzioni e disciplina della Consulta per il nuovo statuto di autonomia e sovranità del popolo sardo) e, da ultimo, la risoluzione n. 3 "Sul percorso delle riforme" approvata da questo Consiglio in data 23 luglio 2014;
- più recentemente, nelle ultime elezioni regionali le forze che si richiamano esplicitamente al principio di autodeterminazione dei sardi quale valore irrinunciabile e improcrastinabile per il futuro della Sardegna rappresentavano circa il 30 per cento dei suffragi;
- lo stesso popolo sardo ha reiteratamente espresso il proprio consenso alla riscrittura di un nuovo Statuto che ridisegni i rapporti tra Sardegna e Stato in senso fortemente federalista, consenso ribadito in occasione della consultazione referendaria del 2012 nel quale il referendum n. 6 "Siete voi favorevoli alla riscrittura dello Statuto della Regione autonoma della Sardegna da parte di un'assemblea costituente eletta a suffragio universale da tutti i cittadini sardi?" ha ottenuto il 94,42 per cento di risposte affermative da parte degli elettori;
- in occasione della recente consultazione referendaria ex articolo 138 della Costituzione inerente il referendum popolare confermativo della legge costituzione recante "Disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del CNEL e la revisione del titolo V della parte II della Costituzione", la Sardegna è risultata la regione d'Italia con la più alta percentuale dei no (72.22 per cento) e ha clamorosamente e in modo inequivocabile respinto una riforma costituzionale considerata fortemente lesiva dell'autonomia speciale della Sardegna
DATO ATTO che nelle regioni che dispongono di forme e condizioni particolari di autonomia ai sensi dell'articolo 116 della Costituzione sono state avviate recentemente iniziative istituzionali volte ad individuare percorsi e procedure finalizzati alla riforma costituzionale dei propri statuti speciali, e in particolare:
- la Provincia autonoma di Trento ha approvato la legge provinciale 2 febbraio 2016, n. 1 (Istituzione della Consulta per lo Statuto speciale per il Trentino - Alto Adige/Südtirol), con la dichiarata finalità di avviare "(...) un ampio processo di partecipazione della società civile trentina per favorire il coinvolgimento dei cittadini e delle parti sociali nella definizione dei contenuti di riforma dello Statuto speciale, anche in relazione ai processi di riforma costituzionale in corso";
- la Provincia autonoma di Bolzano, con legge provinciale 23 aprile, 2015. n. 3 (Istituzione di una Convenzione per la riforma dello Statuto di autonomia del Trentino-Alto Adige) al fine di garantire un'ampia partecipazione della società civile altoatesina alla riforma dello Statuto di autonomia e con il compito precipuo di "(...) esaminare una bozza riguardante, sia gli adeguamenti istituzionali sia le necessarie integrazioni allo Statuto di autonomia, di discuterla e presentarla al Consiglio della Provincia autonoma di Bolzano".
- la Regione Friuli Venenzia Giulia, dopo aver trasmesso ai due rami del Parlamento nel corso della XV legislatura la proposta di legge costituzionale approvata dal Consiglio regionale in data 01/02/2005, concernente "Statuto speciale della Regione Friuli Venezia Giulia / Regjon Friûl Vignesie Julie/Dežela Furlanija Julijska Krajina / Region Friaul Julish Venetien", ha istituito nel corso del 2015 in seno alla V Commissione permanente del Consiglio regionale la Sottocommissione "Autonomia speciale della Regione e riforme costituzionali" con la finalità, tra le altre, di valutare le iniziative politiche opportune per valorizzare l'autonomia speciale del Friuli Venezia Giulia nel nuovo scenario istituzionale;
- nel corso dell'attuale legislatura, la Regione Sicilia ha istituito la Commissione speciale per lo Stauto con il compito di esaminare i disegni di legge in materia di revisione dello Statuto della Regione, procedere ad una verifica delle disposizioni statutarie rimaste inattuate ed elaborare una proposta organica di nuovo Statuto;
RICHIAMATA la mozione n. 241 "sulle ricadute negative per la Sardegna a seguito dell'eventuale approvazione della riforma costituzionale licenziata del Parlamento in vista del referendum ex articolo 138 della Costituzione, nonché sull'improcrastinabilità della riscrittura dello Statuto sardo", sottoscritta trasversalmente da numerose forze politiche in data 6 luglio 2016 e inopinatamente non discussa in sede consiliare, anche per il vasto eco e consenso avuto tra le forze non rappresentate a livello istituzionale;
RICHIAMATO altresì l'articolo 54 dello Statuto speciale per la Sardegna, così come modificato dall'articolo 3 della legge costituzionale n. 2 del 2001, che dispone le modalità di revisione del medesimo statuto mediante il procedimento stabilito dall'articolo 138 della Costituzione, con le seguenti specificazioni di aggravamento:
1) il Consiglio regionale della Sardegna e il popolo sardo, con almeno ventimila elettori, sono titolari dell'iniziativa costituzionale statutaria;
2) i progetti di revisione di iniziativa parlamentare o governativa sono sottoposti al parere obbligatorio del Consiglio regionale;
3) la Regione, per mezzo del suo Presidente, può indire un referendum consultivo su progetti modificativi governative o parlamentari che siano stati approvati in sede di prima deliberazione da una delle due Camere e sul quale il Consiglio regionale si sia espresso in senso negativo;
4) le modifiche dello Statuto approvate con il succitato procedimento non sono comunque sottoposte a referendum nazionale;
DATO ATTO che, per quanto concerne i profili procedurali, non si ravvisano particolari limiti alla discrezionalità regionale relativa, tra l'altro, all'istituzione di forme accentuate di partecipazione popolare finalizzate all'elaborazione della proposta costituzionale statutaria,
impegna le forze politiche rappresentate in Consiglio regionale
1) a istituire, ai sensi dell'articolo 53 del regolamento interno del Consiglio, una Commissione speciale con il compito:
a) di redigere, entro sessanta giorni dall'approvazione della presente mozione, una proposta per l'istituzione di una assemblea costituente largamente rappresentativa delle realtà politiche, sociali, economiche e culturali della Sardegna;
b) di redigere, in stretta coordinamento con l'Assemblea costituente di cui alla lettera a), entro il termine di dodici mesi dalla data di approvazione della presente mozione, una proposta di revisione organica dello Statuto che sostanzi il proprio nucleo fondamentali nei principi enunciati in premessa da presentare all'esame e all'approvazione dell'Aula nell'ambito della procedura di revisione statutaria ai sensi dell'articolo 54 dello Statuto speciale;
2) nell'ambito delle attività di cui al punto 1), a intraprendere tutte le opportune iniziative e a utilizzare tutti gli strumenti istituzionali a disposizione del Consiglio al fine di promuovere la più ampia partecipazione in sede decisionale della società sarda, ivi comprese le forze politiche escluse dalla rappresentanza istituzionale in virtù della legge elettorale vigente, e di avvalersi di contributi tecnici altamente qualificati ai sensi dell'articolo 42 dello Statuto speciale.
Cagliari, 26 aprile 2017