CONSIGLIO REGIONALE DELLA SARDEGNA
XV LEGISLATURAPROPOSTA DI LEGGE N. 91
presentata dai Consiglieri regionali
ARBAU - LAI - FORMA - LEDDA - AZARA - PERRAil 5 agosto 2014
Mamma sostenuta, informata ed accogliente. Disposizioni a favore della maternità
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RELAZIONE DEI PROPONENTI
Una regione con pochi bambini non può essere una regione felice. Né produttiva. Non può avere aspirazioni, non può pensare di crescere e migliorarsi, non può sognare.
Una regione con pochi bambini vede i comuni più piccoli morire. In Sardegna l'83,3 per cento dei comuni conta meno di 5.000 abitanti, che in totale accolgono poco più del 32 per cento dei residenti. Dove non ci sono bambini chiudono le scuole, e piano piano scompaiono tutti gli altri servizi.
Al contrario, ogni bambino che nasce è sinonimo di economia che si muove, di consumi e servizi che aumentano.
La Sardegna è fra le regioni con il più basso tasso di natalità d'Italia.
Dal 1991 a oggi l'Isola ha avuto una crescita demografica pressoché pari a zero, con un indice di vecchiaia al 164,1 per cento (laddove la media nazionale è del 148,7 per cento).
Gli ultimi decenni sono stati caratterizzati da un notevole invecchiamento della popolazione sarda, con le maggiori perdite nella fascia di età 15-39 anni e l'unica crescita della popolazione 0-5 anni è registrata nel nord dell'Isola, dove è più consistente la presenza di immigrati.
La Sardegna non è in controtendenza con il resto del mondo: si stima infatti che nel 2030 un italiano su tre avrà più di 65 anni, e che nel 2050 oltre due miliardi di persone (il 22 per cento del totale) sarà ultrasessantenne.
Ciò non toglie che la Sardegna debba aspirare a non spopolarsi e soprattutto a non invecchiare ulteriormente, per non andare incontro a un futuro improduttivo e a un carico sociale talmente pesante da mettere a rischio la sostenibilità dei sistemi pensionistici e sanitari.
Perché le donne italiane fanno pochi figli? E perché le donne sarde ne fanno ancora di meno? La risposta riguarda una serie di problematiche relative alle tutele e a numerosi indispensabili servizi mancanti, senza i quali le donne contemporanee hanno grandissime difficoltà ad affrontare una gravidanza e una maternità.
Questi ostacoli riguardano principalmente il mondo del lavoro, il sistema previdenziale e tutto l'insieme di servizi post-nascita che dovrebbero essere garantiti per permettere alle donne lavoratrici di coniugare i propri impegni con la maternità.
Essere madri, invece, oggi sembra più un privilegio per le poche titolari di contratti a tempo indeterminato o per chi gode di una robusta struttura familiare alle spalle che sopperisca alle mancanze di un welfare adeguato ai tempi. E spesso la donna che ha un posto di lavoro, lo lascia quando diventa madre, perché sovente l'essere madre non si concilia con l'essere lavoratrice: in Italia, le famiglie con donne "breadwinner", ovvero quelle in cui la donna è l'unica ad essere occupata, sono il 12,2 per cento le famiglie con breadwinner uomo sono il 26,5 per cento; del resto, è un meccanismo inevitabile: le donne "sono ancora troppo spesso costrette a uscire dal mercato del lavoro in occasione della nascita dei figli". Cosi il presidente facente funzione dell'Istat, Antonio Golini, nella relazione al rapporto annuale. La quota di madri che non lavora più a due anni di distanza dalla nascita dei figli è passata al 22,3 per cento nel 2012 dal 18,4 per cento del 2005.
La seguente proposta, pur consapevole delle enormi difficoltà a reperire risorse nel bilancio regionale, vuole avviare un percorso di riavvicinamento del lavoro alla maternità meno garantita, con l'intenzione di provare a disegnare un'Isola in cui essere madri non sia più un privilegio, ma un diritto, e in cui i bambini siano considerati una opportunità di crescita sociale ed economica.
La prima considerazione riguarda le trasformazioni del mercato del lavoro negli ultimi vent'anni e la conseguente insufficienza delle tutele conquistate all'interno dei contratti di lavoro stabili e tradizionali: purtroppo la maggior parte della popolazione in età fertile lavora all'interno di un variegatissimo sistema contrattuale che va dai Co.co.co alle prestazioni occasionali ai contratti a progetto, per non parlare delle partite IVA o "finte partite IVA". Questi lavoratori, in particolare queste lavoratrici, convivono con contratti di lavoro non continuativi, cambiano spesso committente, versano i propri contributi a casse previdenziali differenti a seconda della mansione e alle gestioni separate delle casse tradizionali.
Quando queste donne decidono di diventare madri si apre davanti a loro un abisso di contraddizioni, scarsità di informazioni, mancanza di tutele.
Tutta la legislazione sulla maternità, infatti, è stata costruita per le lavoratrici dipendenti e a tempo indeterminato.
In Italia il 43 per cento delle donne con età inferiore ai 40 anni (ma ben il 55 per cento di quelle con meno di 30) se decide di avere un figlio non accede alla maternità con tutti i diritti previsti dalla legge.
Spesso il lavoro discontinuo e intermittente non garantisce loro di maturare i contributi necessari presso le casse separate. Spesso, svolgendo due o più lavori e si ritrovano i contributi versati in casse diverse, con grandi difficoltà ad effettuare i conteggi. Questo significa che in molti casi, queste lavoratrici, non hanno diritto all'indennità di maternità o hanno diritto a somme ridicole. Non solo: non esistono per loro i permessi per l'allattamento né i congedi parentali.
Si parla di una fetta di lavoratrici consistente, destinata nel tempo a crescere sempre di più, man mano che i contratti tradizionali spariranno.
È di vitale importanza che lo Stato ripensi il welfare sulla base del nuovo mondo del lavoro, senza più ignorarlo ma, nel frattempo, pensiamo che le regioni possano fare qualcosa, e in particolare la Sardegna potrebbe distinguersi in un progetto sperimentale che sia da esempio per il resto d'Italia.
La presente proposta di legge prevede, all'articolo 1, l'istituzione di un'indennità di maternità "regionale" da corrispondere alle donne lavoratrici che dimostrino di non averne diritto attraverso il sistema previdenziale nonostante il versamento dei contributi.
All'articolo 2 sono previsti incentivi al servizio educativo in contesto domiciliare denominato "mamma accogliente", in modo che le mamme che tornano a lavorare abbiano la possibilità di avere il bambino sempre vicino, con la possibilità di praticare l'allattamento al seno per tutto il tempo che ritengono necessario e secondo i ritmi e le esigenze del bambino stesso, e non dei permessi lavorativi.
Con l'istituzione di uno Sportello unico per la maternità, previsto all'articolo 3, che comprenda in maniera organica tutte le informazioni relative a pratiche, esami, sovvenzioni, incentivi, si vuole evitare agli utenti, soprattutto alle nuove mamme, di doversi districare fra siti internet, uffici, studi medici, istituti previdenziali e consultori, spesso senza riuscire ad ottenere un'informazione sufficiente sui diritti, prerogative, opportunità inerenti la maternità. Lo Sportello unico per la maternità ricomprende sia la realizzazione di un sito internet da inserire nel del portale della Regione, sul quale effettuare le ricerche di informazioni basilari in base al proprio profilo e alle proprie esigenze, in comunicazione con i siti delle ASL e delle casse previdenziali, sia l'apertura di sportelli (front-office) all'interno dei comuni dei capoluoghi.
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TESTO DEL PROPONENTE
Art. 1
Indennità di maternità1. La Regione, nei limiti degli stanziamenti di bilancio annualmente a ciò destinati, corrisponde, per il tramite dei comuni che istruiscono le domande ed erogano le risorse, una indennità di maternità alle lavoratrici precarie o "atipiche" che non beneficino delle indennità previste dalla normativa vigente, che siano residenti nella Regione da almeno tre anni all'atto di presentazione della domanda.
2. L'importo della indennità è di 500 euro al mese ed è corrisposto per i due mesi antecedenti la data prevista del parto e per i tre mesi successivi alla data effettiva del parto, in una unica soluzione, previa presentazione del certificato di maternità.
3. L'ammontare dell'indennità di maternità può essere adeguato annualmente, con deliberazione della Giunta regionale, in conformità alla variazione dell'indice del costo della vita, desumibile dagli indici ISTAT.
Art. 2
Mamma accogliente1. La Regione favorisce lo sviluppo dell'innovativo servizio educativo in contesto domiciliare denominato "Mamma accogliente".
2. Per la gestione del servizio di cui al comma 1, la Regione, nei limiti degli stanziamenti di bilancio annualmente a ciò destinati, secondo criteri e modalità stabiliti dalla Giunta regionale e sentita la competente Commissione consiliare, eroga contributi alle "Mamme accoglienti" per il tramite dei comuni che istruiscono le domande ed erogano le risorse.
Art. 3
Sportello unico per la maternità1. È istituito lo Sportello unico per la maternità.
2. Lo sportello unico si costituisce attraverso la realizzazione di uno sportello virtuale all'interno del portale della Regione, interfacciato con i siti delle ASL e delle casse previdenziali, contenente tutte le informazioni giuridiche e procedurali finalizzate ad agevolare la donna nella fase della maternità.
3. I servizi sociali dei comuni della Sardegna, con il supporto dello sportello virtuale forniscono le principali informazioni. A tal fine si procede alla formazione del personale già in servizio presso l'ente locale.
4. Agli adempimenti previsti dal presente articolo si fa fronte a carico con il 5 per cento degli stanziamenti di cui all'articolo 4.
Art. 4
Norma finanziaria1. Agli oneri derivanti dall'attuazione della presente legge, stimati in euro 1.000.000 per l'anno 2014, si provvede mediante utilizzo di pari quota delle risorse già destinate agli interventi di cui all'articolo 2, comma 11, della legge regionale 21 gennaio 2014, n. 7 (legge finanziaria 2014) iscritte per l'anno 2014 in conto dell'UPB S05.03.007 del bilancio di previsione della Regione per gli anni 2014-2016.
2. Agli oneri per gli anni successivi si provvede annualmente con legge finanziaria ai sensi dell'articolo 4, comma 1, lettera e) della legge regionale 2 agosto 2006, n. 11 (Norme in materia di programmazione, di bilancio e di contabilità della Regione autonoma della Sardegna. Abrogazione della legge regionale 7 luglio 1975, n. 27, della legge regionale 5 maggio 1983, n. 11 e della legge regionale 9 giugno 1999, n. 23).