CONSIGLIO REGIONALE DELLA SARDEGNA
XIV LEGISLATURA

------------------------------------

Nota stampa
della seduta n. 394 del 29 aprile 2013

------------------------------------

Seduta congiunta Consiglio regionale – Consiglio delle Autonomie locali sullo stato del sistema delle autonomie in Sardegna

Cagliari, 29 aprile 2013 – La seduta congiunta del Consiglio regionale – Consiglio delle Autonomie locali sullo stato del sistema delle autonomie in Sardegna si è aperta con l’intervento della Presidente del Consiglio regionale Claudia Lombardo che riportiamo integralmente:

Signor Presidente della Regione e componenti della Giunta, Signor Presidente e componenti del CAL, colleghe e colleghi,
consentitemi, in apertura di seduta, di porgere al Presidente Ganau, che oggi per la prima volta dalla sua elezione presiede con me questa seduta, oltre che le congratulazioni mie personali e di tutto il Consiglio regionale, i migliori auguri di buon lavoro.
In più occasioni ho ribadito che la seduta congiunta fra il Consiglio Regionale ed il Consiglio delle Autonomie Locali non è, e non vuole essere, una mera consuetudine di legge da osservare.
Parto da questa asserzione per rinnovare il pensiero che il CAL è un organo con il quale il Consiglio, a prescindere dalla normale dialettica fra le parti sulle tematiche oggetto di materia comune, ha intrattenuto e intende intrattenere rapporti di leale, corretta e reciproca collaborazione.
Il fine che muove le istituzioni che rappresentiamo va nella direzione di tutelare, migliorare e armonizzare il sistema delle autonome locali sulla base di progettualità condivise.
La concertazione fra il Consiglio Regionale ed il Cal è fondamentale per capire e conoscere tutti i fenomeni e le problematiche che ruotano intorno al sistema delle autonomie locali in Sardegna. Anche alla luce delle modifiche che sono intervenute nelle effettive capacità di spesa, e quindi di incidere sul sistema sociale ed economico, degli enti locali con l’adozione del tetto massimo previsto dal Patto di Stabilità.
Una collaborazione quanto mai necessaria, e qui voglio ribadire un concetto già espresso per affermare che: il CAL non è un ospite nell’ordinamento della Regione, è un organo della Regione.
Intendo così sottolineare che i rapporti tra Consiglio regionale e CAL non possono essere quelli che intercorrono tra due controparti.
Infatti, sotto quest’ottica, occorre effettuare uno sforzo comune per instaurare un rapporto che non sia solo quello del rispetto formale delle procedure o del reciproco riconoscimento dei ruoli, ma che, in linea di massima, veda il Consiglio tenere presenti e valutare i contributi del CAL anche nei lavori in Aula, oltre che in Commissione.
La seduta odierna è quindi una tappa verso questa evoluzione positiva e costante, auspicata nei rapporti fra le nostre due istituzioni, ed un motivo di riflessione sullo stato della Sardegna e del funzionamento delle sue istituzioni autonomistiche.
Infatti, come spesso è accaduto nel corso della legislatura presente, nelle diverse occasioni in cui si è svolta, sia con carattere itinerante che nella sede deputata del Consiglio, la seduta congiunta è stata occasione di appassionati confronti e accesi dibattiti sulle iniziative delle autonomie locali, in particolare sui rapporti fra le istituzioni regionali e le autonomie locali e, soprattutto, sui fatti di grande attualità e impatto dell’agenda politica del momento.
Un confronto utile, per quanto non assente di qualche rilievo polemico, e perché no?, in quanto gelosi ciascuno della tutela della propria autonomia, ma sempre con spirito costruttivo.
Un confronto foriero di intensi dibattiti che ci hanno visto coinvolti nelle più disparate tematiche sullo sviluppo, la riforma del sistema autonomistico ed il rilancio dei territori contro lo spopolamento, sempre tesi alla ricerca di una sinergia che fosse il frutto di una leale reciproca collaborazione con sentimenti di vicinanza istituzionale.
Questo ha facilitato molto i livelli di collaborazione e ci ha consentito di superare momenti di difficoltà e, talvolta, di incomprensioni, grazie allo sforzo di buona volontà che sempre ha contraddistinto le nostre azioni.
Per questo motivo, già in apertura, intendo sentitamente ringraziare il CAL, nelle persone del suo Presidente e di tutti i suoi componenti, per il clima positivo instaurato che spero possa dare buoni frutti anche per il futuro prossimo.
Caro Presidente, signori componenti del CAL, colleghe e colleghi, questa seduta cade in un momento particolarmente difficile per la Regione e per l’intero Paese.
I tempi attuali sono irti di difficoltà in quanto ci troviamo ad attraversare una fase di transizione, o meglio di passaggio, che i politologi individuano come “dalla seconda alla terza repubblica”, sulla quale andranno disegnati nuovi scenari per quanto attiene la redistribuzione e le funzioni degli organi di rappresentanza territoriale dell’ordinamento autonomistico dello stato.
La nostra Regione non è esente da questo clima di passaggio epocale e, peraltro, attraverso un proprio referendum il popolo sardo si è già espresso sulla soppressione di una parte importante del sistema autonomistico regionale: le Province.
Il che ha comportato e comporta passaggi normativi delicatissimi per non pregiudicare funzioni amministrative in essere e tutelare i diritti dei lavoratori degli enti provinciali.
Una difficoltà non di poco conto se si considera che agiamo in un contesto di sfiducia generale dei cittadini nei confronti della politica, tanto che appaiono due mondi distinti e lontani.

Il recupero di un clima di rinnovata stima nel rapporto cittadini-istituzioni è stata la preoccupazione che ha sempre mosso il nostro operare, con decisioni che hanno riguardato un drastico taglio dei costi della politica in tempi antecedenti persino ai sommovimenti di piazza e dell’opinione pubblica sulla materia.
Ma questo non è la nostra sola fonte di preoccupazione, soprattutto di fronte al dramma che stanno vivendo migliaia di famiglie sarde, impoverite e in serie difficoltà finanziarie.
Infatti, quello che più di tutti oggi è in testa ai nostri pensieri è lo stato di prostrazione della nostra Isola a causa della crisi internazionale e di fattori endogeni di sottosviluppo mai rimossi.
Ci apprestiamo quindi all’esame della manovra finanziaria con sentimenti di grave preoccupazione per lo stato in cui versano il sistema sociale ed economico della Sardegna.
La crisi, la cui fine ancora non si riesce a intravedere, sta modificando di fatto usi, costumi e aspettative dei sardi, che ne subiscono le conseguenze in maniera più pesante rispetto al resto dei cittadini della Repubblica, per via dell’annosa questione legata alla perifericità geografica.
Recentemente ho avuto modo di esternare queste vivissime preoccupazioni ai colleghi del Consiglio, in una comunicazione nella quale esprimevo la necessità che il Consiglio, e gli enti locali, in un momento nel quale sembra essere venuta meno la speranza nel domani, siano chiamati ad assumere atti e iniziative che, per quanto gravose, siano in grado di assolvere appieno al difficile compito di guidare l’Isola fuori dal pantano della crisi.
Maggiormente, nei momenti di crisi acuta, la manovra finanziaria regionale è chiamata ad assolvere il compito di fornire un argine sufficiente per consentire la salvaguardia dello stato sociale, la difesa dei livelli occupazionali, il ricorso agli ammortizzatori sociali, il sostegno alle imprese ed il rilancio delle attività produttive basate sulle risorse primarie.
La manovra finanziaria che già nella normalità, sotto il profilo politico e amministrativo, si presenta come l’atto più importante e significativo dell’anno, assume una valenza di particolare rilievo in tempi durissimi di crisi.
Non a caso i sardi ripongono moltissime aspettative per avere risposte rassicuranti per il futuro e strumenti adeguati per superare il difficile contingente che tocca tutte le famiglie e le imprese con effetti devastanti.
Il crescere dei livelli di povertà, la moria di aziende e attività commerciali e la desertificazione del tessuto industriale sono l’effetto di una crisi persistente che in Sardegna viene da lontano e non è legata esclusivamente ai fattori esterni dovuti alla crisi internazionale, ma ha cause e motivazioni precise di carattere endogeno legate a quel fenomeno di sottosviluppo che, ieri come oggi, è tutto racchiuso nel termine di Questione Sarda.
Vi è dunque la necessità di agevolare, pur nel rispetto della dialettica democratica fra parti politiche e fra istituzioni e sistema sociale, tempi e percorsi accelerati per assicurare il varo della manovra, che già è pervenuta con considerevole ritardo in Consiglio, nel pieno rispetto delle more temporali imposte dal nostro Regolamento Interno.
Un percorso articolato e complesso quello della manovra finanziaria attuale, che lascia pochi spazi di intervento per gli investimenti produttivi, in quanto incanalato nelle strettoie del patto di stabilità e per via delle mancate entrate fiscali.
Pur tuttavia non bisogna rinunciare a conferire alla manovra una caratterizzazione in grado, pur nel rispetto del contenimento della spesa, di avere ricadute positive nel sistema economico e sociale attraverso un indirizzo quanto mai oculato e attento delle poche risorse a disposizione.
Ma se ciò non dovesse bastare, il Consiglio è pronto ad assumersi la sua parte di responsabilità in scelte che dovranno essere guidate dallo spirito di offrire il massimo delle garanzie e il massimo della tutela al Popolo Sardo verso il quale, da parte nostra, non esistono impegni sovraordinati o sovraordinabili.
La situazione in cui versa la Sardegna e le drammatiche cronache quotidiane che riportano la sofferenza del nostro Popolo, in un quadro sociale che vede preponderante la crescita di nuovi livelli di povertà in fasce sempre più elevate di popolazione, meritano atteggiamenti e risposte adeguati all’emergenza sociale ed economica, sia oggi che per il futuro.
Non basta più invocare il massimo dell’unità possibile di tutte le componenti del Popolo sardo. Oggi è tempo di scelte precise e nette.
Oggi, infatti, è tempo di pensare come utilizzare questo scorcio finale di legislatura al fine di gettare le basi per una straordinaria fase di rifioritura economica, culturale e sociale della Sardegna.
Riprendendo il filo della comunicazione ai colleghi del Consiglio, e allargandola ai rappresenti del sistema delle autonomie locali, rinnovo l’appello a far sì che le nostre scelte future siano guidate dalla necessità di porre la Sardegna e i sardi nelle condizioni di guardare al futuro con animo sereno.
In questa delicatissima fase politica e sociale, si rende necessario riportare i cittadini al centro di un rinforzato e rinnovato contratto istituzionale, al fine di garantire un avanzato ed equo patto sociale, di crescita civile e sviluppo economico.
Ma ciò sarà possibile solo se avremo il coraggio e la capacità di fare scelte avveniristiche che superino tutti gli steccati politici, ideologici e partitici, per garantire una governabilità forte ad una guida autorevole di un governo “sardo dei sardi”.
Un governo che nasca da un comune sentimento patriottico sardo, in grado di assumere decisioni di alta valenza strategica per il progresso dell’Isola.
Perché sia chiaro che non è sufficiente che ciascuna delle parti politiche sarde si presenti con un proprio programma, non è più sufficiente richiamare la necessità di tagliare i costi della politica che, peraltro, se si vogliono garantire livelli minimi di rappresentanza democratica e accesso alla politica, oltre un certo limite non è possibile spingersi.
E’ indispensabile, invece, un programma voluto, pensato e attuato dai sardi per la Sardegna.
Non possiamo più vivere nell’attesa di insperati aiuti esterni, è tempo che i sardi facciano qualcosa per loro stessi a cominciare dal vincere quella maledizione storica che ci vuole pocos, locos y mal unidos.
Non voglio vagheggiare utopie, ma dico più semplicemente che l’ora è grave ed è giunto il momento che i futuri eletti del Consiglio Regionale formino un unicum proteso al bene della Sardegna, lavorando per tutta la legislatura a sostenere un governo di ampia rappresentanza di tutte le istanze sociali che racchiuda cioè le variegate componenti, politiche, culturali e sociali in uno sforzo comune per uscire dalla fase drammatica di emergenza della recessione e gettare le basi per il futuro.
Sta a noi oggi facilitare questo percorso attraverso gli strumenti a disposizione per reggimentare e facilitare questi indirizzi, auspicabili per riportare la serenità economica e incentivare la crescita civile.
E per farlo dobbiamo partire dalle regole andando, a finanziaria approvata, a modificare con legge statutaria le norme per la forma di governo della Sardegna e per l’elezione del Consiglio regionale e del Presidente della Regione.
Sarebbe un errore tragico non provvedere a questa riforma con la necessaria sollecitudine nel poco tempo rimasto a disposizione.
Ancora una volta il monito ci viene dall’alto.
Il clima di massima incertezza e scollamento che si è vissuto nel Paese, per l’assenza di un governo per oltre 60 giorni dallo svolgimento delle elezioni, ci deve indurre ad una attenta riflessione sulle ripercussioni gravissime che una simile evenienza si possa ripetere nell’Isola all’indomani delle elezioni regionali ormai prossime.
Il rischio, dicevo, è presente e concreto.
Infatti se non procederemo per tempo all’approvazione di una legge elettorale che, alla luce dei precetti introdotti dalla modifica dell’articolo 16 dello Statuto, superi le lacune, le insufficienze e le contraddizioni del testo attuale, si può ipotizzare con assoluta certezza che saremo destinati ad una paralisi dell’attività del futuro governo regionale per mancanza di maggioranze certe.
Questo in quanto attraverso una legge statutaria, quindi con procedure di approvazione rinforzate, siamo chiamati a recepire il precetto costituzionale sulla intangibilità del tetto massimo consentito per i componenti del consiglio che, come noto, è stato dal Parlamento fissato in sessanta consiglieri, in ossequio alla volontà espressa dall’Aula del Consiglio Regionale sardo.
Nel contempo la stessa legge statutaria dovrà fissare norme per garantire i numeri necessari per formare il governo in tempi certi e celeri.

L’occasione della seduta congiunta non va dunque sprecata, essendo un’occasione per una riflessione corale che ci porti a valutare, anche in questo caso, un percorso legislativo agevolato e in tempi certi attraverso procedure di concertazione e confronto fra le parti che favoriscano questa esigenza primaria di riforma del sistema elettorale.
Da un clima di fattiva collaborazione possono nascere scenari nuovi e positivi per una nuova unità morale, spirituale e politica dei sardi.
Nella prossima legislatura il Consiglio Regionale non dovrà dividersi fra vincitori e vinti, ma tutti gli eletti dovranno sentirsi vincolati ad un patto che faccia nascere una stagione unica e irripetibile, con sessanta consiglieri che si schierino compatti nel porre la Sardegna al di sopra di ogni altro interesse e per adottare una legislazione straordinaria che affranchi l’Isola dal sottosviluppo e dalla recessione che ci mortificano e condannano ad un domani senza futuro.
Sta a noi, e alle nostre scelte future, creare le migliori condizioni perché ciò possa avvenire.

Dopo la Presidente è intervenuto il Presidente del Cal Gianfranco Ganau che ha detto che il confronto tra istituzioni deve essere continuo e l’ incontro di oggi è un punto di partenza per rifondare i rapporti tra Consiglio regionale e Cal. Subito da affrontare l’eccesso di centralismo che è uno dei principali limiti istituzionali della nostra Regione. Il processo deve partire dalla riforma dei 36 enti regionali le cui funzioni possono essere svolte dagli enti locali. Il presidente del Cal ha affrontato i temi del Patto di stabilità e del nodo acqua, materia sulla quale gli impegni della Regione sono stati disattesi. Per Ganau la Finanziaria, in materia, è inadeguata e la disponibilità di 50 milioni di euro è appena una parte di quello che serve per riformare la materia. Passando a un altro tema scottante, quello delle province, Ganau ha ribadito che il Cal è favorevole al rispetto del risultato dei referendum per le nuove province, ma non si possono sciogliere gli enti locali democraticamente eletti se non alla fine del mandato. Inoltre, il Cal non condivide la proposta di province come organi di secondo livello. Ganau ha auspicato un confronto sulle riforme istituzionali per far emergere con forza la necessità di un rafforzamento della specialità. Tutti gli altri interventi hanno puntato sul patto di stabilità e sulla necessità di attuare le riforme. Il sindaco di Gairo, Roberto Marceddu ha posto l’accento su due aspetti: il riordino dell’ordinamento degli enti locali (i comuni devono diventare il centro dell’ordinamento istituzionale) e la valorizzazione dei territori. Tore Cherchi, presidente della provincia di Carbonia – Iglesias, si è soffermato sui programmi di sviluppo in relazione alla sessione di bilancio e sul patto di stabilità. Il sindaco di Cagliari Massimo Zedda ha rivolto un pensiero ai feriti dell’attentato di ieri durante la cerimonia del giuramento del nuovo governo nazionale. Durante il suo intervento il primo cittadino del capoluogo sardo ha chiesto quale era l’idea di sviluppo per la Sardegna, un’isola indietro di 12 anni rispetto alle indicazioni date dall’Europa. Inevitabile anche per Zedda le critiche al patto di stabilità. Il comune di Cagliari ha in cassa 216 milioni di euro – ha detto - che non si possono toccare, colpa anche della Regione che dovrebbe fare il “grande programmatore” e invece si limita a delegare ai comuni le competenze ma non le risorse.
Roberto Deriu, presidente della provincia di Nuoro, ha parlato di nubi che si addensano sull’autonomia della Sardegna.
Anche Angela Quaquero, vice presidente della Provincia di Cagliari, si è soffermata sul patto di stabilità. “Abbiamo 165 milioni bloccati che non possiamo spendere. La situazione è gravissima. I fondi devono essere sbloccati. Nessuno vuole sprecarli, ma anche una sola parte di questa cifra può creare lavoro con la messa in sicurezza di strade e scuole”.

L’on. Pietro Pittalis, capogruppo Pdl, ha proposto, una volta approvata la Finanziaria, di dare risposta ai quesiti referendari riformando, con un confronto aperto, il sistema delle autonomie locali. Per Pittalis è necessario superare il centralismo e , senza tener conto dell’appartenenza politica, dare risposte su questioni come lavoro e disagio sociale, davanti alle quali è necessario essere uniti.

L’on. Giampaolo Diana, capogruppo del Pd, ha fatto rilevare l’assenza del Presidente della Regione. Molto critico sul tema delle riforme su cui il “Consiglio ha perso quattro anni”. Sulla Finanziaria da domani in discussione in Aula Diana ha detto che c’è l’urgenza di mettere risorse a disposizione delle autonomie locali.
L’assessore al bilancio Alessandra Zedda, nel suo intervento, ha illustrato le parti della Finanziaria che riguardano le autonomie locali. Il patto di stabilità – ha detto - pesa come un macigno sulla Sardegna ma anche su questo tema il comportamento dell’esecutivo non è mai stato remissivo. L’assessore ha auspicato un rapporto sempre più costante e sereno con il Cal per decidere insieme come affrontare questo difficile momento.
Il Consiglio regionale si riunisce domani mattina alle 10 per l’ esame della manovra finanziaria. (R.R.)