CONSIGLIO REGIONALE DELLA SARDEGNA
XIV LEGISLATURA

------------------------------------

Nota stampa
della seduta n. 355 del 3 ottobre 2012

------------------------------------

385/A Disposizioni urgenti in materia sanitaria connesse alla manovra finanziaria. I lavori riprenderanno alle 16 e 30.

Cagliari, 3 ottobre 2012 – La seduta si è aperta sotto la presidenza del vicepresidente Michele Cossa e poi della Presidente Claudia Lombardo. All’ordine del giorno l’esame del Disegno di legge “Disposizioni urgenti in materia sanitaria connesse alla manovra finanziaria”. Il testo, approvato dalla Settima Commissione nella seduta del 31 luglio 2012, a maggioranza, con il parere contrario dei gruppi di opposizione, del gruppo dei Riformatori e del gruppo Sardegna è già domani, nasce dall'esame del disegno di legge n. 385, presentato dalla Giunta regionale con l'intento di introdurre misure atte a "sviluppare le azioni di razionalizzazione, ammodernamento e contenimento dei costi del Servizio sanitario regionale". In apertura l’on. Giampaolo Diana (Pd) ha chiesto la verifica del numero legale. Non essendoci il numero previsto i lavori sono stati sospesi per trenta minuti. Alla ripresa dei lavori l’on. Giampaolo Diana (Pd) ha chiesto nuovamente la verifica del numero legale. Essendoci il numero legale la seduta è proseguita con la relazione di maggioranza da parte dell’on. Renato Lai (Pdl). L’on. Lai ha auspicato una grande collaborazione tra maggioranza e opposizione per arrivare ad approvare un testo unitario e il più possibile condiviso. Il Dl – ha detto Renato Lai - rappresenta uno strumento eccezionale che insiste nell’alveo della riduzione della spesa pubblica. Il testo della giunta è stato modificato in Settima commissione anche grazie ai contributi acquisiti dai soggetti sentiti in audizione (l'Assessore dell'igiene sanità e dell'assistenza sociale e i direttori generali delle ASL e delle AO) e delle puntuali considerazioni emerse nel corso del dibattito; altre, invece, scaturiscono dall'esigenza di dare compiuta e precisa attuazione alle disposizioni adottate a livello nazionale con il decreto legge 6 luglio 2012, n. 95 (Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini nonché misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore bancario), approvato dal Governo, proprio mentre la Commissione svolgeva l'istruttoria del disegno di legge n. 385. Il decreto reca anche disposizioni per l'equilibrio del settore sanitario e misure di governo della spesa farmaceutica, norme delle quali si è tenuto conto nell'esame del disegno di legge della Giunta, che pertanto è stato emendato in più parti. Il Testo – ha detto ancora l’esponente del PDL – è modificabile e migliorabile in diversi suoi aspetti, e il cui tratto saliente è quello di prevedere una pianificazione sanitaria dal basso, attuata dai direttori generali, in conformità a direttive generali impartite dalla Giunta regionale, ma tenendo conto delle specifiche istanze provenienti dai singoli territori. Questa caratteristica può rendere questo disegno di legge più capillare ed efficace rispetto ai molti provvedimenti che si sono susseguiti nel corso degli anni. L'Assessorato dell'igiene e sanità e dell'assistenza sociale, infatti, ha il compito di valutare le proposte di riordino e razionalizzazione che provengono dai direttori generali e di attuare un processo di sintesi e di coordinamento, evitando situazioni a macchia di leopardo, con l'obiettivo di garantire a tutta la popolazione regionale i livelli essenziali di assistenza sia ospedaliera sia territoriale. Nel testo vi sono anche delle chiare indicazioni per favorire l'integrazione ospedale-territorio con la possibilità di implementare nei territori le strutture sanitarie mancanti (strutture specialistiche ambulatoriali, per le urgenze e RSA, ADI). L'Aula potrà certamente rendere ancora più agili e veloci le procedure di razionalizzazione della rete ospedaliera e territoriale, evitando passaggi politico-amministrativi ridondanti, in conformità a quanto specificamente richiesto dai direttori generali nel corso dell'audizione in Commissione; potrà, inoltre, valutare se l'iter legato alle consultazioni territoriali da parte dei direttori generali sia sufficiente per non incorrere in vizi di legittimità, come prospettato da alcuni consiglieri membri della Commissione, non solo appartenenti ai gruppi di opposizione.
Per la relatrice di minoranza l’on. Barracciu (Pd) il disegno di legge n. 385 rappresenta l'esempio più eclatante dell'involuzione della programmazione sanitaria regionale, l'epilogo di quanto prodotto nel corso di questi anni da parte dell'Esecutivo: annunci di riforme storiche mai realizzate, di tentativi incompiuti di ridefinire la rete territoriale, la rete ospedaliera e quella dell'emergenza, per lo più incoerenti, se non in contrasto tra di loro. Il Testo è approssimativo, contradditorio, presenta profili di illegittimità e, pertanto, dovrebbe essere rinviato in commissione. L’on. Barracciu (Pd) ha poi ricordato che nel dicembre 2009, il Consiglio regionale, ovvero la maggioranza, approvava il Piano regionale di sviluppo (PRS) targato centrodestra e con il quale la Giunta regionale esplicitò il proprio programma di governo per la XIV legislatura. Il famoso programma capace, secondo Cappellacci e compagni, di far tornare il sorriso sul volto dei sardi e fondato su un principio definito addirittura rivoluzionario: "La persona prima di tutto, lo sviluppo nasce dall'io". È utile ricordare anche in questa sede che ad oggi, dopo tre anni dall'approvazione del PRS infarcito di numerosi voli pindarici anche in materia di sanità, la storia ci consegna una Sardegna per la quale il sorriso è davvero un ricordo sbiadito, con indici di povertà tra i più alti in Italia, stremata da una crisi economica e sociale, se non generata, amplificata all'estremo limite dal Presidente della Regione e dalla sua maggioranza. Un Presidente inadeguato a portare avanti il compito assegnato dai cittadini, incapace di assumersi la benché minima responsabilità politica e sociale; una maggioranza (ciò che ne rimane) correa, in virtù dell'irresponsabile persistenza del sostegno garantito col voto dei provvedimenti e in quanto connivente fuori e dentro i palazzi della giunta e del Consiglio regionale, del disastro socio-economico prodotto. E così oggi più che mai è svelata la "banalità demagogica" del principio (titolo) guida del PSR, con la persona che "prima di tutto" paga le spese del fallimento di Cappellacci in quanto messa al centro si, ma di un vortice di povertà e solitudine. Vortice nato, cresciuto e alimentato dal vuoto politico e programmatico che ha caratterizzato e caratterizza tutta l'azione di governo e in particolar modo della sanità. Soprattutto della sanità in quanto, a differenza degli altri settori di intervento, a giustificazione della drammatica situazione nella quale versa non può essere invocata la penuria finanziaria. Anzi, paradossalmente, le ingenti risorse rese (volenti o nolenti) disponibili, sempre e comunque, per la gestione (al 99 per cento spesa corrente) del sistema sanitario regionale sono una delle cause delle sue distorsioni e comunque non ne determinano certo una maggiore qualità. Tant'è che la Corte dei conti - sezione Autonomie, nella relazione con la quale riferisce al Parlamento sulla gestione finanziaria delle regioni per gli esercizi finanziari 2010 e 2011, approvata nell'adunanza del 25 luglio 2012, sottolinea che la "Scarsa qualità e inappropriatezza dei servizi erogati, quindi, … si concentrano soprattutto nelle regioni con più elevati disavanzi (dove vengono cioè spese più risorse) di gestione e determinanti un duplice onere per i residenti delle regioni in deficit, in conseguenza sia del maggior contributo Irpef e Irap necessario a coprire i disavanzi sanitari, sia della percezione negativa della qualità dei servizi offerti dai rispettivi servizi sanitari, che alimenta il fenomeno della mobilità sanitaria interregionale e l'aumento della spesa sanitaria privata ("out of pocket"), non coperta da sistemi assicurativi". Ciò è vero per tutte le regioni che hanno maturato i disavanzi ed è ovviamente vero per la Sardegna dove, a fronte di un disavanzo che dal 2009 ha ripreso a crescere a dismisura fino a toccare punte di 360 milioni di euro, alla scarsa qualità e inappropriatezza dei servizi erogati con ciò che ne deriva in termini di percezione negativa della qualità dei servizi, di mobilità sanitaria interregionale e di aumento della spesa sanitaria privata, si è aggiunta, per l'incapacità della giunta regionale di tenere fede al piano di rientro imposto dal Governo (Berlusconi), la perdita di 14 milioni di euro di finanziamenti statali ed oltre 55 milioni assegnati in base agli impegni sottoscritti col Governo nazionale nel 2009. Come già più volte denunciato, tre anni e mezzo di non governo di cui la sanità è l'emblema. L'assenza totale di politica sanitaria dolosamente perseguita dal Presidente e dagli assessori che si sono succeduti; la clamorosa e ingiustificata mancanza del Piano sanitario regionale approvato nella passata legislatura dopo vent'anni di assenza e scaduto dal 2008; il fallimento della pseudo-proposta di riforma del sistema sanitario e della riorganizzazione della rete ospedaliera; l'inesistente monitoraggio di fattori di spesa; l'anarchia nella gestione dei farmaci sono tutti quanti capisaldi della gestione improvvisata e disinvolta che denunciamo dal 2009 e di cui è testimone inconfutabile da tre anni ininterrottamente la Corte dei conti. Il mostruoso disavanzo della sanità, è l'inevitabile risultato della incapacità di predisporre, approvare e applicare gli atti legislativi e di programmazione sanitaria e della irresponsabilità con la quale, anche soltanto nelle more di una nuova concreta riforma, non si è voluto continuare nella strada tracciata ma distruggere tutto il lavoro fatto nella precedente legislatura. Così il sistema sanitario regionale procede dal 2009 alla cieca senza guida e senza meta. Viceversa, se nel 2009 il centrosinistra ha consegnato un disavanzo del 2008 pari a 75,6 milioni di euro non è perché allora la sanità si è fermata o perché le persone non si sono ammalate, non è per questo. Semplicemente ci si è assunti la doverosa responsabilità di fare politica sanitaria, dando corso al programma elettorale e approvando le leggi di riforma e gli atti necessari di programmazione. Certo quella politica non ha trovato nessuna condivisione nel centrodestra allora all'opposizione ed è stata avversata senza sosta salvo poi, negli allegati alle loro finanziarie di questi anni e che riportano lo stato di attuazione dell'assistenza sanitaria, elencare e riconoscere le proprie deficienze programmatiche quale causa di complicazione della situazione e richiamare la necessità di riprendere e portare a termine il percorso tracciato nella precedente legislatura. Mi riferisco al percorso definito dalla legge n. 23 del 2005, dalla n. 10 del 2006, dal Piano sanitario regionale, dagli atti aziendali per le ASL, dai protocolli d'intesa con le università, dai tetti di spesa per i privati, dal sistema di monitoraggio e controllo della spesa farmaceutica, dalla lotta contro i ricoveri inappropriati e dalla programmazione e sviluppo dei servizi di assistenza territoriale, il tutto orientato ad un chiaro triplice obiettivo: tagliare gli sprechi e rendere più efficiente la spesa pubblica senza colpire la salute dei cittadini. È così che è diminuito il disavanzo ed è così che il sistema sanitario regionale stava cambiando positivamente volto, non grazie a vuoti proclami. Voglio ricordare che buona parte della campagna elettorale del 2009, oltre che sul Piano paesaggistico regionale, è stata giocata proprio sulla sanità e sulle promesse di una nuova eccezionale stagione riformatrice che invece, appena accennata, è affondata in Commissione sotto i colpi del centrosinistra, ma soprattutto per le prese di distanza e per il voto contrario di una parte del centrodestra. Appare ben chiaro quindi che invece di perseguire la qualità dell'assistenza, una politica di investimenti, lo sviluppo dell'assistenza territoriale, il potenziamento dei distretti, l'incremento della prevenzione, la garanzia dei livelli essenziali di assistenza su tutto il territorio regionale, l'attuale Giunta ha preferito e preferisce continuare la sua stagione senza approvare le leggi necessarie, e capiamo bene il perché. Perché ciò garantisce interessi particolari ed è funzionale alla libertà incondizionata con cui fino ad oggi è stata utilizzata la sanità. Una macchina per ampliare il potere personale e il consenso elettorale di alcuni con buona pace dei bisogni di salute dei cittadini, di un minimo sindacale di governo clinico e delle casse pubbliche. I numeri purtroppo sono impietosi ed è opportuno ricordarli. La spesa sanitaria in Sardegna è cresciuta con punte del 6,5 per cento dal 2001 al 2005, tale tasso di crescita si è dimezzato dal 2006 al 2008, il disavanzo effettivo netto del 2008 è stato pari al 75.600.000 di euro ed è, come certificato dalla Corte dei conti, per essere precisa nell'adunanza del 21 luglio 2009, il secondo minor disavanzo degli ultimi dieci anni. È questa l'eredità consegnata dal centrosinistra e che questa Giunta ha dissipato in un anno, a partire dal primo anno. Il disavanzo del 2009 è stato infatti di 265 milioni di euro, nel 2010 di 198 milioni di euro, nel 2011 di 360 milioni, e nel 2012 idem, si confermano per ora, stanziandoli addirittura preventivamente nel bilancio di previsione, i 360 milioni. Non solo, la Regione ha fatto registrare nel 2011 i valori di spesa farmaceutica più alti in campo nazionale, con uno scostamento, secondo la Corte dei conti-rapporto 2011 delle sezioni riunite, di circa 160 milioni di euro rispetto agli obiettivi, di cui 121 milioni d'incremento per la sola spesa ospedaliera, inoltre la spesa sanitaria pro capite in Sardegna ha già superato di gran lunga la media nazionale senza che sia aumentata minimamente la qualità del servizio, con l'aggravante che tutto ciò che è sprecato in sanità viene sottratto alle altre esigenze dei cittadini e delle imprese. Questi sono i dati ufficiali, e non c'è spazio né per lo scaricabarile, né per la manipolazione dei numeri. Se poi vogliamo parlare del confronto tra i conti economici regionali 2008, 2010 e 2011, si scopre una crescita delle prestazioni da privato nella specialistica ambulatoriale, in particolare con un trasferimento di quote crescenti dalle attività di degenza a quelle ambulatoriali, che passano da 3 milioni di euro del 2008, ai 12 milioni di euro del 2010, mentre nel 2011 si ha un ulteriore incremento di 6 milioni di euro. La crescita delle prestazioni da privato è rafforzata dalle attività socio sanitarie che aumentano notevolmente nel 2010. Tutto ciò dimostra quanto affermato in precedenza, ossia evidenzia come per la Sardegna il problema non è la disponibilità finanziaria, ma la capacità di programmare e di utilizzare bene le risorse disponibili. Invece, dopo ben tre anni e mezzo di legislatura il Consiglio regionale, a parte alcune norme isolate approvate in sede di manovra finanziaria, è chiamato a discutere il primo e unico provvedimento legislativo in materia di sanità che Giunta regionale e maggioranza sono stati in grado di produrre e portare fino alla iscrizione all'ordine del giorno del Consiglio regionale a fronte di una massiccia propaganda, iniziata con la campagna elettorale del 2009 e mai terminata. Propaganda che annunciava, con la vittoria del centrodestra, un'eccezionale stagione riformatrice del sistema sanitario regionale che avrebbe spazzato via l'odiata politica sanitaria della precedente legislatura per sostituirla con una totalmente diversa, capace di corrispondere finalmente ai bisogni di salute dei cittadini e, allo stesso tempo, di tenere comunque sotto controllo la spesa. Alla prova dei fatti della politica e del governo della sanità, superata l'esigenza dell'unità nella e per la propaganda, ciò che è emerso da subito è appunto il vuoto programmatico e la litigiosità interna riscontrabili: nella inconcludenza delle norme approvate (legge regionale n. 3 del 2009), in quelle approvate in commissione e poi insabbiate (testo unificato n. 48-99/A approvato dalla Settima Commissione il 12 luglio 2011); nei tentativi falliti di ridefinire la rete territoriale, la rete ospedaliera e quella dell'emergenza (delibera n. 31/2 del 20 luglio 2011 su cui è stata aperta la procedura di consultazione prevista dalla legge regionale n. 10 del 2006 al termine della quale dovrebbe essere trasmessa al Consiglio per l'approvazione definitiva ma di cui non è dato sapere le sorti alla luce del presente provvedimento posto che la stessa non è stata revocata); nell'assurdità della deliberazione (delibera n. 33/21 del 31 luglio 2012 ) da parte della Giunta regionale delle linee guida per gli atti aziendali delle ASL prima della approvazione della legge (proprio il disegno di legge n. 385 alla nostra attenzione) che detta criteri che dovrebbero far parte integrante delle linee guida stesse; nella illegittimità delle linee guida per la salute mentale approvate definitivamente dalla Giunta (delibera n. 33/19 del 31 luglio 2012) senza l'obbligatorio passaggio in commissione sanità. Per citare i casi macroscopici. A questa sequenza confusa di provvedimenti si aggiunge il disegno di legge n. 385 ora in discussione che, lungi dal recuperare l'assenza totale di politica sanitaria e i danni da essa provocati, si presenta come un testo approssimativo, contradditorio e dove è possibile riscontrare importanti profili di illegittimità tali da renderlo inapplicabile. Per questi motivi le forze di minoranza presenti in Commissione sanità non solo hanno espresso il voto contrario al disegno di legge n. 385, ma ne hanno anche chiesto il ritiro da parte della Giunta. Peraltro, a riprova della debolezza del presente provvedimento, è utile sottolineare che la contrarietà al testo è stata espressa, oltre che dal centrosinistra e dal gruppo Sardegna è già domani, anche dai Riformatori col risultato che esso è stato approvato col voto favorevole di due soli gruppi politici presenti in Consiglio regionale e dal consigliere dell'MPA. Sebbene si ritenga opportuno evidenziare che il testo presentato dalla Giunta ha subito in Commissione consistenti modifiche e che buona parte delle sostanziali modifiche (in particolare abrogazione degli articoli 7 - Residenze sanitarie assistenziali, 8 - Hospice e 17 - Disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e dei bilanci de Servizio sanitario regionale) sono il frutto delle insistenti e dettagliate osservazioni delle minoranze e dell'approvazione dei relativi emendamenti, ciò che rimane, in particolare gli articoli 10-11-12-13, necessita di ampia discussione e attenta valutazione da parte del Consiglio poiché si tratta di norme, oltre che inopportune, illegittime in quanto disattendono in pieno sia la normativa regionale vigente in materia di programmazione sanitaria (legge regionale 28 luglio 2006, n. 10) sia la normativa nazionale (decreto legislativo n. 502 del 1992). Le due norme (la prima ovviamente ha recepito la seconda) prevedono infatti che le materie oggetto degli articoli 10 - Rete ospedaliera, 11 - Adempimenti delle aziende sanitarie, 12 - Implementazione della rete di assistenza, siano, per la loro natura, di specifica e ovvia pertinenza del Piano sanitario regionale. Così con il presente provvedimento, derogando esplicitamente (comma 2, articolo 18) e illegittimamente alle leggi vigenti, si assesta volutamente un altro colpo al sistema regionale delle regole approvate nella passata legislature e, con esse, al modello di governo del sistema basato sul rafforzamento del ruolo di indirizzo e di controllo della Regione e del pieno esercizio delle funzioni di committenza da parte delle ASL. Contestualmente, cosa altrettanto grave, il disegno di legge n. 385 espropria il Consiglio regionale della sua funzione in materia di programmazione sanitaria, elimina dal processo di programmazione il necessario coinvolgimento e la condivisione delle decisioni con la comunità regionale e i suoi rappresentanti a tutti i livelli, scarica le responsabilità sui direttori generali che, chiamati anche ad autoridursi i posti letto, vengono investiti di un potere che esula dall'ambito amministrativo per sconfinare in quello politico. Non meno emblematica è la modifica in senso limitativo della Conferenza permanente per la programmazione sanitaria, sociale e socio-sanitaria. Il capo II del disegno di legge prevede interventi di riordino della rete ospedaliera, con il taglio di circa 1.300 posti letto, recependo i parametri previsti dal Patto della salute del dicembre 2009 e la recente legge 7 agosto 2012, n. 135, di conversione del decreto legge n. 95 del 2012 (cosiddetta spending review); si tratta, come è facile capire, di un passaggio delicatissimo, critico e di forte impatto sul sistema assistenziale regionale che, in realtà, doveva essere realizzato per parte preponderante (800 posti letto) entro il 30 giugno 2011, attraverso la ridefinizione della rete ospedaliera regionale. La definizione della rete ospedaliera è un capitolo fondante del Piano sanitario regionale. Così è stabilito dall'articolo 12 della legge regionale n. 10 del 2006. Il Piano "definisce la rete ospedaliera riguardo alla distribuzione dell'offerta dei posti letti pubblici e privati fra le aziende sanitarie locali e ospedaliere, alla presenza nelle aziende sanitarie delle diverse discipline, nonché all'individuazione dei centri di riferimento di livello regionale". La riorganizzazione della rete ospedaliera deve necessariamente essere pensata all'interno di un piano più complessivo di programmazione sanitaria: perché tagliare posti letto può comportare rischiose discrasie nell'offerta dei servizi sanitari, in termini di equilibrio della presenza delle discipline ospedaliere nei diversi territori della regione, perché la funzionalità di una riconversione dell'assistenza non può prescindere dalla definizione e dal governo di precise regole: l'individuazione dei centri di riferimento di livello regionale che svolgono funzioni sovraziendale, la definizione dei criteri per l'organizzazione in rete dei servizi sanitari territoriali, la definizione dei parametri che devono guidare il processo di riconversione dei più piccoli ospedali. In questo senso il disegno di legge n. 385 rappresenta una totale abdicazione del ruolo di governo del sistema sanitario da parte della Regione, una completa negazione dei principi stabiliti non solo nella legge regionale n. 10 del 2006, ma anche nella legge di riordino del Servizio sanitario nazionale (decreto legislativo n. 502 del 1992 e successive modifiche ed integrazioni) e dai piani sanitari nazionali. Il tutto è giustificato nella relazione di maggioranza dalla necessità di avvalersi di "procedure più snelle rispetto a quelle previste dalla legge regionale n.10 del 2006, alle quali in parte deroga". Queste deroghe superficialmente e indebitamente giustificate dall'esigenza di fare in fretta, rappresentano, come già sottolineato, degli illegittimi e inaccettabili arretramenti in termini giuridici, culturali e strategici e, come detto, minano nella sostanza il ruolo affidato alla Regione da parte della legislazione sanitaria nazionale. Su un punto siamo d'accordo: sull'estremo ritardo con il quale un provvedimento di riordino della rete ospedaliera viene portato alla discussione in Consiglio regionale. La proposta di pianificazione dei servizi sanitari sarebbe dovuta essere presentata alla scadenza del PSR 2006-2008. Vale la pena di ricordare che l'assenza di un tale provvedimento ha precluso la possibilità di ottenere oltre 250 milioni da parte del Ministero appositamente stanziati per la Sardegna per l'ammodernamento dell'edilizia e delle tecnologie sanitarie. Non ci sfugge che le precedenti proposte di riordino, mai pervenute in Aula consiliare, fossero non a caso completamente contrastanti se non antitetiche rispetto a quella oggi presentata. L'incapacità e l'inefficacia dell'azione di programmazione regionale viene mascherata dalla necessità di prevedere "una pianificazione sanitaria dal basso, attuata dai direttori generali, in conformità a direttive generali impartite dalla Giunta regionale". Siamo di fronte ad un problema di cattiva e aberrante interpretazione della norma che porta a confondere i ruoli e le funzioni reciproche della Regione rispetto a quelle delle aziende sanitarie. Ma accanto alle distorsioni formali, una prima valutazione di merito del processo di riorganizzazione assistenziale porta facilmente a prevedere il fallimento dello stesso. Infatti, quali aspettative possono essere poste sull'efficacia di un modello a centralità aziendale, secondo il quale il direttore generale di un'azienda sanitaria propone alla Giunta l'autoriduzione dei posti letto essenzialmente sulla base del rispetto o meno del valore soglia (75 per cento) del tasso di utilizzazione del posto letto? Una seconda deroga riguarda la necessità, prevista dalla legge regionale n. 10 del 2006 (articolo 3, comma 3) e dal decreto legislativo n. 502 del 1992 e successive modifiche ed integrazioni (articolo 1, comma 13), che la proposta di riordino delle reti dei servizi sanitari (territoriale ed ospedaliera), di enorme valenza strategica e di forte impatto sociale e per tali motivi inseriti nei provvedimenti di pianificazione regionale, richiedono una ampia consultazione da parte della Conferenza permanente per la programmazione sanitaria, sociale e socio-sanitaria, della Consulta regionale per i servizi sociali, socio-sanitari e sanitari (entrambe previste dalla legge regionale n. 23 del 2005), delle università e dei rappresentanti degli ordini e dei collegi delle professioni sanitarie. Perché, se è stato cancellato nel 2008 il piano di riordino della rete ospedaliera, parte integrante del Piano regionale dei servizi sanitari 2006-2008, per l'allora rilevato difetto di consultazione, è oggi possibile approvare in Aula, in modo estemporaneo e ignorando le previste forme di partecipazione della comunità regionale, un disegno della rete ospedaliera che assume un impatto sicuramente maggiore del precedente, almeno in termini quantitativi (taglio di 1300 posti letto rispetto a quello disposto nel 2006 pari a 722)? Lasciano increduli le previsioni che, come parziale rimedio, prevedono la delega delle funzioni e degli obblighi di consultazione previsti dalla normativa nazionale, ai direttori generali delle aziende sanitarie. Ciò sta ancora una volta a dimostrare la colpevole disattenzione e la stupefacente confusione interpretativa delle norme da parte degli estensori del testo del disegno di legge. Non si può abdicare a questa regola di democrazia o pretendere di investire in modo improprio altri di questo obbligo. Non si può sfuggire al confronto su temi di valore strategico come la qualità dei servizi sanitari, il taglio di strutture ospedaliere, gli interventi per favorire i processi di deospedalizzazione e di riconversione degli ospedali. I criteri che guidano l'azione dei direttori generali sono quelli previsti dalla norma generale: il tasso di ospedalizzazione, la dotazione di posti letto rispetto alla popolazione residente. Criteri d'indirizzo che sono propri della programmazione nazionale. Criteri che devono essere declinati nella realtà regionale sarda, sulla base di obiettivi specifici definiti dalla programmazione regionale per soddisfare le esigenze specifiche del territorio. L'unico strumento che viene fornito per procedere al taglio dei posti letto è il tasso di occupazione dei posti letto. Questo indicatore misura su base annua la percentuale dei giorni che in media il posto letto in dotazione all'ospedale o al reparto è occupato dagli assistiti. È un indicatore completamente desueto, tanto da non essere più utilizzato nei rapporti sulla valutazione dell'efficienza dei servizi (confrontate per esempio l'ultimo rapporto del Ministero della salute sull'attività di ricovero 2010). Sanno tutti infatti, o almeno dovrebbero, che i processi di deospedalizzazione non si governano misurando quanti giorni si occupa un letto in corsia, ma attraverso l'applicazione dei principi guida che mirano a ridurre il numero di ricoveri inappropriati; i ricoveri effettuati per rispondere a bisogni che possono efficacemente essere gestiti dai servizi ambulatoriali ospedalieri o territoriali o dai servizi di cure primarie (articolo 6 del Patto della salute 2010-2012). In Sardegna nel 2009 i ricoveri inappropriati sono stati quasi 51 mila (deliberazione della Giunta regionale n. 31/2 del 2011). Le azioni di deospedalizzazioni, preliminari al taglio dei posti letto, dei reparti e delle strutture ospedaliere, comprendono gli interventi di riorganizzazione e potenziamento dei servizi delle cure primarie finalizzate all'assistenza 24 ore su 24, attraverso obiettivi, accordi che necessitano di un forte governo regionale. È davvero pericoloso e fuorviante pensare che il compito di provvedere al taglio di 1.300 posti letto sia assegnato ai direttori generali delle aziende sanitarie, in un contesto di estrema povertà regolatoria. Non si può tacere sul dibattito avuto in Commissione Sanità in merito all'articolo 7, poi abrogato, sulle RSA. È anche questo esemplificativo dell'alto livello di disorientamento raggiunto dalla pianificazione sanitaria. Dobbiamo riflettere su come sia stato possibile riproporre un fabbisogno di posti letto di RSA previsto nel 2003, senza tenere conto dell'evoluzione dei modelli di rete territoriale avviati negli ultimi dieci anni, in particolare per le cure domiciliari, dell'esigenza di ripensare la rete sociosanitaria e di potenziare i servizi sociali residenziali, senza un'approfondita valutazione del forte incremento della spesa regionale per l'assistenza in RSA rilevato negli ultimi due anni. La deliberazione citata (deliberazione della Giunta regionale n. 6/63 del 2003) prevedeva un fabbisogno di 4.350 posti letto di RSA, con un incremento pari a quasi tre volte l'attuale dotazione (1.680 posti letto); i costi gestione già in crescita negli ultimi tre anni, raggiungerebbero a regime un valore tendenzialmente superiore ai 173 milioni di euro all'anno, pari a circa 4 volte quelli registrati nel 2008. Infine, l'articolo 18, comma 3, prevede che "Gli atti aziendali delle aziende sanitarie sono elaborati conformemente alla presente normativa a seguito di apposita direttiva dell'Assessorato regionale in applicazione della legge regionale n. 10 del 2006, e gli stessi si applicano fino all'approvazione dei nuovi atti aziendali elaborati ai sensi dell'articolo 12, comma 2, della legge regionale n. 3 del 2009.". Questo vuole dire che, visti i tempi previsti per la definizione dei programmi di riordino della rete ospedaliera (almeno 150 giorni dall'approvazione del disegno di legge), e i tempi almeno altrettanto lunghi di approvazione da parte degli organi preposti (Commissione consiliare, Conferenza provinciale, Assessorato regionale) delle linee di indirizzo prima, e poi degli stessi atti aziendali, si può concludere che il loro concepimento sarà volontariamente interrotto prima che essi possano vedere la luce oppure, più probabilmente, quanto previsto dalla legge regionale n. 3 del 2009 (il riordino del SSR) non sarà mai attuato. Se poi si approfondiscono le relazioni di merito tra il disegno di legge n. 385 e il decreto legge 6 luglio 2012, n. 95 (Disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini nonché misure di rafforzamento patrimoniale delle imprese del settore bancario), (pubblicato il 7 luglio), ed in particolare le disposizioni contenute nella lettera c) del comma 13 dell'articolo 15, relative alla riorganizzazione della rete ospedaliera che il disegno di legge n. 385 deve recepire e si considera che dopo l'approvazione del disegno di legge in Commissione sono stati adottati a livello nazionale altri 2 importanti provvedimenti, risulta ancora più stringente la necessità di interrompere la discussione in Aula per riportarla in Commissione. Noi ci rendiamo disponibili a lavorare per far approvare entro il 31 dicembre il Piano Sanitario regionale. Nel dibattito generale è intervenuto l’on. Gallus (Pdl) che ha detto che il provvedimento, nonostante sia stato sottoposto a uno stravolgimento in commissione, merita l’approvazione. Auspico che ci sia il voto finale dell’intera maggioranza. L’on. Espa (Pd) che ha chiesto alla maggioranza di ritirare questa legge e di lavorare per il Piano sanitario regionale. Come è possibile – ha detto – che una legge possa sostituirsi al piano sanitario regionale sulla decisione dei posti letto? Questo DL è uno strumento improprio che taglia fuori le comunità locali, i sindaci. In questo DL c’è un assalto ingiustificato alla legge 10. E’ una follia disciplinare per legge posti letto, residenze assistite, ecc. e’ una riforma pasticciata. La sanità non si può governare a colpi di articoli di legge , c’è bisogno di soluzioni condivise per una gestione virtuosa del settore. L’on. Vargiu (Riformatori sardi) ha detto che la sanità sarda va riformata, se non lo farà il Consiglio lo farò lo Stato che non conosce le nostre esigenze ma sa quanti soldi ci può dare. Il capogruppo dei Riformatori ha auspicato interventi radicali per razionalizzare la spesa che è di 350 milioni in più di quelli che ci assegna il Cipe senza però far calare la qualità dei servizi. Sulla sanità – ha affermato – non ci sono battaglie ideologiche da fare, ma ci deve essere condivisione. L’on. Campus (Sardegna è già domani) ha affermato che non si opporrà a che questa legge vada avanti. L’on. Campus ha criticato la giunta regionale che “in questi quattro anni non ha fatto nulla in materia sanitaria” e ha detto che “Il percorso di un piano sanitario prevede discussione e razionalizzazione”. Le responsabilità della situazione in cui versa il sistema sanitario regionale non è certo dell’assessore regionale attuale, unica colpa dell’assessore è quello di mantenere, con il suo voto da consigliere, in piedi questa legislatura. L’on. Mariani (Idv) ha detto che questo DL è l’ennesimo, inadeguato, tentativo di migliorare il sistema sanitario sardo. Il cuore di questo DL riguarda la rete ospedaliera, mi sarei aspettato – ha aggiunto - che allegato al DL ci fosse uno studio serio. Invece il tutto è delegato ai direttori generali delle ASL. Per Mariani Questo Dl è una perdita di tempo e non è condiviso neanche dalla stessa maggioranza. Siamo al paradosso – ha concluso - non c’è il piano sanitario regionale quindi non è fattibile una reale razionalizzazione della rete ospedaliera, quindi non ci puo’ essere la ridistribuzione dei posti letto. Questo DL deve essere rimandato in commissione. Il capogruppo del Pd Giampaolo Diana ha chiesto la verifica del numero legale dopo il voto, essendo presente il numero legale, i lavori sono proseguiti. L’on. Soru (Pd) ha denunciato che in questi ultimi 4 anni niente è stato fatto neanche in materia sanitaria. Il 50% di quanto viene speso in Sardegna – ha detto - viene speso in sanità. E la politica ha smesso di governare la sanità. Tanto è vero che per il 2011 stiamo arrivando a un disavanzo di 310 milioni di euro. L’ex presidente della Regione ha ricordato che nella scorsa legislatura era stato redatto un piano sanitario con il ridimensionamento rete ospedaliera. Il Piano sulla rete ospedaliera è caduto per un cavillo procedurale e quindi è stato cassato dal Tar. Dopo quattro anni mi sarei aspettato – ha proseguito - che il piano sanitario e della rete ospedaliera fossero ripresentati , ma nullo è stato fatto. Così il disavanzo esplode in progressione geometrica. E ora arriva questo DL che affida il Piano di ridimensionamento della rete ospedaliera dando mandato ai direttore generali delle Asl di decidere. Per Soru questo è incomprensibile. In questa Regione se dobbiamo approvare il piano dei trasporti, dell’energia, delle foreste lo deve approvare l’aula. Al contrario, il piano delle rete ospedaliera lo devono fare i direttore generali delle Asl. Questo Consiglio regionale sta abdicando al suo ruolo. Questo DL è un passo “terribile” – ha concluso - in cui stiamo dicendo che questo Consiglio regionale non ha competenza sulla sanità. Stiamo percorrendo una strada sbagliata.
I lavori si sono conclusi riprenderanno alle 16 e 30. (R.R.)