CONSIGLIO REGIONALE DELLA
SARDEGNA
XIV LEGISLATURA
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Nota stampa
della seduta n. 249 del 20 settembre 2011
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Testo unificato n°1-7/NAZ/A – Modifica dell’art. 16 della legge costituzionale 26 febbraio 1948 n° 3 (Statuto Speciale per la Sardegna) concernente la composizione del Consiglio regionale
Cagliari, 20 settembre 2011 - La seduta si è aperta sotto la presidenza della Presidente Lombardo. Dopo le formalità di rito, intervenendo sull’ordine del lavori, il capogruppo dell’Udc-Fli on. Giulio Steri ha chiesto la breve sospensione della seduta per poter tenere una riunione della conferenza dei capigruppo. La richiesta è stata accolta. Alla ripresa dei lavori, l’assemblea ha avviato l’esame dell’ordine del giorno e la Presidente Lombardo ha dato la parola al relatore della legge in esame on. Pietro Pittalis. L’on. Pietro Pittalis (Pdl) ha ricordato il dibattito svoltosi in commissione Autonomia con la partecipazione di tutte le forze politiche, “che ha portato all’unificazione delle due proposte di legge presentate sulla materia, entrambe che prevedevano la riduzione dei consiglieri regionali da 80 a 60, così come un disegno di legge della giunta regionale, che però è stata stralciato dalla discussione per motivi procedurali”. Si è trattato di una discussione aperta e priva di condizionamenti esterni, ha proseguito Pittalis, di cui “peraltro, il consiglio regionale si è era già occupato, affrontando il problema della riduzione dei costi della politica e inquadrandolo, al di là del numero dei consiglieri regionali, in un progetto di riforma più complessivo esteso all’amministrazione regionale ed al sistema delle autonomie locali”. Con la sua proposta, ha detto ancora l’esponente del Pdl, “abbiamo dimostrato di saper trovare al nostro interno la capacità di autoriforma, esprimendo la chiara volontà di rifiutare imposizioni dal livello nazionale. Nel panorama delle regioni, inoltre, la soluzione prescelta appare particolarmente equilibrata anche in raffronto ad altre realtà analoghe”. Dopo aver ricordato i precedenti tentativi di riforma del ’77 e del ’93, entrambi non andati a buon fine, il presidente della commissione Autonomia ha concluso affermando che “sarebbe sbagliato considerare questa legge la madre delle riforme, perchè c’è molto da cambiare a cominciare dallo Statuto ma, a volte, per voler fare tutto, si rischia di non fare niente; meglio procedere sulle cose possibili. La riduzione del numero dei consiglieri, in ogni caso, va necessariamente accompagnata da una riforma della legge elettorale, già all’ordine del giorno della commissione; ci sono significative convergenze tanto sulla eliminazione del listino regionale, quanto sull’esigenza di garantire una forte rappresentanza territoriale. E’auspicabile quindi la prosecuzione del percorso riformatore, possibilmente con lo stesso spirito costruttivo che ha contraddistinto questa prima fase di dibattito”. (A.F.)
Dopo aver aperto la discussione generale, la presidente Claudia Lombardo ha dato la parola per primo a Roberto Capelli (Api, Gruppo Misto) che ha esordito ricordando come un anno fa “sulla spinta dei colleghi sardisti fu votato un ordine del giorno che apriva la stagione delle riforme quando ancora non eravamo sotto la deflagrante spinta che ha portato il Parlamento italiano a proporre la propria idea di riforma”.
Capelli ha espresso tutti i suoi dubbi sul metodo che sta alla base del testo unificato in esame: “Viene presentata una proposta che riguarda la riduzione dei consiglieri regionali e su questo trova il mio pieno accordo, ma quale ragionamento ha mosso questa scelta? Perché cinquanta consiglieri e non quaranta, o trenta o venti, fino ad arrivare al governatore unico”. Il consigliere del gruppo Misto ha tenuto a sottolineare che già in passato con i colleghi dell’Udc era stata proposta una riduzione a sessanta consiglieri, ma accompagnata da una legge elettorale. “La riduzione – secondo Capelli - deve seguire dei principi cardine che garantiscano un’adeguata rappresentanza. Il rischio è la mancata rappresentanza territoriale e il bipartitismo che cancella forze politiche cosiddette minori”. Nella convinzione di Capelli è corretto individuare come fondamentale la riduzione dei consiglieri ma non come risposta populista e demagogica alla piazza. Una modifica come quella della composizione del Consiglio regionale richiede per l’esponente dell’Api necessariamente una legge elettorale e un percorso che passi per il confronto con la società civile e le parti sociali e che preveda una serie di riforme che riguardano tutto il sistema Sardegna.
Capelli si è domandato se si stia facendo una cosa giusta “sbrigando la pratica della riduzione dei consiglieri senza prevedere nient’altro”. L’esponente del gruppo Misto ha infine esortato tutti i colleghi a mettersi al lavoro per avviare immediatamente un percorso intenso e veloce che porti a riforme più complessive e integrate. (MP)
L’on. Radouan Ben Amara (Sel-Comunisti-Indipendentistas) ha dichiarato che, a suo avviso, “è prioritario tenere conto di tutte le realtà territoriali, perché la drastica riduzione penalizzerebbe le aree più deboli, più povere e meno abitate della Sardegna, oltre che le formazioni politiche minori”. In questo processo riformatore, dunque, è indispensabile per l’on. Ben Amara “coinvolgere la società civile in tutte le sue articolazioni, avendo ben chiaro che prima bisogna affrontare la legge elettorale e distribuire i seggi in maniera equilibrata. Uguaglianza, del resto, è principio sacrosanto della politica, è garanzia di libertà di opinione. Non basta, sotto questo profilo, l’affermazione di principio contenuta nella risoluzione della commissione, perché potrebbe mettere sullo stesso piano con una certa ambiguità i costi della politica, che sono anche costi della democrazia”. Nessuna riforma, ha proseguito l’esponente della Sinistra, “deve rivelarsi punitiva della democrazia dimenticando di guardare, ad esempio, ai costi del sistema delle autonomie locali e, ancora di più, dell’economia e della finanza, pubblica e privata. Dobbiamo evitare che la politica sia surrogata dai gruppi di interesse e dalla tecnocrazia”. La proposta, ha concluso Ben Amara, “per certi aspetti è valida ma è certamente incompleta. Il problema non sta nel numero, se si rinuncia ad esprimere il vero pluralismo della società sarda ed alla capacità di rappresentare tutte le sue istanze”.
L’on. Efisio Planetta (Psd’Az), in apertura, si è associato in buona parte alle osservazioni critiche dell’on. Capelli. Ha sottolineato, in particolare, che “quello in esame è un testo nato male, da un genitore biologico che non siede in consiglio, anche se il vero padre sarà quello che andrà a registrare il nascituro all’anagrafe, in linea con il principio di riduzione della spesa pubblica stabilito dalle istituzioni internazionali, europee e nazionali”. In realtà, ha affermato l’on. Planetta, “si è voluto inseguire la benevolenza ed il facile consenso presso la pubblica opinione. Avevamo annunciato una stagione costituente ed un nuovo Statuto e a questo punto sarebbe facile ironizzare sui risultati raggiunti, sulle tante mozioni e sui numerosi ordini del giorno che non sono serviti a nulla e a nessuno”. Quale autonomia, si è chiesto Planetta, “ha saputo esprimere la commissione che si chiama con questo nome mentre la Sardegna è chiamata a rispondere pesantemente di una bancarotta di cui non ha responsabilità ma casomai è vittima? Quanto al taglio dei rappresentanti eletti, il criterio più corretto dovrebbe essere ispirato al rapporto fra territorio e popolazione, come avviene in altri contesti nazionali ed europei, mentre invece assistiamo ad una ulteriore cessione di sovranità in una regione già soggetta ad inaccettabili imposizioni da parte dello Stato italiano”.
(A.F.)
Gian Valerio Sanna, Pd, ha ripercorso poi il cammino delle proposte sulla riduzione dei consiglieri regionali in commissione e ha sottolineato la costante disponibilità dell’opposizione a seguire un percorso di riforme condivise: “Le nostre riforme devono camminare, per la delicatezza della materia e il ritardo con cui la si affronta, con assoluta coesione, come valore principale dell’azione riformista”. Sanna ha ricordato che l’opposizione aveva dato una traccia con la Statutaria, ma non ha mai chiuso la porta a un intervento sullo Statuto. “Non abbiamo mai negato la partecipazione costruttiva con proposte e linee guida – ha affermato Sanna – ma quell’ordine del giorno di un anno fa costituiva per noi il punto di riferimento unico”. Secondo l’esponente dei Democratici nelle ultime riunioni della Prima commissione c’è stata un’accelerazione improvvisa “con una proposta dell’ultimo minuto condizionata a un’approvazione immediata”. Per Sanna ciò che ha mosso la presentazione del testo unificato in esame dell’Assemblea è “una confusione di base che palesa la nostra inadeguatezza”. “Dobbiamo avere il coraggio di dire che anche approvando questa legge non è vero che il Consiglio sarà composto da cinquanta consiglieri; ci saranno invece nominati ed eletti, territori non rappresentati e nessun conflitto di interessi regolato”. La parola d’ordine per l’esponente del Pd è Costituente, attraverso l’individuazione di un percorso che comprenda prima il confronto sulla forma di governo e poi la legge elettorale, non solo la composizione del Consiglio regionale. Per Sanna la proposta sul tavolo è stata presentata “come risposta alla pressione di uno Stato che minaccia la riduzione a trenta consiglieri e dimostra che noi, Regione a Statuto speciale, ci facciamo intimorire”. Il rischio secondo Sanna è che molti territori saranno lasciati a se stessi “e se lasceremo senza cittadinanza molti nostri territori lì sì che si insinueranno le sacche della ribellione e dell’antipolitica”. “Nessuno di noi – ha concluso Sanna - mette in discussione l’opportunità di ridurre i consiglieri, ma in questo modo e con questo processo non siamo credibili”.
A difesa del testo è intervenuto invece il consigliere del Pdl Gian Vittorio Campus che ha definito il tentativo di riforma “incompiuto, incompleto e insufficiente ma necessario”. Campus concorda sul fatto che siano necessarie anche altre riforme e per questo ha ricordato di aver già presentato una proposta di riforma della legge elettorale che possa modificare il tipo di governo all’interno della nostra struttura democratica. “Noi abbiamo il dovere di rappresentare i cittadini che ci hanno mandato qui per esprimere la loro voce – ha affermato il consigliere della maggioranza - E’ sì necessaria una legge elettorale che dia una rappresentanza territoriale e di tutte le componenti politiche, ma se non facciamo qualcosa non avremo risolto il problema”.
Campus ha poi spiegato la ragione della scelta del numero di cinquanta consiglieri che a suo parere “garantisce una rappresentanza adeguata a tutte le circoscrizioni elettorali, ma – ha sottolineato - per fare ciò è comunque necessario eliminare il listino, un’aberrazione dell’attuale sistema elettorale”. Per Campus si può portare avanti il testo e lasciare che compia l’iter della doppia lettura parlamentare e nel frattempo portare avanti la riforma degli enti locali e della legge elettorale “in maniera tale da poter essere sereni nel confrontarci con i sardi che noi rappresentiamo”. (MP)
Assume la presidenza dell’assemblea il vice presidente Cossa.
L’on. Tarcisio Agus (Pd) ha definito “apprezzabile il lavoro svolto dalla commissione in un momento obiettivamente difficile; era giusto dare un segnale, una espressione concreta di ridurre i costi della politica facendo salvi i principi della democrazia e della rappresentanza democratica. Però è importante che il consiglio regionale, con questo provvedimento, eviti il rischio di accontentarsi di dare qualcosa in pasto al popolo per poi esaurire il processo riformatore, che richiede invece interventi ben più ampi”. Fra questi, l’on. Agus ha suggerito “la legge elettorale, la legge statutaria, la necessità di confrontarsi anche sulla forma di governo; l’esperienza dell’elezione diretta del presidente è importante ma ha avuto luci ed ombre. Si possono introdurre elementi di riequilibrio, come il voto di fiducia da parte dell’aula, più vincoli all’esecutivo sulla programmazione finanziaria, ed un consiglio più snello capace di concentrarsi sulla qualità della produzione legislativa”. Dobbiamo essere all’altezza di una regione a statuto speciale che vuole essere davvero autonoma, ha continuato Agus, “anche nel suo modello organizzativo con un processo avanzato di federalismo interno, con due aree metropolitane a Cagliari e Sassari ed il resto del territorio diviso in distretti. Questo può essere davvero il momento di avvio delle riforme. Se rispetteremo gli impegni presi la gente capirà. Dobbiamo evitare di restare in mezzo al guado, perché allora rischieremmo davvero di tenerci il listino e la legge nazionale, ricadendo negli stessi errori dello Stato che, pressato dalla pubblica opinione, ha tagliato indiscriminatamente risorse finanziarie, rappresentanze politiche e istituzionali. Crediamo che le riforme istituzionali non siano a favore o contro una parte politica ma appartengano a tutti i sardi.”
L’on. Paolo Maninchedda (Psd’Az) ha invitato l’assemblea a guardarsi intorno, chiedendosi “se scozzesi e catalani avrebbero accettato di farsi imporre dai rispettivi governi centrali il numero dei propri parlamentari”. Questa legge, ha affermato, “è un gravissimo errore politico, nel metodo e nel merito e così com’è non la voterò. E’ frutto di minorità culturale, nasce dalla minaccia dello stato italiano, rispetto alla quale il consiglio regionale ha avuto una reazione timida: altri avrebbero fatto ben altro. Perché lo stato italiano ha inserito certe riforme istituzionali dentro la manovra economica, dove invece non ci sono le norme che ci volevano, in materia di economia, di fisco, di finanza? L’obiettivo della indignazione popolare non è mai stato nel numero, ma nell’indifferenza dei consiglieri regionali di fronte alla drammaticità della crisi che la regione attraversa. Avremmo molto più consenso se ci riducessimo le indennità del 40%, stiamo sostituendo la casta con un’altra casta e privilegi ancora maggiori”. La vera manovra nascosta, anche a livello nazionale, è secondo Maninchedda “quella di far passare una ulteriore accentuazione del presidenzialismo riducendo gli spazi di rappresentanza, dando vita ad una democrazia senza contrappesi. La regione, al contrario, dovrebbe qualificarsi per un esercizio di sovranità e dovrebbe farlo al più presto proponendo la revisione del patto di stabilità. Rispondendo all’on. Campus, ha contestato l’impianto della sua proposta presidenzialista, che si regge solo sulla paura di un potere che può sciogliere il consiglio”. Nel suo insieme, per l’esponente sardista, “comprime non solo le rappresentanze politiche ma le storie e le identità di un popolo”.
Dopo l’on. Maninchedda la Presidente Lombardo ha dichiarato chiusa la seduta. I lavori del consiglio riprenderanno domani alle 12.00, mentre per le ore 10.00 è convocata la commissione d’Inchiesta sulla mancata applicazione delle leggi regionali. (A.F.)