CONSIGLIO REGIONALE DELLA SARDEGNA
XIV LEGISLATURA

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Nota stampa
della seduta n. 138 del 22 settembre 2010

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Illustrazioni mozioni n. 80 (SECHI - e più) sull'affermazione del diritto di autodeterminazione dei popoli in funzione del più efficace contrasto all'aggressione e progressivo indebolimento dei valori di libertà, di uguaglianza e solidarietà politica, economica e sociale tra le comunità nazionali, linguistiche e culturali in Sardegna, in Italia e in Europa; n. 81 (Mario Diana - e più) sulla riscrittura dello Statuto di autonomia della Regione autonoma della Sardegna; n. 82 (Zuncheddu - e più) sulla riscrittura dello Statuto sardo e sull'apertura, con lo Stato italiano, del processo di sovranità e indipendenza; n. 85 (Vargiu - e più) sul ruolo dell'Assemblea costituente del popolo sardo; n. 87 (Bruno e più) sulla formulazione di un ordine del giorno voto al Parlamento (articolo 51, comma 1, dello Statuto sardo

Cagliari, 22 settembre 2010 – I lavori si sono aperti sotto la presidenza dell’on. Claudia Lombardo. All’ordine del giorno l’illustrazione delle mozioni sulle riforme.
La prima mozione ad essere illustrata è stata la n. 80 (Sechi e più) sull'affermazione del diritto di autodeterminazione dei popoli in funzione del più efficace contrasto all'aggressione e progressivo indebolimento dei valori di libertà, di uguaglianza e solidarietà politica, economica e sociale tra le comunità nazionali, linguistiche e culturali in Sardegna, in Italia e in Europa. La mozione è stata illustrata dall’on. Sechi (Comunisti – la Sinistra sarda – Rossomori) in catalano, perché la lingua sarda – ha sottolineato - ha pari dignità. La mozione che abbiamo presentato – ha detto – presenta molti elementi di novità rispetto alle altre mozioni. Questa mozione impegna il Presidente della Regione e la Giunta regionale a promuovere la revisione dello Statuto e la conseguente approvazione da parte del Consiglio regionale, ai sensi dell'articolo 54 della legge costituzionale n. 3 del 1948, in funzione del raggiungimento degli obiettivi di riforma indicati in premessa, con la partecipazione attiva dell'intero sistema istituzionale locale, delle organizzazioni politiche e sociali, del mondo della cultura e della solidarietà, nelle forme di legge più idonee a qualificare detta partecipazione. La mozione, inoltre, sottopone la proposta di revisione, ai sensi dell'articolo 54 dello Statuto sardo, alla valutazione e alla sottoscrizione dei cittadini sardi in tutti i comuni della Sardegna. Sechi ha poi proseguito il suo intervento in lingua italiana come imposto dal Regolamento che – ha aggiunto – non condivido ma rispetto. Occorre oggi recuperare – ha aggiunto - un sentimento identitario. La Sardegna ha un territorio ben delineato, una lingua propria, una coscienza chiara della sua peculiarità, una storia millenaria, una sua economia. Il popolo sardo può aspirare all’indipendenza ma avere uno Stato proprio non risolve certo tutti i problemi. Per avere uno Stato proprio ci vuole la reale e precisa volontà della maggioranza del popolo. Una nazione senza Stato corre il pericolo di scomparire. Noi nella nostra mozione prendiamo atto che sono maturi i tempi per la revisione dello Statuto. Solo con uno Statuto moderno la Sardegna può rivendicare – ha concluso – il ruolo che le spetta: diventare terra di amicizia e di sponda tra i popoli del Mediterraneo.
La mozione n. 81 (Mario Diana e più) “Sulla riscrittura dello Statuto di autonomia della Regione autonoma della Sardegna” è stata illustrata da Mario Diana (Pdl). Questa mozione impegna il Consiglio regionale ad approvare una proposta di legge costituzionale da inviare alle Camere per affermare il diritto del Popolo sardo al suo pieno autogoverno. Nella mozione si chiede, inoltre, di realizzare il federalismo interno secondo il principio di sussidiarietà, coesione sociale e tutela delle piccole comunità e delle minoranze linguistiche, di difendere e sviluppare l'ecosistema sardo e di difendere la libertà d'impresa ed il diritto al lavoro, accrescere il benessere e la qualità della vita di tutti i cittadini sardi; rendere migliore la coabitazione del Popolo sardo e degli altri popoli della Repubblica, dell'Europa e del mondo, assicurare un ruolo autonomo della Sardegna nei processi di formazione delle decisioni in seno all'Unione europea; di incentivare il ruolo e la vocazione euro-mediterranea della Sardegna. Questa sessione di lavori - ha detto il capogruppo del Pdl - è da ascrivere a uno dei fatti più rilevanti delle ultime tre legislature. Gli argomenti di oggi possono dare risposte per i prossimi 60 anni. E’ limitativo parlare solo di riforma dello Statuto. Mario Diana ha detto di essere convinto che il nuovo testo costituzionale debba essere scritto in Consiglio regionale. In questa battaglia – ha aggiunto - dobbiamo essere tutti uniti. Dobbiamo scrivere uno Statuto che non sia un punto fermo, non possiamo permetterci di avere uno statuto statico. Con il nuovo Statuto dobbiamo veicolare lo Stato verso una forma di devoluzione che può aiutare e non creare problemi. Noi dovremmo aiutare lo Stato a devolvere, a partecipare. Noi dobbiamo scrivere una legge attenta che non può sbagliare, non deve essere impugnata e deve essere espressione della reale volontà del popolo sardo. Noi non chiudiamo le porte a nessun tipo di proposta – ha concluso il capogruppo del Pdl - perché in questa materia non ci devono essere distinzioni di parte. E’ poi stata illustrata la mozione n.82 (Zuncheddu e più) che impegna il Parlamento e la Giunta regionale a mettere in atto le riscrittura dello Statuto sardo per la rottura dei processi di dipendenza dallo Stato italiano e l’apertura di una nuova stagione di processi di sovranità e indipendenza. L’on. Claudia Zuncheddu ha esordito presentando la mozione in lingua sarda, precisando subito che l’esistenza di una regola che la obblighi a continuare a leggere il resto del testo nella “lingua dei dominatori coloniali, sia un’offesa per il popolo sardo”. “In questa assemblea i valori di sovranità e autodeterminazione sul significato identitario della Sardegna – ha spiegato il segretario del Consiglio regionale - meriterebbe un trattamento in lingua sarda”. Per la componente della V Commissione, il momento di grande crisi economica vissuto dalla nostra regione richiede che si affronti “il tema dell’identità” con maggiore incisività . “Esiste un popolo sardo, una storia, una cultura in una lingua - seppur tagliata - esistono tutti i presupposti per ribadire che la Sardegna è una nazione, questo è il mio indipendentismo”, ha spiegato ai consiglieri in Aula. Gli obiettivi posti dalla mozione vanno nella direzione di un rafforzamento dell’indipendentismo della Sardegna, “già riconosciuto dallo Statuto del 1948, seppur così mal applicato”, e nel riconoscimento dell’autodeterminazione e autogoverno del popolo sardo, “in quanto popolo ed etnia”. “Abbiamo vissuto il dramma di 60 anni di autonomia che avrebbe dovuto togliere la Sardegna dalla miseria e dal sottosviluppo, ma così non è stato”, ha accusato Zuncheddu, precisando come in questi anni sia aumentata “la sudditanza coloniale rispetto allo Stato italiano”. Una situazione che ha finito con il “mortificare la volontà del popolo sardo, riducendolo in miseria poiché altrove venivano dirottati i soldi per lo sviluppo”. Sarebbe stata la borghesia “compradora”, secondo la consigliera dei Rosso Mori, ad arricchirsi con quel denaro e “cammin facendo si è radicata all’interno delle istituzioni”. Per questo, spiega, le responsabilità sono da ricercarsi nella azioni della classe politica sarda, chiamata “in causa a rispondere della grande crisi in corso e a prendere dei provvedimenti”. Secondo la Zuncheddu, perché possano dirsi rispettate la sovranità popolare e l'identità nazionale dei sardi è necessario che tale processo di riscrittura non resti “prerogativa esclusiva del Consiglio regionale o di sue commissioni”. Nella mozione, è quindi fatta esplicita richiesta che il popolo sia parte attiva del nuovo processo costituente anche attraverso un referendum popolare. Infine, poiché l’autodeterminazione e l’indipendenza nazionale possano attuarsi nella loro interezza, i firmatari della mozione chiedono al Consiglio di impegnarsi a garantire la sovranità sul proprio territorio “smilitarizzando le aree gravate da servitù militari, bonificando i siti gravati da servitù militari e industriali, restituendo i fondi dovuti ai sardi derivanti dalle entrate fiscali, dai fondi FAS e comunitari sottratti in modo illegittimo dallo Stato italiano al nostro popolo”. La mozione fa anche riferimento all’attuale crisi economica, chiedendo uno stanziamento “urgente” di fondi e la costituzione di una flotta marittima propria “per garantire la continuità territoriale di persone e merci”. “L’indipendenza non possiamo chiederla per gentile concessione, sarà un processo molto lungo”, ha concluso Zuncheddu, e rivolgendosi ai consiglieri di centrodestra ha dichiarato: “In questo consiglio abbiamo avuto molte opportunità per esercitare la sovranità della Sardegna sullo stato italiano, e questo non è stato fatto”.

L’on. Pierpaolo Vargiu (Riformatori) ripercorre la storia della proposta di istituire un’assemblea costituente. “In passato ci furono poste alcune obiezioni, per il fatto che la costituente fosse solo uno strumento e per la mancanza di contenuti. Ma si sono persi 15 anni e i fatti hanno dato ragione a noi. La Costituente era essa stessa sostanza e momento di crescita, identità di popolo”. Sul tema dell’indipendenza il capogruppo dei Riformatori si è espresso così: “la nostra posizione è nota, noi ci sentiamo sardi e italiani, abbiamo il senso di appartenenza all’ Italia e all’Europa. Il concetto di indipendenza non è solo un progetto politico, ma anche e soprattutto sentimento”. “Il contesto nazionale del federalismo è asimmetrico: qualcuno ci guadagna e qualcuno perde. È quindi necessario conoscere il nostro destino, in modo da attrezzarci. In Sardegna abbiamo una situazione particolare, diversa da tutti gli altri. Da noi i servizi di base devono essere garantiti a costi che sono diversi da altre Regioni. Rischiamo di scivolare sempre più in basso. Vogliamo invertire il trend del piano inclinato? Cosa stiamo facendo in quest’aula? La risposta la lascio a voi. Non è pensabile che non ci poniamo alcun obiettivo. Non siamo chiamati a litigare, ma a fare gli statisti”, ha quindi concluso l’on. Vargiu.
L’on. Mario Bruno (PD) ha posto l’accento sulla contestuale riforma federale dello Stato. “Ecco perché è importante proporre e partecipare attivamente a questo processo. Se falliremo, saranno altri a decidere per noi. La sfida è alta e ambiziosa: non fermiamoci al contenitore, ma iniziamo a confrontarci sul percorso, per arrivare alla riscrittura dello Statuto. Un compito importante, per cui serve il coinvolgimento di tutti, cittadini e forze sociali. L’ordine del giorno-voto può essere quell’atto solenne che apre il vero confronto con lo Stato”. Un percorso non semplice, ribadisce il capogruppo del PD, ma “alla fine del dibattito la Prima Commissione dovrà lavorare e condurre l’aula a un risultato concreto. Lo Statuto infatti arriva nelle case, ha ricadute concrete. Con l’art.8 abbiamo attuato lo Statuto per la vertenza entrate. Il risultato non è un risarcimento per i danni subiti, ma è la conferma della nostra specialità”. “Oggi è il momento di fare un passo avanti: lingua, cultura, trasporti”, ha proseguito l’on. Bruno, “Funzioni speciali ed essenziali, che generano costi speciali che altri non hanno. Sottraiamo discrezionalità ai governi nazionali, talora amici, talaltra meno. Dobbiamo essere capaci di scrivere una nuova rete di regole, senza contrapporre al federalismo nazionale un neocentralismo regionale. L’autonomia speciale conosciuta finora è finita. Vogliamo vengano riconosciuti i valori della nostra diversità, con un Patto costituzionale tra uguali, in un contesto di vera sussidiarietà e fraternità. L’Ordine del giorno-voto”, ha concluso l’on. Bruno, “è uno strumento che vogliamo utilizzare. Ci sono le premesse per un buon lavoro. Sta a noi il compito di cogliere la sfida con serietà”.
Per l’on. Chicco Porcu (PD), l’obiettivo principale diventa oggi quello di verificare se esista un percorso, un metodo condiviso, per non bloccare sul nascere percorso di riscrittura dello Statuto. “Ribadiamo la disponibilità del gruppo del PD. Ma serve una discussione sul merito. Dobbiamo essere chiari: resteremo fermi sulle nostre posizioni. Si parla oggi di indipendenza, di sovranità, di autonomia. Spesso con posizioni antitetiche: o restiamo nell’ambito del patto costituzionale, e restiamo autonomisti; o lo rompiamo e diventiamo indipendentisti. La Sardegna non è la Catalogna, che è più simile alla Lombardia. Qui c’è il rischio di una concezione leghista del federalismo”. “Le riforme sono un mezzo per promuovere i diritti dei sardi”, ha proseguito l’on. Porcu, “noto che purtroppo in altre mozioni non si parla di perequazione, ed in quelle del centrodestra sembra si sia alleati dei sardisti nell’Isola e dei leghisti a Roma”. L’esponente del PD pone quindi l’accento sui tempi. “Occorre fare presto. Dodici mesi sono troppi, perché intanto il governo va avanti col federalismo fiscale e con i costi standard. Non c’è tempo per assemblee costituenti.La Commissione speciale e allargata, di cui si è parlato, dovrebbe approvare il nuovo Statuto in non più di 4 mesi, dopo aver sentito tutte le parti sociali. Poi ci dovrebbe essere il referendum consultivo, in massimo altri 60 giorni. La nostra discussione sarà utile”, ha concluso l’on. Porcu, “se si chiude in 4-6 mesi. Altrimenti perderemo l’appuntamento con la storia. Poi sappiamo che difficilmente verrà approvato dai due rami del Parlamento, ma approvarla all’unanimità, col consenso dei cittadini, ha un senso per dare maggiore forza alla nostra negoziazione con lo Stato”.
Conclusa l’illustrazione di tutte le mozioni la presidente del Consiglio ha chiuso la seduta. I lavori riprenderanno questo pomeriggio alle 16,30.