CONSIGLIO REGIONALE DELLA
SARDEGNA
XIV LEGISLATURA
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Nota stampa
della seduta n. 24 del 9 giugno 2009
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Celebrato con una seduta solenne il Sessantesimo anniversario della prima riunione del Consiglio regionale
Cagliari, 9 giugno 2009 – La seduta solenne del Consiglio per celebrare il 60esimo anniversario della Prima riunione del Consiglio regionale è stata aperta dal discorso della Presidente del Consiglio On. Claudia Lombardo.
“Erano le 11.20 del 28 di maggio di sessant’anni fa – ha ricordato la presidente- quando, presso l’Aula del Consiglio Comunale di Cagliari, si insediò il primo Parlamento della storia autonomistica. Il clima era quello di svolta epocale, il presidente provvisorio dell’Assemblea Angelo Amicarelli parlò di: << inizio del Risorgimento della Sardegna che fu sogno di generazioni >>.
Ripercorrendo le tappe salienti di quelle vicende, l’on. Lombardo si è riferita alla chiamata alle urne del popolo sardo per dare espressione, con voto popolare e democratico a suffragio universale diretto con sistema proporzionale, alla massima Assemblea dell’Isola, affidò ai primi legislatori regionali il difficile compito di costruire la nuova realtà istituzionale sarda.”. Si voleva creare un nuovo e moderno tessuto sociale, economico e culturale. Avviare l’Isola verso l’industrializzazione, per metterla al passo delle regioni più progredite. Avviare, in concorso con lo Stato, le grandi riforme agricola, della formazione e istruzione, per dare ai sardi gli strumenti e servizi per confrontarsi alla pari con le popolazioni più avanzate del continente italiano ed europeo. Come ha ricordato, molti erano gli interrogativi, i dubbi e le paure per un futuro che ancora ai più appariva incerto. Ma l’opera dei nostri legislatori era sorretta da una ferrea volontà, che sempre emerge nel nostro popolo nei momenti di massima difficoltà. In tutto questo contesto il Consiglio Regionale ha svolto una funzione essenziale. E’ stato lo strumento che ha consentito al popolo sardo di lottare per il proprio futuro. Il Popolo sardo ha preso coscienza di non essere più periferia in Italia e in Europa.
“Da quel 28 maggio sono passati sessant’anni, - ha detto Lombardo- anni caratterizzati da un costante impegno della classe politica sarda per il compimento dell’imponente trasformazione che, nel succedersi degli anni, ha modificato la nostra società portandola verso traguardi di modernità e di grandi conquiste sociali. Nonostante le crisi che ciclicamente, in maniera endemica, colpiscono la nostra economia, questa è una Regione che è molto cresciuta rispetto agli anni dell’immediato dopo guerra. Di questo va dato atto alle classi dirigenti che si sono succedute nel governo dell’Isola, portando a compimento la monumentale opera di costruzione o, se vogliamo, di creazione della nuova Regione Autonoma. Ma questo non significa che l’opera sia giunta a compimento, tali e tanti sono gli impegni che ci attendono per colmare gli ancora evidenti ritardi nello sviluppo, rispetto a regioni più avanzate d’Italia e d’Europa , da richiedere una nuova stagione di grande impegno della politica sarda”.
Dopo aver ricordato che la crisi che ha colpito tutti i mercati internazionali sta creando difficoltà aggiuntive alla nostra economia,ha sottolineato che la nostra particolare condizione geografica ha agito da moltiplicatore, e siamo chiamati a reagire a questa negatività, rinsaldando lo spirito unitario del Popolo sardo per superare le difficili sfide che ci attendono con uno slancio generoso e solidale.
Ha sottolineato il valore della cultura identitaria con i connotati della nazionalità e della statualità, avendo propria lingua, propria terra, proprie tradizioni e costumi.
La presidente Lombardo ha quindi ripercorso a grandi passi le trappe principali dello sforzo per lo sviluppo del popolo sardo. “La legge sul federalismo fiscale –ha poi detto- recentemente approvata in via definitiva, oltre a dare piena attuazione al dettato dell’articolo 119 della Costituzione, in materia di fiscalità agli enti locali, ci ha conferito uno storico riconoscimento: quello del principio di Insularità che consente l’adozione di apposite misure di compensazione alle diseconomie imputabili alla nostra particolare condizione geografica”
In Sardegna, recentemente, si è rinvigorito il dibattito sulla necessità di una rivisitazione critica della nostra Carta di Autonomia Speciale. E questo certamente non per effettuare una semplice perifrasi di quella esistente ma, per dotarci di una nuova Carta costituzionale sarda, originale moderna e avanzata sulle prerogative autonomistiche e di una nuova consapevolezza identitaria e nazionale sulla quale basare i presupposti per la riscrittura delle norme fondamentali che regolano la nostra autonomia e sostengono le ragioni della nostra specialità. Una specialità che, a detta di alcuni, potrebbe essere minacciata e scomparire in un futuro ordinamento federale della Repubblica. Certamente NO! La nostra specialità deriva da diritti storici, frutto di processi ultrasecolari, che non possono essere dimenticati. I sardi, e il loro Parlamento regionale, non intendono rinunciare alla loro specialità in nome di una ipotetica parità di impronta federale. Ciò rende possibile affermare che fino a quando esisterà una terra e un popolo di Sardegna, questi all’interno dell’ordinamento statale della Repubblica saranno connotati dai caratteri della nostra specialità.
Per questo dobbiamo prendere coscienza che, seppure all’interno della unità e indivisibilità dello Stato oggi chiamato Repubblica italiana e nel quale convintamente ci riconosciamo, siamo Popolo e Nazione.
Per farlo –ha ricordato Lombardo- questo Consiglio della XIV° Legislatura regionale, deve partire dall’affermazione di se stesso attraverso l’assunzione del principio che noi rappresentiamo e siamo il POPOLO SARDO. Il nostro ruolo di legislatori regionali, e ogni nostra azione politica conseguente, deve essere incentrato a promuovere l’unità spirituale dei sardi ben consapevoli che: le nostre radici affondano nel cuore di questa terra dalla quale l’Assemblea trae ispirazione e forza per governare il Popolo sardo.
Ha quindi preso la parola il Presidente della Regione, Ugo Cappellacci.
L’evento che si celebra, ha ricordato Cappellacci, ci ricorda che con quell’atto “La democrazia era comunque una realtà e la conquista autonomista era un risultato senza precedenti nella storia della Sardegna. Occorre testimoniare con forza il valore positivo in tutti i sensi dell'esperienza Autonomistica della Sardegna che ampiamente sovrasta i non pochi elementi di negatività da noi tutti conosciuti. I risultati dell'Autogoverno esercitato attraverso il lavoro legislativo, d'indirizzo e di controllo di intere generazioni di Consiglieri regionali, sono evidenti a tutti ed hanno cambiato il volto della Sardegna e la vita dei Sardi. Tuttavia occorre riaffermare con decisione la necessità irrimandabile della riscrittura del nostro Statuto d'Autonomia speciale. Questo obiettivo è uno dei cardini del programma politico della coalizione che ha vinto le elezioni”.
Dopo aver ricordato che “è' stata elaborata una proposta completa ed articolata, condivisa nelle sue linee portanti e di principio da tutta la coalizione di centrodestra, creando le condizioni di condivisione culturale e politica all'accordo programmatico con il Psd’Az”, il Presidente ha sottolineato la scelta federalista e nazionalitaria, liberale, moderata e non massimalista”. Si tratta della sfida strategica della legislatura.
“Certamente nello spirito e nel programma della maggioranza –ha sottolineato- non è prevista qualsivoglia modifica costituzionale che dall'esterno cambi unilateralmente il nostro Statuto speciale senza un fecondo rapporto pattizio tipico del vero federalismo politico, né patteggiamenti al massimo ribasso che escludano il protagonismo dei sardi”.
Bisogna allora unire le forze per affrontare le emergenze e portare a compimento il programma sottoscritto con gli elettori aprendo nel contempo un confronto con l'opposizione per quanto riguarda le riforme costituzionali che interessano la Sardegna.
Ma c’è un secondo punto da sottolineare che riguarda gli interessi materiali contingenti dei sardi, delle famiglie, dei giovani, delle donne, dei lavoratori o disoccupati, piccoli e medi imprenditori o operatori culturali e di tutti coloro che affrontano ogni giorno la difficile arte del vivere ed a volte del sopravvivere. Trovo che sia opportuno oltre rivendicarne la riscrittura, pretendere l'attuazione completa dello Statuto vigente in quelle parti per niente rispettate ed attuate nel governo della cosa pubblica. Questo è il caso dell'art.12 che prevede la realizzazione di punti franchi nell'Isola. E’ inaccettabile che a distanza di sessanta anni i sardi non possano utilizzare uno strumento economico statutariamente previsto per attirare nuovi investimenti, capitali e opportunità per imprenditori sardi e provenienti fuori dall'Isola, creando occupazione e un aumento riqualificato del PIL della Sardegna.
Questi temi rappresentano terreno di operatività alta per la nostra Assemblea legislativa e per l'Esecutivo regionale al fine di continuare ad operare nella migliore tradizione di autogoverno, di giustizia, solidarietà e libertà del popolo sardo.
E’ quindi intervenuto l’on. Mario Floris (Misto Uds).Ricordando che nel 49 con lo Statuto e l’insediamento del Consiglio regionale “finalmente sono stati restituiti ai sardi i poteri liberi fondati su valori condivisi morali, sociali e culturali”, Floris ha ricordato come questi valori di sardità e di autonomismo non significhino di per sé indipendentismo. Ha ripercorso i momenti nevralgici dell’esperienza autonomistica, e l’alto valore della identità culturale e di popolo dei sardi. A 60 anni dalla nascita della Regione autonoma –ha aggiunto Flortis- dobbiamo riaffermare con forza i nostri diritti di autonomia, in quanto Regione e Popolo, fondati su un principio di federalismo non meramente nominale ma sostanziale e concreto.
Floris è ritornato con la memoria ai tre lavoratori periti recentemente in un incidente sul lavoro alla Saras, ed ha proseguito considerando anacronistica una semplice operazione di autocelebrazione di questi 60 anni. Lo Statuto sardo, ha quindi affermato, ha rappresentato uno strumento di grande importanza nel quadro della affermazione dei nostri valori identitari ed autonomistici, ma non se ne possono ignorare i limiti. Come ha ricordato un padre della nostra autonomia, l’on. Mannironi, bisogna ricordarsi sempre che l’Autonomia non rappresenta una gentile concessione da parte dello Stato, ma il riconoscimento di un diritto reale e sostanziale.
La riforma dello Statuto è ormai ineludibile, eppure sono trascorsi otto anni dalla riforma del Titolo V della Costituzione senza che niente si sia mosso. Per salvare l’autonomia della nostra regione occorre superare le logore e vecchie forme di lotta politica che fanno i sardi succubi e subalterni: la maggioranza non può pretendere di rappresentare l’universo mondo né la minoranza può pensare di sovvertire la volontà popolare.
Ha poi preso la parola l’on. Adriano Salis (IDV). Occorre uscire da una vuota retorica, e tuttavia non si può fare a meno di ricordare, come ha sottolineato il precedente oratore ricordando Lussu, che l’auspicato ruggito del leone si è trasformato nel miagolio di un gattino. Ma paradossalmente si è costretti a difendere quello che esiste e che inoltre non è stato neppure completamente attuato: come ad esempio il principio del federalismo fiscale e delle zone franche. L’autonomia sarda e le istituzioni non sempre in questi 60 anni sono apparsi adeguati al compito. Per riformare lo Statuto bisogna parlare non in termini di maggioranza e opposizione, ma in termini unitari: le riforme vanno fatte assieme.
Per il rappresentante del Psd’Az, Christian Solinas, il primo pensiero deve andare anche in questa giornata i tre lavoratori periti alla Saras. Con lo Statuto ed il valore dell’Autonomia regionale, la storia del Psd’Az è fortemente intrecciata in modo indissolubile. C’è in tutto ciò una consapevolezza nazionalitaria che innerva tutta la storia politica e sociale della Sardegna in tutto il dopoguerra. Ed all’interno di essa la storia dello Statuto dalla sua genesi alla sua applicazione storica si intreccia fortemente con l’esperienza politica del sardismo. Solinas ha ricordato come la Consulta per lo Statuto non volle accogliere lo Statuto siciliano, e ne volle elaborare uno tutto sardo, ma, ha aggiunto, l’autonomia non può essere un concetto immobile. Da qui l’esigenza di riscrivere lo Statuto attraverso la riscrittura di un nuovo patto sociale.
Nel suo intervento l’on Claudia Zuncheddu (Sinistra sarda-comunisti-Rossomori) sicuramente l’autonomia conquistata non corrisponde a quella che Lussu aveva ipotizzato e nella quale aveva sperato. L’on Zuncheddu ha ripercorso la storia delle aspirazioni indipendentistiche del popolo sardo fina dalle più antiche dominazioni straniere della millenaria storia isolana e le lunghe lotte combattute dai sardi contro i conquistatori di turno. Il centrodestra, ha detto Zuncheddu, porta avanti una politica in cui i sardi sono assoggettati e subalterni, tocca pertanto ai veri autonomisti issare la bandiera dell’indipendenza, a cominciare dalle macerie industriali lasciate da una cultura economica esterna all’isola e in contrasto con la cultura dei sardi. Chi avrà il coraggio di issare la bandiera dell’indipendenza nei territori del sottosviluppo? si è chiesta. Dobbiamo avere la forza di ridisegnare il profilo reale della società sarda partendo dal valore di comunità e non da quello economicistico.
Quindi Pier Paolo Vargiu (Riformatori) che si è riferito ai primi resoconti delle sedute del Consiglio regionale degli anni 40 per sottolineare come alcuni temi di allora abbiano una forte somiglianza con alcuni di quelli attuali, ma ve ne siano anche con una grande difformità. Sicuramente somiglianza evoca il fatto che la Sardegna allora come oggi presenti una grande contraddizione fra povertà e benessere. Anche oggi come allora sono evidenti sacche di benessere e di grande povertà. Ma ci sono differenze importanti come il diverso livello della qualità della vita e del benessere di allora rispetto all’oggi. Ma ancora di più, allora la Sardegna si interrogava su come relazionarsi all’Italia, oggi dobbiamo interrogarci su come relazionarci al mondo intero. Senza dimenticare che tuttavia facciamo parte di un pezzo di mondo ricco e fortunato.
E’ poi intervenuto Felicetto Contu (Udc), vera memoria storica del Consiglio regionale (fu funzionario consiliare nella prima seduta del 1949) che ha rievocato con trasporto aspetti e vicende dei primi anni di vita autonomistica e istituzionale. Una storia lunga e gloriosa, ha detto, quella del Consiglio, non pentendosi affatto del “suo amarcord”. Allora si parlava di autonomia come di un nuovo risorgimento, ha sottolineato, rievocando la grande dignità anche formale che veniva attribuita all’Assemblea regionale. La Regione muoveva i primi passi senza bilancio e risorse, ha ricordato, ma oggi a 60 dobbiamo chiederci se le aspettative riposte allora con entusiasmo siano state disattese. Una domanda scomoda anche se molte le conquiste fatte. Ma oggi, ha concluso deve riemergere con forza un rinnovato spirito di sardità unitaria.
Quindi la volta di Gian Valerio Sanna (Pd) che ha voluto evitare qualsiasi atteggiamento di “contemplazione storica” ed ha posto subito un quesito: oggi il Consiglio regionale è ancora la culla dell’Autonomia? Oggi l’Autonomia, ha detto Sanna, è diversa da ieri, quella moderna deve consistere nell’attuazione di un modello avanzato di federalismo. però i Governi e le loro maggioranza non vogliono perdere la propria egemonia. Certo l’autonomia è forte laddove si superano le divisioni di parte. Da 20 anno si parla di riforma dello Statuto inutilmente. Abbiamo un bivio davanti: puntare ad una forma di autonomia economicistica, ha costruire invece una autonomia ampia, basata su una visione ampia e integrale della tutela di un popolo e di una regione. Quindi un monito: non si andrà lontano se non si saprà superare il limite delle appartenenze. Bisogna essere riformisti operosi evitando le omologazioni con altri modelli a noi diversi.
Infine l’intervento di Mario Diana (Pdl), che ha voluto ricordare le parole del primo presidente della seduta consiliare iniziale. 60 anni non sono trascorsi inutilmente, sono stati proficui, ha detto.Ma il mondo è oggi molto cambiato e quindi occorre ora pensare all’oggi ed al futuro. Dobbiamo fare buon uso del mandato affidatoci. Riferendosi alle recenti elezioni europee ha sottolineato che il popolo sardo ha perso una grande occasione di eleggere due proprie rappresentanti (Barracciu e Calia) proprio a causa della disaffezione degli elettori al voto. Per questo occorre recuperare la fiducia della gente: “siamo i depositari dell’esercizio dell’Autonomia”. Ma prima occorre perseguire un grande obiettivo: il lavoro, non solo difendendo che ce l’ha, ma chi ancora non lo ha o non l’ha ancora avuto. Ha quindi voluto ricordare la responsabilità del Consiglio per le riforme: la riforma dello Statuto la deve fare il Consiglio.
E’ stato infine proiettato un contributo filmato con immagini d’epoca della storia autonomistica fino al recente passato.
(lp)