CONSIGLIO REGIONALE DELLA SARDEGNA
XIV LEGISLATURA

PROPOSTA DI LEGGE NAZIONALE N. 18

presentata dai Consiglieri regionali,
COSSA - DEDONI - FOIS - MELONI Francesco - MULA - VARGIU

il 23 ottobre 2012

Modifica dell'articolo 43 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3
(Statuto speciale per la Sardegna)

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RELAZIONE DEI PROPONENTI

Il 6 maggio 2012 si sono celebrati in Sardegna cinque referendum, quattro abrogativi e uno consultivo, che hanno espresso un voto favorevole all'abolizione di tutte le province della Sardegna, le 4 cosiddette "storiche" (Cagliari, Sassari, Nuoro, Oristano), e le 4 aggiunte con la legge regionale 12 luglio 2001, n. 9. Nel giugno successivo è poi stata approvata la legge regionale n. 11 del 2012 che, nel rinviare ad una nuova legge il compito di procedere al riordino generale delle autonomie locali, disponeva una disciplina transitoria di gestione delle funzioni amministrative provinciali agli organi in carica, prefigurando, come esito dei referendum svoltisi in data 6 maggio 2012, la soppressione di tutte le province.

Com'è noto, lo Statuto sardo prevede una potestà legislativa primaria della Regione, in materia di ordinamento degli enti locali e delle relative circoscrizioni (articolo 3, comma 1, lettera b)).

Agli enti locali è dedicato specificamente il titolo V dello Statuto, e in particolare, l'articolo 43, che dispone : "1. Le province di Cagliari, Nuoro e Sassari conservano l'attuale struttura di enti territoriali. 2. Con legge regionale possono essere modificate le circoscrizioni e le funzioni delle province, in conformità alla volontà delle popolazioni di ciascuna delle province interessate espressa con referendum.".

Le tre province, in sostanza, sono indicate direttamente ed espressamente dalla norma statutaria. Questo significa che tali enti vanno considerati alla stregua di figure di rilevanza statutaria, e quindi di rilevanza costituzionale, essendo lo Statuto della Sardegna, in quanto Regione speciale, adottato con legge costituzionale, e con la procedura dell'articolo 138 della Costituzione (con le integrazioni previste dall'articolo 54 dello Statuto). Alle tre province a pieno titolo storiche, perché anche la formulazione della norma statutaria rimanda ad un processo di riconoscimento di entità preesistenti all'ordinamento statutario, si sono poi aggiunte la Provincia di Oristano (istituita con legge 16 luglio 1974, n. 306) e le quatto nuove province la cui legge regionale istitutiva 12 luglio 2001, n. 9, è stata oggetto di referendum abrogativo (Carbonia - Iglesias, Medio Campidano, Ogliastra e Olbia-Tempio).

Poiché sono esplicitamente richiamate dallo Statuto, le prime province hanno un rango direttamente costituzionale, e l'unica possibilità che ha nei loro riguardi il legislatore regionale (o statale), è quella di modificarne le circoscrizioni. La loro soppressione richiede un procedimento di modifica dello Statuto, che non appartiene alla competenza del solo legislatore regionale, né può essere definito dal legislatore statale al di fuori delle procedure rinforzate di cui all'articolo 138 della Costituzione.

Una scelta legislativa di abrogazione totale della presenza delle province nel tessuto autonomistico regionale non è pertanto possibile, ciò di cui i promotori dei referendum si resero conto benissimo, tant'è che utilizzarono strumenti referendari diversi (referendum abrogativo per le nuove province, consultivo per le altre quattro).

Il referendum consultivo sulle province storiche rientra nella fattispecie introdotta dalla legge regionale n. 48 del 1986, che ha integrato le ipotesi previste dalla normativa del 1957, aggiungendo un referendum consultivo "per esprimere il parere, prima della loro approvazione, su progetti di legge o atti o provvedimenti amministrativi di competenza del Consiglio o della Giunta regionale", e un referendum (sempre consultivo) "per esprimere il parere su questioni di particolare interesse sia regionale che locale".

Si tratta di un referendum che evidentemente non produce alcun effetto giuridico vincolante sulle scelte del legislatore regionale, ma è indubbio che il corpo elettorale sardo ha espresso una indicazione precisa, che certo il legislatore (regionale e statale) non può eludere.

Il tema non è solo teorico: infatti, la legge regionale n. 11 del 2012, all'articolo 1, prefigura la soppressione ("saranno soppresse") delle otto province (quindi, di tutte le province, le 3 indicate nominativamente nello Statuto, la provincia di Oristano istituita con legge statale, le 4 province istituite con legge regionale nel 2001), "all'esito dei referendum svoltisi il 6 maggio 2012".

Questa previsione si scontra tuttavia con il dettato dell'articolo 43 dello Statuto, che circoscrive la portata della competenza regionale esclusiva in tema di ordinamento degli enti locali, di cui all'articolo 3, lettera b). L'istituzione di nuove province è stata una scelta (non importa adesso discuterne gli aspetti politici e di opportunità) secundum statutum. Viceversa, un'operazione abrogatrice che andasse ad intaccare la soggettività delle province che la norma statutaria espressamente richiama, sarebbe contra statutum, e fuori dalla disponibilità del legislatore regionale.

In sintesi, solo il legislatore costituzionale può disattivare l'articolo 43 dello Statuto, consentendo alla legislazione regionale di perseguire l'opzione dell'eliminazione di ogni ente provinciale dall'ordinamento regionale degli enti locali. Una norma statutaria speciale, che è norma costituzionale, incontrerebbe il solo limite dei principi supremi dell'ordinamento costituzionale, ed è difficile sostenere che l'esistenza delle province appartenga a questo nucleo duro e immodificabile dell'assetto costituzionale.

Del resto, non si può non tener conto dell'evoluzione seguita dalla tradizione italiana della equiparazione del comune e della provincia (accomunati dalla definizione "enti locali"), vale a dire della equiparazione tra la posizione costituzionale dell'ente locale più vicino ai cittadini e quella dell'ente intermedio, derivata direttamente dalla matrice francese-napoleonica del Regno di Sardegna.

Il concetto, espresso nello Statuto Albertino, è stato trasferito con i necessari adeguamenti nella Costituzione repubblicana, nel cui testo originario le uniche differenze tra le due categorie di enti riguardavano la modifica delle rispettive circoscrizioni territoriali (di spettanza dello Stato per le province, della regione per i comuni).

L'equiparazione della posizione costituzionale di comuni e province è, nelle sue linee essenziali, mantenuta anche dalla riforma del 2001: dall'articolo 119, in materia di autonomia finanziaria, emerge addirittura un avvicinamento della posizione delle regioni a quella degli enti locali.

Pure nel nuovo testo della Costituzione vi è un importante elemento di rottura, dato dal principio di sussidiarietà, di cui all'articolo 118, comma 1, che recita: "le funzioni amministrative sono attribuite ai comuni". Per la prima volta si conferisce dignità costituzionale alla distinzione tra comune e e provincia, che peraltro si era già venuta delineando nella legislazione ordinaria, e in particolare nel testo unico degli enti locali, decreto legislativo n. 267 del 2000, per la quale l'unico ente locale dotato di funzioni generali è il comune, laddove per la provincia si è scelto di adottare un criterio di enumerazione delle competenze.

Ha preso insomma a manifestarsi nell'ordinamento italiano una tendenza evolutiva assai diversa rispetto al passato, che investe nel suo complesso l'intero sistema istituzionale e amministrativo e nel quale le province sono decisamente un retaggio del passato, la cui presenza si scontra sia con il protagonismo dei comuni che con il ruolo della Regione.

Anche senza richiamare gli argomenti basati sull'opportunità connessa al difficile momento che vive il nostro Paese (costi, scarso radicamento dell'ente, modesta considerazione da parte dei cittadini) e limitandosi al piano più strettamente costituzionale, la soppressione delle province appare del tutto coerente le linee evolutive del sistema.

Naturalmente, nulla esclude che la Regione possa valutare in prospettiva l'utilità di un ente intermedio.

Su questo punto occorrerà aprire una riflessione, ma certo è che la soppressione delle province apre uno spazio di azione e di innovazione alla Regione, che ha la potestà di disciplinare i modelli associativi dei comuni. In assenza delle province, tale competenza regionale si espande ulteriormente, potendosi muovere in uno spazio molto più ampio: nei casi in cui, in base ai principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza di cui all'articolo 118, comma 1, il livello comunale si riveli inadeguato, si potranno infatti prevedere forme di esercizio associato delle funzioni.

Tuttavia, se la Regione è il soggetto più idoneo ad articolare un livello di governo intermedio in maniera più rispondente alle esigenze dei territori, non si possono però nascondere alcuni rischi.

Da un lato vi è la sempre presente possibilità di un neocentralismo regionale, che dovrà essere scongiurato attraverso previsioni statutarie che siano coerenti col principio di sussidiarietà, escludano in capo alla Regione ogni compito di gestione e stabiliscano inequivocabili principi di imparzialità e di rispetto dell'autonomia comuni.

Dall'altra, però, vi è l'altrettanto immanente pericolo di permeabilità alle spinte localistiche e ai gruppi di interesse, quello della moltiplicazione degli enti intermedi, che potrebbe far rientrare dalla finestra quei problemi di ipertrofia che si vorrebbero risolvere attraverso la semplificazione dei livelli di governo conseguente all'abolizione delle province.

Da queste considerazioni nasce la presente proposta di legge costituzionale nazionale.

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TESTO DEL PROPONENTE

 

Art. 1
Soppressione delle province

1. L'articolo 43 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 (Statuto speciale della Sardegna) è sostituito dal seguente:
"Art. 43
1. Nella Regione l'ordinamento degli enti locali è articolato esclusivamente sui comuni, i quali, secondo le modalità disciplinate con legge regionale, possono associarsi per svolgere, attraverso l'esercizio congiunto delle funzioni e secondo principi di adeguatezza ed efficacia, compiti di area vasta e per partecipare alla programmazione regionale.
2. La legge regionale, adottata ai sensi dell'articolo 3, comma 1, lettera b), del presente Statuto disciplina il riordino dell'ordinamento degli enti locali della Sardegna.".