CONSIGLIO REGIONALE DELLA SARDEGNA
XIV LEGISLATURA

PROPOSTA DI LEGGE NAZIONALE N. 9

presentata dai Consiglieri regionali
MELONI Marco - BARRACCIU - BRUNO - DIANA Giampaolo

il 6 ottobre 2010

Modifiche alla legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 (Statuto speciale per la Sardegna)

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RELAZIONE DEI PROPONENTI

Non vi è dubbio che le donne negli ultimi decenni abbiano conseguito una piena parità nella formazione, nell'istruzione, nella vita economica e sociale, eppure sono scarsamente presenti e in alcuni casi assenti dai luoghi decisionali in ambito politico ed economico.

L'assenza delle donne dai luoghi decisionali costituisce un fattore di svantaggio: la mancata valorizzazione del capitale umano femminile rappresenta uno spreco di risorse intellettuali e di investimenti sociali ed economici, con conseguente indebolimento della competitività del Paese.

La promozione femminile è allora una trasversale necessità dell'intera società e di tutte le forze politiche: è di primaria importanza promuovere un riequilibrio della pari rappresentanza tra i generi nei settori dove questa è carente o addirittura inesistente, a cominciare dai ruoli apicali degli ambiti istituzionali.

La presente proposta di legge che, nel quadro della promozione del principio delle pari opportunità, mira a introdurre quote di genere nella composizione della Giunta regionale, trova il suo fondamento nelle disposizioni provenienti dall'Unione europea, nelle indicazioni impartite dal legislatore costituzionale italiano, e nella normativa di molte regioni italiane, che hanno recepito la crescente rilevanza ed attualità assunta in ambito sociale, culturale e istituzionale, del tema delle differenze di genere.

Partendo dall'Unione europea, si assiste allo sviluppo di iniziative che investono sulla piena realizzazione della parità tra i generi, attraverso una serie di azioni positive.

La Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, adottata a Nizza il 7 dicembre 2000, all'articolo 23, secondo comma, proclama che "il principio della parità non osta al mantenimento o all'adozione di misure che prevedano vantaggi specifici a favore del sesso sottorappresentato".

Il Consiglio europeo ha recentemente adottato il Patto per la parità di genere, che segna la volontà degli stati componenti di impegnarsi decisamente per promuovere l'occupazione delle donne e garantire un equilibrio migliore tra la vita professionale e la vita privata, allo scopo di rispondere alle sfide demografiche.

L'adozione della Tabella di marcia (2006-2010) da parte della Commissione europea, delinea sei ambiti prioritari di intervento: la pari indipendenza economica per le donne e gli uomini, l'equilibrio tra attività professionale e vita privata, la pari rappresentanza nel processo decisionale, lo sradicamento di tutte le forme di violenza fondate sul genere, l'eliminazione di stereotipi sessisti, la promozione della parità tra i generi nelle politiche esterne e di sviluppo.

Nel 2006 è stata emanata la direttiva n. 2006/54/CE del Parlamento e del Consiglio europeo, riguardante l'attuazione del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego, che ha modernizzato la legislazione comunitaria esistente sulla parità di trattamento.

Il tema della parità tra i generi è diventato di estrema attualità anche in Italia, dove nel 2001 è stato intrapreso, a livello costituzionale, un processo virtuoso in materia di parità di genere: con la riforma del titolo V del 2001 (legge costituzionale n. 3 del 2001), la Costituzione ha attribuito alle regioni il compito di rimuovere, tramite proprie leggi, ogni ostacolo che impedisce la piena parità degli uomini e delle donne nella vita sociale, culturale ed economica, nonché quello di promuovere la parità di accesso alle cariche elettive (articolo 117, settimo comma).

La successiva legge costituzionale n. 1 del 2003 ha modificato l'articolo 51 della Costituzione italiana, che stabilisce che "tutti i cittadini dell'uno o dell'altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di uguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge". E a tal fine è indicata programmaticamente al legislatore, anche regionale, l'adozione di provvedimenti che "favoriscano le pari opportunità tra uomini e donne".

A fronte di tali indicazioni, solo alcune regioni si sono dotate di una legislazione che recepisse le indicazioni del legislatore costituzionale. Tra queste non rientra la Regione Sardegna, che pure aveva introdotto nella legge statutaria (approvata dal Consiglio regionale il 7 marzo 2007), una norma, l'articolo 19, comma 3, specificamente indirizzata ad assicurare la parità di genere nella composizione della Giunta regionale. Come è noto, a seguito della consultazione referendaria e della successiva pronuncia della Corte costituzionale, con sentenza n. 149 del 2009, la legge statutaria non è in vigore. Con la conseguenza che, oltre al persistere, in termini generali, di una preoccupante asimmetria di genere in ambito istituzionale, dove le donne non fanno parte in misura significativa delle istituzioni politiche rappresentative, la composizione della stessa Giunta regionale ha fatto segnare, nei primi mesi della presente legislatura, un vistoso calo della presenza femminile, passata da 5 a 3 componenti.

Si tratta solo di un esempio che rafforza la convinzione che sia necessario intervenire nella legislazione regionale, con norme che intervengano per favorire la parità di accesso alle istituzioni rappresentative, a livello regionale e degli enti locali, e ai ruoli apicali degli organi esecutivi regionali. A questo scopo è opportuno intervenire con un pacchetto di proposte, a partire dalle modifiche allo Statuto speciale della Sardegna contenute nella presente proposta, e indirizzate a introdurre nella Carta fondamentale della nostra Regione il principio della parità di genere e l'obiettivo di conseguirla concretamente con interventi e norme specifiche, e a vincolare il legislatore regionale, nella elaborazione della legge di cui all'articolo 15 dello Statuto speciale, all'approvazione di norme capaci anche esse di conseguire tali obiettivi.

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TESTO DEL PROPONENTE

 

Art. 1
Modifiche allo Statuto speciale per la Sardegna

1. La legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 (Statuto speciale per la Sardegna) è così modificata:
a) dopo l'articolo 6, è inserito il seguente:
"Art. 6 bis
La Regione concorre a rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che impediscono il pieno sviluppo della persona umana e il libero esercizio dei diritti individuali. La Regione promuove l'adozione di misure volte alla realizzazione della piena parità tra uomini e donne anche con l'adozione di azioni positive, che favoriscano il sesso sottorappresentato e/o discriminato in materia di lavoro, di retribuzione, di partecipazione alla vita sociale, culturale e politica";
b) all'articolo 15, dopo il secondo comma, è inserito il seguente periodo:
"La legge regionale di cui al secondo comma, in attuazione del principio delle pari opportunità tra donne e uomini, prevede che le norme sulla modalità di elezione del Consiglio regionale, sulla composizione della Giunta regionale, sulla nomina degli enti strumentali della Regione, contengano disposizioni che promuovano la presenza paritaria di entrambi i generi, anche disponendo azioni e misure specifiche a favore del sesso sottorappresentato".