Seduta congiunta Consiglio Regionale-CAL
Data: 18/11/2009 - Nuoro, Museo EtnograficoSeduta congiunta Consiglio Regionale-CAL
Intervento della presidente del Consiglio regionale Claudia Lombardo
Nuoro, 18 novembre 2009 - Signor Presidente del Consiglio delle Autonomie Locali, Signore e Signori componenti della Giunta Regionale, Sindaci e Amministratori locali, Colleghe e Colleghi, la seduta odierna segue di pochi mesi quella tenuta a Oristano lo scorso 23 aprile, quando la Presidenza del Consiglio Regionale e la Presidenza del Consiglio delle Autonomie Locali vollero dare un segnale forte di vicinanza ai cittadini, e alle autonomie locali che li rappresentano, tenendo la seduta congiunta al di fuori della sede istituzionale del capoluogo sardo.
Proseguendo e consolidando questa attenzione verso i territori della Sardegna e verso una realtà fatta di un tessuto di numerosi piccoli centri comunali, i quali costituiscono il primo nucleo di autogoverno del popolo sardo e che a buon titolo possono essere considerati i primi depositari della nostra grande eredità etnolinguistica, etnoculturale ed etnostorica, abbiamo deciso che la seduta congiunta si tenesse a Nuoro.
La città di Nuoro, nel panorama socioculturale e politico dell’Isola è una di quelle realtà che meglio rappresenta storicamente e geograficamente il centro della Sardegna, lo scrigno dei suoi segreti e delle sue tradizioni.
E proprio il centro dell’Isola può diventare, con il contributo e la collaborazione dei diversi livelli istituzionali, l’anima di una stagione di sviluppo e di riscatto per l’intera Sardegna.
Ad essa ci sentiamo vicini e, con animo grato per l’ospitalità che oggi offre al Parlamento dei sardi e al Consiglio delle Autonomie Locali, apriamo l’odierna sessione di lavori.
Consentitemi per un attimo di rivolgermi direttamente alle popolazioni del nuorese per esprimere loro la mia personale preoccupazione e quella di tutta l’Assemblea Regionale per lo stato di grave crisi in cui versa tutto il comparto produttivo della Provincia.
I territori in crisi del nuorese, così come quelli di tutta l’Isola, non devono sentirsi abbandonati.
Posso rassicurare che ho colto in tutte le rappresentanze politiche presenti in Consiglio Regionale la volontà di moltiplicare gli sforzi per uscire assieme, ancora più uniti e coesi, dal tunnel della crisi.
In questo vi è la conferma di un sentimento comune nel considerare che sino quando c’è un solo sardo che sta male tutta le Sardegna ne soffre.
La non casualità di una scelta che oggi assume il pieno significato di tributo al grande contributo che arriva dai territori delle zone interne allo sviluppo e alla crescita culturale e socioeconomica, vuole a tutti gli effetti costituire un ponte verso il consolidamento dell’unità del popolo sardo, spezzando definitivamente tutte le barriere fisiche, culturali e sociali che ne impediscono la realizzazione.
Fra esse quello dello spopolamento delle zone interne costituisce un fenomeno di carattere endemico che vede la punta massima di criticità proprio nell’arretramento delle istituzioni pubbliche con la chiusura di importanti Uffici e Servizi nelle Comunità interessate.
Ciò deve indurre una classe dirigente sensibile e attenta a promuovere uno straordinario impegno per disegnare un grande progetto di rinascita economica e sociale delle zone interne.
La Sardegna e i sardi crescono e progrediscono in un sistema che deve prediligere uno sviluppo armonioso di tutti i suoi territori, evitando sterili e dannose divisioni e contrapposizioni per entrare in un circuito sinergico dove la forza del singolo equivale a quella di un popolo che unito si adopera per costruire le sue fortune future.
Non siamo venuti a Nuoro, dunque, per consumare un rito che rientra in un obbligo previsto dalla legislazione regionale, ma per confrontarci e chiederci come costruire questo futuro che ci attende.
Già in piena fase di avvio della presente legislatura, nel corso della seduta congiunta di Oristano, volli espressamente lanciare un appello per evitare la deriva di una ritualità per dare a questo appuntamento un significato più pregnante, riempiendolo di contenuti, di proposta, di operosità, e maggiore organicità ai rapporti di coordinamento e alle iniziative dei due organi istituzionali.
Confermo questo orientamento.
Devo ora relazionare sinteticamente sui rapporti intercorsi in questo breve intervallo di tempo tra l’Assemblea Regionale e il Consiglio delle Autonomie, per segnalare che dallo scorso aprile sono state approvate 4 leggi.
Le prime due costituivano la manovra finanziaria per il 2009, e sono state quindi oggetto della riunione congiunta precedente.
Le due leggi successive hanno riguardato, rispettivamente, la prima disposizioni urgenti nei settori economico e sociali, e la seconda disposizioni per il rilancio dell’edilizia.
Su entrambe c’è stata una interlocuzione per la mancata richiesta di parere da parte delle Commissioni consiliari.
Mentre per la prima legge si è fatto osservare che il testo in esame non rientrava fra quelli per cui è obbligatorio il parere, perché seppure conteneva disposizioni di interesse per gli enti locali, queste non erano precisamente relative all’ordinamento o al trasferimento di competenze.
Per la legge sul rilancio del settore edilizio si è proceduto attuando quanto disposto dall’articolo 9, del comma 4, della legge regionale 1, approvata nel 2005, che prevede il ricorso alle osservazioni.
Di fatto poi pervenute il 23 settembre 2009 e inserite nel testo predisposto per l’esame dell’Aula.
Si può comunque sottolineare come per tale provvedimento, seppure in presenza di difficoltà oggettive, si è cercato di valorizzare il contributo del CAL attraverso le osservazioni.
E’ questa una procedura, per quanto non vincolante, che consente al Consiglio delle Autonomie di esplicitare le proprie proposte e di concorrere positivamente al testo.
Nella prospettiva si potrebbero studiare procedure utili a valorizzare il concorso del CAL, senza rallentare il procedimento legislativo.
Per esempio, nel caso di testi complessi che prevedano una plurisettorialità e una particolare incidenza su interi settori, si può fare ricorso al metodo delle osservazioni da far pervenire già preventivamente alla chiusura dei lavori in Commissione.
Evitando, in tal modo, di rallentare il procedimento legislativo ma nel contempo arricchendolo di tutti i contributi possibili.
Tuttavia, poiché a così breve distanza di tempo, rispetto all’ultima seduta, a parte le considerazioni effettuate, non si è potuto consolidare un quadro di sensibili evoluzioni rispetto agli argomenti trattati e per quanto attiene il tenore dei rapporti fra il Consiglio Regionale e il Consiglio delle Autonomie Locali, la seduta odierna può costituire un’utile opportunità di riflessione per volgere lo sguardo verso il panorama delle riforme intervenute a modificare i rapporti tra lo Stato, le regioni e gli enti locali.
Lo faccio riallacciandomi proprio alle battute finali del mio intervento della precedente seduta congiunta, che proprio a questo tema della riforma del nostro sistema autonomistico erano dedicate.
Il nuovo dettato costituzionale, così come novellato dalla Legge Costituzionale n.3 del 2001, ha infatti visto un radicale cambiamento del Titolo V, parte seconda della Costituzione, volto, secondo gli ispiratori della riforma, alla trasformazione in senso federale dello forma di Stato italiana.
In primo luogo si è registrata una consequenzialità con l’adozione dello schema in tema di attuazione dell’articolo 119 della Costituzione per il federalismo fiscale, e considerate le inevitabili ricadute che introdurrà anche nel nostro sistema autonomistico, è opportuno soffermarsi a valutare la portata di questi provvedimenti.
La preminenza di questa riforma, infatti, tocca da vicino non solo aspetti legati alla politica fiscale e di spesa degli enti locali, ma la stessa natura dei rapporti e degli equilibri esistenti, confermando l’assolvimento della funzione pubblica in un sistema concentrico che vede primo protagonista l’ente Comune e poi, a seguire, per ambiti di competenza territoriale, Provincia, Regione e Stato.
Nelle modificazioni adottate con le riforme costituzionali che hanno interessato il Titolo V della Carta Costituzionale, l’introduzione del principio di pari ordinazione fra gli enti dello Stato ha trovato puntuale conferma nel dettato dello schema di federalismo fiscale.
Di fatto i legislatori hanno aperto a nuovi futuri scenari per la concreta applicazione di un percorso di effettiva attuazione della sussidiarietà fra gli enti stessi.
E’ chiaro dunque che, già dai primi passi, l’indirizzo delle riforme che seguiranno al federalismo fiscale andrà a rinforzare e consolidare le spinte verso un maggior peso specifico delle entità locali, avendo lo Stato spostato il proprio baricentro in direzione delle autonomie locali.
Non è sbagliato affermare che nell’intervento di riforma costituzionale si è voluta conferire a tutto il sistema degli enti locali la capacità di autodeterminarsi in ordine alla soddisfazione degli interessi di propria attinenza.
In questo contesto assume un particolare rilievo anche il rafforzamento della figura centrale del cittadino, alla riscoperta di quei valori dell’umanesimo che pongono l’individuo al centro della funzione pubblica e dell’interesse preminente dell’azione amministrativa che contraddistingue il sistema dell’ordinamento della Repubblica formato dal complesso di Stato, regioni, provincie e comuni.
Non vi è dubbio che le ricadute nella nostra Regione ad autonomia differenziata e di sedimentata cultura autonomista ad avanzata caratterizzazione federalista, saranno ancora più rilevanti e dense di significato.
Proprio nel momento in cui le istituzioni regionali saranno presto interessate ad avviare un percorso teso a ridisegnare i caratteri della loro autonomia speciale, all’interno di un novello patto con lo Stato che, senza mettere in discussione il principio di unitarietà giuridica e politica, conferisca comunque il massimo della sovranità possibile alla nostra Regione, si rende necessaria una fase di confronto e di ascolto fra la Regione, Il Consiglio Regionale e il sistema delle Autonomie Locali.
Nel quadro delle iniziative future che dovranno vedere il Consiglio Regionale, in quanto sede di massima rappresentanza assembleare e simbolo dell’unità spirituale e politica del popolo sardo, protagonista e attore del nuovo cammino delle riforme, anche il Consiglio delle Autonomie locali sarà chiamato a svolgere un ruolo primario dando voce ed espressione alle nostre comunità che costituiscono la spina dorsale del sistema autonomistico.
La via sarda al Federalismo dovrà nascere, formarsi e consolidarsi in una proposta che non si limiti ad una perifrasi dello Statuto esistente, ma che incida nel profondo per dare l’impronta di un passaggio epocale che segni il confine tra il passato autonomistico e una nuova era di autonoma determinazione dei sardi.
La nostra Regione deve dotarsi, attraverso il nuovo Statuto, di una dimensione davvero europeista e federale dove le funzioni siano caratterizzate da una sovranità diffusa attraverso la ripartizione di funzioni esclusive tra “Regione - Stato - Unione europea” sulla base dei principi di sussidiarietà, leale collaborazione e solidarietà.
Questo momento di grande coinvolgimento di tutte le istanze rappresentative della società sarda, finalizzato a dare voce all’anelito dei sardi di avere pari condizioni e pari opportunità di crescita economica e di sviluppo civile, rispetto a tutti gli altri cittadini italiani e europei, deve esaltare il comune sentire di un popolo che raccoglie la sua grande eredità culturale e politica per trasfonderla in una carta costituzionale che sancisca i diritti storici dei sardi come imprescrittibili, spettando unicamente ad essi la loro gestione.
Il Consiglio delle Autonomie Locali nell’incedere della riforma dell’istituto di autonomia speciale può essere considerato a pieno titolo un organo della Regione.
Con questo si intende che la sua funzione ha una ricaduta nel sistema positivo regionale in termini di incisività e orientamento dell’azione legislativa per tutte quelle materie che hanno interesse per il sistema delle autonomie locali regionali.
Una funzione, dunque, destinata a incidere profondamente nel complesso e articolato iter costituzionale che ci attende nel riscrivere la Carta della nostra nuova specialità.
In questa sede il Consiglio delle autonomie può assumere una funzione di raccordo, dove il Consiglio Regionale assolve alla funzione primaria legislativa ed esso assolve ad una funzione di collegamento tra i diversi livelli regionali per una effettiva rappresentanza e partecipazione degli enti locali alle scelte per la riforma statutaria.
Infatti, il Consiglio delle Autonomie Locali, a differenza di quanto accadeva nel passato, nella legislazione in essere può ben configurarsi come un organo che intrattiene un rapporto privilegiato con il Consiglio Regionale.
La valorizzazione di questo ruolo potrà trovare conferma nell’azione di coordinamento di un patto di concertazione che sviluppi i rapporti di leale e reciproca collaborazione tra il sistema delle autonomie locali, la Regione e il Consiglio Regionale nella monumentale opera di riscrittura del nostro Statuto.
Un ruolo essenziale, dunque, quello del Consiglio delle Autonomie, che nella legge istitutiva trova conferma proprio nella previsione che si attua in sede odierna con la seduta congiunta che si svolge prima dell’esame della manovra finanziaria da parte dell’Assemblea Regionale.
Nel concludere voglio sentitamente ringraziare la città di Nuoro, attraverso il consiglio comunale e provinciale che la rappresentano, per l’accoglienza, e tutte le rappresentanze delle comunità locali presenti.
Non ultimo sento di dover rivolgere un sentito apprezzamento per tutto il personale del Consiglio che pur tra le tante comprensibili difficoltà, si è impegnato al massimo per la migliore riuscita della seduta odierna.