Convegno "Autonomia, Federalismo, Sovranità"
Data: 16/07/2010 - Abbasanta, Hotel de BaioneConvegno CGIL, CISL, UIL
16 luglio2010
“Federalismo, Autonomia , Sovranità: un nuovo Patto Costituzionale per la Sardegna”
“ La via Sarda al federalismo”
Cari amici,
nel porgere un caloroso saluto a tutti, desidero sentitamente ringraziare CGIL, CISL e UIL per il costante impegno di studio volto a fornire un significativo contributo nel faticoso cammino dei sardi verso la riscrittura del proprio Statuto di Autonomia Speciale.
E’ questo un tema caro a diverse generazioni di sardi che ha sempre sfiorato le diverse Legislature della nostra storia autonomistica. Ciò nondimeno sono convinta che nella presente Legislatura questa opera fondamentale per le sorti della nostra terra possa trovare finalmente un’adeguata risposta alle tante attese.
In Consiglio Regionale, in ossequio agli impegni presi in avvio di Legislatura, nei giorni scorsi è emersa la ferma volontà di dare immediato corso al processo di riforma della nostra Carta di Autonomia con un ampio dibattito fra tutte le forze politiche, per poi giungere in Aula alla ripresa dei lavori dopo la pausa estiva.
La grave situazione di crisi e il persistente ritardo nello sviluppo in cui versa la nostra Isola deve, infatti, vederci tutti protagonisti nel dare un concreto contributo per garantire la realizzazione dei diritti storici, politici, e civili del Popolo sardo verso le proprie mutate esigenze all’interno della Repubblica italiana e nell’Unione Europea.
Per rispetto agli esiti degli sviluppi sul futuro dibattito, che vedrà protagoniste tutte le componenti politiche della nostra Assemblea, e le parti sociali, non entrerò nel merito di tematiche specifiche o di stringente attualità.
Nondimeno, data la responsabilità che mi deriva dall’essere la Presidente della massima Assemblea regionale, non posso e non voglio sottrarmi dall’effettuare alcune riflessioni sullo stato dell’arte e sulla genesi dei limiti normativi e competenziali dell’istituto autonomistico.
Sono passati oltre sei decenni da quando, nel febbraio del 1948, il nostro Statuto fu adottato. Sin dalla nascita molte voci si levarono per denunciare la debolezza del testo approvato dall’Assemblea Costituente.
Gli stessi Padri dell’Autonomia faticarono a riconoscerlo, dopo che fu ripulito della sua forte connotazione autonomistica, federalista e nazionalitaria dal Parlamento italiano.
Sull’insufficienza dell’istituto autonomistico si sono spesi fiumi di parole, tutti i grandi politici dell’Isola si sono confrontati su questi temi, ma, sostanzialmente, lo Statuto tale era e tale è rimasto.
E’ mancato cioè un favorevole clima unitario che, superati gli schieramenti e gli schematismi della politica di parte e faziosa, agevolasse la riforma.
Ma è soprattutto nei nostri giorni che si sente maggiormente il bisogno e l’urgenza di un approfondito ragionamento giuridico, abbandonando una visione autoconservativa dello Statuto, ormai superata dalla storia, per discutere sull’essenza dei sardi nel contesto che li circonda.
“Una presa di coscienza di noi stessi per dire chi siamo, cosa siamo e dove vogliamo andare attraverso una norma fondamentale che regoli il nostro vivere interno e i rapporti con l’Italia e l’Europa”.
Tutto questo deve partire da una severa riflessione su come i sardi hanno concepito e concepiscono la loro autodeterminazione.
Autonomia, Autogoverno e Indipendenza – quest’ultima intesa come utile approfondimento della democrazia – sono certamente vocaboli di forte emotività per i sardi, ma prima di essere norma giuridica debbono essere acquisiti come arricchimento culturale.
Se l’autonomia non la si ha nella mente e nel cuore, nessuna norma potrà mai renderci liberi di costruire una nuova architettura di autogoverno forte, moderna, democratica che sia la migliore espressione dell’identità collettiva della Sardegna.
L’acquisizione di questa sensibilità culturale deve portarci alla convinzione fondante che il Nuovo Statuto sia essenziale per lo sviluppo moderno dell’Isola, per il benessere e per il lavoro dei sardi attraverso una più consapevole azione di autonoma determinazione tesa a superare le ormai anacronistiche dipendenze e insufficienze.
Così come altrettanto si rende necessario, nel momento in cui ci accingiamo ad una nuova fase costituente delle nostre istituzioni regionali, affermare che è giunto il momento di mettere definitivamente da parte le strettoie e i vincoli della politica militante per dedicare ogni nostro possibile sforzo a un impegno sovraordinato e generoso verso la nostra terra e verso il nostro popolo.
Non sto chiedendo di rinunciare ai valori e agli ideali che contraddistinguono la nostra appartenenza politica, - i quali, anzi, vanno sempre difesi e portati con onore -, ma di affermare inequivocabilmente che esiste una sola, unica, fedeltà e una sola, unica, volontà quando si tratta di difendere i primari interessi storici, politici e civili del Popolo sardo.
Lo spirito costituente c’impone di sentirci uniti sotto l’unica bandiera che tutti i sardi indistintamente portano nel cuore. Questa bandiera è quella dei Quattro Mori !
Solo uniti sapremo risvegliare le coscienze sopite dei tanti sardi che hanno perso la speranza nel domani e che appaiono rassegnati a un destino già scritto.
Solo uniti potremo spezzare le catene di una condizione di sudditanza psicologica, politica e culturale che ci ha resi proni a scenari mutuati da realtà che non ci appartengono.
La storia ci ha insegnato che il Popolo sardo, nelle diverse epoche che si sono succedute, ha sempre coltivato speranze e aspirazioni differenti e distinte da quelle dei popoli della Penisola.
Questa nostra peculiarità, gia contenuta dalla previsione costituzionale, deve essere meglio sublimata nella gestione autonoma della nostra grande e irripetibile eredità culturale, materiale e immateriale, attraverso il nuovo patto istituzionale con l’Italia e con L’Europa.
La specialità, come oggi si vorrebbe nell’ambito della riforma federalista della Repubblica, non può essere lasciata all’esclusivo giudizio del legislatore nazionale, ma è propria di quello regionale in quanto i diritti storici della Sardegna sono imprescrittibili e spetta esclusivamente ai sardi la loro gestione.
Su queste tematiche, se necessario siamo, pronti ad aprire una vertenza con le istituzioni dello Stato: “i sardi devono essere responsabili delle loro sorti!”
Nessuno può ignorare che siano stati proprio i momenti nei quali ci siamo arresi all’omologazione politica e culturale quelli in cui abbiamo subito le più cocenti sconfitte della nostra storia. Nel confronto che ci attende con le istituzioni dello Stato deve essere chiaro a tutti che: i modelli di sviluppo monoculturali e perdenti; la politica assistenzialistica che ci ha asservito al potere centrale; la mancata continuità territoriale, ma anche politica e economica, con l’Italia e l’Europa sono fardelli che vogliamo relegare a un passato che dobbiamo lasciarci alle spalle.
Un Nuovo Sistema Sardegna, si deve e si può realizzare per dare ai sardi certezza nel futuro e consapevolezza di se stessi.
Vogliamo che ovunque nel mondo i segni distintivi del Popolo sardo, etnolinguistici, etnoculturali e etnostorici, siano riconosciuti e rispettati.
Tutto ciò si renderà possibile grazie al conferimento alla Sardegna di una sovranità a titolo uguale a quella dello Stato centrale, ripartita consensualmente attraverso il nuovo Statuto di Specialità.
Il complesso delle riforme intervenute a modifica del Titolo V della Costituzione, nel rivisitare gli articoli 114, 116,117,118,119 oltre a eliminare la gerarchizzazione dei diversi livelli istituzionali, ha introdotto il principio che nella ripartizione delle competenze: è sufficiente individuare quelle afferenti lo Stato, mentre tutto il resto diviene competenza delle regioni.
Sulla Base del principio, previsto nell’articolo 10 della legge costituzionale n.3 del 2001, le regioni a ordinamento differenziato “sino all’adeguamento dei propri statuti”, possono usufruire delle norme di maggior vantaggio che amplificano forme di autonomia più ampie rispetto a quelle già attribuite. Vorrei incentrare l’attenzione non solo sulla norma di maggior vantaggio, ma sulla totale assenza di qualsiasi riforma per adeguare la nostra specialità sulla base delle modifiche intervenute che hanno, invece, grandemente avvantaggiato le regioni a statuto semplice.
Una stasi legislativa che mal si coniuga con la necessità di re-inventare la nostra specialità per rafforzarla all’interno di un quadro federativo che sia in linea con le ipotesi di futura modifica dell’ordinamento della Repubblica in senso federale.
In un crescente e sano agonismo le regioni ordinarie rivendicano una loro peculiarità e una maggiore sfera di poteri, avvantaggiate dalle procedure di ampliamento dei loro poteri con legge ordinaria.
Non è paradossale affermare che su questo fronte le regioni speciali abbiano subito una involuzione. La prontezza richiesta per dotare le autonomie regionali di strumenti adeguati alle nuove funzioni assunte, subisce un freno nel momento in cui si procede a una revisione di statuti speciali in quanto discendono da una norma superprimaria: la Costituzione.
L’azione di riforma non può dunque limitarsi a un semplice adeguamento ma deve incidere profondamente nei rapporti e negli equilibri oggi esistenti per dotare la nostra Isola di una piccola personalità statuale che la ponga al riparo da qualsiasi eventuale misura di involuzione della propria specialità. In questa fase storica l’Isola deve rivendicare una accresciuta personalità giuridica, fondata sulla profonda consapevolezza che l’autonoma determinazione è l’unico strumento che può creare all’interno del nostro ordinamento statale le migliori condizioni affinché una regione insulare possa recuperare i ritardi infrastrutturali derivanti dalla particolare condizione geografica. Questo luminoso orizzonte ci attende! E’ necessario, però, dotare urgentemente l’Isola di un nuovo, moderno e originale strumento di governo che consenta l’esercizio di maggiori ambiti di potere.
Una Carta della Sardegna che, nel rispetto dei principi fondamentali della Costituzione, sia ispirata all’autogoverno dei popoli garantito dal diritto internazionale per arrivare ai livelli più alti di autonomia raggiunti dalle regioni e dalle nazioni europee senza Stato.
Agli scettici che, ancora, dubitano sulla necessità di ammodernare lo Statuto, vorrei dire che un popolo senza lavoro non sarà mai un popolo libero in quanto sarà sempre dipendente dalla volontà altrui, alla quale potrà facilmente essere assoggettato.
Noi le opportunità di creare la crescita occupazionale le vogliamo costruire e realizzare, non subirle.
I posti di lavoro dei sardi vanno difesi in Sardegna e non a Roma!
Non esiste terra che non dia i suoi frutti, e quando ciò avviene è solo per l’incapacità dell’uomo di saperli cogliere. Ma se tali opportunità ci vengono negate, perché non abbiamo la gestione diretta dei nostri beni, è ancora peggio.
Per questo invochiamo il riconoscimento dell’autonoma determinazione per governare da sardi per i sardi!
Una riscrittura dello Statuto non può e non deve, quindi, limitarsi a una semplice perifrasi di quello esistente. Riformulare l’attuale Statuto non condurrebbe di sicuro ad un successo, in quanto continueremmo a scrivere norme nuove su norme vecchie, creando così maggiori problemi di quanti già attualmente ne esistono.
Sulla base degli indirizzi emersi in tutti questi anni di “autonomia incompiuta”, affiora l’esigenza che la nostra Carta fondamentale contenga almeno tre linee direttrici che affermino:
la necessità che la Sardegna si costituisca in Regione Autonoma con l’attribuzione di tutti i poteri ad eccezione di quelli di ordine federale relativi per esempio alla Difesa, alla Giustizia e ai rapporti diplomatici;
la necessità che tutti i rapporti fra la Sardegna, lo Stato centrale e l’Unione Europea si ispirino al principio secondo il quale tutti i popoli hanno pari dignità e pari diritti;
la necessità che al Popolo sardo, in quanto nazione senza stato, sia riconosciuta la possibilità di riformare la propria Carta fondamentale nel rispetto certo del patto con lo Stato e con l’Europa, ma anche del suo diritto di scegliere in che modo essere parte della Repubblica italiana e dell’Unione europea.
Va inoltre riconosciuta una personalità giuridica all’esecutivo regionale per far si che il Presidente della Regione possa partecipare alle assise europee nelle delegazioni ministeriali.
Vorrei spendere ancora qualche parola sull’Europa. L’orizzonte europeo descrive la nuova frontiera dell’autonomismo sardo del terzo millennio.
La costruzione dell’Unione europea rappresenta un capolavoro politico e diplomatico d’integrazione di diverse entità sovrastatuali attraverso il dialogo e la cooperazione, e non come avveniva nel passato attraverso guerre e annessioni violente.
Con la spontanea devoluzione di numerose competenze degli Stati membri a favore della normativa comunitaria, si è andato sempre più sviluppando all’interno dell’Unione il disegno di una Europa formata da popoli e nazioni. L’antico sogno di un padre del sardismo, Camillo Bellieni, che propugnava gli “ Stati Uniti d’Europa”, formati dalle nazioni e dai popoli europei, si sta realizzando. Ciò deve indurre a una attenta riflessione e a una conseguente presa di coscienza.
Nella nostra opera riformatrice per riscrivere il Patto Costituzionale con la Repubblica, commetteremo un tragico errore se ci limitassimo a una circoscritta visione italianista delle problematiche.
La nostra azione di riforma deve contenere un respiro europeo per collocare adeguatamente l’Isola nella più vasta cornice ordinamentale dell’Unione Europea cui ormai appartiene.
In questa sede è appena il caso di rammentare che molti dei finanziamenti per rilanciare e ammodernare la Sardegna, passeranno attraverso finanziamenti europei dai fondi per le politiche di coesione socioeconomica. Amici, non è un compito facile quello che ci attende. Per questo lo sforzo richiesto deve essere davvero straordinariamente unitario!
Solo in questo modo potremo vincere la sfida per il diritto all’autogoverno dei sardi per guidare e regolare il nostro vivere collettivo e rappresentare la nostra identità etnonazionale anche nel più vasto scenario dell’Unione Europea.
I tempi sono maturi, non possiamo dilungarci oltre, è già iniziato il conto alla rovescia.
Qualunque siano le forme di coinvolgimento che decideremo per favorire la più ampia partecipazione popolare in questa fase storica di revisione della nostra Norma Fondamentale, bisogna tener presente che l’iter per le modifiche della parte costituzionalizzata dello Statuto sardo non sarà breve.
Partendo già oggi, è ragionevole pensare che occorrano non meno di tre anni perché veda la luce!
L’iter legislativo per la revisione costituzionale del nostro Statuto prevede un percorso assai articolato e complesso che va dall’esame in Prima Commissione Autonomia del Consiglio, all’Aula per l’approvazione. Segue l’invio alle Camere con la presa in consegna del testo presso la Commissione Affari Costituzionali, la prima lettura alla Camera, la prima lettura al Senato, al termine se dovesse intervenire anche una minima variazione, si ripete l’iter parlamentare in prima lettura. Se, invece, non intervengono variazioni si va alla seconda lettura sia alla Camera dei Deputati e sia al Senato.
Approvato lo Statuto si innescano passaggi legislativi obbligatori per completare la Riforma. In primis la riforma del titolo terzo che è la parte decostituzionalizzata dello Statuto e che va approvata d’intesa col Parlamento; quindi la legge statutaria che va approvata con procedura rinforzata e, per finire, andrà riformata la legge regionale 1 del 1977 per imporre un nuovo e più aderente modello organizzativo della Regione sarda. Il tempo fugge. Permettetemi di invitarvi a guardare alla nostra istituzione parlamentare con la considerazione che le deriva dall’essere la “Casa Comune dei Sardi” . Un baluardo sempre eretto a difesa delle prerogative dei sardi, dove le più intime aspirazioni del nostro popolo devono trovare accoglienza e soddisfazione.
Trasformiamo il Consiglio Regionale in una “agorà” permanente del Popolo sardo che, nelle forme di partecipazione che decideremo insieme, resti aperta sino al totale compimento del percorso di revisione costituzionale della nostra Carta di Autonomia Speciale.
A monte, dovrà verificarsi una amplissima quanto straordinaria mobilitazione corale di un popolo che si muova spiritualmente e moralmente unito, verso il proprio destino.
Una sintesi unitaria che veda coinvolti Consiglieri Regionali, Parlamentari, Partiti, Sindacati e Associazioni i quali, nelle diverse istanze decisionali, convergendo verso il Parlamento dei sardi favoriscano, in tempi strettissimi, il varo di una proposta di revisione costituzionale da portare entro l’anno all’attenzione del Parlamento italiano.
Se davvero ci crediamo questa potrà essere la nuova alba per l’autonomia dei sardi. Mettiamo al bando divisioni anacronistiche, faziosità perdenti e futili incomprensioni per dare ai sardi un nuovo motivo di orgoglio verso una così rinnovata classe dirigente capace di assumersi in pieno la responsabilità di guidare il destino della Sardegna attraverso una “Via Sarda al Federalismo”.
Non possiamo, non dobbiamo, non vogliamo fallire in questa missione per consentire ai sardi di guardare al domani con rinnovata speranza e riguadagnare quella fiducia che sembra perduta nella propria classe dirigente.