CONSIGLIO REGIONALE DELLA SARDEGNA
XIV LEGISLATURAMozione n. 219
MOZIONE SANNA Giacomo - PLANETTA, sulle reali motivazioni della joint-venture Eni-Novamont denominata Matrica in riferimento al protocollo d'intesa sulla chimica verde a Porto Torres del 26 maggio 2011.
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IL CONSIGLIO REGIONALE
PREMESSO che:
- in data 26 maggio 2011 a Palazzo Chigi, alla presenza di Gianni Letta, Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Stefania Prestigiacomo, Ministro dell'ambiente, Paolo Romani, Ministro dello sviluppo economico, Maurizio Sacconi, Ministro del lavoro e delle politiche sociali, Paolo Scaroni, amministratore delegato Eni, Catia Bastioli, amministratore delegato Novamont, il Presidente della Regione ha sottoscritto col Governo nazionale, Eni e Novamont Spa, il protocollo d'intesa sulla chimica verde a Porto Torres in cui le parti firmatarie si impegnavano a favorire la riconversione industriale del sito petrolchimico di Porto Torres, che conta oltre 2.000 lavoratori compresi quelli dell'indotto, "in un polo di produzione di monomeri-bio, bio-plastiche, bio-lubrificanti, additivi per gomme ed elastomeri nonché di cogenerazione da biomasse" che costituisca "volano per la ripresa dell'economia locale del comparto chimico e di quelli collegati dell'agricoltura, della ricerca e dell'innovazione" e per "promuovere lo sviluppo e l'utilizzo su larga scala di fonti energetiche compatibili";
- l'accordo prevedeva la costituzione di una joint venture paritetica per la realizzazione e gestione di un nuovo polo verde con impianti produttivi di monomeri-bio, lubrificanti-bio, biofillers, intermedi/additivi bio per elastomeri e bioplastiche con centrale elettrica a biomasse e utilizzo di tecnologie Novamont e materie prime rinnovabili, che abbia, quali elementi fondamentali di innovazione, la piena compatibilità ambientale in tutte le fasi del ciclo produttivo, dell'uso e del fine vita; il legame strategico con il territorio mediante l'integrazione di filiera con la selezione e coltivazione di specifiche colture locali in grado di assicurare l'accesso alla materia prima di origine agricola, con attenzione al riutilizzo degli scarti; la rilevanza della ricerca e tecnologia nello sviluppo di nuovi processi e prodotti, ed i cui punti critici sono però rappresentati dalla tipologia delle produzioni agricole da utilizzarsi e, soprattutto, dalla chiusura delle attuali produzioni della chimica di base (punto che ha determinato forti agitazioni sindacali in particolare della CGIL di Sassari) e dalla questione delle bonifiche ambientali per tutta l'area all'interno del sito petrolchimico di Porto Torres di proprietà Polimeri Europa/Syndial (Eni), pari a circa 2.000 ettari;
- il progetto (che dovrebbe svilupparsi nel corso dei prossimi cinque o sei anni) presuppone la chiusura di tutti gli impianti della chimica di base dello stabilimento di Porto Torres e la costruzione dei nuovi impianti con il contestuale avvio delle attività agricole fondamentali per dare materia prima agli impianti, mentre rimangono ancora indefiniti molti particolari sia dei processi industriali proposti che i pesanti risvolti sociali ed occupazionali che la proposta dell'Eni determina (mancano ancora precise garanzie per i lavoratori occupati, in particolare quelli dell'indotto, e sui tempi delle bonifiche dei terreni inquinati);CONSIDERATO che:
- su proposta di enti locali, sindacati e Regione, il protocollo per la chimica verde siglato a Palazzo Chigi è stato arricchito con un addendum (un allegato aggiuntivo contenente il verbale dell'accordo politico che rappresenta la mediazione sociale e che riguarda la fase di transizione, siglato dalla Giunta regionale, enti locali interessati e sindacati sardi e fatto proprio come allegato dell'intesa) che prevede che la Regione promuova e coordini un tavolo regionale di supporto al coordinamento complessivo del progetto, come disciplinato dalla stesso articolo 7 del protocollo, a cui partecipano, oltre ai rappresentanti regionali, fra cui enti locali e organizzazioni sindacali, anche un rappresentante del Governo nazionale e uno di Eni, e tale da essere il luogo permanente del confronto a livello regionale sui temi e sugli impegni del protocollo e che si occuperà principalmente di affrontare:
1. le azioni tese alla tutela dei lavoratori dell'indotto e del sistema delle imprese locali anche mediante la loro utilizzazione negli interventi di bonifica e nella esecuzione degli interventi di realizzazione degli impianti oggetto del protocollo d'intesa; anche tramite una apposita agenzia regionale;
2. il monitoraggio al fine di garantire precisi tempi di inizio e realizzazione delle attività di bonifica e verifica delle risorse da destinare a dette bonifiche;
3. la disponibilità di aree ed infrastrutture al fine di consentire l'insediamento di nuove attività produttive, anche con la messa a disposizione delle aree non utilizzate del sito industriale;
4. la definizione di un piano di reindustrializzazione delle aree interessate, con specifici interventi straordinari;
5. l'utilizzo di aree esterne all'attuale perimetro industriale per la sperimentazione agricola, con la compartecipazione degli enti regionali e dell'università;
6. il tema della nuova centrale elettrica a biomasse e la sua coerenza con il piano regionale energetico e della produzione da fonti rinnovabili;
- nella conferenza stampa di presentazione sulla chimica verde a Porto Torres, l'amministratore delegato di Eni, Paolo Scaroni, dichiarava che l'investimento previsto sarebbe stato di complessivi 1,2 miliardi di euro, così suddivisi nei diversi progetti: 450 milioni di euro per i prossimi sei anni nella chimica verde (in cui si avrà la piena produzione nel 2013); 230 milioni di euro come Enipower per produrre energia elettrica da biomasse; 500 milioni di euro per tutte le bonifiche del sito, che sono 600 ettari inquinati (anche se le bonifiche dovrebbero essere di per sé un atto dovuto) e infine 50 milioni di euro per un centro di ricerca focalizzato sulle tecnologie della chimica di nuova frontiera; saranno impiegati poi 50 milioni di euro per le infrastrutture industriali e la realizzazione del centro di ricerca di carattere universitario; infine, da Enipower saranno spesi fino a 230 milioni di euro per la nuova centrale a biomasse e l'adeguamento di quella esistente;
- lo stesso Presidente della Regione commentava la sigla del protocollo d'intesa relativo al progetto Eni-Novamont per la riconversione del sito di Porto Torres a più grande polo d'Europa per la chimica verde, essere "Un piano innovativo, idoneo a conquistare i mercati e a creare nuova impresa e nuova occupazione in Sardegna";RILEVATO che:
- la Sardegna produce energia elettrica per 12-l3.000 GWh/anno (circa l'8 per cento in più del nostro consumo, con il prezzo del MWh mediamente superiore del 30-35 per cento a quello del resto del Paese) e l'incremento di un punto di PIL richiede da noi 496,6 MWh/M euro contro i 277 della Penisola, associato ad emissioni di CO2 rispettivamente -456 e -220 di ton/M euro, nonostante i bassi costi di produzione relativamente all'impiego prevalente di combustibili fossili (TAR, carbone, derivati dal petrolio), e con una grande quantità di EE (circa la metà) che viene acquistata a tariffe incentivate (circa il doppio del prezzo corrente attraverso i meccanismi del CIP6 ed i certificati verdi) in quanto prodotte da fonti assimilate alle fonti rinnovabili fra le quali la scelta predominante è sempre più quella delle biomasse che risulta almeno in Italia una fonte ambigua perché una legislazione disinvolta (decreto legislativo n. 387 del 2003) sotto infrazione da parte della Commissione europea, include tra le fonti energetiche ammesse a beneficiare del regime riservato alle fonti rinnovabili, la frazione non biodegradabile dei rifiuti ed i combustibili derivati da rifiuti (CDR), tali distorsioni continueranno a gravare sui consumatori finali almeno fino alla scadenza naturale delle convenzioni, che dovrebbe avvenire non prima di sette-dieci anni, anche se la loro incidenza tenderà progressivamente a diminuire;
- nella proposta Eni/Novamont è prevista la "realizzazione di una nuova centrale elettrica alimentata a biomasse", indicata nella capacità a volta di 100 MWe, altre volte di 40, che potrebbe verosimilmente configurarsi nel pericoloso e malcelato disegno di far lavorare un impianto per bruciare spazzatura altrimenti eufemisticamente detto "termovalorizzatore", che andrebbe a fungere da terminale dei rifiuti sardi e/o anche di quelli esterni, il tutto all'interno della conferma per il sito turritano del centro di stoccaggio e di combustione di eventuali rifiuti speciali, tipo FOK, verosimilmente prodotti fuori dalla Sardegna;ATTESO che ci si trova quasi certamente di fronte alla più impegnativa operazione economica (e quindi politica) degli ultimi trent'anni in Sardegna (nuova centrale cogenerativa alimentata da biomasse solide; rinnovamento tecnologico della centrale elettrica capace di minimizzare le emissioni; impiego dei terreni circostanti per la produzione di materie prime ad alto contenuto oleico necessarie alle nuove produzioni, con investimenti per 100 milioni nella prima fase, poi via via 50, 300, 50, 230 a completamento dell'intero progetto), i cui effetti condizioneranno per un lungo periodo l'economia sarda nell'industria, nell'agricoltura e nei trasporti, con evidenti conseguenze sul turismo e sull'intero tessuto sociale, culturale ed economico, il tutto assunto con decisioni che paiono affrettate e/o poco ponderate in riferimento alla reale convenienza per la Sardegna, quasi sotto il ricatto di circa seicento posti di lavoro (con un'incidenza di un milione e mezzo di euro a posto di lavoro) e con la stessa difficoltà delle nostre istituzioni, così come nel passato, a rispondere al problema occupativo e ad esercitare un reale potere di controllo che nel caso in questione dovrebbe avvenire attraverso una formula burocratica che lascia nelle mani del Presidente della Regione la missione di vigilare sul rispetto degli impegni assunti, sorvolando sul cracking, ma con qualche impegno in più sui lavori dell'indotto (negli interventi di bonifica e nella costruzione degli impianti "anche tramite una apposita agenzia regionale");
CONSIDERATO ancora che:
- mercoledì 22 giugno 2011 si insediava a Villa Devoto il tavolo per l'attuazione del protocollo per la chimica verde, per la realizzazione dei nuovi impianti nel polo petrolchimico di Porto Torres con l'impegno, tra gli altri, che il Ministero dell'ambiente avrebbe convocato quanto prima la conferenza dei servizi, finalizzata a mettere a punto tutte le procedure necessarie all'avvio mentre i vari punti sarebbero dovuti essere approfonditi in diversi gruppi di lavoro con sede a Sassari e così divisi per materia: il primo per le concessioni, autorizzazioni e bonifiche; il secondo per la gestione dell'area di crisi, dell'indotto, della formazione professionale e delle politiche del lavoro; il terzo finalizzato alla cura degli aspetti relativi alle connessioni con l'agricoltura, la ricerca e la centrale a biomasse;
- durante il tavolo, Eni e Novamont confermavano ufficialmente che avrebbero trasferito quanto prima a Porto Torres la sede legale della società Matrica, la joint-venture Eni-Novamont, come richiesto circa due settimane prima dal Presidente della Regione;CONSTATATO che:
- Novamont (che tra la sede di Novara, dove sono concentrate anche le ricerche e gli impianti e la parte produttiva di Terni non supera i 200 dipendenti diretti) è titolare del brevetto del Mater-bi considerata una bio plastica attualmente in uso in Italia nella produzione dei sacchetti tradizionali di politene, che non può definirsi dal punto di vista chimico una vera e propria materia plastica, ma è una miscela di amido di mais con policaprolactone, un polimero di origine petrolifera biodegradabile, ottenuto appunto dal caprolactone un estere ciclico il cui unico produttore al mondo è l'Union Carbait, che ne detiene tutti i diritti e i brevetti;
- nel bilancio 2009 di Novamont si riscontrano ricavi per 64 milioni di euro, con crediti da vendite per 14 milioni, sicuramente frutto di azioni di marketing fatte per promuovere il prodotto, agendo sulle dilazioni di pagamenti, che ovviamente in una azienda senza grande flusso di liquidità, anzi fortemente indebitata, pesa sul piano degli oneri, e risulta inoltre che la società è posseduta nella sua totalità da una società denominata Materb le cui azioni sono nella quasi totalità di banche italiane con in testa Intesa San Paolo e Unicredit, partecipazioni marginali sono di proprietà di Catia Bastioli, la ricercatrice dipendente Novamont che rilevò l'azienda dalla Montedison e per la quale lo statuto prevede una carica di direttore generale (posizione quest'ultima ormai eliminata da almeno 25 anni negli organigrammi delle aziende italiane modernamente organizzate) a vita, e ancor più marginale da un certo Marini, altro ex dirigente della Novamont ex Montedison;
- tale assetto societario conferma le voci che volevano la Novamont sul punto di portare i libri contabili in tribunale ad inizio 2010, perché di fatto è commissariata dalle banche creditrici; non a caso le materie prime non sono acquistate da Novamont, come accade in ogni società operativa di qualsiasi gruppo industriale, ma dalla Materb Spa che in questo modo controlla attentamente i flussi finanziari e soprattutto evita intermediazioni a monte spesso utilizzate da grosse aziende per portare capitali all'estero;
- Novamont (nel cui capitale l'Eni è presente con una quota del 20 o 25 per cento, probabilmente tirata dentro dalle banche per avere maggiori garanzie) possiede i brevetti, le tecnologie e know-how mentre la società Matrica, la joint-venture Eni-Novamont che è stata costituita solo per Porto Torres, non possiede assolutamente niente, e verosimilmente, giacché per il Codice civile ogni società ha bilancio e sistema contabile indipendente, dovrebbe pagare alla società madre Novamont i diritti sui brevetti, sui progetti e sulle tecnologie, compreso il progetto e la gestione degli impianti del sistema di sicurezza antincendio dello stabilimento, nonché eventuali consulenze del suo managment e dei suoi tecnici ecc., presumibilmente al fine di rimborsare le banche nascoste dietro la società Mateb Spa e, nel caso dell'Eni, a riprendersi i soldi sborsati per l'acquisto di quel 20-25 per cento delle azioni Novamont;EVIDENZIATO che:
- il meccanismo messo in atto appare fondatamente finalizzato a nascondere i problemi finanziari di Novamont e di Catia Bastioli (e probabilmente è impostato anche nell'ottica dello sfruttamento di possibili contributi e prebende della comunità europea), ma dal punto di vista dell'economia e della chimica sarda prospetta il rischio di un ritorno di fiducia ad investitori spregiudicati noti nel passato e non estranei al presente della nostra Isola, nonostante la presenza di Eni come garanzia indispensabile per la Bastioli (e per le banche creditrici nei riguardi della Novamont che si trovano un progetto di rientro dei crediti elargiti) in questa fase che è soprattutto hobbistica reca un primo e certissimo vantaggio proprio all'Eni che chiude lo stabilimento di Porto Torres (liberandosi degli 800-900 addetti diretti, e ridimensionando fortemente i 400 indiretti col crollo conseguente di tutte le speranze di un ritorno produttivo degli impianti Vinyls) e di fatto fugge dalla Sardegna, anche se ufficialmente parla di fermate provvisorie solo allo scopo di calmare le preoccupazioni dei lavoratori, di sindacati e di sindaci e presidenti di provincia, le amministrazioni locali ed il territorio otterranno al massimo 150 addetti diretti per il Mater-bi e la centrale e circa 300 per l'indotto, costituito soprattutto da manovalanza generica e inqualificata, con perdite di professionalità specializzate di alto livello), e risparmiare i parecchi milioni di manutenzioni straordinarie per la messa in sicurezza degli impianti dismessi, secondo le normative a suo tempo poste in essere;
- il problema delle bonifiche risulterebbe ugualmente posto in secondo piano pur essendo un atto dovuto e in parte compensato economicamente dal risparmio di parecchi milioni necessari per le manutenzioni ordinarie e straordinarie per la messa in sicurezza degli impianti dismessi, secondo le normative a suo tempo poste in essere;
preso atto che la Sardegna si ritrova per l'ennesima volta di fronte ad un problema di sovranità sul proprio territorio e sulle proprie risorse e dunque è inderogabile un ripensamento dei modelli di sviluppo verso concetti di sostenibilità economica, sociale e sanitaria tale da guidare comportamenti e azioni politiche in tal senso conseguenti e coerenti,impegna il Presidente della Regione, l'Assessore regionale dell'industria, l'Assessore regionale della difesa dell'ambiente e l'Assessore regionale dell'agricoltura e riforma agro-pastorale a:
1) porre in essere tutte quelle precauzioni e tutele tali da garantire il reale diritto alla salute dei sardi chiarendo se la prevista centrale a biomasse non nasconda in realtà il tentativo di mettere in funzione un inceneritore per rifiuti solidi urbani, altrimenti detto "termovalorizzatore";
2) esigere la valutazione di impatto sanitario (VIS) che preveda quali siano i reali costi sanitari che il progetto in questione potrebbe determinare;
3) dotarsi di uno strumento di consultazione della popolazione, quale quello referendario, non accettando la strada degli accordi "riservati e segreti" che non può essere contemplata da nessun ordinamento democratico, soprattutto in circostanze di così grande rilevanza, riferite in particolare alle ricadute sanitarie sulla popolazione, che riguardano la gestione del territorio in termini di risorse e di progettualità di queste dimensioni;
4) chiarire in base a quale coerenza col Piano energetico regionale viene collocato l'intervento denominato chimica verde, riferito alla centrale elettrica a biomasse per la produzione energetica da fonti rinnovabili e, nel caso, se e quale sia la relazione con il Piano regionale dei rifiuti;
5) esigere un progetto concreto di impatto ambientale riferito all'impiego di larghe estensioni per coltivazioni intensive di biomasse (l'Eni/Novamont intenderebbe partire subito nel mettere a coltura agricola più di mille ettari di terreni non inquinati o facilmente disinquinabili della zona industriale di Porto Torres);
6) verificare se l'ipotesi che l'intera operazione denominata chimica verde non miri a procurare un tangibile vantaggio alla società Novamont, presumibilmente al fine di rimborsare le banche nascoste dietro la società Mater-bi Spa e, nel caso dell'Eni, a riprendersi i soldi sborsati per l'acquisto di quel 20-25 per cento delle azioni Novamont;
7) procedere celermente alla verifica delle reali motivazioni che hanno determinato la joint-venture Eni-Novamont attraverso la costituzione solo per Porto Torres della società Matrica.Cagliari, 31 ottobre 2012