CONSIGLIO REGIONALE DELLA SARDEGNA
XIV LEGISLATURA

INTERROGAZIONE n. 286/A

INTERROGAZIONE ZUNCHEDDU, con richiesta di risposta scritta, sulla chiusura del Centro di procreazione medicalmente assistita che ha arrecato gravi disagi ai pazienti in cura e ha gravemente leso e discriminato i diritti delle donne sarde.

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La sottoscritta,

premesso che
- il Centro ProMeA di procreazione medicalmente assistita (PMA) di I e II livello, autorizzato secondo le norme vigenti dalla Regione autonoma della Sardegna con determinazione n. 1176 del 22 novembre 2006, ha svolto la propria attività presso la struttura della casa di cura Policlinico Città di Quartu, sotto la guida dell'equipe del dott. Andrea Gandolfi e della dott.ssa Nicoletta Maxia, a partire dal 22 novembre 2006;
- l'attività svolta negli anni dal Centro ProMeA ha consentito, attraverso personale altamente qualificato e competente, di far fronte alla sempre crescente richiesta di trattamenti PMA e ha dato la possibilità alle tante coppie in cura presso il Centro, provenienti non solo da tutta la Sardegna, ma anche da diverse regioni italiane, di diventare genitori;
- dalla relazione del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali al Parlamento sullo stato di attuazione della legge in materia di procreazione medicalmente assistita (legge 19 febbraio 2004, n. 40, articolo 15) e relativa all'attività dei centri di PMA nell'anno 2007, si evince che in Sardegna operano 4 centri di cui tre pubblici (Università di Cagliari, Università di Sassari e Ospedale microcitemico di Cagliari) ed uno privato convenzionato (centro del Policlinico Città di Quartu): i tre centri pubblici hanno eseguito 831 (61.7 per cento) cicli di fecondazione assistita mentre il centro del Policlinico Città di Quartu 515 (38.3 per cento);

sottolineato che
- il Centro ProMeA presso il Policlinico di Quartu ha terminato la propria attività l'8 febbraio 2010, in anticipo rispetto all'originaria scadenza del contratto in quanto il rapporto è stato risolto anticipatamente dalla società Kinetica Sardegna, proprietaria del Policlinico Città di Quartu. La motivazione addotta dalla società per la risoluzione del contratto si fonda su asseriti gravi danni all'immagine della clinica stessa che il dott. Andrea Gandolfi avrebbe arrecato richiedendo l'intervento dei Carabinieri per poter effettuare i programmati interventi di fecondazione assistita a fronte della improvvisa mancata disponibilità della sala operatoria; in realtà, solo grazie all'intervento dei Carabinieri prima e del Tribunale di Cagliari poi (che ha emesso un provvedimento di urgenza a riguardo), si è garantita la continuità assistenziale alle pazienti, che hanno così potuto portare a compimento i trattamenti in corso, evitandone l'interruzione con potenziale grave rischio per la loro salute ed inutile effettuazione di pesanti cure ormonali;
- il Centro ProMeA e il suo staff costituivano un fiore all'occhiello del Servizio sanitario sardo, soprattutto, tra le varie ragioni, per essere uno dei pochi in tutta Italia a praticare la tecnica della "Iniezione intracitoplasmatica di spermatozoi morfologicamente selezionati" (IMSI), frutto del successo delle più recenti ricerche nel campo della PMA e che aumenta le possibilità di gravidanza anche in quelle coppie con fattore di grave infertilità maschile e con precedenti negative esperienze di PMA; solo altri 3 centri in Italia dispongono del sistema IMSI (Tecnolab a Milano, Sismer a Bologna, il centro di Antinori a Roma);
- il Centro garantiva alle donne sarde un servizio di ottima qualità senza apportare disagi dal punto di vista logistico ed economico in quanto facilmente raggiungibile dalle varie località di provenienza delle pazienti, che quindi non erano costrette ad affrontare i lunghi "viaggi della speranza" verso il Continente per usufruire dello stesso tipo di trattamenti e prestazioni, oltre alla certezza di avere la costante assistenza medica, tecnica e psicologica dagli stessi medici presso i quali erano in cura senza dovere ricorrere ad altri specialisti in o fuori dalla Sardegna;
- le donne, e in generale le coppie, in cura presso il Centro, a tutt'oggi affrontano una serie di gravi disagi (di tipo psicologico, medico-assistenziale, logistico, economico) in quanto:
    1) non si è ancora trovata a tutt'oggi un'altra sede sostitutiva per il Centro ProMeA, fatto che costringe gli interessati ad affidarsi ad altri centri della Penisola e, quindi, a far fronte a spese e disagi rilevanti;
    2) tante donne hanno dovuto interrompere i trattamenti in corso, costrette quindi a rimandarli nel tempo o correndo il grave rischio di non poter ripeterli in futuro (fatto questo che aggiunge ulteriore stress e angoscia a delle persone che già di per sé vivono una situazione particolarmente difficile e delicata);
    3) l'ingiustificato allontanamento da parte di Kinetica del dott. Andrea Gandolfi e della dott.ssa Nicoletta Maxia hanno di fatto determinato il venir meno dei requisiti professionali su cui si basava l'autorizzazione regionale del Centro, così come il ritiro da parte degli stessi professionisti delle strumentazioni di loro proprietà dal laboratorio di fecondazione assistita ha fatto venir meno anche i requisiti strumentali di cui all'autorizzazione; ciò ha creato un vuoto di requisiti e competenze potenzialmente rischioso e lesivo dei diritti ed interessi dei pazienti; infatti a tutt'oggi presso il Policlinico Città di Quartu si trovano criocontenitori con embrioni, spermatozoi, tessuto testicolare ed ovociti;
    4) in caso di chiusura o di mancato rinnovo dell'autorizzazione, o di revoca da parte della Regione, il Centro deve contattare i richiedenti la conservazione per decidere il destino dei gameti e degli embrioni: la paziente ha sempre diritto ad ottenere il trasferimento degli embrioni crioconservati in altro Centro di sua fiducia; secondo le linee guida della legge 40, il trasferimento dovrà avvenire fra centri, quindi evidentemente a loro cura,

chiede di interrogare il Presidente della Regione e l'Assessore regionale dell'igiene e sanità e dell'assistenza sociale per sapere:
    1) se siano a conoscenza dei gravi disagi arrecati alle coppie in cura presso il Centro del Policlinico città di Quartu in seguito alla risoluzione del contratto da parte della società proprietaria del Policlinico di Quartu;
    2) se e quali iniziative intendano intraprendere o abbiano nel frattempo già intrapreso per fare chiarezza sulle motivazioni che hanno portato alla chiusura del suddetto Centro, nonché se abbiano assunto i necessari provvedimenti di revoca al Policlinico di Quartu dell'autorizzazione all'attività di PMA in conseguenza del venir meno dei requisiti professionali e strumentali;
    3) se intendano predisporre il rilascio delle necessarie autorizzazioni e concessioni, nel breve periodo, per una sede sostitutiva localizzata in Sardegna che consenta all'equipe del dott. Gandolfi di garantire continuità assistenziale ai pazienti (quasi il 40 per cento di quelli trattati nell'intera Sardegna) che oggi sono costretti a recarsi in Italia per poter godere dello stesso servizio che era loro garantito in Sardegna, disposizione urgente alla luce non solo dei gravissimi disagi che gli stessi sono stati costretti a subire, ma anche perché la chiusura del Centro in questione e la conseguente fine dell'attività dell'equipe medica rappresenta l'ennesima discriminazione a danno delle donne sarde e dei loro diritti;
    4) se e quali iniziative intendano porre in atto per permettere alle coppie interessate di poter rientrare in possesso del proprio materiale biologico crioconservato così come predisposto dalle linee guida sopra citate, vincolanti per ogni Centro che si occupi di PMA che si deve far carico del trasporto e della sicurezza di tale materiale fino al trasferimento presso altri centri segnalati dai pazienti;
    5) se intendano predisporre dei rimborsi per le spese di viaggio e soggiorno che i pazienti in questione sono costretti a sostenere per recarsi presso cliniche che si trovano in Italia a cui si rivolgono per i trattamenti di PMA, che in media prevedono una permanenza di una settimana;
    6) se intendano adottare le necessarie iniziative finalizzate a fare chiarezza e riferiscano su chi ha da allora gestito questi delicati materiali, sulla base di quali requisiti professionali e strumentali e in forza di quale autorizzazione; ciò considerando che al dott. Andrea Gandolfi e alla dott.ssa Nicoletta Maxia, dal 14 febbraio 2010 è stato impedito l'accesso al laboratorio di fecondazione assistita e che nessuna variazione all'autorizzazione regionale poteva essere apportata senza che fosse preventivamente autorizzata dalla Regione stessa (articolo 4, determinazione n. 1176 del 22 novembre 2006).

Cagliari, 9 aprile 2010