CONSIGLIO REGIONALE DELLA
SARDEGNA
XIV LEGISLATURA
INTERPELLANZA N. 295/C-5/C-6
INTERPELLANZA PLANETTA sull'opportunità di revisione del Piano regionale dei rifiuti solidi urbani e del Piano energetico regionale (PEARS) e sull'effettiva salvaguardia del diritto dei cittadini ad avere accesso alle informazioni ed essere ammessi a partecipare ai processi decisionali nonché alla fase di revisione e attuazione dei due piani regionali.
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Il sottoscritto,
premesso che:
- il principio della gestione corretta dei rifiuti/materiali post
consumo e della produzione e distribuzione innovativa dell'energia
trova rispondenza nel decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152,
recante "Norme in materia ambientale" (G.U. n. 88 del 14 aprile
2006), che recita testualmente: "i rifiuti devono essere recuperati
o smaltiti senza pericolo per la salute dell'uomo e senza usare
procedimenti o metodi che potrebbero recare pregiudizio
all'ambiente";
- tale principio dovrebbe anche ricomprendere la dismissione della
pratica dell'incenerimento dei rifiuti, che trova la sua ragione
nella necessità di eliminare un sistema che non da garanzie per la
chiusura del loro ciclo, nonché per le finanze dei cittadini e per
la salute, anche in ragione del fatto che le problematiche inerenti
le polveri fini e ultrafini (PM 2,5 e PM 0,1) e le nanoparticelle
rimangono ancora irrisolte, così come quelle relative all'emissione
di arsenico, altri metalli e isotopi radioattivi, determinando ciò
la manifestazione di numerose patologie tumorali, infiammatorie e
degenerative che penalizzano fortemente le popolazione dell'Isola;
considerato che:
- lo Stato italiano incentiva i gestori degli inceneritori che
producono energia, per 8 anni dallo loro costruzione (e questo
spiegherebbe anche perché gli inceneritori dopo 8/10 anni diventano
"inspiegabilmente" obsoleti tanto da necessitare, a detta dei
gestori, una totale ricostruzione), attraverso i certificati verdi
(CIP6), unici in Europa a fare ciò (tanto che per questo motivo la
Comunità europea ha aperto una procedura di infrazione contro
l'Italia), consentendo ad essi, in tal modo, di poter vendere la
propria produzione elettrica ad un costo di circa il doppio rispetto
a quanto può fare chi produce elettricità usando metano, petrolio e
carbone;
- gli inceneritori non eliminano affatto i rifiuti, ma si limitano a
trasformarli prevalentemente in stato gassoso, aumentandone il
volume sotto forma di emissioni nocive e in un 25-30 per cento di
frazione solida di ceneri residue ad elevato contenuto di sostanze
tossiche; inoltre non sono alternativi alle discariche, necessitando
di una discarica di servizio dove depositare le ceneri di fondo
residue nonché le ceneri volanti dei sistemi di abbattimento e i
filtri contenenti sostanze tossiche ad elevata concentrazione, i cui
costi (degli incentivi) vengono ovviamente scaricati sulle bollette
elettriche dei cittadini (+7 per cento) che per questo sono le più
care d'Europa;
- la soluzione al problema potrebbe sicuramente esser rappresentata
dal potenziamento della raccolta differenziata e dalla dotazione di
infrastrutture per il riciclo completo dei materiali raccolti;
considerato ancora che:
- è necessario perseguire con convinzione e determinazione obiettivi
che consentano il superamento definitivo dell'incenerimento e delle
combustioni nella gestione del ciclo dei rifiuti e nella produzione
di energia e dunque, per quanto riguarda il Piano energetico
regionale (PEARS), questo deve essere incentrato sull'autonomia
energetica a favore di politiche di risparmio, sull'impiego di fonti
di energia rinnovabile gestite in maniera sostenibile nell'ambito
territoriale e sulla creazione di una rete di distribuzione
intelligente e informatizzata;
- il Piano regionale dei rifiuti e il Piano energetico regionale
sono stati adottati e approvati dalla sola Giunta regionale, ma non
sono mai stati trasformati in legge dal Consiglio regionale,
rappresentando quindi, entrambi, un indirizzo che può essere
modificato, adeguato e interpretato dalla Giunta regionale in
carica, come già avvenuto in questi ultimi anni;
- la necessità di mantenere in attività gli inceneritori, di
potenziarli e di incrementarli deriva non solo dalla scelta
sconsiderata di crescita della percentuale dei rifiuti da
incenerire, ma anche dalla sua subordinazione al Piano energetico
regionale (PEARS), con proposte di impianti di elevata potenza
alimentati a biomassa non sostenibili sul piano
dell'approvvigionamento ed equiparabili agli inceneritori per i
danni alla salute e all'ambiente;
rilevato che gli elementi di maggiore criticità e di inattualità del
Piano regionale dei rifiuti riguardano sostanzialmente:
a) la scarsa considerazione attribuita all'obiettivo prioritario
della prevenzione dei rifiuti (il piano prevede una riduzione dei
rifiuti del 5 per cento al 2012 rispetto ai dati del 2006, riduzione
che si è attestata nel 2009 a quota 2,74 per cento, un risultato
molto modesto anche in relazione a quanto previsto e realizzato in
altre regioni);
b) l'assenza di analisi critiche sugli aspetti socio-sanitari e
sulle correlazioni inceneritori/neoplasie (sono disponibili numerose
ricerche a livello nazionale e internazionale, condivise da una
parte sempre più crescente del mondo medico e scientifico, che
suggeriscono un responsabile atteggiamento di precauzione per
l'incenerimento dei rifiuti);
c) la previsione del "solo incenerimento" del rifiuto secco
indifferenziato con una sproporzionata e sconsiderata crescita della
percentuale dei rifiuti da trattare con l'incenerimento che passa da
quota 20 per cento a 35 per cento (tale valore è in controtendenza
con quanto avviene a livello nazionale (10-12 per cento) ed europeo
(±20 per cento) e in netta contraddizione con quanto affermato dallo
stesso piano, dove si postula una "minimizzazione della presenza sul
territorio regionale di impianti di termovalorizzazione";
d) l'assenza di una strategia regionale finalizzata a recepire in
tempi ragionevoli le migliori tecnologie di gestione dei rifiuti,
come fra l'altro stabilito dalla direttiva n. 2008/98/CE;
e) il mancato adeguamento qualitativo e quantitativo degli impianti
finalizzati al recupero di materia (compostaggio, valorizzazione dei
rifiuti da raccolta differenziata, piattaforme ecologiche, ecc.);
f) la rigidità del quadro tecnico-gestionale (ATO unico e subambiti)
che non ha mai funzionato e ha deresponsabilizzato gli enti locali;
rilevato ancora che sul fronte del Piano energetico regionale (PEARS)
occorre evidenziare le seguenti criticità:
a) gli investimenti nella produzione d'energia elettrica sono poco
strategici, piuttosto tesi allo sfruttamento prevalente e immediato
del carbone e all'esportazione della produzione in surplus, e la
stessa produzione di energia elettrica in Sardegna, ottenuta per il
96 per cento da combustibili fossili, è superiore a quella della
richiesta interna, con il prezzo del MWh mediamente superiore del
30-35 per cento a quello del resto del Paese (l'alto costo della
produzione dovrebbe fa venire meno i presupposti economici che
consentono l'attuale esportazione di energia elettrica e la
programmazione del raddoppio di tale esportazione, come prevede il
PEARS);
b) non emerge il contributo della Regione per il raggiungimento
dell'obiettivo di riduzione del 6,5 per cento delle emissioni CO2
che lo Stato italiano si era impegnato ad accogliere con il
Protocollo di Kyoto ed inoltre, rispetto alle più recenti
deliberazioni della UE, il piano è ben lontano da una programmazione
che permetta una riduzione del 20 per cento di emissioni, una
produzione del 20 per cento da energia rinnovabile e il
raggiungimento di un risparmio energetico del 20 per cento;
c) la Sardegna è oggi tra i maggiori produttori di CO2 se si
considera che la produzione media pro capite è di 11 tonn/anno,
superiore del 40 per cento alla media nazionale; qesto perché oggi
utilizziamo come fonti di produzione energetica quasi esclusivamente
(96 per cento) combustibili fossili (carbone e derivati del
petrolio);
d) il PEARS prevede sostanzialmente il raddoppio delle emissioni di
CO2 rispetto al 1990, in aperta violazione degli accordi
internazionali di Kyoto; secondo i dati contenuti nel PEARS,
infatti, le emissioni sarde di CO2 ammontavano nel 1990 a 16,8
milioni di tonnellate (Mt), salite a 24,6 nel 2000 (+46 per cento in
dieci anni); con gli interventi di efficienza previsti nel PEARS, le
emissioni dovrebbero arrivare a 27 Mt entro il 2015; senza questi
interventi il livello salirebbe a 29 Mt di CO2;
e) tra le fonti energetiche rinnovabili prevale il ricorso alle
biomasse con progetti anche in fase avanzata di autorizzazione o
autorizzati per inceneritori a biomassa di grande taglia compresi
tra 18 e 50 MW (Buddusò, Porto Torres e Assemini);
rilevato infine che:
- nel PEARS si prevede una produzione energetica da biomassa di
materiali legnosi o derivati per 135 MW di potenza nominale e una
produzione stimata in 945 GW e tali valori sono fortemente
sovradimensionati rispetto alla massa legnosa effettivamente
prelevabile in Sardegna (circa 250.000-350.000 tonn/anno) che sono
in grado di alimentare centrali a biomassa di potenza nominale non
superiore ai 25 MW, meno di 1/5 di quelle previste (tali
inceneritori a biomassa così sovradimensionati posso essere adibiti
ad incenerimento di rifiuti solidi urbani, anche extraregionali,
tenendo conto che la legislazione italiana, non conforme alla
normativa europea e per questo sottoposta a procedura di infrazione,
assimila la parte non biodegradabile dei rifiuti solidi urbani alle
biomasse);
- nel PEARS vengono inoltre privilegiati i grandi campi fotovoltaici
e i grandi parchi eolici piuttosto che il fotovoltaico domestico e
il mini eolico (questi grandi campi e parchi vengono gestiti
prevalentemente dai grandi produttori di energia da combustibili
fossili, con scarsi benefici sul territorio e grandi vantaggi
finanziari a favore dei produttori derivati soprattutto dai
certificati verdi);
- il metanodotto Galsi, che dovrebbe attraversare la Sardegna,
sostanzialmente non è costruito per i sardi poiché la sua capacità
di trasporto (8-10 miliardi di mc/anno) supera abbondantemente le
richieste del settore civile e industriale sardo (poco meno di un
miliardo di mc/anno);
- il PEARS prede anche un impiego di 2 miliardi di mc/anno di metano
nell'Isola e dunque l'eccedenza dovrebbe servire per la produzione
d'energia elettrica per la quale sarebbe necessario un impianto a
ciclo combinato a gas naturale (GNCC) con potenzia superiore al 600
MW e quindi ulteriore produzione di gas clima alteranti;
- i vantaggi economici del metanodotto sono ancora tutti da
dimostrare e nessuna delle regioni dell'Italia meridionale in cui
passa un grosso metanodotto può vantare un miglioramento delle
proprie condizioni di sviluppo (economico o, in particolare,
industriale) come conseguenza della disponibilità del metano,
mentre, per quanto riguarda gli usi civili, va ricordato come, a
distanza di molti anni dalla costruzione di un metanodotto, in
Sicilia e in Calabria, a causa della mancata realizzazione delle
infrastrutture locali, meno del 40 per cento delle famiglie delle
zone interessate abbia accesso all'uso del metano;
atteso che:
- una soluzione alternativa agli inceneritori potrebbe essere la
realizzazione di centri riciclo integrali, peraltro già presenti in
numerose realtà, che operano non solo per la selezione, lo
stoccaggio e il ritiro dei materiali da parte del circuito CONAI, ma
hanno messo a punto tecnologie innovative, come per esempio
l'estrusione a bassa temperatura del residuo secco (quello che gli
inceneritori bruciano) per la produzione di granulato sintetico (la
sabbia sintetica), con effettiva chiusura del ciclo e realizzazione
di ulteriori risorse economiche (si tratta di una nuova linea di
produzione di granulati, che trovano utilizzo nel settore dello
stampaggio e in edilizia come sostituto della sabbia nei
calcestruzzi, come aggregato alleggerente nelle malte cementizie,
come legante per manufatti in cemento, ecc.);
- l'avvio di un diverso ciclo dei rifiuti, basato esclusivamente
sulla filiera della raccolta differenziata e del riciclo,
produrrebbe immediati benefici sul piano economico-finanziario e
occupazionale in relazione alla riduzione dei costi impiantistici e
di conferimento, al recupero di ingenti risorse derivate dal riciclo
dei materiali, all'azzeramento, a regime, dei costi ambientali e
sanitari connessi alla tossicità di inceneritori e discariche e
all'aumento della manodopera (lungo tutta la filiera viene
privilegiata la qualità di selezione a beneficio anche
dell'occupazione, potenziando la selezione manuale);
- la soluzione alternativa sul versante energetico potrebbe invece
essere rappresentata:
a) dalla graduale dismissione delle grandi centrali di produzione
combustione per consentire alla Sardegna di raggiungere gli
obbiettivi dell'accordo di Kyoto, il tutto accompagnato da adeguati
investimenti nella ricerca sui danni alla salute causati dalle
condizioni ambientali modificate dalle combustioni;
b) dall'adozione delle migliori tecnologiche (filtri a manica e
scrubber denitificatori e desolfuratori) introdotte negli ultimi 20
anni, che hanno consentito una riduzione delle emissioni di polveri
totali degli ossidi di azoto e di zolfo;
c) dall'introduzione graduale della produzione di energia da fonti
rinnovabili quali solare (fotovoltaico, termico e termodinamico) ed
eolico, il più possibile distribuita, prevalentemente a vantaggio
degli usi domestici, scoraggiando la realizzazione di mega impianti;
d) dall'avviamento di una rete di distribuzione interna efficiente,
indirizzata al risparmio energetico e alla riduzione delle
interruzioni improvvise, tramite reti intelligenti e informatizzate
di distribuzione (smart grid) in grado di armonizzare produzione e
consumo;
e) da interconnessioni con supergrid informatizzate e riconversione
delle reti di interconnessione attualmente operanti solo per
l'esportazione di energia prodotta da combustione, con grave danno
per la salute dei sardi e senza beneficio economico alcuno (con il
supergrid in pratica si rafforza la rete elettrica, rendendola più
capillare, fluida, intelligente, controllabile ed elastica, anche su
scala continentale, condizioni necessarie sia per la crescita delle
fonti rinnovabili, soprattutto eolico, che per reggere i picchi di
domanda elettrica, anche per il prossimo futuro, ad esempio nei
trasporti, con l'avvento delle auto ibride ed elettriche),
chiede di interpellare il Presidente della Regione, l'Assessore
regionale dell'industria e l'Assessore regionale della difesa
dell'ambiente per sapere se questa Amministrazione ponga al centro
della propria azione amministrativa la questione del materiali post
consumo e dell'energia nella nostra Isola, intesa come gestione
corretta dell'intero ciclo dei rifiuti e dell'approvvigionamento
energetico nel rispetto dell'ambiente, della salute e del lavoro,
diritti fondamentali di tutti i cittadini ed, in tal caso, se
ritenga opportuna:
1) una revisione del Piano regionale dei rifiuti solidi urbani,
soprattutto per quanto riguarda la scelta esclusiva
dell'incenerimento del rifiuto secco indifferenziato, che preveda la
sospensione dei progetti di realizzazione di nuovi inceneritori in
Sardegna, la dismissione di quelli esistenti e la possibilità di
chiudere il ciclo dei rifiuti ricorrendo a tecnologie alternative
che puntino al recupero, riciclo e riuso;
2) un'attenzione particolare al problema dei rifiuti industriali in
quanto la Sardegna è la regione d'Italia con l'estensione più vasta
di territorio inquinato da attività industriali pregresse o ancora
attive (450.000 ha circa, un sesto dell'Isola), dove è necessaria
una seria politica di bonifiche;
3) una revisione del Piano energetico regionale (PEARS) in relazione
alle reali necessità della nostra comunità, che punti alla
dismissione degli impianti a combustione e sia indirizzata al
risparmio energetico e alla produzione energetica sostenibile da
fonti rinnovabili, anche in considerazione che in sede europea sono
stati assunti diversi impegni in questo senso con il Patto delle
Isole dell'Europa (Pact of islands), il Patto dei Sindaci (Covenant
of Mayors) e il Piano d'azione per l'energia sostenibile insulare (ISEAP)
che, sottoscritti da più di 2.200 città e comuni europei, prevedono
una serie di obiettivi a favore dell'efficienza energetica e dello
sviluppo dell'energia sostenibile, con l'impegno di andare oltre gli
obiettivi fissati dalla UE per il 2020 (riduzione delle emissioni di
CO2 di almeno il 20 per cento), attraverso l'attuazione di un Piano
di azione per l'energia sostenibile per le aree di attività
pertinenti ai loro territori;
4) l'effettiva salvaguardia del diritto dei cittadini ad avere
accesso alle informazioni ed essere ammessi a partecipare ai
processi decisionali (Convenzione Aarhus, Convenzione UN/ECE,
sottoscritta dalla Comunità europea, direttiva n. 2003/35/CE) nonché
il coinvolgimento diretto dei medesimi nella fase di revisione e
attuazione dei due piani regionali.
Cagliari, 6 dicembre 2011