CONSIGLIO REGIONALE DELLA SARDEGNA
XIV LEGISLATURA

INTERPELLANZA N. 156/A

INTERPELLANZA DESSÌ - MANINCHEDDA - PLANETTA - SANNA Giacomo - SOLINAS Christian sul pericolo di disastro ambientale relativo al bacino dei fanghi rossi di Portoscuso dello stabilimento dell'Eurallumina Spa e sulla mancata costituzione di parte civile della Regione in procedimenti giudiziari per inquinamento.

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I sottoscritti,

premesso che:
- da parte di alcuni mezzi di informazione locali e anche nazionali è stato di recente paventato il reale ed imminente pericolo per un grave disastro ambientale di "un'area in riva al mare a Portovesme che contiene 20 milioni di metri cubi di fanghi rossi, inquinanti e pericolosi", siti all'interno dello stabilimento dell'Eurallumina Spa di proprietà della multinazionale russa Rusal per una superficie di più di 17 ettari, che nelle recenti cronache è stata definita "una bomba ecologica con una dimensione 25 volte più grande di quella che ha suscitato allarme nei giorni scorsi in Ungheria dopo che i fanghi si sono riversati nel Danubio";
- l'area in questione, sita nella zona industriale di Portoscuso, risulta però essere anche la medesima interessata dagli accertamenti eseguiti più di un anno fa dai Carabinieri del NOE di Cagliari, insieme a quelli della Compagnia di Iglesias, su disposizione della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Cagliari, che già il 23 settembre 2009 portarono al sequestro preventivo del vecchio e del nuovo bacino fanghi rossi dell'Eurallumina Spa di Portoscuso e della cosiddetta sala pompe (pertinenza della vecchia centrale elettrica dell'ENEL Spa di Portoscuso) con ipotesi gravissime di reati ambientali che, molto verosimilmente, si potrebbero far risalire ai decenni precedenti e che sarebbero stati continuativamente e consapevolmente portati avanti sino ai giorni nostri;
- le citate indagini del NOE di Cagliari, che peraltro non hanno avuto la stessa rilevanza, a suo tempo, nei mezzi di informazione nazionali e, tantomeno, la dovuta attenzione in quelli locali, come pure il dovuto riscontro da parte del Presidente della Regione e dell'Assessore regionale della difesa dell'ambiente, evidenziarono, inoltre, la compromissione ambientale del sito con la perdurante e sempre crescente contaminazione del suolo e delle acque di falda da parte di elementi inquinanti estremamente pericolosi per la salute dell'uomo e per l'ambiente quali fluoruri, boro, manganese e arsenico in percentuali che oltrepassano i limiti consentiti dalle vigenti normative;

considerato che:
- nell'ambito degli stessi accertamenti, venne anche portato alla luce un traffico illecito di rifiuti speciali pericolosi, costituiti da acque di falda contaminate affioranti nel sito sala pompe Enel che dopo vari passaggi confluivano nel bacino fanghi rossi e che il reato ipotizzato fu quello di disastro ambientale doloso con inquinamento delle acque di falda cagionato da sversamenti dalla diga di contenimento del cosiddetto bacino dei fanghi rossi;
- esistono analisi effettuate dall'Arpas, che hanno rilevato, anch'esse da circa un anno, un consistente inquinamento da metalli pesanti delle falde acquifere e sorgive, nonché dei suoli, sia nel territorio comunale di Portoscuso che in quelli dei comuni vicini (per esempio San Giovanni Suergiu, frazione di Matzaccara), resisi evidenti a seguito delle copiose piogge invernali dello scorso anno e della conseguente crescita delle falde acquifere di tutto il bacino imbrifero dell'area industriale di Portovesme con l'improvvisa comparsa di rivoli rossastri che, in un caso, attraversavano pure la spiaggia di Matzaccara per poi finire in mare e che, sempre secondo un rapporto specifico dell'Arpas, erano da correlare all'inquinamento dell'Area industriale di Portovesme;
- anche la comparsa in superficie di tali fiumi carichi di composti chimici e metalli pericolosi è dunque, ragionevolmente, da imputare alla condotta criminale portata avanti negli anni dalle industrie dell'area industriale di Portovesme sin dai tempi delle partecipazioni statali, ed in completo dispregio di quanto prescritto dai decreti legge n. 152 del 1999, e n. 152 del 2006, che dettano le norme contro l'inquinamento delle acque;

considerato ancora che quanto sopra riportato, riguardante l'area del bacino dei fanghi rossi di Portoscuso, e l'intera area industriale di Portovesme, trova maggiori corrispondenze ad analoghi accertamenti della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Sassari segnati dalla conferma della presenza di altissime concentrazioni di sostanze cancerogene e venefiche nelle falde idriche, nei pozzi, nel mare, nei pesci e nella flora nello specchio d'acqua antistante la spiaggia della Marinella, nell'area industriale di Porto Torres (e dunque non solamente nella lontana Ungheria), che hanno determinato la richiesta di rinvio a giudizio del legale rappresentante della Syndial, del manager della Sasol Italia, del legale rappresentante e del direttore di stabilimento della Ineos Vinyls Italia con l'ipotesi configurata relativa ai reati di disastro ambientale e concorso continuato in avvelenamento di sostanze destinate all'alimentazione e con capi di imputazione che circoscrivono presunte condotte illecite fin dal 2005, anche se gli scarichi avvelenati superiori alla norma risalirebbero ai decenni precedenti e che sarebbero state continuativamente e consapevolmente portate avanti sino ai giorni nostri, nel totale disprezzo della salute dei cittadini e delle norme in vigore, in maniera tale da alterare in modo permanente la flora e la fauna marina, senza alcuna possibilità di risanamento;

rilevato che in analoghi procedimenti giudiziari, soprattutto al fine di tutelare più compiutamente gli interessi dei cittadini, numerosi enti ed istituzioni (regioni, Consiglio dei ministri e comuni) hanno ritenuto opportuno costituirsi parte civile, e che, quindi, sarebbe opportuna la costituzione di parte civile anche della Regione autonoma della Sardegna che invece partecipa sistematicamente a tali dibattimenti in qualità di semplice spettatore e non di attore,

chiedono di interpellare il Presidente della Regione e l'Assessore regionale della difesa dell'ambiente per sapere:
1) se la Giunta regionale non ritenga opportuno ricorrere alla magistratura ordinaria nei confronti delle industrie inquinanti, come è anche il caso dell'Eurallumina Spa di proprietà della multinazionale russa Rusal, al fine di tutelare e difendere più compiutamente i diritti e gli interessi così spregiudicatamente e palesemente calpestati del popolo sardo, costituendosi quale parte civile in detti procedimenti e quali, invece, siano le motivazioni della mancata costituzione di parte civile della Regione autonoma della Sardegna in procedimenti giudiziari analoghi a quelli sopradescritti;
2) se la Giunta regionale non ritenga opportuno aprire, nel merito, un contenzioso Stato-Regione al fine di riaffermare la necessità di una maggiore e meglio definita sovranità del popolo sardo sul proprio territorio, tale da garantire la sua effettiva salvaguardia ambientale anche attraverso scelte ed iniziative di governo non più mediate dal Governo nazionale.

Cagliari, 21 ottobre 2010