CONSIGLIO REGIONALE DELLA SARDEGNA
XIV LEGISLATURA

INTERPELLANZA N. 73/A

INTERPELLANZA PLANETTA - DESSÌ - MANINCHEDDA - SANNA Giacomo - SOLINAS Christian sulla necessità di modificare il Piano energetico ambientale della Regione Sardegna (PEAR).

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I sottoscritti,

premesso che:
il Piano energetico ambientale della Regione Sardegna (PEAR), approvato dalla precedente Giunta regionale ed ancora vigente, si caratterizza, per un'impostazione culturalmente arretrata che non tiene conto della sostenibilità dei modelli di sviluppo proposti;
- il PEAR fa riferimento solo al mantenimento del livello socio-economico raggiunto, ma non fa riferimento ai "costi esterni" socio-sanitari che le popolazioni sono costrette a sopportare in relazione all'impatto ambientale che alcuni tipi di attività produttive con elevata produzione di emissioni inquinanti determina;
- nel documento di sintesi del PEAR della Regione Sardegna si riscontra, inoltre, la mancata adesione ai criteri di pianificazione dello sviluppo sostenibile; per esempio non si tiene conto dei carichi ambientali e sanitari che determinate scelte possono comportare, ben sapendo che la procedura della valutazione ambientale strategica (VAS) comporta la necessità di integrare alle scelte del Piano energetico anche quelle ad implicazione ambientale;
- il PEAR della Sardegna si basa su un'analisi del sistema produttivo e degli indicatori che non risultano essere omogenei e quindi non sono attendibili (per esempio: in Sardegna il dato attuale del rapporto kg/kWh tra emissione di CO2 e kWh prodotto, assume valori variabili da 0,8 a 1,1 in tre diversi contesti dello studio);

considerato che:
- nella parte introduttiva del PEAR ci si riferisce alla normativa internazionale dell'Unione europea riguardante le azioni tese a promuovere il contenimento delle emissioni (locali e globali) ma, a tale riguardo, va messo in evidenza che non emerge il contributo della Regione Sardegna per il raggiungimento dell'obiettivo di riduzione del 6,5 per cento delle emissioni di CO2 che lo Stato italiano si era impegnato ad accogliere con il Protocollo di Kyoto (rispetto, poi, alle più recenti deliberazioni dell'Unione europea, il Piano è ben lontano da una programmazione che permetta una riduzione del 20 per cento di emissioni, una produzione del 20 per cento da energia rinnovabile ed il raggiungimento di un risparmio energetico del 20 per cento);
- nel rapporto ENEA "Energia ambiente 2004", nel commentare il bilancio d'energia complessivo, si osserva che il coefficiente d'efficienza energetica è in Sardegna solo di 0,61, mentre il dato medio nel Paese è di 0,70 ed appare evidente come la presenza di industrie energivore (che assorbono circa la metà del consumo energetico giornaliero, cioè circa 600MW) imponga alla Sardegna:
a) di produrre manufatti e semi-lavorati ad alto contenuto energetico e basso contenuto lavorativo e professionale, con ulteriore esportazione indiretta di energia;
b) l'assenza di industrie a valle della produzione di base;
- appare ugualmente evidente come il restante tessuto produttivo soffre per:
a) l'elevato costo energetico di produzione che impone l'impiego quasi esclusivo di combustibili fossili (petrolio e carbone);
b) i trasporti che nella Regione risultano energeticamente molto più onerosi rispetto alla Penisola;

considerato ancora che:
- tale condizione sembra destinata a peggiorare in relazione alla corsa alla produzione in esubero di quote sempre maggiori di energia elettrica (EE), con la contemporanea realizzazione del cavo SaPeI (500-1000MW); in tal modo si potrà liberare parte della "riserva" per produrre più energia e incrementare ulteriormente l'esportazione ma, ciò nonostante, dai dati della produzione elettrica riportati nel PEAR, non si evidenzia che già oggi l'Isola è esportatore d'energia (il 7,02 per cento della produzione nel 2002, il 3,78 per cento nel 2003, il 5 per cento nel 2004, il 6 per cento nel 2005 e il 7 per cento nel 2006 su circa 13.031 GWh/a), nonostante il vincolo della riserva di potenza dell'80 per cento (circa 1.400 MW) determinato dal nostro relativo isolamento (vedi collegamento con la Penisola attraverso il SACOI da 300 MW e con la Corsica attraverso il SARCO 50 MW);
- sebbene la produzione di EE sia superiore a quella della richiesta interna nell'Isola, il prezzo del MWh è mediamente superiore del 30-35 per cento a quello del resto del Paese e se ciò dipendesse dall'alto costo della produzione dell'energia, in Sardegna verrebbero meno i presupposti economici che consentono l'attuale esportazione di EE e la programmazione del raddoppio di tale esportazione, così come traspare dagli obbiettivi del PEAR (nel documento di sintesi manca un'analisi di tale fenomeno seppur si individua la riduzione del prezzo dell'energia come obiettivo);
- in particolare, nel PEAR non vengono presi in esame i bassi costi di produzione relativamente all'impiego prevalente di combustibili fossili (TAR, carbone, derivati dal petrolio);
- si invoca invece per abbattimento del prezzo dell'EE l'impiego del metano che, nella realtà, farà aumentare i costi di produzione, ed inoltre non si fa nessun riferimento alla grande quantità di EE che viene acquistata a tariffe incentivate (circa il doppio del prezzo corrente attraverso i meccanismi del CIP6 ed i certificati verdi) in quanto prodotte dalle cosiddette fonti assimilate;

rilevato che:
- la prevalenza di tali produzioni che godono della priorità di dispacciamento e del non obbligo di regolazione, portano alla turbativa di mercato che vede scaricati su quello dell'Isola gli alti costi di acquisto da parte dell'Acquirente unico/GME con un prezzo del MWh superiore a quello della Penisola e che l'assenza dell'obbligo di regolazione porta inoltre alla bassa qualità del servizio energetico, che vede infatti nell'Isola il record di interruzioni improvvise (oltre 250 min/anno contro i 7 min/anno della Lombardia), mentre la presenza di una produzione da grossi impianti (superiori ai 100-150 MW di potenza) porta una ulteriore vulnerabilità del sistema elettrico isolano;
- ciò aggiunge per le imprese, come per le famiglie, un ulteriore costo di gestione, legato alla maggiore usura dei sistemi di produzione, delle apparecchiature, degli utensili e delle fonti luminose;
- la difficoltà di inserimento in rete della produzione da vere FER (fonte energia rinnovabile) non va ricercata dunque nella necessità di preservare la stabilità delle rete già minata dalla produzione in esubero da FEA (fonti energetiche assimilate);
- solo l'introduzione di un sistema di generazione distribuita (GD) dell'energia elettrica da fonti energetiche primarie di tipo rinnovabile, quali sole e vento, diffuse sul territorio, consentirebbe il raggiungimento dell'obiettivo comunitario del 20 per cento da FER;

rilevato ancora che:
- il sistema dovrebbe essere costituito da unità di produzione di taglia medio-piccola (da qualche decina/centinaio di kW a qualche MW), connesse, di norma, ai sistemi di distribuzione dell'energia elettrica (2003/54/CE) e ciò consentirebbe:
a) di avvantaggiarsi della flessibilità delle tecnologie GD di produrre potenza in periodi favorevoli e di espandere rapidamente la potenza stessa in risposta a richieste maggiori;
b) di usare i generatori esistenti di emergenza per fornire potenza durante i periodi di punta;
c) di fornire i fabbisogni di elettricità e calore e vendere elettricità;
d) di migliorare l'affidabilità e la qualità dell'energia consumata;
ma su tali problematiche e soluzioni il PEAR non fa cenno mentre si propone, tra gli obbiettivi, quello dell'"autonomia energetica mediate fonti fossili" ed inoltre la costruzione di nuovi impianti di grossa taglia che prevedono un prevalente uso massiccio di carbone importato (Sulcis e Fiume Santo, utilizzato con tecnologie più o meno efficienti, ma non tra le migliori) con la chiara conseguenza che la riduzione delle emissioni di gas-serra regionali del 20 per cento entro il 2020, pari a un taglio di 7,2 milioni di tonnellate, diventa in tal modo irraggiungibile, esponendo la fragile economia della società sarda ad ulteriori costi a causa delle ennesime procedure di infrazione che l'Uunione europea automaticamente aprirebbe;
- l'obiettivo del PEAR relativo al "sostegno del sistema produttivo industriale e carbonifero dell'area Sulcis-Iglesiente", appare di sapore autarchico, datato e lontano dalle più moderne concezioni di risparmio energetico (la necessità di supportare una produzione energivora come quella dell'alluminio è nel PEAR il presupposto per la produzione di ulteriore EE da fonti fossili, solo in minima parte locali);
- la riduzione dei consumi energetici del 20 per cento al 2020 non può essere raggiunta puntando solo sulla riduzione dei consumi energetici di tipo domestico (vedi certificazione energetica delle nuove costruzioni), ma deve partire dalla riconversione di un sistema produttivo a bassa efficienza come la produzione di alluminio dalla bauxite giacché l'alluminio è un materiale totalmente riciclabile ed il suo recupero e riciclo, oltre a evitare l'estrazione di bauxite (più produzione annua di 1.500.0000 ton/anno di rifiuti speciali, quali i fanghi rossi), consentirebbe di risparmiare il 95 per cento dell'energia richiesta per produrlo partendo dalla materia prima; infatti per ricavare dalla bauxite 1 kg di alluminio sono necessari 14 kWh, mentre per ricavare 1 kg di alluminio nuovo da quello riciclato servono solo 0,7 kWh di energia);
- il riciclo dell'alluminio costituisce un'importante attività economica, che dà lavoro a molti addetti: l'Italia è il primo produttore europeo di alluminio riciclato ed il terzo nel mondo; una nuova quota di tale produzione e occupazione dovrebbe essere assegnata alla Sardegna: ciò garantirebbe con maggiore efficacia il raggiungimento dell'obiettivo della stabilità socio-economica della comunità dell'Isola;

constatato infine che:
- la mancanza di competenze multidisciplinari nella stesura del PEAR emerge chiaramente anche dall'assenza di una seria analisi sui costi sanitari delle attuali strategie industriali ed energetiche poiché, per esempio, fra tutte le normative considerate nella stesura del piano, mancano quelle che saldano le attività produttive ed energetiche alle ricadute sulla salute dei cittadini, attraverso il cambiamento della qualità dell'aria;
- non viene dunque preso in considerazione il decreto legislativo n. 351 del 1999 (Attuazione della direttiva 96/62/CE in materia di valutazione e di gestione della qualità dell'aria ambiente); tale norma, seppur non recente, si ritrova ancora inapplicata nell'Isola per quanto riguarda l'articolo 1 (Finalità), comma 1, lettera d), che impone di mantenere "la qualità dell' aria ambiente, laddove è buona e migliorarla negli altri casi" ed è noto come un sistema regionale di centraline di rilevazione efficiente ed efficace sia ancora progettualità sulla carta, mentre nei fatti si ritrovino "controllati" che si controllano con centraline proprie;
- i dati del registro tumori della Provincia di Sassari sull'elevata incidenza di tumori tra i lavoratori dell'area industriale di Porto Torres, non sono affatto confortanti mentre quelli più recenti che riguardano l'incremento annuo dei tumori nella prima infanzia e nell'adolescenza nell'intera Provincia di Sassari, caratterizzati da incidenze superiori al 2 per cento dell'incremento annuo della Penisola (1 per cento negli altri Paesi europei; 0,7 per cento negli Stati Uniti), sono anch'essi significativi per le ricadute di un certo sistema industriale sulla salute delle fasce biologicamente più vulnerabili della società;
- l'esistenza di dati solo per la Provincia di Sassari dimostra anche l'arretratezza del sistema sanitario regionale che inspiegabilmente non si riesce ancora a sanare;
- i dati biostatistici sulle 18 aree a forte impatto ambientale sono frutto dell'impegno dell'ultimo Assessorato regionale dell'igiene e sanità e dell'assistenza sociale, anche se a tale impegno non ha fatto seguito una adeguata progettualità di prevenzione primaria inserita nel Piano sanitario regionale;
- tra i dati raccolti in queste aree della Sardegna (circa 900.000 persone) il sesso maschile mostra un tasso di mortalità indicizzato per età per mille abitati per anno, più elevato rispetto all'intera Penisola italiana, Val Padana compresa (84,4 v/s 80,8); il rapporto Censis del dicembre 2007 riporta altri dati su cui riflettere; tra questi, un rilievo particolare merita l'indicatore sintetico della salute che, come si osserva, ci vede all'ultimo posto nel Paese,

chiedono di interpellare il Presidente della Regione, l'Assessore regionale della difesa dell'ambiente e l'Assessore regionale dell'igiene e sanità e dell'assistenza sociale per sapere se vi sono già agli atti provvedimenti, ovvero quali misure ed iniziative la Giunta regionale abbia intendimento di adottare nell'immediato al fine di modificare, apportando gli opportuni correttivi, il PEAR della Regione Sardegna.

Cagliari, 24 febbraio 2010