CONSIGLIO REGIONALE DELLA SARDEGNA
XIV LEGISLATURAPROPOSTA DI LEGGE N. 480
presentata dai Consiglieri regionali
LOTTO - AGUS - CUCCU - DIANA Giampaolo - MELONI Valerio - PORCU - SABATINI - SOLINAS Antonioil 30 gennaio 2013
Istituzione, individuazione e disciplina dei distretti urbani del commercio
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RELAZIONE DEL PROPONENTE
Alla base della rigenerazione e riqualificazione dei centri storici, e più in generale delle città, non può non esserci la consapevolezza dell'importanza di costruire una strategia di aggregazione tra operatori del commercio, del turismo e dei servizi assieme alle amministrazioni locali e a tutti i soggetti che hanno un interesse o in ogni modo un ruolo nello sviluppo di un dato territorio. Soggetti che in quel territorio vivono, lavorano, o semplicemente hanno interessi o lo frequentano.
Dai contributi della letteratura economica sul tema della gestione dei centri città e dalla considerazione che il tema, anche a livello europeo, sta ponendo in essere un disegno di obiettivi futuri per il rilancio dei centri storici ed in generale delle città-territorio, discende la nostra convinzione sulla importanza che la questione riveste in un più ampio quadro di rilancio economico dei nostri sistemi cittadini. In considerazione delle esperienze operative e anche normative già fatte in alcune regioni italiane, si ritiene di fondamentale importanza integrare, approfondendola, la normativa della nostra Regione attinente l'asse della competitività regionale nei settori del commercio, turismo, artigianato e servizi, anch'essi tra i più rappresentativi ma anche sofferenti nell'Isola.
In particolare, importanti spunti sulla gestione del centro città e relativi modelli organizzativi provengono dalla Raccomandazione sul commercio redatta dalla Commissione di monitoraggio europea (Report RMM) "Verso un commercio al dettaglio più efficiente e più equo nel mercato interno per il 2020" (COM (2010) 355), adottata il 5 luglio 2011. A riguardo la Commissione europea sta elaborando un proprio piano d'azione sul commercio, anche in seguito all'adozione, da parte del Parlamento europeo di una propria risoluzione "Su un commercio al dettaglio più efficace e più equo" (2010/2109(INI)) con cui si chiede alla Commissione di elaborare, in consultazione con il settore del commercio al dettaglio, un piano d'azione europeo globale per il commercio al dettaglio al fine di stabilire una strategia che si basi sui successi e affronti le questioni irrisolte con raccomandazioni specifiche per il settore.
Dall'osservazione dei casi di successo, riassunti anche nel paper del Progetto Leonardo Da Vinci - Town Center Management T&KE - "Lifelong Learning Programme" finanziato sull'Azione partnership dell'Unione europea, con capofila Mentore di Confcommercio Toscana e le organizzazioni di Belgio, Olanda, Regno Unito, Spagna e Austria - professionalmente attive nel campo della gestione del centro città o "Town Center Management" (TCM), nasce un nostro approfondimento normativo sull'individuazione di organismi di gestione dei centri città presenti in Italia.
La presente proposta di legge ha pertanto origine sia dalla letteratura economica in campo sul tema della rivitalizzazione del commercio e rigenerazione dei centri storici facendo perno sui settori strategici e rappresentativi della funzione economica e sociale dei centri città, sia da alcuni esempi già applicati nel nord Italia (es. Regione Lombardia) e nel sud Italia (es. Regione Puglia).
Il lavoro di studio e di osservazione suddetto ci porta a condividere nell'organismo Distretto urbano del commercio (inteso, in modo allargato, all'ampio settore dei servizi) e nella variante Distretto economico territoriale o di bacino una possibile organizzazione istituzionale, ma anche manageriale, per l'impostazione di azioni sinergiche per la rigenerazione e lo sviluppo stesso delle città caratterizzate da un tessuto di piccole e medie imprese commerciali e di servizi che, con la loro offerta e per il ruolo di fornitori di servizio ai residenti e a tutti i frequentatori del territorio, contribuiscono in modo forte a disegnare l'identità, l'immagine e l'accoglienza della città stessa.
In entrambe le realtà prese in considerazione emerge l'importanza di rafforzare l'associazionismo, attraverso un vero e proprio organismo distrettuale, verso obiettivi e strategie comuni di rilancio attribuendo un ruolo di capofila all'amministrazione comunale ed affiancando al distretto (espresso da un comitato distrettuale) una funzione di gestione da affidare a figure manageriali di distretto. Dalla letteratura economica e dalla esperienza pratica emerge, infatti, che i fattori critici di successo di una forma organizzativa per la rigenerazione urbana, stanno proprio nella necessità di una pianificazione puntuale e di un coordinamento multidisciplinare delle azioni nella gestione del centro città.
Obiettivo principale, alla base di tale orientamento, sarà quello di coinvolgere gli enti locali e tutti i "portatori d'interesse", a partire dal mondo imprenditoriale dei settori suddetti, in un grande progetto per mettere a sistema le risorse legandole anche con il contesto storico e culturale dei nostri centri urbani che un tempo erano il fulcro socio-economico di un territorio e che oggi soffrono dell'evasione periferica delle persone verso le grandi e moderne strutture commerciali artificiali.
L'articolo 1 individua le finalità della legge nello sviluppo dei distretti urbani del commercio per mettere in atto una strategia della città-territorio fondata sulla partecipazione, in modo aggregato, di soggetti diversi, pubblici e privati, da gestire secondo un approccio manageriale. Il fine ultimo è quello di dotare i centri città di una gestione strategica multidisciplinare per raggiungere l'obiettivo della riqualificazione e rigenerazione urbana.
Nell'articolo 2 è fornita una definizione dettagliata di distretto urbano del commercio puntualizzando la variante tra distretto urbano e distretto diffuso. Nella definizione sono riportati con puntualità i principi cardine del buon funzionamento di un distretto quali la partecipazione e la managerialità nella gestione dell'organismo.
Nell'articolo 3 sono esplicitate le tipologie dei distretti individuandoli sulla base di un parametro demografico dei comuni e su un apposito ambito territoriale. In particolare si puntualizzano le differenze tra distretti urbani, distretti diffusi e distretti economico territoriali o di bacino aprendo un'opportunità di collaborazione tra i comuni sulla base di problematiche simili e strategie condivise.
L'articolo 4 prevede le modalità di costituzione dei distretti individuando anche gli organismi promotori degli stessi e i soggetti che possono partecipare alle procedure di costituzione. Viene anche definito puntualmente lo strumento del protocollo d'intesa come documento programmatico necessario per iniziare la procedura di costituzione del distretto e regolarne i principi organizzativi e gestionali.
Gli articoli 5 e 6 dettano i principi per il funzionamento dei distretti, con particolare riferimento alla nomina di un comitato di distretto tra i soggetti promotori, individuando in modo puntuale i compiti del comitato
L'articolo 7 si riferisce al programma triennale di distretto quale documento programmatico che, inizialmente sulla base del protocollo d'intesa, disegna una linea d'azione per lo sviluppo del distretto a beneficio del tessuto imprenditoriale urbano.
L'articolo 8 contiene le procedure di approvazione del programma di distretto attribuendo all'Assessorato regionale del turismo, artigianato e commercio il ruolo di valutatore dei programmi distrettuali anche attraverso la nomina di un nucleo tecnico di valutazione.
L'articolo 9 propone di riservare, per la realizzazione dei programmi di sviluppo, un fondo di dotazione specifico.
L'articolo 10 contiene le disposizioni finanziarie.
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TESTO DEL PROPONENTE
Art. 1
Finalità1. La Regione promuove, sostiene e favorisce i distretti urbani del commercio e i distretti economici territoriali o di bacino come strumenti per perseguire le seguenti finalità:
a) realizzare una strategia territoriale coordinata e multidisciplinare per la valorizzazione economica dell'ambito territoriale interessato con particolare riferimento ai servizi del commercio, dell'artigianato, del turismo nei centri urbani e a salvaguardia degli ambiti commerciali naturali;
b) promuovere in modo più forte l'aggregazione fra operatori economici, anche di settori diversi, per obiettivi comuni;
c) favorire l'interrelazione fra commercio, artigianato e turismo e la valorizzazione dei prodotti del territorio, delle tradizioni, della storia e della cultura locale;
d) favorire la costruzione di un'organica collaborazione fra le amministrazioni locali, le associazioni di categoria delle imprese dei settori direttamente coinvolti e gli operatori economici, in forma singola o aggregata, attivando il coinvolgimento di tutti i soggetti interessati allo sviluppo e alla promozione del territorio;
e) favorire la collaborazione fra comuni in un'ottica di ottimizzazione delle risorse, e di copianificazione territoriale per l'ottimizzazione dei servizi ai cittadini;
f) costruire un sistema di governance basato su metodi partecipativi, su competenze manageriali e di conoscenze per lo sviluppo del distretto;
g) migliorare la qualità degli spazi pubblici e la loro fruibilità con interventi strutturali di riqualificazione urbana progettati tenendo conto degli indirizzi di programma del distretto;
h) proporre e definire i progetti di promozione e valorizzazione commerciale previsti dall'articolo 36 della legge regionale 18 maggio 2006, n. 5 (Disciplina generale delle attività commerciali).
Art. 2
Definizioni1. I distretti urbani del commercio e i distretti economici territoriali o di bacino sono organismi partecipativi che perseguono politiche organiche e coordinate di riqualificazione urbana e valorizzazione economica del territorio seguendo un approccio manageriale per ottimizzare la funzione commerciale e dei servizi al cittadino.
2. I distretti di cui al comma 1 sono costituiti da pubbliche amministrazioni, da associazioni di categoria dei settori direttamente coinvolti, da operatori economici in forma singola o aggregata, e da altri soggetti di un ambito territoriale comunale (distretto commerciale urbano) o infracomunale (distretto commerciale diffuso e distretto economico territoriale o di bacino) e sono caratterizzati dalla capacità di costituire un sistema economico di servizi integrato.
Art. 3
Tipologie dei distretti1. In relazione alle dimensioni del territorio preso in considerazione si distinguono:
a) distretti urbani: attuati dai comuni con popolazione residente superiore ai 10.000 abitanti;
b) distretti diffusi: attuati da comuni con popolazione residente inferiore a 10.000 abitanti;
c) distretti economici territoriali o di bacino: attuati dai comuni con popolazione residente superiore ai 10.000 abitanti insieme ad altri comuni coinvolgendo diversi settori produttivi.2. Nell'ambito di comuni con popolazione superiore a 50.000 abitanti caratterizzati dalla presenza di particolari problematiche urbane che richiedono interventi di riqualificazione e sostegno è possibile costituire distretti sub comunali.
3. I comuni facenti parte dei distretti diffusi di cui al comma 1, lettere b) e c), e dei distretti economici territoriali o di bacino si aggregano, sottoscrivendo un unico accordo di distretto, per realizzare politiche coordinate e sfruttare sinergie nell'attuazione degli interventi; le aggregazioni possono anche coincidere con le unioni di comuni. All'interno dei distretti urbani di cui al comma 1, lettera a), è individuato un unico accordo di distretto.
4. Tra i distretti possono essere stipulati accordi su programmi integrati con tematiche di valenza comune quali mobilità, eventi e manifestazioni, e altri temi individuabili dalle esigenze dei distretti.
Art. 4
Costituzione del distretto1. I distretti sono riconosciuti con provvedimento della Giunta regionale.
2. I soggetti che possono promuovere il riconoscimento di un distretto sono:
a) le amministrazioni comunali, in forma singola o, nel caso dei distretti diffusi e dei distretti economici territoriali o di bacino, in forma associata;
b) le camere di commercio e loro aziende speciali, e altri enti pubblici che abbiano un forte ruolo nel territorio considerato;
c) le associazioni di categoria più rappresentative dei settori commercio, turismo, servizi e artigianato;
d) le piccole e medie imprese commerciali, dei servizi, dell'artigianato e del turismo, in forma singola o associata, compresi i centri commerciali naturali di cui all'articolo 36 della legge regionale n. 5 del 2006.3. Possono partecipare alle procedure di riconoscimento di un distretto anche altri soggetti pubblici e privati aventi un ruolo per la valorizzazione del territorio.
4. Condizione necessaria per il riconoscimento e l'attivazione del distretto è la redazione e sottoscrizione di un protocollo d'intesa stipulato tra i soggetti promotori di cui al comma 2, avente come capofila l'amministrazione comunale. Al protocollo d'intesa deve necessariamente aderire un numero significativo di operatori privati dei settori di cui al comma 2, lettera d).
5. Il protocollo d'intesa contiene i seguenti elementi minimi:
a) l'analisi delle problematiche dei comparti economici interessati nell'area di riferimento;
b) l'indicazione delle aree d'intervento;
c) gli obiettivi di riqualificazione da conseguire attraverso il distretto;
d) l'indicazione dei progetti e delle attività prioritarie da attuare;
e) le modalità organizzative e di gestione del distretto;
f) le modalità di finanziamento delle attività del distretto, compresa la partecipazione economica dei soggetti firmatari del protocollo d'intesa;
g) la durata del protocollo d'intesa, comunque non inferiore a tre anni, e le modalità di rinnovo e modifica dello stesso.6. L'istanza per il riconoscimento del distretto è presentata alla Regione entro centoventi giorni dall'entrata in vigore della presente legge depositando il protocollo d'intesa di cui ai commi 4 e 5. La Regione valuta l'ammissibilità dell'istanza presentata entro trenta giorni a decorrere dal termine della presentazione della domanda.
Art. 5
Comitato di distretto1. Il nucleo promotore del distretto di cui all'articolo 4, comma 2, dopo l'avvenuto riconoscimento, costituisce il distretto secondo le forme associative previste e disciplinate dal Codice civile ed individua un comitato di distretto rispettando quanto indicato nel protocollo d'intesa. Il nucleo promotore cessa le sue funzioni al momento della nomina del comitato di distretto.
2. Il comitato di distretto s'intende definitivamente formato nel momento in cui si procede con la nomina formale dei suoi rappresentanti tra i soggetti firmatari del protocollo d'intesa.
Art. 6
Compiti del comitato di distretto1. Il comitato di distretto svolge i seguenti compiti:
a) redigere e coordinare l'adozione del programma di distretto promuovendone l'attuazione;
b) promuovere l'utilizzo degli strumenti e delle risorse delle politiche di sviluppo comunitarie, nazionali e regionali;
c) esprimere proposte e pareri in materia alla Giunta regionale;
d) organizzare ed effettuare le procedure di monitoraggio delle diverse fasi di realizzazione del programma di distretto;
e) convocare ogni qualvolta lo ritenga necessario, ed almeno ogni tre mesi, i rappresentanti delle imprese e delle istituzioni che sottoscrivono il programma di distretto.2. Il comitato di distretto, convocato dal nucleo promotore nella sua prima seduta, elegge il presidente e il vice presidente. Dopo l'elezione il comitato è convocato dal presidente.
3. Il comitato di distretto, al fine di una migliore funzionalità, adotta un regolamento di distretto sulla base degli indirizzi del protocollo d'intesa in cui siano individuate le modalità della gestione del distretto:
a) forma giuridica;
b) organi di gestione manageriale;
c) responsabilità organizzative,
d) compiti e responsabilità dei componenti del distretto;
e) modalità di coinvolgimento di altri soggetti.
Art. 7
Programma di distretto1. Sulla base degli indirizzi del protocollo d'intesa il comitato distrettuale redige un programma di distretto, almeno di durata triennale, che prevede:
a) la descrizione dei punti d'eccellenza e degli eventuali punti di criticità del distretto, scaturiti da analisi di contesto; nel primo programma di distretto l'analisi può anche coincidere in tutto o in parte con quella prevista nel protocollo d'intesa;
b) gli obiettivi generali e specifici e le strategie di sviluppo a breve, medio e lungo termine quali integrazione del sistema distributivo con riferimento anche alle diverse tipologie di vendita; interventi di qualificazione del sistema commerciale e delle strutture turistiche; aumento dell'attrattività dell'area; miglioramento del sistema di accoglienza, di decoro e d'informazione;
c) le azioni e i connessi progetti da realizzare con l'indicazione dei ruoli da parte dei soggetti coinvolti nella gestione;
d) i piani finanziari e temporali di spesa relativi alle azioni e ai progetti da realizzare;
e) l'entità e il tipo di risorse pubbliche e private necessarie per la realizzazione di azioni e progetti.2. Nel caso dei distretti diffusi, il programma di distretto considera il territorio allargato ai comuni aderenti e va a beneficio di tutte le imprese localizzate nel territorio considerato secondo i criteri previsti dal protocollo d'intesa e/o dal regolamento distrettuale.
Art. 8
Procedure per l'approvazione
del programma di distretto1. Il programma di distretto è presentato dal presidente del distretto all'Assessorato regionale del turismo, artigianato e commercio, assieme ad una relazione contenente le informazioni utili a valutare lo stato d'attuazione e gli eventuali aggiornamenti del programma.
2. Entro trenta giorni dalla data di ricezione del programma di cui al comma 1 l'Assessore regionale competente, con proprio decreto, previa intesa con gli altri Assessori interessati per materia, determina l'ammissibilità dei programmi e invia quelli ammessi alla Giunta regionale per le determinazioni in merito al definitivo riconoscimento del distretto.
3. Per la valutazione dei programmi è costituito, con provvedimento dell'Assessore regionale competente e di concerto con gli altri Assessori interessati per materia, un nucleo tecnico di valutazione. L'attività del nucleo è disciplinata da un regolamento predisposto a cura dell'Assessorato competente. Per le attività di valutazione dei programmi il nucleo può avvalersi degli enti strumentali e delle società controllate e partecipate dalla Regione.
4. L'Assessore regionale competente, d'intesa con gli altri Assessori interessati per materia, entro trenta giorni dalla data di ricevimento degli aggiornamenti del programma di distretto, esprime un proprio parere motivato.
5. L'Assessore regionale competente presenta annualmente alla competente Commissione consiliare permanente una relazione complessiva sullo stato di attuazione della presente legge, corredata di analoghi documenti redatti dagli altri Assessori interessati alla presente normativa.
Art. 9
Risorse per la gestione e l'attuazione
dei programmi di sviluppo1. La Regione concorre alla realizzazione dei programmi di sviluppo dei distretti riservando a questi un fondo di dotazione specifico.
Art. 10
Norma finanziaria1. Alla quantificazione degli oneri derivanti dall'applicazione della presente legge si provvede ai sensi dell'articolo 4, comma 1, lettera e), della legge regionale 2 agosto 2006, n. 11 (Norme in materia di programmazione, di bilancio e di contabilità della Regione autonoma della Sardegna. Abrogazione della legge regionale 7 luglio 1975, n. 27, della legge regionale 5 maggio 1983, n. 11 e della legge regionale 9 giugno 1999, n. 23).