CONSIGLIO REGIONALE DELLA SARDEGNA
XIV LEGISLATURAPROPOSTA DI LEGGE N. 423/A
presentata dai Consiglieri regionali
STOCHINO - PITTALIS - BARDANZELLU - PERU -MURGIONI - SANNA Matteo - CONTU Felice - SANNA Giacomo - MELONI Francescoil 1° ottobre 2012
Disposizioni urgenti per il contrasto al disagio sociale e alla tensione abitativa presente nei territori caratterizzati da diffusione discontinua ed altri usi impropri, in materia di piani di risanamento urbanistico e piani di riqualificazione paesaggistica
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RELAZIONE DEL proponente
La presente proposta di legge è finalizzata a fornire risposta ad alcune situazioni problematiche che si stanno verificando nel territorio e si propone di consentire una migliore attuazione del Piano paesaggistico regionale (PPR) che, come noto, persegue l'obiettivo fondamentale di operare un'adeguata sintesi tra la tutela e valorizzazione del patrimonio naturale e storico-paesaggistico e gli obiettivi di sviluppo sostenibile.
La proposta di legge, che ripercorre puntualmente il contenuto di identico disegno di legge presentato dalla Giunta regionale, è presentata per motivazioni esclusivamente formali. Infatti, per conseguire l'obiettivo della massima celerità nel disciplinare la particolare situazione relativa all'applicazione della normativa paesaggistica per le zone umide è stata stralciata dalla competente Commissione consiliare la normativa proposta per tale specifico argomento. Pertanto, si rende necessario - sotto il profilo formale - presentare una nuova iniziativa legislativa i cui contenuti sono identici a quelli del disegno di legge di iniziativa della Giunta regionale.
Il testo normativo proposto si inserisce, coerentemente, nell'azione avviata dalla Regione per la salvaguardia e la valorizzazione paesaggistica, quale confermata con la recente approvazione delle linee guida per l'aggiornamento e revisione del PPR degli ambiti costieri.
La prima problematica è relativa a quegli insediamenti abusivi che non hanno ancora concluso l'iter amministrativo della sanatoria, per i quali la proposta di legge ritiene necessario, anche per consentire una conclusione di tale iter, riaprire la possibilità di utilizzare lo strumento del Piano di risanamento urbanistico (PRU); tale Piano era stato introdotto dalla legge regionale n. 23 del 1985 quale strumento attuativo di cui i comuni dovevano obbligatoriamente dotarsi nel caso di insediamenti edilizi realizzati in tutto o in parte abusivamente, la cui densità edificatoria fosse superiore al limite di 0,40 mc/mq.
Laddove si fossero verificate queste situazioni, il rilascio della concessione in sanatoria, per gli edifici compresi nella perimetrazione dell'insediamento, da effettuarsi a cura del comune che era tenuto a specificare dove l'insediamento superasse l'indice previsto dalla legge, era subordinato all'approvazione, da parte dello stesso comune, di un piano di risanamento urbanistico. Inoltre, nel caso di insediamenti in aree vincolate paesaggisticamente, l'accertamento di compatibilità paesaggistica, propedeutico al rilascio del titolo edilizio in sanatoria, veniva sospeso dagli uffici, come si è verificato in alcuni casi di attualità, sino a quando il comune avesse attestato che l'insediamento abusivo non avrebbe richiesto l'approvazione di un PRU o approvato il PRU.
La seconda problematica è relativa ad alcune delicate situazioni di disagio sociale e di tensione abitativa presenti in aree con insediamenti edilizi, realizzati anche abusivamente, caratterizzati da una diffusione insediativa discontinua che compromette ampie superfici di territorio e da usi impropri rispetto sia alla destinazione urbanistica delle aree, sia ai loro valori paesaggistico-ambientali, che non sono gestibili né attraverso i PRU ordinari, in quanto mancano i presupposti dimensionali (ad esempio, densità edilizia insufficiente per perimetrare un PRU) o giuridici (possibilità di completare l'iter del condono) né attraverso gli altri strumenti esistenti. Queste situazioni sono, spesso, caratterizzate da delicati problemi sociali in cui l'abusivismo è, in genere, l'esito di esigenze abitative primarie, e da situazioni di vulnerabilità paesaggistica ed ambientale che richiedono urgenti e straordinarie azioni di riqualificazione, ristrutturazione e ricomposizione insediativa.
La terza problematica è relativa all'esigenza di fornire chiarezza interpretativa nell'applicazione del PPR rispetto ad alcune situazioni che stanno creando incertezze negli utenti e che riguardano i beni paesaggistici individuati dal PPR come zone umide. Infatti il PPR, in relazione al riconoscimento di specifiche situazioni del paesaggio sardo, ha introdotto, identificandole cartograficamente, le zone umide come ulteriore bene paesaggistico rispetto a quelli indicati dall'articolo 142 del Codice del paesaggio; per esse, in base a quanto contenuto negli elaborati del Piano, non ha ritenuto di prevedere, come invece ha fatto per i laghi e gli invasi, alcuna zona di rispetto esterna al perimetro delle zone, così come fa lo stesso Codice del paesaggio che non prevede zone di rispetto per le zone umide Ramsar, bene paesaggistico tutelato per legge ai sensi dell'articolo 142, comma 1, lettera i), del Codice.
L'articolo 1 è composto da due commi e indica le finalità della legge che, per quanto sopraddetto, scaturiscono dall'esigenza di regolare situazioni straordinarie e urgenti.
In particolare, il primo comma individua gli obiettivi della legge nel contrasto alle situazioni di disagio sociale ed economico e nella riqualificazione paesaggistica e urbanistica di territori nei quali sono presenti rilevanti tensioni abitative derivanti da fenomeni di diffusione insediativa discontinua e altri usi impropri che determinano condizioni di compromissione paesaggistica e ambientale.
Il secondo comma richiama il fatto che tali obbiettivi sono perseguiti attraverso strumenti di pianificazione attuativi, predisposti mediante forme di cooperazione tra comuni e Regione.
L'articolo 2 è composto da quattro commi che modificano e integrano alcune previsioni della legge regionale n. 23 del 1985 relative all'applicazione dei piani di risanamento urbanistico. Con l'articolo 2 non si riaprono i termini del condono edilizio, la cui competenza è esclusivamente dello Stato, ma si riaprono i termini per la individuazione degli insediamenti, la loro perimetrazione e per l'approvazione dei PRU, consentendo di riattivare uno strumento funzionale alla definizione delle sole situazioni condonabili in virtù delle successive leggi sul condono edilizio. Infatti, la riapertura dei termini consente:
a) di disporre di una ricognizione completa e certificata, comune per comune, sulla esistenza o meno di perimetrazioni o sulla esigenza o meno di nuove perimetrazioni;
b) di completare, a seguito di tale verifica e certificazione da parte dei comuni, le istruttorie paesaggistiche;
c) di dare ai cittadini i cui edifici siano inseriti in una perimetrazione certezza sui tempi di attuazione del PRU e, quindi, sul rilascio o meno dei titoli in sanatoria.In particolare il primo comma richiede ai comuni di verificare, entro centottanta giorni a partire dall'entrata in vigore della nuova legge, la presenza di insediamenti edilizi, come qualificati dalla legge regionale n. 23 del 1985, realizzati in tutto o in parte abusivamente, caratterizzati da edifici esistenti alle date stabilite dalle leggi regionali sul condono edilizio (del 1985, del 1995 e del 2003).
Con il secondo comma si chiede ai comuni, entro lo stesso termine sopraindicato, di individuare e perimetrare gli insediamenti da assoggettare a piano di risanamento urbanistico e procedere alla approvazione della loro perirnetrazione con delibera del consiglio comunale.
Con il terzo comma, al fine di pervenire a un quadro aggiornato della situazione, si richiede ai comuni di assumere e trasmettere alla Regione una apposita delibera di consiglio in cui si dichiari l'assenza di tali insediamenti ovvero si dichiari di aver già provveduto alla loro individuazione e perimetrazione.
Con il quarto comma, al fine di determinare una situazione di certezza nella conclusione dei procedimenti, si assegna alla Giunta regionale l'esercizio del potere sostitutivo, con oneri a carico del comune, laddove i comuni, successivamente alla perimetrazione, non provvedano all'adozione dei piani di risanamento urbanistico entro i successivi nove mesi.
L'articolo 3 è composto da dieci commi che definiscono un nuovo strumento di pianificazione, il piano attuativo di riqualificazione paesaggistica; esso si inserisce, in assoluta coerenza, nelle previsioni del PPR relative alla attivazione, in particolari contesti, di azioni di recupero e riqualificazione paesaggistico-ambientale, che erano rimaste inattuate in assenza di una legge che definisse e regolasse gli opportuni strumenti.
Con il primo comma si fissa il termine entro cui i comuni che hanno scelto di attivare il suddetto piano possono provvedere alla ricognizione e alla eventuale perimetrazione di aree nelle quali sono presenti edifici e manufatti, realizzati anche abusivamente, caratterizzate da diffusione insediativa discontinua e da altri usi impropri; tali aree devono comprendere edifici destinati per almeno il 50 per cento a prima casa del nucleo familiare, ad usi produttivi e a servizi e che determinano una densità territoriale superiore, ordinariamente, a 0,20 mc/mq, riducibile sino a 0,10 mc/mq in presenza di situazioni territoriali specifiche, individuate di concerto con la Regione.
Il secondo comma precisa le finalità dei piani di riqualificazione paesaggistica, specificando che sono rivolti alla salvaguardia dei suoli aventi potenzialità agricole, al mantenimento delle attività produttive esistenti e alla salvaguardia degli elementi di naturalità del paesaggio, attraverso interventi di riqualificazione paesaggistica delle aree, con particolare riferimento a quelle di maggior pregio paesaggistico e ambientale.
Con il terzo il comma, si precisa che la perimetrazione degli insediamenti deve avvenire di concerto con la Regione e sulla base di una ricognizione completa della situazione giuridica degli immobili e di una sua puntuale restituzione cartografica.
Il quarto comma stabilisce che, nelle aree ricomprese nelle perimetrazioni, l'approvazione del piano attuativo di riqualificazione paesaggistica è condizione necessaria per il rilascio dei titoli in sanatoria; l'approvazione avviene secondo le procedure previste per i piani attuativi dalla legge regionale 22 dicembre 1989, n. 45, e, ai fini dello snellimento procedurale, costituisce contestuale variante allo strumento urbanistico generale.
Il quinto comma prevede che i proprietari di immobili abusivi e di aree non edificate, ricadenti all'interno della perimetrazione degli insediamenti, possano consorziarsi e convenzionarsi con il comune per partecipare all'attuazione dei piani che può avvenire anche per stralci ai sensi della legge regionale n. 20 del 1991.
Il sesto comma stabilisce che tali piani devono assoggettare a disciplina urbanistica e paesaggistica l'area perimetrata, identificando la destinazione d'uso e le aree da salvaguardare e valorizzare per le attività agricole e zootecniche, fornisce gli elementi di cui si deve comporre il piano e ne definisce i requisiti e i criteri dimensionali. In particolare, prevede un dimensionamento del piano che, a partire dall'indice territoriale che non può essere superiore a 0,25 mc/mq, deve tener conto delle caratteristiche paesaggistiche ed insediative del contesto, deve riservare una quota delle volumetrie totali alla realizzazione di abitazioni di edilizia residenziale destinate prioritariamente a prima casa di particolari categorie sociali svantaggiate, deve individuare un'area di concentrazione delle volumetrie in centri rurali, la cui estensione deve essere contenuta al minimo in relazione alle situazioni paesaggistiche ed insediative. Il piano deve, inoltre, prevedere meccanismi perequativi per la demolizione delle volumetrie non sanabili e la eventuale ricostruzione nelle aree di concentrazione volumetrica.
Il settimo comma introduce alcune importanti novità in relazione alla gestione dei "diritti edificatori" che rispondono alla finalità della presente legge di evitare un ulteriore compromissione delle aree oggetto di piani di riqualificazione paesaggistica e di favorire la ricomposizione edilizia. La proposta prevede che i diritti edificatori che scaturiscono, nell'ambito di un piano attuativo di riqualificazione paesaggistica, dall'applicazione dell'indice territoriale all'area perimetrata, possano essere trasferiti, anche separatamente dall'area a cui afferiscono, e secondo le modalità previste nello stesso piano; in particolare, il piano può prevedere la possibilità di trasferire diritti edificatori nelle aree di concentrazione volumetrica o in altre aree, esterne al perimetro del piano e identificate dagli strumenti urbanistici vigenti come zone omogenee B o come zone omogenee C con piano attuativo.
Ai fini di renderne possibile la trasferibilità, nei lotti di zona B o C individuati dal piano attuativo di riqualificazione paesaggistica è consentito il superamento degli indici massimi di fabbricabilità, dei rapporti di copertura e delle altezze massime fermo restando il rispetto delle distanze minime previste dagli strumenti urbanistici.
Con il comma ottavo, per dare certezza della conclusione del procedimento, si assegna al comune un termine perentorio per l'adozione dei piani attuativi di riqualificazione paesaggistica, superato il quale il piano non potrà più essere adottato.
Il nono comma, estende ai piani di riqualificazione paesaggistica, per quanto compatibili, le norme sui PRU della legge regionale n. 23 del 1985.
Il decimo comma richiama l'obbligo della trascrizione per i contratti, stipulati per l'attuazione dei piani di riqualificazione paesaggistica, che trasferiscono, costituiscono o modificano i diritti edificatori.
In considerazione dell'estrema gravità e rilevanza delle situazioni esistenti che la normativa proposta disciplina, si evidenzia l'estrema urgenza e la necessità di un rapidissimo esame da parte degli organismi consiliari.***************
RELAZIONE DELLA QUARTA COMMISSIONE PERMANENTE ASSETTO GENERALE DEL TERRITORIO - PIANIFICAZIONE TERRITORIALE REGIONALE - URBANISTICA - VIABILITÀ E TRASPORTI - NAVIGAZIONE E PORTI - EDILIZIA - LAVORI PUBBLICI
composta dai consiglieri
SANNA Matteo, Presidente - LOTTO, Vice presidente e relatore di minoranza - PERU, Segretario - CUGUSI, Segretario - BARDANZELLU - CONTU Felice - DIANA Mario - MELONI Francesco - MELONI Valerio - MORICONI - MURGIONI - SANNA Giacomo - STOCHINO, relatore di maggioranza
Relazione di maggioranza
On.le Stochino
pervenuta il 27 dicembre 2012
La Quarta Commissione consiliare permanente nella seduta dell'8 novembre 2012 ha approvato, a maggioranza con il voto contrario dei gruppi di opposizione la proposta di legge n. 423/A, recante "Disposizioni urgenti per il contrasto al disagio sociale e alla tensione abitativa, riapertura dei termini per i piani di risanamento urbanistico e attuazione dei piani di riqualificazione paesaggistica".
La proposta approvata, pur nella sua brevità, è finalizzata a porre rimedio ad alcune lacune della normativa esistente nell'ordinamento regionale relative alle modalità con cui affrontare annosi e radicati problemi relativi all'edificazione in Sardegna.
In primo luogo il testo esitato dalla Commissione all'articolo 2 prevede la riapertura dei termini per la predisposizione, da parte dei comuni, dei piani di risanamento urbanistico, disciplinati dagli articoli 32, 37 e 38 della legge regionale n. 23 del 1985. La norma proposta parte dalla constatazione dell'impossibilità per molti insediamenti abusivi, ovviamente rientranti nella previsione della disciplina statale di settore, di completare l'iter successivo alla presentazione della domanda di sanatoria. Ciò in quanto l'Ufficio tutela del paesaggio competente ha sempre bloccato la procedura instaurata dalle domande dei richiedenti in assenza di uno strumento più ampio di pianificazione riconducibile, appunto, ad un piano di risanamento, e consentire, quindi, la conclusione dell'iter concessorio. Il piano di risanamento, com'è noto, è lo strumento idoneo a riqualificare insediamenti urbanistici realizzati in tutto od in parte abusivamente. La Regione ha disciplinato la materia con i sopra richiamati articoli della legge regionale n. 23 del 1985 che è rimasta esecutiva nei due anni successivi alla sua entrata in vigore, cioè fino al 1987. In particolare sono oramai da tempo decorsi i ristretti termini di adozione dei piani di risanamento, ai sensi del citato articolo 38 della legge regionale n. 23 del 1985. La mancata proroga di tali termini nelle successive leggi regionali di recepimento delle normative statali che nel 1993 e nel 2003 hanno riaperto, con differenti modalità e limiti, i termini per la sanatoria degli abusi edilizi, ha lasciato un vuoto normativo, colmabile esclusivamente solo in fase di approvazione, attualmente anche in adeguamento al PPR, dei piani urbanistici comunali.
In tale situazione, la Commissione ha avuto modo di approfondire la questione nella sua completezza e ha rilevato come siano numerosi nell'Isola i comuni che hanno elaborato, con grande dispendio di risorse e di energie e nel rispetto della normativa statale vigente, proposte di piani risanamento che non possono trovare idoneo sbocco in quanto manca una disposizione di legge che riapra i termini per la loro adozione. Ciò nell'ovvia constatazione che la proposta di legge in oggetto non è una sanatoria esulando, com'è di tutta evidenza, questa possibilità dal novero delle competenze regionali, ma spettando esse solo al legislatore nazionale.
In secondo luogo il testo esitato dalla Commissione all'articolo 3 contiene disposizioni urgenti per il contrasto al disagio sociale e alla tensione abitativa e per la riqualificazione paesaggistica di contesti caratterizzati da diffusione insediativa discontinua e altri usi impropri.
Tale disposizione è finalizzata a disciplinare alcune delicate situazioni di disagio sociale e di tensione abitativa presenti in aree con insediamenti edilizi, realizzati anche abusivamente, caratterizzati da una diffusione insediativa discontinua che compromette ampie superfici di territorio e da usi impropri rispetto sia alla destinazione urbanistica delle aree, sia ai loro valori paesaggistico-ambientali, che non sono gestibili né attraverso i piani di risanamento ordinari, in quanto o mancano i presupposti dimensionali (ad esempio, densità edilizia insufficiente per perimetrare un piano) o giuridici (possibilità di completare l'iter del condono) né attraverso gli altri strumenti esistenti. Queste situazioni sono, spesso, caratterizzate da delicati problemi sociali in cui l'abusivismo è, in genere, l'esito di esigenze abitative primarie, e da situazioni di vulnerabilità paesaggistica ed ambientale che richiedono urgenti e straordinarie azioni di riqualificazione, ristrutturazione e ricomposizione insediativa.
Infatti sotto il primo profilo, durante i lavori in Commissione, si è evidenziato che prevedere un indice standard di compromissione dello 0,40 mc/mq, quale quello attualmente disposto dall'articolo 32 della legge regionale n. 23 del 1985, potrebbe lasciare impregiudicata la situazione di quei territori che non hanno realizzato insediamenti pari a quell'indice. L'esempio del borgo rurale di Testimonzos sorto a Nuoro, è emblematico perché è rimasto escluso dalla possibilità di utilizzare lo strumento dei piani di risanamento perché non aveva un grado di compromissione pari allo 0,40 mc/mq.
Da queste constatazioni, nasce l'idea di dare la possibilità anche ai comuni che hanno situazioni di compromissione meno marcate, di poter provvedere alla riqualificazione di queste parti di territorio.
Nel rimandare al testo della relazione del proponente per la puntuale illustrazione dei complessi passaggi procedurali previsti nell'articolo 3, si sottolinea come la situazione che stiamo vivendo è caratterizzata da una grande crisi economica, da un forte disagio sociale, e inoltre, per quanto riguarda questo specifico settore, da insediamenti abusivi e da una forte tensione abitativa. Proprio tenendo conto di questo aspetto, l'articolo 3 della proposta di legge, lungi dall'introdurre forme dissimulate di condoni edilizi comunque intesi, peraltro del tutto fuori dalla disponibilità normativa regionale, prevede per i casi di abusi insanabili, la loro demolizione e la possibilità di realizzare dei nuovi insediamenti in zone compatibili sia dal punto di vista paesaggistico sia dal punto di vista urbanistico. Ciò per contrastare e porre rimedio alla situazione di disagio che i proprietari delle prime case demolite e da demolire, dovranno certamente affrontare.
La proposta di legge prevede altresì lo strumento della perequazione urbanistica, utilizzato in tutta Italia e perfino nella rossa ed ambientalista Regione Puglia, che consente ai comuni, nel caso in cui l'abuso realizzato sia insanabile, oppure ricada in zone vincolate o fuori dai requisiti di legge previsti dalla normativa statale disciplinante la sanatoria, pur avendone fatto domanda, di poter individuare per questi casi, un ampliamento di volumetrie o una nuova volumetria nelle zone B o C a ridosso dei centri urbani.
Inoltre, la riqualificazione prevista dall'articolo 3 della proposta prevede che non si possa superare, comunque, lo 0,25 mc/mq di indice territoriale massimo di compromissione, e cioè lo 0,15 mc/mq in meno rispetto a quanto prevede la legge regionale n. 23 del 1985 che prevede il parametro dello 0,40 mc/mq come livello minimo per poter eseguire i piani di risanamento. In tal modo la proposta che si illustra anche con tale norma contiene un limite evidente a eventuali finalità di cementificazione.
Concludendo, si può affermare che questa proposta, una volta approvata, potrà rappresentare una risposta vera ai problemi posti dai piani di risanamento, che la politica regionale in maniera bipartisan non ha più voluto e saputo affrontare dal lontano 1985 e potrà fornire una risposta ponderata, adeguata ed efficace a quelle delicate situazioni di disagio sociale e di tensione abitativa che stanno creando momenti di diffuso malessere in alcune zone dell'Isola e che molto spesso l'azione politica regionale finge di non vedere per paura di confrontarsi laicamente con esso.
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Relazione di minoranza
On.le Lotto
pervenuta il l'11 dicembre 2012
La proposta di legge n. 423/A è stata approvata dalla Commissione IV con il voto contrario dei gruppi di centro sinistra che, in sede di discussione, hanno avuto modo di evidenziarne i limiti e le tante contraddizioni. I propositi e gli obbiettivi dei proponenti sono, infatti, alquanto contradditori e non sempre chiari, come non sempre chiari e certi appaiono i risultati finali che, dall'approvazione e successiva applicazione delle norme in discussione, potranno derivarne.
Obbiettivo dichiarato del proponente è "fornire una risposta ad alcune situazioni problematiche che si stanno verificando nel territorio" e "consentire una migliore attuazione del Piano paesaggistico regionale". Di fatto, considerando anche il contesto in cui questa legge ha preso corpo, rappresentato dal risalto mediatico avuto dalla vicenda delle demolizioni di edifici abusivi in alcune località isolane, appare, o così è stata percepita, come una nuova legge sul condono edilizio. Questo non può essere accettato e a questo messaggio non possiamo associarci: per quanto ci riguarda la stagione dei condoni si è definitivamente conclusa è non è interesse di nessuno riaprirla. Non ci sfuggono peraltro le situazioni di chi, pur avendo a suo tempo titolo a poter usufruire delle leggi sul condono edilizio, non ha potuto utilizzarne le opportunità offerte per ritardi o carenze delle rispettive amministrazioni. Pensiamo a coloro che hanno presentato domanda di condono, pagato gli oneri relativi e non hanno concluso l'iter amministrativo della pratica per assenza del piano di risanamento urbanistico (PRU) di cui alla legge n. 23 del 1985. Su quelle situazioni è giusto prestare la necessaria attenzione senza pensare di poter andare oltre le nostre specifiche competenze.
Le situazioni problematiche a cui si fa riferimento nell'articolo 1 sarebbero rappresentate, infatti, dalle iniziative della magistratura che in alcune località della Sardegna stanno portando a compimento procedure di demolizione di edifici costruiti senza titolo e con sentenze di demolizione passate oramai in giudicato. Va precisato a riguardo che la materia è alquanto delicata e non risolvibile con nessun colpo di spugna da parte della Regione che nello specifico non ha alcuna competenza.
Ma se per quelle problematiche non è possibile trovare soluzioni che non siano diverse dal far seguire alla legge il proprio corso, è opportuno domandarsi quale sia l'obiettivo che la Regione può legittimamente perseguire e conseguire con una norma quale la proposta di legge n. 423 su cui l'Aula è chiamata a pronunciarsi.
All'articolo 2 si prevede che "entro il termine perentorio di centottanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge, i comuni verificano la presenza di insediamenti edilizi, realizzati in tutto o in parte abusivamente, di cui all'articolo 32 della legge regionale 11 ottobre 1985, n. 23 (Norme in materia di controllo dell'attività urbanistico-edilizia, di risanamento urbanistico e di sanatoria di insediamenti ed opere abusive, di snellimento ed accelerazione delle procedure espropriative), caratterizzati da edifici esistenti alle date stabilite dalla legge regionale n. 23 del 1985, e successive modifiche ed integrazioni, dall'articolo 11 della legge regionale 7 aprile 1995, n. 6 (legge finanziaria 1995), e dall'articolo 1 della legge regionale 26 febbraio 2004, n. 4 (Normativa regionale in materia di abusivismo edilizio - Recepimento in Sardegna del decreto legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito con modificazioni dalla legge 24 novembre 2003, n. 326)".
A tale verifica i comuni devono obbligatoriamente far seguire l'individuazione e la perimetrazione di tali insediamenti per la predisposizione dei relativi piani di risanamento urbanistico. Pertanto consentendo la riapertura dei termini per la predisposizione ed approvazione dei piani da parte dei comuni, si da l'opportunità a quegli insediamenti abusivi che non hanno concluso l'iter amministrativo della sanatoria, di utilizzare, qualora vi fossero le condizioni, lo strumento del piano di risanamento urbanistico.
Appare evidente che si vuole riesumare la possibilità di utilizzare lo strumento del PRU a quasi 30 anni di distanza dai termini a suo tempo imposti dalla legge n. 23 del 1985. Opportunità evidentemente non utilizzata appieno da tutti i comuni interessati a suo tempo e non più richiamata nelle due successive fasi della travagliata storia dei condoni edilizi. Nel frattempo però sono passati diversi anni ed il quadro normativo si è modificato e, ancor di più, i comuni hanno avuto il tempo per avviare le procedure per la predisposizione dei nuovi PUC ed hanno potuto, volendo, ridisegnare l'assetto urbanistico delle proprie comunità.
Sono d'obbligo, a questo punto, alcune semplici domande:
Siamo certi che la riapertura dei termini non contribuisca a sconvolgere assetti urbanistici definiti o in fase di definizione?
O meglio, è auspicabile oggi che possano mettersi in campo nuove volumetrie derivanti dalla predisposizione dei piani di risanamento, al di fuori della programmazione urbanistica che oramai non può non essere affidata ai PUC che i comuni, in questo caso sì, vanno richiamati ed anche incentivati, a predisporre ed adottare?
Sono domande a cui il Consiglio deve rispondere con chiarezza, sapendo che, già in altre occasioni durante questo mandato, sono state prevaricate le competenze dei consigli comunali approvando la legge regionale n. 4 del 2009 (cosiddetto piano casa) e le successive modifiche. Certo è che almeno in questo articolo si farebbe riferimento, ma andrebbe precisato ancor meglio, a costruzioni realizzate prima delle tre leggi sul condono edilizio e per le quali siano già state inoltrate domande di condono, siano stati pagati gli oneri di urbanizzazione e non siano arrivate a conclusione nel loro iter amministrativo proprio per assenza del piano di risanamento entro cui inserirle. Certo è però che se a suo tempo i sindaci interessati non hanno predisposto i piani di risanamento un motivo ci sarà stato, un motivo che, forse, potrà essere individuato anche nelle possibilità speculative che lo strumento lasciava aperte. Se si va a leggere, a titolo di esempio, la sentenza con cui il TAR, in data 4 maggio 2011, annullava il piano predisposto da un comune della Provincia di Cagliari che prevedeva volumetrie di completamento ben superiori (8 volte) alle volumetrie esistenti, si trova più di una valida motivazione a giustificazione della eventuale non predisposizione del piano.
Ciò che serve pertanto è una riflessione attenta sull'impatto reale che questo provvedimento potrà avere sulle realtà urbanistiche interessate e, non essendoci alcun dato reale, su quanti e quali siano i comuni interessati, quale sia la dimensione del fenomeno e quale sia la possibile influenza sui redigendi piani urbanistici comunali. Pensiamo di poter dire che, senza una chiara analisi sulle reali ricadute, non è opportuno mettere in moto meccanismi che possano inficiare nei singoli territori una corretta pianificazione urbanistica in itinere.
Posto che l'articolo 2 non può contribuire a contrastare le motivazioni di disagio sociale e tensione abitativa di cui all'articolo 1, non intravvediamo motivazioni valide per condividerlo a meno che non sia possibile rinviare comunque il definitivo compimento dei piani di risanamento, compresa la ubicazione di nuovi volumi, alla adozione dei PUC e non in contrasto con gli stessi. Su una cosa comunque non può esserci alcun dubbio: il commissariamento previsto al comma 4 resta per noi inaccettabile e ne proporremo comunque la soppressione.
Per quanto riguarda l'articolo 3 va subito detto che non esiste alcuna motivazione ragionevole per condividerne il contenuto. In questo caso infatti, facendo forzatamente riferimento agli articoli 76, 77 e 78 delle norme di attuazione del Piano paesaggistico regionale, si vuole dare una sponda anche a chi ha costruito, senza titolo, dopo l'emanazione delle leggi sul condono edilizio.
È nostro intendimento favorire l'attuazione del PPR in tutte le sue parti, e quindi anche in quelle ove si fa riferimento ai programmi di riqualificazione paesaggistica. Riteniamo importante, però, che l'individuazione di tale strumento attuativo, debba essere affidata alla nuova legge urbanistica che attende di essere discussa in Commissione e approvata da questo Consiglio regionale.
Anche in questo caso inoltre, non vediamo come possano essere intrapresi percorsi di localizzazioni di nuovi volumi, aggiuntivi o in sostituzione di volumi relativi alle demolizioni di cui al comma 6 lettera b) e lettera g), senza un loro inserimento organico nella pianificazione urbanistica comunale.
È per questi motivi che l'articolo 3 sta destando in noi le maggiori perplessità e preoccupazione. L'esplicito riferimento che in esso si fa alle costruzioni abusive anche recenti, sia per utilizzarne i volumi nei calcoli della densità territoriale minima, sia nell'indicare la possibilità di demolizione e ricostruzione in altro sito, sono l'aspetto più controverso di questa legge. L'individuazione di questi siti, come anche il riconoscimento della titolarità da riconoscere su dei volumi realizzati abusivamente in zone vincolate e/o in periodi anche successivi alle ultime leggi sui condoni edilizi, introducono serissimi dubbi sulla applicabilità delle norme proposte. Se la legge che viene approvata da quest'Aula non sarà applicabile, infatti, i danni che ne potranno derivare per questa istituzione, ma anche per le amministrazioni comunali nelle realtà territoriali a cui si vuole fare riferimento, non potranno lasciarci indifferenti.
Non deve sfuggire a nessuno infatti che proprio questo articolo ha ingenerato tante aspettative in coloro che hanno costruito abusivamente. Sono aspettative destinate, con molta probabilità, a restare deluse, anche in caso di approvazione della proposta di legge, e ad aumentare invece che diminuire le tensioni nelle zone interessate. Peraltro con lo stesso riferimento alle situazioni di disagio economico e "all'abusivismo di necessità", più volte emerso anche nei confronti che ci sono stati con gli amministratori dei territori interessati, si rischia di utilizzare quell'argomento, sempre degno della massima considerazione, in modo improprio e strumentale.
Non può passare inosservato peraltro il contenuto del comma 7 dell'articolo 3 che recita "nei lotti di zona B o C, esterni al perimetro di cui al comma 1 e individuati dal piano attuativo di riqualificazione paesaggistica per il trasferimento dei diritti edificatori, è consentito il superamento degli indici massimi di fabbricabilità, dei rapporti di copertura e delle altezze massime; nel rispetto delle distanze minime previste dagli strumenti urbanistici, i diritti edificatori possono essere alienati anche separatamente dall'area a cui afferiscono". Si tratta di un passaggio delicatissimo in cui, così come accaduto con la legge regionale n. 4 del 2009 all'articolo 2, comma 6, si concretizza lo stravolgimento delle previsioni degli strumenti urbanistici in vigore che noi non possiamo accettare. Non può essere che tutto quanto viene proposto dalla maggioranza in questa legislatura, punti a scardinare i capisaldi degli strumenti urbanistici adottati dalle amministrazioni locali. È opportuno domandarsi se la maggioranza consiliare è consapevole di quale danno politico e di credibilità derivi alle istituzioni regionali e locali, nonché agli strumenti urbanistici in vigore, da questo stillicidio di leggi che incoraggiano la deroga alle leggi.
Posto che, come già evidenziato in precedenza, nessun provvedimento di legge regionale potrà presumibilmente, rimettere in discussione sentenze di demolizione oramai definitive, riteniamo che i motivi di urgenza che hanno accompagnato la stesura e la discussione di questa legge, anteponendola alla nuova legge urbanistica, di fatto non sussistano. Le problematiche realmente affrontabili, senza infrangere le norme di tutela sovraordinate o ancor peggio i pronunciamenti della magistratura, andrebbero affrontate, e andranno affrontate, quando gli equilibri politici di quest'Aula lo consentiranno, con l'esame della nuova legge urbanistica.
Nel frattempo sarà utile che i comuni, ancor di più quelli che vivono situazioni di disagio sociale e tensione abitativa, si apprestino, anche con la fattiva assistenza della Regione, a predisporre i piani urbanistici comunali che sono gli unici strumenti atti a disegnare e garantire alle comunità locali un equilibrato programma di sviluppo urbanistico e di riqualificazione paesaggistica dei territori. E proprio la fattiva assistenza della Regione potrà essere un buon argomento da riprendere in questa legge con la previsione di un apposito stanziamento che agevoli il percorso dei comuni nella predisposizione dei PUC nonché con il rafforzamento degli uffici assessoriali che vanno messi in condizione di rispondere con maggiore puntualità alle esigenze di assistenza tecnica e normativa delle amministrazioni locali.
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TESTO DEL PROPONENTE
TESTO DELLA COMMISSIONE
Art. 1
Finalità1. La presente legge detta disposizioni urgenti volte al contrasto del disagio sociale ed economico nei territori nei quali sono presenti rilevanti tensioni abitative derivanti da fenomeni di diffusione insediativa discontinua e altri usi impropri e alla riqualificazione paesaggistica, al risanamento urbanistico e al recupero delle aree compromesse e degradate di rilevante valenza paesaggistica e territoriale.
2. Le finalità di cui al comma 1 sono perseguite attraverso strumenti di pianificazione attuativa, predisposti mediante forme di cooperazione tra comuni e Regione.
Art. 1
Finalità
(identico)Art. 2
Adempimenti straordinari dei comuni in materia di piani di risanamento urbanistico ai sensi dell'articolo 38 della legge regionale n. 23 del 19851. Entro il termine perentorio di centottanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge, i comuni verificano la presenza di insediamenti edilizi, realizzati in tutto o in parte abusivamente, di cui all'articolo 32 della legge regionale 11 ottobre 1985, n. 23 (Norme in materia di controllo dell'attività urbanistico-edilizia, di risanamento urbanistico e di sanatoria di insediamenti ed opere abusive, di snellimento ed accelerazione delle procedure espropriative), caratterizzati da edifici esistenti alle date stabilite dalla legge regionale n. 23 del 1985, e successive modifiche ed integrazioni, dall'articolo 11 della legge regionale 7 aprile 1995, n. 6 (legge finanziaria 1995), e dall'articolo 1 della legge regionale 26 febbraio 2004, n. 4 (Normativa regionale in materia di abusivismo edilizio - Recepimento in Sardegna del decreto legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito con modificazioni dalla legge 24 novembre 2003, n. 326).
2. Entro il termine di cui al comma 1, i comuni provvedono all'individuazione e alla perimetrazione di tali insediamenti ai sensi dell'articolo 38, comma 1, lettera a), della legge regionale n. 23 del 1985, mediante deliberazione del consiglio comunale, e alla sua trasmissione all'Assessorato regionale competente in materia urbanistica.
3. Entro il termine di cui al comma 1, i comuni, con deliberazione del consiglio comunale, da trasmettere all'Assessorato regionale competente in materia urbanistica, dichiarano l'assenza di tali insediamenti ovvero di aver già provveduto alla loro individuazione e perimetrazione con precedenti atti.
4. Nel caso in cui i comuni, successivamente alla perimetrazione di cui al comma 2, non provvedano entro i successivi nove mesi all'adozione dei piani di risanamento urbanistico ai sensi dell'articolo 38, comma 1, lettera b), della legge regionale n. 23 del 1985, la Giunta regionale esercita il potere sostitutivo previsto dall'articolo 9 della legge regionale 12 giugno 2006, n. 9 (Conferimento di funzioni e compiti agli enti locali), con oneri a carico del comune inadempiente.
Art. 2
Riapertura dei termini per i piani di risanamento urbanistico1. Entro il termine perentorio di centottanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge, i comuni verificano la presenza di insediamenti edilizi, realizzati in tutto o in parte abusivamente, di cui all'articolo 32 della legge regionale 11 ottobre 1985, n. 23 (Norme in materia di controllo dell'attività urbanistico-edilizia, di risanamento urbanistico e di sanatoria di insediamenti ed opere abusive, di snellimento ed accelerazione delle procedure espropriative), caratterizzati da edifici esistenti alle date stabilite dalla legge regionale n. 23 del 1985, e successive modifiche ed integrazioni, dall'articolo 11 della legge regionale 7 aprile 1995, n. 6 (legge finanziaria 1995), e dall'articolo 1 della legge regionale 26 febbraio 2004, n. 4 (Normativa regionale in materia di abusivismo edilizio - Recepimento in Sardegna del decreto legge 30 settembre 2003, n. 269, convertito con modificazioni dalla legge 24 novembre 2003, n. 326).
2. Entro il termine di cui al comma 1, i comuni provvedono all'individuazione e alla perimetrazione di tali insediamenti ai sensi dell'articolo 38, comma 1, lettera a), della legge regionale n. 23 del 1985, mediante deliberazione del consiglio comunale, e alla sua trasmissione all'Assessorato regionale competente in materia urbanistica.
3. Entro il termine di cui al comma 1, i comuni, con deliberazione del consiglio comunale, da trasmettere all'Assessorato regionale competente in materia urbanistica, dichiarano l'assenza di tali insediamenti ovvero di aver già provveduto alla loro individuazione e perimetrazione con precedenti atti.
4. Nel caso in cui i comuni, successivamente alla perimetrazione di cui al comma 2, non provvedano entro i successivi nove mesi all'adozione dei piani di risanamento urbanistico ai sensi dell'articolo 38, comma 1, lettera b), della legge regionale n. 23 del 1985, la Giunta regionale esercita il potere sostitutivo previsto dall'articolo 9 della legge regionale 12 giugno 2006, n. 9 (Conferimento di funzioni e compiti agli enti locali), con oneri a carico del comune inadempiente.
Art. 3
Disposizioni urgenti per il contrasto al disagio sociale e alla tensione abitativa e per la riqualificazione paesaggistica di contesti caratterizzati da diffusione insediativa discontinua e altri usi impropri1. I comuni, per le finalità di cui all'articolo 1 ed entro il termine perentorio di centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, possono procedere alla perimetrazione delle aree nelle quali sono presenti edifici e manufatti, realizzati anche abusivamente, e caratterizzate da diffusione insediativa discontinua e da altri usi impropri, da sottoporre a piani attuativi di riqualificazione paesaggistica, di iniziativa pubblica o privata. Tali aree comprendono edifici, esistenti alla data di entrata in vigore della presente legge, destinati per almeno il 50 per cento delle volumetrie a prima casa del nucleo familiare, ad usi produttivi e a servizi e che determinano, nel loro complesso, una densità territoriale superiore, ordinariamente, a 0,20 mc/mq, riducibile sino a 0,10 mc/mq in presenza di situazioni territoriali specifiche, individuate di concerto con la Regione.
2. I piani attuativi di riqualificazione paesaggistica sono rivolti alla salvaguardia dei suoli aventi potenzialità agricole ed al mantenimento delle attività produttive in atto, alla salvaguardia degli elementi di naturalità del paesaggio, delle matrici ambientali e del paesaggio rurale e prevedono interventi di riqualificazione e ricomposizione paesaggistica delle aree interessate, con particolare riferimento alle aree di maggior pregio paesaggistico ed ambientale.
3. I comuni effettuano la perimetrazione delle aree di cui al comma 1 di concerto con la Regione mediante apposita deliberazione del consiglio comunale da trasmettere all'Assessorato regionale competente in materia urbanistica, sulla base di una puntuale restituzione cartografica dello stato di fatto e del censimento degli edifici legittimamente realizzati, di quelli che hanno ottenuto concessione in sanatoria, di quelli privi di titolo abilitativo e di quelli oggetto di richiesta di condono, con l'indicazione della data di edificazione e di documentata analisi delle destinazioni d'uso.
4. Nelle aree ricomprese nelle perimetrazioni di cui al comma 1, il rilascio della concessione in sanatoria per le opere abusive, nei casi previsti dalle norme in materia di condono e di accertamento di conformità, è subordinato all'approvazione di un piano attuativo di riqualificazione paesaggistica, che costituisce contestuale variante allo strumento urbanistico generale. Per l'approvazione di tale piano si applicano le procedure di cui all'articolo 20 della legge regionale 22 dicembre 1989, n. 45 (Norme per l'uso e la tutela del territorio regionale).
5. I proprietari di edifici e i proprietari di aree non edificate ricadenti all'interno della perimetrazione degli insediamenti di cui al comma 1, possono riunirsi in consorzio volontario per partecipare all'attuazione, anche parziale, dei piani attuativi di riqualificazione paesaggistica; tale partecipazione è definita per gli aspetti tecnico-urbanistici e finanziari derivanti dalla presente legge attraverso apposita convenzione da stipularsi con il comune nei modi previsti per i piani attuativi di iniziativa privata.
6. La redazione e formazione dei piani attuativi di riqualificazione paesaggistica avviene di concerto tra comune e Regione. I piani di riqualificazione paesaggistica assoggettano a disciplina urbanistica e paesaggistica l'area perimetrata e identificano:
a) la destinazione d'uso di tutte le aree ricomprese nella perimetrazione e le aree da salvaguardare e valorizzare per le attività agricole e zootecniche;
b) l'indice territoriale massimo non superiore a 0,25 mc/mq, con riserva di una quota delle volumetrie totali, al netto delle volumetrie legittimamente esistenti e di quelle sanabili, per la realizzazione di abitazioni di edilizia residenziale pubblica destinate a prima casa di particolari categorie sociali svantaggiate, con priorità per i soggetti residenti in edifici destinati a prima casa e ricadenti all'interno dell'area oggetto del piano attuativo di riqualificazione paesaggistica dei quali sia prevista la demolizione;
c) l'area di concentrazione delle volumetrie in centri rurali, la cui estensione deve essere contenuta al minimo ed adeguatamente motivata in relazione alle situazioni paesaggistiche ed insediative;
d) la dotazione minima per spazi pubblici riservati alle attività collettive pari a 15 mq per abitante insediato o insediabile, oltre alle aree da destinare a viabilità; a tal fine, il piano attuativo di riqualificazione paesaggistica provvede a localizzare le aree per servizi preferibilmente nelle aree maggiormente compromesse;
e) gli interventi di riqualificazione paesaggistica;
f) l'identificazione di eventuali edifici da destinare a funzioni di pubblico interesse quali attività sociali, di salvaguardia ed educazione ambientale, di supporto alla balneazione e al turismo naturalistico;
g) le modalità con cui regolare, secondo quanto previsto dal comma 7, gli interventi di demolizione delle volumetrie esistenti non sanabili e la realizzazione, nel rispetto dell'indice territoriale di cui sopra, dei nuovi volumi;
h) lo studio di fattibilità tecnico-economico e giuridico-amministrativo, finalizzato al finanziamento, alla realizzazione e alla gestione di opere di urbanizzazione primaria e secondaria e alla realizzazione delle opere di riqualificazione paesaggistica.7. I diritti edificatori derivanti dall'applicazione dell'indice territoriale di cui al comma 6, lettera b), possono essere trasferiti, secondo quanto previsto dal piano di riqualificazione paesaggistica, nelle aree di concentrazione volumetrica o in altre aree, esterne al perimetro di cui al comma 1, già identificate dagli strumenti urbanistici vigenti come zone omogenee B o come zone omogenee C con piano attuativo. Nei lotti di zona B o C, esterni al perimetro di cui al comma 1 e individuati dal piano attuativo di riqualificazione paesaggistica per il trasferimento dei diritti edificatori, è consentito il superamento degli indici massimi di fabbricabilità, dei rapporti di copertura e delle altezze massime; nel rispetto delle distanze minime previste dagli strumenti urbanistici, i diritti edificatori possono essere alienati anche separatamente dall'area a cui afferiscono. Il trasferimento dei diritti edificatori non è ammissibile nelle aree ricadenti all'interno dei centri di antica e prima formazione come perimetrati dal Piano paesaggistico regionale.
8. I comuni non possono procedere all'adozione dei piani attuativi di riqualificazione paesaggistica se essa non è deliberata perentoriamente entro e non oltre i nove mesi successivi alla perimetrazione di cui al comma 1. In tal caso, decorso tale termine, la deliberazione di perimetrazione di cui al comma 1 è priva di effetti.
9. Per quanto non diversamente stabilito dal presente articolo, ai piani di riqualificazione paesaggistica si applicano le norme di cui all'articolo 37 della legge regionale n. 23 del 1985.
10. Ai contratti stipulati per l'attuazione dei piani di riqualificazione paesaggistica di cui al presente articolo, si applicano le disposizioni di cui all'articolo 2643, comma 1, lettera 2 bis), del Codice civile.
Art. 3
Piani di riqualificazione paesaggistica1. I comuni, per le finalità di cui all'articolo 1 ed entro il termine perentorio di centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, possono procedere alla perimetrazione delle aree nelle quali sono presenti edifici e manufatti, realizzati anche abusivamente, e caratterizzate da diffusione insediativa discontinua e da altri usi impropri, da sottoporre a piani attuativi di riqualificazione paesaggistica, di iniziativa pubblica o privata. Tali aree comprendono edifici, esistenti alla data di entrata in vigore della presente legge, destinati per almeno il 50 per cento delle volumetrie a prima casa del nucleo familiare, ad usi produttivi e a servizi e che determinano, nel loro complesso, una densità territoriale superiore, ordinariamente, a 0,20 mc/mq, riducibile sino a 0,10 mc/mq in presenza di situazioni territoriali specifiche, individuate di concerto con la Regione.
2. I piani attuativi di riqualificazione paesaggistica sono rivolti alla salvaguardia dei suoli aventi potenzialità agricole ed al mantenimento delle attività produttive in atto, alla salvaguardia degli elementi di naturalità del paesaggio, delle matrici ambientali e del paesaggio rurale e prevedono interventi di riqualificazione e ricomposizione paesaggistica delle aree interessate, con particolare riferimento alle aree di maggior pregio paesaggistico ed ambientale.
3. I comuni effettuano la perimetrazione delle aree di cui al comma 1 di concerto con la Regione mediante apposita deliberazione del consiglio comunale da trasmettere all'Assessorato regionale competente in materia urbanistica, sulla base di una puntuale restituzione cartografica dello stato di fatto e del censimento degli edifici legittimamente realizzati, di quelli che hanno ottenuto concessione in sanatoria, di quelli privi di titolo abilitativo e di quelli oggetto di richiesta di condono, con l'indicazione della data di edificazione e di documentata analisi delle destinazioni d'uso.
4. Nelle aree ricomprese nelle perimetrazioni di cui al comma 1, il rilascio della concessione in sanatoria per le opere abusive, nei casi previsti dalle norme in materia di condono e di accertamento di conformità, è subordinato all'approvazione di un piano attuativo di riqualificazione paesaggistica, che costituisce contestuale variante allo strumento urbanistico generale. Per l'approvazione di tale piano si applicano le procedure di cui all'articolo 20 della legge regionale 22 dicembre 1989, n. 45 (Norme per l'uso e la tutela del territorio regionale).
5. I proprietari di edifici e i proprietari di aree non edificate ricadenti all'interno della perimetrazione degli insediamenti di cui al comma 1, possono riunirsi in consorzio volontario per partecipare all'attuazione, anche parziale, dei piani attuativi di riqualificazione paesaggistica; tale partecipazione è definita per gli aspetti tecnico-urbanistici e finanziari derivanti dalla presente legge attraverso apposita convenzione da stipularsi con il comune nei modi previsti per i piani attuativi di iniziativa privata.
6. La redazione e formazione dei piani attuativi di riqualificazione paesaggistica avviene di concerto tra comune e Regione. I piani di riqualificazione paesaggistica assoggettano a disciplina urbanistica e paesaggistica l'area perimetrata e identificano:
a) la destinazione d'uso di tutte le aree ricomprese nella perimetrazione e le aree da salvaguardare e valorizzare per le attività agricole e zootecniche;
b) l'indice territoriale massimo non superiore a 0,25 mc/mq, con riserva di una quota delle volumetrie totali, al netto delle volumetrie legittimamente esistenti e di quelle sanabili, per la realizzazione di abitazioni di edilizia residenziale pubblica destinate a prima casa di particolari categorie sociali svantaggiate, con priorità per i soggetti residenti in edifici destinati a prima casa e ricadenti all'interno dell'area oggetto del piano attuativo di riqualificazione paesaggistica dei quali sia prevista la demolizione;
c) l'area di concentrazione delle volumetrie in centri rurali, la cui estensione deve essere contenuta al minimo ed adeguatamente motivata in relazione alle situazioni paesaggistiche ed insediative;
d) la dotazione minima per spazi pubblici riservati alle attività collettive pari a 15 mq per abitante insediato o insediabile, oltre alle aree da destinare a viabilità; a tal fine, il piano attuativo di riqualificazione paesaggistica provvede a localizzare le aree per servizi preferibilmente nelle aree maggiormente compromesse;
e) gli interventi di riqualificazione paesaggistica;
f) l'identificazione di eventuali edifici da destinare a funzioni di pubblico interesse quali attività sociali, di salvaguardia ed educazione ambientale, di supporto alla balneazione e al turismo naturalistico;
g) le modalità con cui regolare, secondo quanto previsto dal comma 7, gli interventi di demolizione delle volumetrie esistenti non sanabili e la realizzazione, nel rispetto dell'indice territoriale di cui sopra, dei nuovi volumi;
h) lo studio di fattibilità tecnico-economico e giuridico-amministrativo, finalizzato al finanziamento, alla realizzazione e alla gestione di opere di urbanizzazione primaria e secondaria e alla realizzazione delle opere di riqualificazione paesaggistica.7. I diritti edificatori derivanti dall'applicazione dell'indice territoriale di cui al comma 6, lettera b), possono essere trasferiti, secondo quanto previsto dal piano di riqualificazione paesaggistica, nelle aree di concentrazione volumetrica o in altre aree, esterne al perimetro di cui al comma 1, già identificate dagli strumenti urbanistici vigenti come zone omogenee B o come zone omogenee C con piano attuativo. Nei lotti di zona B o C, esterni al perimetro di cui al comma 1 e individuati dal piano attuativo di riqualificazione paesaggistica per il trasferimento dei diritti edificatori, è consentito il superamento degli indici massimi di fabbricabilità, dei rapporti di copertura e delle altezze massime; nel rispetto delle distanze minime previste dagli strumenti urbanistici, i diritti edificatori possono essere alienati anche separatamente dall'area a cui afferiscono. Il trasferimento dei diritti edificatori non è ammissibile nelle aree ricadenti all'interno dei centri di antica e prima formazione come perimetrati dal Piano paesaggistico regionale.
8. I comuni non possono procedere all'adozione dei piani attuativi di riqualificazione paesaggistica se essa non è deliberata perentoriamente entro e non oltre i nove mesi successivi alla perimetrazione di cui al comma 1. In tal caso, decorso tale termine, la deliberazione di perimetrazione di cui al comma 1 è priva di effetti.
9. Per quanto non diversamente stabilito dal presente articolo, ai piani di riqualificazione paesaggistica si applicano le norme di cui all'articolo 37 della legge regionale n. 23 del 1985.
10. Ai contratti stipulati per l'attuazione dei piani di riqualificazione paesaggistica di cui al presente articolo, si applicano le disposizioni di cui all'articolo 2643, comma 1, lettera 2 bis), del Codice civile.
Art. 4
Entrata in vigore1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione sul Bollettino ufficiale della Regione autonoma della Sardegna (BURAS).
Art. 4
Entrata in vigore
(identico)