CONSIGLIO REGIONALE DELLA SARDEGNA
XIV LEGISLATURA

PROPOSTA DI LEGGE N. 357

presentata dai Consiglieri regionali
LOTTO - CUCCA - DIANA Giampaolo - AGUS - CUCCU - SABATINI

il 31 gennaio 2012

Istituzione, individuazione e disciplina dei distretti rurali, dei distretti agroalimentari di qualità
e dei bio distretti

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RELAZIONE DEL PROPONENTE

Tra le principali cause della profonda crisi economica e sociale in cui versa l'economia isolana, vanno indubbiamente individuate le condizioni di estrema difficoltà in cui versa la gran parte delle aree rurali della Sardegna. Appaiono sempre più evidenti problemi di spopolamento nella gran parte dei comuni di piccola e media dimensione, con particolare gravità nelle zone interne e con l'abbandono delle attività agro-pastorali tradizionali, delle attività artigianali e commerciali nonché delle principali istituzioni pubbliche (scuole, forze di pubblica sicurezza ecc.). Vanno scomparendo culture e saperi tradizionali che potrebbero rappresentare invece, assieme all'immenso patrimonio storico ed ambientale, una formidabile leva su cui basare una politica di rilancio dell'economia isolana. Una politica da costruire sui pilastri della multifunzionalità dell'agricoltura, della integrazione tra il mondo agropastorale ed il sistema delle imprese artigianali, commerciali e della ristorazione; una politica che punti alla valorizzazione dei prodotti agricoli di qualità certificata ed al rilancio su nuove basi dell'intero comparto agro-industriale.

Con la presente proposta di legge si intende affrontare il tema relativo al rilancio dell'economia delle aree rurali della Sardegna e della agricoltura in particolare, attraverso l'istituzione dei distretti rurali, dei distretti agroalimentari di qualità e dei bio distretti.

Il distretto produttivo è espressione della capacità del sistema delle imprese e delle istituzioni locali di sviluppare una progettualità strategica che si esprime in un piano per lo sviluppo del distretto, conforme agli strumenti legislativi e programmatori regionali vigenti ed integrato con tutte le iniziative per lo sviluppo del territorio previste dai programmi di sviluppo locale. L'istituzione dei distretti di cui alla presente proposta di legge rappresenta, in questa ottica, uno dei principali strumenti su cui potrà contare la Regione per rilanciare l'economia agricola sarda e arginare il fenomeno dello spopolamento delle zone interne.

Obiettivo principale sarà quello di coinvolgere gli enti locali ed il mondo imprenditoriale in un grande progetto per mettere a sistema le risorse produttive, imprenditoriali, ambientali, storiche e culturali dei nostri territori con la valorizzazione delle produzioni agricole di qualità.

L'articolo 1 individua le finalità della legge nella promozione dello sviluppo rurale, del paesaggio e della qualità ambientale nonché delle produzioni collegate al contesto produttivo storico-tradizionale sardo. Con l'istituzione dei distretti si vuole tutelare il valore aggiunto dei nostri processi produttivi nonché creare le condizioni per il mondo agroalimentare di fare sistema con le imprese appartenenti a settori diversi da quello primario, ma strettamente dipendenti da questo.

Nell'articolo 2 vengono riportate le principali definizioni per agevolare la lettura e la corretta interpretazione della legge. Vengono così definiti con puntualità i distretti rurali, i distretti agroalimentari ed i bio distretti.

Nell'articolo 3 vengono esplicitati una serie di ulteriori obiettivi specifici che si vogliono conseguire in relazione, tra l'altro, alla promozione della cooperazione territoriale in un'ottica progettuale di territorio, alla diffusione, alla commercializzazione e all'istituzione di nuovi prodotti a marchio DOP e IGP, al collegamento delle produzioni agricole alle pratiche produttive, ristorative, turistiche, sportive e ricreative territoriali nonché al potenziamento dell'identità sarda tramite la salvaguardia e la riscoperta dei saperi tradizionali.

Agli articoli 4, 5 e 6 vengono indicati i principali requisiti territoriali e produttivi per l'individuazione e delimitazione dei distretti rurali, agroalimentari di qualità e dei bio distretti.

All'articolo 7 viene indicato il ruolo degli enti locali e del sistema delle imprese nella promozione dei distretti e nella formulazione della proposta alla Regione che ne definisce l'individuazione ed il riconoscimento secondo un iter istruttorio ben definito al comma 4.

L'articolo 8 prevede le modalità di costituzione dei distretti individuando anche gli organismi rappresentativi degli stessi con le relative competenze: il consiglio direttivo e la commissione distrettuale.

L'articolo 9 detta norme per il funzionamento dei distretti, con particolare riferimento alla sede, alle risorse umane ed alla predisposizione, entro tempi certi, del piano di distretto da parte del consiglio direttivo con la collaborazione della commissione distrettuale. Il piano di distretto viene sottoposto alla approvazione della Regione che può proporre adeguamenti e modifiche.

All'articolo 10 si indicano i contenuti di massima del piano di distretto, comprendente una dettagliata analisi quali-quantitativa sullo stato attuale del distretto, sul grado di attuazione e sugli obiettivi raggiunti nel corso del mandato del precedente consiglio direttivo, nonché la descrizione delle attività di coinvolgimento delle imprese facenti parte del territorio del distretto, l'elenco dei soggetti attuatori e delle fonti di finanziamento e l'indicazione delle sinergie e delle integrazioni con altri strumenti comunitari.

L'articolo 11 fa riferimento alle istruzioni attuative che dovranno essere predisposte dalla Giunta regionale al fine di indicare gli indirizzi e le modalità per la costituzione dei distretti, gli uffici regionali competenti, i criteri operativi per lo svolgimento dell'attività di monitoraggio, di formazione e di aggiornamento, nonché le modalità per garantire il raccordo delle strutture regionali nell'attuazione delle politiche agrarie distrettuali e le modalità di designazione e di nomina dei membri della commissione distrettuale.

L'articolo 12 definisce i rapporti tra il distretto e la Regione per quanto attiene all'attività di monitoraggio e verifica dello stato di attuazione del piano di distretto.

L'articolo 13 individua i tempi e i modi con cui la Giunta aggiorna il Consiglio regionale sullo stato di attuazione della legge.

Nell'articolo 14, al fine di garantire la programmazione ed il raccordo delle politiche distrettuali con le politiche comunitarie, nazionali e regionali, viene individuato nell'Assessorato regionale dell'agricoltura e riforma agro-pastorale il supporto per l'attuazione della legge.

L'articolo 15 contiene le disposizioni finanziarie.

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TESTO DEL PROPONENTE

 

Art. 1
Finalità

1. La Regione autonoma della Sardegna, ai sensi dell'articolo 13, commi 1 e 2, del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 228 (Orientamento e modernizzazione del settore agricolo, a norma dell'articolo 7 della L. 5 marzo 2001, n. 57), nell'ottica di promuovere lo sviluppo rurale, la vocazionalità dei territori e del paesaggio rurale, la qualità ambientale, le produzioni collegate al contesto produttivo, storico-tradizionale sardo e/o riconosciute da marchi comunitari e di qualità certificata, le metodologie ed i processi produttivi a basso impatto ambientale, il commercio di produzioni di qualità interno ed esterno alla Regione, nonché l'aggregazione dell'offerta in maniera integrata e orizzontale tra i diversi settori produttivi collegati alle produzioni agroalimentari locali, disciplina con la presente legge l'individuazione e l'istituzione dei distretti rurali, dei distretti agroalimentari di qualità e dei bio distretti.

2. La Regione tutela il valore aggiunto di fare rete tra imprese appartenenti a settori diversi da quello primario, ma strettamente dipendenti da questo.

3. La Regione riconosce altresì le potenzialità aggregative derivanti dalla razionalizzazione e dalla costruzione delle infrastrutture collegate alla produzione, trasformazione, commercializzazione delle produzioni distrettuali, in equilibrio con il territorio, che non vanifichino la risorsa paesaggio, ma siano funzionali alle attività distrettuali e alla creazione di economie territoriali fondate sulla materia prima agricola, compresa la fruizione turistica sostenibile.

4. I distretti costituiscono espressione dell'autodeterminazione da parte di una comunità locale a perseguire obiettivi comuni e si pongono come strumento di razionalizzazione di costi, processi e politiche di produzione, di comunicazione e commercializzazione dei prodotti dei distretti, di marketing territoriale e di promozione del territorio, nell'ottica di aggregazione delle competenze professionali che favoriscano il superamento del gap commerciale e distributivo caratteristico dell'Isola.
5. La Regione assume un ruolo di indirizzo nei confronti dei distretti tramite un rapporto diretto con i referenti distrettuali e loro inclusione nelle politiche di sviluppo dei territori interessati.

 

Art. 2
Definizioni

1. Si definiscono distretti rurali i sistemi produttivi locali di cui all'articolo 36, comma 1, della legge 5 ottobre 1991, n. 317 (Interventi per l'innovazione e lo sviluppo delle piccole imprese), caratterizzati da un'identità storica e territoriale omogenea derivante dall'integrazione fra attività agricole e altre attività locali, nonché dalla produzione di beni o servizi di particolare specificità, coerenti con le tradizioni e le vocazioni naturali e territoriali.

2. Si definiscono distretti agroalimentari di qualità i sistemi produttivi locali, anche a carattere interregionale, caratterizzati da significativa presenza economica e da interrelazione e interdipendenza produttiva delle imprese agricole e agroalimentari, nonché da una o più produzioni certificate e tutelate ai sensi della vigente normativa comunitaria o nazionale, oppure da produzioni tradizionali o tipiche.

3. Si definiscono bio distretti quei sistemi produttivi caratterizzati dalla presenza di filiere produttive a carattere biologico, in conformità alle disposizioni del regolamento (CE) n. 834/2007 del Consiglio del 28 giugno 2007 relativo alla produzione biologica e all'etichettatura dei prodotti biologici e che abroga il regolamento (CEE) n. 2092/91. Gli stessi possono coincidere con i territori già identificati con i distretti rurali o agroalimentari di qualità, sovrapponendosi, oppure costituire unità autonome, con confini propri non corrispondenti a quelli dei distretti rurali o agroalimentari di qualità.

 

Art. 3
Obiettivi specifici

1. Ulteriori obiettivi della Regione nell'individuazione e costituzione dei distretti rurali ed agroalimentari sono:
a) promuovere la cooperazione territoriale che, pur mantenendo le peculiarità e le individualità delle singole aziende, sappia indirizzare la valorizzatone delle risorse intrinseche del contesto territoriale di riferimento, proponendosi compatta sul mercato, e realizzando economie di scala;
b) conservare la qualità del prodotto nel corso delle operazioni e dei passaggi nella filiera orizzontale fino al consumatore finale, in base all'esperienza degli operatori e alla rispondenza alle tecniche tradizionali (per i distretti rurali) o prescritte nei disciplinari (per i distretti agroalimentari);
c) contribuire alla diffusione, alla commercializzazione e all'istituzione di nuovi prodotti a marchio DOP e IGP, nonché di produzioni a qualità ambientale certificata e riconosciuta a livello europeo quale l'agricoltura biologica;
d) contribuire allo sviluppo e all'integrazione delle ICT nei processi produttivi quotidiani a qualsiasi livello della filiera orizzontale, comprese operazioni di comunicazione, condivisione in rete e tracciabilità dei prodotti;
e) contribuire all'utilizzo delle forme di paesaggio agricolo in chiave turistica, valorizzando le proprietà diffuse del territorio non funzionali ad una produzione di massa;
f) contribuire all'aggregazione tra imprese per acquisire competitività nei confronti del mercato interno e dell'export sia per le realtà rurali che per quelle agroindustriali;
g) collegare le produzioni agricole alle pratiche produttive, ristorative, turistiche, sportive e ricreative territoriali;
h) potenziare l'identità sarda tramite la salvaguardia e la riscoperta dei saperi tradizionali e con l'utilizzo delle risorse del territorio legate alla tradizione e alla cultura locali;
i) promuovere la salvaguardia e la valorizzazione della biodiversità locale sarda, sia vegetale che animale, in collegamento con le agenzie agricole regionali ed i centri di ricerca, quali università e CNR;
j) evitare il fenomeno della marginalizzazione delle produzioni primarie nei rapporti interni al distretto, dando agli stessi un'architettura strutturale a favore dei produttori primari;
k) favorire il raccordo e l'integrazione con i sistemi produttivi locali.

 

Art. 4
Requisiti per l'individuazione dei distretti rurali

1. I distretti rurali sono individuati in un contesto territoriale geograficamente definito quando contemporaneamente:
a) vi sia la presenza di una realtà produttiva agricola dedita alle colture tradizionali, in attività e di carattere non marginale, attuata in diverse aziende agricole del territorio di origine;
b) la produzione non sia limitata ad una sola tipologia di prodotto, né a un prodotto singolo, salvo che si dimostri la presenza di iniziative imprenditoriali atte a colmare tale mancanza nel breve periodo;
c) vi sia la presenza, tra gli abitanti del territorio, della memoria storica dei prodotti alimentari in questione, rintracciabile nell'utilizzo culinario della ristorazione locale, secondo ricette locali e tradizionali, e di rapporti di scambio, cessione, ricerca dei prodotti in questione all'interno della comunità locale;
d) le materie prime utilizzate per la realizzazione dei prodotti trasformati siano di origine locale;
e) vi sia la presenza di attività artigianali di trasformazione e/o manipolazione alimentare e/o di altro tipo, strettamente collegate alle produzioni agricole del distretto rurale nonché alle tradizioni locali;
f) vi sia la presenza di attività di ricezione turistica e di imprese di ristorazione di qualsiasi dimensione che dimostrino l'utilizzo o la disponibilità concreta ad utilizzare i prodotti distrettuali.

 

Art. 5
Requisiti per l'individuazione dei distretti agroalimentari di qualità

1. I distretti agroalimentari di qualità sono individuati in un contesto territoriale geograficamente definito quando contemporaneamente:
a) vi sia la presenza di produzioni agricole di particolare qualità, merceologicamente omogenee, riconosciute dalla normativa comunitaria vigente per denominazione di origine o indicazione geografica, o certificate a livello nazionale o regionale secondo norme che ne distinguano e valorizzino la qualità, il processo produttivo e l'origine, nell'ottica del raggiungimento di un riconoscimento comunitario;
b) vi sia la presenza in loco di una filiera orizzontale economicamente rilevante, costituita a partire dalle produzioni di cui alla lettera a) con attività strettamente interconnesse riguardanti settori produttivi diversi da quello primario, tesi alla commercializzazione e valorizzazione della produzione locale tipica e/o tradizionale, di cui alla lettera a) e, contestualmente, a quella del territorio;
c) la programmazione territoriale e produttiva e l'assistenza nelle varie fasi della filiera orizzontale, a partire dalle produzioni agricole, sia realizzata da soggetti attivi del territorio, in sintonia e con il sostegno degli enti pubblici locali.

2. Nel caso in cui al momento dell'individuazione del distretto agroalimentare di qualità la filiera orizzontale locale di cui alla lettera b) del comma 1 non risulti ancora integrata e attiva, ma vi siano sul campo, debitamente evidenziati e assicurati nella relazione dell'ente proponente di cui all'articolo 7, gli elementi e la volontà degli attori territoriali di costruirla nel breve periodo, la Regione può concedere l'individuazione del distretto agroalimentare di qualità, con obbligo da parte del consiglio direttivo del distretto di cui all'articolo 8 di certificare l'avvenuta realizzazione delle condizioni di cui al comma 1 entro il primo anno del primo mandato successivo al riconoscimento.

 

Art. 6
Requisiti per l'individuazione dei bio distretti

1. I bio distretti sono individuati in un contesto territoriale geograficamente definito quando ricorrono le seguenti condizioni:
a) vi sia la presenza di produzioni agricole di particolare pregio merceologicamente omogenee, derivate da processi produttivi che prevedono l'utilizzo di tecniche riconosciute dalla normativa comunitaria per l'ottenimento di prodotti biologici;
b) vi sia la presenza in loco di una filiera orizzontale economicamente rilevante, costruita a partire dalle produzioni di cui alla lettera a) con attività strettamente interconnesse riguardanti settori produttivi diversi da quello primario, tesi alla commercializzazione e valorizzazione della produzione biologica;
c) la programmazione territoriale e produttiva e l'assistenza nelle varie fasi della filiera orizzontale, a partire dalle produzioni agricole, sia realizzata da soggetti attivi del territorio, in sintonia e con il sostegno degli enti pubblici locali.

 

Art. 7
Individuazione dei distretti

1. I distretti sono individuati e riconosciuti dalla Regione a seguito di richiesta da parte degli enti locali, singoli o associati, insistenti sul territorio del distretto.

2. L'ente o gli enti proponenti il distretto garantiscono la più ampia concertazione sentendo le rappresentanze economiche, sociali ed istituzionali.

3. Gli enti locali svolgono azioni di animazione del territorio destinate a promuovere la costituzione dei distretti.

4. L'iter per il riconoscimento di un distretto è il seguente:
a) gli enti proponenti individuano i soggetti primi costituenti del distretto e li identificano presso la Regione inoltrando domanda di riconoscimento;
b) alla domanda di riconoscimento è allegata una relazione descrittiva (quali-quantitativa) del distretto proposto che contenga:
1) gli elementi sociali, economici ed ambientali (agrario-paesaggistici) che caratterizzano ed individuano il distretto proposto, secondo i parametri di cui agli articoli 4 e 5;
2) un'analisi dei punti di forza e dei punti di debolezza, le opportunità ed i rischi nello sviluppo del territorio e nella costituzione del distretto;
3) un piano programmatico di sviluppo che dimostri le potenzialità del distretto nel medio periodo;
4) la rappresentazione cartografica dell'area interessata dal piano, con identificazione di comuni ed enti locali e dei loro confini amministrativi;

5. La Regione ha facoltà di rimettere ai richiedenti l'istanza di riconoscimento indicando le variazioni da effettuare o le motivazioni di non approvazione.

 

Art. 8
Costituzione e composizione del distretto

1. Il distretto è costituito in società o altra forma associativa, secondo le forme previste e disciplinate dal Codice civile.

2. Il distretto è costituito da un consiglio direttivo affiancato da una commissione distrettuale.

3. Il consiglio direttivo è l'organo di governo del distretto con potere decisionale. Il rappresentante legale del distretto si identifica con il presidente del consiglio direttivo che garantisce l'attuazione del piano di distretto di cui all'articolo 10.

4. All'interno del consiglio direttivo non meno di 1/3 dei componenti appartiene al settore agricolo primario ed è assicurata la rappresentatività di ogni settore coinvolto nella filiera orizzontale distrettuale. Nel caso di compresenza di produzioni primarie agricole, zootecniche, ittiche e forestali è assicurata la presenza degli operatori di ciascuno di questi settori.

5. La commissione distrettuale ha funzioni consultive e di vigilanza sull'operato del consiglio direttivo, nonché di supporto tecnico-scientifico. La commissione si compone di rappresentanti delle province e degli altri enti locali interessati territorialmente e non inclusi nel consiglio direttivo, delle università della Sardegna, delle organizzazioni sindacali, dei GAL presenti sul territorio distrettuale, delle OP coinvolte nel distretto. Ulteriori membri non appartenenti alle categorie elencate possono essere proposti alla Regione dall'ente locale proponente o dal consiglio direttivo.

6. La commissione può rivolgersi direttamente alla Regione per segnalare anomalie e abusi nel funzionamento del distretto, con obbligo di intervento immediato e di verifica da parte della Regione.

7. I ruoli e le cariche previsti all'interno del distretto non sono remunerati.

 

Art. 9
Funzionamento del distretto

1. Gli enti locali territorialmente competenti forniscono servizi che agevolano l'iter procedurale e la realizzazione del piano di distretto di cui all'articolo 10.

2. La sede del distretto è fornita dalla provincia competente per territorio, o dall'ente locale promotore del distretto, o da un ente locale facente parte del territorio distrettuale.

3. Il consiglio direttivo e la commissione distrettuale elaborano un piano di azione, denominato piano di distretto, coincidente con la durata del mandato del consiglio direttivo, secondo le finalità, gli obiettivi e le prescrizioni contenuti nella presente legge; il piano di distretto è presentato alla Regione per l'approvazione entro tre mesi dall'insediamento del consiglio direttivo.

4. La Regione entro un mese dalla ricezione del piano si pronuncia sulla sua approvazione. In caso di non approvazione, la Regione indica al consiglio direttivo e alla commissione distrettuale le motivazioni e le modifiche necessarie.

5. L'attuazione del piano di distretto è sottoposta a verifiche in itinere da parte della Regione, con cadenza annuale o a seguito di segnalazione della commissione distrettuale.

6. La Regione può indicare al consiglio direttivo e alla commissione distrettuale gli elementi di progettazione e sviluppo che ritiene strategici per un miglior sviluppo del distretto e per la rispondenza alla politiche di indirizzo regionale in materia, nonché promuovere la coordinazione o coordinare direttamente due o più distretti per l'ottimizzazione delle performance ed il raggiungimento degli obiettivi programmatici di sviluppo dei settori coinvolti.

7. Per i membri del consiglio direttivo la Regione predispone adeguati momenti di formazione al lavoro di gruppo e di aggiornamento professionale, favorendo l'utilizzo/fruizione delle misure di aggiornamento e formazione professionale già attivate nei piani di sviluppo rurale o dalle politiche settoriali vigenti.

8. Il piano di distretto può essere variato nel corso del mandato del consiglio direttivo, previo consenso della commissione distrettuale, ed è nuovamente sottoposto alla Regione per l'approvazione.

9. I membri di un consiglio direttivo distrettuale rurale non possono appartenere ad un altro distretto rurale.

10. L'unione e la confluenza di due o più distretti è disposta dalla Regione a seguito di valutazione concordata con gli enti locali ed i rappresentanti legali dei distretti.

 

Art. 10
Contenuti del piano di distretto

1. Il piano di distretto contiene i seguenti elementi:
a) una relazione dettagliata quali-quantitativa, sullo stato attuale del distretto, in cui emergano gli attori e i componenti del distretto e il loro grado di interconnessione e interdipendenza, integrata dalla rappresentazione cartografica dell'area interessata dal piano, con identificazione di comuni ed enti locali e dei loro confini amministrativi;
b) una relazione contenente il grado di attuazione degli obiettivi raggiunti nel corso del mandato del precedente consiglio direttivo, indicati nel corrispondente piano di distretto e un'indicazione delle continuità o discontinuità del nuovo piano di distretto rispetto al precedente;
c) una relazione contenente la descrizione delle attività di coinvolgimento delle imprese facenti parte del territorio del distretto;
d) una relazione dettagliata quali quantitativa sulle modalità di sviluppo a breve termine individuate dal consiglio direttivo, comprensiva di corrispondenze ai piani di sviluppo rurale o settoriali per le attività coinvolte nel distretto;
e) un elenco dei soggetti attuatori e delle fonti di finanziamento;
f) l'indicazione delle sinergie e delle integrazioni con altri strumenti comunitari, nazionali e regionali di intervento.

2. La Regione, qualora necessario, rende noti preventivamente ulteriori documenti integrativi a corredo del piano di distretto.

 

Art. 11
Istruzioni attuative

1. La Giunta regionale, sentita la Commissione consiliare competente, entro sessanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge approva con propria deliberazione le istruzioni attuative che definiscono:
a) gli indirizzi e le modalità per la costituzione dei distretti e l'aggiornamento continuo dei suoi operatori;
b) gli uffici e i funzionari regionali di riferimento;
c) i criteri operativi per lo svolgimento dell'attività di monitoraggio di cui all'articolo 12;
d) i criteri operativi per lo svolgimento dell'attività di formazione e aggiornamento di cui all'articolo 9;
e) le modalità per garantire il raccordo delle strutture regionali nell'attuazione delle politiche agrarie distrettuali;
f) le modalità di designazione e di nomina dei membri della commissione distrettuale di cui all'articolo 8.
g) costituzione e composizione del distretto.

 

Art. 12
Monitoraggio e rapporti con la Regione

1. Il rappresentante di distretto, entro il 31 dicembre di ogni anno, trasmette alla Giunta regionale una relazione sullo stato di attuazione del piano e sull'attività svolta.

2. La commissione distrettuale, entro il 31 dicembre di ogni anno, trasmette alla Giunta regionale una relazione sullo stato di attuazione del piano, sui suoi rapporti con il consiglio direttivo ed una valutazione di quest'ultimo.

3. Il consiglio direttivo e la commissione distrettuale hanno la facoltà, congiuntamente, di presentare una nota scritta alla Regione che indichi le osservazioni del distretto per quanto riguarda le necessità legislative, amministrative, economiche e di programmazione per un miglior funzionamento del distretto.

 

Art. 13
Clausola valutativa

1. La Giunta regionale, a tre anni dall'entrata in vigore della presente legge, trasmette al Consiglio regionale una relazione sullo stato di attuazione della legge.
2. La relazione contiene anche risposte documentate ai seguenti quesiti:
a) quali nuovi distretti sono stati istituiti in applicazione della presente legge;
b) il grado di coinvolgimento delle impresse presenti nel territorio distrettuale;
c) quale forma societaria o associativa caratterizza i singoli distretti istituiti;
d) la natura delle risorse allocate;
e) i piani di formazione ed aggiornamento predisposti appositamente per i distretti riconosciuti;
f) l'entità delle ricadute economiche ed occupazionali create dalla costituzione dei distretti;
g) i benefici ottenuti dall'azione di intervento di programmazione regionale;
h) eventuali difficoltà verificatesi in sede di applicazione della legge.

 

Art. 14
Supporto tecnico

1. L'Assessorato regionale competente in materia di agricoltura, per l'attuazione della presente legge e al fine di garantire la programmazione ed il raccordo delle politiche distrettuali con le politiche comunitarie, nazionali e regionali, ha facoltà di avvalersi della collaborazione di istituzioni pubbliche di ricerca nel campo agricolo, tecnologico, economico, sociale, paesaggistico ed infrastrutturale.

2. La collaborazione può essere estesa alla redazione della relazione di cui all'articolo 13.

 

Art. 15
Norma finanziaria

1. Alla quantificazione degli oneri derivanti dall'applicazione della presente legge si provvede ai sensi dell'articolo 4, comma 1, lettera e), della legge regionale 2 agosto 2006, n. 11 (Norme in materia di programmazione, di bilancio e di contabilità della Regione autonoma della Sardegna. Abrogazione della legge regionale 7 luglio 1975, n. 27, della legge regionale 5 maggio 1983, n. 11 e della legge regionale 9 giugno 1999, n. 23).