CONSIGLIO REGIONALE DELLA SARDEGNA
XIV LEGISLATURA

PROPOSTA DI LEGGE N. 245

presentata dai Consiglieri regionali

DEDONI - AMADU - RODIN - BARDANZELLU - DE FRANCISCI - BIANCAREDDU -
SOLINAS Christian - SANJUST - CAMPUS

il 3 febbraio 2011

Norme per la tutela e la valorizzazione delle tradizioni popolari della Sardegna

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RELAZIONE DEL PROPONENTE

Con la presente proposta di legge si intende dare un particolare impulso alla tutela e alla valorizzazione del patrimonio culturale popolare dell'Isola.

In Sardegna, così come in altre parti del mondo, dalla fine degli anni '60, dopo la seconda guerra mondiale, con la fine della decolonizzazione si è esaurita l'onda lunga delle nozioni romantiche di "nazione" e "nazionalità", che avevano contraddistinto numerose istanze politiche dell'Ottocento e del primo cinquantennio del Novecento. Da tale conclusione emergeva, supportato anche da varie proposte culturali e politiche, il moderno ideale di "identità culturale" come reazione al processo economico-sociale provocato dalla globalizzazione economica indotta dal modello liberistico, diffuso su vasta scala, in tutti i livelli sociali e presso tutte le realtà culturali, in conseguenza dell'affermarsi dell'attuale sistema economico. Tale ideale trovava significativi supporti teorici in numerose ricerche che, a partire dal secolo XIX, furono condotte da glottologi per documentare le diverse lingue locali e da antropologi per rilevare e distinguere i patrimoni culturali delle etnie dei diversi continenti; in tale quadro di attenzioni, dalla fine dell'Ottocento, la Sardegna è oggetto di interesse di diversi studiosi e di particolari istanze politiche che, in forme e modi differenti, hanno contribuito a costruire, nell'arco di circa settant'anni, l'identità regionale dei sardi nella quale le tradizioni popolari costituiscono specificità peculiari riconosciute a livello nazionale ed internazionale.

In Sardegna, le prime istanze di tale elaborazione e la relativa necessità di tutela e valorizzazione delle tradizioni popolari, nelle quali si inquadra tutto il patrimonio di una data realtà socio-culturale (saperi e tradizioni del mondo agro-pastorale: feste, sagre, manifestazioni musicali, canore, coreutiche, ecc.), come è da tempo noto, iniziano dalla fine del secolo XVIII con le proposte di Matteo Madau per il "rifiorimento" della cultura sarda; nell'Ottocento e nel primo cinquantennio del secolo successivo continuano con specifici studi di numerosi altri intellettuali che documentarono e analizzarono le tradizioni popolari della Sardegna dimostrandone le peculiarità e la singolarità rispetto a quelle di altre regioni italiane ed europee.

Con tale complesso contributo, portato avanti per numerosi decenni da antropologi, giuristi, economisti, sociologi, storici, ecc., è stato possibile aprire a livello politico, partendo dalle riflessioni sulla rinuncia alla sovranità avvenuta nel XIX secolo, un complesso e articolato dibattito che ha definito le istanze per il raggiungimento dell'autonomia regionale a Statuto speciale dopo la seconda guerra mondiale.

Sulla base di queste premesse generali, la Sardegna, come è da tempo definito, costituisce una realtà ambientale e socio-culturale fortemente connotata da peculiarità identitarie che si specificano soprattutto nelle tradizioni che il popolo ha saputo elaborare e conservare sul piano delle particolarità storico-linguistiche, nel contesto del grande e complesso alveolo delle derivazioni neolatine e romanze, sul piano dei rapporti e degli influssi giunti dall'esterno e rielaborati in modo originale. Questo si evidenzia nei diversi momenti storici sia per quanto riguarda le tradizioni religiose dei diversi periodi precristiani e cristiani, sia a proposito del vasto patrimonio delle tradizioni popolari musicali e coreutiche, sia per quanto concerne gli ambienti, gli ecosistemi e le biodiversità. Dagli anni '50 del secolo scorso, pertanto, le tradizioni popolari della Sardegna costituiscono un'immagine distintiva dei sardi in quanto ne esprimono i fondamentali caratteri etnici e ne caratterizzano le peculiarità socio-culturali.

Esito storico importante e caratterizzante del dibattito politico-culturale sviluppatosi su tali questioni e istanze è stata l'emanazione da parte della Regione autonoma della Sardegna della legge regionale 15 ottobre 1997, n. 26 (Promozione e valorizzazione della cultura e della lingua della Sardegna). Tale legge costituisce guida per gran parte della recente programmazione regionale per quanto concerne la tutela e la valorizzazione dei beni culturali e ambientali della Regione, in una prospettiva nella quale questi costituiscono un polo di attrazione per i flussi turistici interessati all'Isola, contribuendo così a rendere più competitivo il settore turistico.

Una migliore definizione, tutela e valorizzazione del patrimonio identitario delle diverse realtà culturali delle comunità dell'Isola, così come la tutela e la valorizzazione del patrimonio ambientale, possono costituire, infatti, per il futuro economico della Regione, la base di uno specifico sviluppo, nel quadro di un progetto che valorizzi le peculiarità identitarie culturali della Sardegna in contrasto con la standardizzazione dei prodotti turistici offerti dalla globalizzazione. L'obiettivo da raggiungere è che i prodotti identitari e, quindi, le realtà culturali che li preservano, adeguandosi alle nuove esigenze economico-sociali, possano costituire, nel concreto, la scelta contrastiva di qualità. Le diversità locali e i relativi saperi, in quanto specificità economico-sociali delle varie aree, da intendere come patrimoni ambientali e socio-culturali, di fatto, costituiscono valore aggiunto, in quanto marchi di qualità e genuinità di origine controllata. I prodotti di nicchia, se valorizzati e tutelati adeguatamente, nell'attuale sistema di economia di massa costituiscono polo di attrazione per ampie fette di mercato interessate soprattutto alla qualità; è in tale prospettiva, appunto, che bisognerebbe orientare l'industria turistica sarda, proiettandola verso obiettivi di qualità, così come avviene in altri contesti dell'area mediterranea.

Per raggiungere gli obiettivi fin qui considerati vi è l'esigenza di disporre di risorse stabili nel tempo, anche al fine di consentire agli operatori del settore di dedicarsi con fiducia e serenità ai loro compiti specifici. Ci si è dunque proposti di dare vita ad una normativa che metta in primo piano il tema della programmazione regionale, il finanziamento di progetti sottoposti a precisa valutazione e l'organizzazione di percorsi formativi per profili professionali atti a svolgere le funzioni tipiche del settore. Tale impostazione appare ormai improcrastinabile in quanto consente, da un lato, di superare la parcellizzazione inorganica ed improduttiva dei contributi, dall'altro di porre in inscindibile correlazione obiettivi e risorse, finalizzandoli entrambi all'incremento della qualità della spesa. A tal fine è stata prevista la predisposizione del "Documento di programmazione regionale per la tutela e la valorizzazione delle tradizioni popolari", che va ad inserirsi in modo organico nell'ambito dell'attività di programmazione del Governo regionale, nonché l'istituzione di un Comitato regionale, quale strumento tecnico della Giunta regionale con funzioni consultive; nel contempo il ricorso a professionalità specifiche, inserite in un albo regionale dei revisori per la valutazione dei progetti, costituisce una garanzia di neutralità e concretizza la volontà politica di premiare qualità ed efficacia progettuale.

In tale ottica, il quadro degli strumenti operativi è stato completato con l'Osservatorio regionale delle tradizioni popolari cui, oltre alla predisposizione dell'albo regionale dei soggetti pubblici e privati che operano negli ambiti delle tradizioni popolari, sono attribuiti compiti di monitoraggio, di indagine e di analisi.

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TESTO DEL PROPONENTE

 

Capo I
Principi e finalità

Art. 1
Finalità

1. La Regione riconosce e tutela le tradizioni popolari della Sardegna, di seguito denominate tradizioni popolari, nelle loro diverse espressioni, come parte fondamentale del proprio patrimonio storico-culturale e ne valorizza il ruolo di promozione culturale, conoscenza storica del territorio e di sviluppo di forme di turismo compatibile.

2. La Regione promuove, anche attraverso finanziamenti in favore dei soggetti pubblici e privati operanti nel settore, i processi di rifunzionalizzazione delle tradizioni popolari, affinché si preservino vitali e funzionali al rafforzamento dell'identità culturale regionale.

 

Art. 2
Documento di programmazione regionale
per la tutela e la valorizzazione
delle tradizioni popolari

1. La Regione, per il perseguimento delle finalità della presente legge, elabora il Documento di programmazione regionale per la tutela e la valorizzazione delle tradizioni popolari, di seguito definito Documento di programmazione.

2. Il Documento di programmazione è approvato dalla Giunta regionale su proposta dell'Assessore regionale competente, acquisiti i pareri del Comitato regionale per la tutela e la valorizzazione delle tradizioni popolari di cui all'articolo 3 e della competente Commissione consiliare, che si esprime entro venti giorni dall'assegnazione del Documento, trascorsi i quali se ne prescinde.

3. Il Documento di programmazione è redatto sulla base dei rapporti annuali sulle tradizioni popolari elaborati dall'Osservatorio regionale delle tradizioni popolari di cui all'articolo 4.

4. Il Documento di programmazione contiene:
a) gli obiettivi da perseguire nel triennio, in coerenza con le finalità generali della presente legge;
b) il riparto annuale delle risorse finanziarie da destinare agli interventi, distinto per i singoli comparti delle tradizioni popolari;
c) le direttive e i termini annuali per la presentazione dei progetti da parte dei soggetti interessati e per la concessione, l'erogazione e la revoca dei contributi;
d) i principi generali di valutazione dei progetti presentati;
e) le direttive d'attuazione della presente legge.

5. Per l'esame della corrispondenza dei progetti presentati ai criteri fissati dal documento di programmazione e per la valutazione degli stessi, l'Assessorato regionale competente si serve di revisori esterni che operano secondo criteri e metodologie fissati dal medesimo Assessorato. I revisori sono scelti da un albo regionale dei revisori per le tradizioni popolari, composto da professori universitari ordinari italiani e stranieri del settore scientifico disciplinare demoetnoantropologico (M-DEA/01), da istituirsi con decreto del Presidente della Regione, e nominati annualmente dall'Assessore regionale competente.

6. Il Documento di programmazione ha durata triennale ed è predisposto entro i primi sei mesi dall'entrata in vigore della presente legge; esso è articolato in piani di intervento annuali.

 

Art. 3
Comitato regionale per la tutela e la
valorizzazione delle tradizioni popolari

1. É istituito, presso l'Assessorato regionale competente, il Comitato regionale per la tutela e la valorizzazione delle tradizioni popolari, strumento tecnico della Giunta regionale con funzioni consultive, di seguito definito Comitato.

2. Il Comitato di cui al comma 1, svolge le seguenti funzioni:
a) fornisce pareri e formula proposte sul Documento di programmazione di cui all'articolo 2;
b) si esprime in merito alla formulazione dei criteri di ammissione ai finanziamenti regionali.

3. Il Comitato, istituito entro novanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge, rimane in carica per tre anni dal suo insediamento. La nomina dei componenti e le modalità di funzionamento sono stabilite con deliberazione della Giunta regionale.

4. Il Comitato è presieduto dall'Assessore regionale competente o da un suo delegato, con profilo non inferiore a dirigente, ed è composto dai seguenti soggetti:
a) due professori ordinari titolari di cattedra nelle università della Sardegna nel settore scientifico disciplinare demoetnoantropologico (M-DEA/01);
b) tre rappresentanti dei docenti scolastici, di cui uno in rappresentanza della scuola primaria, uno della scuola secondaria di primo grado e uno della scuola secondaria di secondo grado;
c) tre rappresentanti delle associazioni folkloriche regolarmente affiliate a federazioni nazionali.

 

Art. 4
Osservatorio regionale delle
tradizioni popolari

1. Entro novanta giorni dall'entrata in vigore della presente legge è istituito l'Osservatorio regionale delle tradizioni popolari, di seguito definito Osservatorio.

2. L'Osservatorio svolge le seguenti funzioni:
a) esegue il censimento degli organismi operanti nel settore;
b) esegue il censimento delle strutture utilizzabili;
c) elabora un rapporto annuale sulle tradizioni popolari, finalizzato alla valutazione dell'andamento del settore e dell'efficacia degli interventi regionali; i rapporti annuali relativi ad un triennio costituiscono parte integrante del Documento di programmazione di cui all'articolo 2, al fine di garantire la continuità tra risultati conseguiti e obiettivi programmati;
d) provvede ad istituire un archivio, che raccoglie i dati e le informazioni inerenti le tradizioni popolari; tale archivio è costantemente aggiornato e posto a servizio degli operatori del settore e del mercato turistico;
e) provvede a creare sul portale della Regione uno specifico sito dedicato alle tradizioni popolari, nell'ambito del quale sono:
1) pubblicizzate le attività e le iniziative, ivi comprese quelle formative, concernenti le tradizioni popolari;
2) resi pubblici i progetti e gli interventi finanziati dalla Regione;
f) predispone l'Albo dei soggetti pubblici e privati che operano negli ambiti delle tradizioni popolari.

3. Le modalità di funzionamento e di costituzione dell'Osservatorio sono stabilite con deliberazione della Giunta regionale.

4. I destinatari dei finanziamenti regionali collaborano alle attività dell'Osservatorio mediante la fornitura di dati e informazioni.

 

Art.5
Albo regionale

1. La Regione istituisce l'albo regionale dei soggetti, pubblici e privati, che operano negli ambiti delle tradizioni popolari. Tale albo, distinto per settori, è finalizzato alla tutela e alla valorizzazione delle competenze che caratterizzano tutti i comparti delle tradizioni popolari. L'iscrizione all'albo costituisce un requisito di accesso privilegiato ai finanziamenti e contributi regionali.

2. Le modalità ed i requisiti per l'iscrizione all'albo, sono fissati con deliberazione della Giunta regionale, su proposta dell'Assessore regionale competente, sentito il parere del comitato di cui all'articolo 3 e della Commissione consiliare competente.

 

Art.6
Tipologie dell'intervento regionale

1. Gli obiettivi specificati nel Documento di programmazione di cui all'articolo 2, sono perseguiti mediante il concorso della Regione alle spese correnti di soggetti pubblici e privati operanti nel settore, derivanti dalle seguenti attività:
a) produzione e distribuzione di ricerche, iniziative, manifestazioni, attività culturali e studi realizzati da soggetti che operano in forma stabile sul territorio regionale, nel rispetto dei contratti collettivi nazionali di lavoro degli specifici settori in cui essi agiscono;
b) iniziative di formazione realizzate nelle scuole di ogni ordine e grado e nelle università della Sardegna;
c) organizzazione nel territorio regionale, nel continente e all'estero di manifestazioni, convegni scientifici, seminari di studio e rassegne;
d) iniziative di formazione di specialisti, operatori e ricercatori universitari del settore scientifico disciplinare demoetnoantropologico (M-DEA/01);
e) iniziative finalizzate alla promozione della ricerca;
f) iniziative per la formazione di giovani operatori nei diversi settori delle tradizioni popolari;
g) iniziative finalizzate a favorire i confronti con altre esperienze nazionali ed internazionali;
h) iniziative in favore delle pari opportunità e dell'imprenditoria giovanile e delle attività e manifestazioni culturali in cui le tradizioni popolari costituiscono immagine emblematica dell'identità culturale della Sardegna e forte attrazione di flussi turistici;
i) iniziative di partenariato, gemellaggio e consorzi;
j) iniziative di promozione volte a favorire il processo di rinfuzionalizzazione delle tradizioni popolari;
k) ogni altra iniziativa volta a promuovere lo sviluppo dei diversi settori che rientrano nell'ambito della presente legge.

2. La Regione concede contributi a soggetti pubblici e privati per spese di investimento derivanti dalle seguenti attività:
a) acquisto, allestimento, restauro, adeguamento, qualificazione di sedi e attrezzature destinate alle attività di tutela e valorizzazione delle tradizioni popolari;
b) interventi di innovazione tecnologica utili alla tutela e alla valorizzazione delle tradizioni popolari.

3. La Regione, al fine di favorire l'imprenditoria giovanile e le pari opportunità, contribuisce tramite forme di credito agevolato o con la costituzione di fondi di garanzia finalizzati ad agevolare l'accesso al credito bancario dei soggetti pubblici e privati operanti nel settore.

4. L'intervento regionale si attua esclusivamente a seguito di:
a) presentazione di progetti articolati secondo le tipologie del presente articolo;
b) sottoscrizione di convenzioni con soggetti pubblici e privati.

 

Art. 7
Modalità di erogazione dei contributi

1. Con il Documento di programmazione di cui all'articolo 2, la Giunta regionale stabilisce le modalità di richiesta dell'intervento regionale, i criteri e le priorità per la concessione, l'erogazione e la revoca dei contributi. L'entità dei contributi è determinata nel piano di intervento annuale in funzione della disponibilità di bilancio; contestualmente vengono fissati i termini di presentazione delle richieste. La comunicazione dell'accettazione della richiesta avviene entro sessanta giorni dalla data della presentazione.

2. I contributi di cui all'articolo 6, comma 1, sono erogati nella misura del 50 per cento entro trenta giorni dall'approvazione della richiesta; la somma residua è liquidata ad avvenuta esecuzione delle attività per le quali il contributo è stato concesso, secondo le modalità indicate dal Documento di programmazione di cui all'articolo 2, entro sessanta giorni dall'avvenuta rendicontazione.

3. I contributi di cui all'articolo 6, comma 2, sono concessi in conto capitale fino ad un massimo del 50 per cento della spesa ammissibile per i soggetti privati e del 70 per cento della spesa ammissibile per i soggetti pubblici, con le modalità ed i tempi di cui al comma 2. Il limite massimo di spesa è stabilito nel Documento di programmazione di cui all'articolo 2.

 

Art. 8
Norma transitoria

1. Ai procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della presente legge, e sino alla loro conclusione, continuano ad applicarsi le leggi regionali previgenti.

 

Art. 9
Norma finanziaria

1. Agli oneri derivanti dall'attuazione della presente legge, pari a euro 2.000.000 annui a decorrere dall'anno 2010, si fa fronte con quota parte delle entrate proprie della Regione ai sensi dell'articolo 8 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 (Statuto speciale per la Sardegna), come modificato dall'articolo 1, comma 834, della legge 27 dicembre 2006, n. 296 (legge finanziaria 2007).

 

Art. 10
Entrata in vigore

1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione nel Bollettino ufficiale della Regione autonoma della Sardegna (BURAS).