CONSIGLIO REGIONALE DELLA SARDEGNA
XIV LEGISLATURA

PROPOSTA DI LEGGE N. 185

presentata dai Consiglieri regionali

VARGIU - COSSA - DEDONI - FOIS - MELONI Francesco - MULA

il 6 agosto 2010

Legge per la Sardegna: Nuraghe e il mito di Atlante

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RELAZIONE DEI PROPONENTI

È fuori dubbio che l'aulica storia della Sardegna rappresenti un essenziale momento identitario del nostro popolo e, contemporaneamente, una solida base su cui fondare oggi attività di promozione della conoscenza, della cultura e delle tradizioni della Sardegna.

Anche per questo la Regione autonoma della Sardegna ha sempre dichiarato di promuovere in tutti i modi la valorizzazione del suo patrimonio storico, mirando ad individuare tutti gli elementi di contesto che concorrono a garantire la piena percezione degli eventi sui quali, nei secoli, è stato costruito il percorso di civilizzazione dell'Isola.

Tuttavia, come spesso accade, è sicuramente più agevole ricostruire i periodi storici relativamente più recenti, per i quali c'è abbondanza di riscontri documentali e di elementi di connessione con altre realtà geopolitiche, piuttosto che indagare sui fatti e le vicende di un passato molto più lontano.

Ne consegue che oggi possiamo vantare una discreta conoscenza della civiltà punica e fenicia, della dominazione romana e del ruolo che le popolazioni isolane hanno assunto nel contesto storico geografico di quei periodi.

Altrettanto copiosa è l'attività scientifica rivolta all'epoca giudicale e medioevale e quella rivolta all'epoca moderna e al Regno di Sardegna, dettagliatamente studiato e interpretato anche grazie alla copiosità della documentazione disponibile.

Perché una simile premessa?

Perché questa pur veloce riflessione ci aiuta a capire alcuni dei motivi per cui, nell'immaginario collettivo dei sardi, l'età prenuragica e nuragica non hanno mai raggiunto una collocazione adeguata all'effettiva rilevanza che tale periodo ha rappresentato per la storia della Sardegna.

Ai sardi succede di essere talmente abituati a convivere con quelle strane costruzioni a tronco di cono, diffusissime nella nostra Isola (ma altrettanto poco conosciute), da considerarle quasi scontate e immeritevoli di ulteriori attenzioni, dimenticando che i nuraghi rappresentano sicuramente l'elemento iconografico più significativo e caratterizzante della nostra ultramillenaria cultura.

Ma quanti sono i nuraghi sardi?

A quale epoca risalgono?

A cosa servivano?

Qual'era il criterio della loro distribuzione territoriale?

Dove erano preferenzialmente ubicati?

Quando è iniziata e come è terminata la civiltà nuragica?

Da dove provenivano le popolazioni di quel periodo?

Quale cultura, tradizione ed economia avevano?

Qual'era il rapporto tra la nostra Isola e le altre etnie mediterranee?

È vero che esisteva un articolato sistema di porti, approdi e nuraghi costieri?

Gli estensori della presente proposta di legge sono convinti che, se tali domande venissero sottoposte ad un campione statisticamente significativo di nostri conterranei, le risposte sarebbero stupefacenti per eterogeneità e deficit di conoscenza.

Per contro, siamo invece convinti che una parte degli intervistati sarebbe in grado di parlare più agevolmente delle influenze puniche, romane o spagnole, che pur rappresentando un episodio meno centrale della nostra storia, hanno paradossalmente sempre avuto maggior impatto nella conoscenza diffusa.

Stesso discorso vale per le vicende della fase giudicale che, benché largamente contestualizzate nel periodo storico di riferimento, sono state sempre enfatizzate per valorizzare il loro significato in termini di innovazione e autonomia per la nostra società.

Troppo spesso noi sardi ci dimentichiamo che gli aspetti più originali ed identitari della nostra civiltà si individuano compiutamente nell'età prenuragica e nuragica e che i tanti quesiti irrisolti che oggi comprimono la corretta divulgazione scientifica e la valorizzazione dello straordinario patrimonio storico espresso in quei tempi possono rappresentare un'affascinante sfida dai mille risvolti inesplorati.

Al di là di qualsiasi facile ironia, in quale altro modo spiegare la battuta sui nuraghi di una personalità della cultura e dell'autorevolezza del Presidente del Consiglio il quale, nel corso di una sua recente visita in Sardegna, ha ipotizzato che tali costruzioni svolgessero la funzione di magazzini?

Se persino il Presidente del Consiglio conosce tanto poco della storia nuragica della Sardegna, non dobbiamo stupirci se moltissimi sardi non ne hanno ben compreso il reale valore e se, al di là dei confini dell'Isola, pochissimi hanno presente il ruolo che la Sardegna svolgeva, a quei tempi, nell'ambito dell'intero bacino mediterraneo.

La presente proposta di legge nasce anche e soprattutto da queste considerazioni, forse elementari, ma non del tutto banali.

Noi proponenti siamo infatti convinti che sulla civiltà nuragica esista oggi un deficit di conoscenza e di consapevolezza che colpisce innanzi tutto gli stessi sardi.

Se, infatti, proprio noi siamo propensi a considerare ovvia, scontata e quindi immeritevole di ulteriori approfondimenti, quella parte di storia che appartiene al prenuragico e nuragico, come meravigliarci se lo stesso atteggiamento di scarsa curiosità culturale, se non addirittura di completa ignoranza, è altrettanto forte fuori dai confini della nostra Isola?

Se noi sardi sappiamo tutto di Eleonora d'Arborea o di Carlo V, ma poi liquidiamo frettolosamente il periodo più significativo ed unico della nostra storia, come possiamo meravigliarci se oltre il Tirreno è modesta ogni forma di curiosità verso ciò per cui noi stessi manifestiamo scarsa attenzione o addirittura disinteresse?

Sarebbe come se gli egiziani volessero enfatizzare il periodo della dominazione di Alessandro Magno e successivamente dell'impero romano, dimenticandosi delle dinastie faraoniche e delle piramidi.

Se entrassimo nel negozio di un gioielliere determinati ad acquistare a qualunque prezzo il gioiello più prestigioso, cosa dovremmo pensare di un commerciante che ci mostra pietre belle, ma simili a quelle della concorrenza e dimentica, in cassaforte la sua gemma di maggior pregio?

La conferma del nostro atteggiamento "tiepido" nei confronti della protostoria sarda si rinviene, peraltro, nelle significative parole di Antonio Simon Mossa, uno dei padri storici del "sardismo" il quale, pochi anni prima della sua scomparsa avvenuta a metà degli anni settanta, così scriveva: "Non credo affatto che noi Sardi abbiamo una qualsiasi idea della storia di questo paese. Non abbiamo mai fatto cose positive per la nostra terra. Abbiamo la testa piena delle "glorie romane" di "pace romana" di "giustizia romana" e di tutto quanto spiegano malamente le cosiddette scuole umanistiche. Di quest'isola non ne sappiamo niente. La nostra storia è stata fatta da altri. La nostra personalità non è minimamente intervenuta. La nostra ignoranza è la causa del disprezzo verso tutto ciò che è nostro.".

I testi scolastici della nostra giovinezza, che descrivevano con minuzia i fatti e le vicende dell'antica Roma, nulla riportavano sul significato di un nuraghe e tanto meno di una "domu de jana" o di una tomba di giganti.

Ma persino oggi che le autonomie scolastiche consentono un'ampia elasticità nei programmi di studio, abbiamo forse la percezione che i nostri studenti abbiano un'adeguata conoscenza della funzione svolta a quei tempi da tali strutture megalitiche e da coloro che le avevano edificate?

Analogamente, nei progetti di tutela e di promozione dei beni artistici, culturali e paesaggistici dei comuni e delle province, si ha forse la sensazione che ci sia un'attenzione particolare per il periodo nuragico?

E la stessa opinione pubblica che, soltanto per non allontanarci dal capoluogo, avvia un dibattito intenso ed appassionato sulle tombe puniche di Tuvixeddu e sul riuso dell'anfiteatro romano, o addirittura sulle scale mobili per il quartiere Castello e sulla tutela di un palazzo spagnolo diroccato (Portico Laconi, sempre a Cagliari), l'abbiamo mai percepita esporsi appassionatamente durante un dibattito che avesse come oggetto la conservazione o la valorizzazione dei siti nuragici?

Alla fine questa atmosfera culturale ha permeato le stesse attività della Regione autonoma della Sardegna, attentissima a sostenere finanziariamente i percorsi delle Città regie, Sa Die de sa Sardigna, i restauri spagnoli e pisani ed il recupero delle tradizioni etniche, meno determinata nel passare dalle parole ai fatti quando si è trattato di sostenere interventi strutturali e organici per la valorizzazione della nostra gloriosa protostoria.

Vero è che più volte, su estemporanee pressioni di qualche sindaco o della stessa Sovrintendenza, la Regione sarda ha finanziato l'ennesimo "primo lotto" della campagna di scavi di un nuovo sito, che magari porta a scoperte straordinarie; ma è altrettanto vero che gli stessi ritrovamenti, in attesa degli incentivi pubblici indispensabili per completare le ricerche, sono spesso destinati al dimenticatoio, quando non al sistematico saccheggio.

Ne sono esempio alcuni tra i nostri monumenti megalitici più prestigiosi già scavati, come Su Nuraxi di Barumini e l'Arrubiu di Orroli, per lunghi anni abbandonati all'incuria del tempo e dei tombaroli, fino a che la loro straordinaria rilevanza storico culturale ha addirittura imposto che l'Unesco dichiarasse patrimonio dell'umanità almeno uno di essi.

Analoghi problemi soffocano i musei archeologici nostrani, che scontano croniche carenze di risorse finanziarie ed organizzative, ma anche la diffusa indifferenza degli stessi sardi che rinunciano al proprio ruolo naturale di primi promotori della conoscenza della propria storia.

Da questo quadro sconsolante va ovviamente estrapolato quel manipolo di studiosi della materia, sardi e non sardi, il cui capofila è sicuramente il professor Giovanni Lilliu, che da anni si battono, spesso inascoltati, per ottenere la dovuta e necessaria attenzione.

Ma senza un reale sostegno economico ed un preciso disegno strategico non si va da nessuna parte: la valorizzazione della nostra protostoria, percepita anche come attrattore di interesse e conseguentemente come volano di crescita economica, non può essere demandata alla buona volontà di pochi accademici e di qualche appassionato.

La presente proposta di legge si pone dunque l'obiettivo di favorire e sviluppare la ricerca sul periodo prenuragico e nuragico, dandole metodo, risorse economiche e obiettivi chiari, senza tuttavia trascurare l'approfondimento delle affascinanti teorie che si connettono all'antica storia della Sardegna, che riteniamo capaci di determinate impatti mediatici che potrebbero essere positivamente "dirompenti".

A questo proposito occorre anteporre un distinguo a cui far seguire alcune considerazioni.

Siamo perfettamente consapevoli e concordi sul primato della ricerca scientifica pura rispetto agli aspetti di sviluppo comunque collegati, ma è altrettanto vero che i miti e le leggende che in diversa maniera si accompagnano alla storia rappresentano indubbiamente un formidabile attrattore di interessi turistici ed economici.

Si tratta di opportunità che in tutto il mondo non vengono mai banalizzate e tanto meno disperse, mentre da noi sono, di regola, tacciate di eresia.

Basterebbe riflettere sulle decine di migliaia di turisti che giungono a Stonehenge, in Inghilterra, ad ammirare un sito megalitico risalente al 3100 a.C. e propagandato come "calendario solare", senza che mai nessuno abbia "gridato allo scandalo" per le sue pietre, erette nella posizione attuale in tempi relativamente recenti.

Né ci sono state polemiche quando il governo spagnolo ha recentemente avviato costose ricerche finalizzate all'individuazione di Tartesso (il biblico emporio dei metalli) e per converso della mitica terra di Atlante al largo delle coste di Cadice.

Eppure è evidente a tutti che, al di là dello scopo storico scientifico, si tratta di interventi tutti finalizzati anche al rilancio turistico delle nazioni interessate, estremamente salutare nell'attuale periodo di recessione economica globale.

Perché allora noi sardi non dovremmo cavalcare la teoria, ormai peraltro largamente prevalente, che ha visto traslare le mitiche Colonne d'Ercole dallo stretto di Gibilterra al braccio di mare compreso tra la Sicilia e la Tunisia?

L'affermazione di tale tesi, accettata anche dal nostro massimo archeologo, il professor Giovanni Lilliu, consentirebbe di rivalutare il ruolo assunto dalla Sardegna nella storia del Mediterraneo antico.

E più ancora, conferirebbe crescente credito alle nuove stimolanti ipotesi sulla scomparsa della civiltà di Atlantide, che un'importante scuola di pensiero, con a capo il giornalista e studioso Sergio Frau, colloca nell'Isola di Sardegna.

Senza voler in alcun modo pretendere di entrare nel merito scientifico dell'ipotesi, non c'è dubbio che il solo ingresso della Sardegna tra le "pretendenti al trono di Atlantide" sarebbe probabilmente in grado di attivare un processo mediatico straordinario ed estremamente salutare per la nostra asfittica economia turistica, che da tempo immemorabile va ricercando adeguate soluzioni alle proprie esigenze di destagionalizzazione e di riequilibrio territoriale.

È evidente che potremmo così trarre enormi benefici non solo dalla valorizzazione del nostro sterminato patrimonio megalitico, ma anche dalle affascinanti storie che accompagnano la nostra arcaica civiltà.

D'altro canto, nella moderna comunicazione, il mito e la leggenda non sono certo tabù da esorcizzare, ma straordinarie opportunità da cogliere, come confermano le numerosissime esplorazioni alla ricerca di Atlantide, tutte lautamente finanziate da varie nazioni ed ampiamente propagandate sui canali televisivi e sulle riviste scientifiche.

Chiunque riuscisse a trovare elementi di validazione scientifica nella sua identificazione con Tartesso ed Atlantide, avrebbe conferito un valore aggiunto di "brand" pressoché inestimabile alla propria terra fortunata.

Va dunque sottolineato come soltanto l'ipotesi di un collegamento tra la civiltà nuragica e quella dell'Isola di Atlante rappresenti un'opportunità comunicativa per la Sardegna dal valore aggiunto incalcolabile.

A tale proposito, non è superfluo ricordare come uno dei problemi fondamentali del marketing del prodotto Sardegna sia conseguente alla asimmetria di giudizio sulla percezione del valore del bene Sardegna tra i sardi e i non sardi.
Noi tutti siamo profondamente convinti di vivere nel posto più bello del mondo, dove si producono le cose più buone, per cui la nostra offerta non può che essere la migliore.

Abbiamo anche il convincimento che questa nostra percezione sia condivisa ed ampiamente diffusa oltre i confini dell'Isola, per cui reputiamo quasi superflua l'esigenza di promuovere adeguatamente la destinazione Sardegna e i nostri prodotti (da quelli dell'agro-alimentare a quelli dell'artigianato), che sono assiomaticamente "di qualità senza pari" per il solo motivo che "sono sardi".

In realtà, queste considerazioni (per cui sardo significa sempre eccezionalmente bello e buono) sono vere soltanto in piccola parte e, riferite al comparto turistico, valgono forse per le nostre coste limitatamente ai periodi di alta stagione, luglio e agosto, ma non certamente per gli altri mesi dell'anno e tanto meno per l'anemica industria turistica delle aree interne.

Allo stesso modo, è vero che le nostre produzioni tipiche sono apprezzate dai mercati di nicchia, ma è altrettanto vero che un'economia incentrata esclusivamente su tali mercati è sicuramente insostenibile.

In realtà dobbiamo invece ammettere che, oltre i confini nazionali, la nostra Isola è assai poco conosciuta: magari è più conosciuta la Costa Smeralda, sebbene tanti ignorino che si trova in Sardegna!

La conquista di nuove fasce di mercato è dunque identica anche nel settore turistico e della produzione di qualità e presenta grandi difficoltà in assenza di un marchio che non sia soltanto universalmente conosciuto, ma che sia anche considerato differente e distinguibile dagli altri.

Come sperare di vendere gli spettacoli naturali del Golgo, dei Tacchi d'Ogliastra o dei Murales di Orgosolo a chi non ne conosce l'esistenza?

Come avere la pretesa di avere vantaggi competitivi nella commercializzazione dell'olio della Sardegna, dello zafferano della Sardegna, dei coltelli della Sardegna, in assenza di quel marchio Sardegna che invece conferirebbe alle nostre produzioni l'indispensabile e valore aggiunto?

Se si proponesse un ipotetico olio dell'Isola di Pasqua, nell'immaginario collettivo tale prodotto verrebbe immediatamente ed universalmente associato alle grandi statue, i Mohai, che hanno reso quell'isola famosa nel mondo ed analogamente accadrebbe se a Stonehenge decidessero di promuovere la salsiccia prodotta dagli allevamenti suini locali.

È allora evidente che un'azione legislativa della Regione sarda rivolta a sostenere le iniziative di studio e di valorizzazione dell'età prenuragica e nuragica consentirebbe in primo luogo di accendere le luci della ribalta sul nostro più importante periodo storico, producendo peraltro nuove e salutari informazioni scientifiche, in grado di far crescere la specifica consapevolezza dei sardi.

Ma soprattutto favorirebbe l'approfondimento di diversi aspetti culturali, oggi ancora in ombra, che potrebbero a loro volta favorire il processo di caratterizzazione dell'immagine della Sardegna, connessa al suo patrimonio storico-mitologico, agevolando a dismisura la nostra capacità di proporre correttamente il prodotto turistico integrato Sardegna.

In altre parole, un investimento della Regione sarda indirizzato alla sua protostoria, non rivestirebbe un valore esclusivamente filologico, archeologico ed identitario, ma consentirebbe una più corretta caratterizzazione dell'immagine complessiva dell'Isola, determinando ricadute economiche certamente impensabili, se paragonate a qualsiasi altra campagna pubblicitaria meramente comunicativa.

La eventuale validazione scientifica di aspetti mitico-leggendari, primo fra tutti quello legato alla identificazione della nostra terra con l'Isola di Atlante, avrebbero un valore mediatico di cui è persino difficile cogliere le potenzialità connesse con lo sviluppo economico e prefigurerebbe nuove situazioni davvero esplosive, in grado da sole di modificare gli scenari della crescita economica della Sardegna.

In definitiva, la presente proposta di legge si pone senz'altro il traguardo di sostenere la ricerca scientifica indirizzata al periodo prenuragico e nuragico, collaborando attivamente con le sovrintendenze, finanziando adeguatamente il mondo della ricerca, rivalutando la rete museale, consentendo un censimento complessivo delle emergenze archeologiche, mettendo in rete le informazioni ed ipotizzando il sistema migliore di valorizzazione e riutilizzazione dei siti, da restituire alla pubblica disponibilità.

Ma, in realtà, il disegno complessivo è assai più ambizioso.

L'obiettivo che ci poniamo è infatti quello di trasferire nel sentimento collettivo dei sardi la consapevolezza di quanto sia stato importante il periodo nuragico per la nostra civiltà e quali possano essere i benefici economici e sociali conseguenti alla valorizzazione del patrimonio identitario connesso a tale periodo.

Attraverso la presente proposta di legge, vogliamo proporre un percorso di crescita di conoscenza che passa sicuramente attraverso un diverso apprendimento della storia sarda nelle aule scolastiche, ma anche tramite il coinvolgimento intellettuale ed emotivo della nostra classe dirigente, chiamata ad assecondare e potenziare ogni concreta iniziativa in tale direzione, nella consapevolezza che la sua utilità non si limita al solo versante culturale.

Siamo infatti assolutamente convinti che lo sviluppo economico della nostra terra sarebbe fortemente favorito dalla disponibilità di un marchio di riconoscimento che consenta di caratterizzare qualsiasi offerta proveniente dalla nostra Isola. Un marchio che qualifichi l'intero nostro prodotto turistico integrato Sardegna, trasformandosi in un vero e proprio bollino di riconoscimento da applicarsi a tutto ciò che di materiale e immateriale proviene dall'Isola, permettendone l'immediata identificazione e la percezione del carattere di assoluta unicità.

In tal senso le civiltà prenuragica e nuragica rappresentano un formidabile elemento di diversificazione, idoneo a conferire uno speciale "appeal" a tutto ciò che proviene dalla nostra terra. NUR.AT. rappresenta l'occasione di tradurre le buone intenzioni in azioni concrete.

Attraverso NUR.AT. è possibile avviare un processo virtuoso che consenta di studiare, approfondire e diffondere tutti gli elementi di conoscenza collegati alla nostra protostoria, che rendano universalmente forte ed identificabile l'immagine della Sardegna.

Sfruttando sino in fondo tutte le affabulazioni legate al fascino misterioso e straordinario dei miti e delle leggende della civiltà nuragica e, in particolare, approfondendo ogni elemento che può collegarla alla storia dell'Isola di Atlante.

Siamo convinti che per il futuro dei sardi lo studio dei nuraghi non sia soltanto un fortissimo interesse storico e archeologico.

Non crediamo che sia in gioco soltanto la possibilità di avere qualche sito nuragico fruibile in più, né di avere qualche museo tematico in più.

E neppure stiamo soltanto discutendo dell'opportunità di dare ai sardi una consapevolezza forte delle proprie radici di popolo.

Certo, tutti questi elementi sono presenti e determinanti.

Ma la nostra scommessa compendia tutte queste necessità e va sicuramente oltre.

La nostra sfida mira alla condivisione strategica che tra gli interessi fondamentali della Sardegna di oggi c'è quello di valorizzare la sua più importante peculiarità unica e straordinaria di ieri.

L'affascinante civiltà nuragica, sopra la quale può essere costruita una narrazione mitologica che tra la storico e il fantastico può arrivare sino all'Isola di Atlante.

E, se ne saremo capaci, può conferire alla nostra Isola, e a tutto ciò che alla nostra Isola è riconducibile, il valore aggiunto del marchio visibile e riconoscibile che sinora le è mancato e che può rappresentare il più straordinario volano di crescita nei prossimi anni per tutta la nostra economia e la nostra società.

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TESTO DEL PROPONENTE

 

Art. 1
Oggetto

1. La Regione autonoma della Sardegna realizza ogni possibile azione di valorizzazione della unicità della civiltà prenuragica e nuragica, riconoscendo a tale attività una complessiva valenza strategica per lo sviluppo sociale ed economico della Sardegna.

 

Art. 2
Costituzione del NUR.AT.

1. A tal fine la Regione autonoma della Sardegna costituisce l'istituto senza fini di lucro denominato NUR.AT. (Nuraghe e il mito di Atlante), a cui è affidato il compito di porre in essere tutti gli atti finalizzati al raggiungimento degli obiettivi di studio e catalogazione delle conoscenze sulla civiltà prenuragica e nuragica; di classificazione, ricerca, messa in rete e riutilizzo dei siti e dei presidi museali; di promozione e marketing, nazionale e internazionale, dell'offerta turistica integrata connessa al patrimonio protostorico della Sardegna.

 

Art. 3
Procedure d'istituzione

1. L'istituto NUR.AT. è costituito ai sensi del Codice civile ed è guidato da un direttore generale, nominato dalla Giunta regionale su proposta dell'Assessore regionale del turismo, artigianato e commercio, entro centoventi giorni dall'approvazione della presente legge.

2. Entro trenta giorni dall'entrata in vigore della presente legge la Giunta regionale, su proposta dell'Assessore regionale del turismo, artigianato e commercio e d'intesa con l'Assessore regionale della pubblica istruzione, beni culturali, informazione, spettacolo e sport, delibera la nomina di un commissario, con l'incarico di promuovere la costituzione dell'istituto, predisponendone lo statuto e svolgendone le funzioni sino all'insediamento degli organi.

3. Lo statuto dell'istituto è approvato con deliberazione della Giunta regionale e prevede l'inserimento e coinvolgimento, nei suoi organi, di soggetti pubblici e privati interessati agli obiettivi della legge.

 

Art. 4
Piano triennale d'interventi

1. L'istituto NUR.AT., attraverso il suo direttore generale, redige un piano triennale di interventi che viene sottoposto all'approvazione della Giunta regionale.

2. All'interno del piano sono previste le seguenti azioni:
a) attivazione di rapporti di collaborazione con gli organismi universitari, con le sovrintendenze, con gli enti locali, con esperti e studiosi della materia, tesi ad approfondire i temi correlati alla civiltà prenuragica e nuragica ed alle interconnessioni al tempo esistenti con le altre civiltà mediterranee;
b) redazione di un programma volto a favorire, anche ai fini turistici, le campagne di scavi e ricerca dei siti nuragici e del sistema dei porti e degli approdi costieri, da finanziarsi attraverso fondi regionali, nazionali e comunitari;
c) censimento dei siti nuragici presenti in Sardegna e realizzazione delle relative cartografie aggiornate;
d) censimento dei toponimi presenti in Sardegna e loro catalogazione;
e) attivazione di una rete informatica, finalizzata, a rendere disponibili online tutte le notizie e gli approfondimenti utili, riferiti al periodo prenuragico e nuragico, ivi comprese le "news" riferite agli stati di avanzamento delle campagne di scavo ed eventuali scoperte;
f) redazione di un piano di tutela e sorveglianza dei siti nuragici e di prevenzione dalle attività di spoliazione;
g) valorizzazione della rete museale riferita alla protostoria isolana e potenziamento della sua attuale fruibilità;
h) individuazione e realizzazione di sistemi innovativi di promozione e diffusione delle conoscenze storiche e mitologiche relative al periodo prenuragico e nuragico, anche a livello scolastico;
j) promozione della rete dei siti prenuragici e nuragici, attraverso manifestazioni pubbliche che ne consentano l'utilizzo e la fruizione fisica;
k) studio, ricerca e valorizzazione dei rapporti tra la Sardegna nuragica e l'Isola di Atlante;
l) studio, affidamento o realizzazione diretta, anche in collaborazione con gli altri soggetti istituzionali interessati, di attività di promozione, di pubblicizzazione e di marketing, finalizzate alla diffusione delle suggestioni legate alla protostoria sarda e ai suoi legarmi con l'Isola di Atlante;
m) creazione e promozione di un network di prodotti tipici sardi, strettamente collegato al "brand" nuragico.

 

Art. 5
Programma annuale di comunicazione

1. L'istituto NUR.AT., d'intesa con l'Assessorato regionale del turismo, artigianato e commercio, predispone annualmente un programma, conforme al piano triennale adottato dalla Giunta regionale, volto ad individuare le azioni promo-pubblicitarie e le strategie di marketing più idonee a supportare adeguatamente le esigenze comunicative ed attuative del progetto.

 

Art. 6
Attuazione del programma

1. L'Assessorato regionale del turismo, artigianato e commercio provvede direttamente e/o attraverso l'Agenzia Sardegna promozione all'attuazione del programma di cui all'articolo 5.

 

Art. 7
Premio Nuraghe

1. L'istituto NUR.AT. bandisce annualmente il Premio Nuraghe, da attribuirsi a coloro che si siano maggiormente distinti per scoperte scientifiche o attività conoscitive e promozionali finalizzate alla valorizzazione della civiltà prenuragica e nuragica e alle correlate azioni di sviluppo turistico del territorio regionale.

 

Art. 8
Norma finanziaria

1. Agli oneri derivanti dall'attuazione della presente legge, pari a euro 10.000.000 a decorrere dall'anno 2011, si fa fronte con le entrate previste dall'articolo 8 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3 (Statuto speciale per la Sardegna), per gli anni 2011-2015.